Rapporto di Ricerca STEPI AG-SA-13 · 1.3 Le fasi della Ricerca Operativa ... con le quali le...

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Centro Militare di Studi Strategici Rapporto di Ricerca 2013 - STEPI AG-SA-13 di Prof. Habib SEDEHI data di chiusura della ricerca: Gennaio 2014 Sviluppo di uno Studio Preliminare per la realizzazione di uno strumento di simulazione, per una migliore dislocazione infrastrutturale delle unità

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Centro Militare di Studi Strategici

Rapporto di Ricerca 2013 - STEPI AG-SA-13

di Prof. Habib SEDEHI

data di chiusura della ricerca: Gennaio 2014

Sviluppo di uno Studio Preliminare

per la realizzazione di uno strumento di simulazione,

per una migliore dislocazione infrastrutturale delle unità

infrastr_20140122_1533.doc i Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

INDICE

SOMMARIO pag. 1

PARTE 1: GENERALE/ANALITICA/PROSPETTIVA

SIMULAZIONE: una tecnica di Ricerca Operativa proposta per la

gestione logistica in ambito militare

Capitolo 1 - Ricerca Operativa e Simulazione pag. 4

1.1 Come nasce la Ricerca Operativa

1.2 Di cosa si occupa la Ricerca Operativa

1.3 Le fasi della Ricerca Operativa

1.4 Simulazione; azione nel tempo di una realtà rappresentativa

Capitolo 2 - Simulazione e Mondo Militare pag. 12

2.1 Simulazione come strumento addestrativo

2.2 Simulazione e Applicazioni (USA, Europa, Italia)

Capitolo 3 - Logistica pag. 15

3.1 Gestione logistica delle infrastrutture

3.2 Criticità nella gestione delle Infrastrutture

SVILUPPO DI UNOSTUDIO PRELIMINARE PER LA REALIZZAZIONE DI UNO STRUMENTO DI SIMULAZIONE,

PER UNA MIGLIORE DISLOCAZIONE INFRASTRUTTURALE DELLE UNITA'

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Capitolo 4 - Connotazioni dello Strumento pag. 19

4.1 Approccio Sistemico (System Thinking approach)

4.2 Modelli Basati su Agenti (Agent Based Modelling - ABM)

4.3 Dinamica di Sistemi (System Dynamics - SD)

PARTE 2: SPECIALISTICA / DI SUPPORTO / BIBLIOGRAFICA

Capitolo 5 - Proposta dello Strumento pag. 37

5.1 La piattaforma metodologica auspicabile

5.2 Caso di studio: Infrastrutture Critiche

e la dislocazione infrastrutturale delle unità

Bibliografia pag. 54

NOTA SUL Ce.Mi.S.S. e NOTA SULL' AUTORE pag. 57

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SOMMARIO

La realizzazione di uno strumento di simulazione, innovativo ed efficace, per la gestione e

il governo di una migliore dislocazione infrastrutturale delle unità viene sviluppata, in

questo studio preliminare, da due differenti angolazioni. La prima prospettiva analizza lo

stato attuale delle metodologie e gli ambienti di simulazione già sperimentati nel dominio

militare e comunque consolidati e disponibili sul mercato; l’altra invece verifica le modalità

con le quali le caratteristiche generali del processo in esame si prestano ad essere

rappresentate da modelli realizzabili attraverso gli approcci ipotizzati.

Nel Capitolo 1 vengono tracciate le peculiarità della metodica di Simulazione attraverso

una panoramica della disciplina di Ricerca Operativa che nasce proprio nell’ambito

militare, in Inghilterra, fra la fine del primo e l’inizio del secondo conflitto mondiale.

Per poter avere una percezione dello stato d’arte il Capitolo 2 propone una rassegna di

strumenti di simulazione utilizzati per la gestione di processi/sistemi - in ambito militare -

con specifiche applicazioni già presenti in Italia, Europa e in altri paesi extraeuropei.

Il Capitolo 3 è diretto all’analisi delle caratteristiche generali del processo (la logistica)

oggetto del presente studio; vengono qui messe in evidenza sia le problematiche peculiari

nella gestione delle infrastrutture critiche che le possibili soluzioni del loro monitoraggio,

controllo e quindi la gestione attraverso soluzioni metodologiche. Si descrivono in seguito

delle applicazioni realizzate dove è prevalentemente utilizzata la tecnica di simulazione

come strumento di "governo".

SVILUPPO DI UNOSTUDIO PRELIMINARE PER LA REALIZZAZIONE DI UNO STRUMENTO DI SIMULAZIONE,

PER UNA MIGLIORE DISLOCAZIONE INFRASTRUTTURALE DELLE UNITA'

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Il Capitolo 4 è dedicato alla descrizione dettagliata dell’approccio e pensiero Sistemico

(System Thinking) insieme alle due metodologie proposte come tecniche da utilizzare

nella costruzione dello strumento simulativo. Viene quindi ipotizzato l’accoppiamento delle

due metodologie (System Dynamics e Agent Based Modelling) con un criterio originale ed

innovativo garantendo sia l’analisi dinamica del processo in esame, sia la simulazione

puntuale delle componenti elementari ("agenti") che potranno rappresentare flessibilmente

individui (soldati), mezzi (aerei, carri armati) e organizzazioni (unità di comando).

In fine, nel Capitolo 5, con il supporto di una serie di casi applicativi, vengono illustrati i

connotati dello strumento ipotizzabile per poter soddisfare, il più possibile, i requisiti del

processo oggetto dello studio preliminare.

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PARTE 1: Generale/Analitica/Prospettiva

SIMULAZIONE: una tecnica di Ricerca Operativa

proposta per la gestione logistica

in ambito militare

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" … la Ricerca Operativa" è quella disciplina che aiuta a fare male ciò

che altrimenti sarebbe stato fatto peggio.."

Lezioni di Ricerca Operativa di Sergio De Julio e Agostino La Bella

Corso di Laurea di Ingegneria (Univ. di Roma, La Sapienza - 1975)

1.1. Come nasce la Ricerca Operativa

La simulazione è una tecnica che rientra nel campo di quella "disciplina" denominata

Ricerca Operativa; attualmente è forse quella maggiormente praticata come strumento a

supporto decisionale.

La "disciplina" di ricerca operativa nasce storicamente all’inizio del secolo scorso

prettamente per esigenze militari. Già prima della seconda guerra mondiale, in alcuni

Paesi Alleati vengono formati dei gruppi di ricerca con l’obiettivo di analizzare e valutare

soluzioni relative a problemi critici di ordine sia strategico-militare che tattico-operativo

collegati alla difesa nazionale. In particolare tra il 1935 e il 1937, allorché il Regno Unito

lavora al progetto del radar come difesa antiaerea, si costituisce un gruppo di ricerca per

valutare soluzioni efficienti nella localizzazione, conseguente intercettazione e rientro a

terra dei velivoli inglesi. Sin da allora appare dunque indispensabile verificare anzitutto le

soluzioni "ottimali" nella distribuzione delle apparecchiature radar sul territorio e, inoltre,

inviare via radio la segnalazione alle località volute. Nasce così il "Biggin Hill Experiment"1.

1 1937; costituì il primo tentativo di integrare i dati ottenuti dai radar con quelli osservati a terra.

Ottimizzazione della distribuzione delle apparecchiature radar sul territorio e segnalazione via radio ad opportune località.

Capitolo 1

Ricerca Operativa e Simulazione

1

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A.P. Rowe2, soprintendente della "Bawdsey Research Station", utilizza per la prima volta

l'espressione "Operational Research", nel 1938, in una relazione tecnica conclusiva del

progetto, per descrivere il tipo di attività sviluppata.

Patrick Blackett3, nel 1939, è chiamato a costituire formalmente un gruppo di ricerca

composto da scienziati e militari, impegnato nella lotta contro i sommergibili tedeschi.

Il successo ottenuto da questo gruppo, passato legittimamente alla storia, è tale da

moltiplicare, nel Regno Unito e negli altri Paesi Alleati, gruppi di ricerca aventi

caratteristiche simili. Si stima che nel corso della seconda guerra mondiale fossero

complessivamente impegnati, nel Regno Unito, in Canada e negli USA, oltre 700

scienziati. La fine del conflitto mondiale determina allora una "riconversione"

dell'approccio, fino ad allora usato per soli fini bellici, orientandolo verso problematiche di

tipo civile (come la gestione della logistica, la localizzazione dei depositi industriali, la

pianificazione dei servizi di autotrasporto).

Nei settori più propriamente civili, la ricerca operativa riprende tecniche note nel settore

industriale, migliorandole ed arricchendole con l'uso di strumenti matematici e di

conoscenze organizzative. La disciplina si è occupata anche della standardizzazione della

produzione e dei problemi connessi alla pianificazione e programmazione industriale.

Nel Regno Unito la riconversione avviene prevalentemente nel settore pubblico, con studi

relativi ai trasporti ferroviari, stradali ed urbani.

In Italia tali tecniche giungono con una decina di anni di ritardo. Nel 1961 un gruppo di

ricercatori, accademici, tecnici e dirigenti d'azienda fondò l'AIRO (Associazione Italiana di

Ricerca Operativa) avente lo scopo di promuovere studi teorici ed applicazioni pratiche

della suddetta disciplina. Oggi, l'AIRO consta di circa 400 soci individuali e di alcune

decine di soci collettivi: imprese, enti e dipartimenti universitari.

2 Albert Percival Rowe, (23 Marzo 1898 – 25 Maggio 1976). Un fisico Britannico che ha coperto un ruolo

essenziale nello sviluppo del radar prima e durante la seconda guerra mondiale. 3 Patrick Maynard Stuart Blackett (18 Novembre 1897–13 Luglio 1974); fisico britannico premio Nobel per

la fisica nel 1948

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1.2. Di cosa si occupa la Ricerca Operativa

Secondo alcuni autori la Ricerca Operativa è una tecnica matematica, secondo altri una

scienza che affronta problemi organizzativi di grande respiro. Molto più semplicemente si

può affermare: " è un modo razionale di agire per supportare qualsiasi decisione".

Sono state fornite ulteriori definizioni riguardo la Ricerca Operativa fra le tante, quella data

da R.L. Ackoff4 e M. W. Sasieni5. La Ricerca Operativa può essere considerata:

"l’applicazione del metodo scientifico, da parte di gruppi

interdisciplinari, a problemi che implicano il controllo di sistemi

organizzati (interazione uomo-macchina), al fine di fornire soluzioni

che meglio servano gli scopi dell’organizzazione nel suo insieme."

La Ricerca Operativa si occupa della formulazione di problemi decisionali e dello studio e

messa a punto di metodologie per la soluzione di tali problemi. Si tratta, in generale, di

scegliere quali decisioni adottare per monitorare e quindi controllare in modo efficiente un

sistema reale, studiando il problema nel suo complesso e utilizzando strumenti matematici

che ne sfruttano le proprietà. Un qualsiasi processo decisionale può essere suddiviso nelle

seguenti fasi:

a. identificazione del problema e definizione dell’obiettivo;

b. analisi della realtà e raccolta dei dati;

c. costruzione di un modello matematico che descriva gli aspetti essenziali del

problema;

d. sviluppo di metodologie matematiche efficienti (algoritmi risolutivi) per determinare

una soluzione;

e. analisi dei risultati ottenuti e confronto con la realtà.

Le fasi sopraelencate non sono necessariamente sequenziali, nel senso che spesso può

capitare che una di queste richieda modifiche dei risultati ottenuti in fasi precedenti.

4 Russell Lincoln Ackoff (12 Febbraio 1919 – 29 Ottobre 2009) è stato un pioniero nelle discipline della

Ricerca Operativa e Pensiero sistemico. 5 Manuale di ricerca operativa,6° Edizione Franco Angeli, 1986

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Nel processo decisionale tre sono i termini ricorrenti: problema, modello, algoritmo.

Sono termini che a volte vengono scambiati tra di loro e usati in modo improprio, ma è

importante non confonderli.

Un problema è una circostanza (environment) nella quale spesso un decisore deve

scegliere come agire di fronte a più alternative.

Alcuni esempi di problemi:

"dove localizzare un nuovo impianto di smaltimento rifiuti?";

"qual è il percorso "ottimale" per visitare dei clienti dislocati in un’ area predefinita?;

"qual è la combinazione migliore di risorse (umane, tecniche e finanziarie) per

raggiungere un obiettivo?".

Se si vuole "formalizzare" un problema - delineando la sua natura, individuando le variabili

in gioco, gli obiettivi da raggiungere e i vincoli da rispettare - si va verso la costruzione di

un modello. Esso è una descrizione logico-matematica della porzione di realtà

interessante ai fini del processo decisionale; è una rappresentazione del problema, ma

non coincide con il problema stesso: il modello generalmente lo semplifica. Ovviamente

tale semplificazione non deve portare alla perdita delle caratteristiche fondamentali del

problema.

Tipicamente, nel campo della Ricerca Operativa si costruisce un modello matematico che,

nella sua veste più completa, con uno o più obiettivi specificati, acquista l’aspetto di un

modello di programmazione (puntualizzazione di una procedura). In altri casi, dove

necessita la comprensione di un sistema, si hanno dei modelli di simulazione. Ogni uno di

essi è una fotografia (possibilmente un "film") della realtà, ma non coincide con essa: in

genere la semplifica. La semplificazione deve essere un compromesso ragionevole tra

l’aderenza al caso concreto (più si vuole essere vicini alla realtà, meno si può semplificare)

e l’uso di strumenti governabili. Per evitare grossi ostacoli di natura matematica, occorre

sfrondare il modello da variabili di secondaria importanza, riducendo la complessità del

modello stesso.

Una volta sviluppato Il modello deve fornire un risultato: se è un modello di

programmazione trova generalmente una soluzione o una politica "ottimale", mentre per

un modello di simulazione tipicamente si ottengono per lo più un insieme di risultati a

fronte delle ipotesi (what-if) che descrivono le domande alle quali si vorrebbero dare delle

risposte attraverso il comportamento "simulato" del sistema.

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La costruzione di una soluzione è opera di un algoritmo, cioè di una procedura (ricetta)

che, utilizzando i dati in input e le relazioni espresse nel modello, costruisce un output, sia

esso una decisione o un comportamento del sistema. Nella fase di costruzione del

modello è utile (e può diventare anche il vero scopo di una ricerca) analizzare e rendere

riproducibili le procedure decisionali già praticate (fase di validazione del modello).

1.3. Fasi della Ricerca Operativa

Una possibile standardizzazione pratica dello sviluppo delle attività legate allo svolgimento

di un progetto di Ricerca Operativa può essere descritto attraverso cinque macro fasi:

a. Prima fase: analisi del problema e raccolta di informazioni nel modo più ampio ed

approfondito possibile.

b. Seconda fase: formulazione del problema. Essa comporta l'individuazione delle

variabili controllabili (variabili endogene/parametri decisionali) e di quelle non

controllabili (variabili esogene), insieme alla scelta della funzione obiettiva;

economica da massimizzare (es.: il profitto complessivo) o da minimizzare (es.: il

costo complessivo). Importante è ricordare che, in tutti i sistemi organizzati, vari sono

gli obiettivi che si possono stabilire, ma la funzione economica da ottimizzare (ossia

da rendere massima o minima) è una sola. Gli obiettivi possono essere diversi ed

anche contrastanti fra loro.

c. Terza fase: costruzione del modello matematico che deve essere una buona

rappresentazione del problema. Il modello comunque non è qualcosa di statico e

definitivo, può quindi essere eventualmente modificato in una successiva revisione

per renderlo più aderente al problema. Il modello matematico è costituito

normalmente da una funzione economica da ottimizzare e da un sistema di vincoli

espressi da equazioni e/o disequazioni. Nella costruzione del modello è necessario

introdurre delle ipotesi semplificatrici tali, però, da non modificare la natura del

problema. In certi casi l’analisi del modello, prima della sua risoluzione, porta a

scoprire vie alternative, in un primo momento trascurate.

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d. Quarta fase: soluzione del modello attraverso un metodo matematico predefinito

oppure grazie allo sviluppo di un algoritmo ad hoc.

e. Quinta fase: analisi e verifica delle soluzioni ottenute nella quarta fase.

Se necessario, in base ai risultati di questa fase, si effettua una modifica del modello,

e si ripercorre il procedimento. Una volta determinata la soluzione "ottimale" la si

presenta agli interessati con un’ opportuna relazione, scritta in un linguaggio

comprensibile anche da parte di chi non possiede le necessarie conoscenze

matematiche (o delle altre materie coinvolte).

1.4. Simulazione: azione nel tempo di una realtà rappresentativa

Una simulazione rappresenta il tentativo di riprodurre, oggigiorno tipicamente sul

computer, un sistema reale o immaginario, di mimarne i comportamenti e di seguirne i

cambiamenti nel tempo: un laboratorio virtuale, quindi, grazie al quale è possibile verificare

la correttezza delle ipotesi di partenza e la manipolazione di tali ipotesi; un’esperienza

d’apprendimento in cui il discente svolge un compito in un contesto verosimile, avendo

accesso a materiali e risorse di supporto.

Perché può essere utile e vantaggiosa una simile riproduzione? La risposta è semplice:

perché spesso si ha la necessità di studiare e valutare le caratteristiche di un

sistema/fenomeno non avendo a disposizione il fenomeno stesso oppure non potendo

disporre del sistema reale. Agire direttamente sul sistema reale potrebbe rivelarsi molto

costoso o pericoloso. Inoltre, in alcune situazioni, è possibile operare una sola volta ed è

quindi cruciale non sbagliare l'operazione che si vuole compiere; altre volte il sistema sotto

analisi non esiste o deve essere valutato più volte nelle medesime condizioni.

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Nello specifico con le simulazioni possiamo:

"predire" i risultati delle nostre azioni;

comprendere il perché degli eventi osservati;

identificare le aree di un problema prima di svilupparlo;

indagare gli effetti delle modifiche senza andare incontro agli esiti negativi del mondo

reale;

costruire e verificare nuove ipotesi esplicative;

verificare le capacità acquisite tramite case study (casi studio).

L’origine della parola "Simulazione" deriva dal latino "Simulatiònem"; parola composta da

"Simul" che significa "al posto di" e "atiònem"; l’azione di esecuzione nel tempo: cioè

"predisporre (rappresentare) qualcosa (fatto) al posto di qualcos’altro nel tempo

(dinamica)".

Quando ad essere osservata e manipolata è una rappresentazione simulata della realtà,

possiamo trarne diversi vantaggi: in primo luogo il linguaggio ha meno possibilità di

fungere da filtro e da ostacolo alla comprensione, ciò permette di far emergere alcune

caratteristiche della realtà studiata che normalmente tendono ad essere oscurate dallo

stesso. In secondo luogo l’uso delle parole può essere ancorato a qualcosa di concreto, di

visto e manipolato, evitando la superficialità e deperibilità che spesso accompagna

l’apprendere a memoria attraverso il solo linguaggio. In fine il carattere esplorativo

aumenta la piacevolezza della simulazione stessa influenzandone la motivazione.

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Classificazione di modelli di simulazione

Nella letteratura esistono diverse modalità per classificare i modelli di simulazione in base

alle caratteristiche dei sistemi che rappresentano6:

1. Modelli Fisici: rappresentazione fisica di una realtà.

Tale categoria a sua volta può essere suddivisa in tre sottocategorie:

a. in scala (plastico di un comprensorio, modellini di navi, …);

b. iconici (mappe, itinerari, …);

c. analogici (circuiti elettrici, sistemi fluidodinamici, …).

2. Modelli Simbolici: rappresentazione logico-simbolica e matematica di un sistema.

Questa categoria invece può essere suddivisa in due sottocategorie:

a. Matematici: insieme delle relazioni logico-matematiche;

b. Non matematici: linguistici, schematici, grafici.

I modelli matematici a loro volta vengono ulteriormente distinti in:

i Modelli Deterministici: non si considerano gli elementi casuali e si

prestano ad essere risolti con metodi esatti di analisi matematica;

ii Modelli Stocastici: si inseriscono nell’evoluzione elementi casuali che

tipicamente sono estratti da distribuzioni statistiche conosciute.

Infine i modelli Matematici si possono anche classificare secondo la modalità di

evoluzione del sistema che essi rappresentano:

i Modelli Statici: sostanzialmente costanti nel tempo;

ii Modelli Dinamici: variabili nel tempo con interazioni che si modificano nel

tempo.

6 Qui si riporta una possibile classificazione dei modelli che non è sicuramente esaustiva. Si intende semplicemente mettere in evidenza le peculiarità delle tipologie di modelli interessati alla ricerca oggetto dello studio

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La simulazione nel mondo militare stimola molto la fantasia:

simulatori di volo (Flight Simulators), giochi di guerra (War Games),

combattimenti simulati (Air Combat), etc. E' utile ed efficace.

2.1. Simulazione come strumento addestrativo

Con lo sviluppo della capacità elaborativa dei computer si sono ormai sempre più diffuse

le applicazioni che consentono le simulazioni numeriche del comportamento dei sistemi

complessi. Questi strumenti diventano particolarmente efficaci allorché l’analisi del

processo da modellizzare viene effettuato, innanzitutto, coinvolgendo attivamente il

personale esperto del sistema da simulare e, quindi, affrontando il tutto con un approccio

sistemico.

E’ bene ricordare che le prime applicazioni della simulazione sono nate in campo militare

negli anni 50, in particolare per affrontare lo studio dell’ ottimizzazione delle rotte di

sommergibili. In seguito, tali tecniche si sono evolute nel campo civile e sociale.

Specialmente nell’ambito industriale per la gestione dei vari settori aziendali (dal marketing

al processo produttivo, dalla pianificazione del personale alla gestione del magazzino e nel

controllo economico-finanziario). Il mondo militare ha continuato a coprire una nicchia

specifica, a livello mondiale, negli ultimi anni in crescita.

Capitolo 2

Simulazione e Mondo Militare

2

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Le applicazioni classiche sono7 :

a. Nel campo dell’aeronautica, dalle previsioni meteorologiche ai Simulatori di volo

(Flight Simulators);

b. Nel campo terrestre, dai simulatori di sistemi d’arma alla generazione e

riconoscimento di immagini (pattern ricognition) e ai sistemi di rappresentazione su

video;

c. Nel campo navale, sui sistemi di piattaforme mobili;

d. Nel campo aerospaziale, sui sistemi di visualizzazione interattiva di dati remoti

provenienti da più sorgenti (satelliti, sonde, sensori, ecc.).

Infine continuano ad avere una certa popolarità e successo i cosiddetti Wargames (Giochi

di Guerra) e, ovviamente, gli strumenti di addestramento nei vari corpi militari, anche

attraverso modelli di e-Learning8. Infatti, l’obiettivo principale di modelli di simulazione oggi

in campo militare è quello della formazione e dell’addestramento. La simulazione è

senz’altro un validissimo supporto nel percorrere le fasi necessarie all’addestramento.

Serve, per esempio, a far acquisire un’idoneità minima al fruitore che deve affrontare la

successiva fase pratica sul campo. Una classificazione spesso adottata distingue tra:

a. Simulazione operativa, rivolta al processo decisionale: essa generalmente consente

di verificare, in tempi rapidi, gli impatti delle decisioni, di un comandante, o di chi per

lui, monitorando costantemente le risultanze delle sue decisioni e quindi valutando gli

scostamenti rispetto a quelli "desiderati" (previsti dal sistema);

b. Simulazione addestrativa, specifica per l’addestramento di un operatore. Essa è

costituita spesso da strumenti (hardware) e programmi (software) che riproducono

fedelmente i processi reali, in quanto si basano tipicamente sulle regole della fisica

(es. simulatori di volo). In questo contesto la volontà contrapposta non è simulata

bensì realizzata da un team di persone con il compito di impersonare e gestire

l’OPFOR9(Opposing Force). Un esempio conosciuto si può trovare nel simulatore

GESI10 (Generic Simulator).

7 Estratto dalla Rivista Militare n.4 2001

8 l'uso delle tecnologie multimediali e di Internet per migliorare la qualità dell’apprendimento facilitando

l’accesso alle risorse e ai servizi, così come anche agli scambi in remoto e alla collaborazione (creazione di comunità virtuali di apprendimento).

9 Nella tradizione militare italiana viene chiamata "Arancione" l'unità (o la formazione raggruppante più

unità) incaricata di rappresentare il nemico nelle esercitazioni 10

Vedi http://www.cae.com/Next-generation-CAE-GESI-command-and-staff-training-system/

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2.2. Simulazione e Applicazioni (USA, Europa, Italia)

La realizzazione delle applicazioni operative per l’addestramento inl campo militare con

l’utilizzo di tecniche di simulazione risale agli anni 80, principalmente, da parte degli

americani. In California presso Fort Irwin, in un CTC (Combat Training Center) sono stati

realizzati sistemi supportati da Simulazioni per l’addestramento delle unità a livello Brigata.

Nel 1990 il DoD (Department of Defence) riceve dal Congresso il mandato per uno studio

preliminare in grado di stabilire i passi necessari all’applicazione dei modelli di

simulazione, allo scopo di migliorare la capacità militare delle Forze Armate.

Nel 1994, sempre il DoD, emette una direttiva che porta successivamente alla

realizzazione dell’ MSMP (Modelling Simulation Master Plan- Piano globale di

modellizzazione simulativa): il piano che ancora oggi si applica a tutte le componenti della

Difesa, focalizzando le strategie d’impiego dei sistemi.

Nel 1996 anche l’Europa si prodiga in questo campo costituendo nell’ambito NATO un

gruppo di lavoro all’interno del CNAD (Conference National Armament Director – Consiglio

dei direttori nazionali degli armamenti). Questo gruppo delinea una politica operativa per

definire uno standard tecnico necessario ad identificare e realizzare modelli di simulazione

interoperabili all’interno del progetto NATO MSMP: esso rappresenta un insieme di regole

e procedure attraverso le quali si può ottenere l’interoperabilità nel campo della

simulazione. Il progetto, strategicamente vitale, mette in relazione il problema di

interoperabilità con il sistema di comunicazione ed informazione (CIS – Comunication &

Information System) della NATO. L’obiettivo che si pone è quello di raggiungere uno

standard europeo della simulazione.

Per una panoramica più ampia sullo stato della simulazione in ambito difesa, nello

scenario nazionale ed europeo, vi rimandiamo all’ottimo lavoro prodotto nell’ambito

CeMiSS dal Prof. G. Iovane11.

11

“Evoluzione dei concetti applicativi dei sistemi di Modeling & Simulation (M&S) e possibili architetture distribuite finalizzate alla sinergica utilizzazione di risorse in ambito nazionale, alleato ed europeo” http://www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/CeMiSS/Pubblicazioni/ricerche/Pagine/Evoluzionedeiconcetti.aspx

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Dopo aver brevemente descritto nel Capitolo 1 la disciplina di

Ricerca Operativa e la metodologia di supporto per il nostro studio e

nel Capitolo 2 la presenza di strumenti di simulazione nel mondo

militare, in questo capitolo si cerca di dare uno sguardo generale al

processo di analisi dello studio in oggetto e cioè alle problematiche e

soluzioni della gestione logistica delle infrastrutture.

3.1. Gestione logistica delle infrastrutture

I concetti della logistica applicati in campo militare sono principalmente concentrati

all'approvvigionamento, stoccaggio e distribuzione di armi, munizioni e vettovaglie12.

Oltre a questo, di solito comprendono anche la manutenzione, che nella logistica

industriale non è quasi mai compresa. La logistica è una delle quattro branche dell'arte

militare insieme a tattica, strategia e organica e nasce proprio come disciplina militare. Il

primo caso storicamente documentato è a Lagash, in Babilonia, nel 2250 a.c. quando

questa città - in eterna guerra con la rivale Umma - decide di passare dal sistema di auto

equipaggiamento dei soldati ad un sistema formale, creando un corpo militare

specializzato nell'approvvigionamento, stoccaggio, trasporto e distribuzione di armi,

munizioni e vettovaglie. Come sotto-prodotti nascono la contabilità e, purtroppo, anche le

tasse (infatti per gli antichi romani il logisticus era l'esattore delle tasse). Il termine è

coniato molto più tardi dai greci, impressionati dalla professionalità dei tecnici della

12

Definizione estratto dal Dizionario della Logistica

Capitolo 3

Logistica

3

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logistica e deriva la sua radice da logos (parola, calcolo, ragionamento, ecc.). Solo i

francesi le fanno derivare da loger, alloggiare, termine dotto e molto più tardo.

Quando Alessandro il Grande attraversa il mar Egeo per iniziare la conquista dell'Impero

Persiano e nulla potrebbe fare senza un apparato logistico adeguato a supporto

dell'immenso esercito al suo lo seguito. Ai tempi dei Romani, Caio Giulio Cesare istituisce

la figura del logista tra gli ufficiali in servizio nelle sue legioni, quale responsabile degli

approvvigionamenti. Questa identificazione della logistica come attività esclusivamente

militare rimane valida fino alla seconda guerra mondiale quando la scala globale del

conflitto porta a sforzi logistici fino ad allora inimmaginabili, basti pensare all'operazione

Overlord (lo sbarco) in Normandia. Solo nel dopoguerra il concetto comincia ad essere

ampliato e viene esteso anche al settore economico ed industriale.

Esistono diverse definizioni di Logistica, ognuna delle quali differisce per l'ampiezza di

visione con cui viene considerata. Secondo la definizione data dall'Associazione Italiana di

Logistica (AILOG), essa è:

"l'insieme delle attività organizzative, gestionali e strategiche che

governano nell'azienda i flussi di materiali e delle relative

informazioni dalle origini presso i fornitori fino alla consegna dei

prodotti finiti ai clienti e al servizio post-vendita".

3.2. Criticità nella gestione delle Infrastrutture

La salute, il benessere e la sicurezza delle nazioni dipendono principalmente dalla

produzione e distribuzione di certi "beni" e servizi. La varietà delle risorse, dei processi e

delle organizzazioni, attraverso le quali i "beni" e i servizi si muovono sono chiamate

infrastrutture "critiche".13

L’evento terroristico dell’undici settembre14, i frequenti uragani in diverse parti del

mondo e i sempre più frequenti blocchi di trasporti urbani, nonché i black out totali delle

metropoli, hanno messo in ulteriore evidenza l’importanza di una maggiore necessità

13

http://it.wikipedia.org/wiki/Infrastrutture_critiche

14 http://it.wikipedia.org/wiki/Attentati_dell'11_settembre_2001

infrastr_20140122_1533.doc 17 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

"vitale" di stabilità elettrica, combustibile, acqua, trasporti, banche e finanza, e quindi di un

migliore monitoraggio delle infrastrutture di controllo e comunicazione.

E’ ormai lampante che esiste una forte interdipendenza fra gli elementi che a diversi livelli

compongono le infrastrutture indispensabili della nostra vita quotidiana.

L’analisi e la modellizzazione delle interdipendenze fra gli elementi delle infrastrutture

critiche è uno studio relativamente recente e di enorme importanza.

Un notevole sforzo è attualmente in corso in diversi laboratori di ricerca, sparsi in tutto il

mondo, per sviluppare modelli affidabili nella gestione accurata del comportamento delle

infrastrutture critiche e, in particolare, per meglio identificare le interdipendenze e

vulnerabilità. I risultati di questi studi, non facilmente accessibili, sono rivolti a supportare

delle decisioni nei vari ambiti (imprese private, amministrazioni pubbliche, mondo militare,

etc.). Le simulazioni dei modelli per la gestione delle infrastrutture possono permettere di

effettuare i piani di riduzione costi, investimenti controllati, aumento di ridondanze

(diminuzione dei rischi), migliorie nel flusso del traffico e in generale gestione

dell’emergenza.

Figura 1 - Un esempio di schema delle interdipendenze di infrastrutture critiche

L’esempio nella Figura 1 è un semplice tentativo di rappresentare la complessità di

interdipendenza che può essere presente in un sistema logistico di infrastrutture.

infrastr_20140122_1533.doc 18 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

L’interdipendenza nelle infrastrutture può essere di diverse tipologie. Una possibile

categorizzazione di queste tipologie è quella di Rinaldi, Peerenboom e Kelly15 che

descrivono le dipendenze in termini di quattro categorie generali:

1. Fisica: una dipendenza fisica del flusso di materiale da un’infrastruttura all’altra;

2. Informativa: una dipendenza su trasferimento di informazioni fra le infrastrutture;

3. Geografica: un evento ambientale locale influenza le componenti attraverso più

infrastrutture, dovute alla vicinanza fisica;

4. Logica: una dipendenza che esiste fra infrastrutture e che non rientra nelle

precedenti categorie.

Questa classificazione delle categorie di interdipendenza ci sarà utile nell’impostazione di

analisi sistemica del processo di dislocazione delle infrastrutture dell’unità militare, oggetto

del presente studio preliminare.

15

Identifying, Understanding and Analyzing Critical Infrastructure Interdependencies, “IEEE Control System Magazine, IEEE, December 2001

infrastr_20140122_1533.doc 19 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

La necessità di utilizzare una metodologia operativa consolidata

come la simulazione a supporto delle decisioni da una parte e la

complessità e le caratteristiche del processo, oggetto di questo

studio, dall’altra, restringono il campo focale della ricerca

nell’identificazione di uno strumento che abbia le seguenti

connotazioni:

approccio di analisi "sistemico" (System Thinking approach);

utilizzo del concetto degli "agenti" nella descrizione delle

componenti del modello (Agent Based Modelling):

sviluppo di uno strumento di simulazione con le caratteristiche

di modellizzazione dinamica e stocastica (System Dynamics).

4.1. Approccio Sistemico (System Thinking approach)

Nel vocabolario della lingua italiana il termine "Sistema" è spiegato come un "insieme di

più elementi che costituiscono un unico complesso", una spiegazione troppo generica che

però lascia trasparire quello che un sistema costituisce nel suo complesso e cioè un

insieme di più elementi funzionali che cooperano al fine di formare un tutt’ uno organico.

La parola "sistema" deriva dal latino SYSTEMA e dal greco SYNSTEMA composto dalla

particella SYN che sta per insieme e STEMA attinente all’inconsueto STENAI (presente di

ISTEMI) che significa "stare" "collocare", letteralmente quindi potremmo tradurre questo

temine come "stare insieme".

Capitolo 4

Connotazioni dello Strumento

4

2

infrastr_20140122_1533.doc 20 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

Pensare in termini di sistemi implica, dunque, analizzare ogni componente del tutto, nella

sua interazione con le altre singole parti del sistema in sé e quindi avere la capacità di

approcciarsi a tale insieme e osservarne le relazioni che inevitabilmente vengono a

crearsi.

Non si tratta unicamente di una tendenza interna alla tecnologia, ma di una modificazione

delle categorie mentali del pensiero volte a cambiare totalmente punto di vista, passando

da un approccio lineare, e tutto sommato statico, ad un approccio appunto "sistemico e

dinamico" in cui tutto è interdipendente a tutto e la somma del tutto e più delle singole

parti, un fenomeno presentato come la Seconda Rivoluzione Industriale che nasce

dall’hardware dei calcolatori e dal software della scienza dei sistemi per poi espandersi in

ogni ambito.

Il pensiero sistemico è dunque un modo di pensare che permette di andare oltre il singolo

e di comprendere le interazioni fra le parti di un sistema, partendo dal presupposto che

ogni unità del sistema influenza inevitabilmente tutte le altre componenti, al fine di avere

davanti a sé un complesso di relazioni che porteranno a prendere in esame diverse

soluzioni alternative con la possibilità di prevedere le conseguenti reazioni che una data

scelta avrà sulle altre componenti del sistema.

Questo si traduce in un potenziale altissimo di applicazioni possibili in ogni campo.

Sono molte le discipline che sfruttano la progettazione di sistemi come strumento di lavoro

innovativo poiché il System Thinking punta proprio a questo, cioè alla gestione del

cambiamento, all’emergenza e controllo della complessità e quindi al governo

dell’innovazione.

Cenni storici

Alla fine del XIX secolo, Ernst Mach16 ed i positivisti sostengono che la scienza si sviluppa

attraverso la raccolta di fatti e di osservazioni e questi vengono usati per costruire una

teoria in grado di compiere il minor numero possibile di passi per raggiungere degli

obiettivi. Albert Einstein17 invece sostiene che una teoria scientifica è il prodotto

dell'immaginazione di una mente creativa. Nel colloquio che Einstein ha con il giovane

16 Ernst Mach, (18 febbraio 1838 – 19 febbraio 1916) è stato un fisico e filosofo austriaco ed, un

neuroscienziato. 17 Albert Einstein (14 marzo 1879 - 18 aprile 1955) è stato un fisico e matematico tedesco ed un grande

pensatore e attivista in molti altri ambiti (dalla filosofia alla politica).

infrastr_20140122_1533.doc 21 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

Werner Heisenberg18 viene più volte sottolineato come una teoria indichi dove guardare,

quali osservazioni condurre e quali elementi siano importanti. E’ proprio grazie a questa

intuizione che Heisenberg riesce a procedere verso l'elaborazione di quella che oggi

definiamo "meccanica quantistica": un nuovo paradigma nel quale è la teoria ad indicare la

rintracciabilità dei fenomeni e il procedimento da adottare per la loro osservazione.

Dunque i fattori che intercorrono in una buona teoria scientifica non sono diversi da quelli

che portano alla creazione di un’opera d’arte, una economia di mezzi in cui le conclusioni

vengono percepite come inevitabili.

Eugene Wigner19, autore di The Unreasonable effectiveness of mathematics, fa notare che

la matematica pura e astratta diviene ciò di cui si ha bisogno in fisica per una nuova

scoperta. La matematica insomma si rivela essere, a differenza delle concezioni

precedenti in cui tutto traeva origine da un meccanismo ad orologeria, il linguaggio più

giusto per interpretare e descrivere la realtà circostante, mentre la metafora olistica

sarebbe piuttosto vicina ad un sistema vivente, a qualcosa di organico, un gioco di forme e

flussi di energia rappresentabili mediante degli schemi.

Tutte queste concezioni rappresentano una netta contrapposizione a quello che, dal 600,

sull’onda della rivoluzione scientifica, si è diffuso come pensiero predominate; il pensiero

meccanicistico indica una concezione del mondo basata sull’interpretazione della realtà

come una natura esclusivamente corporea e, di conseguenza, meccanica di tutti gli

elementi. L’approccio meccanicistico vede la realtà come un insieme di rapporti lineari tra

cause, definite variabili indipendenti, ed effetti, definiti invece variabili dipendenti; queste

ultime sono per definizione dipendenti dalle prime con le quali creano dei rapporti lineari,

rappresentabili graficamente attraverso l’uso di assi cartesiani, come una semiretta o una

curva aperta. Tali relazioni sono caratterizzate dall’influenza che si instaura fra le variabili,

ed in modo particolare dal fatto che tale influenza procede sempre verso un'unica

direzione che dalla causa và verso l’effetto (da qui l’ulteriore definizione di pensiero

meccanicistico o lineare).

18 Werner Karl Heisenberg (5 dicembre 1901 – 1 febbraio 1976) fu un celebrato fisico e Premio Nobel, nonché uno dei fondatori della meccanica quantistica.

19 Eugene Paul Wigner, (17 novembre 1902 – 1 gennaio 1995) fu un influente fisico, vincitore del Premio Nobel per la fisica nel 1963.

infrastr_20140122_1533.doc 22 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

Le scienze classiche, in sostanza, si interessavano di problemi in cui il numero delle

variabili non superava le due unità e questo rendeva il processo logico-matematico lineare

e le relazioni a senso unico; un esempio del limite di applicabilità di questo metodo ci

viene fornito da Ludwig von Bertalanffy20, padre fondatore della Teoria Generale dei

Sistemi., che afferma:

"L’esempio classico è costituito dalla meccanica. Essa fornisce

soluzioni perfette per quanto concerne l’attrazione tra due corpi

celesti – un sole ed un pianeta- e consente, quindi, di predire con

esattezza la situazione relativa a costellazioni future e, addirittura,

l’esistenza di pianeti non ancora osservati. Eppure, già il problema

dei tre corpi è, in meccanica, insolubile in via di principio, e non è

trattabile se non per approssimazione".

Questo modo di procedere risulta inevitabilmente limitato se solo si pensa ai progressi

compiuti dagli studi scientifici moderni e alla complessità dei fenomeni biologici,

comportamentistici e sociali. Kuhn21, in base ad uno studio compiuto sulle rivoluzioni subite

dalle metodologie classiche, afferma che le versioni primitive di un paradigma sono

bloccate dallo schema della soluzione univoca e tale soluzione è ben lontana dall’essere

perfetta; al contrario, il nuovo paradigma offerto riesce non solo a coprire problemi nuovi

ma fornisce soluzioni anche a quelli che prima venivano etichettati come "metafisici" e

quindi aldilà dell’umana comprensione scientifica. La nascita di nuovi concetti e nuovi

paradigmi porta, secondo lo stesso Kuhn, ad una rivoluzione scientifica grazie alla quale

aspetti tenuti prima in nessuna considerazione, se non addirittura depennati, vengono ora

studiati e utilizzati determinando un vero e proprio spostamento degli interessi e, di

conseguenza, una modificazione della prassi scientifica.

Si ha così una diversificazione nel modo di procedere, un cambiamento che non può

restare confinato entro i limiti delle discipline fisiche o matematiche ma che apre la strada

ad un modo totalmente diverso di vedere ed analizzare le cose e di risolvere i problemi.

20

Ludwig von Bertalanffy (19 settembre 1901 – 12 giugno 1972) è stato un biologo austriaco, nonché il fondatore della teoria generale dei sistemi.

21 Thomas Samuel Kuhn (18 luglio 1922 – 17 giugno 1996) ha trattato in maniera esauriente la storia della

scienza e ha sviluppato alcune fondamentali nozioni in filosofia della scienza

infrastr_20140122_1533.doc 23 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

La metodologia classica infatti, pur avendo ottenuto grandi successi, soffre di limitazioni

non indifferenti in quanto vengono eliminate dalla sua applicazione tutte quelle procedure

analitiche che non rispettano due condizioni:

1. non devono esserci interazioni fra le parti (o al limite devono essere talmente deboli

da potersi trascurare);

2. le relazioni che intercorrono devono essere lineari e deve essere soddisfatta la

condizione di sommatoria: questo implica che le equazioni che descrivono il

comportamento del complesso devono avere la stessa forma delle equazioni che

descrivono il comportamento delle singole parti.

I principi che regolano i sistemi sono profondamente differenti. Queste entità sono

costituite da un più vasto numero di variabili in interazione fra loro, i cui rapporti non sono

definibili lineari ma circolari e questo perché non viene rispettata la regola secondo cui è

sempre e solo la causa a determinare l’effetto. Infatti, all’interno di un sistema complesso

ogni variabile può influenzare un'altra variabile dato che le relazioni, in quanto facenti

parte di una complessità organizzata, sono definibili forti e non facilissime, vale a dire

appunto non lineari, come non lineari sono i sistemi di equazioni differenziali, mediante i

quali vengono descritti i rapporti all’interno del sistema.

4.2. Modelli Basati su Agenti (Agent Based Modelling - ABM)

La simulazione basata su agenti è una tecnica abbastanza innovativa che si pone

l’obiettivo di costruire un "ambiente artificiale" da utilizzare negli "esperimenti di

laboratorio" volti a ricreare i fenomeni e le strutture sociali oggetto di studio e di analisi.

I modelli basati su agenti, grazie alla loro estrema flessibilità, rappresentano una delle

tecniche di simulazione più adatte per lo studio dei fenomeni sociali. ABM è un modo

flessibile per studiare i comportamenti verosimili di un "sistema" rispetto ai modelli analitico

-matematici. Nei modelli basati su agenti, le componenti del sistema possono essere

rappresentate da algoritmi e variabili che definiscono il comportamento degli agenti virtuali

e conservano i dati sulla loro evoluzione nel tempo. Il comportamento collettivo e le

componenti di un sistema possono avere effetti dinamici che cambiano l’environment

(ambito) del sistema: se i vincoli del modello cambiano è difficile studiarne le conseguenze

infrastr_20140122_1533.doc 24 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

attraverso l’utilizzo di modelli analitici. Quelli modelli basati su agenti offrono dunque una

visione alternativa dei sistemi di comportamento rispetto ai modelli analitici22.

In un Agent Based Model, i componenti del sistema vengono modellati come insiemi di

entità autonome, denominate agenti: ogni agente del sistema è rappresentato mediante

algoritmi e variabili che ne definiscono il comportamento e ne registrano l'evoluzione dello

stato nel tempo. Le caratteristiche comportamentali degli agenti possono cambiare ed

adattarsi nel corso della vita di ciascun individuo, in seguito alle interazioni con gli altri

agenti e con l'ambiente. Questi modelli sono guidati dall’idea fondamentale che i

comportamenti complessi possono essere il frutto delle interazioni fra agenti che operano

semplicemente sulla base di regole estremamente semplici. La sfida che questa nuova

metodologia di studio si pone è quella di spiegare l'emergere "spontaneo" di regolarità nei

sistemi sociali ed economici. I processi presenti nei sistemi sono quindi visti come

conseguenza dell'interazione tra agenti autonomi, operanti in un ambiente artificiale

secondo proprie regole di comportamento, piuttosto che come frutto di meccanismi fittizi di

coordinamento. Le strutture sociali ed economiche che emergono dalle simulazioni non

sono definite a priori, esse costituiscono il risultato dell'interazione tra gli agenti ed

esercitano, inoltre, importanti effetti di feedback sugli agenti, modificandone il

comportamento. L'obiettivo principale dei modelli ABM è quello di svelare i meccanismi

fondamentali che operano localmente, a livello di singolo agente, e che sono sufficienti a

generare strutture sociali e comportamenti collettivi di interesse. In altre parole, l'obiettivo è

la ricerca della specificazione del modello che conduce a generare la macrostruttura

desiderata; se il modello è in grado di ricreare il fenomeno oggetto di studio, allora esso

rappresenta una possibile "spiegazione" del fenomeno stesso. Grazie alle simulazioni

basate su agenti, diventa possibile collegare il livello dell'individuo con il livello dei

fenomeni sociali. Anche se i fenomeni sociali risultano dal comportamento dei singoli

individui, ciò non significa necessariamente che siano totalmente riconducibili agli individui

stessi. Il fenomeno sociale è, infatti, complesso: è frutto delle interazioni tra individui e non

può essere previsto o dedotto pur conoscendo anche perfettamente gli individui e il loro

modo di comportarsi. Le simulazioni consentono, a differenza dei metodi tradizionali di

analisi, di studiare contemporaneamente sia gli individui che la società, il modo in cui

interagiscono e si influenzano reciprocamente. La metodologia basata su agenti presenta,

tuttavia, uno svantaggio rispetto alla formalizzazione matematica – cioè la robustezza dei

22

Gilbert N., Terna P. (2000), How to build and use agent-based models in social science, in "Mind & Society"

infrastr_20140122_1533.doc 25 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

risultati ottenuti.Nelle teorie classiche, la verifica della validità dei risultati è spesso

formalmente risolvibile, nei modelli ad agenti, invece, il solo modo per valutare la validità

dei risultati ottenuti è di effettuare esecuzioni multiple del modello, variando

sistematicamente i parametri o le condizioni iniziali (data la natura dinamica di tali modelli

sono necessari numerosi esperimenti prima di dimostrare la convergenza dei

comportamenti individuali alla rappresentazione statica e formale di un teorema).

La simulazione al computer di società artificiali richiede la definizione di agenti dotati di

proprie regole comportamentali e di un ambiente nel quale tali agenti possano operare ed

interagire. Nei modelli ad agenti, il termine agente è utilizzato per indicare un processo

sviluppato al computer che, tolti i casi di agenti semplici (per esempio quelli che operano a

caso) possiede le seguenti proprietà:

Autonomia: controlla il proprio stato e le proprie azioni, senza che sia necessario un

intervento diretto da parte di entità esterne;

abilità sociale: interagisce con gli altri processi-agenti mediante un linguaggio

comune;

reattività: è in grado di percepire l'ambiente in cui vive e di rispondere in modo

tempestivo ai cambiamenti che si verificano nell'ambiente;

pro-activity: non agisce semplicemente in risposta a stimoli provenienti dall'ambiente,

ma è in grado di prendere iniziative- è capace, cioè, di esibire un comportamento

finalizzato al raggiungimento di un dato obiettivo.

In un ABM gli agenti possono rappresentare diverse entità:

Persone con diversi profili o ruoli: cittadini, consumatori, impiegati, malati, medici,

soldati, …

Tipologie di veicoli o strumenti: automobili, aerei, macchinari, personal computer,

carri armati, …

Immateriali: idee, progetti, investimenti, decisioni, …

Organizzazioni; aziende, partiti politici, nazioni, unità di comando, …

Gli agenti possono trasmettere messaggi di informazione fra di loro e agiscono sulla base

di ciò che "imparano" da essi. I messaggi possono rappresentare dialoghi fra le persone

oppure più indirettamente flussi di informazione, come ad esempio l’osservazione di un

infrastr_20140122_1533.doc 26 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

altro agente o anche la misura degli impatti delle azioni di un altro agente. La possibilità di

modellizzare questo tipo di interazione "agente" ad "agente" è l’elemento distintivo

principale della tecnica ABM.

L’ambiente (environment) è il mondo virtuale dove gli agenti agiscono. Esso può essere un

mezzo totalmente neutro o con poca influenza sugli agenti, oppure, in altri sistemi, può

essere costruito con le caratteristiche degli stessi agenti. Tipicamente esso rappresenta lo

spazio geografico in cui gli agenti interagiscono. Un esempio classico è la simulazione del

piano residenziale di un quartiere dove l’ambiente è rappresentato dalle peculiarità della

città. I modelli dove l’ambiente rappresenta uno spazio geografico influente sono

denominati "spatially explicit" (spazialmente esplicito).

Cenni storici

L’idea iniziale di ABM risale alla fine degli anni ’40, ma il concetto base aveva la necessità

di una elaborazione procedurale intensiva per cui non si è diffusa fino agli anni ’90.

Le prime teorie risalgono infatti alla "macchina" di Von Neumann23 che vennero

successivamente sviluppate dall’amico e collega Stanislaw Ulam24. Uno dei primi modelli

basati su agenti è stato proposto da Thomas Schelling25 nel 1971 (modello

"segregazione").

E’ difficile attribuire ad una determinata persona l’uso della parola "agente" e la sua

corrente definizione nell’ABM. I candidati più probabili sembrano essere John Holland e

John H. Miller in relazione al loro articolo del 199126.

23

John Von Neumann nato a Budapest nel 1903 e morto a Washington nel 1957. Matematico e Fisico e informatico ungherese naturalizzato statunitense. A lui si devono fondamentali contributi in numerosi campi come la teoria degli insiemi, analisi funzionale, topologia, fisica quantistica, economia, informatica, teoria dei giochi, fluidodinamica e in molti altri settori della matematica. Viene generalmente considerato come uno dei più grandi matematici della storia moderna oltre ad essere una delle personalità scientifiche preminenti del XX secolo.

24

Stanislaw Ulam matematico polacco nato a Leopoli nel 1909 e morto a Santa Fe (USA) nel 1984). Partecipò al progetto Manhattan e propose il progetto Teller–Ulam per le armi nucleari. Egli inventò la propulsione nucleare ad impulso e sviluppò una serie di strumenti matematici per la teoria dei numeri e degli insiemi, per la teoria ergodica e per la topologia algebrica.

25

Thomas Crombie Schelling(nato ad Oakland (USA) nel, 14 aprile 1921 è un economista (premio Nobel per economia nel 2005) e professore per gli affari esteri, sicurezza nazionale, strategie nucleari, e controllo degli armamenti all'Università del Maryland.

26

Holland, J.H.; Miller, J.H. (1991). "Artificial Adaptive Agents in Economic Theory". American Economic Review 81 (2): 365–71.

infrastr_20140122_1533.doc 27 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

Con l’arrivo degli ambienti di sviluppo "StarLogo" nel 1990, "Swarm" e "NetLogo" nella

metà degli anni ’90 e "RePast"e "AnyLogic" nel 2000, oltre allo sviluppo degli ambienti ad

hoc, la diffusione di ABM si estende (Bonabeau - 2002)27.

Gli anni ’90 danno inoltre inizio alle applicazioni di ABM specificatamente nel campo delle

scienze sociali. Il modello Sugarscape, sviluppato da Joshua M. Epstein e Robert Axtell,

rivolto alla simulazione ed esplorazione del ruolo dei fenomeni sociali come migrazioni

stagionali, inquinamento, trasmissione e diffusione delle malattie, etc.28.

Dalla metà degli anni ’90 l’interesse di sviluppo della tecnica ABM nel mondo delle scienze

sociali si è focalizzata sulla progettazione e gestione dei gruppi di lavoro,

sull’apprendimento delle necessità ed efficacia della comunicazione nelle organizzazioni,

nonché sulla comprensione del comportamento delle reti sociali29.

Recentemente sono stati sviluppati metodi per l’utilizzo di ABM nell’ambito di

problematiche relative alle facoltà cognitive umane note come "cognitive social

simulation"30.

4.3. Dinamica di Sistemi (System Dynamics - SD)

System Dynamics (Dinamica di Sistemi) è una metodologia di analisi e uno strumento per

la costruzione di modelli di simulazione rivolto allo studio del comportamento dei sistemi

complessi (sociali, ambientali, produttivi, economici, etc.) in cui si mette in risalto il ruolo

dell’intreccio tra politiche, strutture decisionali e ritardi temporali nell’influenzare i fenomeni

dinamici. Le analisi e le interpretazioni del comportamento dei sistemi sviluppate

nell’ambito della SD si fondano particolarmente sul concetto di circuito di retroazione

(feedback loop).

L’analisi condotta nell’ambito della SD si basa su due ipotesi fondamentali. Da una parte,

la SD postula che dall’intreccio di processi decisionali, flussi informativi e relazioni

interpersonali all’interno dei "sistemi" (p.es. azienda, territorio, gruppi sociali, etc.),

27

Bonabeau, Eric (2002). "Agent-based modeling: methods and techniques for simulating human systems". Proceedings of the National Academy of Sciences 99 (3): 7280–7287.

28 Epstein, Joshua M.; Axtell, Robert (1996). Growing artificial societies: social science from the bottom up.

Brookings Institution Press. p. 224. ISBN 978-0-262-55025-3. 29

Samuelson, Douglas A.; Macal, Charles M. (2006). "Agent-Based Modeling Comes of Age". OR/MS Today (Institute for Operations Research and the Management Sciences).

30 Sun, Ron (2006). Cognition and Multi-Agent Interaction: From Cognitive Modeling to Social Simulation.

Cambridge University Press. ISBN 0-521-83964-5.

infrastr_20140122_1533.doc 28 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

emergono strutture costituite da circuiti di retroazione concatenati. In secondo luogo,

l’approccio ipotizza che i comportamenti dei sistemi siano la conseguenza delle

caratteristiche strutturali che assumono tali aggregazioni di circuiti di retroazione.

La struttura fondamentale di un circuito generico di retroazione consiste in una decisione

che guida un’azione, la quale modifica lo stato del sistema che a sua volta influisce sulla

decisione (Figura 2).

Figura 2 - Struttura di base di un modello decisionale System Dynamics

Il concetto di circuito di retroazione (feedback loop), mutato dagli studi sui

servomeccanismi per il controllo dei sistemi meccanici ed elettrici, è, quindi, il primo

pilastro su cui si basa la metodologia della Dinamica di Sistemi.

Il secondo pilastro, di estrema importanza, è costituito dal bagaglio di studi, sviluppato

negli anni Cinquanta e Sessanta, sul comportamento decisionale nelle organizzazioni.

Informazioni sullo

Stato del Sistema

DECISIONI

Mondo

Esterno

Stato del Sistema

infrastr_20140122_1533.doc 29 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

L’interesse emerso per la rappresentazione dei processi decisionali nella loro versione più

realistica, caratterizzati proprio dalle incoerenze, dalle imprecisioni, dalle pressioni culturali

ed emotive, è collegato alla System Dynamics in due modi:

1. se è vero che la spiegazione del comportamento delle organizzazioni si basa

sull’analisi dei circuiti di retroazione che si vengono a formare nelle pieghe della

struttura dei processi decisionali, diventa allora fondamentale che tale struttura sia

descritta fedelmente in modo da conservare le sue caratteristiche;

2. In secondo luogo, l’ipotesi che le decisioni siano inevitabilmente e pesantemente

influenzate dall’ambiente da cui vengono carpite costituisce la giustificazione teorica

dell’utilizzo del concetto di circuito di retroazione per spiegare il comportamento

dinamico dei sistemi. Dal momento che anche le decisioni influenzano lo stato del

sistema da cui sono prese, allora l’evoluzione di un’azienda è animata dal motore

costituito dal circuito di retroazione che si crea tra lo stato del sistema e le decisioni

degli attori in esso coinvolti.

L’analisi del comportamento dei sistemi dinamici è stato sempre limitato dal fatto che la

soluzione analitica delle equazioni differenziali che ne descrivono il comportamento

diventa problematica o addirittura talvolta impossibile anche per i sistemi relativamente

poco complessi. Sulla base di tale importante limitazione, negli anni Cinquanta, soprattutto

nell’ambito delle ricerche condotte per creare efficienti sistemi di difesa antiaerea e, in

generale, nei dipartimenti di ingegneria delle università americane, si è sviluppato un

approccio allo studio dei sistemi dinamici fondato sull’analisi numerica del loro

comportamento, condotto tramite simulazione al computer. Questa evoluzione, resa

possibile anche dallo sviluppo portentoso della capacità computazionale dei calcolatori,

negli anni immediatamente successivi, ha costituito un punto di partenza fondamentale per

System Dynamics, anch’esso caratterizzato da un approccio sperimentale, basato sulla

costruzione di modelli di simulazione, al computer, del comportamento dei sistemi

aziendali, ambientali, sociali e politici.

A seconda delle esigenze strategiche oppure gestionali, i modelli di simulazione costruiti

con la metodologia di SD possono essere utilizzati sia come sistemi di supporto alle

infrastr_20140122_1533.doc 30 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

decisioni per i centri direzionali delle organizzazioni oppure per la creazione dei

"Micromondi" e Business Game nella valutazione degli scenari nell’ambito formativo e/o

promozionale.

Come si sviluppa un modello System Dynamics

Gli elementi base della Dinamica dei sistemi possono essere enunciati nei seguenti punti:

è necessaria una chiara identificazione di tutti i fenomeni emergenti da quella realtà

che si vuole rappresentare come sistema;

ogni fenomeno preso in esame trova le sue origini e il suo sviluppo entro i confini del

sistema stesso;

nella descrizione del sistema vanno evidenziati i circuiti di retroazione;

nella trasposizione da sistema a modello vanno utilizzate tutte le informazioni

ottenibili;

l’intero sistema si compone di parti, per ognuna delle quali deve essere possibile una

descrizione completa;

le parti del sistema sono connesse fra loro da una rete di tipo informativo che ne

costituisce il tessuto connettivo.

Ciò che traspare nei punti enunciati è asserzione che la realtà, intesa come sistema da cui

traggono origine i fenomeni osservati, possa essere delimitata attraverso una precisa

identificazione dei fenomeni stessi. Il sistema così evidenziato è la sede dove si generano

tutti i fenomeni percepiti e descritti dall’osservatore.

La Dinamica di Sistemi suggerisce un approccio per far convivere due aspetti,

apparentemente separati, nell’analisi di un qualsiasi processo complesso, e cioè:

1. analisi di tipo quantitativo-matematico applicata alle problematiche dei processi di un

sistema organizzativo, e

2. descrizione del fenomeno attraverso un approccio qualitativo strettamente legato alla

realtà complessa.

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Le fasi di sviluppo di un modello di SD possono essere cosi' rappresentate:

Figura 3 - Le fasi di sviluppo di un modello con l’approccio System Dynamics

Identificazione delle

variabili principali

Sviluppo della mappa

di Flussi e Livelli

Calibrazione e

Validazione del modello

Definizione delle

equazioni dei Flussi e

identificazione delle leve

del sistema

Delimitazione del

confine del Sistema

Sviluppo delle

mappe causali

Costruzione e

Revisione del modello

di simulazione

Associazione del

tipo di variabile

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Cenni Storici

SD nasce verso la fine degli anni ’50 all’MIT (Massachusetts Institute of Technology) e la

sua origine è indissolubilmente legata alla storia di un uomo, Jay W. Forrester31, che

diventa assistente di Gordon Brown32 - uno dei pionieri degli studi sul controllo dei circuiti

di retroazione. Durante la II guerra mondiale il lavoro di Brown e Forrester si concentra

sull’utilizzo della teoria del controllo dei circuiti di retroazione per la costruzione di sistemi

antiaerei e, in particolare, di sistemi di controllo di antenne e cannoni.

Dopo la guerra, tra la lista di progetti che Gordon Brown propone a Forrester, quest’ultimo

sceglie ciò che riguarda la costruzione di un simulatore di volo per i piloti americani.

Il progetto viene sviluppato e sfocia nella costruzione di un computer per lo sviluppo

sperimentale di sistemi informativi da utilizzare in combattimento. Una volta sviluppato,

esso costituisce la base da cui nasce il sistema di difesa aerea del Nord America

denominato SAGE (Semi-Automatic Ground Environment).

Il punto di svolta arriva quando all’ MIT viene fondata la Sloan School of Management.

Forrester abbandona allora il dipartimento di ingegneria dove dal 1952 al 1956 è stato

direttore della Digital Computer Division del Lincoln’s Laboratory e, nel 1956, entra nella

Sloan School. Il primo progetto di cui si occupa riguarda l’analisi di un problema che

affligge la General Electric: quest’ultima non riesce a spiegare l’origine delle oscillazioni

che caratterizzano l’utilizzo della capacità produttiva nel business degli elettrodomestici.

La spiegazione di questo problema dà vita alla nascita di System Dynamics poiché

Forrester comprende, analizzando la struttura organizzativa dell’azienda, che le

oscillazioni nell’utilizzo della capacità produttiva sono endogenamente generate e trovano

la propria causa nei ritardi temporali e nella struttura dei circuiti di retroazione che sottende

ai processi decisionali.

La necessità di confermare questa intuizione spinge Forrester e i suoi assistenti a

costruire un modello matematico per simulare il comportamento del sistema. Dal modello

di simulazione si arriva presto alla costruzione di un programma (DYNAMO) con il quale è

possibile costruire modelli di simulazione con la metodologia SD.

La creazione di questo programma ovviamente costituisce un forte stimolo allo sviluppo

del SD che ha ora un valido strumento per la costruzione di modelli e la loro simulazione al

31

Jay Wright Forrester nato in Nebraska (USA) nel 1918 è stato professore all’ MIT Sloan School of Management. Forrester è conosciuto come il fondatore della System Dynamics,

32 Gordon S. Brown (1907–1996 ) è stato professor di Ingegneria elettrica all’MIT.

infrastr_20140122_1533.doc 33 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

computer. Sulla scia del lavoro per la General Electric, Forrester comincia a sviluppare, in

modo sistematico, la sua metodologia di analisi dei comportamenti delle aziende basato

sull’applicazione al management delle teorie sui servomeccanismi e sul controllo dei

circuiti di retroazione. A seguito di questo sforzo di sistematizzazione, esce, nel 1961,

Industrial Dynamics, un vero e proprio manuale - tuttora principale punto di riferimento per

chi vuole avvicinarsi allo studio del SD. Al MIT, il gruppo di SD cresce rapidamente e

Forrester, portando avanti il suo lavoro di ricerca acquista popolarità, ma anche aspre

critiche, soprattutto a seguito di due progetti. Il primo riguarda lo studio delle dinamiche dei

centri urbani per la valutazione di politiche alternative, in particolare, relative alla gestione

del problema della costruzione di abitazioni per le classi meno abbienti. Questo progetto

ha come risultato la pubblicazione del libro Urban Dynamics (1969), che riscuote critiche

negative soprattutto a causa del fatto che, tramite gli esperimenti di simulazione condotti

sul modello, Forrester fa emergere forti dubbi sulla validità a lungo termine di molte delle

politiche che caratterizzano l’intervento pubblico nelle grandi città statunitensi.

Nel 1970, Forrester ha i primi contatti con Aurelio Peccei, fondatore del Club di Roma

(un_gruppo di 75 persone, provenienti da 25 nazioni, che sponsorizzano progetti di ricerca

volti all’analisi di temi che riguardano le prospettive di sviluppo economico e sociale).

Dal rapporto tra Forrester e il Club di Roma scaturisce l’idea di un progetto di ricerca con

lo scopo di studiare la sostenibilità dello sviluppo economico sul nostro pianeta.

Il problema nasce dalle perplessità che emergono all’indomani del boom degli anni ’60

quando si comincia a parlare di problemi quali l’inquinamento atmosferico e l’esaurimento

delle scorte di petrolio. Forrester utilizza il SD per costruire un modello di simulazione atto

a studiare le prospettive di sviluppo e illustrare una serie di possibili scenari futuri.

Il modello, dà origine alla pubblicazione di World Dynamics (1971) e descrive come

l’evoluzione del sistema-mondo può essere studiato analizzando l’interazione tra tre sotto-

sistemi: il sistema della produzione industriale, il sistema della popolazione umana, con le

dinamiche demografiche che lo caratterizzano e il sistema della produzione agricola.

Anche questo progetto, oltre a dare a Forrester e al gruppo del MIT una certa popolarità,

scatena forti opposizioni, soprattutto di carattere metodologico, da parte di alcuni

economisti. Forrester, in effetti, usa un metodo di ricerca nuovo che trova giustificazione

nella logica pragmatica che sin da allora anima il SD.

infrastr_20140122_1533.doc 34 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

Nel lavoro di Forrester, il pregio consiste non tanto nella capacità del modello di prevedere

particolari stati puntuali del sistema o sul rigore con cui le ipotesi del modello sono state

testate empiricamente, quanto sulla possibilità che il modello offre di comprendere la

logica con cui le variabili rilevanti interagiscono, il ruolo che ciascuna di esse gioca, i punti

in cui il sistema è sensibile agli interventi e gli scenari che emergono come conseguenza

di ipotesi alternative circa lo stato del sistema.

I citati studi sulle dinamiche dei centri urbani e le problematiche relative allo sviluppo

sostenibile sono, ovviamente, solo alcuni dei progetti cui Forrester si è dedicato nei suoi

anni di attività. Sono stati ricordati, tuttavia, perché costituiscono dei punti di svolta nella

crescita della metodologia SD. Sia per le critiche che per gli elogi ricevuti, infatti, questi

studi hanno contribuito a portare alla ribalta il lavoro che viene svolto alla Sloan School del

MIT. Inoltre, questi imponenti progetti di ricerca contribuiscono a fornire esempi di

riferimento e svolgono una funzione da catalizzatore per il gruppo di ricercatori che si sta

formando attorno a Forrester. Dall’impegno di Forrester, infatti, si sviluppa al MIT un filone

importante di studi che darà vita al System Dynamic Group del MIT. Tra i componenti di

tale gruppo, alcuni ricercatori hanno un ruolo particolarmente importante nella diffusione

del SD. Peter Senge33, per esempio, con il suo libro, La Quinta Disciplina, (1990), spiega,

in modo comprensibile e divulgativo, come i principi del SD possono essere applicati alla

gestione dei sistemi aziendali. John Sterman34, invece, continua il lavoro di Forrester al

MIT utilizzando i principi del SD per studiare i problemi legati ai processi decisionali nelle

aziende. Sterman fornisce uno stimolo essenziale allo sviluppo di un metodo di analisi dei

sistemi economici e delle scelte aziendali imperniato sull’utilizzo di simulatori di volo.

I simulatori di volo (nel linguaggio di studiosi di SD Microworld – Micromondi) sono modelli

matematici che riproducono un particolare sistema. Tramite un’interfaccia grafica,

all’utente è data la possibilità di definire strategie e attuare scelte, osservandone le

conseguenze.

33

Peter Michael Senge nato in California (USA) nel 1947, è il direttore del “Center for Organizational Learning” all’ MIT Sloan School of Management, autore del libro “La quinta disciplina: L'arte e la pratica dell'apprendimento organizzativo”, ISBN 88-200-1350-932-I-97, Sperling & Kupfer 1992.

34 John David Sterman è il direttore del System Dynamics Group all’MIT Sloan School of Management,

autore del libro “Business Dynamics: Systems thinking and modeling for a complex world”, McGraw Hill 2000.

infrastr_20140122_1533.doc 35 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

Infine, John Morecroft35 analizza i legami tra SD e gli studi sulla razionalità limitata e

sull’approccio comportamentistico alle decisioni indagando il ruolo dei modelli SD come

strumento a supporto delle scelte strategiche. Morecroft, dopo aver lasciato MIT diventa

professore associato alla London Business School dove contribuisce alla diffusione del SD

in Europa, rinvigorendo il legame tra SD e gli studi di "Strategic management".

35

John Morecroft è il professore di Management Science and Operations a London Business School, autore del libro “Strategic Modelling and Business Dynamics: A Feedback Systems Approach”, Wiley 2007.

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PARTE 2:

SPECIALISTICA / DI SUPPORTO / BIBLIOGRAFICA

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E per concludere ecco le caratteristiche di base di un possibile

strumento innovativo che dovrà essere configurato e quindi

sviluppato con l’obiettivo di rispondere alle esigenze dello studio

preliminare oggetto della ricerca.

5.1. La piattaforma metodologica auspicabile

Gli strateghi militari tendono a riconoscere sempre di più che gli interventi pianificati

qualche volta falliscono l’obiettivo predefinito, specialmente per le decisioni a lungo

termine. Ciò è dovuto principalmente a tre ragioni problematiche:

1. limitata consapevolezza di risultati alternativi piuttosto che opportunità di poter

valutare innumerevoli soluzioni;

2. prospettive settoriali piuttosto che "sistemiche";

3. analisi lineare e ricerca della soluzione ottima piuttosto che analisi dinamica della

complessità delle decisioni con la ricerca delle soluzioni "ottimali".

Alla prima problematica bisogna corrispondere con uno strumento di simulazione che

permetta oltretutto di poter definire un set di "leve" decisionali e quindi verificare l’impatto

della varietà di queste sul processo di interesse. La seconda problematica è facilmente

gestibile se si adotta l’approccio del pensiero sistemico (System Thinking).

La terza problematica corrisponde verosimilmente alle caratteristiche delle due

metodologie / tecniche (System Dynamics / Agent Based Modelling) identificate per

effettuare l’analisi e la costruzione del modello di simulazione.

Capitolo 5

Proposta dello Strumento 5

infrastr_20140122_1533.doc 38 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

Il cosiddetto approccio "miope" è presente nei diversi metodi di pianificazione e

valutazione dei "decisori" militari36 37. Gli strumenti tradizionali di pianificazione e controllo

a supporto decisionale sono generalmente poco adatti per governare situazioni dove

azioni tattico-operative hanno effetti conflittuali e impatti multipli. Spesso da ciò

scaturiscono effetti collaterali non previsti che hanno conseguenze superiori agli effetti

primari38.

Le situazioni sopradescritte evidenziano le complessità dinamiche che sovente

racchiudono i ritardi temporali fra le cause e gli effetti delle variabili in gioco e possono

comprendere gli obiettivi multipli e qualche volta anche conflittuali39. In queste circostanze

diventa difficile definire l’orizzonte temporale e pianificare le attività degli interventi

identificati (necessari) poiché le azioni possono avere conseguenze imprevedibili ed

incontrare interessi opposti oppure essere vincolati dalle risorse e/o capacità limitate.

La metodologia di analisi sistemica nella modellizzazione prescelta (System Dynamics) in

sinergia con la tecnica di simulazione identificata (Agent Based Modelling) può gestire

problemi dinamici complessi come quelli presenti nel contesto militare e sono quindi

proponibili per la realizzazione di uno strumento di simulazione rivolto ad una migliore

dislocazione infrastrutturale delle unità – oggetto del presente studio.

L’approccio "Dinamica di Sistemi" analizza i sistemi attraverso processi di accumulazione

(stocking) e di gestione di effetti di retroazione (feedback loops) sviluppando modelli

predisposti ad essere validati (tested) per le politiche desiderate al fine di raggiungere i

risultati desiderati. La metodologia (vedi Capitolo 4) implica lo sviluppo di diagrammi di

causa-effetto (Causal-Loop Diagrams-CLD), denominati anche diagrammi di influenza

(Influence Diagrams), nonché e la identificazione delle leve decisionali (Policy Levers) per

la costruzione di modelli quantitativi orientati alla simulazione delle dinamiche d’interesse.

I modelli SD, seguendo un percorso metodologico (Figura 3, nel Capitolo 4), vengono

sviluppati ad hoc per una realtà da rappresentare e costruiti utilizzando un ambiente di

sviluppo software per essere poi dotati di un’interfaccia amichevole (user friendly) e messi

a disposizione di chi dovrà valutare scenari alternativi e quindi sulla base dei risultati

ottenuti dalle simulazioni effettuare le decisioni opportune.

36

Bensahel, N. (2006). Mission Not Accomplished: What Went Wrong with Iraqi Reconstruction. 37

Byman (2005). Going to War with the Allies You Have: Allies, Counterinsurgency, and the War on Terrorism: The Strategic Studies Institute of the U.S. Army War College.

38 Davis & Henninger (2007) Analysis, Analysis Practices, and Implications for Modeling and Simulation. 39

Sterman (2000). Business Dynamics: Systems Thinking and Modeling for a Complex World.

infrastr_20140122_1533.doc 39 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

La principale dottrina dei modelli SD è quella di rilevare che è la struttura di un sistema a

causare il suo comportamento. La struttura del sistema consiste nel modello quantitativo

che viene costruito attraverso l’identificazione di livelli (stocks) e flussi (flows) che causano

l’aumento e la diminuzione dei livelli e l’interazione dei cicli di retroazioni (feedback loops)

che governano l’equazione dei flussi (rates).

Figura 4 - Simbologia di mappa causale della metodologia System Dynamics

Il comportamento del sistema viene generalmente rappresentato dagli andamenti

(patterns) temporali delle variabili descritte nel sistema. Formalmente un modello SD è un

sistema di equazioni differenziali non lineari che viene tipicamente costruito attraverso un

insieme "semplice" di equazioni algebriche intrecciate e che rappresentano in maniera

trasparente la struttura causale del modello globale.

infrastr_20140122_1533.doc 40 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

I modelli di comportamento delle variabili possono essere fondamentalmente di quattro

tipologie, sintetizzate nella Figura 5. Essi presentano, in maniera schematica, il risultato

del comportamento di una variabile o del sistema.

Gli andamenti possono essere:

Crescita esponenziale, si ha quando al crescere di una quantità iniziale aumenta

esponenzialmente, il suo tasso di crescita;

Crescita ad S, allorché la variabile presenta una prima crescita esponenziale non

seguita da ulteriori aumenti significativi nel tempo e verifca un livellamento naturale;

Goal-Seeking, la quantità di interesse inizia al di sopra o al di sotto di un certo livello

target (obiettivo) e la curva tende verso lo stesso con il passare del tempo.

(Può verificarsi il caso in cui il valore iniziale sia inferiore al goal per cui l’andamento

sarà crescente o, al contrario, il caso in cui il valore iniziale è maggiore del valore

obiettivo e quindi l’andamento sarà decrescente);

Oscillazioni, si ha invece quando le quantità di interesse oscillano rispetto al livello

target.

Figura 5 – I modelli fondamentali di comportamento delle variabili

nella metodologia System Dynamics

infrastr_20140122_1533.doc 41 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

Combinando l’oscillazione con le altre tipologie si possono presentare modelli di

comportamento che tendono a rappresentare meglio i casi reali:

Crescita esponenziale combinata con l’oscillazione;

Goal-Seeking combinato con l’Oscillazione;

Crescita ad S combinato con l’Oscillazione.

Le caratteristiche tecniche della Dinamica di Sistemi, appena illustrate, e l’approccio

sistemico della SD, descritto nel Capitolo 4, rappresentano un quadro metodologico

adatto ad affrontare operativamente le sfide nei diversi casi di complessità dinamica

nell’analisi e pianificazione di problematiche militari. Le scienze sociali in generale si sono

servite spesso dei concetti di retroazione e di accumulazione e gli studiosi del mondo

militare, in particolare, hanno impiegato questi concetti in diversi contesti. L’approccio SD

è una applicazione semplice, pratica ed efficace che utilizza le caratteristiche sopraccitate

come fondamenti per la costruzione di modelli di simulazione che possono essere

prevalentemente utilizzati per comprendere come la struttura del processo in esame

evidenzi il comportamento del sistema; poter quindi verificare, con un approccio sistemico,

vari scenari e politiche alternative nel raggiungimento degli obiettivi preposti.

Purtroppo le applicazioni di questa metodologia, in Italia, non sono così diffuse come in

altri paesi e, in particolare, nel mondo militare mentre si possono citare diverse

applicazioni militari della metodologia SD, particolarmente nel mondo anglosassone, sin

dal 1980:

La dinamica dei conflitti (Coyle 1981).

Azioni governative di prevenzione di guerriglie (Coyle 1985; Anderson 2007).

Modelli di combattimenti (Wolstenhome, 1990).

Gestione di spese della difesa e di manutenzione (Coyle & Gardiner 1991; Coyle

1992)

Project management nell’appalto delle attività della difesa (Cooper 1980; Lyneis,

Cooper e Els 2001; Lyneis & Ford 2007)

Stabilità degli stati in relazione alla crescita delle sfide terroristiche (Choucri 2006)

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Le caratteristiche della metodologia di analisi System Dynamics appena descritte sono

generali, ma la loro implementazione richiede l'utilizzo di ambienti di sviluppo configurati

per poter ospitare le applicazioni, facilitare lo sviluppo dei modelli, poter effettuare delle

simulazioni circoscritte o interfacciare altri ambienti/tecniche modellistiche (per esempio

ABM). Esistono differenti pacchetti software disponibili sul mercato per sviluppare modelli

SD. Uno di questi ambienti con maggiore apertura verso altri software e in grado di

sviluppare facilmente, anche autonomamente, delle interfacce amichevoli (user friendly) è

Powersim40.

A differenza della Dinamica di Sistemi la tecnica di Modelli Basati su Agenti (ABM) non ha

un linguaggio standard. Gli ABM possono presentarsi con diverse architetture, tipi di

comportamento, numero di agenti, spazi, etc.. La metodologia di SD può essere utilizzata

all’interno oppure all’esterno degli agenti. Tuttavia esistono schemi concettuali che sono

comuni a molti ABM:

Architettura basata su oggetti (object based architecture);

Gestione della variabile "tempo": asincrono oppure sincrono;

Gestione spazio di mobilità (continuo, discreto, geografico);

Rete e legami fra agenti;

Comunicazione fra agenti e fra agenti e l’ambiente circostante(environment);

Creazione e distruzione dinamica di agenti;

Raccolta statistica sulla popolazione di agenti.

40

http://www.powersim.no/

infrastr_20140122_1533.doc 43 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

Struttura di un modello basato su agenti

Un tipico modello basato su agenti contiene tre elementi:

1. un insieme di Agenti (comprendente i loro attributi e comportamenti);

2. un insieme di relazioni e metodi di interazione degli agenti: una topologia di

connessione che definisce "come" e con "chi" gli agenti interagiscono;

3. l’ambiente .

Si dovranno quindi identificare almeno questi elementi per poter costruire un ABM, la cui

tipica struttura è riportata nella Figura 6:

Figura 6 - Struttura generica di un ABM – fonte Epstein e Axtell41.

41

Epstein JM e Axtell R (1996). Growing Artificial Societies: Social Science from the Bottom Up. MIT Press: Cambridge, MA.

infrastr_20140122_1533.doc 44 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

Da un punto di vista prettamente pratico, basato su come e perché vengono costruiti gli

ABM con valenza applicativa, si possono evidenziare le caratteristiche essenziali degli

"agenti":

Un agente è autosufficiente (self contained) e modulare e identifica in maniera

univoca un elemento individuale. Il requisito modulare implica che un agente ha un

ben preciso confine. Si può facilmente determinare se qualcosa fa o non fa parte

dell’agente oppure è un attributo comune. Gli agenti possiedono attributi che

permettono di distinguerli ed essere riconoscibili da altri agenti.

Un agente è autonomo e auto-direzionale (self directed). Può agire

indipendentemente nel suo ambiente e in relazione ad altri agenti, almeno in un

limitato raggio di situazioni di interesse del modello. Il comportamento di un agente

può essere specificato da regole semplici fino a modelli astratti come, per esempio,

reti neurali oppure programmi genetici che rilegano gli input agli output di agenti a

meccanismi adattivi.

Un agente ha uno stato che varia nel tempo e che rappresenta la sua situazione

corrente. Lo stato di un agente consiste in un insieme o un sottoinsieme di suoi

attributi. Lo stato di un ABM è rappresentato dagli stati globali di tutti gli agenti,

compreso quello dell’ambiente (environment). I comportamenti di un agente sono

condizionati dallo stato dell’agente stesso. Più ricco è l’insieme possibile degli stati di

un agente, tanto più ricco è l’insieme dei comportamenti che l’agente può avere.

In una simulazione ABM lo stato rappresenta, ad ogni istante di tempo, tutta

l’informazione necessaria per muovere il sistema complessivo da quel punto in

avanti.

Gli agenti hanno dei protocolli specifici (comunicazione, movimento, capacità di

rispondere all’ambiente, etc.) per interagire con altri agenti. Essi possiedono l’abilità

di riconoscere e quindi distinguere le caratteristiche di altri agenti.

infrastr_20140122_1533.doc 45 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

Una tipica struttura di agente è riportata nella Figura 7.

Figura 7 - Struttura tipica di un agente42

Ad oggi in campo militare sono presenti decine di applicazioni di ABM principalmente

sviluppate dal Dipartimento della Difesa Americano (DoD – Department of Defense) per

simulare problemi militari.

Soltanto a scopo esemplicativo si possono citare:

il progetto MANA ( Map Aware Non-uniform Automata): un modello costruito per

esplorare la capacità delle prestazioni della futura rete di telecomunicazioni della

U.S. Army a fronte del degrado generale delle comunicazioni;

il modello Pythagoras: studio per analizzare come veicoli di superficie senza pilota

(USV – Unmanned Surface Vehicle) possono essere utilizzati a supporto della

difesa;

uno studio integrativo di progetti precedenti e l’ambiente di sviluppo JANUS43 per

"standardizzare" la dimensione di un plotone integrativo di difesa.

42

C M Macal e M J North – Tutorial on agent-based modelling and simulation. Journal of Simulation (2010).

43 JANUS – Una piattaforma open-source multi-agente - http://www.janus-project.org

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5.2. Caso di studio:

Infrastrutture Critiche e la dislocazione infrastrutturale delle unità

Nell’ambito delle applicazioni della metodologia System Dynamics - attinenti alla

problematica generale della gestione delle infrastrutture critiche - esistono diversi studi

interessanti:

Critical Infrastructure Disruptions: A Holistic System Dynamics Approach for Decision

Support (Münzberg, Comes, Schultmann - 2012);

On the Vulnerability of Critical Infrastructures (Gheorghe - 2005);

Critical National Infrastructure Reliability Modeling and Analysis (Conrad, LeClaire,

O’Reilly, Uzunalioglu - 2006);

Managing Critical Civil Infrastructure Systems: Improving Resilience To Disasters

(Croope – 2005);

Modeling Economic Impacts to Critical Infrastructures in a System Dynamics

Framework (Dauelsberg, Outkin- 2005);

Comparative Evaluation of Modeling and Simulation Techniques for Interdependent

Critical Infrastructures (Eusgeld, Henzi, Kröger - 2008);

A Systems Approach To Determining Critical Infrastructures & Appropriate

Technology (Nyamvumba, Kumile,Trimbl – 2008);

Modeling and Simulation of Critical Infrastructure Systems for Homeland Security

Applications (DHS/NIST Workshop on Homeland Security Modeling & Simulation –

2011).

Tutti questi studi sottolineano la potenzialità e l’efficacia della metodologia di analisi

nonché l’implementazione sistemica dell’approccio SD nell’ambito della gestione delle

infrastrutture critiche.

In particolare il progetto CIP/DSS (Critical Infrastructure Protection Decision Support

System), sviluppato dal laboratorio di Los Alamos44 e sponsorizzato dal dipartimento della

Sicurezza interna (DHS – Department of Homeland Security), mette in risalto il ruolo della

metodologia SD poiché evidenzia l’analisi della dinamica di ciascun elemento individuale

44

Los Alamos – National Laboratory è un laboratorio dell' United States Department of Energy gestito dalla Los Alamos National Security LLC, situato a Los Alamos Nuovo Messico. Il laboratorio è uno dei più ampi istituti multidisciplinari del pianeta.

infrastr_20140122_1533.doc 47 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

delle infrastrutture critiche e le interdipendenze delle coppie di elementi all’interno

dell’ambiente globale. Ovviamente, in questo progetto l’obbiettivo primario è quello della

sicurezza, ossia la protezione delle infrastrutture critiche. Il progetto mira ad utilizzare un

approccio in grado di meglio comprendere il livello di sicurezza delle infrastrutture critiche

e valutare scenari di possibili rischi di vulnerabilità del sistema, attraverso uno strumento di

simulazione. L’approccio scelto ha permesso di valutare l’evolversi di possibili minacce

(incerte) simulando una varietà di risorse e infrastrutture.

Gli obiettivi puntuali del progetto CIP/DSS si avvicinano alle esigenze generali del

presente studio preliminare:

Costruzione: sviluppo e implementazione di uno strumento di simulazione per

assegnare le priorità degli interventi e la definizione delle strategie di allocazione

delle risorse nell’analisi delle valutazioni del rischio di vulnerabilità e successive

conseguenze.

Fornitura di uno strumento operativo di supporto decisionale durante periodi di crisi e

di emergenza.

Nella Figura 8 è messa in evidenza la relazione fra il sistema di protezione delle

infrastrutture critiche (CIP), le previste tipologie di decisioni e il sistema di supporto

proposto con il progetto CIP/DSS.

Figura 8 – Relazioni fra CIP, decisori e CIP/DSS

infrastr_20140122_1533.doc 48 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

Lo strumento sviluppato viene utilizzato per valutare situazioni di malfunzionamento,

interruzione e/o sospensione di infrastrutture in diversi ambienti (Sanità,

Telecomunicazione, Inquinamento ambientale, etc.).

L’architettura del sistema CIP/DSS è composta da una serie di modelli per tutte le

infrastrutture critiche identificate, legate fra di loro attraverso gli elementi di maggiore

interdipendenza. Inoltre sono presenti l’accoppiamento (legame strutturale) che si crea fra

le infrastrutture su scala nazionale e quelle metropolitane (vedi Figura 9).

Figura 9 – l’architettura generale del sistema CIP/DSS

La corretta rappresentazione delle interdipendenze fra le infrastrutture è la caratteristica

più emblematica dei modelli CIP/DSS; il sistema traccia la propagazione (per esempio) di

una defezione nel settore delle telecomunicazioni sui settori di fonte energetica, bancaria e

amministrativo/governativa. Infine, rispettando i differenti aspetti nazionali e metropolitani,

il sistema permette di risolvere sia gli impatti intra-regionali che quelli intra-urbani.

I modelli presenti nel sistema simulano la dinamica di ciascuna infrastruttura identificata e

quindi accoppiano le diverse infrastrutture in relazione alle loro interdipendenze.

infrastr_20140122_1533.doc 49 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

Per esempio, la riparazione di un danneggiamento alla rete elettrica in una città richiede il

trasporto del personale sul posto, la fornitura di pezzi di ricambio, l’utilizzo della

telecomunicazione per la diagnosi del guasto a distanza e, ovviamente, il coordinamento

del lavoro. La riparazione del guasto coinvolge inoltre la diagnostica, l’ordinazione dei

pezzi di ricambio, la spedizione di una squadra per la riparazione e infine la riparazione.

La rete elettrica reagisce al guasto riparato con la verifica dei cambiamenti nella capacità

operativa. I processi dinamici come questo or ora descritto vengono analizzati con una

serie di mappe causali.

Nella Figura 10 è riportato l’esempio di una mappa causale che si riferisce alla gestione

dell’interruzione di una rete di telecomunicazione.

Figura 10 – Esempio di una mappa causale della gestione dell’interruzione

di una rete di telecomunicazione

infrastr_20140122_1533.doc 50 Author: Prof. Habib SEDEHI - Edit: T.Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango

Come già descritto nel Capitolo 4, una volta completata, la mappa causale viene

trasformata in un modello System Dynamics attraverso la costruzione del diagramma

flussi e livelli (vedi Figura 11) comprendente delle equazioni differenziali che

rappresenteranno il comportamento dell’evoluzione delle variabili del modello.

Figura 11 – Esempio di modello SD della rete di generazione elettrica

Idle Power

Generation

Capacity

Failed

Generation

Capacity

Repairing Failed Generation

Capacity

Failed Generation

Capacity Repair Time

Fuel Required for

Serving Load

Time to Activate

Generation

<TIME STEP>

Bringing Generation

on Line

Generation

Serving Load

Switching Load

Serving

Generation to

Idle

Load Serving

Generation Failing

Generation

Failure Time

Maximum Rate of

Increasing Load Serving

Available

Generation

Net Rate of Increasing

Load Serving

GenerationDisconnected

fromTransmission

System

Load Serving Generation

Becomming Disconnected

Idle GenerationBecomming

Disconnected

GenerationBecomming

Reconnected

Generation

Reconnection TimeGeneration

Disconnection RateInterruption

Start Time

Interruption

Duration

Disconnection Rate

During Interruption

<Time>

Emissions per Unit

Generation

Emissions Rate

Reserve Margin

Total Idle

Capacity

Total Generation

Serving Load

Effect of Power SCADA

on Control of Generators

<Effect ofCommunications onPower SCADA>

<Relative GenerationCapacity without

SCADA>

Total Available

Generation

Maximum Controllable

Generation

Initial Generation

Capacity

Disconnection Rate due

to Control Limitations

<TIME STEP>

Idle capacity includes ancillary

services. Current model does not

include fuel used in providing these

services

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Infine viene costruito un’interfaccia "amichevole" per l’utente finale: un pannello di controllo

(Dashboard) che permette all’utilizzatore di effettuare delle simulazioni muovendo delle

leve in grado di evidenziare possibili scenari critici (Figura 12).

Figura 12 – Esempio di pannello di controllo per la gestione delle infrastrutture critiche

in un sistema di gestione della struttura sanitaria

In conclusione, lo strumento di simulazione (rispetto ad una tradizionale tecnica di ricerca

operativa) sviluppabile per la risoluzione di una problematica militare che valuti possibili

futuri scenari alternativi e selezioni la soluzione "ottimale" richiede, nel caso specifico di

dislocazione infrastrutturale delle unità, l’identificazione di sotto-sistemi pertinenti al

processo globale da analizzare.

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In un’analisi preliminare questi sotto-sistemi possono essere ipotizzati nei seguenti settori

comprendenti un elenco di macro variabili (non esaustivi):

1. Settore Trasporti:

a. Aeroporti (Airport of Disembarkation - APOD)

b. Ferrovie

c. Porti Navali ( Sea Port of Disembarkation – SPOD)

d. Autostrade

e. …

2. Settore Fonti:

a. Energia Elettrica

b. Risorse Idriche

c. Reti di telecomunicazioni

d. …

3. Settore Servizi:

a. Ospedali

b. Scuole

c. Banche

d. Supermercati

e. Strutture sportive

f. …

4. Settore Strutture:

a. Aree di addestramento

b. Poligoni

c. Aree per alloggi (foresteria)

d. Aree edificabili

e. …

Il modello System Dynamics auspicabile dovrà analizzare nel dettaglio ciascun sotto-

sistema e verificare tutte le relazioni plausibili fra ciascun sotto-sistema.

Lo strumento di simulazione potrà fornire dei risultati autonomi del modello SD

sviluppato, e al tempo stesso estendere tali risultati ad un ambiente ABM per poter

maggiormente dettagliare (singoli individui, squadre, collettività) le soluzioni proposte.

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Ce.Mi.S.S.45

Il Centro Militare di Studi Strategici (Ce.Mi.S.S.) e' l'Organismo che gestisce, nell'ambito e

per conto del Ministero della Difesa, la ricerca su temi di carattere strategico.

Costituito nel 1987 con Decreto del Ministro della Difesa, il Ce.Mi.S.S. svolge la propria

opera valendosi si esperti civili e militari, italiani ed esteri, in piena liberta' di espressione di

pensiero.

Quanto contenuto negli studi pubblicati riflette quindi esclusivamente l'opinione del

Ricercatore e non quella del Ministero della Difesa.

Habib SEDEHI46

Habib Sedehi è stato fino al 2012 Professore

d’Informatica e titolare dei corsi di Laboratorio di

"Teoria dei Sistemi per la Simulazione dei processi

d’Impresa" e "Project Management per la gestione di

progetti d’Impresa" alla Facoltà di Scienze della

Comunicazione presso l’Università "La Sapienza" di

Roma. E’ stato il fondatore e il presidente eletto del

Chapter Italiano della System Dynamics Society

(SDS), nonché il referente Italiano fino al 2011.

Ha ricoperto il ruolo di membro del Comitato Direttivo dell’Associazione Italiana delle

Metriche del Software (GUFPI-ISMA) fino al 2012. Infine, ha rivestito il ruolo di Presidente

della Commissione "Rapporti Internazionali" all’Ordine degli Ingegneri della Provincia di

Roma (2010-2012). Attualmente è docente e libero professionista; svolge attività di

consulenza, è autore del libro "Ingegneria Economica del Software" ed altri testi.

45

http://www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/CeMiSS/Pagine/default.aspx (ultima visita 2014 Gen 22)

46 http://it.linkedin.com/pub/habib-sedehi/3/a30/3a3 (ultima visita 2014 Gen 22)