Quinto Settimio Fiorente Tertulliano - Apologetico

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    QUINTO SETTIMIO FIORENTE TERTULLIANO

    APOLOGETICO

    Introduzione e Traduzione a cura di Onorato TESCARI (1951)VERSIONE ELETTRONICA - CURATA DA AMEDEO MARCHINI

    INTRODUZIONE

    1. - Subito dopo la morte di Cristo (avvenuta l'anno 29, 15esimo dell'impero di Tiberio), la sua religione sipropag rapidamente fuori della Giudea, per tutte le parti dell'Impero romano. L'anno 64, in cui ebbeluogo la famosa persecuzione di Nerone contro i Cristiani, essa aveva da un pezzo, come dice Tacito(Annali 15,44,5), fatto irruzione anche nell'Urbe. Cristiani esistevano in Roma al tempo di Claudio(41-54), secondo che attesta Svetonio (Claud. 25,2), il quale parla di misure repressive prese da questoimperatore contro di loro; e secondo che attestano gli Atti degli Apostoli (18,2), dove si narra di unincontro di Paolo, nel 52, a Corinto con i Cristiani Aquila e la moglie sua Priscilla, dovuti uscir di Roma inseguito all'editto dell'imperatore. Inoltre dall'epistola di Paolo ai Romani (15,24), che del 58, si ricavache da parecchi anni esisteva in Roma una Comunit di Cristiani. Come questa Comunit sorgesse e peropera di chi, ignoto. Quando Paolo venne a Roma nel 61, trov Cristiani a Pozzuoli, e Cristiani dall'urbevennero a incontrarlo a Foro Appio (Atti degli Apost. 28,14 seguenti): durante la dimora in Roma diPaolo, venne a stabilirvisi Pietro. La tradizione congiunse la morte dei due Apostoli durante lapersecuzione di Nerone (DUCHESNE, Hist. ancien. de l'glise, Paris, 1923, 1-64).

    2. - Nei riguardi della nuova religione, che conquist nel giro di poche generazioni tutto il mondoconosciuto, si presenta subito un problema. Come si spiega che i Romani, i quali si dimostraronotollerantissimi sempre verso tutte le religioni dei popoli sottomessi (Apol. 24,7 seguenti), furono, invece,tanto severi unicamente verso la nuova religione, da esercitare contro i suoi seguaci le pi ferocipersecuzioni? Gli che nessun'altra religione, all'infuori del Giudaismo e del Cristianesimo, professun'intolleranza irriducibile verso la religione pagana. Senonch, mentre i Giudei limitavano la lorointolleranza a una passiva e pacifica resistenza, i Cristiani, invece, in obbedienza al precetto del Maestrodivino, erano animati da un ardente intento proselitistico e battagliero e conquistatore, attentandodirettamente all'esistenza stessa della religione romana nelle sue pratiche esplicazioni, e, indirettamente,nella interpretazione dei loro persecutori, all'esistenza stessa dell'Impero.

    E invero, per i Romani la pratica religiosa s'identificava con la res publica. nota la spregiudicatezza concui i pi intelligenti e dotti fra di essi giudicavano delle loro credenze e dei loro riti. Con tutto ci ne eranoosservantissimi, in quanto quelle credenze e quei riti costituivano la parte pi venerabile della lorotradizione, fino a un certo punto, della loro stessa storia. nota, anche, la severit con cui perseguivano ireati contro la religione; e come alla mancata osservanza delle prescrizioni rituali imputassero i pi gravidisastri. Pertanto i Cristiani venivano riguardati quali nemici publici dell'Impero: e nemici personali puredegl'imperatori, da quando si era cominciato a onorare questi quali divinit, con forme prescritte, a cuinon era lecito rifiutarsi senza incorrere in grave reato. Si aggiunga poi che, oltre che di essere ostili allareligione (Apol. 10-15) e agl'imperatori (ibid. 29-36) e causa di tutte le sciagure inviate dagli di (ibid.40-41), i Cristiani erano accusati di delitti mostruosi e inverosimili: d'infanticidio (ibid. 2, 5, 20; 4, 11,7;8;9) e cannibalismo (ibid. 7,1; 9,9), d'incesto (ibid. 2,20; 4,11; 7,1; 8,3,7), di adorare una testa d'asino(ibid. 16, 1-4;12), di tutti i delitti (ibid. 2,16).

    Persecutori dei Cristiani furono gl'imperatori Nerone (nel 64), Domiziano (nel 95), Marco Aurelio (nel177), Decio (nel 250), Valeriano (nel 257) e Diocleziano (nel 303). Particolarmente feroci furono le

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  • persecuzioni di Nerone, Decio, Diocleziano. noto come nel 101 Plinio minore, trovandosi a governare laBitinia, con una sua lettera (10,96) chiedesse all'imperatore Traiano istruzioni sul modo di procederecontro i Cristiani. " Eran soliti radunarsi in un giorno convenuto prima del sole, per recitarealternatamente un carme in onore di Cristo, come di un dio; si obligavano con giuramento a noncommettere furti, latrocii, adultri, a non tradir la fede, a non rifiutarsi di restituire il deposito. Fatto ciavean costume di separarsi e poi di nuovo riunirsi per consumare un cibo comune e innocente ". Plinioaveva voluto andare a fondo, sottoponendo a "tormento due ancelle, chiamate ministre, e non avevatrovato altro che una superstizione storta, smodata. La cosa gli era sembrata degna di consultazione, inquanto correvan pericolo molte persone di ogni et, di ogni condizione, di entrambi i sessi: ch non soloper le citt, ma per i villaggi e i campi si era diffuso il contagio di quella superstizione, che sembravapotersi arrestare ". La risposta di Traiano era stata categorica (se non logica): " I Cristiani non si devonocercare: ma se denunziati e accusati, si devono punire, a meno che non neghino di essere Cristiani,provandolo col fatto, vale a dire, supplicando gli di dei Romani. Per le denunzie anonime non devonoessere accolte: sarebbe un pessimo esempio e contrario allo spirito del secolo".

    Inoltre i Cristiani parevano rinnegare effettivamente la vita, rinunciando a tutto quanto, per unanimeconsenso, la faceva bella (Apol. 38,3 seguenti; 39,14 seguenti; 42,4 seguenti eccetera). Tutta l'arte greco-romana andava congiunta con quanto essi aborrivano, sia per ci che contrastava recisamente con la lorofede (rappresentazioni letterarie e plastiche e, in generale, mitiche), sia per ci che era in assolutaopposizione con il loro costume (oscenit del teatro, crudelt dei ludi gladiatori eccetera). Il che eraindivisibile dalla vita pagana. Onde il giudizio dato su di loro: " odiatori del genere umano " (TACITO,Ann. 15,44,6).

    3. - Una procedura determinata e stabile contro i Cristiani non c'era. Come la loro colpa era stata fattarientrare nel delitto di "lesa maest" (28,2), cos il procedimento punitivo e la gravit dipendeva daltemperamento del persecutore, sopra tutto nelle province pi lontane da Roma, e dal grado di resistenzaopposta dai perseguitati. Di solito i Cristiani, che cedevano davanti agli orrori dei supplizi comminati,rinnegando la loro religione e adempiendo, a conferma dell'apostasia, a qualche rito, erano risparmiati,ottenendo l'impunit. Coloro, invece, che resistevano (e il martirologio degli eroi di questa Fede autorizzaa credere fossero i pi), venivano spietatamente fatti morire. Dall'Apologetico apprendiamo che le formedi violentamento e di punizione adoperate contro i Cristiani erano le seguenti: lavori forzati nelle miniere,relegazione nelle isole (12,5), torture e lacerazioni (2,15; 21,28), ungulae, croci, fiamme, decapitazioni,bestie feroci (12,3; 30,7; 49,4; 50,3), lapidazioni, incendi (37,2; De spect. 27).

    4. - Per comprendere le difficili condizioni in cui venivano a trovarsi i nuovi convertiti alla religione diCristo, conviene ancora riflettere sullo stato sociale dei convertiti. Tutta una classe di lavoratori attingevala vita a risorse intimamente legate alla religione pagana: operai addetti a costruzione di templi, distatuette ed emblemi religiosi, funzionari publici, magistrati, senatori, soldati, la cui vita la religionepagana, sia pure con manifestazioni di puro formalismo, aveva tutta pervasa, talch era impossibilesvincolarsi da atti e cerimonie imposti alla carica. Fino a qual punto poteva essere concesso a costoro, unavolta convertiti, di continuare senza colpa nella consueta attivit? Aggiungasi (pi importante ancora) laclasse delle persone colte, in cui ben presto la novella religione cerc e annover in bella quantit i suoiseguaci. Costoro avevano acquistata la loro cultura nelle scuole di grammatica e di retorica pagane, cheerano rimaste le stesse (e le stesse continuarono ad essere per parecchie generazioni): dove si erano letti estudiati i poeti pi famosi (scuola di grammatica), e coltivata, con lo studio dei prosatori pi celebri, l'arteretorica, intesa a dare il possesso dell'eloquenza di parata e, specialmente, giudiziaria (scuola di retorica). vero, quei poeti erano impregnati di voluttuarismo e mitologia, quanto mai contrastante con la purezza difede e di vita imposta dalla nuova religione; ma erano pur anche i rappresentanti di un'arte e di unabellezza non sempre sconcia e riprovevole. vero, la filosofia pagana era spesso in antitesi assoluta con lanuova Parola, affermante l'esistenza di un Dio unico, puro Spirito, il cui Figliuolo erasi incarnato ed eramorto per la salvezza degli uomini: ma conteneva anche quanto di pi vero e di pi alto aveva l'umanopensiero potuto attingere con le sole sue forze, prima che l'ali ne impennasse una nuova, divinainspirazione. Era dunque necessario, per essere veri seguaci del nuovo Verbo, rigettare in pieno tutta l'artepagana, tutto il pensiero pagano? spogliarsi in pieno di tutta una cultura, che pure aveva i suoi pregi? Eraessa proprio inconciliabile con la dottrina del Cristo e con la vita da essa predicata e imposta? D'altro lato,

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  • una rinunzia del genere, chi anche avesse voluto attuarla, era essa possibile?. Molto interessante torna aquesto proposito anche quello che si legge in una lettera di San Girolamo diretta a Eustochio (XXII 30Hilberg: CSE 54, p. 189 sg.), la figliuola della nobilissima matrona romana, Paola, e sua figliuola spirituale:"Anni fa (nel 374)... avviandomi a Gerusalemme, non potevo privarmi della biblioteca, che mi ero formataa Roma con grandissimo zelo e fatica. Pertanto io, misero, digiunavo col pensiero di leggermi Tullio. Dopofrequenti notti passate vegliando, dopo le lagrime, che il ricordo dei passati trascorsi mi traeva dall'imeviscere, prendevo in mano Plauto. Se talora, ritornando in me stesso, prendevo a leggere un profeta, quellinguaggio incolto mi metteva orrore; e poich con gli occhi accecati la luce non vedevo, pensavo che lacolpa fosse, non degli occhi, ma del sole. Or mentre per tal modo l'antico serpente si prendeva gioco dime, circa a met quaresima, una febbre, entrandomi nelle ossa, il corpo esausto invase; e senza requiealcuna... cos le misere membra consum, che appena aderivo alle ossa. Frattanto si preparavano leesequie e, ormai freddo tutto quanto il corpo, il calore vitale dell'anima nel povero petto, esso solo tiepido,palpitava. Allorquando, rapito improvvisamente in spirito, vengo tratto al tribunale del Giudice; dovetanto lume e tanto splendore v'era per la chiarit dei circostanti, che, abbattutomi in terra, guardare in sunon osavo. Interrogato della mia condizione, di essere cristiano risposi. E quello, che, stava seduto: - Tumenti - disse; - tu un ciceroniano sei, non un cristiano: dov' il tuo tesoro, ivi ~ il tuo cuore (MATTEO,6,21). - Immediatamente ammutolii e tra le staffilate (ch aveva ordinato che io venissi battuto), dalbruciore della coscienza pi che di queste mi sentivo tormentato... Tuttavia cominciai a gridare e a direpiangendo forte: Abbi piet di me, o Signore, abbi piet di me (Ps. 50,1). Questa voce risuonava tra lestaffilate. Finalmente, prosternandosi alle ginocchia del presidente, gli astanti pregavano che perdonoconcedesse egli alla giovinezza, che possibilit di pentimento all'errore accordasse: avrebbe applicato latortura, se libri appartenenti alla letteratura dei Gentili avessi io quando che fosse letti. - Io che, in cosgrave congiuntura costretto, avrei voluto promettere ben altro, cominciai a giurare e a dire (il suo nomechiamando in testimonio): O Signore, se mai posseder libri mondani, se li legger, ti avr rinnegato. -Messo in libert su questo giuramento, ritorno fra gli uomini; e, con meraviglia di tutti, apro gli occhiinondati di tanto profluvio di lagrime, da persuadere anche gli increduli che da dolore provenivano. N inverit era stato assopimento quello o sogno vano, onde siamo spesso illusi. N' testimonio il tribunale,davanti al quale giacqui, n' testimonio il giudizio, che mi riemp di paura... l'avere avute le spalle livide,l'essermi dei colpi risentito dopo il sonno; e l'avere in seguito letto le cose divine con tanto ardore, conquanto non avevo le cose mortali lette ".

    Pi tardi il suo fiero avversario, Rufino, moveva al Santo accusa di spergiuro, per non aver tenuto fede algiuramento fatto da lui nel sogno di cui sopra, di non toccare pi libri di Gentili: il che Rufino ricavava dalfatto che Girolamo citava sovente da quei libri. " Ho promesso - questo risponde - che non avrei perl'avvenire letto libri mondani: si tratta di una promessa riguardante il futuro, non di un'abolizione deiricordi passati. 'Come fai - dici tu - a ritenere quello che da tanto tempo non rileggi?'... - Chi di noi non siricorda della sua infanzia? Io almeno... mi ricordo di avere, fanciullo, scorrazzato per le cellette dei servi,di avere trascorso in giochi i giorni di vacanza... per farti stupire anche pi, ora che ho i capelli bianchi e lafronte calva, spesso mi vedo, in sogno, con la mia brava chioma e vestito di toga, declamare davanti almaestro di retorica la mia povera controversia. Svegliato, mi congratulo con me stesso di essere liberatodal pericolo del declamare. Credimi, molto ricorda con esattezza l'infanzia. Se tu avessi appreso le lettere,odorerebbe l'anfora del tuo ingegnuccio di ci di cui fu una volta imbevuta> (ORAZIO, Epist. 1,2, 69 sg.)eccetera (Adv. Rufin. 1,29; 485 sg. MIGNE).

    Con ci San Girolamo parrebbe affermare di non avere letto pi, dopo quel sogno, libri profani, di nonaver toccato pi il suo Cicerone, il suo Plauto. Dovremo credergli in tutto e per tutto?

    5. - Orbene, nella vita cristiana si determinarono, a proposito della cultura pagana, ben presto duetendenze, l'una intransigente, l'altra conciliante, che riconobbe il buono, che pur nell'arte e nel pensieroantico aveva diritto alla conservazione, e lo conserv e, come diremo, se ne giov per la sua stessapropaganda. Fu riconosciuto lecito fare, nei riguardi della cultura antica, quello che gli Ebrei avevanofatto nell'uscire dall'Egitto. " Come... gli Egiziani non solo avevano idoli... che il popolo d'Israeledetestava... ma anche vasi e ornamenti d'oro e d'argento e vesti, che quel popoo, uscendo dall'Egittorivendic a s... per un utile migliore... cos le dottrine tutte dei Gentili non solo contengono false esuperstiziose finzioni... che ciascuno di noi, nell'atto di uscire, guidato da Cristo, dalla societ dei Gentili,

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  • deve abominare... ma anche discipline liberali, assai vantaggiose alla verit, e precetti di costumi,utilissimi... Ora codesto, quasi loro oro e argento... nell'atto in cui si separa dalla loro miserabile societ,deve il Cristiano portar loro via " (Sant'AGOSTINO, De doctr. chr. 2,60).

    6. - Il Cristianesimo, nato in Oriente, si diffuse da prima fra gente di parlata greca. Anche in Occidente iprimi Cristiani furono reclutati tra immigrati orientali, che parlavano greco. Del resto la lingua greca erada per tutto compresa e adoperata accanto al linguaggio nazionale. Si comprende, pertanto, come questalingua sia stata la lingua prima della nuova religione e de' suoi primi documenti. In greco leggevasi laBibbia tradotta dai Settanta. In greco leggevasi il Nuovo Testamento, in greco Paolo aveva scritto le sueEpistole. Anche in Africa, dove la Letteratura latina cristiana primamente si svilupp, q uesta fu nelle sueorigini di lingua greca. E quando la lingua latina si afferm (verso la fine del secondo secolo), operecristiane scritte in questa lingua venivano contemporaneamente (come dimostra Tertulliano) composteanche in greco. Del resto ben presto le principali produzioni dell'Oriente greco vennero tradotte in latino:l'Epistola ai Corinti di Papa Clemente, il Pastore di Erma (fine primo o inizio secondo secolo), la Didach(fine primo o inizio secondo secolo), il trattato d'Ireneo Contro l'eresie (secondo secolo) eccetera.

    7. - Senonch, a mano a mano che la nuova religione si estendeva e guadagnava proseliti, per coloro che,meno dotti, non erano in grado di comprendere il greco, si resero necessarie traduzioni della Bibbia inlatino (il che avvenne nel corso del secondo secolo). Se i traduttori dall'ebraico in greco erano numerabili,i traduttori dal greco in latino diventarono ben presto innumerevoli (Sant'AGOSTINO, De doctr. chr.2,16). Ogni Comunit o gruppo di Comunit possedeva versioni proprie, di vario valore: che durarono inuso anche dopo la riforma geronimiana. Si trattava di versioni letterali, condotte per uno scopo meramentepratico, senza ombra di preconcetto letterario. Tra le numerosissime versioni latine della Bibbia, specialeimportanza ebbe quella denominata Itala. La conobbe Agostino durante il suo soggiorno in Italia, el'adott, ritenendola superiore ai testi congeneri africani (De doctr. chr. 2,15). Ai primi monumentiletterari cristiani latini sono ancora da aggiungere libri liturgici, il Simbolo degli Apostoli, gli Atti deiMartiri (o Processi verbali del martirio, redatti per uso e ricordo della Comunit).

    A dare un'idea di questi Processi verbali (non tutti di uguale valore), non sar fuori di proposito riprodurrequello riguardante i Martiri Scillitani, vale a dire il martirio incontrato il 17 luglio del 180 dai sei di Scilli,in Africa, sotto l'imperatore Commodo (Marco Aurelio, l'imperatore filosofo, che quella persecuzioneaveva iniziata, era morto giusto quattro mesi prima). Chi codesta scrittura stese, lo fece senza la pilontana ombra d'intento apologetico, per il solo scopo di conservare, nella tradizione della Comunit, ilricordo dei Santi. La forma n' al tutto semplice, scarna, anzi monotona.

    "Consoli Presente (questo per la seconda volta) e Claudiano, il 17 luglio, a Cartagine, tradottinella sala delle udienze, Sperato, Nartzalo e Cittino, Donata, Seconda, Vestia, il proconsoleSaturnino disse: Voi potete meritarvi l'indulgenza dell'imperatore, nostro signore, qualoramettiate giudizio.

    Sperato disse: Non abbiamo fatto del male mai; mai ci siamo prestati a ingiustizia; maiabbiamo detto parole ingiuriose, anzi, maltrattati, abbiamo ringraziato: perci noi rispettiamoil nostro imperatore.

    Il proconsole Saturnino disse: Noi anche siamo religiosi e semplice la nostra religione egiuriamo per il Genio del nostro signore, l'imperatore, e facciamo suppliche per la suasalvezza: cotesto dovete fare voi pure.

    Sperato disse: Se mi presterai orecchio paziente, ti espongo io il mistero della semplicit.

    Saturnino disse: Tu ti accingi a dir male dei nostri riti: non ti prester orecchio. Giurapiuttosto per il Genio del signor nostro, l'imperatore.

    Sperato disse: Io l'impero di questo mondo non riconosco, ma servo piuttosto a quel Dio, chenessuno degli uomini vide, n vedere pu con questi occhi. Non ho commesso furto, ma, secompro qualche cosa, pago la tassa, poich riconosco il signor mio, il re dei re, l'imperatore di

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  • tutte le genti.

    Il proconsole Saturnino disse agli altri: Smettete di essere dell'opinione di costui.

    Sperato disse: Mala opinione commettere omicidio, dire falso testimonio.

    Il proconsole Saturnino disse: Rinunziate a partecipare alla pazzia di costui.

    Cittino disse: Noi non abbiamo altri cui temiamo, all'infuori del Signore Dio nostro, che neicieli.

    Donata disse: Onore a Cesare come Cesare, ma timore a Dio.

    Vestia disse: Sono cristiana.

    Seconda disse: Quello che sono, quello voglio essere.

    Il proconsole Saturnino disse a Sperato: Persisti ad essere cristiano?

    Sperato disse: Sono cristiano. - E tutti consentirono con lui.

    Il proconsole Saturnino disse: Volete tempo a deliberare?

    Sperato disse: In una cosa cos giusta, non vi da deliberare.

    Il proconsole Saturnino disse: Che cosa c' nella vostra cassa?

    Sperato disse: I libri e le Epistole di Paolo, uomo giusto.

    Il proconsole Saturnino disse: Abbiatevi trenta giorni di tempo; ricordatevene.

    Sperato di nuovo disse: Sono cristiano. - E con lui tutti consentirono.

    Il proconsole Saturnino lesse dalla tavoletta la - sentenza:

    Sperato, Nartzalo, Cittino, Donata, Vestia, Seconda, rei confessi di vivere secondo il ritocristiano, poich offerta loro la possibilit di ritornare al costume romano, hanno persistitonella loro ostinazione, ordino che siano puniti di spada.

    Sperato disse: Rendiamo grazie a Dio.

    Nartzalo disse: Oggi, martiri, siamo in cielo. Rendiamo grazie a Dio.

    Il proconsole Saturnino fece annunziare per mezzo del banditore: ho fatto condurre alsupplizio Sperato, Nartzalo, Cittino, Vestia, Donata, Seconda.

    Tutti quanti dissero: Rendiamo grazie a Dio. E cos tutti insieme sono stati coronati e regnanocol Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen".

    8. - Come s' detto, a non romperla definitivamente con la cultura dei secoli trascorsi costrinse primo laquasi impossibilit di farlo, dato il passato di una nuova e numerosa categoria di Convertiti, provenientidalle classi pi colte, i quali non potevano spogliarsi dell'istruzione ed educazione della scuola, onde s'eraper tanti anni e per concorde esigenza della societ nutrito il loro pensiero; poi indusse la convinzione che,spogliata del caduco e dell'immorale, quella cultura racchiudesse un tesoro, che non meritava di essererigettato, di cui anzi poteva utilmente avvalersi la nuova Cultura, nata con la nuova Religione. Tanto piche la Letteratura pagana era arrivata a uno stato di vuoto sconcertante (si pensi a Frontone, Apuleio,Gellio eccetera): unica sopravviveva vitale la retorica, che di s improntava tutte le forme dello scrivere;ma che, lungi dal riempire quel vuoto, lo faceva maggiormente risaltare entro la sua veste di puro

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  • formalismo.

    Senonch quell'arte retorica, fine ultimo della scuola, si rivel ben presto preziosa, se volta ad un fine chenon fosse vano e fittizio. Ben presto la nuova religione ebbe a difendersi dagli assalti, non solo dei potentidella Terra, ma, anche, di altri avversari, forniti di altre armi. Se a far cessare (sia pure in parte oapparentemente) la pratica della religione cristiana, potevano valere le persecuzioni e le condannecapitali, per sradicarne la fede dalle intelligenze pi colte, si rese necessaria, e fu adoperata, un'altr'arma,quella della polemica orale e scritta: onde la necessit di opporre per la difesa l'uso della stessa arma, laconfutazione e l'apologia. Per ci stesso veniva dato alla nuova Letteratura un contenuto di pensiero benaltrimenti solido e sostanzioso, e in processo di tempo creavansi un Tertulliano, un Cipriano, unAmbrogio, un Agostino. Fu appunto a met del secondo secolo che la nuova religione prese ad esseredifesa dagli Apologisti: che, venuti dalla scuola, si avvalsero per la nuova battaglia delle risorse dellacultura antica; e agli avversari, sprezzatori delle disadorne traduzioni bibliche, opposero scritti ches'imponevano alla considerazione e alla stima generale per dei pregi, oltre che di pensiero, di forma. Il chenon fu scarso vantaggio. Come San Girolamo (s' detto sopra), anche Sant'Agostino confessa che in su leprime, quando attese a leggere la Scrittura in latino, gli " parve indegna di essere comparata con la dignittulliana " (Conf. 3,9 ). E se ne sent offeso e respinto. E Lattanzio (Inst. 5,1,15) attesta: " Questa sopratutto la causa per cui presso i sapienti e i dotti... la Scrittura Santa non trova credito, perch i profetihanno parlato in forma semplice e comune, come si fa col popoo. Pertanto sono disprezzati da coloro, iquali non vogliono udire o leggere nulla, se non elegante ed eloquente ". E Arnobio stesso (1,59)conferma l'accusa di barbarismi e solecismi, onde sarebbe deturpata, secondo gli avversari, la SacraScrittura. La preoccupazione dell'arte nelle opere dei maggiori scrittori latini cristiani, se pur non disgiuntamai dalla visione del fine ultimo, che quello di illustrare, ammaestrare, combattere, costantementepresente. L'arte e la cultura pagana riecheggiano i loro scritti da per tutto, spesso a quella attingendo senzanemmeno pi veli, come dimostra (per recare un esempio) il De officiis di Sant'Ambrogio, modellato su laclassica opera ciceroniana.

    9. - Da non pi di un secolo la Letteratura latina cristiana ritenuta degna dai filologi di essere collocataaccanto a quella profana, della quale giustamente considerata continuazione. Prima si affettava per essadisprezzo o compatimento, quasi che dovesse interessare unicamente i teologi: eredit degli Umanisti, che,invasati d'entusiasmo per la Letteratura latina classica, avevano giudicato sfavorevolmente quellacristiana. Il che era ingiusto, se pur non poteva negarsi che la preoccupazione della forma non fosse statanegli scrittori cristiani precipua, pi assai pensosi del contenuto che della lingua. Senonch oggi, a parteche pur nelle valutazioni estetiche codesta separazione fra contenuto e forma ha assunto ben altro valorecome criterio di giudizio, non si trover pi studioso alcuno, che prescinda dal valore estetico vero eproprio nel giudicare gli scritti di un Girolamo, di un Ambrogio, di un Agostino: che degli espedienti diespressione, appresi nella scuola, seppero valersi da maestri, talch non meno dei loro predecessoriclassici, sono degni di essere reputati e chiamati grandi scrittori. A parte, dunque, che la Letteraturacristiana indissolubilmente legata con la storia della pi grande rivoluzione spirituale, che mai siasiattuata nel mondo, qual la trasformazione per mezzo del Cristianesimo operatasi nella societ universale:e con la storia delle lotte lunghe e accanite combattute e degli ostacoli superati anche, e sopra tutto, conl'arma della parola, in cui rifulsero difensori, non gi di una tesi politica o di interessi circoscritti, ma dipostulati e interessi di portata assai pi vasta di quelli propugnati da un Demostene e da un Cicerone: aparte ancora che essa Letteratura cristiana indissolubilmente connessa con la storia civile e politica,quale venne foggiandosi e radicalmente evolvendosi attraverso i secoli che seguirono: la Letteratura latinacristiana deve considerarsi quale continuazione inscindibile di quella profana, sia perch composta nellastessa lingua, che, per opera sua, si continu per l'eternit, sia perch si valse delle stesse forme letterarie,consacrate ormai dall'uso di secoli, sia, in fine, anche, perch dei tesori del pensiero profano si nutr essaai suoi fini, ed efficacemente contribu a conservarli e perpetuarli.

    Enumerare gl'ingegni, che da un pezzo ormai lavorano nel campo della Letteratura latina cristiana con nonminore interesse e scrupolo, che non si faccia da altri in quello della Letteratura latina profana, sarebbelungo. Anche, in servigio di essa, si sono curate edizioni insigni di testi, con intento severamente critico.Se tale non pu dirsi la pur preziosissima raccolta del MIGNE (Patrologie Latine dalle Origini al 1216, in221 volumi in quarto, Paris 1844-55: nel 1862-64 furono publicati ancora 4 volumi di indici), tuttora in

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  • corso di publicazione il Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum per cura dell'Academia LitterarumVindobonensis, che dovr comprendere tutti gli scrittori ecclesiastici fino al settimo secolo incluso.

    10. - L'inizio della vera e propria attivit letteraria latina cristiana ci si appalesa con due nomi,TERTULLIANO e MINUCIO FELICE: il secondo, autore di uno scritto apologetico di grandissimointeresse. Si tratta di un breve dialogo in 40 capitoli, intitolato Octavius, scritto da un MINUCIO FELICE;dove in forma eletta da un Ottavio difesa la religione cristiana dalle accuse che ad essa muove un noncredente, Cecilio Natale. Intorno all'importante operetta si muovono numerosi problemi, concernenti lapatria degli interlocutori, la condizione loro e l'intento dell'opera; e, sopra tutto, la priorit di tempo fraessa e l'Apologetico di Tertulliano, con cui ha rapporti concettuali e formali strettissimi. Il dibattito sucodesto ultimo punto dura tuttora fra gli studiosi; n pare siasi raggiunta una conclusione che appaghi. Semi permesso esprimere semplicemente un'opinione, senza entrare nella difficile questione, riterreidoversi propendere per la priorit dell'opera di Tertulliano: rivelandosi egli tale personalit, da renderedifficile pensare che nel suo Apologetico abbia riecheggiato lo scritto di un suo predecessore.

    A Tertulliano pare che anche San Girolamo conceda la priorit nella serie degli scrittori latini cristiani. Ilquale scrive (De vir. ill. 53): Tertullianus presbyter nunc demum primus post Victorem et Apolloniumponitur. VITTORE nello stesso scritto geronimiano (34) ricordato come tredicesimo vescovo di Roma,che " avrebbe scritto su la questione della Pasqua e altri opuscoli ". Circa APOLLONIO, che sub ilmartirio sotto Settimio Severo (193-211), dai documenti che si conservano del suo martirio e dalletestimonianze di Eusebio (Histor. eccles. 5, 21) e di San Girolamo (De vir. ill. 42), non siamo in grado diaffermare nulla nei riguardi del suo scritto. A ogni modo, da come si esprime quest'ultimo, " Tertullianoviene ora primo, finalmente " (vale a dire, dopo il lungo elenco di scrittori ebrei e greci), non pare che egliabbia dubbi circa il collocare come primo degli scrittori latini, in ordine di tempo (e d'importanza),Tertulliano: se pure circa il tempo, in cui visse e scrisse Minucio Felice, non sembra aver egli avuto ideemolto sicure.

    11. - QUINTO SETTIMIO FLORENTE TERTULLIANO nacque, probabilmente, tra il 150 e il 160, aCartagine, citt magnifica e doviziosa. Sorta, al posto dell'antica (distrutta dai Romani nel 146 a.C.), dauna colonia dedottavi da Cesare nel 44, era divenuta in breve la citt pi importante della regione per ilcommercio e la magnificenza: ricca di templi, di teatri, di bagni, di scuole, come si ricava dall'opera stessadi Tertulliano. Quando e per opera di chi vi fosse stato introdotto il Cristianesimo, non sappiamo:probabilmente la fonte risaliva a Roma. Per quando nel 180 anche l si fece sentire la persecuzione, resaillustre dai martiri di Scilli, i Cristiani erano in numero assai grande. Diciassette anni dopo Tertullianopoteva scrivere: " Nei campi, nei castelli, nelle isole si trovano Cristiani, di ogni sesso, di ogni et, di ognicondizione " (Apol. 1,7). " Siamo di ieri, e gi abbiamo riempito tutti i vostri luoghi, citt, isole, castelli,municipii, ... gli accampamenti stessi, ... il palazzo, il senato, il foro: solo abbiamo lasciato a voi i templi "(ibid. 37,4). E pi tardi ancora, rivolgendosi al proconsole d'Africa, Scapula: "Se ti piacer di fare qui lostesso (di quanto ha fatto in Asia Ario Antonino), che farai di tante migliaia di uomini e di donne ... di ogniet, di ogni dignit, che ti si presenteranno? Di quanti fuochi, di quante spade avrai bisogno? Che patir lastessa Cartagine, che tu dovrai decimare, quando ognuno riconoscer qui i suoi parenti, i suoi camerati,forse uomini del tuo ordine, e matrone... e amici di tuoi amici? Risparmia dunque te stesso, se non noi.Risparmia Cartagine, se non te stesso " (Ad Scap. 5).

    Tertulliano, stando a San Girolamo (De vir. ill. 53: cfr. Apol. 9,2), " figlio di un centurione proconsolare ",fu parte della sua vita pagano. Lo confessa egli stesso. Parlando di rappresentazioni teatrali riprovevoli: "Ho veduto un tempo... e ho riso ", dice (Apol. 15,5). E parlando della nuova fede da lui abbracciata, "Anch'io un tempo mi sono riso di tutto ci. Sono uno dei vostri. Si diventa, non si nasce cristiani " (ibid.18,4). L'affermazione ritorna in De testim. animae: " Diventare suole cristiana l'anima, non nascere ": cheparrebbe contrastare con l'altra sua famosa, dell'"anima che naturalmente cristiana " (Apol. 17,6).Finalmente ancora (De paenit. 1,1): " Codesta razza d'uomini, a cui in passato appartenni anch'io ".

    Come sia avvenuta la sua conversione, ignoriamo. Il che quanto mai deplorevole: data la naturasingolare dell'uomo, un confronto con altre conversioni analoghe, con quella per esempio diSant'Agostino, sarebbe riuscito interessante. Una parte assai considerevole nella sua conversione deve

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  • avere avuto il motivo intellettuale, il ragionamento. Coloro che hanno parlato di lui, ne mettono in risaltola grande cultura filosofica e giuridica, cultura che trova perfetto riscontro ne' suoi scritti. Un'intelligenzaacuta e raziocinativa come la sua, in possesso di una cos vasta conoscenza del pensiero antico, nonpoteva non convincersi che, di fronte al nuovo Verbo del Nazareno, gran parte di esso pensiero diventavainsostenibile. Lo spettacolo, poi, meraviglioso di tante persone di ogni et, di ogni sesso, di ognicondizione, che con indomito coraggio affrontavano serenamente i pi atroci supplizi in vista di una vitaoltre la morte, che i Saggi della sapienza corrente irridevano come sogno fatuo, lo persuase della presenzadi una forza sopranaturale in essi: e nel fatto stesso dell'incontenibile propagarsi di una religione, che nongodimenti prometteva in questa vita, ma sacrifici e rinunzie (cfr. Apol. 39 e Ad Scap. 5). Onde l'accento disfida in lui: " Pi ci mietete, pi numerosi diventiamo: il sangue dei Cristiani semenza " (Apol. 50,13).

    La nuova religione Tertulliano abbracci con entusiasmo. Difficolt e pericoli indubbiamente nonmancarono nemmeno a lui, sebbene non ci consti che egli abbia dovuto patire in causa della persecuzione.Che egli, per, fosse dispostissimo ad affrontarla senza titubanze, fa fede il coraggio con cui la impugnnel campo della discussione aperta, dimostrandone l'ingiustizia e la inanit, contro la classe dotta del suotempo, in un momento in cui essa persecuzione infieriva nel suo stesso paese.

    Tertulliano fu prete (lo attesta San Girolamo): ed ebbe moglie (lo dimostra un suo scritto diretto allamoglie). Nella lotta in difesa del Cristianesimo egli port " un temperamento di fuoco " (la feliceespressione del BOISSIER, La fin du Paganisme, p. 222), che ignor ogni compromesso con se stesso econ altrui, che lo port a un rigorismo spietato, cos da impersonare quella tendenza, di cui abbiamo fattocenno, che non ammetteva possibilit di transigere come che fosse con la vita, per molti aspetti, ancoranecessariamente informata a costumanze pagane.

    Su i cinquant'anni (pare) Tertulliano pass alla setta dei Montanisti. Aveva questa avuto Origine nellaFrigia, per opera di un certo Montano, che era stato, si diceva, prima sacerdote di Cibele e passava perinvasato dallo Spirito Santo, per sua bocca rivelantesi al mondo. Con Montano erano due donne, Priscillae Massimilla, esse pure profetanti. Un breve cenno di questa eresia, che, tra l'altro, impugnava la liceitdelle seconde nozze (onde, particolarmente, Tertulliano fu considerato eretico), si legge in Sant'Agostino(De haeres. 86): donde si ricava che in Africa gli adepti avevano finito per chiamarsi Tertullianisti, dalnome del pi celebre seguace della setta; e durante la vita di Agostino a Cartagine erano scomparsi.Poich la Chiesa di Roma contrast l'eresia, Tertulliano assunse un atteggiamento decisamente ostile alCattolicesimo, contro il quale scrisse e combatt.

    La morte di Tertulliano, secondo la citata testimonianza di San Girolamo, sarebbe avvenuta in estremavecchiaia. Molto egli scrisse. Undici dell'opere sue andarono perdute: trentuna ci sono pervenute. Essepossono essere distribuite in Scritti apologetici, Scritti contro le eresie, Scritti dogmatici, Scritti morali.

    Appartengono alla prima categoria di Scritti apologetici i seguenti:

    1) Ad nationes (del 197). Non differisce sostanzialmente dall'Apologetico, con cui ha molti argomenti incomune, spesso sviluppati con le stesse parole. Vi si impugnano, come in quello, i costumi dei Pagani, e sidifendono quelli dei Cristiani.2) Apologetico (se ne parler pi avanti).3) De testimonio animae (posteriore all'Apologetico). Si confermano le verit cristiane attingendo letestimonianze dell'anima stessa (Apol. 17,4), dell'anima naturalmente Cristiana)> (ibid. 6).4) Ad Scapulam (del 212). Si esorta il "proconsole d'Africa, Scapula, a desistere dalla persecuzione controi Cristiani, dimostrandone l'ingiustizia e minacciando al persecutore la punizione di Dio.5) Adversus Judaeos (di prima del Montanismo). Vi si prova in baae alle profezie che i Giudei hanno tortoa non credere che Cristo sia venuto ancora (Apol. 21,15). Cristo gi venuto.

    Alla seconda categoria degli Scritti contro le eresie appartengono i seguenti:

    1) De praescriptione haereticorum (di verso il 200). Si impugna il diritto che gli eretici si arrogano divalersi della Santa Scrittura per difendere i loro errori. La interpretazione di questa spetta di diritto allaChiesa fondata dagli Apostoli, dalla quale gli eretici si sono distaccati.

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  • 2) Adversus Marcionem (di verso il 208; dell'opera, edita tre volte vivente l'autore, possediamo l'ultimaedizione). Si prova, contro l'avversario, che non voleva riconoscere l'identit del Dio del Vecchio e delNuovo Testamento, che si tratta di un'unica divinit.3) Adversus Hermogenem (del 200-206). Lo scritto diretto contro un cattivo pittore e cattivo filosofo,che faceva eterna la materia, come Dio.4) Adversus Valentinianos (posteriore all'opera precedente). Tertulliano motteggia sulle credenze deiseguaci dello gnostico Valentiniano, che a spiegare la creazione ammetteva l'esistenza di esseri fantastici,gli Eoni.

    Alla terza categoria degli Scritti dogmatici appartengono i seguenti:

    1) De Baptismo (anteriore al periodo montanista). Vi si espone la intera dottrina del Sacramento di cui unacerta Quintilia aveva contestato la necessit.2) Scorpiace (verosimilmente del 213).3) Adversus Praxeam (del periodo montanista). Un tale Praxea sosteneva che il Padre in persona eradisceso nel grembo della Vergine, e da Essa era nato, ed Esso aveva patito: insomma il Padre essere GesCristo. Tertulliano ne confuta l'eresia.4) De carne Christi (forse del periodo montanista, anteriore allo scritto seguente). Vi si dimostra che realefu la carne, onde Cristo fu rivestito, e che Egli l'ebbe da Maria. Questo alcuni eretici negavano.5) De carnis resurrectione (forse del periodo montanista). Vi si difende la realt di questa resurrezione, inbase al fatto che la carne merita di risorgere; pu, merc l'onnipotenza di Dio; risorgere, deve risorgere.6) De anima (del periodo montanista). Vi si discorre della natura dell'anima, dei suoi predicati, ondeprovenga, quale ne sia la sorte dopo la morte. Particolare notevole: Tertulliano crede in una certacorporeit dell'anima e ne ammette il traducianismo.

    Rientrano nella categoria degli Scritti morali i seguenti:

    1) De oratione (anteriore al periodo montanista). Vi si commenta l'orazione domenicale e si discorredell'efficacia della preghiera e del modo con cui dev'essere fatta.2) De paenitentia (di verso il 204). Vi si tratta della penitenza, alla quale Dio condiziona la remissione deipeccati: di quella anteriore al battesimo e di quella posteriore, qualora, dopo il battesimo, si sia peccato.3) De pudicitia, composto contro un editto di Papa Callisto (217-222), che concedeva il perdono aipeccati di fornicazione e di adulterio, peccati che il montanista Tertulliano afferma non poter ottenereremissione.4) De cultu feminarum (posteriore al De spectaculis). Vi si combatte l'acconciamento delle donne, nonconforme alla modestia cristiana.5) De virginibus velandis. Lo scrittore, che vi si rivela montanista, esige che alle fanciulle sia esteso l'uso,cui si conformavano le donne maritate, di portare in chiesa il velo, come aveva prescritto l'Apostolo (AdCor. 1 2,5). Tertulliano aveva trattato lo stesso tema anche in greco.6) Ad uxorem (di fra il 203 e il 207). un'esortazione alla moglie a non rimaritarsi, nel caso che eglimuoia; a non sposarsi, se mai, con un Pagano.7) De exhortatione castitatis. L'autore, montanista, consiglia un amico, rimasto vedovo, a non risposarsi ("il secondo matrimonio non merita di essere chiamato altrimenti che una specie di stupro ": capitolo 9).8) De monogamia (anche del tempo di Papa Callisto). Vi sono, secondo la dottrina montanista,condannate le seconde nozze, contro l'opinione dei Cattolici.9) De ieiunio. Vi si difende il rigorismo dei Montanisti a proposito del digiuno, contrapponendolo allalarghezza dei Cattolici.10) Ad martyras (forse del 197). Vi si consolano i Cristiani che si srovnno in prigione, e si esortano amantenersi fermi nella professione della loro fede.11) De patientia (del 202-203). La pazienza per il Cristiano conseguenza della sua fede, in quanto valeobbedienza a quello che Dio dispone. Di questa virt sono esposti i meriti e l'utilit.12) De spectaculis (forse del 197). Gli spettacoli sono assolutamente interdetti ai Cristiani, perchimmorali, o perch connessi a una festa o a un rito o a un luogo pagano.13) De corona (del 211). In occasione della distribuzione di un donativo ai soldati, uno di questi sipresent a riceverlo tenendo la corona in mano, non sul capo, come voleva il costume, scusandosi col dire

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  • che era cristiano. Tertulliano difende contro le altrui critiche l'operato del soldato.14) De fuga in persecutione (del periodo montanista). Tertulliano afferma la illiceit della fuga durante lapersecuzione.15) De idololatria. Secondo Tertulliano montanista, peccano di idolatria quanti servono in qualche modoal culto degli di: astrologhi, maestri di letteratura, fabricatori e negozianti di idoli. La necessit diguadagnarsi la vita non scusa.16) De pallio (forse del 209-211). Si tratta di uno scritto di Tertulliano montanista molto discusso ed'interpretazione oscura. Per marcare il proprio mutamento spirituale, il proprio distacco dal mondo,Tertulliano aveva mutato la toga romana con il pallio greco.

    12. - Tocchiamo ora dell'opera, contenuta nel presente volume. Il WALTZING d'opinione (come siricava, secondo lui, dall'Apologetico) " che una legge speciale... emanata sotto Nerone (Apol. 4,4 e 5,3),rinnovata o confermata a pi riprese nel corso dei due primi secoli (ibid. 2,6 e 5,4), vietava sotto pena dimorte la professione del Cristianesimo: non licet esse vos ". Dal rescritto (che abbiamo sopra riportato a p.x) di Traiano alla lettera di Plinio, appare che questo imperatore introdusse un'attenuazione nella prassi,sebbene (come rileva nella sua Apologia, 2,6 sg. Tertulliano) egli cadesse in una ben strana contradizione.'O i Cristiani erano colpevoli: in tal caso perch non si dovevano ricercare? O non lo erano: perch allorasi dovevano condannare?'. Nel 197 (imperatore Settimio Severo) in Cartagine la persecuzione aveva presoa infierire. Le prigioni erano piene di Cristiani. Tertulliano, dopo averli rincorati con lo scritto Ad martyrase avere composto il trattato Ad nationes, per difendere la religione cristiana di fronte ai pagani, scrissel'Apologetico, che vuole essere un'arringa diretta ai governatori e ai giudici, i quali il diritto di difesa nonconcedevano ai Cristiani tradotti davanti a loro. Quello, pertanto, che i Cristiani accusati non potevanodire, dice in questo discorso Tertulliano, passando in rassegna la massa delle accuse a loro rivolte.Senonch l'oratore non si limita a confutare le accuse, a difendere gli accusati: ma le accuse ritorce, ma gliaccusatori provoca e sfida, mettendo a nudo l'assurdit della loro religione (10-15), la disonest dei lorocostumi, provando che proprio essi sono rei delle nefandezze che attribuiscono ai Cristiani (6-9), la lorostessa impotenza, se i Cristiani un brutto giorno, invece di rispondere alle ingiuste persecuzioni colperdono, si contassero e reagissero (37,3). E codesto fa, non invocando l'autorit di un partito, di unadottrina filosofica: s in nome della Verit, della sua persona stessa, che espone alla vendetta; in nomedella sua altezza morale, in una parola, della sua superiorit intellettuale e spirituale. Onde il fascino, cheda questo scritto emana, e l'ammirazione, di cui fu per tutti i secoli circondato.

    Indubbiamente, anche per quel che concerne le argomentazioni dell'Apologetico, ad apprezzarle al lorogiusto valore, si dovr non prescindere dal criterio storico. Per esempio la parte che riguarda le assurdit ela insostenibilit della religione e ideologia pagana, certo roba sorpassata. Anche: sopra tutto nelleritorsioni, la logica non sempre serrata; talora tradisce lo sforzo. N mancano ingenuit, come certeoperazioni attribuite ai dmoni (22). Ma giudicato nel suo complesso, l'Apologetico un modello diargomentazione forense, quale rison di rado anche sul labbro dei pi grandi oratori. La conclusione diTertulliano che semenza sarebbe stato il sangue dai martiri versato (50,13), ebbe la consacrazione deltempo futuro.

    Venendo a toccare della forma dell'opera tertullianea, avrebbe torto chi volesse giudicarne lo stile e lalingua con i criteri della prosa ciceroniana e quintilianea. Egli se ne discosta molto: non tanto, direi, perquanto concerne i costrutti sintattici, quanto per il significato assunto da molte parole, lontanissimo ormaidall'originario, vuoi per una evoluzione naturalmente subita, vuoi per una decisa volont dello scrittore,che a quel significato le torce. Per questo rispetto, non solo Minucio, ma Cipriano e Agostino, pureafricani, sono assai meno lontani di lui dalla buona lingua. Indubbiamente il suo scrivere risente, pi chedella scuola di retorica, da cui egli proveniva, e della regione, ov'era nato, della sua forte personalit. Perquesto il suo periodo torna spesso difficile e oscuro: lo riconosce pure Lattanzio (Inst. 5,1,23: ineloquendo parum facilis... et multum obscurus). Ma chi lo scrivere di Tertulliano esamini con criteriomeno rigoroso e lo scrittore collochi nella sua giusta luce, non potr non perdonare quell'oscurit, checonsegue anche spesso dal suo particolare temperamento, ardente e aggressivo, sprezzatore del puroformalismo inteso ad accarezzare l'orecchio; e ammirare quel suo nerbo e impeto e vigore, quella sua fedeardente e sincera, quella sua anima eroica, che si trasfonde nell'espressione senza sottintesi o residui.

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  • Dei giudizi di coloro che vissero non molto dopo Tertulliano, merita di esser ricordato quello di EUSEBIO,che lo disse " versatissimo nelle leggi romane e famoso nel resto e dei pi illustri a Roma " (Hist.ecclestast. 2,24). " In ogni campo delle lettere competente ", lo dice LATTANZIO (Inst. 5,1,23); "d'ingegno acuto e impetuoso " San GIROLAMO, che narra come San Cipriano non soleva passare giornosenza leggere sue opere; e per farsi dare dal segretario il suo autore, gli diceva: " Dammi il maestro " (Devir. ill. 53). " Eloquentissimo " lo chiama Sant'AGOSTINO (De haeres. 86).

    13. - Fatto insolito e, forse, unico nella tradizione delle opere letterarie, per l'Apologetico abbiamo duetradizioni manoscritte distinte, nel senso che in esse si rilevano divergenze e differenze sostanziali, da nonpotersi spiegare che con l'ipotesi di una edizione nuova, ritoccata dallo stesso scrittore. L'una tradizione rappresentata da una trentina di manoscritti; l'altra da un manoscritto unico, quello che fu per molti anniconservato nel monastero benedettino di Fulda fino al secolo 12esimo. Di esso, che conteneval'Apologetico e il Contra Judaeos, si conservata la collazione riguardante l'Apologetico fatta nel 1584 dalModius (Francois de Maulde, 1556-1597). La questione riguardante il modo di formazione di queste duetradizioni manoscritte, tuttora dibattuta e non risolta.

    L'opinione dei pi che Tertulliano abbia curato una sola edizione del suo scritto. La grande ammirazionesuscitata e la vasta lettura potrebbe, fino a un certo punto, spiegare come l'opera abbia potuto subire, perparte di lettori pi o meno competenti, rimaneggiamenti e modificazioni. Per le due tradizioni distinte sipronunzia il WALTZING, per le due tradizioni, risalenti, per, a Tertulliano stesso, il THRNELL, ilPASQUALI, l'HOPPE, con considerazioni che appaiono gravi. La forma conservata dal codice Fuldensesi presenta, di solito, come la pi corretta, e di esso mi sono valso qua e l anch'io. Certo che un testoche pienamente sodisfi ancora non abbiamo.

    14. - Il testo della presente edizione non differisce molto da quello della Vulgata, da me generalmenteseguito: ho, per, talora variata l'interpunzione, introdotto qualche emendamento, e accolto lezioni delcodice Fuldense, che inclinerei io pure a credere risalga a una ulteriore recensione tertullianea. Latraduzione ho cercato rendesse, non solo il pensiero, si anche il nerbo dell'oratore: e il commento, sopratutto nella parte informativa e illustrativa, ho voluto fosse il pi abbondante possibile (le citazioni debbo ingran parte all'OEHLER, Tertulliani quae supersunt omnia, tomus 1, Lipsiae 1853, p. 3 sg., alRAUSCHEN, Tertulliani Apologetici Recensio nova, Bonnae 1912, al WALTZING, L'Apologtique deTertullien, traduction littrale suivie d'un commentaire historique eccetera, Louvain 1911; Tertullien,Apologtique, Commentaire analytique, grammatical et historique, Lige-Paris 1919, al COLOMBO,L'Apologetico, Societ Editrice Internazionale, Torino 1915, all'HOPPE, Q. Septimi Florentis TertullianiApologeticum (CSL), Vindobonae 1939, i passi citati riscontrando e riportando per intero). Habent suafata libelli. Se penso al momento, in cui questa mia lunga fatica esce alla vita, oso credere che il suodestino sar quale m'illudo di presentirlo.

    ONORATO TESCARI.Roma, 3-6-1951.

    L'APOLOGETICO

    CAPO 1 -- Si mette in rilievo l'illogico e ingiusto procedere dei giudici, che condannanoquello che non conoscono e non vogliono conoscere.

    [1] Se a voi, dell'Impero romano magistrati, che in luogo pubblico ed eminente, direi quasi proprio alsommo della citt presiedete ai giudizi, palesemente investigare e dinanzi a tutti esaminare non permessoche cosa chiaramente nella causa dei Cristiani si contenga: se per questa unica specie di processi l'autoritvostra di inquisire in pubblico, come esige una giustizia accurata, o teme o arrossisce: se, in una parola,com' recentemente in processi di casa nostra accaduto, l'ostilit contro questa setta, soverchiamenteaccanitasi, la bocca chiude alla difesa, sia lecito alla verit arrivare alle orecchie vostre almeno perl'occulta via di uno scritto silenzioso.

    [2] Essa in favore della propria causa punto non prega, perch della propria condizione nemmeno si

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  • meraviglia. Sa essa che straniera vive su la terra, che fra estranei facilmente trova dei nemici: che, delresto, la sua famiglia, la sua sede, la sua speranza, il suo credito, la sua dignit l'ha nel cielo. Un'unica cosafrattanto brama: di non essere, senza essere conosciuta, condannata. [3] Che ci perdono qui le leggi, chenel proprio regno signoreggiano, se essa viene ascoltata? Forse che per questo maggiormente n'avr delloro potere gloria, perch la verit, pur senza averla udita, condanneranno?. Ma qualora senza averla uditala condannino, oltre l'odio per l'ingiusto procedere, anche il sospetto si attireranno di nutrire qualchepreconcetto, ascoltare non volendo quello che, ascoltato, condannare non avrebbero potuto.

    [4] Orbene, questa prima accusa noi contro di voi formuliamo: l'ingiusto odio verso il nome cristiano. Laquale ingiustizia dimostra e aggrava lo stesso titolo che sembra scusarla, vale a dire, l'ignoranza. Cheinfatti di pi ingiusto, che dagli uomini venga odiato quello che essi ignorano, pur se la cosa l'odio meriti?Ch allora lo merita, quando viene conosciuto se lo merita.

    [5] Ma se la conoscenza manca di codesto merito, onde dell'odio la legittimit si difende, la quale, non inbase ai fatti, ma in base a un preconcetto deve trovare approvazione? Quando, dunque, gli uomini perquesto odiano, perch ignorano quale sia la causa che odiano, perch non potrebbe questa esser tale cheodiare non la dovrebbero? Perci noi l'un fatto in base all'altro impugniamo: il fatto che essi ignorano,mentre odiano, e il fatto che ingiustamente odiano, mentre ignorano.

    [6] Prova dell'ignoranza, che l'ingiustizia condanna, mentre vorrebbe scusarla, si che tutti coloro, che perl'addietro odiavano, perch ignoravano, appena di ignorare cessano, anche cessano di odiare. E da costoroprovengono dei Cristiani veramente con cognizione di causa, e quello che erano stati a odiare prendono, equello che odiavano a professare; e sono tanti, quanti anche siamo accusati.

    [7] Gridano che la citt ne assediata; che Cristiani si trovano nei campi, nei castelli, nelle isole. Chepersone di ogni sesso, et, condizione, anche di famiglia distinta passano a questo nome, come di undanno, si attristano.

    [8] N tuttavia proprio per questo fatto a sospettare la presenza di un qualche bene nascosto si spingono.Sospettare pi dirittamente non lice; sperimentare pi da presso non piace. Solo su codesto punto l'umanacuriosit torpida si mostra. Amano ignorare, mentre altri di avere conosciuto gode. Quanto maggiormentecostoro avrebbe Anacarsi accusati, che, senza sapere, giudicano di chi sa!

    [9] Non sapere preferiscono, perch ormai odiano. A codesta maniera anticipano il giudizio che quello chenon sanno tale che, se lo sapessero, odiarlo non potrebbero: dal momento che, se nessun giusto motivodi odio si scoprisse, il meglio certo sarebbe cessare di odiare ingiustamente; se, invece, che quell'odio meritato constasse, non solo nulla all'odio non si detrarrebbe, ma, anzi, maggior ragione si acquisterebbe aperseverarvi, anche autorizzati dalla sua giustizia.

    [10] 'Ma - dice - non per questo una cosa si giudica anticipatamente un bene, per il fatto che molti a sconverte: quanti, infatti, non si pervertono al male, quanti transfughi alla rovescia!' - Chi lo nega?Sennonch, ci che veramente male, nemmeno coloro, che sono da esso trascinati, osano sostenere che bene. Ogni male la natura o di paura cosparge o di rossore. [11] In somma i malfattori di nascondersibramano, di mostrarsi evitano, colti tremano, accusati negano, nemmeno posti alla tortura facilmente osempre confessano; certo condannati si attristano, gli assalti enumerano del tristo carattere contro sestessi, o al fato o agli astri lo imputano. Che il fatto appartenga a loro non vogliono, perch lo riconosconomale. [12] Fa invece il Cristiano qualche cosa di simile? Nessun Cristiano si vergogna, nessuno si pente, senon proprio di non essere stato tale prima; se denunciato, se ne gloria; se accusato, non si difende;interrogato, o anche spontaneamente, confessa; condannato ringrazia.

    [13] Che male codesto, che i caratteri naturali del male non presenta, paura, vergogna, irresolutezza,pentimento, deplorazione? Che male codesto, del quale accusato, uno gode, l'esserne accusato rispondea un desiderio, l'esserne condannato felicit? Non puoi chiamare follia, quello che vieni convinto diignorare.

    CAPO 2 -- Si critica pi particolareggiatamente il procedimento dei giudici nei processi

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  • contro i Cristiani: ai quali non concessa facolt di difendersi, usato un trattamento che

    non si applica a nessun criminale, contrariamente a quanto la loro qualit di criminali

    imporrebbe.

    [1] In verit, se certo che noi siamo quanto mai colpevoli, perch proprio da voi trattati veniamodiversamente dai nostri pari, vale a dire, gli altri colpevoli, mentre, della stessa colpevolezza trattandosi,uno stesso trattamento intervenire dovrebbe?

    [2] Checch sia quello che di noi si dice, quando si dice degli altri, costoro e si servono della propriabocca e di un avvocato mercenario per far valere la propria innocenza: loro concessa facolt dirispondere, di replicare, dal momento che condannare non lecito affatto, senza che uno sia statoascoltato e difeso.

    [3] Invece ai Cristiani soli nulla si permette di dire che l'accusa confuti, la verit difenda, il giudice faccianon ingiusto; ma soltanto quello si aspetta che necessario all'odio pubblico: la confessione del nome, nongi l'inchiesta sul delitto;

    [4] quando, se un colpevole processate, non vi contentate, per sentenziare, che egli il suo nome abbiaconfessato di omicida o sacrilego o incestuoso o nemico pubblico (per parlare delle imputazioni che fate anoi), se anche le circostanze non esaminate e la qualit del fatto, il numero, il luogo, il tempo, i testimoni, icomplici.

    [5] Nulla di ci quando si tratta di noi, mentre ugualmente strapparci bisognerebbe quello che con falsitsi blatera: di quanti infanticidi uno avesse gi assaggiato, quanti incesti fra le tenebre compiuti, quali icuochi, quali i cani presenti. Quale gloria per quel governatore, che a scovare qualcuno fosse riuscito, ilquale avesse gi mangiato carni di cento bambini!

    [6] Invece noi troviamo che anche la ricerca di noi stata proibita. E invero Plinio Secondo, quando era algoverno della provincia, dopo aver condannato alcuni Cristiani, altri indotti ad apostatare, tuttavia turbatodallo stesso gran numero, l'imperatore d'allora, Traiano, consult circa il modo di condursi in seguito,allegando (toltone l'ostinato rifiuto a sacrificare) di non aver altro scoperto riguardo ai loro riti, se nondelle riunioni antelucane per cantare in onore di Cristo, come di un dio, e per rinsaldare la loro disciplina,che l'omicidio vietava, l'adulterio, la frode, la slealt e gli altri delitti.

    [7] Allora Traiano rispose che persone di codesta sorta ricercare non si dovevano; ma, se deferite,doveansi punire.

    [8] O sentenza per necessit confusa! Dice che non si devono ricercare, come innocenti, e che siano punitiordina, come colpevoli. Risparmia e infierisce, fa finta di non sapere e sa. Perch da te stessa nellacensura ti avvolgi? Se condanni, perch anche non ricerchi? Se non ricerchi, perch anche non assolvi?Per la ricerca dei briganti si assegna per tutte le province un distaccamento militare; contro i rei di lesamaest e i nemici pubblici ogni uomo soldato: l'inquisizione fino ai complici e ai testimoni si estende.

    [9] Solo il Cristiano ricercare non lice: lice deferirlo, quasi che la ricerca fosse per avere altro effetto daldeferimento. Pertanto condannate un deferito, che nessuno avrebbe voluto venisse ricercato; il quale,penso, non per questo merit il castigo, perch colpevole, ma perch fu scoperto, mentre esserericercato non doveva.

    [10] Sennonch nemmeno in codesto verso di noi agite secondo le forme dei processi contro i criminali: incodesto, dico, che con gli altri, se negano, la tortura adoperate per farli confessare, invece con i soliCristiani per costringerli a negare; mentre, se si trattasse di un male, noi certo negheremmo, voi, invece,con la tortura a confessare ci spingereste. E invero non per questo riterreste di non dover inquisire conprocessi su i delitti, per il fatto, dico, di esser certi che essi sono ammessi con la confessione del nome: voiche oggi, pur sapendo che cosa sia un omicidio, nondimeno all'omicida confesso il modo estorcete del suomisfatto.

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  • [11] Quello che pi strambo, mentre la realt dei nostri delitti dalla confessione del nome presumete,con la tortura ci costringete a ritrarci dalla confessione, talch, negando il nome, noi si neghicontemporaneamente anche i delitti, la cui realt voi dalla confessione del nome avevate presunto.

    [12] Ma, penso, non volete che noi si perisca, noi che pur reputate pessimi. Difatti a un omicida voi soletedire: 'Nega'; e un sacrilego lo fate dilaniare, se persista a confessare! Se non cos che agite nei riguardidei colpevoli, allora noi ci giudicate innocentissimi quando, come innocentissimi, che si persista nonvolete in quella confessione, che reputate di dovere per necessit, non per giustizia, condannare.

    [13] Grida un uomo: 'Sono cristiano'. Dice quello che : tu vuoi udire quello che non . O governatoricostituiti per estorcere la verit, solo da noi vi sforzate di udire la menzogna. 'Sono - dice - quello che tudomandi se sono. Perch mi torturi alla rovescia? Confesso e mi torturi: che faresti, se negassi?' - Quandonegano gli altri, certo non facilmente credete loro: a noi, se neghiamo, subito credete.

    [14] Siavi sospetto codesto pervertimento: che alle volte qualche forza occulta non vi si nasconda, che divoi contro le forme, contro la natura del giudicare si valga, contro anche le stesse leggi. Ch, se nonm'inganno, le leggi che si scoprano i rei ordinano, non che si nascondano; che i rei confessi si condannino,non che vengano assolti prescrivono. Codesto le deliberazioni del senato, codesto i mandati dei principistabiliscono. Codesto potere, di cui siete ministri, un dominio civile, non un dominio tirannico.

    [15] Sotto i tiranni, infatti, la tortura era usata anche come castigo: tra voi al servizio messa del soloprocesso. Osservate nei riguardi di essa la vostra legge, che la vuole necessaria fino a che si arrivi allaconfessione; se prevenuta dalla confessione, si render inutile, bisogna pronunciare la sentenza. Allapena dovuta il colpevole dev'essere sottoposto, non sottratto.

    [16] In fine nessuno brama di assolverlo: non lecito volerlo. Perci nessuno viene nemmeno costretto anegare. L'uomo cristiano, reo di tutte le sceleratezze tu lo ritieni, nemico degli dei, degli imperatori, delleleggi, dei buoni costumi, della natura tutta: e lo costringi a negare, per assolvere uno, che non potraiassolvere se non avr negato.

    [17] Tu tradisci le leggi. Vuoi dunque che neghi di essere colpevole, per farlo innocente e, contro suavoglia, senz'altro non pi colpevole del suo passato. Onde codesta stramberia, che voi nemmeno a codestopensiate, che a chi spontaneamente confessa s'ha da credere pi che a colui che nega per forza: o che allevolte, costretto a negare, abbia insinceramente negato e, assolto, lo stesso, dietro il tribunale vostro, dellavostra inimiciza rida, novellamente cristiano?.

    [18] Orbene, poich in tutto voi diversamente dagli altri colpevoli ci trattate, a un unico intentoadoperandovi, a escluderci da questo nome (ne veniamo in verit esclusi, se quello facciamo che fanno inon cristiani), potete comprendere che non un qualche delitto in causa, ma un nome, cui una forma diostile attivit persegue, che a codesto anzi tutto si adopera, che gli uomini si rifiutino di sapere concertezza quello che con certezza di non sapere sanno.

    [19] Perci sul conto nostro cose credono, che non sono provate; e che s'indaghi non vogliono, affinchnon venga provato non esistere quelle che preferiscono avere credute, affinch quel nome, a quella ostileattivit nemico, in base a delitti presunti, non provati, su la sola sua confessione sia condannato. Percialla tortura sottoposti veniamo, se confessiamo; veniamo puniti, se persistiamo, assolti se neghiamo,perch la guerra condotta contro un nome.

    [20] In fine, perch, leggendo su la tavoletta, dichiarate quell'uomo 'cristiano'? perch non anche 'omicida',se omicida il Cristiano? perch non anche 'incestuoso' o quella qualunque altra cosa che credete che noisi sia? Solo se si tratta di noi, vergogna vi prende o rincrescimento di sentenziare, i nomi facendo propridei delitti? Se 'cristiano' non il nome di nessun delitto, ben sciocco che vi sia un delitto di solo nome.

    CAPO 3 -- Illogicit e incongruenza di un odio professato contro la setta dei Cristianiunicamente a causa del loro nome.

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  • [1] Che dire del fatto che molti, cos a occhi chiusi a odiare questo nome si spingono, che, pur rendendo auno buona testimonianza, l'insulto del nome vi mescolano? 'Un onest'uomo Gaio Seio: soltanto... cristiano'. - Del pari un altro: 'Mi meraviglio che Lucio Tizio, persona saggia, a un tratto sia divenutocristiano'. - Nessuno considera se onesto Gaio e persona seria sia Lucio, perch cristiano, o se cristianosia, perch persona seria e onesta.

    [2] Lodano quello che sanno, vituperano quello che non sanno; e quello che sanno con ci che non sannoattaccano, mentre pi giusto sarebbe l'occulto a priori giudicare in base a quello che manifesto, piuttostoche quello che manifesto a priori condannare in base a quello che occulto.

    [3] Altri, coloro che per l'addietro, prima che portassero questo nome, avevano conosciuti qualivagabondi, vili, disonesti, di ci stesso, che essi biasimano, li lodano: accecati dall'odio, si spingono a untale elogio. 'Che donna, quanto galante, gioviale! Che giovine, quanto buontempone, donnaiolo! Si sonofatti cristiani!'. - Cos la colpa di un nome viene imputata al loro ravvedimento.

    [4] Alcuni, pur nei riguardi del loro tornaconto, vengono con questo odio a patti, contenti del danno, purdi non avere in casa quello che odiano. Un marito, ormai non pi geloso, caccia di casa la moglie ormaipudica; un padre, costretto per l'addietro a tollerare, il figlio scaccia ormai sottomesso; un padrone, untempo mite, il servo ormai fedele dai suoi occhi allontana: come uno per questo nome si corregge,offende. Il bene non vale tanto, quanto l'odio contro i Cristiani.

    [5] Orbene, se l'odio contro un nome volto, qual il reato di un nome? Quale accusa si pu fare a deivocaboli, se non quella che o suona barbara la voce di qualche nome, o infausta, o offensiva, osconveniente? Invece 'cristiano', stando al significato, deriva da 'unzione'. Ma anche quando si pronunziada voi malamente crestiano (nemmeno la conoscenza esatta del nome c' tra di voi), risulta da parola che'soavit' o 'bont' significa. Pertanto in uomini innocenti perfino il nome innocente si odia. 6. Sennonch la setta, appunto, che nel nome si odia del suo fondatore. Che novit, se una dottrina nei suoi seguaci unadenominazione induce derivata dal maestro? Non si denominano forse i filosofi dal loro fondatore,Platonici, Epicurei, Pitagorici? anche dai luoghi di loro riunioni e dimore, Stoici, Academici? e del pari imedici da Erasistrato, i grammatici da Aristarco, i cuochi anche da Apicio?. 7. N tuttavia offendenessuno la professione di un nome, con la instituzione trasmesso da colui che l'ha istituita. Certo se unoprova che una setta cattiva e, per tal modo, cattivo anche il fondatore, costui prover che pure il nome cattivo, degno di odio, in seguito alla colpevolezza della setta e del suo autore. Perci, prima di odiare ilnome, riconoscere bisogna dall'autore la setta, o dalla setta l'autore. 8. Ora, invece, l'indagine e ilconoscimento dell'una e dell'altro trascurando, ci si attacca a un nome, s'impugna un nome; e una settanon conosciuta e un autore non conosciuto una parola soltanto, a priori, condanna, perch cos sononominati, non perch siano di reit convinti.

    CAPO 4 -- Quando le leggi hanno il diritto di esigere l'obbedienza; e in qual modo devonoessere applicate.

    [1] Cos, dopo avere quasi a mo' di prefazione detto codesto, per bollare l'ingiustizia dell'odio pubblicocontro di noi, a trattare senz'altro mi fermer la causa della nostra innocenza. N soltanto quanto a noi siimputa confuter, ma anche contro coloro lo ritorcer che ce lo imputano, affinch da ci sappiano inoltregli uomini che fra i Cristiani non si trova quello che essi trovarsi tra di loro non ignorano, e insieme percharrossiscano di accusare, non dico essi, pessimi, delle persone ottime, ma cos senz'altro, com'essivogliono, dei loro uguali.

    [2] Ai singoli delitti risponder, che si dice commettiamo occultamente, che essi, invece, scopriamocommettere palesemente, in cui scelerati ci si giudica, sciocchi, degni di condanna, risibili. [3] Ma poich,quando la nostra verit ogni loro affermazione ha fronteggiato, alla fine a quella viene opposta l'autoritdelle leggi, talch o si afferma che non c' pi luogo a considerazioni dopo le leggi, o, pur contro voglia, lanecessit dell'obbedienza viene alla verit anteposta, mi scontrer con voi prima sul fatto delle leggi, comecon tutori delle leggi. [4] Anzi tutto, quando duramente stabilite dicendo: 'A voi non lecito esistere', - ecodesto senza alcuna pi umana considerazione prescrivete, voi di violenza fate professione, di dominio

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  • tirannico ingiusto, se affermate che per questo non lecito, perch voi cos volete, non perch deve nonessere lecito. [5] Che se per questo non volete che sia lecito, perch non deve essere lecito, senza dubbiocodesto essere lecito non deve, perch si agisce male; e appunto con ci stesso si presume che sia lecitol'agir bene. Se io avr scoperto essere bene quello che la tua legge ha vietato, non vero che in base aquella presunzione essa vietare non mi pu ci che a buon diritto mi vieterebbe, se fosse male? Se la tualegge ha sbagliato, essa, penso, da un uomo stata concepita: non caduta gi dal cielo. [6] Vimeravigliate che un uomo o abbia potuto sbagliare nel creare una legge, o ravvedersi nel condannarla?Non forse anche le leggi dello stesso Licurgo, per essere state dagli Spartani corrette, tanto doloreprodussero nel loro autore, che egli si ritir e fece giustizia di s, lasciandosi morire d'inedia?.

    [7] Non forse anche voi tutti i giorni, a mano a mano che l'esperienza le tenebre dell'antichit rischiara,tutta quella vecchia ed incolta selva di leggi con la scure di nuovi rescritti ed editti emanati dai principi,troncate e recidete?

    [8] Non forse ieri Severo, il pi conservatore dei principi, dopo tanta autorevole vecchiaia, annull quellefutilissime leggi Papie, che a mettere al mondo figliuoli costringono prima che le leggi Giulie a contrarrematrimonio?.

    [9] Ma anche per l'addietro era legge che i debitori condannati fossero dai creditori fatti a pezzi. Tuttaviaper pubblico consenso la disposizione crudele fu in seguito cancellata. La pena capitale fu mutata in unanota d'infamia: col ricorso al sequestro dei beni si prefer far salire il sangue umano al viso, piuttosto cheversarlo.

    [10] Quante leggi ancora da ripulire vi rimangono, senza che voi lo sappiate! Le leggi non il numero deglianni n la dignit dei loro autori, ma la giustizia sola raccomanda: e perci, quando vengono riconosciuteingiuste, meritamente vengono condannate, anche se condannino.

    [11] Come le diciamo ingiuste? - Anzi, anche stolte, se puniscono un nome; se, invece, le azioni, perch inbase al solo nome puniscono azioni che, quando si tratta degli altri, reprimono dopo averle provate in baseai fatti, non in base al nome? - Sono un incestuoso. - Perch non s'indaga? - Un infanticida. - Perch nonme lo strappano con la tortura? - Compio un'azione contro gli dei, contro i Cesari. - Perch non sonoascoltato io che ho come scolparmi? [12] Nessuna legge vieta che si esamini ci che proibisce dicommettere, perch n il giudice punisce, se non ha conosciuto essere stato commesso quello che non lecito, n il cittadino fedelmente alla legge ubbidisce, se la qualit delle azioni ignora, che la legge punisce.

    [13] Nessuna legge a s sola deve la consapevolezza della sua giustizia, ma a coloro, dai quali l'obbedienzaattende. Invece sospetta una legge, se non vuole essere controllata: malvagia, se, senza esserecontrollata, s'impone.

    CAPO 5 -- Coloro che hanno perseguitato i Cristiani sono stati sempre degli empi e deitristi, per vostra stessa confessione.

    [1] Per dire una parola sull'origine di tali leggi, esisteva un vecchio decreto, che nessun dio fosse da uncapitano consacrato, se l'approvazione del senato ottenuto questo dio non avesse. Lo sa Marco Emilio delsuo dio Alburno. Anche questo fa alla nostra causa, che tra di voi l'accoglimento di una divinitdall'arbitrio degli uomini viene fatto dipendere. Se un dio dell'uomo il gradimento non avr incontrato, nonsar dio: sar ormai l'uomo, che dovr mostrarsi propizio al dio.

    [2] Dunque Tiberio, al tempo del quale il Cristianesimo entr nel mondo, i fatti annunziatigli dalla SiriaPalestina, che col la verit avevano rivelato della Divinit stessa, sottomise al parere del senato, votandoegli per primo favorevolmente. Il senato, poich quei fatti non aveva esso approvati, li rigett. Cesarerest del suo parere, pericolo minacciando agli accusatori dei Cristiani.

    [3] Consultate le vostre memorie: vi troverete che Nerone per la prima volta con la spada imperiale controquesta setta infier, che proprio allora sorgeva in Roma. Di un tale iniziatore della nostra condanna ancheci gloriamo. Chi infatti costui conosce, pu comprendere che non pot non essere un qualche gran bene

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  • quello che fu da Nerone condannato.

    [4] Aveva tentato di farlo anche Domiziano, una porzione di Nerone quanto a crudelt: ma per la porzionein cui era uomo, facilmente l'inizio represse, restituendo in patria per di pi coloro che aveva relegati. Talisempre furono i nostri persecutori, ingiusti, empi, turpi, cui voi anche siete soliti condannare, i cuicondannati siete soliti riabilitare.

    [5] Ma di tanti principi da quel tempo ad oggi, intenditori di cose umane e divine, indicatene uno cheabbia mosso guerra ai Cristiani.

    [6] Noi, al contrario, indichiamo un protettore, se la lettera si ricerca di Marco Aurelio, imperatoreparticolarmente saggio, nella quale attesta come quella famosa sete di Germania fu dissipata in seguito auna pioggia impetrata dalle preghiere di soldati per avventura cristiani. Se da tali uomini con un attopubblico il provvedimento di un castigo non rimosse, in altra forma tuttavia publicamente lo annull, uncastigo per di pi aggiungendo per gli accusatori, anche pi severo.

    [7] Che leggi sono dunque codeste, che contro di noi applicano soltanto empi, ingiusti, turpi, truci, stolti,pazzi, leggi che Traiano in parte frustr, vietando di ricercare i Cristiani, leggi che nessun Vespasiano, purdebellatore dei Giudei, nessun Adriano, pur indagatore di tutte le curiosit, nessun Pio, nessun Veroapplic? In verit dei pessimi soggetti dagli ottimi tutti, come da loro avversari, avrebbero dovuto esseregiudicati degni di sterminio, piuttosto che dai loro compagni.

    CAPO 6 -- Non ai Cristiani va rivolta l'accusa di violare le prescrizioni del costumeromano, ma ai Romani stessi, che sono tanto degenerati dall'austerit e dalla disciplina

    degli antichi, sia per quanto concerne la virt, sia per quanto riguarda la religione.

    [1] Ora io vorrei che gli scrupolosissimi protettori e vindici delle leggi e delle instituzioni patrie mirispondessero nei riguardi della loro fede, onore, ossequio prestato alle prescrizioni dei maggiori: se danessuna di esse si sono allontanati, se in nessuna hanno deviato, se le prescrizioni tutte pi adatte enecessarie alla disciplina lasciate non hanno cadere in dimenticanza.

    [2] Dove sono andate a finire quelle leggi intese a frenare il lusso e l'ambizione, che prescrivevano fosseropermessi per un pranzo cento assi e non pi, e non fosse imbandita pi di una gallina e, per giunta, noningrassata: che dal senato un patrizio allontanavano, per avere posseduto dieci libbre d'argento, indiziograve di ambizione, che i teatri sorgenti per corrompere i costumi immediatamente abbattevano, che idistintivi di dignit e natali onorevoli non lasciavano capricciosamente e impunemente usurpare?

    [3] Vedo, infatti, ormai pranzi, che si dovrebbero chiamare centenari dai cento mila sesterzi che ciascunocosta, e miniere d'argento in piatti impiegate - poco male se in piatti di senatori, e non di liberti e perfino digente che spezzano ancora gli staffili. Vedo anche che non basta pi un teatro per citt, n scoperto.Infatti a impedire che anche l'impudica volutt d'inverno patisse il freddo ... primi gli Spartani inventaronoper gli spettacoli il mantello. Vedo che tra le matrone e le prostitute nessuna differenza, circa il vestire, rimasta pi. [4] Nei riguardi delle donne, in verit, anche sono cadute quelle istituzioni dei maggiori, che lamodestia e la sobriet tutelavano, quando nessuna conosceva l'oro tranne che in un solo dito, quello che ilfidanzato con il pronubo anello avesse impegnato; quando le donne dal vino a tal punto si astenevano, cheuna matrona per avere disuggellato la cassetta dov'eran le chiavi della cantina, fu fatta dai suoi morired'inedia; e sotto Romolo, per vero, una tale che aveva toccato vino, fu dal marito Metennio impunementetrucidata. [5] Pertanto anche era un obligo per le donne baci offrire ai congiunti, affinch venisserodall'alito giudicate.

    [6] Dov' quella felicit dei matrimoni, prosperata, appunto, in seguito ai buoni costumi, per cui durantecirca seicento anni dalla fondazione di Roma nessuna casa un divorzio registr? Ora, invece, nelle donnenessun membro a causa dell'oro liscio, a causa del vino nessun bacio senza preoccupazione, il divorzio,in verit, ormai anche il loro voto, quasi un frutto del matrimonio.

    [7] Anche nei riguardi dei vostri stessi dei, quei provvedimenti che saggiamente avevano i padri vostri

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  • decretato, voi medesimi? gli ossequentissimi, avete rescisso. Il padre Libero con i suoi misteri i consoli,per decreto del senato, non solo dall'urbe, ma da tutta l'Italia eliminarono. [8] Serapide e Iside e Arpocratecon il loro Cinocefalo i consoli Pisone e Gabinio, non certo cristiani, impedirono che recati fossero sulCampidoglio: vale a dire, dalla curia degli dei respinsero e, rovesciatine anche gli altari, li allontanarono,disordini di turpi e oziose superstizioni arrestando. Restituendoli al culto, voi a questi dei conferito avetela maest pi alta.

    [9] Dove il religioso rispetto, dove la venerazione da voi dovuta ai maggiori? Nel vestire, nel modo divivere, nelle suppellettili, nei sentimenti, nel linguaggio stesso in fine voi avete gli antenati vostri ripudiato.Sempre l'antichit lodate: e ogni giorno delle novit nella vostra vita introducete. Onde si dimostra che,mentre dai buoni costumi dei maggiori vi allontanate, voi quello ritenete e custodite che non avrestedovuto, mentre quello che avreste dovuto, non avete custodito.

    [10] Quello che avete l'aria di custodire ancora fedelissimamente, tramandatovi dai padri, in cuiprincipalmente avete preso di mira i Cristiani, come rei di averlo trasgredito, voglio dire lo zelo del cultodivino, intorno al quale sopra tutto l'antichit err (sebbene a Serapide, ormai romano, abbiate ricostruitogli altari, sebbene a Bacco, ormai italico, le vostre furie immoliate), dimostrer a suo luogo che del parida voi trascurato e negletto e abolito contro l'autorit dei maggiori.

    [11] Per ora risponder a quell'accusa infamante di scelleratezze occulte, per aprirmi la via a quelle pipalesi.

    CAPO 7 -- L'accusa di delitti turpi e infamanti sparsa contro i Cristiani falsa: prova n'l'impossibilit in cui sempre gli accusatori si sono trovati di dimostrarne la fondatezza, e il

    modo come si procede con i Cristiani durante il processo.

    [1] Ci si dice scelleratissimi a motivo di un rito d'infanticidio e del cibo di qui preso e dell'incesto compiutodopo il banchetto, incesto che dei cani lenoni, si capisce, delle tenebre, agevolano, i lumi rovesciando, perstendere un velo di verecondia su l'empie libidini. Lo si dice, tuttavia, di noi, sempre: n voi quello che datanto tempo di noi si dice, di metterlo in chiaro vi curate. Perci o mettetelo in chiaro, se ci credete, o noncredeteci, se non lo mettete in chiaro.

    [2] Da codesta vostra trascuranza si eccepisce contro di voi che non esiste quello che neppur voi metterein chiaro osate. Un ben diverso ufficio al carnefice imponete nei riguardi dei Cristiani: a far si che essi,non gi quello che fanno, dicano, ma che quello che sono, neghino. [3] L'origine di questa dottrina, comegi abbiamo esposto, risale al tempo di Tiberio. La verit ha avuto origine insieme con l'odio contro diessa: appena appare, nemica. Tanti sono i suoi nemici, quanti gli estranei: e propriamente i Giudei perostilit, i soldati per ricatto, quelli stessi di casa nostra, anche, per natura.

    [4] Tutti i giorni siamo assediati, tutti i giorni traditi, spessissimo nelle nostre stesse riunioni e adunanzeveniamo sorpresi. [5] Chi mai sopravvenne mentre un bimbo, trattato al modo che voi dite, vagiva? Chi lebocche cruente di questi Ciclopi e Sirene custodi, come trovate le aveva, per mostrarle al giudice? Chi purnella propria sposa qualche immondo vestigio colse? Chi tali misfatti, avendoli scoperti, tenne nascosti ovendette, trascinando davanti ai tribunali gli autori stessi? Se sempre nascosti rimaniamo, quando quelloche commettiamo stato rivelato?

    [6] Anzi, da chi pot essere rivelato? Dagli stessi rei non certo, essendo di regola in tutti i misteri dovutopure un fedele silenzio. Su i misteri Samotraci ed Eleusini si conserva il silenzio: quanto pi siconserverebbe su tali misteri, che, rivelati, provocheranno, nel frattempo, anche la punizione degli uomini,mentre riservata loro quella di Dio? [7] Se, dunque, non essi, i rei, si tradiscono da se stessi, ne segue chelo fanno gli estranei. Ma onde agli estranei la conoscenza, dal momento che sempre le iniziazioni, anchepie, i profani allontanano e dai testimoni si guardano? A meno che gli empi usino meno riguardo. [8] Lanatura della diceria nota a tutti. roba vostra: La diceria un malanno, di cui non v' altro pi veloce.Perch un malanno la diceria? perch veloce, perch rivelatrice, oppure perch il pi spessomenzognera? Essa che, nemmeno quando reca qualche cosa di vero, senza difetto di mendacio,togliendo, aggiungendo, in parte mutando la verit.

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  • [9] E che dire del fatto che tale la sua condizione, che, solo a patto di mentire, persevera, e tanto a lungovive, quanto a lungo non prova? E invero, quando ha provato, cessa di esistere; e adempiendo, in certomodo, l'ufficio di messaggera, consegna una realt; e da allora una realt che si possiede, una realt chesi riferisce. [10] Nessuno dice, per esempio, 'Dicono che a Roma sia avvenuto codesto'; oppure 'Corre ladiceria che quello abbia avuto in sorte la provincia'; si, invece, 'Colui ha avuto in sorte la provincia';'Codesto avvenuto a Roma'.

    [11] La diceria, denominazione dell'incertezza, non ha luogo dove la certezza. Forse che alla diceriapotrebbe credere se non uno sbadato? E invero il saggio all'incerto non presta fede. Tutti constatarepossono che, per quanto grande l'ampiezza sia in cui diffusa, per quanto grande l'assicurazione, con cui stata costruita, essa diceria necessariamente una volta da un unico autore nata.

    [12] Di qui per i canali delle lingue e delle orecchie serpeggia, e cos il piccolo vizioso seme le altre vocioscura al punto, che nessuno riflette se, per avventura, quella prima bocca la menzogna non abbiaseminato: il che spesso avviene o per la natura propria dell'ostilit o per l'arbitrariet propria del sospetto oper il gusto non occasionale, ma ingenito in qualcuno, di mentire. [13] Fortuna che il tempo tutto mette inluce (ne fanno testimonianza anche vostri proverbi e sentenze) per disposizione della natura, che haordinato in modo che nulla a lungo nascosto rimane, nemmeno quello che la diceria non ha propalato.[14] pertanto naturale che la diceria sia da tanto tempo consapevole essa sola dei delitti dei Cristiani.Questa, quale delatrice, contro di noi producete: la quale ci che una volta ha blaterato e per tanto spaziodi tempo nell'opinione rafforzato, non fino ad oggi riuscita a provare.

    CAPO 8 -- Il delitto, di cui si accusano i Cristiani, di tal natura, che non c' uomo che sisentirebbe capace di commetterlo. N vale obiettare l'ignoranza o la paura in chi lo

    commette.

    [1] Per invocare la testimonianza della natura stessa contro coloro, che presumono che tali cose sidebbano credere, ebbene, si, la ricompensa vi prospetto di tali delitti: essi ripromettono la vita eterna.Credetelo per ora. Intorno a codesto, infatti, domando: se tu, che anche vi hai creduto, pensi che valga lapena di pervenirvi con una tale consapevolezza. [2] Vieni, il ferro affonda nel bimbo nemico di nessuno,colpevole di nulla, figlio di tutti; o, se codesto ufficio appartiene ad altri, tu soltanto sta da presso a unuomo che muore prima di essere vissuto; attendi che l'anima novella si fugga, il sangue giovinetto raccogli,di esso il tuo pane imbevi, mangiane con gusto.

    [3] Frattanto seduto a tavola conta i posti, dove si trova tua madre, dove tua sorella: contalidiligentemente, affinch, quando calate saranno le tenebre canine, non sbagli. Ch commetterai unsacrilegio, se non commetterai un incesto.

    [4] Iniziato a tali riti e contrassegnato, tu vivi in eterno. Desidero che tu risponda, se vale tanto una vitaeterna; e, se non vale, se nemmeno, per questo, si debba credervi. Anche se tu vi creda, dico che nonvorresti saperne; anche se tu voglia saperne, dico che non ne saresti capace. Perch, dunque, ne sarebberocapaci altri, se non ne siete capaci voi? Perch non ne sareste capaci voi, se capaci ne sono altri?

    [5] Si capisce, noi siamo di altra natura, siamo dei Cinopeni o degli Sciapodi: altri filari di denti, altri nerviper un piacere incestuoso. Tu che codesto di un uomo credi, anche sei capace di farlo: uomo sei tu pure,come il Cristiano. Se non sei capace di farlo tu, non devi crederlo di altri. Uomo infatti anche ilCristiano, come te.

    [6] 'Ma lo si suggerisce e impone a gente che non sa'. - Si capisce, nulla sapeva codesta gente, che tali attisul conto dei Cristiani si affermavano: era loro certamente necessario osservare e con ogni vigilanzainvestigare per venirne a conoscenza.

    [7] Eppure a chi essere iniziato vuole, costume, penso, prima al padre dei misteri presentarsi, quello chedeve esser preparato descrivergli. Quello dir: 'Ti necessario un bimbo, ancor tenero, che il morireignori, che sotto il tuo coltello sorrida; parimenti del pane, sul quale il flusso del sangue raccolga; inoltrecandelabri e lucerne e qualche cane e bocconi, che li facciano tendersi fino a spegnere il lume. Sopra tutto

    Tertulliano, Apologetico (Introduzione e traduzione a cura di Onorato T... file:///G:/zzzDA%20SISTEMARE/TertullianoApologetico.htm

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  • venire dovrai con tua madre e con tua sorella'.

    [8] E se queste non vogliono? o non hanno essi nessuna di costoro? Quanti Cristiani, in somma, chevivono soli! Non ci sar, penso, nessun Cristiano legittimo, se non sar fratello o figlio. 'E se tutto civiene preparato, senza che gli iniziandi lo sappiano?' - Ma almeno dopo vengono a conoscerlo: esopportano e lasciano andare?

    [9] 'Temono di essere puniti, se lo rivelano'. - Essi, che meriteranno di essere da voi, difesi? Essi chepreferirebbero morire perfino spontaneamente, piuttosto che vivere sotto una tale consapevolezza? Ors;ammettiamo che abbiano paura di essere puniti: perch anche vi perseverano? Segue, infatti, che tu nonvoglia ulteriormente essere quello che, se l'avessi conosciuto, prima, non saresti stato.

    CAPO 9 -- Non i Cristiani meritano di essere accusati d'infanticidio e