RACCOLTA DELLA STRUMENTAZIONE DIDATTICA DEL … · antecedente il trasferimento dell’Istituto di...

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I RACCOLTA DELLA STRUMENTAZIONE DIDATTICA DEL DIPARTIMENTO DI FISICA Nel seguito sono descritti gli strumenti didattici impiegati nelle dimostrazioni in aula e la strumentazione di laboratorio acquistata oppure realizzata dall’Istituto di Fisica di Via Saldini (nel periodo 1920 -1963) e dal Dipartimento di Fisica di Via Celoria (nel periodo 1963 - 2009). Tale strumentazione è stata recuperata da uno stato di completo abbandono negli scaffali posti sul retro dell’aula A (ora smantellati per far posto alla raccolta) e negli scaffali posti sul retro delle aule B e C (ora in parte risistemati per accogliere la strumentazione più ingombrante). La presentazione di ogni strumento contiene il nominativo della ditta costruttrice, la data presumibile d’acquisto o di costruzione (se lo strumento è stato realizzato dalle officine o dai laboratori del Dipartimento), lo stato di conservazione e la descrizione dello strumento e delle sue caratteristiche. Non essendo a disposizione la documentazione d’acquisto degli strumenti spesso l’assegnazione della data si limita ad indicare se l’acquisto è avvenuto presumibilmente nel periodo antecedente il trasferimento dell’Istituto di Fisica da Via Saldini a Via Celoria (1963) o nel periodo successivo. Di alcuni strumenti si mostra la struttura interna per consentire la descrizione del principio di funzionamento, mentre di altri dispositivi è possibile soltanto fare delle ipotesi sul loro impiego nelle sperimentazioni di laboratorio o nelle dimostrazioni in aula. Ove è stato possibile alcuni strumenti sono stati riparati o completati nelle parti mancanti per renderli funzionanti. Alcuni dispositivi (costruiti dalla officina meccanica del Dipartimento e dall’officina meccanica del LASA) , sono copie di strumentazione classica e sono stati realizzati per dimostrazioni in aula (schiacciata di Volta, pila a bicchieri di Volta, modello di macchina elettrostatica, modello dell’elettroscopio di Bohnenberger, mulinello elettrostatico, bicchieri di Faraday, ruota di Barlow, spirale di Roget, polarimetro di Norrenberg). Gli strumenti della raccolta sono stati suddivisi in sei sezioni in base al campo della Fisica nel quale vengono di norma impiegati (Meccanica e Termodinamica – Elettrostatica – Elettromagnetismo – Strumentazione elettrica – Ottica – Fisica Moderna).

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I

RACCOLTA DELLA STRUMENTAZIONE DIDATTICA DEL DIPARTIMENTO DI FISICA Nel seguito sono descritti gli strumenti didattici impiegati nelle dimostrazioni in aula e la strumentazione di laboratorio acquistata oppure realizzata dall’Istituto di Fisica di Via Saldini (nel periodo 1920 -1963) e dal Dipartimento di Fisica di Via Celoria (nel periodo 1963 - 2009). Tale strumentazione è stata recuperata da uno stato di completo abbandono negli scaffali posti sul retro dell’aula A (ora smantellati per far posto alla raccolta) e negli scaffali posti sul retro delle aule B e C (ora in parte risistemati per accogliere la strumentazione più ingombrante). La presentazione di ogni strumento contiene il nominativo della ditta costruttrice, la data presumibile d’acquisto o di costruzione (se lo strumento è stato realizzato dalle officine o dai laboratori del Dipartimento), lo stato di conservazione e la descrizione dello strumento e delle sue caratteristiche. Non essendo a disposizione la documentazione d’acquisto degli strumenti spesso l’assegnazione della data si limita ad indicare se l’acquisto è avvenuto presumibilmente nel periodo antecedente il trasferimento dell’Istituto di Fisica da Via Saldini a Via Celoria (1963) o nel periodo successivo. Di alcuni strumenti si mostra la struttura interna per consentire la descrizione del principio di funzionamento, mentre di altri dispositivi è possibile soltanto fare delle ipotesi sul loro impiego nelle sperimentazioni di laboratorio o nelle dimostrazioni in aula. Ove è stato possibile alcuni strumenti sono stati riparati o completati nelle parti mancanti per renderli funzionanti. Alcuni dispositivi (costruiti dalla officina meccanica del Dipartimento e dall’officina meccanica del LASA) , sono copie di strumentazione classica e sono stati realizzati per dimostrazioni in aula (schiacciata di Volta, pila a bicchieri di Volta, modello di macchina elettrostatica, modello dell’elettroscopio di Bohnenberger, mulinello elettrostatico, bicchieri di Faraday, ruota di Barlow, spirale di Roget, polarimetro di Norrenberg). Gli strumenti della raccolta sono stati suddivisi in sei sezioni in base al campo della Fisica nel quale vengono di norma impiegati (Meccanica e Termodinamica – Elettrostatica – Elettromagnetismo – Strumentazione elettrica – Ottica – Fisica Moderna).

II

Indice della strumentazione Pag. 1) Sezione di Meccanica e Termodinamica 1 1.1 Bilancia 2 1.2 Vacuometro (o manometro) di Mc Leod 3 1.3 Valvola da vuoto 7 1.4 Termoscopio di Galileo 9 1.5 Igrometro a condensazione di Chistoni 11 1.6 Diapason e diapason elettromagnetico 13 1.7 Flauti (canne sonore di König) 14 2) Sezione di Elettrostatica 16 2.1 Elettroscopi a foglie d’oro 19 2.2 Elettroscopio di Bohnenberger 20 2.3 Elettrometro a filo di Wulf 21 2.4 Voltmetro elettrostatico 22 2.5 Elettrometro a quadranti 23 2.6 Elettroforo di Volta (schiacciata di Volta) 24 2.7 Modello di macchina elettrostatica 25 2.8 Generatore di Van der Graaf 26 2.9 Spinterometri 27 2.10 Mulinello elettrostatico 29 3) Sezione di Elettromagnetismo 30 3.1 Modello del dispositivo di Oersted 33 3.2 Moltiplicatore elettrodinamico 35 3.3 Galvanometro delle tangenti 37 3.4 Galvanometro a filo 39 3.5 Galvanometri di Deprez-D’Arsonval 40 3.6 Bicchieri di Faraday 43 3.7 Ruote di Barlow 45 3.8 Elica di Roget 47 3.9 Globo elettromagnetico 48 3.10 Apparato per la levitazione magnetica 50

III

4) Sezione di Strumentazione elettrica 53 4.1 Strumentazione per dimostrazioni in aula 54 4.1 a) Amperometro 54 4.1 b) Voltmetro 54 4.1 c) Multimetro 54 4.2 Frequenzimetro 56 4.3 Componenti passivi dei circuiti elettrici 58 4.3 a) Resistori a resistenza variabile (reostati) 58 4.3 b) Resistenza campione 60 4.3 c) Condensatore a capacita variabile 61 4.3 d) Induttori ad induttanza fissa (solenoidi in aria) 62 4.3 e) Induttore ad induttanza variabile (in aria) 63 4.3 f) Induttori accoppiati (con nucleo in ferro) 65 4.3 g) Mutue induttanze 66 4.3 h) Trasformatore di corrente toroidale 66 5) Sezione di Ottica 67 5.1 Arco voltaico 68 5.2 Rifrattometro di Abbe 69 5.3 Fotometro di Lummer-Brodun 71 5.4 Spettrometro 73 5.5 Prismi di dispersione 75 5.6 Polarimetro di Brewster 76 5.7 Polarimetro di Norrenberg 77 5.8 Spato d’Islanda 78 5.9 Polarimetro per saccarometria 79 6) Sezione di Fisica Moderna 80 6.1 Tubo di Faraday (o tubo di Crookes o tubo di Geissler) 82 6.2 Tubo per raggi catodici 85 6.3 Tubo per raggi catodici con croce di Malta 86 6.4 Triodo di potenza 87 6.5 Tubo catodico di oscilloscopio 90 6.6 Spettrometro per raggi X (spettrometro di Röntgen) 92 6.7 Elettrometro capillare di Lippmann 93 6.8 Cella del Selenio 95 6.9 Generatore a termocoppie 96 6.10 Camere di Wilson 98 6.11 Misuratore della ionizzazione totale delle particelle α in aria 99

IV

7) Armadio A (retro aula C) 101 7.1 Pila a bicchieri di Volta 102 7.2 Sonometro 103 7.3 Pompa di Geissler 105 7.4 Barometro di Fortin 107 7.5 Tubo per scarica a corona 109 7.6 Microfono elettrostatico sferico 110 8) Armadio B (retro aula B) 111 8.1 Strumentazione elettrica 112 8.2 Temporizzatore , trasmettitore e ricevitore a microonde 117 8.3 Campana pneumatica e misuratore di vuoto 118

1

Sezione di Meccanica e Termodinamica

In questa Sezione sono esposti solo alcuni degli strumenti meno ingombranti (a parte il vacuometro di Mac Leod). Altri strumenti appartenenti a questa sezione, quali il sonometro, il barometro di Fortin e la pompa a vuoto di Geissler, il microfono sferico elettrostatico, sono esposti nell’armadio A sul retro dell’aula C.

Manometro di MacLeod

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R

Valvola da vuotoFlauti

25

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10

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Termoscopio di Galileo

Sezione di Meccanica e Termodinamica

PsicrometroBilancia a braccia uguali

Diapason con cassa di risonanza

Diapason elettromagnetico

Capsule manometriche

2

Bilancia Costruttore: Ditta Officine Galileo – Firenze Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Operativo Descrizione dello strumento:

E’ una bilancia a due braccia nella quale sono ben visibili gli elementi essenziali quali: • i perni a forma di cuneo per la

sospensione del giogo e dei due piattelli;

• la massa (costituita da un anello filettato) che consente di variare la posizione del baricentro del giogo rispetto

all’asse di sospensione del giogo e quindi di variare la sensibilità della bilancia; • le masse (costituite da 2 dadi mobili lungo le viti poste alle due estremità del

giogo) che consentono di equilibrare il giogo con i due piattelli; • i due fermi-corsa che impediscono rotazioni troppo ampie del giogo quando le

masse incognite non sono ancora bilanciate dai pesi campione. La portata della bilancia è presumibilmente M = 500 g e la sensibilità della bilancia è risultata σ = 0.04 g/div.

3

Vacuometro (o manometro) di Mc Leod Costruttore: Leybold Vacuum - Germania Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Lo strumento originale, senza mercurio, presentava la rottura del manometro A e del tubo E. Non essendo conveniente la saldatura dei due pezzi (a causa della fragilità del vetro impiegato nella sua costruzione), l’apparato è stato ricostruito in vetro pyrex. Descrizione dello strumento: Tale strumento proposto da Mc Leod (1874) viene in genere utilizzato per la misura assoluta di basse pressioni ed il suo funzionamento è basato sulla legge di Boyle. La sequenza di figure riportate a lato consente di illustrare come si predispone lo strumento per la misura [Figure 1) – 4)] e come viene eseguita la misura della pressione residua [Figura 5)]. Il vacuometro [Fig. 1)] non contiene mercurio e la tubazione si trova a pressione atmosferica, in quanto il tubo E ed il rubinetto B sono aperti. Il mercurio (traccia rossa) nel manometro A indica che la pressione è superiore a 10 cm di Hg. Questo manometro serve all’operatore per seguire la progressiva evacuazione della tubazione del vacuometro quando questo viene collegato ad una pompa da vuoto.

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a a

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A

B

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D

E

S1

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Ad una pompa da vuoto C2

a a

2)

4

Il serbatoio C1, nel quale verrà versato in seguito il mercurio per la misura della pressione residua dell’impianto a vuoto, è alloggiato nella base S1 la cui quota è stata fissata dal costruttore. La base superiore S2, nella quale in seguito verrà trasferito il serbatoio C1 è regolabile in quota lungo la scanalatura T (mediante una vite di fissaggio posta sul retro del supporto). Viene chiuso [Fig. 2)] il rubinetto B e si versa nel serbatoio ausiliario C2 una quantità prefissata di mercurio che, quando questo verrà fatto scendere nel serbatoio C1 (dopo l’evacuazione dell’aria), la colonna di mercurio arrivi sino alla quota a-a (cioè al disotto della biforcazione del tubo centrale). L’estremità E del vacuometro viene connessa all’impianto a vuoto. Nella Fig. 2) è mostrata la situazione in un particolare istante, cioè quando la pressione residua nella tubazione del vacuometro si è ridotta al valore p = 2 cm Hg (come indicato dalla colonna di mercurio nel manometro A). Una volta che è stato raggiunto il vuoto limite della pompa impiegata (il mercurio nel manometro A si trova alla stessa quota nei due rami del tubo U) [Fig. 3)] si apre il rubinetto B, facendo scendere il mercurio nel serbatoio C1, sino a quando il livello del mercurio nella tubazione centrale non è arrivata

alla quota a-a. Nella Figura 3) è mostrata la situazione in cui il mercurio incomincia a

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A

B

C1

D

E

S1

S2S2

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C2

Ad una pompa da vuoto

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A

BD

E

S1

S2S2

a a C1

Ad una pompa da vuoto

3)

4)

5

riempire il serbatoio C1. Al termine del trasferimento del mercurio nel serbatoio C1 [Fig. 4)], si chiude il rubinetto B e si recupera il serbatoio ausiliario C2. Conviene inoltre abbassare il supporto S2, per potere in seguito regolarne l’altezza per far sì che il mercurio riempia il bulbo D e salga nel capillare sovrastante. Terminata la preparazione del vacuometro si può procedere alla misura della pressione residua dell’impianto da vuoto.

La procedura per effettuare la misura è la seguente: a) Si pone lo strumento in comunicazione con l’impianto a vuoto del quale si vuole misurare la pressione residua totale, mentre il serbatoio C1 si trova nella base S1. Si assume che a regime, nel bulbo sferico D si instauri lo stesso livello di vuoto presente nell’impianto; b) Si sposta il serbatoio C1 nella base S2 [Fig. 5)] in maniera che il mercurio vada a riempire il bulbo D e parte del capillare posto sopra di esso. Quando il mercurio supera la biforcazione tra i due rami i gas residui contenuti nel bulbo rimangono intrappolati e vengono via via compressi (all’innalzarsi del livello del mercurio) sino al volume finale

nella sezione cb del capillare. La pressione in questo ramo dello strumento passa dal valore iniziale px al valore finale p1. La pressione nell’altro ramo dello strumento rimane uguale al valore iniziale px in quanto il tubo è sempre in comunicazione con l’impianto a vuoto. c) la differenza di pressione nei due rami è sufficiente a produrre un dislivello apprezzabile (10-20 mm) ed è facilmente misurabile tra i menischi delle colonne di mercurio presenti nei due rami. Il secondo ramo dello strumento presenta una diramazione di sezione uguale a quello del capillare del primo ramo. La ragione di tale diramazione è quella di consentire una maggiore precisione nella misura del dislivello h (uguali raggi di curvatura del menisco ed uguali variazioni di quota dovute alle tensioni superficiali nei due capillari), mantenendo una buona conduttanza nel tubo principale necessaria per evitare, nella fase iniziale, gradienti di pressione tra il bulbo D e l’impianto a vuoto. La misura può essere eseguita con due procedure leggermente differenti che portano però a sensibilità notevolmente diverse.

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E

All’impianto a vuoto

A S2

B

C1

D

a a

S1

5)

6

Nel primo caso si fa innalzare la colonna di mercurio nel capillare del primo ramo sino ad una quota B prefissata dal costruttore ed indicata da una tacca sul vetro del capillare stesso [Fig. 6a)]. Con riferimento ai dati riportati nella Figura è facile dimostrare che la pressione incognita varia linearmente con il dislivello h ed è data da: px = [Sd/(V1+LS)] h = ko h essendo S la sezione del capillare e V1 il volume compreso nel bulbo compreso tra la biforcazione e la base del capillare. Nel secondo caso si fa innalzare la colonna di mercurio nel capillare del secondo ramo sino a quando essa non raggiunge la quota N dell’estremità chiusa del capillare del primo ramo (Fig. 6b). Il volume del gas compresso è proporzionale al disli8vello h tra le due colonne di mercurio e pertanto la pressione incognita è data da: px = [S /(V1 + LS)] h2 = k1 h2

che mostra un andamento quadratico in funzione di h, particolarmente adatto nella misura delle basse pressioni.

7

Valvola da vuoto Costruttore: Leybold Vacuum - Germania Data di acquisto: Ignota (probabilmente prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: ’ una valvola di misura del vuoto che riproduce in forma relativamente compatta il manometro di Mc Leod, descritto nelle precedenti pagine. Una immagine ingrandita dello strumento corredata di alcune didascalie consente di descrivere meglio questo strumento. Lo strumento è costituito da una camera in acciaio C (sostenuta dal treppiede T) che può essere facilmente

connessa all’im-pianto a vuoto attraverso un collo dotato di una flangia conica che consente una rapida esecuzione del collegamento ed una buona tenuta di vuoto. Le basi superiore ed inferiore della camera in acciaio sono chiuse me-diante due flange a tenuta stagna. Alla flangia su-periore è fissato un recipiente ci-lindrico V in vetro (in comunicazione con la camera d’acciaio) conte-nente il manome-tro ad U (M1) e la testa di misura di Mc Leod (M2).

Alla flangia inferiore è applicata una manovella H che consente di spingere il mercurio, alloggiato in un serbatoio deformabile (in genere realizzato con pelle di daino) nella cameretta sferica R del manometro di Mc Leod.

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Treppiede T

Manometro ad U (M1)

All’impianto a vuoto

RFlangia superiore a tenuta di vuoto

Manovella H

Flangia inferiore a tenuta di vuoto

Manometro di Mc Leod(M2)

Scala del manometro M1

Scala del manometro M2

Recipiente in vetro VSerbatoio aperto di M2

Camera in acciaio C

8

La lettura della pressione residua viene effettuata su due scale distinte (una per il manometro ad U, una per il manometro di Mc Leod) incise su una tavoletta solidale con i due manometri. Il principio di funzionamento del manometro di Mc Leod è ampiamente illustrato nelle pagine precedenti e pertanto si rinvia ad esse il lettore. Il manometro ad U consente di misurare la pressione nell’ intervallo p < 70 mm Hg con una risoluzione che può essere stimata in ± 2 mm Hg, mentre il manometro di Mc Leod consente di misurare la pressione residua nell’intervallo 10-3 mm Hg < p < 1 mm Hg con discreta risoluzione nell’intervallo 10-2 mm Hg < p < 1 mm Hg e bassa risoluzione per p < 10-2 mm Hg.

9

Termoscopio di Galileo Costruttore: Ditta Colaver – Milano Data di acquisto: 2008 Stato dello strumento: Operativo. Adatto per dimostrazioni in aula. Descrizione dello strumento: E’ un modello del primo strumento indicatore dello stato termico di un corpo che risale a Galileo. La descrizione di tale strumento non compare nei suoi scritti ma in una lettera del 1638 di un suo studente che così descrive l’esperimento: “ Galilei prese un bulbo di vetro a forma d’uovo connesso ad un tubo sottile lungo circa 2 palmi. Scaldò il bulbo di vetro nelle sue mani, rivoltò il tubo e lo immerse nell’acqua contenuta in un altro recipiente. Non appena il bulbo si raffreddò l’acqua risalì nel tubo all’altezza di un palmo al disopra del livello dell’acqua. Egli usò questo strumento per investigare il grado di caldo e freddo.” Lo strumento mostrato in bacheca ha una lunghezza all’incirca uguale a quella indicata nella descrizione sopra riportata (circa 50 cm) ed inoltre è stato dotato di una scala centimetrica (su un intervallo di 25 cm) incisa sul collo del recipiente in cui lo zero coincide con il livello del liquido nella base e di una seconda scala centimetrica (su un intervallo di 25 cm) incisa sul gambo del bulbo in cui lo zero si trova alla base del bulbo.

Il liquido impiegato è in questo caso l’olio (ρ = 900 kg/m3) per ridurre al minimo i processi di evapora-zione e di condensa ed i conseguenti effetti sulla pressione nel bulbo e nel recipiente. Il recipiente conte-nente l’olio può essere posto in comuni-cazione con l’ambiente (cioè a pressione atmo-sferica) oppure essere

05

1015202530354045

0 10 20 30

(T - To) (K)

Δh

(cm

)

Liquido: Olio

To = 283.15 K

To = 293.15 K

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isolato dall’ambiente per non risentire delle variazioni della pressione atmosferica. Nel grafico sopra riportato è mostrato l’innalzamento Δh della colonna d’olio quando l’aria contenuta nel bulbo e nel gambo viene dapprima riscaldata sino alla temperatura T (superiore alla temperatura ambiente To) e quindi lasciata raffreddare sino alla temperatura ambiente (nell’ipotesi che il recipiente sia in comunicazione con l’ambiente e che la pressione atmosferica sia po = 760 mm Hg). Si può notare che la curva caratteristica dipende in piccola misura dalla temperatura To dell’ambiente e che la sensibilità (dh/dT) decresce da circa 1.41 cm/K a circa 1.11 cm/K nell’intervallo di temperatura considerato (ΔT = 30 K). Lo strumento è molto sensibile e pertanto con tale strumento è possibile apprezzare variazioni di temperatura di ± 20 C ma non è adatto per essere impiegato come termometro a causa del fatto che l’altezza della colonna d’acqua è fortemente influenzata dalla pressione atmosferica, quando il recipiente è aperto. L’altezza iniziale della colonna Δh = 20.5 cm è stata ottenuta con il recipiente in comunicazione con l’ambiente e riscaldando il bulbo dalla temperatura ambiente to = 19 C alla temperatura t = 35 C.

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Igrometro a condensazione di Chistoni

Costruttore: Officine Galileo – Firenze Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: In origine mancante del termometro e della pompetta per soffiare aria nel liquido (etere solforico) contenuto nella scatola. Descrizione dello strumento: L’igrometro è costituito da una scatola metallica con pareti speculari sostenuta da un supporto termicamente isolante (bachelite) ricoperto da lamine realizzate con lo stesso metallo della scatola. Questa ultima è dotata di un termometro che consente di misurare la temperatura del liquido (etere solforico) presente al suo interno, di

una pompetta in gomma che consente di far gorgogliare l’aria nell’etere per accelerarne il processo di evaporazione e di un tubicino che consente di allontanare i vapori d’etere dalla superficie delle lamine esterne dell’igrometro. Il principio di funzionamento dell’igrometro a condensazione è basato sul fatto che la parete metallica, raffreddata per la rapida evaporazione dell’etere, evidenzia la condensazione del vapore d’acqua contenuto nell’aria ambientale attraverso la formazione di un velo di rugiada sulla parete stessa. La rilevazione dell’istante in cui inizia a formarsi il velo di rugiada è facilitata dal confronto tra le superficie (adiacenti) della scatola e delle lamine ricoprenti il supporto isolante. La misura della temperatura t del bagno d’etere, nell’istante in cui si forma il velo di rugiada, e la misura della temperatura dell’aria ambientale ta consente di determinare la umidità relativa Ur: Ur = m/mo = δ/δo = p/po essendo m, δ, p la massa, la densità e la tensione di vapore dell’acqua presente nell’aria a temperatura t e mo, δo, po la massa , la densità e la tensione di vapore a saturazione alla temperatura ta. In tabella I sono riportati i valori della tensione di vapore dell’acqua (espressi in mm Hg) in funzione della temperatura (nell’intervallo -14 < t <+ 64 C).

12

Tabella I

t (C) p t (C) p t (C) p t (C) p -14 1.560 6 7.013 26 25.21 46 76.65 -12 1.834 8 8.045 28 28.35 48 83.61 -10 2.149 10 9.209 30 31.82 50 92.51 - 8 2.514 12 10.52 32 35.66 52 102.1 - 6 2.931 14 11.99 34 39.90 54 112.5 - 4 3.410 16 13.63 36 44.56 56 123.8 - 2 3.956 18 15.48 38 49.69 58 136.1 0 4.579 20 17.53 40 55.32 60 149.4 2 5.294 22 19.83 42 61.50 62 163.8 4 6.101 24 22.38 44 68.26 64 179.3

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Diapason e diapason elettromagnetico

Diapason Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota Stato dello strumento: La cassetta di risonanza risulta fessurata e parzialmente riparata con una colla per legno. Descrizione dello strumento: Il diapason, che ha una frequenza di risonanza ν = 440 Hz, è montato su una cassetta di risonanza (lunghezza dell’interno della cassetta L = λ/4 = 0.175 m) all’interno della quale, quando i rebbi del diapason vengono percossi, si genera un’onda stazionaria con un nodo all’estremità chiusa ed un ventre all’estremità aperta. La frequenza del diapason può essere variata spostando lungo i rebbi un cavaliere di piccola massa (mancante) . Diapason elettromagnetico Costruttore: Officine Galileo - Firenze Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Non operativo in quanto al dispositivo originario manca il diapason originale. Per puri motivi di descrizione il dispositivo è stato corredato di un dummy diapason e di una asticella metallica funzionante da interruttore. Descrizione dello strumento: Il diapason elettromagnetico è formato da un diapason e da una elettromagnete che fanno parte di uno stesso circuito elettrico. All’estremità di un rebbo del diapason è rigidamente fissata una asticella metallica che ha la funzione di chiudere ed aprire il circuito dell’elettromagnete, ad ogni oscillazione dei rebbi. In tal modo un certo impulso viene trasmesso ai rebbi che vibrano in relazione al loro coefficiente di elasticità. In questo modo si ottengono oscillazioni permanenti che consentono di impiegare tale dispositivo come interruttore acustico e come misuratore di tempo per la costanza del suo periodo.

Vistafrontale

Al generatore

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Flauti (Canne sonore di König)

Costruttore: Ignoto Data di costruzione: Ignota (probabile prima del 1963) Stato degli strumenti: Funzionanti Descrizione degli strumenti: Sono 4 canne (due a due uguali) di sezione rettangolare aperte ad una estremità e dotate di una valvola e di una ancia all’estremità opposta. Le lunghezze interne delle due canne sono rispettivamente L1= 56.4 cm, L2 = 42.8 cm. I tubi portano superiormente una finestrella a chiusura scorrevole che consente l’accordatura nei limiti di un semitono. Probabilmente venivano utilizzate nelle esperienze in aula per evidenziare i nodi ed i ventri dell’onda sonora, il fenomeno di interferenza sonora ed il fenomeno dei battimenti con il metodo delle fiamme manometriche di König** e dello specchio rotante. Sono state ritrovate le due capsule monometriche ma non lo specchio rotante che consentiva di evidenziare i fenomeni di interferenza ed i battimenti e di misurare la frequenza dell’onda sonora con il metodo stroboscopico. ________________

** König aveva realizzato una capsula manometrica (presentata nel 1862 alla Esposizione Universale di Londra) costituita da una cavità chiusa a metà da una membrana. Quando l’aria vibra a causa di un suono, la membrana entra, sotto opportune condizioni in vibrazione forzata, modulando il flusso del gas combustibile in essa affluente e convogliato ad un becco. La fiammella prodotta in questo modo subisce delle variazioni di lunghezza e

luminosità le quali, quando vengano osservate riflesse in uno specchio ruotante rispetto ad un asse parallelo alla fiamma, originano una traccia variamente seghettata.

Canne di König

Capsule manometriche

Gas in

Ondasonora

Membrana

Fiamma

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La traccia risulta inclinata in verso opposto alla rotazione dello specchio, a causa del moto verticale dell’estremità libera della fiamma che si compone con quella orizzontale provocato dalla rotazione dello specchio. Se la frequenza di rotazione dello specchio (in genere costituito da 4 specchi per ridurre la velocità angolare del motore) coincide con la frequenza dell’onda sonora si ha una immagine fissa della fiammella.

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Sezione di Elettrostatica

Elettroscopi a foglie

Generatore di Van der Graaf

0

1

2

Spinterometro

10

86 4 2 0

Voltmetro elettrostaticoElettrometro a quadranti

Sezione di Elettrostatica

Elettrometro di WulfElettroscopio di Bohnenberger

SpinterometriElettroforo di Volta

Elettroforo (modello)Mulinello elettrost.Elettroforo (modello)Elettroforo (modello)

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Nella vetrina della Sezione Elettrostatica sono esposti alcuni strumenti di misura (elettroscopi, elettrometri, e voltmetri elettrostatici ) ed alcune macchine elettrostatiche (generatori elettrostatici e spinterometri), in parte acquistati dall’industria ed in parte realizzati nel Dipartimento, a scopi didattici, per le Esperimentazioni di laboratorio o per le dimostrazioni in aula. Elettroscopi ed elettrometri Tra i primi strumenti in grado di misurare lo stato di carica (e quindi il potenziale elettrostatico) vi furono gli elettroscopi, il più semplice dei quali, descritto da John Canton nel 1753 consisteva di due palline di sambuco sospesa ognuna ad un filo. Quando venivano posti a contatto con un corpo elettricamente carico i due pendolini divergevano dalla verticale, in direzione opposte, per effetto delle forze repulsive di natura elettrostatica. Sullo stesso principio si basavano l’elettroscopio portatile di Cavallo (1777) e quello a foglie d’oro di Bennet (1787). La conversione da semplice strumento di osservazione dello stato di carica ad uno strumento di misura del potenziale elettrostatico (elettrometro) è stata realizzata tra la fine del XVIII secolo e la metà del XIX secolo e vide la partecipazione di molti illustri fisici sperimentali. Senza pretesa di completezza nel seguito sono elencati i nomi dei costruttori e le date di realizzazione degli strumenti. 1753 - elettroscopio di John Canton (1718-1772) 1777 - elettroscopio portatile di Tiberio Cavallo (1749-1809) 1787 - elettroscopio a foglie d’oro di Abraham Bennet (1750-1790) 1787 - elettroscopio a pagliuzze di Alessandro Volta (1745-1824) 1789 - elettrometro di Jonathan Cuthberson (1744-1806) 1793 - elettrometro di William Nicholson (1753-1815) 1814 - elettroscopio di J.G.F. von Bohnenberger (1763-1831) 1829 - elettrometro di G.T. Fechner (1801-1887) 1843 - elettrometro di J.C.A. Peltier (1785-1845) 1844 - elettrometro bifilare di Palmieri (1807-1896) 1847 - elettrometro di R.H.A. Kohlrausch (1809-1858) 1850 - elettroscopio di Macedonio Melloni (1798-1854) 1858 - elettrometro a quadranti di Lord Kelvin (1824-1907) Dall’elettrometro a quadranti di Lord Kelvin sono derivati gli elettrometri di E. Mascart (1837-1908), di F. Dolezalek (1873-1920), di E. Branly (1844-1940), di M. Edelmann (1845-1913) dei fratelli Compton, Karl (1887-1935) ed Arthur (1892-1962), di Theodore Wulf (1868-1946) Sono ancora da ricordare l’elettrometro assoluto (o voltmetro elettrostatico) di Lord Kelvin, gli elettrometri di Augusto Righi, di Lippmann e di Rutherford.

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Macchine elettrostatiche Nell’Ottocento sono state prodotte macchine di vario tipo per creare e trasportare cariche elettrostatiche. Si può considerare come capostipite di queste macchine l’elettroforo (o schiacciata) di Volta,del quale è stato realizzato un modello esposto nella vetrina impiegando gli stessi componenti originali (trementina, pece greca e cera d’api nelle dovute proporzioni) per ottenere il disco di resina da elettrizzare manualmente per strofinio mediante un panno o una pelle (spesso code di gatto o di coniglio). Ben presto per l’operazione di strofinio sono stati costruiti congegni dotati di una ruota in vetro o materiale resinoso che veniva posta in rotazione e le cariche prodotte per strofinio sulla superficie della ruota venivano raccolte ed inviate ad un corpo metallico sferico che veniva quindi impiegato per eseguire le osservazioni di natura elettrostatica. L’efficacia con la quale le macchine elettrostatiche erano in grado di produrre cariche elettriche (e quindi potenziali elettrostatici) veniva determinata mediante lo spinterometro (dal greco spinthér = scintilla) con il quale si misurava la massima distanza tra due elettrodi sferici isolati (uno dei quali connesso al generatore elettrostatico), distanza alla quale si produceva la scarica elettrica disruptiva .

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Elettroscopi a foglie d’oro Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato degli strumenti: Funzionanti dopo aver sostituito i monconi delle originarie foglioline d’oro con foglioline di similoro di spessore 10 μm. Descrizione degli strumenti: L’ elettroscopio a foglie, il primo nella figura a lato, è dotato di una gabbia di Faraday (cilindro metallico) nella quale è

praticato un piccolo foro per introdurre il corpo elettrizzato. Le foglie si caricano per induzione elettrostatica con la stessa carica del corpo di prova e divergono raggiungendo la posizione di equilibrio determinata dalla condizione per cui la risultante delle due forze (forza peso e forza elettrostatica) deve giacere nel piano di ciascuna delle due foglie. Lo strumento, pur non essendo tarato consente un confronto tra le quantità di carica presenti sul corpo di prova. Il secondo elettroscopio è dotato di una sola foglia, che in condizioni di carica nulla, si appoggia ad una parete metallica verticale. Lo strumento viene caricato per contatto oppure per induzione (avvicinando un elettrodo piatto all’elettrodo dello strumento). Lo strumento è dotato di un pistone mobile che portato a contatto con la parete metallica consente di scaricare a terra le cariche presenti sulla fogliolina.

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Elettroscopio di Bohnenberger (modello)

Costruttore: Officina meccanica del Dipartimento di Fisica. Data di costruzione: 2009 Stato ello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: Questo strumento è stato ideato nel 1815 da J.G.F. von Bohnenberg. Una foglia d’oro fissata ad un supporto metallico terminante in una sferetta, è sospesa tra due piatti metallici verticali, collegati ai terminali di una pila a secco di Zamboni**, alloggiata nella parte inferiore dell’elettroscopio. Se la foglia viene

caricata (per contatto tra la sferetta ed il corpo di prova elettricamente caricato), essa viene attratta dal piatto eteronomo e respinta dal piatto carico dello stesso segno. Le deviazioni della foglia indicano il segno della carica e l’intensità dei potenziali in gioco. Lo strumento, modificato nel 1850 da W. Hankel, che lo trasformo in un elettrometro rappresenta il primo esempio di elettrometro funzionante in modo eterostatico, cioè con un campo elettrico ausiliario. Nel modello costruito in Dipartimento la pila a secco di Zamboni è stata sostituita da una batteria di pile al litio che forniscono una differenza di potenziale di circa 150 volt. ____________ **La pila a secco di Zamboni è costituita da dischi di carta igroscopica stagnati da una parte e ricoperti di biossido di manganese dall’altra, sovrapposti con la medesima orientazione e ben pressati. La parte stagnata costituisce il polo positivo, mentre la parte ricoperta con il biossido di manganese costituisce il polo negativo. Sovrapponendo un migliaio di dischi, a circuito aperto si ottiene una differenza di potenziale rilevante, che si conserva per qualche anno, mentre la corrente che si può ottenere è debolissima.

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Elettrometro a filo di Wulf

Costruttore: Günther & Tegetmeyer Braunschweig - Germania Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963). Stato dello strumento: Non funzionante: manca il filo di platino Descrizione dello strumento: Lo strumento (progettato

da Theodore Wulf nel 1906) rappresenta l’evoluzione moderna dell’elettrometro di Bohnenberger. Un sottile filo di Wollaston di platino è fissato verticalmente e mantenuto teso, dalla parte inferiore da un archetto di vetro isolante, la cui tensione può essere regolata dal costruttore (Fig. 1).

Il filo si trova tra due barrette cilindriche tra le quali viene applicata una differenza di potenziale che crea il campo elettrico ausiliario. Nella versione più elaborata dello strumento le barrette cilindriche sono sostituite dalle armature di un condensatore poste a distanza regolabile mediante due viti micrometriche presenti sui due lati dello strumento. Le viti di regolazione consentono così di variare la sensibilità dello strumento. A seconda della differenza di potenziale tra il filo e la custodia, il filo devia a destra o a sinistra rispetto alla posizione di equilibrio e lo spostamento è osservabile attraverso un microscopio micrometrico munito di scala e fissato su una lastra scorrevole sulla parete frontale dello strumento. Nella parete opposta si trova una finestra per illuminare mediante uno specchio il campo visivo del microscopio. L’elettrometro di Wulf è pertanto adatto per eseguire misure di differenze di potenziale in valore e segno. Valori tipici della sensibilità dello strumento sono compresi tra 1 ÷ 5 10-3 V/divisione mentre la sua capacità è di alcuni pF .

Fig. 1

Microscopio Specchio

Adduttore filo di Pt

Adduttore d.d.p. ausiliaria

Lastra scorrevole

Vite di regolaz.

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Voltmetro elettrostatico Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: Il principio di funzionamento dello strumento è sostanzialmente identico a quello degli elettroscopi a foglie d’oro. In questo caso la foglia d’oro è stata sostituita da una asticciola imperniata attorno ad un asse posto appena al disopra del baricentro dell’asticciola (allo scopo di avere un piccolo momento torcente della forza peso). L’equipaggio, costituito dall’asticciola e da un supporto metallico a forma di S al quale è fissata la scala di misura, è

contenuto in una custodia metallica e sostenuto da un tappo isolante. L’asticciola funge anche da indice per la scala di misura. La lettura della deviazione dell’indice avviene attraverso una finestra di vetro (nella figura a lato la parete con la finestra è stata tolta per mostrare l’interno dello strumento). Come evidenziato dalla scala la deflessione angolare non risulta proporzionale al potenziale elettrostatico applicato allo strumento. La ditta costruttrice fornisce una sensibilità dello strumento di 500 V/div.

10 8

6 4 2 0

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Elettrometro a quadranti

Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: L’elettrometro a quadranti di Dolezalek è uno degli strumenti più sensibili appartenenti a questa categoria (≈ 105 divisioni/volt). L’equipaggio mobile è costituito da una lamina metallica a forma di 8 sospesa ad un filo di torsione vincolato alle due estremità e dotato di specchietto per la misura ottica delle deflessioni angolari. La lamina metallica è inserita in una scatola metallica di forma cilindrica, divisa in quattro settori (quadranti) mediante due tagli ortogonali. La lamina a forma di 8 e le due coppie di quadranti contrapposti sono alimentate a potenziali differenti (rispettivamente Vo, V1 e V2). Sotto l’azione della coppia di forze elettrostatiche e della coppia di richiamo esercitata dal filo elastico, l’equipaggio mobile raggiunge una posizione di equilibrio che è determinata dai tre potenziali (Ve, V1, V2) e dalla costante elastica del filo (τr = -k θ).

Il momento meccanico delle forze elettrostatiche τe può essere determinato a partire dall’energia potenziale elettrostatica W (τe = - dW/dθ) che è data da: W = C1(θ)(Ve-V1)2/2 + C2(θ)(Ve-V2)2/2 dove C1(θ) e C2(θ) rappresentano le capacità della lamina rispetto alla prima ed alla seconda coppia di quadranti. Essendo la lamina realizzata in maniera che dC1/dθ = -dC2/dθ = cost = 2A, la condizione di equilibrio diventa: kθ = A[(Ve-V1)2 + (Ve-V2)2 ] che può essere riscritta nella forma: θ = (2A/k)(V2-V1)[ Ve – (V1+V2)/2] Poiché il potenziale incognito può essere inviato sia alla lamina che ad una coppia di quadranti e poiché i potenziali ausiliari possono essere scelti (in valore e segno) dallo sperimentatore, l’elettrometro presenta diversi modi di funzionamento: a) Connessione simmetrica Ve=Vx V1= -Vo V2=Vo θ = (4AVo/k) Vx (legge lineare) b) Connessione eterostatica V2=Vx V1= 0 Ve=Vo θ = (4A/k) Vx (Vo-Vx/2) (legge di tipo quadratico) c) Connessione idiostatica V1=Vx V2= Vo Ve=Vo θ = (A/k) (Vo-Vx)2 (legge quadratica – adatta per potenziali di tipo alternato se si pone Vo = 0)

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Elettroforo di Volta (o schiacciata di Volta) Costruttore: Officina meccanica del Dipartimento di Fisica. Data di costruzione: 2008 Stato del dispositivo: Funzionante Descrizione del dispositivo: L’elettroforo di Volta è la più semplice delle macchine elettriche. Esso è costituito da un piatto metallico nel quale è stata praticata una sede per contenere al suo interno la sostanza resinosa (schiacciata) dello spessore di qualche millimetro.

Originariamente la miscela resinosa era composta di trementina (50% in peso), di pece greca (33.3% in peso) e di cera d’api (16.7% in peso) bollite insieme per qualche ora, aggiungendovi insieme del minio, che contribuiva a colorare di un bel colore vermiglio il composto finale. Il modello esposto è stato realizzato con questi stessi componenti sostituendo il minio (ossido salino di piombo 2PbO-PbO2 , soprattutto impiegato come pigmento nelle vernici antiruggine) con un innocuo pigmento rosso. La schiacciata strofinata con una pelle (spesso code di gatto o di coniglio) si carica negativamente. Appoggiando un disco metallico con manico isolante questo si carica per induzione (positivamente la superficie a contatto con la resina e negativamente la faccia superiore del disco). Collegando il disco metallico a terra (è sufficiente toccarlo con un dito prima di staccarlo dalla schiacciata) si scaricano gli elettroni ed il disco rimane carico positivamente. Allontanato il disco dalla schiacciata, usando il manico isolante, si può ottenere l’accensione di una piccola lampada al neon o dare una scossa percettibile se il disco carico viene avvicinato alla nocca di un dito. La scintilla che accompagna la scarica elettrica può essere riottenuta numerose volte appoggiando e sollevando il disco dalla schiacciata, dopo aver scaricato a terra e cariche negative indotte. Il potenziale elettrostatico del disco risulta di alcune migliaia di volt (pur essendo piccola la carica elettrica in gioco) e può essere misurato con il voltmetro elettrostatico.

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Modello di macchina elettrostatica

Costruttore: Officina Meccanica del Dipartimento di Fisica. Data di costruzione: 2008 Stato della macchina: Funzionante Descrizione della macchina: Il modello di macchina elettrostatica a strofinio è costituito da un disco in plexi-glass sorretto al centro da un

albero metallico che può essere posto in rotazione mediante una manovella. Il disco di dimensioni ridotte (Φ ≈ 16 cm) è strofinato nella regione periferica da due cuscinetti ricoperti da pelle di daino e sostenuti da un asta isolante di plexiglass. Le cariche prodotte per strofinio sono raccolte da due fogli di similoro (diametralmente opposti ai due cuscinetti) sorretti da un’asta isolante ed elettricamente connessi ad una sfera di ottone di circa 5 cm di diametro. Lungo la periferia del disco di plexiglass sono incollati quattro settori in similoro che hanno la funzione di scaricare a terra le cariche elettriche che rimangono depositate sulla pelle di daino. Il dispositivo è in grado di caricare la sfera sino a potenziali di circa 10-12 kV e produrre quindi con uno spinterometro (con elettrodi sferici) scintille di 3-4 mm.

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Generatore di Van de Graaf

Costruttore: Leybold Didactic GMHB – Germania Data di acquisto: Ignota (probabile dopo il 1963) Stato della macchina: Funzionante dopo un intervento di meccanica per tendere la cinghia di gomma. Descrizione del generatore: Il generatore di Van de Graaf prodotto dalla Leybold è un generatore di cariche elet-trostatiche con tensioni molto elevate (fino a 100 kV nelle migliori condizioni sperimentali) che però non presentano pericoli grazie ad una corrente di corto circuito estremamente piccola (fino a 15 μA). Il dispositivo è costituito da una sfera cava di metallo (diametro:

19 cm) sostenuta da un isolatore in vetro acrilico alto circa 60 cm. Al suo interno penetra una cinghia in gomma larga 5 cm che trasporta le cariche elettriche prodotte per strofinio alla base del dispositivo. La cinghia di gomma viene posta in rotazione da un motore elettrico di bassa potenza (13 VA).

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Spinterometri Costruttori: Ignoti Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dei dispositivi: Funzionanti

Descrizione dei dispositivi: Dispositivo costituito da due elettrodi opportunamente distanziati tra i quali si manifesta una scarica disruptiva quando il campo elettrico nello spazio compreso tra essi supera la rigidità elettrica del mezzo isolante interposto (in aria secca la rigidità elettrica è di circa 30 kV/cm). Viene utilizzato per misurare tensioni molto elevate (migliaia o decine di migliaia di volt). In tal caso [Figura a) e Figura c)] il dispositivo è costituito da due elettrodi sferici (di diametro 1 cm) la cui distanza può essere regolata con precisione mediante una vite micrometrica ed una scala millimetrica solidale con il supporto. In date condizioni di temperatura, pressione ed umidità, la tensione di scarica dipende soltanto dalla distanza tra gli elettrodi e può quindi essere determinata in base alla conoscenza di questa. Nello spinterometro di Figura b) gli elettrodi sono a punta (cioè con un raggio di curvatura molto piccolo), questa configurazione consente di ottenere la scarica disruptiva anche con cariche elettrostatiche di piccola entità depositate o indotte su uno dei due elettrodi, oppure di ottenere distanza di scarica più elevate.

0

1

2

b)

a)

c)

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Nella Tabella I sono riportate le distanza di scarica per elettrodi sferici e per elettrodi a punta in funzione della tensione applicata. I dati si riferiscono all’aria alla pressione p = 760 mm Hg ed alla temperatura t = 25 C e sono basati sulle misure effettuate dall’Istituto Americano di Elettrotecnica. Mentre in Tabella II sono riportati i fattori correttivi delle distanze di scarica per temperature e pressioni diverse dai valori standard sopra riportati. Si noti come la distanza di scarica, a parità di tensione applicata, vada crescendo al diminuire del diametro degli elettrodi sferici impiegati. Estrapolando i dati della Tabella I si ricava che lo spinterometro a) è adatto per misurare tensioni non superiori a 50 kV. Tabella I

Tabella II

Pressione (mm Hg) Temp. (C) 720 740 760 780 0 1.04 1.06 1.09 1.12 10 1.00 1.02 1.05 1.08 20 0.96 0.99 1.02 1.04 30 0.93 0.96 0.98 1.01

Tensione (kV)

Elettrodi sferici diametro (in cm)

Elettrodia punta

Tensione (kV)

Elettrodi sferici diametro (in cm)

Elettrodia punta

2.5 5.0 10.0 2.5 5.0 10.0 Distanza di scarica (cm) Distanza di scarica (cm)

5 0.13 0.15 0.15 0.42 45 1.68 1.50 1.47 4.49 10 0.27 0.29 0.30 0.85 50 2.00 1.71 1.65 5.20 15 0.42 0.44 0.46 1.30 60 2.82 2.17 2.02 6.81 20 0.58 0.60 0.62 1.75 70 4.05 2.68 2.42 8.81 25 0.76 0.77 0.78 2.20 80 …. 3.26 2.84 11.1 30 0.95 0.94 0.95 2.69 90 …. 3.94 3.28 13.3 35 1.17 1.12 1.12 3.20 100 …. 4.77 3.75 15.5 40 1.41 1.30 1.29 3.81 110 …. 5.79 4.25 17.7

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Mulinello elettrostatico Costruttore: Officina Meccanica del Dipartimento di Fisica Data di costruzione: 2009 Stato del dispositivo: Funzionante Descrizione dello strumento: Il mulinello elettrostatico è un semplice dispositivo che consente di illustrare il potere dispersivo delle punte. Il modello esposto è costituito da un supporto isolante, da un fulcro in ottone che sostiene un cappuccio, anch’esso metallico, al quale sono collegate tre barrette cilindriche le cui estremità appuntite sono ripiegate di 90° in senso orario (o antiorario). Connettendo il dispositivo ad un generatore elettrostatico caricato negativamente (ad esempio ad un generatore di Van der Graaf) si osserva che il mulinello entra in rotazione quando il campo elettrico in prossimità delle

punte supera la rigidità elettrica dell’aria (circa 30 kV/cm per l’aria secca).

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Sezione di Elettromagnetismo

Multiflex GalvanometerDR. E. LANGE

X 10 X 10

- +

Galvanometro del Dr. Lange

Galvanometro Hartmann - Brown

Scala luminosa

Galvanometro Allocchio - Bacchini Dipolo magnetico

Spirale di Roget

Bicchieri di FaradayLevitazione magnetica

Sezione di Elettromagnetismo

Ruota di Barlow(con magneti permanenti)

Ruota di Barlow(con elettromagnete)

Apparato di Oersted

Galvanometri delle tangenti

Galvanometri a filo Galvanometri di Deprez d’Arsonval

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Questa sezione è dedicata prevalentemente agli strumenti di misura dell’intensità di corrente ed alla loro evoluzione sino ai più recenti galvanometri ed ad alcuni modelli con i quali nell’Ottocento i fisici hanno messo in evidenza le forze (non conservative) tra le correnti elettriche ed i campi magnetici. Viene esposto un modello per illustrare l’osservazione di Oersted sulla interazione tra un ago magnetico e la corrente elettrica ed un modello del primo galvanometro (realizzato nel 1820 da J. S.C. Schweigger e descritto in the “Journal fǖr Chemie und Physik” ed indicato con il termine di “amplificatore elettromagnetico”). E’ quindi esposta una serie di galvanometri: dal galvanometro (o bussola) delle tangenti al galvanometro a filo, dal galvanometro di Deprez D’arsonval ai galvanometri di produzione industriale. Accanto ai galvanometri sono esposti alcuni modelli di strumentazione realizzata dai fisici dell’Ottocento: i due bicchieri di Faraday, la spirale dei Roget e due modelli di ruota di Barlow. Sono esposti anche un mappamondo la cui superficie è ricoperta da un avvolgimento elettrico (probabilmente per simulare il dipolo magnetico che dà origine al campo magnetico terrestre) ed un dispositivo moderno (ottenuto con magneti permanenti molto potenti ed ottenuti con terre rare come il Nd FeCo) con il quale si realizza la levitazione magnetica. Galvanometri E’ interessante seguire lo sviluppo degli strumenti di misura della intensità di corrente che ha avuto inizio immediatamente dopo l’osservazione dell’azione meccanica di una corrente elettrica su un ago magnetico compiuta da Oersted nel 1820. Il primo strumento, realizzato nel 1820 ed indicato dal costruttore con il nome di “ moltiplicatore elettrodinamico” utilizza come elemento sensibile un ago magnetico posto al centro di poche spire di forma pressoché rettangolare nelle quali viene fatta circolare la corrente elettrica della quale si vuole determinare l’intensità. L’ago magnetico in questo strumento è poggiato su un perno ed è praticamente libero di ruotare in un piano orizzontale (disturbato dalle forze di attrito agenti nel punto di sospensione). La posizione angolare raggiunta dall’ago magnetico quando è stata raggiunta la condizione di equilibrio dipende dalla intensità della componente orizzontale del campo magnetico terrestre (dell’ordine di 0.2-0.3 gauss) e dalla intensità del campo magnetico generato dalla corrente elettrica inviata nelle spire dello strumento. Un modello di questo strumento, di recente costruzione per scopi didattici, è conservato nella vetrina dedicata alla strumentazione elettrica ed il principio di funzionamento è descritto in queste note (si veda “Modello di moltiplicatore elettrodinamico”). Questo primo rudimentale strumento è stato perfezionato negli anni seguenti, ed un esemplare è conservato nella stessa vetrina sotto il nome di galvanometro delle tangenti. In questo strumento l’ago magnetico è sospeso ad un filo di seta molto sottile e sufficientemente lungo (allo scopo di ridurre al minimo il momento torcente del filo quando l’ago magnetico si sposta dalla posizione iniziale corrispondente alla

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intensità di corrente nulla) ed è immerso in una bobina con un numero elevato di spire (allo scopo di aumentare la sensibilità dello strumento). Anche in questo strumento la posizione angolare dell’ago è determinata dalla intensità della componente orizzontale del campo magnetico terrestre e dalla intensità del campo magnetico generato dalla corrente elettrica inviata nelle spire dello strumento. Per aumentare la sensibilità dello strumento si ribaltano le funzioni:

- il campo magnetico non viene più generato dalla corrente che si vuole misurare ma è prodotto da un magnete permanente oppure da un elettromagnete le cui estremità polari vengono opportunamente sagomate;

- l’elemento sensibile non è più un ago magnetico (in genere troppo ingombrante) ma un filo (galvanometro a filo) oppure una bobina sospesa ad un filo elastico (galvanometro a bobina mobile) nei quali viene inviata la corrente da misurare.

Nel caso del galvanometro a filo si misura, mediante un microscopio, la deformazione che questo, essendo vincolato alle due estremità, subisce sotto l’azione della forza magnetica (Fm = I LxB) e della forza di richiamo elastica. Nel caso del galvanometro a bobina mobile la posizione di equilibrio viene raggiunta dalla spira quando il momento meccanico agente sulla bobina percorsa dalla intensità di corrente viene equilibrato dal momento torcente del filo elastico di sospensione. Per aumentare la sensibilità di questo strumento la deviazione angolare viene determinata otticamente inviando un fascio di luce su uno specchietto solidale con la bobina (o con il filo di sospensione) e ricevendo il fascio riflesso su una scala millimetrica posta ad una distanza prefissata dallo strumento (tipicamente 0.5-1 m). Di strumenti basati su queste due tecniche ne esistono alcuni esemplari descritti nelle note seguenti.

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Modello del dispositivo di Oersted Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del dispositivo: Funzionante. E’ stata aggiunto un supporto isolante con tre bussole dotate di graduazione angolare e nelle quali gli aghi magnetici galleggiano in un liquido. Descrizione del dispositivo: Su una base di legno è fissata una spira rettangolare (270x105 mm2) di filo di rame (Φ ≈ 3 mm) che può essere alimentata con intensità di corrente sino a 10 A. Il dispositivo si presta per mostrare come l’azione esercitata dalla corrente elettrica sull’ ago magnetico corrisponda ad un momento meccanico. Si orienta la spira (con corrente nulla) in maniera che l’ago magnetico, posto al centro della spira e soggetto soltanto alla componente

orizzontale del campo magnetico terrestre (Bt ≈ 0.45 gauss), giaccia nel piano di quest’ultima.

Alimentando poi la spira con una intensità di corrente variabile da 0 a 10 A si osserva che gli aghi magnetici, dopo alcune oscillazioni smorzate, si arresta-no formando un angolo θ con la direzione del campo magnetico terrestre, come mostrato nella Fig. 1. Gli aghi magnetici esterni

alla spira formano un angolo inferiore e sono ruotati in verso opposto (rispetto a quello dell’ago centrale). Il dispositivo consente di misurare con discreta precisione la componente orizzontale del campo magnetico terrestre. Infatti orientando la spira di Oersted, quando è nulla l’intensità di corrente in essa circolante, in maniera che gli aghi magnetici giacciano nel piano della spira e misurando la deviazione angolare θ quando si invia l’intensità di corrente I nella spira si ottiene la seguente relazione: tg(θ) = B/Bo

-90

-60

-30

0

30

60

90

0 2 4 6 8 10

I (A)

θ (°

) Fig. 1

Ago magnetico al centro della spira

Ago magnetico all'esterno della spira

34

essendo B il campo generato dalla corrente circolante nella spira al centro delle bussole e Bo la componente orizzontale del campo magnetico terrestre. Tenendo conto della geometria della spira di Oersted, l’intensità del campo di induzione magnetica al centro della spira di Oersted è data da: B (T) = 1.6 10-5 I (A) mentre l’intensità del campo di induzione magnetica al centro delle bussole poste all’esterno della spira è data con buona approssimazione da: B (T) = 5.5 10-6 I(A)

35

Moltiplicatore elettrodinamico.

Costruttore: Officina meccanica del LASA Data di costruzione: 1988 Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: Lo strumento è un modello del “moltiplicatore elettrodinamico” progettato nel 1820 (nello stesso anno in cui Oersted aveva osservato l’azione esercitata da una corrente elettrica su un ago magnetico) da parte di J.S.C. Schweigger e del quale viene data notizia nella rivista scientifica Journal für Chemie und Physik. Questo tipo di strumento ha in seguito preso il nome di “galvanometro delle tangenti” in quanto l’intensità di corrente risulta proporzionale alla tangente della deviazione angolare subita dall’ago magnetico. Lo strumento viene orientato in maniera che l’ago magnetico (quando I = 0) sotto l’azione del campo magnetico terrestre si posizioni nel piano delle spire (individuato dallo zero della scala goniometrica). La condizione di equilibrio dell’ago, per una prefissata intensità di corrente, è data infatti da: B = Bo tg θ

dove B è l’intensità del campo magnetico generato dalla corrente elettrica che fluisce nelle spire e Bo la componente orizzontale del campo magnetico terrestre. L’intensità del campo magnetico B è proporzionale all’intensità della corrente che si vuol misurare ed al numero N di spire (da cui è derivata la prima denominazione dello strumento).

0

1

2

3

4

5

0 10 20 30 40 50 60

θ(deg)

I(A)

36

Nei grafici è riportata la curva di taratura del modello (intensità di corrente in funzione della deflessione angolare ed in funzione della tangente della deflessione

angolare). Tali grafici mostrano la ridotta sensibilità dello strumento e la ridotta risoluzione (a causa del ridotto numero di spire) e mostrano anche la non perfetta linearità della curva di taratura per tang θ < 0.5 (dovuta alla dimensione non trascurabile dell’ago magnetico rispetto alla dimensione lineare delle spire, in particolare la presenza di una

non trascurabile componente del campo magnetico generato dalle spire che si somma alla componente orizzontale del campo magnetico terrestre).

0

1

2

3

4

5

0 0,5 1 1,5

tang(θ)

I(A)

37

Galvanometro delle tangenti Ditta costruttrice: Ruhmkorff – Parigi Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1940) Stato dello strumento: Non è più operativo in quanto il filo di sospensione (sostituito dopo la sua rottura) è troppo spesso e quindi introduce un momento di torsione non trascurabile quando l’ago magnetico viene posto in rotazione dal campo magnetico generato dalla intensità di corrente. Descrizione dello strumento: Questo strumento molto elegante è una naturale evoluzione del moltiplicatore elettrodinamico descritto nella precedente scheda. Come mostrato nelle due sezioni in piani ortogonali dello strumento, l’ago magnetico è sospeso all’interno di una bobina di sezione rettangolare mediante un

filo molto sottile (il cui momento torsionale è trascurabile rispetto al momento meccanico generato dalla intensità di corrente sull’ago magnetico). L’ago magnetico è solidale ad un indice la cui rotazione angolare θ ( θmax = ± 90° ) rispetto alla

Vite di regolazione

Indice

Piastra goniometrica

Bobina

Ago magnetico

Ruota e vite elicoidali

Adduttori di corrente

38

posizione iniziale determinata dal campo magnetico terrestre (quando I = 0) fornisce la misura della intensità di corrente mediante la relazione: I = Io tg θ essendo Io il valore ottenuto mediante taratura locale (Io dipende dall’intensità del della componente orizzontale del campo magnetico terrestre nel luogo di misura). La piastra goniometrica solidale con la bobina e con gli adduttori di corrente può essere ruotata mediante una ruota ed una vite elicoidali in maniera da posizionare l’indice di misura sullo zero della scala (quando I = 0). Da alcune caratteristiche geometriche e fisiche della bobina (spessore dell’avvolgimento s ≈ 6 mm e resistenza elettrica R ≈ 260 Ω) e da alcune misure effettuate con l’attuale filo di sospensione (θ = 60° per I = 200 μA) si può desumere che lo strumento originale potesse consentire la misura di intensità di corrente in un intervallo di valori compresi tra 1-100 μA.

39

Galvanometro a filo Costruttore: Ditta Olandese Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Non funzionante: manca il filo ed il microscopio. Descrizione dello strumento: I componenti essenziali dello strumento sono: - un elettromagnete; - un sottile filo (in genere di platino o di tungsteno) racchiuso

in una custodia e vincolato alle due estremità nel quale viene inviata la corrente da misurare. Il filo si trova tra le espansioni polari dell’elettromagnete (ancora funzionante); - un microscopio (non più in dotazione allo strumento) per misurare la deflessione subita del filo. Nei normali galvanometri a filo (come quello di Einthoven) lo spostamento del filo avviene in un piano parallelo alle facce dei poli pertanto questi ultimi sono forati (in senso parallelo al campo magnetico) sia per illuminare il filo sia per osservare lo

spostamento del filo mediante il microscopio. Nell’esemplare esposto nella mostra la direzione di osservazione giace nel piano mediano delle espansioni polari (quindi non adatto per misurare lo spostamento del filo, nell’ipotesi di poli simmetrici). Si deve supporre che il costruttore abbia realizzato una configurazione dissimmetrica dei poli per ottenere una componente del campo magnetico nella

direzione di osservazione, componente in grado di produrre uno spostamento del filo in direzione ortogonale rispetto alla direzione di osservazione. Le espansioni polari terminano con una sezione trapezoidale ed in una di queste è praticata una cava di piccole dimensioni (come mostrato nella figura a lato) allo scopo di produrre la dissimetria nel campo magnetico. Il sottile filo metallico è sospeso tra due molle elicoidali che svolgono una triplice funzione: quella di adduttori di corrente, quella di tenditori del filo e quella di equilibrare la forza magnetica quando viene inviata nel filo la corrente da misurare.

40

Galvanometri di Deprez D’Arsonval

Costruttori: a) Ing. Belotti - Italia b) Allocchio-Bacchini - Italia c) Allocchio Bacchini – Italia d) Brown Boveri – Svizzera e) Dr. Lange – Germania Data di acquisto: Ignota per ogni esemplare (probabile prima del 1963) Stato dello strumento : a) Non funzionante(circuito interrotto) – Magnete permanente b) Funzionante – Elettromagnete c) Funzionante - Magnete permanente d) Funzionante – Magnete permanente e) Funzionante – Magnete permanente Descrizione degli strumenti: Questo tipo di galvanometro è stato inventato e perfezionato dai francesi Marcel Deprez (1843-1918) ed Arsène D’Arsonval (1851-1940) ed è considerato il capostipite di tutti gli strumenti a bobina mobile. Un lungo tubo contiene il filo di sospensione della bilancia di torsione che sostiene l’equipaggio mobile (costituito da una bobina) immerso nel campo magnetico prodotta da un magnete permanente a ferro di cavallo oppure da un elettromagnete. Uno specchietto, solidale al filo di torsione, consente mediante riflessione di un sottile fascio luminoso di misurare l’angolo di deflessione su un apposito schermo (normalmente posto alla distanza di 1 m). Valori tipici della sensibilità di questo tipo di strumento sono compresi nell’intervallo

Multiflex GalvanometerDR. E. LANGE

X 10 X 10

- +

a) b) c) d) e)

41

10-7 – 10-8 A/mm quando lo schermo è posto alla distanza di 1 metro. Data l’elevata sensibilità esso viene utilizzato soprattutto come strumento di zero, ad esempio per il bilanciamento del ponte di Wheatstone. Nel seguito verrà fornita una breve descrizione di due di questi galvanometri e del dispositivo che consente la misura ottica della deviazione angolare dell’equipaggio mobile. Galvanometro a)

In questo strumento, come nella maggior parte dei galvanometri, il campo magnetico è generato da un magnete permanente. Lo strumento è dotato di una barretta in ferro (con una base ricoperta da velluto per ridurre l’effetto di smagnetizzazione che può derivare dagli urti della barretta durante la fase di inserimento della stessa sul circuito magnetico). Tale barretta ha la funzione di cortocircuitare il flusso magnetico del magnete permanente durante il periodo di inattività, allo scopo di prolungarne la vita (ovviamente durante la misura la barretta deve essere tolta). Lo strumento è dotato anche di un prisma a sezione retta, che può essere ruotato attorno ad un asse orizzontale e spostato in direzione verticale, la cui funzione è quella di riflettere il fascio luminoso proveniente da una sorgente esterna sullo specchietto. Alla sommità del tubo vi sono due ghiere che consentono di tendere il filo e di orientare lo specchietto.

Galvanometro c)

In questo galvanometro sia il filo di torsione e l’equipaggio mobile, sia il magnete permanente sono racchiusi in una custodia di ottone che presenta una finestra in corrispondenza dello specchietto. Sulla base, dotata di piedi di regolazione per mettere in bolla lo strumento (non provvista però della classica bolla circolare), sono presenti le due boccole per la connessione elettrica. Lo strumento non è dotato di un sistema di blocco dell’equipaggio mobile (per evitare la rottura del filo di sospensione durante le operazioni di trasporto) e neppure di una resistenza di shunt (per la protezione del filo di sospensione, che funge anche da adduttore, da eccessive intensità di corrente durante le fasi iniziali di misura).

42

La custodia può essere facilmente tolta (per eventuali riparazioni del filo di sospensione) e nella figura che segue sono mostrate diverse viste dello strumento e dei principali componenti dello strumento stesso.

Questo strumento, come del resto gli altri ad esclusion fatta del galvanometro del Dr. Lange, necessitano di un dispositivo esterno con il quale effettuare la misura

dell’angolo di devia-zione dell’equipaggio mobile. Tale dispositivo è costituito essenzial-mente da una lampada S il cui filamento puntiforme è posta nel fuoco di una lente L. Il fascio di luce viene deviato dal prisma P a sezione retta sullo specchietto A del galvanometro e da questo riflesso sulla scala M semitraspa-

rente. Sulla faccia di uscita del prisma è tracciata, al centro una linea nera verticale che proiettata sulla scala funge da indice per la misura.

Vista di fronte Vista dal retro Vista laterale

Specchietto

Filo di torsione e adduttore

BobinaMagnete permanente

Vite di regolazione

Giogo in ferro

Connessione elettrica

Molla antagonista

Barra di sostegno e adduttore

25 20 15 10 5 0 5 10 15 20 25

A

L

P

S

M

43

Bicchieri di Faraday Costruttore: Officina meccanica del Dipartimento Data di costruzione: 2008 Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: Questo apparato è un modello aggiornato del dispositivo realizzato da Faraday e da lui descritto nel “Quartely Journal of Science” nel 1822. E’ costituito da due bicchieri in ottone

riempiti di mercurio nei quali sono immersi due magneti permanenti (uno che galleggia nel mercurio essendo

vincolato all’estremità

inferiore mediante un filo, il secondo che invece è fisso al centro del bicchiere che lo contiene) e due barrette metalliche (una fissa ed una che puo ruotare attormo al punto di sospensione). I due bicchieri sono connessi elettrica-mente attraverso i bracci metallici

che sostengono le due barrette. Faraday mostrò che inviando corrente nel circuito, quando sono verificate op-portune condizioni sperimentali, la forza magnetica (che agisce trasversalmente) produce una rapida e costante rotazione sia del primo magnete attorno alla barretta fissa sia della seconda barretta attorno al magnete fisso. Questa esperienza dimostra la non conservatività delle forze elettromagnetiche ed il dispositivo può essere considerato il primo protitipo di motore elettrico. Una vista del dispositivo sezionato a livello dei due bicchieri consente di illustrare le condizioni sperimentali necesssarie al funzionamento del dispositivo. La condizione di galleggiamento del primo magnete (ottenuto mediante l’unione di due magneti,

44

ciascuno di lunghezza 5 cm e diametro 1 cm) in maniera che la sua inclinazione sia compresa tra 6° (affinché non urti la barretta metallica) e circa 18 ° (affinché non strisci contro il bordo del magnete) impone che il bicchiere sia riempito con mercurio sino ad un ben determinato livello. Imponendo le condizioni di equilibrio dei momenti delle forze (forza di gravità, spinta archimedea) si trova,come mostrato dai grafici sotto riportati, che il livello del mercurio deve essere compreso tra 8.8 ed 8.5 cm (se il magnete è nudo) e tra 8.5 ed 8.2 cm se al magnete sono fissate masse addizionali (20% del peso del magnete).

-6000,0

0,0

6000,0

0 5 10 15 20 25

Theta(°)

M (d

ine

cm)

1) h = 8.5 cm2) h = 8.6 cm3) h = 8.7 cm4) h = 8.8 cm 1

23

4

Magnete nudo

-6000,0

0,0

6000,0

0 5 10 15 20 25

Theta (°)

M (d

ine

cm)

1

2

3

41) h = 8.2 cm2) h = 8.3 cm3) h = 8.4 cm4) h = 8.5 cm

Magnete con 20% di masse addizionali

Il polo magnetico inferiore si trova esattamente sull’asse della corrente elettrica (omogeneamente distribuita nella massa di mercurio) e quindi è sottoposto ad un sistema di forze con momento meccanico nullo, mentre il polo superiore si trova immerso in un campo magnetico diretto tangenzialmente alla circonferenza centrata sulla barretta fissa e quindi è sottoposto ad un momento meccanico diverso da zero. Il magnete raggiunge in breve una velocità angolare costante in quanto su di esso agisce la forza di attrito dovuto alla viscosità del mercurio. Le stesse considerazioni valgono per la barretta mobile ed il magnete fisso del secondo bicchiere.

45

Ruote di Barlow

Costruttore: a) Ignoto b) Officina meccanica del LASA Data di acquisto o di costruzione: a) ignota (probabile prima del 1963) b) 1989 Stato del dispositivo: a) Funzionante

b) Funzionante Descrizione dello strumento: Tale ruota ideata dal fisico ed ingegnere Petr Barlow (1776-1862) mette in evidenza la non solenoidalità del campo magnetico. Infatti facendo passare corrente in direzione radiale, questa interagisce con il campo magnetico generato da un elettromagnete [ruota a)] o da un magnete permanente [ruota b)] producendo una forza (in direzione ortogonale sia alla corrente che al campo) che provoca la rotazione della ruota. Nell’esemplare a) la ruota è costituita da una lamina molto sottile di rame il cui bordo è inserito tra le espansioni polari di un elettromagnete. La lamina può ruotare attorno al proprio asse e pesca inferiormente in un pozzetto di mercurio. Una coppia di morsetti consente di alimentare l’elettromagnete mentre una seconda coppia di morsetti permette di creare un circuito elettrico tra il centro della ruota ed il pozzetto di mercurio. Inviando una corrente di intensità Io nel circuito della ruota questa è sottoposta ad un momento torcente M1 = Io B R ΔR dove B è il campo di induzione magnetica generato dall’elettromagnete, R il raggio della ruota e ΔR = R-R1 è l’estensione radiale della estremità della ruota immersa nel campo magnetico. Nella lamina di rame sono indotte delle correnti parassite che producono un momento meccanico che tende a frenare il moto della ruota e la cui intensità è data da M2 = - (α/3) B2 (R3-R1

3) dθ/dt dove α è un coefficiente di proporzionalità che dipende dalla resistività ρ del materiale con il quale è stato realizzato il disco della ruota e dθ/dt la velocità angolare di rotazione del disco. Pertanto la ruota raggiunge in breve tempo una velocità angolare limite ω data da: ω ÷ (Io/B) R/(R2 +RR1+R1

2)

a) b)

46

Nell’esemplare b) la ruota in ottone è stata intagliata a raggiera allo scopo di addensare la corrente elettrica lungo il raggio che congiunge il centro al punto di contatto con il mercurio e nello stesso tempo ridurre le correnti indotte dal moto di rotazione. L’estremità della ruota è inserita tra due magneti permanenti di NdFeCo.

47

Elica di Roget Costruttore: Officina meccanica del Dipartimento Data di costruzione: 2009 Stato del dispositivo: Funzionante Descrizione del dispositivo: L’elica di Roget (medico inventore del regolo calcolatore logaritmico) è realizzata con un filo di rame avvolto ad elica cilindrica e sostenuto da una testa in ottone che può essere regolata in altezza. L’estremità inferiore dell’elica termina con una sfera di ottone alla quale è applicata una punta di ferro che pesca in un pozzetto contenente del mercurio. Sulla base isolante sono applicati due morsetti che assicurano il contatto elettrico rispettivamente con la

estremità superiore dell’elica e con il pozzetto di mercurio. All’interno dell’asta isolante che sorregge la testa di ottone può essere inserito un cilindro di ferro che ha la funzione di esaltare l’effetto di contrazione dell’elica quando questa è percorsa dalla corrente elettrica. Quando l’elica viene alimentata ciascuna spira si comporta come una lamina magnetizzata attraendo le spire adiacenti, sicché l’elica si contrae e perde il contatto elettrico con il mercurio: per gravità si ristabilisce il contatto e si ha una nuova contrazione. Questo apparato viene utilizzato per mostrare gli effetti magnetici delle correnti elettriche, in particolare le forze assiali cui sono soggette le spire di una bobina quando sono percorse da una corrente elettrica.

48

Globo elettromagnetico Costruttore: Ignoto Data di costruzione: Probabile prima del 1940 Stato dell’apparato: Funzionante dopo l’ intervento di riparazione dell’avvolgimento. Descrizione dell’apparato: Sfera in legno sulla cui superficie è avvolto a spirale un filo di rame (di diametro 2 mm) le cui estremità si trovano ai due poli. Le spire (in numero di 71) sono equidistanziate con passo azimutale di 2.5°. La sfera cava presenta una apertura a forma di spicchio che si estende da un polo all’altro. Quando è stato recuperato molte spire nella regione equatoriale erano fuoriuscite dalla sede ed avevano uno sviluppo nettamente superiore allo sviluppo delle cave praticate nella sfera per accoglierle. Per ripristinare la configurazione iniziale si è

proceduto ad accorciare, ad incollare nelle rispettive cave ed a risaldare le spire nella regione equatoriale.

Non disponendo di alcuna documenta-zione storica su tale dispositivo si posso-no fare soltanto ipotesi sul suo im-piego. Nell’ipotesi che sia stata impiegata du-rante una conferen-za o per una dimostrazione in aula è probabile che sia servita per illustrare la possi-bile origine del campo magnetico terrestre. La presenza della apertura lungo un meridiano, con la possibilità di inse-

Fig. 1 Linee di forza del campo magnetico generato dalle rire una sonda di mi- spire di corrente avvolte sulla superficie della sfera sura, può far suppor- di raggio R = 0.11 m. re un suo impiego

0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5

r (m)

z (m

)

49

durante le esercitazioni di laboratorio, allo scopo di determinare, in via sperimentale, l’andamento del campo magnetico generato da una simile distribuzione. Nel grafico di Fig. 1 è mostrato l’andamento delle linee di forza del campo magnetico mentre in Figura 2 è mostrato l’andamento della com-ponente Bz (componente assiale del campo) lungo un raggio (per diversi valori di z) quando le spire sono alimentate con una intensità di corrente I = 1 A. Entrambe le figure mo-strano che la componente Bz all’interno della sfera

aumenta passando dall’equatore ai poli, mantenendosi però approssimativamente costante ad ogni parallelo. All’esterno della sfera la componente Bz tende ad assumere l’andamento caratteristico di un dipolo magnetico.

-2

-1

0

1

2

3

4

0 2 4 6 8 10 12 14 16

r (cm)

Bz (

gaus

s)

N z(cm) 1 0.0 2 2.0 3 4.0 4 6.0 5 8.0 6 10.0

6

5 4

3

21

50

Apparato per la levitazione diamagnetica

Costruttore: Transparent Devices LLC - USA Data di acquisto: 2008 Stato dell’apparato: Funzionante Descrizione dell’apparato: L’apparato è costituito da un piccolo magnete cubico di NdFeB placcato d’oro inserito tra due lastre di grafite pura (diamagnetica) e da magneti ceramici anulari (la cui quota rispetto al piano mediano delle lastre di grafite può essere regolata in maniera fine) che generano il campo magnetico necessario a far

levitare il magnete di NdFeB. La forza magnetica agente sul magnete cubico di NdFeB è data da: Fm = M1L3dH/dz (1) dove M1 è l’intensità di magnetizzazione del NdFeB , L il lato del cubo e dH/dz il gradiente assiale del campo magnetico generato dai magneti ceramici. Indicata con M2 l’intensità di magnetizzazione dei magneti ceramici (altezza hm e diametro Dm) e con h la distanza tra il centro degli anelli ceramici ed il piano mediano delle due lastre di grafite pura (sostanza diamagnetica con suscettività χ = 1.32 10-5) il campo magnetico ed il suo gradiente assiale sono dati con buona approssimazione da: H(z=h) = m/(2πh3) = M2Dm

2hm/8h3 (dH/dz) (z=h) = -(3/8) M2Dm2hm/h4 (2)

essendo m il momento di dipolo dei magneti ceramici. La forza agente sul magnete cubico risulta pertanto data da: Fm = (3/8) M1M2 L3Dm

2hm/h4 (3) Tale forza deve equilibrare la forza peso Fp = ρL3g del magnete cubico affinché questo possa levitare:

Magneti ceramici

Lastre di grafite pura (diamagnetica) Magnete cubico

di NdFeB(placcato oro)

51

ρg = (3/8) M1M2 Dm

2hm/h4 (4) Assumendo Dm = 4 cm hm = 4 cm h = 10 cm ρ = 7 g/cm3 g = 980 cm/s2 ed assumendo che M1 = M2 si ottiene: M1 = M2 = [(8/3) ρ g/hm]1/2 h2/Dm = 1690 Oe

L’intensità di magnetizzazione delle sostanze ceramiche e del NdFeB risulta ampiamente superiore al valore ottenuto e quindi non c’è alcun problema per soddisfare la condizione (4). Tuttavia la condizione (4) rappresenta una situazione di equilibrio instabile, in quanto anche un piccolo spostamento Δz da tale posizione è sufficiente a far prevalere la forza peso (se Δz < 0) oppure la forza magnetica (se Δz > 0). E’ necessario che sul magnete cubico si produca una forza diretta in verso opposto allo spostamento Δz. Questa forza

Fig. 1 Schema delle cariche magnetiche (anch’essa di tipo magnetico) è fornita dalle immagine. due lastre di grafite pura. Infatti il magnete cubico, quando si sposta dal piano mediano delle due lastre, viene assoggettato al risultante di due forze ( entrambe repulsive)

-40

-20

0

20

40

-0,3 -0,2 -0,1 0,0 0,1 0,2 0,3z ( cm )

F ( d

ine

)

Fp + FmFp + Fm +Fd

0

1

2

3

4

-0,3 -0,2 -0,1 0 0,1 0,2 0,3

z ( cm )

E ( e

rg )

Ep + Em + Ed

Ep + Em

Fig. 2 Forze agenti sul magnete cubico. Fig. 3 Energia potenziale delle forze agenti sul magnete cubico. può essere calcolato mediante il metodo delle cariche magnetiche –immagine (come illustrato in Fig. 1). Nei grafici della Fig. 2 sono riportati i risultanti delle forza peso (Fp), della forza magnetica agente sul magnete cubico e generata dai

Δz s

Grafite

Grafite

++++++

++++++

++++++

------

------

------

52

magneti ceramici di forma anulare (Fm) e della forza dovuta alle cariche magnetiche-immagine (Fd), mentre in Fig. 3 sono riportate le energie potenziali relative a tali forze. Tali grafici mostrano come il magnete cubico, per la presenza delle lastre di grafite, si viene a trovare in una situazione di equilibrio stabile (si trova cioè in una buca di potenziale).

53

Sezione di Strumentazione Elettrica

In questa sezione sono esposti alcuni strumenti elettrici di grandi dimensioni, adatti per essere impiegati nelle dimostrazioni in aula, ed una serie di componenti elettrici passivi, probabilmente impiegati in esperienze di laboratorio.

10

0 82 4 62 10

++-

15050 1100

VOLT

Amperometro in c.c. per esperimenti in aula

Voltmetro in a.c. per esperimenti in aula

0 12 3 4

5

A c.a.

Ci effe Ci

Ci effe Ci

V c.c.90 1206030

0 150

Ci effe Ci

V c.c.30 402010

0 50

Ci effe Ci

V c.c.6 842

0 10

Ci effe Ci

mV c.c.60 80

100

4020

0

1

Ci effe Ci

V a.c.200100

0 300

Ci effe Ci

A c.c.6 8

100

42

Ci effe Ci

A c.c.0 .4 .8

11

.4.8

Ci effe Ci

mV c.c.0 40 80

100100

4080

Multimetro per esperimenti in aula

Sezione di Strumentazione Elettrica

45 50 55

35 40 45

f

Frequenzimetro

Resistenza campione (0.01 Ω)

Reostato a cassetta

Reostato a cursore

0 12

3456

7

89

x 1000

0 12

3456

7

89

x 100

0 123

4567 8

9

x 10

0 12

3456

7 8

9

x 1

Allocchio Bacchini Manganina

Reostato toroidale

Reostato a cassetta

Solenoidi in aria (induttanza fissa)

0 10 20

Induttanza variabile

We sto n Cu rre nt T ra ns fo rmer

102 0

50100

±Se

cond ar y

Trasformatore toroidale

Induttori accoppiatiCondensatore var. (0 ÷200 pF)

Henry0.02 0.020.02

Indu anza mutuatt

Mutue induttanze

54

Strumentazione per dimostrazioni in aula Amperometro Costruttore: Leybold – Germania Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionamento Descrizione dello strumento: E’ un amperometro per corrente continua a portata variabile (0.1 – 10 A) da impiegare nelle dimostrazioni in aula.

Voltmetro Costruttore: Ignoto Data di acquisto : Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: Voltmetro per tensioni alternate con portata 150 V. Multimetro

Costruttore: Ci Effe Ci Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)

10

0 82 4 62 10

+-

15050 1100

VOLT

0 12 3

45

A c.a.

Ci effe Ci

Ci effe Ci

V c.c.90 1206030

0 150

Ci effe Ci

V c.c.30 402010

0 50

Ci effe Ci

V c.c.6 842

0 10

Ci effe Ci

mV c.c.60 80

100

4020

0

1

Ci effe Ci

V a.c.200100

0 300

Ci effe Ci

A c.c.6 8

100

42

Ci effe Ci

A c.c.0 .4 .8

11

.4.8

Ci effe Ci

mV c.c.0 40 80

100100

4080

55

Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: E’ un interessante modello di multimetro per dimostrazioni in aula. L’elemento di base è un milliamperometro a bobina mobile (ad asse orizzontale), perfettamente visibile in quanto la custodia in legno ha le due pareti principali in vetro. E’ dotato di un doppio indice per consentire la lettura sia da parte degli spettatori posti frontalmente allo strumento sia da parte dell’oratore (normalmente operante sul retro dello strumento). E’ inoltre dotato di una vite di regolazione che consente di posizionare l’indice sullo zero della scala di misura (sia esso posto all’estremo sinistro oppure al centro della scala di misura). Quando è impiegato come amperometro in corrente continua la sua portata viene variata mediante inserzione in parallelo di una resistenza di opportuno valore (resistenza di “shunt”) che è alloggiata in una scatola posta all’estremità superiore del quadro che riporta incisa la nuova scala di misura. I dispositivi di shunt disponibili consentono di avere le seguenti portate in corrente continua: -1.0 A ÷ 1.0 A 0 ÷ 10 A La funzione dello strumento può essere modificata (da amperometro in c.c. in voltmetro in c.c.) mediante inserzione di una resistenza in serie ed i dispositivi attualmente disponibili consentono di avere le seguenti portate: 0 ÷ 100 mV -100 mV ÷ + 100 mV 0 ÷ 10 V 0 ÷ 50 V 0 ÷ 150 V La funzione del multimetro come amperometro per corrente alternata è ottenuta inserendo una coppia termoelettrica e l’unico dispositivo a disposizione consente la misura (su scala non lineare) della intensità di corrente alternata (valore efficace) nell’intervallo: 0 ÷ 5 A Lo strumento può essere impiegato come voltmetro per corrente alternata nell’intervallo 0 ÷ 300 V

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Frequenzimetro Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: Lo strumento è in grado di misurare la frequenza di un segnale elettrico in un ristretto intervallo di frequenze (35 ÷ 55 Hz) e per tensioni comprese tra 50 e 110 V. Questo ristretto campo di impiego fa ritenere che sia stato uno strumento dedicato al controllo di impianti elettrotecnici piuttosto che uno strumento didattico.

Ciononostante esso presenta un principio di funzionamento molto interessante da un punto di vista didattico. Come mostrato nella figura a lato gli elementi sensibili dello strumento sono rappresentati da 20+20 lamine sottili (spessore ≈ 0.1 mm, larghezza ≈ 2 mm e lunghezza ≈ 70 mm) in acciaio magne-tico vincolate ad una estremità e ripiegate ad L all’estremità che si affaccia sul fronte dello strumento. Le lamine sono immerse nel campo magnetico alternato di un elettromagnete ali-mentato dalla corrente di cui si intende misurare la frequenza. Le lamine immerse nel

campo magnetico si magnetizzano e soltanto quelle lamine che posseggono una frequenza propria uguale alla frequenza del campo magnetico entrano in risonanza, compiendo ampie oscillazioni attorno alla posizione di equilibrio, segnalando quindi sulla scala dello strumento la frequenza del segnale. La frequenza di oscillazione di ciascuna lamina è data da:

f45 50 55

35 40 45

57

ν = ω/2π = (k/I)1/2= (1/2π) [(3Ef/ρ)a2/L5]1/2 (1) dove k è la costante elastica del processo di flessione della lamina (k = Ef a3b/L2 ), I il momento d’inerzia della lamina rispetto all’estremo fisso (I =ρabL3/3) , Ef e ρ sono il modulo di flessione (Ef = E/4 essendo E il modulo di Young) e la densità del materiale, a, b ed L sono rispettivamente lo spessore, la larghezza e la lunghezza della lamina. Dalla relazione (1) si ricava, assumendo Ef = 5 1010 N/m2, ρ = 7900 kg/m3, a = 10-4 m, b = 2 10-3 m, che è sufficiente una lamina di lunghezza L ≈ 69 mm per avere la frequenza massima dello strumento (ν = 55 Hz). Le frequenze inferiori, a parità di lunghezza delle lamine, possono essere ottenute incrementando il momento d’inerzia delle lamine con una opportuna serie di masse poste alle estremità libere delle lamine.

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Componenti passivi dei circuiti elettrici Resistori a resistenza variabile (reostati).

Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del componente: Funzionante Descrizione del componente: Il reostato a cursore costituito da un filo conduttore non isolato

avvolto su un supporto isolante in ceramica nel quale è praticata una sede a spirale che accoglie il filo. Un contatto scorrevole (cursore) consente di variare con continuità il valore della resistenza tra il valore minimo (cursore a contatto della parete sulla quale è posto il contatto fisso) ed il valore massimo (quando è inserito tutto l’avvolgimento). Il reostato presenta una valore di resistenza variabile tra 0 e 700 Ω se opera in corrente continua, mentre presenta una impedenza variabile con la frequenza se opera in corrente alternata. Si veda il grafico dell’impedenza in funzione della frequenza quando il cursore si trova a fine corsa.

Tale impedenza risulta data da: Z = (Rmax

2 + ω2 Lmax2)1/2

dove Rmax = 700 Ω ed Lmax= 7 mH. L’impedenza del reostato per ogni valore intermedio R della resistenza risulta data da: Z = R(1 + ω2 L2 /Rmax

2)1/2

Costruttore: ILCEA Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del componente: Funzionante Descrizione del componente: Il reostato mostrato nella figura a lato (R = 50 kΩ P = 40 W) presenta un avvolgimento toroidale a sezione rettangolare di area molto ridotta (basso valore di induttanza). La

resistenza viene variata ruotando mediante la manopola (rotazione massima di circa

600

800

1000

1200

1 2 3 4

Log(ν)

Z (O

hm) L = 7 mH

59

330°) il cursore che inserisce via via le spire dell’avvolgimento tra la presa centrale ed una delle due prese laterali. Collegando la presa centrale con la presa laterale di sinistra viene inserita nel circuito una resistenza crescente con l’angolo di rotazione della manopola, collegando invece la presa centrale con l’altra presa laterale si inserisce una resistenza che diminuisce dal valore massimo (50 kΩ) al valore minimo all’aumentare dell’angolo di rotazione della manopola.

Costruttore: Elettromeccanica Lombarda Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del componente: Scadente a causa del cattivo contatto tra il cursore ed i vari blocchetti (gioco tra i contatti ed ossidazione delle superficie di contatto). Descrizione del componente: Il reostato a cassetta è costituito da 20 resistenze collegate in serie che possono essere progressivamente inserite ruotando la manopola. La resistenza può essere variata

da 0 a 101.5 Ω con passo costante di circa 5 Ω. Questo tipo di reostato ha da un lato l’inconveniente di fornire valori di resistenza discreti ma in compenso molto precisi e stabili.

Costruttore: Allocchio-Bacchini Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del componente: Funzionante Descrizione del componente: Questo reostato di grandi

dimensioni presenta 4 decadi di resistenze (0-9 Ω – 10-90 Ω - 100-900 Ω - 1000 -9000 Ω) realizzati con una lega (manganina: 85% Cu + Mn 12% + Ni 2% + Fe 1%) a basso coefficiente di temperatura.

0 123

4567 8

9

x 1000

0 123

4567 8

9

x 100

0 12

3456

7 8

9

x 10

0 12

3456

7 8

9

x 1

Allocchio Bacchini Manganina

60

Resistenza campione. Costruttore: Sigla della ditta non decifrabile Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del componente: Funzionante Descrizione del componente: Resistenza campione da 0.01 Ω contenuta in una custodia metallica forata. La resistenza è ottenuta mediante un nastro di manganina [composizione: Cu 85% - Mn 12% - Ni 2% - Fe 1% ] con le seguenti dimensioni [lunghezza L ≈ 0.27 m - altezza h = 40 mm – spessore s = 0.3 mm] e con le seguenti caratteristiche elettriche [ρ = 4.4 10-7 Ω m – coefficiente di temperatura ε = (1/ρ) dρ/dT = 1.0

10-5 C-1 a 20 C]. Il nastro è saldato a due robusti supporti metallici, (Φ ≈ 1 cm) adeguatamente isolati dalle pareti della custodia, e connesso alle due boccole mediante due barrette di rame (Φ = 0.5 cm). La scelta, per la costruzione di resistenze campione, della manganina o della costantana [composizione Cu 55% - Ni 45% ρ = 4.9 10-7 Ωm – coefficiente di temperatura ε = 3.1 10-6 C-1 a 20 C] è dovuta al fatto che il loro basso coefficiente di temperatura consente di mantenere costante (entro qualche parte su diecimila) il valore della resistenza anche in presenza di notevoli variazioni della temperatura ambientale e di esercizio.

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Condensatore a capacità variabile Costruttore: Ducati - Italia Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del componente: Funzionante Descrizione del componente: Condensatore di capacità variabile tra 0 e 200 pF, ottenuto mediante 6 armature semicircolari che si inseriscono progressivamente in una cavità semicircolare suddivisa in 6 piani quando la manopola viene ruotata da 0° a 180°. Nella figura sottostante è mostrata la configurazione delle

armature con le rispettive dimensioni. La cavità semi-circolare (isolata rispetto a massa) è connessa alla boccola centrale posta sul fronte della cassa metallica del componente, mentre le armature solidali con l’albero di rotazione sono connesse a massa. La variazione della capacità è lineare con l’angolo di rotazione θ dell’albero e la risoluzione (grazie alla presenza di un nonio decimale sul bordo della piastra goniometrica) risulta essere dC/dθ = 1 pF.

70 mm

65 mm

3 mm

1 mm

Al connettore centrale (isolato)

Ai connettori laterali (a massa)

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Induttori ad induttanza fissa (solenoidi in aria). Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dei componenti: Funzionanti Descrizione dei componenti: Le bobine di diversa lunghezza (L1 = 185 mm ed L2 = 89 mm) avvolte con diversi strati (N1s = 6 ed N2s = 14) su mandrini cilindrici cavi e sono realizzate con filo di rame di diametro

diverso (Φ1 ≈1.5 mm e Φ2 ≈ 0.6 mm). I due solenoidi presentano pertanto valori di densità lineare di spire molto differenti (n1 ≈ 4000 spire/m ed n2 ≈ 23300 spire/m). I due solenoidi presentano i seguenti valori di induttanza e di resistenza elettrica: L1 = 1.0 mH R1 = 1.3 Ω L2 = 16.5 mH R2 = 21 Ω Non è dato sapere per quale impiego siano state realizzate. Si può supporre che siano state impiegate in laboratorio per misure di impedenza oppure per misure del campo magnetico lungo l’asse dei solenoide (ad esempio alimentandolo in corrente alternata e misurando la tensione indotta ai capi di una piccola bobina che veniva traslata lungo l’asse del solenoide). Non si può escludere che siano state impiegate durante le dimostrazioni in aula sui circuiti in corrente alternata.

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Induttore ad induttanza variabile Costruttore: Allocchio Bacchini & C - Milano Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del componente: Funzionante Descrizione del componente:

L’induttore variabile è realizzato mediante sei bobine collegate in serie. Quattro bobine di uguale sezione e con un ugual numero di spire sono avvolte in senso orario e sono annegate nelle piastre fisse e sono affacciate alla piastra mobile. Le altre due bobine con sezione uguale

alle precedenti ma con un numero di spire doppie sono avvolte in senso antiorario, sono annegate nella piastra mobile centrale ed hanno lo stesso spessore della piastra.

La separazione tra la piastra mobile e le piastre fisse è di pochi decimi di mm. La vista esplosa del dispositivo (Fig. 1 ) mostra il verso di avvolgimento delle bobine ed il colle-gamento in serie delle sei bobine. L’induttanza del compo-nente è praticamente nulla se l’indice dello strumento è posizionato a θ = 0). In questo caso le bobine mobili sono completamente accop-piate alle bobine fisse ma presentano versi di avvol-gimento opposti. L’induttanza assume il valore L ≈ 16 Lo (essendo Lo l’induttanza di una singola bobina fissa) quan-do la piastra mobile viene

Fig. 1 Vista esplosa dell’induttore. ruotata di 90° rispetto alla

0 10

0 10 20 30 4050

6070

80

BFISSE

BMOBILI

64

posizione θ = 0. In questo caso le bobine mobili sono disaccoppiate da quelle fisse e quindi l’induttanza totale è la somma algebrica dell’induttanza delle 2 coppie di bobine fisse (Lf ≈ 8 Lo) e dell’induttanza delle due bobine mobili (Lm ≈ 8 Lo). L’induttanza assume il valore massimo ( L ≈ 32 Lo ) quando la piastra mobile viene ruotata di 180° rispetto alla posizione θ = 0. In questo caso infatti le bobine sovrapposte in ciascun gruppo presentano lo stesso verso di avvolgimento e di con-seguenza sono equivalenti ad una bobina con un numero di spire pari a 4 volte il numero di spire di una singola bobina fissa. Questo tipo di induttore, a fronte dell’inconveniente di essere parecchio ingombrante, presenta due indiscutibili vantaggi: a) la resistenza in serie dell’induttore rimane costante al variare dell’induttanza; b) la differenza di potenziale ai capi dell’induttore non è influenzata da eventuali disturbi elettromagnetici provenienti dall’ambiente (in quanto, qualsiasi sia la posizione delle bobine mobili, le variazioni di flusso indotte dalla perturbazione elettromagnetica hanno segno opposto).

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Induttori accoppiati (con nucleo in ferro). Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del componente: Funzionante Descrizione del componente: Il dispositivo è costituito da due bobine coassiali (forte accoppiamento) inserite in un giogo a forma di C realizzato con

lamierini di ferro. Il montante superiore del giogo non è fissato al resto della struttura e può quindi essere facilmente rimosso quando le bobine non sono alimentate . Con molta probabilità questo dispositivo di fattura artigianale veniva impiegato in laboratorio per eseguire misure delle impedenze e delle induttanze (auto-induttanza di ciascuna bobina e mutua induttanza) delle due bobine (primario e secondario) in funzione della frequenza della tensione applicata nel caso del circuito magnetico

aperto (senza il montante) e nel caso del circuito magnetico chiuso. Le resistenze elettriche del pri-mario e del secondario sono pres-soché uguali (Rp ≈ Rs = 0.9 Ω.). Le auto-induttanze dei circuiti pri-mario e secondario sono state misurate in funzione della frequenza della corrente di alimentazione nel caso del circuito magnetico chiuso e per

basse correnti di alimentazione (I < 100 mA) I risultati delle misure sono riportati nel grafico della figura a lato. Esso mostra che esiste un rapporto di trasformazione ε = Lp/Ls che decresce da un valore ε ≈ 20 alle basse frequenze ad un valore ε ≈ 13-12 alle frequenze più elevate. La mutua induttanza è di circa 70 mH alle basse frequenze e si riduce progressivamente con la frequenza raggiungendo un valore pressoché dimezzato alla frequenza ν = 104 Hz.

0

100

200

300

400

1 2 3 4

Log (ν)

L (m

H)

L p

L s x 10

66

Mutue induttanze

Costruttore: Allocchio-Bacchini & C - Milano Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del componente: Funzionante Descrizione del componente: E’ costituito da bobine in aria suddivise in più sezioni, mutuamente accoppiate in grado di fornire valori di mutua-induttanza variabili da 20 mH a 60 mH.

Trasformatore di corrente toroidale.

Costruttore: Weston Elect. Inst. Company – U.S.A. Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del componente: Funzionante Descrizione del componente: E’ un trasformatore di corrente di tipo toroidale. Fornisce al secondario una corrente proporzionale alla corrente circolante nel primario. Viene spesso usato nei sistemi di misura per correnti elevate al fine di ridurle a valori più facilmente misurabili. E’ costituito da un nucleo toroidale di ferrite sul quale sono avvolti sia le poche spore del primario che le spire del secondario. Il rapporto di trasformazione è di 1:20 e la portata

massima nel primario è di 100 A.

Weston Current Transformer

1020

50100

±Seco

ndary

Henry0.02 0.020.02

Indu anza mutuatt

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Sezione di Ottica

In questa sezione sono esposti alcuni apparati di ottica utilizzati per le dimostrazioni in aula ed alcuni strumenti impiegati nelle Esperimentazioni di laboratorio.

Sezione di Ottica

Apparato di Malus

SpettrometroPrismi (vetro,quarzo,salgemma)

Polarimetro per saccarometria

Polarimetro di Norrenberg

0 180

90

270

Rifrattometro di Abbe

Fotometro di Lummer –Brodun

AAA

Spato di Islanda Arco voltaico

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Arco voltaico Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del componente: Funzionante Descrizione del componente: L’arco voltaico è una forma di conduzione stabile nei gas e si verifica tra elettrodi di carbone alimentati in corrente continua o alternata. Il fenomeno fu osservato e studiato nel 1808 dal chimico inglese H. Davy che realizzò pure l’omonima lampada ad arco. Nell’arco elettrico si individuano tre regioni: due molto vicine agli elettrodi con elevate cadute di

potenziale (per l’accumulo di elettroni ed ioni) ed una centrale che si estende per la maggior parte dell’arco in cui si genera il plasma (mescolanza di elettroni, di ioni e di particelle neutre). L’arco elettrico è caratterizzato da alta densità di corrente nel plasma (centinaia di A/cm2) e sugli elettrodi decine di migliaia di A/cm2) ed una elevata temperatura nel plasma (5000-6000 C). Per innescare l’arco gli elettrodi di carbone devono essere portati inizialmente a contatto, in maniera da rendere incandescente il catodo; una volta innescato l’arco gli elettrodi vengono distanziati di 2-3 mm e sono sufficienti poche decine di ampère per ottenere una intensa luminosità. L’arco voltaico veniva utilizzato nei proiettori cinematografici (per aumentarne la luminosità e la stabilità dell’arco le barrette di carbone presentano un’anima di sali metallici) ed anche per produrre onde elettromagnetiche per trasmissioni radio.

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Rifrattometro di Abbe Ditta costruttrice: Officine Galileo Data di acquisto: Ignota (dopo il 1963 e prima del 1986) Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: Il rifrattometro di Abbe viene utilizzato per la misura dell’indice di rifrazione dei liquidi mediante il metodo dell’angolo limite. Esso è formato da un sistema di due prismi di Abbe, racchiusi in una scatola a cerniera (si veda schizzo di Fig. 1) che permette di allontanarli ed avvicinarli lasciando tra essi una sottile intercapedine di alcuni centesimi di millimetro che viene occupata dal liquido in esame. La scatola metallica che contiene i prismi permette la circolazione di acqua proveniente da un termostato per mantenere la temperatura costante. Un termometro (mancante) situato sull’apparecchio

controlla che la temperatura sia stabile. Al disopra dei due prismi si trova un cannocchiale comprendente un obiettivo, un oculare e due prismi di Amici che funzionano da comparatori. Nell’oculare compare un campo bipartito ed una scala che permette la lettura diretta dell’indice di rifrazione. La scatola dei prismi è dotata di finestrella, verso la quale convogliare mediante uno specchietto mobile, la luce di una lampada al sodio esterna all’apparecchio. Come corredo dello strumento ci sono: un cubetto di plexiglass utile per la taratura iniziale, che porta inciso il valore del suo indice di rifrazione, una bottiglietta contenente Bromonafta-

Fig. 1 Camera con i prismi di Abbe. lina (C10H7Br), un utensile con l’estremità a forma di spatola (per distribuire il liquido sulla superficie del prisma). Si procede alla taratura ponendo sul prisma fisso una goccia di bromonaftalina ed il solido ad indice di rifrazione noto (la bromonaftalina che ha un indice di rifrazione elevato permette di evitare che il velo d’aria fra i due solidi influenzi la misura). Si posiziona la scala in modo che coincida con il valore dell’indice di rifrazione riportato sul campione di plexiglass. Se i due settori del campo bipartito che compare nell’oculare non sono illuminati uniformemente si portano in tale condizione agendo sull’apposita manopola. Per la misura che comunemente si fa sui liquidi si inserisce tra i due prismi di Abbe una goccia del campione e si richiudono con la cerniera. Si

H2O out

H2O in

Prismi di Abbe

70

porta la temperatura a 20 C mediante il flusso d’acqua proveniente dal termostato e si controlla con il termometro dell’apparecchio che sia stabile. I due settori del campo bipartito appaiono in genere illuminati in maniera diversa. Con la manopola si portano alla stessa luminosità e si legge sulla scala il valore dell’indice di rifrazione.

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Fotometro di Lummer- Brodun Costruttore: Galileo - Firenze Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionante dopo aver installato loschermo opaco all’interno della camera oscura. Descrizione dello strumento: Questo strumento consente di effettuare misure relative, con precisione dell’ordine dell’1-2%, della intensità di illuminazione L [definita come la potenza specifica areale che cade in direzione normale alla superficie S: L = (1/S) dW/dt] e della intensità I di una sorgente [definita come la potenza globalmente emessa dalla sorgente: I = ∫S L . n dS essendo l’integrale esteso ad una qualsiasi superficie che

racchiude com-pletamente la sor-gente] . Il dispositivo, del quale nella figura riportata a lato è mostrata una sezione, è costituito da una testa prismatica AB, da uno schermo opaco Q e da due specchi V1 e V2 da un prisma a rifles-sione totale e da un cannocchiale C.

Questi componenti (ad esclusione del cannocchiale) sono racchiusi all’interno di una camera le cui pareti interne sono annerite per evitare riflessi e nelle quali sono praticate due finestre che consentono alla sorgente campione ed alla sorgente in esame di illuminare lo schermo da parti opposte. La camera può essere ruotata attorno ad un asse orizzontale oo’ e l’angolo di rotazione (compreso tra 0° e 180°) può essere misurato mediante il goniometro G, solidale con la base dello strumento. La testa è costituita da due prismi retti ed isosceli, realizzati con un vetro di indice di

a b

QV1 V2

A BCS

S’

S1 S2

D1 D2

o

o’

G

rr’

72

rifrazione n > 1.414, in maniera che sulla faccia di base possa prodursi la riflessione totale quando l’angolo di incidenza è di π/4. Il prisma A è limitato da facce tutte piane, il prisma B da due facce piane e da una faccia semisferica alla quale è stata asportata la calotta centrale secondo la sezione ss’. I due prismi combacioano perfettamente lungo la sezione ss’. Se i raggi di luce diffusi dalla faccia a dello schermo e riflessi dallo specchio V1 cadono internamente alla sezione ss’ vengono trasmessi attraverso il prisma B ed assorbiti dalle pareti annerite della camera, se invece cadono esternamente alla sezione ss’ subiscono una riflessione totale e vengono inviati verso il cannocchiale. Di conseguenza l’osservatore (in assenza della sorgente S2) vede attraverso il cannocchiale un cerchio oscuro (corrispondente alla sezione ss’ ) che si staglia su un fondo illuminato. I raggi luminosi provenienti per diffusione dall’altra faccia dello schermo (ed emessi dalla seconda sorgente) hanno un comportamento complementare rispetto a quelli della prima sorgente: cioè quelli che incidono all’interno della sezione ss’ giunge al cannocchiale mentre quelli che cadono esternamente vengono riflessi totalmente e non giungono all’occhio dell’osservatore. Pertanto la sezione ss’ viene illuminata soltanto dai raggi provenienti dalla faccia a dello schermo, mentre la regione esterna alla sezione ss’ viene illuminata soltanto dai raggi provenienti dalla faccia b dello schermo. I raggi prima di arrivare nel cannocchiale attraversano un prisma dove subiscono due riflessioni: la prima sulla faccia rr’ argentata (la cui normale forma un angolo di 22.5° con il raggio luminoso centrale), la seconda è una riflessione totale. Inoltre tutti i raggi che giungono al cannocchiale hanno subito riflessioni identiche sugli specchi, uguali assorbimenti nell’attraversamento dei prismi e compiono tragitti di uguale lunghezza. Ne consegue che se le due zone appaiono all’osservazione ugualmente illuminate (l’uguaglianza di illuminazione è raggiunta quando scompare la linea di demarcazione tra le due zone) devono essere ugualmente illuminate le due facce dello schermo. L’intensità luminosa I2 della sorgente in esame e l’intensità di illuminazione L2 dello schermo, quando si è giunti alla condizione di contrasto nullo, sono date da: I2 = (D2

2/D12) I1

L2 = I1/D1

2 essendo I1 l’intensità luminosa della sorgente campione, D2 e D1 rispettivamente le distanze della sorgente in esame e della sorgente campione dallo schermo.

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Spettrometro

Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: Lo strumento è costituito da una base che sostiene un collimatore, un cannocchiale, una piattaforma girevole ed un supporto nel quale inserire il reticolo di diffrazione (si veda il disegno schematico sotto riportatto con i principali elementi dello spettrometro).

Il collimatore è solidale con la base, il cannocchiale è solidale con la piattaforma girevole mentre il supporto del reticolo è solidale con la base e può essere ruotato di ± 3° per disporre il reticolo in direzione ortogonale all’asse del collimatore. Sul bordo superiore della base è incisa una scala graduata mentre alla piattaforma girevole sono applicati due nonii (decimali) contrapposti che consentono la

Collimatore Cannocchiale

Nonio

Nonio

Scala goniometrica

Supporto del reticolo

Regolazione angolare del reticolo

Fenditura

Lente acromatica (f ˜ 350 mm)

Obbiettivo (f ˜ 350 mm)

Oculare

74

determinazione della posizione angolare del cannocchiale rispetto all’asse del collimatore. Il collimatore è costituito da un tubo in ottone (di lunghezza 33 cm) che porta ad una estremità una fenditura verticale, scorrevole lungo l’asse del collimatore e regolabile sia in ampiezza sia in altezza, ed all’altra estremità una lente convergente acromatica con una distanza focale all’incirca uguale alla lunghezza del tubo. Olluminando con una sorgente di luce la fenditura e regolando la posizione della fenditura lungo l’asse del collimatore si ottiene un fascio di luce parallela. Il cannocchiale, dotato di un obiettivo con distanza focale di circa 350 mm e di un oculare con reticolo, fornisce una immagine della fenditura con ingrandimento poco discosto dall’unità. La base fissa con il reticolo è dotata di un coperchio (con le pareti annerite per evitare fastidiosi riflessi sulla superficie del reticolo) nel quale sono praticate due aperture per il raggio incidente e per i raggi diffratti dal reticolo.

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Prismi di dispersione

Costruttore: Officina meccanica del Dipartimento; Data di costruzione: 2008 Stato del dispositivo: Funzionante Descrizione del dispositivo: In un contenitore a tenuta sono conservati tre prismi di dispersione impiegati negli spettrometri che presentano bande di assorbimento in regioni diverse dello spettro elettromagnetico. Il prisma di vetro flint (tipo di vetro ad elevato indice di rifrazione ed elevato potere dispersivo) è adatto per misure spettroscopiche nello spettro visibile (tipicamente nell’intervallo di lunghezze d’onda 400 nm < λ < 800 nm). Un prisma di vetro flint pesante [n (λ = 589 nm) = 1.65] con un angolo al vertice A = 60° possiede un potere dispersivo D = 2 105 rad/m. Il prisma in quarzo (o in vetro con basso assorbimento nell’ultravioletto)) consente di estendere le misure spettroscopiche nella regione dell’ultravioletto (tipica-mente nell’intervallo di lunghezze d’onda 180 nm < λ < 660 nm). Un prisma di quarzo [n(λ=589 nm) = 1.458] con un

angolo al vertice A = 60° possiede un potere dispersivo D = 5 104 rad/m. Il prisma di salgemma (cristallo di NaCl n (λ = 589 nm) = 1.544) viene impiegato nelle misure spettroscopiche nella regione dell’infrarosso (tipicamente nell’intervallo di lunghezze d’onda 700 < λ < 1000 nm). Per la sua elevata igroscopicità deve essere conservato in un recipiente a tenuta ed in presenza di sali igroscopici.

Flint

Quarzo

NaCl

76

Polarizzatore di Brewster

Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionante mediante una sorgente di luce laser ottenuta con un puntatore di tipo commerciale. Descrizione dello strumento: E’ un apparato adatto per la dimostrazione in aula del fenomeno della polarizzazione della luce quando questa viene riflessa sotto l’angolo di Brewster [tang(i) = n]. Esso è costituito da un prisma di vetro nero detto polarizzatore) sul quale viene fatto incidere un fascio

laser di luce rossa sotto l’angolo di Brewster in maniera che il fascio riflesso risulti polarizzato linear-mente e pressoché orizzontale. Si impiega un vetro nero allo scopo di assorbire il fascio rifratto ed evitare la formazione di immagini multiple dovute alla riflessione sulle altre pareti del prisma. Il fascio polarizzato così ottenuto viene inviato su un secondo vetro nero (detto analizzatore) fissato su un albero rotante posto al centro di un disco graduato (0° - 90° - 180° - 270°). Il fascio riflesso dal secondo vetro intercetta la superficie del disco in prossimità della periferia di quest’ultimo, ruotando il vetro si osservano due massimi di intensità luminosa (rispettivamente a 90° e 270°) e due minimi di intensità luminosa (rispettivamente a 0° e 180°).

0 180

90

270

77

Polarizzatore di Norrenberg

Costruttore: Officina meccanica del LASA Data di costruzione: 1993 Stato dello strumento: Funzionante con una sorgente di luce laser fornita da un puntatorre commerciale. Descrizione dello strumento: Il polarizzatore di Norrenberg consente di produrre ed analizzare la luce polarizzata linearmente ottenuta mediante riflessione di luce naturale sotto l’angolo di Brewster. Esso è costituito da una lastra di vetro (polarizzatore) che può ruotare attorno ad un asse orizzontale e da una lastra di vetro nero (analizzatore) che può ruotare sia attorno ad un asse orizzontale che attorno ad un asse verticale. Entrambe le lastre sono realizzate in vetro nero per assorbire completamente il raggio rifratto. L’apparato è dotato di una sorgente laser (in luce rossa) e di un piano porta oggetti, adatto per studiare le proprietà polari-

metriche delle varie sostanze. Il fascio di luce laser viene fatto incidere sulla prima lastra sotto l’angolo di Brewster in maniera che il raggio riflesso sia diretto secondo l’asse del dispositivo. Il raggio di luce polarizzato linearmente viene riflesso dalla seconda lastra su uno schermo traslucido (per consentirne la visione sia in riflessione che in trasmissione). L’intensità della macchia luminosa dipende dsall’orientamento reciproco delle due lastre, orientamento che può essere variato ruotando il collare che sostiene la lastra analizzatrice. Quando i piani di incidenza delle due lastre sono paralleli l’intensità della luce riflessa sullo schermo è massima, quando essi sono normali tra loro l’intensità è nulla. Per orientazioni reciproche intermedie (misurate dai goniometri di cui è dotato il dispositivo) l’intensità del raggio riflesso varia con la legge di Malus: I(φ) = Io cos2 φ dove Io rappresenta l'intensità luminosa del massimo e φ l’angolo formato tra i piani di incidenza delle due lastre.

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Spato di Islanda

Costruttore: Officina meccanica del Dipartimento Data di costruzione: 2009 Stato del dispositivo: Funzionante Descrizione del dispositivo: Lo spato d’Islanda è un cristallo birifrangente di carbonato di calcio (CaCO3) che cristallizza nel sistema romboedrico. I due raggi rifratti sono caratterizzati da proprietà di rifrazione differenti: il raggio ordinario segue le leggi di rifrazione normale, qualunque sia il piano e l’angolo di incidenza, il raggio straordinario, il cui piano di rifrazione non coincide con quello di incidenza, è

caratterizzato da un indice di rifrazione variabile con l’angolo di incidenza. Esso viene utilizzato per la costruzione di polarizzatori. Il dispositivo esposto, realizzato per scopi puramente didattici, è costituito da un disco girevole sul quale è fissato il cristallo di spato d’Islanda. Esso consente di individuare quale delle due immagini della lettera A è dovuta ai raggi straordinari. Infatti ruotando il disco l’immagine della lettera A dovuta ai raggi ordinari rimane fissa, mentre l’immagine dovuta ai raggi straordinari ruota nello stesso verso del disco.

AAA

79

Polarimetro per saccarometria

Costruttore: Officine Galileo. Data di acquisto: Ignota (dopo il 1963 e prima del 1986) Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: Gli elementi essenziali di questo strumento sono una lampada al sodio, due nicol uno dei quali (polarizzatore) è solidale con il tubo di collimazione mentre il secondo (analizzatore) può ruo- tare attorno all’asse ottico dello strumento, una lamina mezz’onda ed una provetta in vetro riempita con la soluzione saccarometrica della quale si vuole misurare la concentrazione. Un indice solidale con il tubo del cannochiale permette di misurare sul goniometro fisso l’angolo di rotazione del piano di polarizzazione prodotta dalla soluzione. La presenza di un oculare (ingrandimento ≈ 10) e di un nonio (decimale) solidale con

l’indice consente una misura angolare con una sensibilità dell’ordine di 5-10 primi.

Lampada al sodio

Nicolpolarizzatore

Lamina mezz’onda

Nicolanalizzatore

80

Sezione di Fisica Moderna

Sezione di Fisica Moderna

Camera di WilsonCamera a nebbia Triodo di potenza

SpettrometroRöngten

G G

Camera ad ionizzazione Generatore a

termocoppieCella al Selenio

Tubo a raggi catodici (con croce di Malta)

Tubo a raggi catodici

Tubo di Faraday

Tubo catodico

Strumento per misure di elettrocapillarità

81

In questa sezione sono esposti: - tre dispositivi (due tubi di Crookes ed un tubo a raggi catodici con croce di Malta) connessi alle prime esperienze sulle scariche nei gas rarefatti; - due componenti (triodo di potenza, tubo catodico) il cui funzionamento è basato sulle proprietà dei fasci elettronici; - una camera di ionizzazione; - uno spettrometro Roengten per raggi X; - uno strumento per misure di elettrocapillarità; - una cella al Selenio ed un generatore a termocoppie; - due modelli di camera a nebbia (camera di Wilson) per la rivelazione delle particelle ionizzanti dei raggi cosmici.

82

Tubo di Faraday (o tubo di Crookes o tubo di Geissler) Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del dispositivo: Funzionante se connesso ad una pompa a vuoto e se si dispone di un rocchetto di Ruhmkorff. Descrizione del dispositivo: E’ un tubo in vetro per alto vuoto di lunghezza circa un metro alle cui estremità sono applicati due elettrodi ai quali può essere applicata una differenza di potenziale di

alcune migliaia di volt (ad esempio mediante un rocchetto di Ruhmkorff). Esso consente di studiare le scariche gassose in corrente continua. Al variare della tensione applicata la scarica attraversa una serie di regimi successivi: a) la scarica oscura b) la scarica a bagliore c) l’arco (o scintilla) L’interpretazione delle caratteristiche della scarica elettrica al variare della pressione residua del gas nel tubo è riportata in parecchi testi ed è basata sull’analisi della dinamica del fascio di elettroni (raggi catodici) che si muove dal catodo verso l’anodo e del fascio di ioni che si muove in verso opposto. In questa sede ci limitiamo a presentare: i) la legge che consente di determinare la tensione di innesco della scarica ii) la descrizione delle scariche luminose persistenti (scariche a bagliore) che assumono diverse configurazioni (a bande oscure e/o colorate) in dipendenza del livello di vuoto praticato nel tubo. i) Tensione di innesco. La differenza di potenziale Vb che causa la perdita di isolamento (detta tensione di innesco) tra due elettrodi piani in un gas, in funzione della loro distanza d e della pressione p del gas è data da: Vb = Bpd /{ln(Apd) – ln[ln(1+1/γ)]} (1)

83

dove A, B e γ sono coefficienti che dipendono soltanto dal tipo di gas presente nel tubo ( in realtà γ dipende anche, se pur molto debolmente, dal materiale con cui sono realizzati gli elettrodi). In Tabella sono riportati i valori di questi coefficienti per alcuni gas ed in Fig. 1 sono riportate le curve della tensione di innesco (note come curve di Paschen) in funzione del prodotto (pd) nel caso dell’azoto e del neon. Tabella dei coefficienti A,B,γ (con elettrodi in molibdeno)

Tali curve mostrano l’esistenza di una tensione di innesco minima (Vb)min il cui valore è dato da: (Vb)min = B (pd)min essendo: (pd)min = (1/A) exp(1+α) dove α = ln[ln(1+1/γ)]

Fig. 1. Curve di Paschen per l’azoto ed il neon ricavate dalla legge (1). Si noti che la tensione minima di inne- sco della scarica a bagliore nell’azoto, per il tubo in dotazione (d = 100 cm) risulta : Vb = 522 V per una pressione p = 1.61 10-2 torr mentre a pressione atmosferica (p = 760 torr) il campo elettrico d’innesco (Eb = Vb/d) risulta essere 34 kV/cm (approssimativamente uguale al valore della rigidità elettrica dell’aria).

Gas A (cm-1torr-1)

B (V cm-1 torr-1)

γ (adimensionale)

Idrogeno 4.8 136 0.015 Elio 2.8 77 0.16 Azoto 11.8 325 9.3 10-4 Neon 4.4 111 0.14 Argon 11.5 176 0.07

0

500

1000

1500

2000

-1 -0,5 0 0,5 1

Log(pd)

V b(V

)

Azoto

Neon

84

ii) Scarica a bagliore. A pressione atmosferica non si manifesta alcuna scarica, ma quando la pressione è

ridotta a 70-80 mm Hg il tubo si illumina per tutta la lunghezza di luce violetta. Riducendo ulteriormente la pressione sino a 1-2 mm Hg la scarica nel gas assume una configurazione a bande luminose separate da zone oscure. Il catodo appare ricoperto da una fascia luminosa vellutata A (indicata con il nome di strato catodico) a cui segue una regione di spazio oscuro D (indicato con il nome di spazio di Crookes). Subito dopo lo spazio di Crookes si osserva una macchia luminosa N (indicata con il nome di scarica a bagliore negativa) seguita da un altro spazio oscuro F (indicato con

il nome di spazio oscuro di Faraday ). La restante parte del tubo è riempita da una serie di bande luminose P con intensità diverse (indicate con il nome di colonna positiva). La lunghezza dello spazio oscuro di Crookes è indipendente dalla distanza tra catodo ed anodo ma è funzione della pressione. Diminuendo progressivamente la pressione residua del gas lo spazio oscuro di Crookes si allunga mentre la colonna positiva si accorcia e perde di intensità. Approssimativamente ad una pressione di 10-3 mm Hg la colonna positiva scompare e lo spazio di Crookes sembra riempire tutto il tubo; nello stesso tempo la parete di vetro del tubo nella regione circostante l’anodo si illumina di una intensa luce fluorescente verde.

Alla pompa a vuoto

Cat

odo

Ano

do

Generatore di tensione

+

760 mm Hg

70- 80 mm Hg

1 – 2 mm Hg

˜ 10-1 mm Hg

˜ 10-3 mm Hg

A D N F P

A D N F P

85

Tubo per raggi catodici Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del dispositivo: Probabilmente non funzionante per una perdita di vuoto Descrizione del dispositivo: Il tubo di vetro è suddiviso in due sezioni. La prima sezione, lunga circa 32 cm e di diametro ridotto ( ≈ 25 mm), contiene il

catodo, l’anodo ed un cilindro metallico forato (diametro del foro ≈ 1 mm) che funge da collimatore del fascio di raggi catodici (elettroni). La sexonda sezione lunga circa 21 cm e di diametro piu grande (≈ 100 mm) contiene uno schermo di allumina che diventa fluorescente quando è colpito dal fascio di elettroni. La seconda sezione del tubo è di diametro maggiore della prima per consentire la deflessione del fascio di elettroni da parte di un campo magnetico esterno (ad esempio un magnete permanente avvicinato al tubo subito dopo il collimatore.

Catodo

Anodo

Collimatore

Schermo di allumina

86

Tubo per raggi catodici con croce di Malta

Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignoto (probabile prima del 1963) Stato del dispositivo: Funzionante se si dispone di una pompa ad alto vuoto e di un generatore di tensioni elevate (ad esempio un rocchetto di Rumhkorff ). Descrizione del dispositivo: Il tubo in vetro ad alto vuoto è montato su una base di legno. Il catodo presenta una

superficie concava ed in prossimità dell’anodo vi è una croce di Malta metallica e ribaltabile che può intercettare i raggi catodici. Nella figura a lato [Figura a)] è mostrato il funzionamento del tubo, quando si applica una differenza di potenziale di alcune migliaia di volt e la croce di Malta non intercetta i raggi catodici. Si osserva una fluorescenza diffusa sull’estremità del tubo posta di fronte al catodo. Inserendo la croce sul cammino dei raggi catodici (Figura b)], questa proietta un’ombra nitida sul vetro mostrando che i raggi catodici camminano in linea retta. Quando i raggi hanno agito per alcuni secondi e la croce viene abbassata, l’area che era occupata dall’ombra brilla maggiormente rispetto alla regione circostante mostrando che la fluorescenza del vetro diminuisce con il tempo di esposizione ai raggi catodici. Mediante una calamità si può produrre la deviazione del cammino dei raggi catodici e pertanto essi non possono essere dei fotoni. Inoltre dalla entità della deviazione è possibile risalire alla natura dei raggi stessi. Infatti è relativamente facile dimostrare che i raggi catodici sono costituiti da un fascio di elettroni (ed in minima parte di ioni negativi che si formano per cattura elettronica in prossimità del catodo).

a)

Alla pompa a vuoto

Alla pompa a vuoto

+

Catodo

Catodo +

b)

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Triodo di potenza Costruttore: Philips - Olanda Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del componente: Incognito Descrizione del componente: La valvola esposta è un triodo di potenza, probabilmente impiegato per azionare circuiti elettromeccanici oppure nel campo delle trasmissioni radio. Gli elementi essenziali del triodo hanno una struttura cilindrica, come mostrato nella figura a lato e nella sezione sotto riportata. Il filamento (catodo) è semplicemente un cappio posto in trazione da una molla ed è riscaldato direttamente per effetto Joule

mediante un generatore di corrente alternata a bassa tensione. L’anodo è il cilindro metallico centrale e la griglia, coassiale all’anodo e costituita da un filo conduttore avvolto a spirale attorno a 4 barrette, risulta trasparente al flusso di elettroni proveniente dal filamento. La griglia governa la corrente anodica in maniera molto più efficace dell’anodo: infatti piccole variazione di potenziale della griglia producono gli stessi incrementi della corrente anodica per i quali sarebbero richieste ampie variazioni del potenziale anodico. Per comprendere meglio il principio di funzionamento di questo tipo di valvola termoelettronica e le modalità di impiego nei circuiti nel seguito vengono richiamate le principali caratteristiche del triodo.

Alimentazione del filamento

Alimentazione della griglia

Alimentazione dell’anodo

Anodo

Filamento (catodo)Griglia

Molla di tensionamentodel filamento

88

La corrente anodica Ia (principale caratteristica del triodo), quando si è lontani dalla zona di interdizione (potenziali di griglia molto negativi) e dalla zona di saturazione (elevati potenziali anodici), ha un andamento lineare sia in funzione del potenziale di griglia Vg sia in funzione del potenziale anodico Va: Ia = S Vg + Va/ρ + Io dove S [ S = (∂Ia/∂Vg) Va = cost] e ρ [ρ = (∂Va/∂Ia)Vg=cost] sono dei coefficienti che prendono il nome di conduttanza mutua e di resistenza anodica ed Io è l’intensità anodica quando Vg = Va = Vc (essendo Vc = 0 il potenziale del catodo). Valori tipici di questi coefficienti sono: S = 1÷ 5 10-3 Ω-1 ρ = 5000 ÷ 10000 Ω Accanto a questi due coefficienti che permettono di descrivere completamente il comportamento del triodo (nella zona lineare) si introduce anche un terzo coefficiente μ, indicato normalmente come fattore di amplificazione: μ = - ( ∂Va/∂Vg) Ia = cost = ρ S Tale coefficiente che tipicamente assume valori compresi tra 10 e 50 rende conto

della capacità del triodo ad amplificare segnali di tensione applicati alla griglia. Nella figura a lato è mostrato lo schema di principio di un circuito di amplificazione in cui un segnale d’ingresso Vi , applicato alla griglia, viene trasformato in un segnale in uscita Vu , ai capi di una resistenza R, che risulta amplificato del fattore A (A < μ): Vu = A Vi = [μ R/(R+ρ)] Vi Il triodo, oltre che come amplificatore di segnali, viene utilizzato come amplificatore di potenza (quando il circuito deve azionare dispositivi

elettromeccanici) e come generatore di oscillazioni persistenti. Nel primo caso si rinuncia ad avere fattori di amplificazione elevati a vantaggio di una bassa resistenza

R

Vu

Vi

G1

G2

+

+

89

anodica che consente di ottenere elevate correnti anodiche, necessarie per azionare i servomeccanismi.

Nel secondo caso il triodo viene inserito in un circuito risonante LC (si veda la figura riportata a lato) con la funzione di fornire al circuito oscillante l’energia in esso dissipata ad ogni periodo. Tali circuiti, utilizzati prevalentemente nel campo delle trasmissioni radio e televisive, costituiscono delle sorgenti di onde elettromagnetiche in grado

di operare sino a frequenze di alcune centinaia di MHz. Per ottenere frequenze elevate [ν = 1/T = (LC)-1/2/2π] è necessario alimentare il triodo a potenziali anodici elevati (Va = 500 ÷ 1000 V) affinché il tempo di transito degli elettroni dal catodo all’anodo sia piccolo rispetto al periodo T del circuito risonante.

G1++

G2

LC

90

Tubo catodico di oscilloscopio Costruttore: Tektronix – U.S.A. Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del dispositivo: Incognito Descrizione del dispositivo: Molto probabilmente il tubo è stato tolto da un oscilloscopio non più funzionante per mostrare agli stu-denti la configurazione e la dispo-sizione dei vari elettrodi per la

produzione, focalizzazione e deflessione del fascio elettronico. Una vista della sezione verticale del tubo catodico, corredata di alcune didascalie esplicative, è mostrata nella figura sotto riportata.

Il cannone elettronico è costituito dai seguenti elementi:

- il catodo, riscaldato indirettamente da un filamento, emette elettroni per effetto termoelettronico ed è posto ad un potenziale negativo (tipicamente | Vo | > 1000 V);

- la griglia di controllo (posta ad un potenziale leggermente negativo rispetto a quello del catodo) mediante la quale si regola l’intensità del pennello di elettroni e quindi la luminosità della macchia luminosa sullo schermo;

- l’anodo cilindrico suddiviso in due sezioni poste allo stesso potenziale (Va = 0) della parete interna del tubo catodico. Due placche metalliche, fissate sulla superficie interna del tubo di vetro e poste allo stesso potenziale dell’anodo, raccolgono la maggior parte degli elettroni dispersi (la loro posizione è

Filamento (catodo Vc = -Vo)

Griglia (Vg < Vo )

Anodo (Va = 0)

Elettrodi di focalizzazione(Vg < Ve < Va)

Schermo

Elettrodi di deflessione

Macchia prodotta da e-

91

evideniata da due vistose macchie annerite prodottesi sul vetro in seguito all’uso prolungato dell’oscilloscopio);

- una coppia di elettrodi cilindrici, interposta tra le due sezioni dell’anodo, che funge da lente elettrostatica per focalizzare il pennello di elettroni. Tali elettrodi operano a potenziali intermedi tra quello catodico e quello anodico.

Il fascio di elettroni attraversa una regione opportunamente schermata dai campi elettrostatici prodotti dagli elettroni depositati sul tubo di vetro e viene deflesso dagli elettrodi a facce verticali (base dei tempi) e dagli elettrodi a facce orizzontali (segnale elettrico in esame). Il tempo di transito τ tra gli elettrodi di deflessione (parametro fondamentale per una rappresentaszione fedele della forma d’onda del segnale in esame) è dato da: τ = L/(2eVo/m)1/2

essendo L la lunghezza dell’elettrodo nella direzione di propagazione del fascio di elettroni, Vo il potenziale catodico ed e/m il rapporto carica/massa dell’elettrone. La sensibilità σ dell’oscilloscopio è data da: σ = ys/Vd = LD/(2Vod) ÷ τ α D/(2d) dove le varie quantità sono:

- ys quota della macchia luminosa sullo schermo (rispetto all’asse); - Vd ampiezza del segnale elettrico in esame; - L lunghezza degli elettrodi di deflessione verticale; - D distanza dello schermo dal centro degli elettrodi deflettori; - d distanza tra le armature degli elettrodi deflettori; - τ tempo di transito; - α apertura angolare del fascio di elettroni all’uscita dall’anodo

[α = 2 arctang(kT/eVo)1/2].

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Spettrometro per raggi X (spettrometro Röntgen)

Costruttore: Miller - Austria Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Incognito Descrizione dello strumento: Di tale strumento, indicato da una targhetta del costruttore come “Röntgen Specktrometer” , non esiste alcun libretto con la descrizione del principio di funzionamento e delle modalità di impiego. Alcuni tentativi

di aprire lo strumento non hanno avuto successo per timore di danneggiare lo strumento stesso ed una ricerca bibliografica non ha avuto maggior successo. Il fatto che lo strumento non presenti alcun cavo di alimentazione porta ad escludere la presenza di qualsiasi camera di ionizzazione o tubo di Geiger e porta a ritenere che la rivelazione dei raggi X avvenga eventualmente mediante la loro diffrazione su cristalli e la registrazione su carta fotografica.

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Elettrometro capillare di Lippmann Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: Si tratta di uno strumento il cui funzionamento è basato sull’elettrocapillarità, fenomeno per cui una variazione di potenziale applicata a due liquidi non miscibili posti a contatto, determina una variazione della tensione superficiale alla superficie di contatto tra i liquidi stessi. Nello strumento tale variazione della tensione superficiale provoca fenomeni di capillarità misurabili, che consentono quindi di deter-minare come varia la tensione superficiale in funzione della differenza di potenziale ap-

plicata. L’apparato è costituito da due tubi (uno contenente mercurio e l’altro una soluzione

di H2SO4) connessi da un capillare in cui i due liquidi si interfacciano (si veda schema a lato). Due elettrodi, collegati ad un generatore di tensione variabile, sono posti in contatto con i due liquidi. Un microscopio consente di leggere il livello z dell’interfaccia tra i due liquidi. La variazione della tensione superficiale in funzione della tensione applicata è misurata dallo spostamento del punto di interfaccia nel tubo capillare: la legge di Borelli-Jurin determina infatti una relazione di proporzionalità diretta tra altezza z di un liquido in un capillare e la tensione superficiale τ (z =

2τ cosφ/δgr essendo δ la densità del liquido, g l’accelerazione di gravità, r il raggio del capillare e φ l’angolo di contatto tra il liquido e la parete). Variando la differenza di potenziale ΔV tra gli elettrodi si osserva che la tensione superficiale dapprima cresce passando per un massimo (per ΔV ≈ 1 V) ed in seguito decresce. Tale

H2O + H2SO4

Hg

- +

z

94

andamento si spiega qualitativamente nel modo seguente: quando la superficie del mercurio porta cariche dello stesso segno la repulsione elettrostatica agisce nel senso opposto alla tensione superficiale, che tende a ridurre la superficie. La tensione superficiale apparente è quindi diminuita e passa per un massimo quando la d.d.p. mercurio-soluzione si annulla prima di invertirsi. Sulla base di queste osservazioni Lippmann ha costruito l’ elettrometro capillare sopra descritto. Il dispositivo si presta come strumento di zero in quanto consente di constatare, con una precisione del decimillesimo di volt, l’uguaglianza di due f.e.m. opposte nel circuito dello strumento. Per polarizzare il menisco occorre, d’altronde, una quantità di elettricità relativamente grande e ciò limita talvolta il suo impiego.

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Cella al Selenio Costruttore: Dr. Lange – Germania Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del componente: Funzionante Descrizione del componente: E’ una cella fotovoltaica ottenuta con un deposito superficiale di Selenio su una base metallica. La cella genera una f.e.m. ai capi della giunzione quando questa viene investita da un fascio di luce. Tale fenomeno era stato osservato da Edmond Becquerel durante

alcuni esperimenti con celle elettrolitiche costituite da due elttrodi identici di platino, uno illuminato e l’altro al buio. La fotoconducibilità del Selenio è stata scoperta da Willoughby Smith nel 1873 e nel 1876 due scienziati inglesi (Adams e Day) trovano che il Selenio è in grado di convertire la luce del sole direttamente in elettricità. La cella al Selenio che ha un rendimento molto basso (circa 1%) nella conversione dell’energia luminosa in energia elettrica, è stata sostituita in campo applicativo dalle celle fotovoltaiche basate sul Silicio. Ciononostante le giunzioni al selenio e suoi ossidi metallici vengono utilizzati ancora oggi per la produzione di luxmetri.

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Generatore a termocoppie Costruttore: Kipp – Delft - Olanda Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del componente: Non funzionante poiché il circuito di alimentazione in corrente alternata è interrotto. Descrizione del componente: E’ un generatore di f.e.m. continua basato sull’effetto Seebcck. Tale effetto termoelettrico, scoperto da Seebeck nel

1821, consiste nella generazione di una differenza di potenziale ai capi di una barra conduttrice quando tra le due estremità viene mantenuta una differenza di temperatura. Egli osservò anche che l’ago di una bussola subiva una deflessione in prossimità di un anello costituito da due metalli differenti con le due zone di giunzione poste a differenti temperature. Ciò è dovuto al fatto che i due metalli generano potenziali elettrici differenti nelle due regioni a differente temperatura dando origine ad un flusso di corrente, il quale produce il campo magnetico che

agisce sull’ago magnetico. Nella Figura a lato è mostrato lo schema elettrico del circuito. La tensione risultante è data da: T2 ΔV = ∫ [SB(T) – SA(T) ] dT T1 dove SA ed SB sono i coefficienti di Seebeck (o potere termoelettrico) relativi ai due metalli A e B, T1 e T2 sono le temperature delle due giunzioni. I coefficienti di Seebeck sono non lineari e dipendono dai materiali, dalla loro temperatura assoluta e dalla loro struttura molecolare. L’effetto Seebeck può essere sfruttato per misurare differenze di temperatura attraverso la differenza di potenziale generata in un circuito costituito da

fili di materiale diverso (termocoppia). Il valore della differenza di potenziale generata per effetto Seebeck è dell’ordine di alcuni μV per una differenza di temperatura di 1 K. L’effetto, oltre che per la misura di differenze di temperatura, è sfruttato nei generatori termoelettrici, ponendo in serie parecchie giunzioni (come illustrato nella figura a lato). Questi generatori hanno una efficienza abbastanza bassa, con-vertono circa il 7% della potenza

T1

T2

A

B

B

+

ΔV

G G

T1

T2

ΔV1 ΔV2 ΔV3

A B A B A B A

97

termica in potenza elettrica. L’elevato costo delle materie prime necessarie per realizzare i generatori termoelettrici rende questa appli-cazione conveniente solo in contesti particolari come le applicazioni spaziali (in questo caso la potenza termica è fornita da una sorgente radioattiva).

Il dispositivo esposto in questa sezione e mostrato in una vista esplosa nella figura a lato è costituito da un supporto isolante in bachelite con 4 morsetti ai vertici (due morsetti per alimentare in cor-rente alternata la re-sistenza che riscalda le giunzioni e due morsetti per prele-vare la tensione generata per effetto Seebeck. Le giunzioni sono 32 e sono disposte su una base isolante. Quelle a temperatu-ra più elevata sono riscaldate da un

filamento alimentato in c.a., mentre le giunzioni a temperatura più bassa sono in contatto termico con un cilindro di ottone che funge da termostato. Il dispositivo non è funzionante poiché il circuito di alimentazione del filamento è interrotto (probabilmente si è fusa la saldatura tra gli adduttori di corrente ed il filamento).

GG

Massa termica a T1

Base isolante

Giunzioni a T2

Alimentazione in c.a.

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Camera di Wilson Costruttore: Ignoto per l’apparato a) – Probabilmente l’Officina meccanica dell’Istituto di Via Saldini per l’apparato b). Data di acquisto e/o costruzione: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dei dispositivi: Funzionante il modello a) – Non funzionante il modello b). Descrizione dei modelli: Modelli di camera di Wilson (o camera a nebbia), rivelatore di particelle basato sulla visualizzazione della traccia lasciata dal passaggio di una particella ionizzante in un vapore sovrassaturo.

Tale camera fu ideata nel 1911 dal fisico britannico Charles T.R. Wilson (premio Nobel nel 1927). Con la camera a nebbia furono condotte ricerche fondamentali sui raggi cosmici (1931), venne fornita la prima evidenza sperimentale dell’esistenza del positrone (1933) e fu scoperto il pione (1947). Il modello a) é costituito da un contenitore in cui è presente un vapore saturo (vapore d’acqua) che mediante una rapida espansione (ottenuta facendo scorrere il pistone mediante la manovella) si raffredda divenendo soprassaturo. Il passaggio di una particella elettricamente carica produce una ionizzazione delle particelle di vapore favorendone la condensa sotto forma di piccole gocce d’acqua. La traccia così creata, opportunamente illuminata dalla lampada retrostante, rende visibile la traiettoria della particella ionizzante. Nelle camere a nebbia impiegate nella ricerca l’espansione viene comandata dai un sistema di rivelatori a scintillazione posti al di sopra della camera e la traccia viene fotografata con-sentendo il riconoscimento delle particelle rilevate in base alla densità delle goccioline che sono state prodotte lungo la traccia. Per ottenere maggiori informazioni sulla natura della particella ionizzante la camera a nebbia viene spesso dotata di assorbitori [come nel caso del modello b)] che consentono di variare l’energia ed il potere ionizzante della particella ed in alcuni casi essa viene dotata di un elettromagnete in grado di produrre un campo magnetico intenso per cui dalla curvatura della traccia si risale al segno della carica elettrica ed alla quantità di moto della particella.

b)

a)

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Misuratore della ionizzazione totale delle particelle α in aria. Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del dispositivo: Funzionante Descrizione del dispositivo: Questo dispositivo, che in una catalogazione precedente era stato indicato come “Sorgente di particelle α”, non contiene attualmente alcuna sorgente radioattiva (come è risultato da una analisi con rivelatori di α). Da una analisi della struttura interna risulta essere, molto probabilmente, uno

strumento per la misura della ionizzazione totale delle particelle α in aria. Una vista dello spaccato esploso del dispositivo (Fig. 1), mostra alcuni componenti caratteristici che inducono ad attribuire ad esso la funzione sopra citata. La camera metallica su una base isolante contiene un supporto (molto aperto) per la sorgente α, circondato da un anello che può essere polarizzato allo scopo di raccogliere gli

elettroni prodotti dal passaggio del-le particelle α. Mediante lo schermo retrattile è possibile isolare la sorgente dal-l’anello di raccol-ta; in questo caso lo schermo e la camera fungono da pozzo di Faraday, il che consente la misu- ra della carica rac- colta in un inter- vallo di tempo

Fig. 1 Vista della sezione esplosa dello strumento prefissato e quindi una misura della attività della sorgente α. In assenza dello schermo la misura della carica elettrica (flusso degli e- prodotti dalle collisioni delle particelle α con le molecole dell’aria) raccolta dall’anello (polarizzato con una tensione positiva), assieme al dato relativo alla attività della

Schermo retrattile

Tappo isolante

Elettrodo polarizzato

Supporto sorgente

Anello di raccolta

Supporto isolante

100

sorgente, consente di determinare la ionizzazione totale [intesa come numero di coppie di ione-elettrone prodotte da una particelle α lungo il cammino da essa percorso prima di arrestarsi (“range”)] . Non essendoci guarnizioni di tenuta si deve ritenere che lo strumento venisse impiegato per misure in aria a pressione atmosferica. Date le dimensioni del dispositivo è probabile che le particelle α della sorgente impiegata dovessero avere un “range” inferiore ai 5 cm (ad esempio il Polonio 206, che emette particelle α di energia Eα = 5.298 MeV ed il cui range in aria è di circa 3.8 cm, può essere stata la sorgente impiegata in questo dispositivo).

101

Armadio A (retro dell’aula C)

Sonometrocon archetto

Barometro di Fortin

Pila a bicchieri di Volta

Microfono elettrostatico

Tubo per la scarica nei gas rarefatti

Pompa di Geissler

102

Pila a bicchieri di Volta

Costruttore: Officina meccanica del LASA Data di costruzione: 1990 Stato del dispositivo: Funzionante Descrizione dello strumento: Esemplare costruito per scopi didattici del Laboratorio di Fisica II e costituito da 20 bicchieri in vetro in ciascuno dei quali sono inseriti due elettrodi (uno di rame ed uno di zinco) connessi in serie. Con una soluzione di NaCl (peso molecolare 58.44 g) la pila presenta una f.e.m di circa 1.2 V. Per la misura della f.e.m. della pila, onde evitare il processo di polarizzazione degli elettrodi ed il conseguente errore, è necessario ricorrere ad un metodo che non richieda il passaggio di corrente nel circuito di misura.(ad esempio il metodo elettrometrico oppure il metodo di opposizione di Poggendorf). La resistenza interna dipende ovviamente dalla concentrazione della soluzione e dal livello della soluzione all’interno dei singoli bicchieri. Per la sua misura si ricorre al metodo del ponte di Kohlrausch (corrente alternata con frequenza compresa tra 3000 e 4000 Hz dove è massima la sensibilità dell’orecchio umano).

103

Sonometro

Costruttore: Officine Galileo – Firenze (da verificare) Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionante dopo aver riparato l’archetto, aver installato una nuova corda armonica e costruito un nuovo cavalletto. Descrizione dello strumento: Cassa armonica in legno di grandi dimensioni sulla quale può essere montata una corda di acciaio armonico tesa mediante un peso che scorre in una carrucola. Il peso può essere cambiato per variare così la tensione della corda stessa. La corda armonica originaria, resasi inutilizzabile, è stata sostituita con una corda di violoncello. Sulla faccia superiore (si veda figura sotto riportata) ci sono tre inserti (apparentemente in avorio) che riportano la scala metrica (al centro), la scala naturale e la scala

temperata (ai due lati). Un cavalletto in legno (andato perso e ricostruito) permette di sezionare la corda in due segmenti noti. Lo strumento è corredato da un archetto di violino (riparato).

5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90 95

Do Si La Sol Fa Mi Re Do

Si La La Sol Sol Fa Mi Re Re Do

1/81/7 1/6 1/5 1/4 1/3

Scala naturale

Scala temperata

Do Si La Sol Fa Mi Re DoDob Sib Lab Solb Fab Mib Reb

DoSi La# Sol# Fa# Mi# Re# Do#

104

Con questo strumento si possono effettuare alcuni esperimenti di acustica sulle onde stazionarie e verificare le relazioni che intercorrono tra frequenza, lunghezza d’onda e lunghezza della corda. Indicata con T la tensione alla quale è soggetta la corda e con k la densità lineare della corda valgono le seguenti relazioni: v = (T/k)1/2 νn = nv/2L essendo v la velocità con cui si propaga una perturbazione lungo la corda, νn la frequenza dell’ennesima armonica per una corda di lunghezza L fissata agli estremi. Agendo sulla tensione si riesce ad ottenere dalla corda, messa in vibrazione dall’archetto di violino, un suono di altezza musicale conosciuta. Per mezzo del cavalletto si seziona la corda in due frazioni: il rapporto tra le due lunghezze è uguale all’inverso del rapporto musicale tra i due suoni. Utilizzando la corda tesa dal peso si può mostrare la dipendenza fra frequenza del suono e tensione. Tendendo la corda in modo opportuno si possono ottenere onde stazionarie e si possono mettere in evidenza i nodi ed i ventri di oscillazione utilizzando leggerissimi cavalieri di carta che verranno lanciati via in corrispondenza dei ventri mentre rimarranno al loro posto nei nodi.

105

Pompa di Geissler

Costruttore: Officina meccanica del Dipartimento e Colaver Data di costruzione : 2009 Stato del dispositivo: Funzionante Descrizione del dispositivo: E’ un dispositivo che riproduce in sostanza la pompa da vuoto inventata nel 1855 da Heinrich Geissler, un abile soffiatore di vetro di Bonn. Il dispositivo è costituito essenzialmente da due bulbi sferici di ugual diametro (uno fisso ed uno mobile connessi da un tubo flessibile trasparente) riempiti in parte con mercurio. Il bulbo fisso (di volume Vb ≈ 0.5 litri) può essere connesso sia all’impianto a vuoto attraverso una valvola a tenuta sia all’ambiente esterno attraverso una seconda valvola a tenuta; il bulbo mobile o serbatoio è costantemente in comunicazione con l’ambiente esterno e può essere spostato mediante un semplice sistema di carrucole da ≈ +20 cm a ≈ - 80 cm rispetto alla quota del bulbo fisso. Il dispositivo è corredato anche con un manometro differenziale inserito dopo la valvola di separazione tra la pompa e l’impianto da evacuare e con una doppia scala millimetrica che consente di misurare il dislivello tra le superficie libere del mercurio nei due rami.

Il principio di funzionamento della pompa è schematicamente illustrato nella figura di pagina seguente. La camera da evacuare C è inizialmente isolata dalla pompa a vuoto (la valvola V2 è chiusa), il bulbo fisso B è in comunicazione con l’ambiente esterno (la valvola V1 è aperta), il serbatoio S si trova ad una quota inferiore rispetto al bulbo B in maniera che in quest’ultimo sia in aria (la differenza di quota è circa uguale al diametro dei due bulbi) [fase a) nella Figura]. Nella fase b) il serbatoio viene innalzato in maniera da far uscire attraverso la valvola V1 aperta l’aria presente nel bulbo B. Chiusa la valvola V1 [fase c)] si fa discendere il serbatoio S di circa 76 cm in maniera che la pressione dei gas residui nel bulbo S si riduca ad un frazione (v/Vb) della pressione atmosferica, essendo v il volume morto compreso tra le due valvole V1 e V2 che non è possibile evacuare (tipicamente v è dell’ordine di qualche decina di mm3).

106

Nella fase d) si apre la valvola V2 in maniera graduale e nello stesso tempo si fa risalire il serbatoio S man mano che la pressione nel bulbo B aumenta. Questa operazione deve essere condotta con cautela per evitare che l’improvviso incremento di pressione nel bulbo B faccia traboccare il mercurio dal serbatoio S. Una volta raggiunta la situazione illustrata nella Figura si chiude la valvola V2 e si innalza il serbatoio S sino a quando non raggiunge lo stesso livello nei due rami. A questo punto si può aprire la valvola V1 ed evacuare il bulbo B ripetendo la sequenza delle operazioni sopra descritte. L’evacuazione della camera C richiede un numero elevato di cicli in quanto l’efficienza del processo decresce man mano che la pressione residua nella pompa si riduce. In linea di principio (in assenza cioè di perdite nell’impianto) la pressione limite che può essere ottenuta con questa pompa è rappresentata dalla tensione di vapore del mercurio ( 10-3 torr a t = 18 C).

S

B

C

M

V1V2

S

B

C

M

V1V2

S

B

C

M

V1V2

S

B

C

M

V1V2

V1 aperta V1 aperta V1 chiusa V1 chiusa

V2 chiusa V2 chiusa V2 chiusa V2 aperta

a) b) c) d)

760 mm

107

Barometro di Fortin Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Al momento del suo recupero era completa-mente privo del mercurio. Descrizione dello strumento: Il barometro di Fortin, che rappresenta la forma più evoluta del barometro a mercurio, consente di effettuare mediante opportuni accorgimenti la misura della pressione atmosferica con precisioni molto elevate (tipicamente l’errore percentuale è contenuto entro ± 10-4). Nella Figura a lato sono stati messi in evidenza i componenti più significativi. Esso, come nel caso del barometro di Torricelli, è costituito da un tubo di vetro (lungo circa 0.9 m) chiuso all’estremità superiore e parzialmente riempito di mercurio. L’estremità inferiore del tubo termina su una vaschetta contenente mercurio ed il cui fondo è realizzato in materiale deformabile ed impermeabile al mercurio (in genere cuoio o pelle di daino). La capacità della vaschetta può essere modificata per mezzo di una vite in modo da riportare il pelo libero del mercurio nella vaschetta in corrispondenza dello zero della scala, qualunque sia il valore della

pressione atmosferica. Per facilitare e rendere più precisa questa operazione, la superficie libera del mercurio nella vaschetta viene innalzata sino a sfiorare la punta di un piccolo cono che il costruttore del barometro ha regolato in modo che il suo vertice coincida con lo zero della scala incisa sulla custodia. La custodia in acciaio, oltre ad avere una funzione protettiva, consente di vedere, lungo una feritoia verticale, la colonna di mercurio e di misurarne l’altezza mediante un nonio ventesimale che scorre lungo le scale incise sui due lati della custodia. (sul lato sinistro la scala della pressione è espressa in torr mentre sul lato destro la scala della pressione è espressa in millibar). Mediante una cremagliera il nonio viene

Nonio

Custodia in acciaio

Punta a cono

Sacca di Hg deformabile

Vite di regolazione

Termometro

Vite con cremagliera per il nonio

108

posizionato lungo la scala in modo che l’estremità inferiore (coincidente con lo zero del nonio) sia tangente al menisco della colonna di mercurio. Per confrontare le misure di pressione provenienti da più luoghi è necessario normalizzare l’altezza h letta sul barometro riferendola alla accelerazione di gravità standard (go = 9.80665 m/s2) ed alla temperatura t = 0 C. A questo scopo è necessario effettuare delle correzioni che tengano conto della latitudine e della quota sul livello del mare, delle variazioni di densità del mercurio con la temperatura, della dilatazione della scala millimetrica sulla custodia ed infine della depressione capillare. L’altezza hn normalizzata e corretta risulta pertanto data da: hn = h εg εd εl + Δhd dove: εg = g/go = 1 – 2.644 10-3 cos 2φ – 3.15 10-7 a è il fattore correttivo che tiene conto della variazione dell’accelerazione di gravità con la latitudine φ e con l’altitudine a (espressa in metri); εd = 1 – γt è il fattore correttivo che tiene conto della dilatazione termica del mercurio (γ = 1.8 10-4 C-1); εl = 1 + λt è il fattore di normalizzazione che tiene conto della dilatazione termica della custodia (λ = 1.8 10-5 C-1 per l’ottone). Il fattore correttivo Δhd dovuto alla depressione capillare dipende dal diametro del tubo e dall’altezza del menisco. In Tabella sono riportati i fattori correttivi per valori del diametro D compresi tra 7 e 13 mm e per un altezza del menisco che varia da 0.2 ed 1.6 mm. Tabella

D(mm) Altezza del menisco (mm) 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 1.2 1.4 1.6 7.0 0.17 0.34 0.49 0.62 0.74 0.85 0.96 1.04 8.0 0.13 0.27 0.39 0.49 0.59 0.68 0.76 0.82 9.0 0.10 0.21 0.30 0.38 0.46 0.54 0.60 0.65 10.0 0.08 0.16 0.23 0.30 0.36 0.42 0.47 0.52 11.0 0.06 0.11 0.17 0.22 0.27 0.32 037 0.41 12.0 0.04 0.08 0.12 0.15 0.19 0.23 0.27 0.31 13.0 0.03 0.06 0.09 0.11 0.14 0.17 0.20 0.22

109

Tubo per la scarica a corona

Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionante. Descrizione dello strumento: E’ un tubo di Crookes (o tubo di Geissler) di forma sferica nel quale, anziché elettrodi piani, è presente un elettrodo a punta (catodo) che consente di ottenere una scarica cosiddetta a corona. La scarica è confinata in un volume limitato (volume attivo) intorno alla punta, dove il campo elettrico locale (per

il noto effetto punta) viene a superare il campo elettrico d’innesco** (Eloc > Eb = Vb/R essendo R il raggio del volume attivo). La scarica non coinvolge tutto il volume del tubo ed assume l’aspetto di un fulmine che ha origine dall’elettrodo a punta. ____________ ** Per le caratteristiche della tensione d’innesco Vb della scarica si veda il tubo di Crookes a pag. 80.

Anodo

Catodo

Alla pompa a vuoto

110

Microfono elettrostatico sferico

Costruttore: Allocchio-Bacchini & C Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionante. Descrizione dello strumento: Il microfono di forma sferica è realizzato interamente in metallo e presenta una griglia a maglie

larghe nella calotta superiore. Il microfono viene innestato su un’asta che funge da supporto e da connessione elettrica per l’alimentazione del condensatore posto all’interno della testa sferica. Le armature del condensatore sono realizzate mediante due sottili lamine metalliche, delle quali una è fissa mentre l’altra funge da membrana vibrante. Le onde sonore mettono in vibrazione la membrana facendo variare la distanza tra le due lamine, da cui dipende la capacità elettrica del condensatore: tali variazioni vengono usate per produrre un segnale elettrico, che opportunamente amplificato viene inviato ad un altoparlante o ad un trasmettitore. La scatola contiene anche due componenti, di cui si ignora la funzione, e due chiavi speciali per svitare (o avvitare) componenti del microfono. L’ottimo stato di conservazione di tutti i componenti induce a ritenere che questo sistema non sia mai stato impiegato per qualche esperienza di laboratorio o per dimostrazioni in aula. Si è portasti quindi a ritenere che esso non sia stato acquistato dall’ Istituto di Fisica ma sia stato piuttosto un dono da parte della ditta Allocchio-Bacchini, fornitore di molta strumentazione elettrica utilizzata nei laboratori di Fisica.

111

Armadio B (retro dell’aula B)

2.52

10

1

22.5VOLT 25

20

100 10

2025AMP

0

23 4

5VOLT1

0

23 4

5AMP1

025

50 75 100 125150

VOLT

0

1 2 34

5

AMP

0100 150 200 250 30050 75 100 125 150VOLT

1 5 300

010

20 30 4050

510 15 20

25VOLT

1 5 300

05 10 15

20AMP

0 12

3 4 5 67

8

A

020 30 40

50

V

0.4 .6 .8

1

A10

5 0 510

μA0 .5 1 1.5A

05 10 15 20 25

30

V

1.5 A 3 A 7.5 A +

00

0

2.51.0

0.5

5.02.0

1.0 7.53.01.5

0

3 32112

+

.03.3

1.56

A=36

30300

=V.03.3

1.56

36

30300

˜ V A˜

.001 .002 .002 .005 .01 .02 .02 .05 .1 .2 .2 .5

150 300 600 V

020

40 60 80100

μA

ALIMENTATORE- MODULATORE(T / MICROONDE)

REPULSORE KLYSTRON

0 4 6 12 V

(2 AMP)

“AMPLIVOX”(R / MICROONDE)

VOLUME

ENTRATE

TONO

USCITE

Altoparlante

Alta Imped.

Bassa Imped.(5 Ω)

Si

No

360 V

30

0 60

0.01 – 1μicron

Hg

1 – 1000μicron

Hg

Taratura

μicronHg

0 I II III

ION.

112

Strumentazione elettrica

Costruttore: Istrumenti di misura – CGS - Milano Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato degli strumenti: Funzionanti Descrizione degli strumenti: Sono quattro strumenti di dimensioni molto grandi (diametro del quadrante: 340 mm) e quindi adatti per dimostrazioni in aula. Due strumenti sono voltmetri per la misura di basse tensioni in c.c. (-2.5 V< Vm< +2.5 V – scala lineare) e di tensioni in c.a. (0 < Vm < 5 V - scala quadratica). Gli altri due strumenti sono amperometri per la misura di intensità di correnti continue

(-25 A < Im < +25 A) e di intensità di correnti alternate (0 < Im < 5 A). Costruttore: Ditta AEG Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: Voltmetro di grande dimensione (diametro del quadrante: 200 mm) per la misura di tensioni in c.c. (portata 150 V - scala lineare).

Costruttore: Ditta Sifan Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: Amperometro di grande dimensione (diametro del quadrante: 200 mm) per la misura di intensità di correnti continue (portata 5 A - scala lineare).

025

50 75 100125

150

VOLT

0

1 2 34

5

AMP

2.52

10

1

22.5VOLT 0

23 4

5VOLT1

2520

100 10

2025AMP 0

23 4

5AMP1

113

Costruttore: Soc. An. Balzarini - Italia Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: Amperometro di grande dimensione (diametro del quadrante: 200 mm) per la misura di intensità di correnti alternate (portata 8 A – scala quadratica).

Costruttore: CGS- Milano Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: Microamperometro di grande dimensione (diametro del quadrante: 200 mm) per la misura di intensità di corrente continua (portata 100 μA – scala lineare).

Costruttore: Officine Galileo - Firenze Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: Voltmetro di media dimensione (dimensione del quadrante: ≈150 x150 mm2) dotato di specchio per evitare l’errore di parallasse tra l’indice e la scala. Portata : 0-30 V – scala lineare.

0 12

3 4 5 67

8

A

05 10 15 20 25

30

V

020

40 60 80100

μA

114

Costruttore: SGS - Milano Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato degli stru-menti: Funzionanti Descrizione degli strumenti:

I primi due strumenti sono voltmetri con la possibilità di variare la portata (sul quadrante sono riportate due scale: 0-300 V e 0-150 V nel primo strumento 0-50 V e 0-25 V nel secondo strumento). Il terzo strumento è un amperometro con una portata di 20 A.

Costruttore: Allocchio – Bacchini & C - Milano Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963)

Stato degli strumenti: Funzionanti Descrizione degli strumenti: Strumenti impiegati in laboratorio: Voltmetro con portata 0-50 V (scala quadratica) – Amperometro con portata 0-1 A (scala quadratica) – Microamperometro con zero centrale (-10 mA – 0 - +10 mA) dotato di specchio per evitare errori di parallasse (probabile strumento di zero impiegato per il bilanciamento del ponte di Wheatstone).

Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: Amperometro da laboratorio con una portata 0 – 1.5 A con scala lineare.

0100 150 200 250 30050 75 100 125 150VOLT

1 5 300

010

20 30 40505

10 15 20 25VOLT

1 5 300

05 10 15

20AMP

0 .5 1 1.5A

020 30 40

50

V0

.4 .6 .81

A10

5 0 510

μA

115

Costruttore: Precision Italiana – Milano Data di acquisto: 1966 Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: Amperometro di precisione con tre portate (1.5 A – 3.0 A – 7.5 A) racchiuso in una elegante cassetta di legno.

Costruttore: Ditta A.S. - Germania Data di acquisto: Ignota Stato dello strumento: Funzionante Descrizione dello strumento: Tester per misure di tensioni ed intensità di corrente sia in continua che in alternata con le seguenti portate: Tensioni (c.c. – a.c.) : 3 - 6 – 30 – 300 V Intensità di corrente (c.c. – c.a): 0.03 – 0.3 – 1.5 – 6.0 A .

Costruttore: Allocchio Bacchini & C – Milano Data di acquisto: Ignota Stato del componente: Funzionante Descrizione del compo-nente: Cassetta di resistenze di precisione (realizzate con

manganina) che possono essere poste in serie mediante chiavette metalliche per ottenere resistenze variabili da 1 mΩ a 1.11 Ω con un passo di 1 mΩ.

.001 .002 .002 .005 .01 .02 .02 .05 .1 .2 .2 .5

1.5 A 3 A 7.5 A +

00

0

2.51.0

0.5

5.02.0

1.0 7.53.01.5

0

3 32112

+

.03.3

1.56

A=36

30300

=V.03.3

1.56

36

30300

˜ V A˜

116

Costruttore: Allocchio Bacchini & C Milano Data di acquisto: Ignota Stato del componente: Funzionante Descrizione del componente: Cassetta di resistenze di precisione il cui valore può essere variato con passo 0.1 Ω da 0.1 Ω a 11111 Ω.

Costruttore: Allocchio Bacchini & C – Milano Data di acquisto: Ignota Stato del componente: Funzionante Descrizione del componente: Cassetta di resistenze il cui valore può essere variato mediante inserzione di chiavette metalliche.

Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota Stato del componente: Funzionante Descrizione dello strumento: Resistenze da 1000 e 2000 Ω da impiegare in un circuito di misura delle intensità di corrente (amperometro o galvanometro).

Costruttore: Elettromeccanica Lombarda Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato del componente: Scadente Descrizione del componente: Reostato a cassetta la cui resistenza può essere variata da 0 a 101.5 Ω con passo costante di circa 5 Ω.

150 300 600 V

117

Temporizzatore

Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota Stato del strumento: Non funzionante Descrizione dello strumento: Temporizzatore, probabilmente regolato sulla frequenza della rete elettrica

Trasmettitore e ricevitore a microonde

Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963) Stato della strumentazione: Ignota Descrizione della strumentazione: Trasmettitore e ricevitore di segnali a microonde.

Si

No

360 V

30

0 60

ALIMENTATORE- MODULATORE(T / MICROONDE)

REPULSORE KLYSTRON

0 4 6 12 V

(2 AMP)

“AMPLIVOX”(R / MICROONDE)

VOLUME

ENTRATE

TONO

USCITE

Altoparlante

Alta Imped.

Bassa Imped.(5 Ω)

118

Campana pneumatica

Costruttore: Ignoto Data di acquisto: Ignota (probabile prima del 1963 Stato dell’apparato: Ricostruita la campana di vetro. Descrizione dell’apparato: Campana pneumatica in vetro (diametro interno di circa 320 mm e spessore delle pareti di 5 mm per sostenere la pressione atmosferica). La campana è in comunicazione con un manometro a mercurio che consente di misurare la pressione residua . La campana è adatta per eseguire vari tipi di esperienze in assenza d’aria (quale ad esempio la verifica che il suono non si propaga nel vuoto).

Costruttore: Galileo – Firenze Data di acquisto: Ignota Stato dello strumento: Incognito Descrizione dello strumento: Strumento di misura della pressione residua in una camera a vuoto mediante una valvola a conducibilità termica (nel campo di pressione 10-3 – 1 torr) e mediante una valvola ad ionizzazione (valvola Penning nel campo di pressione inferiore a 10-3 torr).

0.01 – 1μicron

Hg

1 – 1000μicron

Hg

Taratura

μicronHg

0 I II III

ION.