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MARIA LUISA TOBAR Università di Messina Raffigurazioni del mito di Glauco nella letteratura barocca spagnola Nel Rinascimento e nel Barocco la cultura simbolica ha avuto gran rilevanza attraverso un linguaggio figurativo che ha interessato le varie espressioni artistiche e letterarie, spesso ispirato alla mitologia classica. La maggior parte delle persone colte conoscevano anche le lingue classiche e moderne, e ciò permetteva loro di inserirsi nelle correnti culturali europee. Lorenzo Palmireno nella sua opera, El estudioso cortesano ', proponeva come ideale di cortigiano uno studioso versato nelle lettere e nelle arti; l'umanista aragonese, consapevole che le persone colte erano a quel tempo interessate agli emblemi, ai blasoni, alle divise ed ai motti, ritenne opportuno ricorrere, nelle sue lezioni, alle Imprese di Paolo Giovio, agli Heroica di Paradin 2 . Egli, commentando le divise latine, gli Emblemi di Andrea Alciato, i Geroglifici di Pieri Valeriano, cercò di elucidare il senso enigmatico di questi testi 3 . Per suffragare il proprio sapere molti fanno uso e anche abuso di citazioni e di allusioni desunte dai testi classici. Accanto alla forzata e petulante erudizione, di cui si burla con sottile ironia Cervantes, esiste una vera e propria erudizione derivata da una circostanziata lettura dei testi. Lo studio della mitologia, nonché la sua interpretazione cristiana, è uno degli elementi caratterizzanti a cui si ispirarono alcune opere d'arte che ornano i palazzi signorili e i testi degli scrittori dei secoli XVI e XVII. Fonte di ispirazione della cultura simbolica spagnola sono soprattutto le Metamorfosi di Ovidio le cui traduzioni in castigliano erano già documentate a partire del secolo XV 4 . I racconti mitologici ebbero una El estudioso cortesano, de Lorenco Palmyreno. Dirigido al illustre señor don Guillem de Palafox, hijo del muy ilustre señor don Henrique de Palafox Gouernador de Orihuela, Valentia, Ex typographia Petri a Huete, in Platea Herbaria, 1573. 2 Ibidem, p. 81. Cf. A. Gallego Barnes, Juan Lorenzo Palmireno (1524-1579); Un humanista aragonés en el Studi General de Valencia, Zaragoza, Institución "Fernando el Católico", 1982, pp. 265-266. Sulle edizioni spagnole di Ovidio, cf. Menéndez Pelayo, Bibliografia hispano-latina

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MARIA LUISA TOBARUniversità di Messina

Raffigurazioni del mito di Glauconella letteratura barocca spagnola

Nel Rinascimento e nel Barocco la cultura simbolica ha avuto granrilevanza attraverso un linguaggio figurativo che ha interessato le varieespressioni artistiche e letterarie, spesso ispirato alla mitologia classica. Lamaggior parte delle persone colte conoscevano anche le lingue classiche emoderne, e ciò permetteva loro di inserirsi nelle correnti culturali europee.Lorenzo Palmireno nella sua opera, El estudioso cortesano ', proponevacome ideale di cortigiano uno studioso versato nelle lettere e nelle arti;l'umanista aragonese, consapevole che le persone colte erano a quel tempointeressate agli emblemi, ai blasoni, alle divise ed ai motti, ritenneopportuno ricorrere, nelle sue lezioni, alle Imprese di Paolo Giovio, agliHeroica di Paradin2. Egli, commentando le divise latine, gli Emblemi diAndrea Alciato, i Geroglifici di Pieri Valeriano, cercò di elucidare il sensoenigmatico di questi testi3. Per suffragare il proprio sapere molti fanno uso eanche abuso di citazioni e di allusioni desunte dai testi classici. Accanto allaforzata e petulante erudizione, di cui si burla con sottile ironia Cervantes,esiste una vera e propria erudizione derivata da una circostanziata lettura deitesti. Lo studio della mitologia, nonché la sua interpretazione cristiana, è unodegli elementi caratterizzanti a cui si ispirarono alcune opere d'arte cheornano i palazzi signorili e i testi degli scrittori dei secoli XVI e XVII. Fontedi ispirazione della cultura simbolica spagnola sono soprattutto leMetamorfosi di Ovidio le cui traduzioni in castigliano erano giàdocumentate a partire del secolo XV4. I racconti mitologici ebbero una

El estudioso cortesano, de Lorenco Palmyreno. Dirigido al illustre señor don Guillemde Palafox, hijo del muy ilustre señor don Henrique de Palafox Gouernador de Orihuela,Valentia, Ex typographia Petri a Huete, in Platea Herbaria, 1573.

2 Ibidem, p. 81.Cf. A. Gallego Barnes, Juan Lorenzo Palmireno (1524-1579); Un humanista

aragonés en el Studi General de Valencia, Zaragoza, Institución "Fernando el Católico",1982, pp. 265-266.

Sulle edizioni spagnole di Ovidio, cf. Menéndez Pelayo, Bibliografia hispano-latina

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grande popolarità posto che venivano venduti anche in "pliegos sueltos";essi erano inoltre fonte d'ispirazione da cui i musici girovaghi traevanospunto per delle loro canzoni.

Determinante fu il ruolo delle Accademie per la diffusione dellacultura classica. Alcuni spagnoli che avevano soggiornato in Italia ebberol'opportunità di prendervi parte o di assistere alle riunioni. Sorsero persinoimportanti accademie spagnole in Italia, soprattutto a Milano e a Napoli: inquesta città famosa fu quella degli Oziosi, fondata nel 1611 dal conte diLemos, viceré di Napoli, e frequentata soprattutto dal celebrefisiognomista Giambattista della Porta, dal famoso emblemista CesareCapacci, dagli Argensola, da Villamediana, da Mira de Amescua, daGuillen de Castro, da Saavedra Fajardo. La moda delle Accademie, grazieanche alla Compagnia di Gesù, si estese presto in Spagna. La prima, inordine di tempo, fu la "Academia Imitativa" (1586) della quale parefossero membri Cervantes e Lupercio de Argensola, mentre la "AcademiaMantuana" di Madrid, o meglio la "Mantua Carpetana" (1607) erafrequentata da Vélez de Guevara, da Jerónimo de Cáncer, da Moreto, daLope. La più famosa fu comunque la "Academia Selvage" (1612),attraverso la quale Góngora fece conoscere i poemi, il Polifemo e LasSoledades5. In essi figure e personaggi mitologici divengono, confrequenza, punto di riferimento e di confronto per alcune personalità deltempo.

I soggetti mitologici furono anche temi ricorrenti nella decorazione dipalazzi e materia di ispirazione per le opere che venivano rappresentate neigiardini o nei teatri di quegli stessi palazzi. Tra i personaggi mitici (qualcunodi natura anfibia) che appaiono spesso nella iconografia spagnola barocca,Glauco, anche se marginalmente, figura in qualche quadro a sfondomitologico. In letteratura solo in rari casi assume il ruolo di protagonista,figura piuttosto come personaggio secondario in alcuni poemi o comecomprimario in opere teatrali o zarzuelas.

II famoso pescatore di Ecubea, Glauco, mutato in divinità marina adopera di Oceano e Teti, secondo le Metamorfosi di Ovidio, altro non era cheun celebre nuotatore siciliano che, dopo aver mangiato una certa erba cheaveva la proprietà di far tornare in vita i pesci, si tramuta in divinità marina6.L'iconografia classica lo raffigura come un vecchio con coda di pesce,mentre in letteratura l'immagine prevalente è quella di un giovane, invaghitodelle ninfe. Era comunque una delle figure a cui gli artisti ricorrevano nel

clásica. Tomo VII, Santander, CSIC, 1951, p. 81 e ss.Julián Gallego, Vision v símbolos en la pintura española del sigio de Oro, Madrid,

Cátedra, 1996, pp. 55-57.6 Metamorfosi, XIII.

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rappresentare l'allegoria dell'acqua. Con questo simbolismo appare nelpalazzo de "El Pardo"; e precisamente nelle decorazioni barocche della scaladella regina, ad opera di Jerónimo de Mora7. L'artista spiega il significatodelle figure allegoriche che riempiono gli spazi del soffitto della scala al cuicentro campeggia Minerva con le altre divinità «celebrando a Su Magestaddebajo del nombre de Palas, diosa de la Sabiduría, de la pureza y de toda lavirtud, a quien los sabios dieron la custodia de los ejércitos, de las ciudadesy de los palacios; porque en estas cosas y todas las demás del mundoninguna virtud aprovecha más que la sabiduría y tal cual la de la Majestadde la Reina nuestra Señora»; sulla volta della galleria si riscontrano figureallusive che simboleggiano «todo lo que había debajo de sus reales pies ytodo lo que rendirse con la sabiduría puede»; nella parte sinistra figuranoGiove, Giunone, Glauco e Cerere che simboleggiano, a loro volta, i quattroelementi fuoco, aria, acqua e terra8.

Tra tutti i popoli costieri, specie mediterranei, si riscontrano tracce dellaleggenda di Glauco. Nei racconti di uomini marini, strettamente collegati alleantiche storie, tali esseri erano frutto di accoppiamenti fra creature acquatichee umane. Pérez de Moya, nel capitolo dedicato a "Tritón", ce lo presenta comeun essere di natura anfibia, uomo dalla cintura in su e delfino per il resto delcorpo mentre i piedi sono di cavallo, la coda grande e rotonda e la voceumana; seguendo Ovidio9, dice che il suo carro è trainato da cavalli neroverdi.Nella interpretazione della favola mitologica, rimettendosi a Alessandro degliAlessandri, il mitólogo spagnolo fa riferimento agli accoppiamenti anzidetti:«Algunos dicen que los tritones son unos pescados que tienen la forma dehombres acerca de lo cual dice Alejandro de Alejandro, que en Epiro habíauna fuente cerca de la mar, donde iban por agua las mozas, y subía un hombremarino, que dicen Tritón, y se escondía en una cueva cercana al camino, pordonde las mujeres pasaban, y estaba en asechanza hasta ver alguna, a quientomándola se entraba con ella en la mar»10. Subito dopo fa menzione di uncaso concreto di uomo marino: «Y Petro Gelio dice que en Marsella pescaronun tritón o hombre marino, y lo presentaron al rey Renato»".

Vinaza, Conde de la, Adiciones al Diccionario Histórico de Cean Bermúdez, Madrid,1889-1894, III, p. 100.

o

Ibidem, pp. 97-98. Cf. Rosa López Torrijos, La mitologia en la pintura española delSiglo de Oro, Madrid, Cátedra, 1995, p. 316, cf. anche pp. 316 e 432.

9 J. Pérez de Moya, Philosofia secreta (ed. di Carlos Claveria), Madrid, Cátedra, 1995,Libro II, cap. XII, p. 177. Nel capitolo intitolato "Océano" identifica il colore neroverde conl'oceano: «Océano en griego quiere decir lo mismo que en latín caeruleus que en español quieredecir verdinegro, semejante al que vemos tener al agua del mar» (Libro II, cap. IX, p. 169).

Ibidem, p. 178. Si fa riferimento a: A. Alessandri, Dies geniales. In aedibus I.Mazochi, Roma, 1522.

Ibidem, p. 178. Si tratta dello scrittore latino del II secolo (d. C.) che nel sua opera.

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In seguito la leggenda degli uomini-pesce dal Mediterraneo si estendeall'Atlantico; a tal proposito, nel Jardín de flores curiosas, Antonio deTorquemada accenna all'esistenza di tritoni in Galicia: «No quiero quepasemos adelante ni que sepáis una común opinión que se tiene en el reinode Galicia y es que allí hay un linaje de los hombre que llaman marinos, loscuales se dize y afirma por cosa cierta y ellos no lo niegan que desciendende uno de esos tritones o pescados que dezimos antes se parezian de ello[...] andando una mujer ribera del mar [...] salió un hombre marino tuvo susayuntamientos con ella y volvía muchas veces a buscarla»12. Come si vede lasua descrizione coincide, nei punti più significativi, con quella di Pérez deMoya. Anche il fatto che Baltasar de Vitoria, riferendosi al racconto di unnapoletano che assicurava averne visto uno in Spagna, sembrerebbedimostrare che crede nell'esistenza dei tritoni13. Nel '700 Feijoo tratterà iltema dei tritoni nel suo Teatro critico, affermandone la esistenza. Sia Pérezde Moya che Vitoria, ispirandosi alla leggenda ovidiana di Glauco, sisoffermano su aspetti particolari. Il primo fa riferimento agli amori diGlauco e Scilla e, dopo aver rievocato l'interpretazione morale di SanFulgenzio secondo cui il nome Scilla significa confusione o lussuria,aggiunge che Glauco (nome che significa cecità) si abbandona alla lussuriacome uomo spiritualmente cieco14; il secondo lo descrive come divinitàmarina, in seguito alla metamorfosi e lo accosta al siciliano Cola-pesce,conosciuto in Spagna come Peje Nicolao o come Pez colaz o Pece Nicolao15.

Glauco, associato alla specie dei tritoni, non è comunque un personaggiomolto frequente nella letteratura spagnola; di lui si mette in rilievo la qualità diprovetto nuotatore che spesso viene accostata a quella di amante impegnato incontinue contese amorose. Pérez de Moya, ricollegandosi a Ovidio, faesplicito riferimento a questa inclinazione presentandolo come amante di

Noctes Atticae (ed. Petrus Moselanus, Basilea, Henricus Petrus, [1556]), composta da ventilibri in cui vi sono dati relativi all'antichità, alla filosofia, alle leggi, alla letteratura.

A. de Torquemada, Jardín de flores curiosas, Lérida 1573. L'autore di questasingolare opera termina il primo colloquio, descrivendo vari casi di accoppiamenti mostruosi,reminiscenze di vecchie leggende totemiche.

Theatro de los dioses de la Gentilidad. Autor el padre fray Baltasar de Victoria.Predicador de San Francisco de Salamanca, y natural de la mesma ciudad. Dirigido a DonPedro de Deza, Conde de la Fuente, Seòr de las villas de Villagery S. Miguel del Arroyo, yAssistente de Sevilla, Salamanca 1620. Nella I parte dell'edizione del 1737 (Madrid, J. deArista) il cap. IV (pp. 247-254) è dedicato a Glauco.

14 J. Pérez de Moya, Philosofia secreta ... cit., p. 180. Evidentemente il nome glauco,dal greco glaukós, che significa colore azzurro-chiaro tra il verde e il celeste, è da mettere inrapporto con il colore che assume l'occhio affetto da cecità, come dimostrato dallaterminologia medica.

15 B. de Vitoria, Theatro de los dioses de la Gentilidad ... cit.,, libro III, cap. XIV,pp. 414-418.

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Scilla: «Ovido dice que como Glauco menospreciase a Circe por amor deScilla, Circe inficionó la fuente donde Scilla acostumbraba lavarse, y entrandoen ella se mudó en una disforme figura, la cual, espantada de su disformidad,se despeñó en la mar, y por obra de su enamorado Glauco fue convertida enuna deesa marina»16. Per grandi linee cercheremo di dare alcuni esempi dellapresenza di questo personaggio nella letteratura spagnola.

Francisco de la Torre, nella sua Egloga VII il cui titolo è Glauco11, celo presenta come innamorato di Scilla. Il poeta ne sottolinea lecaratteristiche essenziali. All'inizio vediamo Glauco, nuotare nella notte:

Caían de la sierra,altísima, las nieblasque las negra tinieblasy el aire turbio de la noche espesa,unas a otras sucediendo apriesa,cuando el sagrado Glauco, dividiendola refrenada y presaagua del mar, salió su gruta huyendo.Serénase la noche, y el turbadocerco del ancho seno se serena,a la deidad del sacro Glauco atentos;y él, conducido de la amarga penaque solicita su ánimo cansado,alienta suspirando mar y vientos.Cuyos tristes acentosllorando interrumpidos,con ardientes gemidosdeclaraban la alma dolorosaa la ninfa más dura y rigurosade las nereidas soberanas; cuandode la alma congojosa,ansí soltó la triste voz llorando(p. 276, vv. 21-42).

Francisco de la Torre ci presenta il personaggio nell'atto di uscire dalmare, fendendo le acque, in fuga dalla sua grotta marina. Il ritmo veloce dei

16 J. Pérez de Moya, Philosofia secreta ... cit., p. 1, p. 179. Pérez de Moya fariferimento al racconto ovidiano (Metamorfosi, XIII-XIV); Glauco appare anche in unpoemetto giovanile di Cicerone ed in altri autori classici: Eschilo, Pindaro, Euriale e persinoin poemi satirici latini.

17 Franciso de la Torre, Poesia compieta (ed. M. L. Cerrón Puga), Madrid, Cátedra,1984, pp.275-279. L'opera, che si colloca nella seconda metà del '500, sviluppa la storia diGlauco e Scilla (Metamorfosi, XIII-XIV) e, la Cerrón Puga in nota, dice che ha una certasomiglianzà con la seconda egloga piscatoria di Sannazzaro (cfr.p. 275).

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primi versi è in perfetta corrispondenza con il movimento degli elementidescritti. Le immagini poetiche prevalenti descrivono due movimentiincalzanti e tra loro contrastanti: la nebbia, che preannuncia le tenebre dellanotte, scende in rapida successione dall'alto della montagna mentre Glauco,emerso dalle profondità marine, fende le quiete acque quasi a volerseneliberare. Si avverte la verticalità del movimento descritto: dall'alto in bassole nuvole, e dal basso in alto, Glauco. Dopo questo primo momentoliberatorio, la quiete e la serenità della notte asseconda il lamento amorosodell'eroe. Il poeta indugia sul suo disperato amore per Scilla, la bella ecrudele divinità marina che incute timore ai naviganti ed agli innamoratirespinti.

Nella strofa successiva esorta la ninfa perché mitighi la sue perfideinclinazioni verso coloro che le si avvicinano. Le immagini poetiche sono uncontinuo parallelismo fra i naviganti ghermiti dalla vigilante custode delloStretto, e l'amante bistrattato in preda della sua implacabile perfìdia.

Deja ya sosegar, ninfa divina,el estrecho peligro que defiendesal que oprime los hombres de Neptuno.Si flacos leños anegar pretendes,inclina tu beldad, al cielo inclinatu lumbre resistida de ninguno,que el rayo de tus ojos importuno,que el mar y viento,al estrellado asientoy al reino de la noche dar guerra,cuanto más a un rendido,mísero dios, que tu profundo encierra.(vv. 108-119)

II poema termina con Glauco seguito da uno stuolo di delfini e di focheche condividono il suo dolore e la sua inconsolabile pena. Anche qui i versidescrivono un movimento in verticale ad opera dei delfìni e delle foche chesi tuffano e schizzano dalle acque con uno strepitio che assecondaritmicamente il canto disperato del tritone che lamenta la «libertad esclava, /cercada de contrarios accidentes» (vv. 132-133).

Nella Galateo di Cervantes18, Calliope canta le glorie del poetasoldato Ercilla servendosi di una metafora, in cui l'oceano è indicato comeil regno dove abita Glauco, per dirci che il poeta-soldato aveva attraversatol'Atlantico: « [...] de Arauco / cantó las guerras y el valor de España, / el

! Obras completas, Galateo, Libro VI, ottava IV, Madrid, Aguilar, 1970, p. 893a.

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cual los reinos donde habita Glauco / pasó y sintió la embravecida saña,[...] Ercilla».

Luis de Góngora, lo menziona in vari passaggi della sua Fábula dePolifemo y Galatea nella quale si sofferma sugli aspetti più significativi delpersonaggio. Nel Canto XV bastano poche pennellate ad evidenziare i duetratti caratterizzanti «Verde el cabello, el pecho no escamado». Il verso,costituito da due unità sintagmatiche nominali, mette in risalto due elementisimbolici connotativi del personaggio. Nel primo sintagma spicca il verde,colore simbolo della germinazione vegetale e per questo strettamente legatoalla fecondità (nei riti del mondo antico era considerato colore iniziatico); ilcolore verde dei capelli è, inoltre, da mettere in rapporto con la leggendasecondo cui egli si trasforma in tritone, dopo aver mangiato delle erbe marine.Nel secondo sintagma si fa riferimento alla natura semi-umana di Glauco peressere la parte superiore del corpo sprovvista di squame. Nel Canto XVI siaggiungono altri particolari: «Marino joven, las cerúleas sienes / del mástierno coral ciñe Palemo / rico de cuantos la agua engendra bienes». II poetaincentra la sua attenzione sul capo di Glauco il colore delle cui tempie, verdegrigiastro, è in stretto rapporto al significato greco del termine glaukós, cioèceruleo. Questo colore chiaro si contrappone al corallo che, essendo derivatodalla testa di Medusa secondo la mitologia greca, possedeva proprietàmagiche e il suo colore diventava più intenso se lo cingeva un uomo. Essorimanda al personaggio, simbolo delle acque profonde19.

Nel Canto XVII si fa riferimento ai due aspetti fondamentali che loconnotano, cioè quello di nuotatore e amante: «Huye la ninfa bella; y elmarino / amante nadador, ser bien quisiera / ya que no áspid a su pie divino,/ dorado pomo a su veloz carrera» (vv. 129-132). Góngora ci presenta unGlauco innamorato non di Scilla come in Ovidio, ma della ninfa Galatea,figlia di Nereo e di Doris, descritta come una creatura marina, bianca ediafana «la nieve de sus miembros, da a una fuente» (v. 180), «¡Oh bellaGalatea, más suave / que los claveles que tronchó la aurora; / blanca más quelas plumas de aquel ave / que dulce muere y en las aguas mora;» (vv. 360-364). Nello stesso brano compare anche Palemo, divinità marina, della qualeMelicertes ne assume le sembianze quando la madre Ino (la marinaLeucotea), impazzita, si immerge tra i flutti sorreggendolo in braccio. EnricaCancelliere, analizzando le immagini simboliche del poema, mette inrapporto questi versi con il Trionfo di Galatea di Raffaello sottolineando la

19J. Chevalier, Dictiormaire des symboles-Mythes, rèves, coutumes, gestes, formes,

figures, couleurs, nombres, Paris, 1969. Anche nell'auto sacramentai II Divino Jasón, ilcorallo è elemento caratterizzate dei tritoni: «si sois acaso tritones / que las frentes inmortales/ ceñís de rubios corales», chiede Medea agli argonauti (ed. di I. Arellano y A. Cilveti,Kassel, Reichenberger, 1992, p. 185, vv. 453-455).

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presenza attorno alla ninfa di conchiglie e tritoni mentre «Palemo dalletempie cerulee s'erge sulle acque spumeggianti e avvinghia una delle ninfedel corteggio di Galatea»20. Altro personaggio dalla doppia natura, terrestree marina, è Aci21: «Era Acis un venablo de Cupido, / de un fauno, mediohombre, medio fiera, / en Simeto, hermosa ninfa, habido» (vv. 193-195).Scenario dell'azione è lo Stretto di Messina, in quel «Faro odioso» che siestende fino al «promontorio extremo» ricco di corallo. Naturalmente, sitratta di uno spazio mitico scevro da connotazioni geografiche.

Nelle varie opere teatrali esaminate Glauco è, in genere, rappresentatocome personaggio proteso alla conquista di ninfe e sirene. Juan Vélez deGuevara, ne Los celos hacen estrellas 22, lo raffigura con le sembianze di ungiovane che contende a Licio l'amore di Isis23. Fin dalla sua primaapparizione si rivolge alla ninfa con struggenti accenti amorosi:

Lo que el Amor quiere de ties, Isis, que, blanda al ruego,no desprecies de su fuegoel incendio que arde en mí,que apacible tu rigordore mi amante cadena,(vv. 565-570)

La ninfa, nel ruolo della "desdeñosa", respinge le profferte amorose deidue rivali che, senza tregua, si contendono le sue grazie. È significativa lascena in cui Isis, mentre danza con le ninfe, cade e conseguentemente facadere la sua ghirlanda che si spezza in due, trasformandosi così in duemezze lune, delle quali ciascuno dei due amanti vorrebbe prendere una metà.La ninfa interpreta l'accaduto come un minaccioso presagio e si riprende ledue parti della ghirlanda:

¿Qué le importa al coracón,que el enojo transforase

20 Enrica Cancelliere, Góngora. Percorsi della visione, Palermo, Flaccovio, 1990, p . 120.21 Luis Carrillo y Sotomayor scrive la Fàbula de Acis v Galatea che la critica ritiene

una delle fonti della gongorina Fàbula de Polifemo e Galatea.22 Juan Vélez de Guevara, Los celos hacen estrellas (ed. di J. E. Varey e N. D.

Shergold), London, Tamesis Books, 1970, p. 104.23 Vélez de Guevara riprende la storia mitologica di Io, la bellissima figlia di Inarco re

d 'Argo, mutata in giovenca per essere amata da Giove, la quale sarà assimilata alla divinitàegizia Iside e questo è il nome che l 'autore le da nell 'opera. Lo stesso tema sarà argomentodell 'opera del conde de Clavijo «Júpiter y Yo. Los cielos premian desdenes, fiesta zarzuelaque se presententó a sus Magestades (Dios le guarde) escrivió para el domingo deCarnestolendas don Marcos de Lanuza [...] Madrid, 1699».

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la guirnalda en medias lunas,que así alborotado late?¿Qué presagio en esta formame amenaza inescusable,que sobresaltando el pechoatemorica el mirarle?

(vv. 761-768)

In effetti, il presagio si compierà quando Giove le farà assumere lesembianze di una giovenca per celarla a Giunone; la metamorfosi èanticipata dalla prefigurazione simbolica delle due mezze lune dellaghirlanda che rappresentano metaforicamente la forma delle cornadell'animale. Glauco continuerà a cercarla «Por todas quantas selvas,prados, montes / contienen estos verdes oricontes, / a quien en torno baña elPonto Eujino». (vv. 913-915). Quando finalmente la troverà non lariconosce, così come succede a Licio il quale le dice addirittura che è unapazzia «querer una fealdad ser su hermosura» (v. 970); decidono, quindi, dicontinuare a cercarla insieme. Alla fine Glauco assiste al trionfo di Isis che,trasformata da Giove in stella, ascende in cielo24 come divinità dell'Egitto.

Agustín de Salazar y Torres nella sua ultima opera mitologica, Tambiénse ama en el abismo25, presenta vari intrecci amorosi in cui protagonisti sonodivinità e personaggi che vivono nella mitica Trinacria. L'amore di Plutone,dio degli abissi marini, per Proserpina da il titolo all'opera; vi figurano anchealtri personaggi che si muovono negli abissi marini, nelle profondità dellegrotte siciliane e anche nelle sfere celesti. Dei vari casi di amore il piùelaborato e curato è quello che vede coinvolti Scilla, Glauco, Arione e Circe.Nella sua prima apparizione in scena Glauco, in un lunghissimo parlamento(pp. 144-147), svela a Circe chi è e come, attirato dal lamento di una bellaninfa inseguita da un «bianco bruto», sia giunto in Sicilia e come, dopo averlasalvata dal pericolo, se ne innamora perdutamente:

Desmayada, pues la Ninfa,cayó en mis bracos, curbándosetodo mi valor, al vermilagros tan superiores,y sólo en mi pecho hablaronsilencios y admiraciones(p. 145)

Herrera el Mozo, è l'autore di sei disegni che servirono per la rappresentazione e cheoggi si conservano nella Òsterreichische Nationalbibliothek; l'ultimo dei sei disegni,intitolato Apoteosis de Isis, rappresenta la scena come un bosco con una tramoya a forma distella, in alto. Nell'edizione di Varey e Shergold è riprodotta con il numero S.

A. de Salazar y Torres, También se ama en el abismo, comedia famosa, representósea los felizes años del rey nuestro señor Don Carlos Segundo/'...] Madrid, 1681.

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Fa una lunga descrizione della bellezza della ninfa che però si mostrainsensibile al suo amore così, prima di andarsene, la bella sconosciuta glidice di non nutrire speranze perché è incapace di amare a tal punto che a su«esquivo pecho ofenden / hasta las adoraciones» (p. 147). Scilla si presenta,quindi, come una donna che disprezza l'amore. Circe, per contro, invaghitadi Glauco, dichiara che il suo cuore è ferito «de un furor, de un áspid torpe, /de un veleno, de unos zelos» (p. 148). Si profila così il triangolo amorosocon Glauco innamorato di Scilla, raffigurata nella veste della bella sdegnosae fredda secondo lo stereotipo della commedia aurea, e Circe innamorata diGlauco e tormentata dalla gelosia che causa un «tormento más superior» cheil mal d'amore. La vicenda si complica per la presenza di Arione, invaghitoanche egli di Scilla. Nel personaggio di Arione si ripropone il motivo delpellegrino d'amore che dalla Grecia arriva in Sicilia per incontrare la donnale cui sembianze ritratte 1' hanno fatto invaghire.

Più tardi Proserpina informa Glauco che, secondo l'auspicio chePandion legge nelle sfere celesti, è stato prescelto per essere sacrificato agliDei, insieme ad una bella ninfa:

el primer errado huésped,que amante pise la playade Sicilia, e igualmentelas Aras de amor salpiqueingrata Ninfa, rebelde,en quien se hizieron delitosestudiados, los desdenes.(P- 152)

Glauco è scambiato per Arione, il pellegrino d'amore indicatodall'oracolo, che era arrivato in Sicilia in groppa ad un delfino. Circe e lostesso Glauco cercano di chiarire l'equivoco; in seguito Glauco con grandenobiltà d'animo, preferirà essere fatto prigioniero anziché svelare il postodove si nasconde Arione. A sua volta Arione che si era nascosto in unagrotta, non permetterà che un altro muoia in sua vece e, svelando la suaidentità, si offre come vittima. Tra i due giovani è una gara di generosità. Laninfa designata dalla sorte è Scilla, che perciò dovrà essere la vittimasacrificale e così, accompagnate dalla musica «salen las ninfas y Scila,vendado el rostro, detrás de todas ellas» (p. 156). Quando Proserpina ordinadi togliere il velo a Scilla, Glauco e Arione riconoscono in lei l'oggetto dellaloro passione amorosa e, in perfetto parallelismo, esprimono i sentimenti didolore per la sorte della bella ninfa. Glauco vorrebbe salvarla offrendosicome vittima sostenendo di non aver conosciuto l'amore:

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Raffigurazioni del mito di Glauco nella letteratura barocca spagnola SS

Pues que suspendáis os ruegola sangrienta execuciónen esta beldad y el pechomío, que nunca de Amorconocido el tirano imperiosacrificad al Amor(P- 157)

Scilla riconosce nel generoso giovane colui che precedentemente laaveva salvato e che ancora una volta si impegna di strapparla alla morte.Non riuscendo a convincere né Proserpina né Pandion, alla fine, con l'aiutodi Arione, ricorre alle armi. Circe, per salvare Glauco dall'imminentepericolo, ricorre alle arti magiche facendo oscurare il sole e provocando unterremoto.

Nel secondo atto, in una selva dove quasi non penetra la luce solare, unluogo roccioso definito «laberinto frondoso, / quanto más rudo, másartificioso» (p. 161), Glauco, doppiamente cieco, pellegrino amante, vaganell'oscurità. Dopo aver inutilmente cercato di uscire dal labirintico etenebroso bosco, simbolo evidente del suo cieco amore e della confusionedella sua anima finalmente, seguendo la voce di una ninfa, giunge alladimora di Circe. La maga gli dichiara il suo amore che Glauco,inesorabilmente attratto da un'altra, respinge: «Que soy ageno, / ya a mialbedrio no es mío, / y siempre he de amar constante» (p. 166). Circe offesa,come donna e come amante, per vendicarsi, ricorre ai suoi poteri magici, dimodo che anche lui possa sperimentare il veleno della gelosia. Magicamentefa apparire il braccio di mare dove dimora Scilla: «Estése el palacio yaparece un puerto de mar y Scila va llegando a la playa con otras ninfas ysobre monstruos marinos» (p. 166). Glauco assiste inerme alla scena delcorteggiamento di Arione a Scilla la quale alla fine cede alla dolce musica ealle proferte amorose di Arione. Glauco in un eccesso di gelosia «saca elpuñal y le detiene Circe» (p. 169) che fa anche sparire la magica visione.

Dopo varie peripezie Glauco trova Scilla e vuole convincerla a «[dejar]los ecos del viento, / y [oír] las vozes de un alma» (p. 175). Scilla, credendoche Arione si è vantato davanti al rivale di aver conseguito il suo amoreprecipitosamente si rifugia in il mare, mentre «Circe sobre una sierpe vacruzando el teatro y descúbrese un puerto de mar y en medio un peñasco,que irá saliendo como Scila se trasforma en él» (p. 176). La metamorfosi diScilla, provocata dalla gelosa maga, viene così descritta da Arione:

¿Qué es esto, Cielos, apenastocó las espumas canas,quando inmobil se ha quedado,

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de varios monstruos cercada?Y aquel joven, que primerodefendió su vida, al aguadesde una barca se arrojaen su defensa, y es vana,pues de un peñasco la ocultanya las ásperas entrañas.(P- 177)

La didascalia spiega come si presenta la scena dopo la metamorfosi:«Descúbrese la mutación del Cielo, quedando abaxo un puerto de mar, enque esté un peñasco, en aya da salir Scila» {p. 177). Giove opportunamentedecreta che Scilla «del cristalino / Tirreno Golfo, inmortal / deidad habitesus riscos» (p. 178); e poco dopo aggiunge: «y marino / monstruoso dios,sigue Glauco sus huellas» (p. 178). Le ultime parole pronunciate da Scilladalla sommità dello scoglio sono un monito ai naviganti per il pericolo cherappresenterà.

Nella zarzuela Fieras de zelos y amor 26, Francisco Bances Candamomette in scena gli amori di Glauco e Scilla e di Aci e Galatea, osteggiatirispettivamente dalla gelosa Circe e del ciclope Polifemo. Prima ancora diapparire in scena si odono le implorazioni di soccorso di Glauco e di Acicontro la furia del mare; in seguito «[...] saldrán Circe con Glauco en losbrazos y Polifemo con Acis» (p. 152). Glauco, tornato in sé, cerca diringraziare Circe, ma prima ancora di finire la frase, vedendosi in braccio aquesta donna/mostro «vestida de pieles» (p. 150), esprime tutta la sua paura;lo stesso fa Aci nei confronti di Polifemo. Alla fine insieme esprimo il loro«[...] assombro, / al horror, al pasmo, al susto, [...] (p. 152).

Circe, dopo aver rincuorato i due naufraghi, dice: «Circe soy de las es-trellas / oráculo escandaloso» (p. 152) e aggiunge che domina tutta la Siciliacon il suo potere magico. Proprio grazie a questi poteri riconosce nelgiovane che ha appena salvato dalla furia del mare, la causa della sua rovina.Ricorda di aver letto nel suo oroscopo «que un garzón, por desdeñoso, / seria[su] ruina [...]» (p. 153), e avendo paura di trovarsi in presenza di questogiovane, scappa lasciando confuso Glauco. Egli, ripresosi immediatamente,manifesta il suo amore per Scilla e come pellegrino d'amore giustifica il suoapprodo in Sicilia. Fin dall'inizio si profila il triangolo amoroso,Scilla/Glauco/Circe.

F. Bances Candamo, Zarzuela, Fieras de zelos y amor. Fiesta que se representó asus Magestades, en celebridad del nombre de las Augustissimas Reynas de España, Madre yReynante, Doña Mariana de Austria y Doña Mariana de Neoburg, Madrid, 1722. L'opera fiirappresentata nel 1690.

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II primo incontro fra Sciita e Glauco, ovviamente si svolge nello spazioprospiciente lo scoglio della terribile guardiana dello Stretto che presenta unaspetto mutevole: «el escollo se va acercando, y creciendo, avivando loscolores con las distancia, y se cerca de varios pescados, y de tritones ysirenas, tocando conchas, y caracoles» (p. 155). Glauco e Aci sottolineano lapresenza delle sirene e dei tritoni attorno ad esso. Si tratta, però, di unoscoglio errante come dirà Sciita:

Venid, que azia tierralas espumas cortael escollo errante,que viste por concha,de lexos se escuchansus vozes sonoras;cuyo últino acentose beben las olas;pero allí está Glauco(p. 155)

Prima ancora di entrare in scena si sente la melodiosa voce di Scillache canta per convocare le ninfe di Sicilia affinchè la accompagnino neldolce ed armonioso canto; Glauco riconosce la sua voce e rimane attonito edestasiato dagli accenti ammaliatrici che «toda el Alma assusta / con lo quealboroza» (p. 155). I soavi accenti contrastano con il canto possente etonante di Polifemo che aveva appena finito di cantare un lungo monologocon voce definita «espantosa», «que taladra el ayre, el firmamento abolla»(p. 155). Glauco coglie l'elemento più caratterizzante di Scilla: la voce cheammalia i naviganti. In questa atmosfera magica di scogli che avanzano e dimusica che avvolge tutta la scena, gli sguardi di Glauco e di Scilla siincrociano riconoscendosi. Lo scoglio si aprirà ed apparirà all'interno unaconchiglia di ambra con dentro Galatea. L'armonia fra le due coppie Aci eGalatea e Scilla e Glauco è turbata dall'arrivo improvviso giacché: «baxaCirce en un dragón, haziendo círculos en el teatro» (p. 161). La gelosa magainterrompe con furia il canto e le danze attorno alle fontane sulle qualiscaglia fiamme, creando il caos affinchè solo «quede Glauco; porque yo / demis jardines le lleve / a la florida prisión» (p. 161).

Glauco si troverà magicamente nella dimora di Circe che viene cosìdescritta: «Va saliendo de debaxo del teatro un salón de oro, y cristal,llenando toda la scena, y en un trono un sol muy resplandenciente, y dentrode él la cara, que canta, y en nichos repartidos los siete planetas, con susestrellas, y insignias» (p. 163). In questo ambiente magico in mezzo apiramidi di alloro e circondato da fauni, satiri, centauri, è prigioniero Glauco

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il quale, grazie a un "ramo odorifero" donatogli da Mercurio come antidoto,può difendersi dalla maga. Quest'opera, come la precedente, ingloba treelementi fondamentali e molto ricorrenti nel teatro cortigiano: il mitologico,l'allegorico e il magico. Spettacolari sono gli effetti scenici che hanno cometeatro la grotta della Gelosia dove Circe si dirige e nella quale una schiera dipersonaggi simbolici incarnano la sfrenata passione devastatrice; la grotta èanche popolata da serpenti avviluppati agli scogli. L'iconografia dellaGelosia, allegoricamente ricalca la presenza fortemente caratterizzante deiserpenti27; essa è, infatti, rappresentata come «una dama vestita di giallopaglierino e azzurro, incoronata di aspidi, con un serpente e un cuore nelledue mani, rispettivamente, e attorniate dalle tre furie» (p. 168). Scomparsa laoscura e profonda grotta appare il palazzo di Galatea «[...] formado detransparente, mesa cristalina, resaltada de corales, caracoles, y conchas,haziendo olas, y pezes las bambalinas, y salen Galatea, Acis, Glauco, Scila,ninfas, y dioses marinos, assomando diferentes pescados y monstruos» (p.171). Qui, ormai libero, Glauco dichiara il suo amore a Scilla:

En góndolas de oro, Deidades marinas,el claro artesón se ven coronarcon músicas dulces, a cuyos acentosenfrena sus furias el golfo voraz:felize mi amor, que huyendo las redesde aquella enemiga de mi libertad,mas dulces hechizos agotó en Scila,llegando a servir de influir, el mirar,(pp. 172-173)

Ma nessuno può sottrarsi al proprio destino, così Galatea, per sfuggirea Polifemo, si butta in mare mentre Scilla, spinta da Circe, farà altrettantodivenendo scoglio. La metamorfosi viene descritta dai due amanti. Nell'attodi precipitare in mare Scilla va descrivendo le sensazioni che prova manmano che si trasforma in roccia e Glauco commenta la trasformazione primadi buttarsi a sua volta in mare:

SCILLA GLAUCONinfas del Mar, recibidme; Ya convertido en escollomas ¡ay! que a lo fugitivo, su hermoso bulto divinoa pesar de mi ardimiento, él mismo ha sido el cadáver,un yelo la calza grillos. y la sepultura él mismo;Dioses, ¿qué es esto?. tyrana, si te vengaste(vase convirtiendo en escollo) de mi en ese afecto mío,

27 Otto Vaenius raffigura la Gelosia circondata da serpenti.

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que en mármol endurecido de ti en mí, y en tus afectos,se me transforman las plantas; también a vengarme aspiro;¡ con que pereza respiro! y assi, pues la vida sobra,El pecho me cubre un yelo; en esta tumba de vidrio,con que a pesar de mis bríos, a sus pies me dará el marquedo entre pasmos de nieve, monumento cristalinovestida de un mármol frío. (Arrójase al mar)Las palabras se endurecen, (p. 178)y si la quexa repito,de la garganta a la voz,se me quaxan los suspiros.(P- 177)

Dopo il primo verso in cui Scilla chiede al mare di accoglierla, essa,partendo da concetti che esprimono il fuoco interiore che la spinge a fuggire,oppone una serie di immagini antitetiche: ardore /gelo e fuggitivo/grilli. Neiversi successivi il processo di trasformazione viene espresso in una serie disintagmi, in cui prevalgono i termini che rafforzano le immagini dellametamorfosi mentre le piante, elemento chiave nel momento della fuga,cominciano ad appesantirsi fino a trasformarsi in "mármol endurecido". Ametamorfosi compiuta resta "vestida de un mármol frío"; anche i sentimentisi pietrificano, respira faticosamente, il gelo fredda l'ardore del suo petto epersino elementi privi di corporeità, come le parole o i sospiri, siinduriscono o si irrigidiscono dentro di lei. Tutto il dialogo evidenziaattraverso le immagini metaforiche la pietrificazione del personaggio, ladurezza, il freddo e l'immobilità, "pasmos de nieve", "mármol frío", "cubreun yelo", e ancora «[brazos] congelados [...] en pardos escollos». Glaucosentendosi incapace di salvare Scilla cerca la sua tomba nel mare cristallino.

Nereo, Deus ex machina, alla fine rida vita eterna ai personaggi con lesembianze ben note. Scilla, oltre che scoglio, sarà anche stella. «Sube Scilaen la estrella» e dice:

Desde donde con mis rayos,si a las ondas soy peligro,pues doy al baxel el riesgo,daré al baxel el aviso.(P- 178)

Nell'ultima immagine Scilla non è più quel mostro terribile che fanaufragare i naviganti, ma piuttosto un promontorio e un faro che indica lorola rotta. E Glauco, trasformato in tritone «medio hombre medio pez»,continuerà ad «adorare el escollo, / que ocultó mi amado hechizo» (p. 178).

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Per Melchor Fernández de León, in Venir Amor al mundo 28, Glauco sidistingue per essere l'unico personaggio che riesce a sfuggire alle frecce diCupido. Infatti, egli è convinto che la causa dello sconvolgimento dellepersone è il fatto di «Venir al Mundo el Amor» (p. 200). L'amore provocacontese tra le persone e causa il caos negli elementi come spiega ladidascalia: «Acabando de cantar esta copla [Cupido], se altera el Mar, y seoirá el ruido de terremoto, executando este desorden de los elementos, con lamayor propriedad que se pudiere, y andando todos perdidos por el Theatro»(p. 200). Trafitti dal dardo di Amore, Eufrosina, Aglaya, Talia, Alción,Zéfiro e persino i graciosos (Coridón, Fauno, Dorisca) soffrono indicibilipene. Solo Glauco ne è esente. Egli, infatti, considera la passione amorosauna pazzia incomprensibile che priva della libertà e dirà, rispondendo aTalia: «¿Qué he de dezir, si a escuchar / llego locuras, que no / las heentendido jamás» (p. 207). Poi, rimasto solo, così riflette sull'amore:

¿Qué ha de ser? un desvariotorpe de la voluntad,un poner la ceguedad,por guarda del alvedrio,un cobarde sentimiento,que le debe su rigor,no a la fuerca de su ardor,sino a mi consentimiento.Una injusta inadvertencia,un ardid mal resistido,a quien sólo ha introducidoel dexo de la paciencia;una locura, sin másfundamento, que sentirla pena, sin discurrirla causa,(p. 208)

28 L'opera è stata scritta alla fine del 1679 per festeggiare il compleanno della regina,secondo quanto consta nella «Relación de los gastos hechos y que se consideran necesariospara la comedia de Faetón que se representó en el Salón del Buen Retiro a la zelebrídad delos años de la Reyna Madre nuestra Señora el día 22 de diziembre del año pasado de 1679 yse empezó a ensayar el día 4 de diziembre del dicho año. E en esta manera:» Nell'elencodelle voci di spesa, si legge: «A don Melchor de León, por una zarcuela que ha entregado alSr. Condestable que se intitula Venir el amor al mundo, 2.200 reales» (N. D. Shergold e J.Varey, Representaciones palaciegas (1603-1699), London, Tamesis Books, 1982, pp. 90-98.Nel documento, comunque, non vi è alcun riferimento a una probabile rappresentazione;invece nella «Memoria de los festejos que ha hecho la compañía de Juan de Cárdenas a S. M»si legge: «El dia 5 del dicho [junio] se hizo en la Casa del Campo a S. M. Venir el amor almundo» (Ibidem, p. 226).

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Inutili saranno i tentativi di Cupido per trafiggerlo con i suoi dardi, eanzi «al ir a disparar la flecha, cae e se la clava» (p. 209). Alla fine, quandotutti si dichiarano vittime delle pene d'amore: «Todos / padeceremos alegres/ sus iras» (p. 212), Glauco si dissocia da tale sentimento a cui è riuscito asfuggire con l'ausilio del libero arbitrio:

Y yo corrido,de que mi alvedrío niegue,vasallage a su dominio,me dedico a padecerle.(P-212)

Glauco, che ha un ruolo marginale nell'opera, assurge a simbolo dellalibertà di scelta che, indipendentemente da fattori o condizionamenti esternidiviene preminente. Rappresenta la ragione che prevale sui sentimenti.

Gli scrittori del Sigio de Oro, come vuole la tradizione mitologica, siispirarono alle vicende amorose di Glauco. I poeti colgono l'immaginecristallizzata della divinità marina già a metamorfosi avvenuta sottolineando,iconograficamente, anche le spiccate capacità di nuotatore. I drammaturghilo rappresentano come un giovane permanentemente innamorato, tranne chene Los celos hacen estrellas in cui, libero d'amore, non è soggetto ad alcunametamorfosi. Questa sua naturale inclinazione lo spingerà a condividere lesorti di Scilla, con la conseguente trasformazione in mostro marino,coincidendo il momento della metamorfosi con gli spettacolari effettiscenografici, tipici del teatro di corte.

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