RACCONTI DI VIAGGIO | USA Trek IL SENTIERO PIu ......un sentiero parecchio accidentato e pieno di...

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114 - Avventure nel mondo 2 | 2019 Testo e foto del coordinatore Daniele Biglino L ’Appalachian Trail (A.T. in breve), il sentiero più lungo del mondo, con i suoi 3.500 km che attraversano 14 stati USA, dalla Georgia al Maine, viene percorso ogni anno, almeno in parte, da quasi due milioni di persone, e in America viene considerato un’istituzione nazionale. Eppure da noi è poco conosciuto, a meno che non abbiate avuto occasione di vedere, un paio di anni fa, “Una passeggiata nel bosco”, un divertente film con con Robert Redford e Nick Nolte che, alla soglia degli 80 anni, decidono di percorrerlo interamente (non svelerò il seguito). Il sentiero nasce come idea negli Stati Uniti nel 1921 e viene terminato nel 1937. La sua creazione e la sua gestione sono state e sono tutt’ora molto complesse, e coinvolgono, oltre ai servizi governativi, anche una trentina di club e associazioni private. La maggior parte del sentiero attraversa foreste e territori selvaggi, e solo in alcune parti incontra strade, fattorie e cittadine. Avventure nel Mondo lo propone da qualche anno, dedicandolo a quei trekkers che, ormai saturi di territori himalayani, vogliono cimentarsi in qualcosa di diverso. Per ovvi motivi viene proposta solo una sezione del sentiero, ma una sezione davvero speciale: the Hundred-Miles Wilderness. Si tratta in particolare delle ultime cento miglia, dalla città di Monson fino al Mt Katahdin. Lungo questo tratto non c’è alcuna possibilità di approvvigionamento, nessuna cittadina, negozio, casa, niente di niente, un’esperienza molto particolare che non dimenticherete mai. Bisogna di conseguenza portarsi appresso tutto il necessario: tenda, materassino, sacco a pelo, ricambi e cibo per dieci giorni, parliamo quindi di uno zaino (no, niente portatori) che va dai 13 ai 18 kg, in base alla qualità dei materiali e alla spartanità del trekker. Il cartello di avvertimento all’estremità nord del sentiero Ringrazio ancora una volta Avventure che ci ha Da un trek Appalachian trail IL SENTIERO PIu LUNGO DEL MONDO RACCONTI DI VIAGGIO | Usa Trek avventu.re/8010 USA Trek L

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RACCONTI DI VIAGGIO | Iran

Testo e foto del coordinatore Daniele Biglino

L’Appalachian Trail (A.T. in breve), il sentiero più lungo del mondo, con i suoi 3.500 km che attraversano 14 stati USA, dalla Georgia

al Maine, viene percorso ogni anno, almeno in parte, da quasi due milioni di persone, e in America viene considerato un’istituzione nazionale. Eppure da noi è poco conosciuto, a meno che non abbiate avuto occasione di vedere, un paio di anni fa, “Una passeggiata nel bosco”, un divertente film con con Robert Redford e Nick Nolte che, alla soglia degli 80 anni, decidono di percorrerlo interamente (non svelerò il seguito).Il sentiero nasce come idea negli Stati Uniti nel 1921 e viene terminato nel 1937. La sua creazione e la sua gestione sono state e sono tutt’ora molto complesse, e coinvolgono, oltre ai servizi governativi, anche una trentina di club e associazioni private. La maggior parte del sentiero attraversa foreste e territori selvaggi, e solo in alcune parti incontra strade, fattorie e cittadine.Avventure nel Mondo lo propone da qualche anno,

dedicandolo a quei trekkers che, ormai saturi di territori himalayani, vogliono cimentarsi in qualcosa di diverso. Per ovvi motivi viene proposta solo una sezione del sentiero, ma una sezione davvero speciale: the Hundred-Miles Wilderness. Si tratta

in particolare delle ultime cento miglia, dalla città di Monson fino al Mt Katahdin. Lungo questo tratto non c’è alcuna possibilità di approvvigionamento, nessuna cittadina, negozio, casa, niente di niente, un’esperienza molto particolare che non dimenticherete mai. Bisogna di conseguenza portarsi

appresso tutto il necessario: tenda, materassino, sacco a pelo, ricambi e cibo per dieci giorni, parliamo quindi di uno zaino (no, niente portatori) che va dai 13 ai 18 kg, in base alla qualità dei materiali e alla spartanità del trekker.

Il cartello di avvertimento all’estremità nord del sentieroRingrazio ancora una volta Avventure che ci ha

Da un trek Appalachian trail

IL SENTIERO PIu LUNGO DEL MONDO

RACCONTI DI VIAGGIO | Usa Trekavventu.re/8010

USA Trek

L

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consentito di partire anche con un mini-gruppo, il coordinatore e due soli partecipanti. Ho cercato di sdebitarmi riportando indietro tutte le informazioni e l’esperienza che sono riuscito a rimediare.Un piano voli incredibilmente favorevole ci permette, partendo da Milano alle 10 di mattina, di arrivare nella piccola cittadina di Monson poco dopo le 7 di sera. Immersa nelle grandi foreste del Maine, spopolata dalla crisi dell’industria cartiera, vanta comunque un paio di ristorantini, di cui il Lakeside con una splendida terrazza sulle rive di un laghetto. Ci spariamo un bell’hamburger con birra, l’ultimo per i prossimi dieci giorni, prima di infilarci nello storico Shaw’s Hiker Hostel, dove fanno tappa un po’ tutti gli hikers, per cui si ha fin da subito un bel contatto e si ascoltano i racconti di diverse persone esperte. Ci familiarizziamo con la terminologia tipica e con le convenzioni del sentiero: Thru Hiker: Questo termine definisce chi percorre tutto il sentiero in un “colpo solo” e in un’unica direzione, impiegando mediamente dai 4/5 mesi in su. Un thru hiker ha bagaglio leggero, non usa la tenda (al massimo una “carp”, cioè un semplice telo sospeso agli alberi), vive con poco e percorre con facilità anche 25/30 miglia al giorno. Flip-Flop (o Yo-Yo) Hiker: Si tratta di una variante dei Thru Hikers, che per evitare gli estremi caldo/freddo delle stagioni partono da un lato, arrivano a metà, poi ripartono dall’altro lato per tornare infine al punto di interruzione.Section Hiker: Chi percorre solo una sezione del sentiero, tipo la HMW, o uno stato particolare, proponendosi generalmente di completare il sentiero in più anni. Il nostro gruppetto ricadeva in questa classificazione.NoBos, SoBos: Un hiker può essere North Bound o South Bound, a seconda della direzione presa.Zero Day: Un giorno di riposo, nel quale, appunto, si percorrono 0 miglia.Nickname: è tradizione che un AT Hiker (anche per sottolineare la “rottura” col resto del mondo e il cambiamento radicale di vita), si faccia chiamare non con il suo nome vero, ma con uno pseudonimo, o nickname; tale nickname nasce “naturalmente”, per qualcosa di particolare che ci accade sul sentiero, o ci viene assegnato da altri hikers incontrati sul percorso. Il mio, ad esempio, forse poco originale, era “Red Leaf”, per la forte emozione che ricavai guardando una foglia che cambiava colore.Trail Magic: Si tratta di piccoli “regali” che si possono trovare sul sentiero, lasciati da altri hikers o da persone di passaggio e da “turisti della domenica”. Si può trattare di cibo, di bibite fresche lasciate sul retro di un pick-up, di una batteria attrezzata per ricaricare il telefonino, di un paio di walking sticks abbandonati e tanti altri oggettini utili e graditi, di cui anche noi abbiamo profittato, ricambiando quando possibile.Al fornitissimo Outfitter Store dell’ostello, gestito dalla simpatica coppia Kimberly “Hippy Chick” ed il marito Jarrod “Poet” Hester (entrambi ex thru-hikers), completiamo il nostro equipaggiamento, acquistando quanto ci manca e approfittando del top della tecnologia USA: si trovano tende, materassini, fornelli a gas, indumenti tecnici e mantelle, cibi

liofilizzati, tutto quanto naturalmente ultraleggero.

Outfitter Store - MonsonIl trekking è duro più che altro per il peso dello zaino, per la lunghezza delle tappe (20-30 km), e per il terreno tormentato da rocce e radici che rendono spesso lento e difficoltoso il cammino. A differenza di altri trek di tipo “himalayano”, magari in sè anche più impegnativi di questo, il bagaglio va portato sulle nostre spalle, ed è quindi necessario partire preparati e abituati a camminare a lungo con uno zaino pesante almeno 15kg. È importante mettere in atto tutti gli accorgimenti per limitarne il peso, valutare con attenzione anche il più insignificante pezzetto di bagaglio ed eliminare impietosamente tutto il superfluo.

30 luglio - Primo giorno di trekCi svegliamo alle 7 di mattina, sistemiamo alla meglio lo zaino che si sembra comunque immenso, lo pesiamo sull’apposita bilancia dell’ostello, davanti al sorriso compiaciuto e incoraggiante dei numerosi astanti e, approfittando di un passaggio di Jarrod ci facciamo accompagnare all’inizio del sentiero.

Il mini-gruppo alla partenza dalla cittadina di MonsonCome prima tappa, anche su consiglio di Jarrod, scegliamo di arrivare a Long Pond Stream, a “solI” 23km e 900m di dislivello da Monson, un percorso che ci dicono tutto sommato di rodaggio, senza tratti particolarmente impegnativi, le previsioni per i primi due/tre giorni sono incoraggianti. Dopo la foto di rito partiamo quindi di buona lena, cercando di trovare il passo giusto e la postura meno penalizzante per lo zaino. I primi paesaggi sono idilliaci, un susseguirsi di torrenti, boschi e laghetti nei pressi dei quali l’occhio sempre vigile scruta curioso alla ricerca di alci, visto che, a quanto ci dicono è ormai praticamente impossibile trovare orsi (la qual cosa tutto sommato non ci dispiace troppo).

Laghi e foreste del Maine, il primo giornoLa tappa di oggi sarà in realtà per noi una delle più lunghe e faticosa, camminiamo dalle 9 alle 18, su un sentiero parecchio accidentato e pieno di radici e sassi, in costante salita e discesa su colline basse. Roberto e Giorgio fanno fatica a tenere il mio passo (nel senso che vanno più veloci), ma il peso dello zaino (15kg) sulle spalle non mi consente di fare di più.

Purtroppo Roberto, che porta con nonchalanche uno zaino da 19kg, dopo 6 o 7 ore comincia ad accusare un fastidioso dolore al ginocchio, che avrà come vedremo conseguenze nefaste.Troviamo un paio di guadi da 30/50 cm, e altri facilmente superabili saltando sui massi. Arrivati finalmente a Long Pond Stream quasi a buio, dopo un breve bagno ristoratore, montaggio tende non senza difficoltà (è la prima volta per tutti con le tende nuove), cena frugale e a letto stanchi morti, anche per via del fuso ancora non digerito. In luglio/agosto c’è luce fino alle 8 di sera, e il sole spunta alle 5 di mattina.31 luglio - Secondo giorno di trek (scale di pietra)Ci alziamo dalle tende verso le 7, prima colazione a base di cereali liofilizzati, partiamo alle 8:30 e camminiamo fino alle 17:30. Ancora faticoso, meno lungo del primo giorno, ma con più dislivello. Roberto, con il dolore al ginocchio che peggiora, soprattutto nelle discese, continua comunque eroicamente a camminare per tutta la giornata.Troviamo per la prima volta, nei punti più ripidi, delle comode scalinate di pietra realizzate dalle squadre di manutenzione del sentiero. Ne vedremo poi altre più avanti.Il tempo, per ora, continua buono, ci riteniamo davvero fortunati, specialmente in questo primo tratto più impegnativo.1 agosto - Terzo giorno di trek (food drop)Oggi è la giornata del “food drop”, che adesso vi spiego. Lungo il sentiero esistono un paio di punti dove si incrocia una vecchia strada sterrata che risale ai tempi dello sfruttamento intensivo delle foreste. Utilizzando questo sterrato è possibile concordare con i gestori dell’ostello un “food drop”, scaricandoci cioè di un buon 2/3kg a testa di rifornimenti alimentari per il lungo trek e facendoceli recapitare lungo il percorso. Per fortuna avevamo stabilito un food drop a metà del terzo giorno, e questo ci consente di far “estrarre” Roberto dal trek: il dolore al ginocchio è ormai insopportabile e la decisione è di riposarsi tre o quattro giorni per poi riunirsi a noi più avanti, se questo sarà possibile. Lo salutiamo con grande rammarico, sperando di rivederlo presto, il mini-gruppo adesso è ancora più ridotto, ma determinato a completare il percorso. Io e Giorgio da soli ripartiamo verso le 13:30, incontrando quasi subito un largo ma facile guado al ginocchio. Iniziamo una dolce salita che dopo tre ore, verso le 15:40, ci porta nei pressi del Carl Newhall Camping, con un piccolo fiumicello e tante tende sparpagliate nel bosco, atmosfera piacevole. Oggi sentiero decisamente migliore e meno faticoso dei giorni precedenti.2 agosto - Quarto giorno di trek (White Cap)Oggi giornata impegnativa, partiamo presto alle 6:50 e affrontiamo, una dopo l’altra, quattro cime, raggiungendo al culmine la White Cap Mountain, più alta coi suoi 1200 metri di tutte le cime sulle cento miglia canoniche della HMW (Katahdin eccettuato). Bel panorama sia verso sud che verso nord. Il bel tempo continua ad assisterci. Incontriamo il primo nutrito gruppo di ragazze “summer camp”, ne incontreremo diversi sul percorso, tutte sui 16/17 anni, incredibilmente cariche di zaino come noi,

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sempre sorridenti e di buon umore.

Sulla cima del White CapFinalmente, dopo quattro giorni di isolamento telecom pressochè totale, dalla cima del White Cap, riusciamo tenendo la mano in alto a prendere il segnale telefonia e internet. Ne approfittiamo per un’immersione lampo nel nostro “mondo reale”, leggendo brevemente le ultime notizie e tranquillizzando amici e parenti.Dopo una discesa vertiginosa campeggiamo vicino a un bel torrente, questa volta con folta compagnia di ragazze festanti.3 agosto - Quinto giorno di trek (il temporale)Partiamo sempre presto, alle 6:15 siamo in marcia, tutti dicono che il campeggio di Antlers sia bello, per cui vogliamo arrivare presto per godercelo. Lungo il percorso ci coglie purtroppo un temporale furioso, accompagnato da tuoni e lampi vicinissimi, che va avanti per un paio d’ore rendendo il sentiero quasi impraticabile, con dieci centimetri di acqua ovunque si appoggi il piede: ogni tentativo di non bagnarsi naufraga miseramente.Arriviamo completamente fradici ad Antlers verso le 15:00, fortunatamente in una pausa di pioggia che ci consente di montare le tende e ripararci in qualche modo. Una energica famiglia di russi/americani con cui facciamo amicizia riesce ad accendere al campeggio un grande falò intorno al quale tentiamo tutti di asciugare l’asciugabile, anche se con scarso successo. Riprenderà poi a piovere a tratti, anche in modo violento, per tutta la sera e la notte. Le nostre tende, tecniche e nuove, reggono per fortuna molto bene e ne usciamo tutto sommato indenni. Altre tende dei vicini non si comporteranno altrettanto bene.

Cercando di asciugare i vestiti4 agosto - Sesto giorno di trek (White House Landing)Oggi tappa breve di una decina di km pianeggianti,

per arrivare finalmente a White House Landing, un avamposto di caccia e pesca sulle rive di un grande lago, usato anche durante l’inverno per gare di auto sul ghiaccio. Non si trova sul sentiero HMW, bisogna deviare di un paio di miglia, attraversando anche un lago, ma era l’unico modo per riunirci a Roberto. Riusciamo a contattare via radio i due proprietari Linda e Bill, un po’ inselvatichiti, che ci vengono incontro con un motoscafo. Stasera abbiamo a disposizione un letto vero, docce calde, ed un ristorante “pizza e hamburger” direi molto

gradevole.Ritroviamo Roberto, annoiato e impaziente, che conosce ormai tutto e tutti e ci fa da Cicerone. Incontriamo anche Jeff, un thru-hiker in fieri, a dire il vero un po’ sconclusionato, appena partito da nord verso sud e già fermo da alcuni giorni, anche lui per problemi alle gambe e in attesa di riprendersi. Gli regaleremo parte delle nostre sovrabbondanti riserve di cibo, facendogli gli auguri per l’impresa.

Il ristorante di White House Landing5 e 6 agosto - 7°e 8° giorno di trek (fine HMW )Il mini-gruppo, finalmente ricomposto, riparte spedito, ormai indurito e rodato dai giorni passati, e in un paio di giorni di lunghe ma facili camminate completiamo i 50 km che ci separano da Abol Bridge, il ponte e la strada che segnano la fine del tratto selvaggio. L’abbiamo percorso in meno giorni del previsto (ne avevamo messi in preventivo una decina), Ci facciamo venire a prendere dal proprietario dell’ostello di Millinocket, dove passiamo un paio di notti in lussuosissime camere con letti veri.7 agosto - 9° giorno di trek (Mt Katahdin)Le 100 miglia del HMW terminano all’Abol Bridge, ma non l’Appalachian Trail, che prosegue ancora per una ventina di km fino alla vetta del Mt Katahdin. È quindi doveroso, dopo una notte di riposo in ostello, riprendere il cammino per finire quanto iniziato a Monson. Approfittando ancora di un passaggio col pickup dell’ostello ci facciamo portare al Katahdin Stream campground, dove ci registriamo all’ufficio dei ranger (vogliono sapere anche il nickname)

e partiamo sull’Hunt Trail per la vetta, senza sottovalutare i 1300m di dislivello che ci aspettano. Ma alleggeriti dei 15 kg di zaino si cammina ormai come delle piume e la progressione è rapida. Prima ci si alza attraversando una bella foresta, poi appena fuori si supera un tratto abbastanza lungo su roccioni (1° e 2° grado, con un paio di passaggi difficili, ma non preoccupanti) e si arriva infine su un bel falsopiano panoramico, che in poco tempo permette di raggiungere la vetta, a 1606m, il tutto in meno di tre ore in totale. Dalla vetta bellissima giornata di sole, molto ventosa, con panorami in tutte le direzioni.

La vetta di Mt KatahdinDiscesa per un altro sentiero, l’Abol Trail, più breve e meno difficoltoso dell’Hunt, anche se un po’ meno bello. Arrivati in fondo riusciamo a trovare un passaggio per tornare a Millinocket. Cena e festeggiamenti.8/9/10 agosto - Tre giorni di giro in autoL’aver percorso il tragitto di trek con un paio di giorni di anticipo sul preventivo ci concede un’extra vacanzina sul ritorno verso Boston. Riusciamo infatti a visitare, nell’ordine, l’Acadia National Park, dove ci fermiamo un’intera giornata, e nei due giorni successivi praticamente tutta la costa del Maine: Belfast, Camden, Rockport, Rockland, Boothbay Harbour (molto bella), Bath, Freeport, Portland, Salem e per finire Cambridge.

Cenetta sulla costa del Maine11 e 12 agosto - Due giorni a BostonAnche qui, due meritati giorni di relax: dopo esserci concessi un bell’albergo in centro, colazione al Quincy Market, a piedi sul Liberty Trail, due istruttive visite ad Harvard e all’MIT, una passeggiata su Boylston Street con una vantaggiosa fermata al negozio Apple e uno sguardo ammirato alla filiale Tesla. Cena in un ristorante italiano del North End e serata al rinomato Wally’s Club per una serata di ottima musica jazz.Il giorno successivo ancora visite, questa volta al Museum of Fine Arts e al Museum of Science, per finire al The Black Rose, noto pub irlandese con musica celtica.Un viaggio avventuroso e diverso, un’iniziazione alla natura, da vivere e ricordare.

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