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Capitolo 371 Raffreddore comune 1505 I polipi antrocoanali non rispondono alle misure mediche e devono essere asportati chirurgicamente. Non associandosi ad altre malattie sistemiche, i polipi di questo tipo tendono a recidivare con minore frequenza. BIBLIOGRAFIA Per la bibliografia completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com. Capitolo 371 Raffreddore comune Ronald B. Turner e Gregory F. Hayden Il raffreddore comune è una malattia virale, in cui predominano i sintomi di rinorrea e ostruzione nasale, mentre i sintomi e i se- gni sistemici come cefalea, mialgie e febbre sono assenti o lievi. È spesso definito rinite, anche se sarebbe più corretto usare il termine rinosinusite, dal momento che comporta il coinvolgimento autolimitante della mucosa sinusale. EZIOLOGIA Anche se i patogeni più spesso associati al raffreddore comune sono i rinovirus (Cap. 255), la sindrome può essere causata da molti virus diversi (Tab. 371.1). Il ruolo del bocavirus come causa di raf- freddore non è certo, in quanto il virus è spesso isolato da pazienti con contemporanea infezione da altri patogeni riconosciuti. EPIDEMIOLOGIA Il raffreddore può insorgere in qualsiasi momento dell’anno, ma la sua incidenza è maggiore dall’inizio dell’autunno fino a primavera inol- trata, riflettendo la prevalenza stagionale dei patogeni virali associati ai sintomi del raffreddore. L’incidenza più elevata delle infezioni da rinovirus si verifica all’inizio dell’autunno (agosto-ottobre) e nella tarda primavera (aprile-maggio). L’incidenza stagionale dei virus parainfluenzali (Cap. 251) in genere raggiunge il picco alla fine dell’autunno e della primavera, ed è maggiore tra dicembre e aprile per il virus respiratorio sinciziale ( Respiratory Syncytial Virus, RSV; Cap. 252) e i virus influenzali (Cap. 250). I bambini più piccoli hanno in media 6-8 raffreddori all’anno, ma il 10-15% dei bambini ha almeno 12 infezioni all’anno. L’inci- denza delle malattie si riduce con l’età, arrivando a circa 2-3 episo- di all’anno nell’adulto. L’incidenza dell’infezione è principalmente una funzione dell’esposizione al virus. I bambini che frequentano l’asilo nido durante il primo anno di vita contraggono il 50% di raffreddori in più rispetto a quelli che restano a casa. La differenza di incidenza della malattia in questi gruppi di bambini si riduce via via che il tempo passato in ambito comunitario aumenta, sebbene l’incidenza di malattia rimanga maggiore nel gruppo che frequenta l’asilo almeno per i primi 3 anni di vita. Il deficit di lectina legante il mannosio con compromissione dell’immunità innata può essere associato a un aumento dei raffreddori nei bambini. PATOGENESI I virus che causano il raffreddore comune si diffondono tramite ne- bulizzazione di microparticelle, macroparticelle o tramite contatto diretto. Sebbene sia probabile che i vari patogeni del raffreddore comune possano diffondersi attraverso uno qualsiasi di questi meccanismi, alcune vie di trasmissione sembrano essere più efficaci di altre per particolari virus. Gli studi compiuti sui rinovirus e sull’RSV suggeriscono che il contatto diretto sia un meccanismo di trasmissione efficace per questi virus, sebbene la trasmissione possa anche avvenire tramite aerosol di macroparticelle. Al contrario dei rinovirus e dell’RSV, i virus influenzali sembrano diffondersi più efficacemente tramite aerosol di microparticelle. I virus respiratori hanno sviluppato diversi meccanismi per sfuggire alle difese dell’ospite. Le infezioni da rinovirus e adeno- virus portano allo sviluppo di un’immunità protettiva sierotipo- specifica. La ragione per cui si verificano infezioni ripetute da parte di questi patogeni è l’esistenza di numerosi sierotipi diversi per ogni virus. I virus influenzali hanno la capacità di mutare gli antigeni di superficie virale e pertanto si comportano come se avessero sierotipi virali multipli. L’interazione tra i coronavirus (Cap.256) e l’immunità dell’ospite non è stata ancora chiarita, ma sembra che ceppi multipli e distinti di coronavirus siano in grado di indurre almeno un’immunità protettiva di breve durata. I virus parainfluenzali e l’RSV hanno ciascuno un piccolo numero di sierotipi diversi. La reinfezione con questi virus è possibile, poiché dopo l’infezione l’organismo non sviluppa un’immunità protettiva a questi patogeni. Sebbene la reinfezione non possa essere prevenuta dalla risposta adattativa dell’ospite a questi virus, la gravità degli episodi di malattia successivi risulterà almeno limitata dall’immunità preesistente. L’infezione virale dell’epitelio nasale può associarsi a distruzione del rivestimento epiteliale (virus influenzali e adenovirus) o non comportare alcun danno istologico evidente (rinovirus ed RSV). A prescindere dal quadro istopatologico, l’infezione dell’epitelio nasale si associa a una risposta infiammatoria acuta, caratterizzata dal rilascio di una varietà di citochine infiammatorie e dall’infil- trazione della mucosa da parte di cellule infiammatorie. Questa risposta infiammatoria acuta sembra essere responsabile, almeno in parte, di molti dei sintomi associati al raffreddore comune. L’infiammazione può ostruire l’ostio sinusale o la tuba di Eusta- chio, predisponendo alla sinusite batterica o all’otite media. MANIFESTAZIONI CLINICHE L’esordio dei sintomi del raffreddore comune avviene tipicamente da 1 a 3 giorni dopo l’infezione virale. Il primo sintomo è spesso rappresentato da fastidio o mal di gola, seguito rapidamente da ostruzione nasale e rinorrea. Il mal di gola di solito si risolve in fretta e dal secondo al terzo giorno di malattia predominano i sintomi nasali. La tosse si associa a 30% dei raffreddori e inizia di solito dopo l’esordio dei sintomi nasali. I virus influenzali, l’RSV e gli adenovirus hanno maggiore probabilità, rispetto ai rinovirus e ai coronavirus, di associarsi a febbre e ad altri sintomi sistemici. Il raffreddore comune dura circa una settimana, sebbene nel 10% dei casi si prolunghi, talvolta fino a due settimane. I reperti obiettivi del raffreddore comune sono limitati al tratto respiratorio superiore. Di solito si riscontra un evidente aumento delle secrezioni nasali; variazioni di colore o consistenza delle se- crezioni sono comuni durante il decorso della malattia e non sono indicative di sinusite o di sovrainfezione batterica. L’esame delle cavità nasali può rivelare turbinati edematosi ed eritematosi, seb- bene questo reperto sia aspecifico e di limitato valore diagnostico. Tabella 371.1 PATOGENI ASSOCIATI AL RAFFREDDORE COMUNE ASSOCIAZIONE PATOGENO FREQUENZA RELATIVA* Agenti associati principalmente al raffreddore Rinovirus Frequenti Coronavirus Occasionali Agenti associati principalmente ad altre sindromi cliniche che causano anche i sintomi del raffreddore comune Virus respiratori sinciziali Occasionali Metapneumovirus umano Occasionali Virus influenzali Non comuni Virus parainfluenzali Non comuni Adenovirus Non comuni Enterovirus Non comuni Bocavirus Non comuni *Frequenza relativa dei raffreddori causati dall’agente indicato.

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Capitolo 371 Raffreddore comune ■ 1505

I polipi antrocoanali non rispondono alle misure mediche e devono essere asportati chirurgicamente. Non associandosi ad altre malattie sistemiche, i polipi di questo tipo tendono a recidivare con minore frequenza.

BIBLIOGRAFIA Per la bibliografi a completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

Capitolo 371 Raffreddore comune Ronald B. Turner e Gregory F. Hayden

Il raffreddore comune è una malattia virale, in cui predominano i sintomi di rinorrea e ostruzione nasale, mentre i sintomi e i se-gni sistemici come cefalea, mialgie e febbre sono assenti o lievi. È spesso definito rinite , anche se sarebbe più corretto usare il termine rinosinusite , dal momento che comporta il coinvolgimento autolimitante della mucosa sinusale.

EZIOLOGIA Anche se i patogeni più spesso associati al raffreddore comune sono i rinovirus ( Cap. 255 ), la sindrome può essere causata da molti virus diversi ( Tab. 371.1 ). Il ruolo del bocavirus come causa di raf-freddore non è certo, in quanto il virus è spesso isolato da pazienti con contemporanea infezione da altri patogeni riconosciuti.

EPIDEMIOLOGIA Il raffreddore può insorgere in qualsiasi momento dell’anno, ma la sua incidenza è maggiore dall’inizio dell’autunno fi no a primavera inol-trata, rifl ettendo la prevalenza stagionale dei patogeni virali associati ai sintomi del raffreddore. L’incidenza più elevata delle infezioni da rinovirus si verifi ca all’inizio dell’autunno (agosto-ottobre) e nella tarda primavera (aprile-maggio). L’incidenza stagionale dei virus parainfl uenzali ( Cap. 251 ) in genere raggiunge il picco alla fi ne dell’autunno e della primavera, ed è maggiore tra dicembre e aprile per il virus respiratorio sinciziale ( Respiratory Syncytial Virus , RSV; Cap. 252 ) e i virus infl uenzali ( Cap. 250 ).

I bambini più piccoli hanno in media 6-8 raffreddori all’anno, ma il 10-15% dei bambini ha almeno 12 infezioni all’anno. L’inci-denza delle malattie si riduce con l’età, arrivando a circa 2-3 episo-di all’anno nell’adulto. L’incidenza dell’infezione è principalmente una funzione dell’esposizione al virus. I bambini che frequentano l’asilo nido durante il primo anno di vita contraggono il 50% di raffreddori in più rispetto a quelli che restano a casa. La differenza di incidenza della malattia in questi gruppi di bambini si riduce via

via che il tempo passato in ambito comunitario aumenta, sebbene l’incidenza di malattia rimanga maggiore nel gruppo che frequenta l’asilo almeno per i primi 3 anni di vita. Il defi cit di lectina legante il mannosio con compromissione dell’immunità innata può essere associato a un aumento dei raffreddori nei bambini.

PATOGENESI I virus che causano il raffreddore comune si diffondono tramite ne-bulizzazione di microparticelle, macroparticelle o tramite contatto diretto. Sebbene sia probabile che i vari patogeni del raffreddore comune possano diffondersi attraverso uno qualsiasi di questi meccanismi, alcune vie di trasmissione sembrano essere più effi caci di altre per particolari virus. Gli studi compiuti sui rinovirus e sull’RSV suggeriscono che il contatto diretto sia un meccanismo di trasmissione effi cace per questi virus, sebbene la trasmissione possa anche avvenire tramite aerosol di macroparticelle. Al contrario dei rinovirus e dell’RSV, i virus infl uenzali sembrano diffondersi più effi cacemente tramite aerosol di microparticelle.

I virus respiratori hanno sviluppato diversi meccanismi per sfuggire alle difese dell’ospite. Le infezioni da rinovirus e adeno-virus portano allo sviluppo di un’immunità protettiva sierotipo-specifi ca. La ragione per cui si verifi cano infezioni ripetute da parte di questi patogeni è l’esistenza di numerosi sierotipi diversi per ogni virus. I virus infl uenzali hanno la capacità di mutare gli antigeni di superficie virale e pertanto si comportano come se avessero sierotipi virali multipli. L’interazione tra i coronavirus (Cap.256) e l’immunità dell’ospite non è stata ancora chiarita, ma sembra che ceppi multipli e distinti di coronavirus siano in grado di indurre almeno un’immunità protettiva di breve durata. I virus parainfl uenzali e l’RSV hanno ciascuno un piccolo numero di sierotipi diversi. La reinfezione con questi virus è possibile, poiché dopo l’infezione l’organismo non sviluppa un’immunità protettiva a questi patogeni. Sebbene la reinfezione non possa essere prevenuta dalla risposta adattativa dell’ospite a questi virus, la gravità degli episodi di malattia successivi risulterà almeno limitata dall’immunità preesistente.

L’infezione virale dell’epitelio nasale può associarsi a distruzione del rivestimento epiteliale (virus infl uenzali e adenovirus) o non comportare alcun danno istologico evidente (rinovirus ed RSV). A prescindere dal quadro istopatologico, l’infezione dell’epitelio nasale si associa a una risposta infi ammatoria acuta, caratterizzata dal rilascio di una varietà di citochine infi ammatorie e dall’infi l-trazione della mucosa da parte di cellule infi ammatorie. Questa risposta infi ammatoria acuta sembra essere responsabile, almeno in parte, di molti dei sintomi associati al raffreddore comune. L’infi ammazione può ostruire l’ostio sinusale o la tuba di Eusta-chio, predisponendo alla sinusite batterica o all’otite media.

MANIFESTAZIONI CLINICHE L’esordio dei sintomi del raffreddore comune avviene tipicamente da 1 a 3 giorni dopo l’infezione virale. Il primo sintomo è spesso rappresentato da fastidio o mal di gola, seguito rapidamente da ostruzione nasale e rinorrea. Il mal di gola di solito si risolve in fretta e dal secondo al terzo giorno di malattia predominano i sintomi nasali. La tosse si associa a ∼ 30% dei raffreddori e inizia di solito dopo l’esordio dei sintomi nasali. I virus infl uenzali, l’RSV e gli adenovirus hanno maggiore probabilità, rispetto ai rinovirus e ai coronavirus, di associarsi a febbre e ad altri sintomi sistemici. Il raffreddore comune dura circa una settimana, sebbene nel 10% dei casi si prolunghi, talvolta fi no a due settimane.

I reperti obiettivi del raffreddore comune sono limitati al tratto respiratorio superiore. Di solito si riscontra un evidente aumento delle secrezioni nasali; variazioni di colore o consistenza delle se-crezioni sono comuni durante il decorso della malattia e non sono indicative di sinusite o di sovrainfezione batterica. L’esame delle cavità nasali può rivelare turbinati edematosi ed eritematosi, seb-bene questo reperto sia aspecifi co e di limitato valore diagnostico.

Tabella 371.1 PATOGENI ASSOCIATI AL RAFFREDDORE COMUNE

ASSOCIAZIONE PATOGENO FREQUENZA RELATIVA *

Agenti associati principalmente al raffreddore

Rinovirus FrequentiCoronavirus Occasionali

Agenti associati principalmente ad altre sindromi cliniche che causano anche i sintomi del raffreddore comune

Virus respiratori sinciziali OccasionaliMetapneumovirus umano OccasionaliVirus infl uenzali Non comuniVirus parainfl uenzali Non comuniAdenovirus Non comuniEnterovirus Non comuniBocavirus Non comuni

* Frequenza relativa dei raffreddori causati dall’agente indicato.

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1506 ■ Parte XIX Apparato respiratorio

DIAGNOSI Il compito più importante del medico che si occupa di un paziente con il raffreddore consiste nell’escludere altre condizioni poten-zialmente più gravi o trattabili. La diagnosi differenziale com-prende malattie non infettive, così come altre infezioni del tratto respiratorio superiore ( Tab. 371.2 ).

REPERTI DI LABORATORIO Le indagini di laboratorio di routine non sono utili per la diagnosi e il trattamento del raffreddore comune. Lo striscio nasale per la ricerca degli eosinofi li può essere utile nel caso di sospetto di una rinite allergica ( Cap. 137 ). La predominanza di polimorfonucleati nelle secrezioni nasali è caratteristica dei raffreddori non complicati e non indica una sovrainfezione batterica.

I patogeni virali associati al raffreddore comune sono rilevabili tramite reazione a catena della polimerasi ( Polymerase Chain Re-action , PCR), coltura, ricerca degli antigeni o metodiche sierologi-che. Questi esami non sono generalmente indicati nei pazienti con il raffreddore, in quanto una diagnosi eziologica specifi ca è utile solo quando si contempla un trattamento con un agente antivirale. Le colture batteriche o la ricerca degli antigeni sono utili solo nel caso di sospetto di infezioni da streptococco di gruppo A ( Cap. 176 ) o da Bordetella pertussis ( Cap. 189 ) oppure di difterite nasale ( Cap. 180 ). L’isolamento di altri patogeni batterici non è né un’indicazione di infezione nasale batterica, né un fattore predittivo specifi co dell’agente eziologico della sinusite.

TRATTAMENTO Il trattamento del raffreddore comune consiste principalmente in misure sintomatiche.

Trattamento antivirale Non è disponibile una terapia antivirale specifi ca per le infezioni da rinovirus. La ribavirina, che è stata approvata per le infezioni da RSV, non ha alcuna effi cacia nel trattamento del raffreddore comune. Gli inibitori delle neuraminidasi, oseltamivir e zanamivir, hanno un effetto modesto sulla durata dei sintomi associati alle infezioni da virus influenzali nei bambini. L’oseltamivir ridu-ce anche la frequenza di otite media associata a infl uenza. La difficoltà di distinguere i virus influenzali dagli altri patogeni del raffreddore comune e la necessità che la terapia sia iniziata precocemente nel corso della malattia (entro 48 ore dall’esordio dei sintomi) per essere effi cace, sono limiti pratici all’uso di questi agenti nelle infezioni lievi del tratto respiratorio superiore. La terapia antibatterica non è di alcun benefi cio nel trattamento del raffreddore comune.

Trattamento sintomatico L’uso di terapie sintomatiche nei pazienti pediatrici è controverso; sebbene alcuni di questi farmaci siano effi caci nell’adulto, man-cano studi che dimostrino un effetto signifi cativo nei bambini. Dal momento che i pazienti più piccoli non possono collaborare alla valutazione della gravità dei sintomi, in questi casi gli studi sul trattamento si sono generalmente basati sulle osservazioni dei genitori o di altre persone, un metodo che probabilmente è poco sensibile per il riscontro degli effetti del trattamento. L’uso di terapie sintomatiche con farmaci da banco orali (che spesso contengono antistaminici, antitussivi e decongestionanti) in età pediatrica può basarsi solo sul presupposto che gli effetti di questi trattamenti siano simili negli adulti e nei bambini. A causa della mancanza di evidenze dirette a sostegno della loro effi cacia e dei potenziali effetti collaterali indesiderati, l’FDA raccomanda di non usare i prodotti da banco per la tosse e per il raffreddore nei bam-bini di età < 2 anni. Ulteriori studi hanno dimostrato che tali pro-dotti sono ineffi caci nel trattamento dei sintomi in bambini di età < 6 anni. La decisione di somministrare o meno questi farmaci ai bambini più grandi deve essere valutata tenendo conto dei benefi ci clinici e dei potenziali effetti avversi. I sintomi prevalenti o più fa-stidiosi del raffreddore variano nel corso della malattia e, pertanto, se si decide di instaurare un trattamento sintomatico, è ragionevole mirare ai sintomi che arrecano maggiore disturbo. Se si consiglia un trattamento sintomatico, ci si deve assicurare che chi si occupa del bambino capisca quale effetto si vuole ottenere e sia in grado di valutare il corretto dosaggio dei farmaci. FEBBRE La febbre di solito non si associa al raffreddore comune non complicato e il trattamento antipiretico non è generalmente indicato. OSTRUZIONE NASALE Come decongestionanti nasali si possono somministrare agenti adrenergici orali o topici. Agenti adrenergici locali effi caci, quali la xilometazolina, l’oximetazolina o la fenile-frina, sono in commercio sotto forma di gocce o spray nasali. Questi farmaci sono disponibili anche in formulazioni a basso dosaggio specifi che per l’uso pediatrico, sebbene non ne sia stato approvato l’utilizzo nei bambini di età < 2 anni. L’assorbimento sistemico delle imidazoline (oximetazolina e xilometazolina) è stato associato molto raramente a bradicardia, ipotensione e coma. L’uso prolungato di agenti adrenergici topici dovrebbe essere evitato per prevenire lo sviluppo di una rinite da farmaci , un apparente effetto rebound che dà una sensazione di ostruzione nasale quando si sospende il farmaco. Gli agenti adrenergici orali sono meno effi caci delle preparazioni topiche e talvolta si associano a effetti sistemici, quali stimolazione del sistema ner-voso centrale, ipertensione e palpitazioni. Le gocce di soluzione fi siologica per il naso (lavaggio, irrigazione) possono migliorare i sintomi. RINORREA Gli antistaminici di prima generazione riducono la ri-norrea del 25-30%. L’effetto degli antistaminici sulla rinorrea sem-bra essere legato alle proprietà anticolinergiche di questi farmaci, piuttosto che a quelle antistaminiche, pertanto gli antistaminici di seconda generazione, o “non sedativi”, non hanno alcun effetto sui sintomi del raffreddore comune. Il principale effetto indesiderato associato all’uso degli antistaminici è la sedazione, che tuttavia parrebbe meno fastidiosa nei bambini rispetto agli adulti.

La rinorrea può essere trattata anche con ipratropio bromuro, un agente anticolinergico topico che produce un effetto simile a quello degli antistaminici, ma non è associato a sedazione. I principali effetti collaterali dell’ipratropio sono l’irritazione e il sanguinamento nasali. MAL DI GOLA Benché il mal di gola associato a raffreddore in genere non sia intenso, il trattamento con analgesici blandi è occasionalmente indicato, in particolare se il paziente accusa anche mialgie o cefalea. L’uso di paracetamolo durante l’infezio-ne da rinovirus è stato associato alla soppressione della riposta anticorpale neutralizzante, ma questa osservazione sembra non avere alcuna importanza clinica. L’acido acetilsalicilico non do-vrebbe essere somministrato ai bambini con infezioni respiratorie,

Tabella 371.2 CONDIZIONI CHE POSSONO SIMULARE IL RAFFREDDORE COMUNE

CONDIZIONE CARATTERISTICHE DISTINTIVE

Rinite allergica Prurito e starnuti evidenti Eosinofi li nasali

Corpo estraneo Secrezioni monolaterali maleodoranti Secrezioni nasali ematiche

Sinusite Presenza di febbre, cefalea o algie facciali, oppure edema periorbitario, persistenza di rinorrea o tosse per > 14 giorni

Infezione da streptococco Secrezioni nasali mucopurulente che causano escoriazioni alle narici

Pertosse Esordio di tosse persistente o graveSifi lide congenita Rinorrea persistente che insorge nei

primi 3 mesi di vita

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Capitolo 372 Sinusite ■ 1507

per il rischio che si sviluppi una sindrome di Reye in quelli con infl uenza ( Cap. 591 ). TOSSE La soppressione della tosse non è generalmente necessaria nei pazienti con raffreddore. In alcuni casi, la tosse sembra essere dovuta all’irritazione del tratto respiratorio superiore associata allo scolo postnasale ed è quindi più accentuata nel periodo in cui predominano i sintomi nasali, durante il quale può essere utile somministrare antistaminici di prima generazione. Gocce per la tosse contenenti zucchero o miele come emolliente possono dare un sollievo temporaneo. In altri pazienti, la tosse può essere dovuta a un’iperreattività delle vie aeree indotta dal virus; se la tosse persiste per giorni o settimane, dopo la malattia acuta, la terapia con broncodilatatori può essere benefi ca. La codeina e il destrometorfano idrobromuro non hanno alcun effetto contro la tosse da raffreddore. Neppure espettoranti come la guaifenesina sono agenti antitussivi effi caci. La combinazione di oli di canfora, mentolo ed eucalipto può alleviare la tosse notturna.

Trattamenti ineffi caci La vitamina C, la guaifenesina e l’inalazione di aria calda e umida non si sono dimostrate più effi caci del placebo nel trattamento dei sintomi del raffreddore.

Lo zinco, somministrato oralmente sotto forma di compresse, è stato valutato in diversi studi come trattamento sintomatico del raffreddore comune. Lo zinco inibisce la funzione della rinovirus proteasi 3C, un enzima essenziale per la replicazione dei rinovirus, ma non vi sono evidenze di un suo effetto antivirale in vivo. Per quanto riguarda la sua effi cacia contro i sintomi, i risultati otte-nuti sono stati contraddittori: alcuni studi hanno riportato effetti eclatanti del trattamento (negli adulti), mentre altri non hanno riscontrato alcun benefi cio. È diffi cile trarre conclusioni da questi dati divergenti, ma sembra comunque poco probabile che lo zinco abbia un signifi cativo impatto clinico sui sintomi del raffreddore comune nei bambini.

L’echinacea è un trattamento erboristico diffuso per il raffreddo-re comune. Sebbene gli estratti di echinacea abbiano dimostrato un effetto biologico, questa pianta non è effi cace come trattamento del raffreddore comune. Anche la mancanza di standardizzazione dei prodotti in commercio contenenti echinacea rappresenta un grosso ostacolo alla valutazione razionale o all’uso di questa terapia.

COMPLICANZE La complicanza più comune è l’ otite media ( Cap. 632 ), che è stata riportata nel 5-30% dei bambini con raffreddore, con l’incidenza più elevata in quelli che frequentano l’asilo nido. Il trattamento sintomatico non ha alcun effetto sullo sviluppo dell’otite media, ma la terapia con oseltamivir può ridurre l’incidenza di questa complicanza nei pazienti con infl uenza.

Un’altra complicanza è la sinusite (Cap. 372); un’infi ammazione autolimitante dei seni fa parte della fi siopatologia del raffreddore comune, ma lo 0,5-2% delle infezioni virali delle vie aeree superiori negli adulti e il 5-13% nei bambini si complica con una sinusite batterica acuta. Distinguere i sintomi del raffreddore da quelli della sinusite batterica può essere diffi cile. Si dovrebbe prendere in considerazione la diagnosi di sinusite batterica quando la rinorrea o la tosse diurna persistono senza miglioramenti per almeno 10-14 giorni o si sviluppano segni di un coinvolgimento più grave dei seni, come febbre, algie facciali o edema facciale. Non vi sono evidenze che il trattamento sintomatico del raffreddore comune incida sulla frequenza di sviluppo della sinusite batterica.

L’esacerbazione dell’ asma è una complicanza relativamente rara, ma potenzialmente grave, del raffreddore. La maggior parte delle esacerbazioni asmatiche nei bambini si associa al raffreddore comune. Non vi sono evidenze che il trattamento sintomatico del raffreddore prevenga questa complicanza.

Sebbene non sia una complicanza, un’altra importante con-seguenza del raffreddore comune è l’uso inappropriato degli antibiotici per queste malattie, che favorisce lo sviluppo di ceppi

batterici respiratori resistenti. Nel 1998, negli Stati Uniti si è sti-mato che vi furono 25 milioni di visite ambulatoriali dal medico di base per raffreddore comune, con il 30% di queste risultato in un’inappropriata prescrizione di antibiotici.

PREVENZIONE Non sono generalmente disponibili una chemioprofi lassi o un’im-munoprofi lassi per il raffreddore comune. La vaccinazione o la chemioprofi lassi contro l’infl uenza possono prevenire il raffreddore causato da questo patogeno; l’infl uenza è responsabile solo di una piccola percentuale di tutti i casi di raffreddore. Vitamina C ed echinacea non hanno alcuna effi cacia preventiva.

La trasmissione dei rinovirus mediante contaminazione delle mani, seguita da autoinoculazione, in teoria può essere bloccata da agenti virucidi. Nel contesto sperimentale, i tessuti virucidi evitano la contaminazione delle mani con il virus mentre ci si soffi a il naso e gli igienizzanti per le mani possono rimuovere dalle mani i virus infettivi. Tuttavia, in condizioni naturali nessuno di questi interventi evita l’insorgenza del raffreddore comune. In genere si consiglia di lavarsi le mani per evitare di contrarre il raffreddore, ma non sono disponibili dati convincenti in merito all’effi cacia di questa raccomandazione.

BIBLIOGRAFIA Per la bibliografi a completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

Capitolo 372 Sinusite Diane E. Pappas e J. Owen Hendley

La sinusite è una malattia comune nell’infanzia e nell’adolescenza, caratterizzata da una signifi cativa morbilità acuta e cronica, oltre che da complicanze potenzialmente gravi. Esistono due tipi di sinusite acuta: virale e batterica. Il raffreddore comune provoca una rinosinusite virale autolimitante (Cap. 371). Lo 0,5-2% circa delle infezioni virali delle vie aeree superiori nei bambini e negli adolescenti si complica con una sinusite acuta batterica. Alcuni bambini portatori di condizioni predisponenti hanno una sinusite cronica che non sembra essere di origine infettiva. Le modalità per una diagnosi corretta e il trattamento ottimale della sinusite restano controversi.

Alla nascita sono presenti sia i seni etmoidali sia i seni ma-scellari , ma solo i primi sono pneumatizzati ( Fig. 372.1 ); i seni mascellari non sono pneumatizzati fi no all’età di 4 anni. I seni sfenoidali sono presenti dall’età di 5 anni, mentre quelli frontali iniziano a svilupparsi all’età di 7-8 anni e non sono completi fi no all’adolescenza. Gli osti che drenano i seni sono stretti (1-3 mm) e drenano nel complesso ostiomeatale, nel meato medio. Di norma i seni paranasali sono sterili, mantenuti tali dal sistema di clearance mucociliare.

EZIOLOGIA I batteri patogeni che causano sinusite acuta nei bambini e negli adolescenti comprendono Streptococcus pneumoniae ( ∼ 30%; Cap. 176 ), Haemophilus infl uenzae non tipizzabile ( ∼ 20%; Cap. 186 ) e Moraxella catarrhalis ( ∼ 20%; Cap. 188 ). Circa il 50% degli H. influenzae e il 100% delle M. catarrhalis sono � -lattamasi positivi. Circa il 25% degli S. pneumoniae può essere penicillino-resistente. Staphylococcus aureus , gli altri streptococchi e gli anaerobi sono cause non comuni di sinusite batterica acuta nei bambini. Benché Staphylococcus aureus sia un patogeno raro per la sinusite acuta nei bambini, la crescente prevalenza di Staphylococcus aureus

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1508 ■ Parte XIX Apparato respiratorio

meticillino-resistente ( Methicillin-Resistant Staphylococcus Aureus, MRSA) desta grande preoccupazione. H. infl uenzae, gli streptococchi � - e � -emolitici, M. catarrhalis, S. pneumoniae e gli stafi lococ-chi coagulasi-negativi sono di comune riscontro nei bambini con sinusite cronica .

EPIDEMIOLOGIA La sinusite batterica acuta può insorgere a qualunque età. Le condizioni predisponenti comprendono le infezioni virali delle vie respiratorie superiori (associate alla frequenza agli asili o alla presenza di fratelli in età scolare), la rinite allergica e l’esposizione al fumo di sigaretta. I bambini con difetti del sistema immunitario, relativi in particolare alla produzione di anticorpi (immunoglobu-line G [IgG], sottoclassi di IgG e IgA) ( Cap. 118 ), fi brosi cistica (Cap. 395), disfunzione ciliare (Cap. 396), anomalie della funzione fagocitica, refl usso gastroesofageo, difetti anatomici (palatoschisi), polipi nasali, abuso di cocaina e corpi estranei nasali (compresi i sondini nasogastrici) possono sviluppare una sinusite cronica. L’immunosoppressione per il trapianto di midollo osseo o per un tumore, con neutropenia e linfopenia accentuate, predispone a gravi sinusiti fungine ( Aspergillus , Mucor ), spesso con estensione endocranica. I pazienti con intubazione nasotracheale o sondini nasogastrici possono andare incontro a ostruzione dell’ostio dei seni e sviluppare sinusiti dovute agli organismi multiresistenti delle unità di terapia intensiva ( Intensive Care Unit , ICU).

PATOGENESI La sinusite batterica acuta tipicamente insorge in seguito a un’in-fezione virale delle vie respiratorie superiori, che inizialmente provoca una rinosinusite virale; la valutazione dei seni paranasali con RM rivela notevoli anomalie dei seni paranasali (ispessimento della mucosa, edema, infi ammazione) nel 68% dei bambini sani, durante il normale decorso del raffreddore comune. È stato dimo-strato che l’azione di soffi arsi il naso produce una forza suffi ciente a spingere le secrezioni nasali nelle cavità sinusali. Di norma i batteri del nasofaringe che entrano nei seni vengono eliminati rapidamente, ma durante una rinosinusite virale l’infi ammazione e l’edema possono bloccare il drenaggio dei seni e alterare la clea-rance mucociliare dei batteri: si vengono così a creare condizioni favorevoli alla proliferazione batterica.

MANIFESTAZIONI CLINICHE I bambini e gli adolescenti con sinusite possono presentare sintomi aspecifi ci, tra cui congestione nasale, secrezioni nasali purulente (mono- o bilaterali), febbre e tosse. Altri sintomi meno comuni

comprendono alitosi, riduzione dell’olfatto (iposmia) ed edema pe-riorbitario. È raro che i bambini lamentino cefalea o dolore facciale. Ulteriori sintomi comprendono fastidio ai denti dell’arcata mascel-lare e dolore o senso di peso che si esacerbano quando il soggetto si piega in avanti. L’esame obiettivo può rivelare eritema ed edema della mucosa nasale, con secrezioni purulente. Negli adolescenti e negli adulti può essere rilevabile dolorabilità dei seni. La transillu-minazione rivela un seno opaco che trasmette male la luce.

DIAGNOSI La diagnosi clinica della sinusite batterica acuta si basa sull’anam-nesi. Sintomi persistenti di infezione delle vie aeree superiori, tra cui la presenza di secrezioni nasali e tosse per > 10-14 giorni senza miglioramento, o sintomi respiratori gravi, tra cui una temperatura di almeno 39 °C e secrezioni nasali purulente per 3-4 giorni con-secutivi, sono suggestivi di sinusite batterica acuta insorta come complicanza. Nel 70% dei bambini studiati, con questi sintomi gravi o persistenti, si riscontrano batteri nell’aspirato del seno mascellare. I bambini con sinusite cronica hanno un’anamnesi di sintomi respiratori persistenti, tra cui tosse, secrezione o conge-stione nasale, che durano da > 90 giorni.

La coltura dell’aspirato sinusale è l’unico metodo accurato per la diagnosi; non è di uso comune nei pazienti immunocom-petenti, in quanto poco pratico, ma può rendersi necessario nei pazienti immunosoppressi con sospetta sinusite fungina. Negli adulti, l’ endoscopia nasale con strumento rigido è una metodica meno invasiva che permette di prelevare dai seni materiale per l’esame colturale, ma che, rispetto all’aspirato, rileva un eccesso di colture positive. Con la transilluminazione delle cavità sinusali è possibile rilevare la presenza di liquido, ma non stabilire se sia di origine batterica o virale. Nei bambini, la transilluminazione è diffi cile da effettuare e inaffi dabile. I reperti degli studi radiologici (radiografi a semplice dei seni, TC), che comprendono l’opaciz-zazione, l’ispessimento della mucosa o la presenza di un livello idroaereo, non sono completamente diagnostici ( Fig. 372.2 ); possono confermare la presenza di infi ammazione sinusale, ma non sono utilizzabili per stabilire se l’infi ammazione è dovuta a cause virali, batteriche o allergiche.

A causa del quadro clinico aspecifi co, la diagnosi differenziale comprende le infezioni delle vie aeree superiori, la rinite allergica, la rinite non allergica e i corpi estranei nasali. Le infezioni virali delle vie aeree superiori sono caratterizzate da secrezioni chiare e in genere non purulente, tosse e febbre iniziale; di solito i sintomi non durano più di 10-14 giorni, sebbene alcuni bambini (10%) presentino sintomi persistenti anche a distanza di 14 giorni. La rinite allergica può essere stagionale; la valutazione delle secrezioni nasali deve rivelare un’eosinofi lia signifi cativa.

C

Figura 372.2 Sinusite mascellare acuta sinistra con un livello idroaereo. Si noti la conca bullosa (C). (Da Isaacson G: Sinusitis in childhood, Pediatr Clin North Am 43:1297–1317, 1996.)

EE

M M

Figura 372.1 TC coronale di un bambino normale di 3 anni. Le frecce indicano il meato medio. E, seni etmoidali; M, seni mascellari. (Da Isaacson G: Sinusitis in childhood, Pediatr Clin North Am 43:1297–1317, 1996.)

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Capitolo 372 Sinusite ■ 1509

TRATTAMENTO Non è chiaro se il trattamento antimicrobico della sinusite batte-rica acuta, diagnosticata clinicamente, offra un benefi cio effettivo. Da uno studio randomizzato, controllato con placebo, che ha posto a confronto amoxicillina, amoxicillina clavulanato e placebo somministrati per 14 giorni a bambini con sinusite diagnosticata clinicamente, è emerso che la terapia antimicrobica non incideva sulla risoluzione dei sintomi, sulla loro durata o sul numero di giorni di assenza scolastica. Le linee guida dall’American Aca-demy of Pediatrics raccomandano il trattamento antimicrobico nella sinusite batterica acuta per promuovere la risoluzione dei sintomi ed evitare le complicanze suppurative, sebbene il 50-60% dei bambini con sinusite batterica acuta guarisca senza terapia antimicrobica.

La terapia iniziale con amoxicillina (45 mg/kg/die) è adeguata per la maggior parte dei bambini con sinusite batterica acuta non complicata. I trattamenti alternativi per i pazienti allergici alle penicilline comprendono il trimetoprim-sulfametoxazolo, la cefu-roxima, la cefpodoxima, la claritromicina o l’azitromicina. Per i bambini a rischio di avere specie batteriche resistenti (trattamento antibiotico nei precedenti 1-3 mesi, frequentazione di un asilo o età < 2 anni) e per quelli che non rispondono a una terapia iniziale con amoxicillina entro 72 ore, occorre iniziare un trattamento con amoxicillina clavulanato a dosi elevate (80-90 mg/kg/die di amo-xicillina). In alternativa, si può somministrare azitromicina (o, nei bambini più grandi, levofl oxacina). Se il paziente non risponde a questo schema terapeutico si richiede la consulenza di un oto-rinolaringoiatra per un’ulteriore valutazione, poiché potrebbe essere necessaria l’aspirazione del seno mascellare per un esame colturale con antibiogramma. Ancora non è stata stabilita la giusta durata della terapia per la sinusite; si consiglia di individualizzare il trattamento e di interromperlo solo 7 giorni dopo la risoluzione dei sintomi.

La sinusite frontale, che può peggiorare rapidamente dando luogo a gravi complicanze endocraniche, richiede la tempestiva prescrizione di una terapia parenterale con ceftriaxone, da sommi-nistrare fi nché non si ottiene un miglioramento clinico sostanziale ( Figg. 372.3 e 372.4 ). Il trattamento è quindi completato con un antibiotico per via orale. L’uso di decongestionanti, antistaminici, mucolitici e corticosteroidi intranasali non è stato adeguatamente studiato nei bambini e non è raccomandato per il trattamento della sinusite batterica acuta non complicata. Analogamente, il lavaggio nasale con soluzione fi siologica e gli spray nasali pos-sono fl uidifi care le secrezioni e agiscono da blandi vasocostrittori, ma i loro effetti non sono stati valutati sistematicamente nei bambini.

COMPLICANZE A causa della stretta prossimità dei seni paranasali con il cervello e gli occhi, da una sinusite acuta batterica possono svilupparsi e progredire rapidamente gravi complicanze a livello orbitario e/o endocranico. Le complicanze a carico dell’orbita, tra cui la cellulite periorbitaria e la cellulite orbitaria ( Cap. 626 ), sono perlopiù secondarie all’etmoidite batterica acuta. L’infezione può diffondersi direttamente attraverso la lamina papiracea, il sottile osso che for-ma la parete laterale del seno etmoidale. La cellulite periorbitaria provoca eritema ed edema dei tessuti circostanti il bulbo oculare, mentre la cellulite orbitaria coinvolge le strutture intraorbitarie provocando proptosi, chemosi, diminuzione dell’acuità visiva, diplopia, alterazione dei movimenti extraoculari e dolore oculare. La valutazione deve comprendere la TC delle orbite e dei seni, con consulenza oculistica e otorinolaringoiatrica. Bisogna iniziare un trattamento con antibiotici per via endovenosa. La cellulite orbita-ria può richiedere il drenaggio chirurgico dei seni etmoidali.

Le complicanze endocraniche possono comprendere ascessi epi-durali, meningite, trombosi del seno cavernoso, empiema subdurale e ascesso cerebrale ( Cap. 595 ). I bambini con alterazioni dello stato

mentale, rigidità nucale o segni di ipertensione endocranica (cefalea, vomito) richiedono una TC immediata dell’encefalo, delle orbite e dei seni, per valutare la presenza di complicanze endocraniche di una sinusite batterica acuta. Il trattamento con antibiotici ad ampio spettro per via endovenosa (di solito cefotaxima o ceftriaxone associati a vancomicina) deve essere iniziato immediatamente, in

Figura 372.3 TC assiale con mezzo di contrasto di un bambino di 11 anni con un ascesso sottoperiostale frontale secondario a una sinusite frontale acuta. La TC dimostra una zona ad anello a densità liquida sulla linea mediana, al di sopra dell’osso frontale. (Da Parikh SR, Brown SM: Image-guided frontal sinus surgery in children, Operative Tech Otolaryngol Head Neck Surg 15:37–41, 2004.)

Figura 372.4 TC assiale con mezzo di contrasto eseguita, previa sedazione, in una bambina di 11 anni con ascesso del lobo sottofrontale secondario a una sinusite frontale. La TC rivela una cavità piena di liquido di forma ellittica, adiacente al lobo frontale, con uno spostamento in senso controlaterale della linea mediana. (Da Parikh SR, Brown SM: Image-guided frontal sinus surgery in children, Operative Tech Otolaryngol Head Neck Surg 15:37–41, 2004.)

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1510 ■ Parte XIX Apparato respiratorio

attesa dei risultati delle colture e dell’ antibiogramma. Nel 50% de-gli ascessi è in atto un’infezione polimicrobica. Gli ascessi possono richiedere il drenaggio chirurgico. Altre complicanze comprendono l’osteomielite dell’osso frontale ( tumore di Pott ), caratterizzato da edema e gonfi ore della fronte (si veda Fig. 372.3 ), e il muco-cele , una lesione infi ammatoria cronica comunemente localizzata nei seni frontali, che può espandersi causando lo spostamento dell’occhio con conseguente diplopia. È abitualmente richiesto il drenaggio chirurgico.

PREVENZIONE Il metodo migliore per prevenire la sinusite consiste nel lavarsi spesso le mani e nell’evitare il contatto con persone raffreddate. Poiché la sinusite batterica acuta può complicare un’infezione in-fl uenzale, la profi lassi dell’infl uenza tramite vaccinazione precoce può essere utile per prevenire alcuni casi di complicanze sinusitiche. L’immunizzazione o la chemioprofi lassi contro l’infl uenza con oseltamivir o zanamivir può essere utile per prevenire i raffreddori causati da questi patogeni e le complicanze associate; l’infl uenza è responsabile solo di una piccola parte di tutti i raffreddori.

BIBLIOGRAFIA Per la bibliografi a completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

Capitolo 373 Faringite acuta Gregory F. Hayden e Ronald B. Turner

Le infezioni del tratto respiratorio superiore sono responsabili di un’elevata percentuale di visite pediatriche. Il 30% circa di queste patologie è caratterizzato da mal di gola come sintomo principale.

EZIOLOGIA Gli agenti più importanti che causano faringite sono i virus (ade-novirus, coronavirus, enterovirus, rinovirus, virus respiratorio sinciziale [ Respiratory Syncytial Virus , RSV], virus di Epstein-Barr [ Epstein-Barr Virus , EBV], virus dell’herpes simplex [ Herpes Simplex Virus , HSV], metapneumovirus) e gli streptococchi � -emolitici di gruppo A (SBEA; Cap. 176 ). Altri organismi talvolta associati a faringite comprendono lo streptococco di gruppo C (soprattutto Streptococcus equisimilis ), Arcanobacterium hae-molyticum, Francisella tularensis, Mycoplasma pneumoniae, Neisseria gonorrhoeae, Fusobacterium necrophorum e Cory-nebacterium diphtheriae. Altri batteri, come Haemophilus in-fl uenzae e Streptococcus pneumoniae , possono essere isolati dai tamponi faringei di bambini con faringite, ma il loro ruolo come agenti causali non è stato defi nito. L’infezione primitiva da HIV si manifesta anch’essa con una faringite e una sindrome simile alla mononucleosi.

EPIDEMIOLOGIA Le infezioni virali delle vie aeree superiori si diffondono per con-tatto ravvicinato e si verifi cano più comunemente in autunno, inverno e primavera. La faringite streptococcica è relativamente rara prima dei 2-3 anni di età, ha un picco di incidenza nei primi anni di scuola e declina nella tarda adolescenza e in età adulta. La malattia insorge perlopiù in inverno e in primavera, diffondendosi tra fratelli e compagni di scuola. La faringite da streptococco di gruppo C e da Arcanobacterium haemolyticum colpisce molto comunemente adolescenti e adulti.

PATOGENESI La colonizzazione della faringe da parte degli SBEA può risultare sia nello stato di portatore cronico, sia nell’infezione acuta. La proteina M è il principale fattore di virulenza dello SBEA e facilita la resistenza alla fagocitosi da parte dei neutrofi li polimorfonu-cleati. In seguito alla maggior parte delle infezioni si sviluppa un’immunità tipo-specifi ca, che fornisce un’immunità protettiva verso successive infezioni con quel particolare sierotipo M.

La scarlattina è causata da SBEA che producono da una a tre esotossine eritrogeniche streptococciche (A, B e C) che possono indurre un fine esantema papulare ( Cap. 176 ). L’esotossina A sembra essere quella più strettamente associata alla scarlattina. L’esposizione a ogni esotossina conferisce immunità specifi ca solo verso quella tossina e, pertanto, uno stesso soggetto può ammalarsi di scarlattina fi no a tre volte.

Manifestazioni cliniche L’esordio della faringite streptococcica è spesso rapido, con importante mal di gola e febbre in assenza di tosse. La cefalea e i sintomi gastrointestinali (dolore addominale, vomito) sono comuni. La faringe è arrossata, le tonsille aumentano di volume e classicamente si rivestono di un essudato giallo, tinto di sangue. Possono formarsi petecchie o lesioni “a ciambella” sul palato molle e sulla faringe posteriore, e l’uvula può essere rossa, pun-tuta ed edematosa. I linfonodi cervicali anteriori sono aumentati di volume e dolenti alla palpazione. Il periodo di incubazione è di 2-5 giorni. Alcuni pazienti presentano anche i segni della scarlat-tina: pallore periorale, lingua a fragola e un esantema fi nemente papulare che alla palpazione ha una consistenza simile alla carta vetrata e nell’aspetto ricorda un’ustione solare come “a pelle d’oca” ( Cap. 176 ).

L’esordio della faringite virale può essere più graduale; i sintomi più frequenti comprendono rinorrea, tosse e diarrea. Un’eziologia virale è suggerita dalla presenza di congiuntivite, coriza, raucedine e tosse. La faringite da adenovirus può manifestarsi con congiunti-vite e febbre (febbre faringocongiuntivale; Cap. 254 ). La faringite da coxsackievirus può causare la comparsa di piccole (1-2 mm) vescicole grigiastre e ulcere circolari a margini netti nella faringe posteriore (herpangina), o noduletti (3-6 mm) bianco-giallastri nella faringe posteriore (faringite acuta linfonodulare; Cap. 242 ). Nella faringite da EBV si può riscontrare un notevole aumento di volume delle tonsille con presenza di essudato, linfoadenite cer-vicale, epatosplenomegalia, esantema e astenia generalizzata, che confi gurano una sindrome mononucleosica infettiva ( Cap. 246 ). L’infezione primaria da HSV nei bambini più piccoli si manifesta spesso con febbre elevata e gengivostomatite, ma può anche essere presente faringite ( Cap. 244 ).

Le malattie attribuite allo streptococco di gruppo C e ad A. haemolyticum sono generalmente simili a quelle causate dagli SBEA. Le infezioni da A. haemolyticum sono talvolta accompa-gnate da un esantema maculopapulare eritematoso desquamante. L’infezione faringea da gonococco è in genere asintomatica, ma può causare faringite acuta con febbre e linfoadenite cervicale. La sindrome di Lemierre è una seria complicanza della faringite da F. necrophorum ed è caratterizzata da trombofl ebite settica delle vene giugulari interne con embolia polmonare settica, che determina ipossia e infi ltrati polmonari (Capp. 374 e 375).

DIAGNOSI Le presentazioni cliniche delle faringiti streptococciche e virali sono ampiamente sovrapponibili. I medici che si basano esclusi-vamente sul giudizio clinico spesso sopravvalutano la probabilità di un’eziologia streptococcica; pertanto, l’esame di laboratorio è utile per identifi care i bambini che hanno maggiori probabilità di trarre benefi cio da una terapia antibiotica. La coltura del tampone faringeo resta un gold standard imperfetto per la diagnosi di faringite streptococcica. Possono verifi carsi colture falsamente

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Capitolo 373 Faringite acuta ■ 1511

positive, se altri microrganismi vengono erroneamente identifi cati come SBEA, e i bambini portatori dello streptococco possono anch’essi avere colture positive. I falsi negativi sono attribuibili a svariate cause, tra cui un tampone effettuato in modo non corretto e l’uso surrettizio di antibiotici da parte del paziente. La speci-fi cità dei test rapidi per rilevare l’antigene dello streptococco di gruppo A è elevata; pertanto, se un test rapido risulta positivo, il tampone faringeo è inutile e si consiglia di iniziare il trattamento appropriato. Poiché i test rapidi in genere sono meno sensibili, si raccomanda di confermare un test rapido negativo con un tampone faringeo, in particolare se vi è un elevato sospetto clinico di SBEA. Per rilevare A. haemolyticum sono necessari terreni di coltura speciali e un tempo di incubazione prolungato. Le colture virali spesso non sono disponibili e in genere sono troppo costose e lente per poter essere utili clinicamente. La reazione a catena della polimerasi (PCR) virale è più rapida e può essere utile, pur non essendo sempre necessaria. Un emocromo ( Complete Blood Cell , CBC) che dimostri numerosi linfociti atipici e un test di agglutinazione su vetrino (“spot test”) positivo possono aiutare a confermare la diagnosi clinica di mononucleosi infettiva da EBV.

TRATTAMENTO La maggior parte degli episodi di faringite streptococcica non trattata si risolve senza sequele in pochi giorni, ma una terapia antibiotica precoce accelera la guarigione clinica di 12-24 ore. Il benefi cio principale del trattamento è la prevenzione della febbre reumatica acuta: è quasi sempre effi cace se la terapia antibiotica è iniziata nei primi 9 giorni di malattia. La terapia antibiotica do-vrebbe essere iniziata immediatamente, senza esami colturali, nei bambini con faringite sintomatica e un test rapido per gli antigeni streptococcici positivo, diagnosi clinica di scarlattina, un familiare con faringite streptococcica documentata, anamnesi di pregressa febbre reumatica acuta o un familiare con un episodio recente di febbre reumatica acuta.

Diversi agenti antimicrobici possono essere effi caci. Gli SBEA restano universalmente sensibili alla penicillina, che ha uno spettro ridotto e pochi effetti collaterali. La penicillina V, poco costosa negli Stati Uniti, viene somministrata due o tre volte al giorno per 10 giorni: 250 mg/dose nei bambini di peso < 27 kg e 500 mg/dose nei bambini di peso superiore e negli adulti. Ai bambini è spesso preferibile somministrare l’amoxicillina per via orale, disponibile negli Stati Uniti in compresse masticabili dal sapore gradevole, da assumere una volta al giorno (dose fi ssa di 750 mg oppure 50 mg/kg, massimo 1 g) per 10 giorni. Una singola dose intramu-scolare di benzatinpenicillina (600.000 U per i bambini di peso < 27 kg; 1,2 milioni di U per i bambini di peso superiore e per gli adulti) o una combinazione di benzatinprocaina e penicillina G è dolorosa, ma garantisce la compliance e adeguati livelli ematici per più di 10 giorni. Per i pazienti allergici alla penicillina, le opzioni di trattamento comprendono

• Eritromicina: eritromicina etilsuccinato 40 mg/kg/die divisi in due, tre o quattro somministrazioni, per via orale, per 10 giorni; o eritromicina estolato 20-40 mg/kg/die divisi in due, tre o quat-tro somministrazioni, per via orale, per 10 giorni; dose massima per entrambi i farmaci 1 g/die

• Azitromicina: 12 mg/kg una volta al giorno per 5 giorni, dose massima giornaliera 500 mg

• Claritromicina: 15 mg/kg/die divisi in due somministrazioni per 10 giorni, dose massima 250 mg per due volte

• Clindamicina: 20 mg/kg/die divisi in 3 dosi per 10 giorni, dose massima giornaliera 1,8 g

Il sempre maggiore utilizzo di antibiotici macrolidi si accompa-gna a un aumento della resistenza all’eritromicina negli streptococ-chi di gruppo A. Le cefalosporine a spettro ridotto (cefalexina o cefadroxil) costituiscono un’altra opzione di trattamento, purché la reazione precedente del paziente alla penicillina non sia stata

una reazione immediata di ipersensibilità di tipo I. In base alla per-centuale di colture che permangono positive per lo SBEA dopo la terapia, le cefalosporine sembrano essere altrettanto effi caci, se non migliori, della penicillina, forse poiché questi farmaci si rivelano più effi caci nell’eliminare lo stato di portatore streptococcico. Le evidenze disponibili non sono suffi cienti per consigliare una terapia di routine con cefalosporine di durata inferiore.

Non sono necessarie colture di follow-up, a meno che non vi sia una recidiva dei sintomi. Alcuni pazienti trattati continuano a ospitare lo SBEA nella faringe e divengono portatori cronici. Lo stato di portatore comporta generalmente un basso rischio per il paziente e i suoi familiari, ma può confondere i risultati del test utilizzato per determinare l’eziologia di episodi successivi di mal di gola. Lo schema di trattamento più effi cace per eradicare lo stato di portatore di streptococco è con clindamicina 20 mg/ kg/die divisi in 3 dosi (dosaggio per gli adulti: 150-450 mg divisi in tre o quattro somministrazioni; dose massima 1,8 g/die), per via orale, per 10 giorni.

Per la maggior parte delle faringiti virali non è disponibile una terapia specifi ca. Sulla base dei dati sulla sensibilità in vitro, spesso si consiglia la somministrazione orale di penicillina nei pazienti in cui viene isolato uno streptococco di gruppo C e di eritromicina nei pazienti con A. haemolyticum , anche se il benefi cio clinico di questo trattamento è incerto.

La terapia sintomatica, aspecifi ca, può essere una componente importante del piano complessivo di trattamento. Un antipiretico/analgesico per via orale (paracetamolo o ibuprofene) può ridurre la febbre e il mal di gola. Spesso i gargarismi con acqua tiepida e sale alleviano il fastidio, e gli spray e pastiglie anestetici (di solito a base di benzocaina, fenolo o mentolo) possono dare un benefi cio locale.

FARINGITE RICORRENTE La faringite streptococcica ricorrente può rappresentare una re-cidiva con un ceppo identico, se l’anticorpo tipo-specifi co non si è ancora sviluppato. In caso di scarsa compliance alla terapia antibiotica, si suggerisce la somministrazione intramuscolare di benzatinpenicillina. Si deve considerare la possibilità di una resi-stenza se era stato somministrato un trattamento non penicillinico, come l’eritromicina. Le recidive possono essere causate anche da ceppi diversi, in conseguenza di nuove esposizioni, o consi-stere in faringiti da altre cause, associate allo stato di portatore cronico dello streptococco. Quest’ultima possibilità è probabile se la malattia è lieve e atipica per una faringite streptococcica. Se si rileva uno SBEA in colture ripetute alcuni giorni dopo la fi ne del trattamento, si consiglia di effettuare la terapia per eradicare lo stato di portatore. Una faringite prolungata ( > 1-2 settimane) suggerisce un disturbo diverso, come la neutropenia o le sindromi febbrili ricorrenti.

La tonsillectomia riduce l’incidenza di faringite per 1-2 anni nei bambini con faringite ricorrente, positiva alla coltura per SBEA, grave e frequente ( > 7 episodi nell’anno precedente o > 5 in cia-scuno dei 2 anni precedenti). Tuttavia, anche senza intervento chirurgico, la maggior parte dei pazienti ha sempre meno episodi con il passare del tempo; di conseguenza, occorre soppesare il benefi cio clinico atteso tenendo conto dei rischi connessi all’ane-stesia e alla procedura stessa. Un’anamnesi non documentata di faringite ricorrente non è motivo sufficiente per consigliare la tonsillectomia.

COMPLICANZE E PROGNOSI Le infezioni virali delle vie respiratorie possono predisporre alle infezioni batteriche dell’orecchio medio. Le complicanze della faringite streptococcica comprendono fenomeni suppurativi locali, come l’ascesso parafaringeo, e malattie non suppurative tardive, come la febbre reumatica acuta ( Cap. 176.1 ) e la glomerulonefrite acuta postinfettiva ( Cap. 505.1 ).

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1512 ■ Parte XIX Apparato respiratorio

PREVENZIONE Sono in corso di sviluppo vaccini antistreptococcici polivalenti a base di peptidi della proteina M. La profi lassi antimicrobica con somministrazione quotidiana di penicillina per via orale previene le infezioni ricorrenti da SBEA, ma è consigliabile solo per prevenire le recidive della febbre reumatica acuta ( Cap. 176.1 ).

BIBLIOGRAFIA Per la bibliografi a completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

Capitolo 374 Ascesso retrofaringeo, ascesso laterofaringeo (parafaringeo) e ascesso/cellulite peritonsillare Diane E. Pappas e J. Owen Hendley

Il collo contiene linfonodi localizzati in profondità, come quelli retrofaringei e faringei laterali , che drenano le superfi ci mucose delle vie aeree superiori e del tratto digerente. Questi linfono-di occupano lo spazio retrofaringeo (compreso tra la faringe e le vertebre cervicali ed esteso verso il basso fi no al mediastino superiore) e lo spazio laterofaringeo (confi nante con la faringe medialmente, la tunica carotidea posteriormente e i muscoli del processo stiloideo lateralmente), che sono interconnessi. I linfonodi situati in questi spazi profondi del collo comunicano tra loro, favorendo la diffusione di batteri provenienti da una cellulite o un ascesso linfonodale. Di solito l’interessamento linfonodale è conseguenza dell’estensione di un’infezione inizialmente localizzata nell’orofaringe. L’ascesso retrofaringeo può altresì essere causato da un trauma penetrante dell’orofaringe, da infezioni dentarie e dall’osteomielite vertebrale. L’infezione linfonodale può evolvere in tre stadi: cellulite , fl emmone e ascesso . L’infezione a carico degli spazi retrofaringeo e laterofaringeo richiede una diagnosi precoce, in quanto può compromettere la pervietà delle vie aeree o dare luogo a una mediastinite posteriore.

ASCESSO RETROFARINGEO E LATEROFARINGEO L’ascesso retrofaringeo è più comune nei bambini di età < 3-4 anni, soprattutto in quelli di sesso maschile. Fino al 67% dei pazienti ha un’anamnesi di infezione recente dell’orecchio, del naso o della gola. Dal momento che i linfonodi retrofaringei subiscono un’in-voluzione dopo i 5 anni di età, l’infezione nei bambini più grandi e negli adulti è molto meno comune.

Le manifestazioni cliniche dell’ascesso retrofaringeo sono aspe-cifi che e comprendono febbre, irritabilità, riduzione dell’assunzione

orale di cibo e scialorrea. Possono inoltre essere presenti rigidità del collo, torcicollo e rifi uto di muovere il capo. Il bambino può lamen-tare mal di gola e dolore al collo. Altri segni possono comprendere afonia, stridore, distress respiratorio o anche apnea ostruttiva del sonno. L’esame obiettivo talvolta rivela una protrusione nella parete faringea posteriore, sebbene questa sia presente in < 50% dei bambini con ascesso retrofaringeo. È inoltre possibile riscontrare una linfoadenopatia cervicale. L’ascesso laterofaringeo si presenta comunemente con febbre, disfagia e un’accentuata protrusione a livello della parete faringea laterale, talora con dislocazione mediale della tonsilla.

La diagnosi differenziale comprende l’epiglottite acuta e l’aspi-razione di un corpo estraneo. Nel bambino più piccolo con ridotta mobilità del collo bisogna prendere in considerazione anche la meningite. Altre possibilità comprendono il linfoma, l’ematoma e l’osteomielite vertebrale.

L’incisione per il drenaggio e l’esame colturale di un linfonodo ascessualizzato fornisce la diagnosi defi nitiva, ma la TC può essere utile per identifi care la presenza di un ascesso retrofaringeo, late-rofaringeo o parafaringeo ( Figg. 374.1 e 374.2 ). La TC permette di identifi care e localizzare con precisione le infezioni profonde del collo, mentre l’identifi cazione degli ascessi è accurata solo nel 63% dei pazienti. Le radiografi e dei tessuti molli del collo, effettuate in inspirazione con il collo in estensione, possono mostrare un aumento dell’ampiezza o un livello idroaereo nello spazio retrofa-ringeo. La TC con mezzo di contrasto può rivelare un’area centrale lucente, un’area di enhancement ad anello o l’assogliamento della capsula di un linfonodo. Si ritiene che l’assogliamento della parete ascessuale sia un reperto tardivo e sia predittivo di formazione di un ascesso.

Le infezioni retrofaringee e faringee laterali sono perlopiù po-limicrobiche; i patogeni abituali comprendono lo streptococco di gruppo A ( Cap. 176 ), i batteri orofaringei anaerobici ( Cap. 205 ) e Staphylococcus aureus ( Cap. 174.1 ). Alcuni studi hanno documen-tato un’aumentata incidenza di streptococchi di gruppo A isolati in tali ascessi. Altri patogeni sono Haemophilus infl uenzae , Klebsiella e Mycobacterium avium intracellulare .

Le opzioni terapeutiche comprendono l’uso di antibiotici per via endovenosa, con o senza drenaggio chirurgico. Le cefalosporine di terza generazione combinate con ampicillina-sulbactam o clin-damicina, per fornire una copertura sugli anaerobi, sono effi caci. L’aumento della prevalenza di Staphylococcus aureus meticillino-resistente può infl uire sulla terapia antibiotica empirica. In base ad alcuni studi, > 50% dei bambini con ascesso retrofaringeo o laterofaringeo identifi cati con la TC può essere trattato con suc-cesso senza drenaggio chirurgico; quest’ultimo si rende necessario nei pazienti con distress respiratorio o che non hanno dato segno di miglioramento dopo un trattamento antibiotico endovena. La durata ottimale del trattamento non è nota; tipicamente si somministrano antibiotici per via endovenosa per diversi giorni, fi no a quando il paziente non inizia a migliorare, dopodiché si prosegue con un ciclo di antibiotici per via orale.

Ascesso retrofaringeo

CBA

Figura 374.1 TC di un ascesso retrofaringeo. A. Immagine TC a livello dell’epiglottide. B. Sezione TC sequenziale che mostra una lesione con area di enhancement ad anello. C. Ulteriore sezione sequenziale che rivela l’estensione inferiore della lesione. (Da Philpott CM, Selvadurai D, Banerjee AR: Paediatric retropharyngeal abscess, J Laryngol Otol 118:925, 2004.)

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Capitolo 374 Ascesso retrofaringeo, ascesso laterofaringeo (parafaringeo) e ascesso/cellulite peritonsil lare ■ 1513

Le complicanze dell’ascesso retrofaringeo e laterofaringeo com-prendono un’ostruzione importante delle vie aeree superiori, la rottura con conseguente polmonite da aspirazione e l’estensione al mediastino; possono verifi carsi anche trombofl ebite della vena giugulare interna ed erosione della tonaca carotidea.

Un’infezione non comune ma caratteristica dello spazio para-faringeo è la malattia di Lemierre , in cui un’infezione proveniente dall’orofaringe si estende fi no a causare una trombofl ebite settica della vena giugulare interna con ascessi polmonari da emboliz-zazione ( Fig. 374.3 ). Il patogeno responsabile è Fusobacterium

necrophorum , un batterio anaerobio che fa parte della normale fl ora orofaringea. La presentazione tipica è quella di un adolescente o di un giovane adulto precedentemente sano, con un’anamnesi di faringite recente, che sviluppa una malattia acuta caratterizzata da febbre, ipossia, tachipnea e distress respiratorio. La radiografi a del torace dimostra noduli cavitari multipli, spesso bilaterali e accompagnati da versamento pleurico. L’emocoltura può essere positiva. Il trattamento consiste nella somministrazione endove-nosa prolungata di penicillina o cefoxitina; può essere necessario il drenaggio chirurgico degli ascessi metastatici extrapolmonari (Capp. 373 e 375).

ASCESSO E/O CELLULITE PERITONSILLARE L’ascesso e/o la cellulite peritonsillare, relativamente comuni rispetto alle infezioni profonde del collo, sono causati da un’invasione batterica attraverso la capsula tonsillare, che porta alla formazione di cellulite e/o di un ascesso nei tessuti circostanti. Il tipico paziente con ascesso peritonsillare è un adolescente con un’anamnesi recente di faringotonsillite acuta. Le manifestazioni cliniche comprendono mal di gola, febbre, trisma e disfagia. L’esame obiettivo rivela una massa tonsillare asimmetrica con dislocazione dell’uvula. Una massa tonsillare asimmetrica è diagnostica, ma la sua visibilità può essere compromessa dalla presenza del trisma. La TC è utile per identifi ca-re l’ascesso. I patogeni più comuni sono gli streptococchi di gruppo A e gli anaerobi orofaringei misti, con più di quattro isolati batterici per ascesso, isolati caratteristicamente dall’agoaspirato.

Il trattamento comprende il drenaggio chirurgico e un’anti-bioticoterapia effi cace contro gli streptococchi di gruppo A e gli anaerobi. Il drenaggio chirurgico può essere effettuato tramite agoaspirazione, incisione e drenaggio o tonsillectomia. L’agoa-spirato può comportare l’aspirazione delle parti superiore, centrale e inferiore delle tonsille per individuare l’ascesso. Nel paziente non collaborante può essere necessaria l’anestesia generale. Circa il 95% degli ascessi peritonsillari si risolve dopo l’agospirazione (che solo in una piccola percentuale di pazienti deve essere ripetuta) e la terapia antibiotica. Il 5% dei pazienti con infezioni che non si risolvono mediante aspirazione richiede l’incisione con drenaggio chirurgico. La tonsillectomia deve essere presa in considerazione se non si verifi ca un miglioramento 24 ore dopo l’inizio della terapia antibiotica e dell’aspirazione, se c’è un’anamnesi di ascessi periton-sillari o tonsilliti ricorrenti oppure se sono presenti complicanze dell’ascesso peritonsillare. La complicanze più temuta, sebbene rara, è la rottura dell’ascesso con conseguente polmonite da aspirazione. L’ascesso peritonsillare ha un rischio di ricorrenza del 10%.

BIBLIOGRAFIA Per la bibliografi a completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

B

A

A

M

A

Figura 374.2 TC di un ascesso parafaringeo in un bambino di 3 anni. A. Sezione sagittale che dimostra un ascesso parafaringeo (A) e un edema della mucosa (M) nel seno mascellare. B. Sezione coronale dell’ascesso parafaringeo (A).

B

AA

Figura 374.3 TC nella malattia di Lemierre. A. TC che evidenzia l’aspetto nodulare degli infi ltrati polmonari (freccia) . B. TC del collo che dimostra la trombosi della vena giugulare interna destra (freccia) . (Da Plymyer MR, Zoccola DC, Tallarita G: An 18 year old man presenting with sepsis following a recent pharyngeal infection, Arch Pathol Lab Med 128:813, 2004. Riprodotta per gentile concessione di Archives of Pathology and Laboratory Medicine. Copyright 2004. College of American Pathologists.)

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1514 ■ Parte XIX Apparato respiratorio

Capitolo 375 Tonsille e adenoidi Ralph F. Wetmore

ANATOMIA L’ anello di Waldeyer è costituito dal tessuto linfatico che circonda lo sbocco delle cavità orale e nasale nella faringe e comprende le tonsille palatine, la tonsilla faringea o adenoide, il tessuto linfatico che circonda l’orifi zio della tuba di Eustachio nelle pareti laterali del nasofaringe, la tonsilla linguale alla base della lingua e il tessuto linfatico sparso nelle altre parti della faringe, in particolare dietro i pilastri faringei posteriori e lungo la parete faringea posteriore. Il tessuto linfatico localizzato tra la piega palatoglossa (pilastro tonsillare anteriore) e la piega palatofaringea (pilastro tonsillare posteriore) forma la tonsilla palatina . Questo tessuto linfatico è separato dalla muscolatura faringea circostante da una spessa capsula fi brosa. Le adenoidi formano un unico aggregato di tessuto linfatico che occupa lo spazio tra il setto nasale e la parete faringea posteriore. Una sottile capsula fi brosa le separa dalle strutture sottostanti; le cripte delle adenoidi non sono complesse quanto quelle delle tonsille palatine, ma molto più semplici. Il tessuto lin-fatico alla base della lingua forma la tonsilla linguale che contiene anch’essa cripte tonsillari semplici.

FUNZIONE NORMALE Situate all’imboccatura della faringe, tonsille e adenoidi sono in posizione privilegiata per fornire una difesa primaria contro i fattori esterni. Il ruolo immunologico delle tonsille e delle adenoidi è di indurre l’immunità secretoria e regolare la produzione di immunoglobuline secretorie. Nel tessuto tonsillare sono presenti profonde fessure che formano le cripte tonsillari, delimitate da epitelio squamoso ma dotate alla base di un’elevata concentrazione di linfociti. Il tessuto linfatico dell’anello di Waldeyer è immunolo-gicamente attivo soprattutto tra i 4 e i 10 anni di età, per poi subire una fl essione dopo la pubertà. Non sono stati dimostrati defi cit immunologici signifi cativi dopo l’asportazione isolata o associata delle tonsille e delle adenoidi.

ANATOMIA PATOLOGICA Infezione acuta La maggior parte degli episodi di faringotonsillite acuta è causa-ta da virus (Cap. 373). Gli streptococchi � -emolitici di gruppo A (SBEA) sono la causa più comune di infezione batterica della faringe ( Cap. 176 ).

Infezione cronica Le tonsille e le adenoidi possono essere infettate cronicamente da vari microrganismi, con un’elevata incidenza di batteri produttori di T-lattamasi. Prevalgono sia le specie aerobie, come gli strepto-cocchi e Haemophilus infl uenzae , sia quelle anaerobie, come Pepto-streptococcus , Prevotella e Fusobacterium . Nelle cripte tonsillari si possono accumulare cellule epiteliali desquamate, linfociti, batteri e altri detriti, responsabili della tonsillite criptica. Con il tempo, que-sti tappi nelle cripte possono calcifi carsi in concrezioni tonsillari, o tonsilloliti. Un numero sempre maggiore di evidenze dimostra che anche i biofi lm potrebbero concorrere all’infi ammazione cronica delle tonsille.

Ostruzione delle vie aeree Tanto le tonsille quanto le adenoidi sono una causa importante di ostruzione delle vie aeree superiori nel bambino. L’ostruzione delle vie aeree in età pediatrica si manifesta tipicamente con disturbi respiratori durante il sonno, tra cui apnea e ipopnea ostruttive e sindrome da resistenza delle vie aeree superiori ( Cap. 17 ). I disturbi respiratori del sonno secondari a respirazione adenotonsillare sono una causa del defi cit di crescita ( Cap. 38 ).

Neoplasia tonsillare Nell’infanzia, un rapido aumento di volume di una sola tonsilla è altamente suggestivo di un tumore tonsillare, tipicamente un linfoma.

MANIFESTAZIONI CLINICHE Infezione acuta I sintomi dell’infezione da SBEA comprendono odinofagia, sec-chezza della gola, malessere, febbre con brividi, disfagia, otalgia rifl essa, cefalea, algie muscolari e linfoadenomegalia cervicale. I segni comprendono lingua disidratata, tonsille eritematose e ingrandite, essudato tonsillare o faringeo, petecchie palatine, così come aumento di volume e dolorabilità dei linfonodi giuguloga-strici ( Fig. 375.1 ; Capp. 176 e 373).

Infezione cronica I bambini con tonsillite cronica o criptica spesso presentano alitosi, mal di gola cronico, sensazione di corpo estraneo o anamnesi di espulsione di frammenti di materiale caseoso maleodoranti e di sapore cattivo. L’esame può rivelare tonsille pressoché di qualsia-si dimensione, spesso contenenti copiosi detriti nelle cripte. Poiché in genere il patogeno responsabile non è lo SBEA, la coltura per lo streptococco è abitualmente negativa.

Ostruzione delle vie aeree In molti bambini, è possibile porre la diagnosi di ostruzione delle vie aeree ( Capp. 17 e 365) basandosi su anamnesi ed esame obiettivo.

B CA

Figura 375.1 Faringotonsillite. Questa sindrome comune è causata da diversi agenti patogeni e presenta un ampio spettro di gravità. A. Eritema tonsillare e faringeo diffuso, reperto aspecifi co che può essere causato da diversi patogeni. B. Questo intenso eritema, osservato in associazione con aumento di volume acuto delle tonsille e petecchie del palato, è altamente suggestivo di infezione da streptococco � -emolitico di gruppo A, sebbene anche altri patogeni possano provocare un simile quadro. C. Tonsillite essudativa, osservata più comunemente in caso di infezione sia da streptococco di gruppo A, sia da virus di Epstein-Barr. (B. Per gentile concessione di Michael Sherlock, MD, Lutherville, MD.) (Da Yellon RF, McBride TP, Davis HW: Otolaryngology. In Zitelli BJ, Davis HW, editors: Atlas of pediatric physical diagnosis , ed 4, Philadelphia, 2002, Mosby, p 852.)

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Capitolo 375 Tonsil le e adenoidi ■ 1515

I sintomi diurni dell’ostruzione delle vie aeree, secondaria a iper-trofi a adenotonsillare, comprendono respirazione orale cronica, ostruzione nasale, rinolalia, iposmia, diminuzione dell’appetito, rendimento scolastico scarso e, seppure raramente, sintomi di scompenso cardiaco destro. I sintomi notturni consistono in russa-mento sonoro, soffocamento, boccheggi, apnee franche, agitazione, posizioni anomale nel sonno, sonnambulismo, incubi, diaforesi, enuresi e tendenza a parlare nel sonno. All’esame in genere si osser-vano voluminose tonsille, anche se le dimensioni assolute possono non indicare il grado di ostruzione. Le radiografi e laterali del collo o l’endoscopia con strumento fl essibile permettono di valutare le dimensioni del tessuto adenoideo. Altri segni che possono con-tribuire all’ostruzione delle vie aeree comprendono la presenza di una sindrome craniofacciale o di ipotonia.

Neoplasia tonsillare Il rapido aumento di volume unilaterale di una tonsilla, in partico-lare se si accompagna a segni sistemici come sudorazione notturna, febbre, calo ponderale e linfoadenopatia, è altamente suggestivo di una neoplasia tonsillare. Inoltre, la diagnosi di neoplasia tonsillare deve essere presa in considerazione se la tonsilla appare grossola-namente anormale. In 54.901 pazienti sottoposti a tonsillectomia, sono state identifi cate 54 neoplasie (prevalenza dello 0,087%); di queste, tutte tranne 6 erano state sospettate precedentemente all’intervento sulla base di caratteristiche anatomiche sospette.

TRATTAMENTO Terapia medica Il trattamento della faringotonsillite acuta è discusso nel Capi-tolo 373, mentre l’antibioticoterapia per lo SBEA è trattata nel Capitolo 176 . Poiché i copatogeni come gli stafilococchi o gli anaerobi possono produrre � -lattamasi che inattiva la penicillina, l’uso di cefalosporine o di clindamicina può essere più effi cace nel trattamento delle infezioni croniche della gola. I tonsilloliti o i detriti possono essere fatti espellere manualmente, usando un abbassalingua con del cotone a un’estremità o un getto di acqua. Le cripte tonsillari con infezione cronica possono essere cauterizzate utilizzando nitrato di argento.

Tonsillectomia La tonsillectomia isolata viene effettuata abitualmente nella fa-ringotonsillite ricorrente o cronica. Le indicazioni all’intervento restano incerte; vi sono ampie variazioni nella frequenza con cui si ricorre alla chirurgia in età pediatrica nei diversi Paesi: 144/10.000 bambini in Italia, 115/10.000 bambini in Olanda, 65/10.000 bam-bini in Gran Bretagna e 50/10.000 bambini negli Stati Uniti. In genere il tasso è più elevato nei maschi. Indicazioni potenziali, ma non basate sulle evidenze, comprendono la ricorrenza di 7 o più episodi di infezione della gola trattati con antibiotici nell’anno precedente, 5 o più infezioni della gola trattate in ognuno dei 2 anni precedenti oppure 3 o più infezioni della gola trattate con antibiotici in ognuno dei 3 anni precedenti. L’American Academy of Otolaryngology-Head and Neck Surgery ritiene che l’intervento chirurgico sia indicato nei pazienti con 3 o più infezioni delle tonsille e/o adenoidi all’anno, nonostante un’adeguata terapia medica, mentre lo Scottish Intercollegiate Tonsillectomy indica 5 o più episodi all’anno di tonsillite con sintomi altamente debilitanti che durano per più di un anno. La tonsillectomia si è dimostrata effi cace nel ridurre il numero di infezioni e i sintomi della tonsillite cronica, quali alitosi, mal di gola persistente o ricorrente e ade-nite cervicale ricorrente. Nei casi di tonsillite criptica resistente, la chirurgia può essere curativa. Raramente in età pediatrica, la tonsillectomia è indicata per la biopsia di una tonsilla aumentata di volume monolateralmente, al fi ne di escludere una neoplasia o di trattare un’emorragia ricorrente da vasi sanguigni tonsillari superfi ciali. Nei bambini con sintomi lievi l’intervento non sem-bra offrire un benefi cio clinico maggiore rispetto al trattamento conservativo.

Adenoidectomia L’adenoidectomia isolata può essere indicata per il trattamento delle infezioni nasali croniche (adenoidite cronica), delle infezioni sinusali croniche refrattarie alla terapia medica e degli episodi ricorrenti di otite media acuta, compresi quelli nei bambini con drenaggi transtimpanici che soffrono di otorrea ricorrente. Inoltre, l’adenoidectomia può essere utile nei bambini che soffrono di otite media cronica o ricorrente con versamento. La sola adenoidectomia può essere risolutrice nel trattamento dei pazienti con ostruzione nasale, respirazione orale cronica e russamento sonoro, suggestivo di disturbi respiratori del sonno. Può inoltre essere indicata qualora si sospetti l’ostruzione delle vie aeree superiori a causa di anomalie di sviluppo craniofacciali od occlusive.

Tonsillectomia e adenoidectomia I criteri per effettuare una tonsillectomia e un’adenoidectomia combinate in caso di infezioni ricorrenti sono gli stessi della ton-sillectomia isolata. L’altra principale indicazione a effettuare le due procedure insieme è l’ostruzione delle vie aeree superiori, se-condaria a ipertrofi a adenotonsillare che causa disturbi respiratori del sonno, defi cit di crescita, anomalie di sviluppo craniofacciali o occlusive, alterazioni del linguaggio o, raramente, cuore pol-monare. Un’elevata percentuale di bambini con defi cit di crescita in presenza di ipertrofi a adenotonsillare con conseguenti disturbi nel sonno subisce una signifi cativa accelerazione della crescita in seguito all’adenotonsillectomia.

COMPLICANZE Faringotonsillite acuta Le due principali complicanze dell’infezione da SBEA non trattata sono la glomerulonefrite post-streptococcica e la febbre reumatica acuta ( Capp. 176 e 505.1 ).

Infezione peritonsillare L’infezione peritonsillare può manifestarsi sotto forma di cellulite o di un vero e proprio ascesso nella regione superiore e laterale della capsula tonsillare (Cap. 374). Queste infezioni insorgono abitualmente nei bambini con un’anamnesi di infezioni tonsillari ricorrenti e sono polimicrobiche, comprendendo sia aerobi sia anaerobi. I sintomi di presentazione sono mal di gola unilaterale, otalgia riferita, scialorrea e trisma. La tonsilla colpita è spostata in basso e medialmente dall’edema del pilastro tonsillare anteriore e del palato. La diagnosi di ascesso può essere confermata con la TC o con l’agoaspirazione, il cui contenuto deve essere sottoposto a esame colturale.

Infezione dello spazio retrofaringeo L’infezione dello spazio retrofaringeo si sviluppa nei linfonodi che drenano l’orofaringe, il naso e il nasofaringe. (Cap. 374).

Infezione dello spazio parafaringeo L’infezione tonsillare si può estendere nello spazio parafaringeo, provocando sintomi come febbre, dolore al collo, rigor e segni come edema della parete faringea laterale e del collo, dal lato colpito. La diagnosi è confermata dalla TC con mezzo di contra-sto e il trattamento consiste nella somministrazione di antibiotici per via endovenosa e nell’incisione esterna con drenaggio, se la TC rivela la presenza di un ascesso (Cap. 374). La trombofl ebite settica della vena giugulare, o sindrome di Lemierre , si presenta con febbre, stato tossico, dolore e rigidità cervicali, oltre a di-stress respiratorio dovuto ai numerosi emboli settici polmonari, ed è una complicanza delle infezioni dello spazio parafaringeo o delle infezioni odontogene da Fusobacterium necrophorum . Una concomitante mononucleosi da virus di Epstein-Barr può essere un evento predisponente prima dell’insorgenza improvvisa di febbre, brividi e distress respiratorio in un paziente adolescente. Il tratta-mento comprende la somministrazione endovenosa di antibiotici ad alto dosaggio (ampicillina-sulbactam, clindamicina, penicillina o ciprofl oxacina) e l’eparinizzazione.

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1516 ■ Parte XIX Apparato respiratorio

Faringotonsillite ricorrente o cronica Si veda il Capitolo 373.

OSTRUZIONE CRONICA DELLE VIE AEREE Benché raramente, i bambini con ostruzione cronica delle vie ae-ree da ipertrofi a tonsillare e adenoidea possono presentare cuore polmonare.

Gli effetti dell’ostruzione cronica delle vie aeree ( Cap. 17 ) e della respirazione orale sullo sviluppo facciale restano oggetto di con-troversia. Gli studi sulla respirazione orale cronica, tanto nell’uomo quanto negli animali, hanno dimostrato alterazioni dello sviluppo facciale, tra cui l’aumento dell’altezza facciale anteriore totale e la tendenza alla retrognazia mandibolare (la cosiddetta “facies adenoidea”). L’adenotonsillectomia può risolvere alcune di queste anomalie. Altri studi hanno contestato questi risultati.

Tonsillectomia e adenoidectomia È necessario prendere in considerazione i rischi e i potenziali be-nefi ci dell’intervento chirurgico ( Tab. 375.1 ). Un’emorragia può insorgere nell’immediato periodo postoperatorio o manifestarsi più tardi, dopo la caduta dell’escara. L’emorragia è più comune dopo l’assunzione di desametasone a dosi elevate (0,5 mg/kg), sebbene la nausea e l’emesi postoperatorie siano ridotte. Il ri-schio di emorragia è minore dopo l’assunzione di basse dosi di

desametasone (0,15 mg/kg), farmaco che presenta anche un rischio ridotto di nausea ed emesi postoperatorie. L’edema della lingua e del palato molle possono portare a un’ostruzione acuta delle vie aeree nelle prime ore successive all’intervento. I bambini con una sottostante ipotonia o con anomalie craniofacciali presentano un rischio maggiore di andare incontro a questa complicanza. La disi-dratazione da odinofagia non è infrequente nella prima settimana postoperatoria. Le complicanze rare comprendono l’insuffi cienza velofaringea, la stenosi nasofaringea od orofaringea e problemi psicologici.

BIBLIOGRAFIA Per la bibliografi a completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

Capitolo 376 Sintomi respiratori cronici o ricorrenti Thomas F. Boat e Thomas P. Green

Tosse, sibili, stridore e altri sintomi respiratori si verifi cano fre-quentemente o per lunghi periodi in un numero considerevole di bambini; in altri si osservano invece infi ltrati polmonari persi-stenti o ricorrenti, con o senza sintomi. Determinare la causa di questi reperti cronici risulta talvolta diffi cile, in quanto i sintomi possono essere causati da una serie di infezioni acute del tratto respiratorio in rapida successione, non correlate tra loro, o da un unico processo fi siopatologico. Per molte condizioni respiratorie acute e croniche, non esistono esami diagnostici specifi ci e di facile esecuzione. Gli sforzi diagnostici e terapeutici possono inoltre essere complicati dall’atteggiamento dei familiari del bambino che, preoccupati per i sintomi correlati alla respirazione, fanno pressione affi nché il medico prescriva un rimedio rapido.

Per il testo completo del capitolo, consultare il sito internet www.expertconsult.com .

Capitolo 377 Ostruzione acuta infi ammatoria delle vie aeree superiori (croup, epiglottite, laringite e tracheite batterica) Genie E. Roosevelt

Il lume delle vie aeree di un lattante o di un bambino è stretto; poiché la resistenza delle vie aeree è inversamente proporzionale alla quarta potenza del raggio (Cap. 365), piccole riduzioni del-l’area di sezione, causate da edema della mucosa o da altri processi infi ammatori, provocano un aumento esponenziale della resistenza delle vie aeree e un aumento signifi cativo del lavoro respiratorio. La laringe si compone di quattro cartilagini maggiori ( epiglottica , aritenoidea , tiroidea e cricoidea , dall’alto verso il basso) e dei tessuti molli che le circondano. La cartilagine cricoidea circonda la via aerea appena sotto le corde vocali e defi nisce la porzione più stretta delle vie aeree superiori nei bambini di età < 10 anni.

L’infi ammazione che coinvolge le corde vocali e le strutture sottostanti è chiamata laringite , laringotracheite o laringotracheo-bronchite , mentre quella delle strutture soprastanti (aritenoidi, pliche ariepiglottiche [“false corde”], epiglottide) prende il nome di laringite sovraglottica . Con il termine croup si indica un gruppo ete-rogeneo di processi prevalentemente acuti e infettivi, caratterizzati da tosse abbaiante o metallica, che possono associarsi a raucedine,

Tabella 375.1 RISCHI E POTENZIALI BENEFICI DELLA TONSILLECTOMIA E/O DELL’ADENOIDECTOMIA

RISCHICosti * Rischio di incidenti anestesiologici

Ipertermia maligna Aritmia cardiaca Trauma delle corde vocali Aspirazione con conseguente ostruzione o infezione broncopolmonare

Rischio di varie complicanze chirurgiche o postoperatorie Emorragia Ostruzione delle vie aeree dovuta a edema della lingua, del palato

o del nasofaringe, oppure ematoma retrofaringeo Apnea centrale Paralisi muscolare protratta Disidratazione Insuffi cienza faringopalatina Otite media Stenosi nasofaringea Torcicollo refrattario Edema facciale Crisi emotive

Rischi sconosciutiPOTENZIALI BENEFICIRiduzione della frequenza di malattie dell’orecchio, del naso e della gola,

e pertanto di Dolore Fastidio Assenza scolastica Ansia parentale Assenza dei genitori dal lavoro Costi delle visite mediche e dei farmaci

Riduzione dell’ostruzione nasale con miglioramento di Funzione respiratoria Comfort Sonno Crescita e sviluppo craniofacciali Aspetto

Riduzione dei defi cit uditivi Miglioramento della crescita e del benessere generale Riduzione dell’ansia parentale a lungo termine

* I costi della tonsillectomia isolata e dell’adenoidectomia isolata sono un po’ più bassi. Modifi cata da Bluestone CD, editor: Pediatric otolaryngology, ed 4, Philadelphia, 2003 Saunders, p. 1213.

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