RACCONTI D'AUTORE AL PALACE HOTEL

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Racconti d'autore al Palace Hotel

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47899 Serravalle - Via Cinque FebbraioREPUBBLICA DI SAN MARINO

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Questo volume scritto da Fabio Cavallari è un’esclusiva:

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RACCONTI D’AUTOREAL PALACE HOTEL

REPUBBLICA DI SAN MARINO

Fabio Cavallari

TEN UNITEDEditing e ideazione progetto:Valerio Pradal

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“Racconti d’Autore al Palace Hotel Repubblica di San Marino”

Raccontare, portare una narrazione che sappia creare fascino, attrazione, una connessione sentimentale ed affettiva con il luogo.

Storie di vita vissuta, bellezza e sapori, lavoro e amore. Esperienze personali che attraverso l’elemento letterario diventano narrazioni universali capaci di creare interesse e curiosità.

Punto di incontro e contatto il Palace Hotel della Repubblica di San Marino. Accogliere, ospitare, esaudire. Sono verbi all’infinito che sono divenuti il comandamento principe di questa struttura pensata per il business, il benessere e la vacanza.

Eleganza, comfort e servizi di alta qualità, costituiscono l’ideale tappeto rosso che unisce l’hotel alla bellezza gloriosa della Repubblica più antica del mondo

Antica tradizione, moderna efficienza, raffinatezza ed eleganza. Sono questi i tasselli del mosaico che il Palace è in grado di offrire.

Piacere della lettura, racconti d’autore che si offrono come ristoro onirico, ponte simbolico tra il territorio, la bellezza ed il Buon Soggiorno. Leggere, lasciarsi catturare dal filo narrativo proposto, per poi diventare protagonisti con una propria storia partecipando alla prima edizione del: “Premio Concorso Racconti d’Autore al Palace Hotel della Repubblica di San Marino”. Buona lettura. Buona scrittura. Buona Vacanza.

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Viaggio molto per lavoro. Ascensori, hotel, parcheggi interrati, colazioni standard, aeroporti e stazioni ferroviarie. Dopo mesi di trasferte si rischia sempre di confondere un posto con l’altro. A volte, chiacchierando con qualche amico, mi rendo conto che non è facile da capire. Spesso l’hotel non è solo il luogo del pernottamento ma quello del lavoro tout court. Lì si fanno gli incontri, le riunioni, i corsi di aggiornamento. Roma, Milano, Torino, Verona. Molte città, molti accenti, persone differenti. Quando racconto dei miei viaggi, intuisco una sorta di invidia buona. Tutti pensano che un lavoro itinerante, permetta di visitare le varie realtà del territorio. In verità, molto spesso tutto si svolge dentro le mura degli alberghi. Niente musei, centri storici o bellezze da scoprire. Ad esempio, sono stato tre volte nell’ultimo anno a Catania eppure conosco la Cattedrale di Sant’Agata o Piazza Università solo perché le ho individuate sulla cartina topografica. Dell’Etna potrei dire le stesse parole di uno studente. Qualche informazione carpita tra le pagine dei libri scolastici, ma nulla più. Per carità, la strada che conduce dall’aeroporto all’albergo prescelto per le convention, la potrei insegnare ai tassisti. Con questi ritmi e soprattutto con la richiesta di rapidità che oggi il business richiede, diventa indispensabile scegliere una struttura che possa garantire da un lato il massimo del comfort, e dall’altro le condizione migliori per lavorare senza spostarsi. Non sempre si riescono a mettere assieme entrambe le esigenze. Spesso si è costretti a fare di necessità virtù, ritrovandosi anche a gestire situazioni imbarazzanti, come quando ci siamo incontrati con un gruppo di clienti inglesi, in un hotel senza connessione internet. Per loro, oramai abituati

Sì! Andiam a Marino

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da anni alla wi-fi ovunque, si trattava di qualcosa di folle. Più difficile ancora combinare la funzionalità con uno stile delicato e di classe.

Per le mie vacanze, per staccarmi da tutto questo, difficilmente scelgo un albergo. Entrare in una hall per me è sinonimo di lavoro. Dare la carta d’identità e ricevere le chiavi della camera, sono diventati gesti rituali della mia professione. Da almeno cinque anni, infatti, opto con la mia famiglia per le ferie in appartamento. Marina, mia moglie, in realtà subisce questa scelta. La comprende ma inevitabilmente, mentre io con questa opzione rifuggo dalla quotidianità, lei finisce per non staccare mai. Con due figlie piccole, per praticità, non possiamo andare a mangiar fuori tutte le sere. Così, lei si ritrova a preparare i letti, la colazione, le merende, i pranzi. Io cerco di aiutarla, ma sono molto più bravo a fare altro. Ludovica e Serena, hanno quattro e sette anni. Loro non si lamentano, ma soprattutto la più grande inizia a chiedermi “Andiamo in albergo? Dai papà, solo quest’anno”. Ho cercato di svincolarmi più volte, ma con i bambini le risposte non sono mai semplici. E’ più facile affrontare un meeting con un gruppo di giapponesi, che trovare giustificazioni plausibili e comprensibili per i propri figli.

Senza Marina non saprei cavarmela. Un giorno però mi ha messo con le spalle al muro.

- Claudio, prima o poi dovremo pure farci una vacanza come si deve, dove io non debba lavorare come tutti i giorni. Facciamo una prova. Quattro giorni a cavallo di ferragosto, in un luogo dove sia possibile visitare qualcosa e rilassarsi un po’. Magari evitando il mare, visto che vorrei scansare le masse di turisti. Dai tentiamo. Grazie al tuo lavoro hai visitato centinaia di hotel, ce ne sarà pure uno che merita!

Il discorso era perfetto. Potevo sottrarmi? In realtà, le mie esperienze professionali potevano poco. Dove avrei potuto portare la mia famiglia? In un hotel in centro a Milano o a Roma in pieno agosto? Idea da scartare in

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partenza. La cosa più semplice era affidarsi a Ludovica e Serena. Diciamo che avevo intenzione di delineare una serie di opzioni realisticamente praticabili e poi di lasciare a loro la gioia della scelta. Così le ho chiamate a raccolta nella loro cameretta e ho iniziato l’esperimento.

- Si va in vacanza in un hotel! Ma dovete scegliere voi. Ascoltatemi bene. Rimaniamo in Italia o andiamo all’estero?

Sia chiaro avevo davanti a me una cartina dell’Italia tagliata a metà. Noi abitiamo a Pavia e quindi lo spostamento previsto non poteva andare oltre Firenze a sud e l’Austria a Nord. A decidere è stata Serena. Ludovica credo non abbia neppure compreso bene cosa le stavo dicendo. Il dialogo è stato molto fitto. A dire il vero, anche un po’ folle e surreale.

- Non in Italia. No! Andiamo in America, o dagli indiani.

- Serena… vola basso…dobbiamo rimanere……

- No, in aereo no. Ho paura!

Confesso che stavo già iniziando a sudare mentre Marina ci guardava stranita. Così ho cercato di raddrizzare il tiro con la speranza di venirne a capo.

- Dunque, possiamo andare all’estero, ma dovete scegliere tra la Svizzera dove ci sono le mucche, l’Austria dove è buona la birra, la Francia dove ci sono le baguette, e San Marino dove non so cosa ci sia.

- Sì. Sì, Marino. San Marino. Come lo zio!

Certo, dovevo prevederlo. L’ultima che dicevo sarebbe stata quella buona. Serena non aveva scelto il luogo ma il fratello di mia moglie. Che poi non ho mai capito come si possano chiamare due figli con lo stesso nome, aggiustando semplicemente la declinazione di genere. Ho sempre pensato che i miei suoceri fossero personaggi

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strani. Certo, se qualcuno mi avesse visto in cameretta con Marina sulla porta piegata in due dalle risate, Ludovica intenta a pettinare le bambole, Serena a rispondere alle mie domande, ed io a darle retta con serietà scientifica, probabilmente avrebbe pensato la stessa cosa di me.

- Va bene andiamo a San Marino. Ma niente parenti! Adesso cerchiamo sul computer l’albergo dove andare e voi scegliete. Ok? Allora, andiamo in un campeggio, in una pensione, o almeno in un hotel a quattro stelle?

Avevo capito il trucco e avevo lasciato la risposta giusta alla fine.

- Sì! Sì! Le dieci stelle! Milioni di milioni…..

Il siparietto è durato almeno una decina di minuti, durante i quali anche Ludovica ha partecipato alla mini convention, offrendo la sua delicata voce, per i canti ed i ritornelli che Serena ha voluto regalarci. Roba da rinchiudersi in un convento per almeno un paio di mesi per ristabilire un corretto equilibro tra silenzio e voce umana. Insomma, alla fine siamo arrivati alla definizione esatta del luogo, dell’hotel ed anche dei giorni del soggiorno. Abbiamo deciso per sette notti, con incursioni nell’entroterra romagnolo, a Mirabilandia di Ravenna e all’Eden Park di Torre Pedrera.

La scelta era caduta sul Best Western Palace Hotel. Posizione privilegiata per gli spostamenti. Ambiente signorile ed una quantità di servizi legati al benessere della persona di vera eccellenza.

Confesso che per la prima volta, seppur in hotel mi sono sentito a casa. Alla cortesia del personale e alla comodità offerta, bisogna aggiungere l’eleganza e la raffinatezza che sono due elementi che non è facile trovare neppure nei cosiddetti alberghi di lusso. Il primo impatto in ogni caso è stato quello determinante. L’ingresso nella hall per me

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avrebbe rappresentato la prova del nove. Se solo avessi avuto l’impressione di aver già vissuto quell’esperienza, ricordando o confondendo l’ingresso, sarebbe stata la chiara testimonianza che tutte le mie preoccupazioni non solo erano vere, ma un segno che bisognerebbe sempre dare retta all’istinto.

La realtà invece ha sconfessato tutti i miei timori. I primi passi oltre l’ingresso hanno sciolto tutte le miei inquietudini. Sculture, dipinti, cura dei piccoli particolari. Questo l’impatto garantito a clienti e avventori. Una vera e propria passione per l’arte che difficilmente avevo incontrato in altre strutture. Un’attenzione alla bellezza segno di una passione profonda dei proprietari per il genio creativo degli uomini.

Da quel momento tutto è filato alla perfezione. Una settimana degna di essere vissuta ora per ora, con lo stesso entusiasmo con cui le nostre figlie avevano intonato quella filastrocca stonata sulle stelle.

Il tutto grazie a Serena! Certo, se Marina al posto di un fratello, avesse avuto una sorella che si chiamava Ginevra, Sofia oppure Odessa, probabilmente non avremmo mai scoperto il Palace Hotel. In verità con i se e con i ma, non si fa la storia, altrimenti dovremmo anche confrontarci con il dubbio di Ludovica.

- Ma se la mamma non era una donna, io c’ero?

Claudio

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L’affare era andato male. Non serviva girarci intorno cercando scuse capaci di fornire un’attenuante. Bisognerebbe sempre dare alle cose il proprio nome. Erano mesi che stavamo lavorando per l’incontro. Roma, Firenze e poi San Marino. Questo era stato il tour pensato per i nostri interlocutori. Cultura, musei, bellezze artistiche e poi riunioni di lavoro. Tutto organizzato alla perfezione. Alberghi di prestigio, interpreti ed uffici dove mettere a punto i dettagli del business, ma la frase di commiato prima della cena aveva depresso tutto lo staff.

- Tutto qui?

La traduzione secca e perentoria, ci aveva colto d’improvviso. Poche parole, che non ci avevano neppure lasciato lo spazio per una replica. Eravamo rimasti attoniti, bloccati. Ma cosa volevano dire? Stavamo trattando per una fornitura pluriennale che riguardava mobili di nostra produzione. Elevato contenuto tecnologico, ricerca, creatività, innovazione e design di prestigio. Avevamo dettagliato ogni singolo particolare con cura e dovizia. Noi ci aspettavamo che firmassero l’accordo in strada, ma neanche un disinteresse così evidente!

- Ci accompagnate in hotel?

La seconda frase poi sembrava chiudere ogni possibile dialogo. A stemperare il senso di smarrimento che ci aveva colto, solo la voce della traduttrice rimasta calma. Certo, strideva non poco la sua gentilezza con il senso delle parole appena pronunciate. Ma era l’unico appiglio al quale potevamo affidarci. In verità, il solo a rimanere

L’arte degli affari

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tranquillo era stato Matteo. Un aplomb che anche gli inglesi avrebbero detestato, tanto appariva fuori contesto.

- State tranquilli. I russi son così. Giocherelloni. Vedrete! Ora li portiamo in hotel… si rilassano, vanno a farsi un paio d’ore in piscina e quando ci incontriamo per il briefing, la situazione sarà perfetta per firmare tutti i contratti.

Se non lo abbiamo mandato a quel paese è stato solo per rispetto d’anzianità, o diciamo meglio, perché dopo quella chiusura inaspettata che ci avevano regalato i signori russi, non ci era rimasta neppure la forza per arrabbiarci. Quando siamo arrivati al Palace Hotel, infatti, loro si sono piazzati davanti all’ascensore e noi dall’altra parte a fare il check-in. Confesso che io ho faticato persino a guardarli in faccia quando ho consegnato i badge della camera. Insomma, si trattava di due mesi di incontri e quattrini spesi senza andare troppo per il sottile. Era la nuova strategia che ci eravamo dati in azienda. Incontri di lavoro, inseriti in un contesto che doveva andar ben oltre il business. Far conoscere le nostre bellezze naturalistiche, le opere immortali dell’arte e il buon cibo, era diventato il percorso naturale che ci eravamo dati per concludere contratti importanti. E quello con i russi, non era solo un affare di rilievo da concludere, ma era diventata l’ultima possibilità per continuare a mantenere aperte le nostre fabbriche. Più di mille operai, quattrocento impiegati, senza contare l’intero indotto. Ecco perché la tranquillità di Matteo ci aveva disturbato. Come si fa a non vedere la realtà? E come si fa soprattutto a non batter ciglio dopo tanta fatica, chilometri macinati e soldi gettati alle ortiche? Tutto ciò che al gruppo di lavoro sembrava incomprensibile, per Matteo era normale amministrazione. Credo sia stato l’unico che abbia goduto della camera, riuscendo addirittura a riposare. Io, fatta la doccia ho iniziato a pensare a come riprendere il filo del discorso, ma l’unica via di fuga che mi girava per la teste era proprio l’abbandono. Il programma riservava ancora un paio d’ore

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di relax per i nostri ospiti, poi riunione ed infine cena riservata. A quel punto ero convinto che non si sarebbe fatto nulla di quanto previsto. I nostri amici avevano chiuso così nettamente il pomeriggio, che dubitavo persino intendessero mangiare al nostro stesso tavolo. Così quando sono sceso nella hall all’orario previsto per l’ultima convention, non avevo neppure con me la fidata cartelletta. La squadra era già pronta e schierata ad aspettarmi davanti ai divani di cortesia. Dei russi però nessuna traccia.

- Sembriamo davvero dei poveri illusi. Tutti qui ad aspettare qualcuno che in una frase ci ha spiegato tutto. Siamo provinciali per loro. Noi e la nostra produzione. Adesso ci toccherà aver la forza di raccontarlo ai nostri dipendenti. E ci converrà tener nascosta la bella idea di questi cinque giorni di arte, bellezza e cultura! Vero Matteo?! Dobbiamo aver fiducia, continui a dire. Ma finiscila! Qui servirebbe la fede!

- Esatto, abbi fede. La traduttrice ci ha detto che i russi si vogliono godere il Centro Benessere e hanno chiesto di vederci direttamente per cena.

Non ho risposto a Matteo. Lo avrei sotterrato di insulti. Sono tornato in camera con l’intenzione di evitare qualsiasi ulteriore umiliazione. Gli altri potevano anche continuare nella loro manfrina, io no. Il mio senso di responsabilità mi diceva che era giunto il momento di aprire gli occhi. Per raccontare favole a tutti, in fin dei conti, bastava il buon Matteo. Così mi sono messo a letto con una buona musica classica nelle orecchie. Ho spento i cellulari e pregato la reception di non passarmi alcuna telefonata. Un capitolo si stava chiudendo e sarebbe stato inutile sprecare altro tempo prezioso in chiacchiere che non avrebbero portato a nulla. Bisognava andare oltre, affrontare il fallimento e le procedure per non lasciare i lavoratori senza protezione. Quindi, niente cena, nessuna tavola rotonda e ripartenza all’alba. Così ho fatto.

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Non so cosa sia successo durante la serata. Ho faticato ad addormentarmi ma con Beethoven e Mozart a cullarmi le preoccupazioni, tutto è stato molto più semplice. Mi sono messo in auto quando il sole stava sorgendo. Non ho salutato nessuno dei miei, solo il portiere di notte che stava ultimando il turno. Il silenzio di quelle prime ore del mattino mi ha permesso di tenere a bada ansia e agitazione. Ho riacceso i cellulari solo dopo aver percorso un centinaio di chilometri. Una decina di telefonate, l’ultima alle due di notte. Prima Matteo, poi Carlo, poi addirittura l’interprete. Ho spento nuovamente. Dovevo pensare alle parole da dire in ufficio, alle comunicazioni per le maestranze. Non avevo tempo per troppi discorsi con i miei colleghi. Forse loro non avevano compreso la gravità della situazione. Io sentivo su me stesso la responsabilità di quel disastro. Se avessimo agito diversamente? Se al posto del tour arte e bellezza, che io stesso avevo sostenuto, avessimo investito tempo e denaro diversamente? Se, se, se! Stavo ancora scandagliando ogni pertugio dell’autocritica quando sono arrivato nel parcheggio della nostra sede. Pensavo di sapere per filo e per segno ogni minima cosa che sarebbe accaduta. I bisbiglii delle segretarie al mio ingresso, i dirigenti che sarebbero accorsi con mille scuse nel mio ufficio per tastare il terreno.

Ed invece, appena sceso dalla macchina, sono stato accolto con tanto di applausi e spumante in calici! Ero stordito eppure l’espressione del mio volto non avrebbe dovuto lasciar spazio a dubbi. In realtà non sono riuscito a dire niente, anche perché non avrei avuto nulla da raccontare che potesse giustificare quel giubilo di allegria. Sono rimasto in silenzio cercando di capire. Così ho scoperto che cosa era accaduto durante la serata mentre io mi ero chiuso in barricata evitando di essere raggiunto dal gruppo. Matteo aveva avuto ragione! I Russi non solo avevano firmato l’accordo base, ma si erano spinti nel concordare un contratto in esclusiva per tre anni. Insomma un successo che non avevamo neppure inserito nell’alveo delle possibilità. Ma cosa era accaduto durante la serata?

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Cosa aveva modificato il corso di quella che sembrava una trattativa destinata al fallimento?

L’ho scoperto qualche ora dopo quando tutti sono rientrati alla base. Mi avevano cercato tutta la notte, al telefono, bussando alla porta, tentando addirittura di corrompere il personale dell’hotel. Ogni tentativo era risultato vano. Non solo mi ero perso la fatidica firma, ma tutto il contorno che si era creato. Cosa era accaduto quando i russi chiesero di rientrare in hotel con quel scortese “tutto qui?” Si stavano prendendo gioco di noi? Oppure effettivamente qualcosa nelle ore successive aveva cambiato la loro prospettiva?

Matteo mi ha ripetuto che non era stato in grado di rispondere a quelle domande. L’unica verità inconfutabile era il loro entusiasmo quando si sono presentati per la cena.

- Non hanno voluto parlare del contratto per tutta la serata. La firma è giunta solo poco prima che ci salutassimo per andare a dormire. Una cosa era evidente. Si erano divertiti. Erano raggianti per quel paio d’ore che avevano trascorso tra sauna, bagno turco, docce emozionali e la sala massaggi. “Beautiful idromassaggio”, “Extraordinaria piscina and vista panoramica”. Si sforzavano addirittura di parlare italiano per esprimere la loro soddisfazione. Il piglio austero che avevano mantenuto nei giorni precedenti era scomparso d’incanto. Non abbiamo dovuto dire neppure una parola in più per giungere alla sottoscrizione del contratto. Anzi, credo che il segreto sia stato proprio quello di non parlarne e di accogliere il loro momento di grazia. Abbiamo cenato in una saletta che il Palace ci ha riservato per l’occasione e credo che in quelle tre ore passate a tavola, loro si siano innamorati definitivamente. Non so dire se di noi, oppure dell’hotel o ancora del cibo o del vino locale servito. L’unica cosa che so, è che ti sei perso una serata incredibile e che la firma che tanto aspettavamo è arrivata davvero come la conclusione naturale di una serata perfetta. Ora non ci resta che metterci al lavoro e

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replicare questo metodo come prassi consolidata. Ma sei tu il capo, quindi non voglio rubarti il mestiere……anche se lo potresti dire almeno per una volta: “avevi ragione”.

Confesso di non aver dato a Matteo questa soddisfazione, ma detto onestamente aveva tutte le ragioni di questo mondo, sia sui russi, sia sul consiglio di consolidare il nostro metodo itinerante anche nel futuro. Non so se replicheremo lo stesso percorso, ma non c’è dubbio che la destinazione finale rimarrà San Marino. Del resto, non si possono tradire le buone compagnie! Mi rimane in effetti un solo cruccio. Ho vissuto la bellezza della cena e del centro benessere solo come narrazione di seconda mano. Devo rimediare alla mancanza! Ho già prenotato un fine settimana con mia moglie per vivere “La giornata delle coccole ...” al Centro Wellness del Best Western Palace Hotel.

Sergio

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Il rito magico

Mi ero ampiamente raccomandata con le amiche, non volevo nessun tipo di volgarità o festival dei luoghi comuni per il mio addio al nubilato. Avevo anzi deciso di saltare piè pari questo rito obsoleto. Poi Franca mi convinse, “fidati di noi!”. Come potevo negare loro, le mie tre amiche dai tempi dell’università, quelle con cui ho condiviso gioie e dolori, notti brave e notti a studiare, ricerca del lavoro e vacanze, litigi con i capi e con i fidanzati, come potevo rifiutare loro la mia fiducia? Così, non senza un velo di timore, mi sono affidata.

Quando siamo partite non sapevo nulla, avevano organizzato tutto, persino avvisato amici e parenti che sarei stata fuori casa tre giorni. La sera prima di partire mi hanno invitato a mangiare una pizza, pensavo che quella sarebbe stata la nostra festa, a dire il vero ero rimasta un po’ male, per quanto avessi chiesto sobrietà, quella mi sembrava eccessiva. Mi hanno consegnato una busta con le istruzioni: “prepara una borsa che basti per tre giorni, poche cose, lo stretto necessario, porta la carta di credito e allegria!”. Sono rimasta senza parole per qualche minuto, poi Franca mi ha dato una gomitata “riprenditi, ora mangia la pizza che fredda fa schifo, domani veniamo a prenderti alle nove.” Credo di aver versato una lacrima, un misto di gioia, timore, devozione.

Ho fatto il viaggio con gli occhi bendati, potevo sbendarmi solo in autogrill per andare in bagno o prendere un caffè, scrutavo tra gli scaffali e tra i viaggiatori per cercare di capire dove mi trovassi, avevo intuito che stavamo attraversando l’Emilia Romagna, ma rimanevo per lo più disorientata.

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Scesa dalla macchina mi sono ritrovata nella hall della nostra dimora temporanea, il Palace Hotel di San Marino. Un luogo accogliente ed elegante, che in pochi attimi mette a proprio agio e rimanda un gusto raffinato per le opere d’arte e gli arredi. Nell’ascensore ho abbracciato Franca, Giulia e Cristina, senza dire una parola, inebetita. “Siamo solo all’inizio, ci ringrazi alla fine!”.

Per rinfrancarci dal viaggio, e tirare fuori il meglio di noi, avevano organizzato un percorso benessere completo: massaggi ed estetista in piena tranquillità, con profumi e musica ambientale di sottofondo, letteralmente catapultate in un’altra dimensione.

A cena avevo osato chiedere “cosa facciamo domani?”, “lo scoprirai domani” fu la caustica risposta.

Il secondo giorno di addio al nubilato è una delle godurie che ricordo con più piacere, lo abbiamo passato interamente tra gli outlet di San Marino. Inizialmente con atteggiamento parsimonioso, poi man mano che la consapevolezza delle occasioni in rapporto alla qualità degli abiti si radicava in noi, abbiamo speso con più leggerezza, riscaldando senza tante remore la banda magnetica della carta di credito!

Ho fatto rifornimento per la stagione in corso e quella a venire, per il viaggio di nozze, senza dimenticare qualche capo per il mio sposo. Ecco cosa vuol dire togliere i freni inibitori, altro che spogliarellisti e cannucce erotiche, le mie amiche sì che mi conoscono!

Il personale del Palace Hotel ci ha accolto con sollecitudine per aiutarci a sistemare i sacchetti in camera, in qualche modo divertito dal nostro entusiasmo. Durante l’aperitivo di commiato sulla terrazza fiorita, mi hanno fatto avere una rosa per augurarmi una lunga vita da sposa.

San Marino ha dato il via al mio nuovo viaggio, come un rito magico, ci ripenso ora, mentre sorrido allo specchio col mio abito bianco.

Alessandra

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Il collezionista

Ho vissuto quarant’anni con Francesco. Ci siamo conosciuti che eravamo ragazzini. Non avevo neppure vent’anni quando ci siamo sposati. Altri tempi è vero, però io rifarei tutto nella stessa maniera. In questi ultimi due anni ho dovuto ricostruire i miei giorni senza di lui. Eppure potrei dire di vederlo tutte le mattine uscire dal bagno con la brillantina nei capelli e dirigersi verso il giardino. A volte mi portava un rametto di rosmarino, altre l’erba salvia e quando era la stagione anche le margherite del campo. Oggi è la mia memoria a ripercorre quei gesti. Mi piace pensare che sia ancora qui accanto a me. Forse è un pensiero consolatorio o come qualcuno mi ripete un segno della mia fede. In realtà per me c’è solo un verbo in grado di spiegare questo mio vivere. Lo coniugo sempre all’infinito. Amare. Non è il sentimento legato al ricordo, o la nostalgia dell’assenza che mi fa parlare così, ma per paradosso l’esatto opposto. E’ la sua presenza che mi consente di sorridere anche oggi che sono rimasta sola. Abbiamo vissuto il bello e la fatica, il dolore e la serenità, sempre trattenendo quanto di buono la vita è stata in grado di donarci. Gli ultimi dieci anni di Francesco sono stati duri, abbiamo dovuto rinunciare alle nostre passioni, a quella bellezza che andavamo ricercando nei luoghi del mondo. Non potrei dire però che non abbiamo vissuto. Siamo stati costretti a virare, a sperimentare nuovi modi per coltivare il nostro gusto per la vita. Non abbiamo sprecato giorni. Ci siamo parlati anche quando la voce non usciva più. Forse abbiamo rivissuto tutto dall’inizio con il racconto, la narrazione ed i frammenti del passato che avevamo riposto in un cassetto. L’ultima notte volle abbracciarmi alzandosi dal letto. Fu una vera impresa per lui. Ma ce la fece. Poche parole, sillabate, ripetute due volte.

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- Teresa. Sei stata il mio passo, la mia gioia, la mia sposa amica. Continua ad esserlo anche domani.

In quel momento ho trattenuto le lacrime. Si trattava del suo saluto. Non era un commiato o l’addio. No. Era il verbo “amare” coniugato all’infinito.

Francesco ha amato molto. Ha avuto passioni importanti, mi ha coinvolto, resa partecipe dei suoi sogni. Sono diventata sua complice e la sua compagnia. La montagna, i rifugi dove abbiamo trascorso notti in sacco a pelo con le volpi a farci da sentinella. E poi la fotografia, il cinema, i grandi registi del Novecento e la filatelia. Ecco, se mi sentisse ora, in realtà, avrebbe qualcosa da ridire. Non gli piaceva essere identificato come un collezionista di francobolli. Eppure erano proprio quei piccoli rettangoli gommati che gli facevano perdere giorni interi nella ricerca di rarità e pezzi unici.

- Per amare un francobollo devi andare oltre il desiderio di possederne un buon numero. Si tratta di passione quando si riesce a comprendere che dentro quel piccolo frammento di carta c’è una storia da raccontare e un narratore che ha voluto scriverne l’alfabeto. Un bozzettista è un artista che ha deciso di donare la propria opera al popolo. Non ci potranno mai essere professionisti o mestieranti che possano assolvere al compito. E se ci saranno la loro maschera sarà talmente fragile che anche una lieve folata di vento sarà in grado di farla cadere. E’ facile svelare la loro pochezza. Nello stesso modo un Artista si rivela al primo sguardo. A occhio nudo, non servono lenti, o giochi di prestigio.

Ho sempre osservato mio marito, talvolta come per le passeggiate nei boschi sono riuscita a comprende appieno la sua tensione emotiva. Altre come per la filatelia, sono rimasta con un passo indietro. Dentro quel solco lasciatomi come dono, oggi però mi ritrovo a scoprire una bellezza nuova.

Se sono a San Marino in questa giornata estiva è proprio

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per riannodare alcuni fili che Francesco non ha avuto il tempo di riordinare. Il 1998 è stato il suo ultimo anno da sano, o da presunto sano, come ripeteva lui. Dopo quel terribile inverno, la nostra vita si è fatta più sedentaria. Sempre bella, ma espropriata di quel nomadismo che per molti anni ha distinto la nostra relazione. Ebbene, proprio in quegli anni si era innamorato di un francobollo emesso dalla Repubblica di San Marino, in occasione del Natale 1997. Si trattava di un particolare dell’adorazione dei Magi dipinta da Giorgio Vasari nel 1574 per l’Abbazia di Scocca a Rimini. Non una produzione pensata ad hoc e nemmeno un’opera completa, impossibile da riprodursi in pochi centimetri. Quanto lo aveva rapito era stato in effetti il “taglio” offerto. Io non riuscivo a comprendere il suo entusiasmo. Lo confesso, mi sembrava una sua “fissa”, una tipica mania da collezionista. Così un giorno, mi chiese di sedermi accanto a lui, nel tavolo dello studio, e cercò di coinvolgermi.

- Vedi Teresa, questa è un’opera d’arte. L’autore è il Vasari che tutti noi conosciamo, ma in questa emissione c’è una mano che ha compreso e dato una nuova interpretazione a quel dipinto. E’ un artista anche lui. Se guardi, potrai notare però che sul francobollo non è stato scritto il nome del bozzettista. Questo è un atto di umiltà e di amore per l’arte, che non ha eguali. Eppure dietro la decisione di offrire questo preciso particolare, c’è una mano esperta, uno sguardo limpido e pulito. Non è un “taglio” casuale, o il pugno di un burocrate. No! C’è connessione affettiva dentro questo lavoro. Pensa a coloro che hanno tradotto i romanzi della nostra epoca. Non erano dei semplici interpreti, bensì degli scrittori loro stessi. Spesso la fortuna di autori stranieri è stata quella di trovare traduttori capaci di offrire non solo parole giuste, ma sfumature in grado di offrire in un’altra lingua, dentro un’altra cultura, la medesima intensità emotiva. Per la poesia, se ci pensi, è stato sempre così. Ebbene, la stessa cosa io la vedo in questo francobollo. Chi ha operato è entrato in intimità con l’opera, ne ha condiviso

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empaticamente la volontà e gli intenti. Ha tradotto quel dipinto. Lo ha reso immortale donandogli una nuova vita. Non più dentro l’Abbazia di Scocca, ma nella quotidianità di una lettera spedita.

Voglio essere sincera. In quel momento non ho visto ciò che lui era in grado di guardare, ma sono rimasta ammaliata dalle sue parole, da quella spiegazione che mi ha voluto regalare con tanta passione.

Oggi sono a San Marino per cercare quell’autore sconosciuto che ha lavorato per quell’emissione da ottocento lire che Francesco ha tanto amato. Sono una sprovveduta e non sapevo che il 28 Luglio in questa piccola Repubblica si festeggiasse la liberazione dal fascismo. Gli uffici filatelici e numismatici sono chiusi e non ho referenti diretti con cui cercare un dialogo. Poco importa, non è questo un cruccio di cui debba preoccuparmi. Il mio “sposo amico” sarebbe stato capace di scovare il bello anche dentro la circostanza di un appuntamento mancato. Non voglio venir meno a tutto questo, con una tristezza che non avrebbe senso.

Scrivo queste parole in una stanza del Palace Hotel che accoglie anche il viandante più sprovveduto con una lode all’arte e alla cortesia, con l’auspicio che possa rimaner traccia di tutta questa beltà, almeno in un piccolo angolo di questa vita terrena.

Scrivo ricordando Francesco, parlando con la sua voce. Scrivo per stargli ancora accanto, per continuare con lui a sorridere. Scrivo ricordando le sue parole per quel bozzettista senza nome. Scrivo perché la vita è un’opera meravigliosa che talvolta rimane incompiuta ed altre volte compie strani miracoli. Senza pretesa e con l’umiltà che un’anziana donna dovrebbe sempre avere, spero che questo racconto incontri la strada di quell’artista che ha saputo far innamorare mio marito dentro il mistero di un francobollo.

Teresa

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Vivere l’imprevisto

- Quest’anno il nostro tour enogastronomico culturale lo organizzo io. Poche storie.

Era la prima volta che Carlo si assumeva un compito simile. Da quattro anni l’ultima settimana di giugno era dedicata al vagabondaggio itinerante. In pratica, studiavamo un percorso, un luogo comodo per il pernottamento notturno, ed una serie di trattorie, cantine e luoghi storici o d’arte da passare in rassegna. Eravamo stati nel Gargano, poi in Sardegna, nell’Oltre Po Pavese e l’ultimo anno nelle Langhe piemontesi. Le regole che ci eravamo dati erano poche ma precise. Io ero addetto alla pianificazione e all’individuazione dei luoghi principali da visitare e Carlo all’aggiornamento del navigatore satellitare. Detto così può sembrare un po’ riduttivo il suo apporto. In realtà, i primi due anni abbiamo perso più tempo a chiedere informazioni stradali che non ad assaggiare i prodotti tipici del loco. Una volta oliata la “filiera” turistica però, la nostra è diventata una perfetta macchina da guerra, anzi diciamo meglio una godereccia esperienza all’ingrasso. L’inversione di ruoli che il mio compagno d’avventura mi aveva proposto non solo non mi convinceva, ma destava in me anche una certa preoccupazione.

- Carlo non sei neppure capace di organizzare l’agenda dei tuoi impegni di lavoro. Se non ci fosse la tua segretaria a fissare incontri, a ricordarti appuntamenti arrivando persino a metterti post-it in macchina, saresti già alla mensa dei poveri. Lascia che le cose vadano come sono sempre andate. A volte cambiare può essere deleterio, soprattutto quando le cose filano alla perfezione!

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- Max fidati. Almeno una volta. Ogni tanto bisogna avere il coraggio di uscire dai binari prestabiliti. E non farmelo ripetere. Quest’anno all’organizzazione del tour ci penso io. Ho già in testa tutto il programma. L’unica cosa che non dobbiamo cambiare è il principio base di questa nostra avventura. Niente mogli, fidanzate o ragazze e niente avventure dell’ultimo minuto.

- Ecco, questa sottolineatura potevi anche risparmiartela, visto che come ben sai non godo di questi beni di conforto!

La nostra discussione era terminata così. Avevo deciso di abdicare e lasciare il comando al mio socio. Del resto, forse aveva proprio ragione lui, non è possibile che tutto si reiteri sempre nella stessa identica maniera.

Così una settimana prima di partire Carlo mi ha illustrato il suo itinerario. Impeccabile. Non ci avrei mai creduto se non lo avessi visto e poi testato sulla mia pelle. Punto di contatto e base di partenza un hotel a quattro stelle posto in una posizione strategica di San Marino, quindi una serie di ristoranti e musei da visitare senza fare molti chilometri e poi un vero e proprio tour de force tra cantine di Sangiovese, trattorie romagnole, manifestazioni popolari e bellezze storiche. Una sintesi perfetta tra piacere per il palato e gioia dell’intelletto. Senza dimenticare il benessere fisico, perché il buon Carlo nella scelta del pernottamento non aveva scelto a caso. Il Palace Hotel, luogo delle nostre soste notturne, ci garantiva un buon ristoro, una piscina dove rinfrescarci anima e corpo e tutti i comfort per la rigenerazione delle fatiche giornaliere. Insomma, un miscellanea di sensazioni a tutto tondo. Il relax discreto ed elegante per il riposo, e la genuina bontà delle vecchie tradizioni contadine a solleticare il nostro desiderio per le cose buone della terra.

Il primo giorno abbiamo giocato in casa, visitando la Repubblica di San Marino scoprendo, tra l’altro, aspetti che ci erano sconosciuti, come il fatto che stavamo calpestando

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lo Stato indipendente più antico del mondo con una storia ricca di cultura e tradizioni secolari, ancora ben tangibili. Penso ad esempio alle chiese e ai monumenti di pregio, che si trovano all’interno della città fortificata che sono la testimonianza concreta dell’antica indipendenza della Repubblica. Poi è stata la volta di San Leo dove abbiamo potuto ammirare l’antichissima Pieve di stile preromanico, risalente al IX secolo e il Duomo adiacente. Senza contare la sosta che abbiamo fatto, andando a visitare una fattoria condotta con il metodo dell’agricoltura biologica con prodotti qualitativamente di nicchia. Lì abbiamo pasteggiato gustando merende a base di marmellate e prodotti sottolio, in qualche modo fieri di questa scelta vegetariana. Peccato che poche ore dopo abbiamo scovato un agriturismo tipicamente romagnolo che ci ha deliziato con ravioli al sugo di piccione, strozzapreti ai pomodorini scoppiati, nonché coniglio in porchetta e cosciotto di maiale al forno.

Due giornate perfette, dove non abbiamo certo badato alla linea, anche se, grazie al nostro “buen ritiro” serale, siamo riusciti a riequilibrare gli eccessi con qualche ora nella saletta Fitness del Palace Hotel.

Poi durante la colazione del terzo giorno sammarinese è accaduto l’imprevisto. Non mi riferisco alle crostate o alle ciambelle fatte in casa, offerte dalla struttura e neppure all’invitante buffet internazionale ricco di prodotti tipici e croissant caldi appena sfornati, bensì ad un incontro fortuito.

A dire il vero, il giorno precedente l’avevo già notata. Sedeva da sola con un quaderno appoggiato sulle ginocchia. Era una giovane donna, viso graziato e regolare, piccole lentiggini e capelli a caschetto di un colore tra il castano ed il rossiccio. I nostri sguardi si erano incrociati velocemente poi Carlo che aveva fretta di mettersi in auto, mi aveva repentinamente distolto da quella visione mattutina, e tutto era finito in una frazione di secondo.

La mattina seguente però rivedendola mi sono tornate

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in mente proprio le parole del mio compagno di ventura “Ogni tanto bisogna avere il coraggio di uscire dai binari prestabiliti”. Quale migliore occasione ci poteva essere per confermare la bontà delle intuizioni del mio amico organizzatore! Stava accadendo un imprevisto ed io l’imprevisto dovevo affrontarlo. Così ho aspettato che Carlo si allontanasse e mi sono avvicinato al suo tavolo. Non ho fatto neppure in tempo a raggiungerla e lei si è presentata con un sorriso che mi ha letteralmente steso.

- Sei del posto? Devo andare a Santarcangelo di Romagna. Sono una scrittrice e mi sto documentando su Tonino Guerra. Tu per caso sai dov’è la sua casa natia? Ah, io sono Cristina.

Confesso, l’imprevisto mi aveva travolto. L’avrei accompagnata anche in America se me lo avesse chiesto. Non ho neppure ragionato per un istante ….

- Ti accompagniamo noi. Io ed il mio amico siamo in vacanza e nell’itinerario del nostro tour, Santarcangelo è una delle mete. Dovevamo andarci domani, ma sarà un gran piacere anticipare di un giorno.

Stavo ancora parlando quando mi sono ritrovato Carlo alle spalle. Aveva ascoltato il mio invito e senza preoccuparsi di passare per cafone, si è fatto sentire almeno da mezza sala.

- Max, le regole. Le regole!

Ho finto indifferenza. In fin dei conti non stavo facendo altro che quello che lui aveva cercato di insegnarmi. Uscire dai binari, finirla con la reiterazione dello stesso refrain costante e ripetitivo. Concepirsi come individui liberi e pronti ad accogliere la realtà. Come si può rimanere ottusi al cospetto della bellezza?

La farò breve, Cristina è rimasta con noi per tutta la vacanza. Non ha intralciato il nostro programma e credo che questo aspetto abbia favorito la strana convivenza a tre.

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Santarcangelo, Verucchio, Montegridolfo, Gradara. Rocche, castelli, strade medievali e poi ancora piadina, Trebbiano, Pagadebit, tortelli, passattelli e tagliatelle. Un giubileo di gusti e di piaceri, di bellezza ed entusiasmo. Non ci siamo fatti mancare nulla.

Oggi quando racconto questa avventura, Cristina si commuove ancora. Ha ultimato il suo libro, vinto un premio letterario e chiesto a Carlo di farci da testimone. Non vogliamo sposarci con rito civile o religioso, ma fare una sorta di “patto all’infinito”. Come si suol dire, corsaro è stato il Palace Hotel e qui vogliamo sigillare davanti ai nostri amici la nostra promessa. Sotto le stelle, in una sera d’estate nel Roolf Garden all’ultimo piano. Perché gli imprevisti meritano sempre di essere festeggiati.

Max

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E ….vi porto a sognare

Avevo fatto una promessa, una vacanza per ogni desiderio. Mettere d’accordo tutti e quattro ogni anno era un’impresa. I miei figli stanno crescendo, cominciano a fare qualche viaggio senza di noi, ma qualche giorno in famiglia ce lo regaliamo sempre. Di solito cerchiamo di scegliere democraticamente, a maggioranza, oppure ci alterniamo di anno in anno, assecondando ora uno, ora l’altro.

Dopo un’accesa discussione a cena, avevo promesso: “troverò un posto dove ognuno di noi possa trovare quello che preferisce!”. Avevano accettato di lasciarmi fare, scettici, ma sollevati di non dover prendersi la responsabilità per tutti. Mamma tuttofare mi chiamano, eppure quella volta ho temuto di aver fatto il passo più lungo della gamba.

Visitare musei è una passione che ho sempre condiviso con mio marito, e che abbiamo trasmesso ai nostri figli. Non mancano mai nei nostri itinerari, lasciamo il resto più o meno al caso, ma sui musei siamo sempre preparati in anticipo.

Una sera ascoltavo la radio mentre stiravo, un cronista aveva riferito di una piacevole gita a San Marino. Questo nome ha cominciato a girarmi per la testa, e mi sono resa conto che era un luogo astratto, il nome di un Paese che tutti conoscono ma che di fatto non corrisponde a nulla di preciso, mi sono sentita colpevole di questa ignoranza e ho cominciato a navigare sul web per raccogliere informazioni. Ho scoperto un paese interessante, ricco di proposte e con una storia suggestiva.

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Con pochi passaggi ho individuato l’hotel adatto a noi, il Best Western Palace, posizione strategica e ottimi servizi. Perché ho deciso con tanta sicurezza? Come d’abitudine ho cliccato sulla sezione musei del territorio, e la varietà di opzioni mi ha definitivamente convinto di essere sulla strada giusta.

Come nostra abitudine ho riunito la famiglia a cena e ho presentato il pacchetto come una navigata tour operator. Il primo a saltare di gioia sulla sedia, è stato Filippo, con l’iphone aveva indagato sospettoso mentre stavo ancora parlando, “Mamma, fantastico, c’è il Museo della Tortura!”. Filippo ha 14 anni, un’età in cui si tende ad alimentare la curiosità per la storia nel suo lato più nero. “Mamma senti: spaccaginocchio, banco di stiramento, gatta da scorticamento, ragni spagnoli, sono gli strumenti della tortura medioevale!”. Claudio si era avvicinato disdegnando i gusti macabri del fratello, “Fa’ vedere…”, mio marito mi guardava con una vena di sarcasmo, perplesso sul risultato della nostra vacanza. “Ecco, questo è perfetto per me, il Museo delle Cusiosità! Le unghie più lunghe del mondo, occhiali per correggere lo strabismo, zoccoli alti 60 centimetri per l’alta marea veneziana, trappola per le pulci... wow! Stranezze di ogni genere e oggetti rari, è il mio posto!”. Claudio ha 17 anni, passa interi pomeriggi tra documentati e invenzioni stravaganti, mio marito cominciava a ricredersi visto l’entusiasmo che cominciava a dilagare. “E per me cosa potrebbe esserci?...vediamo…”, dopo aver raggiunto il computer sempre acceso di Claudio, facendosi largo fra una pila di libri e sassi, lo abbiamo seguito, presi da questo gioco divertente. “Ecco! Perfetto… il Museo dell’Emigrante, in un antico monastero, essendo anche Centro Studi Permanente sull’Emigrazione, mi permetterà di approfondire la questione…”, Filippo lo ha guardato storto temendo che suo padre si sarebbe messo a lavorare anche in vacanza, “non preoccuparti, raccolgo solo qualche informazione, ci sono cimeli che risalgono ai primi del novecento, per le lezioni coi ragazzi a scuola…”.

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Soddisfatta di aver vinto la sfida, mi sono alzata e ho cominciato a sparecchiare. “E tu mamma?”, ho sorriso a Claudio, sempre affettuoso nei miei confronti, “c’è la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, con una collezione di oltre 700 opere dagli inizi del XX secolo ad oggi, il paradiso per me!”.

Siamo qui nel magnifico hotel che ha fatto da perfetta cornice al nostro scorazzare per musei, con le sue offerte di relax e pasti prelibati, mangiamo e brindiamo alla mamma tuttofare!

Antonella

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Aver fede nell’amore

Conservatore. Conformista. Parsimonioso oltre ogni limite. Verboso. Scherzando, gli amici usano queste definizioni quando si tratta di provocarmi. Anche Sara, la mia compagna, oramai ci ha preso gusto con questa tiritera. Non voglio nascondermi o negare in assoluto alcune tipicità della mia persona. Certo, non userei gli stessi termini per descrivermi. Dicono però che vedono meglio coloro che osservano di colui che è il soggetto “inquisito”. A dire il vero, l’accezione negativa che si tende a dare di quelle parole è solo una variante tra le tante. Ecco, io posso anche accettare tutte quelle classificazioni, ma non nella loro rilevanza peggiore. Amo le tradizioni. E su questo sono disposto a confrontarmi. Credo infatti che uno dei guai più evidenti delle civiltà occidentali sia stato proprio allontanarsi dalla propria origine. Si è prodotta molta confusione su questo tema. In molti hanno pensato che aprirsi all’altro, a colui che ha una storia ed una cultura diversa dalla nostra, volesse dire negare l’identità che ci è cara. Ma una comunità senza radici, un popolo che ha abdicato al proprio ruolo, diventa incapace di comprendere le diversità. È solo quando mi affermo come individuo che riesco a vedere nell’altro, e nella sua particolare individualità, un interlocutore degno di confronto. Ecco il mio conservatorismo è tutto qui. Poi con le parole si possono fare sciarade d’intenti, o parabole dialettiche, ma la realtà sta in pochissime righe. Conformista? Bè, con i voli pindarici, le strade praticabili sono davvero poche. E poi ci si siamo mai chiesti che cosa tiene insieme un gruppo o anche l’intera società? Forse i giovani con la cresta? Coloro che scelgono via ascetiche fuggendo dalle comunità? Suvvia, dovremmo esser seri e non sprecare parole inutili. Come non dovremmo gettare al

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vento, o disperdere denari e fortune. Avete mai conosciuto un genitore che abbia consigliato al proprio figlio, come percorso educativo, la dilapidazione del proprio patrimonio? Siamo arrivati al punto che se ogni sei mesi non cambiamo il cellulare, siamo passibili di avarizia. Tutto questo è una follia, ma io posso scherzarci senza alcun problema. In verità, quanto mi fa davvero imbestialire è l’accusa di essere verboso, ridondante, logorroico. E qui, Sara ha gioco facile. Capisco subito quando la tempesta è in arrivo.

- Non puoi sintetizzare in due parole? Per quale motivo devi fare sfoggio di una dialettica così impegnata?

Ogni volta ci casco e finisco per arrabbiarmi anche perché se le altre definizioni le posso fare mie, questa fonda le radici in un terreno sabbioso. Oggi parlare con cognizione di causa, usare i congiuntivi come la lingua italiana insegna, tentare un approfondimento sulle cose, è diventata una colpa.

- Parla semplice. Non fare il parolaio con me.

Quando poi chiude il discorso con questa frase, è segno che per la lite è solo una questione di minuti. Così infatti è iniziata l’ultima discussione che abbiamo avuto prima delle vacanze estive. Da tempo, io avevo un desiderio. Un piccolo sogno. Realizzabile, alla portata di mano. Semplice. Quattro giorni a San Marino, dove mio padre e mia madre avevano fatto il viaggio di nozze, come omaggio alla memoria di mio nonno, che durante la guerra era stato aiutato dal popolo sammarinese. Io sono nato con quei racconti, con la commozione di uno sfollato che stavo fuggendo dalla guerra. Volevo andare a visitare le gallerie del vecchio trenino elettrico che salvarono il nonno dalla morte certa. Nel 1944, infatti, dopo il passaggio del fronte, quando scoppiò un’epidemia di tifo, diverse carrozze furono adibite a ricovero temporaneo per i tanti colpiti dalla malattia. Tommaso era uno di loro. Rendere onore a quella storia

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andando a visitare le gallerie riaperte al pubblico, era forse da considerarsi un atteggiamento conservatore, conformista, tipico di un uomo avaro? Sara utilizzò proprio queste parole. Lei voleva andare nei mari del sud, in un villaggio turistico. In verità io non volevo sostituire i suoi desideri con i miei, o rimpiazzare il suo sogno esotico con una vacanza di quattro giorni. Non si trattava di scegliere tra due alternative, ma di accogliere l’altro nella sua interezza. Ma in quel momento per Sara ero l’incarnazione perfetta di quella figura di uomo che si meritava l’epiteto di taccagno, reazionario e integralista.

Per un paio di giorni non ci siamo parlati. Avevo deciso di chiudere ogni discorso, di rinunciare all’idea di addentrarmi nell’avventura dei ricordi. Ci sarei andato da solo a San Marino, oppure con mio padre. Non certo con lei. In realtà sarebbe stato davvero un peccato fosse andata così. Smentendo le facili accuse di essere un tirchio avevo prenotato una elegante suite per quattro giorni di vero relax al Best Western Palace, con un programma di contorno che avrebbe sciolto anche un iceberg norvegese. In quei due giorni di silenzio però avevo creduto che tutto sarebbe andato all’aria. Un po’ per orgoglio ed un po’ perché non sopporto l’idea che una sorpresa venga svelata, a Sara non avevo detto nulla di tutta questa mia organizzazione. Volevo stupirla, farmi amare oltre quelle descrizioni che facevano di me un uomo triste e austero. In realtà sembrava non esserci spazio per null’altro che il silenzio in quei giorni. Poi è capitato un imprevisto. Una di quelle cose per cui bisognerebbe benedire il cielo. Avevo lasciato il cellulare in auto e Sara ha risposo ad una chiamata del personale del Palace Hotel che chiedeva conferma della prenotazione per la suite e per il programma benessere concordato per i quattro giorni. Quando sono risalito in macchina, aveva uno sguardo differente. “Grazie. Bisogna imparare la fiducia. Aver fede nell’amore”. Non mi ha detto altro, ho saputo della telefonata solo a vacanza conclusa. Sul momento non ho capito, ma dopo giorni di discussioni quello mi sembrava

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un sogno. E mi bastava la sua riconquistata dolcezza. Nulla più.

La sorpresa era andata a gambe all’aria? No. Sara non poteva sapere che avremmo cenato al lume di candela nel giardino pensile situato all’ultimo piano dell’hotel, circondati da piante mediterranee sempreverdi, con una vista mozzafiato sulla Riviera Adriatica. Non poteva sapere dei massaggi per il corpo che avevo prenotato per lei, della colazione in camera, della cromo terapia, del bagno turco. Non poteva sapere e forse neppure immaginare.

Abbiamo trascorso quattro giorni splendidi. Io ho reso onore alla memoria di mio nonno, e per la prima volta ho capito che la storia con Sara aveva gambe solide per poter camminare. Me ne sono reso conto con certezza, quando siamo risalti in auto per far rientro a casa. Mi ha ripetuto quella frase pronunciata in auto quando casualmente aveva risposto alla chiamata del Palace.

- Grazie. Bisogna imparare la fiducia. Aver fede nell’amore. E poco mi importa se sei conservatore, conformista e parsimonioso. Mi piacciono le tue parole, i congiuntivi che usi alla perfezione, la tua passione per il passato. Voglio diventare l’identità della tua vita, la tradizione che intendi conservare con cura.

Fabrizio

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Le scelte vincenti che premian la vita

Dovevo fare bella figura, non bastava che fossi brava, che fossi esperta e con un corposo curriculum costruito all’estero. Ci voleva un quid in più, uno slancio, una prova di efficienza e gusto. Eravamo rimasti in quattro dopo la lunga selezione per un posto dirigenziale. Ci avevano analizzato in colloqui singoli e di gruppo, con strategie di comunicazione e prove scritte.

Eravamo stremati, il posto era prestigioso, un’azienda leader nel settore dell’ecosostenibile cercava una figura di rappresentanza e organizzazione. Quando lessi l’annuncio sul Corriere, pensai “stanno cercando me!”. Con un moto di necessario orgoglio. Il livello professionale di tutti e quattro era indiscutibile, capivo che non sarebbe stato semplice per l’amministrazione scegliere, ma ero determinata, nonostante fossi l’unica donna. E sapevo che questo, ahimé, era un punto a mio sfavore.

L’ultimo compito assegnatoci, come una sorta di prova del nove finale, fu quella di organizzare una miniconvention. Avevamo a disposizione un piccolo budget da usare in una giornata.

Era pane per i miei denti, avevo la carta vincente, il Palace Hotel di San Marino.

Ognuno di noi si mise al lavoro, sapevo che avrebbero quasi tutti optato per il lungomare, o uno svincolo autostradale, due classici del genere. Io ero stata al Palace per seguire un congresso sul fotovoltaico un paio di anni prima, allora non abitavo nemmeno in questa zona e rimasi colpita dal paesaggio che avvolge la salita al Titano.

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Mi occupai di curare ogni dettaglio, per altro avvantaggiata dal fatto che il personale è altamente qualificato nell’accoglienza di eventi simili, e loro stessi mi hanno dato ottimi suggerimenti. Conoscendo la passione per l’arte dei gestori dell’hotel, ho fatto allestire una piccola mostra sulla luce di artisti contemporanei, con l’obiettivo di sottolineare la forte interconnessione tra ambiente e ispirazione artistica. Un fresco e raffinato banchetto per la pausa tra le varie conferenze è stato pensato con spirito romagnolo, in chiave biologica, potendo contare sui contatti dello stesso albergo.

Infine, oltre alle classiche sedie disposte in fila per ascoltare i relatori, ho potuto offrire a ogni partecipante una valigia di cartone che si trasforma in pochi semplici passaggi in una sedia. Progettata per sostenere comodamente oltre cento chili di peso, l’ho fatta decorare con fotografie delle vallate sammarinesi, il nome dell’azienda e quello dell’hotel, alleati per una vita ecosostenibile. Avevo trovato questa opzione semplice, ecologica e d’impatto alla Bit di Milano, ne fui conquistata e contattai l’architetto progettista per complimentarmi.

Il quadro era completo, non c’era bisogno di aggiungere nulla, il quid era stato trovato: l’argomento, il luogo, le offerte, tutto all’insegna dell’energia pulita. Un successo che mi ha permesso di ottenere il posto, e di venire a vivere in Romagna!

Claudia

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INDICE

Si! Andian a Marino 7

L’arte degli affari 13

Il rito magico 19

Il collezzionista 23

Vivere l’imprevisto 27

E... vi porto a sognare 33

Aver fede nell’amore 37

Le scelte vincenti che premian la vita 43

INDICE 47

Regolamento Premio Narrativa 48

Biografia Fabio Cavallari 51

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Premio Narrativa “Racconti d’Autore al Palace Hotel ”

I edizioneIl Palace Hotel indice la prima edizione del concorso Premio Narrativa “Racconti d’Autore al Palace Hotel”

REGOLAMENTO 1. Tema: “Una giornata particolare….a San Marino”. Racconti di vita vissuta, esperienze reali o di pura fantasia che abbiano come luogo di riferimento la piccola Repubblica del Titano2. Possono partecipare tutti i cittadini residenti a San Marino e in Italia. Saranno valutati solo gli elaborati scritti in lingua italiana. 3. Ciascun autore può partecipare al presente concorso inviando un racconto che non potrà superare le 6.000 battute spazi inclusi. Gli autori si assumono ogni responsabilità in ordine alla paternità degli scritti inviati, esonerando il Palace Hotel da qualsivoglia responsabilità anche nei confronti dei terzi. Le opere devono essere inedite e non premiate in altri concorsi, e gli autori devono dichiarare di possederne a ogni titolo i diritti. 4. Per partecipare al presente concorso ciascun autore dovrà inviare la propria opera in formato digitale (file in Word) all’indirizzo di posta elettronica: [email protected] specificando nel titolo del messaggio e-mail “Premio Concorso Racconti d’Autore al Palace Hotel” entro e non oltre il 30/04/2013. In un altro file word dovranno essere indicati tutti i dati personali (nome, cognome, indirizzo, recapito telefonico, indirizzo e-mail), il titolo dell’elaborato, e la seguente dichiarazione: “Acconsento al trattamento dei dati personali qui riportati in conformità a quanto indicato dalla normativa sulla riservatezza dei dati personali e solo relativamente allo scopo del Concorso in oggetto. Dichiaro inoltre che l’opera è frutto del mio ingegno e ne detengo i diritti a ogni titolo”.

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5. La partecipazione è gratuita per tutti i partecipanti. 6. Una Giuria designata dal Palace Hotel composta da scrittori, giornalisti ed esperiti pubblicitari esaminerà e valuterà i testi ricevuti fino all’individuazione dei tre migliori racconti. Il giudizio della Giuria è inappellabile. 7. Verranno proclamati un vincitore, un secondo e terzo classificato. A giudizio della commissione giudicante potranno essere segnalati anche altri autori. 1° Premio – Week end in suite per due persone (pernottamento e colazione per una notte) con accesso alla SPA e massaggio shiatzu. (periodo da concordare con la direzione dell’hotel).2° Premio – Week end in camera deluxe per due persone (pernottamento e colazione per una notte) con una cena gastronomica tipica. (periodo da concordare con la direzione dell’hotel).3° Premio – Cena a lume di candela presso il Ristorante Palace (all inclusive).8. La premiazione avverrà nella prima settimana di giugno 2013 presso il Palace Hotel a San Marino. 9. I vincitori saranno avvisati telefonicamente e via e-mail e saranno ospitati gratuitamente una notte.10. Gli autori, per il fatto stesso di partecipare al presente concorso, autorizzano il Palace Hotel a rendere pubbliche le proprie opere per mezzo cartaceo o telematico, rinunciando, già dal momento in cui partecipano al concorso, a qualsiasi pretesa economica o di natura giuridica in ordine ai diritti d’autore ma conservano la paternità delle proprie opere. 11. Gli autori, per il fatto stesso di partecipare al presente concorso, accettano integralmente il contenuto del presente bando. Per qualsiasi informazione in merito al presente bando di concorso, si consiglia di avvalersi dei seguenti contatti:

[email protected]

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Dal 2002 collabora con il settimanale Tempi. Ha curato alcuni speciali per Radio Due ed è stato relatore in molti incontri, nelle più importati città italiane, su temi bioetici, politici e culturali.Nel 2011 è stato nominato dalla Repubblica di San Marino narratore e coordinatore del comitato scientifico per la partecipazione del piccolo Stato alla 54a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia.È autore dei volumi “Fuori dalla metafora del volo” (Laterza, 2004), “Volti e stupore. Uomini feriti dalla bellezza” (San Paolo, 2007)“Mendicanti di bellezza. Un non credente e una monaca a confronto sulla vita” (San Paolo, 2009), entrambi scritti a quattro mani con suor Maria Gloria Riva.Per Guerini e Associati ha scritto con Raffaele Cattaneo, assessore alle Infrastrutture della Regione Lombardia, “La forza del cambiamento” (2010). Dello stesso anno, “Enrico Zanotti. La politica che lascia il segno”(Itaca). Nel 2011 ha pubblicato “Vivi. Storie di uomini e donne più forti della malattia” (Edizioni Lindau), volume che raccoglie otto storie di vita ai confini della malattia. Il libro è stato presentato in più di cinquanta città italiane, in alcune capitali estere, ed è stato oggetto di un’audizione pubblica al Parlamento Europeo.Da novembre 2011 è nelle librerie “Il grande campo della vita” (Lindau). Da gennaio 2012 collabora con l’Azienda Autonoma di Stato Filatelia e Numismatica della Repubblica di San Marino è ed Responsabile della Comunicazione dell’Associazione Expovillage 2015.

Fabio Cavallariwww.fabiocavallari.it

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