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Quick Book ( iBook) corso di ecocolordoppler 1. Cenni di anatomia del sistema venoso Le vene hanno la funzione di portare sangue dalla periferia del corpo verso il centro (Fig. 1). Nell’organizzazione anatomica del sistema venoso vanno considerati: - il sistema delle vene cave; - il sistema delle vene polmonari; - le vie di drenaggio venoso dei visceri (sistema portale e vene mesenteriche, vene intracraniche, e vene del cuore). Quest’ultimo gruppo di vene esula dall’ambito di interesse della flebologia, per cui non saranno trattate in questo manuale. Le vene polmonari riconducono al cuore sangue ossigenato dai polmoni; le arterie polmonari veicolano sangue venoso ai polmoni per essere qui ossigenato (Fig. 2). Sistema delle vene cave Il sistema delle vene cave comprende il sistema della cava superiore e quello della cava inferiore. Il primo è costituito dalle vene dell’arto superiore, profonde e superficiali, che drenano rispettivamente nel territorio sotto e sopra-fasciale, fino a convergere attraverso le omerali e l’ascellare nella succlavia, e le vene della testa e del collo, che attraverso le giugulari, 4 per lato, raggiungono il tronco anonimo, che, unendosi al controlaterale, dà luogo alla vena cava superiore (Fig. 3). Il sistema della cava inferiore comprende, a livello dell’arto inferiore, il distretto venoso profondo, sottofasciale, che drena i distretti muscolari e scheletrici fino alla vena femorale comune, e il distretto superficiale, soprafasciale, che drena i territori sottocutanei, attraverso la grande e la piccola safena. I sistemi superficiale e profondo, muniti di valvole, sono uniti fra loro, oltre che dalle “crosses”, da una serie di vene perforanti, dirette ed indirette, anch’esse munite di valvole, che consentono il passaggio del sangue dalla superficie verso la profondità e lo impediscono in direzione opposta,

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Quick Book ( iBook) corso di ecocolordoppler 1. Cenni di anatomia del sistema venoso

Le vene hanno la funzione di portare sangue dalla periferia del corpo verso il centro (Fig. 1). Nell’organizzazione anatomica del sistema venoso vanno considerati:

- il sistema delle vene cave; - il sistema delle vene polmonari; - le vie di drenaggio venoso dei visceri (sistema portale e vene

mesenteriche, vene intracraniche, e vene del cuore). Quest’ultimo gruppo di vene esula dall’ambito di interesse della flebologia, per cui non saranno trattate in questo manuale. Le vene polmonari riconducono al cuore sangue

ossigenato dai polmoni; le arterie polmonari veicolano sangue venoso ai polmoni per essere qui ossigenato (Fig. 2). Sistema delle vene cave Il sistema delle vene cave comprende il sistema della cava superiore e quello della cava inferiore.

Il primo è costituito dalle vene dell’arto superiore, profonde e superficiali, che drenano rispettivamente nel territorio sotto e sopra-fasciale, fino a convergere attraverso le omerali e l’ascellare nella succlavia, e le vene della testa e del collo, che attraverso le giugulari, 4 per lato, raggiungono il tronco anonimo, che, unendosi al controlaterale, dà luogo alla vena cava superiore (Fig. 3). Il sistema della cava inferiore comprende, a livello dell’arto inferiore, il distretto venoso profondo, sottofasciale, che drena i distretti muscolari e scheletrici fino alla vena femorale comune, e il distretto superficiale, soprafasciale, che drena i territori sottocutanei, attraverso la grande e la piccola safena. I sistemi superficiale e profondo, muniti di valvole, sono uniti fra loro, oltre che dalle “crosses”, da una serie di

vene perforanti, dirette ed indirette, anch’esse munite di valvole, che consentono il passaggio del sangue dalla superficie verso la profondità e lo impediscono in direzione opposta,

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mentre le vene del piede sono avalvolate(Fig. 4). La vena femorale comune si continua nell’iliaca esterna, che, confluendo con la vena ipogastrica, forma la vena iliaca comune, la quale insieme alla controlaterale va a costituire la vena cava inferiore, che riceve numerosi affluenti prima di terminare,

come la cava superiore, nell’atrio destro. Idue sistemi cavali sono tra loro interconnessi da una vasta rete anastomotica, la più importante delle quali è il sistema delle vene azygos.

2. Concetti di fisiologia del sistema venoso Le vene, oltre ad avere la funzione di portare sangue al cuore destro, sono vasi di capacitanza, che contengono la gran parte (circa l’85%) del sangue circolante, grazie alla loro distensibilità ed alla loro bassa resistenza. La circolazione venosa degli arti inferiori presenta aspetti particolari rispetto ad altri distretti, poiché deve contrastare, nella progressione del sangue, la forza di gravità. Pressione idrostatica La pressione idrostatica (energia potenziale gravitazionale) è determinata dal peso della colonna liquida contenuta nel sistema. In posizione ortostatica, essa è in rapporto all’altezza: 0 a livello dell’atrio destro, circa 100 cmH20 a livello dell’estremità inferiore; di conseguenza la pressione venosa è uguale in ogni punto alla somma dell’energia cinetica cardiaca residua e dell’energia potenziale gravitazionale, e corrisponde alla caviglia a circa 85-90 mmHg; al contrario, in posizione supina, la pressione idrostatica è costante in ogni punto del corpo e la pressione venosa risulta circa 10 mmHg (Fig. 5). I principali fattori che consentono un efficiente ritorno venoso sono le valvole e la pompa muscolare. Valvole

Rappresentano il principale fattore di contenimento del sangue nella stazione eretta. Esse si trovano all’interno delle vene degli arti inferiori, ed hanno la funzione di opporsi al reflusso del sangue dall’alto verso il basso. Sono costituite da due cuspidi, impiantate nelle pareti venose a livello delle tasche valvolari: spinte dalla corrente centripeta, flottano liberamente all’interno del lume e convergono fra di loro ad ogni inversione di corrente (Fig. 6).

Pompa muscolare

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Rappresenta il più importante fattore di spinta del sangue all’interno delle vene dal basso verso l’alto, durante il movimento. Durante la deambulazione, la contrazione dei muscoli del polpaccio comporta un aumento pressorio che si ripercuote sulle vene profonde; le valvole di queste si aprono consentendo il passaggio del sangue in senso craniale e quelle delle perforanti si chiudono impedendone il reflusso.La successiva distensione muscolare determina una caduta pressoria all’interno delle vene le cui valvole si chiudono impedendo il ritorno della colonna di sangue dall’alto, mentre le valvole delle vene perforanti si aprono risucchiando sangue dalle vene superficiali. Il ciclo si ripete alla successivacontrazione muscolare assicurando il ritorno venoso verso il cuore (Fig. 7). Altri fattori Al ritorno venoso concorrono anche:

- la “vis a tergo”, costituita dall’energia cinetica residua della sistole ventricolare sinistra;

- la “vis a fronte”, rappresentata dal risucchio di sangue venoso verso il cuore, determinato dalla pressione negativa intratoracica (6-7 mmHg < pressione atmosferica), che si realizza durante l’inspirazione, che si somma a quella intraddominale, negativa per l’abbassamento del diaframma;

- la “vis a latere”, rappresentata dal massaggio che le arterie contigue esercitano sulle vene;

- il tono venoso di parete, regolato da un controllo simpatico, che concorre a contenere la distensibiltà vasale; corrisponde alla tensione parietale, indotta dalle

- fibre muscolari della media, ed interessa soprattutto le vene di piccolo e medio calibro;

- la “suola plantare di Lejars”, rappresentata dalla spremitura della rete venosa plantare che avviene ad ogni appoggio (Fig. 8).

3. Elementi di emodinamica venosa Nel versante venoso il modo di scorrere del sangue è condizionato dai fattori precedentemente descritti, alcuni costantemente presenti ed indipendenti dalla postura e dallo stato di riposo o attività del soggetto, altri influenzati dall’ortostatismo e dall’attività muscolare. Si configurano pertanto 3 modalità di comportamento dell’emodinamica venosa, a livello degli arti inferiori, a seconda che il soggetto si trovi:

a) in posizione supina ed a riposo b) in ortostatismo c) in attività fisica o deambulazione.

L’emodinamica venosa degli arti superiori, invece, risulta più semplice, in quanto non deve contrastare la pressione idrostatica, essendo questa negativa perché al di sopra del punto di “zero pressione”, e pertanto non è condizionata dalla posizione del soggetto. a) Comportamento del flusso venoso in posizione supina ed a riposo

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Il flusso venoso è discontinuo e strettamente fasico con gli atti respiratori: durante l’inspirazione, per l’ aumento della pressione endoaddominale, esso si riduce a livello delle vene degli arti, mentre aumenta la progressione del sangue nelle vene addominali; durante l’espirazione aumenta il ritorno venoso degli arti inferiori, mentre diminuisce dalle vene addominali e degli arti superiori. La progressione del sangue essenzialmente è determinata dalle forze di propulsione (vis a tergo e vis a fronte) e da quelle che regolano la capacitanza (tono venoso e vis a latere). b) Comportamento del flusso venoso in ortostatismo La progressione del sangue è favorita dalla vis a tergo, dalla vis a fronte e dalle forze che regolano la capacitanza ed è ostacolata dalla pressione idrostatica e dalla distensibilità venosa. Le valvole si mantengono aperte quando la circolazione procede in senso centripeto e si chiudono, impedendo il reflusso, quando si formano onde retrograde. c) Comportamento del flusso venoso durante attività fisica Le caratteristiche e la direzione del flusso dipendono principalmente dalla vis a tergo e dalla vis a fronte, dalla competenza delle valvole, dal torchio addominale e dalla vasomotricità, mentre la progressione è ostacolata dalla pressione idrostatica. La pompa muscolare abbassa la pressione idrostatica all’estremità venulare del capillare, aumentando il gradiente pressorio e conseguentemente il flusso ematico; la spremitura delle vene profonde accelera ulteriormente il ritorno venoso; la conseguente caduta pressoria all’interno delle vene profonde richiama dal sistema superficiale sangue che così è pronto ad essere spinto, al passo successivo, verso il cuore; l’integrità delle valvole delle vene perforanti impedisce d’altra parte il reflusso.

4. Fisiopatologia del circolo venoso Tutte le alterazioni della circolazione sono riconducibili a due situazioni fisiopatologiche: le ostruzioni venose, che configurano il quadro delle flebopatie ostruttive, e le incontinenze valvolari, che configurano il quadro delle flebopatie da reflusso. Tali condizioni possono coesistere, determinando quadri fisiopatologici e clinici misti (insufficienza della pompa muscolare del polpaccio).

a) Ostruzione venosa profonda L’ostruzione venosa profonda determina un ostacolo al flusso, con incremento di resistenze e progressivo accumulo di sangue a monte. L’ipertensione venosa che ne deriva tende ad aprire nuove vie di deflusso con sviluppo di rete collaterale di supplenza che funge da by-pass naturale. L’attività muscolare durante l’esercizio fisico non è in grado di produrre una significativa riduzione della pressione, che al contrario si incrementa, determinando una forzatura degli apparati valvolari delle vene profonde e delle vene perforanti, che diventano incontinenti e consentono un flusso venoso retrogrado. Gli effetti emodinamici variano in relazione alla sede ed estensione del segmento occluso ed alle caratteristiche della circolazione collaterale. Mentre, infatti, l’ostruzione di una delle vene di gamba solitamente non interferisce con l’emodinamica globale, più difficilmente compensabili sono una trombosi dell’asse popliteo-femorale e ancor meno una trombosi iliaca. In aggiunta la presenza di un reflusso venoso lungo l’asse safenico comporta un ulteriore aumento pressorio in coincidenza dell’attività fisica, che pone le basi, grazie all’incontro dei due reflussi – quello lungo safenico e quello breve delle perforanti – alla creazione di un locus minoris resistentiae, ove si determina la formazione dell’ulcera.

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b) Ostruzione venosa superficiale L’ostruzione di una vena superficiale determina alterazioni fisiopatologiche meno rilevanti, rappresentate da un quadro di ipertensione venosa superficiale, che a lungo andare può comunque portare alla formazione di ulcere; quando il processo trombotico superficiale si estende in senso craniale alle “crosses” safeno-femorale e safeno-poplitea e da queste al sistema profondo, si viene a creare una condizione sovrapponibile a quella descritta per le trombosi profonde.

c) Incontinenza valvolare Nell’insufficienza valvolare superficiale) si verifica un reflusso di sangue dalla profondità alla superficie, per cui il flusso safenico diviene centrifugo in ortostatismo, mentre durante l’attività muscolare esso può ancora essere centripeto se le crosses sono continenti, in caso contrario, si realizza un reflusso che condiziona un sovraccarico di volume e di conseguenza un’ipertensione venosa, a sua volta responsabile di insufficienza delle perforanti. Nel caso in cui è il circolo profondo ad essere incontinente mentre quello superficiale è normale, il flusso safenico è sempre centripeto, mentre nel circolo profondo è centripeto durante la deambulazione e centrifugo in ortostatismo: in tale condizione, il volume ematico proveniente dalla safena aggrava l’entità del reflusso profondo fino a quando si realizza un’incontinenza delle perforanti, che a lungo andare compromette anche le valvole del sistema safenico. Se entrambi i sistemi sono incontinenti, il flusso è diretto alternativamente verso l’alto o verso il basso in relazione all’attività muscolare o meno, realizzandosi una condizione di stasi ed ipertensione venose.

d) Sindrome da insufficienza della pompa muscolare del polpaccio La compromissione funzionale di questo meccanismo è quasi sempre conseguenza della sindrome post-trombotica. L’ipertensione venosa che si instaura a monte dell’ostruzione, determinata dalla difficoltà ad espellere adeguati volumi ematici, si ripercuote sulla strutture valvolari delle vene perforanti prima e delle vene superficiali successivamente, determinandone lo sfiancamento e quindi l’insufficienza. L’occlusione trombotica dell’asse venoso profondo, e l’eventuale ricanalizzazione, comporta la distruzione dell’apparato valvolare delle vene profonde, che divengono anch’esse insufficienti. Tutto ciò determina la comparsa di reflussi patologici in ortostatismo che accentuano il grado di insufficienza venosa, mentre durante la deambulazione al reflusso lungo safenico di tipo ostiale si associano, per la contrazione muscolare che spinge sangue nel circolo safenico ad alta pressione (colpo d’ariete), una serie di reflussi brevi attraverso le perforanti, che accentuano ulteriormente lo stato di ipertensione venosa cronica, alterando la funzionalità e la struttura anatomica del microcircolo.

LA DIAGNOSTICA NON INVASIVA

G. Lipari -- D. Righi Premessa In patologia venosa, la diagnostica vascolare non invasiva rappresenta un supporto attualmente irrinunciabile: gli aspetti che normalmente vengono ad essere indagati sono sostanzialmente tre: la ricerca di una trombosi/occlusione venosa e la valutazione di una incontinenza valvolare venosa, sia morfologica che funzionale. Indispensabile è infine una

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valutazione con Eco-color-Doppler nella pianificazione dei trattamenti attivi, siano essi chirurgici che scleroterapici. E’ doveroso comunque sottolineare fermamente come la diagnostica strumentale non invasiva della patologia venosa deve, come negli altri campi di applicazione delle metodiche vascolari non invasive, essere guidata dalla osservazione e dal pensiero clinico, in modo da evitare esami non utili e da poter ottenere il massimo vantaggio per il paziente; non è avallabile la figura di un “Dopplerista”, mero esecutore di un esame standard, cieco di fronte al quadro clinico. I migliori risultati si otterranno sempre quando la valutazione clinica del malato guida la diagnostica strumentale, e quindi quando il Clinico, Angiologo o Chirurgo Vascolare esegue in prima persona l’esame strumentale che ha il compito di precisare e di finire di delianeare il quadro clinico. Va inoltre precisato che, vista la potenziale importanza per il paziente, qualora si rilevi una trombosi venosa prossimale di cui a livello inguinale non si riesca a rilevare il margine prossimale, anche se l’esame richiesto è limitato allo studio degli arti inferiori, è imperativo ricercare il margine prossimale della trombosi, visto che per il trattamento del paziente tale limite può orientare verso trattamenti diversi. Generalità sulle metodiche e le apparecchiature Attualmente la diagnostica non invasiva è essenzialmente eseguita utilizzando apparecchiature ad ultrasuoni, di cui la più efficace è senz’altro l’ Eco Color Doppler. Il MiniDoppler, che utilizza la tecnologia ad onda continua (Continous Wave o Doppler CW), pur con il pregio del basso costo, delle piccole dimensioni e della estrema portabilità, non consente di discriminare tra vasi posti a profondità diverse o vicini tra loro, e risultando poco o nulla utile nella ricerca delle trombosi venose profonde, è stato praticamente abbandonato per questo aspetto. Ha ancora una sua significativa validità nell’inquadramento generale del paziente (presenza di contemporanea flebopatia ed arteriopatia, eziologia “mista” venosa ed arteriosa di ulcere di gamba, valutazione della presenza o meno di reflussi ull’asse safenico…..). Le metodiche di tipo pletismografico, adesso abbandonate per lo studio del tromboembolismo, sono destinate allo studio della insufficienza venosa cronica, in cui riescono a dare importanti informazioni di tipo emodinamico, cogliendo importanti dati di tipo funzionale in cui viene valutata la emodinamica venosa globale dell’arto, soprattutto con gli esercizi di deambulazione simulata. Esempio tipico di tale metodica è la cosiddetta pletismografia da reflusso, che può utilizzare come sensore o un sensore ottico (Fotopletismografia - PPG - ) od a infrarossi (Reografia a Luce Riflessa - RLR -); tale metodica consente ad esempio di valutare la gravità di una Sindrome Post Trombotica analizzando il reflusso profondo (fig. A - B). La Pletismografia ad Occlusione Venosa attualmente ricopre solo un ruolo nella ricerca di un ostacolato scarico venoso nella Sindrome dello Stretto Toracico, in cui lo scarico venosa va studiato in maniera riproducibile in diverse posizioni dell’arto superiore e del relativo cingolo. La “parte del leone” la fa quindi l’eco-color-Doppler (Dupler Scanner), in cui - come noto - alla visualizzazione morfologica in B-Mode viene affiancata una valutazione Doppler (Doppler ad onda pulsata - Pulsed Wave - PW). A fianco della velocimetria viene utilizzata la codifica a colori del flusso; attualmente le tecnologie utilizzate sono 3:

1. Il Color Flow in cui il codice colore identifica il senso di scorrimento del sangue (particolarmente utile per la valutazione dei reflussi) e ricopre il ruolo di “mezzo di contrasto ultrasonoro” che consente di evidenziare al meglio eventuali trombosi ipo

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od anecogene. E’ una metodica universale che consente, con gli opportuni aggiustamenti di valutare bene sia il circolo arterioso che quello venoso.

2. Il “Power Doppler”; in realtà , al contrario del nome, il Power Doppler non è basato sull’effetto Doppler, ma misura l'energia della frequenza delle strutture in esame. In questo modo si ha un segnale più sensibile ma non si hanno informazioni sulla direzione del movimento ematico; il grande vantaggio, in flebologia è che tale metodica valuta appunto con maggiore sensibilità i flussi lenti (tipici del circolo venoso), ed essendo dotato di una maggiore persistenza del colore, permette di studiare al meglio la presenza di una lesione parietale come ad esempio un trombo flottante.

3. Il “B-Flow” (chiamato anche AD-Flow, X-Flow, D-eFlow in relazione alla marca di apparecchiatura); si tratta di una recente e performante modalità di immagine del flusso ematico ad alta definizione che visualizza il flusso emodinamico reale e permette una visualizzazione diretta dei segnali riflettenti del sangue, ingrandendoli a 30dB (1000 volte). l’osservazione di flussi sia di bassissima che ad alta dinamica è fatta con estrema capacità di risoluzione spaziale e temporale; vengono inoltre eliminati la sovrascrittura Color Flow e la dipendenza dall'angolazione è minore; il risultato di questa tecnologia è quello di una altissime sensibilità associata ad una ridottasovrascrittura sulle strutture anatomiche circondanti il vaso.

Le diverse caratteristiche di posizionamento anatomico e di velocità di flusso a li ello dei diversi vasi venosi impongono l’utilizzo di set di sonde; untipico assortimento è quello di un set di sonde elettroniche multifrequenza: una lineare per i vasi più superficiali quando è richiesto più dettaglio (es. 5 - 13 MHz.), una convex per i vasi più profondi o quanda è necessaria più “potenza” (es. 2 - 5 MHz.), ed infine una sonda mini-convex (es. 4 - 8 MHz.),che risolve il problema della accessibilità in determinate sedi anatomiche. Modalità di studio Generalmente, noostante i numerosi dispositivi di ottimizzazione automatica delle moderne apparecchiature, la taratura della macchina va ottimizzata per il tipo di studio che si deve eseguire ed ulteriormente personalizzata sulle caratteristiche di ecogenicità e flusso del singolo paziente; quindi:

Impostazione del preset venoso

Successiva regolazione dei comandi dell’ apparecchio in maniera ancora più fine per lo specifico paziente

Operatore seduto con paziente in piedi (aiuto della gravità…) per lo studio delle insufficienze valvolari ed in generale per il circolo superficiale. A tale scopo è bene poter utilizzare una apposita pedana, (pedana flebologica) che consente di studiare gli arti inferiori dei paziente in piedi, dall’ inguine sino alle caviglie, stando seduti e senza doversi eccessivamente chinare.

Operatore in piedi con paziente disteso sul lettino per lo studio delle vene profonde e della trombosi venosa profonda. In pazienti con morfologie particolari od in casi in cui occorre avere nel contempo una spinta grvitazionale e la muscolatura del tutto decontratta il paziente può essere posizionato seduto sul lettino, con le gambe penzoloni, ed operatore seduto.

La diagnosi ultrasonografica di TVP Il duplex scanning è come detto la metodica non invasiva di prima scelta per la diagnosi di TVP degli arti inferiori (per definizione, per la sua elevata accuratezza diagnostica, praticità e semplicità d’uso, economicità, innocuità. Il criterio più accurato per la diagnosi di TVP è basato sulla non compressibilità (totale o parziale) del lume venoso per effetto di una moderata pressione della sonda. (Lensing 1989)

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La sensibilità del test di compressione per la diagnosi delle trombosi prossimali è del 97% (95% IC: 96-98%) e la sua specificità è del 98% (95% IC: 97-99%). (Kearon 1998) La sensibilità cala molto ed è comunque notevolmente dipendente dall’operatore in caso di TVP distali (localizzate al di sotto della v. poplitea) isolate. In queste, una sensibilità più elevata (60%) sembra poter essere raggiunta, secondo alcuni autori, con l’impiego dell’eco-color-doppler; almeno due studi hanno riportato un buon risultato diagnostico mediante una completa indagine ultrasonografica dell’albero venoso della gamba, estesa alle vene del polpaccio e basata sia sulla compressione che sull’impiego del Doppler. (Elias 2003) (Schellong 2003) Infatti nell’ interpretazione dei risultati si devono tener presenti gli eventuali punti deboli, rappresentati dalla difficoltà di comprimere le vene in certi punti, come verso il canale degli adduttori, sia per la profondità del vaso che per il dolore percepito dal paziente che tende a contrarre i muscoli, e dalla possibilità che un settaggio troppo sensibile crei degli artefatti mostrando flusso anche dove esso è assente. Nella nostra esperienza una scansione ai margini della tibia, una ai margine del perone ed una intermedia tra queste due, consente di esplorare tutto il polpaccio in quasi tutti i pazienti. Nella pratica clinica, soprattutto nei Pronti Soccorso dove non sempre è prontamente disponibile un Chirurgo Vascolare od un Angiologo per la esecuzione di una accurato eco-color-Doppler è molto adottata la modalità semplificata di esecuzione dell’indagine ultrasonografica che si basa sulla sola comprimibilità del vaso e che prevede di esaminare il solo tratto prossimale venoso, e cioè la vena femorale comune all’inguine, la femorale superficiale alla coscia e la poplitea alla fossa poplitea scendendo fino alla sua triforcazione (CUS). L’indagine, in caso di normalità iniziale, va ripetuta in caso di peggioramento dei sintomi e comunque dopo 5- 7 giorni. L’indagine così concepita sembra sicura ed efficace, ma implica la ripetizione dell’esame in un numero elevato di casi (circa il 70%); va senz’altro strettamente integrata con altre metodiche non strumentali di diagnostica (test di probabilità clinica, D-Dimero). La valutazione della incontinenza valvolare Per quanto riguarda l’ esame per la ricerca di incontinenze valvolari, le manovre proposte sono molteplici, ma le più usate sono la manovra di Valsalva e la spremitura del polpaccio o delle masse di coscia in paziente con peso spostato sull’ arto controlaterale. Qualora si utilizzi la manovra di Valsalva, è bene ricordare di controllare che il paziente la svolga in modo corretto, cosa che non sempre riesce alle persone anziane. Una maniera per essere certi di una corretta esecuzione è quella di fare soffiare il paziente dentro il tubicino di uno sfigmomanometro, sino a far raggiungere allo strumento una pressione di 50 – 70 millimetri di mercurio, oppure di porre una mano sull’addome del paziente e controllare l’irrigidimento dei mm. addominali, effettuando una modesta contropressione; l’esperienza consentirà di raggiungere risultati costanti e riproducibili nel tempo. La ricerca dei reflussi viene effettuata utilizzando la metodica Color, e viene perfezionata nei singoli punti con l’ utilizzo del Doppler pulsato, che consente di visualizzare con maggiore esattezza la durata del reflusso. Va definito come patologico un reflusso superiore a 0,5 secondi (le vene normali impiegano al massimo mezzo secondo per interrompere il flusso centrifugo); normalmente il blocco del reflusso è sostanzialmente immediato; si considera positivo per reflusso ogni segnale di durata superiore al secondo. Una maggiore durata del reflusso associata o meno ad una sua maggiore entità implica una maggiore gravità della malattia venosa. Nonostante le ilimitazioni della valutazione del reflusso, legate essenzialmente alla necessità della collaborazione del paziente che può essere di una efficacia variabile, questo è da considerarsi il cornerstone della valutazione della insufficienza venosa cronica. Il Duplex peraltro può fornire immagini estremamente precise della funzionalità

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valvolare ( ad esempio valvola terminale e preterminale della crosse safeno/femorale) che consentono un preciso decision-making di un trattamento attivo. Indipendentemente dalle metodologie operatorie utilizzate, al giorno d’oggi non si possa pensare di intervenire sul circolo venoso superficiale senza un preventivo accurato mappaggio Eco Color Doppler.

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Terminologia clinica ed Emodinamica L’ insufficienza venosa cronica (IVC) è per definizione (1) la condizione per cui una o più vene diventano incapaci di adempiere alle loro tre specifiche funzioni che sono quelle di:

1. drenaggio dai tessuti delle sostanze tossiche; 2. riempimento delle cavità cardiache; 3. termoregolazione dei tessuti drenati.

in qualunque posizione od attività fisica del soggetto. Quale è l’evento che causa la IVC? Qualunque condizione determini un ostacolo allo scarico di una o più vene essa è la causa che determinerà nel tempo la comparsa dei disturbi clinici e l’aggravamento della insufficienza venosa cronica. Nello specifico degli arti inferiori tutti conoscono le vene varicose, cosiddette varici, caratterizzate prima dalla dilatazione dei vasi e progressivamente, negli anni, dai gravi effetti sulla cute delle gambe. Le varici rientrano nella IVC e se non si interviene tempestivamente con trattamenti elasto-compressivi , di scleroterapia, chirurgici, Laser o conservativi emodinamici non si può prevenire o rallentarne l’evoluzione . Come evolve nel tempo la malattia varicosa? • Prima si ha la comparsa di vene dilatate e tortuose (varix) ; • Dopo un po’ di tempo la pelle si pigmenta color ocra per la fuoriuscita di sangue nei tessuti ( depositi di Emosiderina); • In seguito si ha infiammazione cronica del tessuto con noduli duri, arrossati e dolorosi (ipodermite);

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• Infine si ha la comparsa imprevedibile dell’ulcera varicosa che è una distruttiva e dolorosa piaga profonda della pelle ( necrosi del tessuto) a cui segue una molto lenta guarigione con riparazione cicatriziale del tessuto; • Secondo la gravità clinica e la condizione emodinamica del soggetto, negli anni si possono avere delle episodiche o sempre più frequenti recidive di queste ulcere sino a giungere al punto in cui queste lesioni non guariscono più . Anche la flebite o trombosi delle vene degli arti inferiori è un evento temuto ed imprevedibile; infatti quando colpisce le vene superficiali (varicoflebite) esso è doloroso invalidante, ma a basso rischio di complicanze maggiori quali l’embolia polmonare che può essere anche mortale. Se la trombosi colpisce le vene profonde degli arti o del bacino (flebotrombosi) essa è ad alto rischio di embolia polmonare e va prontamente riconosciuta e trattata. Come riconosciamo la presenza di una vena varicosa o di una trombosi di una vena degli arti inferiori? Lo strumento più rapido non invasivo ed accurato è l’EcoColorDoppler (ECD) . Per i vasi più prossimali come quelli del bacino la Risonanza Magnetica è molto attendibile per la ricerca di una trombosi di essi. Nel 1988 con la nascita del trattamento conservativo emodinamico ambulatoriale delle varici degli arti inferiori (Claude Franceschi) si è cominciato a realizzare le prime mappe cartografiche dell’emodinamica venosa delle vene degli arti inferiori (1). Nel 1992 si è evidenziata per la prima volta la Sindrome Compressiva Venosa (SCV) degli arti inferiori (6) e nel 2011 quella delle vene di drenaggio cerebro spinale. Questa sindrome (SCV) allarga il campo di interesse del Flebologo anche alla Biomeccanica.

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Simboli per mappa cartacea

Simboli per mappa cumputerizzata

Termine Descrizione

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Flusso anterogrado, cardiopeto, fisiologico

Flusso unidirezionale, monofasico all’EcoDoppler, con direzione dipendente dall’orientamento valvolare

˅ Flusso retrogrado o invertito, antifisiologico

Flusso con direzione opposta a quella fisiologica. Manovra di Valsalva negativo

˅

Reflusso sistolico

Flusso retrogrado nella elevazione sulla punta del piede (fase sistolica deambulatoria)

˅

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Reflusso diastolico

Flusso retrogrado nella discesa sul tallone (fase diastolica deambulatoria)

˅

….. Reflusso sisto-diastolico

Flusso retrogrado sia nella fase sistolica che in quella diastolica deambulatoria

˄

Circolo vicariante (attivazione) sistolico

Circolo di drenaggio con portata aumentata durante la fase sistolica deambulatoria

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LA MAPPA EMODINAMICA VENOSA

La mappa emodinamica venosa rappresenta la trasposizione su un piano dello stato anatomo funzionale del sistema venoso superficiale e profondo degli arti. Permette una corretta valutazione di base del sistema venoso degli arti inferiori utile per una accurata indicazione preoperatoria; sia per l’applicazione dei principi per un intervento di chirurgia emodinamica conservativa, od ablativa, sia per il monitoraggio post operatorio e il follow up dei pazienti; La lettura della mappa emodinamica venosa condiziona una appropriata strategia per il trattamento di sclero-terapia o endo-vascolare con Laser o con radiofrequenze. La SHVM permette inoltre una scelta ragionata di elasto-compressione ed una terapia medica e riabilitativa su basi emodinamiche. La SHVM può essere realizzata in forma cartacea sullo schema base riportato di seguito oppure tramite un programma computerizzato archiviata e stampata unitamente alla risposta scritta dell’esame. Sul sistema superficiale e profondo schematizzato nello schema viene riportato, con dei simboli morfo funzionali , lo stato emodinamico rilevato con lo studio EcoColorDoppler e con i test dinamici. Lo schema della mappa è suddiviso in sei livelli, tre di coscia e tre di gamba e in quattro regioni anatomiche l’anteriore, la posteriore, la laterale e la mediale come riportato di seguito.

I trattamenti flebologici sono stati da sempre eseguiti sia dai Dermatologi, che dai chirurghi generali, da quelli vascolari, dagli Angiologi, dai Cardiologi o dai Radiologi, ma il Flebologo oggi come possiamo definirlo? ”Si definisce flebologo un medico od un chirurgo esperto in diagnosi e terapia delle patologie dell’apparato venoso il quale sia capace di realizzare ed interpretare una Mappa Emodinamica Venosa.”