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Guerra civile siria Questa voce o sezione tratta un conflitto in corso. Le informazioni possono pertanto cambiare rapidamente con il progredire degli eventi. Guerra civile siriana parte della primavera araba Situazione militare attuale: Rosso: Forze governative, Verde:Opposizione, Giallo: Curdi (Rojava), Grigio: ISIS, Bianco : Fronte al-Nusra Vedi anche mappe dettagliate di Daraa, Damasco, Aleppo, Deir el- Zor,Hasaka, Qamishli Data 15 marzo 2011 - (conflitto in corso) Luogo Siria, con sconfinamento principale in Iraq e sconfinamenti minori inLibano, Turchia e Giordania Esito Conflitto in corso Sospensione della Siria dall'Organizzazione della Cooperazione Islamica [1]

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Guerra civile siria

Questa voce o sezione tratta un conflitto in corso.

Le informazioni possono pertanto cambiare rapidamente con il progredire degli eventi.

Guerra civile siriana

parte della primavera araba

Situazione militare attuale: Rosso: Forze

governative, Verde:Opposizione, Giallo: Curdi

(Rojava), Grigio: ISIS, Bianco: Fronte al-Nusra

Vedi anche mappe dettagliate di Daraa, Damasco, Aleppo, Deir el-

Zor,Hasaka, Qamishli

Data 15 marzo 2011 - (conflitto in corso)

Luogo Siria, con sconfinamento principale in Iraq e sconfinamenti minori

inLibano, Turchia e Giordania

Esito Conflitto in corso

Sospensione della Siria dall'Organizzazione della Cooperazione

Islamica[1]

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Distruzione sotto egida ONU dell'arsenale chimico siriano[2]

Estensione del conflitto su scala regionale[3]

, consconfinamento

principale in Iraq e sconfinamenti minori

inLibano, Turchia e Giordania

Intervento internazionale con bombardamenti aerei su obiettivi

ribelli[4][5]

Schieramenti

Coalizione

nazionale siriana

Esercito siriano

libero

Supporto:

Stati Uniti

Francia

Arabia Saudita

Qatar

Turchia[6]

Formazioni jihadiste:

Fronte al-

Nusra[7]

Fronte

Islamico[8]

Esercito dei

Mujaheddin[9]

Brigata Ahfad al-

Rasul[10]

Altre formazioni

Supporto:

Arabia Saudita

Qatar

Turchia

Stato Islamico[11]

Dal 3 gennaio 2014 in

conflitto anche con il resto

Repubblica Araba di Siria

Forze armate siriane

Forza Nazionale di Difesa

Shabiha[12]

Jaysh al-Sha'bi[13]

Brigata Al-Abbas[14]

Resistenza Siriana

Iran

Corpo delle Guardie della

rivoluzione islamica[15]

Hezbollah[16]

FPLP-CG[17]

Milizie sciite irachene e altre

formazioni[18]

con ruoli di supporto diretto:

Russia[19]

Iraq[20]

con ruoli di supporto indiretto:

Cina

Corea del Nord[21]

Venezuela

Bielorussia[22]

Algeria[23]

Egitto[24]

Comitato

Supremo

Curdo (DBK)

Consiglio

Nazionale Curdo

Partito

dell'Unione

Democratica

Unità di

Protezione

Popolare(YPG)

Unità di

Protezione delle

Donne (YPJ)

Brigata

Internazionale di

Liberazione

Partito dell'Unione

Siriaca

Sutoro

Governo

Regionale del

Kurdistan

Peshmerga

Dwekh Nawsha

Milizie assire e altre

formazioni

con ruoli di supporto

diretto:

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delle forze ribelli.

PDK[25]

UPK[25]

PKK[26]

YJA Star

Iraq

Coalizione

internazionale

anti-ISIS a guida

statunitense

Comandanti

Esercito siriano libero:

Abdel al-Ilah al-

Bachir[27]

(Capo di stato maggiore ESL)

Salim Idris (Capo di

stato maggiore ESL [Dic

2012-Feb 2014])

Riyāḍ al-Asʿad(Capo

di stato maggiore ESL [Lug

2011-Dic 2012])

Muṣṭafā Aḥmad al-

Shaykh (Capo del consiglio

militare ESL [Mar 2012-Dic

2012])

Jamal Maarouf(Capo

del Fronte dei Rivoluzionari

Siriani)

Coalizione Nazionale

Siriana:'

Hadi al-

Bahra(Presidente)

Ahmad

Jarba(Presidente [Lug 2013-

Lug 2014])

George

Sabra(Presidente [Apr 2013-

Lug 2013])

Bashar al-

Assad(Presidente)

Fahd Jāsim al-

Furayj(Ministro della Difesa)

Dāwūd

Rājiḥa†(Ministro della Difesa

[Ago 2011-Lug 2012])

Muḥammad Ibrāhīm

al-Shaʿār (Ministro degli

Interni)

Walīd al-

Muʿallim(Ministro degli

Esteri)

Ali Abd Allah

Ayyub(Capo di stato maggiore

esercito)

Issam Hallaq (Capo di

stato maggiore aviazione)

Māher al-

Assad(Comandante 4ª

Divisione Corazzata)

Issam

Zahreddine(Brigadiere

Generale Guardia

Repubblicana)

Soheil

Salih Muslim

Muhammad (Leader Partito

dell'Unione Democratica)

Barack Obama

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Muʿādh al-

Khaṭīb(Presidente [Nov

2012-Apr 2013])

Mujaheddin:

Abu Muhammad al-

Jawlani[28]

(Leader Fronte

al-Nusra)

ʿAbd al-Qādir

Ṣāliḥ†[29]

(Comandante

Brigata al-Tawhid)

Aḥmad Abū

ʿĪsā[30]

(Leader Fronte

Islamico)

Abū Bakr al-

Baghdādī (Califfo Stato

Islamico)

Abu Mohammad al-

Adnani (Portavoce Stato

Islamico)

Abu Omar al-

Shishani (Comandante Stato

Islamico in Siria)

Hassan[31]

(Comandante

"Tiger Force")

Qāsim

Sulaymānī(Comandante

della Forza Quds)

Hassan

Nasrallah(Segretario Generale

Hezbollah)

Vladimir Putin

Effettivi

Esercito Siriano

Libero: 40.000 -

50.000[32]

Fronte Islamico:

45.000[33]

Fronte Al-Nusra:

15.000[34]

Stato Islamico di Iraq e

Forze armate siriane:

200.000 soldati (2011)[39]

178.000 soldati (2013)[40]

Forza Nazionale di

Difesa: 80.000

Shabiha: 10.000[41]

Jaysh al-Sha'bi:

50.000[42]

Brigata al-ʿAbbās:

10.000[43]

40.000 –

45.000[46]

combattenti

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Levante:

8.500[35]

(2013) -

50.000[36]

5.000[37]

-

20.000[38]

combattenti

non siriani

Hezbollah: 5.000[44][45]

'Milizie irachene: 4.000 -

5.000[45]

Perdite

91,854–137,854 ribelli

siriani uccisi

27.000 ribelli catturati o

dispersi

37.010 jihadisti di ISIS e

al-Nusra uccisi (fonte

SOHR, ottobre

2015)[47]

52.077 soldati delle forze

armate

35.235 paramilitari della

Forza Nazionale di Difesa

e altre milizie affiliate al

governo

971 Hezbollah

3.395 altri miliziani non

siriani

(fonte SOHR, ottobre

2015)[47]

680 combattenti YPG

uccisi nel 2015 (fonte

YPG)[48]

200.000 morti totali (marzo 2011-agosto 2015, fonte ONU)[49]

471.000 morti totali (marzo 2011-dicembre 2015, fonte SOHR)[50]

~ 7.600.000 sfollati interni (luglio 2015, fonte UNHCR)

~ 4.000.000 rifugiati all'estero (luglio 2015, fonte UNHCR)[51]

[mostra]

V · D · M

Guerra civile siriana

La guerra civile siriana (in arabo: الحرب األهلية السورية , al-Ḥarb al-ahliyya al-sūriyya) o crisi siriana è

una guerra civilescoppiata in Siria nel 2011 tra le forze governative e quelle dell'opposizione, e che viene inserita

nel contesto più ampio della primavera araba.

Il conflitto è iniziato il 15 marzo 2011 con le prime dimostrazioni pubbliche, si è sviluppato in rivolte su scala

nazionale, per poi divenire guerra civile nel 2012 ed è ancora in corso.

Le iniziali proteste hanno l'obiettivo di spingere alle dimissioni il presidente Baššār al-Asad ed eliminare la

struttura istituzionale monopartitica del Partito Ba'th. Col radicalizzarsi degli scontri si aggiunge con sempre

maggiore forza una componente estremista di stampo salafita che, anche grazie agli aiuti di alcune nazioni sunnite

del Golfo Persico, si pensa possa aver raggiunto il 75% della totalità dei combattenti[52]

. Tali

gruppi fondamentalisti hanno come principale obiettivo l'instaurazione della Shari'a in Siria[53]

.[54][55]

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A causa della posizione strategica della Siria, i suoi legami internazionali e del perdurare della guerra civile, la

crisi ha coinvolto i paesi confinanti e l'intera comunità internazionale. Gli organi dirigenti del Partito Ba'th e lo

stesso presidente appartengono alla comunità religiosa alawita, una branca dello sciismo che è tuttavia minoritaria

in Siria. Per questo motivo, le nazioni a maggioranza sciita sono intervenute a protezione del governo siriano. Sia

l'Iran che l'Iraq cercano di mantenere un governo alleato che permette di creare una macroregione che arrivi fino

al Libano. Sia combattenti iracheni che iraniani sono presenti a fianco dell'esercito regolare[56][57][58]

. Il fronte dei

ribelli è invece stato sostenuto dalla Turchia[59]

e soprattutto dai Paesi sunniti del Golfo, in particolare Arabia

Saudita e Qatar che mirano a contrastare la presenza sciita in Medio Oriente[60][61][62][63]

. In ambito ONU si è

verificata una profonda spaccatura tra Stati Uniti, Francia e Regno Unito che hanno espresso sostegno ai

ribelli[64][65]

e Cina e Russia che invece sostengono il governo siriano sia in ambito diplomatico che militare[66][67]

.

La delicata composizione etnica siriana[68]

si è fortemente riflessa negli schieramenti in campo. Sebbene le prime

manifestazioni antigovernative avessero uno spirito "laico" e avessero coinvolto tutte le principali città del paese,

incluse quelle a maggioranza alawita (come Latakia[69]

), il perdurare della crisi ha polarizzato gli schieramenti,

portando la componente sciita a sostenere il governo insieme a gran parte delle minoranze religiose, che hanno

goduto della protezione del governo laico del Partito Ba'th[70][71]

. Il fronte dei ribelli rimane composto

prevalentemente da sunniti anche se non costituiscono un blocco compatto. Parte della popolazione sunnita

continua a sostenere il governo[72]

. Sono sunniti alcuni membri del governo e buona parte dell'esercito[73][74][75]

,

nonché la stessa moglie di Bashar al-Assad. Le stragi perpetrate dalle componenti fondamentaliste dei ribelli nei

confronti delle minoranze religiose in Siria[76][77][78]

hanno portato le Nazioni Unite a definire la guerra civile come

un "conflitto di natura settaria"[79]

.

Le organizzazioni internazionali hanno accusato le forze governative e i miliziani Shabiha di usare i civili come

scudi umani, di puntare intenzionalmente le armi su di loro, di adottare la tattica della terra bruciata e di eseguire

omicidi di massa. I ribelli anti-governativi sono stati accusati di abusi dei diritti umani tra cui torture, sequestri,

detenzioni illecite ed esecuzioni di soldati e civili[80][81]

.

L'accezione "guerra civile" per descrivere il conflitto in atto è stata usata il 15 luglio 2012 dal Comitato

Internazionale della Croce Rossa che ha definito la crisi siriana un conflitto armato non internazionale.[82]

Indice

1Dati sulle vittime

2Il contesto storico-politico

3Cronologia degli eventi

o 3.1Avvisaglie della crisi (gennaio 2011 - febbraio 2011)

o 3.2L'inizio della rivolta (marzo 2011)

o 3.3La diffusione (aprile 2011 - maggio 2011)

o 3.4L'inizio della lotta armata (giugno 2011 - ottobre 2011)

o 3.5Lo scoppio della guerra (novembre 2011 - marzo 2012)

o 3.6Le uccisioni di civili (aprile 2012 - giugno 2012)

o 3.7Le battaglie di Damasco e Aleppo ed il fronte curdo (luglio 2012 - agosto 2012)

o 3.8L'avanzata dei ribelli (settembre 2012 - dicembre 2012)

o 3.9L'ascesa del fondamentalismo islamico (gennaio 2013 - marzo 2013)

o 3.10La battaglia di Qusayr (aprile 2013 - giugno 2013)

o 3.11La rottura nel fronte ribelle (luglio 2013 - agosto 2013)

o 3.12Il mancato intervento statunitense contro Assad (settembre 2013)

o 3.13La ripresa dell'offensiva governativa (ottobre 2013 - dicembre 2013)

o 3.14L'incontro di Ginevra (gennaio 2014 - febbraio 2014)

o 3.15I ribelli in difficoltà (marzo 2014 - maggio 2014)

o 3.16La rielezione di Assad (giugno 2014)

o 3.17La proclamazione del califfato da parte dell'ISIS tra Siria e Iraq (giugno 2014 - agosto 2014)

o 3.18L'intervento internazionale contro l'ISIS (settembre 2014 - gennaio 2015)

o 3.19Le forze governative in difficoltà (febbraio 2015 - maggio 2015)

o 3.20La grande avanzata curda nel nord (giugno 2015 - settembre 2015)

o 3.21L'intervento russo (ottobre 2015 - gennaio 2016)

o 3.22L'escalation ad Aleppo e la tregua (febbraio 2016)

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o 3.23L'arretramento dello Stato Islamico (marzo - luglio 2016)

o 3.24L'assedio di Aleppo (luglio 2016 - presente)

4Le forze in campo

o 4.1Forze filogovernative

o 4.2Forze ribelli

o 4.3Forze curde

5I combattenti stranieri nelle forze ribelli

6Impiego delle armi chimiche

7Il coinvolgimento di altri Stati

8Sconfinamenti nei paesi limitrofi

9Schieramenti navali

10Note

11Bibliografia

12Voci correlate

13Altri progetti

Dati sulle vittime

Sebbene nel gennaio del 2014 l'ONU avesse dichiarato che non avrebbe più aggiornato i dati sul numero delle

vittime,[83]

nell'agosto del 2014 ha pubblicato uno studio che documenta l'uccisione di 191.369 persone nel

conflitto da marzo 2011 a fine aprile 2014. Di queste, il 9.3% sono donne (contro l'83.8% di uomini) e almeno

8.803 sono minori di 18 anni. Lo studio non riporta le percentuali di combattenti e di civili tra le vittime.[84][85]

L’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (SOHR), un'organizzazione non governativa con sede a Londra, ha

documentato 260.758 morti tra marzo 2011 e dicembre 2015, di cui poco meno di un terzo sono civili (oltre

76.000); i restanti due terzi sono combattenti, con una leggera prevalenza di caduti tra i combattenti governativi e

filo-governativi (oltre 95.000) rispetto ai combattenti anti-governativi moderati ed estremisti (oltre 85.000, di cui

oltre 45.000 ribelli siriani e curdi, e 40.121 jihadisti appartenenti principalmente a Stato Islamico e al-Nusra).[50]

Secondo i dati dell'UNHCR (aggiornati al 29 agosto 2015), i rifugiati siriani espatriati sarebbero 4.088.078 (quasi

quanto la popolazione dell'intera Irlanda), molti dei quali all'interno di Libano e Turchia. A questi si aggiungono

inoltre circa 7,8 milioni di siriani sfollati all'interno del paese.[86][87]

Il contesto storico-politico

Lo stesso argomento in dettaglio: Bashar al-Assad e Storia della Siria.

Il partito Baʿth, di ispirazione laica e inizialmente legato al socialismo arabo e al panarabismo, fin dalla sua

fondazione neglianni quaranta ha evidenziato la sua caratteristica interconfessionale essendo i suoi tre ideatori un

cristiano, un alawita e un sunnita. Il Baʿth in Siria assunse un ruolo di primo piano a seguito del disfacimento

della Repubblica Araba Unita (RAU) nel 1961 e il successivo caos politico. Una serie di colpi di stato militari,

durante i quali, nel 1962, venne introdotto lo stato di emergenza che di fatto sospende la maggior parte dei diritti

costituzionali dei cittadini, definisce la nuova classe dirigente siriana. L'8 marzo 1963 un nuovo colpo di stato

porta al governo il partito attraverso il "Comando Rivoluzionario del Consiglio Nazionale", composto da ufficiali

dell'esercito e funzionari civili. Ḥāfiẓ al-Asad, ha l'opportunità di esercitare una grossa pressione sul governo nel

1966, quando un nuovo golpe permette al Partito Baʿth di eliminare tutti gli altri partiti politici e Hafiz diventa

ministro della Difesa.

A seguito dell'indebolimento del governo dopo la guerra dei sei giorni con Israele e dei dissidi interni al partito, il

13 novembre 1970 Ḥāfiẓ al-Asad conquista la guida del partito e la presidenza della repubblica. La Siria visse un

periodo di stabilità con un sistema di governo verticistico, monopartitico e repressivo. Asad, in maniera simile agli

altri leader arabi sviluppa anche un forte culto della personalità. La stabilità della nazione, garantita anche

dall'appoggio dell'URSS, permette importanti riforme infrastrutturali, mentre la laicità garantita dal partito

garantisce una forte tutela alle numerose minoranze religiose presenti in Siria. La minoranza alawita di cui Assad

fa parte riceve però i vantaggi maggiori, garantendosi i posti più importanti nell'amministrazione pubblica e nei

gradi delle forze armate. Nel 1982 Ḥāfiẓ al-Asad deve affrontare una grave insurrezione di matrice islamica,

guidata dalla locale branca dei Fratelli Musulmani che porta all'assedio della città di Hama e alla dura repressione

degli insorti per mezzo dell'esercito e dell'aviazione. La stima dei morti varia, da una cifra minima delNew York

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Times di almeno 10.000 cittadini siriani uccisi[88]

, ai 40.000 stimati dal Comitato siriano per i diritti umani[89]

, di

cui 1000 soldati.

Gli anni '90 portano ad un avvicinamento della Siria all'Occidente a seguito del sostegno all'Operazione Desert

Storm contro l'Iraq di Saddam Hussein e al tentativo di siglare un accordo di pace con Israele. Nel 1999, alla

notizia della designazione come successore alla presidenza del figlio Baššār al-Asad, scoppiano delle violente

proteste a Lattakia tra la polizia e i seguaci di Rifāʿat al-Asad, fratello di Ḥāfiẓ che sperava di succederlo alla

presidenza. Ḥāfiẓ al-Asad, gravemente malato di cuore, muore un anno dopo, il 10 giugno 2000. Come

programmato, gli succede Baššār al-Asad, anche grazie a un rapido emendamento costituzionale che permette di

abbassare da 40 a 34 anni l'età minima per essere eletti presidente. Viene eletto col 99,7% dei voti.

Il nuovo presidente Baššār al-Asad, figlio di Ḥāfiẓ e salito alla presidenza repubblicana nel 2000, tra le prime

questione politiche si trova ad affrontare la questione dell'indipendentismo curdo. Infatti nel 2004 scoppiano una

serie di rivolte nel nord della Siria. La più grave nella cittadina di Kamichlié, quando durante una partita di calcio,

alcune persone cominciano a sventolare bandiere curde. La violenta reazione della polizia causa almeno 30 morti

e la protesta dilaga in molti altri centri sfociando in scontri anche con la comunità araba. Baššār non modifica la

rigida struttura di controllo della popolazione, la censura della stampa libera e continua a non permettere la

formazione di partiti politici di opposizione. Inoltre si incrinarono i rapporti con l'Occidente a seguito

dell'appoggio a Saddam Hussein durante la guerra all'Iraq del 2003, l'appoggio a movimenti

considerati organizzazioni terroristiche secondo l'Unione europea come Hezbollah e Hamas e il coinvolgimento

nell'assassinio dell'ex-Primo Ministro libanese Rafīq Ḥarīrī.

Baššār al-Asad dichiarò che il suo Stato era immune dalle proteste di massa che si stavano manifestando in

Egitto.[senza fonte]

Buthayna Sha'bān, un consigliere presidenziale, diede la colpa agli ambienti clericali sunniti e alle

loro prediche che incitavano alla rivolta, così come aveva fatto lo "shaykh informatico" egiziano (ma residente

in Qatar) Yusuf al-Qaradawi in un suo sermone da Doha il 25 marzo 2011. Secondo il The New York Times il

governo siriano ha chiamato solamente le unità dei servizi segreti in mano agli alauiti per reprimere la rivolta, ciò

poiché secondo alcuni il fratello minore del presidente, Maher al-Assad, comanda la IV Divisione mentre il

cognato, Assef Shawkat, era Capo di Stato Maggiore delle forze armate siriane.[senza fonte]

Cronologia degli eventi

Avvisaglie della crisi (gennaio 2011 - febbraio 2011)

La prima fase dell'insurrezione contro il governo siriano è caratterizzata da una serie di manifestazioni di piazza

organizzate attraverso i social network sulla scia di iniziative simili che si stavano diffondendo in Vicino Oriente e

Nord Africa (Primavera araba).

In un'intervista concessa al quotidiano statunitense Wall Street Journal, Baššār al-Asad si dice convinto del fatto

che siano necessarie riforme e che si stia costruendo una "nuova era" in Vicino Oriente, mentre in altri paesi

del Nordafrica si svolgono manifestazioni di piazza senza precedenti.[90]

La mobilitazione indetta però in Siria per

il 4 e 5 febbraio, in contemporanea con la "giornata della partenza" proclamata in Egitto, nel 2011, non ottiene il

risultato sperato e scarse risultano le adesioni da parte della popolazione, soprattutto per la paura di ritorsioni da

parte degli organi di sicurezza[91]

. Il giorno prima si era rivelato un insuccesso un sit-in indetto davanti alla sede

del Parlamento "in segno di solidarietà con studenti, lavoratori e pensionati privi di reddito".[92]

Per limitare le possibili aggregazioni di manifestanti, il governo attua una politica di censura su Internet,

impedendo l'accesso a Facebook, Twitter e YouTube[91]

. Tuttavia il 10 febbraio Damascoapre definitivamente

ai social network e dopo 5 anni fa cadere il divieto che ne prevedeva l'oscuramento.[93]

La decisione di eliminare

le limitazioni, secondo quanto riferisce il quotidiano filo-governativo al-Waṭan (La Patria), dimostra "la fiducia

del governo nell'uso della rete". Secondo l'opposizione il libero accesso ai social network sarebbe un tentativo

delle autorità siriane per contrastare attività sediziose contro il regime.[93]

Il 17 febbraio però Tal al-Mallūḥī,

giovane blogger siriana, viene condannata a cinque anni di carcere dall'Alta corte per la sicurezza dello Stato, con

l'accusa di aver lavorato per conto della Cia.[94]

L'inizio della rivolta (marzo 2011)

Dal 15 marzo la Siria è di nuovo percorsa da timide manifestazioni anti-regime, che però solo a Dar'a, città della

Siria meridionale, capoluogo della regione agricola e tribale del Hawran (tra le più povere del paese), sfociano dal

18 marzo in proteste di massa senza precedenti, represse con le forze militari.[95][96]

Numerose persone rimangono

uccise durante gli scontri. Il governatore della regione, Fayṣal Kulthūm, il 23 marzo viene rimosso dall'incarico

dal presidente siriano.[95]

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Nonostante l'annuncio delle riforme dato il giorno prima dal portavoce del presidente, il 25 marzo le proteste

proseguono e sfociano in scontri che provocano numerose vittime a Dar'a, Latakia eSamnin.[97]

Il 26 marzo, mentre manifestazioni si svolgono a Darʿā, i partecipanti al funerale delle vittime dei giorni

precedenti danno alle fiamme la sede locale del partito Baʿth e manifestazioni si svolgono anche a Latakia, dove il

giorno successivo si apprende che almeno 12 persone (secondo l'opposizione 20), tra cui una decina di militari,

rimangono uccise negli scontri.[98][99]

A Darʿā ancora il 28 marzo persone scese in strada per protestare contro lo

stato di emergenza sono fatte oggetto di attacchi a colpi di arma da fuoco da parte della polizia. Nello stesso

giorno il vice presidente siriano annuncia che il presidente Asad prenderà decisioni che saranno "gradite al popolo

siriano".[100]

Il 30 marzo, durante la repressione delle manifestazioni, rimangono uccise altre 25 persone a Latakia.[101]

.

Parallelamente alla repressione delle manifestazioni, il presidente siriano Bashar al-Assad offre una serie di

concessioni. Scioglie il governo e nomina l'ex ministro dell'Agricoltura Adel Safar nuovo Premier.[102]

La

coscrizione obbligatoria viene ridotta da 21 a 18 mesi. Viene rimosso il governatore della provincia di Darʿā.

Vengono fatte promesse per la diminuzione delle tasse e la revisione dei salari[103][104]

.

Assad accusa forze straniere di fomentare la rivolta e condanna i media satellitari come Al Jazeera di sobillare i

rivoltosi.[105]

La diffusione (aprile 2011 - maggio 2011)

Situazione delle proteste in Siria al 15 aprile 2011

Manifestazione filogovernativa aDamasco l'8 aprile 2011

Aprile si apre con imponenti manifestazioni che interessano tutte le maggiori città del Paese, ma è a Dar'a, nella

Siria meridionale, che si concentrano gli scontri più violenti. A partire dall'8 aprile, numerosi manifestanti

rimangono uccisi nel corso di scontri che durano alcuni giorni.[106][107]

.

A Dar'a, diventata il fulcro delle proteste, viene per la prima volta schierato l'esercito siriano che con 6.000 uomini

e mezzi corazzati cinge d'assedio la città[108][109]

. Oltre 400 sono i decessi registrati dall'inizio della protesta,

mentre circa 500 persone sono tratte in arresto.[110]

Oltre a Dar'a, la protesta dilaga in diverse città della

Siria:Latakia, Homs, Damasco e Aleppo dove attivisti dei diritti umani riferiscono di numerosi morti e centinaia di

feriti.[111]

Il 22 aprile un raduno di manifestanti a Damasco contro il regime viene disperso a colpi di fumogeni.[112]

. Altre

proteste si svolgono contemporaneamente a Kamichlié e Amuda[112]

. In un sobborgo a nord della capitale, Duma,

si registrano alcuni morti a seguito di scontri tra polizia e manifestanti, così come in altre città siriane[113][114]

. Nel

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corso della giornata, che vede man mano estendersi la protesta in numerose città del paese, oltre 100 persone

muoiono a seguito della repressione[115]

.

Manifestazione a Baniyas il 29 aprile 2011: il "venerdì della rabbia"

Venerdì 29 aprile manifestazioni si svolgono in numerosissime piazze del paese, compresa Der'a, e per la prima

volta compaiono organizzazioni dichiaratamente islamiste, come la clandestina Fratellanza Musulmana messa

fuori legge nel paese.[116][117]

Dopo un sanguinoso attacco contro la città di Baniyas (una delle roccaforti della

protesta) il 7 maggio, l'11 maggio anche la città di Homs, e soprattutto il quartiere di Bab Amr, sono al centro di

una vasta operazione dell'esercito siriano[118]

.

A metà maggio una trentina di manifestanti risultano aver perso la vita negli scontri degli ultimi tre giorni tra

manifestanti e forze di sicurezza a Tall Kalakh, nella Siria occidentale a ridosso del confine con il Libano[119]

.

Durante il "venerdì delle libertà" proclamato per il 21 maggio, circa 40 persone vengono uccise dalle forze di

polizia nel corso di manifestazioni nella provincia occidentale di Idlib e nella città di Homs[120][121]

.

Per tutto il mese di maggio le proteste si susseguono ed aumenta il numero dei morti, arrivando a oltre 1.000. Si

contano anche 10.000 arresti tra gli attivisti[122]

. A partire dalla fine di marzo, la piazza si riempie anche di

manifestazioni a favore del governo caratterizzate da una grande quantità di persone, una buona organizzazione e

una forte visibilità sulle televisioni nazionali. Manifestazioni si svolgono

a Damasco[123][124]

, Aleppo[125]

, Tartus[126]

e Lattakia[127]

.

Inoltre il governo continua ad accogliere parte delle richieste dei manifestanti. Il 21 aprile viene eliminato lo stato

di emergenza, che era una delle principali richieste[128]

.

L'inizio della lotta armata (giugno 2011 - ottobre 2011)

La bandiera della Repubblica di Siria in uso tra il 1932 e il 1958 e adottata nuovamente nel 2011 dall'opposizione siriana.

Il 4 giugno 2011 avviene, per la prima volta, un'azione di protesta in cui i dimostranti prendono le armi e

reagiscono violentemente agli apparati di sicurezza. Accade a Jisr ash-Shugur, nella provincia di Idlib, vicino al

confine con la Turchia. I dimostranti aggrediscono le forze di polizia uccidendo 8 persone e prendono il controllo

della locale stazione di polizia, saccheggiandola e distribuendo le armi contenute al suo interno[129]

. Gli scontri

continuano per una settimana, nella quale i gruppi armati uccidono un totale di 120 poliziotti[130]

.

La reazione del governo è delle più dure. Oltre all'esercito, vengono dispiegati i carri armati e alcuni elicotteri[131]

.

Solo il 12 giugno viene ristabilita la calma in città. Grazie alla vicinanza con la Turchia, 10.000 residenti fuggono

dalla battaglia oltrepassando il confine[129]

.Altre manifestazioni, più pacifiche, compaiono a Maarat al-

Numaan[132]

e Aleppo[133]

.

Il 3 luglio 2011 ad Hama si svolge la più imponente manifestazione contro il governo[134]

. La circostanza è

particolarmente delicata in quanto è la prima azione di ribellione di questa città dopo la sanguinosa insurrezione

del 1982 e l'organizzazione islamista dei Fratelli Musulmani è qui ancora molto forte. L'intervento del governo è

immediato: viene inviato l'esercito e in un mese viene riportata la calma in città a costo di più di 200 morti[135]

. La

durissima repressione del governo, senza che si fossero verificate reali ostilità da parte dei dimostranti, genera la

prima forte protesta sul piano internazionale, principalmente da Stati Uniti[136]

e Unione europea[137]

.

Fin da inizio giugno, quando la repressione si intensifica, si registrano casi di diserzione da parte di membri della

polizia e dell'esercito[129]

. Il 29 luglio 2011, un gruppo di ufficiali disertori crea L'Esercito siriano

libero (ESL)[138]

. Questo evento modifica sensibilmente l'evoluzione dell'opposizione, che, di fatto, si trasforma in

un vero e proprio esercito combattente con lo scopo di destituire il governo baatista. L'ESL comincia a creare una

catena di comando e ad organizzare i gruppi ribelli, armandoli e addestrandoli. Le due principali città

siriane, Damasco e Aleppo, registrano alcune manifestazioni di opposizione, ma il numero di partecipanti è molto

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basso e non si verificano significativi atti di repressione[139]

. Le piazze principali sono invece teatro di oceanici

raduni di manifestanti filogovernativi[140]

.

Il 23 agosto 2011 i vari gruppi di opposizione in esilio creano il Consiglio nazionale siriano (CNS) con sede

a Istanbul[141]

. L'intento è quello di creare un punto di riferimento politico per l'opposizione siriana e creare un

interlocutore con l'ESL. Tuttavia l'opposizione rimarrà sempre un insieme poco amalgamato di gruppi politici da

molto tempo in esilio (quindi con poca conoscenza della reale situazione in patria) e diviso su linee ideologiche,

etniche e religiose[142]

.

Con la nascita dell'ESL, gli scontri diventano molto più violenti e, al posto delle dimostrazioni di piazza, si

verificano atti di guerriglia, sabotaggio e imboscate. Un esempio è la Battaglia di Rastan, combattuta tra il 27

settembre e il 1º ottobre 2011 in cui i ribelli riescono a sconfiggere l'esercito regolare e allontanarlo dalla città per

4 giorni[143]

. Le forze armate governative reagiscono mettendo in campo l'aviazione e la marina[144]

. Per tutta la

durata di ottobre in Siria si registrano combattimenti in tutte le città, soprattutto a Idlib e nel

suo governatorato[145]

.

Lo scoppio della guerra (novembre 2011 - marzo 2012)

Lo stesso argomento in dettaglio: Referendum costituzionale siriano del 2012 e Bombardamenti di Homs nel

2012.

Sebbene a livello internazionale la crisi siriana non venga ancora ufficialmente considerata una guerra civile, sul

campo si verifica un'escalation degli scontri causata anche dal flusso continuo di disertori che ingrossano le file

dell'ESL[146]

. L'evento più significativo è la serie di attacchi che a fine ottobre vengono compiuti dall'Esercito

Siriano Libero nella città di Homs. Vengono uccisi 37 soldati[147]

. La reazione dell'esercito regolare incontra un

livello di resistenza mai incontrato prima e, a differenza delle operazioni svolte a Dar'a e Hama, la rivolta non

viene sedata[129]

. L'ESL riesce a conquistare i quartieri nevralgici della terza città siriana e costringe l'esercito ad

un'azione di difesa. Il corrispondente di Sky News, Stuart Ramsay, descrive la situazione a Homs come una

"chiara zona di guerra"[148]

. A causa della tenace resistenza dei ribelli, Homs verrà in seguito definita la "Capitale

della rivoluzione"[149]

.

L'assedio di Homs, anche a causa della sua durata, provoca anche i primi chiari scontri settari tra civili,

prevalentemente musulmani sunniti e alawiti[150]

. Questi ultimi considerati come sostenitori del regime de facto.

Tra novembre e dicembre l'ESL si alimenta grazie alle continue diserzioni[151]

e aumenta il numero e l'intensità

degli attacchi. In soli due mesi vengono attaccati: la sede dei servizi segreti dell'aeronautica a Damasco, la sede

del Partito Baath e un edificio dell'intelligence a Idlib e un aeroporto militare vicino Homs[152]

.

Il 15 dicembre, grazie a un'imboscata, i ribelli uccidono 27 soldati a Dar'a. È l'attacco singolo più sanguinoso

finora avvenuto[153]

. Il 28 dicembre, di fronte alle difficoltà sorte nel combattere una guerra asimmetrica, il

presidente Bashar al-Assad fa nuove concessioni agli oppositori e libera 755 detenuti politici.[154]

Tra le

concessioni più importanti vi è la modifica della costituzione, che, tra i punti fondamentali, prevede il tetto alla

possibilità di ricandidatura del presidente a 2 mandati ed elimina la citazione del Partito Baʿth come partito unico

in Siria[155]

. La nuova costituzione viene sottoposta a referendum il 26 febbraio e approvata[156]

.

A gennaio 2012 non si verificano più manifestazioni pacifiche di piazza, che lasciano il posto al conflitto armato

su larga scala[157]

. L'Esercito siriano libero ottiene importanti vittorie in tutto il paese: a Zabadani l'opposizione

controlla l'intera città[158]

e avanza nei dintorni di Damasco, soprattutto nella città di Duma[159]

, dove l'esercito

regolare è costretto a ritirarsi. A Idlib, dopo una lunga serie di scontri, i ribelli controllano parte della città[160]

.

Nel governatorato di Homs l'opposizione armata, dopo una settimana di scontri, ottiene il pieno controllo della

città di Rastan e delle cittadine nei dintorni[161]

. L'esercito regolare, decimato dalle defezioni, è costretto alla

ritirata. Sebbene l'Esercito siriano libero costituisca l'ossatura dell'opposizione armata in Siria, a inizio gennaio

compaiono altri gruppi paralleli che operano in maniera più autonoma. Tra essi quello più importante è il Fronte

al-Nusra che si costituisce il 23 gennaio[162]

. Il gruppo è inizialmente composto da membri della branca irachena

di Al-Qaeda (Stato Islamico dell'Iraq) che combatte la presenza americana nel paese. I membri siriani

dell'organizzazione, inclusi militanti di nazionalità irachena, tornano in patria vedendo nella crisi siriana

l'opportunità di rovesciare il governo di Asad e instaurare uno Stato islamico basato sulla sharia.

Il Fronte al-Nusra, rappresentante l'ala più radicale del fondamentalismo sunnita, opera in maniera indipendente e

con finalità diverse rispetto all'ESL. Tuttavia elementi di entrambe le fazioni combattono insieme contro le truppe

regolari siriane. Il gruppo introduce tuttavia una strategia di attacco molto più violenta basata anche su attentatori

suicidi che eseguono singoli attentati contro istituzioni governative con finalità di puro terrorismo. La strategia

degli attacchi suicidi, generalmente per mezzo di auto-bomba, viene inaugurata nel distretto Al-Midan

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di Damasco il 6 gennaio 2012 con la morte di 26 persone, tra cui molti civili[163]

. L'esercito siriano, inizialmente in

difficoltà di fronte ai successi dei ribelli, organizza una controffensiva il 2 febbraio che dura circa due mesi e

permette al governo di arginare l'avanzata dei ribelli nel Governatorato di Damasco. Il risultato più importante

viene ottenuto nella città di Idlib che il 15 marzo viene riconquistata dopo giorni di combattimenti[164]

.

Alla fine di marzo 2012 il computo totale dei morti in Siria sale a 10.000[165]

.

Le uccisioni di civili (aprile 2012 - giugno 2012)

Situazione a giugno 2012. Il rosa chiaro indica le aree di conflitto, le zone rosse quelle conquistate dall'ESL.

L'avanzata dei ribelli in molte aree del paese estremizza la reazione del governo. Vengono utilizzati elicotteri

d'assalto nei centri abitati[166]

e nelle città i soldati governativi impiegano negli attacchi sempre più spesso le

milizie shabiha. Tali bande, composte prevalentemente da siriani di religione alawita e senza una reale struttura

organizzativa, sono composte da giovani spesso legati alla criminalità comune. Le bande di shabiha compaiono in

maniera concomitante alle prime manifestazioni antigovernative del 2011, dove sono protagonisti di gesti di

violenza contro i dimostranti. È forte il sospetto che oltre ad essere "tollerate" dal governo, siano una vera e

propria milizia non ufficiale[167]

. Con l'acuirsi della crisi le milizie vengono impiegate nelle azioni più violente

contro i ribelli e i civili considerati sostenitori dell'opposizione. Tale impiego dovrebbe proteggere l'esercito

regolare da eventuali accuse di violazione dei diritti umani.

A partire da aprile 2012 l'abuso nell'utilizzo degli shabiha provoca una serie di massacri della popolazione civile

che culmina nei due episodi più gravi: la strage di Hula[168][169]

, in cui vengono uccise a sangue freddo 108

persone[170]

, e quella di Al-Qubeir[171][172][173]

, dove vengono uccise 78 persone[174]

.

In entrambi i casi il governo siriano cerca di negare l'accaduto attribuendo la responsabilità ai gruppi

ribelli[175][176]

. L'eco delle stragi, amplificate dai media, provoca per la prima volta una forte reazione

internazionale. A fine maggio molte nazioni espellono l'ambasciatore siriano per prendere le distanze dal governo

di Baššār al-Asad[177][178]

. Da giugno 2012, vedendo le difficoltà nella gestione della crisi da parte del governo

siriano, molte Nazioni straniere cominciano a prefigurare una prossima caduta di Bashar al-Assad e sostengono

apertamente il fronte dei ribelli[179]

.

La Nazione più attiva è la Turchia che fornisce armi all'ESL e dà rifugio ai vertici militari

dell'opposizione[180][181]

. USA[182][183]

, Francia[184]

e Gran Bretagna[185]

cominciano a fornire equipaggiamenti e

finanziamenti, mentre l'Unione europea inasprisce l'embargo sulla Siria[186]

.

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Gli Stati del Golfo Persico, in maniera simile a quanto avvenuto durante le rivolte della Primavera Araba, da

aprile 2012 finanziano e inviano armi ai ribelli[187][188]

. I destinatari sono prevalentemente i gruppi di

ispirazione salafita[189]

.

La presa di posizione a favore dei ribelli di molte Nazioni, provoca la reazione degli Stati tradizionalmente alleati

della Siria. La Russia, che ha un accordo con il governo di Asad per l'utilizzo del porto di Tartus, invia del

personale tecnico per la formazione dei militari siriani[190]

. L'Iran, che teme di perdere un prezioso alleato

regionale, in aprile comincia ad inviare armi e finanziamenti al governo siriano[191]

. Sul campo i ribelli continuano

a guadagnare terreno, avanzando nelGovernatorato di Idlib[192]

e soprattutto conquistando il 10 luglio la cittadina

di Al-Qusayr[193]

, posizionata strategicamente su un valico di confine con il Libano e sulla strada che conduce

dalla costa ad Homs.

Le battaglie di Damasco e Aleppo ed il fronte curdo (luglio 2012 - agosto 2012)

Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Damasco e Battaglia di Aleppo.

Graffito a Damasco recante il simbolo dell'ESL e la scritta: "Stiamo arrivando".

Nel mese di luglio le forze ribelli continuano a mantenere l'iniziativa e scatenano la più imponente offensiva

contro il governo siriano tentata finora. Le due principali città siriane: la capitale Damasco e Aleppo, cuore

commerciale del paese, fin dal 2011 non erano state teatro di forti manifestazioni antigovernative e finora erano

state colpite dal conflitto solo in maniera marginale[140]

. A Damasco i ribelli erano stati fermati a inizio anno

prima che entrassero nei sobborghi della città. Successivamente i danni più ingenti erano stati singoli attacchi

terroristici per mezzo di autobomba[194][195][196]

contro obiettivi militari o governativi. Anche nella città di Aleppo,

a parte poche manifestazioni di piazza[133]

, non si erano mai verificati scontri armati e la città veniva considerata

una roccaforte filo-governativa[197]

. I dintorni di Aleppo invece, a partire da febbraio, erano stati oggetto

dell'avanzata dei miliziani dell'ESL che provenivano dalle loro roccaforti intorno a Idlib e dal confine turco[198]

.

A metà luglio i ribelli attaccano entrambe le città. All'operazione partecipano sia l'Esercito siriano libero che tutte

le formazioni islamiste. Il 15 luglio 2012 inizia laBattaglia di Damasco[199]

, denominata "Operazione Vulcano di

Damasco"[200]

. L'operazione coinvolge brigate ribelli appositamente spostate dalle aree a nord del paese[201]

. I

miliziani si riversarono in città dando luogo ad una serie di scontri a fuoco con l'esercito regolare e applicando la

tattica della guerriglia cittadina[202]

.

Il 18 luglio una bomba distrugge il quartier generale della Sicurezza Nazionale. Nell'attentato muoiono alti

dirigenti militari e del governo[203]

. La contemporanea offensiva ribelle verso le aree centrali della città fa

presagire ad un imminente crollo del regime[204]

.

Tuttavia, anche a causa del mancato sostegno popolare dei cittadini di Damasco, i ribelli non riescono a

consolidare le posizioni conquistate e le forze armate siriane riescono ad organizzare una controffensiva che

allontana i ribelli verso le zone periferiche della città, di cui riescono a mantenere il controllo[205]

. LaBattaglia di

Damasco è una dura sconfitta per l'ESL anche per la sua immagine. Infatti per la prima volta si crea una

spaccatura tra i settori della società che solidarizzavano con le prime manifestazioni pacifiche e i ribelli armati.

Il 19 luglio 2012 inizia la Battaglia di Aleppo[206]

, denominata dai ribelli la "madre di tutte le battaglie"[207]

,

considerando la scala e l'importanza dell'obiettivo. L'attacco, quasi contemporaneo a quello di Damasco, coglie

alla sprovvista le truppe governative, orientate alla difesa della capitale. I ribelli, attaccando da sud-ovest e nord-

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est, riescono ad entrare in città, raggiungendo il centro storico[208]

. La contemporanea conquista dei ribelli delle

strade di collegamento con la frontiera turca permette di aprire un vitale canale di approvvigionamento[209]

.

A inizio agosto i ribelli controllano buona parte della città, riuscendo ad unire i due fronti di attacco. Tuttavia

grazie al martellante uso dell'aviazione e dell'artiglieria pesante, l'esercito regolare riesce a bloccare l'avanzata

delle milizie ribelli e a respingerli dal quartiere strategico di Salaheddine[210]

. La battaglia non si conclude ma si

trasforma in una logorante guerra di posizione, caratterizzata da poche modifiche territoriali, con ribelli ed

esercito governativo che controllano ognuno circa il 50% della città[211]

.

Sempre nel mese di luglio, a Erbil, in Iraq, i due principali partiti che rappresentano la popolazione di

etnia curda siriana, minoranza etnica a lungo discriminata dal governo, siglano un accordo che prevede la

formazione di un organo politico unitario (il Comitato Supremo Curdo) e la "liberazione" delle aree a

maggioranza curda, in modo da implementare un governo autonomo[212]

. La posizione curda è di fatto

completamente indipendente sia dai ribelli che dal governo centrale. I ribelli sono considerati degli alleati[213]

, ma

vengono visti con scetticismo per i legami instaurati con la Turchia e la presenza delle fazioni islamiste[214]

. Il

governo centrale viene considerato il vero nemico ma, di fatto, durante le prime dimostrazioni la repressione è

stata molto meno violenta rispetto alle zone arabe. Inoltre la nuova dirigenza curda vuole operare in modo da

mantenere inalterata l'amministrazione pubblica siriana, per poi gradualmente sostituirla con quella curda[215]

.

Il 19 luglio 2012 le Unità di Protezione Popolare (YPG), braccio armato del Comitato Supremo Curdo, iniziano la

campagna di liberazione del Kurdistan Siriano entrando in armi nelle città di Ayn al-Arab, Amuda ed Efrîn[216]

. La

reazione delle forze governative (polizia ed esercito) è estremamente debole: le città vengono abbandonate senza

combattere[217]

. Il giorno successivo vengono occupati altri villaggi intorno al confine turco[218]

.

La mossa successiva dell'YPG fu la conquista della città di Qamishli, la più grande città siriana a maggioranza

curda nell'est del paese. Tuttavia la forte presenza di popolazione araba e di forze di sicurezza governative porta ai

primi scontri armati[219]

. Il numero di combattenti YPG sovrasta i militari siriani che si ritrovano presto

completamente circondati[220]

. In città si genera una "guerra fredda" tra le due fazioni per cui da un lato le truppe

regolari rimangono nelle loro caserme, ma dall'altro l'amministrazione statale della città viene mantenuta[221]

.

Entro il 24 luglio, in meno di una settimana dall'inizio delle ostilità, le forze curde occupano tutte le città a

maggioranza curda nel nord del paese. L'operazione comporta un numero ridottissimo di perdite sia per i Curdi

che per le forze governative[222]

. La veloce e indolore avanzata curda è dovuta a due fattori: il sostegno popolare

assoluto nelle aree a maggioranza curda e la volontà del governo siriano di focalizzarsi sui territori a maggioranza

araba. La presenza dell'YPG nelle città del nord di fatto "libera" le truppe siriane che vengono dislocate nelle aree

"calde" del paese[223]

.

Il 2 agosto il Comitato Supremo Curdo annuncia la liberazione della maggioranza del territorio

del Kurdistan siriano[224]

.

L'avanzata dei ribelli (settembre 2012 - dicembre 2012)

Il periodo successivo alle battaglie di Damasco e Aleppo, vede i ribelli nuovamente all'attacco in tutte le zone del

paese. Il conflitto si allarga all'intero territorio nazionale.

A Damasco l'esercito siriano allarga l'operazione che aveva permesso l'allontanamento dei ribelli dai quartieri

centrali e attacca i sobborghi esterni controllati dagli insorti. L'intenzione è sfruttare la momentanea

disorganizzazione dei ribelli in ritirata per mettere definitivamente al sicuro la città. Ad agosto l'esercito regolare

riconquista la cittadina strategica di al-Tall, a nord della città e sulla strada che porta nella regione di Qalamun[225]

.

I ribelli avevano qui ammassato le truppe per tentare un nuovo assalto a Damasco[226]

.

Le truppe governative riescono ad avanzare anche nei sobborghi a sud[227]

e ad est della capitale[228]

. La

riconquista delle zone periferiche di Damasco viene condotta con estrema brutalità dall'esercito, che utilizza in

larga misura artiglieria, elicotteri da combattimento e milizie Shabiha[229]

. La popolazione di alcune cittadine

periferiche è infatti solidale con gli insorti e gli attacchi non tengono conto del loro status di civili[230][231]

.

Emblematica è la situazione di Darayya, roccaforte degli insorti posizionata sulla strada per l'aeroporto di Mezze.

Il bombardamento martellante e l'azione delle milizie filogovernative lascia sul campo più' di 400 morti, la

maggior parte vittima di esecuzione[232][233][234]

.

L'operazione termina a fine settembre, quando l'esercito consolida le posizioni acquisite, che corrispondono a

quelle antecedenti alla Battaglia di Damasco.

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Miliziani dell'ESL festeggiano la conquista della cittadina di Helfaya (governatorato di Hama).

Si susseguono scontri per tutto il mese di ottobre, con piccole alterazioni dello status quo[235][236][237]

. Nello stesso

periodo l'ESLconduce una campagna di omicidi mirati di vertici politici e militari[238]

.

A novembre i ribelli scatenano una nuova offensiva su Damasco avanzando dalle roccaforti a sud e ad est della

città[239]

. A fine novembre l'offensiva ottiene come successi la chiusura dell'aeroporto civile di Damasco e la

cattura di due basi militari a Hajar al-Aswad (sud) e Ghuta (est) dove vengono instaurati i centri direzionali

dell'ESL[240]

. L'afflusso di armi e finanziamenti permette ai ribelli di migliorare le strategie di attacco e di

difendersi anche contro l'aviazione.

L'avanzata dei ribelli viene rallentata dall'afflusso di nuove truppe regolari smobilitate dalle campagne e a prezzo

di un gran numero di perdite[241]

. L'offensiva rallenta e si prolunga per tutto dicembre e gennaio. I successi più

significativi per i ribelli avvengono sul fronte est, dove riescono a conquistare tutto il sobborgo di Ghuta. A sud

invece l'esercito lancia una vittoriosa offensiva suDarayya[242]

.

Il fallimento dei continui assalti alla città da parte dei ribelli sono dovuti al dispiegamento delle truppe migliori da

parte del governo che vuole difendere la città a oltranza ed evitare le condizioni che avevano portato ad un passo

dal crollo del regime nel luglio 2012. Tuttavia il richiamo di un così ingente numero di soldati lascia sguarniti gli

altri fronti interni. Soprattutto a nord della Siria, neigovernatorati di Idlib e Aleppo, l'ESL, in collaborazione con

le milizie jihadiste, dilaga soprattutto nelle zone rurali, riuscendo a controllare gran parte dei punti di frontiera con

la Turchia, vitali per l'afflusso di armi e combattenti[243][244][245]

. Verso la fine di settembre viene spostato il centro

di comando dell'ESL dalla Turchia alle aree controllate[246]

.

Il successo strategicamente più' significativo è la conquista della città di Maarrat al-Nu'man tra l'8 e il 13 ottobre.

Essa è uno snodo fondamentale che collega Damasco, Aleppo, Idlib e la costa. La Siria viene in questo modo

tagliata in due[247]

. Il 28 ottobre viene sottratta al controllo dell'esercito anche l'ultimo sobborgo di Idlib:

Salqin[248]

. La successiva conquista della cittadina di Saraqib permette di isolare completamente Idlib e Aleppo

anche dalle regioni costiere[249]

. La costa, ovvero i governatorati di Lattakia e Tartus, sono filogovernativi.

L'atteggiamento della popolazione è radicalmente cambiato rispetto alle prime manifestazioni del marzo 2011,

quando nelle principali città costiere erano scoppiate dimostrazioni di protesta molto numerose. Tale cambiamento

è sintomatico della radicalizzazione della guerra civile e la sua deriva settaria. Infatti le regioni costiere, a

maggioranza sciita alawita (la stessa religione della famiglia Assad) subiscono il fondamentalismo

sunnita salafita dei gruppi jihadisti e la criminalizzazione da parte dei membri dell'ESL. Ad Aqrab, nel dicembre

2012, i ribelli compiono il massacro della popolazione civile di fede alawita, uccidendo circa 125 persone[250]

.

Inoltre la presenza dei combattimenti genera un deterioramento dell'ordine pubblico causata dall'assenza di

organismi statali riconosciuti. La criminalità comune aumenta sensibilmente, spesso confondendosi e

appoggiandosi alle forze ribelli. Si susseguono saccheggi e rapimenti a scopo estorsivo[251]

.

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Situazione nella città di Aleppo a novembre 2012. In verde le aree controllate dai ribelli, in giallo dai curdi, in rosso dal

governo e in marrone le zone di conflitto.

I miliziani salafiti, col perdurare della crisi, cominciano ad assumere un ruolo di primo piano nel fronte ribelle a

causa del loro forte impatto sul campo di battaglia, la crescita del loro numero e la maggiore disponibilità

economica garantita dal finanziamento da Qatare Arabia Saudita. Il fanatismo dei gruppi islamisti (tra cui

il Fronte al-Nusra è il più numeroso) provoca la reazione non solo degli sciiti alawiti, ma anche delle altre

minoranze etniche e religiose. A metà del 2012 si cominciano a formare gruppi auto-organizzati, denominati

"Comitati Popolari", composti da cittadini di origine cristiana, drusa, alawita e sciita con lo scopo di difesa dalle

azioni di odio settario da parte delle milizie sunnite[252]

. I primi gruppi nascono a Damasco, ma si registrano

comitati in tutte le grandi città. Ad Aleppoil comitato popolare cristiano partecipa alla battaglia dell'agosto 2012

per difendere i quartieri cristiani dall'avanzata dei ribelli[253]

. Verso la fine del 2012 il governo cerca di

"istituzionalizzare" i comitati popolari fondendoli nella Forza Nazionale di Difesa: un'organizzazione alle

dipendenze dell'esercito che fornisce armi, addestramento e coordinamento[254]

.

Nella città di Aleppo, il 27 settembre i ribelli tentano una nuova offensiva, volta a risolvere lo stallo militare[255]

.

L'attacco parte dai quartieri meridionali e presto raggiunge il centro storico della città. I combattimenti sono molto

violenti e si registrano forti perdite in entrambi gli schieramenti[256]

. L'avanzata ribelle è molto lenta e si ferma alle

porte dell'antico suq di Aleppo che viene completamente distrutto da un incendio generatosi durante gli

scontri[257]

. Dopo solo 3 giorni di offensiva si raggiunge lo stallo a causa della tenace resistenza dell'esercito

regolare senza sostanziali modifiche allo status quo[258]

.

Una nuova offensiva ribelle su larga scala viene scatenata in novembre, sfruttando il sostanziale isolamento

di Aleppo dal resto del Paese. A questi nuovi attacchi partecipano con maggior presenza i miliziani islamisti

del Fronte al-Nusra, che assumono anche il comando di alcune incursioni[259]

. Anche questa offensiva si risolve in

una logorante guerra di posizione, con l'eccezione dei quartieri orientali, dove i ribelli riescono a raggiungere

l'aeroporto[260]

. A fine anno ad Aleppo si combatte casa per casa. La città è divisa sostanzialmente a metà tra

ribelli e forze governative.

Il 16 dicembre 2012 i ribelli, consolidata la presenza nella strategica città di Maarrat al-Nu'man, scatenano

un'offensiva verso sud, volta a conquistare la città di Hama, controllata interamente dal governo fin dal 2011[261]

.

L'offensiva si rivela efficace anche per la ritirata dell'esercito siriano che abbandona le aree rurali concentrandosi

sulla difesa della città[262][263]

. L'offensiva viene infatti bloccata il 31 dicembre alle porte di Hama[264]

. I ribelli

riescono a controllare molti villaggi inclusi due a maggioranza alawita dove gli abitanti sono oggetto dell'odio

settario[265]

.

L'ascesa del fondamentalismo islamico (gennaio 2013 - marzo 2013)

Sebbene il comando strategico delle operazioni dei ribelli sia ancora mantenuto dall'esercito siriano libero, i

gruppi estremisti cominciano ad acquisire sempre maggiore autonomia sul campo. La presenza di miliziani legati

al fondamentalismo islamico è particolarmente forte nelle regioni orientali del paese. Fin dalla fine del 2012 si

intensificano i combattimenti nella fascia fertile della valle dell'Eufrate, finora teatro solo di sporadiche

scaramucce con l'esercito regolare.

La valle dell'Eufrate è storicamente abitata da tribù un tempo beduine di religione sunnita e molto tradizionalista.

Esse sono infatti imparentate con i beduini provenienti dall'Arabia Saudita e molti hanno la doppia nazionalità. In

questa regione le incursioni dei ribelli sono guidate dalle formazioni islamiste, quasi sempre il Fronte al-Nusra.

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Militante jihadista della formazione Liwa al-Islam.

Il 19 settembre 2012 i ribelli conquistano il valico di frontiera con la Turchia nel centro nord della Siria[266]

,

mentre il 22 novembre 2012 viene conquistato il valico con l'Iraq nella strategica città di Mayadin[267]

. Questi

passaggi assicurano ai ribelli un continuo flusso di uomini e rifornimenti. In particolare dal valico con

l'Iraq possono affluire in Siria i combattenti delle formazioni islamiste irachene che compongono l'ossatura

del Fronte al-Nusra.

L'11 gennaio 2013 il Fronte al-Nusra, a capo di una coalizione di gruppi fondamentalisti, ottiene la prima

conquista strategica di rilievo operando indipendentemente dall'ESL. Gli islamisti dopo una serie di assalti,

ottengono il pieno controllo della base militare di Taftanaz, una delle più grosse nel nord del paese. Gli islamisti

possono ora accedere a carri armati, lanciarazzi e altro materiale militare. Il leader di al-Nusra dichiara che per la

quantità di materiale ottenuto, l'azione cambierà le "regole del gioco"[268]

.

Successivamente gli islamisti ottengono una serie di successi lungo l'Eufrate. Il 29 gennaio viene conquistato il

ponte di Siyasiyeh, che connette Deir ez-Zor con Hasakah, e permette di agli islamisti di entrare a contatto con la

zona d'influenza curda[269]

. L'11 febbraio vengono conquistate le cittadine di Al-Thawrah e Tabqa Dam, dove

sorge un'importante centrale idroelettrica[270]

. Il 14 febbraio viene controllato il valico con l'Iraq di Shadadeh[271]

.

Il successo più importante avviene tra il 3 e il 6 marzo 2013, quando il Fronte al-Nusra assume il completo

controllo della città di Raqqa. La città era considerata "pacifica" e fin dal 2011 non si erano tenute dimostrazioni

significative né conflitti armati[272]

. La posizione della città garantisce il controllo di buona parte del centro-nord

della Siria. I ribelli attaccano da nord e in pochissimo tempo controllano l'intera città, causando la fuga dei pochi

soldati regolari che si barricano nella locale base militare[273][274]

. I militanti del Fronte al-Nusra, appoggiati

da Ahrar al-Sham, issano la bandiera nera della jihad nella piazza principale e cominciano subito un processo

di islamizzazione della città[275]

.

Offensiva dei ribelli a Damasco: in rosso la zona controllata dal governo siriano e la linea del fronte al 6 febbraio 2013, in

verde chiaro la zona controllata dai ribelli, in verde scuro le aree contese fino a marzo

La presenza dei fondamentalisti islamici si fa sentire anche sul fronte di Damasco, dove il 6 febbraio 2013 i ribelli

lanciano una nuova offensiva verso il centro città, denominata "Battaglia dell'Armageddon"[276]

. Ancora una volta

è la periferia est che presenta le maggiori difficoltà per l'esercito regolare. I ribelli arrivano fino alla

circonvallazione interna della città[277]

. Tuttavia l'operazione di sfondamento verso il centro fallisce e la battaglia

raggiunge lo stallo con i ribelli alle "porte della città"[278]

. I miliziani del Fronte al-Nusra per la prima volta

guidano alcuni attacchi e si rendono protagonisti di un'ondata di autobombe che producono 80 morti, per lo più

civili[279]

.

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Le fila dei gruppi fondamentalisti si arricchiscono anche di numerosi volontari stranieri che raggiungono

la Siria dai Paesi del Medio Oriente o da quelli Occidentali per unirsi alla jihad. A febbraio 2013 vengono stimati

in più' di 6.000 morti[280]

.

La battaglia di Qusayr (aprile 2013 - giugno 2013)

Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Qusayr.

Ad aprile 2013 la guerra civile siriana vede il costante avanzamento dei ribelli in tutte le regioni del paese,

soprattutto nelle aree rurali. Il governo invece riesce a mantenere il controllo sulle principali città, esclusa Aleppo,

che controlla solo parzialmente. Indicativamente i ribelli controllano circa il 60% del territorio[281]

.

Il rafforzamento della componente jihadista della ribellione e il continuo flusso di armi e finanziamenti verso i

ribelli da parte di Qatar e Arabia Saudita[282]

impensieriscono l'Iran sciita, storico alleato della Siria di Assad e

avversario degli Stati sunniti a cui contende il ruolo egemonico nell'area mediorientale[283]

. Un'eventuale caduta di

Assad e la nascita di una nazione rigorosamente sunnita, provocherebbe la rottura dell'”Asse della Resistenza”,

composto da Iran, Siria e l'Hezbollah libanese[284]

e, più in generale, della “Mezzaluna crescente sciita”[285]

,

ovvero la macroregione composta dagli stati a maggioranza sciita o governati da esponenti dello sciismo.

Posizione della città di al-Qusayr, al confine con il Libano.

L'Iran già dalle prime proteste in Siria nel 2011 ha fornito supporto alle forze armate siriane in termini di

addestramento, rifornimenti e finanziamento[286]

. Con l'inasprirsi delle ostilità, il coinvolgimento è aumentato,

fornendo armamenti, intelligence e addestratori militari sul campo[287][288]

.

Ad aprile 2013, constatate le difficoltà del governo siriano sul campo, l'Iran decide di intervenire in maniera più

decisiva. Per farlo si affida ai miliziani libanesi di Hezbollah, che hanno le loro roccaforti al confine con la Siria.

La situazione in Libano risente della crisi siriana. Soprattutto nelle cittadine di Hermel e Arsal, poste sul lato

libanese dei valichi controllati dai ribelli, si forma un canale di approvvigionamento e di afflusso di

combattenti[289][290]

. Hezbollah finora non è mai intervenuto nella crisi siriana e anche tra gli analisti vi è forte

scetticismo su un suo coinvolgimento, reputando più probabile un suo impegno nell'evitare un contagio in

Libano[291]

.

L'11 aprile 2013 l'esercito siriano scatena un'offensiva contro la cittadina di al-Qusayr, controllata dai ribelli dal

luglio 2012 e posizionata strategicamente sul confine libanese e sulla strada principale tra la

costa, Damasco e Homs[292]

, ancora teatro di combattimenti. Dal Libanosi riversano in Siria più di 700

combattenti sciiti di Hezbollah che si uniscono all'esercito regolare[293]

. I combattimenti crescono di intensità e,

grazie alla tattica di guerriglia di Hezbollah, i ribelli sono costretti a cedere terreno, abbandonando numerosi

villaggi[294][295][296]

. La strategia è quella di occupare le aree rurali per circondare e successivamente attaccare al-

Qusayr[297]

. L'assedio della città viene completato il 19 maggio. L'assalto alla cittadina dura 3 settimane e si

conclude il 5 giugno con una completa vittoria dell'esercito siriano, che allontana i ribelli costretti ad una

precipitosa rotta verso la regione del Qalamun[298][299][300]

.

La vittoria governativa è un punto di svolta per la guerra, in quanto i ribelli perdono l'iniziativa e, per la prima

volta, sono costretti a cedere ampie zone di territorio. La sconfitta e la ritirata disorganizzata provocano anche

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tensioni all'interno del fronte ribelle, con accuse reciproche tra i comandanti e la dirigenza politica del Consiglio

Nazionale Siriano, considerato lontano dal campo di battaglia e tra le diverse anime della rivolta armata[300]

.

Anche le cancellerie internazionali sono costrette a rivalutare la forza dei ribelli e considerare

nuovamente Assad come un possibile interlocutore politico. La rotta dei ribelli ad al-Qusayr apre la strada

per Homs, dove fin dal 2011 continuano ininterrotti i combattimenti che vedono i ribelli mantenere le loro

posizioni sui quartieri centrali della città. I rinforzi dell'esercito e di Hezbollah permettono di conquistare il 2

maggio il quartiere di Wadi al-Sayeh[301]

che divide le due aree controllate dai ribelli: la città vecchia e il distretto

di Khalidiya che sono ora completamente separate e circondate[302]

.

Il sostegno di Hezbollah galvanizza l'esercito regolare, che, da aprile, ottiene una serie di importanti vittorie anche

sugli altri fronti. Il 17 aprile nel governatorato di Idlib l'esercito riesce a rompere l'accerchiamento dei ribelli a

Wadi al-Deif, permettendo di riottenere il controllo su due grosse basi militari nel nord[303]

.

L'impegno nella battaglia di al-Qusayr ha anche sottratto forze ribelli da Aleppo, causando un loro indebolimento

anche su questo fronte. Il 2 giugno, verso il termine della battaglia ad al-Qusayr, i vertici dell'esercito

siriano chiedono ad Hezbollah un affiancamento per un'offensiva sulla città. Centinaia di miliziani si spostano in

profondità nel nord della Siria[304]

.

L'operazione "Tempesta del Nord" inizia il 9 giugno[305][306]

. L'offensiva, nella prima settimana, causa

l'arretramento dei ribelli sia in città che nelle campagne circostanti[307]

. Tuttavia l'afflusso di nuovi combattenti e

nuove armi, tra cui missili anticarro dall'Arabia Saudita, permettono ai ribelli di rallentare l'avanzata e fermarla il

17 giugno[308][309]

. L'ESL e i miliziani jihadisti lanciano un'operazione diversiva nei quartieri occidentali

di Aleppo il 24 giugno per dividere le forze governative. Tale offensiva viene chiamata "Battaglia di Qadisiyah",

in riferimento all'omonima battaglia del 636 quando le armate arabe sconfissero quelle persiane[310]

. È chiaro il

riferimento all'attuale Iran e di come venga esso ritenuto responsabile della svolta favorevole al governo siriano.

Anche nel sud della Siria l'arrivo dei miliziani Hezbollah aiuta l'esercito regolare a guadagnare terreno nei

confronti dei ribelli. L'8 maggio l'esercito conquista la città strategica di Khirbet Ghazaleh, che permette un

controllo totale sull'autostrada che porta in Giordania e alla città di Dar'a, oggetto di combattimenti con i ribelli fin

dal 2011[311][312]

.

Offensiva del governo siriano a Damasco: in rosso la zona controllata dal governo siriano e la linea del fronte al 26 marzo

2013, in verde chiaro la zona controllata dai ribelli, in verde scuro le aree contese fino ad agosto

Anche Damasco vede l'avanzata delle truppe governative che, sostenute da Hezbollah, scatenano il 7 aprile

un'offensiva su larga scala verso le roccaforti ribelli a est e sud della città[313]

. Le aree oggetto dell'attacco

sono Ghuta, Otaiba e soprattutto Jdaidet al-Fadl, dove ha luogo una feroce battaglia che causa numerosi morti tra

la popolazione civile[314]

. Le vittorie governative portano all'isolamento dei ribelli nei sobborghi della città e ad un

loro accerchiamento[315]

.

La rottura nel fronte ribelle (luglio 2013 - agosto 2013)

Gli eventi di Qusayr e la lunga serie di vittorie strategiche da parte dell'esercito regolare hanno un impatto molto

forte sul fronte dei ribelli. Sia dal punto di vista militare che politico. Il ruolo di primo piano che l'Esercito siriano

libero aveva tenuto fin dagli inizi della crisi comincia a sgretolarsi mentre le formazioni islamiste, che col tempo

hanno aumentato la loro influenza nelle battaglie, cominciano ad operare in maniera sempre più autonoma o a

prendere la guida delle operazioni.

Il gruppo islamista più violento, il Fronte al-Nusra, viene affiancato da una nuova formazione composta

prevalentemente da miliziani non siriani: lo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (ISIS). Ad aprile 2013, il leader

dello Stato Islamico dell'Iraq (ISI) Abu Bakr al-Baghdadi annuncia che al-Nusra non è che un'estensione in Siria

dell'ISI, e dichiara la fusione dei due gruppi nello "Stato Islamico dell'Iraq e al-Sham" (ISIS). Tuttavia, il leader

del Fronte al-Nusra rifiuta la fusione, e in giugno il leader di al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, interviene per

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mantenere le formazioni distinte, ingiungendo ad al-Baghdadi di mantenere la sua area di operazione limitata

all'Iraq[316][317]

.

L'ISIS, per la sua natura transnazionale, interpreta la guerra di Siria come un passo verso la Jihad globale e la

rifondazione del califfato. L'indebolimento dell'ESL e il contemporaneo afflusso di sempre nuovi combattenti

jihadisti porta all'aumento della tensione tra i gruppi ribelli. L'11 luglio 2013 i miliziani dell'ISIS uccidono un alto

comandante dell'ESL, Kamal Hamami, e dichiarano guerra a quella frangia dei ribelli che viene definita

"secolarista", "eretica" e "foraggiata dagli USA"[318]

. Si parla quindi dell'apertura del "terzo fronte"[319]

.Il conflitto

tra ESL e ISIS, a cui si allea il Fronte al-Nusra, si diffonde in tutto il paese. Ma è soprattutto nel nord che il

conflitto si fa più duro, portando l'ESL a cedere terreno e armamenti ai jihadisti.

L'ascesa dei fondamentalisti islamici alla guida dell'opposizione armata comporta un aumento della frizione nelle

zone sotto il controllo delle milizie curde. Fin da febbraio vi erano stati scontri occasionali che si erano localizzati

principalmente nei quartieri curdi di Aleppo e nella città di Ras al-Ayn, al valico con la Turchia nel nord-est del

paese[320]

.

Il 17 luglio a Ras al-Ayn riesplode il conflitto[321]

che a breve si diffonde in tutte le zone a controllo misto tra le

due forze ribelli. Le milizie curde, forti del sostegno compatto della popolazione civile, hanno la meglio nella

maggior parte degli scontri e a partire da agosto riescono a espellere dai villaggi a maggioranza curda tutte le

formazioni islamiste e dell'Esercito Siriano Libero[322][323]

. Nel nord del paese si crea un'area di conflitto molto

estesa che spesso deborda anche in territorio iracheno, da dove i Curdi ricevono sostegno. Il 29 settembre l'ISIS

rivendica un'ondata di autobomba nella città curda irachena di Erbil[324]

.

Offensiva dei ribelli (in verde) contro il territorio controllato dal governo (in rosso) nel Governatorato di Latakia

L'ideologia fondamentalista sunnita dei gruppi jihadisti porta come inevitabile conseguenza un aumento degli

episodi di guerra settaria e veri e propri atti di "pulizia etnica" nei confronti delle minoranze religiose siriane. Uno

degli episodi più gravi si verifica nel Governatorato di Latakia, quando, in risposta ai successi governativi in tutto

il Paese, il 4 agosto le formazioni islamiste guidano un attacco verso la costa. L'operazione, chiamata "Liberazione

della Costa"[325]

, non ha successo in quanto si svolge in un territorio che da sempre sostiene il governo Assad. I

miliziani, di cui 300 non-siriani, compiono una serie di massacri nei villaggi momentaneamente occupati, facendo

strage dei civili non sunniti, in maggioranza alawiti[326]

. La strage conta tra i 62 e i 140 civili uccisi e altri 200

scomparsi. In migliaia scappano verso le città costiere[327][328]

. Questa strage, denunciata anche da Human Rights

Watch, aliena definitivamente l'appoggio delle minoranze religiose alla causa ribelle.

Nei mesi di luglio e agosto le truppe governative e le milizie Hezbollah continuano a guadagnare terreno. Il 28

luglio le aree ancora sotto il controllo ribelle di Homs vengono attaccate e, con la conquista del quartiere di

Khalidiya, la città entra quasi del tutto sotto il controllo governativo[329]

. Il presidenteBashar al-Assad viene

ripreso mentre visita le truppe nel centro storico[330]

.

A Damasco le truppe governative scatenano un'offensiva verso i sobborghi orientali. Il 21 agosto nel quartiere

di Ghuta viene riportato l'uso di armi chimiche che colpisce militari governativi, ribelli e popolazione civile[331]

.

L'evento provoca una forte presa di posizione dell'ONU e di gran parte delle cancellerie internazionali non solo

per l'elevato numero di vittime (tra i 281[332]

e le 1.729[333]

) ma per il fatto che il Presidente degli Stati

Uniti, Barack Obama, nel 2012 aveva posto come "linea rossa" per un intervento militare internazionale, proprio

l'utilizzo di armi chimiche[334]

.

Il governo e i ribelli si accusano a vicenda per l'operazione[335]

. I Curdi si dicono "scettici che il governo siriano

abbia condotto l'attacco"[336]

.

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Il mancato intervento statunitense contro Assad (settembre 2013)

Lo stesso argomento in dettaglio: Attacco chimico di Ghuta.

A seguito dell'uso di armi chimiche a Damasco, la crisi siriana diventa internazionale accentuando le differenze

tra gli schieramenti a favore e contro i ribelli. Due giorni dopo l'attacco Stati Uniti eUnione europea accusano le

forze governative di Bashar al-Assad di aver condotto l'operazione[337]

. La Russia e l'Iran invece difendono il

governo e accusano i ribelli[338]

.

Si apre concretamente la possibilità di un intervento militare contro il regime, quando Barack Obama annuncia la

possibilità di uno strike punitivo con il lancio di missili verso le postazioni militari siriane in 48 ore[339]

.

Tuttavia la forte opposizione dell'opinione pubblica[340]

, di parte del congresso americano[341]

e i ripetuti interventi

di Russia e Cina in sede Onu[342]

spingono il presidente ad attendere un'approvazione da parte del congresso[343]

.

A fianco degli USA le nazioni più interventiste sono Francia[344]

, Regno Unito e Turchia.[345]

, mentre l'Iran

dichiara che un attacco verso la Siria causerebbe un lancio di missili verso Israele[346]

. In pochi giorni la tensione

internazionale sale alle stelle: gli Stati Uniti d'America mobilitano le loro forze armate e inviano numerose navi da

guerra nel Mar Mediterraneo e nel Mar Nero, tra cui la portaerei USS Nimitz. La Russia risponde all'avvio della

macchina militare americana inviando navi nel Mediterraneo di fronte alla costa siriana. Per diverse settimane si

teme addirittura lo scoppio di un vero e proprio conflitto armato tra Stati Uniti e Russia, con Francia, Regno Unito

e Turchia dalla parte dei primi e la Siria dalla parte dell'altra.

L'ipotesi di un allargamento incontrollato del conflitto su scala regionale e mondiale viene sollevato

dalla Cina[347]

e dall'Italia, che annuncia di non essere disposta a concedere l'utilizzo degli aeroporti militari

italiani[348]

. Anche il Vaticano, pur condannando l'uso delle armi chimiche, si oppone fermamente ad un intervento

militare contro la Siria. Papa Francesco indice per il 7 settembre una giornata di digiuno e preghiera per la pace a

cui partecipano anche laici e esponenti di altre religioni[349]

.

Il 30 agosto il parlamento del Regno Unito nega al primo ministro David Cameron la possibilità di intervento

armato[350]

e di fatto isola USA e Francia.

La diplomazia prende il sopravvento e la discussione sull'intervento in Siria monopolizza l'incontro del G20

di San Pietroburgo del 6 settembre. Grazie alla proposta di soluzione russa, il 14 settembre viene raggiunto un

accordo che elimina la possibilità di intervento armato in cambio della distruzione dell'arsenale chimico siriano, il

libero accesso ai depositi di armi chimiche da parte dei funzionari ONU e l'adesione del governo siriano alla

"Convenzione sulle armi chimiche"[351][352]

.

Il 27 settembre viene votata all'unanimità all'Onu la Risoluzione 2118 che prevede la distruzione dell'arsenale

chimico siriano[353]

.

Il mese di settembre, a causa del possibile intervento occidentale, non vede significative evoluzioni sul campo di

battaglia. Anche l'offensiva verso i quartieri orientali di Damasco da parte dell'esercito si ferma.

La ripresa dell'offensiva governativa (ottobre 2013 - dicembre 2013)[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia del Qalamun.

Archiviata la possibilità di un intervento occidentale in Siria e aperti i canali diplomatici tra il governo e i

funzionari ONU per l'eliminazione dell'arsenale chimico, ad ottobre il governo siriano scatena una nuova serie di

offensive, mentre si riacutizza il conflitto tra ribelli islamisti e curdi nel nord del paese. L'ESL, che aveva

sostenuto l'intervento militare contro la Siria, perde ulteriore peso politico e inesorabilmente il fronte ribelle viene

egemonizzato dalle formazioni jihadiste.

L'offensiva governativa si sviluppa su tre fronti distinti: Aleppo, Damasco e la regione montuosa di Qalamun, al

confine con il Libano.

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L'offensiva governativa verso Aleppo dell'ottobre 2013. In rosso le aree controllate dall'esercito, in verde quelle controllate dai

ribelli.

La situazione ad Aleppo non subiva sostanziali modifiche dal luglio 2013 ed era caratterizzata da un conflitto

continuativo generalizzato. A seguito dei progressi governativi ad Homs la via principale verso Aleppo supponeva

un attacco verso Maarat al-Numaan, saldamente sotto controllo ribelle. L'esercito siriano invece scatena

l'offensiva lungo la cosiddetta "Via del Deserto" che daHama conduce direttamente verso la regione a sud-est

di Aleppo.

Il 1º ottobre viene attaccata la città strategica di Khanasir, dove i ribelli si arrendono 3 giorni dopo[354]

. La

conquista di Khanasir permette l'apertura di un'importante via di rifornimento da Hama e l'apertura della via di

accesso verso Aleppo. In pochi giorni l'esercitocontrolla i villaggi circostanti e il 10 ottobre assedia la città di al-

Safira, controllata dai jihadisti del Fronte al-Nusra e ISIS e sede di un deposito di armi chimiche.[355]

. Con il

fondamentale sostegno delle milizie Hezbollah l'esercito entra in città il 30 ottobre[356]

Il repentino avanzamento

governativo e la debole risposta delle forze ribelli porta alle dimissioni del comandante in capo dell'ESL ad

Aleppo, Abdul Jabbar al-Oqaidi[357]

Le truppe governative in una settimana riescono a conquistare le cittadine

intorno ad al-Safira e rompere l'assedio all'aeroporto di Aleppo.[358]

L'obiettivo delle truppe governative è

spingersi a nord-est cercando di accerchiare i quartieri centrali di Aleppo controllati dai ribelli. L'avanzata si

spinge fino al distretto di al-Naqqarin dove si ferma a causa della forte resistenza dei ribelli[359]

che il 13 novembre

avevano chiamato alla mobilitazione generale di tutte le forze presenti ad Aleppo[360]

.

Il mese di dicembre è caratterizzato dall'offensiva dell'aviazione siriana che bombarda giornalmente le posizioni

degli insorti[361]

.L'offensiva fu un notevole successo per il governo siriano, che acquisiva il controllo del 60%

della città[362]

.

A nord del paese continua anche l'avanzata delle milizie curde che, anche approfittando della mobilitazione di

combattenti verso Aleppo, espandono la propria area di influenza combattendo principalmente contro le milizie

islamiste. L'operazione più importante si svolge il 26 ottobre, quando lo YPG conquista il valico di frontiera con

l'Iraq di Til Koçer[363]

. A inizio novembre i Curdi scatenano l'"Offensiva del martire Serekeniye"[364]

che permette

di conquistare gran parte del governatorato di Al-Hasakah ed estendere il controllo curdo su circa 50 altre

cittadine[365]

.

Offensiva del governo siriano a Damasco: in rosso la zona controllata dal governo siriano e la linea del fronte al 10 settembre

2013, in verde chiaro la zona controllata dai ribelli, in verde scuro le aree contese fino a febbraio 2014

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Anche a Damasco l'esercito governativo scatena una serie di offensive verso i sobborghi controllati dai ribelli. La

prima linea d'attacco è l'area a sud della capitale, dove dal 9 all'11 ottobre l'esercito, spalleggiato dalle

milizie Hezbollah e dalle milizie sciite irachene, conquista le 3 città strategiche di Sheikh Omar, al-Thiabiya e

Husseiniya[366][367]

, isolando le posizioni ribelli dalle linee di rifornimento provenienti da sud. Per tutto il mese di

novembre si susseguono le vittorie delle truppe governative che accerchiano completamente le sacche ribelli a sud

e ad est della capitale, assediandole. In particolare i distretti nella Ghuta orientale cominciano a soffrire della

mancanza di rifornimenti e viveri.

Negli ultimi giorni di novembre i ribelli provano uno sfondamento del fronte per rompere l'assedio. Il massiccio

attacco provoca una carneficina da ambo le parti. In una settimana vengono uccisi più di 1.000 ribelli, inclusi i

vertici di comando[368]

. L'operazione viene bloccata dall'esercito regolare con il massiccio aiuto delle

milizie Hezbollah, che lasciano sul campo almeno 40 morti[369]

.

A novembre l'esercito siriano scatena un'offensiva volta a conquistare la regione montuosa del Qalamun. Questa

regione è strategica in quanto controlla l'autostrada che congiunge Damasco ad Homs e in quanto, essendo al

confine con il Libano, permette l'approvvigionamento dei ribelli e il loro afflusso sul fronte di Damasco. Il 15

novembre comincia l'offensiva che permette la conquista delle cittadine di Qara, An-Nabk e Deir Attiyeh entro la

fine del mese[370][371]

.

L'unica controffensiva di rilievo, condotta principalmente dalle formazioni islamiste, avviene il 29 novembre,

quando viene attaccata e occupata la cittadina cristiana di Maalula[372]

dove le milizie islamiste arrecano molti

danni alle chiese, uccidono gli abitanti che non vogliono convertirsi all'Islam[373]

e rapiscono 12 monache[374]

.

L'11 dicembre le truppe siriane pongono l'assedio alla città di Yabrud. La radicata presenza dei ribelli e il valore

simbolico della città più popolosa della regione, porta le truppe governative ad essere caute su un'offensiva diretta,

preferendo un assedio caratterizzato da bombardamenti aerei e terrestri e sporadiche incursioni. Anche a causa

delle cattive condizioni meteorologiche di fine dicembre, l'avanzata nel Qalamun entra in una fase di stallo. La

forte presenza dei ribelli jihadisti nel nord del paese e il loro controllo sui valichi di confine costringe Stati

Uniti e Gran Bretagna a sospendere ogni tipo di supporto ai ribelli siriani in quelle zone[375]

.

L'incontro di Ginevra (gennaio 2014 - febbraio 2014)

Lo stesso argomento in dettaglio: Conferenza di pace Ginevra 2.

Gennaio 2014 si apre con l'attesa della conferenza di pace di Ginevra, ribattezzata Ginevra 2, indetta dall'ONU in

collaborazione con Russia e Stati Uniti per tentare di trovare una soluzione politica alla crisi. Alla conferenza

partecipano il governo siriano, la Coalizione Nazionale Siriana e il fronte curdo. Dopo vari tentativi e

ripensamenti non viene invitato a partecipare l'Iran, principale sostenitore del governo siriano. Rifiutano ogni

dialogo tutte le formazioni islamiste, inclusi il Fronte al-Nusra, il Fronte Islamico e l'ISIS. Evento significativo dei

primi giorni di gennaio è l'ulteriore frazionamento del fronte ribelle. Oltre al conflitto che oppone l'ESL alle

milizie islamiste, anche il fronte jihadista si rompe.

Situazione in Siria a marzo 2014: l'ISIS (in nero) controlla la parte settentrionale del governatorato di Raqqa e i territori

limitrofi, gli altri ribelli (in verde) controllano parti dei governatorati di Idlib, Aleppo e Deir el-Zor

Il 3 gennaio il Fronte Islamico, appoggiato dall'ESL, attacca le basi dello Stato Islamico dell'Iraq e Levante nei

governatorati di Idlib e Aleppo occupandole rapidamente[376]

. Il 6 gennaio le ostilità si allargano al governatorato

di Raqqa e Deir ez-Zor[377]

e l'8 gennaio nella regione del Qalamun[378]

. Dopo 10 giorni di combattimenti, il

numero di morti tra ISIS e ribelli contrapposti sale a 700[379]

. Al 13 gennaio l'ISIS riesce a cacciare le altre forze

ribelli da Raqqa e parte del suo governatorato[380]

e avanza verso la città di al-Bab, nel governatorato di Aleppo.

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La maggioranza delle città nel resto del nord della Siria vede invece un arretramento dei miliziani dell'ISIS[381]

.

Per la prima volta si registrano scontri significativi anche tra ISIS e Fronte al-Nusra, finora rimasto neutrale[382]

. Il

16 gennaio il numero di morti nei combattimenti tra milizie islamiste sale a 1.000[383]

.

Grazie alla nuova spaccatura interna del fronte ribelle, l'esercito governativo riesce a riprendere l'offensiva

ad Aleppo. Il 15 gennaio viene conquistato il quartiere di al-Naqqarin[384]

e il 22 gennaio viene riaperto l'aeroporto

di Aleppo al traffico civile[385]

. L'offensiva governativa prosegue verso nord, con il chiaro intento di raggiungere

la prigione della città circondata dai ribelli da un anno. A febbraio gli scontri si concentrano nell'area industriale di

Sheikh Najjar, che dista pochi chilometri dalla prigione. Tuttavia la forte opposizione dei ribelli, che richiamano

rinforzi dal resto del governatorato di Aleppo, porta ad uno stallo dell'avanzata[386]

. I ribelli, che rischiano

l'accerchiamento del centro città, contrattaccano nel centro storico facendo esplodere due palazzi controllati

dall'esercito con tunnel sotterranei riempiti di esplosivo. L'operazione, condotta dal Fronte Islamico, viene

chiamata "Operazione Terremoto"[387]

.

Il 22 gennaio inizia la conferenza di pace Ginevra 2 a Montreux dove, sotto egida ONU, si incontrano per la prima

volta una delegazione del governo siriano e una della Coalizione Nazionale Siriana[388]

. Dopo l'iniziale rischio di

fallimento del negoziato, il primo risultato concreto della conferenza viene raggiunto il 7 febbraio, quando viene

siglata una tregua nella città di Homs per permettere l'evacuazione della popolazione civile[389]

. Tregua poi estesa

fino al 14 febbraio[390]

.

Il 14 febbraio 2014 i negoziati a Ginevra si chiudono senza nessun accordo politico tra le due delegazioni e

l'inviato speciale dell'ONU, Lakhdar Brahimi, annuncia il fallimento "scusandosi con il popolo siriano"[391]

. A

metà febbraio l'esercito governativo riprende l'avanzata nella regione del Qalamun, con l'intento di controllare

completamente il confine libanese[392]

.

I ribelli in difficoltà (marzo 2014 - maggio 2014)

Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia del Qalamun § La conquista di Yabrud e Battaglia di Kesab.

A inizio marzo 2014 si assiste ad una generale avanzata dell'esercito siriano su molti fronti. L'area di maggiore

attività è sicuramente la strategica regione del Qalamun, dove l'esercito regolare siriano, con la collaborazione

sempre più importante della milizia Hezbollah, riesce a conquistare la roccaforte ribelle di Yabrud[393]

tagliando

definitivamente le linee di approvvigionamento dei ribelli dal Libano e facendo collassare le loro linee difensive.

La campagna nella regione si conclude a fine aprile con la resa dei ribelli a Zabadani[394]

.

La perdita del Qalamun è un duro colpo per l'opposizione siriana: blocca la principale linea di rifornimento per il

fronte di Damasco e crea nuove spaccature tra le milizie ribelli, che si scambiano accuse sulle responsabilità della

sconfitta. Il flusso dei ribelli sconfitti oltre confine determina un aumento della tensione in Libano.

Sempre in prossimità del confine libanese, tra l'8 e il 20 marzo i ribelli vengono sconfitti nella cittadina di

Zara[395]

e in quella di Al-Hosn[396]

. In particolare il 20 marzo viene liberato il Krak dei Cavalieri, una fortezza

medievale patrimonio dell'UNESCO che i ribelli avevano trasformato in una loro roccaforte. L'operazione

dell'esercito evita che il castello subisca danni eccessivi[397]

. Le due cittadine conquistate erano le ultime due

controllate dall'opposizione nell'ovest del governatorato di Homs.

Il 9 marzo l'esercito siriano riesce ad avanzare anche ad Aleppo, dove da mesi si combatte per il controllo dell'area

industriale Shaykh Najjar. In particolare l'esercito conquista il quartiere chiave di Hanano, che gli permette di

controllare le ultime strade di collegamento con il centro città. Aleppo viene posta d'assedio[398]

. In risposta alle

avanzate governative, i ribelli organizzano due offensive. A sud della Siria, il 19 marzo, i ribelli riescono a

controllare la prigione centrale di Gharaz, nelle vicinanze di Daraa e a liberare circa 300 detenuti[399]

. Il 21 marzo i

ribelli lanciano un'offensiva nel nord del governatorato di Latakia denominata "Operazione Al-Anfal" con

l'obiettivo di controllare il valico di frontiera di Kesab. L'operazione si svolge in un'area fortemente

filogovernativa in quanto a maggioranza alawita[400]

. L'avanzata ribelle tuttavia non riesce a penetrare

nell'entroterra e subisce la controffensiva lealista[401]

.

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Assedio di Homs: le linee tratteggiate indicano il fronte ad aprile 2014, prima della resa dei ribelli

Il 6 maggio 2014 i ribelli presenti nella città vecchia di Homs aprono una trattativa con il governo siriano che

porta ad un accordo sulla totale evacuazione dei miliziani dalla città con la garanzia di un salvacondotto. L'8

maggio Homs, terza città del Paese, entra sotto completo controllo dell'esercito siriano[402]

. Nel corso del mese di

maggio, l'offensiva governativa si sviluppa anche sugli altri fronti aperti nel paese. In particolare

nella Ghuta Orientale diDamasco[403]

, ad Aleppo, dove l'esercito rompe l'assedio alla prigione centrale che durava

da più di un anno[404]

, e a sud, dove l'esercito avanza verso la cittadina di Nawa[405]

.

La rielezione di Assad (giugno 2014)

Lo stesso argomento in dettaglio: Elezioni presidenziali in Siria del 2014.

Il 3 giugno 2014 si svolgono in Siria le elezioni presidenziali che, seguendo i dettami della nuova costituzione

siriana, permettono la presenza di più candidati. I seggi elettorali vengono installati solo nelle aree controllate dal

governo. I ribelli siriani, inclusi l'ISIS e i curdi, non partecipano alla consultazione, definendola una farsa[406][407]

.

A livello internazionale si assiste ad una forte polarizzazione dei governi: la maggior parte dei Paesi occidentali e

del mondo arabo sunnita condanna la consultazione elettorale (alcune nazioni tra cui Belgio, Canada, Egitto,

Francia, Germania, Arabia Saudita, Turchia, Emirati Arabi e gli Stati Uniti non permettono ai residenti siriani di

recarsi a votare nella loro ambasciata)[408]

. Altre 30 nazioni, tra cui Russia, Iran e Venezuela invece riconoscono la

consultazione inviando anche osservatori per garantire il corretto svolgimento delle operazioni di voto[409]

.

Il governo siriano comunica un'affluenza alle urne del 73.42%, e vi è una forte affluenza anche tra i residenti

all'estero[410]

. Alcuni osservatori indipendenti descrivono l'affluenza dei siriani residenti in Libano come

"sorprendente"[408]

. Nelle zone di confine con le aree controllate dai ribelli si registrano alcuni attacchi volti a

scoraggiare il voto. In particolare ad Aleppo i seggi elettorali sono oggetto di tiri di mortaio[411]

. Bashar al-

Assad viene dichiarato vincitore delle elezioni con l'88.7% distanziando gli altri due candidati Hassan al-Nouri e

Maher Hajjar e riconfermato presidente per la terza volta[412]

.

La proclamazione del califfato da parte dell'ISIS tra Siria e Iraq (giugno 2014 - agosto

2014)[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Stato Islamico dell'Iraq e Levante.

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Emblema dello Stato Islamico.

Contemporaneamente allo svolgimento delle elezioni in Siria, si verificano una sequenza di episodi che cambiano

radicalmente lo svolgimento della guerra civile. Lo Stato Islamico dell'Iraq e Levante, già attivo nell'ovest

dell'Iraq, dove aveva conquistato alcune cittadine del governatorato di al-Anbar, a inizio giugno scatena

un'improvvisa offensiva nel nord dell'Iraq e rapidamente conquista numerose città. Il 9 giugno l'ISIS entra

a Mossul, seconda città del Paese. L'esercito regolare iracheno abbandona la città senza combattere[413]

.

L'avanzata dei ribelli islamisti provoca la fuga immediata di 500.000 persone e apre una profonda crisi politica in

Iraq. I miliziani entrano in possesso di una grande quantità di armi di fabbricazione americana abbandonati

dall'esercito e di 429 milioni tra dollari e oro saccheggiati dalle banche cittadine[414]

. Vengono inoltre rilasciati

2.400 detenuti che si uniscono alle file dell'ISIS[415]

.

Nel mese di giugno si susseguono i successi dell'ISIS, che assume il controllo di numerose città irachene e si

spinge fino alla periferia di Baghdad. In particolare viene di fatto annullata una lunga fascia di confine tra Iraq e

Siria da cui possono ora passare liberamente armi e combattenti[416]

. Il 29 giugno 2014 il leader dell'ISIS, Abu

Bakr al-Baghdadi annuncia l'instaurazione del califfato nei territori controllati tra Siria e Iraq e chiede a tutti i

musulmani di aderirvi[417]

.

Offensiva dell'ISIS (in nero) nella Siria nord-orientale nel luglio-agosto 2014 contro le altre forze ribelli (in verde) e le forze

governative (in rosso). In giallo i curdi

Grazie alle armi sofisticate catturate in Iraq, al numero e alla determinazione dei combattenti, l'ISIS il 1º luglio

scatena un'imponente offensiva nelgovernatorato di Deir el-Zor che, in due settimane, permette di sconfiggere le

altre formazioni ribelli siriane, in particolare il Fronte al-Nusra, e assumere il controllo del 95% della provincia

nonché di circa il 50% di Deir el-Zor città[418]

.

L'espulsione di tutte le sigle ribelli dall'est della Siria, permette all'ISIS di entrare in diretto contatto con le aree

controllate dal governo siriano, verso il quale organizza un'offensiva il 16 luglio. Il primo obiettivo è il campo di

gas di Shaer, nella regione desertica a nord di Palmira. In sole 12 ore le milizie occupano il campo e giustiziano

sommariamente 200 tra soldati e civili[419]

. Successivamente, il 26 luglio, l'esercito riesce a riconquistare gli

impianti[420]

. Il 25 luglio l'ISIS attacca e conquista la base militare "Divisione 17" a nord di al-Raqqa, ultimo

bastione governativo nella città[421]

e il 7 agosto la base militare "Brigata 93". In entrambi i casi non vengono fatti

prigionieri[422]

.

Situazione in Siria a settembre 2014: dopo l'offensiva estiva, l'ISIS (in nero) controlla ormai quasi integralmente i

governatorati di Raqqa e Deir el-Zor

Il 10 agosto l'ISIS comincia l'offensiva contro l'aeroporto militare di Tabqa, ultima postazione governativa

nell'intero governatorato. L'attacco dura per tutto il mese, fino a quando, il 24 agosto, i miliziani riescono ad

entrare nel complesso e a conquistarlo[423]

. Le forze armate siriane riescono a evacuare gran parte del materiale

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militare, tuttavia circa 250 soldati vengono catturati e giustiziati sommariamente. Con un totale di circa 500 morti

tra i soldati governativi, la battaglia rappresenta una dura sconfitta per il governo siriano, che, per la prima volta,

viene anche criticato dall'opinione pubblica alawita che accusa l'esercito di aver abbandonato i propri

uomini[424]

.Il fronte tra esercito governativo e le altre milizie ribelli si attesta principalmente nella campagna a

nord di Hama e nellaGhuta orientale.

Il 4 luglio ha avuto luogo, ad Uqayrishah, un tentativo statunitense di salvare il giornalista James Wright

Foley che si è risolto con il completo fallimento dell'operazione e la successiva morte del giornalista decapitato il

il 19 agosto nel deserto siriano dal boia dello Stato Islamico Jihadi John.

Il 26 luglio i ribelli scatenano un'offensiva con l'obiettivo di conquistare l'aeroporto di Hama e, in seguito,

attaccare la città. Grazie a rinforzi provenienti daAleppo, i ribelli, guidati dal Fronte al-Nusra, in un mese

conquistano diverse città fino ad occupare Halfaya e Arzeh, incuneandosi quindi a ovest di Hama fino a 3 km

dall'aeroporto[425]

. Tuttavia, anche grazie ai rinforzi governativi spostati da Aleppo, l'avanzata ha una stagnazione

e i ribelli subiscono la controffensiva che, il 17 settembre, riporta il fronte alle posizioni di luglio[426]

.

Nella Ghuta orientale l'esercito governativo, in collaborazione con Hezbollah, continua a stringere la sacca di

resistenza ribelle, avanzando nel distretto di Jobar e soprattutto riconquistando la cittadina di al-Maliha il 14

agosto, a seguito di una lunga operazione cominciata ad aprile[427]

. La città era uno snodo strategico per i ribelli e

il punto di partenza di una rete di tunnel che collega le altre aree controllate[428]

.

L'intervento internazionale contro l'ISIS (settembre 2014 - gennaio 2015)

Lo stesso argomento in dettaglio: Intervento militare contro lo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante e Assedio

di Kobane.

La rapida avanzata dell'ISIS nel nord e nell'est dell'Iraq nel giugno 2014 e l'incapacità militare e politica del

governo centrale nel contrastarla, creano profonde preoccupazioni nei governi occidentali e, in particolare, in

quello americano. Il premier iracheno Nuri al-Maliki invoca l'intervento internazionale e si rivolge direttamente

agli Stati Uniti, chiedendo un immediato supporto aereo[429]

. Tali eventi trasformano lo sconfinamento della

guerra civile in conflitto regionale.

La situazione in Iraq peggiora ulteriormente all'inizio di agosto, quando una nuova offensiva dell'ISIS rompe le

linee di difesa dei peshmerga curdi nella Regione autonoma del Kurdistan Iracheno e permette ai miliziani di

penetrare rapidamente nel nord del paese[430]

. In particolare vengono conquistate alcune cittadine a

maggioranza cristiana, tra cui Qaraqosh, e yazida, tra cuiSinjar. L'avanzata provoca la fuga di 200.000 persone

che temono il massacro per motivi religiosi[431]

. Particolarmente grave la situazione della popolazione yazida, che

viene accerchiata sulla montagna a nord di Sinjar. Il rischio di completa occupazione del Kurdistan Iracheno

spinge gli Stati Uniti a intervenire nel conflitto. Il 7 agosto avviene il primo bombardamento nei pressi diErbil[432]

.

Viene organizzata una coalizione che raggruppa 11 paesi occidentali, inclusa l'Italia che però offre solo supporto

logistico, aiuti umanitari ai profughi e armamento leggero alle milizie curde irachene[433]

. L'intervento occidentale

contro l'ISIS si limita all'Iraq, sebbene gran parte dei miliziani e i principali centri di comando si trovino in Siria.

Il problema principale per gli USA è la possibilità che un intervento in territorio siriano possa aiutare le truppe

dell'esercito governativo, che, paradossalmente, un anno prima avevano minacciato di attaccare. Tuttavia dal 26

agosto si verificano alcuni voli di ricognizione sul territorio siriano[434]

. Il 10 settembre il presidente

statunitense Barack Obama apre alla possibilità di attaccare l'ISIS in Siria, affermando in una conferenza stampa:

"Daremo la caccia ai terroristi ovunque si trovino. Significa che non esiterò a comandare operazioni anche in

Siria"[435]

.

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Gli obiettivi dei primi attacchi statunitensi in Siria in una mappa del Dipartimento della Difesa: oltre all'ISIS nell'area di

Raqqa e Deir el-Zor, viene colpito anche il fronte al-Nusra a ovest di Aleppo

Il 22 settembre si verificano i primi bombardamenti sul territorio siriano. Il governo viene informato con la

mediazione dell'Iran, ma non viene consultato per coordinare gli attacchi o chiedere l'autorizzazione. Tuttavia

viene rilasciata una dichiarazione che afferma: "la Siria appoggia ogni iniziativa internazionale nella lotta contro

gli jihadisti"[436][437]

. La coalizione guidata dagli Stati Uniti comprende 5 nazioni

arabe: Bahrein, Giordania, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti[438]

. Tra i primi obiettivi vi sono tutti i

principali centri urbani controllati dall'ISIS, tra cui Raqqa e, inaspettatamente, anche postazioni del Fronte al-

Nusra; in particolare viene attaccato il quartier generale del "Gruppo Khorasan"[439]

.

L'imprevista inclusione del Fronte al-Nusra nell'attacco provoca una dura reazione da parte delle altre formazioni

ribelli siriane, tra cui l'Esercito siriano libero, che teme un diretto rafforzamento delle truppe governative e un

travaso di miliziani verso l'ISIS allo scopo di combattere gli Stati Uniti come "nemico comune"[440]

. Nell'area

di Damasco, nel giorno stesso dell'inizio dei bombardamenti, viene siglato un patto di non aggressione tra ISIS e

le altre formazioni ribelli[441]

.

Sul terreno, a metà settembre, l'ISIS scatena una imponente offensiva verso la regione di Kobane, confinante con

la Turchia e controllata dalle milizie curde YPG. Grazie agli equipaggiamenti provenienti dall'Iraq, l'ISIS riesce

rapidamente a conquistare diverse cittadine, mandando in rotta i miliziani curdi. Solo il 2 ottobre l'ISIS conquista

350 villaggi e arriva alle porte della città[442]

. L'attacco provoca il flusso di 300.000 profughi verso la Turchia,

causando il più importante sconfinamento della guerra civile sul suo territorio[443]

.

Linea del fronte a Kobane, dalla massima estensione del controllo dell'ISIS a fine ottobre-inizio novembre 2014 (linea

tratteggiata rossa), alla contro-offensiva dell'YPG (in giallo) a gennaio 2015

L'assedio di Kobane permette alle forze della coalizione di bersagliare i miliziani dell'ISIS con facilità a causa

della loro concentrazione. Al 15 ottobre le vittime si contano a centinaia[444]

. La vicinanza degli scontri, spinge la

Turchia a schierare le proprie truppe al confine. Tuttavia, ignorando le richieste della minoranza curda e degli

Stati Uniti, il presidente Erdogan si rifiuta di fornire aiuti alla città e ai miliziani YPG[445]

. Solo a inizio novembre

viene permesso l'ingresso in città di un piccolo contingente di curdi iracheni[446]

. L'offensiva dell'ISIS si arresta

dividendo in due la città. Le ripetute controffensive curde permettono piccoli avanzamenti per tutto il mese di

novembre e dicembre. A fine anno le milizie YPG controllano tra il 70%[447]

e l'85%[448]

di Kobane.

I bombardamenti hanno effetto anche nell'area di Deir el-Zor, dove, a dicembre, il governo siriano riesce a

espellere l'ISIS da molte zone della città[449]

. Settembre vede anche un avanzamento delle truppe governative

siriane nella Ghuta orientale di Damasco, dove il 25 i ribelli sono costretti a ritirarsi dalla città di Adra[450]

.

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Crescita del territorio controllato da al-Nusra dopo il conflitto con l'ESL:

Prima dell'offensiva

Dopo l'offensiva

Ad Aleppo l'esercito siriano avanza nel nordest della città, conquistando lo strategico quartiere di Handarat.

L'esercito ora può bersagliare l'unica arteria di collegamento in mano ai ribelli, ponendo le aree centrali della città

sotto assedio de facto[451]

. Il 23 ottobre l'esercito siriano riesce a conquistare la cittadina di Morek, a nord diHama,

dopo 9 mesi di combattimenti. Alcune testimonianze riportano che l'attacco della coalizione internazionale contro

il Fronte al-Nusra ha di fatto aiutato l'esercito siriano in quest'ultima operazione[452]

. Poco dopo questo evento, il

26 ottobre, il Fronte al-Nusra rompe l'alleanza con l'Esercito siriano libero ed attacca le sue postazioni in tutto

il governatorato di Idlib sequestrando tutto l'armamento e costringendo i miliziani a scappare in Turchia o a unirsi

al Fronte[453]

. Viene mantenuta inalterata l'alleanza nel sud della Siria.

Il periodo compreso tra novembre e dicembre 2014 vede un rallentamento delle iniziative militari su tutto il

territorio siriano ad esclusione delgovernatorato di Daraa dove le milizie ribelli riescono a conquistare l'importante

città di Nawa[454]

ed avanzare verso Shaykh Maskin[455]

con l'intenzione di controllare l'autostrada Dar'a-

Damasco ancora sotto controllo governativo.

Il 26 gennaio 2015 le milizie curde annunciano che la città di Kobane è completamente sotto il loro controllo[456]

.

Lo Stato Islamico riconosce l'impossibilità di mantenere le proprie posizioni e, visto l'alto numero di perdite,

annuncia il ritiro dalla città e dalle aree circostanti[457]

.

Le forze governative in difficoltà (febbraio 2015 - maggio 2015)

Dal mese di febbraio si intensificano le operazioni militari su tutti i fronti della guerra civile. Le milizie curde

YPG, con il fondamentale appoggio dell'aviazione americana e alcune unità dell'Esercito Siriano Libero, riescono

in un mese a riconquistare tutte le cittadine curde della regione a sud diKobane perse tra ottobre e dicembre

2014[458]

. Lo Stato Islamico è costretto ad attestare la propria linea difensiva nei villaggi a maggioranza etnica

araba.

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Offensiva dei curdi (in giallo) contro l'ISIS (in nero) a est di Hasaka e dell'ISIS contro i curdi a ovest di Hasaka, febbraio-

marzo 2015

I curdi siriani, stavolta alleati alle forze governative, scatenano un'offensiva il 21 febbraio nella zona est di Al-

Hasaka, verso Tal Hamis, roccaforte dello Stato Islamico vicino al confine iracheno. Grazie anche all'intervento

deipeshmerga iracheni, che eseguono bombardamenti da oltre confine, i curdi conquistano tra il 25 e il 28

febbraioTal Hamis e la vicina Tell Brak, oltre ad altri 105 piccoli villaggi[459]

. Lo Stato Islamico reagisce

attaccando a ovest di Al-Hasaka e conquistando 35 villaggi a sud di Tell Tamer, entrando in un territorio abitato in

maggioranza da cristiani assiri[460]

. Le milizie cristiane, curde e l'esercito siriano riescono ad arginare l'avanzata il

16 marzo[461]

.

Il 16 febbraio 2015, a seguito dell'arrivo di numerosi rinforzi ad Aleppo, l'esercito siriano scatena un'imponente

offensiva volta a completare l'accerchiamento del centro città e rompere l'assedio delle cittadine sciite di Nubl e

Zahara[462]

. L'attacco coglie di sorpresa le postazioni ribelli a nord della città e in poche ore l'esercito siriano

conquista diversi villaggi arrivando a controllare la principale via di rifornimento ribelle e a raggiungere le due

città assediate[463]

. Tuttavia l'avanzata si rivela effimera e già il giorno successivo l'esercito subisce il contrattacco

ribelle, che in pochi giorni recupera tutte le posizioni perse e infligge forti perdite alle truppe governative[464][465]

.

Inoltre la seconda offensiva volta ad accerchiare Aleppo entra subito in stallo e le milizie ribelli riescono a

penetrare nei quartieri strategici di Al-Mallah e Handarat[466]

.

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Offensiva delle forze filo-governative (in rosso) contro i ribelli (in verde) nel sud della Siria

Il 7 febbraio 2015, in risposta alle recenti vittorie ribelli nel sud del paese, l'esercito siriano scatena un'offensiva

sul fronte meridionale volto ad allontanare ulteriormente i ribelli da Damasco e riprendere il controllo sulla fascia

di confine con le Alture del Golan[467]

. Per la prima volta dallo scoppio della guerra civile partecipano in maniera

diretta molte unità dei pasdaran iraniani[468]

, oltre che molti miliziani Hezbollah e alcune milizie sciite

afghane[469]

. La battaglia viene considerata decisiva dalle forze governative e molti osservatori internazionali la

considerano una delle più importanti della guerra[470]

. La prima fase dell'offensiva permette di conquistare

velocemente 7 cittadine, ma dopo solo una settimana le forze governative entrano in stallo, subendo pesanti

perdite ed esaurendo la spinta iniziale. Le limitate conquiste territoriali e l'importanza attribuita all'operazione

portano a considerare l'attacco come un grosso fallimento.

Gli scarsi risultati ottenuti nelle offensive di febbraio sono il preludio ad un periodo estremamente difficile per il

governo siriano. A partire da marzo si verificano una serie di pesanti sconfitte ai danni dell'esercito governativo

che, per la prima volta dalla battaglia di Qusayr, è costretto a cedere importanti aree strategiche. Le ragioni di

questa modifica dei rapporti di forza sono da ricercarsi nella cronica mancanza di uomini nelle file governative,

che si sono ridotti ulteriormente nella guerra d'attrito invernale. Inoltre gli alleati sciiti iracheni, iraniani e

Hezbollah hanno ridotto la loro presenza sul campo o si sono focalizzati su aree ridotte di interesse strategico[471]

.

Inoltre compaiono i primi cedimenti politici all'interno del campo governativo. Si verificano imprigionamenti,

fughe e uccisioni di membri interni al partito Baath, alcuni accusati di ordire un colpo di stato[472]

. I ribelli siriani

invece, nella componente jihadista, trovano una nuova unità creando una coalizione attiva soprattutto al

nord, Jaish al Fatah (Esercito della Conquista), guidata dal Fronte al-Nusrae comprendente altri sei gruppi ribelli

tra cui Ahrar al-Sham[473]

. Inoltre Arabia Saudita e Turchia aumentano finanziamenti e coordinamento a sostegno

dei miliziani[474]

.

Conquista di Idlib e Jisr al-Shughur da parte dei ribelli di Jaish al Fatah (in verde), marzo-aprile 2015

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Il 25 marzo con un rapido attacco i miliziani dell'Esercito Siriano Libero conquistano la cittadina meridionale

diBosra, costringendo l'esercito siriano a ritirarsi nel gebel Druso[475]

. Il 24 marzo Jaish al Fatah scatena un ampio

attacco alla città di Idlib, sotto controllo governativo e capoluogo dell'omonimo governatorato. Con l'ausilio di

numerosi attentatori suicidi i miliziani si infiltrano nelle zone nord ed est della città, avanzando velocemente verso

il centro[476]

. Nell'arco di 4 giorni le truppe siriane e i membri della Forza Nazionale di Difesa si ritirano verso

sud, abbandonando definitivamente la città il 28 marzo[477]

. La conquista della città rappresenta una dura perdita

per il governo siriano soprattutto dal punto di vista morale e permette al Fronte al-Nusra di presentarsi ormai come

la formazione egemone tra i ribelli[478]

. Jaish al Fatah annuncia l'instaurazione della sharia in città, che diviene de

facto la "capitale" delle aree amministrate dal gruppo jihadista[479]

. Una nuova sconfitta per il governo siriano

avviene il 1º aprile di nuovo a sud, al confine con la Giordania, dove i miliziani ribelli riescono a conquistare il

valico di Nasib, ultima area di confine ancora sotto controllo statale e garantirsi in questo modo una nuova via di

rifornimento[480]

.

A nord, a seguito della conquista di Idlib, Jaish al Fatah continua l'offensiva verso ovest, aprendo il 22 aprile 3

diversi fronti: a ovest della città, su Jisr al-Shughur e nella piana di al-Ghaab. Il 25 aprile l'esercito siriano

abbandona Jisr al-Shughur[481]

e, dopo una timida controffensiva è costretto a cedere anche alcuni villaggi nella

piana di al-Ghaab[482]

. La presa di Jisr al-Shughur è particolarmente importante in quanto è uno snodo strategico

per la costa di Latakia, area alawita e fortemente filogovernativa.

Offensiva dell'ISIS (in nero) contro Palmira, maggio 2015

Il 13 maggio 2015 il governo siriano subisce una pesante sconfitta anche nell'est del paese. Questa volta è lo Stato

Islamico che, sfruttando l'alleggerimento di truppe governative ricollocate sul fronte di Idlib, attacca la città

di Palmira, posizionata strategicamente nel deserto tra il confine iracheno, Homs e Damasco. La resistenza dura

circa 10 giorni. Il 21 maggio i miliziani dell'ISIS entrano in città, mentre le truppe regolari evacuano i civili e i

reperti archeologici contenuti nel Museo di Palmira[483]

.

Verso la fine del mese i vari fronti aperti entrano in stallo, con piccoli avanzamenti dei ribelli solo nell'area

di Idlib[484]

.

Il 15 maggio ha avuto luogo, ad al-Amr, una operazione speciale condotta dalla Delta Force statunitense con

l'obbiettivo di uccidere uno dei capi dello Stato Islamico Abu Sayyaf, noto per aver avuto un ruolo importante

nella supervisione delle operazioni per il contrabbando illegale di petrolio. Durante l'operazione, in cui almeno 31

jihadisti hanno perso la vita, Sayyaf è stato ucciso mentre sua moglie è stata catturata per essere poi consegnata ai

curdi.

La grande avanzata curda nel nord (giugno 2015 - settembre 2015)

Già a partire dalla metà maggio 2015 le forze curde YPG presenti nella regione a nord-ovest di Hassaké avevano

intrapreso una campagna militare in risposta ai recenti avanzamenti dello Stato Islamico nell'area riconquistando,

in collaborazione con le milizie cristiane, i territori persi a inizio marzo[485]

.

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Avanzata dei curdi (in giallo) contro l'ISIS (in nero) nel nord della Siria, con l'unificazione dei cantoni di Kobane (a ovest) e

Jazira (a est)

Il 31 maggio 2015 viene lanciata una nuova imponente offensiva, guidata dalle milizie curde in collaborazione

con alcuni gruppi selezionati dell'Esercito Siriano Libero e la copertura aerea della Coalizione a guida americana.

I curdi avanzano sia da est, che da ovest (dal cantone di Kobane) con l'intenzione di entrare nel Governatorato di

al-Raqqa, unificare i due cantoni e assumere il controllo continuo di quasi tutto il confine con la Turchia.

L'avanzata si rivela estremamente veloce, con le milizie islamiste che spesso si ritirano senza ingaggiare i

combattenti curdi. Unica cittadina ad opporre resistenza è Suluk, che però cade il 14 giugno[486]

. Tra il 15 e il 16

giugno i combattenti curdi YPG provenienti dai due cantoni unificano il fronte e attaccano l'ultima roccaforte

dello Stato Islamico: la città frontaliera di Tell Abyad, che viene abbandonata dagli jihadisti con poca

resistenza[487]

. La vittoria curda permette il controllo di larga parte del confine turco e di tagliare i rifornimenti

diretti a Raqqa, nonché di minacciare direttamente la capitale delCaliffato. I curdi YPG conquistano quasi tutte le

aree a maggioranza curda (Rojava), spingendosi anche in cittadine arabe, lasciate in gestione alle poche brigate

dell'Esercito Siriano Libero, per dare rassicurazione agli abitanti[488]

. A fine giugno i curdi, con una presenza più

importante dell'Esercito Siriano Libero, conquistano Ayn Issa, spingendosi più in profondità verso Raqqa[489]

. La

vittoria di Tel Abyad rappresenta uno dei più rapidi avanzamenti della guerra civile siriana e una sconfitta

strategica importante per lo Stato Islamico che è costretto a organizzare le difese della propria capitale e rinunciare

alla via più diretta di approvvigionamento verso la Turchia.

La risposta dell'ISIS all'avanzata curda avviene alla fine del mese. Il 25 giugno un centinaio di miliziani islamisti

penetra nella città di Kobane facendo esplodere 3 autobomba vicino al valico di confine con la Turchia e

attaccando le retrovie delle milizie YPG[490]

. L'effetto sorpresa rende complessa la risposta dei curdi, che sono

costretti a richiamare i miliziani dal fronte. La battaglia dura 3 giorni durante i quali gli islamisti commettono

anche una serie di massacri contro la popolazione civile[491]

. Il 29 giugno gli ultimi miliziani dell'ISIS vengono

eliminati. I curdi accusano direttamente la Turchia di aver permesso l'accesso dei combattenti attraverso il suo

territorio[492]

. Il 30 giugno avviene un episodio identico nella città di Tall Abyad[493]

. I curdi sono costretti ad

interrompere l'offensiva verso sud, essendo il fronte troppo vasto e riconoscendo la necessità di rafforzare il

controllo sulle aree conquistate.

La situazione a Hasaka al 3 luglio 2015: in nero l'ISIS, in rosso il governo siriano, in giallo l'YPG, in verde le milizie assire

Quasi contemporaneamente l'ISIS scatena un'offensiva anche nell'area curda orientale, attaccando frontalmente la

città di Hassaké il 23 giugno[494]

. I miliziani riescono a conquistare i sobborghi meridionali e ad entrare nel centro

cittadino. Il YPG viene affiancato dall'esercito regolare siriano, che rinforza il proprio contingente con 400

membri della Guardia Repubblicana[495]

. I bombardamenti della coalizione a guida americana sono sporadici per

evitare il sostegno diretto alle truppe governative[496]

. Gli scontri proseguono per tutto il mese di luglio. Il 1 agosto

la battaglia si dichiara conclusa con l'ISIScostretto a ritornare sulle posizioni precedenti all'attacco[497]

.

Il mese di giugno 2015 vede anche il primo coinvolgimento della comunità drusa siriana, finora rimasta

ambiguamente neutrale nella guerra civile. L'11 giugno 2015 il Fronte al-Nusra compie un massacro nella

provincia di Idlib, uccidendo 20 civili drusi in un villaggio[498]

. Lo stesso giorno, i ribelli attaccano la base aerea di

al-Thula, nel governatorato di As-Suwayda, al confine occidentale del Gebel Druso[499]

. I drusi reagiscono con

una dichiarazione in cui i leader politici e religiosi della comunità spingono la popolazione a sostenere il governo

e unirsi all'esercito regolare[500][501]

. Il 16 giugno i ribelli scatenano una nuova offensiva nel governatorato di

Quneitra con l'obiettivo di entrare nella Ghuta occidentale e avvicinarsi a Damasco[502]

. Il giorno successivo il

fronte si attesta nella cittadina di Hadar, abitata dalla comunità drusa. Anche in questa circostanza i cittadini si

uniscono alle forze governative contro i ribelli[503]

.

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L'intervento druso provoca il rapido stallo di entrambe le offensive ribelli nel sud della Siria e la controffensiva

governativa[504][505]

.

In questo periodo l'unica area della Siria dove le truppe governative ottengono successi sostanziali è la regione

del Qalamun al confine con il Libano. Con il sempre più importante sostegno delle milizie sciite Hezbollah, tra

maggio e giugno, l'esercito siriano era riuscito a mettere in sicurezza le aree rurali e i picchi montagnosi nel

Qalamun settentrionale[506]

. Il 3 luglio 2015 viene attaccata la cittadina di Zabadani[507]

, il più grande centro

urbano al confine libanese ancora nelle mani dei ribelli e oggetto di continue tregue nel corso degli ultimi

anni[508][509]

. Le truppe governative circondano l'abitato e avanzano rapidamente verso il centro città. Tuttavia a

causa della feroce resistenza ribelle, derivata anche dall'impossibilità di fuggire, Hezbollah è costretta a rallentare

l'attacco in modo da limitare le proprie perdite[510]

. A partire da agosto, la sorte di Zabadani viene legata alle due

città a maggioranza sciita nel governatorato di Idlib, Al-Fou'aa e Kafraya. I ribelli infatti attaccano i centri abitati e

propongono uno scambio tra i loro combattenti a Zabadani e i civili intrappolati a nord[511]

. Coinvolgendo

anche Turchia e Iran, vengono implementate una serie di tregue fino al mese di settembre[512][513]

. Tuttavia, le città

di Madaya (vicino a Zabadani), Al-Fou'aa e Kafraya restano assediate ancora a gennaio 2016, con coseguenze

sempre più gravi per i civili rimasti intrappolati e privi di cibo e medicine[514]

.

Sempre nel governatorato di Idlib, la coalizione islamista Jaish al Fatah lancia a fine giugno una serie di nuove

offensive a sud di Jisr al-Shughur, riuscendo a conquistare alcuni villaggi[515]

ma venendo bloccata dalla

controffensiva governativa[516]

. Per tutto il mese di agosto si registrano continui scontri caratterizzati da attacchi e

contrattacchi nella parte settentrionale della Piana di al-Ghab con le cittadine di Mansura, al-Bahsa e Tal Awar

che passano di mano diverse volte[517][518]

. L'offensiva si esaurisce a fine agosto un blando avanzamento dei

ribelli. Intanto a fine estate l'ISIS prosegue la propria espansione nel governatorato di Homs a danno dei

governativi, occupando il 5 agosto la città assiro-cristiana di Al-Qaryatayn, sede di un altro importante sito

archeologico.

L'intervento russo (ottobre 2015 - gennaio 2016)

Lo stesso argomento in dettaglio: Abbattimento del Su-24 russo del 2015 e Campagna di Latakia (2015).

Sebbene la Federazione Russa abbia sostenuto politicamente e con forniture militari il governo siriano fin dalle

prime fasi della crisi, a partire da settembre 2015 si verifica una sensibile intensificazione dei contatti tra i due

governi e si registrano movimenti aerei e di personale russo nell'area costiera di Lattakia[519][520][521]

. Il 15

settembre gli Stati Uniti dichiarano che truppe russe stanno allestendo un nuovo aeroporto con annessa base

militare[522]

. A fine settembre la Russia annuncia di aver raggiunto un accordo con Siria, Iraq e Iran per

condividere informazioni di intelligence relative allo Stato Islamico[523]

.

Oltre all'aumento di forniture militari, il presidente russo Vladimir Putin scatena un'offensiva diplomatica volta a

modificare la posizione occidentale nei confronti del governo siriano, allo scopo di includerlo in un futuro

processo di pace. Anche a seguito della crisi dei profughi siriani in Europa iniziata durante l'estate, Austria,

Spagna[524]

, Germania[525]

e Regno Unito[526]

affermano di essere disposti a trattare con il presidente

siriano Bashar al-Assad. Tale posizione viene accettata anche dalla Turchia[527]

e da Israele[528]

A fine settembre la Russia ufficializza la volontà di intervenire in Siria contro lo Stato Islamico e avvia trattative

per includere la propria forza aerea alla coalizione a guida americana[529]

. Tuttavia l'accordo non viene siglato a

causa della divergenza sul supporto alle truppe governative siriane[530]

.

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Offensiva delle forze filo-governative (in rosso) contro i ribelli (in verde) nella sacca di al-Rastan tra Homs e Hama (in basso)

e a nord di Hama nella piana di al-Ghab (in alto)

Il 30 settembre 2015, poco dopo l'autorizzazione della Duma[531]

e dopo aver informato il governo americano, gli

aerei russi eseguono i primi raid in territorio siriano[532]

. Tra le prime località colpite vi sono quelle nella zona

controllata dai ribelli tra Homs e Hama (la cosiddetta "sacca di Al-Rastan")[533]

. L'apparente assenza di miliziani

dello Stato Islamico nell'area dimostra la volontà di colpire, a differenza dei raid dell'aviazione americana, tutte le

sigle della ribellione siriana, incluse le brigate dell'Esercito Siriano Libero[534]

. Il giorno successivo, tuttavia,

vengono bombardate anche aree controllate dall'ISIS, inclusa la "capitale" del Califfato: Raqqa[535]

.

I raid aerei si estendono su quasi tutto il territorio siriano controllato dai ribelli che, in risposta, creano un

"comitato congiunto" composto da 41 fazioni per coordinare le operazioni di difesa[536]

.

Il 7 ottobre l'esercito siriano lancia una vasta offensiva nel nord-ovest della Siria aprendo un fronte che comprende

il governatorato di Latakia, la piana di al-Ghab e il confine nord del governatorato di Hama[537]

. L'aviazione russa

garantisce una forte copertura aerea con aerei ed elicotteri. Nella notte vengono anche lanciati 26 missili terra-

terra da navi russe ormeggiate nel Mar Caspio, sfruttando lo spazio aereo iraniano e iracheno[538]

. Nelle operazioni

terrestri l'esercito siriano viene affiancato anche dai miliziani Hezbollah[539]

. In una settimana di combattimenti le

truppe governative riescono a catturare diverse cittadine nel governatorato di Idlib e intorno alla strategica

cittadina di Salma. Tuttavia i miliziani islamisti riescono a rallentare l'avanzata, anche grazie all'utilizzo dei

missili anticarro BGM-71 TOW di fabbricazione americana[540]

. Nella seconda settimana di battaglia alcuni punti

del fronte entrano in stallo, ad esclusione della piana di al-Ghab, dove lentamente le truppe siriane avanzano verso

nord. Alcuni osservatori ritengono i successi ottenuti come "limitati"[541]

.

Offensiva delle forze filo-governative (in rosso) contro i ribelli (in verde) a sud e nord di Aleppo e contro l'ISIS (in nero) a est

di Aleppo, ottobre 2015-3 febbraio 2016

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Il 16 ottobre le truppe siriane lanciano un'altra offensiva nella campagna a sud di Aleppo[542]

. Oltre all'appoggio

aereo russo, intervengono direttamente elementi della Forza Quds del Corpo delle Guardie della rivoluzione

islamica (Pasdaran), sotto la direzione strategica di Qasem Soleimani[543]

e milizie sciite irachene[544]

. In pochi

giorni le truppe conquistano 5 villaggi prima di incontrare la resistenza dei ribelli[545]

. Tra ottobre e l'inizio di

novembre, l'esercito siriano riesce a ad avanzare in profondità verso sud e verso ovest, conquistando una dozzina

di villaggi[546][547]

e arrivando ad attaccare la cittadina di al-Hadir[548]

. Parallelamente, a est di Aleppo, con il forte

sostegno dell'aviazione russa, l'esercito governativo riattiva il fronte contro lo Stato Islamico con l'intenzione di

rompere l'assedio dell'aeroporto militare di Kuwayris[549]

. Il 10 novembre 2015 le truppe entrano nel complesso

militare e la televisione nazionale trasmette le immagini dei soldati in festa[550]

. Questa operazione è il primo vero

successo governativo da inizio anno e la dimostrazione dell'importante aiuto fornito dall'aviazione russa. Inoltre la

penetrazione governativa in un'area considerata roccaforte dell'ISIS apre un nuovo fronte sulla frontiera

occidentale del "Califfato"[551]

.

Il successo militare governativo ad Aleppo segue una nuova offensiva diplomatica russa per riabilitare Bashar al-

Assad sul piano internazionale. Il 21 ottobre il presidente siriano viene accolto a sorpresa a Mosca da Vladimir

Putin. Si tratta del primo viaggio di Assad all'estero dall'inizio della crisi[552]

. Il 30 ottobre viene organizzata

a Vienna una conferenza di pace dove, per la prima volta, viene invitato l'Iran e non vengono richieste le

dimissioni di Assad come pre-condizione ai colloqui[553][554]

.

A parte Aleppo, le truppe governative si trovano in difficoltà sugli altri fronti. Nel governatorato di

Latakia l'avanzata su Salma entra in stallo e l'unico successo è la conquista del villaggio montuoso di

Ghamam[555]

. Non vi è nessuna modifica del fronte nella Piana di al-Ghab, mentre sul fronte a nord

diHama l'esercito subisce il contrattacco da parte delle milizie ribelli che riescono a riconquistare tutti i territori

persi a fine ottobre e a riconquistare, il 4 novembre, la strategica città di Morek, oltre a diversi villaggi e colline

circostanti[556]

.

Il mese di novembre vede avanzare ulteriormente l'esercito siriano. A sud di Aleppo, il 13 novembre, le linee di

difesa ribelli vengono sfondate da un attacco congiunto dell'esercito, Hezbollah, milizie sciite irachene, afghane

e pasdaran iraniani. In un solo giorno vengono conquistate le cittadine di Hader ed El-Eis, insieme a diversi altri

villaggi circostanti[557][558][559]

. Le truppe governative arrivano fino all'autostrada M5 che congiunge Aleppo

a Damasco, prima di interrompere l'offensiva[560]

. A fine novembre tuttavia le milizie ribelli, spostando uomini dal

fronte diHama, riescono ad organizzare una controffensiva che recupera parte del territorio perso[561]

.

Anche sul fronte a est di Aleppo, l'esercito siriano non interrompe l'attacco e si spinge verso est, arrivando alla

periferia di Deir Hafer[562]

.

Avanzamento delle forze governative (in rosso) nel governatorato di Latakia: la linea nera tratteggiata indica il fronte a

novembre 2015, prima della riconquista di Salma e Rabia a gennaio 2016

A metà novembre si sblocca il fronte a nord di Latakia. Grazie alla copertura aerea russa, l'esercito riesce a

conquistare diversi villaggi e alture, entrando nel Jabal Turkman, area abitata dalla minoranza

etnica turcomanna molto legata ai ribelli e di lingua e cultura turca[563][564][565]

. La Turchia, nella realistica

eventualità di perdere il controllo del confine con i gruppi ribelli, afferma che attuerebbe "qualunque azione per

difendere la comunità turcomanna"[566]

. In questo contesto, il 25 novembre, due F-16 turchi abbattono un

bombardiere russo[567]

causando la morte di un pilota e innescando una forte crisi diplomatica tra i due Paesi.

Il periodo compreso tra la fine del 2015 e l'inizio del 2016 vede incrementare l'attività su quasi tutti i fronti siriani.

Nella maggior parte dei casi è l'esercito siriano che intraprende azioni offensive, evidenziando il sempre più

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efficace supporto aereo russo. Vengono inoltre introdotti i carri armati T-90 che permettono una maggiore difesa

contro i missili anticarro BGM-71 TOW[568]

.

Sul fronte a sud di Aleppo, il 20 dicembre l'esercito conquista la cittadina strategica di Khan Tuman, tagliando

nuovamente l'autostrada M5 e unificando l'intera periferia meridionale della città[569]

.

Nella Ghuta Orientale, dopo un lungo periodo di inattività, riprendono le ostilità il 14 dicembre. L'esercito avanza

da sud e conquista la base aerea e il villaggio di Marj al-Sultan[570]

. Il 25 dicembre l'aviazione russa esegue un

bombardamento mirato in cui viene ucciso uno dei più importanti leader ribelli: Zahran Alloush, comandante della

formazione Jaish al-Islam, legata all'Arabia Saudita ed egemone nell'area di Damasco[571][572]

.

Il fronte a nord di Latakia subisce forti avanzamenti a partire dal 25 dicembre. Il 12 gennaio 2016 le truppe siriane

entrano nella roccaforte ribelle di Salma, causando un repentino ripiegamento dei miliziani verso il confine

turco[573]

. Nei giorni successivi l'esercito conquista decine di cittadine del governatorato ed entra il 24 gennaio

nella città di Rabia, ultima roccaforte ribelle nel nord della provincia[574]

. Il 18 febbraio viene conquistata anche

Kinsabba, importante avamposto ribelle nei pressi del confine con la provincia di Idlib.

Avanzamento dell'YPG (in giallo) verso Tishrin e a ovest dell'Eufrate, 23-30 dicembre 2015

Sul fronte sud, il 27 dicembre l'esercito siriano lancia un'offensiva per conquistare la città di Al-Shaykh Maskin,

che taglia la linea di comunicazione tra Damasco e Daraa[575]

. La battaglia è considerata vitale da parte dei ribelli

che riescono a rallentare l'avanzata governativa. Intorno al 5 gennaio 2016 la battaglia entra in stallo, con l'esercito

che riesce a controllare il 60% della città[576]

. L'offensiva riprende a fine gennaio, e il 25 viene annunciata la

completa conquista della città[577]

.

A est dell'Eufrate anche le milizie curde organizzano un attacco contro le postazioni dello Stato Islamico. Grazie

alla copertura aerea americana lo YPG, insieme ad alcune milizie arabe, tra il 23 e il 26 dicembre avanza

rapidamente verso sud, raggiungendo e conquistando la strategica diga di Tishrin ed entrando, per la prima volta,

nei territori a ovest del fiume[578]

. Ora le milizie curde hanno una via d'accesso verso la roccaforte ISIL di Manbij.

Intanto tra novembre e dicembre si accende un lungo braccio di ferro tra l'esercito siriano e l'ISIS per il controllo

di Mahin, a metà strada tra la strategica città cristiana di Sadad e Qaryatayn. Il centro abitato passa più volte di

mano ma a prevalere sono alla fine le forze governative.

Approfittando dello scontro tra lo Stato Islamico e YPG, a gennaio l'esercito siriano avanza a est di Aleppo

conquistando alcune cittadine a nord dell'aeroporto militare di Kuwayris e avvicinandosi alla roccaforte ISIL di al-

Bab[579]

. In risposta, il 16 gennaio lo Stato Islamico lancia una violenta offensiva contro la sacca governativa

di Deir el-Zor, assediata da diversi anni, riuscendo a invadere i quartieri settentrionali della città. L'attacco viene

respinto, ma tra 80 e 300 civili vengono uccisi e 400 rapiti[580][581]

. Sempre nella prima metà di gennaio l'esercito

siriano riesce a riconquistare alcuni villaggi lungo il fiume Oronte, nella sacca di resistenza di Al-Rastan.

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L'escalation ad Aleppo e la tregua (febbraio 2016)

Offensiva delle forze governative (in rosso) e dei curdi (in giallo) contro i ribelli (in verde) a nord di Aleppo. A est di Aleppo,

offensiva governativa contro l'ISIS (in nero)

Nel corso del gennaio 2016 le offensive dell'esercito regolare siriano a Latakia e a sud di Aleppo rallentano,

mentre circolano notizie dell'arrivo di rinforzi a nord di Aleppo in preparazione di una nuova offensiva[582]

.

Il 1º febbraio l'esercito governativo sferra una violenta ed improvvisa offensiva dai sobborghi settentrionali verso

nord-ovest. L'obiettivo è raggiungere le cittadine sciite di Nubl e Zahraa, assediate dalle milizie ribelli dal luglio

2012. L'attacco, sebbene più settentrionale, ricalca la fallita offensiva governativa del febbraio 2015. Tuttavia,

grazie al fondamentale impiego dell'aviazione russa e dei miliziani Hezbollah, sciiti iracheni (accorsi in Siria dopo

la conquista di Ramadi in Iraq)[583]

, iraniani e afghani, le difese ribelli vengono superate[584]

e il 3 febbraio le

truppe siriane entrano a Nubl e Zahraa, accolti dalla popolazione in festa[585]

.

Oltre alla rottura dell'assedio, l'avanzata governativa permette di creare un corridoio che dal nord di Aleppo si

congiunge alle aree sotto controllo curdo nel cosiddetto Cantone di Afrin, tagliando l'area sotto controllo ribelle in

2 parti. L'area a nord del corridoio, di estensione ridotta, risulta completamente circondata su tre lati da curdi,

truppe governative e miliziani dello Stato Islamico. Inoltre viene tagliata una fondamentale via di

approvvigionamento dei ribelli ad Aleppo attraverso il valico di frontiera con la Turchia: ora mezzi e beni devono

passare dal governatorato di Idlib, geograficamente più distante da Aleppo. Viene anche tagliata l'unica via di

comunicazione tra i ribelli ad Aleppo e nel governatorato di Idlib con il territorio dello Stato Islamico, da cui,

sebbene in conflitto, importavano petrolio e carburante[586]

. L'avanzata governativa scatena il panico tra i miliziani

che, insieme a una nuova ondata di rifugiati (circa 30.000), ripiegano verso il confine turco[587]

.

Il 3 febbraio, inaspettatamente, anche i miliziani curdi YPG attaccano da ovest i ribelli, conquistando 2 cittadine e

rimanendo neutrali verso le truppe governative siriane. I sospetti di un coordinamento nell'offensiva si rafforzano

a causa del sostegno dell'aviazione russa alle milizie curde sul campo[588][589]

e al trasferimento ad Afrin di alcuni

soldati siriani feriti. In 2 settimane i miliziani curdi conquistano una decina di villaggi e l'importante base aerea di

Menagh[590]

. Il 13 febbraio le forze curde intensificano ulteriormente la loro avanzata, attaccando i sobborghi

meridionali di Azaz e quelli occidentali di Tal Rifaat[591]

. La possibile disfatta della ribellione siriana a nord di

Aleppo preoccupa la Turchia, che reagisce bombardando con l'artiglieria pesante le zone recentemente conquistate

dai curdi[592]

e minacciando l'ingresso delle truppe turche in territorio siriano[593]

. Il 15 febbraio le milizie curde

conquistano Tal Rifaat ma sospendono l'offensiva verso Azaz, indicata come limite invalicabile dalla Turchia[594]

.

Inoltre gli Stati Uniti intervengono nella crisi intimando alla Turchia di interrompere i bombardamenti[595]

. Le

truppe governative siriane intanto interrompono l'avanzata verso nord, consolidando le posizioni conquistate.

Ad est di Aleppo, le truppe governative siriane allargano l'area di controllo intorno all'aeroporto militare di

Kuwayris avanzando verso ovest, con l'intenzione di collegarsi ai quartieri orientali della città e chiudere i

miliziani dello Stato Islamico in una sacca. L'operazione comincia alla fine di gennaio[596]

e si sviluppa fino al 21

febbraio, quando viene conquistato l'ultimo villaggio[597]

. L'offensiva è caratterizzata da un lento ritiro dei

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miliziani dell'ISIL che oppongono poca resistenza. Tra le aree conquistate vi è la centrale termoelettrica di

Aleppo, che garantisce energia a tutta la città[598]

.

Offensiva delle forze governative (in rosso) da Ithriyah verso Tabqa e dell'ISIS (in nero) verso Khanasir

L'11 febbraio l'esercito siriano lancia un'offensiva contro l'ISIL nel deserto orientale della provincia di Hama,

lungo l'autostrada Ithriyah-Raqqa, in direzione dell'aeroporto di Tabqa. Nei giorni seguenti i governativi

conquistano alcuni punti strategici lungo l'autostrada rimettendo così piede, per la prima volta dall'estate 2014, nel

governatorato di Raqqa. L'offensiva viene però interrotta dopo pochi giorni a causa dell'improvviso attacco

dell'ISIL all'asse stradale Ithriyah-Aleppo, unica via di rifornimento alla metropoli per i governativi, e che porta

alla perdita della cittadina di Khanasir. Entro fine febbraio la città viene riconquistata dall'esercito e le vie di

comunicazione riaperte.[599]

Conquista di al-Shaddadi da parte delle milizie curde (in giallo). Tratteggiata in nero la linea del fronte al 17 novembre 2015,

in rosso al 19 febbraio 2016

A fine febbraio intanto le milizie curde nel nord-est della Siria avanzano verso sud, discendendo il corso del

fiumeKhabur, riuscendo il 19 a strappare allo Stato Islamico il controllo di Al-Shaddadi, importante zona

petrolifera nelgovernatorato di al-Hasaka. Nei giorni successivi i curdi continuano la loro avanzata, spingendosi

fino a circa 85-90 km dalla sacca governativa di Deir el-Zor e penetrando per la prima volta nell'estremo nord

dell'omonimo governatorato.[600]

Sul piano diplomatico, l'11 febbraio a Monaco di Baviera, viene organizzata una conferenza allo scopo di

analizzare le condizioni per un rilancio del processo politico di pacificazione della Siria[601]

. L'incontro è

organizzato da USA e Russia, con la partecipazione delle principali nazioni mediorientali, incluse Arabia

Saudita e Iran e delle Nazioni Unite[602]

. Il 12 febbraio, con una dichiarazione congiunta, i ministri degli esteri

russo e americano annunciano un accordo sulla consegna di aiuti umanitari in Siria e su un cessate il fuoco "entro

una settimana"[603]

. Il piano, che esclude lo Stato Islamico e il Fronte al-Nusra, viene approvato dal governo

siriano[604]

, dai miliziani curdi[605]

e da circa 100 gruppi armati dell'opposizione[606]

. La tregua entra in vigore il 25

febbraio a mezzanotte[607]

.

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L'arretramento dello Stato Islamico (marzo - luglio 2016)

Sebbene nei primi giorni di marzo vengano segnalate alcune violazioni della tregua[608]

, si registra una

diminuzione sostanziale dei combattimenti. Fonti americane riportano una riduzione tra "l'80 e il 90 per

cento"[609]

. La tregua ha come conseguenza la riapertura di negozi e scuole in molte città siriane[610]

, oltre

all'apertura di corridoi umanitari per la distribuzione di aiuti alla popolazione civile[611]

. Si registrano in alcune

città sotto controllo ribelle la formazione di manifestazioni di critica verso il regime simili a quelle del primo anno

di rivolta[612]

.

Il 14 marzo, il presidente russo Vladimir Putin, annuncia il progressivo ritiro delle forze russe dal territorio siriano

come gesto di distensione in vista dei colloqui di pace[613]

. Viene comunque garantito sostegno aereo alle truppe

siriane sui fronti attivi contro lo Stato Islamico[614]

.

Aree riconquistate dalle forze governative siriane (in rosso) al 26 marzo, prima della presa di Tadmur (Palmira) il giorno

seguente

Il perdurare della tregua permette sia all'esercito siriano, che alle milizie ribelli di concentrare gli sforzi contro

lo Stato Islamico. L'operazione più significativa è quella condotta dalle truppe siriane che, con l'importante

sostegno dell'aviazione russa e di numerose milizie alleate, il 12 marzo lancia un'importante offensiva per la

riconquista di Palmira (antica città romana) e di Al-Qaryatayn, entrambe occupate dallo Stato Islamico

rispettivamente a maggio ed agosto del 2015. Dopo una lenta avanzata il 27 marzo le truppe siriane completano la

liberazione della città nuova di Palmira, dopo aver già riconquistato il sito archeologico e l'aeroporto, provocando

la ritirata dei miliziani islamisti verso Raqqa e Deir Ezzor. Nei giorni seguenti fonti siriane affermano che il

prezioso sito archeologico si trova in buone condizione anche se alcuni edifici, come i templi di Bell,

di Baalshamin e l'Arco di Trionfo, sono stati completamente distrutti dai seguaci dello Stato Islamico, mentre altri

danni più o meno gravi vengono riportati al castello medievale, alla valle delle tombe e al museo cittadino[615][616]

.

Nel frattempo truppe speciali russe vengono inviate a Palmira per aiutare gli alleati siriani nella bonifica della città

vecchia e nuova da mine e trappole esplosive lasciate dall'ISIS in ritirata. Il 3 aprile anche Al-Qaryatayn viene

riconquistata, permettendo alle truppe siriane di controllare gran parte dell'area desertica della Siria centrale e di

organizzare una testa di ponte per una futura offensiva verso la sacca di Deir Ezzor o la frontiera irachena[617]

.

Il 13 aprile si tengono, nei territori controllati dal governo e dai suoi alleati, le elezioni parlamentari per il rinnovo

del Consiglio del popolo, nonostante il boicottaggio delle opposizioni e al di fuori del processo di pace promosso

dall'ONU: con un'affluenza del 57,56%, la coalizione guidata dal Partito Ba'th di Assad ottiene 200 seggi su

250.[618][619]

Il 6 giugno, viene eletta presidente del parlamento Hadiyeh al-Abbas, prima donna a ricoprire questo

ruolo in Siria.[620]

Situazione a nord di Aleppo a fine maggio 2016: in verde i ribelli, in controllo delle città di Azaz e Mare', in nero l'ISIS

Intanto, a partire dal 10 marzo, si accendono violenti scontri tra i combattenti dello Stato Islamico e le milizie

ribelli anti-governative, supportati dalla Turchia e dai raid aerei statunitensi, nell'estremo nord della provincia di

Aleppo al confine con la Turchia. Nelle settimane seguenti numerosi villaggi cambiano più volte di mano.[621]

A

sud-ovest di Aleppo invece, la fragile tregua, siglata il 25 febbraio, va definitivamente in frantumi nei primi giorni

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di aprile a seguito di una violenta ed improvvisa offensiva di al-Nusra e altre sigle ribelli. Il 2 aprile gli insorti

catturano Tel Al-Eis, mentre il 6 maggio riconquistano anche Khan Tuman.[622][623]

Nonostante le difficoltà

incontrate a sud di Aleppo, tra aprile e maggio l'esercito siriano e i suoi alleati spostano invece la loro attenzione

sulla grande sacca ribelle ad est di Damasco, riuscendo a riconquistare numerosi villaggi e posizioni in mano agli

insorti da ben quattro anni, approfittando dello scoppio di ostilità tra diversi gruppi ribelli.[624]

Offensiva dei curdi (in giallo) contro l'ISIS verso Manbij

Nel frattempo anche le milizie curde riprendono la loro attività contro lo Stato Islamico, lanciando un'offensiva

contro la capitale dell'ISIS, Raqqa, conquistando negli ultimi giorni di maggio alcuni piccoli centri abitati nel nord

della provincia di Raqqa, a circa 50 km dal capoluogo, e, contemporaneamente, nelle vicinanze di Manbij nella

provincia di Aleppo. Ad inizio di giugno le forze regolari siriane riprendono l'avanzata lungo l'autostrada Ithriyah-

Raqqa, già avviata nel febbraio precedente, iniziando secondo alcuni osservatori internazionali una sorta di "corsa

per Raqqa" in competizione con le unità curde. Le truppe siriane conquistano il 3 giugno il villaggio di Zakiyah, a

circa 50 km dall'ex aeroporto di Tabqa e 90 km dalla capitale del Califfato.[625]

Nei giorni seguenti, mentre i curdi

arrestano la loro offensiva verso Raqqa e ampliano invece il loro controllo nelle campagne tra l'Eufrate e Manbij,

le forze governative avanzano ulteriormente lungo l'autostrada, conquistando il 7 giugno alcuni villaggi a circa 30

km dalla base aerea di Tabqa.[626]

Il 10 giugno le forze curde accerchiano completamente la città di Manbji,

ponendola sotto assedio, mentre tra l'11 e il 12 le truppe governative occupano lo strategico snodo stradale di

Safyeh e gli adiacenti impianti petroliferi, a circa 20 km dalla base di Tabqa e 65 km da Raqqa. Per far fronte alle

avanzate di curdi e governativi, l'ISIS abbandona spontaneamente la periferia di Marè e numerosi villaggi a nord

di Aleppo, che vengono così rioccupati dai ribelli filo-turchi. Dopo aver proseguito l'avanzata fino a circa 10 km

dalla base aerea, tra il 19 e il 20 giugno le forze governative subiscono il contrattacco dell'ISIS, che le costringe a

ritirarsi fino alle loro basi di partenza al confine tra le provincie di Hama, Aleppo e Raqqa.[627]

Accantonata ogni

ulteriore azione verso Tabqa, i governativi tornano a fine giugno all'offensiva a nord di Aleppo, riuscendo a

conquistare nei giorni seguenti alcuni punti strategici che permettono di bersagliare con l'artiglieria la cosiddetta

"Castello Road", unica via di rifornimento per i ribelli ancora asserragliati nella

metropoli.[senza fonte]

Contemporaneamente proseguono inoltre i successi dell'esercito nella sacca di resistenza ad est

di Damasco.[senza fonte]

Il 1º luglio invece Al-Nusra ed altre sigle alleate riescono a riconquistare l'importante

cittadina di Kinsabba, nel nord della provincia di Latakia. Il 16 luglio la strategica località viene però riconquistata

dalle forze governative.[senza fonte]

L'assedio di Aleppo (luglio 2016 - presente

Ad Aleppo, dopo lente operazioni che permettono all'esercito di riconquistare la zona delle fattorie Mallah, il

quartiere di Bani Zaid e parte di quello di Al-Layramoun, le truppe governative avanzanti da nord e da sud

riescono infine il 27 luglio a ricongiungersi ad ovest del quartiere curdo di Sheikh Maqsoud, isolando e ponendo

sotto assedio la parte est di Aleppo ancora in mano ai ribelli dell'FSA, Ahrar al-Sham e al-Nusra.[628]

La Russia e

il governo siriano dichiarano quindi l'apertura di "corridoi umanitari" per evacuare dalle zone della città sotto

controllo ribelle i civili (circa 250.000) e i combattenti disposti ad arrendersi,[629]

e nei giorni successivi circa 150

civili e alcune decine di ribelli lasciano l'area assediata di Aleppo.[630]

Il 28 giugno, il fronte al-Nusra annuncia di

aver reciso i rapporti con al-Qaida, per non fornire a Russia e Stati Uniti pretesti per attaccarlo.[631]

Il 31 luglio però le milizie ribelli, dopo aver fatto affluire numerosi rinforzi dalle provincie di Idlib e Hama,

lanciano una violenta ed improvvisa offensiva a sud-ovest della metropoli con circa 8.000-12.000 uomini e decine

di carri armati, blindati e lanciarazzi,[senza fonte]

allo scopo di rompere l'assedio dei governativi in una zona già teatro

nei mesi precedenti di vari e vincenti contrattacchi da parte degli insorti[632]

. I ribelli, dopo aver dato fuoco a

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cataste di copertoni per creare una cortina fumogena e impedire così l'azione delle forze aree russe e siriane,

attaccano i distretti di Ramouseh, dove ottengono scarsi successi, e di Hamadaniyah, dove invece riescono ad

occupare il quartiere di Rashidin, la scuola militare di Al-Hikma e la zona residenziale 1070, fino a lambire

l'importante Accademia Militare Al-Assad. I ribelli riescono in generale a giungere a circa 1 Km dalla rottura

dell'assedio.[senza fonte]

Tra il 1° e il 2 agosto, dopo aver tamponato l'offensiva ribelle e fatto affluire rinforzi, le

truppe governative contrattaccano con il prezioso sostegno dell'aviazione russa. Proprio un elicottero russo Mil-

8 viene abbattuto dalle truppe ribelli con una mitragliatrice contraerea[senza fonte]

il 1° agosto presso Saraqeb, in

provincia di Idlib, dopo una missione su Aleppo, causando la morte dei 5 membri dell'equipaggio i cui corpi

vengono fatti oggetto di scempio da parte dei jihadisti[senza fonte]

. Nelle ore seguenti l'aviazione russa esegue

numerose e violenti incursioni sul luogo dell'abbattimento, nell'occasione viene anche denunciato l'uso di gas

tossici[633]

. L'offensiva governativa riesce comunque a mettere al sicuro l'Accademia Militare e a recuperare gran

parte del terreno perduto, come la metà della zona residenziale 1070, scongiurando quindi il tentativo dei ribelli di

rompere l'anello attorno ad Aleppo est. Il 4 agosto le milizie ribelli lanciano un nuovo e violento attacco nel

quartiere di Ramouseh, contro la locale base di artiglieria, facendo ancora largo uso di attentatori suicidi. Gli

insorti riescono a penetrare nella base e ad occupare il più meridionale dei tre settori che compongono il

complesso, il collegio armamenti, ma vengono comunque bloccati dai governativi e dai massicci bombardamenti

russi.[senza fonte]

Tuttavia, nella notte tra il 6 e il 7 agosto, la pressione dei ribelli si fa insostenibile e le truppe filo-

governative decidono quindi di indietreggiare per riorganizzarsi. I miliziani occupano quindi il collegio di

artiglieria, le restanti zona del quartiere di Ramouseh e attaccano il collegio dell'aeronautica, ultimo settore della

base militare. A seguito di ciò i ribelli riescono a rientrare in contatto con i loro alleati assediati, il corridoio aperto

è comunque ancora troppo stretto per permettere il passaggio in sicurezza di rinforzi. Nei giorni seguenti l'esercito

siriano, mentre inizia ad ammassare ingenti rinforzi nelle proprie retrovie, evacua definitivamente anche il

collegio dell'aeronautica. A nord-est di Aleppo il 12 agosto, dopo due mesi di assedio, le milizie curde, con il

sostegno dell'aviazione statunitense, conquistano definitivamente la città di Manbij, occupata dai ribelli anti-Assad

nel luglio 2012 e poi in mano allo Stato Islamico dal gennaio 2014. Il 16 Agosto l'Esercito Arabo Siriano

riconquista il quartiere 1070 ad Aleppo, mettendo in seria difficoltà il fronte ribelle che perde così una posizione

strategica e consentendo alle forze governative di mantenere l'assedio nella zona della città ancora in mano ai

ribelli.

Le forze in campo

Forze filogovernative

Lo stesso argomento in dettaglio: Organizzazioni e gruppi armati nella guerra civile siriana § Forze

filogovernative.

La principale forza che il governo siriano ha a disposizione nel contrasto dell'insurrezione armata sono le Forze

armate siriane. Pur subendo nei primi due anni di conflitto un continuo flusso di disertori verso le formazioni

ribelli, anche tra gli alti ranghi, ha mantenuto una struttura organizzata e gli uomini che ricoprono i ruoli strategici

sono rimasti fedeli al governo. Le diserzioni hanno interessato solo un terzo degli effettivi.

Il governo può anche contare su una forza armata parallela composta principalmente da minoranze religiose

siriane minacciate dalle frange islamiste dei ribelli: la Forza Nazionale di Difesa. Questa milizia, addestrata e

organizzata dal governo, ha avuto una forte crescita e gode di una buona popolarità in quanto gli uomini arruolati

vengono dislocati nelle aree intorno al loro territorio di origine.

Un altro gruppo che è stato importante per il governo nelle fasi iniziali della rivolta per reprimere le

manifestazioni è la milizia Shabiha, che non ha però una reale struttura interna ed è composta da alawiti spesso

legati alla criminalità comune. Miliziani Shabiha si sono resi protagonisti di alcune delle stragi più brutali della

guerra civile.

A sostegno del governo è intervenuta nell'aprile 2013 la milizia libanese Hezbollah, storico alleato siriano ed

emanazione dell'Iran sciita. L'esperienza militare di Hezbollah ha contribuito alla svolta militare a favore

dell'esercito governativo, che da allora mantiene l'iniziativa.

L'Iran per sostenere sostenere l'alleato in difficoltà ha mobilitato i suoi Pasdaran che operano in qualità di

"consiglieri militari" assieme alle forze armate siriane. Il numero di consiglieri è oggetto di diverse speculazioni:

alcuni sostengono che siano meno di 5,000, altri che siano almeno 20,000; una cifra realistica sembrerebbe essere

10,000 uomini.[senza fonte]

Inoltre in Siria operano anche gli uomini della Forza Quds (Brigate Gerusalemme) sotto il

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comando del Generale Qasem Soleimani; questi svolgono ruolo di supporto alle truppe governative fornendo

assistenza militare sul campo all'esercito regolare e addestrando le milizie sciite e cristiane.

Parte dei profughi palestinesi che da decenni vivono nei campi di rifugiati in Siria si è poi schierata al fianco del

Governo Siriano, per l'aiuto fornito in passato dalla Siria alla causa palestinese. Questi hanno formato delle milizie

armate e addestrate dal Governo, ricevendo aiuto anche dalla Cisgiordania come volontari e fondi, che

combattono soprattutto nel sud del paese difesa dei campi profughi palestinesi, ma anche partecipando alle

offensive governative in quei settori.[senza fonte]

Hezbollah non è l'unica milizia sciita che ha affiancato l'esercito governativo. Oltre a milizie sciite siriane, vi sono

almeno 4 gruppi armati iracheni e un gruppo sciita yemenita.

Altre formazioni minori, comunque gestite dal governo, sono comparse in Siria. Tra queste alcune di ispirazione

laica, collegate al socialismo arabo o all'ideologia baathista.

Dall'ottobre 2015 in Siria operano su richiesta di Damasco anche le Forze Armate della Federazione Russa.

Benché al Marzo 2016 il Presidente Putin abbia ridotto il corpo di spedizione, in Siria operano comunque diverse

unità dell'aviazione militare, della marina e diversi nuclei di Spetsnaz.

Forze ribelli

Lo stesso argomento in dettaglio: Organizzazioni e gruppi armati nella guerra civile siriana § Forze ribelli.

Nei primi anni di guerra, la principale forza di opposizione al governo siriano è l'Esercito siriano libero, che, da

formazione egemone ha subito un lento declino a favore di altre formazioni di ispirazione islamista, che hanno

progressivamente assunto il comando delle operazioni militari sul campo e sono cresciute in termini di uomini e

mezzi.

L'ossatura dell'ESL è formata da soldati disertori dell'esercito regolare e le brigate che lo compongono sono

composte da siriani (nella quasi totalità di religione sunnita) armati e addestrati allaguerriglia. L'interlocutore

politico dell'ESL è la Coalizione Nazionale Siriana, che ha sede a Doha ed è stata riconosciuta da molte nazioni

come "legittima rappresentante del popolo siriano".

Fin dal 2012 in Siria compaiono i primi gruppi armati composti da fondamentalisti islamici che hanno come

obiettivo l'instaurazione di un emirato in Siria, governato secondo i dettami della sharia. Il primo gruppo di rilievo

è il Fronte al-Nusra, che è l'emanazione siriana della rete terroristica di al-Qaeda e introduce la pratica degli

attacchi suicidi nelle città siriane. Da una costola del Fronte al-Nusra fuso con lo Stato Islamico dell'Iraq nasce

lo Stato Islamico dell'Iraq e Levante (ISIS), che rappresenta la forma più estrema di jihadismo e di estremismo

islamico. Le sue azioni, che sconfinano in Iraq, procurano una frattura nel fronte ribelle e alienano definitivamente

il sostegno di molti siriani, soprattutto appartenenti alle minoranze religiose, alla causa ribelle. L'ISIS accoglie tra

le sue fila un altissimo numero di combattenti non-siriani[634]

.

Con l'appoggio determinante dell'Arabia Saudita nasce il Fronte Islamico, che compete con l'Esercito siriano

libero nel numero di miliziani e permette il coordinamento di 7 formazioni islamiste minori. Anche

il Qatar finanzia e rifornisce una milizia armata: la Brigata Ahfad al-Rasul.

Nel teatro siriano sono presenti un altissimo numero di altre milizie e brigate ribelli, quasi sempre legate

al fondamentalismo islamico e non controllate dalle formazioni maggiori. La nascita e la scomparsa di formazioni

ribelli è frequente, come la militanza di combattenti in due o più formazioni contemporaneamente.

Forze curde

Lo stesso argomento in dettaglio: Organizzazioni e gruppi armati nella guerra civile siriana § Forze curde.

Le principali milizie armate curde sono le Unità di Protezione Popolare (YPG), che combattono sia contro le forze

governative che contro quelle ribelli, in particolare quelle dell'ISIS. La loro strategia è prettamente difensiva in

quanto l'obiettivo del gruppo è la tutela della comunità curda nel nord della Siria. Il loro referente politico è

il Comitato Supremo Curdo, che raggruppa tutti i partiti politici siriani curdi e gode dell'appoggio politico e

militare del Kurdistan iracheno. L'obiettivo politico delle forze curde è il riconoscimento dell'autonomia del

Kurdistan siriano.

Tra i gruppi che affiancano le milizie YPG ve ne sono alcuni che contengono combattenti arabi e alcuni i cui

combattenti appartengono alla minoranza etnica assira.

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I combattenti stranieri nelle forze ribelli

Lo stesso argomento in dettaglio: Combattenti ribelli stranieri nella guerra civile siriana.

Elemento caratterizzante della guerra civile siriana è il forte afflusso di cittadini non siriani tra le file delle milizie

ribelli. La maggior parte di questi miliziani ha ingrossato le file delle formazionijihadiste, in prevalenza quelle

del Fronte al-Nusra e dello Stato Islamico dell'Iraq e Levante. Un numero ridotto di volontari stranieri è

intervenuto anche a sostegno delle milizie curde[635]

e di quelle cristiane[636]

.

Un cecchino ribelle.

I miliziani stranieri provengono da almeno 74 nazioni diverse che includono sia paesi a maggioranza musulmana,

che paesi occidentali, inclusa l'Italia[637][638]

. Spesso i miliziani provenienti dall'Europa Occidentale sono

immigrati di seconda generazione[639]

.

Il numero complessivo di miliziani stranieri si aggira tra gli 11.000 e i 15.000[640][641]

raggiungendo una cifra mai

registrata in nessun altro precedente conflitto in Medio Oriente e quindi superando la presenza di stranieri durante

la guerra contro l'intervento sovietico in Afghanistan[642]

.

A differenza delle milizie straniere alleate dell'esercito regolare siriano, che sono inquadrate in strutture

organizzate e omogenee, l'afflusso di stranieri nelle milizie ribelli è spesso disorganizzato e ispirato dalla volontà

del singolo individuo. I governi degli Stati da cui provengono i miliziani stranieri esprimono il forte timore che al

termine della guerra civile siriana, essi possano rientrare in patria e commettere atti terroristici[643]

. Alcune

nazioni, come la Gran Bretagna, stanno organizzando apposite contromisure, come il ritiro del passaporto ai

combattenti inglesi in Siria[644]

.

La presenza di stranieri, quasi sempre legati al fondamentalismo islamico, procura un forte argomento di

propaganda per il governo siriano, che ha la possibilità di accusare il "nemico esterno" e un problema per le frange

più moderate dell'opposizione siriana, che vede alienarsi il sostegno di parte di popolazione a seguito delle azioni

degli stranieri. Il fanatismo dei combattenti stranieri li ha infatti resi protagonisti di massacri sia verso le truppe

governative che verso gli altri ribelli moderati e i civili[645]

. Nel 2013 in Siria scoppia un'epidemia di poliomielite.

L'Organizzazione mondiale della sanità accerta che il virus ha origine pakistana, probabilmente importato da un

combattente straniero[646]

.

Impiego delle armi chimiche

Lo stesso argomento in dettaglio: Attacco chimico di Ghuta.

La Siria fin dagli anni '70 aveva sviluppato segretamente un programma di armamento chimico principalmente

come strumento di deterrenza nei confronti dell'armamento nucleare israeliano[647]

. Sebbene la detenzione di tale

armamento sia stata sempre negata dai governi siriani, alcune analisi condotte da servizi segreti occidentali

valutano l'arsenale chimico siriano come "il più grande del mondo"[648]

distribuito in una serie di magazzini

contenenti circa 1.000 tonnellate di materiale tra cui iprite, gas VX e gas sarin[649]

.

L'Organizzazione delle Nazioni Unite ha ricevuto, durante la guerra civile siriana, 16 denunce di utilizzo di armi

chimiche. Di questi episodi solo 7 sono stati effettivamente sottoposti ad indagine e in 4 casi è stata accertata la

presenza di gas sarin. Essendo i magazzini di stoccaggio posizionati in aree sia sotto controllo governativo che

ribelle, non è stato possibile accertare chi abbia fatto uso degli agenti chimici[650]

. Una relazione dei servizi segreti

americani riporta come "sicura" l'entrata in possesso da parte dei ribelli di armi chimiche[651]

.

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Il primo attacco documentato viene condotto il 19 marzo 2013 a Khan al-Assal, sobborgo di Aleppo. A seguito del

lancio di un razzo, vengono uccise 26 persone tra cui 16 soldati governativi. I morti e i feriti presentano segni di

intossicazione da gas sarin. Governo e ribelli si accusano a vicenda dell'attacco[652]

. Una delegazione russa di

esperti in arme chimiche, invitata dal governo siriano, trova tracce del componente chimico ed attribuisce la

responsabilità ai ribelli[653]

. L'ONU riesce a organizzare un'indagine indipendente solo nell'agosto 2013 in cui

concorda con gli esperti russi sull'uso del gas sarin ma non attribuisce responsabilità[654]

.

Il 29 aprile 2013 avviene un nuovo sospetto attacco a Saraqib, che causa 2 morti. Alcuni medici turchi riescono ad

eseguire analisi del sangue sui cadaveri senza trovare traccia di agenti chimici[655]

. In seguito nuove analisi

condotte da medici francesi riportano invece la presenza di gas nervino[649]

.

Il 5 agosto 2013 i ribelli siriani denunciano un attacco chimico perpetrato dall'esercito siriano ai loro danni. La

denuncia è accompagnata da un filmato la cui autenticità non è provata. Non esistono analisi indipendenti di

questo episodio[656]

.

Il 21 agosto 2013 si verifica il più grave attacco chimico verificatosi durante la guerra. Quello che poi verrà

chiamato "attacco chimico di Ghuta", colpisce con gas sarin i sobborghi di Damasco di Jobar, Zamalka, 'Ain

Tirma, Hazzah e la regione della Ghuta Orientale provocando almeno 635 morti, principalmente civili.

Un'indagine dell'ONU di 3 settimane conferma l'utilizzo del gas sarindiffuso attraverso missili superficie-

superficie[657]

. L'analisi dell'ONU tuttavia non chiarisce chi abbia perpetrato l'attacco[658]

.

L'attacco di Ghuta scatena una forte reazione internazionale in cui gli Stati Uniti accusano il governo siriano,

mentre la Russia accusa i ribelli di aver usato le armi chimiche al puro scopo di incolpare il governo e causare un

intervento militare occidentale[659]

.

Il 14 settembre 2013, viene evitato l'intervento internazionale nella guerra civile siriana grazie ad un accordo tra

Stati Uniti, Russia e Siria per l'eliminazione delle armi chimiche siriane attraverso l'intermediazione dell'ONU[660]

.

L'11 aprile 2014 si verifica un nuovo episodio collegabile all'utilizzo di agenti chimici come strumento d'attacco.

Nella cittadina di Kafr Zita, nel governatorato di Hama, viene riportata l'intossicazione di circa 200 persone e la

morte di 2 a seguito dell'inalazione di gas al cloro. Secondo fonti vicine ai ribelli l'attacco sarebbe stato condotto

dalle forze aeree siriane per interrompere l'avanzata dei miliziani verso la città strategica di Khan Shaykhun[661]

.

Il cloro tuttavia non è contemplato tra le sostanze proibite dalla Convenzione sulle armi chimiche[662]

.

Il coinvolgimento di altri Stati

Posizioni in merito alla guerra civile siriana: gli stati in verde appoggiano l'opposizione, mentre quelli in rosso il governo

siriano.

Fra gli Stati che appoggiano economicamente e militarmente le forze ribelli che hanno come riferimento politico

la Coalizione Nazionale Siriana vi sono Stati Uniti[663]

, Gran Bretagna[664]

, Francia[665]

e i più importanti Stati

sunniti del Medio Oriente, tra cui Qatar[666]

, Arabia Saudita[667]

e Turchia[668]

che estendono il loro appoggio

anche alle fazioni più integraliste.

Il governo di Damasco riceve sostegno finanziario, politico e militare principalmente da parte

di Russia[669]

e Iran[670]

, mentre forniscono un sostegno minore anche Corea del Nord[671]

, Venezuela[672]

e il

vicino Iraq[673]

, che subisce lo sconfinamento di alcune milizie islamiste.

A giugno 2012 nasce l'organizzazione "Amici della Siria", un gruppo di oltre ottanta nazioni che si riuniscono

periodicamente per discutere della crisi. Tuttavia, a causa dello sbilanciamento a favore del fronte ribelle e

dell'emergere dei crimini commessi da alcune formazioni fondamentaliste, il gruppo si è ridotto a solo 10 membri.

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La Lega Araba ha sospeso la Siria dai suoi membri a causa della repressione attuata dal governo[674]

. Le Nazioni

Unite hanno nominato un inviato speciale per la crisi siriana il 24 febbraio 2012. Tale ruolo è stato ricoperto

da Kofi Annan[675]

, sostituito il 17 agosto 2012 da Lakhdar Brahimi[676]

e il 10 luglio 2014 da Staffan de

Mistura[677]

L'evolversi della crisi siriana viene seguita da vicino anche da paesi dichiaratisi neutrali, come la Germania, che

schiera al largo delle coste siriane la nave spia Oker, dotata di strumenti radar molto avanzati e in grado di

intercettare qualsiasi comunicazione o movimento aereo fino a 600 km di distanza.[678]

Anche la posizione dell'Italia è ambivalente. Da una parte si è criticato il governo siriano sottoscrivendo

al G20 di San Pietroburgo un documento che lo accusa dell'utilizzo di armi chimiche[679]

, dall'altro è stato negato

qualsiasi utilizzo delle basi aeree italiane in caso di attacco alla Siria[680]

. Il governo italiano ha spinto in

sede ONU per un coinvolgimento maggiore dell'Iran nella soluzione politica della crisi[681]

.

Sconfinamenti nei paesi limitrofi

Durante la guerra civile siriana si sono verificati degli episodi che hanno causato uno sconfinamento del conflitto

nei paesi limitrofi. In particolare la formazione ribelle di ispirazione islamista e originariamente legata ad Al-

Qaida, Stato Islamico dell'Iraq e Levante nel giugno 2014 entra in forze in territorio iracheno e conquista larghe

fette di territorio, inclusa la seconda città del Paese,Mosul. Tale evento implica un allargamento del conflitto su

scala regionale.

Gli episodi relativi agli sconfinamenti negli altri paesi circostanti consistono in scontri armati, attentati,

destabilizzazioni politiche o semplici sconfinamenti di uomini e mezzi oltre frontiera. Gli sconfinamenti hanno

coinvolto sia truppe regolari dell'esercito siriano, sia miliziani ribelli.

Di seguito è presente una lista degli sconfinamenti:

Sconfinamento in Iraq

Sconfinamento in Libano

Sconfinamento in Turchia

Sconfinamento in Giordania

Schieramenti navali

Nel mar Mediterraneo sono presenti navi di vari paesi, il cui intervento nella crisi siriana è possibile. Alcune di

queste appartengono a paesi rivieraschi o sono parte di formazioni navali stabili come la Sesta flotta statunitense o

la Stanavformed della NATO. Altre sono presenze occasionali di paesi con interessi nell'area come le navi russe

appartenenti alla flotta del Mar Nero ridislocate nell'occasione, in quanto nessuna nave da guerra russa è

stabilmente di base nel Mediterraneo. Ad esse si aggiungono le navi della marina militare siriana, obsolete e dal

limitatissimo potenziale offensivo, le cui navi più grosse sono 3 corvette Classe Petya da 1.100 t non dotate di

missili antinave, e motovedette lanciamissili classe Osa da 200 t[682]

. Le forze siriane sono di base nei porti di

Baniyas, Latakia, Minat al Bayda e Tartus.

Mappa della base navale di Tartus, con i moli russi evidenziati dal numero 5

La politica russa è estremamente contraddittoria nelle sue dichiarazioni, tanto che nel giro di 24 ore, il 26 giugno,

fonti diplomatiche parlavano di ritirare tutto il personale dalle basi siriane[683]

, ed il 27 il ministero della difesa

smentiva[684]

; inoltre i moli ad uso esclusivo della marina russa a Tartus, che non è classificata come base navale

ma come struttura logistica (Пункт материально-технического обеспечения, ПМТО)[685]

, non consentono

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l'attracco di navi superiori a 100m di lunghezza, possibile però nel resto del porto; la forza navale russa schierata

in area dovrebbe aggirarsi intorno alle 10 unità, con fulcro sull'incrociatore lanciamissili Moskva, ammiraglia della

flotta del Mar Nero, e sul cacciatorpediniere Smetlivy[686]

; in viaggio per la Siria sarebbe in viaggio la nave per

operazioni anfibie Nikolai Filchenkov con un carico di missili S-300 per la Siria[686]

.

Molte informazioni sugli schieramenti navali nell'area sono illazioni non confermate e comunque poco attendibili

vista la rapida evoluzione degli eventi; l'incrociatore Moskva doveva rimpiazzare, secondo fonti del 4 settembre, il

cacciatorpediniere lanciamissili Admiral Panteleyev della Classe Udalojspecializzata nella lotta

antisommergibile[687]

come dichiarato all'agenzia Interfax. Sempre al 4 settembre, la squadra russa era composta

dalle navi da sbarco Aleksandr Shabalin, Admiral Nevelskoy e Peresvet, scortate dalla fregata Neustrashimy, da un

rifornitore e un rimorchiatore[687]

.

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