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Questa è l’incredibile storia vera di un uomo che ha dedicato la suavita a scrivere il libretto di istruzioni per l’universo. Dalla nascitasotto le bombe all’infanzia nella grande casa che risuonava di musicae di bizzarro lessico familiare. Dai giorni di scuola, leader naturale trai compagni che lo soprannominarono “Einstein” nonostante i votiscarsi, alla terribile scoperta dei primi sintomi di una malattiadegenerativa incurabile, la sclerosi laterale amiotrofica. È il 1963 eStephen Hawking ha ventun anni. Secondo i dottori gliene restano davivere al massimo altri due. Con la minaccia di una morte prematurache incombe sulla sua testa, questo svogliato studente di fisica diOxford si lancia nel campo delle ricerche cosmologiche, rendendosiconto che c’è “una quantità di cose importanti che avrei potuto fare sela mia condanna fosse stata sospesa”. Oggi, sta per festeggiare ilsettantesimo compleanno, è un genio riconosciuto del nostro tempo, ela radiazione che porta il suo nome potrebbe trovare una confermadefinitiva.Questa è anche la storia di una grande avventura del pensiero. KittyFerguson, che da oltre vent’anni collabora con Hawking, intreccia consapienza al racconto della sua vita quello della sua ricerca: laconciliazione fra la relatività generale e la meccanica quantistica, laTeoria M e la prospettiva di una “Teoria del Tutto”, il paradossodell’informazione, l’espansione dell’universo e la possibile esistenza diun multiverso iperdimensionale. Guidandoci alla scoperta di una vitache ha superato e sconfitto ogni previsione, Ferguson illumina per noii meandri di una mente straordinaria. Quella di un uomo che hatrasformato un limite fisico in una rampa di lancio da cui esploraregli angoli più remoti del cosmo, guidandoci “con gioia dovedovrebbero trovarsi — ma non ci sono — i confini del tempo e dellospazio”.

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Kitty Ferguson è autrice di diversi libri di divulgazione scientifica.Tra quelli pubblicati in Italia Dalla Terra alle galassie (Longanesi2001), L’uomo dal naso d’oro (Longanesi 2003) e La musica di Pitagora(Longanesi 2009). Vive attualmente nel New Jersey.

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Kitty Ferguson

Stephen Hawking

Una vita alla ricerca del tutto

Traduzione di Daniele Didero e Manuela Carozzi

Rizzoli

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Proprietà letteraria riservata© 1991, 2001, 2011 by Kitty Ferguson.

This edition published by arrangement with Grandi & Associati© 2011 RCS Libri S.p.A., Milano

ISBN 978-88-58-62002-1

Titolo originale dell’opera:STEPHEN HAWKING. ADVENTURES OF A LIFETIME

Prima edizione digitale 2011 da edizione ottobre 2011

In copertina: elaborazione grafica © Getty Images/BloomImage; per la fotografia di Stephen Hawking © AbdRabbo/Sipa/Associated Press

progetto grafico di Josh Balleza per Mucca Designwww.rizzoli.eu

Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore.È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

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A mia nipote Grace

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Parte prima

1942-1975

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«La ricerca di una Teoria del Tutto»

1980

Nel centro storico di Cambridge, in Inghilterra, c’è un gruppetto divicoli che sembra quasi non essere stato toccato dai cambiamentidell’ultimo secolo. Le case e gli edifici rappresentano un miscuglio diepoche, ma se giriamo l’angolo per imboccare una qualsiasi di questestradine è come se tornassimo indietro nel tempo, varcando unpassaggio che ci porta fra le vecchie mura del college o in un viottolosu cui si affacciano una chiesa medievale e il suo sagrato, o unavecchia fabbrica di malto. I rumori del traffico provenienti dallestrade vicine – altrettanto antiche, ma più frequentate – sipercepiscono appena. Regna quasi il silenzio: si sentono il canto degliuccelli, qualche voce, il suono dei passi. Studiosi e cittadini hannopercorso queste vie per secoli.

Nel mio primo libro su Stephen Hawking, scritto nel 1990, hoiniziato il racconto in una di queste stradine, Free School Lane, cheparte da St Bene’t Street, presso la chiesa di san Benedetto, con il suocampanile dell’XI secolo. Svoltato l’angolo, nel viottolo, si vedonoancora i fiori e i rami che sporgono attraverso l’inferriata del sagrato,come vent’anni fa. Le biciclette legate alle sbarre sembrano offuscarel’atmosfera antica del luogo, ma un po’ più avanti, sulla destra, c’è unmuro di pietre grezze nere, con una serie di finestre strette, cheappartiene alla Old Court del Corpus Christi College, la più vecchiacorte di Cambridge (risalente al XIV secolo). Voltando le spalle almuro, scorgerete in alto, accanto a un cancello in stile gotico, unatarga che recita: THE CAVENDISH LABORATORY. Il cancello e ilpassaggio retrostante ci introducono in un’epoca più moderna,curiosamente nascosta dietro questa strada medievale.

Non c’è traccia del convento che sorgeva qui nel XII secolo, o deglialberi e dei giardini che sarebbero in seguito cresciuti sulle sue rovine.Ci sono invece alcuni lugubri edifici simili a fabbriche, abbastanza

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oppressivi da somigliare quasi a una prigione, che torreggianosull’asfalto grigio del marciapiede. La situazione migliora inoltrandosinel complesso, e nei due decenni trascorsi dal mio primo libro sonosorte alcune nuove strutture, ma le vetrate di questi edifici moderni,ben progettati, sono comunque condannate a riflettere ben poco oltrela severità dei loro vicini più vecchi.

Per un secolo, fino a quando, nel 1974, l’università di Cambridgenon costruì i «nuovi» laboratori Cavendish, questo complesso ospitòuno dei centri di ricerca più importanti del mondo nel campo dellafisica. Fu qui, per esempio, che «J.J.» Thomson scoprì l’elettrone, oche Ernest Rutherford indagò la struttura dell’atomo; e l’elencopotrebbe continuare a lungo. Quando seguivo le lezioni tenute inqueste aule, negli anni Novanta (non vennero trasferite tutte ai nuoviCavendish nel 1974), si usavano ancora enormi lavagne che venivanofatte salire e scendere con cigolanti sistemi di catene e puleggeazionate da manovelle, per far spazio alle interminabili serie diequazioni dei corsi di fisica.

La Cockcroft Lecture Room, che fa parte di questo stesso sito, èun’aula più moderna. Qui, il 29 aprile del 1980, scienziati, ospiti edignitari dell’università si radunarono sulle file di sedie, disposte ingradinata, di fronte a una doppia lavagna mobile e uno schermo perla proiezione delle diapositive (PowerPoint era ancora un sognolontano). Erano venuti per la lezione inaugurale di un nuovoprofessore lucasiano di matematica, il matematico e fisico StephenWilliam Hawking, trentottenne, chiamato l’autunno precedente aoccupare questa illustre cattedra. Il titolo della sua lezione era unadomanda: «Ci stiamo avvicinando alla fine della fisica teorica?».Hawking fece trasalire il suo uditorio quando annunciò di credere chela risposta fosse affermativa. Li invitò a unirsi a lui in unasensazionale fuga attraverso il tempo e lo spazio alla ricerca del SacroGraal della scienza: la teoria che spiega l’universo e tutto ciò che inesso accade, quella che alcuni chiamavano la «Teoria del Tutto».

Guardando Stephen Hawking, seduto in silenzio su una sedia arotelle mentre uno dei suoi studenti leggeva l’intervento per lui,nessuno di coloro che non lo conoscevano lo avrebbe ritenuto unaguida promettente per una simile avventura, ma i suoi amici ecolleghi accademici presenti tra il pubblico sapevano che la fisicateorica costituiva per lui la grande via di fuga da una prigione ancora

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più opprimente di quella rappresentata dai tetri edifici dei vecchilaboratori Cavendish. Aveva cominciato a convivere con questopesante handicap, la sclerosi laterale amiotrofica, fin da quando, pocopiù che ventenne, studiava all’università e gli era stata pronosticatauna morte prematura. Nel caso di Hawking, il decorso era stato lento,ma quando divenne professore lucasiano non poteva comunque giàpiù camminare, scrivere, nutrirsi da solo o anche soltanto risollevarela testa quando si inclinava in avanti. Parlava farfugliando, e solo chilo conosceva davvero bene era in grado di comprendere ciò chediceva. Per tenere la lezione inaugurale si era preparato in anticipodettando con grande diligenza il testo del suo intervento in modo chepotesse essere letto dallo studente. Di certo, però, Hawking non era enon è un invalido: è un matematico e un fisico attivo, che già alloraalcuni ritenevano il più brillante dopo Einstein. La cattedra lucasiana,istituita nel 1633, è una posizione di estremo prestigio pressol’università di Cambridge: il secondo professore a occuparla era statonientemeno che Sir Isaac Newton.

La decisione di inaugurare il suo nuovo incarico con un discorso incui prediceva la fine della sua stessa disciplina fu una scelta cheesemplifica bene il temperamento iconoclasta di Hawking. Disse chepensava ci fossero buone possibilità di scoprire la cosiddetta Teoriadel Tutto prima della fine del XX secolo, cosa che avrebbe lasciato aifisici teorici come lui ben poco da fare.

A partire da quella lezione molti hanno iniziato a vedere in StephenHawking il portabandiera della ricerca nell’ambito di questa teoria.Eppure, la teoria candidata a divenire la Teoria del Tutto non erastata formulata da lui, ma esisteva già. Era la «supergravità N = 8»che, nelle speranze di numerosi fisici di allora, avrebbe potutounificare tutte le particelle e le forze della natura. Hawking non esitaa sottolineare come il suo lavoro sia soltanto una parte di un’impresaben più grande che coinvolge fisici di tutto il mondo e che si inseriscenel quadro di una ricerca ben più antica: il desiderio di comprenderel’universo, infatti, è senz’altro vecchio quanto la stessa coscienzaumana.

Fin da quando gli esseri umani iniziarono a osservare il cielostellato o l’enorme complessità della natura che li circondava e ariflettere sulla loro stessa esistenza, hanno tentato di darsi dellespiegazioni attraverso i miti, le religioni e, in seguito, con la

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matematica e la scienza. Forse oggi non siamo molto più vicini a unacomprensione del quadro complessivo di quanto non lo fossero inostri più lontani antenati, ma la maggior parte di noi, Hawkingcompreso, amano pensare il contrario.

La storia della vita di Hawking e la sua scienza continuano a esserepiene di paradossi, così come spesso le cose non sono ciò chesembrano: può capitare che le tessere di un puzzle si rifiutino diincastrarsi come dovrebbero; oppure che gli inizi possano rivelarsiconclusioni. Qualcuno potrebbe essere condotto alla felicità non dallafama e dal successo, bensì da circostanze crudeli; o ancora, puòaccadere che due grandi teorie scientifiche prese assieme sembrinoportarci a risultati privi di senso; che lo spazio vuoto non sia vuoto, eche i buchi neri non siano neri. E che un uomo il cui aspetto ispirasgomento e compassione ci guidi con gioia dove dovrebbero trovarsi iconfini del tempo e dello spazio. Per poi scoprire che non ci sono.

Ovunque guardiamo, nel nostro universo, la realtà èsorprendentemente complessa ed elusiva, a volte aliena, non semprefacile da accettare e spesso impossibile da prevedere. Al di là delnostro universo, poi, ce ne potrebbero essere infiniti altri. Il XX secoloè ormai finito e nessuno ha ancora scoperto la Teoria del Tutto. Chene è, allora, della previsione di Hawking? Una teoria scientifica puòessere davvero in grado di spiegare tutto?

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«Il nostro obiettivo non è nientemeno che una descrizionecompleta dell’universo in cui viviamo»

L’idea che tutta la varietà di fenomeni che osserviamo nel mondo enel cosmo, con la sua sorprendente complessità, possa esserericondotta a qualcosa di notevolmente semplice, non è affatto nuovao inverosimile. Nell’Italia meridionale del VI secolo a.C., il saggioPitagora e i suoi discepoli studiarono i rapporti tra le lunghezze dellecorde di una lira e l’altezza dei suoni che producevano, giungendo acomprendere che dietro alla complicata confusione della natura sicela uno schema, un ordine, una razionalità. Nei venticinque secolisuccessivi, i nostri antenati hanno continuato a scoprire – spesso conlo stesso stupore e la soggezione di allora – che la natura è menointricata di quanto possa sembrare a prima vista.

Provate a immaginare di essere un alieno superintelligente che nonabbia alcuna esperienza del nostro universo: esiste un insieme diregole così completo che, una volta studiato, vi consenta di scoprirecon esattezza il nostro universo? Supponiamo che qualcuno vi diaquesta sorta di regolamento cosmico. È concepibile che si tratti di unbreve volumetto?

Per decenni, molti fisici hanno ritenuto che questo libro non fosseaffatto lungo e che contenesse un insieme di princìpi tutto sommatosemplici, o forse addirittura un unico principio che starebbe dietro atutto ciò che è accaduto, accade e accadrà nel nostro universo. Nel1980, Hawking ebbe la presunzione di dichiarare che, entro la fine delXX secolo, avremmo avuto in mano questo manuale delle regole.

La mia famiglia possedeva la riproduzione di un antico gioco datavolo custodito in un museo. Scavando tra le rovine della città di Ur,in Mesopotamia, gli archeologi avevano dissotterrato una tavolafinemente intarsiata accompagnata da alcuni piccoli pezzi (pedine edadi tetraedrici) intagliati; era evidente che si trattava di un qualchegioco complicato, ma nessuno ne conosceva le regole. I produttori delfacsimile avevano tentato di dedurle dal disegno della tavola e dei

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pezzi, ma incoraggiavano gli acquirenti, come noi, a decidere e ascoprire da sé come giocarlo.

Ora, l’universo può essere visto come qualcosa del genere: unmagnifico, elegante, misterioso gioco. Di certo ci sono delle regole,ma il regolamento non è incluso nella confezione. A differenza delgioco reale di Ur, però, l’universo non è un bel reperto archeologico: èvero che è vecchio, ma il gioco continua. Noi e tutto ciò checonosciamo (e ci sono molte cose che ci restano ignote) ci troviamonel bel mezzo della partita; e, se esiste una Teoria del Tutto, neconsegue che stiamo obbedendo ai suoi princìpi, proprio mentretentiamo di scoprire quali sono.

Vi aspetterete che il regolamento completo ed esaustivo del giocodell’universo sia tale da riempire tutti gli scaffali di una grossabiblioteca o la memoria di un supercomputer. Dopotutto, dovrebberoesserci norme che stabiliscono come si formano e si muovono legalassie, come funzionano (e cessano di funzionare) i corpi umani,come gli uomini si relazionano fra di loro, come interagiscono leparticelle subatomiche, come si congela l’acqua, come crescono lepiante, come abbaiano i cani… tutta una serie di regole complicate,insomma, e per di più annidate le une dentro alle altre. Com’èpossibile pensare che tutto questo possa ridursi a pochi princìpi?

Richard Feynman, fisico e premio Nobel americano, fece uneccellente esempio di come funziona il processo di riduzione. C’era untempo, disse, in cui avevamo una certa cosa chiamata «moto»,un’altra chiamata «calore» e un’altra ancora chiamata «suono». «Madopo che Sir Isaac Newton» scrisse Feynman

ebbe spiegato le leggi del moto, si scoprì ben presto che alcuni di questi fenomeni in apparenza diversierano in realtà aspetti della stessa cosa. Per esempio, il suono poteva essere completamente spiegato comemoto degli atomi dell’aria, sicché non venne più considerato come qualcosa di diverso dal moto. Poi siscoprì che anche i fenomeni del calore sono facilmente comprensibili sulla base delle leggi del moto, e fucosì che intere sezioni della fisica vennero unificate in una teoria più semplice.1

La vita tra i mattoncini

Tutta la materia dell’universo come la pensiamo normalmente – voi eio, l’aria, il ghiaccio, le stelle, i gas, i microbi, questo libro – è fatta diminuscoli mattoni costitutivi chiamati atomi; questi ultimi sono aloro volta fatti di oggetti più piccoli, chiamati particelle, e da unsacco di spazio vuoto.

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Le particelle di materia più familiari sono gli elettroni, che orbitanoattorno ai nuclei degli atomi, i protoni e i neutroni, raggruppati neinuclei stessi. Protoni e neutroni sono formati da particelle materialiancora più piccole, dette «quark». Tutte le particelle di materiaappartengono a una classe di particelle note come «fermioni», cosìchiamate in onore di Enrico Fermi. I fermioni, poi, sono collegati daun sistema di messaggi che li portano ad agire e a cambiare in varimodi. Per fare un esempio, un gruppo di esseri umani potrebbedisporre di un sistema messaggistico costituito da quattro differentiservizi: telefono, fax, e-mail e posta ordinaria. Non tutti gli uomini siservirebbero di tutti e quattro per mandare e ricevere messaggi einfluenzarsi a vicenda. Il sistema messaggistico dei fermioni puòessere visto come l’insieme di quattro servizi di questo genere,chiamati forze. C’è un’altra classe di particelle che portano questimessaggi tra i fermioni (e, talvolta, tra loro stesse): si tratta delleparticelle «messaggere», dette più propriamente «bosoni». A quantopare, ogni particella nell’universo è un fermione o un bosone.

Una delle quattro forze fondamentali della natura è la gravità. Laforza gravitazionale che ci lega alla Terra può essere pensata come uninsieme di «messaggi» che alcuni particolari bosoni (detti gravitoni)portano tra le particelle degli atomi che costituiscono il nostro corpoe quelle degli atomi della Terra stessa, messaggi che influenzano taliparticelle spingendole ad avvicinarsi le une alle altre. La gravità è lapiù debole delle forze, ma, come vedremo in seguito, opera su unraggio lunghissimo e agisce su tutto ciò che si trova nell’universo;quando i suoi effetti vengono a sommarsi, può dominare tutte le altreforze.

Una seconda forza è quella elettromagnetica: i suoi messaggi sonoportati da altri bosoni, detti fotoni, tra i protoni nel nucleo di unatomo, tra i protoni e gli elettroni vicini e tra gli elettroni. La forzaelettromagnetica fa sì che gli elettroni orbitino intorno al nucleo. Allivello della nostra esperienza quotidiana, i fotoni si manifestano sottoforma di luce, calore, onde radio, microonde e altri tipi di onde,collettivamente indicate come «radiazione elettromagnetica». Anchela forza elettromagnetica opera su lungo raggio ed è molto più fortedella gravità, ma agisce solo sulle particelle dotate di una caricaelettrica.

Un terzo servizio di messaggi, la forza nucleare forte, tiene unito il

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nucleo dell’atomo.Un quarto, la forza nucleare debole, è la causa della radioattività e

gioca, nelle stelle e nell’universo primordiale, un ruolo essenziale nellaformazione degli elementi.

Le attività di queste quattro forze – gravitazionale,elettromagnetica, nucleare forte e nucleare debole – sono responsabilidi tutti i messaggi tra tutti i fermioni dell’universo e di tutte leinterazioni tra queste particelle; senza le quattro forze, ogni fermione(ogni particella di materia), anche qualora esistesse, resterebbeisolato, senza nessuna possibilità di contattare o influenzare gli altri,del tutto indifferente alla loro esistenza. Per dirla brutalmente, tuttociò che non avviene attraverso una delle quattro forze, non avviene ebasta. Se questo è vero, una comprensione completa delle forze cipermetterebbe di capire i princìpi che stanno alla base di tutto ciò cheaccade nell’universo; giunti a questo punto, abbiamo già un libro delleregole notevolmente condensato.

Nel XX secolo, i fisici hanno dedicato gran parte del loro lavoro aimparare sempre più cose sul modo di operare delle quattro forzedella natura e sulle loro relazioni. Nel nostro sistema messaggisticoumano, potremmo scoprire che il telefono, il fax e l’e-mail non sono,in fin dei conti, così separati come potrebbero sembrare, ma chepossono essere visti come la stessa cosa che si manifesta in tre modidifferenti; una tale scoperta «unificherebbe» questi tre servizi dimessaggi. In maniera analoga, i fisici hanno cercato, con qualchesuccesso, di unificare le forze, sperando in ultima analisi di trovareuna teoria in grado di spiegarle tutte e quattro nei termini di un’unicarealtà che si manifesta in modi diversi, una teoria che potrebbe ancheunire i fermioni e i bosoni in una singola famiglia. Parlando di unasimile teoria, la definiscono una «teoria unificata».

Una teoria che spieghi l’intero universo dovrebbe spingersi diversipassi più in là. Dovrebbe rispondere alla domanda, di particolareinteresse per Stephen Hawking, su com’era l’universo nel suo istanteiniziale, prima che fosse trascorso un qualunque intervallo di tempo. Ifisici formulano questa domanda chiedendosi quali sono le«condizioni iniziali» o le «condizioni al contorno» al principiodell’universo. Dato che questo problema delle condizioni al contorno*è stato e continua a essere al centro del lavoro di Hawking, è d’uopodedicare un po’ di tempo alla sua comprensione.

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La sfida dei confini

Supponete di creare un modellino di rete ferroviaria, di porre diversitreni sui binari e di regolare secondo i vostri desideri gli interruttori ele leve che controllano le loro velocità, il tutto prima di dare corrente.Avete posto le condizioni al contorno: in questa sessione dei trenini, larealtà – con tutti questi oggetti – inizierà proprio in questo precisostato e in nessun altro. Il punto dove ciascun treno si troverà dopocinque minuti dalla partenza, o l’eventuale scontro fra due di essi,sono tutti eventi che dipendono in modo considerevole da questecondizioni al contorno.

Immaginate adesso che, dopo aver lasciato correre i treni per dieciminuti, senza nessuna interferenza, un vostro amico entri nella stanza.Staccata la corrente, vi ritrovate ora con un secondo insieme dicondizioni al contorno: la precisa posizione di ogni cosa nelmodellino nell’istante in cui lo avete spento. Supponete quindi disfidare il vostro amico a cercare di stabilire dove si trovavanoesattamente tutti i treni al momento della partenza, dieci minutiprima. Ci sarebbero tutta una serie di domande da fare, oltre allesemplici relative a dove si sono fermati i treni e come sono regolateleve e interruttori. Con che rapidità i diversi treni accelerano erallentano? Ci sono tratti di binari che offrono più resistenza di altri?Qual è la pendenza delle salite? La corrente elettrica è costante?Siamo sicuri che non ci sia stato qualcosa – di cui magari ora non c’èpiù traccia – che abbia interferito con il funzionamento delmodellino? Rispondere a tutti questi quesiti sarebbe di fattoun’impresa ardua. Il vostro amico si ritroverebbe in una situazionesimile a quella di un fisico moderno che tenta di stabilire in che modoha avuto inizio l’universo, quali erano le condizioni al contornoall’inizio del tempo.

Nella scienza, le condizioni al contorno non si applicano soltantoalla storia dell’universo: esse, per esempio, possono anchesemplicemente indicare le condizioni di un luogo in un particolareistante del tempo, per esempio all’inizio di un esperimento in unlaboratorio. Tuttavia, a differenza della situazione che abbiamo con itrenini o l’esperimento in laboratorio, quando consideriamo l’universospesso non ci è consentito di porre delle condizioni al contorno. Unadelle domande preferite di Hawking è in quanti modi l’universo

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avrebbe potuto avere inizio finendo comunque per ritrovarsi nellostato in cui lo osserviamo oggi, il tutto supponendo di possedere unaconoscenza e una comprensione corrette delle leggi della fisica epresumendo che queste ultime non siano cambiate nel corso dellastoria. Egli qui sta usando «lo stato in cui osserviamo l’universo oggi»come una condizione al contorno; inoltre, in un senso più sottile,utilizza come condizioni al contorno anche le leggi della fisica el’assunzione che non siano mutate. La risposta che sta cercando èquella alla domanda su quali erano le condizioni al contorno all’iniziodell’universo, o le «condizioni iniziali dell’universo», ossia l’esattadisposizione delle cose al principio, incluso l’insieme minimo di leggiche dovevano valere in quel momento al fine di spiegare l’origine, inun determinato tempo del futuro, dell’universo come lo conosciamooggi. Ed è proprio riflettendo su questa domanda che Hawking haprodotto alcuni dei suoi lavori più interessanti e delle sue risposte piùsorprendenti.

Una descrizione unificata delle particelle e delle forze, abbinata allaconoscenza delle condizioni al contorno per l’origine dell’universo,rappresenterebbe certo una stupenda conquista scientifica, ma nonsarebbe comunque ancora una Teoria del Tutto: in aggiunta, infatti,quest’ultima dovrebbe anche spiegare quei valori che, in tutte le teorieattuali, sono soltanto degli «elementi arbitrari».

Un po’ di terminologia

Gli elementi arbitrari includono «costanti della natura» come la massae la carica dell’elettrone e la velocità della luce. Noi osserviamo emisuriamo i valori di queste costanti, ma non c’è nessuna teoria chepossa spiegarli o predirli. Per fare un altro esempio: i fisici conosconol’intensità della forza elettromagnetica e della forza nucleare debole.La teoria elettrodebole è una teoria che unifica queste due forze, manon è in grado di dirci come calcolare la loro differenza di intensità;quest’ultima è quindi un «elemento arbitrario», non predetto dallateoria. Noi conosciamo il suo valore attraverso l’osservazione e loinseriamo quindi «a mano» in una teoria, ma dal punto di vista dellateoria stessa questa è considerata una debolezza.

Quando gli scienziati usano il termine predire, non stanno parlandodi indovinare il futuro. Con la domanda «Questa teoria predice la

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velocità della luce?», cioè, non ci chiediamo se la teoria ci dice qualevalore avrà tale velocità martedì prossimo; ci chiediamo, invece, sequesta teoria ci permetterebbe di stabilire la velocità della lucequalora ci fosse impossibile misurarla attraverso l’osservazione. Difatto, nessuna teoria attuale predice la velocità della luce, il chesignifica che quest’ultima resta un elemento arbitrario in tutte leteorie.

Una delle preoccupazioni di Hawking al momento di scrivere DalBig Bang ai buchi neri era che fosse chiaro ciò che si intende con iltermine «teoria». Una teoria non è la Verità con la «V» maiuscola, néuna regola, né un fatto, né l’ultima parola su qualcosa. Possiamoparagonare una teoria a una barchetta giocattolo: per scoprire segalleggia o meno, la testiamo mettendola in acqua e, se vediamo che èin difficoltà, la tiriamo fuori e facciamo qualche aggiustamento;oppure, ripartiamo da capo e ne costruiamo un’altra, mettendo afrutto ciò che abbiamo imparato dai nostri errori.

Alcune teorie sono ottime barche che riescono a stare a galla permolto tempo; magari sappiamo che hanno qualche falla ma, ai finipratici, svolgono bene il loro compito. Ci sono teorie che sono utili ainostri scopi e che hanno trovato una solida conferma negliesperimenti e nelle prove a cui sono state sottoposte, al punto daspingerci a iniziare a considerarle come una verità. Gli scienziati,però, tenendo a mente quanto sia complesso e ricco di sorprese ilnostro universo, sono molto cauti nel definirle così: anche se alcunehanno alle loro spalle un sacco di successi sperimentali mentre altresono poco più che un’intuizione balenata negli occhi di un teorico –barche ben progettate che non sono però mai state collaudate inacqua –, per qualunque di esse è sempre rischioso supporre che si trattidi una «verità» scientifica fondamentale, assoluta.

È tuttavia importante anche evitare di tergiversare per sempre,continuando a mettere in discussione teorie affermate senza avere unabuona ragione per farlo. Perché la scienza possa progredire, ènecessario decidere se una teoria è abbastanza affidabile e trova unriscontro soddisfacente nelle osservazioni, così da poterla poi usarecome un mattone costitutivo da cui procedere. Certo, è semprepossibile che emergano nuove idee o scoperte tali da mandare in crisila nostra barca, minacciando di farla affondare; più avanti avremomodo di vedere un esempio di una situazione del genere.

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In Dal Big Bang ai buchi neri, Stephen Hawking ha scritto che unateoria scientifica è «solo un modello dell’universo, o di una sua partelimitata, e un insieme di regole che mettono in relazione le quantitàpresenti nel modello con le osservazioni che facciamo nella realtà. Ilmodello esiste solo nella nostra mente e non ha alcun’altra realtà(qualsiasi cosa questa affermazione possa significare)».2 Comprenderequesta definizione ci risulterà più facile considerando qualcheesempio.

C’è una ripresa video che mostra Hawking mentre fa lezione a ungruppo di specializzandi, probabilmente nei primi anni Ottanta, conl’aiuto del suo assistente. La sua capacità di parlare si era ormaideteriorata al punto che comprenderlo era impossibile per chiunquenon lo conoscesse bene. Nel videoclip, il suo assistente interpreta unafrase ingarbugliata di Hawking come «Ora, abbiamo qui un modellodell’universo», e pone in piedi sulla cattedra un grosso cilindro dicartone. Hawking aggrotta le sopracciglia e mormora qualcosa chesolo l’assistente riesce a comprendere; scusandosi, quest’ultimo sollevail cilindro, lo gira e lo riappoggia sulla faccia opposta. Hawkingannuisce, mentre tutti scoppiano a ridere.

Un «modello», certo, non dev’essere per forza qualcosa di simile aun cilindro di cartone o a un disegno, un oggetto che possiamo vederee toccare: può anche essere un’immagine mentale, o magari unastoria. Tanto le equazioni matematiche quanto i miti della creazionepossono essere modelli.

Tornando al cilindro di cartone, in che senso possiamo dire cheassomiglia all’universo? Per sviluppare questo modello in una teoria atutti gli effetti, Hawking dovrebbe spiegare in che modo risultacollegato a ciò che vediamo attorno a noi, alle «osservazioni», o a ciòche potremmo osservare se disponessimo di una tecnologia migliore.Tuttavia, il semplice fatto che qualcuno metta un pezzo di cartone sultavolo e dica qual è la sua relazione con l’universo reale non significache gli altri debbano accettarlo come il modello dell’universo:dobbiamo considerarlo, non prenderlo totalmente per buono. Si trattadi un’idea, qualcosa che esiste «solo nella nostra mente». Il cilindro dicartone potrebbe anche rivelarsi un modello utile; ma, d’altra parte, èanche possibile che emergano evidenze tali da dimostrare che non loè. In tal caso, avremmo scoperto che il gioco del nostro universo èleggermente diverso da quello suggerito dal modello. Ciò

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significherebbe che la teoria era «cattiva»? Nient’affatto: potrebbeanche essere stata una teoria eccellente, e tutti potrebbero averimparato tantissimo prendendola in considerazione, mettendola allaprova e, infine, dovendola modificare o scartare. Lo stesso sforzo perconfutarla potrebbe aver richiesto la formulazione di idee innovativee di esperimenti che ci condurranno, in futuro, a un risultato dimaggior successo, o che comunque ci ripagheranno in altri modi.

Che cos’è, dunque, che rende buona una teoria? Per citarenuovamente Hawking, essa deve «descrivere con precisione unagrande classe di osservazioni sulla base di un modello contenente soloqualche elemento arbitrario, e fare predizioni ben definite sui risultatidi future osservazioni».3

Per esempio, la teoria della gravità di Isaac Newton descrive unaclasse molto ampia di osservazioni: predice tanto il comportamentodegli oggetti lasciati cadere o lanciati sulla Terra, quanto le orbiteplanetarie.

È tuttavia importante ricordare che una buona teoria non deve perforza emergere interamente dall’osservazione: può anche essereavventata, un grande balzo di immaginazione. «La capacità di farequesti salti intuitivi è il vero tratto caratteristico di un buon fisicoteorico» afferma Hawking.4 Ciononostante, una buona teoria nondovrebbe essere in contrasto con i fenomeni già osservati, a meno chenon sia in grado di fornire ragioni convincenti che spieghino questaapparente contraddizione. La teoria delle superstringhe – una delle piùpromettenti teorie odierne – predice l’esistenza di più di tredimensioni spaziali, cosa che senza dubbio appare in palesecontraddizione con la nostra esperienza. I teorici, però, spieganoquesta discrepanza ipotizzando che, se non siamo in grado diriconoscere le dimensioni extra, è solo perché queste ultime sonotalmente raggomitolate su loro stesse da risultare piccolissime.

Abbiamo già visto che cosa intende Hawking con il suo secondorequisito, quello per cui una teoria deve contenere solo pochi elementiarbitrari.

L’ultimo requisito stabilisce poi che la teoria deve suggerirci checosa ci possiamo aspettare dalle future osservazioni. In altre parole,deve sfidarci a metterla alla prova: deve dirci che cosa osserveremonel caso sia corretta. Inoltre, dovrebbe anche dirci quali osservazionidimostrerebbero che non è corretta. Per esempio, la teoria della

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relatività generale di Einstein predice che i raggi di luce provenientida stelle remote subiscono un certo grado di deviazione quandopassano accanto a dei corpi massivi come il Sole; ora, questaprevisione può essere verificata empiricamente, e gli esperimentihanno dimostrato che Einstein aveva ragione.

Alcune teorie, tra cui la maggior parte di quelle di StephenHawking, risultano impossibili da verificare con le nostre attualitecnologie, e forse persino con ogni concepibile tecnologia futura;malgrado ciò, possono essere – e sono – di fatto testate attraverso lamatematica. Devono essere matematicamente coerenti con ciò checonosciamo e osserviamo. Tuttavia, non ci è possibile osservarel’universo nei suoi primissimi stadi di vita per scoprire direttamente sel’«ipotesi dell’assenza di confini» (che discuteremo più avanti) ècorretta. Anche se venissero proposti dei test per dimostrare oconfutare l’ipotesi dei «cunicoli spazio-temporali», Hawking non credeche avrebbero successo. Tuttavia, ci ha detto ciò che pensa chescopriremmo se mai avessimo la tecnologia per crearli, ed è convintoche le sue teorie siano coerenti con ciò che abbiamo osservato finora.In alcuni casi, si è arrischiato a fare delle previsioni molto specifichesui risultati di esperimenti e osservazioni che spingono al limite lenostre attuali capacità.

Se la natura è perfettamente unificata, ne consegue che lecondizioni al contorno all’inizio dell’universo, le particelle piùfondamentali e le forze che le governano, e le costanti della natura,sono tutte interrelate in un modo unico e totalmente compatibile, chepotremmo un giorno arrivare a riconoscere come qualcosa diinevitabile, assoluto e autoesplicativo. Raggiungere un tale livello dicomprensione significherebbe scoprire la Teoria del Tutto,dell’Assolutamente Tutto, persino la risposta, forse, alla domanda delperché l’universo corrisponde a questa descrizione. Significherebbearrivare a «conoscere la Mente di Dio», come diceva Hawking in DalBig Bang ai buchi neri, o «il grande disegno», come più prosaicamentelo ha definito in un suo libro più recente che porta proprio questotitolo.

Il guanto di sfida

Eccoci pronti a elencare le sfide che ogni candidata al ruolo di «Teoria

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del Tutto» si trovava a dover affrontare quando Hawking tenne la sualezione lucasiana, nel 1980. A tempo debito vedremo come, nel corsodei decenni successivi, alcuni di questi requisiti siano leggermentecambiati.

Deve offrirci un modello che unifichi le forze e le particelle.Deve rispondere alla domanda: quali erano le «condizioni alcontorno» dell’universo, cioè le condizioni all’istante stesso delsuo inizio, prima che fosse trascorso un qualunque intervallo ditempo?Dev’essere «restrittiva», ossia deve consentire solo pochepossibilità alternative. Per esempio, dovrebbe predire conprecisione quanti sono i tipi di particelle. Se lascia aperte diversescelte, deve in qualche modo rendere conto del fatto che citroviamo di fronte proprio a questo particolare universo e non aun altro leggermente differente.Dovrebbe contenere pochi elementi arbitrari. Sarebbe meglio nondover sbirciare troppo spesso nell’universo reale per trovare lerisposte che cerchiamo. Paradossalmente, la stessa Teoria delTutto potrebbe essere un elemento arbitrario: pochi scienziati,cioè, si aspettano che essa spieghi perché mai dovrebbe esistereuna teoria o qualcosa che questa teoria possa descrivere. In altreparole, è improbabile che risponda alla domanda di StephenHawking: «Perché l’universo [o la stessa Teoria del Tutto, delresto] si dà la pena di esistere?»5

Deve predire un universo come quello che di fatto osserviamo o,altrimenti, spiegarci in modo convincente il perché di questediscrepanze. Se predice, per esempio, che la velocità della luce èdi quindici chilometri all’ora, o è tale da escludere l’esistenza deipinguini o delle pulsar, abbiamo un problema. Una Teoria delTutto deve trovare un modo per sopravvivere al confronto con ciòche osserviamo.Dovrebbe essere semplice, pur permettendoci di spiegarel’esistenza di fenomeni dall’enorme complessità. Il fisico JohnArchibald Wheeler scrisse:

Al di là di tutto,è di sicuro un’idea così semplice,così bella,

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così irresistibile, che quando –fra un decennio, un secoloo un millennio –saremo giunti ad afferrarla,ci diremo tutti l’un l’altro:come avrebbe potuto essere altrimenti?Come abbiamo potuto essere così stupidiper tutto questo tempo?6

Le teorie più profonde, come la teoria della gravità di Newton e leteorie della relatività di Einstein, sono semplici nel senso descritto daWheeler.

Deve risolvere l’enigma di come combinare la teoria dellarelatività generale di Einstein (una teoria che spiega la gravità)con la meccanica quantistica (la teoria che usiamo con successoquando parliamo delle altre tre forze). Questa è una sfida cheHawking ha raccolto. Per ora ci limitiamo a introdurre ilproblema: lo comprenderete meglio dopo aver letto leconsiderazioni sul principio di indeterminazione della meccanicaquantistica (in questo capitolo) e sulla relatività generale (piùavanti).

Due teorie si incontrano

La teoria della relatività generale di Einstein è la teoria del grande edel grandissimo – stelle, pianeti, galassie, per esempio –, e spiega inmodo eccellente come la gravità opera su questa scala.

La meccanica quantistica, dal canto opposto, è la teoriadell’estremamente piccolo. Essa descrive le forze della natura comemessaggi scambiati tra fermioni (particelle di materia); oltre a questo,però, contiene anche qualcosa di molto frustrante, il principio diindeterminazione, che ci dice che non possiamo mai conoscereprecisamente, allo stesso tempo, sia la posizione di una particella, sia ilsuo momento (la sua quantità di moto). Nonostante questo problema,la meccanica quantistica spiega in maniera egregia le cose cheavvengono sulla scala dell’incredibilmente piccolo.

Un modo per combinare queste due grandi teorie novecentesche inun’unica teoria unificata sarebbe quello di spiegare la gravità (megliodi quanto sia stato possibile finora) nei termini di uno scambio diparticelle messaggere, così come facciamo con le altre tre forze.

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Un’altra possibile strada sarebbe quella di ripensare la relativitàgenerale alla luce del principio di indeterminazione.

Spiegare la gravità come uno scambio di particelle messaggere nonè cosa facile. Quando pensate alla forza che vi lega alla Terra come auno scambio di gravitoni (i bosoni della gravità) fra le particelle dimateria del vostro corpo e quelle che costituiscono la Terra, statedescrivendo la forza gravitazionale in termini quantomeccanici.Tuttavia, poiché tutti questi gravitoni si scambiano altri gravitonianche fra di loro, sul piano matematico la cosa si fa piuttostocomplessa: ci troviamo di fronte a valori infiniti, un’assurditàmatematica.

Le teorie fisiche non riescono a gestire le quantità infinite. Quandoqueste ultime sono comparse in altre teorie, i fisici hanno fatto ricorsoa un procedimento noto come «rinormalizzazione». Richard Feynman,per esempio, se ne è servito per sviluppare una teoria che spiegasse laforza elettromagnetica, ma non gli piaceva affatto: «Bel nomealtisonante per quello che resta pur sempre un procedimentoassurdo!».7 In pratica, si inseriscono altre quantità infinite nella teorialasciando che gli infiniti si elidano a vicenda. Come procedimentosuona alquanto dubbio ma, di fatto, in molti casi sembra funzionare,e le teorie che ne risultano sono in eccezionale accordo con leosservazioni.

La rinormalizzazione funziona nel caso dell’elettromagnetismo, manon in quello della gravità: gli infiniti che entrano in gioco inquest’ultimo caso sono molto più difficili da trattare e si rifiutano discomparire. La supergravità (la teoria citata da Hawking nella sualezione lucasiana) e la teoria delle superstringhe (in cui gli oggettifondamentali dell’universo non sono punti materiali, bensì minuscolecorde – stringhe – o cappi di corda) hanno iniziato a fare dellepromettenti apparizioni in questo campo nel XX secolo, e in seguitoavremo modo di considerare alcuni recenti sviluppi ancora piùpromettenti. Tuttavia, il problema non è ancora stato del tutto risolto.

E se, dall’altro lato, permettessimo alla meccanica quantistica diinvadere lo studio dell’immensamente grande, il campo in cui lagravità sembra regnare incontrastata? Che cosa succede quandoripensiamo a quello che la relatività generale ci insegna sulla gravitàalla luce di ciò che conosciamo riguardo al principio diindeterminazione, il principio secondo cui è impossibile misurare

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accuratamente, allo stesso tempo, la posizione e il momento di unaparticella? Vedremo che il lavoro svolto da Hawking in questadirezione ha portato a risultati bizzarri: i buchi neri non sono poi cosìneri, e le condizioni al contorno dell’universo potrebbero implicareche non c’è nessun contorno, che non ci sono confini.

E, già che stiamo elencando paradossi, eccone qui un altro: lospazio vuoto non è vuoto. Più avanti vedremo come gli scienziati sonogiunti a questa conclusione; per ora, accontentatevi di sapere che ilprincipio di indeterminazione implica che il cosiddetto spazio vuotosia in realtà brulicante di particelle e antiparticelle. (I reattorimateria-antimateria di Star Trek costituiscono un esempio familiare diquesta accoppiata.)

La relatività generale ci dice che la presenza di materia o energia facurvare lo spazio-tempo. Abbiamo già accennato a uno degli effetti diquesta curvatura: la deviazione dei raggi di luce provenienti da stelleremote quando passano accanto a un corpo massivo come il Sole.

Tenete a mente questi due punti: 1) lo spazio «vuoto» è in realtàpieno di particelle e antiparticelle, complessivamente equivalenti auna quantità enorme di energia; 2) la presenza di questa energiaprovoca la curvatura dello spazio-tempo.

Ora, se entrambe queste proposizioni fossero vere, l’intero universoavrebbe dovuto ripiegarsi su se stesso, raggomitolandosi fino alledimensioni di una pallina, ma così non è stato. Quando la relativitàgenerale (2) e la meccanica quantistica (1) vengono fatte lavorareassieme, le predizioni che ne scaturiscono sembrano del tuttosbagliate. Prese individualmente, queste due teorie hanno una validitàstraordinaria, sono due tra i più grandi successi intellettuali del XXsecolo: non solo funzionano in modo magnifico sul piano teorico, mace ne serviamo anche per numerosi scopi pratici. Eppure, quandocerchiamo di metterle assieme, iniziano a saltar fuori quantità infinitee cose prive di senso. La Teoria del Tutto dovrà trovare una qualchesoluzione a questo problema.

Predire i dettagli

Ancora una volta, immaginate di essere un alieno che non ha maivisto il nostro universo. Con la Teoria del Tutto, sareste comunque ingrado di predire ogni cosa che lo riguardi… giusto? È possibile che

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siate in grado di predire le stelle, i pianeti, le galassie, i buchi neri e iquasar, ma potrete pronosticare anche il vincitore del derby ippicodell’anno prossimo? In altri termini, quanto potranno essere specifichele vostre predizioni? Non molto.

I calcoli necessari per studiare tutti i dati dell’universo vannoincredibilmente al di là delle capacità di qualunque computerimmaginabile. Possiamo risolvere le equazioni per il moto di duecorpi nella teoria della gravità newtoniana, sottolinea Hawking, ma seil loro numero sale anche solo a tre, già non siamo più in grado ditrovare una soluzione precisa e dobbiamo accontentarci diun’approssimazione; e questo non perché la teoria di Newton nonfunzioni per tre corpi, bensì perché i calcoli diventano troppocomplicati. Ed è superfluo ricordare che l’universo reale contiene unpo’ più di tre corpi…

E non possiamo predire neppure la nostra salute, pur comprendendomolto bene i princìpi che stanno alla base della medicina, quelli dellachimica e della biologia. Di nuovo, il problema è che in un sistemareale ci sono miliardi e miliardi di dettagli, anche quando quelsistema consiste solo di un singolo corpo umano.

Se pure disponessimo della Teoria del Tutto, la capacità di predireogni cosa continuerebbe comunque a sfuggirci come un miraggio: perquanto i princìpi sottostanti siano semplici e compresi con chiarezza,il loro effettivo funzionamento è enormemente complicato. «Unminuto per imparare, tutta la vita dell’universo per diventare maestri»potremmo dire parafrasando una pubblicità (tenendo però presenteche, in questo caso, «tutta la vita dell’universo per diventare maestri»sarebbe un grosso eufemismo).*

E quindi? Possiamo dire che la Teoria del Tutto ci potrebbepermettere, in linea di principio, di predire quale cavallo vincerà laGrand National dell’anno prossimo, ma che nessun computer sarebbein grado di contenere tutti i dati o eseguire tutti i calcoli necessari pergiungere alla predizione? Sarebbe una conclusione corretta?

C’è un ulteriore problema. Per rendercene conto, dobbiamo tornarea riflettere sul principio di indeterminazione della meccanicaquantistica.

La sfocatura dell’estremamente piccolo

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Sulla scala dell’estremamente piccolo – il livello quantisticodell’universo –, anche il principio di indeterminazione pone dei limitialla nostra capacità predittiva.

Provate a pensare a tutti quegli strani, indaffarati abitanti delmondo quantistico, fermioni e bosoni, che formano un grande zoo diparticelle. Tra i fermioni ci sono gli elettroni, i protoni e i neutroni;ogni protone o neutrone è formato da tre quark, che sono a loro voltadei fermioni. Quindi abbiamo i bosoni: i fotoni (messaggeri dellaforza elettromagnetica), i gravitoni (per la forza gravitazionale), igluoni (per la forza forte) e le particelle W+, W– e Z° (per la forzadebole). Sarebbe utile sapere dove si trovano tutte queste particelle emolte altre, dove stanno andando e a che velocità si stannomuovendo. È possibile scoprirlo?

Il diagramma di un atomo riportato nella figura 2.1 è il modelloproposto da Ernest Rutherford ai laboratori Cavendish di Cambridgeall’inizio del XX secolo: rappresenta gli elettroni che orbitano attornoal nucleo dell’atomo come pianeti attorno al Sole. Oggi sappiamo che,a livello quantistico, le cose non stanno mai davvero così: èimpossibile tracciare le orbite degli elettroni come se fossero pianeti.Sarebbe invece più corretto rappresentarli mentre sciamano attorno alnucleo in una nuvola. Perché questa forma indistinta?

Fig. 2.1 Nel modello di Rutherford di un atomo di elio, gli elettroni orbitano attorno al nucleo come pianetiattorno al Sole. Oggi sappiamo che in realtà, a causa del principio di indeterminazione della meccanicaquantistica, le orbite degli elettroni non sono delle traiettorie ben definite come ci porterebbe a credere questomodello.

Il principio di indeterminazione fa sì che la vita, a livello

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quantistico, sia una faccenda sfocata, imprecisa; e questo non solo pergli elettroni, ma per tutte le particelle. A prescindere dai nostri sforziper tentare di osservare ciò che accade, è impossibile scoprire conesattezza, allo stesso tempo, sia il momento sia la posizione di unaparticella: quanto maggiore è l’accuratezza con cui misuriamo comesi sta muovendo, tanto minore sarà la precisione con cui conosciamola sua posizione, e viceversa. È come un’altalena: quandol’accuratezza di una misurazione sale, quella dell’altra deve scendere.Possiamo rendere più preciso un valore soltanto al prezzo di lasciareche l’altro diventi più indeterminato.

La via migliore per descrivere l’attività di una particella è quella distudiare tutti i possibili modi in cui potrebbe muoversi e, quindi,calcolare la probabilità di un modo e confrontarla con quella deglialtri. Diventa, insomma, una questione di probabilità: una particellaha questa probabilità di muoversi – in quel modo – o quellaprobabilità di trovarsi in un punto – qui. Tali probabilità costituisconocomunque un’informazione molto utile.

È un po’ come predire il risultato delle elezioni. Gli esperti disondaggi elettorali lavorano con le probabilità: quando hannocontattato un numero abbastanza ampio di votanti, ricorrono a unastatistica che consente loro di prevedere chi vincerà le elezioni e conche margine, il tutto senza bisogno di conoscere come voterà ciascunsingolo individuo. Quando la fisica quantistica studia un numerosufficientemente grande di possibili traiettorie che le particellepotrebbero seguire, le loro probabilità di muoversi in un certo modo odi trovarsi in un posto anziché in un altro diventano un’informazioneconcreta.

I sondaggisti ammettono che il fatto stesso di intervistare unapersona può influenzare il suo voto, facendo sì che l’elettore diventipiù consapevole delle questioni in gioco. Anche i fisici si trovanodavanti a un dilemma simile: il fatto stesso di esplorare il livelloquantistico influenza le risposte che otterranno.

Fin qui, il paragone tra la predizione dei risultati elettorali e lostudio del livello quantistico sembra reggere bene. Arrivati a questopunto, però, i tratti in comune si esauriscono: il giorno delle elezioni,infatti, ogni elettore esprime un voto definitivo, in un senso o in unaltro, che sarà forse segreto, ma non è certo indeterminato. Se isondaggisti piazzassero delle telecamere nascoste nelle cabine

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elettorali (e non venissero arrestati), potrebbero scoprire in che modoha votato ogni singolo individuo. I fisici, invece, hanno ideato diversimetodi ingegnosi per cercare di spiare di nascosto le particelle, manon è servito a nulla: il mondo delle particelle elementari non silimita a sembrare indeterminato solo perché non siamo statiabbastanza intelligenti da escogitare un modo per osservarlo consuccesso, ma è realmente indeterminato. Non c’è quindi da stupirsiche, nella sua lezione lucasiana, Hawking abbia definito la meccanicaquantistica come «una teoria di ciò che non sappiamo e non possiamopredire».8

Tenendo conto di questa limitazione, i fisici hanno ridefinitol’obiettivo della scienza: la Teoria del Tutto sarà un insieme di leggitali da permetterci di predire gli eventi entro i limiti posti dal principiodi indeterminazione, il che significa che in molti casi dovremoaccontentarci di probabilità statistiche, non di dettagli specifici.

Hawking riassume il nostro problema nei seguenti termini.Rispondendo alla domanda se ogni cosa sia predeterminata dallaTeoria del Tutto o da Dio, lui dice di ritenere che sia proprio così. «Manon cambierebbe comunque nulla, dato che non possiamo mai sapereche cosa di fatto è determinato. Se la teoria ha determinato che noimoriremo impiccati, ne consegue che non affogheremo. Ma dovresteessere proprio tremendamente sicuri di essere destinati alla forca perdecidere di salpare in mare a bordo di una piccola imbarcazionedurante una tempesta.»9 Ai suoi occhi, la nozione di libero arbitriorappresenta «un’ottima teoria approssimativa del comportamentoumano».10

Esiste davvero una Teoria del Tutto?

Non tutti i fisici credono che ci sia una Teoria del Tutto o che, anchequalora esista, sia possibile scoprirla: la scienza potrebbe continuare aperfezionare il nostro sapere passando da una scoperta all’altra,aprendo scatole dentro altre scatole, ma senza mai arrivare allascatola finale. Altri sostengono che gli eventi non sono del tuttoprevedibili, ma accadono in modo casuale. Alcuni ritengono che,all’interno di questa creazione, Dio e gli esseri umani abbiano moltapiù libertà di interagire di quanto permetterebbe una Teoriadeterministica del Tutto; sono convinti che sia come l’esecuzione di

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un grande pezzo di musica orchestrale, dove, benché le note sianoscritte, c’è comunque spazio per un’enorme creatività, per nullapredeterminata, nel modo in cui vengono suonate.

A prescindere dal fatto che una teoria completa per spiegarel’universo sia o sarà mai alla nostra portata, alcuni tra di noi voglionocomunque fare un tentativo. Gli uomini sono esseri intrepidi e dallacuriosità insaziabile. Alcuni, come Stephen Hawking, sonoparticolarmente difficili da dissuadere. Un portavoce degli scienziaticoinvolti in questa impresa, Murray Gell-Mann, l’ha descritta neiseguenti termini:

Questa ricerca volta a comprendere l’universo, come funziona e da dove è venuto, è la più grande e la piùpersistente avventura nella storia umana. È difficile immaginare che un pugno di abitanti di un piccolopianeta in orbita attorno a una stella insignificante di una piccola galassia abbiano come loro obiettivonientemeno che una comprensione completa dell’intero universo: un minuscolo granello del creato davveroconvinto di poter comprendere il tutto.11

* Boundary conditions. Il termine inglese boundary rende sia la nostra espressione più colloquiale e immediata«confine» sia il termine più tecnico-matematico «contorno»; nel testo si alterneranno le due traduzioni, aseconda delle esigenze di chiarezza del contesto, tenendo conto che alcuni giochi di parole del testo inglese –resi possibili dall’identità del termine – vengono a perdersi in italiano. (N.d.T.)* La pubblicità in questione, quella del gioco «Othello», recita: «Un minuto per imparare, una vita perdiventare maestri».

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«All’altezza di qualunque cosa!»

Quando Stephen Hawking aveva dodici anni, due suoi compagni diclasse fecero una scommessa sul suo futuro: John McClenahan disseche Stephen «non sarebbe diventato famoso», Basil King che avrebbedato «prova di un talento eccezionale».1 La posta in gioco era unsacchetto di caramelle.

Il giovane Hawking non era un bambino prodigio. Stando ad alcunetestimonianze talvolta era brillante, ma lui si ricorda come uncomune studente inglese. Aveva imparato a leggere lentamente, e lasua calligrafia faceva disperare i maestri. I suoi voti non furono maisuperiori a quelli di circa la metà della sua classe, anche se oggi, apropria difesa, afferma che «era una classe molto brillante».2 Forsequalcuno avrebbe potuto predire una sua carriera in campo scientificoo ingegneristico basandosi sul profondo interesse che dimostrava per isegreti del funzionamento di oggetti come le radio e gli orologi: lismontava per studiarli, ma raramente riusciva a rimetterli insieme.Stephen non aveva mai avuto una buona coordinazione motoria e nonera appassionato di sport o di altre attività fisiche: quando i suoicompagni sceglievano le squadre, lui rimaneva quasi sempre perultimo. John McClenahan aveva le sue buone ragioni per credere cheavrebbe vinto la scommessa.

Basil King, probabilmente, era mosso soltanto dall’amicizia per ilcompagno, oppure gli piacevano le scommesse difficili; forse, però,aveva visto qualcosa che agli insegnanti e ai genitori di Hawking – eallo stesso Stephen – era sfuggito. In seguito non ha mai rivendicato ilsuo sacchetto di caramelle, ma è tempo che lo faccia: dopo questiesordi così poco promettenti, infatti, Stephen Hawking è oggi uno deigiganti intellettuali del mondo moderno, nonché una delle sue figurepiù eroiche. Come sia potuta avvenire una simile trasformazione è unmistero che i soli dettagli biografici non bastano a spiegare. Hawkingdirebbe di essere ancora «soltanto un bambino che non è maicresciuto. Continuo ancora a chiedermi tutti questi “come” e questi

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“perché”. E, di tanto in tanto, trovo una risposta».3

1942-1959

Stephen William Hawking nacque a Oxford l’8 gennaio 1942, durantela Seconda guerra mondiale. Non era un bel momento per nascere:quell’inverno, in Inghilterra, regnavano lo scoraggiamento e la paura.Hawking ricorda spesso di essere nato esattamente tre secoli dopo lamorte di Galileo, il padre della scienza moderna; in ogni caso, pochepersone nel gennaio 1942 avevano in mente Galileo.

I genitori di Stephen, Frank e Isobel Hawking, non erano ricchi. Ilnonno di Frank, un agiato possidente dello Yorkshire, aveva fatto ilpasso più lungo della gamba comprando un gran numero di terrecoltivabili e aveva finito per fare bancarotta durante la grande crisiagraria di inizio Novecento; sua moglie – la bisnonna di Stephen – eraperò una donna piena di risorse ed era riuscita a salvare la famigliadalla rovina aprendo una scuola in casa. La sua abilità e la prontezzanell’intraprendere questa insolita iniziativa ci fanno capire come lalettura e l’istruzione dovevano già avere un posto di primo piano neivalori della famiglia Hawking.

Isobel, la madre di Stephen, era la seconda di sette figli; suo padre,un medico di Glasgow, si era trasferito con la famiglia a Devonquando lei aveva dodici anni.

Per le due famiglie non fu affatto facile racimolare i soldi permandare un figlio a Oxford, ma in entrambi i casi ci riuscirono. Inparticolare, per i genitori di Isobel sobbarcarsi un peso economico delgenere era una cosa davvero inconsueta, dato che negli anni Trentasolo poche donne frequentavano l’università: pur avendo aperto ibattenti alle studentesse già dal 1878, Oxford aveva iniziato arilasciare le lauree alle donne soltanto nel 1920. Il curriculum diIsobel era insolitamente ampio in un’università dove fra gli studentic’era una tendenza alla specializzazione molto più marcata che nonnei corsi umanistici delle università e dei college americani: studiòeconomia, scienze politiche e filosofia.4

Frank Hawking era un giovane meticoloso e determinato che tenevaregolarmente un diario dall’età di quattordici anni (e avrebbecontinuato a farlo fino alla fine dei suoi giorni).5 Era arrivato aOxford prima di Isobel e stava studiando scienze mediche, con una

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specializzazione in medicina tropicale. Allo scoppio della Secondaguerra mondiale, si trovava in Africa orientale per degli studi sulcampo e, coraggiosamente, si fece strada nell’entroterra allo scopo diimbarcarsi per la Gran Bretagna. Giunto in patria, si arruolò comevolontario per il servizio militare, ma venne invece assegnato allaricerca medica.

Dopo essersi laureata a Oxford, Isobel ebbe diversi impieghi, tutti aldi sotto delle sue capacità e dei suoi titoli. Per un certo tempo feceanche l’ispettrice del fisco, un lavoro che odiava talmente da decidereinfine di licenziarsi per andare a fare la segretaria presso un istitutomedico di Hampstead. Fu lì che incontrò Frank Hawking; si sposarononei primi anni della guerra.

Nel gennaio del 1942, i coniugi Hawking vivevano a Highgate, unquartiere settentrionale di Londra. Dato però che l’area della capitaleveniva bersagliata dai raid degli aerei tedeschi quasi ogni notte, Franke Isobel decisero che la donna avrebbe fatto meglio ad andare aOxford per partorire in sicurezza. La Luftwaffe, infatti, nonbombardava Cambridge e Oxford, le due grandi città universitarieinglesi, in cambio – a quanto pare – della promessa britannica di noncolpire Heidelberg e Gottinga. Isobel conosceva bene Oxford, la cittàdove aveva studiato solo pochi anni prima; trascorse l’ultimasettimana di gravidanza dapprima in un hotel e quindi, quando ilparto era ormai imminente e all’albergo diventavano nervosi, inospedale, pur continuando a fare delle passeggiate per ingannare iltempo. In una di quelle oziose giornate d’inverno, le capitò di entrarein una libreria dove, approfittando di un buono libro, comprò unatlante astronomico; in seguito, avrebbe attribuito a questo acquistoun significato profetico.6

Non molto tempo dopo la nascita di Stephen, i suoi genitori loriportarono a Highgate. La loro abitazione sopravvisse alla guerra,anche se una V-2 era caduta poco lontano mentre gli Hawking eranovia: aveva fatto esplodere le finestre sul retro scagliando schegge divetro contro il muro opposto, dov’erano rimaste conficcate comepiccoli pugnali.7 Era stata una fortuna che in quel momento non cifosse nessuno in casa.

Finita la guerra, la famiglia rimase a Highgate fino al 1950. Nel1943 era nata la prima sorella di Stephen, Mary, seguita nel 1946 daPhilippa. Nel 1955, quando Stephen era ormai un adolescente, i

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coniugi avrebbero adottato un altro figlio, Edward. A Highgate,Stephen frequentò la Byron House School; non imparò a leggerefinché non l’ebbe abbandonata, cosa di cui incolpò in seguito i«metodi progressisti» dell’istituto.

Quando il dottor Frank, che iniziava a essere riconosciuto come unleader nel suo campo, fu messo a capo della divisione diparassitologia dell’Istituto nazionale per la ricerca medica, la famigliaHawking si trasferì a St Albans.

Eccentrici a St Albans

Gli Hawking erano una famiglia affiatata. La loro casa era piena dilibri e buona musica, e spesso si sentivano riecheggiare le opere diRichard Wagner suonate ad alto volume sul giradischi. Frank e Isobelcredevano fermamente nel valore dell’istruzione, buona parte dellaquale veniva impartita fra le mura domestiche: Frank insegnò ai suoifigli, tra l’altro, i rudimenti dell’astronomia e della topografia, mentreIsobel li accompagnava spesso ai musei di South Kensington. Dato checiascun bambino aveva un suo museo preferito e non mostrava ilbenché minimo interesse per quelli degli altri, lei lasciava Stephen almuseo delle scienze e Mary a quello di storia naturale, dopodichérimaneva con Philippa – troppo piccola per essere lasciata da sola – alVictoria and Albert; trascorso un po’ di tempo, andava a recuperaregli altri.8

A St Albans, gli Hawking erano visti come una famiglia eccentricadi persone molto intelligenti: il loro amore per i libri si spingeva allimite della lettura compulsiva, tanto che gli amici di Stephentrovavano strano – e un po’ sgarbato – che i suoi genitori sedesserodavanti al tavolo da pranzo senza dire una parola e senza alzare ilnaso dai loro volumi. Le voci secondo cui l’auto di famiglia era uncarro funebre di seconda mano sono false. Per molti anni, gli Hawkingviaggiarono su una serie di taxi londinesi usati (quelli neri, simili auna scatola); ciò costituiva un elemento di distinzione, non solo per lanatura del veicolo, ma anche perché, nel dopoguerra, le auto – diqualunque tipo – erano poche e solo le famiglie facoltose se nepotevano permettere una. Frank installò un tavolino tra il sedileposteriore del taxi e i sedili reclinabili anteriori, così che Stephen e lesue sorelle potessero fare una partita a carte o a qualche altro gioco.

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La macchina e il tavolino tornavano buoni soprattutto quando gliHawking andavano in vacanza nel loro solito posto, un carrozzonevariopinto con un enorme tendone dell’esercito piazzato in un campoa Osmington Mills, nel Dorset. Il camping degli Hawking si trovava aun centinaio di metri dalla riva, su una spiaggia rocciosa, non disabbia, ma era comunque un tratto interessante della costa (in passatoera stata terra di contrabbandieri).

Negli anni del dopoguerra non era affatto insolito che le famiglieconducessero un’esistenza frugale, con pochi lussi; spesso non sipotevano permettere di riparare le proprie abitazioni e, per generositào per far fronte alle ristrettezze economiche, più di due generazionivivevano sotto uno stesso tetto. Ma nel caso degli Hawking, sebbene laloro casa a St Albans fosse più grande di quelle di molti dei loroconcittadini britannici, frugalità e fatiscenza raggiungevano punteestreme. La loro dimora, di mattoni rossi messi assieme in qualchestrano modo, era di tre piani: Frank allevava le api in cantina, enell’attico viveva la nonna scozzese di Stephen, che emergevaregolarmente per accompagnare le danze folcloristiche locali alpianoforte, e con straordinario talento. Quando gli Hawking vi sierano trasferiti, la casa aveva un disperato bisogno di manutenzione,ma loro la lasciarono così. Stando al fratellino adottivo di Stephen,Edward, «Era una casa molto grande e buia e l’atmosfera era un po’inquietante, un po’ da incubo».9 In origine i vetri piombati sulla portad’ingresso dovevano anche esser stati belli, ma ora mancavano diversipezzi. L’atrio era illuminato da un’unica lampadina e la tappezzeria dipregio che lo decorava, di William Morris, col tempo si era imbrunita.Una serra dietro la veranda – anch’essa in sfacelo – perdeva lastre divetro ogni volta che soffiava il vento. Non c’era un impiantocentralizzato di riscaldamento, la moquette era presente solo a tratti,le finestre rotte non venivano sostituite. I libri, stipati in due file sugliscaffali sparsi per tutta la casa, garantivano un po’ di isolamentotermico. Frank Hawking non tollerava lamentele: bastava soloindossare qualche vestito in più durante l’inverno, diceva. Quanto alui, nei mesi più freddi si trovava spesso in Africa per i suoi viaggi diricerca. La maggiore delle sorelle di Stephen, Mary, pensava che ipadri fossero «come gli uccelli migratori, erano a casa per Natale epoi scomparivano finché non faceva di nuovo caldo».10 Poiché i padridelle sue amiche invece non sparivano, a lei sembrava di «avere un

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padre».11

La casa si prestava a fughe mentali ricche d’immaginazione.Stephen e Mary facevano a gara a chi trovava il maggior numero dimodi per entrare, alcuni dei quali erano talmente segreti che Marynon riuscì mai a scoprirne più di dieci, contro gli undici di cui siserviva il fratello. Come se una sola casa del genere non fosseabbastanza, Stephen ne aveva un’altra, immaginaria, in un postoaltrettanto immaginario da lui chiamato Drane. Sembrava che nonsapesse dove fosse, ma soltanto che esisteva. Sua madre iniziò apreoccuparsi un po’ vedendo la sua determinazione nel prendere unautobus per cercarla ma, in seguito, quando visitarono KenwoodHouse ad Hampstead Heath, lo sentì dichiarare che era proprio quellala casa che aveva visto in un sogno.12

«Hawkingese» era il nome con cui gli amici di Stephen chiamavanoil «dialetto di famiglia» degli Hawking. Frank era balbuziente e, acasa, Stephen e le sue sorelle parlavano con una rapidità tale chefinivano a loro volta per mangiarsi le parole, inventandosi una lorosorta di stenografia orale.13 Ciò non impediva comunque a Stephen diessere, stando a sua madre, «molto loquace». Era anche «dotato di unanotevole immaginazione […] Amava la musica e il teatro»;nonostante fosse «un po’ pigro», si era mostrato «un autodidatta findal principio […] come la carta assorbente, assorbiva tutto».14 Ciòspiega, almeno in parte, le ragioni del suo scarso successo scolastico:non voleva perder tempo con le cose che sapeva già o che avevadeciso che non erano importanti.

Benché fosse più minuto della maggior parte dei suoi compagni diclasse, Stephen aveva una natura piuttosto dominante: era benorganizzato e sapeva organizzare gli altri. Era anche noto per il suocarattere un po’ istrionico. Essere maltrattato dai ragazzi più grossinon lo infastidiva più di tanto, ma anche lui aveva i suoi limiti e,quand’era spinto all’esasperazione, sapeva diventare violento eminaccioso. Il suo amico Simon Humphrey era più robusto di lui, main una memorabile occasione – raccontata dalla madre diquest’ultimo – fu Stephen, e non Simon, a girarsi con i pugni serratiper affrontare questi bulli, molto più grandi di loro, che li stavanoprendendo in giro. Questo è un esempio tipico delle cose che faceva;era all’altezza di qualunque cosa, «non si sentiva inferiore a niente enessuno».15

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A St Albans, la prima scuola di Stephen – che aveva allora otto anni– fu la «High School for Girls»; un nome alquanto curioso, seconsideriamo che tra i suoi studenti c’erano bambini ben al di sottodell’età per frequentare una «scuola superiore», e che il suo convittoMichael House ammetteva i maschi. Jane Wilde, una bambina di setteanni, notò il ragazzino dai «capelli castani e dorati che gli ricadevanosulla fronte», seduto «vicino al muro nell’aula accanto»,16 ma non fecela sua conoscenza. Sarebbe in seguito diventata sua moglie.

Stephen frequentò quella scuola solo per pochi mesi, cioè finchéFrank dovette partire per un viaggio in Africa più lungo del solito eIsobel accettò l’invito di portare i bambini per quattro mesi aMaiorca, a est delle coste spagnole. La bella, mite Maiorca, casa diBeryl – un’amica di Isobel dai tempi di Oxford – e di suo marito, ilpoeta Robert Graves, era un posto incantevole dove trascorrerel’inverno. L’istruzione non venne comunque del tutto trascurata, datoche Stephen e William (il figlio dei Graves) potevano contare su uninsegnante privato.17

Tornato a St Albans dopo questa parentesi idilliaca, Stephenfrequentò per un anno la Radlett, una scuola privata, e quindi superò itest di ammissione alla St Albans School, un’altra scuola privata, piùselettiva, situata all’ombra della cattedrale. Anche se al termine delprimo anno di corso si qualificò soltanto terzultimo della classe, i suoiinsegnanti iniziarono ad avere l’impressione che fosse più intelligentedi quanto dimostrasse in aula. I suoi amici, pensando che fosse piùintelligente di loro, o ritenendolo comunque eccentrico(probabilmente, per entrambi i motivi), lo soprannominarono«Einstein». Il suo amico Michael Church ricorda che c’era in lui unasorta di «presunzione» e che dava l’impressione «che avesse del mondouna percezione diversa e più completa».18

I voti di «Einstein» presero presto a migliorare e raggiunsero lamedia dei suoi compagni. Un anno vinse anche il premio di teologia.Durante la sua infanzia, suo padre gli aveva letto molte storie dellaBibbia: «Era molto versato per la religione» disse in seguito Isobel.19 Infamiglia si discuteva spesso e volentieri di questioni teologiche,dibattendo sui pro e i contro dell’esistenza di Dio.

Senza lasciarsi scoraggiare dai mediocri risultati scolastici, findall’età di otto o nove anni Stephen aveva iniziato a pensare semprepiù seriamente alla possibilità di diventare uno scienziato. Non poteva

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fare a meno di interrogarsi sul funzionamento delle cose, indagandonei meccanismi, e riteneva che nella scienza avrebbe potuto trovare laverità, non solo riguardo a radio e orologi ma anche a tutto ciò che locircondava. I suoi genitori stabilirono che a tredici anni sarebbeandato alla Westminster School. Guardando alla propria personaleesperienza, Frank riteneva di essere stato penalizzato dalla povertà deigenitori e dal fatto di non aver potuto frequentare una scuolaprestigiosa: altre persone meno in gamba di lui gli erano passatedavanti solo perché avevano potuto contare su una posizione socialemigliore, o almeno così credeva. Stephen avrebbe avuto qualcosa dimeglio.

Gli Hawking, però, non potevano permettersi la Westminster ameno che Stephen non vincesse una borsa di studio. Purtroppo aquesta età il ragazzo era periodicamente soggetto a una leggerafebbre, diagnosticata come febbre ghiandolare, che a volte eraabbastanza seria da costringerlo a saltare la scuola e a rimanere aletto. La sfortuna volle che fosse malato proprio nel momento degliesami per la borsa di studio: le speranze di Frank finirono cosìinfrante e Stephen proseguì gli studi alla St Albans School. Egli ritienecomunque che l’istruzione impartitagli fosse almeno equivalente aquella che avrebbe ricevuto alla Westminster.

Dopo l’adozione di Edward, nel 1955, Stephen non fu più l’unicofiglio maschio; accettò di buon grado l’arrivo di questo suo fratellopiù giovane: «Per noi fu probabilmente un bene. Era un bambinopiuttosto difficile, ma non potevamo fare a meno di amarlo».20

Il fatto di continuare a frequentare la St Albans School anzichétrasferirsi alla Westminster aveva offerto a Stephen un chiarovantaggio: avrebbe potuto continuare a crescere in una piccola bandadi amici affiatati che condividevano con lui vari interessi, come lapericolosa fabbricazione di fuochi d’artificio (nella serra ormai inrovina) o l’invenzione di giochi da tavolo dalla straordinariacomplessità, e che si abbandonavano a lunghe, appassionantidiscussioni su un’ampia serie di argomenti. Nel loro gioco «Risk»comparivano fabbriche, ferrovie e anche una borsa valori, e le partite– che richiedevano molta concentrazione – si protraevano per giorni egiorni; in un gioco di ambientazione feudale, poi, c’erano dinastie ecomplicati alberi genealogici. Stando a Michael Church, Stephen eraparticolarmente attratto dall’invenzione di questi mondi e dalla

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formulazione delle leggi che li governavano.21 Il padre di JohnMcClenahan aveva un’officina dove permetteva a John e Stephen dicostruire modellini di aeroplani e barche; in seguito, Stephen avrebbericordato che «il mio intendimento fu sempre quello di costruiremodellini funzionanti che fossi in grado di controllare […] Da quandocominciai a lavorare per il mio dottorato, questo desiderio di sapere èstato soddisfatto dalle mie ricerche in cosmologia. Se capisci comefunziona l’universo, in un certo senso lo controlli».22 Si può dire forseche i modelli dell’universo elaborati da Hawking da adulto stianoall’universo «reale» come i suoi modellini giocattolo stavano allebarche e agli aeroplani veri: ci danno un piacevole e rassicurantesenso di controllo, anche se, in effetti, non ci permettono dicontrollare alcunché.

Stephen aveva quindici anni quando apprese che l’universo si stavaespandendo. Questa notizia fu per lui uno shock: «Dev’esserci perforza qualche errore» disse. «Un universo statico sembrava molto piùnaturale: poteva essere esistito da sempre e continuare a esistere perl’eternità. Un universo in espansione, invece, sarebbe cambiato coltempo. Se avesse continuato a espandersi, sarebbe diventatopraticamente vuoto.»23 Era una prospettiva inquietante.

Come molti altri adolescenti della loro generazione, Stephen e i suoiamici erano affascinati dalle percezioni extrasensoriali (ESP); peresempio, cercavano di controllare il lancio di un dado attraverso laforza del pensiero. Tuttavia, l’interesse di Stephen si trasformò indisgusto dopo aver seguito la conferenza di un tale che avevaindagato su alcuni famosi studi sulle ESP condotti alla DukeUniversity, negli Stati Uniti: l’oratore disse al pubblico che ogni voltache gli esperimenti avevano dato dei risultati, le tecniche sperimentaliadottate erano state inaffidabili, e ogni volta che le tecnichesperimentali erano state affidabili, gli esperimenti non avevanoportato a nessun risultato. Stephen concluse che l’intera faccendadelle ESP era solo un’impostura. Il suo scetticismo intorno ai presuntifenomeni psichici è rimasto immutato: dal suo punto di vista, lepersone che credono a queste cose sono ancora ferme al livello che luiaveva già superato a quindici anni.

Un antenato di «Cosmo»

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La migliore di tutte le imprese del piccolo gruppo di Stephen, nonchéquella che suscitò l’attenzione e l’ammirazione dell’intera città di StAlbans, fu la costruzione di un computer che chiamarono LUCE(Logical Uniselector Computing Engine, macchina da calcolouniselettrice logica). Assemblato con pezzi riciclati di orologi e di altrioggetti meccanici ed elettrici (tra cui un vecchio quadro dicommutazione telefonico), LUCE era in grado di compiere semplicioperazioni matematiche. Il capolavoro di questi adolescenti,purtroppo, non esiste più: ciò che ne rimaneva venne infine gettatovia quando un nuovo responsabile del laboratorio di informatica dellaSt Albans decise che era giunta l’ora di fare le grandi pulizie.24

La versione più avanzata di LUCE era il prodotto degli ultimi annidi scuola secondaria di Stephen e dei suoi amici. Li attendevano oradelle scelte difficili sul loro futuro. Frank Hawking incoraggiò Stephena seguirlo nel campo della medicina, una carriera che sarebbe poistata intrapresa da sua sorella Mary, ma ai suoi occhi la biologia erauna materia troppo imprecisa. I biologi, pensava, osservavano edescrivevano le cose, ma non le spiegavano a un livello fondamentale;inoltre, la biologia richiedeva disegni dettagliati, e lui non era bravo adisegnare. Quello che voleva era una materia in cui potesse cercaredelle risposte precise e arrivare alla radice delle cose (se avesse saputodella biologia molecolare, forse la sua carriera sarebbe stata diversa).A quattordici anni, ispirato in particolare da un suo insegnante, ilprofessor Tahta, gli venne il desiderio di «specializzarmi inmatematica e fisica».

Suo padre gli fece notare che si trattava di una scelta priva di sensopratico: che lavoro avrebbe potuto fare un matematico, al di làdell’insegnamento? Egli voleva inoltre che il figlio frequentasse il suostesso college, University College di Oxford, e all’«Univ» non sitenevano lezioni di matematica. Alla fine, Stephen seguì il consigliodel padre e si mise a sgobbare sui testi di chimica e di fisica – e soloun po’ su quelli di matematica –, preparandosi per l’iscrizione aOxford: avrebbe fatto domanda per entrare all’Univ per studiaresoprattutto fisica e chimica.

Nel 1959, durante l’ultimo anno prima che Stephen lasciasse la casaper andare all’università, sua madre Isobel e i tre figli più giovaniaccompagnarono Frank in un viaggio in India per un progetto diricerca più lungo del solito. Stephen rimase a St Albans e trascorse

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l’anno in compagnia della famiglia del suo amico Simon Humphrey;continuò a dedicare molto tempo al perfezionamento di LUCE, anchese il dottor Humphrey lo interrompeva regolarmente per ricordarglicon insistenza che avrebbe dovuto scrivere qualche lettera alla suafamiglia (una cosa di cui Stephen, dal canto suo, avrebbe fattovolentieri a meno). L’impegno principale di quell’anno fu però lapreparazione degli esami per la borsa di studio, che si sarebberotenuti a marzo: era fondamentale ottenere un punteggio alto se volevaavere qualche chance di essere accettato a Oxford.

Per entrare a Oxford, uno studente deve perlomeno piazzarsi soprala media dei propri compagni di classe, a meno che non ci siaqualcuno che manovri nell’ombra per raccomandarlo. Visti i mediocririsultati scolastici di Stephen, quindi, Frank Hawking si convinse cheavrebbe fatto meglio a iniziare le manovre. Anche il preside della StAlbans nutriva dubbi sulle possibilità che il ragazzo venisse accettatoe ricevesse una borsa di studio, e suggerì che avrebbe fatto meglio adattendere un altro anno, visto che in fondo era ancora giovane perentrare all’università: gli altri due studenti che si stavano preparandoper affrontare gli esami assieme a lui avevano un anno in più.Tuttavia, sia il preside sia il padre avevano sottovalutato l’intelligenzae le conoscenze di Stephen, nonché la sua capacità di mostrarsiall’altezza delle sfide. Ottenne un punteggio quasi pieno nella sezionedi fisica, e il suo colloquio a Oxford con il preside dell’UniversityCollege e il tutor di fisica, il dottor Robert Berman, andò talmentebene che non ci furono dubbi sulla sua ammissione e sullaconcessione di una borsa di studio. Trionfante, Stephen raggiunse ifamiliari in India per trascorrere assieme a loro le ultime settimane disoggiorno in quel Paese.

Non era una persona grigia

Nell’ottobre del 1959, all’età di diciassette anni, Hawking si recòquindi a Oxford per frequentare l’University College, dove avevastudiato anche il padre. L’«Univ» si trova al centro di Oxford, sull’HighStreet. Fondato nel 1249, è il più antico dei numerosi college cheformano l’università. Stephen avrebbe studiato scienze naturali, conun particolare riguardo per la fisica. A questo punto, era giunto aconsiderare la matematica non una disciplina fine a se stessa, ma uno

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strumento per fare fisica e imparare il funzionamento dell’universo. Inseguito, si sarebbe pentito di non essersi impegnato abbastanza dapoterla padroneggiare come desiderava.

L’architettura di Oxford, al pari di quella di Cambridge, ci offre unosplendido guazzabuglio di stili, dal Medioevo in poi. Le sue tradizioniintellettuali e sociali sono ancora più antiche dei suoi edifici e, comequelle di ogni grande università, sono un misto di autentica genialitàintellettuale, simulazioni pretenziose, innocenti stupidaggini e veradecadenza. Per un giovane interessato a una di queste cose, il nuovoambiente di Stephen aveva molto da offrire. Nonostante ciò, per circaun anno e mezzo, lui se ne stette in disparte, annoiato. Molti suoicompagni di corso erano parecchio più vecchi, non solo perché luiaveva affrontato presto i suoi esami ma anche perché diversi di loroavevano interrotto gli studi per fare il servizio militare. Per ingannarela noia Stephen, però, non si dedicava allo studio: aveva infattiscoperto che poteva far meglio della maggior parte degli altri senzaquasi aprire un libro.

Contrariamente alla sua reputazione, il tutoring a Oxford spessonon prevede delle lezioni frontali con un solo studente per tutor, bensìcon due o tre. Il compagno di Hawking era un giovane di nomeGordon Berry; erano due dei soli quattro studenti di fisica entratiall’Univ nel trimestre autunnale del 1959. Questo piccolo gruppo dimatricole – Berry, Hawking, Richard Bryan e Derek Powney –trascorrevano insieme la maggior parte del loro tempo, isolandosi unpo’ dal resto del college.

Fu solo verso la metà del suo secondo anno di corso che Stepheniniziò ad apprezzare Oxford. Si fa fatica a credere che l’Hawking quidescritto da Robert Berman fosse lo stesso giovane che a scuolasembrava una persona del tutto ordinaria e che l’anno prima siannoiava a morte: «Penso che avesse fatto uno sforzo positivo perriuscire a scendere al livello [degli altri studenti] e, sapete com’è,essere uno del gruppo. Se non eravate a conoscenza della sua abilitàin fisica – e, in misura minore, in matematica –, lui non vi dicevanulla […] Era molto popolare».25 Altre persone che ricordano Stephenal suo secondo e terzo anno a Oxford lo descrivono come un giovanevivace, esuberante e che sapeva adattarsi. Aveva i capelli lunghi, erafamoso per la sua arguzia e amava la musica classica e lafantascienza.

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A quei tempi, ricorda Hawking, l’atteggiamento prevalente fra glistudenti di Oxford era orientato «contro l’impegno nello studio»: «Eraopinione comune che si dovesse essere brillanti senza sforzo, oppure sidovevano accettare i propri limiti, accontentandosi di un diploma diquarta classe. Sgobbare per ottenere un diploma di una classemigliore era considerato indizio di una persona “grigia” (grey),l’epiteto peggiore nel vocabolario di Oxford». Lo spirito indipendentee disinvolto di Stephen e l’indifferenza con cui considerava i propristudi erano in perfetta armonia con questa atmosfera. Per fare unesempio tipico, un giorno, durante una lezione dal tutor, dopo averletto una soluzione che aveva calcolato, appallottolò con sdegno ilfoglio e lo gettò nel cestino, dall’altro lato della stanza.

Il piano di studi di fisica, almeno per chi possedeva le capacità diHawking, poteva essere affrontato con successo anche con questoapproccio scanzonato. Stando alle sue parole, era «di una facilitàridicola. Si poteva superare l’esame finale senza aver frequentato lelezioni, andando semplicemente a una o due lezioni di un tutor lasettimana. Non c’era bisogno di ricordare molti fatti ma solo qualcheequazione».26 A quanto pare, era anche possibile cavarsela senzadover dedicare troppo tempo agli esperimenti in laboratorio. Lui eGordon avevano trovato dei modi per sveltire la raccolta dei dati econtraffare alcune parti degli esperimenti: «Non ci applicavamo»ricorda Berry «e sicuramente Steve era un assoluto maestro nel nonapplicarsi».27

Derek Powney ci racconta di quando i quattro si videro assegnareun lavoro che aveva a che fare con l’elettricità e il magnetismo.C’erano tredici domande e il loro tutor, il dottor Berman, disse loro dicompletarne il più possibile durante la settimana, in attesadell’incontro successivo. Avvicinandosi lo scadere del tempo, RichardBryan e Derek avevano risolto un problema e mezzo, Gordon soltantouno, mentre Stephen non aveva neanche cominciato. Il giornodell’incontro con il tutor, la mattina Stephen saltò tre lezioni perrisolvere i quesiti, mentre i suoi amici erano ormai convinti che quellavolta non sarebbe proprio riuscito a farla franca. A mezzogiornoarrivò da loro annunciando in tono sconfortato che era riuscito arisolverne soltanto dieci. Dapprima credettero che stesse scherzando,ma poi compresero che ce l’aveva fatta davvero, ne aveva completatidieci. Stando a Derek, fu questo il momento in cui gli amici di

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Stephen si resero conto che «non solo non eravamo sulla stessa strada,ma nemmeno sullo stesso pianeta».28 «Persino a Oxford dovevamoessere tutti molto stupidi secondo i suoi standard.»29

I suoi amici non erano gli unici a restare talvolta impressionatidalla sua intelligenza. Anche il dottor Berman e altri professoriiniziavano a rendersi conto che Hawking aveva una mente brillante,«del tutto diversa da quelle dei suoi coetanei». «Per lui, la fisica deiprimi anni di università non rappresentava la benché minima sfida.Lavorava davvero pochissimo, dato che era in grado di fare ogni cosafattibile: gli bastava sapere che un problema poteva essere risolto, elui riusciva a risolverlo senza nemmeno dare un’occhiata a come simuovevano gli altri. Non so dire se avesse qualche libro, ma di certonon ne aveva molti, e non prendeva appunti.»30 «Non sono tantopresuntuoso da pensare di avergli mai insegnato niente.»31 Secondo unaltro tutor, era il tipo di studente che preferisce scovare errori nei testianziché risolvere gli esercizi.

Lo stesso modo in cui era organizzato il corso di fisica di Oxfordfaceva sì che fosse facile non avvertire l’urgenza di mettersi alavorare: durava tre anni e non c’era nessun esame da sostenere finoalla fine del terzo. Hawking ha calcolato di aver dedicato allo studiopiù o meno un migliaio di ore in tre anni, pari a una media di circaun’ora al giorno. «Non è che sia fiero di quella mia negligenza,»dichiara «sto solo descrivendo qual era a quel tempo il mioatteggiamento, che condividevo del resto con la maggior parte deimiei compagni di studi: un atteggiamento di noia completa, e lasensazione che non ci fosse nulla per cui valesse la pena di sforzarsi.Una conseguenza della malattia che mi colpì fu quella di modificareradicalmente tale atteggiamento: quando ci si trova dinanzi allaprospettiva di morire molto presto, ci si rende conto che la vita meritadi essere vissuta e che ci sono molte cose che si ha voglia di fare.»

Uno dei principali motivi che spiegano il netto miglioramento dellacondizione di spirito di Hawking verso la metà del secondo anno dicorso è il suo ingresso, insieme con Gordon Berry, nel club dicanottaggio del college: pur non possedendo la massa muscolare checontraddistingue i migliori vogatori, erano entrambi leggeri, snelli,intelligenti e rapidi, e avevano voci stentoree, tutte qualità che lirendevano adatti al ruolo di timoniere (la persona che siede davantialla fila di quattro o otto vogatori, guarda avanti e governa la barca

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attraverso tiranti collegati al timone). Il ruolo del timoniere – unuomo dalla corporatura esile che comanda otto persone muscolose – èsenza dubbio di controllo, quel controllo da cui Hawking era attrattomentre creava modellini di barche, aeroplani o, in seguito, universi.

Il tempo che Stephen dedicava alla pratica del canottaggio sulfiume, remando e facendo il timoniere per l’Univ, superava di granlunga quello che destinava allo studio. Uno dei modi più sicuri peressere «in» fra gli studenti di Oxford era quello di far parte dellasquadra di canottieri del proprio college. Se la noia e la sensazioneche non ci fosse nulla per cui valesse la pena di sforzarsi erano gliatteggiamenti prevalenti negli altri ambiti della vita universitaria, sulfiume cambiava tutto. Vogatori, timonieri e allenatori si riunivanoregolarmente all’alba presso la rimessa delle barche, anche quando ilfiume era coperto da una crosta di ghiaccio, per fare pesanti esercizidi riscaldamento e mettere in acqua l’imbarcazione. Il duroallenamento si teneva con qualunque condizione meteorologica, su egiù per il fiume, mentre i coach esortavano i canottieri seguendoli inbicicletta sull’alzaia. Il giorno delle gare c’era grande emozione e lefolle di tifosi si accalcavano lungo le rive per sostenere le squadre deiloro college. A volte le competizioni si tenevano in giorni nebbiosi,con le barche che apparivano e sparivano come fantasmi; altre volte,pioveva a dirotto e l’acqua si accumulava sul fondo degli scafi. Lecene del club di canottaggio, che si tenevano in abiti formali nelsalone del college, duravano fino a tardi e si concludevano conbattaglie combattute a suon di tovaglioli di lino imbevuti di vino.

Tutto ciò infondeva loro una splendida sensazione di benesserefisico e di cameratismo, li metteva alla prova in sfide cherichiedevano tutte le loro energie e li faceva sentire al centro dellavita universitaria.

Stephen divenne un membro popolare della squadra di canottaggio:anche se in passato non era mai stato bravo negli sport, nelle gare trai college otteneva buoni risultati, cosa che costituiva certo uncambiamento esaltante. Norman Dix, allora responsabile del club dicanottaggio, lo ricorda come un «tipo avventuroso, non si sapeva maiche cosa avrebbe fatto».32 La rottura dei remi e il danneggiamentodelle barche non erano eventi rari quando al timone c’era Stephen,sempre pronto a effettuare delle virate molto strette e a lanciarsi inqualche manovra azzardata che gli altri timonieri preferivano evitare.

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Alla fine del terzo anno, comunque, improvvisamente gli esami siprofilarono all’orizzonte, più preoccupanti di qualunque gara.Hawking era quasi in difficoltà. La scelta della fisica teorica glilasciava aperte due possibili aree per la specializzazione post-laurea:la cosmologia (lo studio dell’immensamente grande) o le particelleelementari (lo studio dell’estremamente piccolo). Lui scelse la prima:«La cosmologia mi sembrava più elettrizzante, perché ha a che farecon la grande domanda “Da dove viene l’universo?”».33 Fred Hoyle, ilpiù famoso astronomo britannico dell’epoca, insegnava a Cambridge.Stephen si era entusiasmato all’idea di poter lavorare con Hoyle dopoaver seguito un corso estivo tenuto da uno degli allievi più brillantidell’astronomo, Jayant Narlikar. Fece quindi domanda per undottorato di ricerca a Cambridge, e venne accettato alla condizioneche riuscisse a prendere una laurea di prima classe a Oxford.

Un migliaio di ore di studio erano una ben magra preparazione peruna laurea di prima classe. Tuttavia, agli esami di Oxford era possibilescegliere fra molte domande e quesiti, e Stephen era sicuro di poterpassare a pieni voti affrontando dei problemi di fisica teorica edevitando qualsiasi domanda che richiedesse una conoscenza dei fatti.All’avvicinarsi del giorno degli esami, però, la sua sicurezza iniziò avacillare; decise quindi che, se fosse andata male, avrebbe affrontatogli esami per i dipendenti statali e avrebbe fatto domanda per unposto al ministero dei Lavori pubblici.

La notte prima degli esami a Oxford, Stephen era troppo agitato perchiudere occhio. Non andarono bene. Per giunta, la mattina successivaavrebbe dovuto sostenere quelli per l’impiego statale, ma rimaseaddormentato e non arrivò in tempo. Ora dipendeva tutto dai risultatidi Oxford.

Mentre Stephen e i suoi amici erano sulle spine in attesa chevenissero pubblicati gli esiti, solo Gordon era sicuro di aver fatto unabuona prova – abbastanza da ottenere una laurea di prima classe,credeva. Si sbagliava: lui e Derek ottennero una seconda, Richard unasconsolante terza e Stephen si ritrovò disastrosamente in bilico frauna prima e una seconda.

Di fronte al risultato incerto, gli esaminatori convocarono Hawkingper un colloquio a quattr’occhi e gli chiesero quali fossero i suoipiani. Malgrado la tensione indotta dalla situazione e il fatto che fossein gioco il suo futuro, Stephen ebbe la prontezza di spirito per fare

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una di quelle osservazioni che lo avevano reso famoso tra i suoiamici: «Se prendo una laurea di prima classe, andrò a Cambridge; seinvece ottengo una seconda, resterò a Oxford. Quindi, mi aspetto chemi diate una prima». Gliela diedero. Riferendosi agli esaminatori, ildottor Berman osservò: «Erano abbastanza intelligenti da capire che lapersona che avevano davanti era di gran lunga più brillante dellamaggior parte di loro».34

Nonostante questo trionfo, non tutto andava per il verso giusto. Leavventure di Hawking come timoniere, la sua popolarità e la suaangoscia per gli esami avevano spinto in secondo piano un problemadi cui si era accorto per la prima volta quello stesso anno e che nonaccennava a scomparire: «Mi sembrava di diventare più impacciatonei miei movimenti, e un paio di volte caddi senza alcuna ragioneapparente».35 Il problema aveva investito anche la sua idilliaca vitasul fiume, dove iniziava ad avere delle difficoltà a brattare (vogarecon un solo remo su una barca monoposto). Durante il suo ultimotrimestre a Oxford rotolò giù dalle scale sbattendo la testa: per ore isuoi amici gli rimasero vicini per aiutarlo a superare una temporaneaperdita della memoria a breve e a lungo termine, insistendo affinchési facesse visitare da un medico per assicurarsi che non avesse subitodanni seri. Lo incoraggiarono anche a fare un test di intelligenza delMensa per dimostrare a loro e a se stesso che la sua mente non avevasubito conseguenze. Sembrava tutto a posto, ma trovavano difficilecredere che la sua caduta fosse stata il frutto di un semplice incidente.

In effetti, qualcosa che non andava c’era, anche se non era unaconseguenza della caduta e non riguardava la sua mente. Quell’estate,durante una vacanza in Persia (l’odierno Iran) insieme a un amico, siammalò in modo grave, probabilmente a causa di un problema distomaco legato al viaggio o per una reazione alle vaccinazioni cheavevano dovuto fare prima di partire.36 Fu una vacanza tormentataanche per altri motivi, più ancora per la sua famiglia in Inghilterrache non per Stephen: persero i contatti con lui per tre settimane,durante le quali ci fu un violento sisma proprio nella regione in cui idue giovani stavano viaggiando. A quanto pare, Stephen stavatalmente male e il pullman che li trasportava era così sgangherato chenon si accorse neppure del terremoto. Alla fine, quando tornò a casa,era esausto e indisposto. In seguito qualcuno si sarebbe chiesto se acausargli la malattia in Persia, e anche la stessa SLA, non fosse stato

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un vaccino contro il vaiolo iniettato con una siringa non sterilizzata;di fatto, però, la sclerosi laterale amiotrofica aveva già iniziato amanifestarsi in precedenza. In ogni caso, per via dell’indisposizioneche lo aveva colpito in vacanza e dei sintomi sempre più preoccupantida cui era afflitto, quando arrivò a Cambridge il ventenne Stephen –che entrò al Trinity Hall College per il trimestre autunnale del 1962 –era molto più debole e scombussolato di quanto non fosse stato inprimavera, a Oxford.

L’estate prima che Stephen partisse per Cambridge, Jane Wilde lovide mentre stava passeggiando con le sue amiche a St Albans. Era un«giovane dall’andatura goffa che procedeva tenendo la testa bassa,con il volto nascosto sotto una massa di lunghi capelli castani, lisci eindisciplinati […] avanzava immerso nei suoi pensieri, senza guardarené a destra né a sinistra, camminando a balzelloni nella direzioneopposta alla nostra».37 Un’amica di Jane, Diana King – sorella di BasilKing, un amico di Stephen – sorprese le sue compagne raccontandoche era uscita con lui: «È un tipo strano, ma molto intelligente. Unavolta mi ha portata a teatro. Va alle marce contro le armi nucleari».38

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«La consapevolezza di avere una malattia incurabile, che miavrebbe probabilmente ucciso in pochi anni, fu per me un

trauma»

Il primo anno di Hawking a Cambridge fu in gran parte disastroso.Fred Hoyle era già pieno di specializzandi da seguire e Stephen vennequindi assegnato a Denis Sciama. Quest’ultimo non era famoso comeHoyle in campo fisico – di fatto, Hawking non ne aveva mai sentitoparlare –, ma era comunque conosciuto come un buon mentore che sipreoccupava molto dei suoi studenti. Inoltre, mentre Hoyle era unafigura internazionale e trascorreva gran parte del proprio tempo ingiro per gli osservatori spaziali sparsi nel mondo, Sciama era moltopiù presente a Cambridge. I due scienziati sostenevano la teoria dello«stato stazionario» dell’universo, elaborata dallo stesso Hoyle assiemea Hermann Bondi e Tom Gold.

La teoria dello stato stazionario riconosceva l’espansionedell’universo ma, a differenza della teoria del big bang, non imponevache il cosmo avesse un inizio nel tempo. Stando a questa proposta,mentre l’universo si espande e le galassie si allontanano le une dallealtre, nei vuoti sempre più vasti che li separano compare nuovamateria che, alla fine, va a formare nuove stelle e galassie. In talmodo l’universo sembra più o meno identico in qualunque momentodella sua storia. La teoria dello stato stazionario era destinata aperdere la sfida contro quella del big bang, ma per un certo periodosembrò essere una rivale di tutto rispetto.

Per uno come Hawking, che aveva studiato matematica in modomolto frammentario, la relatività generale era un osso duro, e benpresto si pentì di aver permesso a suo padre di allontanarlo dallamatematica, quando ancora studiava a Oxford. Sciama gli suggerì diconcentrarsi sull’astrofisica, ma Stephen era ormai deciso a dedicarsialla relatività generale e alla cosmologia. Faticando per restare agalla, si impegnò quindi in un faticoso sforzo autodidattico perrimettersi in pari. Al King College di Londra, Hermann Bondi aveva

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iniziato un corso sulla relatività generale e Stephen, assieme ad altrispecializzandi di Cambridge, andava regolarmente a seguire le suelezioni.

La relatività e la cosmologia erano scelte azzardate anche per glistudenti che potevano contare su una buona preparazionematematica. La comunità scientifica guardava la cosmologia consospetto e disapprovazione: come Hawking avrebbe in seguitoricordato, «in passato si era soliti considerare questa disciplina unapseudoscienza e la riserva di fisici che potevano aver compiuto unlavoro utile in gioventù, ma che nel loro rimbambimento avevanoceduto alle lusinghe di un pensiero più mistico».1 Era un campod’indagine altamente speculativo, dove i dati osservativi non eranosufficienti a tenere a freno le mere ipotesi, o a plasmarle.2 Lo stessoSciama, solo due anni prima che Hawking lo incontrasse, aveva scrittoche la cosmologia era «una materia fortemente controversa, che noncontiene nessun corpo – o quasi – di dottrine condivise».3

Hawking era consapevole di queste difficoltà, ma la sfida dilavorare alle frontiere della scienza e di avventurarsi in un territorioinesplorato era ai suoi occhi qualcosa di irresistibile. La cosmologia ela relatività generale erano «i campi trascurati che in quel momento sipresentavano ormai maturi per lo sviluppo. A differenza delleparticelle elementari, qui avevamo una teoria ben definita, larelatività generale di Einstein, per quanto fosse tremendamentedifficile. Le persone erano così contente di trovare una qualunquesoluzione alle equazioni del campo di Einstein che non si chiedevanoneppure che significato fisico avesse, sempre ammesso che ne avesseuno».4

La relatività generale di Einstein era di fatto, come sottolineato daHawking, una teoria ben definita in cui la gravità viene spiegata neitermini di una curvatura dello spazio-tempo, ma Sciama avevaragione a proposito della cosmologia. Stava ancora infuriando labattaglia per stabilire quale teoria descrivesse in modo corretto lastoria dell’universo, se la teoria del big bang oppure quella dello statostazionario. L’universo aveva avuto oppure no un inizio? Per quantooggi ci possa sembrare incredibile, nel 1962, quando Hawking arrivò aCambridge per prendere il dottorato, quella sfida era ancora del tuttoaperta.

Le lacune in matematica di Hawking e il fatto che non fosse riuscito

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ad avere Hoyle come proprio supervisore erano certo deicontrattempi, ma nulla di straordinario o di veramente inconsueto peruno studente al primo anno di specializzazione. Nell’autunno del1962, però, mentre si sforzava di venire a capo della relativitàgenerale e di trovare una via d’uscita nel labirinto della matematicanecessaria per comprenderla, Stephen si trovò a far fronte a unproblema molto più insolito e drammatico, che minacciava divanificare tutti i suoi sforzi. Quella goffaggine nei movimenti cheaveva notato durante il suo ultimo anno a Oxford continuava apeggiorare: in autunno, a Cambridge, aveva ormai dei problemi anchesolo ad allacciarsi le scarpe, e talvolta addirittura a parlare. Stavainiziando a farfugliare, abbastanza da far supporre a chi lo incontravaper la prima volta che avesse un leggero handicap vocale.

Quando tornò a St Albans per Natale, dopo il primo trimestre aCambridge, i suoi problemi fisici erano troppo evidenti perché potessenasconderli ai suoi genitori. Frank Hawking lo accompagnò dalmedico di famiglia, che a sua volta li indirizzò a uno specialista, concui presero un appuntamento per dopo le vacanze.

A gennaio, poco dopo aver compiuto ventun anni, Hawking nonfece subito ritorno a Cambridge per il nuovo trimestre, ma andòinvece a farsi esaminare al St Bartholomew’s Hospital di Londra. Lasituazione era resa forse un po’ meno angosciante dal fatto che suasorella Mary, che si preparava a seguire le orme del padre nellaprofessione medica, stava facendo tirocinio proprio al «Barts».Stephen, seguendo i suoi «principi socialisti», rifiutò la stanza privatache i genitori avrebbero voluto fargli avere. All’ospedale, glispecialisti gli prelevarono dal braccio un campione di tessutomuscolare, gli applicarono degli elettrodi, gli iniettarono un mezzo dicontrasto radiopaco nella spina dorsale e, tramite i raggi X,osservarono il liquido che si spostava su e giù mentre inclinavano illetto su cui Stephen era sdraiato. Dopo due settimane lo dimisero,dicendogli, in termini vaghi, che la sua malattia non era un «casotipico» e che non si trattava di sclerosi multipla. I medici glisuggerirono di tornare a Cambridge e continuare a fare il suo lavoro.«Mi resi conto però» rammenta Hawking «che si attendevano checontinuassi a peggiorare, e che non potevano fare altro chesomministrarmi vitamine. Era chiaro anche che non si aspettavanoche le vitamine potessero fare granché. Non mi sentii di domandare

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altri particolari, essendo già chiaro che erano decisamentesfavorevoli».

Isobel Hawking non si rese conto di quanto fossero serie lecondizioni del figlio finché un giorno, mentre stavano pattinando sulghiaccio insieme, il giovane cadde senza riuscire a rialzarsi. Alla fine,dopo averlo aiutato a rimettersi in piedi, la madre lo portò in un caffèe lo costrinse a parlarle dei problemi fisici da cui era afflitto e ariferirle che cosa gli avevano detto i medici. Insistette quindi perincontrare personalmente il dottore, che le diede le stesse, devastantinotizie.5

Hawking aveva contratto una malattia rara per la quale non siconoscevano cure, la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), nota in GranBretagna come la malattia dei motoneuroni, e in America come ilmorbo di Lou Gehrig. Essa provoca una graduale disintegrazione dellecellule nervose del midollo spinale e del cervello che controllanol’attività muscolare volontaria. Di solito, i primi sintomi sono unsenso di stanchezza e spasmi muscolari delle mani, talvoltaaccompagnati dalla tendenza a farfugliare e da una certa difficoltà adeglutire. Man mano che le cellule nervose si disintegrano, i muscolida esse controllati si atrofizzano. Alla fine, questa condizione siestende a ogni muscolo volontario del corpo: i movimenti diventanoimpossibili e si perde la capacità di parlare, assieme a ogni altramodalità di comunicazione. Anche se Hawking non è l’unico pazienteche sia sopravvissuto per diversi decenni, i soggetti affetti da questamalattia muoiono quasi sempre nel giro di due o tre anni in seguito alsubentrare di una forma di polmonite o per soffocamento dovuto allaperdita dei muscoli respiratori. Il morbo non colpisce i muscoliinvolontari del cuore, quelli che operano per eliminare dal corpo lesostanze di rifiuto, o gli organi sessuali, e il cervello rimaneperfettamente lucido fino alla fine, cosa che ad alcuni sembra unvantaggio, ad altri un orrore: ai pazienti negli ultimi stadi dellamalattia viene spesso somministrata la morfina, non per il dolorefisico – che è assente – ma per il panico e la depressione.

Per Hawking era cambiato tutto. Con la tipica sobrietà che locaratterizza, così descrive la sua reazione: «La consapevolezza di avereuna malattia incurabile che mi avrebbe probabilmente ucciso in pochianni fu per me un trauma. Com’era possibile che una cosa del generefosse accaduta proprio a me? Perché dovevo essere stroncato in quel

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modo? Mentre ero in ospedale, però, avevo visto un ragazzo checonoscevo vagamente morire di leucemia nel letto di fronte al mio.Non era stato certamente un bello spettacolo. Era chiaro che c’eranopersone che stavano peggio di me. Almeno, la mia condizione non mifaceva soffrire fisicamente. Ogni volta che sono incline acommiserarmi mi viene in mente quel ragazzo».

Ciononostante, all’inizio Hawking entrò in una fase di profondadepressione: non sapeva che cosa avrebbe dovuto fare, che cosa glisarebbe successo, con che rapidità le sue condizioni sarebberopeggiorate o come si sarebbe sentito. I medici gli avevano detto diproseguire nelle sue ricerche per il Ph.D., che però non stavanoprocedendo troppo bene anche a prescindere dai problemi fisici.Questo fatto lo deprimeva quasi quanto la malattia stessa. Glisembrava inutile sforzarsi di continuare a lavorare per un dottoratoche non avrebbe comunque fatto in tempo a ottenere: non eranient’altro che uno sciocco espediente per cercare di tenere impegnatala mente mentre il suo corpo stava morendo. Si rintanò, afflitto, nellesue stanze al Trinity Hall College, pur precisando che «èun’esagerazione che mi fossi dato al bere (come si è letto su certeriviste) […] Mi vedevo come un personaggio da tragedia. Cominciaiad ascoltare Wagner».

«A quel tempo facevo molti brutti sogni» racconta. «Prima che mifosse diagnosticata la malattia, ero piuttosto annoiato della vita. Misembrava che non ci fosse niente che valesse la pena di fare. Pocodopo essere uscito dall’ospedale, però, sognai che stavo per esseregiustiziato. D’improvviso mi resi conto che c’era una quantità di coseimportanti che avrei potuto fare se la mia condanna fosse statasospesa. Un altro sogno che feci varie volte fu quello in cui sacrificavola mia vita per salvare altri. Dopo tutto, se dovevo morire comunque,la mia vicenda poteva avere anche qualche aspetto positivo».

Frank Hawking sfruttò tutti i contatti che la sua posizionenell’ambiente medico gli metteva a disposizione: sentì un grannumero di esperti in ogni possibile malattia legata alla SLA, ma fututto inutile. I medici di Hawking speravano che le sue condizioni sistabilizzassero, ma la malattia progrediva rapidamente e ben prestodovettero informarlo che gli restavano solo un paio d’anni di vita. Aquel punto, suo padre chiese a Denis Sciama di aiutare Stephen aterminare prima la sua tesi; il professore, però, conoscendo le

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potenzialità di Hawking e non volendo che le sprecasseaccontentandosi di scendere a qualche compromesso, anche se stavamorendo, respinse questa richiesta.

Alla fine, comunque, i due anni passarono e l’evoluzione dellamalattia rallentò. «Non morii. Anzi, benché una grossa nube neraincombesse sul mio futuro, trovai, non senza stupirmi, che stavoapprezzando la vita più di prima.» Per camminare doveva servirsi diun bastone, ma le sue condizioni non erano poi così gravi: l’invaliditàtotale e la morte, pur rimanendo ancora una certezza non tropporemota, si erano allontanate. Sciama gli disse che, dato che sarebbesopravvissuto un po’ più a lungo, avrebbe fatto bene a finire la suatesi. Hawking aveva di fatto ottenuto una sospensione – per quantoprecaria e temporanea – della sua condanna, e la vita era preziosa epiena di cose importanti da fare.

Una ragazza molto carina

Nel gennaio 1963, poco prima che Hawking entrasse in ospedale pergli esami, Basil King e sua sorella Diana avevano organizzato unafesta di Capodanno a St Albans. In quella occasione, Stephen avevaincontrato un’amica di Diana, Jane Wilde,6 che stava terminando glistudi alla St Albans High School ed era stata accettata al WestfieldCollege dell’università di Londra, dove l’autunno successivo sarebbeandata a studiare lingue. In seguito, Jane descrisse l’impressione che lefece Stephen quando lo aveva scorto alla festa: un ragazzo «dicostituzione esile, appoggiato al muro in un angolo, con le spalle allaluce, intento a parlare gesticolando con le sue lunghe dita affusolate;aveva i capelli che gli scendevano sul volto, sopra gli occhiali, eindossava una polverosa giacchetta di velluto nero e un farfallino divelluto rosso».7 Ricamando un po’ sulla storia del suo colloquio finalea Oxford (l’esame orale con cui aveva ottenuto la laurea di primaclasse), Stephen raccontò a un suo amico di Oxford e a Jane di averconvinto gli esaminatori a conferirgli una prima classe e a lasciarloandare a Cambridge facendo balenare davanti ai loro occhil’opportunità di mandarlo nell’università rivale come una sorta dicavallo di Troia.8 A Jane questo giovane dottorando scarmigliatosembrava tremendamente intelligente, eccentrico e piuttostoarrogante; ma era una persona interessante, ed era affascinata dalla

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sua autoironia. Le aveva detto che stava studiando cosmologia, untermine di cui lei non conosceva neppure il significato.

Al party Stephen e Jane si erano scambiati nomi e indirizzi e,qualche giorno dopo, la ragazza si vide recapitare un invito per unafesta di compleanno – il ventunesimo di Hawking – che si sarebbetenuta l’8 gennaio. Jane ebbe così modo di visitare per la prima voltal’eccentrica dimora degli Hawking a St Albans, al 14 di Hillside Road.Anche se i volti della maggior parte della famiglia le sembravano giànoti – li aveva probabilmente visti in giro per la cittadina –, Jane nonsi sentiva affatto a suo agio in mezzo a gente così sofisticata etrascorse quasi tutta la serata in un angolo vicino al fuoco, cercandodi scaldarsi in quella gelida casa e tenendo in braccio il fratellino diStephen, Edward. La festa non era stata un gran successo nemmenoper lo stesso Hawking: i suoi problemi fisici stavano diventandoimpossibili da nascondere. Anche solo versare i drink si era rivelataun’impresa ardua.

Circa un mese dopo, Jane sentì Diana King e una sua amica chedicevano che a Stephen era stata diagnosticata «una tremendamalattia incurabile e paralizzante […] un po’ come la sclerosimultipla, ma diversa, e ritengono che gli restino probabilmente soloun paio d’anni di vita».9 Il fratello di Diana, Basil, era andato atrovarlo in ospedale.

Jane e Stephen si incontrarono per caso una settimana dopo allastazione di St Albans; lui aveva più o meno lo stesso aspetto, sebbenefosse vestito in modo più convenzionale e avesse un taglio di capellipiù curato. Entrambi stavano aspettando il treno per Londra e,durante il viaggio, si sedettero vicini e si misero a parlare. QuandoJane gli accennò di aver sentito del suo ricovero in ospedale e che ledispiaceva molto, lui arricciò il naso senza dire nulla10 e lei cambiòargomento. Stephen le chiese se le sarebbe piaciuto accompagnarlo ateatro in uno dei weekend in cui era a casa da Cambridge, e lei risposedi sì.

Per il loro primo appuntamento andarono a cena e a teatro aLondra. La serata si rivelò molto costosa e, quando salironosull’autobus per tornare alla stazione, Stephen si rese conto di essererimasto senza soldi. A quei tempi non c’erano ancora i bancomat.Dopo una serata in cui non aveva lesinato sulle spese, dovette quindidomandare alla ragazza se poteva pagare lei la corsa; rovistando nella

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borsetta, Jane scoprì però di non avere più il portamonete, e fu cosìche iniziò la loro prima avventura assieme.

Fuggendo dall’autobus prima che qualcuno potesse chiedere loro ilbiglietto, Jane e Stephen tornarono al teatro Old Vic, ormai chiuso econ le luci che si stavano spegnendo, e trovarono un modo per entrarepassando dall’ingresso degli artisti. Il borsellino di Jane era ancorasotto la sedia dov’era caduto: tutto sembrava essersi risolto per ilmeglio quando le luci si spensero completamente. Stephen allora laprese per mano e avanzarono a tentoni fino al palcoscenico,attraversandolo nella più totale oscurità e uscendo quindi di nuovo instrada. Jane seguiva la sua guida sicura «con silenziosaammirazione».11

Di certo Stephen non era un tipo da pizza-e-cinema, dato che il suosuccessivo invito fu per il «Ballo di maggio» al Trinity Hall. Cena eteatro a Londra e un ballo ufficiale a Cambridge erano senza dubbiofra i più splendidi appuntamenti che una ragazza potesse desiderare.

Quando Stephen andò a prendere Jane per portarla a Cambridge, agiugno,* il deterioramento delle sue condizioni fisiche la sconvolse,spingendola a chiedersi se questo «ragazzo esile, fragile e zoppicante,che sembrava quasi aver bisogno di tenersi aggrappato al volante perpoter vedere sopra il cruscotto»12 fosse in grado di guidare fino aCambridge. Il viaggio fu in effetti rischioso, ma non a causa dellamalattia di Stephen, bensì per la sua guida veloce e spericolata:quando giunsero a destinazione, Jane giurò che sarebbe tornata a casain treno pur di non dover ripetere una simile esperienza.13

Benché il Trinity Hall sia piccolo in confronto ad altri college diCambridge come il Trinity e il St John’s, il suo Ballo di maggio sidimostrò un’esperienza magica di livello impareggiabile. I prati inglesie le aiuole del college, che digradavano verso il fiume e gli spiazzierbosi al di là di esso, erano romanticamente illuminati, e tutti ipartecipanti indossavano abiti da cerimonia che li facevano sembrarepiù belli del solito. C’era musica per tutti i gusti, suonata in luoghidifferenti del college: un quartetto d’archi in una sala rivestita dieleganti pannelli, un cabaret nella hall, un banda jazz, una steel bandgiamaicana. Lo champagne veniva servito da una vasca da bagno ec’era un sontuoso buffet. I festeggiamenti si protrassero fino all’alba ealla colazione, per il giorno dopo, era prevista una gita sul fiume.Vedendo come gli amici di Hawking un minuto prima discutevano

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aspramente con lui su una qualche questione teorica e, un minutodopo, lo trattavano con straordinaria gentilezza e si preoccupavanodel peggioramento delle sue condizioni fisiche, Jane rimase dapprimasconcertata, ma poi ne ricavò un’impressione favorevole. Quando fututto finito, Stephen non ne volle sapere di lasciare che Jane tornassea casa in treno anziché farsi accompagnare da lui; giunti a St Albans,la ragazza era talmente innervosita e indignata per la sua guida che,non appena riuscì a scendere dalla macchina, filò dritta in casalasciandolo lì sul marciapiede. Dietro insistenza di sua madre,tuttavia, tornò fuori e lo invitò a entrare per un tè. Nonostante questiappuntamenti in grande stile, i due non erano ancora fidanzati, anchese Hawking pensava che fosse «una ragazza molto carina».14 Fu più omeno in questo periodo, del resto, che Derek Powney rimase perplessodi fronte all’improvviso interesse del vecchio amico per le elegie diJohn Donne, alcune fra le più belle ed esplicite poesie d’amore maiscritte.15

Dopo che si furono visti in qualche altra occasione insieme all’una oall’altra famiglia, Jane partì per trascorrere l’estate in Spagna, unsoggiorno richiesto dal suo corso di laurea in lingue al WestfieldCollege. Al suo ritorno, Stephen era di nuovo a Cambridge e, di lì apoco, lei lasciò a sua volta St Albans per andare a vivere a Londra einiziare gli studi. Dovette attendere fino a novembre prima di riceverenotizie di Stephen: sarebbe venuto a Londra per un appuntamento conil dentista e la invitava ad accompagnarlo a vedere la WallaceCollection (una famosa mostra di arte, mobili, porcellane, armi earmature); avrebbero cenato insieme per poi assistere all’opera diWagner L’olandese volante. Durante il loro incontro, Stephen inciampòe cadde in mezzo a Lower Regent Street e Jane lo aiutò a rimettersi inpiedi. La ragazza notò che mentre la sua andatura stava diventandosempre più incerta, le sue opinioni si facevano più forti e più ardite: inquesta occasione, non molto tempo dopo l’assassinio di Kennedy,Hawking espresse la propria disapprovazione per come il presidenteamericano aveva gestito la crisi dei missili di Cuba.16

Quell’inverno, Stephen si recò di frequente a Londra per seminari evisite dentistiche, e, a quanto pare, non era mai a corto di biglietti perl’opera. Anche Jane andava spesso a trovarlo a Cambridge nei finesettimana. Ormai era senza dubbio «innamorata di Stephen, con quelsuo malizioso senso dell’umorismo. La luce nei suoi occhi aveva

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qualcosa di magnetico»;17 tuttavia, si rifiutava di avere con lui unasemplice relazione a breve termine. Il punto, purtroppo, era che ilbreve termine era tutto ciò che Hawking poteva prevedere davanti asé, e i loro weekend non erano felici. Molte volte, Jane tornava aLondra in lacrime.

Uno dei problemi era dato dal fatto che, pur essendo molto loquacesulla maggior parte degli argomenti, Stephen non aveva nessunavoglia di parlare della sua malattia o di condividere con Jane ciò cheprovava in proposito. Per quanto questo atteggiamento la turbasse, laragazza non voleva fargli pressione; soltanto in seguito si rese contodi aver così creato un precedente di non-comunicazione che, in futuro,avrebbe messo in crisi il loro rapporto.18 Un giorno, verso la finedell’inverno, lo incontrò dopo che si era visto con il suo medicospecialista di Harley Street; quando gli chiese come fosse andata,Stephen «fece una smorfia» e le riferì che il dottore gli aveva detto di«non disturbarsi a ritornare, perché comunque non c’è nulla che luipossa fare».19 Fine della conversazione.

Il primo anno a Westfield fu per Jane un periodo di ricercaspirituale. Non sarebbe stato difficile lasciarsi conquistareall’agnosticismo o anche all’ateismo da questo giovane carismatico eintellettualmente brillante, di fianco al quale si sentiva ancora un po’come un’adolescente impacciata. Jane, tuttavia, preservò la fede inDio che sua madre aveva seminato in lei fin dall’infanzia, e mantenneanche la convinzione che qualunque sventura può portare a qualcosadi buono. La sua conclusione era che avrebbe dovuto «conservareabbastanza fede per entrambi, perché dalla nostra triste situazionepossa nascere qualcosa di buono».20 Anche se non condivise mai la suafede, Stephen ammirava la sua energia e il suo ottimismo e,gradualmente, iniziò a trovarli contagiosi.

Le cose non andavano tutte per il verso giusto. Anche se durantel’inverno erano stati molto vicini, quando Jane trascorse un periodo inSpagna, nella primavera del 1964, Stephen non rispose alle sue lettere.Durante un breve intervallo a St Albans, prima di ripartire per un tourestivo dell’Europa insieme alla famiglia, Jane trovò Stephen depressoe cinico: ascoltava Wagner ad alto volume, senza neppurepreoccuparsi di nascondere – com’era invece solito fare – il suo sensodi futilità e di frustrazione, in apparenza determinato a fare tutto ilpossibile per allontanarla da sé. Come avrebbe in seguito dichiarato in

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un’intervista: «Si trovava in uno stato davvero pietoso. Penso cheavesse perso la voglia di vivere. Era molto confuso».21 Rimaseroseparati per la maggior parte dell’estate. Stephen si recò insieme allasorella Philippa a Bayreuth per il ciclo dell’Anello del Nibelungo diWagner e, da lì, proseguì per Praga, oltre la Cortina di ferro.

Quando il suo viaggio in Europa con la famiglia stava volgendo altermine, Jane, che si trovava a Venezia, di ritorno in albergo, trovòuna cartolina di Stephen. C’era già da meravigliarsi per il semplicefatto che ne avesse spedita una, ma questa era per di più allegra ericca di informazioni. La foto ritraeva il castello-fortezza diHohensalzburg che torreggia su Salisburgo, in Austria, e nel testoStephen parlava del Festival di Salisburgo, di Bayreuth e di Praga.Tenendo stretta la cartolina, Jane visitò Venezia in preda a un’euforiaromantica, non vedendo l’ora di poter tornare in Inghilterra perstringersi a lui.

Giunta a St Albans, Jane trovò Hawking molto meno demoralizzatodi quando l’aveva visto qualche mese prima, nonostante avesse persogli incisivi in seguito a una caduta, avvenuta durante un viaggio intreno in Germania (un vero peccato, tra l’altro, dopo tutte le sedutedal dentista di Londra). Le sue condizioni fisiche sembravano essersistabilizzate e aveva ritrovato il coraggio di guardare avanti.

A Cambridge, in un’umida serata all’inizio del trimestre autunnale,Stephen chiese a Jane di sposarlo e lei accettò: «Volevo trovare unoscopo alla mia esistenza,» racconta «e suppongo di averlo trovatonell’idea di prendermi cura di lui. Ma eravamo innamorati, ci siamosposati, non sembrava esserci molta scelta in proposito. Decisisemplicemente che cosa avrei fatto, e lo feci».22 Erano giunti acomprendere «che insieme avremmo potuto realizzare qualcosa diimportante nelle nostre vite».23

Per Stephen, il fidanzamento fece «tutta la differenza». «Ilfidanzamento mi cambiò la vita. Mi diede qualcosa per cui vivere, mirese determinato a vivere. Senza l’aiuto datomi da Jane non sareistato in grado di andare avanti, e non avrei neppure avuto la voglia difarlo.»

Il padre di Jane diede il suo consenso alle nozze a condizione che laragazza completasse i suoi studi al college e che non le venissero fatterichieste irragionevoli. Date le brevi aspettative di vita di suo figlio,Frank Hawking suggerì loro di fare dei bambini il prima possibile; da

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medico, le assicurò che la malattia di Stephen non era ereditaria.24

C’era però un ostacolo al loro matrimonio che andava affrontatosubito: il Westfield College non permetteva che i suoi studenti nonancora laureati si sposassero. Venne fatta un’eccezione tenendo contoche il promesso sposo di Jane avrebbe potuto non sopravvivere finoalla data delle nozze se quest’ultima fosse stata rinviata. A Jane vennecomunque richiesto di abbandonare la sistemazione al college e ditrasferirsi in un appartamento privato a Londra, dove avrebbetrascorso i giorni feriali, ritornando a Cambridge da Stephen durante iweekend.25 Anche Hawking, a sua volta, dovette lasciare le stanze delcollege e trovare un nuovo alloggio.

Stephen recuperò la sua naturale esuberanza. Scoprì un modoingegnoso per telefonare a Londra al costo di una chiamata locale, enelle loro lunghe conversazioni «la malattia assumeva le proporzionidi un problema secondario – per quanto fastidioso – confinato sullosfondo, mentre parlavamo delle prospettive di lavoro, della casa, deipreparativi per le nozze e del nostro primo viaggio negli Stati Uniti[…] saremmo dovuti partire solo dieci giorni dopo il matrimonio».26

Hawking stava infine facendo progressi anche nei suoi studi. Deciseche doveva considerarsi enormemente fortunato per il fatto che, perquanto la malattia potesse paralizzargli il corpo, non gli avrebbe maiminato il cervello. Il suo lavoro nel campo della fisica teorica sisarebbe svolto quasi interamente nella mente: era una delle pochecarriere per la quale l’infermità fisica non rappresentava un gravehandicap.

Si tratta di un atteggiamento che suona senza dubbio coraggioso,ma Hawking non ama sentirsi descrivere in questo modo: a suo pareresarebbe stato coraggioso e avrebbe richiesto un tremenda forza divolontà scegliere deliberatamente una strada tanto difficile, ma lecose non sono andate così. Lui si è limitato semplicemente a farel’unica cosa possibile. Per citare le sue parole: «Bisogna essereabbastanza maturi da rendersi conto che la vita non è affatto equa.Dobbiamo fare il meglio che possiamo nella situazione in cui veniamodi fatto a trovarci».27 Era vero nel 1964, e lo è ancora oggi: per quantolo riguarda, meno si dà risalto ai suoi problemi fisici, meglio è. Sequesto libro parlasse solo del suo lavoro scientifico, senza accennarealle grandi difficoltà in cui si è imbattuto, e quindi ai maggiori meritiche ne derivano, per lui andrebbe benissimo. Una delle cose più

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notevoli che possiamo imparare su Hawking è la scarsa rilevanza dellasua invalidità. Non è appropriato definirlo un uomo malato: la saluteimplica molto di più delle semplici condizioni fisiche e, in questosenso più ampio, per la maggior parte della sua vita Hawking è statouna delle persone più sane al mondo. Questo è il messaggio che filtrain modo forte e chiaro dalle sue opere e dalla maggior parte dellecose che sono state scritte su di lui, e che emerge in modo ancora piùevidente quando lo abbiamo di fronte di persona. Questa è l’immaginedi Hawking e, per quanto il suo avvertimento «Non dovreste credere atutto ciò che leggete» vada preso sul serio, in questo caso non si trattadi un’immagine falsa.

Nel frattempo, comunque, il matrimonio era impossibile finché nonavesse avuto un lavoro, e per trovare un lavoro doveva primaconseguire il dottorato; Stephen si mise quindi alla ricerca di un’ideaper completare la propria tesi.

Sfidare il futuro

Anche se dall’inverno del 1963, con la diagnosi della SLA, la vita diHawking era stata in tumulto, né il deterioramento delle suecondizioni fisiche né il sempre più profondo legame emotivo con JaneWilde avevano eclissato il suo interesse per la cosmologia. Il suoufficio al dipartimento di matematica applicata e fisica teorica sitrovava accanto a quello di Jayant Narlikar, che aveva già incontratoin occasione di un corso estivo, prima ancora di venire a Cambridge.Narlikar era un allievo di Hoyle e stava lavorando con quest’ultimosulle eventuali modifiche alla relatività generale che avrebbero potutoriconciliare il modello dello stato stazionario con le recentiosservazioni che ne mettevano in dubbio la validità. Questa sfidasuscitò la curiosità di Hawking.

Nel giugno del 1964, prima che il suo lavoro con Narlikar venissepubblicato, Hoyle lo presentò in una conferenza alla Royal Society eHawking si recò a Londra per assistervi. Giunto il momento delledomande, Stephen si alzò in piedi appoggiandosi al suo bastone econtestò uno dei risultati del cosmologo; Hoyle, stupefatto, gli chiesecome fosse in grado di giudicare la correttezza o meno del risultato, elui replicò semplicemente che l’aveva «calcolato». Non sapendo cheHawking e Narlikar avevano già discusso parecchie volte questi

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risultati e che il primo aveva eseguito in precedenza i suoi calcoli,Hoyle e il pubblico credettero che questo giovane ricercatoresconosciuto avesse «calcolato» a mente il risultato lì, su due piedi,durante la conferenza. Se il pubblico ne fu impressionato, Hoyle andòsu tutte le furie; sorprendentemente, comunque, a quanto pareHawking non perse l’amicizia di Narlikar. In ogni caso, aveva iniziatoa costruire la sua reputazione di scienziato geniale e impertinente edera nato in lui l’interesse per i calcoli e le riflessioni sull’espansionedell’universo.

Hawking venne quindi a conoscenza di una teoria del matematico efisico britannico Roger Penrose a proposito di ciò che si verificaquando una stella esaurisce il proprio combustibile nucleare e collassasotto la forza della sua stessa gravità. Penrose, portando avanti illavoro già svolto da alcuni fisici come Subrahmanyan Chandrasekhare John Wheeler, aveva affermato che anche se il collasso non èperfettamente uniforme e simmetrico, la stella finirà comunque percontrarsi in un minuscolo punto dello spazio-tempo dalla densità edalla curvatura infinite, una singolarità al centro di un buco nero.

Hawking partì da lì invertendo la direzione del tempo eimmaginando un punto dello spazio-tempo di densità e curvaturainfinite – una singolarità – che esplode verso l’esterno e si espande.Supponiamo, disse, che l’universo abbia avuto un inizio del genere;supponiamo che lo spazio-tempo, appallottolato in un minuscolopunto privo di dimensioni, sia esploso in quello che chiamiamo il bigbang e si sia espanso fino ad assumere l’aspetto attuale. È possibileche le cose siano andate così? Devono essere andate così?

Con queste domande, Hawking iniziò l’avventura intellettuale chesta portando avanti da più di quarantacinque anni. Per citare le sueparole: «Per la prima volta nella mia vita, cominciai a lavorareduramente e, con mia sorpresa, trovai che mi piaceva. Forse non ègiusto parlare di “lavoro”».

1965

Nell’inverno del 1965, Hawking fece domanda per un assegno diricerca al Gonville and Caius College di Cambridge. Nei weekend Janeveniva a trovarlo da Londra, dove stava portando a termine i suoistudi per prendere la laurea al Westfield College. Hawking rammenta:

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«Speravo che Jane mi battesse a macchina la domanda, ma quandovenne a farmi visita a Cambridge aveva un braccio ingessato. Devoammettere che fui con lei meno comprensivo di quanto avrei dovuto.Però il braccio rotto era il sinistro, cosicché poté scrivere a mano ladomanda sotto mia dettatura, e io poi me la feci battere a macchinada qualcun altro».

L’infortunio al braccio di Jane non fu il peggior ostacolo incontratoda Hawking sulla strada per entrare al Caius. Gli venne infatti chiestodi fare il nome di due persone che potessero fornire referenze sul suolavoro e Denis Sciama gli suggerì Herman Bondi. Stephen avevaseguito le sue lezioni sulla relatività generale al King’s College diLondra, ma non lo conosceva molto bene: «Lo avevo incontrato unpaio di volte, ed egli aveva presentato un mio articolo per lapubblicazione nei “Proceedings of the Royal Society”. Dopo unaconferenza da lui tenuta a Cambridge, gli chiesi se fosse disposto afornire referenze sul mio lavoro per la mia richiesta di una borsa distudio di ricerca; egli mi guardò in modo piuttosto vago e mi disse disì. Era chiaro che non si ricordava di me, poiché quando il College gliscrisse per avere il suo giudizio rispose che non sapeva chi fossi». Unepisodio del genere avrebbe dovuto segnare la fine delle speranze diHawking – o almeno l’avrebbe segnata oggi, visto il gran numero dicandidati che chiedono assegni di ricerca – ma lui ebbe fortuna:«Erano tempi molto più tranquilli. Il College mi scrisse perinformarmi dell’imbarazzante risposta del mio referee, e il miosupervisore andò da Bondi e gli rinfrescò la memoria. Bondi mi scrisseallora un giudizio che era probabilmente molto migliore di quantomeritassi. Io ebbi una borsa di studio e da allora sono sempre stato unfellow del Caius College».

Un’altra spinta alla reputazione di Stephen, nella primavera del1965, fu un «premio di riconoscimento» nella Gravity PrizeCompetition, finanziata con fondi privati. Avrebbe anche potutoottenere qualcosa in più di un «riconoscimento», se solo non avessesforato i termini per la presentazione dei lavori; tuttavia, con le nozzeall’orizzonte, cento sterline erano sempre le benvenute.28 Quella stessaprimavera, a un convegno internazionale sulla relatività generale e lagravitazione tenutosi a Londra – il primo evento di questo genere acui avesse mai partecipato –, Stephen incontrò Kip Thorne, delCalifornia Institute of Technology. Thorne aveva già conseguito il

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dottorato a Princeton ed era profondamente interessato al modo incui questo giovane ricercatore, che camminava barcollando con unbastone e parlava con una lieve balbuzie, stava prendendo delletecniche introdotte da Roger Penrose nella relatività generale e lestava adattando per indagare la struttura e la storia dell’universo. Laloro conversazione in una sala da tè al convegno fu l’inizio diun’amicizia destinata a durare per tutta la vita. Thorne è uno deipochissimi amici, forse l’unico, con cui Hawking abbia mai parlato intermini franchi e realistici delle sue sconfortanti aspettative per ilfuturo.

Il 14 luglio del 1965, Stephen Hawking e Jane Wilde si sposaronocon una cerimonia civile, seguita il giorno successivo da una funzionereligiosa celebrata nella cappella del Trinity Hall College.

La fisica teorica è piena di paradossi. Sembra quindi appropriatoche uno dei più grandi fisici teorici sia un uomo il cui entusiasmo perla vita è stato risvegliato da una tragedia che avrebbe dovutoamareggiarlo e distruggerlo, e che la sua fulminea ascesa comescienziato sia iniziata con la necessità pratica di cercare un argomentoper la tesi, così da poter trovare un lavoro e sposarsi. Hawkingracconta tutte queste cose con grande semplicità: a dispetto di Wagnere del fatto che si vedesse nelle vesti di un eroe tragico, e a dispetto deisuoi brutti sogni, dopo un anno o forse più di depressione era «piùfelice di quanto non fossi mai stato».

* I «Balli di maggio» a Cambridge si tengono di solito a giugno.

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«La grande domanda era: c’è stato o no un inizio?»

Dopo il matrimonio e una breve luna di miele nel Suffolk, che eratutto quello che si potevano permettere, Stephen e Jane Hawkingattraversarono l’Atlantico diretti in America per una scuola estivasulla relatività generale alla Cornell University, nel nord dello Stato diNew York. Questa scuola avrebbe dato a Hawking un’altraopportunità di incontrare persone di spicco del suo campo, maripensando a questa esperienza la descrive come «un errore»: «Ilnostro matrimonio fu sottoposto a una certa tensione, soprattuttoperché fummo alloggiati in una Casa dello studente piena zeppa dicoppie con bambini piccoli rumorosi».1

Durante il corso, una sera, mentre stava chiacchierando con gliamici all’aria aperta – che in quelle zone è piuttosto fresca,nonostante la stagione –, all’improvviso Hawking si sentì soffocare.Lui sapeva che avrebbe dovuto aspettarsi degli episodi del genere, maJane no – si era infatti sempre rifiutato di discutere con lei dei propriproblemi – e non aveva quindi idea di che cosa fare per aiutarlo. Allafine, Hawking riuscì a farle segno di dargli un forte colpo sullaschiena. Il problema venne così risolto, almeno nell’immediato, maquesta esperienza lasciò Jane scossa e con una vivida consapevolezzadi ciò che avrebbero dovuto affrontare: «La natura demoniaca dellamalattia aveva annunciato la propria presenza».2

A ottobre Hawking, all’età di ventitré anni, entrò come borsista alCaius College; a Jane, d’altro canto, mancava ancora un anno perlaurearsi all’università di Londra. Nei loro piani, Stephen se la sarebbecavata da solo durante i giorni feriali e Jane sarebbe andata dalmarito nei weekend. Poiché lui non poteva fare molta strada a piedi oandare in bicicletta, avrebbero dovuto trovare un alloggio aCambridge che fosse vicino al suo dipartimento. Prima di partire perl’America avevano fatto domanda per un appartamento in costruzionesulla piazza del mercato; nessuno però li aveva avvisati che quegliappartamenti erano di proprietà del college di Hawking, il che

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avrebbe potuto metterli in una posizione di vantaggio nella domanda,ma ciò non ebbe comunque conseguenze, visto che non sarebberostati pronti per l’autunno.

In precedenza, l’economo del Caius aveva informato Stephen chenon rientrava nella politica del college aiutare i borsisti a trovarecasa. Poi, cedendo un poco, offrì a Stephen e Jane una stanza in unostello per specializzandi, ma chiese loro il doppio del canonenormale, dato che nei weekend sarebbero stati in due a occuparla.Quindi, tre giorni dopo essersi trasferiti nell’ostello, scoprirono che inLittle St Mary’s Lane c’era una casetta, disponibile per tre mesi, chefaceva parte di un gruppo di pittoreschi cottage allineati su un latodel vicolo, di fronte alla chiesa e al sagrato di Little St Mary.L’abitazione si trovava solo a un centinaio di metri dal nuovo edificiodel dipartimento di matematica applicata e fisica teorica (DAMTP) diSilver Street, dove Stephen condivideva un ufficio con un altrogiovane fisico, Brandon Carter. Hawking era in grado di camminareper quel breve tratto di strada e, per le occasioni in cui doveva recarsiall’istituto di astronomia (situato fuori città, in campagna), acquistòuna piccola auto a tre ruote. In seguito, quando il contrattotrimestrale d’affitto stava per scadere, i coniugi scoprirono che nelvicolo si trovava un’altra casa libera: un vicino servizievole rintracciòla proprietaria, che viveva nel Dorset, e la rimproverò per averlasciato l’abitazione vuota mentre una giovane coppia non aveva unposto dove vivere. La donna accettò quindi di affittarla.

Nel frattempo, le crisi di soffocamento stavano diventando piùfrequenti. Mary, che stava ancora studiando per prendere la laurea inmedicina all’università di Londra, spiegò al fratello che un clima piùcaldo e asciutto avrebbe potuto giovargli. Così, a dicembre – alla finedel trimestre autunnale – gli Hawking coniugarono l’opportunità diattraversare una seconda volta l’oceano alle esigenze di salute diStephen. Questi partecipò a un convegno di astrofisica a Miami e, dalì, si recarono ad Austin, in Texas, per trascorrere una settimanaassieme a George Ellis – un amico della scuola di perfezionamento – ea sua moglie. Tornarono in Inghilterra in tempo per Natale e sitrasferirono nella loro seconda casa in Little St Mary’s Lane.

Durante il loro primo anno di matrimonio, Stephen e Jane avevanoentrambi delle agende fitte di impegni. Hawking era ben consapevoledelle proprie lacune in matematica. Essendo, come aveva detto sua

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madre, un «autodidatta», decise di usare un metodo collaudato permigliorare le sue conoscenze guadagnando un po’ di soldi: se vuoi odevi imparare una materia, insegnala. Così, oltre a lavorare allapropria tesi di dottorato, sovrintendeva per il college allapreparazione degli studenti di matematica dei primi anni.3 Jane, dalcanto suo, facendo la pendolare ogni fine settimana, prese la laurea inlingue, organizzò i traslochi da una casa all’altra e batté a macchinala tesi di dottorato del marito.

Nel marzo del 1966 celebrarono il conseguimento del dottorato daparte di Stephen, ma le ragioni per festeggiare non si fermavano qui.Hawking aveva presentato un saggio, Singularities and the Geometry ofSpace-Time, in concorso per il prestigioso premio Adams (da JohnCouch Adams, co-scopritore del pianeta Nettuno) assegnato dal StJohn’s College di Cambridge. Il vincitore doveva essere un giovanericercatore residente in Gran Bretagna e presentare un lavoro dirilevanza internazionale. Il saggio di Hawking vinse il premio assiemea quello di Roger Penrose; Denis Sciama, pieno d’orgoglio, disse aJane che, a parer suo, Stephen poteva aspettarsi una carriera degna diIsaac Newton.4 Malgrado le difficoltà fisiche e le sconfortantiprospettive, erano davvero giorni felici: «Negli anni Sessanta,Cambridge era un posto molto eccitante dove lavorare. Ci sembravache tutto fosse possibile, e molte cose di fatto lo erano».5

Quella primavera, Jane Hawking, mossa dal desiderio di mantenereuna certa autonomia e una propria identità intellettuale, decise dicontinuare gli studi e iscriversi a un dottorato all’università di Londra.Come argomento della tesi scelse l’esame critico di alcuni testimedievali spagnoli già pubblicati, il che le consentiva di svolgere lericerche nelle biblioteche anziché sulle fonti originali. Pur tenendoconto di questo particolare, la decisione di prendere un dottoratorestava comunque un passo ardito, dato che Stephen aveva sempre piùbisogno di assistenza; in questo stesso periodo, inoltre, gli Hawkingavevano deciso di allargare la famiglia. Nell’autunno del 1966, mentreJane entrava nella sua prima gravidanza, le dita di Stephen stavanocominciando a torcersi, e scrivere a mano diventò per lui un’impresaquasi impossibile. Mostrando un interesse del tutto eccezionale,dovuto alle pressioni di Sciama, l’istituto di fisica deliberò difinanziargli due sedute settimanali di fisioterapia a domicilio.6

Il primo figlio degli Hawking, Robert, venne alla luce il 28 maggio

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del 1967. Erano passati quattro anni da quando i medici avevanopredetto a Stephen che gli restavano solo due anni di vita: invece,oltre a essere ancora in piedi, era anche diventato padre. Comerammenta Jane: «È evidente che la nascita di nostro figlio diede aStephen un nuovo, grande impeto, essendo ora responsabile di questapiccola creatura».7

Robert era ancora un bebè quando i suoi genitori lo portarono inAmerica per la loro prima visita alla costa occidentale. Hawkingfrequentò una scuola estiva di sette settimane a Seattle, nello Stato diWashington, seguita da due settimane all’università della California diBerkeley. Si stava dimostrando all’altezza della fama acquisita con ilpremio Adams. Conclusero il viaggio con un salto dall’altra parte delcontinente per trascorrere un po’ di tempo assieme a JohnMcClenahan (l’amico d’infanzia di Stephen che aveva scommesso chequest’ultimo non sarebbe mai diventato famoso) e a Mary, la sorelladi Hawking, che ora esercitava la professione medica nell’Est degliStati Uniti. In ottobre, dopo quasi quattro mesi in America, i coniugiHawking e il loro bambino tornarono a Cambridge, in tempo perl’inizio del trimestre autunnale. Il Caius College gli aveva rinnovatol’assegno di ricerca per altri due anni.

Le persone che hanno avuto modo di incontrare Stephen Hawkingal DAMTP nella seconda metà degli anni Sessanta ricordano checamminava per i corridoi con un bastone, appoggiandosi al muro, eparlava con quello che sembrava un difetto di pronuncia. Soprattutto,però, rammentano la sua impudenza durante i convegni a cuipartecipavano alcuni dei più famosi scienziati del mondo. La famadella sua insolenza, nata con la contestazione mossa a Fred Hoyle nel1964, col tempo continuò a rafforzarsi. Mentre gli altri giovaniricercatori restavano in religioso silenzio, Hawking osava porredomande inattese e penetranti, ed era chiaro che sapeva di che cosastava parlando; fu allora che iniziarono i commenti sul «genio», su«un altro Einstein». Nonostante la prontezza di spirito e la popolaritàdi Hawking, questa reputazione e i suoi problemi fisici finirono perallontanarlo da alcune persone del dipartimento. Un suo conoscentemi ha riferito che «era sempre molto amichevole ma, allo stessotempo, alcuni erano un po’ intimiditi dall’idea di invitarlo a uscirecon la compagnia per una birra al pub». Non c’è da stupirsi cheHawking si preoccupasse di evitare che le persone lo considerassero

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non come «semplicemente umano, ma come qualcosa di meno o dipiù».8

Verso la fine degli anni Sessanta, le condizioni fisiche di Hawkinginiziarono di nuovo a peggiorare: dapprima dovette ricorrere allestampelle, poi iniziò a deambulare a fatica anche con quelle. Ingaggiòuna dura battaglia per non perdere la propria indipendenza: un ospitericorda di averlo osservato mentre impiegava quindici minuti persalire le scale con le stampelle fino alla camera da letto, deciso afarcela senza aiuto. La sua determinazione sembrava talvoltanient’altro che cocciutaggine: Hawking non voleva fare nessunaconcessione alla sua malattia, anche quando queste «concessioni»erano degli atti pratici che avrebbero reso le cose più facili a sé e aglialtri. Era la sua battaglia e voleva combatterla a modo suo, un modoche consisteva nel vedere ogni rassegnazione come una ritirata,un’ammissione di sconfitta, e nel resistere il più a lungo possibile.«Qualcuno la chiamerebbe determinazione, qualcun altro caparbietà»dichiara Jane Hawking. «Io l’ho chiamata a volte in un modo, a voltenell’altro. Suppongo che sia stato questo ad aiutarlo ad andareavanti.»9 John Boslough, autore di un libro su Hawking nei primi anniOttanta, lo ha definito «l’uomo più tenace che io abbia maiincontrato».10 Era raro che lo scienziato saltasse un giorno di lavoro,anche quando aveva una brutta influenza. Nel frattempo, mentre lui sirifiutava di fare qualsiasi concessione alla sua malattia, Janeimparava a non fare concessioni a lui: questo era il suo modo dicombattere, un aspetto della sua lotta per far sì che il marito avesseuna vita il più normale possibile.

Boslough ha descritto Hawking anche come un «uomo gentile,spiritoso», che riusciva a farti subito dimenticare i suoi problemi fisici,con una sagacia «garbata» che faceva a fette ogni insensatapretenziosità. La sua capacità di sorridere di se stesso, dei suoiproblemi e persino della scienza, di cui pure era così appassionato, erauna cosa che incuteva rispetto: aiutava a far sì che gli altri loapprezzassero e, in genere, faceva passare in secondo piano lapercezione della sua diversità. Alcuni, al dipartimento, lo ritenevanola persona più divertente in circolazione. Sembra quasi che Hawkingabbia seguito, probabilmente senza neppure leggerlo, il consiglio chela madre di Louisa May Alcott dava alla sua famiglia nei momenti diprofonda afflizione: «Non perdete la speranza e tenetevi occupate».

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Il futuro di Hawking era minacciato in misura maggiore dai suoiproblemi di comunicazione che non dalla sua immobilità. Parlava inmodo sempre più confuso e indistinto, al punto che il Caius College el’università dovettero accettare il fatto che non era più in grado di farlezione. Il suo assegno di ricerca era in scadenza per il 1969, ma DenisSciama salvò di nuovo la situazione, questa volta con l’aiuto diHermann Bondi. Si diffuse la voce – nessuno sa a opera di chi, e forseera anche fondata – che il King’s College, a pochi isolati di distanza,avrebbe offerto a Hawking un posto di ricercatore anziano e, pertrattenerlo, il Caius creò appositamente per lui una nuova formula dicontratto di sei anni, un «assegno di ricerca per la distinzione nellascienza». Hawking stava diventando un fisico importante, troppoprezioso per lasciarlo andare via.

Sistemato questo problema, la mente di Hawking poté continuare aconcentrarsi molto di più sulla scienza anziché perdersi dietro allepreoccupazioni pratiche legate a bastoni, stampelle e scale. Il suoentusiasmo quasi ossessivo per la ricerca conferiva energia alla suavita. Sul finire degli anni Sessanta stava scoprendo la strutturadell’universo e la sua possibile origine: per riprendere una suaespressione, stava giocando al «gioco dell’universo». Per comprendereil lavoro in cui era immerso, dobbiamo tornare indietro ditrentacinque anni.

Il gioco dell’universo

È oggi risaputo che la Terra si trova in una galassia a spirale, la ViaLattea, una delle tante galassie più o meno simili nell’universo,separate le une dalle altre da immense distese di spazio. All’inizio delXX secolo, però, questo quadro non era affatto condiviso da tutti; ful’astronomo americano Edwin Hubble a dimostrare, negli anni Venti,che esistevano molte altre galassie oltre alla nostra. C’è un qualcheschema nel movimento di queste galassie? Hubble dimostrò di sì,facendo una delle più rivoluzionarie scoperte del secolo: tutte legalassie remote si stanno allontanando da noi. L’universo si staespandendo.

Hubble scoprì che quanto più è distante una galassia, tanto più èelevata la velocità con la quale si allontana: se raddoppia la suadistanza, raddoppierà anche la sua velocità di recessione. Alcune

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galassie estremamente lontane si allontanano a due terzi della velocitàdella luce. Ciò significa che ogni stella dell’universo si staallontanando da noi? No. Le nostre vicine si muovono in un mododisordinato, alcune avvicinandosi, altre recedendo. È tra gruppi digalassie che lo spazio si sta espandendo. Il modo migliore perraffigurarci l’espansione dell’universo non è quello di pensare a coseche corrono via le une dalle altre, ma alla dilatazione dello spazio chele separa. Si tratta di un esempio banale, ma immaginate una fetta dipane all’uvetta che lievita nel forno: man mano che la pasta si gonfia,i chicchi d’uva passa si allontanano. La regola «due volte più lontano,due volte più veloce» non funziona solo per le galassie, ma anche perl’uvetta.

Se le galassie si stanno allontanando da noi e tra loro, ne consegueche, a meno che nel frattempo non si sia verificato un qualchedrastico cambiamento, una volta dovevano essere molto più vicine. Aun certo momento del passato, quindi, non dovrebbero essersi trovatetutte nel medesimo posto? In altri termini, tutta l’enorme quantità dimateria dell’universo non dovrebbe essersi ritrovata concentrata in unsingolo punto di densità infinita?

Questa, però, non è l’unica possibile storia di un universo inespansione. Forse un tempo c’è stato un universo simile al nostro cheha poi iniziato a contrarsi, con tutte le sue galassie che si facevano viavia più vicine, come in rotta di collisione. Ma le galassie e le stelle(così come gli atomi e le particelle, del resto) hanno anche ulteriorimovimenti oltre a quello che le attira dritte le une verso le altre: peresempio, i pianeti orbitano attorno alle stelle. Il risultato dellacontrazione di quell’universo, dunque, potrebbe anche essere stato chele galassie (o le particelle che le costituivano), anziché incontrarsi inun punto di densità infinita, si siano mancate, oltrepassandosi a tuttavelocità e dando così origine a una nuova espansione, fino a farassumere all’universo la sua configurazione attuale. È possibile che siasuccesso qualcosa del genere? Come sono andate di fatto le cose?Queste erano le domande su cui Hawking aveva cominciato ariflettere nella sua tesi di dottorato. «La grande domanda era: c’è statoo no un inizio?» si chiede.11

La sua ricerca di una risposta era iniziata, come accennato nelcapitolo 4, con un’idea introdotta da Roger Penrose nel 1965. L’ideadi Penrose riguardava la possibile fine di alcune stelle – con la

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formazione di un oggetto che, tre anni dopo, John Archibald Wheeleravrebbe denominato con il termine a effetto «buco nero» – ecombinava ciò che sappiamo sulla gravità con quello che la relativitàgenerale ci dice a proposito del comportamento della luce. Kip Thorneavrebbe in seguito ricordato il periodo dal 1965 al 1980 come gli«anni d’oro della ricerca sui buchi neri; Stephen fu una figuradominante negli enormi progressi compiuti».12

Che cosa sappiamo sulla gravità e sulla luce?

La gravità è la più familiare delle quattro forze: fin da piccoliimpariamo tutti che è colpa sua se il nostro cono gelato si spiaccicasul tappeto o se cadiamo dall’altalena. Se qualcuno vi chiedesse diindovinare se la gravità è una forza molto debole o molto forte, forsepotreste rispondere «incredibilmente forte». Ma avreste torto: di fatto,è di gran lunga la più debole delle quattro forze. Nella nostra vitaquotidiana, la gravità che si manifesta in modo potente è quelladell’enorme massa del pianeta su cui viviamo, il risultato combinatodella gravità di ogni particella che lo costituisce. Il contributo di ognisingola particella è di per sé infinitesimo: occorrono strumenti moltosensibili per rilevare la debolissima attrazione gravitazionale frapiccoli oggetti comuni. Tuttavia, dato che la gravità è sempreattrattiva e mai repulsiva, i suoi effetti vengono facilmente asommarsi.

Il fisico John Wheeler amava paragonare la gravità a una sorta disistema democratico universale: ogni particella ha un voto che puòinfluire su ogni altra particella nell’universo. Quando più particelle silegano assieme (in una stella, per esempio, o nella nostra Terra) evotano in blocco, la loro influenza cresce. La debolissima attrazionegravitazionale delle singole particelle che formano grandi corpi celesticome la Terra si somma fino a diventare una forza significativa, unblocco di voto dalla notevole influenza.

Quanto più sono numerose le particelle di materia che costituisconoun corpo, tanto più elevata sarà la sua massa. Quest’ultima noncoincide con la grandezza: è una misura della quantità di materia inun oggetto, di quanti voti ci sono in quel blocco di voto (e questo aprescindere dalla maggiore o minore densità di tale materia), e dellaresistenza di questo oggetto a ogni tentativo di cambiare la sua

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velocità o la sua direzione.Sir Isaac Newton, professore lucasiano di matematica a Cambridge

nel Seicento (la stessa cattedra di cui oggi è titolare Hawking), scoprìle leggi che spiegano il funzionamento della gravità in circostanze piùo meno normali. Stando a Newton, nell’universo i corpi non sono «ariposo»: non si limitano, cioè, a restare fermi finché arriva qualcheforza a spingerli o tirarli, per poi «rallentare» fino a fermarsi dinuovo. Al contrario, un corpo lasciato del tutto indisturbato continuaa muoversi in linea retta senza variare velocità. Dovremmo pensareche nell’universo tutto si trovi in movimento. Possiamo misurare lanostra velocità o la nostra direzione in rapporto ad altri oggettipresenti nell’universo, ma non possiamo misurarli in rapporto aun’immobilità assoluta o a qualche punto di riferimento come unnord, un sud, un est, un ovest, un su o un giù assoluti.

Per esempio, se la nostra Luna fosse sola nello spazio, non starebbeferma, ma si muoverebbe in linea retta a velocità costante. (Certo, sefosse davvero completamente sola, non ci sarebbe nessuno a dire checosa sta facendo, non ci sarebbe nulla a cui rapportare il suo moto.)Ma la Luna non è sola: su di essa agisce una forza, nota come gravità,che le fa cambiare velocità e direzione. Da dove viene questa forza?Viene da un vicino blocco di voto di particelle (un oggetto massivo)chiamato Terra. La Luna oppone resistenza al cambiamento, cerca dicontinuare a muoversi in linea retta. La sua capacità di resistenzadipende da quanti voti ha in sé, ossia dalla sua massa. Al contempo,inoltre, la gravità della Luna agisce a sua volta sulla Terra: l’effettopiù evidente è dato dalle maree oceaniche.

La teoria di Newton ci dice che l’ammontare della massa di uncorpo influisce sulla forza di attrazione gravitazionale che lo lega aun altro corpo: a parità degli altri fattori, quanto più grande è lamassa, tanto più grande risulterà l’attrazione. Se la Terra dovesseraddoppiare la propria massa rispetto al valore attuale, l’attrazionegravitazionale fra la Terra e la Luna raddoppierebbe a sua volta. Ognivariazione nella massa della Terra o della Luna porterebbe a uncambiamento nella forza di attrazione gravitazionale che le lega.Newton, inoltre, scoprì che quanto più i corpi sono distanti fra loro,tanto più è debole la forza di attrazione che li lega: se la distanza frala Terra e la Luna fosse il doppio di quella attuale, la forza diattrazione gravitazionale che le lega si ridurrebbe a un quarto. La

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teoria di Newton viene di solito formulata nei seguenti termini: duecorpi si attraggono a vicenda con una forza che risulta proporzionalealle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della lorodistanza.

La teoria della gravità di Newton è una teoria di enorme successo:per più di duecento anni non ha subito miglioramenti e anche oggicontinuiamo a servircene, pur nella consapevolezza che, indeterminate circostanze (come quando le forze gravitazionalidiventano eccezionalmente intense – nei pressi di un buco nero, peresempio – o quando i corpi si muovono a velocità prossime a quelladella luce) risulta inadeguata.

All’inizio del XX secolo, Albert Einstein si accorse di un problemainsito nella teoria di Newton: se la forza di gravità fra due oggettidipende dalla distanza che li separa, ne segue che qualora qualcunoprendesse il Sole e lo spostasse più lontano dalla Terra, la forza digravità fra la Terra e il Sole dovrebbe cambiare all’istante. Èpossibile?

La teoria della relatività speciale di Einstein afferma che la velocitàdella luce ha lo stesso valore ovunque vi troviate nell’universo e aprescindere da come vi state muovendo, e che nulla può muoversi piùvelocemente della luce. La luce irradiata dal Sole impiega circa ottominuti per raggiungere la Terra: in altri termini, noi vediamo sempreil Sole com’era otto minuti prima. Così, se spostiamo il Soleallontanandolo dalla Terra, quest’ultima non si accorgerà di nulla enon avvertirà nessun effetto per otto minuti; per questi otto minuticontinueremo a orbitare proprio come se il Sole non si fosse mosso. Inaltre parole, l’effetto della gravità di un corpo su un altro non puòcambiare istantaneamente, poiché la gravità non può muoversi a unavelocità superiore a quella della luce: l’informazione su quanto èlontano il Sole non può viaggiare istantaneamente attraverso lospazio, non può muoversi a una velocità superiore a circa 300.000chilometri al secondo.

È evidente che, quando parliamo di cose che si muovononell’universo, non è realistico prendere in considerazione soltanto letre dimensioni dello spazio. Se nessuna informazione può viaggiarepiù veloce della luce, le cose che si trovano a distanze astronomichesemplicemente non esistono per noi – o le une non esistono per lealtre – senza il riferimento a un fattore tempo: descrivere l’universo in

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tre dimensioni è inadeguato come descrivere un cubo attraverso duedimensioni. Dobbiamo invece prendere in considerazione anche ladimensione temporale, ammettere che di fatto ci sono quattrodimensioni e parlare quindi di spazio-tempo.

Einstein dedicò diversi anni allo sviluppo di una teoria della gravitàche fosse in accordo con ciò che aveva scoperto a proposito della lucee del moto a velocità prossime a quelle della luce. Nel 1915introdusse quindi la sua teoria della relatività generale, che ci richiededi pensare alla gravità non come a una forza che agisce tra i corpi,bensì nei termini della forma – della curvatura – dello stesso spazio-tempo quadridimensionale. Nella relatività generale, la gravità è lageometria dell’universo.

Per avere una prima rappresentazione mentale di questa curvatura,Bryce DeWitt, dell’Università del Texas, ci suggerisce di immaginareche una persona convinta che la Terra sia piatta cerchi di tracciareuna griglia sul nostro pianeta:

Per osservare il risultato, possiamo sorvolare con un aeroplano, in una giornata serena, le regioni coltivatedelle Grandi pianure. Il terreno è suddiviso da strade est-ovest e nord-sud in una serie di sezioni di unmiglio quadrato ciascuna. Le strade est-ovest proseguono spesso per molte miglia in linee ininterrotte, maquelle nord-sud no: seguendo una strada diretta a nord, ogni poche miglia si incontrano degli improvvisicambi di direzione, che sono una conseguenza inevitabile della curvatura della Terra. Se questi cambi didirezione venissero eliminati, le strade verrebbero a convergere, creando sezioni di meno di un miglioquadrato. Nel caso tridimensionale, possiamo immaginare di costruire nello spazio un gigantescoponteggio formato da barre diritte di eguale lunghezza, congiunte ad angoli di esattamente 90 e 180 gradi.Se lo spazio è piatto, la costruzione del ponteggio proseguirà senza problemi; se però lo spazio è curvo,alla fine saremo costretti a iniziare ad accorciare o allungare le sbarre per riuscire a congiungerle.13

Stando a Einstein, la curvatura è causata dalla presenza di massa oenergia. Ogni corpo massivo contribuisce alla curvatura dello spazio-tempo. Nell’universo, le cose che procedono «in linea retta» sonocostrette a seguire delle traiettorie curve. Immaginate una pedanaelastica (figura 5.1) al cui centro si trovi una palla da bowling, cheprovoca una depressione nel foglio di gomma. Provate ora a farrotolare una pallina da golf in linea retta in modo che passi accantoalla palla da bowling: incontrando la depressione causata daquest’ultima, la pallina verrà di certo a cambiare leggermente lapropria direzione. Anzi, probabilmente farà anche di più: potrebbeanche descrivere un’ellisse e rotolare indietro verso di voi. Qualcosa disimile si verifica quando la Luna cerca di proseguire in linea rettapassando oltre la Terra, che fa curvare lo spazio-tempo come la pallada bowling incurva il foglio di gomma. L’orbita della Luna è ciò che

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più si avvicina a una linea retta nello spazio-tempo curvo.

Fig. 5.1 Una palla da bowling fa piegare il foglio di gomma su cui è collocata. Se cercate di farle rotolare accantouna palla più piccola, la traiettoria seguita da quest’ultima subirà una deviazione quando incontrerà ladepressione causata dalla palla più grande. In modo analogo, la massa viene a curvare lo spazio-tempo: letraiettorie seguite dagli oggetti nello spazio-tempo subiscono una deviazione quando incontrano la curvaturacausata da un oggetto più massivo.

Avrete notato che Einstein e Newton stanno descrivendo lo stessofenomeno: per il primo un oggetto massivo fa curvare lo spazio-tempo, per il secondo un oggetto massivo emette una forza, ma ilrisultato, in entrambi i casi, è il cambiamento nella direzione di unsecondo oggetto. Stando alla teoria della relatività generale, il «campogravitazionale» e la «curvatura» sono la medesima cosa.

Se calcolate le orbite planetarie nel nostro sistema solare usando leteoria di Newton e quindi quella di Einstein, otterrete dei risultatiquasi esattamente identici, tranne nel caso dell’orbita di Mercurio.Essendo il pianeta più vicino al Sole, infatti, Mercurio è influenzatopiù degli altri dalla gravità solare. Le conseguenze di questaprossimità predette dalla teoria di Einstein sono leggermente diverseda quelle previste da Newton; ora, le osservazioni mostrano chel’orbita di Mercurio è di fatto descritta meglio dalla predizioneeinsteiniana che non da quella newtoniana.

Stando alla teoria di Einstein, la curvatura dello spazio-tempo noninfluisce solo su lune e pianeti, ma anche sulle altre cose. Anche ifotoni (le particelle della luce) devono viaggiare seguendo traiettoriecurve. Se un raggio di luce sta viaggiando da una stella remota e ilsuo percorso lo porta in prossimità del nostro Sole, la curvatura dellospazio-tempo provoca una leggera deviazione della sua traiettoriaverso l’interno – verso il Sole – proprio come, nel nostro modello, latraiettoria della pallina da golf si piega in direzione della palla da

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bowling. La fortissima luminosità del nostro Sole normalmente ciimpedisce di vedere questi raggi di luce stellare, tranne che duranteun’eclisse. In queste occasioni, se osservassimo i raggi senza sapereche il Sole sta deviando la loro traiettoria, finiremmo per essereingannati riguardo alla direzione da cui stanno in realtà giungendo e,quindi, alla posizione effettiva della stella nel cielo (figura 5.2). Gliastronomi si servono di questo effetto per calcolare la massa deglioggetti nello spazio, cioè misurando di quanto deviano, con la loropresenza, le traiettorie dei raggi luminosi provenienti da stelle remote:quanto più grande è la massa dell’oggetto, tanto maggiore sarà ladeviazione da esso causata.

Fig. 5.2 Dato che la massa provoca una curvatura dello spazio-tempo, la traiettoria seguita dai raggi luminosiprovenienti da una stella remota subisce una deviazione al passaggio accanto a un corpo massivo come il Sole.Si noti la differenza fra la posizione della stella come la vediamo dalla Terra e la sua posizione reale.

Finora abbiamo parlato della gravità nei termini di ciò cheosserviamo su larga scala, ossia sulla scala dove gli effettigravitazionali diventano cospicui (a livello di stelle, di galassie oanche dell’intero universo), che è quella di cui Hawking si stavaoccupando verso la fine degli anni Sessanta. Tuttavia, comericorderete dal capitolo 2, la gravità può anche essere considerata neitermini dell’estremamente piccolo, a livello quantistico. Di fatto, senon riuscissimo a comprenderla su quest’ultima scala, non potremmomai unificarla con le altre tre forze, due delle quali agisconoesclusivamente su tale livello. Nella prospettiva quantomeccanica,l’attrazione gravitazionale fra la Terra e la Luna è vista come unoscambio di gravitoni (i bosoni – o particelle messaggere – della forzagravitazionale) fra le particelle che costituiscono questi due corpi.

Sullo sfondo di queste nozioni, ci concederemo ora un po’ difantascienza.

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Un giorno disastroso per la Terra

Tenendo a mente come viene avvertita la forza di gravità sulla Terra(figura 5.3a), immaginatevi ora di partire per una vacanza nellospazio. Mentre siete via, alla Terra accade un evento drammatico:viene compressa fino alla metà della sua grandezza originale. Haancora la medesima massa, ma questa massa è molto più densa.Quando tornate dalla vacanza, la vostra astronave si libra per un po’presso quel punto dello spazio dove prima c’era la superficie terrestre;in quel posto, vi sentite pesanti esattamente come prima di partire.L’attrazione della Terra non è variata, poiché sia la vostra massa siaquella del pianeta sono rimaste immutate, e vi trovate ancora allastessa distanza di prima dal centro di gravità terrestre. (RicordateviNewton!) La Luna, molto al di là della vostra posizione, mantiene lasua vecchia orbita. Tuttavia, quando atterrate sulla nuova superficie(che si troverà più vicina al centro gravitazionale della Terra, datoche quest’ultima ha ora un raggio molto più piccolo), la gravità saràquattro volte maggiore di quella che si registrava sulla vecchiasuperficie, prima della compressione; in termini pratici, vi sentiretemolto più pesanti (figura 5.3b).

E se fosse accaduto qualcosa di molto più drammatico? Se la Terra– con tutta la sua massa di miliardi di tonnellate – fosse statacompressa fino alle minuscole dimensioni di un pisello? Sulla suasuperficie, la gravità sarebbe talmente forte che la velocità di fugasupererebbe quella della luce: nemmeno la luce, cioè, sarebbe in gradodi sfuggirle, il che significa che il nostro pianeta sarebbe diventato unbuco nero. Ciononostante, a una distanza nello spazio corrispondentealla posizione della superficie originale, l’attrazione gravitazionaledella Terra sarebbe ancora identica a quella che avvertiamo oggi(figura 5.3c), e la Luna continuerebbe a orbitarle intorno propriocome prima.

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Fig. 5.3 (a, b, c) Un giorno disastroso per la Terra.

Per quanto ne sappiamo, un evento del genere non potrebbe accadere:i pianeti non diventano buchi neri. Tuttavia, c’è una buonaprobabilità che questa fine tocchi in sorte ad alcune stelle; proviamoquindi a riformulare la nostra storia parlando questa volta di unastella.

Per iniziare, prendiamo una stella con una massa circa dieci voltesuperiore a quella del Sole. Il suo raggio misura più o meno tremilioni di chilometri – circa cinque volte quello solare – e la velocitàdi fuga si aggira intorno ai 1000 chilometri al secondo. Una stella delgenere ha una durata di vita di un centinaio di milioni di anni,durante i quali al suo interno si combatte una lotta all’ultimo sangue.

Da una parte c’è la gravità, l’attrazione che ogni particella dellastella esercita su ogni altra (ed è stata proprio la gravità, in origine, afar sì che le particelle vaganti di gas si raggruppassero fino a formarel’astro). Ora che le particelle sono più vicine, l’attrazione è ancora piùforte. La gravità tende a far collassare la stella.

Dall’altra parte, in opposizione alla gravità, c’è la pressione del gas.Questa pressione nasce dal calore rilasciato quando i nuclei di

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idrogeno nella stella si scontrano e si fondono formando nuclei dielio. Il calore fa risplendere l’astro e crea una pressione sufficiente aresistere alla gravità e a impedire il collasso stellare.

La lotta prosegue per cento milioni di anni, finché la stella esaurisceil suo combustibile: non c’è più idrogeno da convertire in elio. Alcunestelle iniziano quindi a trasformare l’elio in elementi via via piùpesanti, ma in questo modo non ottengono altro che un breve rinviodella fine. Quando la pressione non è più sufficiente a contrastare laforza gravitazionale, l’astro inizia a contrarsi. Man mano che sicontrae, la gravità sulla sua superficie diventa sempre più forte, comeabbiamo visto nell’esempio della contrazione della Terra; in questocaso, però, per diventare un buco nero l’astro non avrà bisogno diridursi fino alle dimensioni di un pisello. Quando il raggio della stelladi 10 masse solari sarà sceso a circa 30 chilometri, la velocità di fugasulla sua superficie sarà aumentata fino a 300.000 chilometri alsecondo, un valore pari a quello della velocità della luce; e quandonemmeno la luce è più in grado di sfuggire, diciamo che la stella èdiventata un buco nero (figura 5.4).*

Fig. 5.4 Una stella collassa fino a diventare un buco nero.

Dopo che la velocità di fuga sulla superficie ha superato quella dellaluce, è inutile chiedersi se la stella continuerà a contrarsi: anche senon lo facesse, avremmo comunque un buco nero. Come ricorderetedall’esempio della contrazione della Terra, la gravità incorrispondenza del raggio originale rimane immutata. Sia che lanostra stella continui a contrarsi fino a un punto di densità infinita,

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sia che si fermi appena all’interno del raggio dove la velocità di fugaraggiunge quella della luce, la gravità in corrispondenza diquest’ultimo raggio sarà sempre la stessa fintanto che non ci sonovariazioni nella massa stellare: la velocità di fuga in corrispondenza diquel raggio è e rimarrà la velocità della luce. Per la luce provenientedalla stella, fuggire sarà impossibile. Passando in prossimità di unbuco nero, i raggi di luce provenienti da stelle remote non verrannosemplicemente deviati: potrebbero anche girargli attorno più volteprima di sfuggire o di cadere al suo interno (figura 5.5). Una voltaentrata nel buco nero, la luce non può più sfuggirgli. Nulla puòraggiungere una velocità superiore a quella della luce. È proprio ungran bel «blackout»! Nulla, assolutamente nulla, è in grado disfuggirgli: nessuna luce, nessun riflesso, nessuna radiazione di nessuntipo (onde radio, microonde, raggi X, eccetera), nessun suono, nessunavisione, nessuna sonda spaziale, nessuna informazione. Il termine«buco nero» è davvero appropriato!

Fig. 5.5 In (a), alcune particelle provenienti dallo spazio si muovono verso una stella. Quando passano inprossimità di essa, le traiettorie delle particelle 1, 2 e 3 subiscono una deviazione che è tanto maggiore quantopiù le sono vicine. Le particelle 4 e 5, invece, colpiscono la superficie della stella. In (b), vediamo le stesseparticelle che si muovono verso la stella dopo che è diventata un buco nero. Le traiettorie delle particelle 1, 2 e3 subiscono esattamente le stesse deviazioni di prima, dato che lo spazio-tempo all’esterno di una stella èidentico allo spazio-tempo all’esterno di un buco nero della medesima massa. (Si ricordi l’esempio dellacontrazione della Terra.) La particella 4 gira attorno al buco nero e riesce quindi a sfuggire; potrebbe anchegirargli attorno più volte. La particella 5 viene catturata dal buco nero.

La zona dove la velocità di fuga coincide con la velocità della lucediventa il bordo del buco nero, l’area di non ritorno: l’«orizzonte degli

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eventi». Hawking e Penrose, verso la fine degli anni Sessanta, hannosuggerito di definire un buco nero come un’area dell’universo – o un«insieme di eventi» – da cui è impossibile, per qualunque cosa,sfuggire portandosi a distanza. Questa definizione è oggiuniversalmente accettata. Un buco nero, con il suo orizzonte deglieventi come confine esterno, ha la forma di una sfera o, se si tratta diun buco nero rotante, di una sfera con delle protuberanze equatorialiche appare ellittica se osservata di lato (o, meglio, che apparirebbeellittica, se fosse possibile vederla). L’orizzonte degli eventi è segnatodalle traiettorie nello spazio-tempo dei raggi di luce che si libranoesattamente sul bordo di quella superficie sferica, senza esseretrascinati al suo interno ma senza neppure essere in grado di sfuggire:in corrispondenza di quel raggio, la gravità è infatti abbastanza forteda fermare la loro fuga, ma non abbastanza da attirarli indietro. Viapparirebbero allora come un grande globo scintillante nello spazio?No, per il semplice fatto che se i fotoni non possono sfuggire da quelraggio, non possono neppure raggiungere i vostri occhi. Perchépossiate vedere qualcosa, i fotoni provenienti da questo qualcosadevono raggiungere i vostri occhi.

La teoria classica dei buchi neri ci dice che ci sono solo tre segretiche si possono carpire da un buco nero: la sua massa, la sua caricaelettrica (se ne ha una) e il suo momento angolare o velocità dirotazione (se è rotante). John Wheeler, che per i suoi studenti amavatracciare utili disegni sulla lavagna, disegnava un televisore, un fiore,una sedia, delle «particelle conosciute», onde gravitazionali edelettromagnetiche, momento angolare, massa e persino delle«particelle non ancora scoperte» che cadevano in un buco nero,rappresentato come un imbuto dal cui fondo non usciva nulla se nonla massa, la carica elettrica e il momento angolare. Parte del lavorosvolto da Hawking nei primi anni Settanta14 avrebbe contribuito adimostrare che, come riassumeva Wheeler, «i buchi neri non hannopeli».

La grandezza di un buco nero è determinata dalla sua massa. Sevolete calcolare il raggio in chilometri di un buco nero (l’area incorrispondenza della quale si forma l’orizzonte degli eventi), doveteprendere la sua massa espressa in masse solari (che coincide conquella della stella da cui si è generato, a meno che quest’ultima nonabbia perso della massa durante una fase precedente del suo collasso)

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e moltiplicare questo valore per 3: vedrete così che un buco nero di10 masse solari (ossia, un buco nero con una massa dieci voltesuperiore a quella del Sole) ha il proprio orizzonte degli eventi a unraggio di 30 chilometri. È chiaro che, se varia la massa, cambieràanche il raggio dove si trova l’orizzonte degli eventi; in altri termini,le dimensioni del buco nero muteranno. Più avanti avremo modo sisoffermarci maggiormente su questa possibilità.

Dopo aver tirato la tenda dell’orizzonte degli eventi, la stella puògodere della privacy più completa, trascinando indietro ogni luce cheemette (ossia, ogni immagine di sé che potrebbe altrimenti essere vistada qualche altro punto dell’universo). Penrose si era chiesto se lastella avrebbe continuato a contrarsi – o, comunque, che cosa lesarebbe successo – e aveva scoperto che una stella collassante, comequella che abbiamo descritto, ha tutta la propria materia intrappolataall’interno della sua superficie dalla forza della sua stessa gravità:anche se il collasso non è perfettamente sferico e uniforme, la stellacontinua a collassare. Alla fine, la sua superficie si riduce a zero,mentre tutta la materia è ancora intrappolata al suo interno: la nostraenorme stella di 10 masse solari, quindi, non è più semplicementeconfinata in una regione di 30 chilometri di raggio (dove si trova ilsuo orizzonte degli eventi), bensì in una regione di raggio – e divolume – zero. I matematici e i fisici chiamano questo oggetto una«singolarità». In essa, la densità della materia è infinita, così come lacurvatura dello spazio-tempo: i raggi di luce non si limitano a girarleattorno, ma si avviluppano in modo infinitamente stretto.

La relatività generale predice l’esistenza di singolarità, ma nei primianni Sessanta solo pochi fisici prendevano questa predizione sul serio.Essi pensavano che una stella dalla massa sufficientemente grande,sottoposta al collasso gravitazionale, avrebbe potuto formare unasingolarità; Penrose ha invece dimostrato che, se l’universo obbediscealla relatività generale, questa non è una semplice possibilità, bensìuna necessità.

* Se la massa di una stella è inferiore alle 8 masse solari, probabilmente il suo collasso non procede fino allaformazione di un buco nero. Solo le stelle più massive diventano buchi neri.

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«C’è una singolarità nel nostro passato»

La scoperta, da parte di Penrose, che una stella sufficientementemassiva soggetta al collasso gravitazionale deve formare unasingolarità accese enormemente l’interesse in Hawking. Assieme aRobert Geroch e allo stesso Penrose, egli iniziò quindi a estendere leidee sulle singolarità ad altri casi fisici e matematici,1 certo che questascoperta avesse implicazioni significative nella genesi dell’universo. Sitrattava di un lavoro entusiasmante, con la «gloriosa sensazione diavere un intero campo praticamente tutto per noi».2 Hawkingcomprese che se avesse invertito la direzione del tempo, così datrasformare il collasso in un’espansione, tutti gli elementi della teoriadi Penrose sarebbero rimasti comunque validi. Se la relatività generaleci dice che ogni stella che collassa oltre a un certo punto deveterminare in una singolarità, allora ci dice anche che ogni universo inespansione deve aver avuto inizio da una singolarità. Perché ciò siavero, l’universo dev’essere simile a ciò che gli scienziati indicanocome un modello di Friedmann. Ma che cos’è un modello diFriedmann dell’universo?

Una scelta di universi

Prima che Hubble dimostrasse che l’universo si sta espandendo, fra gliscienziati la convinzione che esso fosse invece statico (nel senso che lasua grandezza non è soggetta a cambiamento) era molto forte, alpunto che quando, nel 1915, Einstein elaborò la sua teoria dellarelatività generale e vide che prediceva la non staticità dell’universo,era talmente sicuro del contrario che la corresse introducendo una«costante cosmologica» al fine di controbilanciare la gravità. Senzaquesta costante, la relatività generale prediceva ciò che oggi sappiamoessere vero: che, cioè, la grandezza dell’universo varia nel tempo.

Un fisico russo, Alexander Friedmann, decise però di prendere allalettera la teoria di Einstein, senza la costante cosmologica. Così

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facendo, arrivò a predire ciò che Hubble avrebbe scoperto nel 1929:l’universo si sta espandendo.

Friedmann partì da due assunzioni: 1. l’universo ci appare quasiidentico in qualunque direzione guardiamo (fatta eccezione per lecose vicine, come la forma della Via Lattea e del nostro sistemasolare); 2. l’universo ci apparirebbe tale anche se lo guardassimo daqualunque altro punto al suo interno. In altre parole, ovunquepossiate andare nello spazio, l’universo vi apparirà sempre quasiidentico in qualunque direzione guardiate.

La prima assunzione di Friedmann è abbastanza facile da accettare,ma la seconda no. Non abbiamo nessuna prova scientifica cheavvalori o meno questa tesi. Come dice Hawking: «Lo accettiamo soloper ragioni di modestia: sarebbe stranissimo se l’universo avesse lostesso aspetto in ogni direzione attorno a noi, e non attorno ad altripunti nell’universo stesso!».3 Forse sarebbe anche strano, potresteobiettare, ma non per questo impossibile. La modestia, in fin deiconti, non sembra una ragione logica per credere in qualcosa, non piùdi quanto lo potrebbe essere l’orgoglio. In ogni caso, i fisici sonotendenzialmente d’accordo con Friedmann.

Nel modello dell’universo di Friedmann, tutte le galassie siallontanano le une dalle altre, e quanto più due galassie sono lontane,tanto più si allontanano velocemente. Questa predizione è in accordocon le osservazioni di Hubble. Stando a Friedmann, ovunque andiatenello spazio troverete sempre che tutte le galassie si stannoallontanando da voi. Per comprendere questo concetto, immaginiamouna formica che cammina su di un palloncino su cui sono statidisegnati una serie di puntini, tutti posti alla stessa distanza l’unodall’altro. Fingiamo che la formica non possa vedere quelladimensione che le permetterebbe di guardare «fuori» dalla superficie eche non sappia che il palloncino ha una parte interna; in altre parole,l’universo della nostra formica si riduce alla sola superficie delpalloncino. Questo universo sembra lo stesso in qualunque direzione;e, ovunque vada, la formica continuerà a vedere tanti puntini davantia sé quanti ne vede dietro. Se poi il palloncino si gonfia, la formica, inqualunque posto della superficie si trovi, vedrà tutti i puntiniallontanarsi. L’«universo» del palloncino soddisfa quindi le dueassunzioni di Friedmann: sembra identico in qualunque direzione siguardi e in qualunque punto ci si trovi.

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Che cos’altro potremmo dire su questo universo-palloncino? Che lasua grandezza non è infinita. La sua superficie ha delle dimensioni chepossiamo misurare, così come la superficie della Terra; tuttavia, alpari di quest’ultima, anch’essa non ha confini, non ha una fine. Laformica si può muovere in qualunque direzione sulla superficie, manon incontrerà mai una barriera, non raggiungerà un termine dellasuperficie e non cadrà da un qualche bordo. Alla fine, si ritroveràdove è partita.

Nel primo modello di Friedmann, lo spazio è simile a questopalloncino, ma con tre dimensioni anziché due. La gravità induce lospazio circostante a piegarsi su se stesso. L’universo non ha unagrandezza infinita, ma non ha neppure nessuna fine, nessun confine;un’astronave non potrà mai giungere a un punto dello spazio dovel’universo ha termine. Questo concetto potrebbe risultare difficile daafferrare, dato che noi tendiamo a concepire l’infinito proprio come«ciò che non ha fine»; le due espressioni, però, non hanno lo stessosignificato.

Hawking sottolinea che, per quanto l’idea di circumnavigarel’universo fino a ritornare al punto di partenza possa suonaresplendida in una prospettiva fantascientifica, di fatto nonfunzionerebbe, almeno non con questo modello di Friedmann: percompiere un giro completo prima della fine dell’universooccorrerebbe infatti superare il limite della velocità della luce, il chenon è mai consentito. L’universo è un pallone davvero molto grande, enoi siamo formiche estremamente piccole.

In questo modello di Friedmann il tempo, così come lo spazio, nonè infinito: può essere misurato. Esso però, a differenza dello spazio, hadei confini: un inizio e una fine. Guardiamo la figura 6.1a. La distanzatra due galassie all’inizio del tempo è pari a zero; quindi, man manoche il tempo scorre, si separano e si allontanano. L’espansione è peròabbastanza lenta e nell’universo c’è abbastanza massa da far sì chel’attrazione gravitazionale arresti infine l’espansione dell’universo e neprovochi la contrazione: le galassie tornano allora a riavvicinarsi leune alle altre. Alla fine del tempo, la distanza che le separa ènuovamente zero. Il nostro universo potrebbe essere di questo tipo.

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Fig. 6.1 (a, b, c) Tre modelli che soddisfano le assunzioni di Friedmann secondo cui l’universo ci appare quasiidentico in qualunque direzione guardiamo e ci apparirebbe tale anche se lo guardassimo da qualunque altropunto al suo interno.

Le figure 6.1b e 6.1c ci mostrano due altri possibili modelli chesoddisferebbero a loro volta le assunzioni di Friedmann (chel’universo appaia identico in ogni direzione e che appaia tale daqualunque punto al suo interno). Nella figura 6.1b, l’espansione èmolto più rapida: la gravità non è in grado di arrestarla, sebbene larallenti un po’. Nella figura 6.1c, l’universo si espande a una velocitàminore rispetto al caso precedente, appena sufficiente a non farlocollassare: la velocità con cui le galassie si allontanano diventasempre più piccola, ma esse continuano comunque a recedere le unedalle altre. Se l’universo assomiglia a uno di questi due modelli, lospazio è infinito, non si ricurva su se stesso.

Quale modello corrisponde al nostro universo? L’universo finirà ungiorno per collassare o continuerà a espandersi per sempre? Dipendedalla quantità di massa che contiene, da quanti voti ci sono nell’interosistema democratico. Per avere un universo chiuso, occorrerebbe piùmassa di quella che attualmente osserviamo; quest’ultimaaffermazione, però, è molto semplicistica e le cose – come vedremopiù avanti – sono in realtà più complesse.

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La teoria di Penrose sulle stelle che collassano fino a diventare dellesingolarità funzionava solo con un universo infinito nello spazio checontinui a espandersi per sempre (come nelle figure 6.1b e 6.1c) senzacollassare (come accade invece nella figura 6.1a). Hawking si proposedapprima di dimostrare che un universo infinito nello spazio non soloconterrebbe delle singolarità al proprio interno (buchi neri), madovrebbe anche aver avuto inizio da una singolarità; al momento diconcludere la sua tesi di dottorato, ne era tanto sicuro da scrivere che«c’è una singolarità nel nostro passato».4

Nel 1968, il saggio di Hawking e Penrose sull’inizio del tempo siqualificò al secondo posto nella competizione organizzata dallaGravity Research Foundation, ma la questione non poteva ancoraconsiderarsi risolta: e se fosse stato il primo modello di Friedmann,quello in cui l’universo non è infinito nello spazio e alla fine ricollassasu se stesso (figura 6.1a), a rivelarsi giusto? Anche un universo diquesto tipo deve aver avuto inizio da una singolarità? Nel 1970,Hawking e Penrose erano ormai in grado di dimostrare che anche inquesto caso la risposta è affermativa. Espressero la loro posizionedefinitiva su questo argomento in un articolo scritto a quattro mani epubblicato nel 1970 nei «Proceedings of the Royal Society»,5 in cuidimostravano che se l’universo obbedisce alla relatività generale,corrisponde a uno qualsiasi dei modelli di Friedmann e contiene tantamateria quanta di fatto ne osserviamo, allora deve aver avuto iniziocome una singolarità, dove tutta la massa dell’universo era compressain una densità infinita, dove la curvatura dello spazio-tempo erainfinita e dove la distanza fra tutti gli oggetti dell’universo era pari azero.

Le teorie fisiche non sono realmente in grado di lavorare con valoriinfiniti: quando la teoria della relatività generale predice l’esistenza diuna singolarità di densità infinita e di curvatura dello spazio-tempoinfinita, essa sta quindi anche predicendo il venir meno della propriavalidità. Di fatto, tutte le nostre teorie scientifiche perdono validità incorrispondenza di una singolarità. Perdiamo la nostra capacità di farepredizioni: non possiamo usare le leggi della fisica per predire checosa dovrebbe emergere dalla singolarità. Potrebbe emergerne unqualunque tipo di universo. E per quanto riguarda la domanda su checosa è accaduto prima della singolarità? Non è neppure chiaro se taledomanda abbia un qualche significato.

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Una singolarità all’inizio dell’universo significherebbe che l’iniziodell’universo è al di là della nostra scienza, al di là di qualunquepossibile Teoria del Tutto. Dovremmo limitarci semplicemente a direche il tempo è iniziato perché di fatto osserviamo che è accaduto così,e questo sarebbe in sé un enorme elemento arbitrario. Una singolaritàè una porta che ci viene sbattuta in faccia.

Una storia prima di andare a letto

I fisici sono tristemente famosi perché pensano sempre alla fisica.Ancor più della maggioranza dei suoi colleghi, e forse in parte a causadell’infermità, Hawking era capace di portarsi dietro il lavoroovunque e in qualunque momento, dato che poteva svolgerlo quasidel tutto nella propria testa. Come disse Kip Thorne: «[Stephen] haimparato a lavorare interamente nel suo cervello, senza ricorrereall’ausilio della scrittura, tenendo tutte le equazioni e le idee nella suatesta, manipolando immagini delle forme di oggetti, di curve e disuperfici, e questo non solo nello spazio tridimensionale ma anchenello spazio-tempo quadridimensionale. Ha una particolare intuizioneriguardo alle relazioni spaziali. La sua capacità di visualizzare le coseè davvero fuori dal comune».6

Un tipico esempio del modo di lavorare di Hawking ci viene offertodalla sua descrizione di una scoperta che fece una sera, prima diandare a letto: «Una sera di novembre di quell’anno [il 1970],»racconta in Dal Big Bang ai buchi neri «poco tempo dopo la nascita dimia figlia Lucy, cominciai però a riflettere sui buchi neri mentre mipreparavo per andare a letto. La mia invalidità rende le operazionirelative piuttosto lente, cosicché avevo molto tempo per pensare».7 Unaltro fisico si sarebbe forse precipitato alla scrivania iniziando ascarabocchiare appunti ed equazioni, ma Hawking fece una dellescoperte più significative della sua carriera semplicemente nella suatesta, mentre andava a letto; e quella notte rimase sveglio, nonvedendo l’ora che arrivasse l’alba così da poter telefonare a Penrose einformarlo della sua nuova intuizione. Lui, afferma Hawking, ci avevagià pensato, ma non si era reso conto delle implicazioni.

L’idea che aveva colpito Hawking era che un buco nero non puòmai rimpicciolirsi, poiché l’area dell’orizzonte degli eventi (il raggiodi non ritorno dove la velocità di fuga diventa più grande della

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velocità della luce) non può mai decrescere.Per riassumere il problema, possiamo dire che una stella in fase di

collasso raggiunge un raggio dove la velocità di fuga coincide conquella della luce. Che cosa accade ai fotoni emessi dalla stella nelmomento in cui quest’ultima collassa oltre quel raggio? La gravità èin quel punto troppo forte per lasciarli sfuggire, ma non abbastanzaforte da trascinarli nel buco nero; di conseguenza, essi rimarrannosospesi lì. Quel raggio è l’orizzonte degli eventi. Passato quel punto,mentre la stella continua a collassare, tutti i fotoni emessi verrannoattirati indietro.

Ciò che Hawking aveva compreso era che le traiettorie dei raggi diluce che si librano come sospesi in corrispondenza dell’orizzonte deglieventi non possono mai avvicinarsi le une alle altre: se lo facessero,infatti, finirebbero per scontrarsi e, quindi, non si librerebbero sulbuco nero ma vi cadrebbero dentro. Affinché l’area dell’orizzonte (econ essa il buco nero stesso) possa diventare più piccola, le traiettoriedei raggi di luce nell’orizzonte degli eventi dovrebbero avvicinarsi leune alle altre; ma, se lo facessero, cadrebbero all’interno del buco –ossia, non sarebbero le traiettorie che lo delimitano – e quindil’orizzonte degli eventi non diventerebbe più piccolo.

Un altro modo per intendere questo concetto consiste nelcomprendere che un buco nero può diventare più grande. La grandezzadi un buco nero è determinata dalla sua massa, perciò ogni volta chequest’ultima aumenta perché qualcosa di nuovo gli è caduto dentro,esso diverrà più grande. Dato però che da un buco nero non può uscirenulla, ne consegue che la sua massa non può diminuire e, pertanto,esso non può diventare più piccolo.

La scoperta di Hawking divenne nota come la seconda legge delladinamica dei buchi neri: l’area dell’orizzonte degli eventi (il bordo delbuco nero) può rimanere identica oppure crescere, ma mai diminuire.Se due o più buchi neri si scontrano e formano un unico buco nero,l’area del nuovo orizzonte degli eventi sarà almeno pari alla sommadelle aree degli orizzonti precedenti, o più grande. È impossibile farrimpicciolire un buco nero, distruggerlo o dividerlo in due buchi neri,per quanto vi possiate sforzare di colpirlo e bombardarlo. La scopertadi Hawking aveva un suono familiare, poiché somigliava a un’altra«seconda legge» della fisica: la seconda legge della termodinamica,che riguarda l’entropia.

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L’entropia è la quantità di disordine presente in un sistema. Ildisordine aumenta sempre, non diminuisce mai. Un puzzle terminatoe sistemato con cura in una scatola potrebbe subire degli urti, con laconseguenza che i pezzi si mischierebbero rovinando la figura; masarebbe davvero sorprendente se, agitando la scatola, un insieme ditessere non assemblate trovassero ciascuna il proprio posto ecompletassero da sole il disegno. Nel nostro universo, l’entropia (ildisordine) cresce sempre: le tazze da tè infrante non si ricompongonoda sole, una stanza caotica non si rimette in ordine da sé.

Supponete ora di aggiustare la tazza o di riassettare la stanza;grazie a queste azioni, qualcosa è diventato più ordinato. Possiamodedurne che l’entropia è diminuita? No, perché l’energia fisica ementale che avete bruciato in questo processo si è convertita in unaforma meno utile, il che rappresenta una diminuzione nella quantitàdi ordine presente nell’universo tale da superare qualunqueincremento dell’ordine che abbiate ottenuto con le vostre azioni.

C’è anche un altro aspetto per cui l’entropia è paragonabileall’orizzonte degli eventi di un buco nero. Quando due sistemi sicongiungono, l’entropia del sistema combinato è pari almeno allasomma delle entropie dei due sistemi di partenza, o maggiore. Aquesto proposito, possiamo fare il solito esempio delle molecole di gasin una scatola, molecole che possiamo rappresentare come palline cherimbalzano le une contro le altre (e contro le pareti). Al centro delcontenitore c’è un divisorio: metà della scatola (da un lato deldivisorio) è piena di molecole di ossigeno, l’altra metà di molecole diazoto. Una volta rimosso il divisorio, le molecole di ossigeno e azotoinizieranno a mescolarsi e, dopo poco tempo, saranno distribuite inmodo più o meno uniforme in entrambe le metà della scatola. Ciòcorrisponde però a uno stato meno ordinato rispetto a quando ildivisorio era al suo posto: in altri termini, l’entropia – il disordine – èaumentata. (La seconda legge della termodinamica non ha unavalidità assoluta, ma solo probabilistica: esiste cioè la possibilità, perquanto infinitesima – una su molti milioni di milioni – che, a un certopunto, tutte le molecole di azoto tornino a raggrupparsi nella lorometà della scatola e quelle di ossigeno nell’altra.)

Supponete ora di lanciare questa scatola con le molecole mescolate– o qualunque altra cosa che abbia un’entropia – dentro un buco nero.Tanti saluti a quel po’ di entropia, potreste pensare. L’ammontare

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complessivo dell’entropia all’esterno del buco nero è ora minore diprima. Siete quindi riusciti a violare la seconda legge? Qualcunopotrebbe obiettare che l’intero universo (con l’interno e l’esterno deibuchi neri) non ha perso nessuna entropia; ma il fatto è che, perquanto riguarda il nostro universo, tutto ciò che finisce in un buconero è semplicemente perduto. O no?

Uno degli specializzandi di John Wheeler a Princeton, DemetriosChristodoulou, sottolineò che, stando alla seconda legge dellatermodinamica, l’entropia (il disordine) di un sistema chiuso crescesempre, non diminuisce mai, e che, in modo analogo, anche la «massairriducibile» (il nome introdotto da Christodoulou per indicare unacombinazione matematica fra la massa di un buco nero e la suavelocità di rotazione) non diminuisce mai, indipendentemente da ciòche accade al buco nero. Questa somiglianza era solo unacoincidenza? Che collegamento potevano avere l’idea diChristodoulou o la tesi più forte e più generale di Hawking8 (quellaper cui l’area dell’orizzonte degli eventi non diminuisce mai) conl’entropia e la seconda legge della termodinamica?

Fuggire da un buco nero?

Quando nel dicembre del 1970, in occasione del Simposio diastrofisica relativistica del Texas,9 annunciò per la prima volta allacomunità scientifica la propria tesi secondo cui l’orizzonte deglieventi di un buco nero non diventa mai più piccolo, Hawking sostenneche per quanto una crescita dell’area dell’orizzonte degli eventiassomigliasse di fatto a una crescita dell’entropia, si trattava soltantodi un’analogia.

Un altro specializzando di Wheeler a Princeton, Jakob Bekenstein,espresse il proprio dissenso affermando che l’area dell’orizzonte deglieventi di un buco nero non è soltanto simile all’entropia, ma èl’entropia stessa.10 Quando misuriamo l’area dell’orizzonte deglieventi, stiamo misurando l’entropia del buco nero. Non distruggiamol’entropia se la gettiamo in un buco nero: quest’ultimo ha già unapropria entropia, e noi la facciamo semplicemente crescere. Ciò checade in un buco nero, come la nostra scatola di molecole, faaumentare la sua massa (e quindi la grandezza dell’orizzonte deglieventi) e anche la sua entropia.

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Tutto questo ci conduce però a un punto che suscita perplessità. Sequalcosa ha un’entropia, ciò significa che ha una temperatura, chenon è totalmente freddo. Ma se ha una temperatura, deve irradiareenergia e, se irradia energia, non possiamo più affermare che da essonon esce nulla, contrariamente a quanto si supponeva a proposito deibuchi neri.

Hawking pensava che Bekenstein fosse in errore. Era irritato perquello che percepiva come un cattivo uso della sua scoperta, cioè chel’orizzonte degli eventi non si contrae. Nel 1972-73, unì le forze conaltri due fisici, James Bardeen e Brandon Carter, e parve avvicinarsi auna concessione trovando non meno di quattro leggi della meccanicadei buchi neri che sembravano quasi identiche alle quattro famoseleggi della termodinamica, «se solo si sostituivano le espressioni “areadell’orizzonte” con “entropia” e “gravità di superficie dell’orizzonte”con “temperatura”».11 Ciononostante, i tre autori continuavano aporre l’accento sul fatto che si trattava solo di analogie e, nellaversione finale del loro articolo12 ribadirono che, per quanto simili, leloro quattro leggi della meccanica dei buchi neri erano distinte dallequattro leggi della termodinamica: sebbene ci fossero moltesomiglianze fra l’entropia e l’area dell’orizzonte degli eventi, un buconero non poteva avere un’entropia perché non poteva emettere nulla.Di fronte a quest’ultima argomentazione, Bekenstein non sapeva checosa ribattere; tuttavia, benché all’epoca fosse soltanto unospecializzando contrapposto a un trio di fisici rinomati, non eraaffatto convinto. Alla fine, emerse che Hawking, Bardeen e Carteravevano torto, e sarebbe toccato allo stesso Hawking dimostrareperché.

Nel 1962, quando aveva iniziato a seguire i corsi di specializzazionea Cambridge, Hawking aveva scelto di dedicarsi alla cosmologia, lostudio dell’immensamente grande, anziché alla meccanica quantistica,lo studio dell’estremamente piccolo. Ora, nel 1973, decise di cambiareprospettiva e considerare i buchi neri attraverso gli occhi dellameccanica quantistica. Il suo sarebbe stato il primo serio e fruttuosotentativo mai compiuto di fondere le due grandi teorie del XX secolo:la relatività e la meccanica quantistica. Come ricorderete dal capitolo2, questa fusione costituisce un difficile ostacolo sulla strada pergiungere a una Teoria del Tutto.

Nel gennaio del 1973, Hawking aveva trentun anni. Il nuovo anno

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portò la pubblicazione del suo primo libro, scritto assieme a GeorgeEllis e dedicato a Denis Sciama. Hawking descrive The Large ScaleStructure of Space-Time («La struttura su larga scala dello spazio-tempo») come un testo «altamente tecnico e del tutto illeggibile».13 Sipuò ancora trovare sugli scaffali delle librerie universitarie e, se vicapita di prenderlo in mano senza avere una buona preparazione infisica, sarete probabilmente propensi a condividere questo suogiudizio. Tuttavia, anche se non eguaglierà mai le vendite di Dal BigBang ai buchi neri, nel suo campo è diventato un classico.

Nei mesi di agosto e settembre di quello stesso anno, durante levacanze di Cambridge, Stephen e Jane Hawking si recarono a Varsaviaper le celebrazioni del 500° anniversario della nascita di Copernico eproseguirono quindi a est fino a Mosca. Chiesero a Kip Thorne diaccompagnarli, dato che stava conducendo da ormai cinque anni unaricerca congiunta con alcuni fisici sovietici e sapeva come muoversi inquel Paese. Hawking voleva parlare con Yakov Borisovich Zel’dovich ecol suo specializzando Alexander Starobinsky, due fisici russi cheerano riusciti a mostrare che il principio di indeterminazioneimplicava che i buchi neri rotanti avrebbero creato ed emesso delleparticelle, prodotte dall’energia rotazionale del buco nero. Questaradiazione sarebbe emersa appena fuori dall’orizzonte degli eventi eavrebbe rallentato la rotazione del buco nero fino a fermarla del tutto(a quel punto, sarebbe cessata anche la radiazione stessa). Hawkingpensava che Zel’dovich e Starobinsky fossero sulla pista giusta, manon rimase soddisfatto dai loro calcoli; al termine del viaggio, quindi,ritornò a Cambridge determinato a migliorarne la matematica che neera alla base.

Hawking si aspettava che i suoi calcoli mostrassero che i buchi nerirotanti producono la radiazione predetta dai russi. Ciò che scoprì fuqualcosa di molto più drammatico: «Quando eseguii il calcolo, trovaiperò, con mia sorpresa e irritazione, che anche i buchi neri nonrotanti dovevano a quanto pare creare ed emettere particelle a unritmo costante».14 Di primo acchito, pensò di aver commesso un errorenei suoi calcoli e spese molte ore per cercarlo; la sua principalepreoccupazione era di evitare che Bekenstein venisse a conoscenzadella sua scoperta e la usasse come un argomento a sostegno della suaidea sul rapporto fra orizzonti degli eventi ed entropia. Ma più cipensava, più Hawking era costretto ad ammettere che i propri calcoli

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non erano lontani dal vero. Il fattore decisivo che lo convinse fu chelo spettro delle particelle emerse era esattamente quello che ci sisarebbe aspettato da un qualsiasi corpo caldo.

Bekenstein aveva quindi ragione: è impossibile far diminuirel’entropia e rendere l’universo più ordinato gettando della materiaportatrice di entropia all’interno dei buchi neri, come se fossero deglienormi bidoni della spazzatura cosmici. Quando questa materiaportatrice di entropia entra in un buco nero, l’area dell’orizzonte deglieventi diventa più grande e l’entropia del buco nero aumenta: diconseguenza, l’entropia complessiva dell’universo – comprendendo sial’interno che l’esterno del buco nero – non è diminuita.

Hawking, però, si trovava ora di fronte a un enigma ancora piùgrande: com’è possibile che i buchi neri abbiano una temperatura edemettano particelle se niente può sfuggire dall’orizzonte degli eventi?Trovò la risposta nella meccanica quantistica.

Quando pensiamo allo spazio come a un vuoto, non locomprendiamo in modo corretto. Abbiamo già visto che lo spazio nonè mai del tutto vuoto; ora scopriremo il perché.

Il principio di indeterminazione ci dice che non possiamo maiconoscere allo stesso tempo, con un’accuratezza assoluta, sia laposizione sia il momento di una particella. Ma implica anche qualcosain più: che, cioè, non possiamo mai conoscere con un’accuratezzaassoluta sia il valore di un campo (un campo gravitazionale oelettromagnetico, per esempio) sia la velocità con cui questo campocambia nel tempo. Quanto maggiore è la precisione con cuiconosciamo il valore di un campo, tanto minore sarà quella con cuiconosciamo il suo tasso di cambiamento, e viceversa (ecco di nuovol’altalena). Ne consegue che un campo non può mai misurare zero:zero, infatti, sarebbe una misurazione estremamente precisa sia delvalore del campo sia del suo tasso di cambiamento, una cosa vietatadal principio di indeterminazione. Non possiamo avere uno spaziovuoto a meno che tutti i campi non siano esattamente pari a zero:niente zero, niente spazio vuoto.

Al posto dello spazio vuoto – il vero vuoto, che la maggior parte dinoi immagina ci sia là fuori – ciò che abbiamo è una minima quantitàdi incertezza, un pizzico di sfocatura, riguardo al valore effettivo diun campo nello spazio «vuoto». Un modo per pensare a questafluttuazione nel valore del campo, questo tentennare attorno allo zero

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inclinandosi un po’ verso il lato positivo e un po’ verso quellonegativo, così da non avere mai lo zero esatto, è il seguente.

Nel «vuoto» compaiono di continuo coppie di particelle (coppie difotoni o di gravitoni, per esempio). Le due particelle di una coppiapartono insieme per poi separarsi; dopo un certo intervallo di tempo,troppo breve per essere anche solo immaginato, si incontrano dinuovo e si distruggono a vicenda (hanno una vita breve ma ricca dieventi). La meccanica quantistica ci dice che questo è ciò che accadecontinuamente e ovunque nel «vuoto» dello spazio. Queste particellenon saranno forse le particelle «reali» che possiamo rilevare con inostri strumenti, ma ciò non significa che siano immaginarie; anche sesono soltanto particelle «virtuali», sappiamo che esistono perchépossiamo misurare i loro effetti su altre particelle.

Alcune di queste coppie saranno coppie di particelle di materia,ossia fermioni; in questo caso, una particella della coppia saràun’antiparticella. L’«antimateria», un termine che ci è stato resofamiliare dai videogiochi e dalla fantascienza (alimenta i motoridell’astronave Enterprise) non è una cosa puramente immaginaria.

Forse avrete sentito dire che la quantità totale di energianell’universo rimane sempre la stessa: non ci può essere nessunaapparizione improvvisa dal nulla. Come si accorda questa legge conqueste coppie di particelle appena create? Dicendo che vengono createattraverso un «prestito» molto temporaneo di energia. Non sono nulladi permanente. Una particella della coppia ha energia positiva, l’altraha energia negativa: si compensano a vicenda. Nulla viene aggiuntoall’energia totale dell’universo.

Hawking pensò che anche in corrispondenza dell’orizzonte deglieventi di un buco nero ci sarebbero dovute essere molte coppie diparticelle che saltavano fuori dal vuoto quantistico. Stando al suoquadro, accade che appaia una coppia di particelle virtuali e, primache le due si incontrino di nuovo e si distruggano, quella con energianegativa attraversa l’orizzonte degli eventi cadendo nel buco nero. Ciòsignifica che quella con energia positiva dovrà seguire la suasfortunata compagna per incontrarla e annientarsi? No. Il campogravitazionale in corrispondenza dell’orizzonte degli eventi di un buconero è abbastanza forte da fare una cosa sorprendente alle particellevirtuali, anche a quelle sfortunate che hanno energia negativa: puòtrasformarle da «virtuali» in «reali».

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La trasformazione comporta un notevole cambiamento per quantoriguarda la coppia: non sono più obbligate a trovarsi e annientarsi avicenda. Possono vivere entrambe molto più a lungo, e separatamente.Certo, anche la particella con energia positiva potrebbe cadere a suavolta nel buco nero, ma questo non è un esito necessario; è ormailibera dal suo rapporto con la compagna, e può anche fuggire. Agliocchi di un osservatore situato a una certa distanza, sembrerà che essaemerga dal buco nero; di fatto, però, proviene dalla zonaimmediatamente fuori dal buco. Nel frattempo, la sua compagna haportato nel buco nero la propria energia negativa (figura 6.2).

La radiazione che viene emessa dai buchi neri nel corso di questoprocesso è oggi chiamata «radiazione di Hawking». Con questaradiazione, la sua seconda famosa scoperta sui buchi neri, Hawkingdimostrò che la sua prima grande scoperta, la seconda legge delladinamica dei buchi neri (per la quale l’area dell’orizzonte degli eventinon può mai decrescere), non è sempre valida: la radiazione diHawking, infatti, implica che un buco nero potrebbe diventare piùpiccolo fino a evaporare del tutto. Un concetto davvero radicale.

In che modo la radiazione di Hawking fa rimpicciolire un buconero? Trasformando particelle virtuali in particelle reali, il buco neroperde energia. Ma com’è possibile che ciò accada, se nulla puòsfuggire attraverso l’orizzonte degli eventi? Come può un buco neroperdere qualcosa? La risposta sembra un gioco di prestigio: quandouna particella con energia negativa porta questa energia negativadentro il buco nero, ciò causa una diminuzione dell’energia nel buco.«Negativa» significa che ha davanti un segno «meno», e ciò implicauna sottrazione, una diminuzione.

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Fig. 6.2 La radiazione di Hawking.

È in questo modo che la radiazione di Hawking ruba l’energia delbuco nero. Ora, quando qualcosa ha meno energia, automaticamenteviene ad avere anche meno massa. Ricorderete la famosa equazione diEinstein E = mc2, dove E sta per energia, m per massa e c per lavelocità della luce. Quando l’energia (il primo membrodell’equazione) diminuisce (come accade nel buco nero), devediminuire qualcosa anche dall’altra parte del segno di uguaglianza; edato che la velocità della luce (c) non può variare, a diminuire dovràessere necessariamente la massa. Pertanto, quando diciamo che unbuco nero viene derubato della sua energia, stiamo anche dicendo cheviene derubato della sua massa.

Tenendo a mente questo concetto, ripensiamo a ciò che Newtonaveva scoperto a proposito della gravità: ogni cambiamento nellamassa di un corpo determina una variazione nella forza di attrazionegravitazionale da esso esercitata su un altro corpo. Se la Terradiventasse meno massiva (non «più piccola», questa volta, ma «menomassiva»), la sua attrazione gravitazionale nel punto dove staorbitando la Luna risulterebbe più debole. Allo stesso modo, se un

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buco nero perde massa, la sua attrazione gravitazionale incorrispondenza del punto dove c’era l’orizzonte degli eventi (il raggiodi non ritorno) diventa più debole. Ciò significa che la velocità di fugaa quella distanza scende al di sotto della velocità della luce; pertanto,ora abbiamo un nuovo raggio, più piccolo, dove la velocità di fugacoincide con quella della luce. In altri termini, si forma un nuovoorizzonte degli eventi, più interno rispetto al precedente. L’orizzontedegli eventi si è quindi contratto. Questo è l’unico modo checonosciamo in cui un buco nero può diventare più piccolo.

Se misurassimo la radiazione di Hawking emessa da un buco nerodi grande massa, formatosi in seguito al collasso di una stella,resteremmo però delusi. Un buco nero di queste dimensioni ha unatemperatura di superficie di meno di un milionesimo di grado al disopra dello zero assoluto; e quanto più è grande il buco nero, tantopiù bassa sarà la temperatura. «Il nostro buco nero di 10 masse solaripotrebbe emettere qualche migliaio di fotoni al secondo, ma essiavrebbero una lunghezza d’onda delle dimensioni del buco nero stessoe così poca energia che non saremmo neppure in grado di rilevarli»afferma Hawking.15 Le cose funzionano così: quanto più è grande lamassa del buco nero, tanto più è grande l’area dell’orizzonte deglieventi; ma quanto più è grande l’area dell’orizzonte degli eventi, tantopiù è grande l’entropia; e quanto più è grande l’entropia, tanto piùbassa sarà la temperatura di superficie e, quindi, il tasso di emissione.

Buchi neri che esplodono?

Tuttavia, già nel 1971 Hawking aveva ipotizzato che ci fosse anche unsecondo tipo di buchi neri: oggetti minuscoli con dimensioniall’incirca pari, nei casi più interessanti, a quelle del nucleo di unatomo. Questi esemplari emetterebbero, in un continuo scoppiettio,enormi quantità di radiazione: quanto più un buco nero è piccolo,tanto più la sua temperatura di superficie è elevata. Riferendosi aquesti microscopici buchi neri, Hawking ha dichiarato: «Buchi nericome questi non meritano certo l’epiteto di neri: essi sono in realtà alcalor bianco».16

Questi «buchi neri primordiali», come sono stati battezzati daHawking, non si sarebbero formati dal collasso delle stelle, masarebbero vestigia dei primissimi stadi della vita nell’universo, quando

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c’erano pressioni in grado di comprimere la materia fino a valoriincredibilmente elevati. Oggi un buco nero primordiale sarebbeaddirittura molto più piccolo che al momento della sua formazione,dato che in tutto questo tempo ha continuato a perdere massa.

Per un buco nero primordiale, la radiazione di Hawking avrebbeconseguenze drastiche. Man mano che la massa diminuisce e il buconero diventa più piccolo, la sua temperatura di superficie e il tasso diemissione di particelle in corrispondenza dell’orizzonte degli eventiaumentano; il buco perderà dunque massa sempre più velocemente, inun circolo vizioso per cui quanto più diminuirà la massa, tanto piùsalirà la temperatura.

E come andrà a finire? Hawking ha ipotizzato che il piccolo buconero dovrà scomparire in un’immensa emissione finale di particelle,paragonabile all’esplosione di milioni di bombe all’idrogeno. Un buconero di grande massa arriverà mai a esplodere? Prima che arrivi aquel punto, l’universo sarà giunto al termine da un bel pezzo.

L’idea che un buco nero potesse rimpicciolire e infine esplodere eratalmente contraria a tutto quello che gli scienziati pensavano deibuchi neri nel 1973 che lo stesso Hawking nutriva seri dubbi sullapropria scoperta. Per settimane la tenne quindi segreta, riesaminandomentalmente i suoi calcoli; trovava che fosse davvero difficile dacredere e non aveva il coraggio di pensare a quale sarebbe stata lareazione della comunità scientifica. A nessuno scienziato piace laprospettiva di coprirsi di ridicolo. D’altro canto, Hawking sapeva che,qualora avesse ragione, le sue scoperte avrebbero rivoluzionatol’astrofisica. A un certo punto si chiuse in bagno per riflettere sulproblema: «Ci rimuginai sopra con preoccupazione per tutto il Natale,ma non riuscivo a trovare nessun modo convincente per confutare[ciò che avevo scoperto]».17

Hawking sondò l’opinione dei suoi colleghi più stretti, esponendoloro la sua idea, che venne accolta in vario modo. Martin Rees, suoamico fin dai tempi in cui studiavano entrambi a Cambridge, andò dalloro vecchio supervisore, Denis Sciama, esclamando: «Ha sentito?Stephen ha cambiato tutto!». Sciama si organizzò per appoggiareHawking, spingendolo a rendere pubbliche le sue scoperte. Hawking silamentò del fatto che Penrose gli avesse telefonato, pieno dientusiasmo, proprio mentre si stava mettendo a tavola per la cena delsuo trentaduesimo compleanno (nel 1974), pronto a lanciarsi sull’oca;

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l’eccitazione del suo amico gli fece certo piacere ma, una voltaimmersi nella loro discussione, andarono avanti a parlare troppo alungo e, quando si salutarono, la cena era ormai fredda.18

A febbraio, Hawking accettò di presentare la sua bizzarra scopertain un intervento scritto al laboratorio Rutherford-Appleton, a sud diOxford. A organizzare questo incontro, il Secondo convegno sullagravità quantistica, era stato Sciama. Hawking si era un po’ cautelatomettendo un punto di domanda nel titolo del suo intervento, «BlackHole Esplosions?» («Esplosioni di buchi neri?»), ma, mentre era inviaggio per Oxford, era ancora in preda all’angoscia per la suadecisione di annunciare la scoperta.

La breve presentazione, che includeva la proiezione di alcunediapositive di equazioni, fu accolta da un silenzio che si feceimbarazzante, e da poche domande. Le argomentazioni di Hawkingnon erano state comprese da molti degli uditori, esperti in altri campi,ma a tutti era più o meno chiaro che stava proponendo qualcosa dicompletamente contrario alla teoria accettata. Coloro che erano statiin grado di seguire il suo discorso erano rimasti scioccati e non eranopreparati per discutere con lui. Le luci si riaccesero e il moderatore,John G. Taylor – uno stimato professore dell’università di Londra – sialzò in piedi e dichiarò: «Scusa, Stephen, ma queste sono solo unmucchio di sciocchezze».19

Il mese successivo, Hawking pubblicò le sue «sciocchezze» sullaprestigiosa rivista «Nature»;20 Taylor e Paul C.W. Davies espressero illoro disaccordo in un articolo uscito nello stesso numero e, nel giro dipochi giorni, i fisici di tutto il mondo si ritrovarono a discutere lasconvolgente idea di Hawking. Zel’dovich nutrì all’inizio delle riserve,ma quando Kip Thorne si recò a Mosca, venne convocato d’urgenzadal fisico sovietico; al suo arrivo, Zel’dovich e Starobinsky loaccolsero con le mani in alto, come se fossero nel vecchio West eThorne avesse una pistola puntata contro di loro: «Ci arrendiamo […]Hawking aveva ragione. Sbagliavamo noi».21

Qualcuno sosteneva che la scoperta di Hawking fosse la piùimportante avvenuta da anni nella fisica teorica. Sciama affermò cheil suo articolo era «uno dei più belli nella storia della fisica».22 JohnWheeler, sempre molto abile nella scelta dei termini, disse che parlaredella splendida scoperta di Hawking era come «rigirarsi una caramellasulla lingua».23 Kip Thorne commentò che Stephen, da quando aveva

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perso l’uso delle mani, aveva iniziato «a sviluppare argomentazionigeometriche da poter sviluppare in maniera visiva […] una serie distrumenti molto efficaci che nessun altro aveva. E se si è l’unico almondo a saper usare questi strumenti, ciò significa che ci sono certiproblemi, che puoi risolvere solo tu e nessun altro».24 Le cose stavanocerto migliorando.

Hawking si prese più tempo e preparò con cura un secondo articolosulla sua scoperta, ma «Communications in Mathematical Physics» larivista a cui lo aveva presentato nel marzo 1974 – lo smarrì, e nonvenne pubblicato fino all’aprile 1975,25 dopo che l’aveva rimandato.Nel frattempo, Hawking e i suoi colleghi continuarono a studiare la«radiazione di Hawking» da molte differenti angolature. Nel giro diquattro anni – e dopo la pubblicazione, nel 1976, di un articoloscritto a quattro mani da Hawking e Jim Hartle26 –, la radiazione diHawking era ormai stata generalmente accettata in tutto il mondodella fisica teorica. La maggior parte dei fisici riteneva che Hawkingavesse compiuto un importante progresso: aveva usato l’attività diparticelle virtuali per spiegare il funzionamento di qualcosa che eraemerso dalla teoria della relatività, ossia i buchi neri. In altri termini,aveva fatto un passo in direzione del collegamento fra la relatività ela fisica quantistica.

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Parte seconda

1970-1990

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«Questa gente penserà che siamo abituati a uno standard di vitaastronomico»

Alla nascita di Lucy, il 2 novembre del 1970, gli Hawking avevano dapoco comprato la casa in Little St Mary’s Lane in cui avevano abitatoin affitto per anni. I genitori di Stephen avevano dato loro il denaroper rimodernarla e le garanzie per chiedere un mutuo; i lavorivennero completati quando Jane era ormai incinta di otto mesi.

Stephen continuava a insistere nel voler essere autonomo nelleattività quotidiane: salire e scendere le scale, vestirsi la mattina esvestirsi la sera. Il suo commento sul fatto che, mentre si preparavaper andare a letto, aveva molto tempo per riflettere sui fotoniall’orizzonte degli eventi dei buchi neri è una delle sue pochissimeammissioni di quanto tutto ciò fosse estremamente lento e difficile.Alla fine però, camminare era diventato per lui così pericoloso cheaccettò di usare una sedia a rotelle. Aveva perso la battaglia perrestare in piedi; gli amici lo guardavano con tristezza, ma l’umorismoe la determinazione non lo abbandonarono.

La perdita dell’uso delle mani – che significava non poter piùscrivere equazioni e tracciare diagrammi – non era avvenuta da ungiorno all’altro, ma in modo graduale nel corso degli anni, durante iquali aveva avuto tempo di adattarsi e allenare «la sua mente apensare in una maniera diversa da quelle degli altri fisici. Stephenpensa attraverso nuovi tipi di rappresentazioni mentali intuitive edequazioni mentali che, per lui, hanno sostituito le equazioni scritte e idisegni fatti con carta e penna» ha affermato Kip Thorne.1 AscoltandoHawking si ha l’impressione che egli creda che forse avrebbe sceltoquesto modo di lavorare anche se avesse avuto il pieno uso dellemani: «Le equazioni sono solo la parte noiosa della matematica. Iopreferisco vedere le cose in termini di geometria».2 I calcoli necessariper la scoperta della radiazione di Hawking vennero eseguiti quasiinteramente nella sua testa.

Dopo la nascita di Lucy, Jane si stava destreggiando in una serie di

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impegni quasi impossibile: stava cercando di finire il suo dottoratomentre, al contempo, si prendeva cura di Stephen, del piccolo Roberte ora anche della neonata. Sua madre e la tata di un vicino laaiutavano con i bambini ogni volta che potevano. Il cottage in LittleSt Mary’s Lane era uno splendore: quando i bambini crebbero e Lucyiniziò a camminare da sola con sicurezza, si unì al fratello nei giochifra le piante fiorite e le antiche lapidi in pietra del sagrato della chiesadi Little St Mary, dall’altra parte della strada. Jane ricorda ancora leestati con le finestre aperte e le voci festose dei suoi bambini che«strillavano nel sagrato».

Nel gennaio del 1971, quando il saggio di Hawking intitolato BlackHoles vinse il primo premio all’annuale concorso della GravityResearch Foundation, il denaro ricavato permise loro di comprare unamacchina nuova. Hawking riceveva un salario dal Caius College e unassegno di ricerca dal DAMTP e dall’Istituto di astronomia; tuttavia, ilbudget familiare era ancora ristretto e, quando Robert raggiunse l’etàscolare, non era sufficiente per pagargli la retta di una scuola privata.Il bambino venne quindi iscritto alla scuola elementare locale, laNewnham Croft Primary School, un buon istituto dove quindici annidopo avrei mandato anche mia figlia. Robert sembrava seguire leorme del padre, eccellendo in matematica e imparando con lentezza aleggere; ormai, però, eravamo in una nuova epoca, quando la«lentezza nell’imparare a leggere» non veniva più accettatapassivamente senza prendere delle misure. Jane Hawking sospettavache il bambino potesse essere affetto da una forma di dislessia e, nellasperanza che una scuola privata potesse fornire a Robert un aiuto piùqualificato, il padre di Stephen venne in loro soccorso acquistando aiconiugi una seconda casa, da affittare per avere una rendita extra.Così, all’età di sette anni, Robert si trasferì alla Perse School diCambridge.

Gli Hawking continuavano a cercare di tenere in secondo piano lamalattia di Stephen, di evitare che diventasse per loro la cosa piùimportante. Presero l’abitudine di non guardare al futuro. Agli occhidel resto del mondo ci riuscivano talmente bene che fu una sorpresaquando Jane Hawking accennò a quanto, a volte, le difficoltà fosseroterribili. In un’intervista, discutendo degli onori tributati al marito,dichiarò: «Non direi che questo straordinario successo valga la pena ditutti questi momenti bui. Penso che non sarò mai in grado di

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riconciliare nella mia mente le oscillazioni che abbiamo vissuto,passando dagli abissi di un buco nero alle vette di tutti i meravigliosipremi».

Se giudichiamo da tutto ciò che Stephen Hawking ha scritto, sembrache egli si accorgesse a malapena di questi abissi. Parlarne in un modoche non sia quantomeno estemporaneo – il massimo che si concede –rappresenterebbe per lui una forma di resa, di sconfitta, e potrebbeminare la risoluta noncuranza con cui sfida i suoi problemi. Lamaggior parte delle volte ha continuato a rifiutarsi di discutere dellasua malattia anche con Jane; ma ciò, agli occhi della donna, non hacerto reso il problema meno grande o meno evidente.

Jane ricorda che per Stephen era difficile accettare di non essere ingrado di assistere i figli o di giocare attivamente con loro. Fu lei ainsegnare a Robert, e in seguito a Lucy e Timmy, a giocare a cricket(«Io posso portarli fuori!» gongolava), e canzonava suo maritodicendo che, a differenza delle altre mogli, non era sorpresa o delusaquando lui si dimostrava inutile in casa o con i bambini.

Il fatto che per Hawking fosse impossibile dedicarsi a qualsiasiattività pratica divenne uno degli effetti collaterali positivi della suamalattia: poteva anche impiegare un sacco di tempo per alzarsi eandare a letto, ma non doveva correre qua e là per commissioni, fareriparazioni in casa, tagliare l’erba, organizzare i viaggi, fare la valigia,preparare gli orari delle lezioni o perdere tempo in incarichiamministrativi al DAMTP o al Caius, tutte incombenze che venivanolasciate ai colleghi e agli assistenti, o a sua moglie. Poteva dedicaretutto il suo tempo a pensare alla fisica, un lusso che i suoi colleghi gliinvidiavano.

Jane aveva previsto che la stragrande maggioranza di questeresponsabilità quotidiane sarebbe ricaduta sulle sue spalle. Già primadi sposarsi, negli anni Sessanta, aveva deciso che solo uno di loro dueavrebbe potuto avere una carriera, e quello sarebbe stato suo marito.Negli anni Settanta, forse perché le idee riguardo al ruolo delle donnestavano cambiando, quel sacrificio diventò più difficile da accettare.Aveva pensato che il fatto di offrire a Stephen l’assistenza el’incoraggiamento di cui aveva un tremendo bisogno avrebbe datouno scopo e un significato alla sua vita; ciò che non le stava dando,però, era un’identità. E neanche la maternità l’aveva aiutata in questo:per riprendere le sue parole, anche se adorava i suoi figli e «non

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avrebbe mai voluto farli allevare da qualcun altro, Cambridge è unposto molto difficile in cui vivere se l’unica tua identità è quella diessere la madre di bambini piccoli».3

Per correttezza verso la comunità universitaria, bisogna dire cheogniqualvolta a Cambridge si faceva il nome di Hawking, capitavaspesso che qualcuno commentasse che Jane Hawking era una personaancora più ammirevole di Stephen. Tuttavia, Jane non la vedeva così.Ai suoi occhi, a Cambridge «la pressione è perché tu ti faccia stradasul piano accademico».4 Era questa, naturalmente, la ragione per cuiaveva deciso di tornare all’università per conseguire un dottorato, male bozze della sua tesi restavano troppo spesso a languire sulloscaffale.

Jane aveva molto di cui essere fiera negli anni Settanta: Robert eLucy crescevano bene, la carriera di fisico del marito schizzava allestelle (e la sua reputazione di persona tenace e di buonumore,malgrado le avversità, stava diventando leggendaria) e lei iniziava afarsi strada in ambito accademico. Allo stesso tempo, però, avevasempre più l’impressione che il suo enorme e faticoso ruolo nelsuccesso di Hawking passasse in gran parte inosservato. Il suo era unproblema abbastanza comune fra le persone che hanno il talento difar sembrare le cose facili: gli altri iniziano a credere che per loroquelle cose siano davvero facili, e non si rendono conto del sacrificio edegli sforzi che richiedono. Sia Jane che il marito sapevano benissimoche i successi di Stephen – e probabilmente la sua stessasopravvivenza – non sarebbero stati possibili senza di lei, che peròcondivideva solo in minima parte i suoi trionfi. Nelle foto di Hawkingcapitava a volte che la figura di Jane venisse tagliata, come se fosseuna semplice infermiera che si limitava a spingere la sua sedia arotelle. Inoltre, Jane non era in grado di seguire i ragionamentimatematici del marito e condividere questi suoi piaceri.Ciononostante, «la gioia e l’entusiasmo per il successo di Stephenerano straordinari»,5 afferma; non si era pentita della decisione disposarlo, ma le ricompense «non alleviavano le strazianti difficoltà difar fronte, giorno dopo giorno, alla malattia dei motoneuroni».6

Nonostante le difficoltà, però, gli Hawking condividevano anchemolti piaceri: entrambi erano affezionatissimi ai loro bambini,amavano la musica classica e andavano insieme ai concerti e a teatro,a Natale portavano Robert e Lucy alla recita e loro stessi amavano

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intrattenere la gente. Don Page, un ricercatore che avrebbe vissuto pertre anni a casa degli Hawking in qualità di assistente di Stephen,ricorda che Jane era «molto socievole […] una grande risorsaprofessionale» per il marito;7 non era raro incontrarla al supermercatomentre faceva la spesa per una festa con sessanta invitati. GliHawking divennero famosi per la loro ospitalità.

Inoltre, erano entrambi molto attenti a sensibilizzare l’opinionepubblica sulle necessità dei disabili e sulla possibilità, per loro, dicondurre un’esistenza normale, se non una vita attiva e ricca disuccessi. Negli anni Settanta queste idee non erano ancora parteintegrante della nostra cultura come stanno diventando oggi: la GranBretagna aveva approvato una legge sui malati cronici e le personedisabili nel 1970, ma la sua applicazione procedeva con estremalentezza. Di tanto in tanto l’indignazione di Jane e Hawking crescevaal punto da spingerli a protestare: scrissero una lettera al consiglio delNational Trust (l’ente per la salvaguardia dei luoghi di interessestorico o naturalistico) quando la direzione dell’Anglesey Abbey – unamagione circondata da giardini nei pressi di Cambridge, aperta alpubblico – insistette perché gli Hawking lasciassero l’auto in unposteggio a quasi un chilometro di distanza anziché vicino alla casa.8Ben presto Jane aggiunse le campagne per i diritti dei disabili alla suagià lunga lista di attività.

Gli Hawking vinsero alcune battaglie per garantire l’accesso agliedifici pubblici ai disabili su sedia a rotelle. Dopo una lunga disputaburocratica su chi dovesse sobbarcarsene le spese, all’ingressoposteriore dell’edificio del DAMTP venne costruita una rampa. L’ArtsTheatre iniziò a riservare spazi per gli spettatori in sedia a rotelle, cosìcome l’Arts Cinema; a Londra, l’English National Opera e il Coliseumresero possibile l’accesso ai disabili. Dove queste rampe non c’erano,chiunque si trovasse a portata di mano veniva di solito reclutato persollevare Hawking con la sua carrozzina e portarlo su e giù per lescale. Al Clare Hall, un college di specializzandi dell’università diCambridge, i membri del circolo di astronomia venivano regolarmentechiamati per adempiere a questo compito prima e dopo i loroincontri. La procedura non sempre era sicura: a Covent Garden,mentre lo stavano trasportando su per una rampa di scale fino a deiposti altrimenti inaccessibili, agli addetti della Royal Opera Housesfuggì la carrozzina di Stephen, che fece un volo dalle scale.9

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La fede in Dio e le leggi della fisica

Verso la fine degli anni Ottanta, guardando al passato, Jane Hawkingattribuì la sua capacità di affrontare per così tanti anni la loro insolitae spesso difficile vita – una vita senza la speranza di un lungo o felicefuturo – alla propria fede in Dio. Senza di essa, affermò, «Non sareistata in grado di vivere in quella situazione. Non sarei stata in grado,innanzitutto, di sposare Stephen, perché non avrei avuto l’ottimismo asostenermi e non sarei riuscita ad andare avanti».10

La fede che la sosteneva con tutta questa forza non era condivisadal marito (lo era da alcuni dei suoi colleghi fisici, ma di solito Janenon discuteva con loro dell’argomento). Se il confronto di Stephencon la sua malattia e la minaccia di una morte prematura ha avutoanche un aspetto filosofico o religioso, lui non ne ha mai parlatopubblicamente. Tuttavia, leggendo i suoi libri Dal Big Bang ai buchi nerie Il grande disegno, sembra evidente come Dio non sia mai statolontano dai pensieri di Hawking, che dichiarò a un intervistatore: «Èdifficile discutere dell’inizio dell’universo senza menzionare ilconcetto di Dio. Le mie ricerche sull’origine dell’universo si collocanosul confine tra la scienza e la religione, ma io cerco di rimanere sullato scientifico. È del tutto possibile che Dio agisca in modi che nonpossono essere descritti dalle leggi scientifiche; in tal caso, però, sitratterebbe di una cosa accettabile solo per fede personale».11 Difronte alla domanda se pensasse che la sua scienza fosse incompetizione con la religione, rispose: «Assumendo questa posizione,Newton [che era un uomo molto religioso] non avrebbe scoperto lalegge della gravità».12

Hawking asseriva di non essere ateo, ma che preferiva «usare iltermine Dio come la personificazione delle leggi della fisica».13 «Nonc’è bisogno di fare appello a Dio per porre le condizioni inizialidell’universo; ciò però non dimostra che Dio non esiste, ma solo cheagisce attraverso le leggi della fisica.»14 Tuttavia, Hawking di certonon credeva in un Dio personale che si prende cura degli esseri umanicome singoli individui, instaura con loro un rapporto potente in gradodi trasformarli e compie miracoli. «Noi siamo creature del tuttoinsignificanti che vivono su un pianeta minore di una comunissimastella situata ai margini di una delle centinaia di miliardi di galassie. Èquindi difficile credere in un Dio che si prenda cura di noi, o anche

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solo che si accorga della nostra esistenza.»15 Einstein condivideva lavisione di Hawking; altri, fra cui alcuni dei suoi colleghi fisici,sarebbero invece stati d’accordo con Jane e avrebbero detto chequesta era una concezione molto limitata di Dio, evidenziando che èaltrettanto difficile credere che tutte le persone intelligenti e razionali(tra cui numerosi scienziati), che dicono di avere esperienza di un Diopersonale, siano in qualche modo degli illusi. Le visioni di Stephen eJane Hawking potrebbero essere considerate come uno dei piùlampanti esempi di questa enorme differenza di prospettive.

«Ero piuttosto urtata quando Stephen diceva di non credere in unDio personale» ricorda Jane.16 In un’intervista del 1988 avrebbedichiarato: «Sta scavando in dimensioni davvero importanti per lepersone che ragionano su queste cose, e in un modo che può risultaremolto fastidioso alla gente. C’è un aspetto del suo pensiero che trovosempre più irritante e con cui mi è difficile convivere: è la sensazioneche, poiché tutto viene ridotto a una formula matematica, razionale,quella dev’essere la verità».17 Le sembrava che nella mente di suomarito non ci fosse spazio per l’eventualità che la verità trovata nellasua matematica potesse non essere tutta la verità. Un anno dopo, però,aveva leggermente cambiato la sua prospettiva: «Invecchiando ci è piùfacile allargare le nostre vedute. Penso che il quadro complessivo cheha davanti sia così diverso da quello di chiunque altro in virtù dellasua condizione e delle circostanze in cui si trova […] essendo ungenio quasi totalmente paralizzato […] nessun altro può comprenderequale possa essere la sua visione di Dio o il suo rapporto con Dio».18

Forse per Hawking la verità doveva essere matematica, ma la fisicanon era comunque l’unica cosa nella sua vita: «La fisica» disse inun’intervista «è bellissima, ma è del tutto fredda. Non ce la farei avivere se avessi soltanto la fisica. Anch’io, come chiunque altro, hobisogno di calore, amore e affetto».19

Un risorsa fuori dal comune

Alla fine degli anni Sessanta il college e l’università di Hawking eranostati forse generosi a tenere con sé un giovane fisico a cui non restavamolto tempo da vivere e che, in termini di lezioni e insegnamento,poteva dare ben poco al proprio dipartimento. Il DAMTP lo avevaesentato fin da subito dagli incarichi di docenza più impegnativi e gli

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aveva concesso di concentrarsi sulle sue ricerche, tenendo soloqualche seminario per gli specializzandi. Verso la metà degli anniSettanta, però, il Caius College e l’università avevano iniziato acomprendere di aver agito nel loro stesso interesse: Hawking eradiventato una notevole risorsa.

A Cambridge, comunque, le personalità e le menti straordinarie nonsono affatto rare, e finiscono per emergere regolarmente in undipartimento o nell’altro. È un ambiente salutare per i geni. Perquanto nel mondo esterno uno possa essere trattato con venerazione,all’interno della comunità universitaria in genere le cose proseguonocome al solito. Anche alla fine degli anni Settanta, quando Hawkingera ormai diventato quasi una leggenda, lui e tutte le sue particolariattrezzature – strumenti che gli voltavano le pagine, terminali dicomputer dotati di controlli speciali in modo che potesse usarli comeuna lavagna – condividevano ancora un piccolo ufficio con un altroricercatore.

I suoi problemi di comunicazione continuavano ad aggravarsi. Sedurante gli anni Settanta era ancora possibile intrattenere con lui unanormale conversazione, tra la fine degli anni Settanta e i primi anniOttanta, quando ormai le sue parole erano talmente confuse che solo ifamiliari e gli amici più intimi riuscivano a capirlo, il lavoro di«interprete» toccava spesso a uno studente ricercatore. MichaelHarwood, che in seguito avrebbe intervistato Hawking per il «NewYork Times», descrisse questo processo: «Don Page, seduto accanto alui, si avvicina per ascoltare le parole indistinte, pronuncia ogni fraseper essere sicuro di averla afferrata, fa delle pause e chiede di ripetere,a volte chiede conferma a Hawking riguardo a una frase, sicorregge».20 Un altro intervistatore racconta che spesso pensava cheHawking avesse terminato una frase solo per poi scoprire, grazieall’«interpretazione», che in realtà aveva pronunciato soltanto unaparola. Hawking scriveva i suoi articoli scientifici dettandoli alla suasegretaria in questo modo estenuante; tuttavia, stava imparando aformulare le idee nel minor numero possibile di parole e ad arrivaresubito al punto nelle conversazioni e nelle pubblicazioni scientifiche.

Ciò che diceva in quelle poche parole veniva accolto con attenzionein tutto il mondo. Poco dopo aver annunciato la sua scopertadell’esplosione dei buchi neri, la serie di premi e riconoscimentiattribuitigli si era intensificata. Nella primavera del 1974, a soli

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trentadue anni, gli fu concesso l’onore di entrare nella Royal Society,una delle più prestigiose istituzioni scientifiche del mondo. Durante ilrito di investitura, una cerimonia risalente al XVII secolo, i nuovimembri salgono sul podio per scrivere i loro nomi in un libro che,nelle sue prime pagine, contiene la firma di Isaac Newton. Le personepresenti all’ammissione di Hawking ricordano che il presidente dellasocietà, Sir Alan Hodgkin (vincitore del premio Nobel per la biologia),ruppe la tradizione e gli portò giù il libro. Hawking, seduto in primafila, era ancora in grado – sia pure con grande sforzo – di scrivere ilproprio nome, ma gli occorse molto tempo; gli eminenti scienziatiattesero in rispettoso silenzio che terminasse e, quando sollevò la testacon un largo sorriso, gli tributarono un’ovazione.

Quella stessa primavera gli Hawking accettarono con entusiasmol’invito del California Institute of Technology (Caltech), dove KipThorne era professore, a trascorrere lì l’anno accademico 1974-75.Hawking sarebbe stato uno Sherman Fairchild Distinguished Scholar.L’offerta includeva un eccellente salario, una casa, un’automobile eanche una nuova sedia a rotelle elettrica; inoltre, il Caltech avrebbecoperto tutte le spese mediche (la mutua britannica non copre le speseall’estero) e sarebbe stata garantita una scuola per Robert e Lucy.

Nel momento in cui arrivò l’invito, erano trascorsi quasi quattroanni da quando gli Hawking avevano acquistato e ristrutturato la lorocasa in Little St Mary’s Lane. Gli spostamenti di Stephen su e giù per lescale, che ormai faceva aggrappandosi alla ringhiera che sosteneva ilcorrimano e usando la sola forza delle braccia per trascinarsi, scalinodopo scalino, fino al secondo piano, per un certo tempo erano anchestati un buon esercizio terapeutico, ma alla fine si stavanodimostrando impossibili. Rispetto a quando gli Hawking erano sposinovelli, questa volta il Caius College decise di essere di maggior aiutoper l’alloggio: il nuovo economo offrì loro uno spazioso appartamentoal piano terra in una casa in mattoni di proprietà del college in WestRoad, non troppo lontano dal cancello posteriore del King’s College. Aquei tempi questo genere di sistemazione domestica – la famiglia diun professore alloggiata al piano inferiore, piuttosto elegante anche sea volte in condizioni precarie, e gli studenti specializzandi nellecamere di sopra – non era insolito a Cambridge. L’appartamentoofferto dal Caius aveva soffitti alti e grandi finestre, e richiedeva soloqualche leggero intervento di ristrutturazione per renderlo più adatto

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a una famiglia e più pratico per una persona sulla sedia a rotelle, unlavoro che poteva essere portato a termine mentre gli Hawking sitrovavano in California. Al loro ritorno, avrebbero potuto trasferirsisubito. Fatta eccezione per un parcheggio di ghiaia davantiall’edificio, la casa era circondata da giardini, curati dai giardinieridel Caius College, che erano anche disposti ad ascoltare suggerimentie progetti da parte di Jane. Sarebbe stata una casa ideale per i figlidegli Hawking.

Pur avendo ormai rinunciato a salire le scale, lo scienziato potevaancora mangiare, coricarsi e alzarsi da solo, ma anche queste azionistavano diventando sempre più difficoltose. Jane riusciva ancora afare a meno di un aiuto esterno, mettendocela tutta per far sì cheStephen mantenesse una vita il più normale possibile nonostante ilpeggioramento delle sue condizioni. Si adoperava affinché potessecontinuare a lavorare, assicurandosi nel frattempo che Robert e Lucynon venissero privati di una normale infanzia. Di tanto in tanto,trovava anche il tempo di lavorare alla sua tesi. Ma gli Hawkingsapevano che qualcosa sarebbe dovuto cambiare.

Mentre pianificava il viaggio in California, durante le vacanze diPasqua, Jane suggerì una nuova soluzione per prendersi cura diStephen, una soluzione che lui potesse accettare senza percepirlacome una concessione alla malattia e una sconfitta che avrebbeindebolito il suo coraggio. Avrebbero preso l’abitudine di chiedere auno specializzando o a uno studente ricercatore post-dottorato divivere insieme a loro e accompagnarli nei viaggi; in cambiodell’alloggio e di molta attenzione per i suoi studi da parte diHawking, lo studente lo avrebbe aiutato ad andare a letto e ad alzarsila mattina. Quando gli Hawking partirono per la California, eranoaccompagnati da uno degli specializzandi, Bernard Carr.

Jane prenotò i biglietti aerei e, con l’aiuto di Bernard, fece i bagaglie trasportò le loro cose, due bambini piccoli, il marito e le sueattrezzature speciali dall’altra parte del mondo, nel sud dellaCalifornia, con un’efficienza che riempì d’ammirazione le sue amiche.

Un posto al Sole

Nell’agosto del 1974, Kip Thorne andò a prendere gli Hawkingall’aeroporto di Los Angeles in una nuova, scintillante, station wagon

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americana che sarebbe stata la loro auto per tutta la durata delsoggiorno. Il volo era stato lungo – partiti da Londra, avevanosorvolato il Polo Nord – ma la famiglia si rianimò nella languida ariadella California meridionale. Kip attraversava la città tentacolare, coni suoi grattacieli e le sue palme incredibilmente alte, guidando sullesuperstrade fino a Pasadena, a una quindicina di chilometri a nord-estdel centro di Los Angeles.21

Poco dopo il tramonto giunsero alla casa preparata per loro,un’incantevole dimora rivestita esternamente in legno bianco, con leluci che splendevano da ogni finestra; si trovava dall’altra parte dellastrada rispetto al campus del Caltech e aveva la vista sulle montagne.Jane ne parlò in una lettera che scrisse ai suoi genitori in Inghilterraquello stesso giorno: «È tanto elegante dentro quanto bella fuori.Questa gente penserà che siamo abituati a uno standard di vitaastronomico. Se solo sapessero!».22

Stephen, Jane e i figli scoprirono dei colibrì sul patio, un’enormequercia californiana in giardino, perfetta per le arrampicate, untelevisore e diversi bagni. Lì vicino, al campus, c’era anche unapiscina. Disneyland era facilmente raggiungibile in macchina. Lanuova, modernissima carrozzella elettrica di Stephen era lì che loaspettava; come un pilota d’auto da corsa che prova un nuovomodello, più veloce e manovrabile, lui si mise a sfrecciare in giro,cercando di capire che cosa poteva fare e fermandosi per permettereagli ingegneri di apportare qualche modifica.

Con l’inizio della loro vita californiana, gli Hawking fecero unanuova e piuttosto antipatica esperienza, che sapevano comunque didoversi aspettare: i frequenti tremori della terra e, di tanto in tanto,qualche scossa un po’ più allarmante. I loro vicini e i colleghi diHawking al Caltech sembravano non farci caso e assicurarono a Janee Stephen che le piccole e frequenti scosse rendevano meno probabileche si verificasse un grosso terremoto. Ad ogni modo, la casa e i suoioccupanti avrebbero superato l’anno indenni.

La scuola di Robert e Lucy era la Pasadena Town and CountrySchool. A Lucy, che aveva tre anni, il primo giorno piacque talmenteche decise di fermarsi per l’intera giornata anziché solo per lamattina, com’era previsto. Quando sua madre andò a prenderla perpranzo, non riuscivano a trovarla da nessuna parte; lo staff, in predaal panico, scoprì infine che stava mangiando tranquillamente in

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mensa assieme ai bambini più grandi. Robert, di sette anni, trovò unnuovo ruolo offrendo un inestimabile aiuto a sua madre come espertonavigatore delle superstrade di Los Angeles, delle quali, a quanto pare,aveva memorizzato una mappa dettagliata. Bernard Carr si immersecon passione nella vita studentesca del Caltech e quasi ogni sera, dopoaver messo a letto Hawking, usciva per andare a qualche party;tornato dalle feste, restava sveglio per il resto della notte a guardarefilm horror. Fortunatamente per lui, anche Stephen non amava moltoalzarsi presto la mattina.

Jane venne presa nel turbine della vita sociale e gli Hawkingavevano sempre qualche ospite. Nel college di Cambridge, con laragguardevole eccezione del Clare Hall, è difficile che le moglifacciano parte della scena sociale come Jane al Caltech; trovò questocambiamento entusiasmante, per quanto forse un po’ spossante. Oltreai nuovi amici del posto, c’erano i visitatori giunti dall’estero, amici eparenti tra cui i genitori di Jane e la madre e la zia di Stephen. Lasorella di Stephen, Philippa, venne a trovarli da New York, doveviveva. La casa degli Hawking, così vicina al campus, divenne ilritrovo di frequenti feste del Gruppo sulla relatività del Caltech.

La spontaneità e la schiettezza dei californiani furono una sorpresae, per Jane, un piacevole cambiamento rispetto alla diffidenza – che avolte sconfinava in veri e propri tentativi di evitarli – che lei e suomarito erano soliti incontrare in Inghilterra. Per chi non conoscevabene la coppia, i problemi di comunicazione di Stephen rendevanodifficile conversare con loro, ma i californiani sembravano più chedisposti a provarci. Quando giunsero al Caltech, Stephen stavadiventando una celebrità internazionale nel suo campo e, diconseguenza, ricevette un trattamento da star. Per correttezza, però,bisogna dire che se fosse stato inizialmente introdotto a Cambridge inmodo simile, i coniugi avrebbero forse incontrato anche in queicircoli un po’ delle speciali attenzioni che ricevettero a Pasadena.

Quando un accademico si prende un anno sabbatico all’estero,spesso il tempo trascorso lontano da casa non solo dà un’enormespinta alla sua creatività e alla sua energia intellettuale, marappresenta uno spartiacque anche per gli altri membri della famiglia.Per gli Hawking fu così. Un amico di Robert, un mago del computer diotto anni, accese nel figlio di Stephen la passione per quella materiaalla quale avrebbe infine dedicato la sua carriera, l’informatica. La

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moglie di un altro professore invitò Jane a partecipare alle lezioni diuna scuola serale di canto, che si riuniva ogni settimana, per eseguireuna grande opera corale; fu il suo primo approccio a un hobby chesarebbe diventato la sua passione e l’avrebbe impegnata per moltianni.

Hawking aveva un ufficio con l’aria condizionata e tutto il campusdel Caltech era dotato di rampe per i disabili. Si crogiolava nellacompagnia di altri eminenti ricercatori e pranzava come graditoospite d’onore nelle Case degli studenti. Il California Institute ofTechnology era ed è uno dei più grandi centri mondiali per lo studio ela ricerca nel campo della fisica; come istituzione è più piccolo diCambridge od Oxford, ma tra i professori ci sono molti dei piùstraordinari accademici del mondo, leader indiscussi nei loro campi.L’abbondanza di nuovi colleghi e di idee stimolanti portò l’interesse diHawking su aree che non aveva mai esplorato prima, e lo guidò versonuovi modi di affrontare quei problemi su cui stava già lavorando. Fuqui che incontrò per la prima volta Don Page, allora specializzando alCaltech, che avrebbe avuto un ruolo importante nel suo futuro.Quell’anno, Page e Hawking scrissero un articolo in cui si ipotizzavache l’esplosione dei buchi neri primordiali avrebbe potuto essereosservata sotto forma di lampi di raggi gamma.23 Anche i dueleggendari arcirivali Richard Feynman e Murray Gell-Mann erano alCaltech, e Hawking seguì le loro lezioni. Anche se non eranocosmologi bensì scienziati d’avanguardia nella fisica delle particelle,Hawking stava scoprendo di aver sempre più bisogno di quest’ultimaper procedere nel suo studio dei buchi neri, e qui aveva davantiun’opportunità dal valore inestimabile. Avrebbe presto sfruttato inmodo nuovo l’idea di Feynman della «somma sulle storie» esplorandole possibilità per descrivere l’origine dell’universo. In quello stessoanno, Jim Hartle – che Hawking aveva incontrato a Cambridge e chesi trovava all’università della California di Santa Barbara – trascorseun certo periodo al Caltech e i due lavorarono insieme per mettere apunto quella descrizione della radiazione di Hawking che avete lettonel capitolo 6.24

Hawking non trascorse l’intero anno sempre a Pasadena. Pocoprima di Natale, si unì all’amico e collega George Ellis per parteciparea un convegno a Dallas e, nel mese di aprile, venne invitato a Romaper ricevere da papa Paolo VI la medaglia di Pio XII, assegnata «a un

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giovane scienziato per il suo brillante lavoro». Hawking era ansioso divedere, nella Biblioteca vaticana, il documento in cui Galileo avevaritrattato, sotto fortissima pressione e minaccia di tortura, la sua tesisecondo cui la Terra ruotava attorno al Sole; colse anche l’occasioneper chiedere che la Chiesa cattolica si scusasse ufficialmente per ilcaso di Galileo, che tre secoli e mezzo prima aveva trattato in modocosì ingiusto. Quelle scuse non si sarebbero fatte attendere a lungo.

Fu in California che Hawking iniziò a riflettere seriamente su unproblema che per molti anni lo avrebbe messo ai ferri corti con alcunidei suoi colleghi: la perdita di informazione nei buchi neri.Esamineremo più avanti il significato del termine «informazione» inquesto contesto; per ora, limitatevi a vederla come qualcosa che ha ache fare con tutto ciò che è entrato a far parte del buco nero quandosi è formato e tutto ciò che vi è caduto dentro in seguito. In chemisura questa perdita può ritenersi irrevocabile? Che implicazionipotrebbe avere per la nostra capacità di comprendere l’universo e difare predizioni? Potrebbe davvero rappresentare la perdita di validitàdella fisica? Hawking diede proprio questo titolo a un articolo chescrisse in quell’anno, Breakdown of Physics in Gravitational Collapse (Ilvenir meno della validità della fisica nel collasso gravitazionale).Quando venne infine pubblicato, nel novembre del 1976, avevacambiato il titolo in qualcosa di meno scioccante (almeno finché nonci fermiamo a rifletterci sopra): Breakdown of Predictability inGravitational Collapse (Il venir meno della predicibilità nel collassogravitazionale).25

E, com’è ovvio, c’era Kip Thorne, il caro amico e collega che avevacontribuito fattivamente a rendere possibile questo soggiorno. Thornee Hawking apposero le loro firme (Stephen l’impronta del pollice) suun documento che registrava la loro prima famosa scommessa, se ilsistema stellare binario Cygnus X-1 contenesse o meno un buco nero.

«Penthouse» contro «Private Eye»

Le origini della scommessa di Hawking e Thorne risalivano al 1964,prima ancora che John Wheeler avesse coniato il termine «buco nero».Quell’anno, Yakov Zel’dovich e il suo specializzando Oktay Guseinov,dell’Istituto di matematica applicata di Mosca, iniziarono a mettereinsieme gli elenchi di molte centinaia di sistemi stellari binari che gli

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astronomi avevano in precedenza osservato e catalogato; stavanocercando delle stelle così massive e dense da poter essereprobabilmente soltanto buchi neri. La ricerca di possibili buchi neriera così iniziata, e non si trattava certo di un’impresa facile: questicandidati sono infatti, per loro stessa natura, invisibili ai telescopiottici.

Per comprendere che cosa sono i sistemi stellari binari e perchésono un buon posto dove cercare i buchi neri, immaginatevi una scenadescritta da John Wheeler. In una sala da ballo debolmenteilluminata, le donne indossano tutte abiti bianchi; alcuni degli uominisono vestiti a loro volta di bianco, ma qualcun altro porta un abito dacerimonia nero. Ora, se saliamo in galleria e osserviamo dall’alto lecoppie mentre ballano un valzer, sappiamo che in ogni coppia ci sonodue persone, ma in alcuni casi ne riusciamo a vedere soltanto una, ladonna in bianco.

Un sistema stellare binario consiste in due stelle che ruotano l’unaattorno all’altra, come l’uomo e la donna in una delle coppie danzantidi Wheeler. In alcuni sistemi binari, però, possiamo vedere soltantouna stella. E come facciamo allora a sapere che ce ne sono due? Nellasala da ballo, guardando come si muove la donna visibile, risultapiuttosto chiaro che deve avere un partner; in modo analogo,studiando i movimenti di alcune stelle, è possibile concludere che nonsono sole.

Il fatto di vedere una stella apparentemente solitaria che si muovecome se avesse una compagna non significa però che ci debba essereper forza un buco nero: la partner invisibile potrebbe infatti ancheessere una piccola, fioca stella di bassa temperatura (una nana biancao una stella di neutroni). Calcolare la massa di queste stelle è unlavoro complicato, e la massa è un dato di vitale importanza quandocerchiamo di determinare se qualcosa sia o meno un buco nero. Basticomunque dire che, negli anni Sessanta, gli astronomi stavanoiniziando a cercare di escogitare dei metodi ingegnosi per ricavarequesta informazione dai movimenti della stella visibile.

Nel 1966, Zel’dovich e un altro suo collega, Igor Novikov, deciseroche per identificare dei forti candidati alla qualifica di buco nerosarebbe stato necessario usare sia i telescopi ottici sia i rilevatori diraggi X. L’osservazione dei raggi X indica la presenza di una sorgentedi notevole energia che alimenta la loro emissione, e la caduta di

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materia verso un buco nero o una stella di neutroni è uno dei migliorimodi conosciuti per liberare energia. In un sistema binario, questo èciò che accade quando la stella molto densa (o il buco nero) strappavia della materia dalla sua stella compagna. Così, i ricercatori simisero alla ricerca di sistemi binari dove una stella si mostrasse moltoluminosa nella parte visibile dello spettro, ma risultasse oscura nellaparte dei raggi X, mentre la sua compagna fosse oscura nella partevisibile dello spettro ma risplendesse in quella dei raggi X.

Cygnus X-1 era un candidato molto promettente. Qui c’era infattiun sistema binario dove una stella luminosa sul piano ottico maoscura su quello dei raggi X orbita assieme a una compagna cherisulta oscura sul piano ottico ma risplende su quello dei raggi X.Questo sistema si trova nella nostra galassia, a circa 6000 anni lucedalla Terra. Le due stelle completano un’orbita in 5-6 giorni. Untelescopio ottico rivela ciò che sembra essere una gigante blu, troppodebole per essere individuata a occhio nudo. Gli studi sull’effettoDoppler nella sua luce mostrano che deve avere una compagna; quellacompagna è Cygnus X-1, che risulta del tutto invisibile ai telescopiottici ma è uno degli oggetti più luminosi nella volta celeste seconsideriamo lo spettro dei raggi X. Le emissioni di raggi X fluttuanoin modo violento e caotico, come ci si aspetta quando la materia cadeverso un buco nero o una stella di neutroni. La massa di Cygnus X-1misura come minimo 3 masse solari, ma probabilmente supera le 7masse solari e l’ipotesi più verosimile è che ne raggiunga all’incirca16. Nel dicembre del 1974, il margine di incertezza nei calcoli dellasua massa rese possibile la scommessa fra Hawking e Thorne: CygnusX-1 era un eccellente candidato alla qualifica di buco nero, ma gliesperti erano sicuri solo all’80 per cento che si trattasse proprio diquesto e non di una stella di neutroni.

I termini della scommessa erano che se Cygnus X-1 si fosse rivelatoun buco nero, Hawking avrebbe regalato a Thorne un abbonamentoper un anno alla rivista «Penthouse», mentre in caso contrario Thorneavrebbe regalato a Hawking un abbonamento per quattro anni a«Private Eye». Hawking definì la sua sorprendente scommessa contro ilfatto che Cygnus X-1 fosse un buco nero come una sorta di «polizza diassicurazione»: «Io ho lavorato molto sui buchi neri e sarebbe tuttotempo sprecato se risultasse che i buchi neri non esistono. In tal casoavrei però la consolazione di aver vinto la scommessa».26 Il

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documento della scommessa venne incorniciato e appeso alla paretedell’ufficio di Thorne al Caltech, in attesa dei progressi della scienza.

Purtroppo, mentre l’anno in California stava per finire, Jane fu dinuovo colta da quelle sensazioni di depressione, inadeguatezza escarsa autostima che l’avevano perseguitata a Cambridge. Cominciò ariconsiderare il turbine sociale di quell’anno a Pasadena e lointerpretò come una sorta di frenetica evasione da questi problemi;sentiva di esser caduta facile preda della tesi del movimento diliberazione femminile secondo cui una donna che non lavorava fuoricasa doveva considerare la propria vita un fallimento, mancandoleuna realizzazione personale.27 Jane concluse che questa era di fatto lasensazione prevalente fra le mogli disoccupate dei professori cheaveva incontrato: le uscite con loro ai musei, alle gallerie d’arte e ateatro le sembravano ora soltanto i tristi, benevoli tentativi di questedonne di rimediare allo squallore delle loro vite e della sua. Un’amicariflessiva e perspicace, riconoscendo Jane per la donna eccezionaleche in effetti era – e forse accorgendosi che non era in grado direndersene conto da sola –, il giorno in cui Stephen ricevette lamedaglia papale, le consegnò una spilla di madreperla, dicendole cheanche lei si meritava un riconoscimento.28

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«Di solito gli scienziati presumono che ci sia una corrispondenzaunica fra il passato e il futuro, causa ed effetto. Se l’informazione

si perde, però, le cose non stanno così»

Tornati a Cambridge dal soggiorno californiano, gli Hawking sistabilirono nella loro nuova casa in West Road. Dopo un anno in cuisi era abituato a una carrozzina elettrica e veloce, che poteva essereusata sia in casa sia fuori, per Stephen non c’era verso di tornareindietro; il ministero della Sanità, però, respinse la sua richiesta di unmodello simile, cosicché, per averlo, dovettero dar fondo ai lororisparmi.

Con questo nuovo veicolo, il suo tragitto quotidiano fino al DAMTP,in Silver Street, durava una decina di minuti; Hawking, però, nonimboccava la via più breve, ma preferiva un percorso più piacevole emeno trafficato. Seguiva un sentiero alberato che procedeva curvo peril King’s College e lo conduceva attraverso i Backs, con le mucche alpascolo e i prati perfettamente falciati, superando il corso d’acqua suun ponte di pietra a schiena d’asino dietro alla cappella del King’sCollege. Da lì aveva due alternative: poteva prendere un ingressolaterale dal King’s e, seguendo una stradina poco battuta, Queens’Lane, spostarsi sotto l’ombra degli imponenti cancelli medievali delQueens’ College per arrivare a Silver Street; oppure poteva uscire dalKing’s dal cancello principale sbucando nell’affollata King’s Parade eda lì girare a destra per raggiungere Silver Street. In un caso onell’altro, l’attraversamento di quest’ultima strada, stretta e trafficata,aggiungeva un pizzico di rischio e di eccitazione a un tragittoaltrimenti tranquillo. Alle spalle del suo edificio c’era la rampad’accesso di cui si serviva. Si organizzava per arrivare alle 11 circa. Avolte Alan Lapades, il nuovo specializzando che gli faceva daassistente, lo accompagnava, ma spesso e volentieri Hawking andavada solo; la sua carrozzella all’avanguardia gli garantiva un’ottimaindipendenza.

Nell’autunno del 1975 Hawking era giunto al termine dei sei anni

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del suo assegno di ricerca al Caius. Pur non essendo in grado di farlezione era un ottimo mentore, disponibile a discutere con i suoistudenti così a lungo che qualche collega si chiedeva come riuscisse asvolgere anche il proprio lavoro. L’università di Cambridge mise finealle voci secondo le quali avrebbe potuto emigrare per sempre negliStati Uniti offrendogli un posto di docente incaricato e anche unasegretaria, Judy Fella. La vivace e affascinante Judy era un recenteacquisto del DAMTP e si rivelò una manna dal cielo per Stephen e suamoglie. La presenza di una segretaria sollevò Jane dal peso di tutto illavoro che in precedenza doveva svolgere per organizzare gli impegnidi Hawking e prenotare i viaggi; poté così tornare a dedicarsi alla suatesi a lungo trascurata e, seguendo i suoi nuovi interessi musicali,iniziò a prendere lezioni di canto.

Nell’estate del 1975, gli automezzi della BBC si ammassarono nelcortile degli Hawking in West Road e riempirono di cavi la casa perrealizzare un documentario su Stephen, The Key to the Universe («Lachiave dell’universo»), spingendosi anche a Silver Street per filmare unseminario al DAMTP. Queste invasioni dei media, che si sarebberoripetute più e più volte in futuro, passavano sopra a ogni altrointeresse e priorità di colleghi, studenti, staff e familiari; con il passaredegli anni sarebbero diventate una seccatura, ma le prime volte eranomolto eccitanti.

L’idea di Jane di far venire a vivere con loro uno specializzandostava funzionando bene, e Hawking non vedeva l’ora di avere comeassistente Don Page, che aveva conosciuto al Caltech. Page non erasolo diventato un suo amico intimo, ma era anche un fisico moltopromettente che stava finendo il suo Ph.D. e iniziava a pensare alpost-dottorato; Hawking lo aiutò a ottenere un assegno di ricercatriennale della NATO. Poco prima di Natale del 1975, questo giovanemolto alto e dalla voce squillante entrò a far parte della famiglia diWest Road.

Per Hawking, che era un agnostico tendente all’ateismo, Donrappresentava una scelta curiosa: intellettualmente brillante,scrupolosamente morale, devotamente e apertamente religioso. Neltragitto da e per Silver Street non si limitava a parlare di questioni difisica, ma spesso portava la discussione su ciò che aveva letto quellamattina nella Bibbia. Stephen parava i colpi con qualche amichevolepunzecchiatura scettica, ma rispettava le opinioni e la fede di Don,

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che sarebbe rimasto un suo amico personale e un collaboratoreaccademico di grande valore per molto tempo dopo la conclusione delsuo periodo di assistenza come studente.

Con Judy Fella in ufficio e Don Page a casa, Jane si era sgravatadalle spalle parte della responsabilità verso il marito. Per la primavolta in molti anni, nell’estate del 1977, Stephen fece un viaggio senzadi lei: Page lo accompagnò in un nuovo soggiorno di diversesettimane al Caltech.

Fu più o meno in questo periodo che Hawking e altri membri dellaRoyal Society vennero invitati a Londra per la cerimonia diammissione del principe Carlo. Il principe rimase incuriosito dallasedia a rotelle di Hawking e lui, mentre faceva qualche giro permostrargli le possibilità di quel modello all’avanguardia, gli passò connoncuranza su un piede. Ben presto circolò la voce che questo tipo diincidente non era sempre accidentale e, alla fine, si sparse la diceriache uno dei maggiori rimpianti nella vita di Hawking fosse di nonaver mai avuto l’occasione di passare sui piedi di Margaret Thatcher.Se una persona lo infastidiva, si diceva, veniva presa a bersaglio. «Unavoce maligna» afferma Hawking. «Investirò chiunque la diffonda.»1

Nell’autunno del 1977, solo due anni dopo la nomina a docenteincaricato, l’università di Cambridge promosse Hawking a unacattedra in fisica gravitazionale, con un più che gradito aumento distipendio. Aveva ora il titolo formale di «professore», unriconoscimento che a Cambridge e nella maggior parte delleuniversità inglesi viene attribuito molto più di rado che non in quelleamericane.

Nel dicembre del 1977, quando Jane entrò nel coro della St Mark’sChurch di Barton Road per la stagione musicale natalizia, incontrò perla prima volta Jonathan Hellyer Jones, il giovane organista. Jonathan,un musicista di talento di parecchi anni più giovane di Stephen eJane, aveva di recente perso la moglie a causa della leucemia, dopoun solo anno di matrimonio. La casa degli Hawking divenne per lui unrifugio: entrambi i coniugi gli erano di grande sostegno emotivo, maanche lui dava il proprio contributo alla famiglia, insegnando a Lucy(che aveva sette anni) a suonare il piano e aiutando Stephen a farfronte alle necessità pratiche. Jane entrò nella parrocchia di St Mark;inoltre, riuscì infine a trovare il tempo per mettersi a lavorareseriamente all’ultimo capitolo della sua tesi.

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Era forse inevitabile che questo giovane, intimamente egenerosamente legato alla famiglia, una manna dal cielo per Jane –che lottava per tenere il passo con tutti i suoi impegni di badante,casalinga, dottoranda e madre –, con la quale condivideva anche lafede religiosa e l’amore per la musica, avrebbe finito per diventare piùdi un amico servizievole. Quando fra i due nacque un legamesentimentale, Jane, con l’onestà che la caratterizzava, non lo tennenascosto a Stephen; quest’ultimo, a quanto pare, accettò il fatto,limitandosi a dire – come scrisse Jane – che «finché avessi continuatoad amarlo, non avrebbe obiettato nulla».2 Dopo questo chiarimento idue coniugi non tornarono quasi più sull’argomento. Jane e Jonathannon se ne andarono, e la loro relazione rimase per molto tempoplatonica: scelsero di «mantenere il nostro codice di condotta davantia Stephen e ai bambini, evitando le manifestazioni di intimità.Jonathan e io avevamo lottato con le nostre coscienze decidendoinfine che il bene maggiore – la sopravvivenza della famiglia, il dirittodi Stephen di vivere a casa assieme alla sua famiglia unita, e ilbenessere dei bambini – era più importante del nostro rapporto».3 Illoro segreto era custodito così bene che solo una piccola cerchia diparenti e amici ne erano a conoscenza; per quanto riguarda Hawking,qualunque dolore gli potesse aver causato questo rapporto, non nefece mai parola.

Nell’autunno del 1978, Jane era di nuovo incinta. Potendo contaresul sostegno di Don Page, Judy Fella e Jonathan, decise di darsi unascadenza per finire la tesi prima della nascita del bambino, previstaper la primavera: adesso o mai più, si era detta. In inverno misebrevemente da parte il lavoro per organizzare un concerto dibeneficenza finalizzato a raccogliere fondi per la neonataAssociazione per la malattia dei motoneuroni, di cui Stephen era unodei patrocinatori. Jane stava iniziando a diventare una figura dispicco nel mondo musicale di Cambridge.

Il terzo figlio degli Hawking, Timothy, nacque ad aprile, il giorno diPasqua. Hawking e Werner Israel avevano da poco celebratol’anniversario di un’altra nascita avvenuta un secolo prima, quella diAlbert Einstein (14 marzo 1879), invitando i colleghi a presentaredegli articoli per un libro sulle attuali ricerche legate alla relativitàgenerale. L’introduzione lasciava presagire il tema discusso daHawking nella sua lezione inaugurale come professore lucasiano,

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commentando «il sogno di Einstein di una teoria coerente e completain grado di unificare tutte le leggi della fisica».4

Tra la metà e la fine degli anni Settanta, Hawking fu insignito didiversi importanti riconoscimenti e lauree ad honorem internazionali,tra cui la medaglia Hughes della Royal Society, per «un’originalescoperta nelle scienze fisiche» e per «i ragguardevoli contributiall’applicazione della relatività generale all’astrofisica». Nel 1978, poi,ricevette l’ambito premio Albert Einstein del Lewis and Rosa StraussMemorial Fund, negli Stati Uniti (un premio che non viene assegnatoogni anno e che in America rappresenta il riconoscimento piùprestigioso per un fisico). Una delle lauree ad honorem, nell’estate del1978, gli venne conferita dalla sua alma mater, Oxford. Ma ilriconoscimento più importante di tutti, per il futuro di Hawking,giunse nell’autunno del 1979, quando l’università di Cambridge gliconferì il venerabile titolo di professore lucasiano di matematica. Allafine, era riuscito ad avere un ufficio privato. L’imponente tomo in cuiogni nuovo professore dell’università scrive il proprio nome gli venneportato lì soltanto un anno dopo; per qualche motivo, questaformalità era stata dimenticata. «Firmai con una certa difficoltà. Èstata l’ultima volta che ho apposto la mia firma.»6

Tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera del 1980, labattaglia di Hawking per mantenere la propria indipendenza entrò incrisi. Martin Rees, allora titolare di un’altra prestigiosa cattedra diCambridge – era professore plumiano di astronomia –, conosceva gli Hawking fin da prima del loro matrimonio e avevaosservato da vicino sia la strabiliante crescita del successoprofessionale di Stephen, sia il suo inesorabile declino fisico. Nel tardoinverno o all’inizio della primavera, chiamò Jane per fare unachiacchierata con lui all’istituto di fisica. Durante l’inverno un bruttoraffreddore aveva causato a Stephen serie complicazioni, anche Janesi era ammalata e la convalescenza si era rivelata particolarmentelenta. Così, su raccomandazione del medico di famiglia, era entratoper un breve periodo in una casa di cura finché entrambi non sifurono ristabiliti. Rees temeva che questa sarebbe stata solo la primadi una lunga serie di episodi in cui gli Hawking non sarebbero stati ingrado di farcela senza ricorrere a un aiuto esterno; pertanto si offrì diaiutare Jane a trovare i fondi per pagare un servizio di assistenzadomiciliare a ore.

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Per Hawking questa prospettiva era qualcosa di inconcepibile:accettare avrebbe significato arrendersi alla propria malattia e aprirela propria vita a un’intrusione impersonale e sgradita. Sarebbediventato un paziente. Tuttavia, dopo qualche riflessione, cambiòidea. In fondo, ci sarebbero stati dei vantaggi: sarebbe stato molto piùlibero di viaggiare, senza dover dipendere sempre dalla moglie, dagliamici e dai suoi studenti. Quella che all’inizio aveva considerato comeuna perdita di autonomia avrebbe invece potuto essere un beneficio.

La supergravità N = 8

La lezione inaugurale lucasiana di Hawking, Is the End in Sight forTheoretical Physics? («Ci stiamo avvicinando alla fine della fisicateorica?»), da cui questo libro ha preso le mosse, si tenne il 29 apriledel 1980. Come principale candidata per il ruolo di Teoria del Tutto,in quella lezione Hawking scelse la supergravità N = 8; non era unadelle sue teorie, ma a lui e a numerosi altri fisici sembrava moltopromettente. La supergravità era nata dal concetto di supersimmetria,una teoria che ipotizza che tutte le particelle a noi note abbiano deipartner supersimmetrici, ossia delle particelle con la stessa massa macon «spin» differente.

In Dal Big Bang ai buchi neri, Hawking afferma che un buon modoper pensare al significato dello spin consiste nell’immaginare unaparticella come una trottola e chiedersi quale aspetto assuma quandola facciamo ruotare. Una particella con spin 0 è come un punto:appare sempre uguale da qualsiasi direzione la si guardi,indipendentemente da come la giriamo. Una particella con spin 1,invece, è come una freccia: dobbiamo farle fare una rivoluzionecompleta (360 gradi) perché appaia con lo stesso aspetto che avevaall’inizio. Una particella con spin 2 è come una freccia con due punte(una a ciascuna estremità): affinché riprenda l’aspetto iniziale, basteràfarle compiere mezza rivoluzione (180 gradi). Fin qui sembra tuttoabbastanza semplice, ma ora arriva qualcosa di un po’ più bizzarro, leparticelle con spin ½ (o spin semi-intero): queste ultime, infatti,devono compiere due rivoluzioni complete prima di tornare alla loroconfigurazione iniziale.

Nel capitolo 2, abbiamo visto che ogni particella a noi notanell’universo è un fermione (le particelle che costituiscono la materia)

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o un bosone (le particelle «messaggere» della forza). Tutti i fermioniche conosciamo hanno spin ½; un elettrone, per esempio, dovràcompiere due rivoluzioni prima di ritornare alla sua configurazioneoriginale. I bosoni, dal canto opposto, hanno tutti come spin unnumero intero: i fotoni, i bosoni W e Z e i gluoni hanno spin 1,ritornando alla loro configurazione originale dopo una rivoluzionecompleta (come nel caso della freccia con punta singola).Teoricamente, il gravitone dovrebbe invece avere spin 2, tornando allasua configurazione originale dopo aver compiuto mezza rivoluzione(come nel caso della freccia con due punte).

La teoria della supersimmetria propone un’unificazione dellamateria e delle forze della natura ipotizzando l’esistenza di un«partner supersimmetrico» per ciascuna di queste particelle, dove ognifermione avrebbe come partner un bosone e ogni bosone un fermione(un po’ come nel corteo alla fine di un matrimonio vecchio stile cheunisce due famiglie fino ad allora ostili, dove ogni damigella escetenendosi a braccetto con un gentiluomo dell’altro clan). I nomi sceltiper i partner dei bosoni hanno un suono latino: l’ipotetico partnersupersimmetrico del fotone è stato battezzato fotino e quello delgravitone, gravitino. Per quanto riguarda i fermioni, i nomi dei loropartner supersimmetrici sono stati tutti ottenuti tramite la sempliceaggiunta di una «s»: abbiamo così il selettrone e lo squark.

Quando Hawking tenne la sua lezione lucasiana c’erano incircolazione diverse versioni della supergravità. La supergravità N =8 aveva il vantaggio di essere l’unica che funzionasse in quattrodimensioni (tre di spazio e una di tempo); inoltre, pur richiedendol’introduzione di un buon numero di particelle non ancora scoperte,non ne richiedeva infinite, a differenza di quanto accadeva in altritentativi di formulazione di una teoria della gravità quantistica. Ilnome «N = 8» veniva dal fatto che in questa teoria il gravitone nonha un solo partner supersimmetrico, bensì otto; pur essendo unsistema un po’ sgraziato da sposare, in teoria funzionava bene.

Non molto tempo dopo la lezione lucasiana, Hawking e altricompresero quanto fosse difficile fare qualunque calcolo usandoquella che sembrava una teoria così promettente. Oltre al gravitone eagli otto gravitini, c’erano 154 altri tipi di particelle. La conclusionegenerale era che, anche adottando un computer, per terminare uncalcolo – assicurandosi di aver tenuto conto di tutte le particelle,

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cercando gli infiniti eventualmente ancora nascosti da qualche parte eaccertandosi di non aver commesso errori – ci sarebbero voluti circaquattro anni!

Un ulteriore problema era dato dal fatto che fino ad allora non eramai stata osservata nessuna di queste particelle supersimmetriche, unalacuna che sembrava probabilmente destinata a protrarsi in futuro.Infatti, anche se la teoria dice che tali particelle hanno la stessa massadei loro partner «normali», questa simmetria (nel mondo chepossiamo osservare) si è «rotta», lasciandoci così delle particellesupersimmetriche che risultano centinaia o anche migliaia di volte piùmassive; pertanto, l’energia richiesta per scoprirle in laboratoriosarebbe tremendamente elevata. Più avanti, ritorneremo sul concettodi «rottura della simmetria» considerandolo in un altro contesto.

Il «campo di Higgs», proposto nel 1964 da Peter Higgs(dell’università di Edimburgo), pervade ipoteticamente l’interouniverso ed è responsabile di quella rottura della simmetria che rendecosì difficile la scoperta sperimentale dei partner supersimmetrici; daesso, inoltre, dipendono le masse delle particelle più familiari. Se lateoria è corretta, il campo di Higgs dovrebbe mostrarsi come la«particella di Higgs», con spin 0; quest’ultima, a sua volta moltomassiva, non è mai stata osservata, ma, qualora esistesse, potrebbeessere possibile scoprirla grazie alle alte energie raggiunte nel grandecollisore di adroni (LHC, Large Hadron Collider) del CERN di Ginevra,sul confine svizzero-francese. Una delle famose scommesse diHawking è che questa particella non verrà trovata; una possibilità chelo interessa maggiormente è che l’LHC riesca a scoprire qualchepartner supersimmetrico, o magari a produrre un mini buco nero.

Nella primavera del 1980, quando Hawking tenne la sua lezionelucasiana, Jane si stava preparando per l’esame orale del dottorato, incalendario per giugno. Nessuno rimase sorpreso quando lo superò.Avrebbe ricevuto ufficialmente il titolo soltanto nell’aprile 1981, maora che il suo conseguimento era ormai diventato una certezza, iniziòa impartire lezioni private di francese ai bambini del posto e, quindi,a lavorare part-time presso il Cambridge Centre for Sixth FormStudies, che aiutava gli studenti degli ultimi due anni delle superiori(sixth form) a superare gli esami e a essere ammessi all’università.6Poco tempo dopo, con il titolo in mano, cominciò a insegnare allesuperiori. L’inizio della sua carriera professionale fu forse modesto,

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dopo tutti gli anni di lavoro per finire la tesi; e c’era ancora unascoraggiante voragine tra i suoi risultati intellettuali, sia purconsiderevoli, e il successo molto più grande ottenuto dal marito.Ciononostante, «una parte di me si sente realizzata,» disse «quellaparte che mi sembra di aver represso per lungo tempo, e la cosameravigliosa è che questo è del tutto compatibile con ciò che succedea casa».7

Tim muoveva i primi passi, Robert frequentava con profitto la PerseSchool e Lucy era diventata una delle allieve preferite nella sua scuolaelementare. La prima volta che sentii il nome di uno degli Hawking fuin un commento della preside della Newnham Croft Primary School,la quale mi disse che mia figlia – che aveva allora sei anni – lericordava Lucy Hawking, una frase che intendeva ovviamente essereun complimento. Quando incontrai Lucy, scoprii che era vero. Avevaormai finito da tempo le elementari, ma era tornata per una visita edava una mano in cortile con i bambini più piccoli; era una sedicenneraggiante, bionda, dalla pettinatura curata, intelligente e ditemperamento, con una riflessività e una compostezza che andavanooltre la sua età. Disse che suo padre era un fisico di Cambridge, mache lei sperava di andare a studiare a Oxford, perché aveva vissuto aCambridge per tutta la vita e voleva cambiare aria. Duranteun’intervista, Lucy dichiarò di non essere come suo padre: «Non sonomai stata brava nelle scienze. Riuscivo persino ad andare male inmatematica, il che era un po’ imbarazzante».8 Era però una bravastudentessa e violoncellista. È improbabile che qualcuno abbia maiscommesso un sacchetto di caramelle sul suo successo o su quello deisuoi fratelli.

Problemi nell’attico

L’anno trascorso al California Institute of Technology nel 1974-75 erastato un tale successo dal punto di vista di Hawking e da quello deisuoi ospiti che, in seguito, quasi ogni anno prese l’abitudine di tornarea Pasadena per un mese; a tal fine, il Caltech rinnovò ed estese il suoSherman Fairchild Distinguished Scholar.

Intorno al 1980, Kip Thorne aveva notato un cambiamentonell’atteggiamento di Hawking verso la propria ricerca, riassunto inuna frase che lo stesso Stephen gli aveva rivolto: «Preferirei essere nel

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giusto piuttosto che essere rigoroso». Questa affermazione alquantoenigmatica si riferiva al fatto che in genere i matematici non sonosoddisfatti finché non trovano una solida dimostrazione matematicadella correttezza della loro tesi. Anche Hawking, negli anni Sessanta eSettanta, ragionava così; ora, però, stava dicendo che un rigore diquesto tipo non è necessariamente la via migliore per arrivare a essere«nel giusto», in quanto potrebbe indurci a concentrarci solo sui singolialberi col rischio di perdere di vista l’intera foresta, il quadro globaledella situazione. Era diventato più congetturale: una volta che erasicuro di qualcosa – mettiamo – al 95 per cento, passava oltre.«Ostinatamente intuitivo» lo descriveva il giornalista del «New YorkTimes» Dennis Overbye.9 Anche se l’intuizione di Hawking coglievaspesso nel segno, per lui la ricerca della certezza aveva ceduto il passoalla ricerca dell’«alta probabilità per muoversi rapidamente verso loscopo finale che è quello della comprensione della naturadell’universo».10

In California, Hawking aveva allargato i propri orizzonti oltre LosAngeles e Pasadena. Gli piacevano le ripide strade di San Francisco ele opportunità che offrivano a uno scavezzacollo alla guida di unacarrozzina motorizzata; l’abitudine di guidare in modo spericolato, dicui aveva dato prova a Jane quando l’aveva accompagnata al ballo dimaggio del Trinity Hall, nel 1963, non lo aveva abbandonato. Il suocollega Leonard Susskind ricorda quando si piazzò in cima a uno deitratti di maggior pendenza – tale da far rabbrividire gli automobilistiper il timore che i freni non ce la facessero o che l’auto si cappottassein avanti – e quindi, dopo aver salutato i suoi compagni con uno deisuoi sorrisi diabolici, sparì, lanciandosi giù a tutta velocità, quasi incaduta libera. Quando lo raggiunsero in fondo, lo trovarono chesogghignava soddisfatto, chiedendo che lo accompagnassero su unacollina più ripida.11

Fu a San Francisco che, nel 1981, Hawking fece un annuncio chesconvolse i colleghi fisici ben più delle sue sconsiderate prodezze sullestrade cittadine. Il luogo era senza dubbio eccentrico: l’attico dellamagione di Werner Erhard, fondatore di una forma di psicologiapopolare chiamata EST (Erhard Seminars Training). L’EST si rivolgevaa persone che si lamentavano di avere poca fiducia in se stesse ederano pronte a sborsare parcelle di diverse centinaia di dollari incambio di un aiuto. I seminari contemplavano delle sessioni intensive

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di due settimane a cui partecipavano anche mille persone per volta; lesedute di terapia, che si tenevano nelle sale da ballo degli hotel,potevano essere autoritarie, degradanti e violente sia sotto il profilofisico sia sotto quello verbale. Gli organizzatori promettevano aipartecipanti che avrebbero sperimentato, almeno temporaneamente,una trasformazione personale e ne sarebbero emersi illuminati, sicuridi sé ed estroversi. Per qualcuno funzionava.

Erhard aveva fatto una fortuna con questi suoi metodi. Era ancheun appassionato di fisica e sfruttava la sua ricchezza per coltivarel’amicizia di numerosi scienziati di spicco (che non mancavano certodi fiducia in se stessi), tra cui Richard Feynman. Oltre a offrire ai suoiospiti cene raffinate, aveva anche predisposto l’attico della sua dimoraper tenere dei piccoli, esclusivi convegni di fisica che finanziava ditasca sua. Pur essendo il padre di una psicologia condannata daicritici come violenta e priva di fondamento, Erhard era un uomopiacevole, interessante ed estremamente intelligente; i fisici d’élitesceglievano di ignorare il primo lato della sua personalità godendosi ilsecondo e, quando offriva loro qualcosa, non si tiravano indietro.12

Quando fece il suo annuncio durante uno di questi convegninell’attico di Erhard, nel 1981, Hawking era ancora in grado diparlare con la sua voce, anche se ormai da diversi anni solo chi loconosceva bene riusciva a comprendere ciò che diceva. Il suointerprete, in questa occasione, era un giovane ricercatore del DAMTP,Martin Rocek, che in seguito si sarebbe fatto un nome nel campo dellateoria delle stringhe e della supersimmetria. Rocek, che avevaaccompagnato Hawking nel suo viaggio in California, riusciva inqualche modo a capire le sue parole, sia pure a fatica, e a ripeterlechiaramente a beneficio degli altri. I filmati che riprendono questoprocesso mostrano come richiedesse un terribile sforzo. Nella maggiorparte delle lezioni – come la sua lezione lucasiana –, l’assistente diHawking teneva il discorso mentre lui «si limitava a stare seduto,aggiungendo qualche breve commento se uno studente dicevaqualcosa di sbagliato».13 Tuttavia, nonostante la natura un po’bizantina di questo processo, l’annuncio fatto da Hawking nell’atticodi Erhard era fin troppo chiaro.

Dopo circa quindici anni in cui aveva concentrato la sua attenzionesui buchi neri, era giunto a equazioni di straordinaria semplicità echiarezza: «I risultati di questo tipo» avrebbe commentato «sono così

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eleganti che devono essere per forza veri. Essi ci mostrano che allabase della natura c’è una profonda unità».14 Nel 1981, non c’era quasipiù nessuno che mettesse in dubbio la radiazione di Hawking. Lui,però, aveva iniziato a comprendere – almeno a partire dal suo annosabbatico a Pasadena, nel 1974-75 – che nel cuore delle equazioni chestavano intorno a quella scoperta era nascosto un paradosso cheminacciava di minare l’intera fisica. Esso aveva a che fare con laperdita di informazione nei buchi neri e la minaccia che questaperdita poneva per uno dei princìpi fondamentali della fisica, la leggedi conservazione dell’informazione, che ci dice che l’informazione nonpuò mai andare persa dall’universo.

È importante comprendere il significato del termine «informazione»in questo contesto. Potete pensare a questa informazione perdutacome l’informazione su tutto ciò che è entrato a costituire il buconero al momento della sua formazione e tutto ciò che vi è cadutodentro in seguito. Ma che cosa intendono i fisici teorici per«informazione»? L’indizio sta nelle parole «l’informazione codificatanelle particelle che costituiscono l’universo».

La storia dello studio dei buchi neri ci offre un esempio che ci aiutaa capire che cosa intende un fisico teorico per «informazione». Nel suolibro La guerra dei buchi neri, Leonard Susskind racconta unesperimento mentale (simile a quelli di Einstein) condotto da JacobBekenstein mentre stava riflettendo sul problema dell’entropia di unbuco nero (come ricorderete, nel 1972 le proposte di Bekensteinavevano rappresentato una sfida per Hawking). È difficile immaginareche qualcosa possa portare in un buco nero meno informazione di unsingolo fotone che vi cade dentro, ma di fatto un fotone reca con séuna discreta quantità di informazione; e – cosa più importante, nellaprospettiva del ragionamento di Bekenstein – porta nel buco nerol’informazione sul punto in cui vi è caduto.

Nel suo esperimento mentale, Bekenstein voleva considerare unaquantità di informazione ancora più piccola: intendeva ridurla a unsingolo «bit», un’unità di informazione – suggerita da John Wheeler –che ha la più piccola grandezza possibile nell’universo (una distanzaquantistica, calcolata da Max Planck all’inizio del XX secolo). A talfine, Bekenstein si servì del principio di indeterminazione diHeisenberg e immaginò di «spalmare» sull’intera area dell’orizzontedegli eventi il punto dove il fotone cade nel buco nero: si raffigurò,

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cioè, un fotone dalla lunghezza d’onda talmente lunga da far sì che laprobabilità del suo punto di impatto coprisse l’intero orizzonte, cosìda rendere il più indeterminato possibile il punto preciso di ingresso;in questo modo, il fotone avrebbe trasportato nel buco nero solo unsingolo «bit» di informazione (ossia, l’informazione che vi era di fattoentrato). La presenza del fotone avrebbe fatto aumentare la massa delbuco nero – e, naturalmente, l’area dell’orizzonte degli eventi – di unvalore minuscolo, che Bekenstein procedette a calcolare.

Com’è ovvio, in questo contesto il termine «informazione» indicaqualcosa di un po’ più sottile di ciò che normalmente associamo aquesta parola. Non si tratta del genere di informazione tipo il canalecui era sintonizzato il televisore di John Wheeler quando cadde nelbuco nero.

L’idea che l’informazione sparisse in un buco nero e diventasseinaccessibile al mondo esterno non era qualcosa di nuovo per ipartecipanti al convegno. Il semplice fatto che l’informazione siamessa sotto chiave da qualche parte non costituisce una violazione delprincipio della sua conservazione: in fin dei conti, l’informazioneprecipitata in un buco nero potrà anche essere inaccessibile perchiunque si trovi all’esterno, ma rimane pur sempre nell’universo. Nelpensiero di Hawking, però, si stava affacciando un’idea un po’ piùdrastica: quando un buco nero ha finito di irradiare l’intera sua massaed è scomparso, che cosa è successo a tutto ciò che aveva contribuitoa formarlo o che vi era precipitato dentro in seguito?

Se avete seguito con attenzione il discorso svolto fin qui, a questopunto potreste alzare la mano per rispondere che tutte queste cosesarebbero state riciclate sotto forma di radiazione di Hawking. Certo,questa radiazione non assomiglierebbe affatto, mettiamo, allosventurato astronauta che è caduto nel buco, ma non potrebbecomunque essere la soluzione al problema? Dopotutto, la legge diconservazione dell’informazione ci dice che, se le leggi fondamentalidella fisica come le conosciamo oggi sono corrette, l’informazionecodificata nelle particelle da cui ogni cosa nell’universo è formata puòsempre essere recuperata, anche se queste cose vengono mescolate,smembrate o distrutte. Come ha osservato Hawking: «In via diprincipio, se abbiamo l’informazione, possiamo ricostruire qualunquecosa».15

Per esempio, ipotizziamo che voi bruciate questo libro; a questo

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punto, potreste pensare che non sarete più in grado di finire dileggerlo. Tuttavia, in via di principio, se poteste studiare il processo dicombustione con un’accuratezza sufficiente a individuare tutte leinterazioni molecolari che hanno trasformato il libro in cenere,sareste poi in grado, ripercorrendo il processo a ritroso, di ottenerenuovamente il volume. Certo, sarebbe molto più facile andare acomprarne un’altra copia, ma in via di principio sarebbe possibilericostruirlo.16

Hawking, tuttavia, non riteneva affatto soddisfacente questasoluzione. Ribadì che la radiazione di Hawking non poteva servirecome il veicolo di fuga attraverso cui l’informazione intrappolata nelbuco nero potesse tornare indietro nel mondo esterno: in altri termini,se anziché bruciare il libro lo gettaste in un buco nero, la suaricostruzione sarebbe impossibile. La radiazione di Hawking non è la«cenere» o i resti smembrati e mescolati di ciò che è caduto nel buconero. Come ricorderete dal capitolo 6, la partner della coppia diparticelle coinvolte nella radiazione di Hawking che riesce a fuggireallontanandosi dal buco nero non proviene dal suo interno, bensì daappena fuori dell’orizzonte degli eventi; essa, quindi, non porta con sénessun tipo di notizia sull’interno del buco nero, non ci dice se siapieno di astronauti, calzini spaiati o vasetti di miele della nonna diWinnie Pooh. Non può dircelo perché non lo sa. La radiazione diHawking non ha nessuna connessione diretta con tutto ciò che hacontribuito a formare il buco nero in origine o che vi è caduto dentrosuccessivamente. Alcuni fisici conservavano la speranza che taleinformazione fosse in qualche modo codificata nella radiazione diHawking, ma lui non era di questa idea: riteneva invece chel’informazione non avesse alcun modo di fuggire e andassecompletamente perduta con l’evaporazione del buco nero. Nonsarebbe più stato possibile recuperarla, neanche soltanto in via diprincipio. Hawking battezzò il dilemma da lui stesso sollevato «ilparadosso dell’informazione».

E, per giunta, questo problema sembrava probabilmente destinato aestendersi anche al di là dei buchi neri. Nel 2005, in un’intervista alprogramma della BBC Horizon, Leonard Susskind, che il giorno delconvegno si trovava nell’attico di Ehrard, ha ricordato il proprioshock davanti all’annuncio di Hawking e alle sue implicazioni:

Una volta che ammettiamo che l’informazione possa andare perduta nei buchi neri, non possiamo

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limitarci a dire che finisca perduta soltanto lì. Se il paradosso dell’informazione è corretto, ne segue chenell’universo mancano dei bit. La predicibilità finisce alle ortiche. Causa ed effetto non sono piùaccoppiati. Nulla di ciò che la scienza ci dice può essere ritenuto affidabile; non c’è più nessuna rispostache sia ragionevole o che duri nel tempo.17

Hawking era dello stesso parere. «Leonard Susskind era moltosconvolto» ha ricordato:

Penso che fosse l’unica persona nella sala che si rendesse pienamente conto delle implicazioni di ciò cheavevo detto. Gli scienziati sono soliti presumere che ci sia una corrispondenza unica fra il passato e ilfuturo, fra causa ed effetto; ma se l’informazione si perde, le cose non stanno più così. Non saremmo piùin grado di predire il futuro con certezza e non potremmo essere sicuri di ciò che è accaduto nel passato.18

Come ha sottolineato Kip Thorne, erano già in circolazione dellecongetture sull’esistenza di buchi neri più piccoli di un atomo, i quali«potrebbero essere ovunque, delle piccole macchine che divoranol’informazione».19

A voi, o a me, questo problema potrebbe non sembrare poi cosìdisastroso. Va bene, quando qualcosa cade in un buco nero porta consé delle informazioni. Il colore e la taglia di qualche calzino spaiato?Forse le dimensioni dello sfortunato astronauta? Non si tratta diinformazioni che io o voi potremmo trovare interessanti o essenziali.Tuttavia, queste informazioni sono necessarie, anche solo per queltipo più limitato di predizione consentito dalla meccanica quantistica.

Hawking fa risalire la discussione sulla possibilità di predire ilfuturo o il passato a Pierre-Simon de Laplace, un matematico vissutotra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX. In una sua celebreproposta, Laplace ipotizzò che un essere onnisciente dotato dicapacità di calcolo illimitata, conoscendo le leggi dell’universo e lostato di tutte le cose in esso contenute (vale a dire, la posizione e ilmomento di tutte le particelle) in un qualunque istante dato, sarebbein grado di calcolare lo stato di ogni cosa in un qualunque altroistante del passato o del futuro. Anche se nessuno negava l’incredibiledifficoltà pratica di acquisire la conoscenza di partenza e di svolgeretutti i calcoli necessari, il determinismo scientifico laplaciano rimaseun dogma per tutto il XIX secolo e l’inizio del XX. Quando ascoltaiuna lezione di Hawking su questo argomento a Cambridge, lui citòLaplace in francese e ci disse che, poiché eravamo un uditorio diCambridge, non avrebbe insultato la nostra intelligenza offrendociuna traduzione (tuttavia, poco dopo ne apparve una sullo schermodelle diapositive).

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L’essere onnisciente di Laplace dovrebbe conoscere le posizioni e imomenti di tutte le particelle presenti nell’universo, comprese quelledel nostro calzino; quando quest’ultimo cade nel buco nero, però, perla nostra regione dell’universo quest’informazione risulta perduta.Ora, se il buco nero esiste per sempre, ciò non costituisce un grossoproblema: significa, infatti, che quell’informazione perduta non è deltutto perduta. Sarà anche inaccessibile per noi, ma è ancora lì. Se peròil buco nero evapora e sparisce dall’universo… be’, allora sono guai.

Hawking e i suoi colleghi riuniti nell’attico sapevano che il«paradosso dell’informazione» non era la prima sfida lanciata aldeterminismo scientifico di matrice laplaciana. Verso la metà deglianni Venti del Novecento, quando Werner Heisenberg pubblicò il suo«principio di indeterminazione», sembrava che i giochi dovesseroormai essere chiusi, ma fu così solo per un po’. Le discussioni legatealle interpretazioni e alle implicazioni del principio diindeterminazione sarebbero proseguite per anni, coinvolgendo lementi più brillanti della fisica, ma negli anni in cui Hawking stavastudiando i buchi neri, tutti erano praticamente d’accordo sul fattoche nemmeno l’essere onnisciente di Laplace avrebbe potutoconoscere con esattezza, allo stesso tempo, la posizione e il momentodi una particella.

In ultima analisi, però, il principio di indeterminazione non riuscì aminare la fede nel dogma del determinismo scientifico, dato chedivenne ben presto chiaro come anche le leggi che governano il livelloquantistico dell’universo fossero deterministiche, sia pure in un mododifferente: è infatti possibile predire il cosiddetto «stato quantico», dacui possiamo calcolare sia le posizioni sia i momenti delle particellecon un certo grado di accuratezza. L’essere onnisciente di Laplace,conoscendo le leggi della scienza e lo stato quantico dell’universo inun qualunque istante dato, sarebbe quindi in grado di predire lo statoquantico dell’universo in un qualunque altro istante del passato o delfuturo.20*

Ora, Hawking aveva trovato un nuovo problema che sembravaparticolarmente serio. Con il suo precedente lavoro, aveva mostratoche i buchi neri non durano per sempre ma evaporano tramite ilmeccanismo della radiazione di Hawking, diventando via via piùpiccoli fino a sparire del tutto. Adesso stava ribadendo chel’informazione su tutto ciò che è andato a formare il buco nero in

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origine (o che vi è caduto dentro in seguito) è irrimediabilmenteperduta.

Ma… perché dovremmo angosciarci così per questa perdita?L’universo non potrebbe, semplicemente, andare avanti arrangiandosicon un po’ meno di questa alquanto arcana informazione?

No, di fatto sembra che non potrebbe. Non rimanendo l’universoche pensiamo di conoscere, perlomeno. La legge di conservazionedell’informazione è uno dei princìpi fondamentali della fisica.L’informazione non viene mai perduta. Può essere mescolata,scomposta e trasformata in modi tali da rendere irriconoscibilel’informazione di partenza, ma non può mai andare perduta. Sequesta legge è sbagliata, ne consegue che l’universo si sta facendobeffe di Laplace e di tutti coloro che hanno supposto che avesseragione.

Anche se «in questo momento di estrema confusione», comeracconta Susskind, i colleghi di Hawking riuniti nell’attico «fissavanosbigottiti la lavagna», la maggior parte di loro e degli altri fisiciteorici avrebbe poi continuato a credere che il presente si è evolutodal passato e continuerà a evolversi nel futuro, che causa ed effettocontinuano a operare, che ha senso seguire le tracce degli eventi nelpassato e nel futuro, che esaminando i resti di una collisione in unacceleratore di particelle è possibile capire che cosa è accaduto inquella collisione e via discorrendo, il tutto come se Hawking nonavesse messo una spada di Damocle su ogni assunto di questo tipo. MaHawking non cedeva, e il paradosso dell’informazione era sempre lì:quando i buchi neri evaporano, continuava a ripetere, l’informazioneviene davvero perduta, e ciò significa che la nostra capacità dipredizione è ancora minore di quanto pensavamo sulle basi dellateoria quantistica.

C’era un problema nella meccanica quantistica? I fondamenti diquesta teoria, affermata e affidabile, andavano rivisti? Hawkingriteneva di sì. Come disse Kip Thorne: «È deciso a portare avanti lasua visione della natura e, pertanto, sfida tutti i suoi colleghi adimostrare che ha torto».21 Hawking aveva lanciato il guanto.Susskind ricorda che, nell’attico di Ehrard, «Stephen aveva sul voltouna delle sue espressioni tipiche, un sorrisino che diceva “Forse non cicrederete ma ho ragione io, non c’è nessun errore”. Noi eravamoassolutamente sicuri che avesse torto, ma non riuscivamo a capire

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dove si sbagliasse».22

* Negli anni Ottanta, le idee di Hawking non costituivano l’unica seria sfida al determinismo: c’era infattiun’ulteriore minaccia, altrettanto significativa, che veniva dalla teoria del caos. Ilya Prigogine e IsabelleStengers presentarono questa sfida nel loro libro Order out of Chaos (Bantam Bows, New York 1984), scrivendoche «di fronte a questi sistemi instabili, l’essere onnisciente di Laplace è impotente tanto quanto noi».

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«Le probabilità contro un universo che abbia prodotto delleforme di vita come la nostra sono immense»

Il 1981 rappresentò per la ricerca di Hawking una tappa importante,non solo per via delle sue considerazioni sul paradossodell’informazione, ma anche perché stava volgendo in modo nuovo lapropria attenzione al problema dell’origine e della fine dell’universo.

Durante un convegno tenutosi a settembre in Vaticano, papaGiovanni Paolo II, rivolgendosi a Hawking e agli altri scienziati, disseche era probabilmente inutile che gli esseri umani cercassero diindagare sul momento della creazione: questa conoscenza «viene dallarivelazione di Dio».* Considerando lo stato delle conoscenze e delleteorie dell’epoca, che – grazie in larga misura a Hawking –affermavano come l’universo avesse avuto origine in una singolarità,nessuno poteva contraddire le parole del pontefice. Probabilmente, lamaggioranza dei colleghi di Hawking sarebbe stata d’accordo, sia purcon riluttanza, con la prima parte della dichiarazione papale,dubitando però che Dio avrebbe mai messo in tavola le sue carte. Lostesso Hawking aveva di recente detto allo scrittore John Boslough:«Le probabilità contrarie al fatto che un universo come il nostroemerga da qualcosa come il big bang sono enormi. Penso che quandosi comincia a discutere delle origini dell’universo, entrino chiaramentein gioco delle implicazioni di carattere religioso».1

Ciò che il papa e i suoi consiglieri scientifici non avevano preso inconsiderazione era la propensione di Hawking a mettere in crisi le suestesse precedenti scoperte. Il titolo del suo intervento a questoconvegno, The Boundary Conditions of the Universe («Le condizioni alcontorno dell’universo»), non faceva presagire che avrebbe propostola possibilità che non ci fosse nessun «inizio» – «nessun confine»dell’universo –, cosa che non lasciava nessun ruolo essenziale o postoper un creatore. Se i consiglieri scientifici l’avessero saputo, forsesarebbero stati abbastanza saggi e ben informati da suggerire al papadi tracciare un parallelismo fra le idee di Hawking e la concezione

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giudaico-cristiana (risalente al filosofo ebreo Filone di Alessandria e alfilosofo cristiano Agostino di Ippona) di un Dio che esiste al di fuoridel tempo – l’«Io sono» della Bibbia –, in relazione al quale l’inizio, lafine e ogni riferimento al nostro tempo cronologico non hannosignificato. Questo modo di considerare il tempo, che avrebbe giocatoun ruolo di primo piano nella «proposta dell’assenza di confini» diHawking, era qualcosa di nuovo per la fisica, ma non per la filosofia ola religione.

Il lavoro svolto da Hawking verso la fine degli anni Sessanta, nellasua dissertazione di dottorato e in seguito, sembrava dimostrare chel’universo aveva avuto inizio come una singolarità, un punto didensità e curvatura spazio-temporale infinite; in corrispondenza diquel punto, tutte le nostre leggi fisiche avrebbero perso valore epertanto, come diceva il papa, sarebbe stato inutile cercare diinvestigare il momento della creazione. Da una singolarità sarebbepotuta emergere qualunque sorta di universo e, di certo, non cisarebbe stato modo di predire che ne sarebbe uscito proprio uno comeil nostro. Era in questo contesto che Hawking aveva detto che lediscussioni sull’origine dell’universo avevano inevitabilmente delleimplicazioni religiose.2

Il «principio antropico»

La maggior parte degli uomini si sono convinti ormai da tempo che ilSole, i pianeti e il resto dell’universo non ruotano attorno alla Terra.La scienza ci dice inoltre che, probabilmente, l’universo sembra lostesso da qualunque punto lo si guardi; in altre parole, la Terra – connoi nelle vesti di passeggeri privilegiati – non è il centro di tutto.

Ciononostante, quante più cose scopriamo sia a livello microscopicosia a quello cosmico, tanto più restiamo colpiti dall’impressione che,per rendere l’universo un posto dove la nostra esistenza sia possibile,dev’esserci stata un’attenta pianificazione, una regolazioneestremamente accurata. Nei primi anni Ottanta, Hawking diceva che«se consideriamo le possibili costanti e le leggi che sarebbero potuteemergere, le probabilità contro un universo che abbia prodotto delleforme di vita come la nostra sono immense».3

Gli esempi di questa minuziosa regolazione sono molteplici:Hawking sottolinea che se la carica elettrica dell’elettrone fosse stata

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leggermente diversa, le stelle o non sarebbero state in grado dibruciare idrogeno ed elio per illuminarci, o non sarebbero potuteesplodere come supernove rigettando nello spazio la materia da cui sisarebbero poi formate nuove stelle come il Sole o pianeti come laTerra. Se la gravità fosse stata meno forte, la materia non avrebbepotuto conglomerarsi nelle stelle e nelle galassie; e, d’altra parte, legalassie e i sistemi solari non avrebbero potuto formarsi se la gravitànon fosse anche stata, al contempo, la più debole delle quattro forzefondamentali. Nessuna delle nostre attuali teorie è in grado di predirel’intensità della forza di gravità o la carica elettrica dell’elettrone;questi valori sono quindi degli elementi arbitrari, individuabili soloattraverso l’osservazione, eppure sembrano minuziosamente tarati perrendere possibile lo sviluppo della vita come la conosciamo.

Dovremmo allora saltare alla conclusione che Qualcuno o Qualcosaaveva in mente noi quando veniva preparato il cosmo? L’universo,come diceva l’astronomo Fred Hoyle, è una «macchinazione», unagrande macchinazione mirata a rendere possibile la vita intelligente?Oppure ci stiamo lasciando sfuggire qualche altra possibilespiegazione?

«Noi vediamo l’universo come lo vediamo perché esistiamo.» «Lecose sono così perché ci siamo noi.» «Se l’universo fosse stato diverso,noi non saremmo qui a constatarlo.» Tutte queste frasi rappresentanodiversi possibili modi di enunciare il cosiddetto «principio antropico».

Hawking spiega il principio antropico nel seguente modo.Immaginatevi una moltitudine di universi differenti tra loro, separati,o appartenenti a regioni differenti dello stesso universo. Nella maggiorparte di questi universi (o di queste regioni dello stesso universo), lecondizioni non permetteranno lo sviluppo di forme di vita intelligenti;tuttavia, in un numero molto ristretto di queste regioni o universi, lecondizioni saranno esattamente quelle richieste per la formazionedelle stelle e delle galassie e perché possano svilupparsi degli esseriintelligenti che studino l’universo e arrivino infine a porsi ladomanda: «Perché l’universo è proprio come lo osserviamo?». Standoal principio antropico, l’unica risposta a questo interrogativo sarebbeallora che, se l’universo fosse differente, noi non saremmo qui achiederci queste cose.

Il principio antropico spiega davvero qualcosa? Alcuni scienziatidicono di no, asserendo che in realtà si limita a mostrare che ciò che

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sembra essere il frutto di una regolazione fine potrebbe invece essereil risultato di un semplice colpo di fortuna. È un po’ come la vecchiastoria delle scimmie dattilografe: dato un numero sufficientementeelevato di queste scimmiette, le leggi del caso faranno sì che una diloro riuscirà a battere i primi cinque versi dell’Amleto di Shakespeare.Allo stesso modo, anche se un universo come il nostro è moltoimprobabile, dato un numero sufficientemente alto di universi, uno diessi potrà benissimo essere come il nostro.

Il principio antropico esclude Dio? No. Tuttavia, ci mostra chepotremmo avere un universo che sembri fatto su misura per noi anchesenza che ci sia un Dio.

John Wheeler pensava che fosse possibile spingere il principioantropico un passo avanti: forse, ipotizzò, non possono esistere delleleggi fisiche di nessun tipo a meno che non ci siano degli osservatoriche le scoprano. In tal caso, non ci sarebbero tutti quegli universialternativi, poiché un universo che non consentisse lo sviluppo diosservatori semplicemente non esisterebbe.

Se le cose stessero così, ciò significa che, nel caso ci estinguessimo,l’intero universo finirebbe con noi? Arriverebbero gli addetti asmantellare la scenografia mentre le ultime persone del pubblicolascerebbero il teatro? Di fatto, se non ci fossimo qui noi a ricordareche è esistito, sarebbe mai esistito? O il semplice fatto che lo abbiamoosservato per un breve tratto della sua esistenza gli darà il potere dicontinuare a esistere anche dopo che ce ne saremo andati?

Qualche fisico traccia un collegamento fra la concezione di ununiverso «dipendente dall’osservatore» e alcune idee del misticismoorientale (induismo, buddhismo e taoismo). Hawking, però, noncondivide queste posizioni. «L’universo del misticismo orientale»afferma «è un’illusione. Un fisico che tenti di metterlo in collegamentocon il proprio lavoro ha abbandonato la fisica.»4

Anche se non è stato lui a concepire l’idea, il principio antropicoviene spesso associato a Hawking, oltre che ad altri suoi colleghi e inparticolare a Brandon Carter, il suo compagno d’ufficio verso la metàdegli anni Sessanta (che avrebbe anche lavorato con lui nel tentativodi confutare le idee di Jacob Bekenstein sui buchi neri e l’entropia nel1972). Hawking e la maggioranza dei fisici speravano che non fossimocostretti a rivolgerci al principio antropico come all’unica spiegazionedel motivo per cui abbiamo un universo come quello che di fatto

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abbiamo, e non un altro. «Tutto quanto fu dunque il prodotto solo diun caso fortuito?» si chiede Hawking. «Questa sembra una conclusionedel tutto insoddisfacente, una negazione di tutte le nostre speranze dicomprendere l’ordine sottostante all’universo.»5 Queste parole sisarebbero rivelate profetiche.

Nel frattempo, il papa aveva asserito che questa strada non erapercorribile; il principio antropico, infatti, diceva che tutto era statosoltanto il frutto di un lancio di dadi (un singolo lancio su un numeroquasi infinito di esiti possibili) che era andato a nostro favore.Qualcuno sosteneva che Dio avrebbe potuto cambiare idea emodificare le cose, incluse le leggi dell’universo, ogni volta che neavesse avuto voglia. Hawking, però, non riteneva che un Dioonnipotente avrebbe avuto bisogno di cambiare idea; pensava inveceche in quell’istante che chiamiamo «l’inizio», o «la creazione»,valessero delle leggi per noi comprensibili (leggi da cui dipende ilfatto che il nostro universo è strutturato proprio così e non in qualchealtro modo), e voleva scoprire quali fossero. Per raggiungere questofine, avrebbe dovuto in qualche modo sciogliere il più grande nodogordiano: la singolarità.

Ci sarebbero voluti un paio d’anni prima che Hawking riuscisse acomprendere appieno come compiere quest’impresa eroica. Nelfrattempo, nell’ottobre del 1981 – poche settimane dopo la sua visitain Vaticano –, era anche impegnato a osservare l’inizio dell’universoattraverso gli occhi di una nuova teoria, nota come «teoriadell’inflazione».

La sfida del big bang

Negli anni Sessanta sembrava che tutto fosse andato nel verso giustoper i sostenitori della teoria del big bang. Nel 1964-65 ci fu un passoavanti particolarmente promettente nella ricerca volta a comprenderela storia dell’universo e stabilire quale fra i due modelli incompetizione fosse corretto, se la teoria del big bang o quella dellostato stazionario. L’episodio è diventato famoso: si tratta di uno diquei casi, relativamente rari nella scienza, in cui i dati saltano fuoridove nessuno li sta cercando. Ai Bell Laboratories, nel New Jersey,c’era un’antenna a tromba progettata per essere usata con i satelliti dicomunicazione Echo I e Telstar. Poiché il livello del rumore di fondo

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captato dall’antenna intralciava lo studio dei segnali provenienti dallospazio, gli scienziati dovettero fare degli aggiustamenti e rassegnarsi astudiare solo quei segnali che fossero più forti del rumore. La maggiorparte di loro non diede troppa importanza a questa seccatura, ma duegiovani scienziati, Arno Penzias e Robert Wilson, presero il problemapiù seriamente.

I due notarono che il livello di rumore di fondo restava identico inqualunque direzione puntassero l’antenna: il responsabile, quindi, nonpoteva essere l’atmosfera terrestre, dato che un’antenna puntata versol’orizzonte ha davanti molta più atmosfera di una orientata versol’alto. Pertanto, la fonte del rumore doveva trovarsi o al di làdell’atmosfera, o nell’antenna stessa. Penzias e Wilson pensarono che iresponsabili potessero essere dei piccioni che avevano fatto il nidonell’antenna; tuttavia, anche dopo aver sfrattato i volatili e ripulito lostrumento dai loro escrementi non ci fu nessun miglioramento.

Un altro radioastronomo, Bernard Burke, venne a sapere deiproblemi di Penzias e Wilson con l’antenna; a differenza di loro, però,egli era al corrente del lavoro che Robert Dicke stava portando avantia Princeton. Dicke, seguendo una proposta avanzata negli anniQuaranta dallo scienziato di origine russa George Gamow e dagliamericani Ralph Alpher e Robert Herman, stava costruendoun’antenna per cercare una radiazione risalente a un periodo nonmolto successivo all’origine dell’universo, un’era in cui, se la teoriadel big bang era corretta, il cosmo doveva essere ancoraestremamente caldo. Gamow, Alpher e Herman avevano teorizzatoche questa radiazione doveva esistere e che, ai giorni nostri, la suatemperatura doveva essere scesa a circa cinque gradi sopra lo zeroassoluto. Burke fece incontrare Penzias, Wilson e Dicke, e laconclusione a cui giunsero fu che i due ricercatori della Bell avevanoscoperto per caso quella radiazione di cui Dicke era a caccia.

La scoperta di quella che divenne presto nota come la «radiazionecosmica di fondo a microonde», o CMBR (Cosmic MicrowaveBackgroud Radiation), costituiva una conferma eccezionale dellateoria del big bang, mostrando chiaramente che un tempo l’universoera stato molto più caldo e più denso di oggi; nel 1968, Hawking e ilsuo amico George Ellis scrissero un articolo che metteva in luce laforza di questa prova.6 Essa, tuttavia, poneva anche un problema perla teoria del big bang: ripetendo diverse misurazioni, prese il più

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lontano possibile guardando in ogni direzione, i ricercatori avevanoinfatti riscontrato che la temperatura della radiazione era sempre lastessa e che la CMBR era priva di quelle piccole variazioni cheavrebbero potuto portare alla struttura dell’universo che di fattoosserviamo oggi.

A parte questi problemi, la teoria del big bang continuava a trovareconferme. Si scoprì che le quasar, che per i teorici avrebbero potutoessere uno stadio primitivo della formazione delle galassie, sitrovavano unicamente a enormi distanze dalla Terra. Se la teoria dellostato stazionario fosse corretta – con le galassie che continuano adallontanarsi sempre di più mentre il vuoto viene riempito dallaformazione di nuove galassie – e se le quasar fossero una fase delprocesso di formazione galattica, esse avrebbero dovuto esseredistribuite in modo più o meno uniforme in tutto l’universo, sia vicinosia lontano; ma così non era. L’enorme distanza spaziale (e quinditemporale) che separa le quasar dalla Terra indica che questi oggettidevono essere esistiti soltanto quando l’universo era molto piùgiovane di adesso. Questa fase primordiale della formazione dellegalassie è qualcosa che deve essersi verificato solo nel lontano passatodella storia dell’universo: in epoche successive non si è più ripetuto,né tantomeno si sta verificando oggi.

Nel 1973 venne piantato un altro chiodo nella bara della teoriadello stato stazionario quando alcuni esperimenti condotti a Berkeleycon i palloni aerostatici determinarono che lo spettro della radiazionecosmica di fondo era proprio quello predetto dalla teoria del bigbang. Inoltre, gli studi sull’abbondanza di vari elementi nella ViaLattea e in altre galassie mostrarono che le sue predizioni eranocorrette anche in questo caso.

Ciononostante, negli anni Settanta la teoria del big bang avevaancora degli ostacoli da superare. Benché Hawking avesse spostato lapropria attenzione sui buchi neri, la questione relativa all’iniziodell’universo non si era mai allontanata troppo dai suoi pensieri, e laricerca di una soluzione ai persistenti problemi della teoria del bigbang era rimasta ai primi posti nell’agenda di molti dei suoi colleghiin diversi Paesi del mondo. Questi problemi divennero noti come il«problema dell’orizzonte», il «problema della piattezza» e il«problema dell’uniformità».

Il problema dell’orizzonte ha a che fare con l’osservazione che la

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CMBR è identica in tutte le direzioni in aree dell’universo troppodistanti perché la radiazione sia mai potuta passare dall’una all’altra,anche nelle primissime frazioni di secondo dopo il big bang. In quellearee remote, i valori dell’intensità della radiazione sono così viciniall’uguaglianza che sembra che, in qualche modo, tali aree debbanoaver scambiato energia fino a giungere a un punto di equilibrio. Macome?

Il problema della piattezza ha a che vedere con la questione delperché l’universo non è già collassato da tempo in un big crunchoppure non ha raggiunto una velocità d’espansione tale da nonpermettere più alla gravità di attrarre insieme degli agglomerati dimateria e di formare così le stelle.

Un universo più o meno in equilibrio – come pare essere il nostro –fra queste due possibilità opposte è così improbabile da superare ogniimmaginazione. A meno di 10–43 secondi dopo il big bang (unafrazione con 1 al numeratore e 1 seguito da 43 zeri al denominatore),l’energia espansiva (risultante dal big bang) e la forza di gravitàdovrebbero essere state talmente vicine da differire dall’eguaglianzaper un fattore non superiore a 1 su 1060 (1 seguito da 60 zeri).

Il problema dell’uniformità era dato dal fatto che, a giudicare dallaCMBR, l’universo primordiale doveva essere stato omogeneo, senzaprotuberanze, grumi, solchi o altre irregolarità. La questione divenneuna delle principali sfide dell’astrofisica, una sorta di «anellomancante» nella teoria del Big Bang: come ha fatto un universo chesembrava così uniforme nell’era a cui risale la CMBR (ossia, quandoaveva 300.000 anni) a diventare negli anni successivi talmentevariegato e grumoso, con stelle, galassie, raggruppamenti galattici,pianeti o anche quei piccoli agglomerati di materia che siamo voi eio? Come mai nella radiazione cosmica di fondo non era possibilescorgere nemmeno la più piccola traccia iniziale di quelladifferenziazione?

Se quest’ultimo problema vi sembra inverosimile, pensate allademocrazia di Wheeler: quanto più le particelle sono vicine le une allealtre, tanto più avvertono con forza la reciproca attrazionegravitazionale. Se tutte le particelle materiali nell’universo sonoequidistanti e non c’è nessuna area in cui alcune particelle si sonoaddensate avvicinandosi anche solo un po’ di più, ne consegue chetutte le particelle si sentiranno attratte con ugual forza da ogni

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direzione, e nessuna di esse si sposterà per avvicinarsi a qualcun’altra.Ora, pareva che nell’universo primordiale i ricercatori avesseroscoperto proprio una situazione di paralisi di questo genere: lamateria sembrava distribuita in un modo talmente uniforme che nonavrebbe mai potuto spostarsi per formare quelle strutture cheosserviamo nell’universo di oggi.

Intorno alla metà degli anni Settanta, quando Hawking si recò perla prima volta al Caltech, i teorici non erano ancora riusciti a superarenessuno di questi ostacoli.

L’inflazione alla riscossa!

Sul finire degli anni Settanta, un giovane fisico delle particelle chelavorava all’acceleratore lineare di Stanford (in California), AlanGuth, sviluppò una significativa revisione della storia dell’universoprospettata dai cosmologi dell’epoca. Rendendosi subito conto di avercompreso qualcosa di estrema importanza, scrisse sul suo taccuino«INTUIZIONE STRAORDINARIA», tracciando due cornici concentricheattorno alle parole. Questa sua idea offrì una brillante risposta aiproblemi che rimanevano ancora aperti nella teoria del big bang,suggerendo inoltre un modo per spiegare come l’universo potrebbeessersi sviluppato fino ad assumere l’aspetto attuale senza doveripotizzare che le sue condizioni iniziali siano state scelte conquell’incredibile precisione di cui parlavamo.

Stando alla proposta di Guth, l’universo primordiale potrebbe averattraversato una breve fase di crescita incredibilmente rapida, altermine della quale si sarebbe stabilizzato e avrebbe continuato aespandersi al ritmo che osserviamo oggi. A distinguere la sua idea era,in particolare, proprio questo «stabilizzarsi»: altri scienziati, infatti,avevano già trovato delle soluzioni alle equazioni di Einstein cheproducevano un universo in cui l’espansione avrebbe continuato adaccelerare durante tutta la sua esistenza, o dove l’espansione, dopouna decelerazione iniziale, avrebbe cominciato ad accelerare senzafermarsi mai. L’universo di Guth, invece, presentava solo una breveimpennata di espansione accelerata nella sua prima infanzia.

Nel processo elaborato da Guth, l’universo, a meno di 10–30 secondidopo il big bang (una frazione con 1 al numeratore e 1 seguito da 30zeri al denominatore), sarebbe stato sottoposto a un’enorme forza

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repulsiva che, sia pur solo per un brevissimo intervallo di tempo, sisarebbe comportata come quella costante cosmologica che Einsteinaveva introdotto e poi rigettato. In un periodo durato solo unafrazione di secondo incredibilmente piccola, questa forza avrebbeaccelerato l’espansione dell’universo causando una violenta inflazionedi dimensioni esponenziali: partendo da una grandezza inferiore aquella di un protone nel nucleo di un atomo, l’universo avrebberaggiunto grossomodo le dimensioni di una pallina da golf.

Nel corso dei trent’anni successivi, i fisici hanno ricamato sull’ideaavanzata da Guth formulandone nuove versioni e cercando di capirecome e perché questo processo potrebbe essere avvenuto. Percomprendere questo lavoro, dobbiamo innanzitutto chiarire un po’ diterminologia.

Partiamo dalla rottura della simmetria. Per fare un sempliceesempio, possiamo prendere un’asta sistemata in piedi su una dellesue estremità e osservare che potrebbe cadere in qualunque direzione.La gravità, che la fa cadere, è «simmetrica», ossia non ha nessunapreferenza riguardo alla direzione di caduta: tutte sono ugualmenteprobabili. Ma quando l’asta cade, cadrà in una direzione o nell’altra,non in tutte le direzioni insieme: quando l’asta cade, quindi, diciamoche la simmetria si è rotta. In Dal Big Bang ai buchi neri, Hawking fa unaltro esempio. Immaginiamo la ruota di una roulette: quando ilcroupier la fa girare e la pallina continua a correre nella ruota, lasituazione è «simmetrica». Magari voi avete puntato su una casella epreferireste un particolare esito, ma in questo caso la fisica non hanessuna preferenza. Poi, quando la ruota rallenta, la velocità dellapallina (le alte energie) inizia a diminuire; alla fine si ferma del tuttocadendo in uno degli scomparti della ruota. La simmetria si è rotta.7

Per illustrare il significato di «falso vuoto» e «vero vuoto», dueconcetti importanti per comprendere l’inflazione, i fisici ricorronospesso all’immagine di un cappello da uomo, di quelli con una faldaattorno alla base e un incavo nella calotta. Se mettiamo una biglianell’incavo, rotolerà fino a fermarsi nel punto più basso raggiungibile;quest’ultimo, però, non sarà in assoluto il punto più basso delcappello, ma soltanto il punto più basso della sua calotta. In modoanalogo, le particelle elementari possono «atterrare» in un certonumero di livelli energetici temporanei; questi punti di sosta sono dei«falsi vuoti». Se ora scuotiamo il cappello e lasciamo che le biglie

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nell’incavo si muovano urtandosi fra di loro, qualcuna di essepotrebbe rotolare fuori dalla calotta e finire sulla falda. Nel quadro diquesta analogia, la falda rappresenta il «vero vuoto», che possiamoidentificare con il più basso livello energetico possibile in questosistema.

Qualcosa del genere potrebbe essersi verificato in concomitanza conil raffreddarsi dell’universo. Parte della materia iniziò a muoversiverso un nuovo stato con un livello energetico più basso, in unprocesso che rilasciò quella tensione gravitazionalmente repulsivaresponsabile della rapida accelerazione inflazionaria. Ma, per tornarealla nostra analogia, è probabile che le biglie non siano rotolate giùtutte assieme. In che modo siano rotolate, con che velocità, comeabbiano fatto a passare sopra (o attraverso) il bordo della calotta – ose l’inflazione si sia verificata in un qualche modo del tutto diverso –,queste sono le domande su cui i cosmologi riflettono da decenni. Inogni caso, oggi sono quasi tutti d’accordo nel ritenere che l’inflazionesia di fatto avvenuta ed essa è ormai entrata a far parte del «modellostandard».

Un’altra espressione di cui è utile conoscere il significato è«transizione di fase». Un esempio quotidiano di «transizione di fase» ciè dato dal congelamento dell’acqua, che implica a sua volta unarottura della simmetria. Allo stato liquido, l’acqua è simmetrica: èidentica in ogni suo punto e in qualunque direzione la si guardi.Abbassandosi la temperatura, iniziano a formarsi dei cristalli dighiaccio. Ora non è più vero che tutto è ovunque identico: i cristallihanno determinate posizioni e non altre, si allineano in una certadirezione e non in un’altra. La simmetria si è rotta. Tuttavia, seriducete la temperatura con molta attenzione, l’acqua può scenderesotto il punto di congelamento senza che si formi il ghiaccio, senzache la simmetria si rompa. Questo fenomeno è noto come«sottoraffreddamento» (o «sopraffusione»): in natura si verificaquando, durante una tempesta invernale, delle gocce di pioggiacadono rimanendo liquide anche se la temperatura dell’aria èinferiore a quella di congelamento, finché non incontrano qualcosa –un albero, un marciapiede – e si congelano all’istante.

La proposta di Alan Guth si basava sull’idea che subito dopo il bigbang l’universo doveva essere estremamente caldo, con tutte leparticelle che si muovevano a una velocità estrema e ad altissime

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energie. In quest’epoca, le quattro forze della natura di cui abbiamoparlato nel capitolo 2 – gravità, elettromagnetismo, forza nucleareforte e forza nucleare debole – erano ancora unite, indifferenziate,come un’unica superforza. L’universo, quindi, si espanse leggermente,raffreddandosi un po’; le energie delle particelle si ridussero un pocoe, man mano che la temperatura scendeva, le forze si separavanodistinguendosi l’una dall’altra. La loro simmetria iniziale si ruppe: unaalla volta, finirono per «congelarsi». Questo processo non accaddeperò tutto assieme, poiché si verificò il sottoraffreddamento. Ci fu unatransizione di fase che diverse parti dell’universo attraversaronoseparatamente, sotto forma di bolle dove la temperatura scendeva aldi sotto di un certo valore (come l’acqua che scende al di sotto delpunto di congelamento) senza che la simmetria tra le forze sirompesse. Il risultato fu che l’universo entrò in uno stato instabile,sottoraffreddato, con più energia di quella che avrebbe avuto se lasimmetria tra le forze si fosse rotta.

Bolle, biglie, cappelli, acqua congelata… il punto fondamentaledella teoria dell’inflazione primordiale era, spiega Hawking, chedurante questo intervallo tutte le regioni dell’universo – incluse quelledove c’erano più particelle della media e quelle dove ce n’erano dimeno – si espansero a una velocità enorme, superiore a quella dellaluce. Persino dove c’erano più particelle materiali della media, lagravità, contrariamente a quanto potremmo aspettarci, non era ingrado di attrarle assieme. Il reciproco allontanarsi delle particelle dimateria avrebbe così portato a un universo, ancora in espansione, incui tutte le particelle erano ormai molto rarefatte. L’espansioneavrebbe spianato le irregolarità, il che significa che lo stato omogeneoe uniforme dell’universo odierno potrebbe essersi evoluto a partire dauna grande varietà di stati iniziali. Inoltre, il tasso di espansione sisarebbe automaticamente approssimato al tasso critico, risolvendocosì il «problema della piattezza» senza bisogno di supporre che lavelocità iniziale sia stata scelta con estrema precisione.8

E come si spiega allora il successivo rallentamento dell’espansione?Come le gocce di pioggia che tardano a trasformarsi in ghiacciodevono comunque infine congelarsi, anche l’universo dovevacompletare la sua transizione di fase temporaneamente bloccata.Nella proposta originale di Guth, quando si verificò questosottoraffreddamento, in un quadro generale di simmetria non rotta si

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formarono delle bolle di simmetria rotta che si espansero e si unironole une alle altre finché tutto non si ritrovò ovunque in una nuova fasedi simmetria rotta. A questo punto, l’universo si stava espandendo auna velocità più o meno corrispondente a quella che osserviamo oggi.

All’inizio, quest’idea presentava un problema: le bolle avrebberodovuto espandersi così rapidamente che avrebbero finito perscontrarsi le une con le altre, il che avrebbe portato alla formazionedi numerose irregolarità e di enormi variazioni nella densità e nellavelocità di espansione fra una regione e l’altra dell’universo. Unasituazione di questo tipo non avrebbe mai potuto svilupparsinell’universo che vediamo oggi.

Nonostante ciò, Guth andò avanti e annunciò la propria teoria: eratroppo promettente per abbandonarla a causa di un piccolo intoppoche, ne era certo, sarebbe stato in seguito risolto da lui stesso o daqualcun altro. La proposta offriva una soluzione ai problemi ancoraaperti della teoria del big bang: il nostro universo visibile sarebbepotuto emergere da una regione in origine talmente piccola da averavuto l’opportunità di raggiungere l’equilibrio prima di gonfiarsi. Ilperiodo di inflazione esponenziale avrebbe potuto spazzar via losquilibrio fra l’energia espansiva e la forza contrattiva della gravità.In particolare, la predizione che l’inflazione avrebbe generato dellearee di densità leggermente più alta o più bassa – i semi delle futuregalassie, delle supergalassie e di tutte le altre strutture evolutesinell’universo – era molto promettente. La tecnologia impiegatanell’osservazione della radiazione cosmica di fondo a microonde nonera ancora stata in grado di rivelare queste «perturbazioni di densità»(collegate al problema dell’uniformità), ma Hawking e altri ci stavanopensando fin dalla metà degli anni Sessanta, quando Wilson e Penziasavevano scoperto la CMBR. L’inflazione avrebbe potuto fornire aicosmologi le risposte che stavano cercando?

Hawking, come lo stesso Guth, non era soddisfatto. La sua obiezionealla teoria dell’inflazione, però, non era che le bolle si sarebberoscontrate creando uno scompiglio anziché un universo omogeneo, mache nella fase inflazionaria l’universo si sarebbe espanso troppovelocemente perché le bolle dove la simmetria si era rotta potesseroriuscire a congiungersi fra di loro; queste bolle, pensava, si sarebberosparpagliate disperdendosi troppo rapidamente, anche qualorastessero crescendo alla velocità della luce. Il risultato sarebbe stato un

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universo dove la simmetria tra le quattro forze si era rotta in alcunearee e non in altre; il che, com’è evidente, non corrisponde al nostrouniverso. Mentre stava riflettendo su queste idee, nell’ottobre del 1981Hawking partì per un convegno a Mosca.

Un dibattito a Mosca

A quel convegno, il fisico russo trentatreenne Andrei Linde – che si eralaureato all’università di Mosca e aveva conseguito il dottoratoall’istituto di fisica P.N. Lebedev, nella stessa cit-tà – avrebbe incontrato per la prima volta Hawking in circostanzepiuttosto tese.

Qualche anno prima che Alan Guth sviluppasse e pubblicasse il suomodello di inflazione, Linde aveva condotto una riflessione su quellestesse linee di pensiero, rendendosi però conto che questo tipo diteoria presentava un problema. Anche Guth, naturalmente, si eraaccorto del problema, ma non era stato reticente come Linde e avevaavuto il coraggio – e, col senno di poi, la saggezza – di andarecomunque avanti e pubblicare il proprio articolo, lasciando il russo alpalo. Malgrado questo contrattempo, comunque, non ci volle moltoperché Linde riguadagnasse terreno e si mettesse alla testa del gruppodi cosmologi che lavoravano nel campo della teoria inflazionaria.Dopo il 1990 sarebbe diventato famoso fra i suoi colleghi di Stanfordanche per i suoi giochi di prestigio e di destrezza e per i suoiesperimenti ipnotici; nel 1981, però, quando incontrò Hawking alconvegno di Mosca, era ancora relativamente inesperto, in Occidenteera praticamente sconosciuto e non era mai stato in America o inEuropa. Stephen Hawking, invece, era un fisico celebre e stimato.

Linde e Hawking presentarono entrambi un articolo. Nel suointervento, Hawking parlò delle proprie recenti scoperte secondo cuil’inflazione avrebbe generato delle perturbazioni di densità troppograndi per dare luogo all’universo che osserviamo oggi. Linde, invece,spiegò un metodo che aveva ideato nell’estate precedente per risolverei problemi presenti nei modelli originali della teoria inflazionariaformulati da lui e da Guth. A causa dei lunghi ritardi dovuti allacensura sovietica sugli scritti, l’articolo di Linde sulla «nuovainflazione» sarebbe stato pubblicato soltanto all’inizio del 1982.Durante il convegno, il russo non ebbe l’opportunità di discutere le

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proprie idee con Hawking ma, una volta terminati i lavori, lecircostanze li fecero incontrare. Alla celebrazione del sessantesimocompleanno di Hawking, nel 2002, Linde descrisse in modo vivido siail trauma sia, in ultima analisi, il successo di quel primo incontro.9

L’Istituto di astronomia Sternberg aveva invitato Hawking a tenereuna lezione il giorno dopo la fine del convegno e lui aveva sceltocome tema i problemi della teoria dell’inflazione di Alan Guth.All’ultimo minuto, Linde, che parlava correntemente l’inglese e ilrusso, venne chiamato come traduttore. In questo periodo, Hawkingaveva ormai preso l’abitudine di far tenere i propri discorsi da uno deisuoi studenti, mentre lui si limitava ad ascoltare e, di tanto in tanto,interveniva per fare un commento o una correzione; per qualchemotivo, però, il suo intervento all’Istituto non era stato preparato inquesto modo. In seguito, Linde avrebbe raccontato il tedioso processodi traduzione in due fasi: Hawking diceva qualcosa farfugliando, ilsuo studente si sforzava di comprendere le parole e ripetevachiaramente la frase in inglese, quindi Linde la traduceva in russo. Lecose procedevano con una lentezza estenuante. Tuttavia, Lindeconosceva bene l’argomento e iniziò ad aggiungere delle spiegazioniin russo: Hawking pronunciava una frase, lo studente la ripeteva eLinde la spiegava, evitando a Stephen il fastidio di chiarire ciò cheaveva detto. Hawking non sembrava affatto contrariato e tutto parevafilare liscio, almeno finché continuarono a parlare della vecchia teoriainflazionaria.

A un certo punto, però, Linde sentì lo studente che, ripetendo leparole di Hawking, affermava come Andrei Linde avesse di recente«suggerito un modo interessante per risolvere i problemi della teoriainflazionaria».10 Il giovane scienziato fu contentissimo di tradurrequella frase in russo: i migliori fisici sovietici stavano per sentireStephen Hawking che spiegava la sua teoria! Il suo futuro nella fisicateorica gli parve assicurato, ma solo per pochi secondi: Hawking,infatti, procedette facendo a pezzi anche il nuovo scenarioinflazionario di Linde. Per un’estenuante mezz’ora, quest’ultimo andòavanti imbarazzato a «tradurre ciò che diceva Stephen e spiegare atutti i problemi del mio scenario e le ragioni per cui nonfunzionava».11 Alla fine dell’intervento, Linde prese il coraggio a duemani e disse al pubblico che aveva tradotto le parole di Hawking, manon era d’accordo con lui, spiegandone il motivo; quindi, suggerì che

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lui e Hawking continuassero la discussione in privato. Forse Hawkingavrà interpretato questo invito come un «Vieni a dirlo fuori, se hai ilcoraggio!», ma non c’era ragione di allarmarsi: trovarono un ufficiovuoto e, mentre gli impiegati dell’istituto cercavano in preda alpanico il «famoso scienziato britannico misteriosamente scomparso»,12

i due parlarono per un paio d’ore e quindi si trasferirono all’hotel diHawking per proseguire la discussione. A questo punto, le cose sistavano mettendo molto meglio per Linde: «Iniziò a mostrarmi le fotodella sua famiglia e mi invitò a Cambridge. Fu l’inizio di unasplendida amicizia».13

Hawking non aveva torto a essere insoddisfatto della «nuovainflazione» di Linde. Quest’ultimo aveva suggerito una soluzione alproblema delle bolle dalla simmetria rotta che non potevanocongiungersi fra di loro: supporre che tali bolle fossero grandiabbastanza da far sì che ciò che si sarebbe poi evoluto nella nostraregione dell’universo potesse essere contenuto completamenteall’interno di una singola bolla. Perché questo fosse possibile, ilpassaggio dalla simmetria alla rottura della simmetria avrebbe dovutocompiersi molto più lentamente all’interno della bolla. Hawkingobiettò che le bolle della «nuova inflazione» di Linde avrebberodovuto essere troppo grandi, più di quanto non fosse l’intero universoal momento in cui si stavano verificando questi fenomeni. La teoria,inoltre, prediceva ancora delle variazioni nella temperatura dellaradiazione di fondo a microonde molto più accentuate di quelle cheerano state di fatto osservate.

Non molto tempo dopo il convegno di Mosca, Hawking si recò aPhiladelphia. Durante il discorso in occasione della cerimonia in cuil’Istituto Franklin gli conferì la medaglia Benjamin Franklin per lafisica, si discostò da un tema strettamente scientifico per parlare di unargomento che preoccupava sia lui sia Jane fin dai primi anni del loromatrimonio: la pericolosa minaccia che i sempre più ingenti arsenalinucleari degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica stavano ponendo allavita sulla Terra. Nel lontano 1962, parlando del giovane Stephen,Diana King aveva accennato a Jane Wilde che «va alle marce contro learmi nucleari». A vent’anni di distanza, Hawking non aveva ancorasmesso di marciare.

Poco dopo il suo ritorno a Cambridge, comunque, tornò aimmergersi nel dibattito sull’inflazione. Ricevette una lettera da

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«Physics Letters» che gli chiedeva di recensire il saggio di Lindesull’inflazione, in vista di una possibile pubblicazione14 e luiraccomandò che venisse pubblicato così com’era,15 per quanto sia luisia Linde riconoscessero che conteneva degli errori. L’articolo eranotevole e meritava di essere letto, e se Linde avesse dovuto apportarele necessarie correzioni, i tempi si sarebbero prolungati troppo per viadella censura sovietica. Nel frattempo, Hawking e un suospecializzando, Ian Moss, presentarono alla stessa rivista un articoloin cui suggerivano un modo a loro avviso più soddisfacente per porrefine al periodo inflazionario: se la simmetria si fosse rotta (semprelentamente, come nella proposta di Linde), non solo all’interno dellebolle ma ovunque allo stesso tempo, il risultato sarebbe statoquell’universo uniforme in cui di fatto viviamo.16 Con tutte questeidee in circolazione, Hawking e il suo collega del DAMTP GaryGibbons decisero di organizzare per l’estate seguente un seminariodedicato soprattutto all’inflazione; la superefficiente segretaria diStephen, Judy Fella, si mise al lavoro.

Nel gennaio del 1982, Hawking compì quarant’anni, un traguardoche di certo non si sarebbe aspettato di raggiungere. Ma c’erano anchealtri motivi per festeggiare: il suo nome compariva nell’elenco delleonorificenze del nuovo anno per il conferimento del titolo dicomandante dell’impero britannico. Alla cerimonia d’investitura,tenutasi a Buckingham Palace il 23 febbraio, Robert fece da assistentea suo padre. Da questo momento, Hawking avrebbe potuto mettere lasigla CBE (Commander of the British Empire) dopo il proprio nome.

Far funzionare l’inflazione

Dal 21 giugno al 9 luglio 1982, i maghi della teoria inflazionaria siriunirono infine a Cambridge per il Seminario Nuffield sull’universoprimordiale. Andrei Linde giunse dalla Russia. Oltre ad Alan Guth erapresente anche Paul Steinhardt, un fisico dell’università dellaPennsylvania che, insieme al collega Andreias Albrecht, avevasviluppato una teoria della «nuova inflazione» molto simile a quella diLinde e quasi contemporaneamente a quest’ultimo, pur procedendo inmodo indipendente.* Il contributo di Hawking al meeting fu quello dimostrare in che modo la temperatura dell’universo durante il periodoinflazionario avrebbe potuto condurre inevitabilmente a piccole

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perturbazioni di densità.17

Nel corso dell’estate, Hawking volò di nuovo in California, questavolta a Santa Barbara, per trascorrere qualche settimana al nuovoIstituto di fisica teorica dell’università della California. Era la patria diJim Hartle e, durante il soggiorno di Hawking, i due ebbero modo didiscutere dell’idea che quest’ultimo aveva presentato in Vaticano nelsettembre 1981. La «proposta dell’assenza di confini» era rimasta unpo’ in ombra durante tutti i dibattiti sulla teoria dell’inflazione, maHawking non aveva smesso di pensarci seriamente. Nel corso dei dueanni successivi, lui e Hartle l’avrebbero sviluppata.

* Il commento di Hawking in Dal Big Bang ai buchi neri, secondo cui il papa avrebbe detto agli scienziati che«non dovevamo cercare di penetrare i segreti del Big Bang stesso perché quello era il momento della Creazione equindi l’opera stessa di Dio» (p. 133), è una citazione sbagliata – o un errore di traduzione – delle parole delpontefice.* Linde, Steinhardt e Albrecht sono oggi riconosciuti congiuntamente come padri del «nuovo modelloinflazionario».

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«In tutti i miei viaggi, non mi è mai capitato di cadere dal bordodel mondo»

L’ipotesi di Hawking secondo cui i buchi neri emettono radiazione erastata inizialmente accolta, nel 1974, con scetticismo, ma – comeabbiamo visto – i fisici giunsero presto alla conclusione che non eraaffatto insensata: se le nostre idee nel campo della relatività generalee della meccanica quantistica non sono infondate, anche i buchi neri,come ogni corpo caldo, devono irradiare. Finora nessuno ha maiscoperto un buco nero primordiale ma, nel caso succedesse, i fisiciresterebbero sconvolti se non lo vedessero emettere una pioggia diraggi gamma e raggi X.

Torniamo ora a riflettere sulle particelle che vengono emesse da unbuco nero attraverso il processo della radiazione di Hawking. Incorrispondenza dell’orizzonte degli eventi compare una coppia diparticelle e quella con energia negativa cade dentro il buco. Il fattoche la sua energia sia negativa significa che dal buco viene sottrattaenergia, ma che cosa ne è di quest’ultima? (Come ricorderete, noi nonriteniamo possibile che l’energia semplicemente scompaiadall’universo.) Viene portata via nello spazio assieme alla particellacon energia positiva (si veda il capitolo 6).

Il risultato, come abbiamo visto, è che il buco nero perde massa e ilsuo orizzonte degli eventi si contrae. Nel caso di un buco neroprimordiale, la storia può concludersi con la sua completa sparizione,probabilmente accompagnata da un’impressionante esplosione. Macome è possibile che qualcosa sfugga da un buco nero se nulla gli puòsfuggire? Per risolvere questo mistero, degno degli «enigmi dellacamera chiusa» di Sherlock Holmes, ci voleva qualcuno checondividesse le stesse iniziali del grande detective.

L’idea che la materia in un buco nero non dovesse necessariamenteraggiungere la fine assoluta del tempo in una singolarità aveva fattonascere dei sospetti anche riguardo a un’altra singolarità, quella cheHawking aveva in precedenza posto all’inizio assoluto del tempo. La

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teoria quantistica offriva una nuova possibilità: forse la singolarità delbig bang, per dirla con Hawking, viene «spanta via», nel senso chevedremo. Forse, in fin dei conti, la porta non ci viene sbattuta infaccia.

Hawking fa riferimento a un problema simile – relativo al modelloatomico di Rutherford – che la teoria quantistica aveva già risolto nelNovecento: «C’era un problema riguardo alla struttura dell’atomo, chei fisici ritenevano costituito da un certo numero di elettroni cheorbitavano attorno al nucleo centrale come i pianeti attorno al Sole»(si veda la Figura 2.1). «La vecchia teoria classica prediceva che ognielettrone, a causa del suo moto, avrebbe dovuto irradiare ondeluminose; ora, però, queste onde avrebbero sottratto energia aglielettroni, i quali, di conseguenza, sarebbero caduti sempre più inbasso, seguendo una traiettoria a spirale, fino a precipitare sulnucleo.»1 Tuttavia, poiché sappiamo che, di fatto, gli atomi non vannoincontro a un collasso simile, ne deriva che in questo modellodev’esserci qualcosa di sbagliato.

La situazione venne salvata dalla meccanica quantistica grazie alprincipio di indeterminazione. Abbiamo visto che, per via di questoprincipio, non possiamo conoscere con esattezza, allo stesso tempo,sia la posizione sia il momento di un elettrone. «Se un elettronedovesse finire sul nucleo, avrebbe sia una posizione precisa, sia unavelocità esatta» sottolinea Hawking. «La meccanica quantistica, però,predice che l’elettrone non ha una posizione precisa, ma che laprobabilità di trovarlo è spanta – diffusa – su una certa regioneattorno al nucleo.» Gli elettroni, pertanto, non cadono seguendo unatraiettoria a spirale fino a precipitare sul nucleo; gli atomi noncollassano.

Stando a Hawking «la predizione della teoria classica [secondo laquale gli elettroni dovrebbero finire sul nucleo] è alquanto simile allapredizione della teoria classica della relatività generale secondo cui ilbig bang dovrebbe essere una singolarità di densità infinita».2 Ora,però, sapere che tutto si trova in un punto di densità infinita – al bigbang o in un buco nero – è una misurazione troppo precisa per essereconsentita dal principio di indeterminazione. Per Hawking, questoprincipio dovrebbe «spandere» le singolarità predette dalla relativitàgenerale, proprio come spande su una certa regione la posizione di unelettrone. Come non abbiamo un collasso degli atomi, così –

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sospettava – non ci dovrebbe essere nessuna singolarità all’iniziodell’universo o all’interno di un buco nero; in queste situazioni lospazio sarebbe molto compresso, ma probabilmente non fino a unpunto di densità infinita.

La teoria della relatività generale aveva predetto che, all’interno diun buco nero e in corrispondenza del big bang, la curvatura dellospazio-tempo sarebbe diventata infinita; in caso questo non accadesse(e non sia accaduto nel caso del big bang), Hawking volevadeterminare «quale forma potrebbero invece assumere – al posto diquesto punto di curvatura infinita – lo spazio e il tempo».3

Quanto il tempo è tempo e lo spazio è spazio

Se la seguente discussione vi dovesse sembrare difficile, non esitate asaltarla passando oltre: per apprezzare la teoria di Hawking non ènecessario comprendere ogni parola, ma se ci riuscite la cosa sarà piùinteressante. Certo, la matematica che Hawking usa per descriverla – edi cui avremmo bisogno per comprendere appieno il suo discorso – èmolto più complessa della versione semplificata che troverete qui.

La teoria della relatività unisce lo spazio e il tempo in uno spazio-tempo quadridimensionale: tre dimensioni di spazio e una di tempo.Provate ora a dare un’occhiata all’aspetto di un diagramma spazio-temporale. Eccone uno, disegnato da me, che mostra mia figlia Caitlinmentre, a scuola, si sposta dalla sua classe alla mensa. La lineaverticale, a sinistra, rappresenta lo scorrere del tempo; quellaorizzontale, in basso, tutte le dimensioni dello spazio. Ogni singolopunto nel nostro diagramma spazio-temporale rappresenta unaposizione nello spazio e un momento nel tempo. Vediamo un po’ dicapire come funziona.

Il diagramma (figura 10.1) inizia con Caitlin seduta al suo banco inclasse, alle 12.00. La ragazza è immobile, il che significa che va avantinel tempo, ma senza spostarsi nello spazio; nel diagramma, ciò èrappresentato attraverso una piccola banda di «Caitlin» che avanzanonel tempo. Alle 12.05, la campanella suona: Caitlin si alza e si dirigeverso la mensa (mentre il suo banco continua a spostarsi avanti neltempo senza muoversi nello spazio).

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Fig. 10.1 Caitlin nello spazio-tempo.

Ora Caitlin procede sia nel tempo sia nello spazio. Alle 12.07, si fermaper allacciarsi le scarpe da ginnastica: per un minuto avanza neltempo ma non si muove nello spazio. Alle 12.08, ha ripreso amuoversi verso la mensa, affrettando un po’ il passo per evitare chegli altri studenti si mangino tutto prima del suo arrivo. Alle 12.15,giunge infine alla mensa. Un fisico direbbe che abbiamo tracciato una«linea d’universo» di Caitlin.

Questo nostro diagramma è certo molto abbozzato. Quando i fisicitracciano un diagramma spazio-temporale, spesso usano un’unitàcomune per misurare sia lo spazio sia il tempo; per esempio,potrebbero usare un metro. (Un metro di tempo è una grandezzatemporale molto piccola, equivalente a pochi miliardesimi di secondo:corrisponde al tempo impiegato da un fotone, che si muove allavelocità della luce, per percorrere un metro.) In un diagramma diquesto tipo, se un oggetto si muove di quattro metri nello spazio e diquattro metri nel tempo, la sua linea d’universo traccia un angolo di45 gradi; è la linea d’universo di qualcosa che viaggia alla velocità

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della luce (figura 10.2).

Fig. 10.2 Un diagramma spazio-temporale in cui un metro viene usato come unità comune per misurare sia lospazio sia il tempo. In un diagramma di questo tipo, se un oggetto si muove di quattro metri nello spazio e diquattro metri nel tempo, la sua «linea d’universo» traccia un angolo di 45 gradi; è la linea d’universo di unfotone, o di qualunque altra cosa che viaggia alla velocità della luce.

Se un oggetto si sposta di tre metri nello spazio e di quattro neltempo, si sta muovendo a tre quarti della velocità della luce (figura10.3a); se invece si sposta di quattro metri nello spazio e tre neltempo, sta viaggiando più veloce della luce, il che non è consentito(figura 10.3b).

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Fig. 10.3 (a, b): (a) un diagramma spazio-temporale che mostra la linea d’universo tracciata da un oggetto chesi sposta di tre metri nello spazio e quattro nel tempo: viaggia a tre quarti della velocità della luce. (b) La linead’universo tracciata da un oggetto che si sposta di quattro metri nello spazio e tre nel tempo. Quando, come inquesto caso, la distanza percorsa nello spazio supera quella nel tempo, l’oggetto sta viaggiando a una velocitàsuperiore a quella della luce (cosa non consentita).

Il diagramma successivo (figura 10.4) mostra due eventi cheavvengono simultaneamente. Essi non hanno modo di sapere l’unodell’altro nell’istante stesso in cui avvengono, in quanto, perché ciò siapossibile, l’informazione dovrebbe avere una linea d’universotracciata a un angolo di 90 gradi dall’asse del tempo. Avere una linead’universo simile significherebbe viaggiare più velocemente della luce;nulla però può superare la velocità della luce, e la luce stessa non puòavere una linea tracciata a più di 45 gradi sul diagramma.

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Fig. 10.4 Un diagramma spazio-temporale che mostra due eventi (X e Y) che avvengono simultaneamente ma auna certa distanza spaziale l’uno dall’altro. Essi non possono sapere l’uno dell’altro nell’istante esatto in cuiavvengono, dato che ogni informazione che viaggi dall’uno all’altro deve avere una linea d’universo tracciata aun angolo di non più di 45 gradi dall’asse del tempo; una linea d’universo che corresse a un angolo di più di 45gradi richiederebbe infatti una velocità superiore a quella della luce, cosa che nel nostro universo non èconsentita.

Ora parleremo della «lunghezza» di una linea d’universo. Comepossiamo spiegare che cos’è la lunghezza di una linea d’universo –una «lunghezza» che tiene conto di tutte e quattro le dimensioni?

Esaminiamo la linea d’universo di un oggetto che si muove moltopiù velocemente di Caitlin, spostandosi (figura 10.5) di quattro metrinello spazio e cinque nel tempo: sta cioè viaggiando a quattro quintidella velocità della luce. La distanza che percorre nella direzione«spaziale» del diagramma può essere pensata come il lato di untriangolo (lato A) e quella che percorre nella direzione «temporale»come un secondo lato (lato B); abbiamo così i due lati di un triangolorettangolo. La linea d’universo dell’oggetto in movimento sarà alloral’ipotenusa di quel triangolo (lato C).

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Fig. 10.5 Un triangolo rettangolo dove il lato A corrisponde alla distanza percorsa nello spazio, il lato B a quellapercorsa nel tempo e il lato C – l’ipotenusa – alla linea d’universo percorsa nello spazio-tempo.

La maggioranza di noi ha imparato a scuola che il quadratodell’ipotenusa di un triangolo rettangolo è uguale alla somma deiquadrati degli altri due lati. Il quadrato di 4 (lato A) è 16, quello di 5(lato B) è 25 e la loro somma è 41 (16+25); la lunghezza del lato C,l’ipotenusa, sarà quindi la radice quadrata di 41.

Ora, non perdete tempo a cercare di calcolare il valore di questaradice quadrata: non c’entra, non è il nostro problema. Lo sarebbe sestessimo lavorando con la normale geometria che abbiamo imparatoa scuola, ma per lo spazio-tempo le cose funzionano in modo diverso:in questo caso, infatti, il quadrato dell’ipotenusa (lato C) non è ugualealla somma dei quadrati degli altri due lati, bensì alla loro differenza.Il nostro oggetto percorre quattro metri nello spazio (lato A deltriangolo) e cinque metri nel tempo (lato B). Il quadrato di 4 è 16,quello di 5 è 25; la differenza fra 25 e 16 è 9, e la radice quadrata di 9è 3. Ora sappiamo quindi che il terzo lato del triangolo – il lato C –,che corrisponde alla linea d’universo dell’oggetto in movimento, èlungo tre metri nello spazio-tempo.

Supponiamo adesso, giusto per divertimento, che l’oggetto inquestione sia una persona che indossa un orologio: quest’ultimomostrerà tale lunghezza spazio-temporale (tre metri) come «tempo».Nella figura 10.6, Lauren rimane ferma nello spazio e il suo orologio

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segna che sono passate cinque ore; nel frattempo, l’orologio di suofratello gemello Tim, che si sta muovendo a quattro quinti dellavelocità della luce, segna invece che sono passate soltanto tre ore.Quindi, Tim inverte la rotta e torna indietro alla stessa velocità,segnando ancora tre ore mentre Lauren ne misura altre cinque; allafine, quando i due gemelli si incontrano di nuovo a casa, Tim èdunque leggermente più giovane di Lauren. Questa è una delle cosestraordinarie e incredibili che Einstein ci ha insegnato sull’universo.

Vediamo ora i diagrammi spazio-temporali e le linee d’universo dialcuni oggetti più piccoli, come le particelle elementari.

«Somme sulle storie», ovvero: la probabilità di visitare Venere

Richiamiamo adesso alla mente le posizioni «spante» che gli elettronivenivano ad assumere nel modello dell’atomo di cui abbiamo parlatosopra: queste posizioni risultavano «spante», cioè diffuse su una certaregione, a causa dell’impossibilità di misurare con estrema precisione,allo stesso tempo, sia la posizione di un elettrone sia il suo momento.Richard Feynman affrontava questo problema con un metodo cheviene oggi indicato con l’espressione «somme sulle storie».

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Fig. 10.6 Il «paradosso dei gemelli».

Immaginiamo di considerare tutti i possibili tragitti che Cappuccettorosso potrebbe percorrere per andare da casa sua al cottage dellanonna: non solo la via più rapida in linea d’aria o quella più sicuraper evitare il bosco infestato dai lupi, ma ogni possibile tragitto. Ipercorsi possibili sono miliardi di miliardi e, alla fine, ci ritroviamocon un gigantesco e caotico quadro di Cappuccetto rosso che viaggiaper tutti questi tragitti allo stesso tempo. Ciò non toglie, tuttavia, chealcuni dei percorsi siano più probabili di altri: se studiamo leprobabilità che prenda i vari tragitti, giungiamo alla conclusione cheè molto improbabile che, in un qualche momento fra la partenza dacasa e l’arrivo dalla nonna, la ragazza venga a trovarsi, mettiamo, sulpianeta Venere. Stando a Feynman, però, nemmeno quest’ultimapossibilità può essere esclusa del tutto: la sua probabilità sarà ancheestremamente bassa, ma non è pari a zero.

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In modo analogo, con le somme sulle storie, i fisici determinanoogni possibile traiettoria nello spazio-tempo che una certa particellapotrebbe aver percorso, ossia tutte le possibili «storie» che quellaparticella potrebbe aver avuto. Fatto questo, è quindi possibilecalcolare la probabilità che una particella sia transitata per unparticolare punto, che è un po’ come calcolare la probabilità cheCappuccetto rosso sia andata dalla nonna passando per Venere. (Nonpensiate, comunque, che le particelle scelgano un percorso; ciòsignificherebbe spingere l’analogia molto più in là del dovuto.)

Hawking decise di sfruttare le somme sulle storie per un altroscopo: studiare tutte le differenti storie che l’universo potrebbe avere ecalcolare quali sono le più probabili.

Prima di continuare, occorre che sappiate che anche se la teoriadella relatività ci insegna a pensare le tre dimensioni dello spazio equella del tempo come le quattro dimensioni dello spazio-tempo,restano comunque delle differenze fisiche fra spazio e tempo. Una diqueste ha a che fare con il modo in cui misuriamo la distanzaquadridimensionale fra due punti nello spazio-tempo, l’ipotenusa deltriangolo rettangolo di cui parlavamo sopra.

La figura 10.7a ci mostra due eventi separati (X e Y) su undiagramma spazio-temporale, collegati da una linea d’universotracciata a un angolo di più di 45 gradi dall’asse del tempo; nessunainformazione può passare fra questi eventi senza superare la velocitàdella luce. In un caso come questo, dove la distanza fra i due eventi èmaggiore nello spazio che non nel tempo, il quadrato costruitosull’ipotenusa (lato C) del nostro triangolo è un numero positivo; nellinguaggio della fisica, si dice che il quadrato della «separazionequadridimensionale» fra gli eventi X e Y è positivo.

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Fig. 10.7 (a, b) Una distinzione fra spazio e tempo.

Anche la Figura 10.7b ci mostra due eventi, la distanza fra i quali èmaggiore nel tempo che non nello spazio. La linea d’universo fraquesti due eventi è tracciata a un angolo di meno di 45 gradi dall’assedel tempo: l’informazione può raggiungere Y da X viaggiando a unavelocità inferiore a quella della luce. In questo caso, il quadratocostruito sull’ipotenusa (lato C) del nostro triangolo è un numeronegativo; i fisici dicono che il quadrato della separazionequadridimensionale fra X e Y è negativo.

Forse vi siete persi negli ultimi due paragrafi. In caso contrario, nelvostro cervello potrebbe essersi accesa una lucina rossa: il quadrato diun numero non può essere negativo, nella nostra matematica una cosadel genere non succede. Se tale quadrato fosse un numero negativo,quale numero potrebbe mai essere la sua radice quadrata? Qual è, peresempio, la radice quadrata di -9? Nella nostra matematica, il

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quadrato di qualunque numero (negativo o positivo) è semprepositivo: 3 al quadrato (32) è uguale a 9, così come -3 al quadrato((-3)2). Non possiamo arrivare a -9; è impossibile che il quadrato di unqualunque numero sia un numero negativo.

Stephen Hawking e gli altri matematici e fisici conoscono un modoper aggirare questo problema: immaginare che ci siano dei numeri taliche, moltiplicati per se stessi, diano come risultato dei numerinegativi, e vedere che cosa succede. Diciamo così che l’unitàimmaginaria (i), moltiplicata per se stessa, dà -1; il 2 immaginario(2i), moltiplicato per se stesso, dà -4, e così via. In tal modo, le sommesulle storie delle particelle – e le somme sulle storie dell’universo –possono essere calcolate usando numeri immaginari, in un tempo«immaginario» anziché «reale». Il tempo che occorre per andare dalpunto X al punto Y nella figura 10.7b è un tempo immaginario: è laradice quadrata di -9, ossia 3i.

I numeri immaginari sono uno strumento matematico (un trucco, sepreferite) che ci aiuta a calcolare delle risposte che sarebberoaltrimenti insensate. Il «tempo immaginario» permette ai fisici distudiare meglio la gravità a livello quantistico e offre loro un modonuovo per guardare l’universo primordiale.

Sfocare la velocità della luce?

Se torniamo indietro ai primissimi istanti della vita dell’universo,quando lo spazio si fa sempre più compresso, ci sono meno sceltepossibili su dove si può trovare una particella (la sua posizione) in undeterminato momento; la posizione, cioè, diventa una misurazionesempre più precisa. Per via del principio di indeterminazione, ciò fa sìche la misurazione del momento della particella debba diventaresempre meno precisa.

Consideriamo innanzitutto il fotone, la particella di luce, incircostanze più ordinarie. I fotoni si muovono a 300.000 chilometri alsecondo, la velocità della luce. Ora, devo confessarvi che le cosepotrebbero non essere sempre così. (Se siete arrivati a leggere fino aquesto punto, sarete ormai avvezzi a questo genere di rivelazioni!)Abbiamo visto che la probabilità di trovare un elettrone si spande suuna certa regione attorno al nucleo di un atomo: a certe distanze saràpiù probabile che non ad altre, ma resta comunque

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un’indeterminazione di fondo. Anche per quanto riguarda i fotoni,come per gli elettroni, non è possibile individuare allo stesso tempocon estrema precisione sia la loro posizione sia il loro momento,sempre per via del principio di indeterminazione.

Così, Richard Feynman e altri ci hanno detto che la probabilità cheun fotone stia viaggiando a 300.000 chilometri al secondo potrebbespandersi su una certa «regione» attorno a quella velocità; ciò puòessere considerato come un modo per dire che la velocità di un fotonefluttua più o meno attorno a quel valore che chiamiamo «velocitàdella luce». Sulle lunghe distanze, le probabilità si compensano, cosìda far sì che la velocità di un fotone sia effettivamente di 300.000chilometri al secondo; tuttavia, su distanze molto piccole – a livelloquantistico – c’è la possibilità che un fotone possa muoversi a unavelocità leggermente inferiore o superiore a questo valore. Questefluttuazioni non verranno viste direttamente, ma la traiettoria deifotoni sul diagramma spazio-temporale, che sopra abbiamo tracciatoa un angolo di 45 gradi, diventerà un po’ sfocata.

Ora, se studiamo i primissimi istanti della vita dell’universo, quandolo spazio è incredibilmente compresso, questa linea diventa moltosfocata. Il principio di indeterminazione ci dice che quanto più èprecisa la nostra misurazione della posizione di un fotone, tanto menoprecisa potrà essere quella del suo momento. Quando affermiamo chenell’universo primordiale tutto era compresso fino a una densità quasiinfinita (non una singolarità, ma quasi), stiamo diventandostraordinariamente precisi riguardo alla posizione di particelle come ifotoni; ma quando siamo così precisi sulla posizione, la nostraimprecisione riguardo al momento deve crescere enormemente.Approssimandoci alla densità infinita, ci avviciniamo così anche a unnumero infinito di possibilità riguardo al valore della velocità di unfotone. E che cosa accade al nostro diagramma spazio-temporale?Guardiamo la figura 10.8. La linea d’universo di un fotone, che incircostanze ordinarie è tracciata a un angolo di 45 gradi, viene aspandersi terribilmente, fluttuando e increspandosi in modo selvaggio.

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Fig. 10.8 Il principio di indeterminazione nell’universo primordiale.

Ecco un altro modo di pensare alla causa di queste «increspature», unmodo che la collegherà più chiaramente ad altri concetti che aveteletto in questo libro. Viaggiare indietro fino ai primissimi istanti divita dell’universo è come contrarci fino a una grandezza cosìminuscola da poter vedere che cosa accade sulla scaladell’estremamente piccolo. Potete immaginarvi la cosa nei seguentitermini: se guardate questa pagina, vi sembrerà liscia. Potete anchepiegarla leggermente, ma sarà sempre liscia. Allo stesso modo, anchese c’è un po’ di curvatura, lo spazio-tempo attorno a noi ci sembraliscio. Se però esaminate questa pagina sotto un microscopio, vedretetutta una serie di curve e protuberanze. Analogamente, se guardate lospazio-tempo a un livello estremamente minuscolo – miliardi dimiliardi di volte più piccolo di un atomo – troverete delle violentefluttuazioni nella geometria dello spazio-tempo (figura 10.9).Torneremo a discutere di questo punto nel capitolo 12, doveapprenderemo che questa situazione potrebbe portare alla formazionedi oggetti chiamati «cunicoli spazio-temporali»; per adesso, il puntoda notare è che troveremmo queste stesse, violente fluttuazioni anchenei primissimi istanti dell’universo, quando tutto era compresso fino aquesta piccolezza estrema.

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Come si può spiegare questa situazione caotica e violenta? Anchequi, dobbiamo fare appello al principio di indeterminazione. Comeabbiamo visto nel capitolo 6, questo principio ci dice anche che uncampo – come quello elettromagnetico o quello gravitazionale – nonpuò avere un preciso valore e un’esatta velocità di cambiamento neltempo. Ora, «zero» sarebbe un valore preciso, dunque un campo nonpuò misurare zero; e visto che nello spazio vuoto tutti i campidovrebbero misurare esattamente zero, ne segue che non può esisterenemmeno uno spazio vuoto: niente zero, niente spazio vuoto. E checosa abbiamo al posto dello spazio vuoto? Abbiamo una fluttuazionecontinua nei valori di tutti i campi, un oscillare un po’ verso il latopositivo e un po’ verso quello negativo dello zero, così da ottenereuna media di zero senza tuttavia essere zero. Questa fluttuazione puòessere pensata facendo riferimento alle coppie di particelle virtualiche abbiamo incontrato nella discussione sulla radiazione di Hawking.La produzione di coppie di particelle è maggiore dove la curvaturadello spazio-tempo è più accentuata e cambia con più rapidità; è perquesto motivo che ci aspettiamo di trovarne così tante incorrispondenza dell’orizzonte degli eventi di un buco nero.

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Fig. 10.9 Il vuoto quantistico, come è stato immaginato da Wheeler nel 1957, diventa via via più caotico manmano che scendiamo a esaminare delle regioni di spazio sempre più piccole. Sulla scala di un nucleo atomico(in alto), lo spazio sembra ancora molto liscio. Ispezionandolo molto più da vicino (nel mezzo), vediamo cheinizia a emergere una certa scabrosità. Su una scala mille volte più piccola rispetto alla precedente (in basso),la curvatura presenta violente fluttuazioni.

Nei primissimi istanti dell’universo, abbiamo una curvatura estremadello spazio-tempo soggetta a rapidissimi cambiamenti: le fluttuazioniquantistiche in tutti i campi, incluso quello gravitazionale, diventanomolto violente. Affermare che ci sono violente fluttuazioni in uncampo gravitazionale equivale a dire che ci sono violente fluttuazioninella curvatura dello spazio-tempo. Non stiamo parlando di grandicurve, ma di una sorta di lunghe onde oceaniche: stiamo parlando diogni tipo di pieghe, increspature e mulinelli che mutanocontinuamente. In un ambiente così bizzarro e selvaggio, alla linead’universo di un fotone accadono cose strane. Si vedano di nuovo lefigure 10.8 e 10.9.

Qualunque di queste spiegazioni sia la nostra preferita, il punto èche la differenza fra la direzione temporale e le direzioni spazialiscompare; quando il tempo assomiglia allo spazio, non abbiamo più

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la nostra familiare situazione in cui i vettori di tipo tempo giaccionosempre entro un angolo di 45 gradi e quelli di tipo spazio si trovanooltre.

Hawking riassume ciò che abbiamo appena visto nei seguentitermini: «Nei primissimi istanti dell’universo, quando lo spazio èmolto compresso, l’effetto sfocante del principio di indeterminazionepuò cambiare la distinzione fondamentale fra spazio e tempo». Non èpiù vero che se due punti sono più lontani nel tempo che non nellospazio il quadrato della loro separazione nello spazio-tempoquadridimensionale (il quadrato dell’ipotenusa del nostro triangolo) ènecessariamente un numero negativo: «È possibile che il quadrato diquella separazione divenga positivo, in determinate circostanze. Inquesto caso, lo spazio e il tempo perdono la loro rimanentedistinzione – potremmo dire che il tempo diventa completamentespazializzato – ed è quindi più accurato parlare non di uno spazio-tempo, bensì di uno spazio quadridimensionale».4

Quando il tempo diventa spazializzato

Come possiamo raffigurarci tutto questo? Come possiamo concepirequesta bizzarra situazione in cui uno spazio quadridimensionale vatranquillamente a prendere il posto dello spazio-tempo come loconosciamo, in cui il tempo scorre come tempo? Usando il tempoimmaginario possiamo rappresentarci lo spazio quadridimensionale,dove il tempo come lo conosciamo non esiste, ma si ripiega su sestesso fino a formare una superficie chiusa, una superficie senzanessun bordo o confine. Se pensate di riuscire a raffigurarvi una cosadel genere in quattro dimensioni, o vi sbagliate o il vostro cervello haappena compiuto un nuovo passo nello sviluppo evolutivo dellamente umana: la maggior parte di noi, infatti, è condannata a pensarequesto genere di cose soltanto in un numero più ridotto di dimensioni.È facile raffigurarsi un oggetto con meno dimensioni che non abbiabordi o confini: la superficie di una palla, per esempio, o la superficiedella Terra.

Nel primo modello di Friedmann dell’universo, quest’ultimo non erainfinito, ma aveva dimensioni finite; anche in quel modello, però,l’universo era «sconfinato», nel senso che non aveva confini, nonaveva bordi nello spazio. Era come la superficie di una palla: non ha

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bordi, pur avendo una grandezza finita. Hawking pensa che l’universopossa essere finito e tuttavia privo di confini nello spazio e nel tempo.Il tempo potrebbe non avere né inizio né fine: si riavvolge interamentesu se stesso e forma una superficie chiusa, come la superficie terrestre.

Ciò ci lascia alquanto smarriti. Siamo in grado di raffigurarci lasuperficie della Terra, e possiamo concordare sul fatto che sia finita epriva di confini, ma che aspetto avrebbe un universo finito e privo diconfini nello spazio e nel tempo? È difficile stabilire mentalmente unaconnessione tra l’immagine di una palla e un qualunque concettosignificativo di un universo quadridimensionale: se solo ci proviamo,finiamo per sentirci come dei ciechi che brancolano nel buio.Vediamo allora se possiamo aggiungere qualche altro dettaglio ingrado di aiutarci.

Per prima cosa, diciamo come non sarebbe. Non ci sarebbero«condizioni al contorno» – lo stato in cui si trovavano le cose al puntoesatto dell’inizio –, dato che non ci sarebbe nessun punto di inizio,nessun confine. Il tutto, semplicemente, si ripiegherebbe su se stessofino a richiudersi. Hawking ci suggerisce di dirlo in questi precisitermini: le condizioni al contorno dell’universo sono che non c’ènessun «contorno», che non ci sono confini. Non ci sarebbero né uninizio né una fine dell’universo, da nessuna parte. Non vi venga quindineanche in mente di chiedere: ma che cosa c’era prima? Sarebbe comedomandare che cosa c’è a sud del Polo Sud. Un cartello che indichi«sud» non avrebbe alcun senso al Polo Sud; allo stesso modo, unafreccia del tempo che indichi «di qua per il passato» non ha alcunsenso quando la dimensione temporale si è «spazializzata».

Alcuni di voi si chiederanno: se l’universo non ha un prima o undopo nella dimensione temporale, ci potrebbe comunque essere un«altrove», un qualunque altro posto, un qualcosa di esterno a un taleuniverso nelle dimensioni spaziali? Il modello di Hawking non diceche non c’è. Ma è possibile che ci sia un esterno se non c’è nessunconfine? Il modello della palla ci mostra un senso in cui ciò èpossibile: questo esterno si trova nella direzione in cui la formica sullasuperficie del palloncino – nell’esempio del capitolo 6 – vedrebbe sepotesse guardare «fuori» dalla superficie (cosa che, come ricorderete,non può fare). Quella dimensione non esiste per la formica, ma ciònon significa necessariamente che non esista affatto. L’idea che cisiano degli «altrove» nello spazio ma nessuno nel tempo (né prima né

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dopo) si accorda bene con il concetto per cui il tempo in cui viviamoè solo una temporanea mutazione di quella che, in realtà, è unaquarta dimensione spaziale.

Dato che tutto questo potrebbe apparire troppo complicato peravere un senso, proviamo a guardare le cose in un modo più pratico.Chiediamoci, di nuovo, che aspetto avrebbe un universo che fossefinito e privo di confini nel tempo e nello spazio. I calcoli sonoestremamente difficili; tuttavia, ciò che paiono dirci è che un universodi questo tipo potrebbe essere come il nostro.

Per citare le parole di Hawking:Essi predicono che l’universo dovrebbe aver avuto inizio in uno stato piuttosto omogeneo e uniforme.Avrebbe attraversato un periodo di cosiddetta espansione esponenziale o «inflazionaria», durante il quale lesue dimensioni sarebbero cresciute di un fattore molto grande ma la densità sarebbe rimasta la stessa.L’universo sarebbe quindi diventato estremamente caldo e si sarebbe espanso fino allo stato in cui lovediamo oggi, raffreddandosi mentre si espandeva. Sarebbe uniforme e apparirebbe identico in ognidirezione su scale molto grandi, ma conterrebbe irregolarità locali che si svilupperebbero in stelle egalassie.5

Nel tempo reale – quello in cui viviamo – ci sembrerebbe comunqueche vi siano delle singolarità all’inizio dell’universo e all’interno deibuchi neri.

Hawking e Jim Hartle presentarono alla comunità scientifica questomodello di universo senza confini nel 1983. Hawking ci teneva asottolineare che si trattava solo di una proposta; non aveva dedottoqueste condizioni al contorno da qualche altro principio. Il modello,comunque, gli piaceva: pensava «che sta veramente alla base dellascienza, dato che possiamo vederlo come la chiara affermazione chele leggi della scienza valgono ovunque».6 Non c’è nessuna singolaritàdove queste leggi perdano la loro validità. Questo tipo di universo èautosufficiente. Dobbiamo spiegare come è stato creato? Ma èdavvero necessario che sia stato creato? «Esso, semplicemente,sarebbe» scrive Hawking.7

«Ci sarebbe ancora posto, in tal caso, per un Creatore?»

Ciò solleva alcuni spinosi problemi filosofici. Come afferma Hawking:«Se l’universo non ha confini ma è autosufficiente, racchiuso in sestesso […] Dio non avrebbe avuto nessuna libertà nella scelta di comel’universo abbia avuto inizio».8

Hawking non ha detto che la proposta dell’assenza di confini

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esclude l’esistenza di Dio, ma solo che Dio non avrebbe avuto nessunascelta riguardo al modo in cui l’universo ha avuto inizio. Altriscienziati non sono però d’accordo: non ritengono, cioè, che laproposta dell’assenza di confini limiti poi di molto la libertà di Dio.Se Dio non avesse nessuna scelta, dovremmo ancora chiederci chi hadeciso che Dio non avrebbe avuto scelta; e forse, suggerisce il fisicoKarel Kuchar, è stata proprio quest’ultima la scelta fatta da Dio. DonPage, che recensì Dal Big Bang ai buchi neri per l’edizione inglese dellarivista «Nature», abbraccia un punto di vista simile. Page, comericorderete, era stato assistente di Hawking sul finire degli anniSettanta; in seguito, si era trasferito in Canada per diventareprofessore all’università dell’Alberta di Edmonton. Lui e Hawkingerano ancora buoni amici e continuavano a collaborare alla stesura diarticoli scientifici, e Hawking era del tutto consapevole che Pageavrebbe probabilmente presentato qualche argomentazione perconfutare l’idea secondo cui la proposta dell’assenza di confiniabolirebbe la necessità di un Creatore. E, in effetti, fu proprio quelloche fece.

Alla domanda di Hawking «Ci sarebbe ancora posto, in tal caso, perun Creatore?», Page rispose che, nel pensiero giudaico-cristiano, «Diocrea e sostiene l’universo nella sua interezza, non solo il suo inizio.Che l’universo abbia avuto o meno un inizio non ha rilevanza ai finidel problema della sua creazione, così come il fatto che la lineatracciata da un artista abbia un inizio e una fine, o formi invece uncerchio senza nessun punto terminale, non ha rilevanza ai fini delproblema del suo essere stata disegnata».9 Un Dio che esista al di fuoridel nostro universo e del nostro tempo non avrebbe avuto bisogno diun «inizio» per creare; ma, dal nostro punto di vista nel tempo «reale»,ci potrebbe comunque sembrare che un «inizio» ci sia stato.

In Dal Big Bang ai buchi neri, lo stesso Hawking ipotizza chepotrebbe esserci ancora un ruolo per un Creatore: «La teoria unificataè così cogente da determinare la sua propria esistenza?». E, se non loè: «Che cos’è che infonde vita nelle equazioni e che costruisce ununiverso che possa essere descritto da esse?».10 In Come leggere StephenHawking: Dal Big Bang ai buchi neri, il libro uscito come vademecumper il film, Hawking avrebbe dichiarato che, se la propostadell’assenza di confini si fosse rivelata corretta, sarebbe riuscito ascoprire come ha avuto inizio l’universo: «Ma ancora non so perché è

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cominciato».11 Ed era questo ciò che intendeva scoprire, nel caso glifosse possibile.

Tutto questo ci serve da avvertimento: anche se i fisici teorici sipongono domande provocatorie e penetranti e ci presentano teorie eproposte incredibili, essi non sostengono di essere venuti a darci «lerisposte ultime» (anche se il sottotitolo di un libro successivo, alla cuistesura Hawking ha partecipato come coautore, potrebbe suggerire ilcontrario). La scienza migliore progredisce ipotizzando delle«risposte» per poi sforzarsi di smontarle e confutarle; gli scienziati piùaudaci e ricchi di immaginazione calano in acqua le loro barchette epoi, a quanto sembra, ce la mettono tutta per farle affondare.

Il lavoro di Hawking ci offre un ottimo esempio di questoatteggiamento. All’inizio aveva dimostrato che l’universo aveva avutoinizio come una singolarità; quindi, con la sua proposta dell’assenzadi confini, ci ha mostrato che, in fin dei conti, forse non c’era nessunasingolarità. Nel frattempo, ci aveva spiegato che i buchi neri nonpotevano rimpicciolire, per poi scoprire che potevano farlo. Il suolavoro sulla singolarità del big bang sembrava in linea con unavisione biblica della creazione, ma la sua proposta dell’assenza diconfini lasciava disoccupato il Creatore (o, perlomeno, cambiava ladescrizione del lavoro). In Dal Big Bang ai buchi neri, Hawkingipotizzava che forse avremmo avuto comunque bisogno di unCreatore, e che «il trionfo definitivo della ragione umana» sarebbestato quello di conoscere «la mente di Dio».12 Come tutti i grandipensatori, Hawking sa provocare e ha una mentalità aperta: primaraggiunge delle conclusioni ben definite e supportate da prove e poi,l’istante dopo, le mette in discussione e le smonta senza pietà. Nonesita ad ammettere che una sua precedente conclusione era scorretta oincompleta. È così che la sua scienza – e, forse, tutta la scienzamigliore – procede; ciò, inoltre, è anche uno dei motivi per cui lafisica sembra così piena di paradossi.

Nel corso del suo lavoro, Hawking ha fornito il materiale pereloquenti citazioni che possono essere usate per sostenere punti divista filosofici opposti: è stato citato – correttamente e scorrettamente– sia da chi crede in Dio sia da chi non crede. È stato l’eroe e il cattivodi entrambi gli schieramenti. Tuttavia, chi dipende dalle sueaffermazioni, o da quelle di altri scienziati, per sostenere la propriafede o la propria assenza di fede, corre il rischio di vedersi franare il

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terreno sotto i piedi in un qualunque momento.Nel frattempo, anche se ci potrebbe sembrare che con la proposta

dell’assenza di confini Hawking abbia invertito completamente lapropria prospettiva, lui non la vedeva affatto in questo modo. Disseche la cosa più importante nel suo lavoro sulle singolarità era chemostrava che un campo gravitazionale deve diventare così forte dapermetterci di ignorare gli effetti quantistici; quando però smettiamodi ignorare gli effetti quantistici, scopriamo che l’universo potrebbeessere finito nel tempo immaginario ma non avere confini osingolarità.

L’inflazione diventa caotica

Nel 1983, lo stesso anno in cui Hawking e Jim Hartle pubblicarono laloro proposta dell’assenza di confini, Andrei Linde risolvette alcunidegli ancora ardui problemi della teoria dell’inflazione, formulandouna nuova ipotesi. La prima persona in Occidente con cui parlò dellasua «inflazione caotica» fu Hawking, che ne rimase entusiasta.

Sia la «vecchia» sia la «nuova» teoria dell’inflazione avevanosupposto che quest’ultima fosse soltanto una breve fase intermedianella storia dell’universo primordiale, che prima dell’iniziodell’inflazione l’universo si trovasse in uno stato di equilibrio termico(ossia, che c’era ovunque la medesima temperatura) e che fosserelativamente omogeneo e grande abbastanza da sopravvivere finoall’avvio del processo inflativo. Linde abbandonò queste assunzioninel suo scenario dell’inflazione caotica, che non richiedeva l’equilibriotermico e in cui l’inflazione poteva iniziare prima, più vicino al bigbang.

Prima del periodo inflazionario, l’universo avrebbe potuto trovarsiin uno stato caotico. Tutto ciò di cui c’era bisogno era che minuscoleparti di quel caos fossero in grado di gonfiarsi, diventando piùuniformi e più isotrope nel corso di questo processo (come deipalloncini che prima di essere gonfiati sono dei pezzi di gommaraggrinziti e, alla fine, hanno una superficie liscia). Per quel che nesappiamo, solo una singola, minuscola parte del caos – la nostra – si ècomportata in questo modo, anche se non è probabilmente verosimileche ce ne sia stata soltanto una. In ogni caso, il nostro palloncino,mentre si gonfiava, spingeva sempre più lontano le altre piccole parti

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che si stavano a loro volta gonfiando, fino a relegarle al di là delnostro universo osservabile, dell’orizzonte di ciò che possiamo vedere;forse qualche altra parte dell’universo è ancora caotica, o forse tutto èdiventato ovunque uniforme.

Nell’inflazione caotica, non ci sono transizioni di fase osottoraffreddamenti. C’è invece un campo che presenta valori elevatiin alcune regioni dell’universo ma non in altre, una sorta di «felicenegligenza del Creatore», come dice Linde.13 L’energia nelle regionicon i valori elevati, pensava il fisico russo, sarebbe abbastanza grandeda avere un effetto gravitazionale repulsivo, provocando una loroespansione inflazionaria; ciò non si potrebbe verificare, invece, nelleregioni dove il campo ha valori troppo piccoli. Nelle regionisottoposte all’inflazione, quest’ultima creerebbe enormi isoleomogenee nel mare del caos originario, ognuna delle quali sarebbemolto più grande del nostro universo osservabile; in queste regioni,l’energia del campo diminuirebbe molto lentamente e, in alcune diesse, permetterebbe infine all’espansione di raggiungere il livello cheosserviamo oggi. Dato un numero sufficiente di queste regioni, cisarebbe un’elevata probabilità di trovarne una dove le condizionisiano tali da produrre un universo simile a quello che conosciamo,con le costanti naturali – che nelle nostre teorie sono elementiarbitrari – tarate proprio nel modo giusto per consentire, infine, lacomparsa di forme di vita come noi. Forse soltanto in una; nel qualcaso, si tratterebbe della nostra.

Sembra una soluzione soddisfacente della storia, ma… le cose nonfiniscono qui. La teoria dell’inflazione caotica, infatti, prediceva ancheuna «seconda fase di inflazione» che si dovrebbe verificare molto piùtardi, un aumento della velocità di espansione dell’universo chedovrebbe avvenire… forse proprio nella nostra era moderna. Neiprimi anni Ottanta, quest’idea suonava come fantascienza anche aStephen Hawking e persino allo stesso Linde; come vedremo, però,alla fine del secolo non sarebbe più stata qualcosa di fantascientifico.

Nel frattempo, l’aspetto più notevole della teoria dell’inflazione,come iniziava a essere concepita nei primi anni Ottanta, era che, perquanto i teorici avessero ancora idee differenti riguardo al modo incui l’inflazione si era verificata, c’era accordo sul fatto che l’interouniverso osservabile che conosciamo oggi potrebbe aver avuto origineda un’irregolarità di massa ed energia molto più piccola di quanto

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chiunque avesse fino ad allora ritenuto possibile. Come afferma JohnBarrow in The Book of Universes: «Anziché sradicare [le irregolarità],l’inflazione le ha semplicemente spazzate via, spingendole al di làdell’orizzonte visibile nell’universo odierno. Esse saranno ancora daqualche parte là fuori, lontano, ma l’intero nostro universo osservabileriflette l’elevata isotropia e la grande uniformità di una minuscolaporzione di spazio che è stata sottoposta all’inflazione».14

Certo, il nostro universo non è completamente uniforme: abbiamosistemi solari, galassie e raggruppamenti di galassie. Anche subitodopo l’inflazione, la parte che si sarebbe espansa fino a diventare ilnostro attuale universo visibile non doveva essere stata perfettamenteliscia come l’immagine del palloncino gonfiato potrebbe suggerire:sarebbe stata tesa, sì, ma non così tanto da non avere ancora quellepiccole variazioni che sarebbero state i semi da cui avrebbero avutoorigine tutte le straordinarie strutture che vediamo oggi – le modernevariazioni, su larga scala, nella densità.

Già al tempo della conferenza organizzata da Hawking e Gibbons aCambridge, nell’estate del 1982, i partecipanti avevano compreso chel’inflazione avrebbe prodotto un particolare schema di variazioni,15

che si sarebbe poi manifestato come uno schema riconoscibile didifferenze nella temperatura della radiazione cosmica di fondo amicroonde. A quei tempi, le osservazioni non erano però ancora ingrado di mostrare uno schema del genere; ciononostante – e anche senon ci potrà mai essere un testimone oculare degli eventi con cui ilnostro universo ha avuto inizio –, nella disputa pro e control’inflazione si sperava che, un giorno, sarebbe stato possibile trovareuna qualche prova che stabilisse se i sostenitori di questa teoriaavevano ragione.

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«Ogni tartaruga poggia su un’altra tartaruga»

Nella primavera del 1982, Lucy aveva undici anni e stava finendo laquinta elementare presso la scuola Newnham Croft. Insieme ai suoigenitori aveva deciso che la scelta migliore per la tappa successivadella sua istruzione sarebbe stata la Perse School for Girls diCambridge; suo fratello Robert aveva frequentato la Perse School forBoys dall’età di sette anni. Negli anni Sessanta, la necessità pratica ditrovare un lavoro così da potersi sposare aveva spinto Hawking allaricerca delle singolarità; questa volta, un’altra necessità materiale –quella di reperire i fondi per pagare le tasse scolastiche di Lucy – lolanciò in una nuova impresa che avrebbe avuto un impatto di vastaportata sugli Hawking e su tante altre persone nel mondo. Tutto iniziòcon la decisione di Stephen di provare a guadagnare qualcosascrivendo un libro sull’universo: non un testo accademico, maun’opera indirizzata a chi non aveva una formazione scientifica.

Naturalmente c’erano già altri libri divulgativi sull’universo e ibuchi neri, tuttavia, secondo Hawking, nessuno di essi parlavaabbastanza delle questioni più interessanti, quelle che lo avevanospinto a studiare la cosmologia e la teoria quantistica. Da dove èvenuto l’universo? Come e perché ha avuto origine? Avrà anche unafine e, se sì, in che modo? Esiste una teoria completa dell’universo e ditutto ciò che contiene? Siamo vicini a trovarla? C’è bisogno di unCreatore?

Queste domande, pensava, dovrebbero interessare tutti, non solo gliscienziati. Tuttavia la scienza era diventata così tecnica e specialisticache il grande pubblico era rimasto tagliato fuori da tali discussioni; iltrucco nella stesura di questo libro sarebbe allora stato quello direnderlo comprensibile ai non-scienziati, il che significava non usarepraticamente nessuna formula matematica. Si mise così al lavoro,iniziando a dettare il volume, e terminò la prima bozza nel 1984.

Dettare un libro di questa lunghezza era un lavoro assaiimpegnativo, e Hawking voleva quindi che raggiungesse il maggior

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numero possibile di persone. Le sue precedenti opere erano statepubblicate dalla Cambridge University Press, una delle più prestigiosecase editrici accademiche del mondo, ma dopo aver discusso con lorodella sua proposta e aver sentito la loro previsione sulle vendite(20.000 copie all’anno nel mondo), Hawking decise che avrebbepotuto raggiungere risultati migliori con un editore più in sintoniacon il mercato di massa. Voleva che il suo libro venisse venduto anchenelle edicole degli aeroporti. Il suo agente letterario americano cercòdi dissuaderlo da questa iniziativa: studenti e professori avrebberocomprato il libro, ma il grande pubblico probabilmente no. Hawkingla pensava diversamente.

Diversi editori britannici respinsero la proposta – una decisione dicui si sarebbero poi pentiti –1 ma ci furono anche alcune offerte; unadelle più sorprendenti arrivò dalla Bantam, che Hawking finì perscegliere contro il parere del suo agente. Probabilmente questa casaeditrice non era specializzata nella pubblicazione di operescientifiche, però vendeva molti, moltissimi libri negli aeroporti. LaBantam pagò 250.000 dollari per i diritti d’autore in America, e laBantam-Transworld offrì 30.000 sterline per quelli nel Regno Unito;sborsare tutti questi soldi per un libro scientifico era certo un rischio,ma si trattò di una delle migliori scommesse mai fatte da un editore.

Un anno sull’orlo del precipizio

Il 1985 fu un anno difficile per la famiglia Hawking. Quell’estate,Stephen aveva progettato di trascorrere un mese al CERN di Ginevra;fra le altre cose, avrebbe voluto esplorare le implicazioni di alcunirecenti calcoli di Don Page e Raymond LaFlamme che avevano a chefare con le frecce del tempo. Hawking, le sue infermiere, la suasegretaria Laura Gentry e alcuni dei suoi studenti lasciaronoCambridge e si recarono direttamente in Svizzera, mentre Jane,Jonathan, Lucy e Tim fecero un giro più largo e avventuroso,fermandosi in campeggio in Belgio e in Germania. Lì avrebberodovuto incontrare Stephen al Festival di Bayreuth, dove si sarebberotolti i vestiti da campeggiatori per indossare gli abiti da sera e andaread assistere al Ciclo dell’anello di Wagner. In quei giorni erano tutti piùpreoccupati per Robert – che stava partecipando a un’escursione digiovani scout in Islanda ed era al momento impegnato a fare trekking

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sull’isola e a navigare in canoa lungo le sue coste settentrionali – chenon per Stephen, al sicuro nella tranquilla Svizzera.2

Alla vigilia del loro arrivo a Bayreuth, Jane trovò un telefonopubblico a Mannheim e chiamò il marito in Svizzera per mettersid’accordo per il giorno dopo. Le rispose Laura Gentry, dicendole,sconvolta, di correre subito a Ginevra: Stephen era in ospedale con lapolmonite e la situazione sembrava grave. Al suo arrivo, Jane vide cheil panico di Laura era più che giustificato: Stephen, in coma indotto,era attaccato alle macchine del supporto vitale. La sua vita era legataa un filo.

I medici – che sapevano che Hawking era affetto da SLA e che lesue condizioni fisiche in futuro sarebbero solo peggiorate, ma cheignoravano la sua determinazione di vivere – diedero a Jane la sceltase staccare o meno la spina. Per lei fu una decisione difficile. L’unicomodo per salvargli la vita sarebbe stato quello di compiere unatracheotomia; in seguito, non ci sarebbero più stati problemi di tosse esoffocamento, ma non sarebbe mai più stato in grado di parlare oemettere suoni vocali. Sembrava un prezzo terribile da pagare.Hawking parlava lentamente ed era difficile comprendere quello chediceva; però parlava, e quello era il suo unico mezzo dicomunicazione, senza il quale non avrebbe potuto continuare la suacarriera o anche solo conversare con gli altri. Per lui, sarebbe valsa lapena di sopravvivere così? Pur con tutti i profondi dubbi che laattanagliavano, Jane ordinò che gli permettessero di continuare avivere: «Il futuro sembrava molto, molto tetro» ricorda. «Nonsapevamo come avremmo fatto a tirare avanti, o se lui sarebbesopravvissuto. È stata una mia decisione […] ma a volte mi è capitatodi chiedermi “Che cosa ho fatto? In che sorta di vita l’ho lasciato?”.»3

Quando Hawking riprese un po’ di forze, l’università di Cambridgegli pagò un’ambulanza aerea per riportarlo a Cambridge, dove vennericoverato in terapia intensiva all’Addenbrooke’s Hospital. I dottoricercarono un’ultima volta di evitare l’operazione, ma ogni tentativo distaccarlo dal respiratore artificiale gli provocava una nuova crisi disoffocamento; non restava altro da fare che procedere con latracheotomia. Hawking ricorda che, in questo periodo, aveva sognatopiù volte di volare in mongolfiera, e decise di interpretare questi sognicosì vividi come un segno di speranza.

Rimasto in ospedale per la lunga convalescenza, Hawking non

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respirava più dalla bocca e dal naso, ma da un piccolo foropermanente che gli era stato aperto nella gola, più o meno all’altezzadel colletto della camicia. Per comunicare, ormai, poteva sololimitarsi a scandire le parole lettera per lettera, alzando lesopracciglia quando qualcuno indicava la lettera giusta su una tabella.

Dopo diverse settimane di terapia intensiva, i medici gliconsentirono di tornare a casa le domeniche pomeriggio. Jane nonvoleva che vivesse in una casa di cura, ma che rimanesse con lei, iloro figli e Jonathan. A partire dal 1980, le infermiere del serviziopubblico e privato organizzato da Martin Rees avevano iniziato avenire per un’ora o due ogni mattina e sera per aiutare Jane, Jonathane l’assistente ricercatore a prendersi cura di Stephen; ora, però, loscienziato avrebbe avuto bisogno, per tutta la vita, di assistenzainfermieristica ventiquattr’ore su ventiquattro. Il costo eraastronomico, ben al di là delle possibilità degli Hawking. Il Serviziosanitario nazionale, che in Gran Bretagna è finanziato con fondipubblici, avrebbe pagato per il ricovero in una casa di cura, mapoteva offrire solo poche ore di assistenza a domicilio, inviando delleinfermiere che si prendessero cura di Stephen e lo aiutassero a lavarsi.«Non avevamo assolutamente modo di pagare l’assistenzadomiciliare» ricorda Jane.4 Non solo la carriera di Hawking comefisico, ma anche ogni sua possibilità di condurre una vita appagantesembrava ormai giunta al termine; era una fine che arrivava moltopiù tardi di quanto si fossero aspettati, ma ciò non bastava certo arenderla meno amara.

«A volte le cose ci sembravano davvero terribili, ma poi da quellecrisi è uscito qualcosa»5 commentò Jane, recuperando un po’ diquell’ottimismo che l’aveva accompagnata fin dall’inizio delmatrimonio. Venuto a sapere della situazione del suo amico, ilcaliforniano Kip Thorne si mise subito in contatto con Jane e lesuggerì di provare a chiedere un finanziamento alla fondazione JohnD. and Catherine T. MacArthur, nel cui consiglio d’amministrazionesedeva un altro loro amico, il fisico delle particelle Murray Gell-Mann.La fondazione MacArthur accettò di aiutarli dapprima per un periododi prova, con un sussidio sufficiente a coprire l’assistenzainfermieristica. Dopo più di tre mesi di ricovero in ospedale, Hawkingfece quindi ritorno a casa, in West Road, ai primi di novembre.

Un inatteso raggio di speranza illuminò l’orizzonte quando un

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esperto californiano di informatica, Walt Woltosz, inviò loro unprogramma che aveva scritto per la propria suocera disabile.«Equalizer» permetteva all’utente di selezionare le parole dalloschermo di un computer e integrava anche un sintetizzatore vocale.Uno degli studenti di Hawking, in aggiunta, implementò una sorta dimouse, così che Stephen potesse adoperare il programma tramite unpiccolissimo movimento che era ancora in grado di fare, schiacciandoquesto interruttore che teneva in mano. Se non ci fosse riuscito,avrebbe potuto attivare il programma con un movimento della testa odell’occhio.

Ancora troppo debole e malato per riprendere le sue ricerche,Hawking si mise a far pratica con il computer. Il primo messaggio cheprodusse dopo essere riuscito a far dire «Hello» alla voce del computer– quella voce sintetizzata che era destinata a diventare famosa intutto il mondo –, fu per chiedere allo studente che lo assisteva, BrianWhitt, di aiutarlo a finire di scrivere il suo libro divulgativo.6 Prima dirimettersi al lavoro, però, avrebbe dovuto acquistare una maggioredimestichezza con Equalizer. Dopo non molto tempo, comunque, eragià in grado di produrre dieci parole al minuto; non era molto, mabastò a convincerlo che avrebbe potuto continuare la sua carriera.«Era un processo un po’ lento,» ha dichiarato «ma io pensolentamente, e quindi mi andava molto bene.» In seguito, la suavelocità sarebbe migliorata: per un certo periodo, riuscì anche aprodurre più di quindici parole al minuto.

Ecco come funzionava il processo (e come funziona tuttora, siapure con qualche leggera modifica). Il vocabolario programmato nelcomputer conteneva più o meno 2500 parole, circa duecento dellequali erano termini scientifici specialistici. Appare uno schermo pienodi parole. La metà superiore dello schermo e quella inferiore siilluminano alternativamente, avanti e indietro, finché Hawking vedeaccendersi la metà che contiene la parola che sta cercando e premel’interruttore che ha in mano per selezionarla; quindi, le righe diparole in quella metà dello schermo si illuminano una dopo l’altra, elui preme di nuovo l’interruttore per scegliere quella con la parola chegli serve. A questo punto, sono le singole parole su quella riga ailluminarsi una dopo l’altra, e Hawking schiaccia una terza volta ilpulsante per selezionare quella che gli interessa. A volte sbaglia riga oparola, e deve ricominciare da capo. Ci sono alcune frasi compiute di

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uso più frequente (come «Per favore, girate la pagina» o «Accendete ilcomputer da tavolo, grazie»), un alfabeto per comporre i termini noninclusi nel programma e, così mi han detto, un file speciale di insulti,anche se io non l’ho mai visto usarlo.

Hawking sceglie le parole a una a una per comporre una frase cheappare nella parte bassa dello schermo; quando ha finito, può inviareil risultato a un sintetizzatore vocale, che la pronuncia ad alta voce oal telefono. Per uno strano difetto, il programma non è in grado dipronunciare correttamente la parola «fotone». Hawking può anchesalvare il suo lavoro su un disco e stamparlo (o risistemarlo) inseguito; ha un programma di formattazione per comporre articoli epuò scrivere le sue equazioni in parole, che il programma traduce poiin simboli.

Hawking scrive le sue lezioni in questo modo e le salva poi sudischi; ha così modo di ascoltare in anticipo la voce del sintetizzatoreche pronuncia il suo discorso e, all’occorrenza, può quindi correggerloe sistemarlo. Durante una lezione, manda il proprio intervento alsintetizzatore una frase alla volta; nel frattempo, un assistente mostrale diapositive, scrive le equazioni di Hawking sulla lavagna e rispondead alcune delle domande.

La voce sintetizzata del computer di Hawking può cambiareintonazione e non suona monotona come quella di un robot, cosa cheper lui è molto importante. All’inizio avrebbe voluto che avesse unaccento britannico, ma dopo un po’ si era talmente identificato conquesta voce che «Non avrei voluto più cambiarla nemmeno se me neavessero offerta una dall’accento britannico. Mi sentirei un altro».7 Èdifficile dire con precisione che accento gli conferisca. Secondoalcuni, è americano o scandinavo; a me, però, ricorda le Indieorientali, forse per via della sua inflessione leggermente musicale.Hawking non può comunque dare un tono d’emozione alla sua voce;l’effetto è misurato, riflessivo, distaccato. Tim pensa che questa vocesia adatta al padre; dei figli di Hawking, è lui quello che ricorda dimeno com’era la vera voce di Stephen, dato che al momento della suanascita – nel 1979 – della voce originale dello scienziato era ormairimasto ben poco.

Tutto ciò fa sì che conversare con Hawking sia come parlare a unamacchina – qualcosa di alieno, di fantascientifico? All’inizio un po’ sì,ma ben presto l’interlocutore se ne dimentica. Hawking è a proprio

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agio in questa strana situazione ed è paziente quando gli altri non losono. Quando stava leggendo alcune parti di questo libro mentre io glireggevo le pagine, fu la sua infermiera, non lui, a suggerire che nonera necessario che io attendessi che selezionasse la frase «Per favore,girate la pagina», operazione che gli richiedeva di compiere diversemanovre sullo schermo del computer; non appena iniziava a cliccare,disse l’infermiera, avrei potuto girare la pagina e risparmiargli tempoe fastidi. Dal canto suo, lui aveva sopportato con pazienza per un’orae mezza il mio modo di fare le cose senza farmi notare che gli stavocreando dei disagi. (Tra parentesi, però, al successivo «clic» diHawking io gli voltai subito la pagina, ma lui non intendeva chiedereche gliela girassi: voleva invece fare un commento…)

Il senso dell’umorismo di Hawking è contagioso e può saltar fuoriin qualsiasi momento. Tuttavia, quando un intervistatore gli fecenotare che dev’essere frustrante raccontare delle barzellette con gliascoltatori che anticipano la battuta prima che lui possa arrivarci,Hawking ammise: «Spesso mi accorgo che quando sono infine riuscitoa scrivere qualcosa, la conversazione si è già spostata su un altroargomento».8 Ciononostante, quando il suo volto si illumina con unsorriso, è difficile credere che quest’uomo sia pieno di problemi. Illargo sorriso di Hawking è diventato famoso, e rivela la qualitàdell’amore che prova per il suo campo di ricerca. È un sorriso chedice: «Tutte queste cose sono molto serie e solenni, certo, ma… non èdivertente?!».

È senz’altro un miracolo che Hawking sia riuscito a fare tutto ciòche ha fatto, o anche solo che sia ancora in vita. Tuttavia, quando loincontrate di persona e vedete la sua intelligenza e il suo umorismo,iniziate a non dar peso a questo suo insolito modo di comunicare ealle sue condizioni fisiche palesemente catastrofiche, proprio comenon sembra darvi peso lui. È così che vuole che sia: sceglie di ignorarela difficoltà, «di non pensare alla mia condizione, o di nonrimpiangere le cose che essa non mi permette di fare, che non sonopoi così tante».9 E si aspetta che anche gli altri adottino questo stessoatteggiamento.

1985-1986

Nell’autunno del 1985, con Equalizer che rianimava le speranze di

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Hawking di poter proseguire la propria carriera e rimettersi a lavorareal suo libro divulgativo, Jane e Laura Gentry tennero i colloqui perassumere lo staff di infermiere che gli avrebbero permesso di vivere acasa, assistendolo ventiquattr’ore su ventiquattro. Ci sarebbero statitre turni al giorno, e le infermiere avrebbero dovuto essere delleprofessioniste con una formazione qualificata in campo medico. Iltubo che gli era stato inserito in gola andava aspirato regolarmentecon un «mini aspirapolvere» per evitare l’accumulo di secrezioni neipolmoni; già questo stesso «mini aspirapolvere», se non fosse statousato in modo corretto, avrebbe potuto provocare danni e infezioni.10

Non tutte le persone che si presentarono ai colloqui erano pronte asvolgere un lavoro così impegnativo; alcuni rapporti, poi, iniziaronocol piede sbagliato.

Una delle infermiere che volevano ottenere il lavoro ed eranodisposte ad accettare un impegno di lungo termine era Elaine Mason,una donna atletica, fisicamente forte, con un buffo sensodell’umorismo e uno splendido gusto per i colori che esibiva coi suoicapelli rossi. Fece colpo su Jane, che la vide come una personapremurosa. Elaine Sybil Lawson (questo il suo nome da nubile), nata aHereford, era una cristiana evangelica devota; suo padre, HenryLawson, era stato un ministro della Chiesa anglicana, e sua madre eralaureata in medicina. Elaine aveva lavorato per quattro anni in unorfanotrofio in Bangladesh; tornata in Inghilterra, aveva sposatoDavid Mason, un ingegnere informatico da cui aveva avuto due figli,uno più o meno dell’età di Tim Hawking.

Ho conosciuto Elaine, David Mason e i loro figli perché questiultimi frequentavano la stessa scuola dei nostri, ma ricordo che,durante una festa dei genitori, ho fatto una gara con Elaine nellacorsa dell’uovo nel cucchiaio, vincendo. Per quanto avesse fama diessere una persona molto competitiva, in questo particolare sport nonne dava mostra; sembrava una donna gradevolmente incontenibile,disinibita.

L’assunzione di Elaine si rivelò una scelta fortunata quando suomarito adattò un piccolo computer e un sintetizzatore vocale allasedia a rotelle di Hawking, che in precedenza era stato costretto autilizzare Equalizer soltanto sul computer da tavolo. Ora la sua nuovavoce poteva seguirlo ovunque andasse. David Mason, come suamoglie, era molto affezionato a Hawking: «Bastava che alzasse un

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sopracciglio e correvamo subito» disse.11

La famiglia Hawking si adattò alle nuove tensioni di una vita moltomeno privata; la loro casa sembrava ormai un ospedale in miniatura,con estranei sempre presenti. Hawking riuscì a rimettersi in forze e aprendere confidenza col suo Equalizer abbastanza in fretta da potertornare in ufficio prima di Natale. Ormai, però, avrebbe dovutorinunciare a fare il tragitto da solo attraverso i Backs, i prati dietro icollege: c’era sempre un’infermiera che lo accompagnava. Sotto moltiaspetti però, le cose stavano migliorando. Suo figlio Robert superòcon risultati eccellenti gli esami al termine delle superiori e l’autunnoseguente avrebbe iniziato a frequentare i corsi di scienze naturali aCambridge, come suo padre aveva fatto a Oxford.

Nella primavera del 1986, la vita degli Hawking aveva iniziato atrovare un nuovo status quo all’insegna di un discreto ottimismo, conuna triste parentesi, a marzo, in seguito alla morte del padre diStephen, Frank. La madre di Hawking, Isobel, ha dichiarato che ilfiglio «prese molto male la morte di suo padre, fu un momentoterribile […] voleva molto bene a suo padre, ma negli ultimi anni nonsi erano frequentati molto».12 Hawking, naturalmente, si fece forza epresto riprese anche a viaggiare. Il suo primo soggiorno all’estero, perun convegno in Svezia, fu un successo su più fronti. Murray Gell-Mannera tra i partecipanti e poté vedere coi propri occhi come Hawkingfosse in grado di prendere parte attivamente ai lavori, una prova dicome il denaro della fondazione MacArthur fosse stato messo a frutto.In ottobre, la richiesta di Jane di una proroga del finanziamentovenne approvata: ora i fondi avrebbero coperto in modo continuativo,oltre alle spese infermieristiche, anche quelle mediche.

L’assalto alle edicole degli aeroporti

Avendo acquisito familiarità con Equalizer, nella primavera del 1986Hawking si rimise a lavorare sul suo libro divulgativo. Anche questavolta, non ci mise molto a considerare il suo nuovo livello diinvalidità come un vantaggio più che come una sventura: «In effetti»ha scritto «io riesco a comunicare meglio adesso che non prima diperdere la voce».13 Questa affermazione viene spesso citata come unesempio di straordinario coraggio, ma di fatto era soltanto la pura esemplice verità: ora non aveva più bisogno di dettare o di parlare

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attraverso un «interprete».La Bantam aveva accettato la prima stesura di Hawking nell’estate

del 1985, ma il progetto si era poi arenato in seguito ai suoi terribiliproblemi di salute. In ogni caso, andare avanti non sarebbe stataun’impresa facile: la casa editrice insisteva a chiedere diverse revisionie, alla fine, Hawking dovette riscrivere quasi per intero la sua primastesura.

Si rendeva conto che i concetti contenuti nel suo libro, sebbeneespressi in un linguaggio non tecnico, non sarebbero stati di facilecomprensione per la maggior parte delle persone. Hawking dichiara dinon amare troppo le equazioni, per quanto la sua abilità nel trattarlementalmente venga spesso paragonata alla capacità di Mozart dicomporre un’intera sinfonia nella sua testa. Per lui è difficile scrivereequazioni, anche se Equalizer gli permette di esprimerle in paroletraducendole in simboli. Hawking dice di non avere intuito per leequazioni; come ha sottolineato Kip Thorne, gli piace invece pensareattraverso le immagini. Questo, di fatto, sembrava un metodoeccellente da seguire nella stesura del libro: descrivere in parole le sueimmagini mentali, aiutandosi con analogie familiari e qualchediagramma.

Hawking e lo studente specializzando che lo assisteva, Brian Whitt,misero a punto uno schema di lavoro. Hawking spiegava qualcosa intermini scientifici e cercava quindi di rendersi conto di cosa i suoilettori non avrebbero capito. Assieme a Whitt tentava allora di trovareuna qualche analogia, ma nessuno dei due era disposto a utilizzarlesenza essere sicuri che fossero davvero valide; e, per accertarsi che lofossero, si lanciavano spesso in lunghe discussioni. Lo scienziato sichiedeva anche quante cose avrebbe dovuto spiegare. Avrebbe fattomeglio a sorvolare su alcune questioni complicate, lasciandole daparte? E, volendo spiegare troppe cose, non c’era il rischio di creareconfusione? Alla fine, Hawking ne ha comunque chiarite parecchie.

Il suo editor alla Bantam, Peter Guzzardi, non era uno scienziato; ilsuo punto di vista era che se nel manoscritto c’era qualcosa che luinon era in grado di capire, quella parte andava riscritta. Guzzardimise in luce una cosa di cui talvolta anche gli studenti e i colleghi diHawking si erano lamentati: spesso Stephen saltava da un’ideaall’altra e giungeva a conclusioni sorprendenti, presumendo – a torto– che anche gli altri fossero in grado di vedere i collegamenti.

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Qualcuno attribuisce questo suo modo di procedere alla necessità diusare poche parole; la ragione, però, era più profonda, e i suoicolleghi lo avevano sperimentato da tempo, e a un livello assai piùspeculativo di quello dell’editor. Whitt raccontò che a volte Hawkinggli diceva che qualcosa doveva essere così «perché comprendo che ècosì», non perché poteva dimostrarlo o spiegare in che modo ci eraarrivato. Brian faceva quindi i calcoli e, talvolta, doveva riferire aHawking che si era sbagliato, ma lui non ci credeva; quindi, dopo averconsiderato e discusso il problema, Brian capiva che, in ultima analisi,Hawking aveva ragione. «La sua intuizione era migliore dei tuoicalcoli. Io credo che questo sia un aspetto molto importante della suamente: la capacità di pensare più avanti invece di procedere passodopo passo, di saltare i calcoli semplici e formulare unaconclusione.»14 Ciononostante, per Guzzardi questo modo di procederenon era accettabile ai fini di un libro divulgativo. Anche quandoHawking riteneva di essersi spiegato con semplicità, l’editor giudicavaspesso tali spiegazioni incomprensibili. A un certo punto, condiplomazia, la Bantam suggerì che avrebbero potuto affidare a undivulgatore scientifico esperto il compito di scrivere il libro perHawking, ma quest’ultimo respinse la proposta con sdegno. Ilprocesso di revisione si fece noioso: ogni volta che Hawking mandavaun capitolo riscritto, Guzzardi gli rispondeva con un lungo elenco didomande e obiezioni. Hawking era irritato, ma alla fine ammise che ilsuo editor aveva avuto ragione. «In conseguenza di quel lavoro il librodivenne molto migliore» disse.15

I redattori della Cambridge University Press lo avevano avvertitoche ogni equazione inserita nel testo avrebbe dimezzato le vendite delvolume; anche Guzzardi condivideva questa opinione e, alla fine,Hawking decise che ne avrebbe inclusa soltanto una, la famosa E =mc2 di Einstein. Guzzardi l’ebbe vinta anche sul titolo: quandoHawking si arrabbiò per l’uso della parola «breve», l’editor replicò chea lui piaceva molto, che lo faceva sorridere. L’argomento si rivelòconvincente. Il titolo sarebbe quindi stato A Brief History of Time.* Laseconda stesura venne infine completata dopo più di un anno dilavoro, nella primavera del 1987.

Nel frattempo, Hawking era tornato a immergersi pienamente nelmondo della fisica, proseguendo la sua carriera e raccogliendo altripremi e riconoscimenti. Nell’ottobre del 1986 era stato nominato

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membro dell’Accademia pontificia della scienze, e l’intera famigliaHawking era stata ricevuta in udienza dal papa. Fu insignito dellaprima medaglia Paul Dirac dall’Istituto di fisica. Fra giugno e lugliodel 1987, Cambridge ospitò un convegno internazionale per celebrareil 300° anniversario della pubblicazione dei Principia Mathematica diIsaac Newton, uno dei libri più importanti nella storia della scienza.Hawking ebbe un ruolo di spicco nella realizzazione di questo evento,in occasione del quale lui e Werner Israel chiesero agli scienziati dipunta dei vari campi connessi con la gravitazione di scrivere degliarticoli, che raccolsero quindi nello splendido volume 300 Years ofGravitation.16

Quando A Brief History of Time era ormai prossimo allapubblicazione, all’inizio della primavera del 1988, Don Page ricevettein anteprima una copia da recensire per la rivista «Nature», e vide consgomento che era piena di errori: c’erano fotografie e diagrammi alposto sbagliato e con didascalie errate. Telefonò subito alla Bantam,che decise di fermare la stampa e mandare al macero tutte le copiepronte. Iniziarono quindi un laborioso processo di correzione, così dapoter ristampare il libro in tempo utile per farlo arrivare nelle librerieentro aprile, la data prevista per la pubblicazione negli Stati Uniti.Page ritiene di essere in possesso di una delle poche copie esistentidella stampa originale del libro di Hawking; si tratta di una copia cheper i collezionisti ha probabilmente un grande valore.

A Hawking piace sottolineare che l’edizione americana vennepubblicata il primo aprile 1988, il giorno del pesce d’aprile. L’edizionebritannica fu invece lanciata in occasione di un pranzo della RoyalSociety, il 16 giugno. Gli Hawking guardarono stupiti il libro chesaliva senza sforzo in vetta alle classifiche, dove rimase settimanadopo settimana e mese dopo mese, arrivando presto al traguardo diun milione di copie vendute in America. In Gran Bretagna, la casaeditrice faceva fatica a star dietro alle richieste delle librerie. Benpresto iniziarono anche a uscire le traduzioni in altre lingue. Il libro –che veniva di fatto venduto anche nelle edicole degli aeroporti,dov’era messo bene in mostra – entrò quindi nel Guinness dei primati, eHawking dovette scontrarsi con la difficoltà di far pronunciare al suosintetizzatore la parola «Guinness»: per qualche motivo, infatti, ilcomputer insisteva a dire «Guy-ness». «Forse è perché è unsintetizzatore vocale americano» scherzava Hawking. «Se solo ne

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avessi uno irlandese…»17

Grazie anche all’ostinazione di Guzzardi, Hawking era riuscito a farsì che il lettore comune potesse seguire (anche se non sempre confacilità) i passaggi logici del suo discorso, talvolta persinoanticipandoli. Per chi non aveva una formazione scientifica, sitrattava di un libro da studiare, non da leggere velocemente, ma nevaleva senz’altro lo sforzo; inoltre, era anche divertente. Grazieall’umorismo di Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri è, a modo suo,uno spasso: bisogna stare attenti a non leggerlo in quelle situazionidove non sarebbe opportuno scoppiare a ridere.

Il nome di Stephen Hawking divenne in breve tempo familiare atutti, una sorta di eroe popolare noto in tutto il mondo. I suoi fanorganizzarono un club a Chicago e stamparono delle t-shirt a luidedicate; un membro raccontò che alcuni suoi compagni di scuolapensavano che quell’Hawking sulla maglietta fosse una rockstar, equalcuno si vantò pure di avere il suo ultimo album.

Le recensioni erano positive. In una di esse, l’opera di Hawkingvenne paragonata a Lo Zen e l’arte della manutenzione dellamotocicletta; Jane rimase inorridita, ma Stephen dichiarò di sentirsilusingato, perché significava che il suo libro dava «alla gente lasensazione di non dover essere necessariamente tagliata fuori daigrandi interrogativi intellettuali e filosofici».18

Ma quelli che compravano il libro, poi lo leggevano? E lo capivanoanche? Alcuni critici insinuarono che la maggior parte delle personeche l’avevano acquistato si erano guardate bene dal leggerlo, e checomunque, anche se ci avessero provato, non sarebbero riuscite acapirlo: si accontentavano di tenerlo in bella mostra sul tavolino insalotto. Hawking rispose in tono piuttosto sferzante nella prefazionedi Come leggere Stephen Hawking: Dal Big Bang ai buchi neri: «Noto unacerta sufficienza nell’atteggiamento di alcuni critici nei confronti delgrande pubblico, quando credono di essere persone molto intelligentie sono convinti che, se non riescono a capire loro il mio libro fino infondo, i comuni mortali non hanno la minima speranza».19 Il fatto chela sua opera venisse semplicemente tenuta in mostra su tavolini escaffali non lo preoccupava più di tanto: la Bibbia e Shakespeare,notava, condividono questa stessa sorte da secoli. Ciononostante, eraconvinto che molte persone lo avessero effettivamente letto, dato chericeveva montagne di lettere in proposito, molte delle quali

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contenevano domande specifiche e commenti dettagliati. Spesso, poi,gli capitava di essere fermato per strada da sconosciuti che sicongratulavano con lui; Stephen ne era immensamente felice, ma suofiglio Timmy si sentiva un po’ imbarazzato.

La crescente celebrità di Hawking e la necessità di pubblicizzare illibro gli diedero ulteriori occasioni di viaggiare. In genere, una visitadi Hawking lasciava esausti i suoi ospiti, come accadde al RockefellerInstitute di New York: dopo una lunga giornata di conferenze eapparizioni al pubblico, si tenne un banchetto in onore delloscienziato. Lui andava matto per questo genere di eventi: gli piacevafar finta di odorare il vino e commentarlo. Al termine della cena e deidiscorsi, la festa si spostò sulla banchina che costeggiava l’East River.Rimasero tutti pietrificati per la paura che Hawking finisse per caderenel fiume, ma per fortuna riuscirono presto a riportarlo al sicuro inhotel. In una sala adiacente all’atrio, però, erano in corso delle danzee Hawking, che non aveva nessuna intenzione di ritirarsi nelle suestanze, insistette perché vi prendessero parte. Incapaci di dissuadere illoro cocciuto ospite, il piccolo gruppo di esimi studiosi accettaronocon titubanza, «anche se non facciamo mai nulla di simile!». Hawkingpiroettava sulla pista da ballo con la sua carrozzina, cambiando unapartner dopo l’altra; la banda continuò a suonare per lui fino a tardanotte, quando la festa era già finita da tempo.

Alla gente che spesso gli chiedeva se avrebbe scritto un seguito delsuo libro, lui rispondeva che pensava di no. «Del resto, come potreiintitolarlo? A Longer History of Time (Una storia del tempo più lunga)?Beyond the End of Time (Oltre la fine del tempo)? Son of Time (Figliodel tempo)?»20 Forse A Brief History of Time II, «non appena sembreràgiunto il momento opportuno per tornare nelle edicole degliaeroporti!». Scriverà un’autobiografia? No, mi ha detto, finché nonavrà finito i soldi per pagare le infermiere, un’eventualità che nonsembra certo prossima. Nell’agosto del 1990, la rivista «Time»annunciò che A Brief History of Time aveva fino ad allora venduto piùdi otto milioni di copie, un numero che continuava a salire. Se soloavesse lasciato fuori quella singola equazione!

Qualcuno accusò la Bantam e lo stesso Hawking di aver sfruttato lecondizioni dello scienziato per commercializzare il libro, affermandocon disprezzo che la sua fama e la sua popolarità erano una sorta dicarnevalata e criticando lo scienziato per aver permesso che sulla

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copertina del libro comparisse un suo ritratto grottesco edeccessivamente drammatico. Lui replicò che il contratto non gli davanessun controllo sulla copertina; riuscì però a convincere la casaeditrice a mettere un’immagine migliore sulle copie dell’edizionebritannica.

Dall’altro lato, la copertura mediatica permise a Hawking di dare almondo qualcosa che potrebbe avere un valore perlomeno pari aquello delle sue teorie scientifiche (e dell’informazione che l’universo,probabilmente, non è costituito da una torre infinita di tartarughe chepoggiano l’una sull’altra):* ha trasmesso a milioni di persone non solola sua grande passione per la scienza, ma anche l’importanteconsapevolezza che esiste un tipo di salute che, nella sua profondità,trascende ogni malattia.

Il successo del libro cambiò radicalmente la situazione economicadegli Hawking, tanto che Stephen venne indicato dalla rivista «CAM»come «uno dei fenomeni più rari, un multimilionario che votalaburista».21 Lui, Jane e i loro figli avevano convissuto per anni con lasua invalidità e la minaccia incombente della morte. Per citare leparole di Jane: «In un certo senso, abbiamo sempre vissuto sull’orlodel precipizio e, con gli anni, uno finisce per metter radici in questasituazione precaria. Penso che sia quello che abbiamo fatto noi».22 Orasi trovavano esposti a un altro genere di minaccia, quella posta dalfascino e dalle esigenze della celebrità, nonché dall’inquietanteprospettiva di dover essere all’altezza di quell’immagine da fiaba concui erano ormai conosciuti in tutto il mondo.

Nella seconda metà degli anni Ottanta, era spesso Elaine Mason adaccompagnare Hawking nei suoi viaggi; il crescente affetto che lilegava emerge con evidenza in una serie di foto scattate da un’amicadi Elaine, la fotografa newyorkese Miriam Berkeley. Purtroppo,l’intensa devozione di Elaine nei confronti di Hawking, il suoatteggiamento protettivo, la gelosia con cui difendeva il suo rapportocon lo scienziato e la forza della sua personalità stavano iniziando acreare tensioni con la famiglia di Hawking, con le altre infermiere chelo accudivano e anche con i colleghi e lo staff del DAMTP. Il suorapporto con Stephen, però, era un legame speciale che non sarebbecerto svanito presto; le altre persone potevano anche esserecompetenti e comprensive, ma era Elaine che Hawking preferiva avereal proprio fianco il più possibile.

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* Nell’edizione italiana, il titolo e il sottotitolo inglese sono stati invertiti: A Brief History of Time: From the BigBang to Black Holes è così diventato Dal Big Bang ai buchi neri. Breve storia del tempo. (N.d.T.)* In Dal Big Bang ai buchi neri, Hawking racconta la storia di un’anziana signora che si alzò in piedi al terminedella conferenza di un illustre scienziato per obiettare che il mondo era in realtà un disco appoggiato sul dorsodi una gigantesca tartaruga. Quando lo scienziato le chiese su che cosa poggiasse allora la tartaruga, la signorareplicò dicendogli «Lei è molto intelligente, giovanotto, davvero molto […] Ma ogni tartaruga poggia su un’altratartaruga!» (Dal Big Bang ai buchi neri, p. 9).

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«Lo studio degli universi neonati è ancora all’inizio»

La storia di Hawking era già stata raccontata sulle riviste e intelevisione fin dagli anni Settanta, ma sul finire degli anni Ottanta,dopo la pubblicazione di Dal Big Bang ai buchi neri, praticamente tutti iperiodici del mondo pubblicarono un suo profilo. Reporter e fotografilo attendevano ovunque. «IL FISICO CORAGGIOSO CHE CONOSCE LAMENTE DI DIO» strillavano i titoli dei giornali. La sua foto,accompagnata dalle parole «MASTER OF THE UNIVERSE» («il signoredell’universo»), finì sulla copertina di «Newsweek», su uno splendidosfondo di stelle e nebulose. Nel 1989, lui e la sua famiglia vennerointervistati per la trasmissione 20/20 della rete ABC e in Inghilterraapparve un nuovo special televisivo, Master of the Universe: StephenHawking. Non era più semplicemente un fisico rinomato e di successo:era diventato un idolo, una superstar, al pari dei campioni dello sporte dei musicisti rock.

Jane Hawking parlò del suo «senso di soddisfazione per essereriusciti a rimanere una famiglia unita, per i nostri splendidi figli e peril fatto che Stephen è ancora in grado di vivere a casa e fare il suolavoro».1 La società non sapeva nulla di Jonathan Hellyer Jones o diElaine Mason, e a loro sembrava meglio che le cose restassero così.

Continuavano a piovere premi accademici: cinque altre lauree adhonorem e sette nuovi riconoscimenti internazionali. Uno di questi fuil premio Wolf 1988, assegnato dalla fondazione israeliana Wolf eritenuto secondo in prestigio soltanto al premio Nobel per la fisica.Un altro luminare di Cambridge, Christopher Polge, vinse in quellostesso anno il premio Wolf per l’agricoltura, e lui e sua moglie Olive siritrovarono spesso con gli Hawking per festeggiare insieme. Stephenrispose a un intervistatore dicendo che non «credeva in Dio; non c’èposto per Dio nel mio universo»; Jane si sentì particolarmente urtatada questa affermazione perché in quel momento si trovavano aGerusalemme, una città che per lei aveva un profondo significatospirituale.

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Robert Hawking aveva nel frattempo iniziato a frequentarel’università, dove studiava fisica e vogava per il suo college diCambridge, il Corpus Cristi. Uno degli special televisivi lo mostròmentre partecipava a una gara sul fiume, con il resto della famigliache dalla riva faceva il tifo – incluso Stephen tramite il suosintetizzatore vocale. Lucy, dal canto suo, stava prendendo inconsiderazione l’ipotesi della carriera teatrale. Comparve nella messain scena di Cuore di cane di Bulgakov realizzata dal Cambridge YouthTheatre; l’opera, che avrebbe vinto un premio, venne poirappresentata anche a Edimburgo e a Londra. Quando la preparazionedello spettacolo a Londra entrò in conflitto con i suoi esami diammissione a Oxford, Lucy prese la coraggiosa decisione di saltarequesti ultimi e lasciare che la sua domanda venisse giudicata soltantoin base a un colloquio e ai risultati dei suoi esami di maturità; allafine, venne comunque accettata. Per quanto riguardava Tim, cheallora aveva dieci anni, Hawking disse: «Di tutti i miei figli,probabilmente è quello che mi assomiglia di più».2 Stephen e Timamavano giocare insieme: di solito il primo vinceva a scacchi, ilsecondo a Monopoli. «Quindi, siamo tutti e due bravi in qualcosa»concludeva il bambino.3 Nel 1988, il fotografo americano StephenShames li riprese mentre erano intenti a giocare a nascondino; quiTim poteva vincere facilmente, dato che capiva quando suo padre sistava avvicinando dal ronzio del motore della sua carrozzina.

Durante la trasmissione 20/20 dell’ABC, Lucy dichiarò che lei e suopadre «andavano molto d’accordo», benché fossero entrambi ostinati.«In realtà, devo ammettere di aver litigato un sacco di volte con lui, enessuno dei due voleva cedere. Ho l’impressione che molte personenon si rendano conto di quanto sia cocciuto: una volta che si è messoin testa un’idea, la segue a prescindere da ogni possibile conseguenza.Non lascia mai perdere nulla […] Farà ciò che vuole fare, qualunquesia il costo per gli altri.»4 Quest’ultima affermazione suona un po’dura, ma quando ebbi modo di parlare con Lucy mi accorsi che senzadubbio è enormemente affezionata al padre e rispetta le sue opinioni.Nell’intervista dell’ABC dichiarò di pensare che, nella situazione in cuisi trova, suo padre deve essere ostinato: per lui è un atteggiamentonecessario per sopravvivere. È la sua forza di volontà che lo facontinuare a lavorare giorno dopo giorno, che lo fa sorridere e che glifa raccontare battute divertenti nonostante le sue gravi condizioni

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fisiche. Se talvolta questo atteggiamento lo fa anche sembrare viziatoed egocentrico, possiamo tranquillamente perdonarlo. Riguardo allasua salute e al timore che muoia, Lucy disse: «Io penso sempre “Dai,che andrà tutto bene”, perché in tutto quello che gli è successo èsempre riuscito a cavarsela. Certo, è impossibile non preoccuparsi peruna persona così fragile. Sono preoccupatissima quando va via».5 Lucyaveva imparato fin da piccola a convivere con queste paure.Quand’era ancora una bambina, sua madre aveva cercato di spiegarleche cos’era la SLA; Lucy era scoppiata in lacrime, certa che suo padre«sarebbe morto il giorno dopo».6

Nel mondo accademico i fisici continuavano a esprimere unprofondo rispetto nei confronti di Hawking ma erano comunque unpo’ perplessi di fronte a tutto il cancan dei media. Non ci voleva unalaurea in matematica per fare quattro conti sui milioni di libri vendutie capire che il ricavato superava di gran lunga l’ammontare delle tassescolastiche di Lucy. Come nella favola della volpe e dell’uva, a volteemergeva un po’ di invidia celata da disprezzo, qualche mormoriopronunciato a mezza bocca secondo il quale «il suo lavoro non èdiverso da quello di un sacco di altri fisici; è solo la sua particolarecondizione a renderlo interessante». Un collega commentò che «in unalista dei dodici migliori fisici teorici di questo secolo [il Novecento],Steve non troverebbe certo posto».7 Ciò potrebbe anche essere vero,considerando l’enorme numero di fisici vissuti nel XX secolo, e ancheHawking sarebbe stato d’accordo, anche se quel «certo» era forse uncommento un po’ troppo aspro. Ma le denigrazioni erano comunquemolto poche. Hawking era in grado di reggere perfettamente ilconfronto con qualunque dei suoi contemporanei, e tutti ne eranoconsapevoli. Inoltre, ai suoi colleghi piaceva. Sidney Coleman (diHarvard), che rivaleggiava con Hawking non solo come fisico, maanche per il suo talento nel raccontare barzellette in classe, era feliceche la celebrità di Hawking lo portasse sempre più spesso in America,e di frequente nel New England. Altri fisici, che talvolta si ritrovavanoingiustamente eclissati da Hawking, non gliene addossavanocomunque la colpa.

Ciononostante, non era irragionevole ritenere che i successiscientifici di Hawking, da soli, non lo avrebbero mai reso unacelebrità e non gli avrebbero fatto vendere milioni di libri. Avevanodunque ragione coloro che lo accusavano di aver sfruttato le sue

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pietose condizioni fisiche per marciare verso la fama e la fortuna acavallo della sua sedia a rotelle? La verità – per quanto Hawkingpreferirebbe quasi certamente che le cose non stessero così – è che,probabilmente, la maggior parte del mondo esterno alla fisica loapprezza più per il suo spirito che non per i suoi risultati in camposcientifico. Stephen non è di sicuro l’unica persona al mondo cheabbia superato tutte le circostanze avverse mantenendo unatteggiamento positivo, ma chi altri c’è riuscito con uno stile cosìaccattivante e riportando un così straordinario successo?

Per più di un quarto di secolo, Stephen Hawking – forse conqualche cedimento di cui non verremo mai a sapere – avevaconservato il proprio spirito ottimistico e la propria determinazioneagendo nel suo stesso interesse: il suo successo e la sua stessasopravvivenza erano dipesi da questo atteggiamento. Tuttavia, seprima questa responsabilità riguardava soltanto lui e la sua famiglia,sul finire degli anni Ottanta essa divenne una responsabilità neiconfronti di milioni di persone in tutto il mondo che lo vedevanocome una fonte d’ispirazione. Molte persone, e non solo i disabili, siaspettavano che lui e la moglie continuassero a dimostrare che,malgrado le tragedie, la vita e la gente potevano comunque essereassolutamente splendide. Non c’è quindi da stupirsi che Hawking nonfosse entusiasta di ritrovarsi sulle spalle una così granderesponsabilità: lui si considerava soltanto un semplice essere umano,nulla di più. In seguito, lo scienziato avrebbe affermato che non siconsiderava un personaggio tragico e romantico, un po’ come«un’anima perfetta rinchiusa in un corpo difettoso. Io sono fiero dellamia intelligenza, ma ho dovuto accettare che anche la mia invaliditàfisica fa parte di me». E per i disabili Hawking era diventato unostupendo modello di comportamento. Tuttavia, la disparità fra ciò cheaveva raggiunto lui e ciò che potevano aspettarsi la maggioranza deglialtri era talvolta scoraggiante. Nella maggior parte delle cose, fattaeccezione per la sua malattia, Hawking era stato scandalosamentefortunato.

Jane Hawking sottolineò che se suo marito fosse stato un oscuroinsegnante di fisica, lei non sarebbe certo riuscita a convincere unafondazione a donare più di cinquantamila sterline l’anno per leinfermiere. Non ci sarebbe stato nessun programma che glipermettesse di parlare grazie a un sintetizzatore vocale. Avrebbe

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trascorso le sue vuote giornate seduto in un ospizio, lontano dalla suacasa e dalla sua famiglia, muto, isolato e devastato. L’amarezza percome il Servizio sanitario nazionale (NHS) li aveva delusi spinse Janea intraprendere una campagna per le persone affette da problemisimili, cercando di convincere l’ente a garantire il denaro perl’assistenza domiciliare anziché dividere le famiglie. L’immagine diHawking incoraggiò le università ad allestire delle case dello studenteequipaggiate per ospitare chi, per poter seguire i corsi, aveva bisognodi un’assistenza infermieristica continuativa. In un armadiettonell’ufficio di Hawking c’è una piccola scultura astratta di vetro, undono della «Hawking House», una casa dello studente dell’universitàdi Bristol. Anche Cambridge costruì una struttura di questo tipo.

Qualunque fossero gli effetti sul resto del mondo, nel 1989 StephenHawking «ce l’aveva fatta», contro ogni probabilità. La regina lonominò «Companion of Honour», una delle più alte onorificenze chepossa assegnare, facendolo membro di un ordine formato dalla reginastessa e da non più di altre sessantacinque persone. L’università diCambridge fece una cosa che fa di rado, conferendo a uno dei suoistessi professori una laurea ad honorem: Hawking la ricevette dallemani del principe Filippo, rettore dell’università, prendendo parte allaprocessione che entrava e usciva dalla Senate House conl’accompagnamento dei cori del King’s College e del St John’s Collegee della fanfara dell’università. «Quest’anno è stato il coronamento ditutti i successi di Stephen» disse Jane. «Penso che lui ne sia moltofelice.»8 Hawking amava il suo lavoro. «Ho una splendida famiglia, hosuccesso sul lavoro e ho scritto un bestseller. Non potrei davverochiedere nulla di più» disse.9 Si era guadagnato questa fama e ora sela stava godendo; per un uomo che all’età di ventun anni avevapensato di non avere nessuna ragione per continuare a vivere, eradavvero una situazione inebriante, un delizioso scherzo del destino.

Ma il destino riservava altri scherzi. Lo strepitoso successo del suolibro aveva un evidente lato negativo: toglieva tempo al suo lavoroscientifico. Troppe «attività extracurricolari», si lamentavano i suoistudenti. Troppi visitatori, che lui non mandava quasi mai via. Troppiinviti che lui sembrava incapace di respingere. Troppi viaggi, ma luicontinuava a metterne in agenda sempre di più. Troppa posta. Avevarisposto personalmente alle primissime lettere su Dal Big Bang ai buchineri, ma continuare era diventato quasi subito impossibile; cosicché il

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grosso di questo lavoro ricadde sulle spalle della sua segretaria e dellostudente specializzando che lo assisteva.

La notorietà non era sempre divertente. «Certo, mi aiuta a farmifare le cose e mi permette di dare una mano ad altri disabili» disseHawking a un giornalista. «Ma significa anche che non posso andareda nessuna parte del mondo in incognito. Ovunque vado, le personemi riconoscono e vengono a dirmi quanto gli è piaciuto il libro e achiedermi se possono farsi fare una fotografia con me. Il loroentusiasmo è gratificante, ma ci sono volte in cui mi piacerebbe essereun privato cittadino.»10 Cercò anche di escogitare una soluzione,programmando il suo sintetizzatore vocale per dire «Spesso la gentemi scambia per quell’uomo», o «Vengo spesso scambiato per StephenHawking», ma non ci credeva nessuno.

Mentre Hawking si destreggiava nella sua agenda sempre più fitta, icolleghi iniziarono a preoccuparsi del fatto che avrebbe finito pertrascurare la ricerca scientifica. Tuttavia, il lavoro scientifico diHawking proseguiva. Mentre si trovava un’altra volta in visita alCaltech, nel giugno 1990, sistemò un piccolo dettaglio rimasto insospeso. I dati relativi a Cygnus X-1, che erano emersi durante i sedicianni da quando lui e Thorne avevano fatto la loro scommessa, davanoormai un 95 per cento di certezza che Cygnus X-1 fosse un buco nero.Hawking decise così che era giunto il tempo di pagare. Quindi, mentreThorne si trovava a Mosca, con l’aiuto di alcuni «complici» siintrodusse nel suo ufficio, dov’era appeso il documento incorniciatodella scommessa, e vi scrisse sopra una nota in cui ammetteva lasconfitta, firmandola con l’impronta del pollice.

Sul finire degli anni Ottanta, mentre Hawking viaggiava in lungo ein largo per il mondo come una celebrità, la sua mente percorrevadistanze tali che, al loro confronto, questi viaggi parevanoinsignificanti. Nel 1956, John Wheeler aveva introdotto il concetto di«cunicoli spazio-temporali quantistici»; Hawking era ora alla ricercadi avventure attraverso questi cunicoli, questi passaggi verso regioniancora più esotiche, verso «universi neonati». Per capire meglio lasituazione, seguiamolo al di là dello spazio e del tempo.

Una nuova occhiata al pallone cosmico

Hawking ci chiede di immaginare un enorme pallone che si gonfia

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rapidamente. Questo pallone è il nostro universo e i puntini sulla suasuperficie sono stelle e galassie. I puntini causano fossette eincrespature nella superficie. Come predetto da Einstein, la presenzadi materia e/o energia provoca una curvatura dello spazio-tempo.

Quando guardiamo il nostro pallone cosmico attraverso unmicroscopio non molto potente, la sua superficie, malgrado leincrespature, ci sembra relativamente liscia. Se però lo guardiamo conun microscopio più potente, ci accorgiamo che, in fin dei conti, non èaffatto liscio: la sua superficie sembra vibrare furiosamente, creandouna certa confusione, una sfocatura (si veda la figura 10.9).

Abbiamo già visto prima questo genere di sfocatura. Il principio diindeterminazione fa sì che l’universo, a livello quantistico, sia unacosa molto sfocata: non è mai possibile conoscere precisamente, allostesso tempo, sia la posizione sia il momento di una particella. Unmodo per rappresentarci questa indeterminazione quantistica consistenell’immaginare che ogni particella si agiti in una sorta di vibrazionemicroscopica casuale; quanto più cercheremo di guardarla da vicino,tanto più si agiterà con violenza. Se esaminiamo il livello quantisticocon la massima attenzione possibile, tutto ciò che potremo dire, nellamigliore delle ipotesi, sarà soltanto che una particella ha questaprobabilità di essere qui, o quella probabilità di muoversi così. Lasuperficie del pallone cosmico presenta un’imprevedibilità di questostesso tipo: sotto un ingrandimento abbastanza potente, lafluttuazione quantistica diventa così incredibilmente caotica chepossiamo dire che c’è una probabilità che stia accadendo… qualunquecosa.

Che cosa potrebbe essere questo «qualunque cosa» secondo StephenHawking? Sul finire degli anni Ottanta, stava riflettendo sullaprobabilità che il pallone cosmico sviluppasse una piccolaprotuberanza. Di solito, quando accade una cosa del genere i normalipalloncini delle feste scoppiano subito, ma in rare occasioni dallasuperficie si forma un pallone in miniatura; se poteste vedere il nostropallone cosmico mentre gli accade una cosa di questo tipo, sareste itestimoni della nascita di un «universo neonato».

Suona in modo spettacolare: la nascita di un universo. Assisteremomai a un evento del genere? No, innanzitutto perché accade nel tempoimmaginario, di cui abbiamo parlato nel capitolo 10, e non nel tempo«reale». Un’altra ragione è poi, dice Hawking, che se c’è un qualcosa

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di cui si può davvero dire che nasce piccolo, questo qualcosa è ununiverso. La dimensione più probabile per il collegamento fra ilnostro universo e quello neonato – il cordone ombelicale, se volete – èsolo di circa 10-33 centimetri di larghezza; per esprimere questonumero in forma di frazione, dovremmo scrivere un 1 al numeratore eun 1 seguito da 33 zeri al denominatore. Se non è piccolo questo!L’apertura – il cunicolo spazio-temporale, com’è chiamato – è comeun minuscolo buco nero, che guizza per un attimo nell’esistenza perpoi svanire dopo un intervallo di tempo talmente breve da risultareinimmaginabile. Abbiamo già parlato di un’altra cosa che ha una vitaestremamente breve: nel capitolo 6, discutendo la radiazione diHawking, abbiamo imparato che possiamo pensare alle fluttuazioni inun campo di energia come a coppie di particelle dalla vita brevissima.Analogamente, i cunicoli spazio-temporali sono un modo di pensare lefluttuazioni nel tessuto dello spazio-tempo: la superficie del pallonecosmico.

L’ipotesi di Hawking era che l’universo neonato attaccato a questocordone ombelicale potesse non essere altrettanto effimero; ciò chenasce piccolo non sempre resta piccolo. Stava pensando che, alla fine,il nuovo universo avrebbe potuto espandersi fino a diventare qualcosadi simile al nostro attuale universo, che si estende per miliardi di anniluce. Come il nostro universo, ma vuoto? Nient’affatto. «La materia»sottolinea Hawking «può essere creata dall’energia gravitazionale inun universo di qualsiasi grandezza.»11 In seguito, il risultatopotrebbero essere galassie, stelle, pianeti e forse anche la vita.

Ci sono molti universi neonati e adulti? Possono spuntar fuoridappertutto? Anche nel lavello della nostra cucina? O dentro il nostrocorpo? Hawking dice di sì, che può darsi che nuovi universicontinuino a nascere tutto intorno a noi, anche in qualche puntosituato dentro di noi, e il tutto senza che i nostri sensi possanominimamente accorgersene.

Forse vi chiederete se anche il nostro universo abbia avuto origineda una protuberanza sul fianco di un altro. È possibile, dichiaraHawking. Il nostro universo potrebbe far parte di un infinito labirintodi universi che spuntano l’uno dall’altro e si congiungono fra di lorocome un interminabile favo, di cui fanno parte non solo moltissimiuniversi neonati ma anche universi adulti. Due universi potrebberosviluppare delle connessioni in più di un punto attraverso dei cunicoli

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spazio-temporali; questi cunicoli, inoltre, potrebbero anche collegarealcune parti del nostro universo con altre sue parti, o con altri tempi(figura 12.1).

Fig. 12.1 Cunicoli spazio-temporali e universi neonati.

La vita nel setaccio quantistico

Facciamo ora uno sforzo d’immaginazione e guardiamo tutte questecose dal punto di vista di un elettrone. Se ci sono quadrilioni dicunicoli spazio-temporali che guizzano per un istante nell’esistenza inogni punto dell’universo, un elettrone si troverà di fronte a una sortadi enorme pentola di denso porridge in furiosa ebollizione;attraversare una cosa del genere è un affare complicato, più o menocome passare attraverso un gigantesco setaccio con una maglia checontinua a cambiare. Un elettrone che tenti di muoversi in linea retta

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in un ambiente del genere sarà quasi certo di incontrare un cunicolospazio-temporale, di caderci dentro e di ritrovarsi proiettato in unaltro universo. Ciò suona sospetto, in quanto sembrerebbe che unacerta quantità di materia venga a sparire dal nostro universo (cosache, come ricorderete, non è possibile); tuttavia, stando a questateoria, questo pericolo di una perdita di materia non sussiste, dato cheun elettrone identico torna indietro seguendo il percorso inverso espunta fuori nel nostro universo.

Ma non dovremmo accorgerci di questa sostituzione di elettroni? Ilpunto è che noi non la vedremmo in questo modo: a noi,semplicemente, questo evento apparirebbe come un elettrone che simuove in linea retta. Hawking stava pensando che la presenza dicunicoli spazio-temporali, tuttavia, farà sì che tutti gli elettroni simuovano come se avessero una massa superiore a quella chedovrebbero avere in assenza di cunicoli; pertanto, se vogliamo cercaredi predire le masse delle particelle con una qualunque teoria, èimportante sapere se delle cose come i cunicoli spazio-temporaliesistano davvero oppure no.

La teoria ci dice che se un elettrone cade in un cunicoloaccompagnato da un fotone, noi non registreremo nulla che sembrifuori dall’ordinario: osserveremo soltanto il normale scambio di unaparticella messaggera in un’interazione elettromagnetica, in cui unelettrone emette un fotone e un altro lo assorbe. Hawking stavaipotizzando che forse tutte le masse delle particelle e tutte le lorointerazioni – l’incessante attività delle quattro forze, in tuttol’universo – potrebbe essere spiegata come questo continuo entrare euscire da cunicoli spazio-temporali.

A questo punto, non avreste torto a chiedervi come delle particellepossano passare attraverso dei cunicoli spazio-temporali che, comeabbiamo visto, sono molto più piccoli anche delle più piccoleparticelle a noi note. Ma come nel caso della radiazione di Hawking,ciò che sembra impossibile in qualunque modo cerchiamo dirappresentarcelo diventa invece possibile nella meccanica quantistica.

Quando Hawking calcolò l’effetto dei cunicoli spazio-temporalisulle masse di particelle come gli elettroni, in un primo momento isuoi calcoli suggerirono che tali masse sarebbero state molto piùgrandi di quelle che di fatto osserviamo; in seguito, però, lui e altriricercatori ottennero dei valori più ragionevoli. Tuttavia, alla fine del

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decennio Hawking nutriva dei dubbi sul fatto che la teoria deicunicoli spazio-temporali potesse davvero predire le masse delleparticelle per il nostro universo (o per qualunque altro). Comeabbiamo appreso nel capitolo 2, quando qualcosa dev’essere misuratodirettamente e non può essere predetto dalla teoria, diciamo chequesto qualcosa è un «elemento arbitrario». In tutte le nostre attualiteorie, le masse delle particelle e le intensità delle forze sono elementiarbitrari in questo senso. Forse la teoria dei cunicoli spazio-temporalinon le renderà meno arbitrarie, però potrebbe spiegare perché sonoarbitrarie. Hawking stava pensando che le masse delle particelle ealtre costanti fondamentali della natura potrebbero essere delle«variabili quantistiche»: in altre parole, potrebbero essereindeterminate, come le traiettorie delle particelle o come ciò cheavviene sulla superficie del pallone cosmico. Questi numeri verrebberostabiliti a caso per ciascun universo al momento della sua creazione:un lancio di dadi, per dir così, ed ecco che quel particolare universo èsistemato, senza che sia però possibile dedurre a priori dalla teoriaquale esito darà il lancio, o forse anche solo stabilire che undeterminato esito è senza dubbio più probabile di un altro. Hawkingnon era sicuro che per la teoria dei cunicoli spazio-temporali le cosestessero di fatto così; tuttavia, l’idea che le costanti fondamentali dellanatura – e forse anche le «leggi della natura» – potrebbero non esserefondamentali per la totalità degli universi, ma diverse da un universoall’altro, era qualcosa su cui sarebbe tornato in seguito in un altrocontesto.

Un universo fortemente incurvato

«Come mai le fluttuazioni quantistiche non facciano incurvare lospazio-tempo fino a ridurlo a una minuscola pallina è un grandemistero» afferma Hawking.12 Come ricorderete, si tratta di uno deglienigmi che i fisici teorici devono risolvere nella loro ricerca dellaTeoria del Tutto.

I fisici si riferiscono a questo problema dell’energia nel (cosiddetto)vuoto indicandolo come il problema della costante cosmologica.Ricorderete che Einstein aveva introdotto nella sua teoria unacostante cosmologica con il compito di controbilanciare la gravità eimpedire che l’universo cambiasse dimensioni; in seguito, però, rigettò

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questa costante definendola «il più grande errore della mia vita». Oggiil termine ha acquistato un significato leggermente diverso, perquanto correlato: la costante cosmologica, nell’accezione odierna deltermine, è un numero che ci dice quanto è densa questa energia nelvuoto: la densità di energia del vuoto. Stando al senso comune, nelvuoto non ci dovrebbe essere nessuna energia; come abbiamo visto,però, il principio di indeterminazione ci mostra che lo spazio «vuoto»non è affatto vuoto, ma ribolle di energia. La costante cosmologica (ladensità di energia del vuoto) dovrebbe essere enorme, e la teoria dellarelatività generale ci dice che questa massa/energia dovrebbe indurrel’universo ad arrotolarsi su se stesso.

Tuttavia, a prescindere da ciò che affermano il principio diindeterminazione e la relatività generale, il nostro universo non èaffatto arrotolato su se stesso; anzi, al contrario, all’epoca in cuiHawking stava sviluppando la sua teoria dei cunicoli spazio-temporali, si riteneva da tempo – in linea con le osservazio-ni – che il valore della costante cosmologica fosse prossimo allo zero.Questo valore viene stabilito in base all’osservazione della velocitàcon cui le galassie si allontanano le une dalle altre, nonché dal fattostesso della nostra esistenza: «Una grande costante cosmologica,positiva o negativa che sia, renderebbe l’universo inadatto a ospitarelo sviluppo della vita» sottolinea Hawking.13 Il valore della costantecosmologica è uno degli esempi di quella «regolazione fine» di cuiabbiamo parlato nel capitolo 9. Come vedremo, Einstein fu troppoprecipitoso nel chiamarla «un errore»; nei primi anni Novanta, però,non lo sapeva ancora nessuno.

Com’è possibile che la costante cosmologica sia così piccola – comeci dicono le nostre osservazioni – se la teoria predice che dovrebbeessere enorme? Per rispondere a questa domanda, dobbiamo prenderedi nuovo in considerazione quelle coppie di particelle che abbiamoincontrato discutendo della radiazione di Hawking. Nella supergravità– la teoria di cui Hawking aveva parlato nella sua lezione lucasiana –,le coppie di fermioni (particelle di materia) nel vuoto danno energianegativa e controbilanciano l’energia positiva delle coppie di bosoni(particelle messaggere); questa potrebbe di fatto essere la spiegazione,o almeno una sua parte, ma si tratta comunque di una faccendacomplicata. Tanto per iniziare, queste particelle non interagisconosolo attraverso la gravità. Tuttavia, anche se abbiamo un sacco di

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energie positive e negative che si cancellano a vicenda, che tuttequeste energie si cancellino totalmente fino ad azzerarsi è un’ipotesiun po’ troppo dura da mandar giù. Come afferma Sidney Coleman,che condivideva l’entusiasmo di Hawking per i cunicoli spazio-temporali: «Zero è un numero sospetto. Immaginate che, per unperiodo di dieci anni, spendiate milioni di dollari senza guardare aquanto ammonta il vostro salario e che alla fine, quando confrontateciò che avete speso con ciò che avete guadagnato, vi accorgiate che ledue cifre corrispondono fino all’ultimo centesimo».14 Se già una cosacome questa suonerebbe incredibile, che il valore della costantecosmologica venga ad azzerarsi perché tutte le energie positive enegative si cancellano a vicenda è ancora più improbabile.

I cunicoli spazio-temporali potrebbero risolvere questo mistero?Hawking stava pensando che questi cunicoli, ramificandosi in ognipunto dello spazio-tempo, potrebbero rendere la costante cosmologica– la densità di energia del vuoto – una «variabile quantistica» come lamassa delle particelle. Potrebbe avere qualunque valore. Qual è laprobabilità che questo valore sia prossimo allo zero? Immaginate lanascita di un universo come un «bambino» che spunta fuori da ununiverso esistente. La teoria dei cunicoli spazio-temporali afferma chec’è una moltitudine di universi, alcuni molto più grandi di quanto nonsia il nostro oggi, altri incredibilmente più piccoli di un atomo (contutte le possibili varianti fra questi due estremi). L’universo neonatodeve copiare la propria costante cosmologica da uno di questi altriuniversi attraverso un cunicolo spazio-temporale (deve «ereditarla»,potremmo dire). Finché un essere umano è un neonato, non èimportante per lui se ha ereditato o meno un talento per la musica;diventa importante solo quando il bambino cresce. Allo stesso modo,per un universo neonato non è importante quale valore della costantecosmologica «eredita» e, in particolare, se quest’ultimo è prossimoallo zero; finché non sarà un po’ più cresciuto, il valore della suacostante cosmologica non sarà infatti neppure misurabile. Tuttavia,fra tutti questi universi di dimensioni assortite che lo circondano, èmolto più probabile che l’universo neonato erediti la sua costantecosmologica attraverso dei cunicoli spazio-temporali che lo colleganocon universi più grandi e freddi, quel tipo di universi che risultanopossibili solo quando tutte le energie positive e negative nel vuoto sicancellano a vicenda fino ad azzerarsi. Coleman studiò la probabilità

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che un universo (nella teoria dei cunicoli spazio-temporali) abbia unacostante cosmologica prossima allo zero – cioè, che sia un universodello stesso tipo del nostro –, e scoprì che ogni altra sorta di universosarebbe altamente improbabile.

I cunicoli spazio-temporali e la Teoria del Tutto

I cunicoli spazio-temporali e gli universi neonati stimolaronol’immaginazione di molti fisici, che iniziarono a gettarsi nella disputarispondendo alle domande e formulando versioni alternative. Questo èsempre un buon segno. «Lo studio degli universi neonati è ancoranella sua infanzia,» scherzava Hawking «ma sta crescendo in fretta.»15

La teoria dei cunicoli spazio-temporali e universi neonati avrebbepotuto dare un contributo alla ricerca di una teoria completadell’universo?

Innanzitutto, abbiamo visto che questa teoria sembrava offrire unnuovo modo di considerare il problema della costante cosmologica, laspinosa questione della densità di energia del vuoto, che dovrebbe farcontrarre l’universo ma non lo fa. Hawking pensava che la teoria deicunicoli spazio-temporali avrebbe risolto questa contraddizione fra larelatività generale e la meccanica quantistica? «Non mi spingerei cosìlontano» disse. «Non c’è una contraddizione fondamentale, ma ci sonodei problemi tecnici che i cunicoli spazio-temporali non risolvono.»16

In secondo luogo, la teoria dei cunicoli spazio-temporali era unateoria che non perdeva la propria validità all’«inizio» del tempo; conle teorie di Einstein, invece, se procediamo a ritroso nel tempo fino albig bang, raggiungiamo una singolarità dove le leggi della fisica comele conosciamo non sono più valide. La proposta dell’assenza di confinidi Hawking mostrava che in un tempo immaginario non ci sarebbestata nessuna singolarità; la teoria dei cunicoli, dal canto suo,suggeriva che, nel tempo immaginario, il nostro universo potrebbeessere spuntato fuori, come un universo neonato, da un altro universo.

In terzo luogo, la teoria dei cunicoli spazio-temporali stabiliva uncollegamento soddisfacente, di tipo geometrico, fra la meccanicaquantistica e la teoria della relatività, permettendoci di pensare lefluttuazioni quantistiche, i cunicoli spazio-temporali quantistici e gliuniversi neonati come cose non troppo diverse dai fenomeni cheregistriamo al livello astronomico, come la curvatura dello spazio-

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tempo e i buchi neri. Le costanti fondamentali del nostro universo,come le masse e le cariche delle particelle e la costante cosmologica,potrebbero essere il risultato della forma – della geometria – di unlabirinto di universi interconnessi.

Le altre teorie non sono in grado di predire le masse e le carichedelle particelle, che per esse rimangono quindi elementi arbitrari. Unalieno che non abbia mai visto il nostro universo non potrebbeprendere tali teorie e usarle per calcolare il valore di queste costantifondamentali senza sbirciare l’universo «reale». Abbiamo visto che sidiscute ancora se i cunicoli spazio-temporali potrebbero davverooffrirci un modo per comprendere e calcolare queste grandezzefondamentali o se, invece, essi non rendano la loro predizione ancorameno probabile, qualunque teoria si adotti.

I teorici che lavorano nel campo della teoria delle superstringhe,secondo la quale gli oggetti fondamentali nell’universo non sonoparticelle puntiformi ma minuscole corde vibranti, speravano che laloro teoria potesse infine permetterci di predire i valori delle masse edelle cariche delle particelle. Hawking, però, era pessimista: «Sequesto quadro degli universi neonati è corretto, la nostra capacità dipredire tali quantità ne risulterà ridotta».17 Se sapessimo quantiuniversi ci sono là fuori e che dimensioni hanno, sarebbe diverso, manoi non ne abbiamo idea. Non possiamo neppure vedere come siuniscono al – o si separano dal – nostro. Non possiamo farci unquadro accurato di quale forma abbia questo labirinto di universi;sappiamo solo che se gli universi si congiungono o si separano, ciòdetermina un cambiamento nei valori apparenti di grandezze come lemasse e le cariche delle particelle. Alla fine, ci ritroviamo una piccolama ben definita quantità di indeterminazione nei valori predetti.

Nel frattempo, Hawking non si poneva la questione se questo generedi ricerche lo stessero conducendo o meno alla Teoria del Tutto. Lasua strategia è quella di concentrarsi sulle aree che comprende meglio,gettandosi sul problema di ciò che accade e di come funzionano lecose quando mettiamo insieme la relatività e la meccanicaquantistica. Egli è convinto che ciò che riesce a scoprire sull’universoprocedendo in questo modo dovrebbe restare vero a prescindere daquale sarà la Teoria del Tutto e da chi la troverà; il suo quadrodovrebbe inserirsi come una parte in questa visione d’insieme piùgrande, o più essenziale.

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Salvare la storia

Gli appassionati di fantascienza resterebbero delusi se nondiscutessimo la possibilità che qualcosa di più grande di una particellapossa viaggiare attraverso un cunicolo spazio-temporale raggiungendoun altro universo o un’altra parte del nostro universo, un’idea che èstata sfruttata in moltissime opere fantascientifiche. Di primo acchito,sembrerebbe che questa forma di viaggio sia possibile.

La fantascienza e le congetture scientifiche si strinsero la manoquando, nel 1985, Kip Thorne e i suoi specializzandi studiaronoquesta possibilità su richiesta di Carl Sagan. Sagan era alla ricerca diun modo per far sì che l’eroina del suo romanzo Contact giungessefino a un punto molto remoto dello spazio in un tempo praticamentenullo. Il problema è che un cunicolo spazio-temporale grandeabbastanza da permettere il passaggio dell’eroina di Sagan – o diqualunque altra persona – sarebbe pericolosamente instabile; anchesolo una piccola interferenza, come la nostra stessa presenza,basterebbe a distruggerlo (eliminando, al contempo, anche ilmalcapitato viaggiatore). Alla fine, Thorne pensò di aver trovato larisposta, un modo per tenere aperta la gola di un cunicolo spazio-temporale usando una forma di materia esotica con densità di energianegativa, una cosa forse possibile per una civiltà molto più avanzatadella nostra. La reazione di Hawking all’ipotesi di Thorne fu, come alsolito, succinta: «Ti sbagli». «Nella nostra comunità, non c’è moltospazio per la cortesia quando uno di noi pensa che un altro abbiatorto» commentò Thorne.18

Hawking si mise a lavorare per sostenere la propria opinione, e ilrisultato fu la sua «congettura della protezione cronologica». Le sueobiezioni erano indirizzate, nello specifico, contro l’ipotesi di uncunicolo spazio-temporale che funzionasse come una macchina deltempo. La «congettura» afferma che la natura impedisce di percorrerequelle traiettorie spazio-temporali che consentirebbero a una personadi viaggiare indietro nel tempo (una «curva chiusa di tipo tempo»): inpratica, questo cunicolo esploderebbe ogni volta che qualcunotentasse di attivarlo, e questa esplosione – dichiarò Hawking –«terrebbe al sicuro l’universo per gli storici». Nessuno potrebbeviaggiare nel passato per riscrivere la storia. In un articolo inoccasione del sessantesimo compleanno di Hawking, nel 2002, Thorne

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ricordò ai suoi lettori e ascoltatori che la congettura della protezionecronologica era solo, per l’appunto, una «congettura», «dato che sia iosia lui stavamo lavorando con le leggi della fisica in un dominio doveci è difficile dire se tali leggi siano di fatto valide».19 Hawking avevainoltre affermato che «la prova migliore che abbiamo del fatto che iviaggi nel tempo non sono possibili, e non lo saranno mai, è che nonsiamo stati invasi da orde di turisti dal futuro»,20 aggiungendo peròanche, ironicamente, che forse la nostra epoca storica è diventata unameta turistica così notoriamente sgradevole che i visitatoriprovenienti dal futuro la evitano sempre.

Kip Thorne definì l’articolo di Hawking sulla «congettura dellaprotezione cronologica» un «tour de force» (il che, certo, nonsignificava necessariamente che era d’accordo con quanto vi siaffermava). In occasione del sessantesimo compleanno di Thorne,Hawking gli regalò un calcolo delle probabilità di successoquantomeccaniche di una macchina del tempo basata su un cunicolospazio-temporale. Con gli anni, non era diventato più ottimista inproposito: la probabilità di successo, secondo la sua stima, era di 1 su1060.21

E che dire di un buco nero più piccolo? Quando i buchi neriprimordiali evaporano, qual è il destino delle cose che in precedenzavi sono finite dentro? La teoria dei cunicoli spazio-temporalisuggerisce che queste cose potrebbero anche non tornarenecessariamente nel nostro universo sotto forma di particelle; taliparticelle, infatti, potrebbero anche squagliarsela infilandosi in ununiverso neonato. E qui il paradosso dell’informazione rialzaferocemente la testa! Certo, questo universo neonato potrebbe unirsidi nuovo alla nostra regione dello spazio-tempo e, in tal caso, ciapparirebbe come un altro buco nero, con il suo processo diformazione ed evaporazione. Le cose che cadono in un buco neroemergerebbero dall’altro, e viceversa; sarebbe una sorta di viaggiospaziale (almeno per le particelle), e nessuna informazione andrebbeperduta.

I cunicoli spazio-temporali e gli universi neonati avrebbero potutooffrire una soluzione al «paradosso dell’informazione»? Se qualcunostava alzando la testa pieno di speranza, pensando che forse anchel’universo aveva un modo per proteggersi dalla perdita diinformazioni, nell’immediato queste speranze non avrebbero trovato

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incoraggiamento da parte di Hawking.

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Parte terza

1990-2000

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«Ci stiamo avvicinando alla fine della fisica teorica?»

L’edificio che dalla metà del XX secolo fino al 2000 ha ospitato ilDAMTP (dipartimento di matematica applicata e fisica teorica)dell’università di Cambridge è un triste gigante di cemento privo delbenché minimo elemento architettonico. Chi ci ha lavorato volentierideve per forza essere stato ignaro dell’ambiente che lo circondava,oppure innamorato di quel vecchio posto non certo per motivi dinatura estetica.

Vi si accedeva passando per una stretta viuzza che partiva da SilverStreet, attraversando un parcheggio asfaltato e quindi una porta rossa.L’interno era austero, la planimetria raffazzonata senza alcuna logica.Un corridoio dietro una piccola reception svoltava bruscamente adestra davanti a un antiquato ascensore di metallo nero, poiproseguiva dritto per un po’, curvava di nuovo e si allargava incorrispondenza di cassette per le lettere, bacheche traboccanti diavvisi su seminari e conferenze, graffiti indecenti. A quel puntotornava a stringersi di colpo, terminando davanti alla porta di unagrande common room, una sala di ritrovo per studenti e professori.

Era lì che da decenni il DAMTP si riuniva per il tè, tutti i pomeriggialle quattro. Per gran parte della giornata la sala restava vuota e pocoilluminata; dominavano i toni verde-giallo, il colore delle poltrone infinta pelle raggruppate attorno ai tavolini, delle parti in legno e dellametà inferiore delle colonne che reggevano l’alto soffitto. Un tavolospariva sotto pile di pubblicazioni scientifiche. Su una parete, unarassegna fotografica di brutti ceffi, alias attuali studenti e membri difacoltà; sull’altra, ritratti di rappresentanza con gli ex professorilucasiani. In fondo alla stanza, enormi finestre si affacciavano su unmuro cieco dall’altro lato della viuzza e lasciavano passare poca luce.

L’ufficio di Hawking, come svariati altri, dava sulla common room.La sua porta era contraddistinta da una piccola targa: SILENZIO,PREGO. IL CAPO DORME. Quasi certamente una bugia. Nel corsodegli anni, in quel gradevole ufficio dal soffitto alto, Hawking

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trascorse molte ore a lavorare in compagnia di computer, foto deifigli, qualche pianta, una fotografia a grandezza naturale di MarilynMonroe sulla porta e, dal 1985, un’immancabile infermiera diguardia. L’unica, sproporzionata, finestra della stanza guardava sulparcheggio.

All’epoca la giornata dello scienziato iniziava alle undici delmattino. La segretaria rivedeva con lui la lista degli appuntamenti, esul finire degli anni Ottanta l’operazione iniziò ad assumere i contornidi una barzelletta: solo di rado riuscivano a rispettare i programmi, echiunque volesse incontrare Hawking doveva mostrarsi flessibile.

La giornata continuava con il debole ticchettio del congegno apressione che lo scienziato teneva in mano. Adagiato sulla suacarrozzina, guardava impassibile lo schermo del computer eselezionava le parole per comunicare con visitatori e giornalisti,consultare i colleghi, consigliare gli studenti, parlare al telefono,scrivere testi di conferenze o rispondere alla posta. A volte si sentiva ilbrusio leggero prodotto dal motorino della sedia a rotelle cheHawking, grazie a un joystick, guidava lungo la common room e i varicorridoi per raggiungere altre stanze dell’edificio in cui si tenevanoriunioni o seminari. Lo seguiva un’infermiera alla quale, di tanto intanto, una voce computerizzata e ben modulata chiedeva di sistemarela posizione della carrozzina o di aspirare i fluidi accumulatisi nellevie aeree.

Alla fine degli anni Ottanta lo staff infermieristico di Hawking eranumeroso, competente e assortito quanto a sesso ed età. Dimostravaun’indulgente tenerezza nei confronti dello scienziato e assolveva condedizione il compito di conferirgli un aspetto gradevole. Glipettinavano i capelli, gli pulivano gli occhiali, asciugavano la salivacolata sul mento e, per dirla a modo loro, gli «davano una sistemata»diverse volte al giorno. Hawking non aveva altra scelta se non quelladi dipendere totalmente dagli altri, ma in lui non c’è mai stato unbriciolo di senso d’impotenza. Al contrario: era vigoroso e deciso,senza dubbio padrone della propria vita. Il suo staff diceva che, datala forza della sua personalità, lavorare con lui e per lui era tantogratificante quanto spossante. Non mi sono mai accorta dellaspiacevole competizione fra infermiere di cui avrebbe poi scritto JaneHawking.

A fine anni Ottanta la posta era diventata un fardello troppo

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pesante per l’assistente ricercatore di Hawking, per l’assistentepersonale Sue Masey e per una delle infermiere che ora li aiutava.Mostravano una volontà adamantina nello scrivere risposte ponderatea lettere, poesie e videocassette provenienti da tutto il mondo, moltedelle quali raccontavano storie commoventi e meritavano un riscontropersonale. Fu triste dover ricorrere sempre di più a cortesi cartolineprestampate, ma gestire anche solo una frazione della posta chericeveva lo scienziato gli avrebbe richiesto tutte le sue ore di veglia.

All’una di pomeriggio, con il sole o con la pioggia, Hawkinglanciava la sua carrozzina munita di computer portatile fra le stretteviuzze di Cambridge, a volte accompagnato solo da un’infermiera,altre dagli studenti, costretti a camminare a passo svelto per nonrestare indietro. La loro era una breve escursione nel cuore dellacittadina, oltre i negozi esclusivi della storica King’s Parade, la King’sCollege Chapel e la Senate House, che aveva come meta il Gonvilleand Caius College, dove Hawking pranzava con altri membridell’istituzione. L’infermiera gli sistemava un bavagliolo attorno allespalle e lo imboccava con il cucchiaio. Mangiare non costituiva perlui un deterrente alla conversazione: senza smettere un secondo,muoveva le dita sul suo dispositivo palmare e sceglieva le parole percomunicare con chi lo circondava.

Dopo pranzo percorreva il tragitto di ritorno al DAMTP. Già alloraHawking era temuto in almeno due continenti per la sua guidaspericolata: gli studenti si lanciavano nel traffico di King’s Parade eSilver Street per fermare auto, furgoni e biciclette mentre il loroprofessore procedeva a tutta birra arrogandosi il diritto di precedenza.I conoscenti temevano che avesse maggiori probabilità di morireinvestito da un camion delle consegne che di SLA.

Alle quattro Hawking sbucava di nuovo da dietro la porta verde-giallo del suo ufficio. L’ora del tè era un vero rituale nel dipartimento:le stanze cavernose si riempivano all’improvviso del rumoreassordante delle voci, misto all’acciottolio delle tazzine. Gran partedei fisici e dei matematici che si riunivano erano vestiti comemuratori, tanto che qualcuno ha detto che il «gruppo della relatività»sembra in realtà un gruppo rock in una giornata storta. Nonparlavano però del più e del meno: i loro discorsi spaziavano daicunicoli spazio-temporali alle regioni euclidee, dai campi scalari aibuchi neri. Sui tavolini da tè si scarabocchiavano equazioni. A

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scandire il ritmo dell’angolo della sala dedicato a Hawking era la suaironia asciutta, ma gli ex studenti sostengono che alcuni dei suoicommenti durante quelle occasioni si rivelavano spesso più preziosi diun’ora di lezione tenuta da altri. Lo scienziato aveva imparato apadroneggiare l’arte di riassumere molti concetti in poche parole;rileggendo in seguito gli appunti, ci si rendeva conto della cura concui Hawking aveva selezionato parole che gli permettessero di direesattamente quello che voleva.

Alle quattro e trenta la common room si svuotava tanto in frettaquanto si era riempita; tutte le lunghe luci fluorescenti tranne unavenivano spente. Hawking scivolava di nuovo nel suo ufficio, doverestava a lavorare fino alle sette. A detta dei suoi studenti, nel tardopomeriggio il professore era più disponibile ad aiutarli.

Certe sere Hawking cenava al college, oppure, a bordo di unfurgoncino dotato di un’apposita attrezzatura e acquistato con i soldidel premio Wolf per la fisica assegnatogli nel 1988, venivaaccompagnato a teatro o a un concerto. Quando ce n’era uno allascuola di Tim, allora andava a sentire il figlio che suonava ilvioloncello nell’orchestra. Era bravo, e seguiva le orme della sorellaLucy. Altre sere Hawking restava a lavorare in ufficio fino a tardi.

Fu durante una di quelle sere che, nel dicembre 1989, andai aparlargli del progetto di scrivere il mio primo libro su di lui.Conversammo di buchi neri e io gli lessi un paragrafo per essere sicuradi aver capito bene. Quando mi interruppi per osservare che trovavolo stile un po’ troppo piatto, poiché l’editor era contrario a qualsiasibattuta o forma d’umorismo in un libro scientifico, Hawking mi disse:«Dovrebbe essere divertente. Di’ che te l’ho detto io». Ero certa che, difronte a un commento del genere, l’editor avrebbe cambiato idea;dopotutto, il libro scritto dallo stesso Hawking era andato a ruba,vendendo milioni di copie. A un certo punto, mentre guardavo leparole che scorrevano sullo schermo, rimasi sorpresa. C’era scritto:«Potresti sollevarmi un pochino sullo schienale?». Rendendomi conto,dopo un istante, che la domanda non era rivolta a me, lanciai unosguardo in direzione dell’infermiere seduto accanto a noi. Questi presevita, sollevò Hawking e lo sistemò in una posizione più confortevole.

Al termine di quell’incontro serale ci eravamo già organizzati.Hawking avrebbe chiesto alla sua assistente personale di fornirmidelle fotografie d’infanzia e di famiglia, oltre a materiale inedito,

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scritto di suo pugno, sugli anni della gioventù e sulla malattia. Amaggio o a giugno, completate le sezioni scientifiche del libro, miavrebbe aiutato a revisionarle.

Giù nel precipizio

La vita al centro di una mole di attenzioni e di lusinghe come quellericevute da Hawking finisce inevitabilmente per assumere un’aurasurreale. Non è facile, per quanto maturi, assennati e autoironici sipossa essere, continuare a considerare le cose per quello che davverosono. Hawking ha trascorso un quarto di secolo a convincere la gentedi non essere un subumano, e ci è riuscito fin troppo bene: li hapersuasi di essere un supereroe. Non ha mai fatto niente peralimentare volontariamente una simile percezione, e ha affermato dinon voler essere trattato né più né meno di un essere umano qualsiasi.I critici invece sostengono che abbia fatto ben poco per scoraggiarel’immagine del supereroe. Siamo onesti: chi avrebbe voluto farlo? Erauna cosa divertente e faceva vendere molti libri. E poi, anchescoraggiandola, quale vantaggio si sarebbe ottenuto? Se Hawkingrilasciava dichiarazioni come: «Mi sento in imbarazzo quando la genteparla di coraggio; ho fatto l’unica cosa che potevo fare in questasituazione»,1 alcuni lo accusavano di falsa modestia, altri vedevanol’ennesimo esempio del suo eroismo.

Hawking iniziò a farsi carico, più che in passato, dellaresponsabilità di essere un modello di riferimento per le personedisabili. Nel corso di una conferenza sulla scienza occupazionaletenutasi nel giugno del 1990 presso la University of SouthernCalifornia, il suo intervento fu praticamente quello di un militante: «Èmolto importante che i bambini disabili vengano aiutati a integrarsicon i coetanei. Li aiuta a definire l’immagine che hanno di loro stessi.Come ci si può sentire membri della razza umana se si viene messi daparte sin da quando si è piccoli? È una forma di apartheid». Aggiunsedi ritenersi fortunato per essere stato colpito dalla malattiarelativamente tardi, dopo aver trascorso l’infanzia a divertirsi con glistessi giochi fisici dei suoi amici in buona salute. Elogiò i progressidella tecnica che lo avevano aiutato, ma proseguì dicendo chesebbene «strumenti di supporto come carrozzine e computer possonoricoprire un ruolo importante per superare i problemi fisici, ancora di

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meglio può fare la giusta predisposizione mentale. È inutile lamentarsidell’atteggiamento collettivo nei confronti dei disabili: sta a lorocambiare la percezione della gente, proprio come hanno fatto i neri ele donne».2 Persino i detrattori di Hawking non potevano negare chele sue conquiste verso un cambiamento di tale percezione fossero statemaggiori di quelle ottenute da chiunque altro.

Mentre Hawking girava il mondo per tenere discorsi e conferenzestampa, ricevere riconoscimenti e godersi la stima del pubblico,sempre più spesso in compagnia di Elaine Mason, gli amici diCambridge guardavano la loro «superstar di casa» con orgoglio eindulgenza, ma anche con ansia crescente. Non gli invidiavanol’aspetto più divertente del suo percorso, ma erano preoccupati perlui. Iniziava a credere davvero all’immagine di «signoredell’universo»? La celebrità avrebbe rubato spazio al lavoroscientifico? Aggiunta alla sua indole testarda, lo avrebbe reso unaprima donna capricciosa? Un’immagine troppo esaltata avrebbe avutodelle ripercussioni sulla sua famiglia? Un matrimonio sottoposto adifficoltà così grandi sarebbe stato in grado di sopravvivere? Alpubblico piace avere il possesso dei propri eroi. Stephen avrebbe maipotuto essere ancora Stephen e basta? Sembrava improbabile.

La relazione di Jane Hawking con Jonathan Hellyer Jonescontinuava a essere nota soltanto a una manciata di persone moltoriservate, capaci di evitare che la notizia uscisse dalla cerchia deiconoscenti o finisse in pasto ai media, impresa notevole, se siconsiderano le ridotte dimensioni di una comunità universitaria comeCambridge. Nonostante ciò, in un’intervista del 1989, Jane avevarilasciato un commento che non lasciava presagire niente di buono:«Iniziai carica di ottimismo, lo stesso che allora contagiò ancheStephen. Adesso è come se la sua determinazione avesse superato lamia. Non riesco a stargli al passo, e sono convinta che esageri nelcompensare il suo problema intraprendendo davvero qualsiasi cosacapiti alla sua attenzione».3 Quel «qualsiasi cosa» si era sviluppato adismisura. Per Jane era già un’incredibile vittoria il fatto che il maritoriuscisse a vivere in casa e a condurre un’esistenza pressoché normale.Stephen Hawking invece voleva di più. Davanti a lui si erano apertemolte più porte, molte più possibilità di quante avrebbe mai sognatodi incontrare; con esse, però, era arrivato anche un impegno intermini di tempo superiore a quanto potesse mai sperare di sostenere.

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Tutte quelle attività, le lodi e i premi lo stavano allontanando dallasua famiglia, i cui componenti iniziavano sempre più a ritagliarsispazi privati, separati da quelli del padre. Robert e Lucy si stavanodando da fare per diventare indipendenti e uscire dalla sua ombra;Jane lo accompagnava di rado nei viaggi e nelle apparizionipubbliche, cercando una via di fuga nell’insegnamento, nelgiardinaggio, nei libri e nella musica. Le lezioni di canto avevano datobuoni frutti, tanto da fare di lei un membro stimato del miglior corodi Cambridge, in cui si esibiva spesso in assoli da soprano. Oltre aJonathan c’erano altri amici che condividevano con lei la federeligiosa. Il ruolo di Jane nella vita di Stephen non era più lo stesso:non si trattava più, come disse lei stessa, di incoraggiare un maritomalato, ma «semplicemente di dirgli che non è Dio».4

Per venticinque anni Stephen e Jane Hawking avevano dato,insieme, l’impressione di saper gestire in modo egregio qualunqueavversità. Stephen aveva più e più volte definito la loro relazione ilfondamento della sua vita e del suo successo. Lo speciale televisivoMaster of the Universe del 1989 terminava con un’immagine dellacoppia che guardava il figlio Tim mentre dormiva, e con Hawking chediceva: «Non si potrebbe davvero chiedere di più». L’immaginepubblica della famiglia non aveva fatto altro che riconfermare comela vita sull’orlo del precipizio fosse, malgrado tutti i problemi,meravigliosa.

Nella primavera del 1990 la crepa che si andava aprendo da annidivenne una voragine in una maniera che pochi avrebbero potutoimmaginare. Quella che nel dicembre precedente, parlando conHawking a Silver Street, mi era parsa una macchina che funzionavasenza troppi intoppi, alla seconda visita era diventata triste efrenetica. Iniziava l’estate e avevo pronti tutti i capitoli scientifici;passai una settimana con Hawking per sottoporli al suo giudizio,consapevole che per qualche motivo l’atmosfera nel dipartimento,soprattutto tra lo staff, i membri di facoltà più vicini allo scienziato elo stesso Hawking, fosse così tesa che sembrava di camminare sul filodi un rasoio.

Finalmente un amico comune che conosceva bene Jane Hawkingrisolse il mistero. Stephen aveva detto a Jane che la lasciava perElaine Mason. Nonostante l’attenzione dei media rasentassel’indiscrezione dei paparazzi, i coniugi Hawking avevano mantenuto

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talmente bene il segreto che io stessa, sebbene avessi intervistato loscienziato e fossi impegnata a scrivere un libro su di lui, rimasi senzaparole di fronte a quella notizia. Mi sembrava un finale tragico perquello che in tanti avevano considerato un matrimonio bellissimo ederoico. Per le persone più vicine a Hawking la rottura non fu unfulmine a ciel sereno. Due fra i suoi collaboratori più fidati avevanopresentato le dimissioni, poco propensi a fare i conti con loscompiglio generato da un matrimonio in fase di disgregazione e dallanuova relazione con Elaine. Sue Masey faceva di tutto per continuarea mandare avanti le cose in maniera regolare.

I coniugi Hawking si separarono poco dopo il venticinquesimo annodi matrimonio. Salvo un breve accenno di Stephen alla stampa,quell’autunno, in cui diceva di aver lasciato la moglie ma di nonescludere la possibilità di una rappacificazione, nessuno dei duerilasciò dichiarazioni pubbliche. Fu solo grazie all’affetto e alla stimache amici e colleghi nutrivano per Hawking se, in una cittadina dove ipettegolezzi si spandevano a macchia d’olio, una notizia del genere sidiffuse solo lentamente. Quando accadde, una cerchia sempre piùampia di conoscenze a Cambridge e nel resto del mondo reagì comese si trattasse di una vera tragedia. I matrimoni che andavano a pezzierano all’ordine del giorno, ma Hawking e la sua unione avevano datol’impressione di essere profondamente diversi. All’inizio l’opinionepubblica criticò con durezza lo scienziato per aver lasciato la moglieche lo aveva sostenuto in maniera tanto coraggiosa. Soltanto alla finedegli anni Novanta, quando Jane Hawking pubblicò la sua biografia,emerse davvero un quadro più obiettivo della situazione, e si vennefinalmente a sapere che il matrimonio era in crisi da anni.

Hawking lasciò la vecchia casa di West Road e si trasferì con Elainea Pinehurst, un agglomerato di ville e appartamenti raffinati, esclusivie piuttosto isolati che sorgeva su Grange Road, non troppo lontanodal precedente indirizzo. All’inizio degli anni Novanta capitava cheElaine, dopo aver accompagnato i propri figli a scuola, tornasse a casain skateboard.

Hawking aveva rinunciato a uno dei pilastri sui quali, come luistesso amava ripetere, fondava la propria vita: la famiglia. E se unaltro pilastro del genere, quello del suo lavoro scientifico, fosse statoanch’esso a rischio di crollo?

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La lezione lucasiana, dieci anni dopo

Anche se alcuni temevano che le tribolate vicende personali diHawking avrebbero finito per compromettere il suo operatoprofessionale, lui non smise di esprimere devozione nei confronti dellasua scienza. Diceva di «non vedere l’ora di mettersi all’opera». Eraancora possibile che Hawking fosse, come profetizzato dai media, ilfisico capace di riunire tutti i fenomeni nella Teoria del Tutto?

Il lavoro di Hawking non rientrava però nella nuova correnteprincipale di quell’ambiziosa impresa, ossia la teoria dellesuperstringhe. Resta il fatto che nella fisica le mode cambiano da ungiorno all’altro, ed è proprio una mente per così dire «ai margini» cheforse può individuare la connessione che fa convergere diversecorrenti in un’unica, completa teoria.

Girava voce che per gli standard della fisica teorica Hawking fossegià troppo attempato; in genere sono i giovani a fare le grandiscoperte, per le quali è necessaria tanto una mente fresca quanto unapproccio entusiasta e viscerale, misto a una certa dose di ingenuità.Tutte doti che Hawking continuava però a possedere. Metterlo daparte sulla base di simili pregiudizi avrebbe rappresentato un graveerrore.

Sarebbe vissuto abbastanza a lungo? La sua malattia continuava aprogredire, benché molto lentamente. Lo scienziato temeva di morireprima di concludere il suo lavoro? Nel 1990 rispose a questadomanda affermando di non guardare mai così lontano. Haconvissuto talmente a lungo con la possibilità di una morteimminente da non esserne più spaventato. Il suo operato, inoltre, èfrutto di uno sforzo comune, al quale partecipano molti altri fisici ingrado di proseguire anche da soli. Non ha mai sostenuto che la suapresenza fosse indispensabile per elaborare la Teoria del Tutto. «Perònon ho fretta di morire» aveva aggiunto. «Prima ci sono un sacco dicose che vorrei fare.»5

Nel giugno del 1990, dieci anni dopo quella lezione inaugurale investe di professore lucasiano, gli chiesi che cosa avrebbe cambiato diquel discorso se avesse avuto la possibilità di riscriverlo da capo. Lafisica teorica era davvero sul viale del tramonto? Sì, mi rispose, manon entro la fine del secolo. Il candidato più promettente perunificare le forze e le particelle non era più la supergravità N = 8 di

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cui aveva parlato all’epoca, bensì la teoria delle superstringhe, chespiegava gli oggetti fondamentali dell’universo come minuscole cordevibranti: quelle che venivano considerate come particelle andavanoinvece viste come diversi modi in cui poteva vibrare un anello distringa, il nuovo elemento fondamentale. Tale teoria avrebbe richiestoancora un po’ di tempo per affermarsi, a suo parere almeno venti oventicinque anni.

Gli domandai se pensava che la sua proposta dell’assenza di confiniavrebbe potuto risolvere il quesito su quali fossero le condizioni alcontorno dell’universo, e lui mi rispose di sì.

Hawking riteneva che la teoria dei cunicoli spazio-temporali avesseimportanti implicazioni per una Teoria del Tutto. A causa di queicunicoli, infatti, era probabile che né le superstringhe né qualsiasialtra teoria sarebbero state in grado di prevedere delle costantifondamentali dell’universo come le cariche e le masse delle particelle.

E se qualcuno trovasse davvero la Teoria del Tutto, che cosasuccederebbe? Secondo Hawking continuare a occuparsi di fisica dopoun evento del genere sarebbe come fare ancora dell’alpinismo dopo laconquista dell’Everest. Aveva tuttavia aggiunto in Dal Big Bang ai buchineri che per l’umanità nel complesso sarebbe soltanto l’inizio: laTeoria del Tutto spiegherebbe come funziona l’universo e perché èfatto in un determinato modo, ma resterebbe aperto l’interrogativo sulmotivo della sua esistenza. La teoria, insomma, offrirebbe solo uninsieme di leggi e di equazioni. Hawking si era chiesto: «Che cos’è cheinfonde vita nelle equazioni e che costruisce un universo che possaessere descritto da esse?» e «Perché l’universo si dà la pena diesistere?».6 Queste, diceva, erano le domande davanti alle qualil’approccio scientifico tradizionale, abituato a fornire modellimatematici, restava in silenzio.

Hawking invece aveva sete di risposte: «Se le avessi, allora sapreitutto ciò che conta»,7 «Allora conosceremmo la mente di Dio».8 Eracon questa frase che si concludeva il suo libro, ma a un giornalistatelevisivo lo scienziato aveva detto: «Non sono così ottimista sullapossibilità di scoprire perché l’universo esiste».9 Non si stavachiedendo se avessimo necessariamente bisogno di scoprire la Teoriadel Tutto per conoscere la mente di Dio, né se ci fossero, comesuggerito da Jane Hawking, altri modi di conoscerla che andasserooltre le leggi della scienza.

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La fama

Nel 1990 Hawking ricevette una laurea ad honorem dall’università diHarvard. I partecipanti alla cerimonia e al ricevimento ricordano contenerezza la battuta dello scienziato sull’altra neolaureata d’eccezione,Ella Fitzgerald: «Devono farlo per contratto. Un disabile e una nera».Durante la festa, la Fitzgerald intonò una canzone per lui.

Fuori dalla porta di Hawking, intanto, avevano iniziato a comparirefacce nuove, estranee all’ambiente accademico, a cui veniva chiesto diaspettare come se fossero dottorandi in attesa di consigli.L’attrezzatura e i tecnici che un giorno affollarono quell’area dellacommon room non erano però al seguito del solito reporter locale ogiunto magari da New York, bensì di Francis Giacobetti, fotografo delpapa e di Federico Fellini. Giacobetti era convinto che il modomigliore per cogliere l’essenza dei suoi soggetti fosse attraverso le loromani, le iridi e il profilo di tre quarti, un approccio che stava appuntoseguendo in vista di una mostra all’aperto che avrebbe esordito aParigi per poi girare tutto il mondo. Altri soggetti erano lo scienziatoFrancis Crick, lo scrittore García Márquez, l’architetto I.M. Pei.

E non fu l’ennesima intervista da parte di qualche noto personaggiotelevisivo a portare nella common room una ventata di frenesia e arelegare in un angolo le speculazioni nel campo della fisica, ma ilfatto che Steven Spielberg avesse accettato di produrre una versionecinematografica di Dal Big Bang ai buchi neri diretta dal giovane ErrolMorris.

Morris, con il suo background insolito, intellettuale ed eclettico, sirivelò una scelta ispirata. Bambino precoce, a dieci anni teneva lezionisul sistema solare, da adolescente suonava il violoncello e studiavamusica con Nadia Boulanger a Fontainebleau, mentre all’epocadell’università stabiliva nuovi record di arrampicata a Yosemite. Unavolta conseguita la laurea, aveva iniziato a malincuore la carriera deldottorando, occupandosi di storia della scienza a Princeton (dovestudiava con il fisico John Wheeler) e di filosofia a Berkeley. Niente ditutto ciò gli sembrava il lavoro della sua vita, ma strada facendoMorris raccolse le esperienze che in seguito lo avrebbero aiutato acapire meglio le altre persone che non rientravano nei soliti cliché,come Stephen Hawking.10

Anche se la facoltà di Berkeley respinse l’eccentrica tesi proposta da

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Morris sull’appello all’infermità mentale, i film sui mostri e gliassassini nelle prigioni del Wisconsin, il suo interesse sui casi criminaliproseguì anche dopo aver iniziato a girare documentari. Entrò incontatto con un uomo di nome Randal Adams, rinchiuso nel bracciodella morte per l’omicidio di un poliziotto di Dallas; Morris nutrivadei dubbi su quella sentenza e si prese l’onere di approfondirepersonalmente il caso. I requisiti non gli mancavano, dato che, mentrela sua carriera di regista ristagnava, per diversi anni aveva lavoratocome detective privato a New York.11 Girò un documentario sulleindagini che condusse per il caso Adams e lo risolse, ottenendo lalibertà per il detenuto. La sottile linea blu debuttò nel 1988 riscuotendoun enorme successo di critica ed elevando Morris al rango didocumentarista di spicco. A buon diritto, lo stesso Morris si fregiò deltitolo di «regista detective».12

Fu questo giovane interessante, complesso e di talento che Spielbergaffiancò a Stephen Hawking per la versione cinematografica di Dal BigBang ai buchi neri. Una delle sfide che Morris amava porsi nelle vesti diregista era «estrapolare la verità di una situazione senza violarne ilmistero»13 e fu proprio con quel principio in testa che si accostò alprogetto su Hawking.

Il fatto che Spielberg avesse scelto Morris derivava in parte dallavolontà di risolvere un problema, emerso nelle prime fasi di sviluppodel film, che minacciava l’esito dell’intero progetto. Hawkingimmaginava un’opera per la quale Steven Spielberg e i suoi colleghiavrebbero impiegato tutta la tecnologia e gli effetti speciali piùall’avanguardia a loro disposizione, cosicché la trasposizione sulloschermo del libro risultasse davvero spettacolare. A suo parere, ilprogetto non sarebbe potuto finire in mani migliori; non avevaintenzione di lasciare che la sua vita privata ne entrasse a far parte. Icineasti, tuttavia, dissero che il film pensato da Hawking non avrebbemai attirato le orde di spettatori che tutti si auguravano diconquistare: doveva essere di natura biografica. L’astrofisico nediscusse di persona con Spielberg, e in questo scontro fra volontàindomite fu il regista a spuntarla, persuadendo lo scienziato che conl’ingresso di Morris nel progetto sarebbe stato possibile, come inseguito avrebbe scritto lo stesso Hawking, «fare un film per il grandepubblico senza che si perdesse di vista lo scopo del libro».14 Morrisconsiderava la coraggiosa vita di Hawking, malgrado tutti i gravi

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handicap fisici, e la sua audace ricerca scientifica come due «temiinscindibili».15 Volle che il narratore della pellicola fosse lo stessoHawking, con la sua voce artificiale, e lo filmò più volte riflesso sulloschermo del suo computer.

Fra le caratteristiche di maggior successo del precedente lavoro diMorris c’era la sua genialità nella veste di intervistatore e la maestriacon cui aveva utilizzato i mezzibusti, tanto che Hawking, con unaclamorosa capitolazione, diede al regista il permesso di intervistareamici, familiari e colleghi scienziati. Il suo consenso, tuttavia, non eragaranzia di quello di Jane. Lei e i tre figli, infatti, compaiono nel filmsoltanto in fotografia. Anche Elaine Mason aveva rifiutato di farsiintervistare, ma Gordon Freedman, uno dei produttori esecutivi, ladefinì «un’infermiera forte e robusta» che «faceva la ruota sul set».16

Nel film lo stesso Stephen non avrebbe risposto alle domande sullasua vita privata né rilasciato dichiarazioni. Isobel Hawking, suamadre, invece accettò di apparire e alla prima il figlio ringraziòMorris per aver fatto di lei una stella del cinema.

Nella postfazione di Come leggere Stephen Hawking. Dal Big Bang aibuchi neri, aggiornamento del libro uscito come «vademecum» delfilm, il produttore esecutivo Gordon Freedman descrisse l’intensorapporto di lavoro creatosi fra Hawking e Morris durante i tre anni diriprese, prima in uno studio di Londra e poi a Cambridge, quando ilregista decise di ricominciare tutto da capo perché deluso dalla piegache il film stava prendendo: «Nelle fasi calde del montaggio, accadevache Stephen Hawking ed Errol Morris rimanessero ore e ore insiemenello sforzo di raggiungere una visione comune del film».17

Dal Big Bang ai buchi neri debuttò a New York e Los Angelesnell’agosto del 1992. Nello stesso anno, al Sundance Festival, siaggiudicò il gran premio della giuria per la sezione documentari,mentre la regia venne premiata sia in quell’occasione sia da partedella National Society of Film Critics. Philip Gourevitch, in un articolosu «The New York Times Magazine», commentò con perspicacia: «Latestimonianza di Morris su Hawking e sulle persone che lo circondanodà l’inattesa impressione che sia un uomo normale a cui è capitato diavere la mente di un genio intrappolata in un corpo straziato».18

David Ansen, su «Newsweek», elogiò il film definendolo «elegante,suggestivo e misterioso. Morris trasforma idee astratte in immaginiossessive, che non smette di far volteggiare in aria con la raffinatezza

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e la leggiadria di un giocoliere professionista».19 Richard Schickelparlò su «Time» degli «splendidi mezzibusti» e aggiunse: «Il fatto chela ricchezza metaforica di questo film ipnotico sia stata raggiuntatramite mezzi così semplici è il suo marchio d’eccellenza».20

Lo stesso Morris rimase più che soddisfatto del risultato finale.Proclamò Hawking «simbolo, per milioni di persone, del trionfo sulleavversità e sull’insignificanza dell’uomo al cospetto dell’implacabilecosmo là fuori» ed era contento che il film fosse riuscito a trasmetterequell’immagine. Paragonandolo a tutti i suoi lavori precedenti, lotrovava «meno cerebrale e più toccante», benché trattasse unargomento che avrebbe potuto risultare difficile, oscuro, e nel filmtutti fossero «più intelligenti del regista».21

Malgrado la sua innegabile bellezza e il forte successo di critica, ilfilm non raggiunse mai il pubblico di massa. In effetti, non venne maidistribuito o proposto nelle sale cinematografiche in modo tale checiò potesse avvenire. Non ci è dato sapere quali sarebbero stati irisultati se a vincere la disputa, invece di Spielberg, fosse statoHawking.

La vita dello scienziato, sotto il punto di vista personale, era andataincontro a una vera e propria rivoluzione: la figura di Elaine eradivenuta cruciale per lui, e nel frattempo era diventato anche una stardel cinema. Nonostante ciò, quando un paio di anni dopo tornai atrovarlo nell’ufficio e nella common room di Silver Street, era come seil tempo si fosse fermato. La descrizione che avevo dato di quel postonel 1990 andava ancora benissimo… I deboli ticchettii, le parole chescorrevano avanti e indietro, sopra e sotto, sullo schermo delcomputer. La voce sintetica che le enunciava con garbo. Studenti,infermiere e colleghi che entravano e uscivano. Alle quattro delpomeriggio, sul bancone della common room, le tazzine venivanoallineate come un ordinato esercito giocattolo, e a quel punto gli exprofessori lucasiani di matematica, dai loro ritratti, potevanoabbassare lo sguardo sulla piccola e laboriosa «rock band in unagiornata storta» che sorseggiava tè e parlava la strana lingua dellamatematica. La figura al centro, per gli standard comuni, sarebbestata degna di compassione, come un innocente davanti al patibolo.Portava un bavagliolo, e un’infermiera, tenendogli la fronte, glireclinava la testa in avanti per fargli bere il tè dalla tazza che glireggeva sotto il mento. Aveva i capelli arruffati, la bocca floscia e gli

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occhi stanchi dietro gli occhiali che gli erano scivolati appena sulnaso. Eppure bastava una battuta irriverente da parte di uno deglistudenti per accendere sul quel viso un sorriso capace di illuminarel’universo intero.

Nel 1990 il mio libro terminava con le parole: «Qualunque cosaporterà il futuro in questa improbabile, paradossale storia, possiamosolo sperare che si tratti di quel sorriso che un giorno un artista sapràimmortalare nel ritratto di Hawking, lo stesso che verrà appeso nellospazio ancora vuoto sulla parete della common room accanto allaporta del suo ufficio. E comunque la targa mente: il capo non dorme».

Questo succedeva più di vent’anni fa. Hawking aveva quarantottoanni.

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«Tra un ruolo cinematografico e l’altro» mi diverto a risolverequesiti di fisica»»

Andrei Linde, collaborando con Alex Vilenkin tra la fine degli anniOttanta e i primi anni Novanta, ha scoperto che un universoinflazionario gode di una potenzialità straordinaria: secondo la teoriadell’inflazione caotica, è infatti in grado di «autoreplicarsi». Ilrisultato è un’enorme struttura frattale di universi che nascono gli unidagli altri. Anche l’idea di «universo neonato» proposta da Hawkingipotizzava una moltitudine di universi paralleli: all’improvviso ilnostro universo, per quanto immenso, sembrava piccolo di fronte a unpossibile «multiverso».

L’inflazione diventa «eterna»

Immaginiamo di nuovo una di quelle regioni dell’universoprimordiale che si gonfia rapidamente mentre alcune delle regionivicine non cambiano. Linde e Vilenkin ipotizzarono che al suo internoci potessero essere delle sottoregioni capaci di espandersi ancora piùin fretta della regione madre, e altre che invece non lo facevano. Manon finiva qui: le sottoregioni generavano altre sotto-sottoregioni ecosì via. In pratica, ogni regione microscopica che si espandeva era asua volta composta da altre sottoregioni, alcune delle quali siespandevano differenziandosi in altre sotto-sottoregioni, secondo unoschema di universo in eterna inflazione. In altre parole, l’universo siautoreplicava all’infinito. Come descritto dallo stesso Linde:«L’universo è un enorme frattale in crescita. È composto da moltebolle in inflazione che ne producono altre, le quali ne producono aloro volta altre ancora e così via all’infinito».1 L’universo per come loconosciamo e osserviamo noi è soltanto una di queste regioni,sottoregioni o sotto-sottoregioni. Non a caso, nelle vignette, Lindeveniva ritratto come un venditore di palloncini colorati a una sagra dipaese.

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Esistono degli universi paralleli che siano come il nostro? Nonnecessariamente, benché la presenza di qualcosa di simile non sia daescludere del tutto. Sebbene il quadro d’insieme possa risultareirregolare ed estremamente complesso, se si considera anche ciò cheva al di là del «nostro» universo, all’interno di quest’ultimo lasituazione è regolare e relativamente semplice. L’inflazione in altreregioni o sottoregioni avrebbe potuto originare anche grossi universiomogenei; anzi, tutto potrebbe risultare diviso in un’infinità di regioniesponenzialmente grandi. Tuttavia, quando i livelli energetici diqueste altre grandi regioni scendono a livelli simili a quelli chepresenta oggi il nostro universo, ognuna di esse sarà soggetta a leggidella fisica diverse. L’inflazione eterna produrrà una varietà infinita diuniversi. Per usare le parole di John Barrow: «Ci ritroviamo faccia afaccia con la possibilità che […] viviamo su un singolo, semplicelembo di spazio e di tempo dentro a un’elaborata trapunta cosmica…di diversità e complessità storica enorme, a noi in gran parteinaccessibile».2 E non ci troviamo davanti al nostro lembo, così com’è,solo perché rappresenta il tipo di universo più probabile. Non è così.

Barrow ha parlato di «complessità storica» con cognizione di causa,poiché se il quadro d’insieme è così come lo descrive l’inflazioneeterna, non c’è motivo di ritenere che il nostro universo esista proprioall’inizio o vicino all’inizio di tutto il processo. Potrebbe aver avutoorigine come sottoregione di una sottoregione di una sottoregione: chipuò sapere in quale punto della catena ci troviamo? Secondo questomodello, il nostro universo ha un principio, ma la visione d’insieme,l’enorme struttura frattale, forse non ha bisogno né di un principio nédi una fine. Non tutti concordano sul fatto che tale modello si sviluppiall’infinito nel passato. Alan Guth, per esempio, padre fondatore dellateoria inflazionaria, che ha collaborato con Alex Vilenkin e ArvindBorde, pensa che lo scenario di questa inflazione eterna e smisuratadebba avere un confine nel passato, un punto d’inizio.

Se tutto ciò sta avendo di fatto luogo, non dovremmoaccorgercene? La risposta è no. L’inflazione avviene così in fretta chele regioni, le sottoregioni, le sotto-sottoregioni eccetera diventanoall’istante indipendenti le une dalle altre; si allontanano a velocitàsuperiori alla luce, diventando delle regioni separate dette «universibolla».

Per usare le parole di Linde: «Stando a questo scenario, ci

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ritroviamo in un dominio quadridimensionale con il nostro genere dileggi fisiche non perché i domini con diversa dimensionalità e conproprietà alternative siano impossibili o improbabili, masemplicemente perché il nostro tipo di vita non può esistere da altreparti».3 Fra una varietà infinita di universi, è probabile, e forseinevitabile, che almeno uno sia tale da rendere possibile l’esistenzadella nostra forma di vita. Il principio antropico è vivo e vegeto, lungidal rappresentare la scappatoia che appariva una volta.

Se non possiamo vedere l’inflazione eterna svolgersi sotto i nostriocchi, sulla soglia di casa nostra o in qualsiasi altro posto, esistealmeno una prova basata sull’osservazione, o anche solo la possibilità ditrovarne una, che la dimostri? Hawking avrebbe spiegato che non sitrattava di un problema senza speranza, anche se così potevasembrare quando l’inflazione eterna apparve per la prima volta inscena.

Una celebrità mondiale

All’inizio dell’ultimo decennio del XX secolo, Hawking mantennel’estenuante ritmo di viaggi all’estero instauratosi poco dopol’intervento chirurgico che gli era costato la voce. Spostamenti inaereo e tabelle di marcia serrate erano possibili solo a patto di averesempre accanto le tenaci e intrepide infermiere. Viaggiare comportavaben altro che tenere conferenze, partecipare a congressi ed essereaccompagnato dai dignitari nei vari punti di interesse turistico.

I viaggi in Giappone, dove negli anni Novanta Hawking si recò nonmeno di sette volte, erano i più ricchi di avventure bizzarre. JoanGodwin, l’infermiera che accompagnava lo scienziato in quasi tutte lesue escursioni in Oriente, rammenta che una volta Hawking espresse ilforte desiderio di visitare la parte settentrionale del Paese. I suoi ospitilo avvertirono che quella era l’area più a rischio di terremoti, e gliconsigliarono una meta più tranquilla: Sendai. Non occorre ricordareche si tratta della città che nel 2011 è stata colpita da un sisma e dauno tsunami devastanti, con tutti i conseguenti problemi di graveentità ai reattori nucleari. Joan ricorda invece quel viaggio comemolto piacevole, anche se una volta aveva affrontato con lo scienziatol’argomento terremoti. Come avrebbe dovuto comportarsi lei in quelcaso? «Salvati» le aveva risposto. «Non preoccuparti per me.»

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Nel corso di un altro viaggio in terra nipponica si verificò unincidente che, pur senza mettere a repentaglio l’incolumità fisica diHawking, forse rappresentò una minaccia per il suo ego. Lo scienziato,sulla banchina del treno ad alta velocità, era circondato da telecameree giornalisti ansiosi di scattare una foto o raccogliere unadichiarazione, circostanza a cui era piuttosto avvezzo. Poi, in unbatter d’occhio, i giornalisti fecero inspiegabilmente dietrofront e siallontanarono di corsa. Hawking rimase solo. Si venne poi a sapereche dal treno fermo su un binario vicino era appena sceso un famosolottatore di sumo… Hawking non era la star più famosa dell’universo.

Il Giappone fece anche da sfondo a un aneddoto raccontato dalteorico delle stringhe David Gross, nel corso di un congressoorganizzato per il sessantesimo compleanno di Hawking, nel 2002:

Quando viaggi con Stephen incontri tutta una serie di persone che altrimenti non avresti mai modo diincontrare. Non siamo riusciti a presentarci all’imperatore, cosa che rimpiango, però abbiamo avuto lapossibilità di conoscere una figura che ho dedotto essere ancora più famosa e popolare fra i giapponesi,ovvero il maestro del tè, insieme alle geishe eccetera. L’esperienza più interessante è stata però quandoStephen ha insistito perché andassimo tutti in un karaoke bar. Lì riuscì a farci alzare in piedi per cantareYellow Submarine, canzone che se ora tentassi di intonare vi farebbe uscire di qui a gambe levate. Ognivolta che partiva il ritornello, Stephen ci aggiungeva il suo «Yellow Submarine»; scommetto che ha ancoraun apposito comando!4

Restare vicini a casa era molto meno interessante. Non era però unagaranzia di sicurezza. Il 6 marzo 1991 corse rapida per tuttaCambridge la notizia che la sera precedente Stephen Hawking erastato investito da un taxi mentre attraversava Grange Road, nei pressidella casa di Pinehurst dove viveva con Elaine. Era buio e pioveva, mala carrozzella era munita di luci da bicicletta anteriori e posteriori,perciò vederla non doveva poi essere così difficile. L’infermiera avevagridato: «Attento!», ma la vettura, che procedeva a gran velocità,aveva urtato da dietro la carrozzina in fase di attraversamento.Hawking era stato sbalzato in strada, atterrando con le gambe su quelche restava del suo veicolo distrutto. Sarebbe stato un incidente serioanche per una persona in perfette condizioni di salute. Nonostantetutto, due giorni più tardi lo scienziato era uscito dall’ospedale eaveva fatto ritorno in ufficio, anche se con un braccio rotto legato alcollo e dei punti in testa. In quei due giorni di ricovero la suaassistente personale Sue Masey, l’assistente universitario, studenti eamici erano impazziti per far arrivare una carrozzella nuova daun’altra parte del Paese e per cercare i componenti necessari a

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riparare il sistema computerizzato, facendo in modo che tuttal’attrezzatura potesse essere rimessa in sesto tanto in fretta quanto ilsuo proprietario.

Nel 1992, Stephen ed Elaine Hawking fecero costruire una grandecasa moderna poco distante dal centro di Cambridge. Ora loscienziato seguiva un nuovo tragitto per raggiungere l’ufficio.Percorreva un’antica e affascinante viuzza nota come Maltings Lane,dopodiché ne riemergeva per costeggiare uno stagno e oltrepassare lapiatta distesa di Coe Fen, una zona che ospita solo erba, alberi epiccoli ponti. A quel punto attraversava il fiume Cam, dove una digasepara il tratto superiore da quello che scorre attraverso i Backs, ossiale aree verdi situate dietro gli edifici universitari. Da lì cominciava unpezzo tutto dritto, lungo Mill Lane, che portava finalmente alla rampad’ingresso sul retro del DAMTP.

Chiunque conosca il sentiero a piedi attraverso Coe Fen potrebbepensare che i ponti costituissero un problema. Sono così stretti che lebiciclette riescono a passare a fatica, sempre che i ciclisti sianoabbastanza abili da evitare di graffiarsi le mani contro i parapetti dilegno costruiti ad altezza di manubrio. Hawking, a bordo della suacarrozzina, superava quei ponti a tutta velocità, persino al buio. Unasera Joan Godwin stava rincasando sul tardi insieme allo scienziato,quando a un tratto inciampò sul ciglio sconnesso della strada e cadde.Hawking, che non si era accorto di non averla più alle spalle, proseguìdi gran carriera. Quando un gentile passante aiutò Joan a rialzarsi,dicendole che era un chirurgo ortopedico e che sperava di non doverleprestare i suoi servigi, lei replicò: «Fermi quella carrozzina».

L’inflazione delle «increspature»

Nell’aprile del 1992, George Smoot, astrofisico al Lawrence BerkeleyLaboratory dell’università della California di Berkeley, annunciò con isuoi colleghi di diversi altri istituti che i dati giunti dal satelliteCosmic Background Explorer (COBE) avevano rivelato delle«increspature» nella radiazione cosmica di fondo. Era una scoperta dienorme importanza. Quelle increspature, o meglio fluttuazioni, eranola prima dimostrazione delle piccolissime variazioni che astrofisici ecosmologi cercavano invano sin dagli anni Sessanta. Queste minuscoledifferenze nella topografia dell’universo, quando si stimava avesse

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soltanto trecentomila anni circa, erano la prova di una situazione cheavrebbe offerto un appiglio alla gravità e consentito alla materia diattrarre altra materia per formare agglomerati sempre più grandi, iquali avrebbero poi potuto formare pianeti, stelle, galassie e ammassidi galassie. La proposta dell’assenza di confini poteva trarre vantaggiodalla scoperta di Smoot: aveva infatti previsto sia l’omogeneitàcomplessiva dell’universo sia le deviazioni dalla stessa rilevate dalCOBE.

Hawking si rese conto che le scoperte del satellite avrebbero potutopersino costituire la prova osservativa indiretta della radiazione cheportava il suo nome. Come abbiamo visto, secondo il modelloinflazionario, l’universo, molto prima del momento in cui si originassela radiazione cosmica di fondo a microonde – anzi, quando avevamolto meno di un solo secondo di vita – attraversò un periodo diinflazione esponenziale. Hawking fece notare che in quelle condizionil’universo si sarebbe espanso così tanto e così in fretta che la luce inviaggio verso di noi da un oggetto remoto non sarebbe mai stata ingrado di raggiungerci. Per riuscirci avrebbe dovuto andare ancora piùveloce. Sentir parlare di fasci di luce in grado di raggiungerci e di altriche invece non ci riusciranno mai, lascia pensare all’orizzonte deglieventi di un buco nero. Hawking propose che in effetti ci potesseessere stato, agli albori dell’universo, un orizzonte degli eventi similea quello di un buco nero che verrebbe a separare la regione dallaquale la luce ci raggiunge da quella da cui non può farlo. Daquell’antico orizzonte scaturirebbe una radiazione come quellaprodotta da un buco nero, e una radiazione termica di questo tipopresenta un particolare spettro caratterizzato da fluttuazioni didensità. Nel caso dell’orizzonte degli eventi dell’universo primordiale,tali fluttuazioni si sarebbero espanse insieme all’universo stesso, salvopoi «congelarsi». Oggi le osserveremmo sotto forma di minuscolevariazioni di temperatura, le «increspature» appunto, che Smoot avevaindividuato nella radiazione cosmica di fondo. Quelle «increspature»,in effetti, hanno poi rivelato di avere quel caratteristico schema difluttuazioni di densità che contraddistingue la radiazione termica,come la radiazione di Hawking.

Stella del palco e dello schermo

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Nell’autunno del 1992, il melomane Stephen Hawking si viderappresentato sul palcoscenico del Metropolitan di New York, omeglio in veste di personaggio in qualche modo sospeso sopra di esso.L’opera in questione non era di Wagner, bensì The Voyage, l’ultimafatica di Philip Glass, autore della colonna sonora del film Dal BigBang ai buchi neri. Il Metropolitan gli aveva commissionato The Voyageper celebrare i cinquecento anni dal viaggio di Cristoforo Colombo nelNuovo Mondo, ma anziché raccontare di nuovo l’avventura delcelebre navigatore, l’autore decise di elevarlo a simbolo della setedell’uomo di esplorare e scoprire.5 Nel prologo, un uomo costretto suuna carrozzina, chiaro riferimento a Stephen Hawking, fluttuavasopra il palco cantando «The voyage lies where the vision lies» («Ilviaggio sta dove sta la visione»). Comparve un cielo colmo di pianeti,come evocato dall’uomo, che poi volò via.

L’anno successivo Hawking venne coinvolto più da vicino in unabreve avventura destinata a rimanere uno dei ricordi preferiti nonsolo da lui, ma anche da tanti di noi, che viaggiamo nello spazio, conl’immaginazione, molto più spavaldamente del vero volo suborbitaleche lo scienziato ancora spera di compiere. Per una volta non avrebbeviaggiato sulle ali della fisica teorica.

Tutto ebbe inizio nella primavera del 1993, a una festa in cui sicelebrava la versione home video di Dal Big Bang ai buchi neri.6 Fra gliospiti c’era anche Leonard Nimoy, interprete del vulcaniano signorSpock della serie Star Trek, a cui spettò l’onore di presentare loscienziato. «Il figlio più famoso di Vulcano e il cosmologo piùacclamato della Terra hanno compiuto all’istante la “fusionementale”»,7 allusione che qualsiasi appassionato della seriecoglierebbe commentava il settimanale «People». Quando Nimoyvenne a sapere che anche Hawking era un fan accanito e che, comepraticamente tutti gli altri, sarebbe stato entusiasta di fare unacomparsa nel telefilm, contattò il produttore esecutivo Nick Berman.Quest’ultimo non perse tempo e ideò una scena di tre minuti dainserire all’inizio di uno dei consueti episodi settimanali, dal titolo Ilritorno dei Borg.

La scena è quella del cosiddetto «ponte ologrammi» della navicellaspaziale Enterprise, cioè una sala che utilizza la tecnologia olograficaper trasformare le fantasie dei membri dell’equipaggio in «realtà».Nell’episodio, l’androide Data immaginava una partita di poker con

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Einstein, Newton e Hawking, perciò non c’è da sorprendersi cheHawking sia stato l’unico a interpretare il ruolo di se stesso. Ricevetteil copione con largo anticipo e programmò le battute sul suosintetizzatore vocale. Negli anni Novanta e per buona parte dei primidieci anni del XXI secolo Hawking era ancora in grado di produrreuna serie di espressioni facciali, che sfruttò al meglio nella suainterpretazione. «Tutti rimasero sbalorditi della mobilità del suo viso.La vitalità che c’è dietro è più che evidente» commentò Alex Singer,regista dell’episodio. John Neville, nei panni di Isaac Newton,aggiunse: «Ricevere quel sorriso in risposta a qualcosa che hai dettovale la giornata, davvero».8 Brent Spiner, che nel ruolo di Data era ilpadrone di casa di quella eccezionale partita di poker, riassunsedicendo: «Quando io e Rick Berman saremo all’ospizio, seduti sullasedia a dondolo, staremo ancora parlando di Hawk».9 Sembravainoltre che lo stesso scienziato avesse ben chiare le sue priorità: «Traun ruolo cinematografico e l’altro» aveva commentato sul set «midiverto a risolvere quesiti di fisica».10 Ebbe un unico rimpianto: «Libattei tutti, ma purtroppo scattò un allarme rosso e non riuscii mai aincassare».11

Il cameo nella serie Star Trek riportò Hawking in auge, al punto dafargli superare la fama guadagnata con Dal Big Bang ai buchi neri, e fufondamentale anche per pubblicizzare Buchi neri e universi neonati,uscito nello stesso anno, il 1993. Presto seguirono altre apparizioninella cultura popolare: nella canzone Keep Talking, contenutanell’album The Division Bell dei Pink Floyd, si sente la vocecomputerizzata dello scienziato.

Uomo impegnato e modello di riferimento

L’episodio di Star Trek contribuì assai più dei suoi libri a portare loscienziato all’attenzione dei giovani affetti da varie forme di handicappiù o meno gravi. Un articolo apparso su «Time» nel settembre del1993 descrisse lo scienziato intento a parlare per più di un’ora a unpubblico estasiato e «totalmente concentrato» di adolescenti incarrozzina radunatisi a Seattle. Dopo il discorso, i ragazzi loattorniarono per fargli delle domande, molte delle quali avevano ache fare più con il lato pratico della vita da disabili e con le questionipolitiche che li riguardavano che con la scienza o il cosmo. «Mentre

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aspettano che Hawking digiti le risposte, non possono fare a meno disorridere. È un famoso scienziato, autore di bestseller, celebrità di StarTrek – ed è disabile, proprio come loro.»12 La validitàdell’affermazione dello scienziato per cui la sua fama, pur nonessendo solo rose e fiori, gli consentiva di aiutare altre personedisabili,13 emerse in tutta la sua forza.

Non solo: sarebbe tornata utile in altri modi. Nell’estate del 1995Hawking tenne una conferenza davanti a una Royal Albert Hallstracolma – niente male come risultato, se si considera che i posti asedere della sala londinese sono cinquemila. I proventi diquell’incontro vennero devoluti in beneficenza per la lotta contro laSLA. Lo scienziato contribuì inoltre a promuovere una mostra disupporti tecnologici per disabili intitolata «Speak to me» al museodella scienza di Londra. La sua presenza o il suo patrocinio eranopotenzialmente in grado di garantire il tutto esaurito di presenzequasi ovunque nel mondo. Nel gennaio del 1993 un articolo di«Newsweek» descrisse la frenesia del pubblico e dei media per leconferenze di Berkeley, in California, dove molte persone sipresentarono con più di tre ore di anticipo per trovare posto.14 MentreHawking raggiungeva il centro del palco, i fotografi si accalcavanol’uno sull’altro per conquistare la posizione migliore, il tutto in untripudio di flash. Veicolare quel genere di entusiasmo per il bene deidisabili non era certo energia sprecata.

Nel giro di un decennio Hawking aveva imparato a gestire conmaestria il proprio pubblico… O forse era solo un caso se, a contifatti, riusciva sempre a esordire con dichiarazioni a effetto ogni voltache pubblico e media sembravano aver bisogno di una scossa? Comemi ha detto una volta uno dei suoi assistenti personali: «Sa, non è unostupido». In ogni caso, si è dimostrato una risorsa non solo per sestesso, ma anche per gli amici dei disabili e per la scienza in generale.

Sfida alla Prima Direttiva

Una dichiarazione stranamente acida rilasciata nell’agosto del 1994 alMacWorld Expo di Boston fece eco in tutto il mondo: «Forse èindicativo della natura umana il fatto che l’unica forma di vita da noicreata sia puramente distruttiva. Abbiamo creato la vita a nostraimmagine e somiglianza».15 Hawking si stava riferendo ai virus

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informatici.Sono o no una forma di vita? Hawking pensava che avrebbero

«contato come tali», e con quelle parole sollevò un autenticopolverone. In un recente episodio di Star Trek il capitano Picard,messo a confronto con un virus superintelligente, invece didistruggerlo sceglie la strada della negoziazione per non violare lacosiddetta «Prima Direttiva» della Flotta Stellare, la quale vieta diinterferire con lo sviluppo interno o l’ordine sociale di qualsiasisocietà aliena. La distruzione del virus, nel caso di Picard, avrebbecostituito una violazione: era quindi chiaro come gli autori di StarTrek condividessero l’opinione di Hawking. Tanto tra gli appassionatidi Star Trek quanto tra i sostenitori dello scienziato, in molti eranopronti a prendere parte al dibattito, schierandosi da una parte odall’altra.

«Un essere vivente presenta in genere due elementi» sostenevaHawking. «Innanzitutto un insieme di istruzioni interne che gli dicecome sostentarsi e riprodursi. Poi un meccanismo per eseguire quellestesse istruzioni.» La vita per come la conosciamo noi è di tipobiologico, e in tal caso i due elementi in questione sono i geni e ilmetabolismo. Ma in realtà, secondo lo scienziato, «vale la penasottolineare che non è affatto necessario che siano di tipo biologico».Un virus informatico si replica spostandosi da un computer all’altro einfettando i sistemi connessi. Anche se non possiede un metabolismonell’accezione tradizionale del termine, sfrutta quello dei suoi ospiti,proprio come un parassita. «La maggior parte delle forme di vita, noiinclusi, sono parassite, nel senso che si nutrono e dipendono per laloro sopravvivenza da altre forme di vita.»

Dato che la biologia è lontana dall’aver definito con assolutacertezza cosa sia «vita» e cosa non lo sia, gli esperti del settorechiamati in causa non se la sentivano di affermare che Hawkingavesse torto. I virus informatici, non c’è dubbio, soddisfano alcunirequisiti del concetto di «vita».

Hawking concluse il discorso con l’ennesima, scioccante allusione aciò che secondo lui poteva rientrare in quel concetto. La durata dellavita umana è troppo breve per i viaggi interstellari e intergalattici alunga distanza, anche muovendosi alla velocità della luce. Lalongevità necessaria non sarebbe tuttavia un problema per le navicellespaziali meccaniche capaci di atterrare su lontani pianeti, scavare in

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cerca delle risorse necessarie e poi produrre altre navicelle. In questomodo, il viaggio nello spazio potrebbe continuare in eterno. «Questimacchinari sarebbero una nuova forma di vita basata sullecomponenti meccaniche ed elettroniche anziché sulle macromolecole[come nel caso della vita biologica]» dichiarò Hawking. Unaprospettiva deprimente!

Nonostante tutti gli impegni che stava cercando di inserire nella suagià affollatissima agenda, nel 1993 Hawking trovò anche il tempo dicurare, insieme a Gary Gibbons, una raccolta di articoli specialisticisulla gravità quantistica euclidea;16 di suo pugno ne aveva scritti, dasolo o in collaborazione con altri, sedici su trentasette. Quello stessoanno pubblicò anche una raccolta di articoli sui buchi neri e il bigbang.17

Frecce del tempo

Durante le sue conferenze aperte al pubblico, nei primi anni Novanta,Hawking affrontava anche un altro tema molto meno inquietante deivirus intesi come forme di vita. Si trattava di un argomento che loaffascinava da anni: le cosiddette «frecce del tempo». Sembra chel’aumento dell’entropia (disordine) e la percezione umana del passatoe del futuro siano correlate all’espansione dell’universo. Perchédovrebbe essere così? Da dottorando, Hawking aveva preso inconsiderazione la possibilità di scrivere la tesi proprio su questoargomento misterioso, ma alla fine aveva optato per qualcosa di «piùdefinito e meno bislacco». A suo parere, i teoremi della singolaritàerano «molto più facili».18 Mentre elaborava con Jim Hartle laproposta dell’assenza di confini, si rese tuttavia conto che quel nuovolavoro presentava delle implicazioni interessanti anche per le freccedel tempo. Tornò sull’argomento in un articolo del 1985 e si riproposedi approfondirlo quell’estate al CERN, ma invece venne ricoverato inospedale in gravi condizioni.

Nei primi anni Novanta aumentò la richiesta di conferenze aperte alpubblico, e Hawking pensò che proprio le frecce del tempo fossero unargomento adatto a suscitare l’interesse dei non esperti e che potevaessere spiegato in modo semplice e conciso. Non solo: gli consentivadi dimostrare come anche scienziati illustri potessero cambiare idea eammettere i propri errori.

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Tranne pochissime eccezioni, le leggi della scienza non fannodistinzione fra «avanti» e «indietro» sulla linea del tempo. In rapportoa essa, appaiono simmetriche. Ciò significa che sarebbe possibilefilmare gran parte delle interazioni fisiche e poi riguardare il nastroall’indietro senza che nessuno possa veramente stabilire qual è il versogiusto. Strano, dunque, che tutto questo non vada a riflettersi anchesulla nostra esperienza a livello di quotidianità, dove riconosciamo unfuturo e un passato ben definiti. Quasi sempre, infatti, siamo in gradodi comprendere se un film sta andando all’indietro, ed è difficileconfondere una direzione con l’altra. Come avvenga questa «rotturadella simmetria» resta un grande mistero. Eppure una cosa lasappiamo: nell’universo, così come noi lo sperimentiamo, lapercezione dello scorrere del tempo ci sembra collegata, in qualsiasisistema chiuso, al continuo aumentare del disordine (o entropia) neltempo. La strada dall’ordine al disordine è a senso unico: un vasorotto non rimette insieme i cocci per tornare sullo scaffale. L’entropia,il disordine, non è mai in diminuzione.

Esistono tre «frecce del tempo»: la freccia «termodinamica» (ladirezione in cui il disordine, o entropia, aumenta); la freccia«psicologica» o «soggettiva» (il modo in cui gli esseri umani avvertonoil passare del tempo); la freccia «cosmologica» (la direzione del tempoin cui l’universo si sta espandendo anziché contrarsi). Queste invece lequestioni che interessavano Hawking: perché le tre frecce esistevano,perché erano così ben definite e perché puntavano nella stessadirezione. Il disordine aumenta, e noi percepiamo il passaggio deltempo dal passato al futuro, mentre l’universo si espande. Loscienziato sospettò che la risposta fosse nell’assenza di condizioni alcontorno per l’universo, con un certo coinvolgimento del principioantropico.

La freccia termodinamica (cioè, quella che riguarda l’aumentodell’entropia) e quella psicologica (la nostra percezione quotidianadel tempo) puntano davvero, e sempre, nella stessa direzione. Èun’esperienza comune che più il tempo passa, più il disordineaumenta. Hawking ammise che si trattava di una tautologia,concludendo che «l’entropia aumenta con il tempo perché noistabiliamo che la direzione del tempo sia quella in cui aumental’entropia»,19 ma era comunque convinto che la freccia psicologica equella termodinamica fossero essenzialmente la stessa freccia.

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Ma perché quest’ultima punta nella stessa direzione della freccia deltempo cosmologica, con l’universo che si espande? Deve farlo? Siconsideri l’ipotesi dell’assenza di confini e si ricordi che, secondo lateoria classica della relatività generale, nella singolarità del big bangtutte le leggi fisiche perdono di validità. È impossibile prevedere sel’inizio del tempo sia stato ordinato o piuttosto una situazione di caoscompleto, in cui non c’era possibilità che il disordine aumentasseulteriormente. Tuttavia, se la proposta di Hawking e di Hartle ècorretta, «l’inizio del mondo sarebbe un punto regolare, omogeneo,dello spazio-tempo e l’universo avrebbe cominciato la sua espansionein un modo molto regolare e ordinato».20 Mentre l’universo siespandeva, lo sviluppo graduale di tutta la struttura che osserviamooggi (ammassi di galassie, galassie, sistemi stellari, stelle, pianeti, voie io) rappresentava un continuo, enorme aumento del disordine,tendenza che ancora perdura. Di conseguenza, nell’universo per comelo conosciamo, la freccia termodinamica, quella psicologica e quellacosmologica puntano tutte nella stessa direzione.

Si consideri però quello che potrebbe accadere se il primo modellodell’universo di Friedmann, ovvero un universo che a un certo puntosmette di espandersi e comincia a contrarsi, fosse corretto (si veda lafigura 6.1). Il quesito fondamentale: anche la freccia del tempotermodinamica e quella psicologica cambierebbero direzione? Ildisordine inizierebbe a diminuire? Hawking si rendeva conto che unsimile argomento offriva un’infinità di spunti interessanti per gliscrittori di fantascienza, ma non mancò di sottolineare: «Potrebbesembrare un po’ accademico preoccuparsi di che cosa accadrebbe sel’universo tornasse a contrarsi, giacché questa contrazione non avràinizio in ogni caso se non fra altri dieci miliardi di anni almeno».21

Nonostante ciò, l’assenza di condizioni al contorno sembrava ineffetti indicare che il disordine, in un universo in fase di collasso,sarebbe diminuito. Inizialmente, Hawking concluse che, quandofinisce l’espansione e inizia il collasso, non solo la freccia cosmologicabensì tutte e tre le frecce cambiano verso, mantenendo la stessadirezione comune. In questo modo il tempo scorrerebbe all’indietro ele persone di fatto ringiovanirebbero, come nel libro di T.H. White Rein eterno. Le tazze ridotte in cocci tornerebbero a ricomporsi.

Don Page, che allora insegnava fisica alla Pennsylvania StateUniversity, si permise di dissentire. In un articolo che comparve nella

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stessa edizione della «Physical Review» in cui era contenuto anche loscritto di Hawking sulle frecce del tempo, Page sosteneva che l’assenzadi condizioni al contorno non significava che tutte e tre le frecceavrebbero dovuto invertire la loro direzione mentre l’universo sicontraeva.22 Raymond Laflamme, uno degli studenti di Hawking,trovò un modello più complesso; fra i tre sorse un dibattito corredatoda un fitto scambio di calcoli. Page, più abituato a lavorare conHawking, consigliò a Laflamme che sarebbe stato meglio non andaredritti alle conclusioni, bensì iniziare presentando le ipotesi in modotale da permettere a Hawking di giungere da solo al loro stessorisultato.23 Alla fine riuscirono a convincere il loro mentore che si erasbagliato. Anche se quando l’universo avrebbe smesso di espandersiper iniziare a contrarsi la freccia del tempo cosmologica avrebbeinvertito la propria direzione, quella psicologica e quellatermodinamica non lo avrebbero fatto. Era troppo tardi permodificare l’articolo di Hawking, che riuscì tuttavia a inserire unanota in cui ammetteva: «Credo che l’ipotesi di Page sia quellagiusta».24

Qual è allora la risposta alla domanda di base? Perché vediamo lafreccia termodinamica, quella psicologica e quella cosmologica chepuntano tutte nella stessa direzione? La risposta è che, anche se in ununiverso in fase di collasso – con la freccia cosmologica invertita –noi non faremmo esperienza di un «ringiovanimento», in un taleuniverso noi non potremmo sopravvivere (ossia, non potremmo esserelì, per l’appunto, a vedere le frecce che puntano in direzioni opposte).A una simile distanza nel futuro, l’universo verserà in uno stato didisordine quasi totale: tutte le stelle si saranno estinte. Non ci sarà piùuna freccia termodinamica forte. Noi non potremmo sopravvivere allamorte del Sole, ma anche qualora ci riuscissimo non potremmocomunque esistere senza una freccia termodinamica forte.Innanzitutto gli esseri umani devono mangiare, e il cibo è una formarelativamente ordinata di energia; il calore in cui il nostro organismoconverte il cibo è invece più disordinato. Hawking aveva concluso chele frecce del tempo psicologica e termodinamica eranosostanzialmente la medesima freccia; se una cambia, lo stesso faanche l’altra. Nella fase di contrazione dell’universo non potrebbeesistere vita intelligente. La risposta al motivo per cui vediamo le trefrecce puntare nella stessa direzione è che, se le cose andassero

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altrimenti, non ci sarebbe in giro nessuno a porsi tale domanda. Sequesto ha tutta l’aria di un concetto familiare, è perché si tratta delprincipio antropico. Con il passare del tempo (in tutti e tre i sensi),Hawking pensava sempre di meno a tale principio come a unascappatoia, «una negazione di tutte le nostre speranze di capirel’ordine sotteso all’universo», e sempre di più come a qualcosa diveramente potente.

Nuovi giochi di prestigio sull’orizzonte degli eventi

Nel 1981, nell’attico di Werner Erhard, Hawking aveva sospettato cheLeonard Susskind fosse «l’unica persona nella sala che si rendessepienamente conto delle implicazioni di ciò che avevo detto». Neglianni che seguirono Susskind non è mai riuscito a lasciar perdere ilproblema del paradosso dell’informazione. «Praticamente tutto quelloa cui ho pensato dal 1980 è stato in un modo o nell’altro una rispostaa quella profonda domanda [formulata da Hawking] sul destinodell’informazione che cade in un buco nero. Pur essendo fermamenteconvinto che la sua soluzione fosse errata, il suo interrogativo e ilfatto di aver insistito su un’ipotesi convincente ci hanno costretto aripensare in modo nuovo ai fondamenti della fisica.»25 Nel 1993, inriferimento ai risultati raggiunti da Hawking negli anni Settanta,Susskind avanzò una nuova proposta per trattare una contraddizioneche sfidava il buonsenso in prossimità dell’orizzonte degli eventi di unbuco nero.

Chiunque abbia letto anche il libro più elementare sui buchi nerisaprà che se qualcuno (diciamo Miranda) cade in uno di essi,l’esperienza che vivrà sarà radicalmente diversa da quella di un’altrapersona (mettiamo Owen) intenta a osservare la scena a bordo di unanavicella spaziale lontana dal buco nero. Einstein dimostrò che se duepersone si stanno muovendo rapidamente l’una rispetto all’altra,entrambe vedranno l’orologio dell’altro che rallenta e il soggettostesso che si appiattisce nella direzione del movimento. Anche unorologio in prossimità di un oggetto massivo (e un buco nero ne è disicuro un ottimo esempio) si muoverà più lentamente in confronto aun altro che si trova in una posizione diversa.

Il risultato è che dal punto di vista di Owen, l’osservatore adistanza, Miranda sta cadendo verso il buco nero sempre più

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lentamente, con il corpo che si appiattisce poco a poco fino asomigliare a una sottiletta. Alla fine, quando Miranda raggiungel’orizzonte degli eventi, Owen la vede fermarsi. Non la vede maicadere al di là dell’orizzonte, anzi, non la vede mai mentre loraggiunge. Allo stesso tempo, Miranda sta avendo la sensazione dicadere intatta dentro al buco. Dal punto di vista di Owen, lei è fermae appiattita; dal punto di vista di Miranda, lei sta ancora cadendo.

Susskind si era prefissato di scoprire come entrambi potessero averragione e sottolineò che, sebbene egli stesso, voi e io, che non stiamocadendo nel buco né osservando a distanza, possiamo convenire sulfatto che ambedue gli scenari dell’esempio si sono verificati einterrogarci perplessi di fronte alla loro contraddizione, nessuno dinoi si trova di fatto sul posto. E se invece lo fossimo? Io faròl’osservatore a distanza, voi quelli che cadono nel buco nero. Il nododella questione è che, in una situazione reale di questo tipo, né io,l’osservatore a distanza, né voi, che cadete nel buco nero, abbiamomai modo di osservare o percepire la contraddizione. Voi, a cui ècapitata l’improbabile esperienza di precipitare attraverso l’orizzontedegli eventi, non siete assolutamente in grado né di mandarmi unmessaggio né tantomeno di tornare indietro per confrontare le vostreimpressioni con le mie. Se in seguito cascassi anch’io (possibilità chelasciò perplesso Susskind per un certo periodo), voi sareste ancoracosì avanti sulla strada verso la singolarità che io non vi raggiungereimai. Sarebbe impossibile per entrambi, sempre, conoscere la versionedella storia che contraddice la nostra.

Susskind, con i colleghi Lárus Thorlacius e John Uglum, chiamòquesto principio per cui nessuno dei due osservatori vede unaviolazione delle leggi della natura «complementarità dell’orizzonte».

Soffermatevi un momento sulla parola «complementarità»: significautilizzare due descrizioni diverse, che magari si escludono a vicenda,per giungere a una comprensione migliore di quanto non offrirebberole singole descrizioni. All’inizio del XX secolo era questo l’approcciodi Niels Bohr per affrontare il problema fisico noto come «dualismoonda-particella». Gli esperimenti sulla propagazione della luce, cioèsul modo in cui essa viaggia, dimostravano che il suo comportamentoè quello tipico delle onde; la descrizione di essa come se fossecostituita da particelle risultava quindi inadeguata. Tuttavia, gli studisull’interazione della luce con la materia giungevano a conclusioni

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opposte: la luce si comporta come se fosse composta da particelle, edè il modello delle onde a non funzionare. Nel 1920 divenne chiaro chela luce poteva essere concepita tanto in termini di onde quanto diparticelle, ma che nessuno dei due modelli poteva, da solo, spiegare idati sperimentali. Non era plausibile sostenere che la luce sipresentasse a volte in una forma e a volte in un’altra, né tantomenoche fosse entrambe le cose allo stesso tempo. Il problema si applicaanche alla materia oltre che alla radiazione. Bohr scrisse a Einstein nel1927, stabilendo che fosse possibile convivere con quellacontraddizione apparente «a patto di non lasciarci “indurre intentazione” dal nostro naturale istinto a pensare che la materia e laradiazione debbano essere onda oppure particella».26 Le duedescrizioni erano incompatibili, ma entrambe necessarie ed entrambecorrette.

Lo stesso si poteva dire nel caso della complementaritàdell’orizzonte. Come riassunto da Susskind: «Il paradossodell’informazione che si trova in due posti allo stesso tempo èevidente, eppure un’attenta analisi dimostra come non sorganocontraddizioni reali. La cosa resta tuttavia bizzarra» ammette.27 Nel1993 Gerard’t Hooft dell’università di Utrecht aveva introdotto quellache lui chiamava «riduzione dimensionale». Susskind la ribattezzò«principio olografico».

Ritorniamo ora a Miranda che cade verso l’orizzonte degli eventi,così come viene osservata da Owen, lo spettatore della navicellaspaziale. Dalla sua posizione, a causa della dilatazione del tempo,Miranda sembra ferma e appiattita sull’orizzonte degli eventi.Susskind sottolinea che, per lo stesso motivo, Owen vedrà anche tuttele cose che in origine hanno contribuito alla formazione del buconero, e tutte quelle che vi sono cadute dentro in seguito, ugualmenteimmobili, come se fossero congelate sull’orizzonte. «Il buco neroconsiste in un’immensa discarica di materia appiattita sull’orizzontedegli eventi» afferma Susskind.

Il «principio olografico», allora, è l’idea per cui l’informazione vienein un certo senso immagazzinata sul confine di un sistema, piuttostoche al suo interno. Si pensi agli ologrammi che compaiono sulle cartedi credito, dove un’immagine tridimensionale viene immagazzinatasulla superficie piana della carta. A partire da questa situazione,Susskind arrivò a paragonare un buco nero a un gigantesco proiettore

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cosmico che prende una persona, tridimensionale, e la trasforma inuna figura bidimensionale sull’orizzonte degli eventi. La conclusione èche tutta quell’informazione, appiattitasi sul bordo del buco nero, nonviene distrutta: resta tutta lì, non va perduta.

Un’ipotesi molto interessante su come accada tutto ciò viene dallateoria delle stringhe, secondo la quale, ricorderete, le particelle nonsembrano dei punti, ma piuttosto dei minuscoli anelli di corda chevibrano; il modo in cui lo fanno determina il tipo di particella. Perprima cosa, si pensi a una stringa che cade in un buco nero. La si staosservando a distanza, da una navicella spaziale. Mentre si avvicinaall’orizzonte degli eventi, si ha l’impressione che la vibrazionedell’anello rallenti. La stringa allora si distende, finendo per spanderequalsiasi informazione porti con sé sopra tutto l’orizzonte deglieventi. Quando una stringa si allarga, si sovrappone alle altre,formando così un denso groviglio. Dato che tutto è composto dastringhe, qualsiasi elemento che cada verso un buco nero subisce lostesso processo di espansione. L’enorme groviglio che ne risulta, e cheviene a coprire la superficie del buco nero, è in grado di contenereuna quantità spropositata di informazioni, tutte quelle cadute nelbuco nero nel momento in cui si è formato e in seguito. È dunque qui,sull’orizzonte, che si trova tutto quello che «è caduto nel buco nero».Il verbo è senz’altro improprio per quanto riguarda l’osservatore adistanza, che di fatto non ha visto nessuna caduta dentro il buco,bensì un arresto a livello dell’orizzonte e una successiva radiazionerimandata indietro nello spazio.

Susskind visitò Cambridge nel 1994: un’occasione d’oro per parlarecon Hawking e convincerlo che la complementarità dell’orizzonteavrebbe potuto risolvere il paradosso dell’informazione. Purtroppo loscienziato in quel periodo era malato, e i due non riuscirono a vedersifinché Hawking non partecipò a una conferenza di Susskind sullacomplementarità dei buchi neri. Susskind la ricorda ancora: «Era lamia ultima opportunità per confrontarmi con Stephen. La sala erapiena fino al limite. Stephen arrivò mentre stavo iniziando, e si misein fondo alla sala. Di solito si sistema in prima fila vicino allalavagna, ma questa volta non era solo: con lui c’erano la suainfermiera e un altro assistente, nel caso avesse bisogno di aiutomedico. Era evidente che non stava bene, e infatti a metà delseminario se ne andò. Fine».28 Le idee di Susskind avrebbero dovuto

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attendere l’inizio del XXI secolo perché qualcuno le sottoponesse a untrattamento matematico rigoroso.

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«Penso che abbiamo buone possibilità di evitare sial’Armageddon sia un nuovo Medioevo»

Nella primavera del 1995, sette anni dopo l’uscita del libro, la casaeditrice Bantam Dell pubblicò finalmente Dal Big Bang ai buchi neri inedizione economica. Si tratta di un passaggio che avviene in genere acirca un anno di distanza dalla prima pubblicazione, ma visto che delvolume con la copertina rigida si continuava a vendere un numeroeccezionale di copie, l’editore aveva più volte rimandato la decisione.Un giorno un intervistatore disse a Hawking che, con le seicentomilacopie vendute nel Regno Unito (più di otto milioni in tutto il mondo)e oltre 235 settimane nella classifica dei libri più venduti del «Times»,era difficile immaginare che ci fosse ancora qualcuno che avevaaspettato sette anni per conoscere i segreti dell’universo. Forse era oradi proporre il libro in edizione economica, con un risparmio per illettore di otto sterline.1 Hawking non era d’accordo: «Ha venduto unacopia ogni 750 uomini, donne e bambini nel mondo, quindi nemancano ancora 749». «Un ragionamento alla Hawking!» avevacommentato l’infermiera dello scienziato.2

Stephen e Jane Hawking siglarono il divorzio quella primaverastessa. A luglio, Stephen annunciò per la prima volta in pubblico ilfidanzamento e il futuro matrimonio con Elaine durante l’AspenMusic Festival, in Colorado, in occasione di un concerto a favore dellaFestival and Music School e dell’Aspen Center for Physics.3

Con il suo breve e gioioso discorso, Hawking presentò l’esecuzionedell’Idillio di Sigfrido; diversamente dalla maggior parte delle operewagneriane, si tratta di musica da camera e richiede soltanto unpiccolo ensemble di musicisti. Nasce da una storia romantica: Wagnerlo compose perché venisse suonato la mattina di Natale del 1870 nellasua villa, sulle scale fuori dalla camera da letto della moglie Cosima,per farle una sorpresa di compleanno. La coppia si era sposata l’estateprima. L’Idillio fu un’ottima scelta per l’annuncio di fidanzamento diHawking: combina tenerezza e passione in una soluzione pressoché

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unica nella letteratura. Elaine accarezzava con amore la spalla diStephen mentre lui usciva e la musica aveva inizio. Il fisico DavidSchramm, presidente del consiglio direttivo dell’Aspen Center forPhysics, commentò: «Negli occhi di Stephen c’è un calore…Un’espressione di affetto quando guarda Elaine. Fra loro c’è unrapporto molto speciale».4 Due mesi più tardi, il 16 settembre 1995,Stephen ed Elaine si sposarono con una cerimonia tenutasi in unufficio anagrafe di Cambridge, seguita da una benedizione in chiesa eda una festa. Non erano presenti né i tre figli di lui né i due maschi dilei. Hawking aveva programmato una dichiarazione che teneva prontanel computer: «È fantastico. Ho sposato la donna che amo».5

La reazione della stampa al momento delle nozze non fu benevola;si mettevano in dubbio i motivi per cui Elaine sposava un uomo cosìricco e con scarse possibilità di sopravvivere a lungo. I giornalistidevono aver sperato che l’ex marito di Elaine, David Mason, avrebbefornito qualche commento malizioso, invece questi si pronunciò indifesa della donna. Tutto quello che Elaine voleva, disse, era unapersona che avesse bisogno di lei.6 A quanto sembra, però, ancheElaine aveva bisogno di Hawking, perché lo scienziato rispose a unadomanda sulle ragioni del suo matrimonio dicendo: «È ora che io aiutiqualcuno, dopo aver passato tutta la vita da adulto a vedere gli altriche aiutavano me».7 Dopo le nozze, lo scienziato rifiutòsistematicamente di rispondere alle domande della stampa, nonchédegli ascoltatori più curiosi, sul suo matrimonio. «Preferirei nonscendere in dettagli sulla mia vita privata» era la sua rispostastandard.8 Tra le voci preoccupate e i pettegolezzi meno in buona fedeche emergevano sulla vita di Stephen ed Elaine, la conclusioneunanime di chi lo conosceva meglio era: «Lui la ama».

Al momento dell’annuncio di fidanzamento, Jane Hawking sitrovava a Seattle dal figlio. Quando rientrò a Cambridge, ritornò sullavecchia decisione di non scrivere una biografia come moglie diHawking. Aveva tentato invano di trovare un editore per il libro chestava scrivendo su «Le Moulin» (una casa che aveva acquistato eristrutturato in Francia), nel quale offriva consigli preziosi einformazioni pratiche a chi aveva il suo stesso progetto. Gli editori,tuttavia, non volevano un libro su Le Moulin, ma sull’ex marito. Unagente senza scrupoli le fece firmare con l’inganno un contratto in cuiJane prometteva «tutta la verità» se prima l’editore avesse accettato di

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pubblicare il libro sulla dimora francese. Dopo aver aspettato concalma la scadenza dei termini contrattuali, Jane pubblicòautonomamente At Home in France nel 1994.

Nell’estate e nell’autunno del 1995, di fronte a una situazione deltutto diversa, in cui Stephen era sposato con Elaine e lei vivevaufficialmente a Cambridge con Jonathan e il figlio Timothy, Janesentì che era arrivato il momento di raccontare la «storia di Hawking»dal suo punto di vista, molto meno ottimistico. Quando dalla casaeditrice Macmillan arrivò una lettera che le proponeva di valutare lapossibilità di scrivere un’autobiografia, Jane non si tirò indietro.

Un tè e una lezione

Quando andavo a prendere il tè da Hawking al DAMPT, nellaprimavera del 1996, il suo ultimo libro scritto insieme a Penrose, Lanatura dello spazio e del tempo, era uscito da poco, e conteneva unadichiarazione in particolare che aveva infastidito alcuni critici.Hawking aveva scritto che una teoria fisica è soltanto «un modellomatematico» e che non ha «senso domandarsi se essa corrisponda o noalla realtà. Tutto quello che le si può chiedere è che le predizionisiano in accordo con l’osservazione».9 Il resto di noi poteva continuarea essere curioso, ma Hawking insisteva, e avrebbe continuato ainsistere, sul fatto che fosse inutile discutere quesiti come quellosull’effettiva esistenza dei cunicoli spazio-temporali.

Tra un sorso di tè e l’altro cercai di spingere la questione un po’ piùin là: e va bene, concesso, non ha senso chiedersi se tale teoriacorrisponde alla realtà. Ma esiste una risposta a questa domanda?Esiste una realtà, magari a noi inaccessibile, ma pur sempre una solidarealtà? Rispondere che la realtà non esiste a nessun livello, significavedere le cose sotto una luce decisamente postmoderna. La risposta diHawking fu interessante: «Non abbiamo mai una visione della realtàche sia indipendente da un modello. Questo però non significa chenon esista una realtà che invece lo sia. Se non lo pensassi, non potreicontinuare a fare scienza».10 Sempre nel libro scritto con Penrose, unaraccolta di sei conferenze tenute presso il Newton Institute diCambridge due anni prima e nelle quali i due autori spiegavano i loropunti di vista scientifici e filosofici divergenti, Hawking affermava: «Iopenso che Roger sia fondamentalmente un platonico, ma dev’essere

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lui a rispondere per se stesso».11 Il commento fatto a me dallo stessoHawking avrebbe senza dubbio classificato anch’egli comeplatonico.12

Prendevamo il tè nella common room, circondati come al solito daun’orda chiassosa di studenti e di fisici vestiti sempre in modo moltocasual se non trasandato, che parlavano ancora una lingua a metàstrada fra l’inglese e la matematica. Le conversazioni continuavano aspaziare in lungo e in largo per tutto l’universo e le superfici deitavolini sparivano sotto tappeti di equazioni. Notai che in quelcontesto Hawking non veniva mai trattato come una persona fuori dalcomune, anche se colleghi e studenti erano ben disposti ad attenderela fine delle lunghe pause che intervallavano le frasi dello scienziato,consapevoli che ne valeva comunque la pena. Non essendoaccompagnata dal linguaggio del corpo e dalle variazioni di tono, lavoce sintetizzata del computer trasmetteva un’unica sensazione:quella di una pazienza infinita e meditabonda, capace di avvolgere ledichiarazioni di Hawking in un’aura degna di un oracolo. Le suebattute, che lo facesse di proposito o meno, risultavano semprepiuttosto sarcastiche.

Quel pomeriggio il rituale del tè venne abbreviato, perché Hawkingaveva in programma una lezione aperta al pubblico. L’universitàaveva distribuito tutti gli inviti qualche settimana prima. Qualcuno mipropose di partecipare insieme ai dottorandi e ai postdottorandi, chepotevano entrare liberamente… Un suggerimento molto gentile, se siconsidera che avevo almeno venticinque anni più di tutti loro ed eromolto più vicina all’età dell’oratore.

Si trattò di un vero evento mediatico: furgoni muniti diamplificatori, cavi ovunque, fari puntati sul palco e sul pubblico.L’aula era ampia e moderna, anche se non così capiente come altre,sparse per il mondo, che Hawking era solito riempire fino al soffitto.Circa cinquecento persone sedevano dietro alle lunghe file di banchicurvi, altre assiepavano le balconate sovrastanti. Quando Hawking sipresentò sul palco, tutti sussurrarono di fare silenzio. C’era qualcosain quell’incedere calmo e inesorabile che faceva sembrare il suo arrivoquello di una creatura di un’altra dimensione. Aveva giàprogrammato la lezione al computer, e un assistente faceva scorrere lediapositive. Anche quando queste ultime e la conferenza in generaleincludevano formule e diagrammi che in pochi erano in grado di

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seguire, Hawking otteneva sempre l’attenzione rapita del suopubblico.

In quel periodo il cosmologo era impegnato in un altro progettotelevisivo, che sarebbe andato in onda l’anno successivo. L’universo diStephen Hawking e il relativo libro sono il frutto di una collaborazionein sei parti tra la BBC e la Public Television America. Questa volta,quando richiese che la serie si attenesse agli aspetti scientifici, loscienziato ebbe la meglio.

Nel 1997 Jane e Jonathan Hellyer Jones si sposarono, ma a marzodello stesso anno Lucy mise questo evento in secondo piano: lei e ilfidanzato Alex Mackenzie Smith, membro del corpo di pace delleNazioni Unite in Bosnia, aspettavano un figlio.

Progettarono di andare a vivere insieme a Londra, e a luglio eranoufficialmente sposati. Il primo nipote di Hawking venne chiamatoWilliam, il secondo nome del nonno.

Censura a livello cosmico

Era arrivato il momento di perdere un’altra scommessa. Le premesserisalivano al 1970, quando Hawking aveva iniziato a pensare ai raggidi luce sull’orizzonte degli eventi di un buco nero e a che cosa sarebbesuccesso se si fossero avvicinati e scontrati per poi finirci dentro.

La domanda era: poteva darsi che un buco nero finissse senzaorizzonte, con la singolarità lasciata «nuda», esposta alla vista? RogerPenrose aveva proposto l’ipotesi della «censura cosmica», ossia cheuna singolarità fosse sempre «vestita» dentro un orizzonte. Ladiscussione era proseguita per anni, e Hawking aveva scommesso conKip Thorne e John Preskill (anche loro del Caltech) che Penrose avevaragione. Chi perdeva doveva ricompensare la controparte con «abitiper coprire le nudità del vincitore, da far ricamare con un’adeguataammissione di colpa». Dal 1991, anno in cui la scommessa venneconcordata e siglata, Demetrios Christodoulou di Princeton eseguivacalcoli teorici utilizzando le simulazioni al computer di MatthewChoptuik, dell’università del Texas; i risultati suggerivano che, incircostanze particolari e molto improbabili come per esempio ilcollasso di un buco nero, una singolarità senza un orizzonte deglieventi era possibile. Le probabilità erano più o meno quelle di riuscirea far stare una matita in equilibrio sulla punta, spiegò Choptuik.

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Difficile, ma teoricamente non impossibile.Hawking ammise la sconfitta durante una conferenza tenuta in

California nel 1997. Il messaggio contenuto nel «ricamo» sullamaglietta che diede a Thorne e Preskill diceva che, malgrado unasingolarità nuda potesse in effetti esistere, probabilmente non loavrebbe fatto… o avrebbe fatto meglio a evitarlo! Il disegno mostravauna donna formosa che copriva a stento le sue grazie con unasciugamano che annunciava: «La natura aborre una singolaritànuda». Quando Christodoulou rifece i suoi calcoli, scoprì che la resa diHawking era stata probabilmente prematura, perciò venne fattaun’altra scommessa. Questa volta si specificò che la singolaritàavrebbe dovuto verificarsi in assenza di condizioni straordinarie diqualsiasi tipo e che il messaggio del perdente doveva ammettere lasconfitta senza alcuna ambiguità. Preskill, nel frattempo, avevaosservato che una singolarità nuda in effetti la si conosceva, ed era ilbig bang.13

Hawking compì un viaggio particolarmente memorabile nel 1997:andò in Antartide insieme a Kip Thorne e a diversi altri colleghi. Ifotografi ce lo mostrano tutto infagottato sulla sua carrozzina, su unosfondo di ghiaccio e neve. In ogni caso, non raggiunse davvero il PoloSud, e non è mai stato nemmeno al Polo Nord, di conseguenza nonpuò affermare di aver personalmente osservato che là non ci sono deiconfini…

Sempre più veloce!

Nel gennaio del 1998, in occasione di un convegno della AmericanAstronomical Society, un giovane astronomo di nome Saul Perlmutterfece un annuncio che faceva a gara, per rilevanza, con la scoperta diHubble che l’universo si sta espandendo. Non solo: secondoPerlmutter, tale espansione è sempre più veloce! I cosmologi restaronoa bocca aperta. I media non ci misero molto a capire che era emersoqualcosa di sbalorditivo, capace di contraddire qualunque previsione.Nella postfazione alla nuova edizione 2010 del suo libro con RogerPenrose, Hawking dimostrò sorpresa ed entusiasmo per l’importanzadi quel traguardo straordinario.

Due gruppi di astronomi giunsero alla stessa scopertaindipendentemente l’uno dall’altro: Perlmutter e il suo Supernova

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Cosmology Project del Lawrence Berkeley National Laboratorycaliforniano si stavano occupando delle supernove per verificare sel’espansione dell’universo stesse rallentando. Avevano scopertoproprio l’opposto: era difficile credere che non si trattasse di unerrore, ma a marzo un altro gruppo di ricerca, condotto da BrianSchmidt del Mount Stromlo and Siding Spring Observatoryaustraliano, riportò risultati analoghi.

La teoria dell’inflazione prediceva un universo piatto, mentre questiultimi dati sembravano alludere a un universo aperto (il secondomodello di Friedmann, si veda la figura 6.1). Ciononostante,l’eccezionale scoperta non era poi così male per il modelloinflazionario. Quanto evidenziato da Perlmutter poteva valere come laprima, autentica prova osservativa che nell’universo operava unaforza di repulsione e che il genere di accelerazione antigravitazionalesuggerito dalla teoria dell’inflazione esisteva davvero. L’universo stavaricevendo da qualche parte una spinta contraria alla gravità.

Ma allora si era forse di fronte a una prova della costantecosmologica che Einstein aveva inserito nelle sue equazioni sullarelatività generale quando non credeva a quello che comportavano?Ovviamente, in seguito lui l’aveva eliminata. Ora Perlmutter stavadicendo che, dopotutto, una piccola costante cosmologica positivaesisteva, con Hawking e molti altri concordi sul fatto che si trattassedella spiegazione più semplice.14 Ma questa conclusione metteva unpo’ a disagio gli scienziati: le cose, forse, non erano poi così semplici.Poteva darsi che nell’universo ci fosse una forza antigravitazionale più«esotica», in riferimento alla quale si parlava di una misteriosa«quintessenza» (dal nome del quinto elemento della filosofia diAristotele).

Per descrivere quella misteriosa fonte di energia, nel vocabolariodella fisica entrò la locuzione «energia oscura». Ricordiamo chel’energia, come sappiamo grazie alla celebre equazione di Einstein, èdirettamente proporzionale alla materia. Un’ipotesi era quella per cui,aggiunta alla materia normale e a quella «oscura» (un mistero la suacomposizione, una certezza la sua esistenza), l’energia oscura fossedavvero in grado di dare origine esattamente a quell’universo piattoprevisto dalla teoria inflazionaria. Nella postfazione dell’edizione2010 di La natura dello spazio e del tempo, Hawking ha indicato che lapresenza in quantità sufficiente di tale energia potrebbe persino

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produrre la curvatura positiva necessaria a un universo chiusocoerente con la sua originale proposta dell’assenza di confini.15

Tuttavia, nel 1998, Hawking stava iniziando a pensare che magaripoteva darle un’altra occhiata, proprio alla luce dell’inaspettatascoperta di Perlmutter.

Alle soglie del nuovo millennio

Nel 1998 il presidente Bill Clinton annunciò le «Millennium Evenings»– otto conferenze e incontri culturali ospitati alla Casa Bianca etrasmessi in diretta su Internet – e invitò Hawking a far parte deirelatori. La sua conferenza «Immaginazione e cambiamento: la scienzanel prossimo millennio» era il secondo incontro del ciclo, previsto peril 6 marzo. Lo scienziato colse l’occasione per mettere in guardia circaquelli che riteneva problemi molto seri: la sovrappopolazione e ilconsumo incontrollato di energia. Hawking era convinto che esistessela possibilità concreta di vedere distrutta tutta la vita sulla facciadella Terra, oppure di una «caduta in uno stato di brutalità e dibarbarie». Espresse inoltre seri dubbi riguardo al fatto che delle leggio dei divieti potessero frenare ogni tentativo di rielaborare, nel nuovomillennio, il DNA umano. Poco importava che la maggior parte dellepersone fosse a favore di misure restrittive contro l’ingegneriagenetica umana: qualcuno, da qualche parte nel mondo, avrebbeproseguito nei suoi intenti. Forse mosso dal desiderio di non lasciare ilpubblico in uno stato di sconforto totale, Hawking concluse in tonopiù allegro: «Sono un ottimista, penso che abbiamo buone possibilitàdi evitare sia l’Armageddon sia un nuovo Medioevo».16

Era come se l’America facesse emergere un Hawking più cupo e altempo stesso più spensierato. Tornato in California nel 1999, volò daMonterey, dove soggiornava, a Los Angeles per prestare la voce alpersonaggio di se stesso in un episodio della serie I Simpson. Loconsiderava un incarico di importanza assolutamente vitale, cometestimonia il fatto che, quando gli si ruppe la carrozzina due giorniprima del volo, il suo assistente Chris Burgoyne dovette lavoraretrentasei ore di fila per ripararla in tempo. Se Hawking non potevasalvare l’intera razza umana dall’Armageddon, poteva almenoarrivare a Los Angeles in tempo per salvare Lisa nella puntataSpringfield, utopia delle utopie. La battuta più nota dell’episodio è

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quando Hawking dice a Homer che la sua teoria di un universo aforma di ciambella era «intrigante», aggiungendo: «Forse te la rubo».Hawking chiese ai produttori se non era possibile creare una actionfigure con le sue sembianze: la proposta diventò realtà e nei negozi digiocattoli andò a ruba.

Lo scienziato (anche stavolta doppiatore di se stesso) arrivò asalvare l’intero universo in una storia di Dilbert, quando una macchinacreava per sbaglio un buco nero. Il cane Dogbert rapiva Hawking perfargli riparare lo spazio-tempo, ed è superfluo dire che il professoreriuscì a guarire l’universo. Lui stesso, quell’anno, si fece dareun’aggiustata: un intervento chirurgico per deviare la laringe eimpedire che il cibo gli finisse nei polmoni, grazie al quale i pasti sitrasformarono in un momento meno pericoloso e più piacevole.

Alla fine degli anni Ottanta, la prima volta in cui scrissi su StephenHawking, mi sembrava fuori luogo, o meglio impossibile, descriveredettagli della sua vita privata di cui solo pochissime persone erano aconoscenza. Tutte queste informazioni riservate divennero poi didominio pubblico nel 1999, quando Jane Hawking pubblicò Music toMove the Stars. L’autrice non si risparmiò nell’esporre con inesorabileschiettezza i propri ricordi sull’inquietudine fisica ed emotiva dellavita con l’ex marito e quelli riguardanti la successiva relazione conJonathan Hellyer Jones. In pochi rimasero sorpresi dallo scalpore cheil libro suscitò fra i media; tra loro, la più stupita parve l’autricestessa. Hawking non rilasciò dichiarazioni ufficiali, se non quandodisse che non leggeva mai le biografie su se stesso… Il suo umorismoera sopravvissuto, come testimonia anche la risposta data a unagiornalista che gli poneva domande sul libro di Jane e che gli avevachiesto se pensava di lasciare in eredità il suo DNA per farlo clonare.«Credo che nessuno vorrebbe un’altra copia di me stesso» fu larisposta dello scienziato.17

Hawking era apparso in teatro e in televisione, vantava persino unfilm sulla sua vita: però non era ancora diventato il personaggio diuna commedia. Quando ricevette una versione avanzata del copionedi God and Stephen Hawking scritto da Robin Hawdon, la sua reazionefu quella di ignorarlo, nella speranza che sarebbe sparito senzaraggiungere mai il palcoscenico. Quando Hawdon aggiunse deidettagli estratti dal libro di Jane, Hawking valutò la possibilità diintraprendere un’azione legale, ma in seguito decise che il suo gesto

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non avrebbe fatto altro che attirare ulteriore attenzione su unacommedia che definì «stupida e di nessun valore».18 Tra i personaggifiguravano anche Dio, il papa, la regina d’Inghilterra, Jane Hawking,Einstein e Newton. Lucy assistette a una delle rappresentazioni e,guardando la sua famiglia ritratta sul palco, si scoprì tanto«inorridita» quanto «incantata», e dovette reprimere il «folle impulsodi salire sul palco e unirmi a loro».19

Nel frattempo Hawking stava allargando i propri orizzonti in unadirezione diversa grazie alle scelte del figlio Tim, ora studenteuniversitario a Exeter, nel Devon. A differenza del fratello maggiore,non aveva seguito le orme del padre sul sentiero della fisica,preferendo studiare francese e spagnolo come la madre. Riuscì adestare nel padre un certo interesse per le gare di Formula Uno epersino per i concerti rock. Lo scienziato diceva che alcuni glipiacevano molto, ma ci fu una volta in cui se ne andò dopo soli ventiminuti, nonostante fosse stato difficilissimo trovare i biglietti. Il fanincallito di Wagner (anche se il suo sintetizzatore vocale continuava apronunciarlo «Werner» o «Wagoner») aveva imparato ad apprezzareanche la musica rock, abbastanza da sapere cosa gli piaceva e cosano, ed espresse il suo giudizio andandosene via.

Un incontro di teorie

Nei tardi anni Novanta, in prossimità della fine del millennio, parevache la considerazione di Hawking tra i colleghi e la sua fama presso ilpubblico fossero ormai una certezza, ma l’ipotesi dell’assenza diconfini formulata con Jim Hartle restava controversa. La previsioneera quella di un universo chiuso, il primo dei modelli di Friedmann (siveda la figura 6.1), con un collasso finale detto big crunch. Alla finedegli anni Novanta, la scoperta che l’espansione dell’universo era inaccelerazione, unita a stime più precise sulla quantità di materia e dienergia presente nell’universo, non facevano che alimentare i dubbitra gli studiosi sul fatto che il nostro universo fosse davvero di questotipo. Sembrava addirittura plausibile che rispecchiasse invece unmodello «aperto», il secondo di Friedmann, in perenne espansione.

Nel frattempo la teoria inflazionaria prediceva che l’universo fosse«piatto», come nel terzo modello di Friedmann, indice che la quantitàdi materia in esso contenuta era proprio quella giusta, né troppa né

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troppo poca, per far espandere l’universo a una velocità appenasufficiente per evitare il collasso. Nel 1995, Neil Turok, Martin Buchere Alfred Goldhaber della Stony Brook University di New York avevanoscritto un articolo in cui dimostravano che l’inflazione non escludevanecessariamente un universo aperto, in eterna espansione, ma ciò nonera d’aiuto, almeno nell’immediato, per l’ipotesi dell’assenza diconfini.20

Hawking cominciò a prendere in considerazione la possibilità diconciliare tutti i modelli: la sua ipotesi che prevedeva un universochiuso, la teoria dell’inflazione che ne immaginava uno piatto o forseaperto, e le osservazioni che propendevano per quest’ultima versione.Neil Turok era un buon amico, e un giorno che seguivano unseminario sull’inflazione aperta, tra una tazza e l’altra di tè, i dueiniziarono uno scambio di idee.

Il risultato fu un modello in cui una particella di spazio e tempo inquattro dimensioni, simile a una sfera piccolissima, leggermenteirregolare e rugosa, si sarebbe automaticamente gonfiata in ununiverso aperto e infinito.21 Dato che questa particella sarebbe duratasoltanto per un istante prima di subire l’inflazione, rivelandosi percosì dire un fuoco di paglia, Hawking e Turok la ribattezzarono«istantone». Il pubblicò preferì tuttavia chiamarla «pisello», perché idue teorici avevano annunciato che la massa era quella di un pisello(circa un grammo) malgrado le dimensioni fosseroinimmaginabilmente più piccole. Il pisello era utile anche perchérotondo; si trattava di una forma che ben si sposava con l’«origine»arrotondata dell’universo proposta dall’ipotesi dell’assenza di confini,con il tempo a fare da quarta dimensione dello spazio. Un pisello nonè una singolarità. E neanche un punto di densità infinita. Per usare leparole di Neil Turok:

Si pensi all’inflazione come alla dinamite che ha prodotto il big bang. Il nostro istantone è una sorta dispoletta che si autoinnesca e che fa partire l’inflazione. Per avere questo istantone servono gravità,materia, spazio e tempo. Se manca anche soltanto uno di questi ingredienti, l’istantone non può esistere. Seinvece c’è, si trasformerà all’istante in un universo infinito in inflazione.22

Niente esisteva «fuori» dall’istantone, e niente esisteva «prima» di esso.Sia nel tempo sia nello spazio, rappresentava tutto ciò che c’era.Tuttavia, le voci diffuse dai media per cui tale teoria dimostrava comeaveva fatto l’universo a nascere all’improvviso dal nulla erano senzafondamento. L’universo era nato da una «combinazione di gravità,

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spazio, tempo e materia compattati in un oggetto minuscolo erotondo».23

Era un buon tentativo, che univa teoria dell’inflazione, condizionedi assenza di confini e prove osservative, ma non riscosse subitosuccesso tra i colleghi dei due scienziati. Un problema piuttostoimbarazzante era che molti dei possibili universi previsti dal modellonon contenevano materia. Un’assenza, comunque, alla quale perHawking non era difficile rimediare: si poteva ricorrere al principioantropico e sostenere che, in effetti, solo uno degli universi possibilidoveva permettere l’esistenza di forme di vita intelligenti.

Piovevano le critiche da parte di quanti ritenevano l’ipotesidell’assenza di confini ancora troppo incerta per poterla inserire senzaproblemi all’interno di una teoria significativa. Altri pensavano cheHawking e Turok facessero troppo affidamento sul principioantropico. Andrei Linde era per esempio molto scettico: a suo parere,un modello con universi che includevano, nella migliore delle ipotesi,soltanto un trentesimo circa della densità di materia attualmenteosservata nel nostro era inaccettabile, e nemmeno il principioantropico poteva salvarlo. Hawking e Turok replicarono che fino aquel momento avevano lavorato soltanto su un modello moltosemplice; uno più realistico avrebbe dato risultati migliori.

Visto l’interesse suscitato nel pubblico da qualsiasi notizia cheavesse a che fare con Hawking, i media di entrambe le spondedell’Atlantico si interessarono alla disputa in corso e la trattaronocome se nel mondo della fisica teorica stesse avendo luogo uno«scontro tra titani». «Date una chance ai piselli!»24 invocaval’«Astronomy Magazine», mentre «Science» si mostrò più moderatacon il suo «L’inflazione affronta un universo aperto».25 Il servizio diinformazione online di Stanford, università dove insegnava Linde, feceun annuncio degno di un incontro di pugilato: «Hawking-Linde, sfidasulla nascita dell’universo».26 In testa al titolo c’era il nome diHawking, e questo benché Linde giocasse in casa. Forse lo «StanfordReport Online» aveva deciso che, rispettando l’ordine alfabetico, nonavrebbe fatto torto a nessuno.

Se Linde in passato si sentiva intimidito da Hawking, adesso le coseerano cambiate. Lo definiva una «persona di enorme talento»27 e «unuomo molto brillante»,28 ma diceva anche che la sua fede nellamatematica rasentava la religione29 e che «a volte, e questa è la mia

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interpretazione, crede così tanto nella matematica che prima fa icalcoli e poi li interpreta».30 «Bisogna essere certi che si sta applicandola matematica in maniera corretta. In questo caso, l’intuito mi diceche lui non lo ha fatto.»31 In una dichiarazione che era poi un grandeelogio, tuttavia, Linde non fece che ripetere ciò che molti altri hannodetto su Hawking: «Considero Stephen mio amico e spero cheresteremo tali anche quando questa storia sarà finita. È successo moltevolte che proponesse delle conclusioni che all’inizio sembravanosbagliate, ma in svariate occasioni ha poi dimostrato di avere ragione.In altre, aveva torto. Dovremo soltanto aspettare di vedere in qualedei due casi ci troviamo stavolta».32

L’articolo dello «Stanford Report Online» era nato in seguito a unseminario tenuto da Hawking in aprile presso l’università di Palo Alto,su invito di Linde. L’idea di vedere dal vivo quei due uomini che«combattevano» testa a testa attirò una folla immensa. Hawking siconfrontò con Linde e Alexander Vilenkin anche il novembresuccessivo, a Monterey, questa volta difendendo il suo impiego delprincipio antropico con una determinazione che faceva presagire ilricorso ancora più massiccio che ne avrebbe fatto in futuro:«L’universo in cui viviamo non è collassato in fase iniziale né èdiventato quasi vuoto. Di conseguenza dobbiamo tenere inconsiderazione il principio antropico: se l’universo non fosse statoadatto alla nostra esistenza, non saremmo qui a chiederci perché ècome è».33 Quando si trattò della proposta di Hawking e di Turok, ilverdetto della giuria si sarebbe fatto attendere a lungo.

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«A me sembra chiaro»

Nel dicembre del 1999, all’alba del nuovo millennio, il conduttoredella CNN Larry King si recò di persona al DAMTP di Cambridge perregistrare un’intervista con Hawking, il quale aveva programmato concura le risposte a delle domande concordate per evitare ritardi.L’intervista venne mandata in onda il giorno di Natale. Quando LarryKing gli chiese come prevedeva di festeggiare quel Capodannospeciale, lo scienziato rispose che avrebbe partecipato, nei panni di sestesso, a una festa in maschera dedicata ai Simpson. Del costume nonci sarebbe stato bisogno.1

Il 2000 trovò Hawking impegnato con le alte sfere. Insieme ad altriluminari, fra cui l’arcivescovo Desmond Tutu, firmò una «Carta delterzo millennio sulla disabilità». A maggio dello stesso anno preseposizione accanto al principe Carlo d’Inghilterra contro gli alimentigeneticamente modificati e ad agosto registrò un contributo televisivoper il candidato alle presidenziali Al Gore, da proiettare durante laconvention americana del Partito democratico.

I suoi discorsi di fronte a migliaia e migliaia di personecontinuavano a portarlo in giro per tutto il mondo, dalla Corea delSud a Mumbai e Delhi in India, a Granada in Spagna. Nel giugno del2000 tenne una conferenza al Caltech durante la «KipFest», per isessant’anni di Kip Thorne, e un’altra a Cambridge con la qualeraccolse migliaia di sterline per ampliare la scuola elementare localeNewnham Croft. Nell’estate del 2001 un nuovo documentario, TheReal Stephen Hawking, andò in onda su BBC4; Hawking richiamòinoltre l’attenzione del pubblico sulla necessità di nuove tecnologieper i disabili accettando di fare pubblicità alla carrozzina QuantumJazzy 1400. «Terrà in forma le mie infermiere mentre cercheranno distarmi dietro» commentò, e in fondo non stava scherzando.

Si trattava in effetti di non perdere il ritmo. Un viaggio all’esteroera ed è tuttora come un esercito in movimento: Hawking, il suoassistente, un’infermiera e due ausiliarie sono il minimo. La quantità

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di macchinari e di bagagli che li seguono è spropositata sin dagli anniOttanta, quando lo scienziato iniziò a viaggiare con il computer el’apparecchio grazie al quale comunica. Joan Godwin, che avevasupervisionato i vari trasporti dell’intero l’armamentario in giro per ilmondo, dice che i bagagli includevano normali valigie di vestiti,macchinari di aspirazione per tenere aperte le vie respiratorie e unaborsa nera, estremamente pesante, con tutto il necessario per lesituazioni di emergenza. Il suo assistente porta con sé strumenti,macchinari e pezzi di ricambio necessari per la manutenzione e leriparazioni d’emergenza di carrozzina e computer. Non sorprende,dunque, se a volte qualcosa si perde strada facendo. La Godwinricorda la crisi e gli acquisti lampo quando la valigia con tutti i vestitidello scienziato venne messa da parte dagli addetti ai bagagli e nonraggiunse mai la tappa successiva, dov’era in programma un incontrocon Bill Gates. In un’altra occasione, la Godwin non era in viaggio elo staff le fece una telefonata angosciata dall’altra parte del mondo. Imacchinari per l’aspirazione erano chiusi in macchina, e avevanoperso le chiavi. Che cosa dovevano fare?

Dal 2000 Hawking vola, ogni volta che gli è possibile, a bordo delsuo jet privato. Sugli aerei di linea la carrozzella viaggiava dentroall’abitacolo, altrimenti per riaverla lo scienziato avrebbe dovutoaspettare a lungo, su un aereo già deserto, che tutti i bagagli venisseroscaricati. Era persino successo che alla carrozzina venisse assegnatoun proprio posto in prima classe. I controlli di sicurezza hannosempre costituito un problema, perché la carrozzella non passaattraverso il metal detector. Il più delle volte nessuno insiste perperquisire lo scienziato; sono gli aerei a presentare delle difficoltà. InGiappone si resero necessari degli accordi speciali affinché il trenosuperveloce sostasse trenta secondi in più.

Non molto tempo dopo l’inizio del nuovo millennio, parte dellastessa stampa che descriveva con entusiasmo tutti gli andirivieni diHawking, le sue apparizioni pubbliche e i riconoscimenti sembravaaltrettanto pronta a spargere voci secondo cui lo scienziato stavasubendo dei misteriosi abusi di tipo fisico. Quando la polizia diCambridge aprì un’inchiesta, Hawking rifiutò con decisione diparteciparvi in qualsiasi maniera. Giudicò infondate lepreoccupazioni, a volte eccessive, del suo staff e della famiglia,comunicando alle forze dell’ordine e a tutti gli altri di non volere

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interferenze di nessun tipo nella propria vita privata e in quella di suamoglie.

Indagini a singhiozzo, pettegolezzi e interrogatori a colleghi,collaboratori e familiari in merito a una presunta serie di «feriteingiustificate», alcune delle quali in apparenza potenzialmente letali,continuarono per cinque anni, finché nel marzo del 2004 la poliziaabbandonò il caso.

Le p-brane non sono così stupide

Il 2000 e gli anni immediatamente successivi videro Andrei Linde e isuoi collaboratori impegnati nello sforzo di collegare la teoria dellestringhe con il multiverso dell’inflazione eterna, mentre Hawking ealcuni suoi dottorandi presenti e passati stavano unendo le menti(quando quella dello scienziato non era in qualche parte sperduta delmondo) per conciliare l’ipotesi dell’assenza di confini con l’idearelativamente nuova delle «brane». Inoltre, continuavano a guardare ibuchi neri alla luce della teoria delle brane.

Il nome p-brana fu coniato da Peter Townsend, uno dei colleghi diHawking al DAMTP, artefice di studi fondamentali su queste«stranezze» teoriche. La «p» di una p-brana può essere un numeroqualsiasi, e sta a indicare il numero di dimensioni possedute dalla«brana» stessa. Se p = 1, si parla di 1-brana: ha una sola dimensione,ovvero la lunghezza, ed è quindi una stringa. Se p = 2, si ha una 2-brana: due dimensioni, lunghezza e larghezza, quindi un foglio o unamembrana. Continuando di questo passo si potrebbe concludere che ilfamigerato, mortale «cubo gelatinoso» di Dungeons & Dragons sia una3-brana – deduzione che però niente ha a che fare con la teoria inesame. «P» può anche assumere valori maggiori, più difficili daimmaginare. Lo schema ricorda un’idea emersa nel V secolo a.C. con iseguaci di Pitagora e poi recuperata da Platone, secondo la quale ilmondo viene creato in una progressione da punto a linea, a superficiee quindi a solido. Platone ipotizzò che ci potessero essere anche altredimensioni, ma quelle erano le uniche necessarie per avere il mondoche conosciamo.2 I teorici moderni delle p-brane sono molto menomoderati quando si tratta di considerare queste dimensioni extra.

Le p-brane possono assorbire ed emettere particelle allo stessomodo dei buchi neri. Almeno per certi tipi di buchi neri, il modello

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delle p-brane predice lo stesso tasso di emissione previsto dal modellodi Hawking delle coppie di particelle virtuali.

Le p-brane rappresentano una sorta di «magazzino» perun’informazione che cade dentro a un buco nero, ma potrebberoanche fare di più: tale informazione alla fine potrebbe riemergere nellaradiazione che queste p-brane emettono. Tenendo conto di questapossibilità, Hawking tornò a considerare l’implicazione del principiodi indeterminazione di Heisenberg per cui ogni regione dello spaziodev’essere piena di minuscoli buchi neri che appaiono e scompaionotanto in fretta quanto le coppie di particelle della radiazione diHawking. Queste piccole aperture «fagocitano» particelle einformazione. Ovviamente sono cento trilioni di volte più piccole diun nucleo atomico: più che «fagocitare», al limite «mangiucchiano», esecondo Hawking era questo il motivo per cui le leggi della fisicaappaiono ancora deterministiche quando si ha a che fare con laquotidianità. Non per questo, tuttavia, la perdita d’informazione erameno grave. Le p-brane potevano essere d’aiuto?

Dopo che nel 1981 Hawking aveva annunciato che nell’universol’informazione va persa nei buchi neri, la controversia sul relativoparadosso era proseguita, sebbene non a un livello che paresseinfastidire lo scienziato o disturbarlo mentre rivolgeva la mente adaltre tematiche – fatto sorprendente, se si considera l’importanza dellaquestione per la fisica. Alcuni si chiedevano se non stessesemplicemente dando prova di testardaggine, scegliendo di ignorareipotesi interessanti che contraddicevano le sue e rifiutandosi di andareavanti impegnandosi in un dibattito. Alcuni temevano persino che nonsi sentisse abbastanza bene da poter rispondere in maniera decisa esignificativa. A Hawking invece sembrava di aver emesso un verdettoinattaccabile, per quanto sfortunato potesse essere, e nessuno degliargomenti che sentiva erano a suo parere abbastanza rilevanti daspingerlo a scendere in campo.

Eppure il capo non dormiva. Era al corrente della proposta diSusskind del 1993, e anche l’ipotesi delle p-brane per risolvere ilparadosso dell’informazione, avanzata nel 1996 dai fisici AndrewStrominger e Cumrun Vafa, aveva decisamente risvegliato il suointeresse.

Hawking e i suoi colleghi si domandarono se quella teoriarappresentasse la soluzione al problema della perdita

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dell’informazione, e alcuni di loro nutrivano speranze al riguardo. Ilgigante si mosse appena dentro la sua tana, ma poi si girò dall’altraparte e rimase scettico, senza abbandonare le proprie posizioni:l’informazione si perdeva irrimediabilmente nei buchi neri e le p-brane, seppur interessanti per altri motivi, non erano la risposta.

Nonostante ciò, quando Hawking concluse una conferenza con leparole: «Il futuro dell’universo non è del tutto determinato dalle leggidella scienza e dal suo stato attuale come pensato da Laplace; Dio haancora qualche asso nella manica», e comparve l’ultima diapositivacon il disegno di un uomo anziano, con barba e sorriso enigmatico,che si infilava nella manica della tunica delle carte da gioco, non sipoteva fare a meno di chiedersi… ma quelle carte erano delle 2-brane?

Genesi del guscio di noce

Il mio primo contatto con L’universo in un guscio di noce avvennetramite una bozza dattiloscritta speditami da Ann Harris, editor diHawking alla Bantam di New York, nell’estate del 2000. Conteneva lefotocopie relative alle conferenze pubbliche e specialistiche, oltre adalcuni articoli, quasi tutti recenti, in parte facili da capire e in parteinfarciti di equazioni e linguaggio tecnico, che si ripetevano in certipunti e a volte riprendevano parti di pubblicazioni precedenti.Insomma, non sembrava affatto un libro coerente. C’erano la teoriadelle stringhe, la M-teoria, il tempo immaginario, la somma sullestorie, il paradosso dell’informazione, il principio olografico, ledimensioni extra, per non parlare dei riassunti di concetti più basilaricome la meccanica quantistica, la relatività generale, i buchi neri e ilbig bang. Una quantità sproporzionata di materiale, che di certo nonpoteva essere racchiuso in un guscio di noce… O meglio, non ancora.Ann Harris voleva sapere se fosse possibile ricavarne un libro. StephenHawking era uno dei gioielli della sua corona e di quella dell’interacasa editrice; non si poteva pensare di rispedire il tutto indietro alloscienziato e dirgli che così non poteva essere pubblicato.

Accettai di revisionare il materiale e presto mi accorsi di essernetotalmente coinvolta. Scrivevo delle note al margine per Ann: «Quelloche vuole dire è…» oppure «Troppo tecnico», «Comprensibile», «Giàdetto a p. 33» e creai una mappa in cui indicavo come le varie parti e

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le relative sottoparti dovessero essere risistemate e collegate in mododa formare i capitoli di un libro. La Harris mi fece entrare nellasquadra con l’incarico di «aiutare Hawking a rendere il libro piùsemplice, in modo che anche le persone comuni potessero capirlo». Laquestione «persone comuni» non era un problema, io stessa ero una diloro.

Alla fine fu chiaro che Stephen Hawking era più avanti sia di AnnHarris sia di me. Aveva un piano perfetto su come il suo nuovo libroavrebbe potuto assemblarsi, e l’organizzazione non lineare era volutadi proposito. Ci sarebbero stati dei capitoli distinti, ognuno su unargomento, leggibili in qualsiasi ordine dopo aver assimilato unapiccola dose di concetti di base. Il mio compito divenne quello dicontribuire a livellare i diversi gradi di difficoltà dei vari capitoli,indicando i punti in cui alcuni necessitavano di un’ulterioreelaborazione per raggiungere uno standard accessibile a un qualunquelettore di una certa cultura. Hawking decise di cogliere l’occasione persottolineare ancora una volta alcune sue opinioni riguardo a temicontroversi al di fuori del mondo della scienza. Dopo svariati mesi dicomunicazioni via e-mail, lavorammo insieme per due settimane nelsuo ufficio di Cambridge. Del gruppo faceva parte anche unillustratore eccezionale, Philip Dunn della Book Laboratory andMoonrunner Design. All’inizio mi preoccupavo dell’accuratezzascientifica di alcuni suoi disegni, ma alla fine il suo lavoro reseL’universo in un guscio di noce il libro, tra tutti quelli di Hawking, conle illustrazioni più innovative.

Non siamo a Silver Street

Alla fine del 2000 il DAMTP era andato incontro a un profondocambiamento. Anche se il nuovo e ultramoderno complesso, il Centrefor Mathematical Sciences, non sarebbe stato ultimato prima del2002, quando mi presentai per lavorare con Hawking a L’universo inun guscio di noce il dipartimento aveva già lasciato il vecchio edificiodi Silver Street. Invece di attraversare i Backs e il fiume Cam perraggiungere la nuova sede da dove alloggiavo, il college Clare Hall,andai nella direzione opposta, lontano dal centro storico diCambridge, superando quartieri di lusso verso i nuovi laboratoriCavendish, ma senza arrivare così lontano. Il Centre for Mathematical

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Sciences era ancora un cantiere aperto, eppure sembrava già uscito daStar Trek, se non fosse stato per il tetto «verde» – letteralmente, perchérivestito con un tappeto erboso – di una delle sezioni. Non potevo piùproseguire dritto, e dovetti aspettare alla reception di incontrare perla prima volta l’assistente personale di Hawking, Karen Simes.

Il nuovo ufficio dello scienziato era un grosso passo avanti rispettoa quello di Silver Street: moderno, spazioso, provvisto di moquette einondato di luce da due pareti di finestre. Un vero «ufficiopresidenziale». C’era spazio non solo per la sua scrivania, i computer,gli scaffali di libri e una lavagna, ma anche per un lussuoso divanocon sedie e tavolino per gli ospiti, il tutto in tenui colori di design.Marilyn Monroe continuava a sorvegliare la situazione da un ritratto apastello incorniciato, molto più raffinato di quello ospitato a SilverStreet. La maggior parte delle fotografie sulla scrivania erano diWilliam, figlio di Lucy e nipote dello scienziato. Le finestre davano,due piani più sotto, su una distesa di prati e sull’agiata zonaresidenziale che circondava il complesso. Mi venne spiegato che nonera un panorama destinato a durare, perché il centro era ancora infase di costruzione e presto avrebbe incluso un altro padiglione aqualche metro di distanza dalle finestre. Si trattava pur sempre di unenorme progresso rispetto al vecchio parcheggio e al muro di mattoni.

Il vero difetto della nuova struttura, tuttavia, consisteva nel fattoche l’unica stanza vagamente paragonabile alla common room di SilverStreet era una grande sala da pranzo collocata a una certa distanza,passando attraverso corridoi, rampe e ponti esterni, dall’ufficio diHawking. Per dimensioni e ubicazione non poteva prestarsi alle stessefunzioni della common room che l’aveva preceduta, dove le equazionivenivano scritte sui tavolini e, durante il tè o il caffè delle quattro dipomeriggio, si tenevano seminari estemporanei. Una situazione a cuibisognava assolutamente porre rimedio.

L’edificio restava comunque notevole quanto a meraviglietecnologiche. Gli avvolgibili delle finestre salivano e scendevano,senza bisogno di intervento umano, a seconda dell’intensità della luce.Di notte si abbassavano anche per via delle lamentele dei vicini: ledimensioni e la luminosità di quel mostro ipermoderno davanol’impressione che non ci fosse più bisogno di interrogarsi sull’esistenzadegli extraterrestri… Erano già atterrati, in forze, dall’altra parte dellastrada! Di tanto in tanto l’edificio inoltre «respirava»; negli uffici i

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fogli si sollevavano quando l’aria veniva aspirata automaticamentedalle bocche di areazione, dalle porte e dalle finestre.

Malgrado tutta questa modernità e innovazione, il ticchettio dellascatoletta che Hawking teneva in mano, le parole che scorrevano sulloschermo, la voce sintetizzata erano esattamente come le ricordavo.Anche i volti di alcune delle infermiere mi erano familiari.

Pur avendo comunicato con Hawking via e-mail per diversi mesiprima di tornare a Cambridge, fu un sollievo constatare di personache né il trasloco nella nuova sede, né i continui viaggi in giro per ilmondo e la celebrità, né l’essere diventato nonno e nemmeno icambiamenti a livello di vita privata gli avevano impedito diproseguire con il lavoro che amava e al quale aveva dedicato tantianni di vita imprevista e piena di trionfi. Il capo era ancora sveglio. Lenostre conversazioni avvenivano come in precedenza: utilizzando ilsuo congegno manuale, lui spostava il cursore sul monitor in unafulminea ricerca di ogni singolo termine attraverso le mezzeschermate e le righe piene di parole; alla fine tentava di catturarequella che voleva, spesso la mancava e il processo ricominciava.Sapevo di dover resistere all’impulso di completare le frasi al postosuo, anche quando potevo indovinare cosa voleva dire. Non sarebbestato educato, e poi lui avrebbe potuto benissimo continuare e finirecomunque la frase da solo. E così guardavo e aspettavo, facendo il tifoaffinché il cursore riuscisse a catturare la parola giusta. «Dai… Eccola!Ce l’hai… Oh, no!» Mi sorpresi a serrare il pugno e mi fermai. Nellalista erano programmate anche le parolacce? Non lo so. Mi calmaipresto. Bisognava lasciar fare a lui, portare pazienza e aspettare.Hawking non si sentiva abbattuto – o forse sì, ma non poteva darlo avedere.

La nostra collaborazione per L’universo in un guscio di noceconsisteva perlopiù nel sottolineare frasi, paragrafi e a volte sezionipiù ampie del manoscritto che a mio avviso occorreva riformularecon un linguaggio più semplice. Avevo pronte delle propostealternative, ma lui, dopo averle ascoltate, immancabilmente preferivaapportare i cambiamenti utilizzando parole proprie. A volte il miocommento «Stephen, credo che questo passaggio sia troppo difficile»evocava il sorriso alla Hawking di un tempo, una tempesta di clic e diparole guizzanti sullo schermo e infine la risposta: «A me sembrachiaro». Poi però si metteva subito al lavoro per rimediare al

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problema, traducendo alacremente il linguaggio della fisica teorica inquello della «gente comune». Solo di tanto in tanto, quando la nuovaversione continuava a non sembrarmi abbastanza chiara, dicevo: «Midispiace, ma io non riesco a capirla», sebbene pensassi che magariavrei potuto. E lui replicava: «Allora la rendo ancora più semplice», elo faceva.

Una delle ipotesi più interessanti che proponeva in quel libro era lapossibilità che vivessimo su una superficie a quattro dimensioniall’interno di uno spazio-tempo che ne aveva di più (ossia,iperdimensionale). Una superficie di questo tipo veniva definita«mondo-brana».

Se vivessimo in una situazione del genere, ogni cosa – luce emateria, per esempio – all’interno del mondo-brana a quattrodimensioni (al quale normalmente diamo il nome di «universo») sicomporterebbe proprio nel modo in cui abbiamo scoperto sicomporta nell’universo che conosciamo, con l’eccezione della gravità.Quest’ultima, pensata come lo spazio-tempo curvo della relativitàgenerale, si distribuirebbe in tutto lo spazio-tempo iperdimensionale,comportandosi di conseguenza in modo insolito. Tanto percominciare diminuirebbe con la distanza più rapidamente di quanto cidice la nostra esperienza.

Qui però c’era un intoppo, perché se la forza gravitazionalediminuisse più in fretta con la distanza, allora i pianeti nonpotrebbero orbitare come fanno: dovrebbero cadere nel Sole osfuggire nello spazio interstellare, cosa che invece non accade.Supponiamo tuttavia che le dimensioni extra non si allarghino troppo,ma terminino su un altro mondo-brana abbastanza vicino al nostro –un mondo-brana ombra che non riusciamo a vedere perché la luce,come abbiamo detto, resterebbe confinata nel proprio mondo-brana enon si propagherebbe per lo spazio tra un mondo-brana e l’altro.Questo mondo potrebbe trovarsi anche a un solo millimetro da noi,ma non sarebbe comunque individuabile, perché quel millimetroviene misurato in una qualche dimensione extraspaziale. Si immaginiun esempio analogo in un mondo bidimensionale: ci sono degli insettisu un foglio di carta, con un altro foglio di carta lì vicino, inparallelo. Gli insetti non si rendono conto del secondo foglio perchénon possono concepire una terza dimensione dello spazio: conosconosolo le due del pezzo di carta su cui vivono. Se le dimensioni extra

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terminassero su un mondo-brana ombra del genere, allora per ledistanze più grandi di quella che separa i mondi-brana la gravità nonsarebbe in grado di propagarsi liberamente. Proprio come le altreforze della natura, la troveremmo di fatto confinata nel nostromondo-brana, dove diminuirebbe con la distanza proprio al ritmo checi aspetteremmo di constatare, ossia al tasso giusto per permettere leorbite planetarie.

Vi sarebbero tuttavia degli indizi rivelatori. Per distanze inferiorialla distanza fra i mondi-brana, la gravità varierebbe più in fretta, etali variazioni dovrebbero manifestarsi nelle misurazioni deldebolissimo effetto gravitazionale tra oggetti pesanti collocati adistanze estremamente ridotte.

Ci sono anche altre implicazioni interessanti: un mondo-branaombra vicino al nostro sarebbe invisibile per noi, perché la luce cheproviene da quel mondo non potrebbe raggiungere il nostro.Nonostante ciò, percepiremmo e osserveremmo gli effettigravitazionali della materia in esso presente. Certo, ci risulterebberomisteriosi, perché sembrerebbero prodotti da fonti che non potremmoassolutamente individuare se non tramite la gravità.

È questa la spiegazione dietro il mistero astrofisico della «massamancante» e della «materia oscura»? Perché stelle, galassie e ammassidi galassie siano nella posizione in cui sono e si muovano come fanno,nell’universo ci dovrebbe essere molta più materia di quella chepossiamo osservare in qualsiasi parte dello spettro elettromagnetico. Èpossibile che stiamo osservando l’influenza gravitazionale dellamateria in altri mondi-brana?

Esistono altri modelli di mondi-brana oltre a quello che prevedel’esistenza delle brane ombra, e le congetture sulle possibiliimplicazioni si sono estese a molti temi di enorme interesse perHawking, come buchi neri, radiazione sull’orizzonte degli eventi,evaporazione dei buchi neri, onde gravitazionali, la relativa«debolezza» della gravità in confronto alle altre forze della natura,l’origine dell’universo e la sua storia nel tempo immaginario, la teoriadell’inflazione, la lunghezza di Planck e l’ipotesi dell’assenza diconfini.

Come appare quest’ultima quando viene vista attraverso gli occhialidel mondo-brana?

Il mondo-brana in cui viviamo noi avrebbe una storia nel tempo

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immaginario simile a una sfera quadridimensionale; come lasuperficie della Terra, ma con due dimensioni in più. Fin qui – seavete letto i precedenti capitoli di questo libro – la cosa dovrebbesuonarvi familiare. La differenza sta nel fatto che nella formulazioneoriginale dell’ipotesi dell’assenza di confini non c’era nulla «dentro» lasfera in espansione, il «globo del mondo» che Hawking ci ha chiesto diimmaginare. Nella nuova versione del mondo-brana, invece, le cosenon stanno così. Dentro la bolla c’è uno spazio iperdimensionale il cuivolume, come prevedibile, aumenta con l’espansione del mondo-brana.

Nel tempo cronologico che percepiamo, il nostro mondo-brana siespanderebbe con una fase inflazionaria come quella descritta dallateoria dell’inflazione. Lo scenario più probabile sarebbe quello diun’espansione eterna al ritmo inflazionario, che impedirebbe persempre la formazione di stelle e galassie. Ma in un mondo-brana delgenere non potremmo esistere, mentre noi ci siamo, eccome. Dunqueil principio antropico ci costringe a chiederci se il modello di mondo-brana offra altri scenari, meno probabili ma non impossibili. Larisposta è: sì, li offre. Vediamo che ci sono storie del tempoimmaginario che potrebbero corrispondere al comportamento deltempo reale in cui il mondo-brana ha avuto una fase di espansioneaccelerata inflazionaria solo all’inizio, ma poi ha rallentato. Inseguito, le galassie avrebbero potuto formarsi e le forme di vitaintelligenti evolversi. Tutto questo ci suona più familiare.

L’ipotesi più sconvolgente, sempre in tema di brane, trae ispirazioneda quello che sappiamo sull’olografia. Ricordate la proposta diLeonard Susskind sul modo in cui quest’ultima potrebbe trovareapplicazione nel caso dei buchi neri? Nell’olografia, l’informazione suciò che accade in una regione di spazio-tempo può essere registratasul suo confine. Hawking ci lascia con un quesito aperto: forse stiamosoltanto pensando di vivere in un mondo a quattro dimensioni, perchésiamo ombre proiettate sulla brana da quello che sta accadendoall’interno della bolla.

Io e lo scienziato avremmo continuato a discutere via e-mail suL’universo in un guscio di noce per diversi mesi, raffinandone sempre dipiù la forma, ma si può dire che dopo le due settimane trascorse aCambridge il più del lavoro fosse già stato fatto. Era statoentusiasmante, ma anche faticoso; uscendo l’ultima sera dal

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parcheggio del Centre for Mathematical Studies, dentro di me esultai efinalmente mi concessi di stringere il pugno, questa volta in segno divittoria. Ce l’avevamo fatta! Ero sopravvissuta. E anche StephenHawking.

Cena al Caius

In una fredda domenica di novembre, durante quelle due settimane aCambridge, andai a cena con Stephen Hawking a bordo del suofurgone speciale. Ci fermammo nel punto in cui King’s Parade svoltain Trinity Street, tra la Senate House e la Greater St Mary’s Church,dall’altra parte della strada rispetto al Gonville and Caius College.L’infermiera che ci aveva accompagnati dal Centre for MathematicalStudies schiacciò il pedale del freno, lasciò accesi i fari e scese perraggiungere il lato del passeggero e sganciare le pesanti imbragatureche tenevano fermi Hawking e la sua carrozzella, nel punto in cuinormalmente avrebbe dovuto esserci un sedile. Io, unica passeggeraseduta dietro, mi tolsi di mezzo e aspettai in strada, perché liberare lacarrozzina era un duro lavoro e richiedeva ampio spazio di manovra.Gli onnipresenti ciclisti di Cambridge scartavano me e il furgone conriflessi fulminei. Poco dopo dovettero evitare anche la rampa dimetallo che sbucava dalla portiera e permetteva a Hawking, tuttoimbacuccato per difendersi dal vento gelido, di far scivolaredolcemente la carrozzina giù sul marciapiede.

Lo scienziato varcò con fare lento e solenne l’ingresso del college eattraversò il prato alberato fino alla porta che dava nella hall.Malgrado tutti quegli anni e i successi nella causa per l’accesso aidisabili, Hawking continuava a non avere a disposizione un modopratico per raggiungere la Senior Common Room e la hall di quelcollege. Sul minuscolo ascensore c’era spazio soltanto per lui el’infermiera, perciò Hawking spiegò a me e a mio marito, incontratoall’ingresso, un altro percorso. Ci riunimmo mentre lo scienziato sifaceva strada attraverso le cucine e altre stanze che non visita mainessuno, anche se quasi tutto il Caius è antico e meraviglioso. Nellasontuosa Senior Common Room c’era il camino acceso; i docenti delcollege salutarono Hawking con il fare di chi lo conosceva bene e giàda molto tempo aveva smesso di stupirsi, scioccarsi o restare a boccaaperta per la sua disabilità o i suoi successi. Alcuni di loro godevano

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di pari fama nei propri settori accademici di competenza, ma non dialtrettanta notorietà a livello internazionale. Per queste persone, luiera Stephen e basta.

Dopo uno sherry tutti entrarono nella hall e presero posto attornoall’High Table, un gradino sopra il livello delle lunghe tavolate colmedi studenti chiassosi; il Caius è un college che si impegna ancoramolto per organizzare la cena nella hall. I dottorandi mangiavano unpo’ più tranquilli sulla cosiddetta «galleria dei menestrelli» (ma senzamusicisti). In mezzo al piacevole tintinnio di forchette e coltellicontro le porcellane del college, al rumore sordo di voci giovani, ascoppi improvvisi di grida o di risate fragorose e a conversazioni piùpacate da parte dei docenti, cenammo bevendo un ottimo vino dellecantine del collegio. L’infermiera di Stephen Hawking gli mise ilbavagliolo e gli diede da mangiare, mentre lui azionava il congegnoche teneva nella mano e grazie al computer discuteva di politicainternazionale con mio marito.

Sulle pareti della hall sono appesi i ritratti dei membri illustri delcollege. Vicino al centro, in evidenza, c’è un dipinto moderno diHawking. Per secoli uomini (e più di recente anche donne) sono uscitida questo college per insegnare, continuare con la ricerca, diventarericchi o cambiare il mondo. Mangiavamo, come avevano fatto loro, inquello strano amalgama di nuovo e di antico, di ordinario e distraordinario, di inesperienza e di sacralità. Era un po’ come cenare,durante un campeggio estivo, in una stanza vecchia di secoli e bellada togliere il fiato. In quella generazione, il Caius aveva accolto senzaproblemi uno degli uomini più straordinariamente diversi della nostraepoca, un uomo che tutti i presenti consideravano un semplicecampeggiatore come gli altri.

Durante le due settimane trascorse a Cambridge nell’autunno del2000, mentre lavoravo con Hawking a L’universo in un guscio di noce,spesso arrivavo al DAMTP prima di lui e lo aspettavo alla modernascrivania curva che si trova tra la porta del suo ufficio e il ponteproveniente dall’ascensore, all’interno di quella che mi sembrava unacapsula spaziale. Ogni giorno, quando le porte dell’ascensore siaprivano lasciando emergere la carrozzina, per me era come se lapercezione della realtà subisse una minuscola ma profondaalterazione, alla quale avevo bisogno di adeguarmi. Anche in seguito,quando sapevo cosa attendermi, non riuscivo a sottrarmi

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all’impressione che una parte di mondo a me alieno – per via dellasuperiorità d’intelletto e per la disabilità, ma anche per una forza divolontà mai vista in nessun altro – stesse avanzando lenta einesorabile nel nostro spazio-tempo, dal piccolo ponte fino alla portadell’ufficio, mancando di un soffio le dita dei miei piedi.

La voce meccanica diceva «Buon giorno» oppure chiedeva «Comestai?» o altro del genere… E a quel punto iniziava la giornatalavorativa di Hawking.

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Parte quarta

2000-2011

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Un orizzonte di possibilità in espansione

In una dichiarazione del gennaio del 2000, rilasciata da Hawking nelcorso di un’intervista che aveva per tema le sue previsioni su quelloche il futuro avrebbe avuto in serbo per la razza umana, lo scienziatoriassunse il suo pensiero sull’ingegneria genetica. Gli esseri umani,disse, non registravano mutazioni significative del DNA da più didiecimila anni. Presto però non avrebbero più dovuto aspettare chefosse l’evoluzione biologica a provvedere… e non avrebbero aspettato.Secondo Hawking, nei prossimi mille anni saremo probabilmente ingrado di riprogrammare per intero il nostro patrimonio genetico,aumentando le dimensioni del cervello. Anche imponendo dei divieticontro questo tipo di esperimenti in ambito umano, in quello vegetalee animale verrebbero di certo consentiti per ragioni economiche, «equalcuno cercherà sicuramente di fare lo stesso con l’uomo, a menoche ci sia un ordine mondiale di tipo totalitario. Qualcuno, da qualcheparte, tenterà di migliorare la nostra razza. Non sto difendendol’ingegneria genetica umana, dico soltanto che probabilmente questacosa accadrà e che dovremmo pensare a come affrontarla».1

Un anno e mezzo dopo, Hawking aveva cambiato idea. Inun’intervista rilasciata poco prima dell’11 settembre al periodicotedesco «Focus», dichiarò che gli esseri umani avrebbero fatto meglioa modificare il loro DNA per evitare di essere superati da computersuperintelligenti che avrebbero finito per governare il mondo.2 Èdavvero possibile che i computer diventino così intelligenti? Inprecedenza Hawking li aveva definiti «meno complessi del cervello diun lombrico, una specie non nota per le sue facoltà intellettuali».3Tuttavia, pensava che «se molecole chimiche molto complicatepossono operare dentro agli umani per renderli intelligenti, allora deicircuiti elettronici della stessa complessità possono far funzionare icomputer in maniera intelligente».4 I computer intelligenti, continuò,ne avrebbero poi progettati altri ancora più intelligenti e complessi.5

La sua nuova presa di posizione suscitò molte controversie, ma finì

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dritta nel dimenticatoio in seguito agli attacchi dell’11 settembre. Leinterviste che inevitabilmente seguirono – poiché i media erano sicuriche Stephen Hawking avesse da offrire parole di saggezza anche sualtri argomenti oltre alla fisica – gli diedero l’opportunità diaffrontare un altro tema su cui aveva riflettuto. Disse a un giornalistadel «Daily Telegraph»: «Anche se l’11 settembre è stato orribile, nonha minacciato la sopravvivenza dell’intera razza umana. Il pericolo èche, per sbaglio o di proposito, potremmo creare un virus capace dieliminarci».6

Hawking suggerì che venissero al più presto messi in atto dei pianicon l’obiettivo a lungo termine di colonizzare lo spazio e garantirecosì la sopravvivenza della specie umana. Non si trattava di uncommento improvvisato, facile da dimenticare. Già nell’altraintervista Hawking aveva previsto un volo verso Marte con a bordodegli uomini, «o forse dovrei dire delle persone», prima della fine delsecolo. Quella però sarebbe stata solo la prima tappa. Marte non èadatto alla vita umana; dovremmo imparare a vivere nelle stazionispaziali oppure raggiungere la stella più vicina, e lo scienziato erasicuro che per la fine del secolo non ci saremmo certo riusciti. Nonpotendo superare la velocità della luce (malgrado quello che dica lafantascienza), il viaggio sarebbe lento, noioso e difficile. Hawkingsarebbe tornato sull’opportunità di colonizzare lo spazio nei libri perbambini che avrebbe scritto qualche anno più tardi insieme alla figliaLucy; a suo parere si trattava di un tema abbastanza impellente davolerlo inculcare nelle menti di chi avrebbe preso le decisioni neglianni a venire.

Non tutti apprezzavano certe dichiarazioni di Hawking suargomenti estranei al suo campo. Gran parte dei critici non dicevatanto che avesse torto, quanto che fosse un po’ «naïf». Sir BrianPippard, illustre fisico, una volta scusò se stesso e i colleghi per essere«inclini a credere che la loro competenza li esentasse dal dovere distudiare altre branche del sapere prima di snocciolare perle disaggezza».7 Poteva anche darsi che Hawking fosse stato colto in fallo,però sapeva di avere un’occasione d’oro per raggiungere il pubblicocon idee che riteneva importanti e degne di considerazione.Probabilmente aveva abbastanza peso da poter influenzare l’opinionepubblica.

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La Teoria del Tutto, venti anni dopo

Nella sua lezione lucasiana inaugurale del 1980, Hawking avevaannunciato che il candidato più promettente per unire le forze e leparticelle fosse la supergravità N = 8. Nel 1990 mi aveva confidato disospettare che la risposta fossero le superstringhe, con l’ipotesidell’assenza di confini per rispondere alla domanda sulle condizioni alcontorno dell’universo. La fine del millennio era arrivata e se n’eraandata: quella della fisica teorica invece no, e nemmeno era comparsala Teoria del Tutto. Nell’aprile del 2002, Hawking disse a ungiornalista: «Penso ancora che ci siano il cinquanta per cento dipossibilità di trovare una teoria unificata completa nei prossimi ventianni»8 – una previsione molto più timida e titubante di quella cheaveva fatto nella lezione lucasiana.

Con il passare dei mesi, Hawking circoscrisse ancora di più le suescommesse. Stava riconsiderando uno dei fattori che avevano datomaggiore slancio alla sua carriera, iniziando a sospettare che quellateoria unificata e fondamentale – sempre se esisteva – fosse a unlivello che per noi non sarebbe mai stato accessibile. La nostracomprensione potrebbe assomigliare sempre a una trapuntapatchwork, con diverse teorie che valgono in regioni diverse econcordano solo in certe aree di sovrapposizione. In tal caso, nonsarebbe una buona idea giudicare le apparenti incongruenze tra leteorie come il segno del loro cattivo o mancato funzionamento. Ciòche saremmo in grado di scoprire sull’universo finirebbe per ricordareinevitabilmente un puzzle nel quale: «È facile individuare e mettereinsieme le tessere lungo i contorni» – la supergravità e le diverseteorie delle stringhe –, ma in cui «non abbiamo idea di che cosaaccada al centro».9 In una conferenza tenuta a Cambridge per lecelebrazioni del centenario della nascita di Paul Dirac, nel luglio del2002, Hawking osservò: «Alcune persone resterebbero molto deluse senon ci fosse una teoria definitiva che possa essere formulata con unnumero finito di princìpi. Una volta ero tra loro, ma ho cambiatoidea».10

Hawking invitò il suo pubblico a ricordare il matematico austriacoKurt Gödel, che nel 1931 aveva dimostrato come la sua disciplinafosse «incompleta», perché in qualsiasi sistema matematicoabbastanza complesso da includere addizione e moltiplicazione di

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numeri interi esistono proposizioni che si possono affermare – anzi, dicui possiamo persino vedere la verità – ma che non possono esserematematicamente dimostrate o smentite all’interno del sistema stesso.Hawking riteneva che lo stesso potesse valere per la fisica: ci sonocose vere ma indimostrabili.

Kip Thorne si era espresso a proposito del diverso modo diprocedere di Hawking, passato dall’insistere su una prova matematicarigorosa a una ricerca non tanto della certezza quanto di un’«altaprobabilità per muoversi rapidamente verso lo scopo finale che èquello della comprensione della natura dell’universo».11 Hawkingaveva compiuto dei grossi salti intuitivi, aspettandosi che altriavrebbero colmato le lacune che lasciava dietro di sé. Che ora stesseosando ancora di più, avvertendo il suo uditorio che esistevano cosedi cui era sicuro ma che erano impossibili da dimostrare? No, anchelui doveva unirsi alla razza umana sull’orlo di un abisso che nessunopoteva attraversare. Le nostre teorie sono incoerenti o incomplete,perché «sia noi sia i nostri modelli facciamo parte dell’universo chestiamo descrivendo… Le teorie fisiche sono autoreferenziali».12

Il nuovo e ancora enigmatico candidato di cui Hawking avevaparlato alla conferenza non era «una teoria definitiva che può essereformulata con un numero finito di princìpi», ma forse comunque ilmassimo a cui si potesse aspirare: la M-teoria. Una sua versioneparticolarmente interessante include anche la teoria delle braneproposta da Townsend. A proposito di p-brane, abbiamo già osservatoche se p = 1, allora ci troviamo di fronte a una stringa; le stringhedunque potevano essere considerate membri del clan allargato cheTownsend aveva ribattezzato p-brane. Hawking non stavaassolutamente gettando alle ortiche la supergravità e la teoria dellestringhe, una volta candidate d’eccellenza per la Teoria del Tutto: lecinque teorie più promettenti delle superstringhe potevano essereraggruppate in una famiglia che avrebbe incluso anche lasupergravità. Insieme avrebbero costituito i pezzi della «trapuntapatchwork», utile per valutare diverse situazioni; nessuna di esse peròtrovava applicazione in tutti i casi. L’inattesa rete di relazioni che ifisici avevano individuato tra le varie teorie aveva destato il sospettoche in realtà fossero tutte differenti espressioni di un’unica teoriasottostante, la M-teoria, che finora non ha ancora trovato unaformulazione definitiva. Hawking aveva iniziato a pensare che non

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l’avrebbe mai trovata.Nella rete di modelli matematici della M-teoria, lo spazio-tempo

presenta un totale di dieci o undici dimensioni. Nove o dieci vengonoin genere considerate spaziali, una temporale. Forse vi staretechiedendo perché nessuno attribuisca mai più di una dimensione altempo, quindi dovrei dirvi che invece alcuni lo fanno, purché il totaledelle dimensioni resti lo stesso.

Noi, ovviamente, ci accorgiamo soltanto di quattro dimensioni.Dove sono le altre? Hawking stesso commentò nel 2001: «Devoammettere che, personalmente, ho fatto fatica a credere alledimensioni extra. Ma poiché sono un positivista, la domanda:“Esistono davvero le dimensioni extra?” è priva di significato. Ci sipuò soltanto chiedere se i modelli matematici con dimensioni extrarappresentino una buona descrizione dell’universo».13

La risposta offerta alla domanda sul perché non le vediamo è che ledimensioni extra sono arrotolate in maniera molto compatta. Si pensia una canna da giardino: sappiamo che ha uno spessore, ma dalontano ci sembra una linea, la cui unica dimensione è la lunghezza.Se le dimensioni extra fossero arrotolate in quel modo, allora cisfuggirebbero, non solo su scala umana, ma persino a livello atomicoo nucleare.

Saremo mai in grado di osservarle? Si supponga che una o più diqueste dimensioni extra, dopotutto, non siano poi così compattate. Sipotrebbe verificare un’ipotesi del genere con l’ausilio di unagenerazione più avanzata di acceleratori di particelle, oppuremisurando la forza gravitazionale che opera su distanze estremamenteridotte.

Nel frattempo la M-teoria e le dimensioni extra si erano guadagnateun posto nel futuro della fisica teorica e della cosmologia. E quelfuturo sarebbe stato il tema di una conferenza tenuta per celebrare,nel 2002, i sessant’anni di Hawking.

Un traguardo importante

Ci mancò poco che la festa per i sessant’anni di Hawking non avesseluogo: pochi giorni prima, infatti, lo scienziato e la sua carrozzinafinirono contro un muro. In apertura della conferenza «Sessant’anni inun guscio di noce», il festeggiato si premurò tuttavia di

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sdrammatizzare: «Erano passati quasi 59,97 anni in un guscio di noce.Qualche giorno dopo Natale ho litigato con un muro, e ha vinto lui.Però l’Addenbrooke’s Hospital ha fatto un ottimo lavoro ed è riuscitoa rimettermi in sesto».14

C’era stato un momento in cui gli organizzatori della festa si eranofermati ed erano rimasti con il fiato sospeso, ma poi avevano saputoche Hawking stava lavorando al proprio discorso di compleanno dalletto dell’ospedale. A quella notizia, i preparativi si rimisero in moto.Nessuno dovette disdire, all’ultimo minuto, l’intervento della sosia diMarilyn Monroe, che avrebbe adulato lo scienziato sussurrandogli «Iwant to be loved by you…», né comunicare ai luminari della fisica inarrivo da tutto il mondo che avrebbero potuto tenere i loro discorsi,ma in assenza del festeggiato. La festa ebbe luogo. Hawking pensavache sessant’anni fossero un traguardo degno di essere celebrato; inun’intervista disse che a molte persone non piace diventare cosìvecchi, ma per lui era un successo: non avrebbe mai immaginato divivere così a lungo.

Fu un evento dalle molteplici sfaccettature. Ci fu una conferenzacelebrativa in cui vennero presentati contributi di alto livello, scrittidai giganti della fisica teorica e della cosmologia che si occupavano ditemi vicini a quelli di Hawking. Il pubblico venne invece ammesso auna giornata di lezioni divulgative. La vera festa ebbe luogo di sera, evide la partecipazione di ben duecento invitati. Ovviamente c’eraanche «Marilyn», ribattezzata da Hawking «modello dell’universo». Siesibì un coro composto dagli studenti presenti e passati delloscienziato e dalla sua prima moglie Jane, diretto dal nuovo maritoJonathan Hellyer Jones, con l’accompagnamento del chitarrista degliU2 The Edge. Nell’occasione venne intonato anche il celebre cantonatalizio inglese Good King Wenceslaus, con nuove parole scritteappositamente. «Non siamo andati troppo male» mi disse uno degli exstudenti. Durante uno degli eventi, nella hall del Caius, Martin Rees –all’epoca già lord Martin Rees, astronomo reale – parlò conentusiasmo del suo vecchio amico. Una festa nella hall del Trinity futeatro di un’improvvisa esplosione di colori e di musica, grazieall’ingresso trionfale di ballerine di can-can. C’erano anche le troupetelevisive di Channel 4, della BBC e della CBS americana; sul sito dellaBBC veniva trasmessa in tempo reale la conferenza di Hawking apertaal pubblico e la versione scomposta e terribilmente stonata – una

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delle tante di quell’evento – dell’Happy Birthday collettivo che seguì. Inseguito la BBC avrebbe mandato in onda tutte le lezioni pubblichesotto il titolo The Hawking Lectures.

I colleghi dello scienziato colsero l’occasione per prenderlo un po’in giro…

Martin Rees: «Gli astronomi sono abituati ai grandi numeri, mapochi sono davvero grandi quanto le probabilità che avrei offertoallora [quando Hawking era un dottorando a Cambridge] control’eventualità di assistere a questa meravigliosa celebrazione».15

Roger Penrose: «Sono molto felice di constatare che Stephen èufficialmente diventato un signore anziano, così potrà passarla lisciaquando farà delle affermazioni scandalose. Ovviamente le facevaanche prima, ma ora forse può permettersi un po’ più dispavalderia».16

Bernard Carr: «Ho sempre sospettato che, per aver fatto così tantescoperte importanti, dovesse esistere più di un solo Stephen Hawking.Vorrei augurare a tutti loro un buon sessantesimo compleanno!»17

Leonard Susskind: «Stephen, come tutti sappiamo, è di gran lunga lapersona più testarda ed esasperante dell’universo».18

Raphael Bousso: «È un piacere contribuire ai festeggiamenti per ilsessantesimo compleanno di Stephen Hawking (non da ultimo perchélui sa cosa vuol dire fare festa)».19

Gary Gibbons, lodando «il coraggio indomito e l’ottimismo audacedi Stephen»,20 citò Robert Browning: «Ah, ma l’uomo dovrebbe andaroltre ciò che può afferrare, o a cosa serve il paradiso?».

Michael Green ricordò i primi anni Settanta a Cambridge, quandoconobbe Stephen, e la cosmologia era tenuta talmente poco inconsiderazione da essere vista come «una sottobranca dell’astrologia,della quale non si parlava nemmeno!»21

Neil Turok parlò dell’«autentica “sete di vita”» di Hawking, «che lofa andare avanti contro ogni pronostico».22

Il regalo di compleanno di Kip Thorne fu la promessa che «irivelatori di onde gravitazionali LIGO, GEO, VIRGO e LISAverificheranno le predizioni sui buchi neri dei tempi d’oro, einizieranno a farlo ben prima che tu compia settant’anni».23

Gli articoli preparati per la conferenza del sessantesimocompleanno di Hawking fornirono una splendida visione d’insieme suquali traguardi avevano raggiunto la fisica teorica e la cosmologia nel

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2002 e su come era stato possibile realizzarli; quei risultaticostituivano, come suggerito dal titolo della conferenza stessa, untrampolino di lancio per il futuro. Quel compleanno riuscì a riunire lementi più brillanti del globo sui temi che più interessavano Hawking eche andavano a incrociarsi con il suo lavoro, ma fu ancheun’occasione per mettere insieme cervelli «storici» del settore egiovani carichi di energia, molti dei quali ex studenti di Hawking, cheavrebbero proseguito il discorso in futuro. Il tutto andò avanti perun’intera settimana… E perché no? Era una ricorrenza che nessuno,per molti di quei sessant’anni, si era aspettato di festeggiare. Il regalodi compleanno di Elaine fu un volo di trenta minuti a bordo di unamongolfiera appositamente studiata per ospitare lo studioso. QuandoHawking aveva sognato un volo del genere, al momento dellatracheotomia del 1985, lo aveva preso come simbolo di speranza.Compiuti i sessant’anni, sembrava proprio che quella fiducia fossestata ampiamente ripagata.

I colleghi di Hawking, così come tutti i presenti ai festeggiamenti,erano disposti ad accettare la versione dello scienziato secondo cuil’incidente era stato una cosa da nulla, ma la verità era un’altra.Mentre stava percorrendo con un’infermiera il vecchio marciapiedesconnesso di Malting Lane, vicino a casa, Hawking aveva perso ilcontrollo della carrozzina e si era andato a schiantare contro unmuro, ribaltandosi e rompendosi un’anca. Neel Shearer, il suoassistente, fece spallucce: «Era in ritardo per un appuntamento e stavacorrendo, come sempre, alla velocità di Hawking».24 Viste le suecondizioni precarie, lo scienziato non poteva farsi riparare la fratturain anestesia generale: dovette assistere a tutta l’operazione con il soloausilio dell’epidurale, riferendo poi di aver sentito «una specie ditrapano Black&Decker».25

Quel compleanno vide anche la pubblicazione di una raccolta diestratti che Hawking aveva selezionato con cura tra gli scritti diCopernico, Galileo, Keplero, Newton e Einstein. Corredò il libro di unbreve profilo biografico dei cinque grandi pensatori e di un propriocommento, dando vita a On the Shoulders of Giants.

Esplorando la radiazione cosmica

All’inizio del nuovo millennio, una nuova generazione di osservatori e

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di strumenti di osservazione si stava preparando per verificare, conuna precisione senza precedenti, le previsioni formulate dallacosmologia inflazionaria.26 Nella continua ricerca di una provasperimentale che potesse, o non potesse, convalidare le previsioniinflazionarie, l’attenzione si concentrò come prevedibile sulla CMBR,la radiazione cosmica di fondo a microonde, residuo del big bang. Lascoperta di George Smoot aveva dimostrato che in quella radiazione,nonostante fosse distribuita in modo così uniforme, la temperaturavariava da un punto all’altro. Nel 2000 le osservazioni tramite palloniaerostatici la analizzarono nel dettaglio in corrispondenza di certipunti del cielo; nel 2001 anche il telescopio del Polo Sud DASIraccolse risultati analoghi.

Nel giugno del 2001 la NASA lanciò WMAP, la sonda spazialeWilkinson per misurare l’anisotropia delle microonde, frutto di unacollaborazione tra il Goddard Space Flight Center e l’università diPrinceton. La sua missione: mappare la CMBR più precisamente diquanto non fosse mai stato possibile. WMAP era in grado di rilevaredifferenze di temperatura di appena un milionesimo di grado, etrattandosi di un satellite, anziché di uno strumento posto a terra,poteva effettuare misurazioni in tutto il cielo. La speranza era cheWMAP avrebbe messo fine, una volta per tutte, a molte dellecontroversie sorte negli ultimi decenni sulle proprietà fondamentalidell’universo, ossia età, forma, tasso di espansione, composizione edensità. Diverse versioni della teoria inflazionaria raccontavano storieleggermente differenti su come si fosse verificata di precisol’inflazione e sugli andamenti delle variazioni di temperatura che sidovrebbero riscontrare misurando la CMBR in punti diversi.27 Ora ci siaspettava che i dati raccolti dalla sonda WMAP aiutassero gliscienziati a testare i vari scenari.28

Nel febbraio del 2003, WMAP si stava dimostrando assolutamenteall’altezza delle aspettative. I dati avevano permesso agli scienziati distabilire con esattezza, dopo un dibattito durato svariati decenni, l’etàdell’universo – 13,7 miliardi di anni – e anche il momento in cui lospettro della CMBR venne «congelato» – 380.000 anni dopo il bigbang. I risultati di WMAP mostrarono che lo spazio è piatto e diederoragione a quanti asserivano che gran parte dell’energia nell’universodi oggi fosse «energia oscura». Le misurazioni indicarono inoltre chetutte le variazioni di temperatura e di densità osservate nella CMBR

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(le stesse che avevano posto le basi per la formazione delle galassie)presentavano all’incirca la stessa ampiezza, indipendentemente dallalunghezza; inoltre, tutte le forme di energia riportavano la medesimavariazione, e la distribuzione delle variazioni stesse era di tipo casuale– proprio come previsto dal modello inflazionario standard del bigbang.29

Nonostante ciò, dalla prima pubblicazione, nel febbraio del 2003,dei dati raccolti da WMAP, restavano ancora dei quesiti irrisolti.Mancava una prova fondamentale: la teoria dell’inflazione elaboradelle previsioni su come dovrebbero risultare, nella radiazionecosmica, gli andamenti e le caratteristiche delle onde gravitazionalioriginatesi con il big bang. WMAP invece non aveva ancora trovatotraccia di queste impronte di onde gravitazionali, e nemmeno sisapeva con certezza se l’energia oscura fosse dovuta all’«energia delvuoto» – la costante cosmologica – o «quintessenza». È interessantenotare come le osservazioni che meglio si conciliavano con lacosmologia inflazionaria si adattassero anche a un modello ciclico incui l’universo si espandeva a partire da un big bang, poi si contraevadi nuovo in un big crunch, e infine riemergeva in un altro big bang,seguendo un’ipotesi di ciclo continuo che incontrava il favore di NeilTurok e Roger Penrose.30

Rallentare il ritmo?

Hawking si affacciò per l’ennesima volta sul mondo della culturapopolare nella primavera del 2003, quando accettò di partecipare auna gag del programma televisivo americano Late Night with ConanO’Brien. Jim Carrey, ospite in studio, si mise a discutere di cosmologia,e a un certo punto sentì squillare il telefono. Era Stephen Hawking,che gli diceva di non darsi troppa pena: «Con quelle teste di rapa chesi ritrovano, non ci arriverebbero mai». Subito dopo lo scienziato siscusò: non poteva restare al telefono perché stava guardando il film diCarrey Scemo & + scemo, ed era sbalordito da «tanta genialità».

I viaggi che Hawking aveva in programma quell’anno lo portaronopiù volte in giro per tutto il mondo: trascorse un mese al MitchellInstitute for Fundamental Physics presso la Texas A&M University,partecipò a un congresso sull’inflazione cosmica all’università dellaCalifornia, Davis, si recò in Svezia per ritirare dall’Accademia reale

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svedese delle scienze l’Oskar Klein Medal e per partecipare a unsimposio Nobel sulla cosmologia e la teoria delle stringhe; in seguitotornò in America per fermarsi due mesi al Caltech e all’universitàdella California, Santa Barbara, quindi ripartì per la Case WesternReserve University di Cleveland, Ohio.

Di fronte a un’agenda del genere, il timore dei colleghi che StephenHawking stesse rallentando il ritmo sembrava infondato, ma lapreoccupazione riguardava anche la possibilità che il cosmologo nonfosse più all’apice delle sue facoltà intellettuali. In un sondaggiocondotto tra i fisici, al volgere degli anni Novanta, su quali fossero icolleghi più influenti, il nome di Hawking era ben lontano dai primiposti della classifica. Lo scienziato utilizzava il piccolo congegno cherispondeva alla debole pressione della sua mano con difficoltà elentezza crescenti. Un modo per ovviare alla spiacevole situazione erachiedere aiuto a uno studente ricercatore. Questa volta Hawking scelseun ragazzo di nome Christophe Galfard. La procedura sarebbe stataquella, da parte di Hawking, di considerare un problema e suggeriredei possibili approcci a Galfard, il quale si sarebbe poi concentrato suidettagli matematici per scoprire se le intuizioni dell’astrofisico fosserocorrette e portassero da qualche parte.

Galfard ricorda che gli servì un po’ di tempo per prendere il ritmo.Le idee di Hawking piovevano molto più in fretta della velocità a cuilui riusciva a gestirle. Con parole che incoraggerebbero chiunqueabbia letto gli articoli di Hawking e faticato per capirli (mecompresa), una volta Galfard rispose a un giornalista: «Nel primoanno e mezzo mi ci volevano sei mesi per capire una frase. Ero unsemestre indietro rispetto a quello che mi diceva e recuperavo poco apoco. È stata dura».31

Nel tentativo di accelerare le cose, Galfard si prese una libertà cheraramente altri si erano concessi: terminare le frasi al posto diHawking quando era chiaro che cosa volesse dire ma faticava atrovare le parole. In passato capitava spesso che lo scienziato andassedritto per la sua strada, completando da solo le frasi anche se isuggerimenti degli altri erano corretti, ma con Galfard decise divelocizzare le cose. Il ricercatore sfruttava inoltre la capacità diHawking di dire «sì» o «no» in base a un lieve movimento del viso,invece di aspettare che trovasse le parole sullo schermo. Guardando ifilmati dei due che comunicano, non si può fare a meno di chiedersi

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come abbia fatto Galfard a evitare un brutto torcicollo, visto che simuoveva di continuo avanti e indietro cercando sia di guardare drittonello schermo del computer sia di sporgersi per studiare il volto diHawking. Aveva un bel da fare…

Nel 2003, un giovane fisico argentino di nome Juan MartínMaldacena, dell’Institute for Advanced Studies di Princeton,finalmente diede alle idee di Leonard Susskind per spiegare ilparadosso dell’informazione un rigoroso trattamento matematico chesembrava risolvere la questione a suo favore.32

Durante un convegno a Santa Barbara, al momento di quello cheavrebbe dovuto essere il discorso del dopocena, Jeff Harvey stupì tutticon un inno di vittoria: la «Maldacena». Venne presentata sulle note diuna canzone latinoamericana diventata famosa a metà degli anniNovanta, la «Macarena», e ogni breve verso terminava con «Heeeei,Maldacena!».33 Il pubblicò si lasciò andare con gioia a canti e balli,festeggiando così il salvataggio della fisica dall’orco del paradossodell’informazione. Susskind dichiarò la fine della guerra. Precisò chesarebbe già dovuto succedere molto tempo prima, ma secondo luiHawking era come «uno di quegli sfortunati soldati che vagano nellagiungla per anni, senza sapere che le ostilità sono finite».34 Anche secresceva l’accordo sul fatto che Hawking si sbagliasse, Kip Thornerimase al suo fianco. Hawking non aveva cambiato idea, non ancora.

Chiese a Galfard di studiare l’articolo di Maldacena sul paradossodell’informazione. Aveva deciso che l’unica strategia efficace sarebbestata quella di un attacco frontale contro quella pubblicazione capacedi convincere la gente che lui aveva torto. Non era un compito facile.Dopo averci lavorato sopra un anno e mezzo, Galfard ancora nonriusciva a stabilire se l’informazione andasse persa nei buchi nerioppure no.

Il primo dicembre del 2003, Hawking venne portato d’urgenzaall’ospedale in seguito a un attacco di polmonite. In condizioniprecarie per diverse settimane, mentre alcuni lo davano già perspacciato, lo scienziato non sprecò il tempo. Lo impiegò a rifletteresui buchi neri, deciso a trovare un approccio nuovo al paradossodell’informazione. La guarigione fu lenta, ma dopo essere statodimesso nel 2004, verso la fine dell’inverno, iniziò a discutereseriamente con Galfard le idee sorte durante quei difficili mesi diconvalescenza. Dopo aver trascorso «ore e ore a lavorare fino a tardi e

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nel fine settimana, di giorno, di notte, sempre»,35 Hawking sentìfinalmente di essere pronto a riemergere dal tranquillo rifugio del suoufficio e a scendere sul campo di battaglia.

Il convegno di Dublino

Nella primavera del 2004, Hawking tenne un seminario a Cambridgeper presentare in anteprima alcune sue nuove idee, annunciando divolersi in seguito rivolgere ai suoi colleghi fisici nel corso di unconvegno di grande rilievo. A luglio, nella città di Dublino, era inprogramma proprio un appuntamento del genere: il XVII convegnointernazionale sulla relatività generale e la fisica gravitazionale.Hawking contattò il presidente del comitato scientifico, Curt Cutler,per chiedere di essere inserito nell’elenco dei relatori, dicendo: «Horisolto il paradosso dell’informazione dei buchi neri e ne vorreiparlare».36 Non era una richiesta da poco, perché l’articolo diHawking arrivava in ritardo: agli altri partecipanti era stato chiesto diconsegnare titolo e riassunto entro il 19 marzo, data in cui loscienziato era appena stato dimesso dall’ospedale. Non sarebbe statainviata nemmeno una versione in anteprima dell’articolo, ma lalevatura del suo autore era tale da valergli uno spazio di un’oraall’interno del programma congressuale.

L’eccitazione che la comparsa di Hawking continuava a suscitarenei media e nel pubblico dimostrava che il suo status di celebritàinternazionale non era ancora sbiadito. Pare che un’agenzia dipubbliche relazioni responsabile di controllare l’accessoall’auditorium abbia presentato un conto da quattromila sterline, tuttemeritate quando reporter e fan dello scienziato diedero l’assalto alleporte d’ingresso. In un attimo i fortunati che potevano esibire iltesserino da giornalista si allinearono lungo i corridoi, sistemandomacchine fotografiche, telecamere e tutto il necessario per le riprese.

Meno entusiasmo aleggiava invece tra i colleghi di Hawking, sedutia buon diritto nel salone in qualità di invitati. Non sapevano che cosaaspettarsi. Un’esplosione di flash accolse Hawking mentre avanzavacon gelida e inesorabile solennità lungo il corridoio per poi accederealla rampa che portava al palcoscenico della sala concerti della RoyalDublin Society. Alcuni pensavano che avrebbe rilasciato qualchedichiarazione spavalda con cui ribadire quello che sosteneva da più di

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vent’anni, cioè che l’informazione veniva persa nei buchi neri. Altriprevedevano che quel genio sul viale del tramonto avrebbericonosciuto dimessamente la sconfitta. Kip Thorne, sempre schieratoal fianco di Hawking sulla questione per tutti quegli anni, JohnPreskill, in disaccordo con lui, Petros Florides, che presiedeva ilconvegno, e infine Christophe Galfard attendevano sul palco, di frontea una schiera di telecamere pronte a riprendere l’evento. Non era ungiorno qualunque di un convegno qualunque.

Solo Galfard e Thorne sapevano che Hawking era sul punto dicompiere uno dei suoi famosi dietrofront, anche se non nel modoatteso da tutti. Non aveva alcuna intenzione di darla vinta a Susskinde a Maldacena: certo, l’idea su cui si era intestardito per oltrevent’anni era sbagliata, ma neppure loro due avevano risolto ilproblema. Ci avrebbe pensato lui stesso. Aveva trovato un’altramaniera per aggirare il paradosso dell’informazione.

L’incontro iniziò con una battuta di Petros Florides: pur essendorisaputo, disse, che nessuna informazione poteva viaggiare più velocedella luce, la regola sembrava non valere quando si trattava dellavelocità con cui si diffondeva nel mondo la notizia di un’imminenteapparizione di Hawking.

Hawking aveva preso l’abitudine di iniziare le conferenze chiedendocon la sua calma voce meccanica: «Mi sentite?». Si presumeva che, senon fosse stato così, nemmeno ci sarebbe stata risposta, e le reazionierano in genere un mormorio condiscendente o delle acclamazioni.

Dopo il classico esordio, lo scienziato iniziò a esporre il problema ea ripercorrere la storia del paradosso dell’informazione a partire dallametà degli anni Sessanta, quando si scoprì che tutte le informazioniinerenti a un corpo che collassa e forma un buco nero vengonoperdute dalla regione esterna, a eccezione di tre fattori: massa,momento angolare e carica elettrica. John Wheeler fece riferimento aquesta scoperta osservando che «i buchi neri non hanno peli», motivoper cui si parla di «teorema dell’assenza di peli».

Fino a quel punto, non c’erano problemi per quanto riguardava laconservazione dell’informazione: un buco nero classico sarebbedurato per sempre intrappolando queste informazioni al suo interno:sarebbero state inaccessibili, è vero, ma sarebbero comunque rimastelì. Il problema era emerso quando Hawking aveva scoperto che glieffetti quantistici avrebbero prodotto una radiazione costante, la

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famosa radiazione di Hawking, la quale non porta con séinformazioni su cosa abbia prodotto il buco nero o su cosa ci siacaduto dentro. Anche qui nessun problema, finché non ci si accorgeche, nel corso di questo processo, il buco nero finirebbe per evaporaree sparire del tutto. E a quel punto che cosa accadrebbeall’informazione intrappolata? Sembrava che l’unica soluzione perevitare che questa informazione andasse perduta fosse la presenza,nella radiazione di Hawking, di lievi variazioni capaci di riflettere ciòche era cascato nel buco nero. Nessuno aveva scoperto il modo in cuitali variazioni potevano originarsi, sebbene molti fisici fosseroconvinti che dovesse per forza esistere. I calcoli di Hawking, tuttavia,dimostravano che la radiazione era esattamente termica, casuale epriva di caratteristiche distintive.37

Nel caso in cui qualcuno dei presenti al convegno si stessechiedendo se un universo neonato che si diramava da un buco neropotesse essere la soluzione del paradosso, Hawking si premurò difornire un aggiornamento:

Dentro a un buco nero non c’è, come pensavo una volta, un universo neonato. L’informazione resta benancorata nel nostro universo. Mi dispiace deludere gli appassionati di fantascienza, ma se l’informazione siconserva non esiste la possibilità di viaggiare verso altri universi. Se saltate dentro un buco nero, la vostramassa-energia verrà restituita al nostro universo, ma in una forma stravolta, la quale conterràl’informazione su come eravate presentandola però in uno stato irriconoscibile.38

Qualcuno, a quelle parole, deve aver drizzato le orecchie. Hawkingstava forse per dire che, dopotutto, la sua radiazione poteva essere unveicolo di fuga? E quindi che, come nell’esempio del libro bruciato, daessa si poteva almeno in linea di principio recuperare l’informazionenascosta in un buco nero?

La nuova soluzione al problema proposta da Hawking aveva inrealtà a che fare con qualcos’altro, ossia con la possibilità che unbuco nero potesse avere più di una geometria (topologia) allo stessotempo. L’informazione non restava imprigionata perché non siformava un vero orizzonte degli eventi.

Christophe Galfard ricorda che il discorso di Hawking sembròlasciare gran parte del suo pubblico «molto perplesso». Girava voceche l’intervento del cosmologo fosse stato «ricco di affermazioni forti,ma povero di matematica… in fondo non così convincente… perlopiùfumo negli occhi». Così commentò Kip Thorne: «Di primo impatto misembra un buon argomento, ma non ho ancora visto tutti i dettagli»,39

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aggiungendo che avrebbe dovuto dedicare del tempo all’articolo diHawking prima di decidere se lo scienziato avesse o no ragione. RogerPenrose non era persuaso: «Mi sembra che gli indizi per ritenere chel’informazione vada persa siano molto forti, ed è poi il pensierooriginario di Stephen. A Dublino ha ritrattato pubblicamente. A mioparere, farlo è stato un grosso errore. Avrebbe dovuto restare sulle sueposizioni».40

Hawking, pur avendo espresso l’intenzione di corroborare la suaidea con una dimostrazione matematica, era già abbastanza convintodelle conclusioni a cui era giunto da ammettere di aver perso lascommessa fatta a suo tempo con Kip Thorne e John Preskill delCaltech. La scommessa recitava:

Poiché Stephen Hawking e Kip Thorne credono fermamente che l’informazione inghiottita da un buconero resti per sempre nascosta all’universo esterno, e che non venga mai rivelata anche se il buco neroevapora e sparisce completamente,

e poiché John Preskill crede fermamente che un meccanismo per il rilascio dell’informazione da partedel buco nero in evaporazione debba essere individuato, e lo sarà, all’interno di una corretta teoria dellagravità quantistica,

Preskill scommette, e Hawking/Thorne accettano, che:quando un iniziale stato quantico puro subisce un collasso gravitazionale che porta a un buco nero, lo

stato finale al termine dell’evaporazione del buco nero sarà sempre uno stato quantico puro.Il/i perdente/i ricompenserà/anno il/i vincitore/i con un’enciclopedia a scelta del vincitore, dalla quale

l’informazione può essere recuperata quando si desidera.

Il documento era stato sottoscritto da tutti e tre gli scienziati, nel casodi Hawking con l’impronta del pollice, e datato 6 febbraio 1997,Pasadena, California.

Hawking terminò il discorso dicendo: «Darò a John Preskilll’enciclopedia che mi aveva chiesto. John è un americano doc, quindiè normale che voglia un’enciclopedia del baseball. Ho avuto moltedifficoltà a trovarne una qui, perciò gli ho offerto come alternativaquella del cricket, ma non sono riuscito a convincerlo dellasuperiorità di questo sport. Per fortuna il mio assistente, AndrewDunn, ha convinto l’editore Sportclassic Books a inviare una copia diTotal Baseball. The Ultimate Baseball Encyclopedia a Dublino. Ora glielaconsegnerò. Se anche Kip accetta la sconfitta, dopo ci mettiamo aposto».

Thorne però non era convinto che Hawking, o chiunque altro,avesse risolto il problema del paradosso dell’informazione.L’enciclopedia fu portata sul palco, e John Preskill la sollevò sopra latesta come se avesse fra le mani il trofeo di Wimbledon.

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In seguito Hawking avrebbe commentato l’episodio nel corso di unalezione tenuta al Caltech il gennaio seguente, nel 2005: «Il paradosso[della perdita d’informazione] veniva discusso senza progressisignificativi da trent’anni, finché ho scoperto quella che ritengo esserela sua soluzione. L’informazione non va persa, ma non viene restituitain maniera utile. È come bruciare un’enciclopedia. L’informazione nonsi perde, ma è molto difficile da leggere. Ho dato a John Preskillun’enciclopedia del baseball. Forse avrei dovuto dargli soltanto lacenere».41

Hawking aveva promesso di fornire ai suoi colleghi una spiegazionepiù esauriente. Sarebbe arrivata, sotto forma di articolo, nell’ottobredel 2005.

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«Il nonno ha le ruote»

La BBC mandò per la prima volta in onda il film per la televisioneHawking nell’aprile del 2004, quando lo scienziato era stato da pocodimesso dall’ospedale e si stava preparando a dare battaglia sul temadel paradosso dell’informazione. Non si trattava di una vera biografia,quanto della toccante rappresentazione di due anni cruciali per la suavita: quelli in cui aveva ricevuto la diagnosi di SLA, incontrato JaneWilde e lavorato sui teoremi della singolarità per la sua tesi. Con ilfilm venne mandato di nuovo in onda un documentario del 2002,Stephen Hawking. Profile. Si calcola che gli spettatori siano statiquattro milioni.

Hawking contribuì alla stesura della sceneggiatura definitiva eBenedict Cumberbatch, interprete del giovane Stephen Hawking, siimpegnò per studiare con attenzione i primi sintomi della SLA. Il filmsi basava in parte sull’autobiografia di Jane, la quale inizialmenteguardò il video a spezzoni e trovò poco da ridire. «[Cummerbatch] èstato sorprendente. Ha lavorato davvero molto per concentrarsi sucome progredisce esattamente la malattia dei motoneuroni, e mi harestituito un ricordo molto forte di quel periodo. Penso però che laragazza che mi impersonava fosse molto più irascibile di me. Io sonosempre stata molto determinata, ma anche piuttosto timida. Dunque,sotto questo aspetto, diverse delle cose che compaiono nel film nonsono storicamente accurate.» In ogni caso, Jane sentiva che il film siavvicinava allo spirito di quegli anni. «Ricordo bene quel senso dieuforia attorno a noi, la consapevolezza di stare compiendo qualcosadi eccezionale… La convinzione che, malgrado le avversità, tuttosarebbe stato possibile.»1

Hawking non dava segni di cedimento nei sondaggi di popolarità. Inun’indagine del 2004, condotta su un campione di cinquecentoragazzi inglesi fra i sedici e i diciotto anni, lo scienziato risultò ilsecondo modello di riferimento preferito dopo il campione di rugbyJonny Wilkinson; ancora una volta era stato battuto da uno sportivo,

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come accaduto in Giappone. Hawking non stava nemmenorallentando il ritmo dei viaggi e delle conferenze, tanto che sulla suaagenda del 2005 si leggeva: gennaio, Caltech e università dellaCalifornia, Santa Barbara; febbraio, Washington DC e Oxford; marzo,Spagna; giugno, Hong Kong; ottobre, Germania; novembre, di nuovoCalifornia e poi Seattle.

Durante la visita di gennaio al Caltech, Hawking propose di tenereuna conferenza destinata soltanto agli studenti universitari. Il temasarebbe stato la sua vita nel mondo della fisica e il titolo avrebberichiamato un pezzo della frase di apertura con cui iniziavano tutti gliepisodi in lingua originale della serie Star Trek: «To Boldly Go»(procedere con audacia).

Nel mese di febbraio si recò a Washington con la moglie Elaine perricevere la James Smithson Bicentennial Medal. Lo SmithsonianInstitution aveva organizzato, con l’aiuto di Jim Hartle, unaretrospettiva sulla vita di Hawking: «Stephen Hawking’s AlternateUniverse», l’universo alternativo di Stephen Hawking. Hartle presentòil suo vecchio amico in tono entusiastico: «Il suo lavoro è statocaratterizzato da grande precisione matematica e straordinariainventiva fisica. Praticamente una sorpresa continua».2 Hartle citò leparole di Hawking sul percorso professionale da lui seguito: «Magaripensate che avessi in testa chissà quale grandioso progetto peraffrontare i notevoli problemi che riguardano l’origine e l’evoluzionedell’universo. No, non è andata proprio così. Non avevo un pianopremeditato: ho seguito l’intuito e ho fatto qualsiasi cosa che almomento mi sembrasse possibile e interessante».3

Sempre in quell’occasione, Hawking tornò sulla possibilità di unavita extraterrestre intelligente, e la sua conferenza iniziò sulle note diun brano chiaramente pensato per ricordare la colonna sonora di StarWars. «Per vita intelligente, non intendo soltanto la vita umanoidebasata sul DNA come quella che si vede in Star Trek» disse riferendosia qualcosa di decisamente simile a noi. «La gamma di forme di vitapossibili nell’universo è molto più ampia e include i sistemi elettronicicome i computer.»4 Criticò l’immagine delle civiltà aliene ritratte inStar Trek come troppo statiche. Anche se la sensazione era che la loroscienza e la loro tecnologia fossero più avanzate di quelle al momentodisponibili all’uomo, alcune delle creature aliene sembravano averraggiunto uno stato di semiperfezione, senza prospettive future di

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ulteriore evoluzione. «Non credo nel quadro presentato da Star Trek.Non raggiungeremo mai uno stadio definitivo, la fine dell’evoluzione.Al contrario, continueremo a cambiare a una velocità sempremaggiore.»5

Durante la visita a Oxford, Hawking avrebbe tenuto la terza di unaserie di conferenze in onore del suo vecchio mentore, Denis Sciama. AOviedo, in Spagna, l’astrofisico partecipò ai festeggiamenti per ilventicinquesimo anniversario dei premi Principe delle Asturie,riconoscimenti all’impegno scientifico, tecnico, culturale, sociale eumanitario in ambito internazionale.

Tutti questi viaggi e impegni sarebbero bastati a spossare unapersona perfettamente sana. Per Hawking, persino adesso che avevasuperato la soglia dei sessanta, sembravano invece esaltanti.Nonostante il continuo andirivieni, lo scienziato non rallentò neppurel’attività di scrittore per il grande pubblico: nell’ottobre del 2005pubblicò una nuova versione del suo primo bestseller, intitolandoloquesta volta La grande storia del tempo e avvalendosi dellacollaborazione del fisico Leonard Mlodinow. Era una variante piùbreve e più semplice di Dal Big Bang ai buchi neri, ricca di bellissimeillustrazioni e di importanti aggiornamenti. In quello stesso annoHawking iniziò a curare una raccolta di materiale storico sullamatematica, con relative biografie degli autori, da pubblicare nel2006. Si sarebbe intitolato God Created the Integers.

Di tanto in tanto, tra una conferenza e un incontro con i media, loscienziato continuava a rilasciare commenti che poco o nienteavevano a che vedere con la cosmologia. La bassa opinione neiconfronti dei politici era sempre più evidente. Nel novembre del 2004,durante una manifestazione contro la guerra a Trafalgar Square,definì l’invasione americana dell’Iraq nel marzo del 2003 un «criminedi guerra».6 Nel 2005, quando George W. Bush propose di mandare dinuovo degli astronauti sulla Luna, Hawking commentò dicendo che«mandarci i politici costerebbe di meno, perché non ci sarebbebisogno di riportarli indietro».7 Rimproverò anche chi si opponevaalla ricerca sulle cellule staminali: «Il fatto che le cellule possanoappartenere a embrioni non è un ostacolo, perché quegli stessiembrioni morirebbero comunque. Moralmente equivale a trapiantareil cuore della vittima di un incidente d’auto».8

Nel maggio del 2005 tornò a occuparsi di tematiche più leggere:

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ancora i Simpson. Questa volta, in un episodio dal titolo Homer fratetti e Tettone, faceva annunciare a se stesso di essersi trasferito aSpringfield, dove aveva comprato una pizzeria. Cercava di far recitareal suo computer lo slogan aziendale, ma quello si incantava econtinuava a ripetere «pizza, pizza». Perché riprendesse a funzionare,Hawking lo colpiva, cosa che nella vita reale non potrebbe fare. Nelcorso dell’episodio, lo scienziato salvava la salute mentale di Homer(se non è un ossimoro questo…) spiegandogli che era per colpa di uno«strappo» nello spazio-tempo e di un piccolo buco nero, conconseguente effetto di lente gravitazionale, se lui era l’unico a potervedere uno degli altri personaggi dell’episodio. Hawking comparveanche nel film-documentario Alien Planet nella veste di consulente.

Il 22 agosto 2005, l’articolo lungamente atteso con cui Hawkingaveva promesso di esporre con chiarezza e nel dettaglio la suasoluzione al paradosso dell’informazione raggiunse finalmente la«Physical Review», che lo pubblicò nel numero del 18 ottobre. Eralungo soltanto tre pagine e mezzo, e conteneva appena tre equazioni.Hawking utilizzò la somma sulle storie di Feynman e la applicò, comegià aveva fatto, all’universo. Mentre sviluppava la sua ipotesidell’assenza di confini con James Hartle, aveva studiato le diversestorie che l’universo poteva aver avuto, e calcolò quale fosse piùprobabile delle altre. Ora, allo stesso modo, stava chiedendo ai suoilettori di immaginare tutte le possibili storie degli universi. In alcuneci sarebbero stati i buchi neri, in altre no; nelle prime l’informazionesarebbe andata perduta, nelle seconde no. La soluzione di Hawkingdipendeva dal fatto che le storie dell’universo dove esistevano i buchineri sarebbero state annullate da quelle dove invece erano assenti, conil risultato che l’informazione non sarebbe scomparsa perché, tantoper cominciare, non ci sarebbero stati buchi neri in cui rimanereintrappolata. Aspettando abbastanza a lungo, solo le storie senzabuchi neri sarebbero state significative. L’informazione, alla fine, sisarebbe conservata.

Alla luce delle due spiegazioni di Hawking e di una precedenteferma obiezione contro l’idea che l’informazione venisse restituitatramite radiazione di Hawking, sorprende scoprire che, non moltotempo dopo la pubblicazione di quell’articolo, lo scienziato utilizzòuna soluzione del tutto diversa. Lo fece, ricorrendo anche allaradiazione di Hawking, in uno dei libri per ragazzi scritti con la figlia

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Lucy in collaborazione con Christophe Galfard, La chiave segreta perl’universo.9 È inoltre interessante notare come il suo approcciodeduttivo, che discuteremo in seguito, non si concili facilmente con lasoluzione proposta nel 2005. Molti dei colleghi di Hawking rimaseroscettici, chiedendosi come mai preferisse la propria soluzione a quelladi Leonard Susskind e di Maldacena. Forse il motivo risiedeva nelfatto che, avendo presentato per primo il problema, si sentiva indovere di essere anche il primo a risolverlo.

Hawking e Galfard spiegarono il ritardo nella consegna dell’articolocon la crescente difficoltà dello scienziato a utilizzare il congegnomanuale. Sotto quel punto di vista, il 2005 fu un anno sconfortante.La velocità alla quale Hawking riusciva a comunicare aveva iniziato adiminuire dal 2000, finché le sue mani diventarono troppo deboli perpremere sul dispositivo. Lo sostituì con l’Infrared/Sound/Touch (IST)switch, un interruttore messo a punto dalla Word+ che gli venneinstallato sulla montatura degli occhiali. Il raggio infrarosso puòessere controllato tramite il battito delle ciglia o il movimento dellaguancia, modalità, quest’ultima, con cui Hawking lo utilizza nel 2011.

L’agenda di viaggio del 2005 non si concluse secondo i piani:preannunciava Seattle, ma lo scienziato non ci arrivò. La mattina,poco prima della partenza da Oakland, in California, qualcosa andòstorto e Hawking «per poco non morì. Dovettero rianimarlo, e alcunepersone andarono nel panico. Ma non era la prima volta checapitava».10 Hawking rimase a Oakland e parlò con Seattle invideoconferenza.

L’episodio non lo aveva scoraggiato: nel 2006 lo scienziatoprevedeva di andare in Francia, Spagna, Cina e anche in Israele,dov’era già stato nel 1988 con Jane per ricevere il premio Wolf.Questa volta però disse che non avrebbe accettato l’invito a meno dinon poter condividere parte della sua visita e della conferenza con ipalestinesi. Venne accontentato. Una volta sul posto, Hawkingaggiunse una voce alla sua lunga lista di battute, osservando che lamancanza di anonimato quando viaggiava era uno degli svantaggidella celebrità, peggiore nel suo caso che in altri: «A me non bastaindossare degli occhiali scuri e una parrucca. La carrozzina mitradisce».11

La prestigiosa Copley Medal conferitagli a novembre dalla RoyalSociety aveva però viaggiato ancora più del suo destinatario:

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l’accademia inglese era infatti riuscita a far sì che l’astronauta PiersSellers la portasse con sé nello spazio prima che venisse consegnata aHawking.

Nel frattempo il matrimonio con Elaine finì in un divorzionell’estate del 2006. Hawking si astenne dai commenti e la suaassistente personale, Judith Croasdell, tenne alla larga i giornalisti incerca di dichiarazioni dicendo: «È troppo occupato. I vostri sonointerventi veramente fastidiosi. Non abbiamo tempo per queste cose…Non ci interessano i pettegolezzi in corso».12

Mentre continuavano le osservazioni di WMAP, gli studiosi in attesadei risultati che li avrebbero aiutati sia a capire la teoriadell’inflazione sia a risolvere altre questioni non rimasero con le maniin mano. C’erano nuovi modelli dell’inflazione che andavano oltre lesolite quattro dimensioni del nostro universo. Nel 2000, Hawkingaveva menzionato il possibile ruolo delle p-brane nell’inflazione.Anche Alan Guth, padre fondatore della teoria inflazionaria, stavastudiando la possibilità dell’inflazione nei modelli dei «mondi brana».Nel 2006 Natalia Shuhmaher e Robert Brandenberger della McGillUniversity di Montreal presentarono un modello nel quale era un gasincandescente di brane a produrre l’inflazione. Secondo l’idea deglistudiosi, tutte le dimensioni spaziali erano all’inizio estremamentecompatte, con le dimensioni ulteriori (rispetto alle normali tre) cherisultavano compresse insieme in un cosiddetto «orbifold». Agli alboridell’universo, il gas di brane si espandeva e la sua densità energeticadiminuiva finché le tre dimensioni spaziali a noi familiarisperimentavano un periodo di inflazione.13

Hawking rimase nella grande e confortevole casa costruita con laseconda ex moglie. Per la prima volta dall’inizio del primomatrimonio, adesso viveva da solo, seppur sotto la vigile sorveglianzadelle infermiere. Si era riavvicinato a Jane, ai figli e ai nipoti, rapportitrascurati negli ultimi quindici anni soprattutto durante lo spiacevoleperiodo dei presunti maltrattamenti, quando lo scienziato avevarifiutato di rispondere alle preoccupate domande dei familiari.Sembrava che tutti avessero scelto di lasciarsi alle spalle quel difficilecapitolo delle loro vite.

Alti e bassi di una teoria

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Benché nel 2011 il teorico delle stringhe Brian Green abbiaannunciato al pubblico, durante una conferenza a Cambridge, che iteorici delle stringhe sono «felici come maiali nella merda», non erasempre stato così. Negli anni precedenti al colorito commento, apartire dal secolo precedente, il porcile non sembrava tanto allettante.Già nel 1986 i teorici delle stringhe avevano capito che i diversi modiin cui le dimensioni extra potevano arrotolarsi erano tremendamentenumerosi,14 e questo era ritenuto un grave limite. Lo stesso anno,tuttavia, Andrei Linde tirò su di morale i colleghi ribadendo nel suoprimo articolo sull’inflazione eterna che quella molteplicità di tipi dicompattificazione (arrotolamenti) «non dovrebbe essere considerataun vizio quanto piuttosto una virtù di queste teorie, poiché aumentala probabilità che esistano dei miniuniversi nei quali potrebbecomparire una forma di vita del nostro tipo».15

Nel 1997 c’era stato un momento di entusiasmo, quandoMaldacena, allora a Harvard, aveva presentato l’idea nota comedualità AdS-CFT (Anti de Sitter; teoria di campo conforme), la qualesuggeriva un legame tra la teoria quantistica dei campi convenzionalee un certo tipo di teoria delle stringhe. Si ricordi che le dualità sonosituazioni in cui due teorie molto diverse, a volte addirittura inapparente contraddizione, descrivono entrambe e con precisione lastessa cosa. L’idea di Maldacena era una congettura non dimostrata,ma prometteva di fornire un’autentica base matematica alla teoriadelle stringhe, motivo per cui ne influenzò fortemente gli sviluppifuturi. La «corrispondenza AdS-CFT» presentava inoltre implicazionisignificative per il rapporto tra teoria delle stringhe e mondi brana,16 eHawking pensò che l’idea avesse qualcosa da offrire anche in meritoal paradosso dell’informazione, avvalorando l’ipotesi che non andasseperduta.17

Poi però, ecco un’altra batosta. Nel 2000, Joe Polchinskidell’università della California, Santa Barbara, e Raphael Boussodell’università della California, Berkeley, scoprirono che le equazionidi base della teoria delle stringhe avevano un numero veramenteastronomico di soluzioni possibili, ognuna delle quali rappresentavaun diverso modo per descrivere un universo. Ci volle un po’ prima chequalcuno riuscisse a capire se fra queste configurazioni ce ne fosseuna stabile, problema infine risolto nel 2003. Il numero delleconfigurazioni possibili ammontava a 10500. Il problema era che erano

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così tante da rendere impossibile dimostrare se la teoria delle stringhefosse vera o falsa: praticamente, qualsiasi risultato sperimentale sisarebbe dimostrato in accordo con essa e, come vi ricorderete dalcapitolo 2, per una teoria non si tratta certo di una buona notizia.

Fu di nuovo Andrei Linde a salvare la situazione, sottolineando chequello in realtà non era un dato così tragico. Anzi, la teoriadell’inflazione eterna prevedeva proprio uno scenario del genere.

Diamo prima un’occhiata al problema… o al non-problema… delleconfigurazioni, dei diversi possibili modi in cui le dimensioni extrapossono arrotolarsi.

Un universo per ogni configurazione

Quando emerge un nuovo universo, non tutte le dimensioni spazialipreviste dalla teoria delle stringhe subiscono l’inflazione. Alcunerestano invisibili, ma giocano un ruolo importante nel decidere qualeforma il nuovo universo andrà ad assumere. Gli studiosi stavanoscoprendo che le dimensioni non erano arrotolate a caso, anzi, eraproprio la loro configurazione a determinare quali sarebbero state leleggi della natura in quel particolare universo.

Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, mentrerifletteva sui cunicoli spazio-temporali e sugli universi neonati,Hawking aveva ipotizzato che le masse di particelle e le altre costantifondamentali della natura potessero non essere altrettantofondamentali per la totalità degli universi, ma variare dall’unoall’altro. Forse erano delle «variabili quantistiche» – numeri fissati acaso al momento della nascita di ogni universo. Una sorta di lancio didadi il cui esito non poteva essere predetto da nessuna teoria nota.

Nella M-teoria, i dadi non c’entravano più. Come avrebberospiegato Hawking e Mlodinow nel Grande disegno: «La forma precisadelle rimanenti dimensioni nascoste, lo spazio interno, determina sia ivalori di grandezze fisiche come la carica dell’elettrone sia la naturadelle interazioni tra particelle elementari».18 In altre parole, le leggifondamentali della M-teoria rendevano possibili diverse leggi dellanatura in diversi universi, così come la Costituzione degli Stati Unitipermette la coesistenza di diverse leggi locali nei diversi Stati. Qualipoi siano, di fatto, le leggi locali della natura in un particolareuniverso è determinato dal modo in cui sono arrotolate le dimensioni

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extra.Linde e i suoi colleghi calcolarono i diversi modi in cui le

dimensioni extra potevano arrotolarsi, ognuno dei quali generava ununiverso specifico.19 Si tratta di un numero grande oltre ogniimmaginazione. Il comune termine «multiverso» risulta miseramenteinadeguato di fronte a un’immensità del genere. Peccato che non cifosse più John Wheeler a poter dare una definizione migliore.

Una cosmologia top-down

Anni prima, nello stesso decennio, Hawking e Turok avevano messoda parte l’istantone e proseguito ognuno per la sua strada. Turokiniziò a propendere per i modelli «ciclici» secondo cui l’universo siespande a partire da un big bang, poi si contrae in un big crunch equindi riemerge con un altro big bang, in un ciclo che continua aripetersi.

Hawking invece era più interessato ai modelli dell’inflazione eterna.Il fatto che in essi potessero esistere tipi infiniti di universi rendevadifficile – qualcuno direbbe impossibile – calcolare la probabilità diun tipo di universo rispetto a un altro. Hawking, per nulla intimoritodallo spinoso problema matematico, era deciso a compiere comunqueun tentativo, e per farlo avrebbe utilizzato qualcosa che restavaancora controverso tra alcuni suoi colleghi: il principio antropico.

La controversia sul ricorso a tale principio, arrivata a una fasecruciale quando Hawking e Turok introdussero la loro teoriadell’istantone con la massa di un pisello, non si era ancora risolta.Nonostante ciò, Martin J. Rees, vecchio amico di Hawking, e MarioLivio avevano conferito al principio antropico e al suo impiego nuovarispettabilità quando, in un articolo del 2005, scrissero: «Il“ragionamento antropico” non solo ricopre un ruolo all’interno di unvalido discorso speculativo di tipo scientifico, ma forse possiede anchepotere di previsione nel tentativo di fare chiarezza tra i possibiliscenari cosmologici». Sebbene argomenti del genere facessero «alzarela pressione a molti scienziati… il principio potrebbe essere davverouno dei tanti strumenti nella cassetta degli attrezzi dellacosmologia».20 E Hawking stava per renderlo uno strumento molto,molto potente.

Nel febbraio del 2006, lui e Thomas Hertog collaborarono alla

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stesura di un articolo in merito a uno studio in cui combinavano imolteplici universi del paesaggio delle stringhe con le condizioniiniziali dell’ipotesi dell’assenza di confini. La loro proposta era diimmaginare l’universo primordiale come una sovrapposizione di tuttii modi in cui avrebbe potuto esistere nel paesaggio della teoria dellestringhe – come se voi, in procinto di estrarre una carta da un mazzogigantesco, foste in grado di visualizzare allo stesso tempo tutti ipossibili risultati. Ognuna di queste possibilità produce un diversofuturo. Siamo davanti a un universo che ha molti, moltissimi possibiliinizi e molte, moltissime possibili storie. Come disse scherzandoHawking durante una conferenza tenuta quell’anno al Caltech: «Cisarà una storia in cui la Luna è fatta di gorgonzola, ma le possibilitàsono scarse, purtroppo per i topi».21

Hawking e Hertog si limitarono a un modello con un paesaggiosemplice che permetteva all’universo di avere diverse storieinflazionarie. Bisognava mettersi «all’inizio» e calcolare le probabilitàche quegli universi emergessero? No. Secondo l’approccio top-down diHawking, prima si inizia con il presente, osservandolo per comeappare al momento, e poi si lavora a ritroso decidendo quanto èprobabile che ogni stato iniziale permetta la futura esistenzadell’universo abitato che noi conosciamo. In tal modo, lo stato attualedell’universo ne «seleziona» il passato.

Hawking e Hertog studiarono le conseguenze osservativedell’assenza iniziale di condizioni al contorno e proposero unoschema per verificare la teoria che avevano proposto. Se il loroprocedimento si fosse dimostrato valido, allora gli spettri della CMBRe delle onde gravitazionali avrebbero presentato lievi discrepanzerispetto a come sarebbero stati se fosse risultata giusta la teoriadell’inflazione standard. La tecnologia del futuro, pensarono, avrebbepotuto offrire la possibilità di individuare dettagli del genere.22

Hawking tenne la conferenza del 2006 al Caltech utilizzando ilcomputer con un muscolo della guancia. Intitolata «Le originidell’universo», includeva alcune delle nuove idee sviluppate conHertog. In seguito lo scienziato avrebbe descritto meglio il suoapproccio top-down nel libro Il grande disegno.

Chiavi segrete e avventure cosmiche

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Quando nella primavera del 2004 Lucy Hawking pubblicò il suoromanzo, Jaded, iniziandone anche un secondo, The AccidentalMarathon, parlò dei suoi lavori con svariati giornalisti. Il fatto che ledomande su di lei e sulle sue opere sfociassero inevitabilmente inqualche quesito sul padre non la stupiva, ma nemmeno laentusiasmava.

La vita di Lucy aveva preso una piega difficile. Il suo matrimonioaveva avuto vita breve, e poco dopo la separazione al figlio Williamera stato diagnosticato l’autismo. «Mi sono davvero sentita come se ilmio cuore si rompesse in mille frammenti» confessò.23 Sua madre Janeaveva insistito affinché la figlia cercasse la terapia più efficacepossibile, e in effetti William aveva mostrato notevoli miglioramenti.Era molto orgoglioso del nonno, non tanto per i risultati ottenuti inambito scientifico quanto perché «il nonno ha le ruote». Hawkingricambiava la stima: il suo ufficio era pieno di fotografie del nipote, euna di esse venne anche inserita nell’edizione originale dell’Universo inun guscio di noce.

La reazione di Lucy al fatto che i giornalisti si dimostrassero piùinteressati al padre che a lei fu piuttosto pragmatica, del tipo «se nonpuoi batterli, unisciti a loro»: decise infatti di scrivere un libro incollaborazione con lui.

Nel giugno del 2006, Lucy accompagnò il padre in un viaggio aHong Kong e Pechino, dove il benvenuto fu ancora più turbolento delsolito. Quando spuntarono fuori dall’aereo, la polizia dovette formareuna catena umana per creare un corridoio e tenere a bada la folla,così da permettere ai nuovi arrivati di raggiungere l’ascensore erifugiarsi in albergo. Nonostante tutti gli sforzi per proteggerlo,Hawking rischiò quasi di cadere a causa di una spinta. Lui rimaseimperturbabile, e voleva anzi essere fotografato con quella massacaotica di studenti entusiasti, ma le foto in prima pagina deiquotidiani lo immortalarono da solo, in compagnia di poliziottisemidisperati. Poi le cose si calmarono abbastanza da consentire unoscatto insieme a un disciplinato gruppo di scolari che dispiegavanouno striscione di benvenuto più grande di loro. Due studenti di fisicadell’università di scienza e tecnologia di Hong Kong, dove Hawkingera atteso per una conferenza, ebbero l’onore di porgergli un omaggiofloreale. Paul Chu Ching-wu, rettore dell’ateneo, commentò: «È unodegli scienziati più famosi di sempre. Se si può dire che Isaac Newton

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ha cambiato il mondo, allora Stephen Hawking ha cambiatol’universo».24

Stephen e Lucy Hawking colsero l’occasione di questo viaggio moltopubblicizzato per annunciare che avrebbero scritto insieme un libroper ragazzi. La chiave segreta per l’universo fu il primo dei loro lavoricongiunti; non raccontava soltanto le avventure nello spazio delgiovane protagonista George e dei suoi vicini di casa, dello scienziatoEric, della figlia Annie e di Cosmo, un supercomputer, ma affrontavaanche altri argomenti riguardanti lo stesso Hawking. Interrogato sultema dell’inquinamento delle città cinesi, lo scienziato aveva espressola preoccupazione che la Terra potesse «finire come Venere, con 250gradi centigradi e una pioggia di acido solforico».25

Nei libri che avevano George come protagonista, Lucy diededavvero a chi, come gli intervistatori, l’aveva infastidita, parte diquello che volevano. La chiave segreta per l’universo e Caccia al tesoronell’universo,26 i primi due episodi di quella che speriamo diventeràuna serie, sono divertenti e istruttivi, e offrono anche uno sguardosulle personalità e le vite di Hawking e della sua famiglia. Il fisico Ericè senza dubbio Hawking, immaginato senza il suo handicap. Lapassione per la fisica e il costante desiderio di condividerla, lacuriosità insaziabile, la dedizione assoluta al lavoro, l’amore per i figli– c’è tutto. Mi è stato anche detto che la formidabile Mabel, ilpersonaggio che con la sua simpatica sordità selettiva incarna lanonna di George, in realtà è il ritratto di Isobel, madre di Hawking.Quando George si ritrova a un congresso di alto livello sulla fisica eosa alzare la mano per fare una domanda, viene citata una scenatratta dalla vita reale degli Hawking: a otto anni Robert, fratellomaggiore di Lucy, partecipò con il padre a un congresso di fisiciteorici. Si sedette in prima fila e rimase ad ascoltare con attenzione,facendo di sì con la testa, poi alzò la mano per fare una domandaintelligente. La descrizione dell’atteggiamento serio e premuroso concui i fisici del libro trattano la domanda di George è un tributo aicolleghi di Hawking nella vita reale. La scienza trattata nei due libri èla scienza di Hawking: buchi neri, radiazione di Hawking, paradossodell’informazione, ricerca di un altro pianeta che gli umani possanocolonizzare.

Lucy spiegò ai giornalisti che c’erano molti altri motivi per scriverei libri sul personaggio di George. L’autrice aveva un figlio di dieci

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anni, e lei stessa era zia di un George in carne e ossa, cioè il figlio cheavevano avuto suo fratello Robert e Katrina. La chiave segreta perl’universo era dunque dedicato al nipote e a William. Lucy volevacreare, con suo padre, un libro che avrebbe spiegato a quei bambiniparte del lavoro svolto dal nonno. Aveva notato l’interesse nei loroocchi quando, con i rispettivi genitori, i ragazzini si radunavanoattorno a lui durante le sue feste di compleanno, ed era rimastasorpresa nel constatare che lo scienziato aveva molta voglia dirispondere alle domande dei piccoli e di spiegare le proprie teoriescientifiche. Lucy lo aveva guardato mentre dedicava tempo e fatica afornire risposte valide, ponderate, istruttive, senza però dimenticare difarli ridere. Hawking diceva che nell’infanzia la maggior parte di noi èpiena di curiosità e di stupore. Tutto è possibile. Per lui, del resto, lecose non sono cambiate: è ancora così che si sente, e con Lucy vuoleincoraggiare lo stesso atteggiamento nei giovani lettori.

Lavorare al libro con il padre ha dato a Lucy la possibilità di vederecom’è Hawking quando si occupa della sua materia, e ha constatatocome ciò abbia mutato il loro rapporto. Anche se pensa che suo padrenon sia cambiato molto – fatta salva, forse, una certa duttilità dovutaagli anni – non aveva mai avuto l’occasione di conoscere quel lato dilui. «Ha l’incredibile capacità di contenere nella testa una quantitàenorme di informazioni, ma anche di selezionare i relativi dettagli efare commenti sintetici, in grado di cambiare radicalmente il modo dipensare di chi lo ascolta.»27 Restò meravigliata da quanto suo padrefosse lucido e veloce, nonché dalla sua abilità nel mettere insieme varielementi e farli funzionare.

A novembre del 2006 Hawking tornò a sottolineare, in un’intervistaalla radio della BBC, che il futuro dell’umanità dipendeva dallacolonizzazione di un altro pianeta, non nel nostro sistema solare main orbita attorno a un’altra stella.28 Lui stesso nutriva la speranza dipotere un giorno andare nello spazio. Un mese prima avevadichiarato, nel corso di un’intervista, che il suo prossimo obiettivosarebbe stato quello di partire per una missione spaziale, e che magari«Richard Branson lo avrebbe aiutato». Branson non perse tempo, e sioffrì subito di dargli una mano: nel 2010, sul volo suborbitale dellaVirgin Galactic, ci sarebbe stato posto per Hawking. Lo avrebberoaccompagnato Paris Hilton e William Shatner. Hawking non siaspettava che Branson lo avrebbe mandato su un altro pianeta

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abitabile, ma era sicuro che in futuro ci sarebbero stati viaggi delgenere; i personaggi inventati nei libri scritti con Lucy credevanoproprio in quella prospettiva.

In seguito, nel 2006, venticinquemila persone risposero su un blogalla seguente domanda di Hawking: «In un mondo in preda al caospolitico, sociale e ambientale, come potrà la razza umana esistere peraltri cento anni?». Nessun mistero che lo scienziato pensasse, con lesue idee, di poter davvero influenzare l’opinione pubblica! Nellarisposta che poi fornì, sempre sul blog, citò l’ingegneria genetica,questa volta non come qualcosa di potenzialmente negativo chesarebbe accaduto comunque, ma piuttosto come speranza di renderegli esseri umani «saggi e meno aggressivi».29

Durante il viaggio in Cina con Lucy, Hawking era tornato ascherzare sul fatto che Giovanni Paolo II avesse vietato agli scienziatidi studiare l’origine dell’universo, dicendo di essere felice che il papanon fosse al corrente del tema del suo discorso perché non gli«piaceva l’idea di essere consegnato nelle mani dell’Inquisizione comeGalileo». Il Vaticano sembrò capace di passare sopra a quei commenti,ma i leader laici dei movimenti cattolici ne avevano abbastanza disentire citazioni errate o battute irriverenti. In un’accesa risposta, ilpresidente della Catholic League americana Bill Donohue disse cheHawking doveva «smetterla di distorcere le parole del papa»: «C’è unadifferenza abissale tra dire che esistono domande alle quali la scienzanon può rispondere – ovvero quello che ha detto il papa – e deipronunciamenti per avvertire gli scienziati di stare alla larga».30

L’affermazione del pontefice, come abbiamo visto, non era stata unadescrizione troppo distante dalla realtà del sapere scientifico di quelperiodo, e nessuno aveva motivo di temere la stessa sorte di Galileo. Ilpapa aveva sostenuto che tutte le ipotesi scientifiche sull’origine delmondo lasciano irrisolto il problema sull’origine dell’universo. Dasola, la scienza non può rispondere a un interrogativo del genere:occorre una sapienza umana che si eleva al di sopra della fisica,dell’astrofisica, ed è ciò che chiamiamo metafisica. Quello che servesopra ogni altra cosa è la conoscenza che viene dalla rivelazione diDio.31

Hawking si prese a cuore le parole del presidente Bill Donohue.Durante le visite in Vaticano come membro della PontificiaAccademia delle Scienze, non fece parola dell’episodio né tornò a

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citare Galileo. Papa Giovanni Paolo II aveva riconosciuto, in undiscorso del 1992, che la Chiesa cattolica aveva sbagliato acondannare Galileo, un’ammissione che Hawking aveva detto diauspicare quando si era recato in Vaticano nel 1973. Era davveroarrivata l’ora di seppellire l’ascia di guerra.

Zero Gravity

Nell’aprile del 2007, Hawking intraprese un’avventura che si auguravafosse il primo passo sulla strada verso un autentico viaggio spaziale.Si trattava di un volo che offriva ai passeggeri l’ebbrezza di provarel’assenza di gravità, anche se nessuno era davvero certo di comeavrebbe potuto reagire il fragile corpo dello scienziato… Risposta:senza problemi! Hawking fece otto parabole in assenza di peso, per untotale di quattro minuti, più di quanto si sarebbe aspettato chiunquese non forse lui stesso. «Avrei potuto continuare ancora!» affermòinfatti.32 I quattro medici e le due infermiere, che per tutto il viaggioavevano monitorato la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca e ilivelli di ossigeno nel sangue di Hawking, erano d’accordo con lui.

Esiste una società, la Zero Gravity, che si occupa proprio di viaggidel genere. Funziona così: l’aereo segue una traiettoria parabolica, daotto volante. Mentre sale, i passeggeri avvertono quasi il doppio dellagravità che sperimentano normalmente sulla Terra, e vicini alla cimasi sentono, per circa venticinque secondi, come se fossero in cadutalibera. Il tutto poi si ripete, nel caso di Hawking per otto volte.

L’astrofisico aveva un altro motivo per compiere quel volo nonché,come spera, l’imminente viaggio spaziale: diffondere la convinzioneche colonizzare altri pianeti sia l’unica speranza per assicurare unfuturo alla nostra razza.

Sarà piuttosto difficile evitare un disastro sul pianeta Terra nei prossimi cento anni, figuriamoci fra milleo un milione. La razza umana non dovrebbe tenere tutte le sue uova in un unico paniere o su un unicopianeta. Spostare in via definitiva una parte degli umani dal pianeta Terra è un imperativo per il futurodella nostra specie.33

Al turismo, ribadiva lo scienziato, si apriva un enorme mercato dimassa per tutti i servizi che avevano a che fare con lo spazio.«Dobbiamo coinvolgere lo stesso motore imprenditoriale che haridotto i costi di qualunque cosa, dai biglietti aerei ai personalcomputer».34

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Il terzo motivo per compiere il volo era incoraggiare altri disabili alanciarsi in avventure del genere. Se poteva farcela lui, ci sarebberoriusciti anche gli altri. Forse il principio non valeva quando si trattavadi spiegare l’origine dell’universo, ma quando c’erano di mezzoavventure come l’assenza di gravità, perché no? La risposta che vienesubito in mente riguarda, ovviamente, i costi.

Un fisico itinerante

Il 2008 è stato per Hawking un anno incredibilmente intenso quanto aspostamenti, e ancora di più per la sua instancabile assistentepersonale, Judith Croasdell, a cui spetta il compito di organizzare iviaggi preparatori di ricognizione e gli incontri con gli ospiti, nonchéprovvedere a tutte le varie esigenze del momento. Quando era stataassunta, le avevano detto: «L’assistente personale non viaggia». Forsevaleva per altri, ma di certo non per lei.

La meta prevista per gennaio era il Cile; l’occasione, un meetingscientifico a Valdivia per festeggiare il sessantesimo anniversario delpiù celebre fisico del Paese, il carismatico Claudio Bunster, lo stessoche dieci anni prima aveva organizzato la visita di Hawking in Cile ein Antartide. Da quella prima meta, accettando la sfida di portareHawking e la sua sedia a rotelle in una zona sperduta del mondo,dove il terreno era a dir poco sconnesso e l’accesso ai disabili un temache solo di recente iniziava a essere preso in considerazione, lo staffvolò sull’Isola di Pasqua. Per Judith Croasdell, che aveva vissuto nelleisole pacifiche dell’emisfero sud per molti anni e studiato storia delPacifico, quel viaggio fu «il Sacro Graal».

A maggio fu la volta del Sudafrica. A Città del Capo, Hawking visitòl’African Institute for Mathematical Sciences (AIMS), un polo cheattira i migliori laureati da tutta l’Africa e promuove lo sviluppo dellamatematica e delle scienze nell’intero continente. Il viaggio venneorganizzato con l’aiuto di Neil Turok, amico e collega di Hawkingnonché fondatore dell’AIMS. Hawking incontrò Nelson Mandela elanciò la Next Einstein Initiative, un programma dell’AIMS che, nellesperanze di Hawking, espresse nel corso della sua conferenza, avrebbefatto crescere un «Einstein africano».

A settembre, ospite dell’università di Santiago de Compostela,Hawking atterrò nella famosa e bellissima meta dei pellegrini per

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ricevere il premio Fonseca, assegnato ai personaggi che più si sonodistinti nella divulgazione della scienza al grande pubblico. JudithCroasdell ricorda che «fu un viaggio difficile, in cui le aspettativeerano alte e la conferenza stampa imponente. Quest’ultima duròtroppo a lungo e c’erano decisamente troppe domande in programma;Stephen poteva scegliere tra più di quaranta, e rispose a circaquattordici – un bel numero». Lucy lo accompagnò nel viaggio perpubblicizzare l’edizione spagnola della Chiave segreta per l’universo.

Con tutti quei viaggi in testa, la conferenza di quell’anno al Caltechmostrò un Hawking leggermente meno pessimista circa la possibilitàdi viaggiare attraverso un buco nero o in un altro universo. Indicò unanuova possibilità, i buchi neri nelle dimensioni extra dello spazio-tempo. La luce non si sarebbe propagata nelle dimensioni extra, masoltanto nelle consuete quattro, ma la gravità le avrebbe influenzate esarebbe stata molto più forte di quanto sperimentiamo noi. Tutto ciòavrebbe reso più facile, per un buco nero di piccole dimensioni,formarsi nelle dimensioni extra.

In quella conferenza, oltre a fornire un riassunto generale sui buchineri, lo scienziato descrisse la radiazione di Hawking in un mododiverso. Non stava rinnegando la versione delle coppie di particelle,ma la ripensava da un nuovo punto di vista. Se una particella si trovadentro a un buco nero molto piccolo, si può sapere con una certaprecisione in che punto sia. Per via del principio di indeterminazione,più si è certi della sua posizione, meno lo si è della velocità. Diconseguenza, più è piccolo il buco nero, maggiore l’indeterminazionesulla velocità. Quest’ultima potrebbe persino superare quella dellaluce, il che permetterebbe alla particella di sfuggire al buco nerostesso. Stando a questa descrizione, la radiazione di Hawking arrivarealmente dall’interno del buco nero.

Si può cadere dentro a un buco nero e uscire in un altro universo?Hawking lo riteneva possibile, e non aveva abbandonato l’idea deicunicoli spazio-temporali. Però il ritorno non era previsto, motivo percui persino lui, uno dei viaggiatori più incalliti e intrepidi al mondo,non aveva intenzione di provarci personalmente.

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«Ho sempre preso una direzione in qualche modo diversa»

«È sorprendente come le audaci previsioni su quanto accaduto neiprimi momenti di vita dell’universo possano essere confermate damisurazioni fondate»1 dichiarò il coordinatore capo della missioneWMAP nel marzo del 2008. Il rapporto Fifth year results dimostravache i dati della sonda spaziale ponevano dei limiti più stringenti alleteorie inflazionarie, ma anche che in generale avvaloravano ilfenomeno dell’inflazione. Allo stesso tempo, WMAP aveva scopertoqualcosa che nessuno aveva previsto: una misteriosa interruzione nelladistribuzione complessivamente casuale delle variazioni ditemperatura all’interno della CMBR – un «punto freddo».2 L’unica cosacerta che si potesse dire su quel fenomeno era in pratica: «Guarda quelpunto!», ma per il momento nessuna delle spiegazioni offertecostituiva un problema per la teoria dell’inflazione.

La corsa alla ricerca di prove sperimentali e osservative capaci diconfermare ciò che per lungo tempo era rimasto solo una teoria nonstava avendo luogo unicamente nello spazio, bensì anche a terra, eaddirittura sotto di essa. Con l’accensione dell’acceleratore diparticelle Large Hadron Collider del CERN, l’11 settembre 2008,crescevano le aspettative: forse quello strumento tanto atteso avrebbealmeno potuto rivelare il bosone di Higgs.

Hawking contro Higgs

Peter Higgs aveva suggerito l’esistenza del bosone battezzato con ilsuo nome nel 1964 e lo aveva visto entrare a far parte del modellostandard della teoria cosmologica. In una conferenza stampa del2008, Higgs reagì con foga – «sferrò un attacco» disse il «SundayTimes»3 – a un commento fatto da Hawking durante un’intervistatrasmessa alla BBC.

Il rapporto non esattamente idilliaco tra Higgs e Hawking risaliva al1996. Hawking aveva pubblicato un articolo in cui dichiarava che

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osservare la particella di Higgs era impossibile, e arrivati al 2000 nonera stato ancora smentito. Quando poi, quello stesso anno,l’esperimento di LEP (Large Electron Positron) al CERN si conclusesenza avere fornito prove certe, Hawking incassò cento dollari graziea una scommessa fatta con il collega Gordon Kane dell’università delMichigan. Nel frattempo restava aperta un’altra scommessa delloscienziato contro la particella di Higgs, in attesa che terminasseroesperimenti analoghi al Fermilab di Chicago. La disputa tra Hawking eHiggs travalicò i consueti limiti di un acceso dibattito scientificoquando, nel 2002, durante una cena a Edimburgo, Higgs disse del suocollega: «È difficile coinvolgerlo in un dibattito, perciò se l’è cavatacon delle semplici dichiarazioni, diversamente da quanto avrebberopotuto fare altre persone. Il suo status di celebrità gli conferisce unacredibilità immediata che altri non hanno». La replica di Hawking:«Sarebbe auspicabile poter discutere di questioni scientifiche evitandogli attacchi personali». I due fecero poi pace in privato, con Higgs chespiegava a Hawking il contesto in cui erano nate le sue affermazioni el’altro che diceva di non sentirsi offeso. Hawking, tuttavia, noncambiò mai il suo parere iniziale: secondo lui la particella di Higgsera al di là della portata di qualsiasi esperimento.

Nel corso di una conferenza stampa nel settembre del 2008, pocoprima della data prevista per l’accensione di LHC, Hawking fece uncommento che riaprì vecchie ferite: «Sarebbe molto più eccitante senon trovassimo la particella di Higgs. Vorrebbe dire che qualcosa nonva, e che dovremmo rimetterci a pensare. Ho scommesso cento dollariche andrà così».4 Higgs reagì con osservazioni sprezzanti sul lavoro diHawking: «Dal punto di vista della fisica delle particelle, della teoriaquantistica, per rendere coerente una teoria bisogna metterci molto dipiù della semplice gravità, e io non credo che Stephen lo abbia fatto.Nutro forti dubbi nei confronti dei suoi calcoli».5 Hawking avevasostenuto che l’acceleratore LHC avrebbe potuto ottenere altri risultatiinteressanti, per esempio scoprire alcuni partner supersimmetrici. «Laloro esistenza sarebbe una conferma essenziale per la teoria dellestringhe» aveva asserito. «Potrebbero spiegare la misteriosa materiaoscura che tiene assieme le galassie. Ma qualunque cosa scopra o nonscopra LHC, i risultati ci diranno molte cose sulla strutturadell’universo.»6 Il «Sunday Times» commentò così la querelle: «Èprobabile che il loro battibecco provochi delle onde sismiche in tutto

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l’establishment scientifico». Per quanto si trattasse di un’affermazioneforse eccessiva, nessuno poteva biasimare il settantanovenne Higgs perl’ardore con cui desiderava vedere finalmente confermata la suateoria.

Hawking, frattanto, aveva pesci più grossi da pigliare dentrol’acceleratore LHC. Nella più recente delle sue conferenze al Caltech,aveva dichiarato che all’interno del gigantesco macchinario erapossibile osservare, come esito delle collisioni, dei microscopici buchineri. In una situazione del genere, quei buchi neri dovrebberoemettere particelle secondo una modalità identificabile comeradiazione di Hawking.7 Un risultato del genere sarebbe da premioNobel, sebbene il prestigioso riconoscimento venga di rado assegnato,anche alla più promettente delle teorie, se mancano le provesperimentali od osservative che la supportano. Lo scienziato erainoltre tornato sul fatto che le fluttuazioni nella CMBR potesseroessere interpretate come radiazione di Hawking proveniente dalperiodo inflazionario del nostro universo, ora «congelata».

Sfortunatamente per Higgs, Hawking e molti altri, soltanto novegiorni dopo l’accensione del Large Hadron Collider il CERN dovettespegnerlo di nuovo. Un collegamento elettrico difettoso aveva causatouna fuga di elio nel tunnel che ospitava il collisore, provocando ilmalfunzionamento dei magneti superconduttori che dirigevano leparticelle subatomiche attorno al collisore stesso. Ci volle un anno perrimettere il tutto in funzione.

La particella di Higgs, nel momento in cui viene scritto questo libro,continua a rimanere avvolta nell’incertezza. A fine febbraio del 2011,dopo un breve periodo di manutenzione invernale, i ricercatori delCERN si stavano preparando per un altro tentativo. «Sappiamo chel’alternativa è tra scoprire la particella di Higgs oppure escludernel’esistenza, e in entrambi i casi si tratterà di un grande risultato»affermava Sergio Bertolucci, direttore del settore ricerca e scienzecomputazionali. «Certo sarebbe più difficile parlare di un granderisultato nel caso in cui non trovassimo la particella, ma se è così,allora al suo posto deve esserci qualcos’altro.»8

Il cronofago

Nel settembre 2008, mentre si riaccendeva il diverbio con Higgs,

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Hawking ebbe l’onore di inaugurare una stupefacente novità nelpaesaggio urbano del centro storico di Cambridge. Il Corpus ChristiCollege, con il cortile più antico di tutta la città, fece da sfondo aquest’ultima trovata: un enorme orologio meccanico posto all’angolofra Bene’t Street e King’s Parade.9 È privo di lancette, ma indicasecondi, minuti e ore grazie a quelle che appaiono come piccole luciazzurre intermittenti a forma di goccia, le quali percorrono dei cerchiconcentrici attorno a un quadrante luccicante del diametro di circa unmetro e mezzo. Placcato in oro 24 carati, il disegno dell’enormequadrante vuole ricordare le increspature e gli avvallamenti che siformerebbero in una pozza di metallo fuso al cadere di un sasso;rappresentano l’esplosione del big bang e il suo lancio di oro pulsante.

Il lucente congegno rende omaggio a uno dei più grandi orologiaidella storia, John Harrison, pioniere settecentesco del calcolo dellalongitudine e inventore, tra l’altro, di un meccanismo detto«scappamento a cavalletta». L’artefice e donatore dell’orologio delCorpus, il «Corpus clock», si chiamava John Taylor e aveva studiatonel college inglese negli anni Cinquanta, dopodiché si era distintocome inventore di successo. Naturalmente era anche appassionato divecchi orologi. Taylor decise di personificare il meccanismo acavalletta creando una spaventosa locusta gigante. La bestia, allostesso tempo terrificante, bellissima e bizzarra, avanza sul bordosuperiore dell’orologio e agisce agganciando con le proprie zampe identi della grande ruota di scappamento che gira attorno al bordoesterno del quadrante; come la cavalletta di Harrison, trattiene eregola la velocità di rotazione. A questo inquietante mostro mangia-tempo è stato dato il nome di «cronofago».10

Quando il Corpus clock batte l’ora, non scandisce i numeri con unsuono di campane, bensì con il clangore di una catena di ferro checolpisce una bara di legno e un martello che picchia sul coperchio; iltutto avviene nella parte posteriore, nascosta, dell’orologio.

Sembrò giusto che a inaugurare la splendida invenzione fosseHawking. Il suo nome viene universalmente associato al big bang ealla natura del tempo, tempo che lui ha addomesticato,trasformandolo in un’altra dimensione spaziale. Non solo: hamiracolosamente allungato quello a propria disposizione – vincendo,forse, la terribile creatura che sovrasta l’orologio.

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Festeggiamenti più discreti

Eppure, il tempo passava, anche per Hawking. Un anno più tardi, il 30settembre 2009, in ottemperanza alla regola dell’università diCambridge per cui i professori lucasiani di matematica devonoritirarsi all’età di sessantasette anni, rinunciò al titolo detenuto pertrent’anni. Il suo successore sarebbe stato Michael Green, un illustrefisico teorico specializzato in teoria delle stringhe.

In contrasto con i festeggiamenti per i sessant’anni, l’abbandonodella cattedra lucasiana fu celebrato con un sobrio rinfresco a base dichampagne presso il dipartimento. La rinuncia al titolo significavaben poco: l’agenda piena di appuntamenti, le ricerche, lo status diHawking al DAMTP restavano praticamente gli stessi. Da quelmomento la sua carica sarebbe stata quella di direttore della ricercaper il Cambridge Centre for Theoretical Cosmology. Avrebbemantenuto il suo spazioso ufficio d’angolo, e anche i suoi assistentinon sarebbero stati spostati dall’agglomerato di uffici lì attorno. In unmessaggio audio del programma Newsnight della BBC, Hawking ribadìche la sua non era un’uscita dalle scene, ma semplicemente un cambiodi carica, e aggiunse:

È stato un periodo magnifico per essere al mondo e svolgere ricerca nell’ambito della fisica teorica.L’immagine che abbiamo dell’universo è cambiata molto negli ultimi quarant’anni, e se ho dato un piccolocontributo ne sono felice. Voglio condividere la mia emozione e il mio entusiasmo. Non c’è niente come ilmomento dell’«Eureka!», quello in cui si scopre qualcosa che nessuno prima conosceva. Non loparagonerei al sesso, però dura di più.11

Negli ultimi tempi Hawking aveva minacciato più volte di lasciareCambridge e l’Inghilterra, in segno di protesta contro lo spettro didrastici tagli al tipo di ricerca teorica da lui condotto e al tipo diistruzione scientifica verso cui ha sempre cercato di spingere le nuovegenerazioni. Nel progetto, quei fondi sarebbero invece stati destinatiai settori disciplinari con maggiori applicazioni industriali, mossa chesecondo alcuni avrebbe portato soldi nelle casse dello Statobritannico. Hawking si opponeva a simili priorità, che a suo diredenotavano ignoranza del passato e cecità verso il futuro, da più di undecennio. «Pretendere che tutti i progetti di ricerca siano rilevanti dalpunto di vista industriale è ridicolo. Quante delle grandi scoperte delpassato, oggi alla base della nostra tecnologia moderna, sono statecompiute nel quadro della ricerca industriale? La risposta è: quasi

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nessuna.»12

Se Hawking si fosse trasferito, dove sarebbe andato? Gli erapiaciuto lavorare come ospite presso il Perimeter Institute forTheoretical Physics di Waterloo, nell’Ontario, un moderno centro diricerca attualmente diretto da Neil Turok. Girava voce che sarebbestata quella la sua meta dopo il ritiro da Cambridge. Nonostante tutto,invece, lo scienziato non lasciò la cittadina inglese, e forse mai lofarà. Malgrado l’abbandono della cattedra di matematica, i tagli aifondi, l’inesorabile degrado a livello fisico e comunicativo, l’obiettivodello scienziato indicava un’ambizione fuori dal comune, comesempre: «Una comprensione totale dell’universo. Perché è come è,perché esiste».13 E quanto tempo ci sarebbe voluto? gli era statodomandato nel corso di un’intervista, l’anno precedente, durante latrasmissione americana Charlie Rose Show. Hawking aveva rispostoripetendo le parole già utilizzate nel 1980, in occasione del discorsoinaugurale come professore lucasiano: «Entro la fine del secolo». Poiaveva aggiunto, con un sorriso furbo, che adesso mancava molto dipiù alla fine del XXI secolo di quanto non ne mancasse alla fine delXX la prima volta in cui aveva fatto quello stesso pronostico.

L’assistente personale di Hawking, Judith Croasdell, avevainaugurato il 2009 letteralmente «con il botto», omaggiando loscienziato di un coraggioso regalo di compleanno: un lanciarazzi inminiatura. Con il suo «giocattolo da ufficio», ora Hawking potevasparare missili dall’altra parte della stanza. A marzo era stato a LosAngeles e aveva incontrato per la prima volta sua nipote Rose. Eraalla piccola che lui e Lucy avevano dedicato il secondo libro sulleavventure di George; lei e il fratello maggiore, il George in carne eossa, sono i figli di Robert Hawking e di sua moglie Katrina.

Lo scienziato fece un’altra tappa per tenere una conferenza aPasadena, in California. La frenesia suscitata dal suo arrivo non glirisultava affatto nuova: accadeva spesso, a volte troppo spesso, tutti glianni, e persino al Caltech, dove lo scienziato era ormai di casa.

Ultima frontiera: lo spazio

Sulle note della fanfara di apertura del poema sinfonico Così parlòZarathustra di Richard Strauss, Hawking fece il suo ingresso in uncentro congressi da 4500 posti al completo. Anche quanti ignoravano

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il titolo dell’opera l’avevano comunque riconosciuta come la tonantecolonna sonora del film 2001: Odissea nello spazio. Hawking, tristenovità, non riusciva più a usare le mani per guidare la carrozzina, e leteneva raccolte in grembo mentre veniva accompagnato lungo ilcorridoio a velocità considerevole. Il valzer Sul bel Danubio blu – noncosì solenne e imponente come il pezzo precedente, ma piùspensierato – segnò il passaggio da Richard Strauss a Johann Strauss,mentre lo scienziato iniziava a salire la rampa che conduceva sulpalco. Il pubblico rimase in attesa, e per qualche istante non accaddenulla. Qualche intoppo? Uno stratagemma per aumentare la suspense?Arrivò l’assistente di Hawking, che sistemò il computer portatiledell’astrofisico, le cui mani erano sempre posate in grembo, immobili.Avrebbe controllato il computer muovendo la guancia, e prestoarrivarono le parole che tutti stavano aspettando: «Mi sentite?». Ilpubblico del Caltech esultò. Stephen Hawking era tornato!

La sua conferenza si intitolava «Perché andiamo nello spazio?»;14

era stata scritta l’anno precedente come regalo per i cinquant’annidella NASA e presentata nella città di Washington. Era una versioneevoluta dell’omonimo capitolo che compariva nella sezione «Guidapratica all’universo» di Caccia al tesoro nell’universo, uscito anch’essonel 2008. Una parte del discorso, non inclusa in quel libro, aveva ache fare con i costi dei viaggi spaziali. Hawking ammetteva che nonerano bassi, ma comunque rappresentavano soltanto una piccolafrazione del prodotto interno lordo mondiale, e questo ancheaumentando di venti volte il budget americano per le esplorazionispaziali. Suggeriva l’obiettivo di una base lunare entro il 2020 e di unatterraggio con equipaggio umano su Marte entro il 2025, non solonell’interesse delle esplorazioni spaziali, ma anche per riaccenderel’attenzione del pubblico sullo spazio e la scienza in generale. «Unavasta fetta di scienziati spaziali afferma che il suo interesse nelladisciplina è nato dopo aver guardato gli atterraggi lunari» disse.

Avremmo trovato qualche forma di essere vivente? SecondoHawking, nonostante le probabilità che comparisse la vita fosseroscarse anche su un pianeta con i requisiti adatti, il nostro universo eratalmente grande che, in qualche sua parte, un evento del generedoveva pur essersi verificato. Le distanze tra i luoghi coinvolti eranoprobabilmente molto grandi, e inoltre doveva trattarsi di forme di vitanon basate sul DNA. Un’altra ipotesi era che le meteore avessero

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diffuso la vita da un pianeta all’altro, e persino da un sistema solareall’altro. Se fosse stato quello il meccanismo attraverso cui sipropagava la vita (cioè per panspermia), allora non ci saremmodovuti stupire di trovare altre forme di vita, basate sul DNA, a un tirodi schioppo da noi.

A dimostrare che la panspermia avrebbe potuto rivelarsi la fontedella vita sulla Terra, proseguì lo scienziato, era il fatto chequest’ultima era stranamente comparsa subito dopo il primo istante incui ciò era stato possibile. La Terra aveva 4,6 miliardi di anni, e per iprimi cinquecento milioni era stata troppo calda per consentire losviluppo della vita. Le prime testimonianze in tal senso risalivano a3,5 miliardi di anni fa, e questo significava che la vita era comparsasolamente mezzo miliardo di anni dopo che le era stato tecnicamentepossibile. In valore assoluto si trattava di molti anni, certo, marelativamente al problema in questione era un lasso di tempo di unabrevità sorprendente.

Ovviamente, non avevamo ricevuto visite da parte degli alieni (oalmeno così sembra – «Perché dovrebbero farsi vedere soltanto dapazzi e svitati?») e a quanto pareva, vicino a noi nella galassia, nonc’erano esseri progrediti e intelligenti. Il progetto SETI non avevacaptato trasmissioni di quiz televisivi alieni; probabilmente nonesisteva, nel raggio di poche centinaia di anni luce da noi, alcunaciviltà extraterrestre al nostro livello di evoluzione, tanto che«emettere polizze di assicurazione contro i rapimenti alieni dovrebbeessere un buon affare».

Hawking citò inoltre tre possibili motivi per cui a suo parere nonavremmo avuto notizie da nessun alieno. Primo, le probabilità che lavita compaia su un pianeta con i requisiti adatti potrebbero esserebasse. Secondo, anche se le probabilità fossero maggiori,risulterebbero comunque troppo basse quelle di avere un’evoluzionefino a uno stadio di vita intelligente (questo non significa tuttavia chel’intelligenza conferisca un vantaggio in termini di sopravvivenza alungo termine, basti pensare a batteri e insetti). Terzo, forme di vitaintelligenti e così evolute da mandare segnali radio sarebbero anche ingrado di costruire bombe nucleari o armi simili di distruzione dimassa, perciò potrebbero annientarsi nel giro di poco tempo. Purdefinendo tale battuta di cattivo gusto, Hawking aggiunse però che sela vita extraterrestre non si era ancora autodistrutta, dato il breve

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periodo in cui esisteva la vita sulla Terra in confronto all’etàcomplessiva dell’universo, restava tuttavia improbabile che avremmopotuto incontrare un esemplare alieno in uno stadio paragonabile aquello umano. L’extraterrestre sarebbe stato molto più primitivo dinoi, oppure così progredito da considerare noi come assurdamenteprimitivi.

Hawking propendeva per la seconda delle ipotesi, ossial’improbabilità non tanto di vita in senso assoluto quanto di vitaintelligente. «Alcuni direbbero che deve ancora comparire sullaTerra.» Per caso stiamo sorridendo?

La conferenza di Hawking fu lunga e ponderata. Lo scienziatorispose alle domande, selezionate in anticipo, poste dagli studenti edagli altri membri del Caltech. Gli venne chiesto quanto eravamovicini al mondo di Star Trek. La risposta fu che non dovevamoaspettarci propulsione a curvatura o replicatori: sarebbe statonecessario «fare alla vecchia maniera», viaggiando più lenti della luce.Per raggiungere destinazioni lontane ci sarebbe servita più di unagenerazione; i viaggi sarebbero stati così lunghi che gli equipaggiavrebbero addirittura avuto tempo di evolversi in maniera diversa,con il risultato che la razza umana si sarebbe suddivisa in più specie.

Al termine della sua visita in California, Hawking non eraabbastanza in forma da proseguire come previsto fino a Phoenix. Alsuo posto si presentò Lucy, e la conferenza preparata in anticipo dalcosmologo venne trasmessa dagli altoparlanti. Di ritorno aCambridge, Hawking rimase per un breve periodo sotto osservazionein ospedale. Il tutto si rivelò soltanto una delle varie battute d’arrestotemporanee, e lo scienziato riuscì a recuperare le forze con largoanticipo rispetto al viaggio a Washington programmato in agosto,appuntamento in cui Barak Obama gli avrebbe conferito laPresidential Medal of Freedom. A settembre, in Svizzera per visitare ilCERN e l’università di Ginevra, riempì con la sua conferenza «Lacreazione dell’universo» un intero teatro e, tramite collegamentovideo, altri dieci auditorium.

Fu proprio la visita nella capitale statunitense a scatenare uncommento che avrebbe inaspettatamente coinvolto lo scienziatonell’acceso dibattito sull’iniziativa di Obama per far passare alCongresso la riforma sanitaria. Un oppositore dichiarato della sanitàpubblica, intenzionato a denigrare il sistema britannico, commentò:

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«Se Stephen Hawking fosse stato inglese, a quest’ora sarebbe morto!».Hawking ribatté che lui era inglese, che viveva a Cambridge, inInghilterra, e che «il Servizio sanitario nazionale si è preso molta curadi me per più di quarant’anni. In Gran Bretagna ho ricevutoprestazioni mediche eccezionali, e credo nell’assistenza sanitaria pertutti».15 Forse Jane Hawking non sarebbe stata altrettanto buona conil Servizio sanitario britannico, date le svariate volte in cui ne erarimasta delusa.

Nel febbraio del 2010 la Planetary Society di Pasadena, California,assegnò a Hawking un altro premio per i suoi meriti divulgativi, ilCosmos Award for Outstanding Public Presentation of Science. Tra glialtri premiati anche James Cameron, regista del film Avatar, e PaulaApsell, produttrice dei documentari della serie NOVA.16 Le condizionidi salute dello scienziato erano di nuovo critiche, e per lapresentazione venne inviata a Cambridge una delegazione dallaCalifornia. La missione della Planetary Society è quella di «dare allepersone sulla Terra l’ispirazione per esplorare altri mondi, capire ilnostro e cercare la vita altrove». Il comunicato stampa cheannunciava l’evento di Cambridge terminava con la frase: «Bigliettiesauriti».

Nella primavera del 2010, Hawking inaugurò un altro promemoriadi quanto passi in fretta il tempo. Fu un’esperienza insolita avere ungiardino intitolato con il proprio nome dalla Royal HorticulturalSociety, durante la mostra botanica di Chelsea, a Londra. Lo «StephenHawking Garden for Motor Neurone Disease: A Brief History of Time»era dedicato non solo allo scienziato, ma a tutti coloro checonvivevano con la malattia dei motoneuroni: pazienti, famiglie,infermieri. Si trattava, non a caso, di un giardino che suscitavaemozioni contrastanti. Un sentiero a spirale, che simboleggiava lastoria botanica della Terra, conduceva i visitatori da un’area conalcune delle specie di piante più antiche fin quasi al centro delgiardino, dove fiorivano le «piante mediterranee da produzione ingrado di fornirci cibo anche in futuro, condizioni climatichepermettendo». Al centro del giardino c’era inoltre una vasca condell’acqua che sembrava formare un vortice scuro e implacabile: era ilsimbolo di un buco nero, la fine del tempo. Poco distante, incassato inun muro di pietra, un orologio antico rappresentava la velocità concui scorreva il tempo per chi soffriva di malattia dei motoneuroni. La

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regina Elisabetta incontrò Hawking nel giardino per ammirarne laprogettazione, conversare con lo scienziato e congratularsi con lui.

Un verdetto dal cielo

La sonda WMAP concluse la sua missione nel 2009. La sintesi deirisultati, raggiunta nel gennaio del 2010, annunciò che le fluttuazionidi temperatura su larga scala nella CMBR erano leggermente piùintense di quelle su scala ridotta – sottile ma fondamentale profezia dimolti modelli inflazionari – e inoltre che l’universo era effettivamentepiatto.17 Questa seconda conclusione trovava riscontro ancoramaggiore nel fatto che la distribuzione di punti caldi e freddi nellaradiazione cosmica era complessivamente casuale.18

Mentre la missione WMAP si preparava a scendere verso l’orbitacimitero, poi raggiunta nell’ottobre del 2010, a maggio dell’annoprima l’Agenzia spaziale europea (ESA) lanciò il suo satellite Planck,dotato di alcuni rilevatori in grado di operare alla temperatura dimeno 273,05 gradi centigradi, appena un decimo di grado in più dellozero assoluto. La versione ufficiale e completa delle immagini dellaCMBR, le analisi e gli articoli scientifici non sarebbero stati prontiprima del 2013, ma l’ESA fece un annuncio in anteprima dei risultatiparziali a gennaio del 2011: «Ancora non siamo arrivati al verotesoro, la radiazione cosmica stessa»19 disse David Southwood,direttore ESA per la sezione scienza ed esplorazione robotica. Il primoobiettivo del progetto era stato quello di escludere alcune fonti diradiazione che, presentandosi in primo piano, intralciavano larilevazione della radiazione di fondo. Sono molti infatti i fattori adaver influenzato la radiazione cosmica durante l’evoluzionedell’universo, «una gran quantità di astrofisica “sporca”»20 che hacomplicato il quadro d’insieme – irregolarità dovute al fenomenodella lente gravitazionale, alle sorgenti radio, ai buchi neri o persinoal rumore strumentale. Gli scienziati della missione di Planck si eranoconcentrati in particolare sull’«emissione anomala a microonde», unbagliore legato alle regioni dense e polverose della galassia, ed eranoriusciti a confermare che derivava dai granelli di polvere fatti rotearedalle collisioni con degli atomi in rapido movimento o con la luceultravioletta. Filtrare i dati da questa «nebbia» a microonde nonavrebbe distorto la CMBR, ma l’avrebbe lasciata intatta, consentendo

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ai dati di Planck di descrivere la radiazione cosmica di fondo con unaprecisione mai vista.21

Via via che le osservazioni della CMBR si facevano più dettagliate eprecise, diventava anche più difficile, per qualsiasi modello,conciliarsi con le scoperte. Quelli che ci riuscivano potevano dire diavere dalla loro parte prove sempre più convincenti, gli altri invecevenivano scartati. Si può però affermare che, finora, l’accordo fraosservazioni e previsioni in merito alla CMBR, alla forma complessivadell’universo, alla sua omogeneità su larga scala e alla sua struttura suscale inferiori sembra promettente per la cosmologia inflazionaria.22

Come riassunto da John Barrow: «Le sempre più numerose proveosservative sull’andamento caratteristico delle variazioni ditemperatura nella radiazione cosmica di fondo significano prenderemolto seriamente in considerazione l’idea che la nostra porzione diuniverso visibile abbia subito un’ondata inflazionaria nelle sueprimissime fasi».23

Si presume che le onde gravitazionali dei momenti immediatamentesuccessivi al big bang abbiano lasciato un’impronta distintiva nellaCMBR,24 che però non è facile da individuare. In ogni caso esistonoaltre strade, potenzialmente migliori, per cercare le ondegravitazionali. Kip Thorne, con il suo costante interesse per i buchineri, per un certo periodo ha lavorato con alcuni colleghi allo scopodi ideare una strumentazione in grado di rilevare e misurare in modopiù diretto le onde gravitazionali che si originano negli eventi legati aibuchi neri e nelle prime fasi dell’universo. Una tecnica è quelladell’interferometria laser.

Un interferometro è un congegno che divide un raggio laser in dueraggi, perpendicolari l’uno all’altro. Ognuno si riflette contro unospecchio che lo rimanda indietro sulla sua traiettoria. Quando siincontrano, i due raggi si ricombinano. Ciascuno degli specchi èattaccato a una massa, perciò, se un’onda gravitazionale passaattraverso l’interferometro, allargando e riducendo lo spazio fra lemasse, e di conseguenza gli specchi, questi ultimi si spostanoleggermente e cambiano le distanze percorse dai raggi, producendodelle figure d’interferenza nella luce laser (si veda la figura 19.1).

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Fig. 19.1 Schizzo di un rilevatore interferometrico di onde gravitazionali installato a terra.

Alcuni interferometri laser delle onde gravitazionali sono già dislocatia Hanford, nello Stato di Washington (LIGO); a Hannover, inGermania; e anche a Pisa. Si prevede tuttavia che la nonna di tuttiquesti strumenti, un dispositivo di dimensioni spropositate, verràlanciata nello spazio sotto forma di tre satelliti separati noticollettivamente come LISA, acronimo di Laser Interferometer SpaceAntenna. Una volta al loro posto, i tre satelliti formeranno untriangolo con dei lati lunghi cinque milioni di chilometri; perpercorrerli, la luce impiegherà circa venti secondi (si veda la figura19.2). Quando le onde gravitazionali, stirando e comprimendo lospazio, passeranno attraverso questo immenso «apparato», andrannoad alterare leggermente la distanza tra i satelliti, quindi la distanzapercorsa dai fasci di luce che li congiungono. Di conseguenza,causeranno un’interferenza che la sensibilissima strumentazione saràin grado di misurare.25 LIGO e LISA erano due degli apparecchi di cuiKip Thorne parlava quando promise a Hawking, in occasione del suosessantesimo compleanno, che i rilevatori di onde gravitazionali(LIGO, GEO, VIRGO e LISA) avrebbero verificato le sue «predizioni suibuchi neri dei tempi d’oro» ben prima che compisse i settant’anni.26

Avrebbero fatto meglio a sbrigarsi!

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Fig. 19.2 LISA, l’antenna spaziale a interferometria laser che l’ESA (l’Agenzia spaziale europea) e la NASAcostruiranno, lanceranno e useranno insieme per monitorare le onde gravitazionali a bassa frequenza.

Eredi di WMAP, di Planck e di LISA saranno la Einstein InflationProbe della NASA, una sonda che si concentrerà sulla CMBR, e il BigBang Observer, che si occuperà invece delle onde gravitazionali.Insieme i due approcci potrebbero finalmente produrre qualcosa chefinora nessuna sonda o nessuna missione, compresa quella condottacon enorme successo da WMAP, è ancora stata in grado di darci: latanto sospirata comprensione dei meccanismi fisici e degli ordini digrandezza dell’energia dell’inflazione.27 Le onde gravitazionali offronol’opportunità più diretta che probabilmente avremo mai modo dicogliere per capire com’era l’universo nella prima frazione di secondodella sua esistenza.

Questa prova osservativa dimostrerà in via definitiva se l’inflazioneha avuto luogo o meno? La teoria elabora delle previsioni su comedovrebbero essere gli spettri e le caratteristiche delle ondegravitazionali. Se si scopre che queste previsioni sono esatte, allora cisi troverà di fronte a una conferma decisiva. Se non verrannoindividuate onde gravitazionali, a beneficiarne sarà il modelloecpirotico, secondo il quale l’universo non ha vissuto l’inflazione masi è formato in seguito alla collisione estremamente lenta di duemondi brana tridimensionali che si muovevano in una quartadimensione extra, nascosta, dello spazio.

Alzando la posta

Quando consideriamo il quadro d’insieme suggerito dall’inflazioneeterna, sembra che questa idea sia impossibile da verificare partendodal nostro punto di vista ristretto, incluso nell’oggetto di osservazione

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stesso. Quale prova potrebbe mai essere alla nostra limitatissimaportata?

Stephen Hawking e i suoi colleghi sono ben lontani dal volersiarrendere quando si tratta di formulare ipotesi che possano essereconfrontate con osservazioni future più precise, magari grazie alsatellite Planck. In un articolo scritto nel settembre del 2010,Hawking, Jim Hartle e Thomas Hergot ammisero: «Non c’è modo dipoter osservare la struttura a mosaico [degli universi]. Noi nonvediamo l’universo nella sua pienezza, bensì soltanto una sua regionepiuttosto omogenea [quella che si trova dentro il nostro raggiod’osservazione], all’interno del nostro cono di luce passato».28

Tuttavia, malgrado la possibilità che fluttuazioni molto più grandisiano osservabili soltanto su scale immensamente più estese di quelleche possiamo studiare – delle scale che «trascendono il nostroorizzonte»29–, pensavano che la funzione d’onda dell’universo nellaproposta dell’assenza di confini potesse andare in loro aiuto percalcolare i piccoli scarti rispetto all’omogeneità all’interno di quellaparte dell’universo che ci è possibile osservare. L’assenza o presenza dicasualità nello spettro delle variazioni di temperatura nella CMBRforniscono, a loro parere, informazioni utili sul quadro complessivo –e sul fatto che questo quadro complessivo esista davvero.

Proprio come la «funzione d’onda quantistica» di una particellafornisce qualsiasi traiettoria da essa percorribile tra due punti, lafunzione d’onda dell’universo nella proposta dell’assenza di confinirappresenta tutte le storie fisicamente possibili che il nostro universopotrebbe aver avuto se fosse iniziato nel modo ipotizzato da Hartle eHawking. In un precedente articolo, nel gennaio del 2010, avevanoriferito di aver esaminato una gamma di queste diverse storiedell’universo.30 Con un numero infinito di possibilità, calcolare qualifossero più probabili era un’impresa discutibile. In ogni caso, Hartle,Hawking e Hertog, senza ricorrere alle procedure di rinormalizzazionecome quelle che Richard Feynman aveva definito «assurde» quando luistesso le aveva utilizzate per gestire gli infiniti, si sentivano sicuri digiungere alle medesime conclusioni.31 Divisero le storie dell’universoche stavano studiando in due gruppi.

Come prima cosa si considerino i modelli dell’universo in cui èverosimile che le storie dell’inflazione eterna non abbiano avuto alcunruolo; in altre parole, quelli che non fanno probabilmente parte di un

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mosaico più ampio di universi prodotti dall’inflazione eterna. Se ilnostro rientra in tale categoria, e se ci appare come l’universo checonosciamo oggi, e ancora se Hartle, Hawking e Hertog hanno ragionedi pensare che nei loro calcoli possono utilizzare con profitto lafunzione d’onda della proposta dell’assenza di confini, allora che cosadovremmo attenderci?

1. Nella CMBR, su scale da noi osservabili, un certo andamento noncasuale nello spettro delle variazioni di temperatura.2. Al di là del nostro raggio di osservazione, su scale enormi,un’omogeneità complessiva.3. Solo una piccola quantità di inflazione nel nostro passato.

Sembra tuttavia che le osservazioni della CMBR, anche se non possonomostrarci il punto 2, non avvalorino quelle previsioni.

Si prenda dunque in considerazione un altro gruppo di modelli diuniverso; è probabile che essi facciano parte di uno scenario cheprevede l’inflazione eterna. Se vivessimo in quel genere di universo e,di nuovo, se ci apparisse come l’universo che conosciamo oggi, e seHartle, Hawking e Hertog hanno ragione nel ritenere di poter usare inmodo valido nei loro calcoli la funzione d’onda della propostadell’assenza di confini, che cosa ci dovremmo attendere?

1. Nella CMBR, su scale da noi osservabili, un alto grado dicasualità nello spettro delle variazioni di temperatura.2. Al di là del nostro raggio di osservazione, su scale enormi, unaquantità significativa di disomogeneità.3. Un periodo più lungo di inflazione nel nostro passato.

Ci assomiglia di più! O almeno così sembra, finora. L’assenza o lapresenza di casualità (e il suo grado) osservabile nella CMBR è unfattore chiave.

Hartle, Hawking e Hertog decisero, tuttavia, di alzare ancora laposta in gioco. Nel loro articolo del settembre 2010 calcolavano che ilnostro universo avesse verosimilmente concluso il suo periodoinflazionario al valore più basso del potenziale del campo.32

Prevedono, con una certa precisione, delle osservazioni nell’area chepossiamo osservare (all’interno del nostro cono di luce): non solo che

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ci sarà un alto grado di casualità nello spettro delle variazioni ditemperatura, ma anche nel grado e nel modo in cui, se l’inflazioneeterna è corretta, la distribuzione e lo spettro delle variazioni sidiscosteranno dall’essere totalmente casuali. Citando direttamentel’articolo in questione, per dare un’idea di come si traduce la cosa nellinguaggio della fisica teorica: «… uno spettro sostanzialmentegaussiano delle fluttuazioni delle microonde, con un indice spettralescalare n8 ~ .97 e un rapporto tensore-scalare di circa il 10%». Sitratterebbe di uno scarto estremamente ridotto, e non facile daindividuare.

Ora aspettiamo di vedere se Planck e altre sonde future saranno ingrado di fornire rilevamenti abbastanza precisi da poter verificarequeste ipotesi, oltre a mostrare lo specifico schema di debolifluttuazioni nella temperatura della CMBR previsto dalla stessaproposta dell’assenza di confini di Hawking e Hartle. Il satellitePlanck potrebbe anche essere in grado di individuare delle traiettoriedi raggi di luce curvate in direzioni specifiche, cosa che indicherebbeche il nostro universo possiede una geometria prevista da alcunimodelli del multiverso e dell’inflazione eterna.33

Radiazione di Hawking… terra terra

Mentre Hawking, Hartle e Hertog pensavano a quale prova potesseconfermare la teoria dell’inflazione eterna, un altro gruppo di fisicistava lavorando a un esperimento che avrebbe potuto creare laradiazione di Hawking, non ai margini di un buco nero, né da unorizzonte degli eventi agli albori dell’universo, bensì in laboratorio.Daniele Faccio dell’università dell’Insubria di Varese e la sua équipe diricercatori riferirono di esserci riusciti in un articolo accettato dalla«Physical Review Letters» a fine settembre del 2010.34 Il loroesperimento prevedeva di sparare della luce laser contro un blocco divetro.

L’idea è che mentre l’impulso laser si propaga attraverso il blocco divetro, cambia la velocità alla quale la luce è in grado di viaggiaredentro di esso (l’indice di rifrazione del vetro). La luce vicinoall’impulso rallenta sempre di più man mano che l’impulso penetra el’indice di rifrazione cambia. Se un impulso (chiamiamolo A) venisselanciato all’inseguimento di uno più lento e debole (chiamiamolo B),

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recupererebbe poco a poco e ciò ridurrebbe la velocità della lucevicino all’impulso B. Quest’ultimo rallenterebbe sempre di più, cosìtanto che alla fine si fermerebbe. La punta dell’impulso A,comportandosi come l’orizzonte degli eventi di un buco nero, loavrebbe risucchiato.

Ricordiamo ciò che abbiamo detto riguardo alla radiazione diHawking. Ci sono delle coppie di particelle che continuano adapparire. Le due particelle di una coppia iniziano la loro esistenzainsieme e poi si allontanano. Dopo un lasso di tempo tanto breve daessere inimmaginabile, tornano di nuovo insieme e si annichiliscono avicenda. Vicino all’orizzonte degli eventi di un buco nero, prima chela coppia sia in grado di riunirsi e quindi di distruggersi, la particellacon energia negativa potrebbe attraversare l’orizzonte e finire nelbuco nero; anche quella con energia positiva potrebbe farlo, certo, maciò non è necessario: si è liberata dal legame e può sfuggire sottoforma di radiazione di Hawking. Agli occhi di un osservatore remoto,sembra uscire dal buco nero; in realtà arriva da appena fuori. Nelfrattempo la sua compagna ha portato dentro al buco la sua energianegativa.

Faccio e il suo team osservarono proprio particelle di questo genere– nel loro caso fotoni – per scoprire se, mentre l’impulso attraversavail vetro, il suo orizzonte degli eventi avrebbe catturato una delleparticelle lasciando sfuggire l’altra come radiazione di Hawking. Iricercatori posizionarono una speciale fotocamera, la puntarono sulblocco di vetro e poi spararono 3600 impulsi laser. La macchinaregistrò un debole bagliore giusto in corrispondenza della gamma difrequenze predetta dalla radiazione di Hawking. Escludendoattentamente altre possibili cause del bagliore, i ricercatori deciseroche quella che avevano osservato era di fatto la radiazione checercavano.

Ciò potrebbe valere il premio Nobel a Stephen Hawking,riconoscimento che solo di rado viene assegnato alle teorie, anche allepiù promettenti, se sono prive di prove sperimentali od osservativeche le convalidino? Nel novembre del 2010, non molto tempo dopol’annuncio dell’esperimento presso l’università dell’Insubria, chiesi aHawking se pensava che Faccio e il suo team avessero davvero trovatola sua radiazione. La sua risposta fu enigmatica: «Non riceverò ilpremio Nobel».

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«Sono Stephen Hawking: fisico, cosmologo e un po’ sognatore»

Quando il libro di Hawking Il grande disegno, scritto con LeonardMlodinow, uscì in edizione originale all’inizio dell’autunno 2010, ilsottotitolo non era esattamente nello stile dello scienziato. Recitava:New Answers to the Ultimate Questions of Life, ossia «Nuove risposte alledomande fondamentali della vita», ed era del tutto privo diquell’ironia asciutta che compariva invece nei titoli precedenti: perHawking, infatti, la storia del tempo era stata «breve» e l’universoadatto a essere racchiuso in «un guscio di noce». Sembrava proprioche quel nuovo libro dovesse avere un piglio più serio.

Il grande disegno chiama a raccolta tutte le riflessioni e gli studicondotti da Hawking in più di mezzo secolo per fornirci undettagliato aggiornamento sulla situazione degli sforzi verso unaTeoria del Tutto. Ci sono la somma sulle storie, il principio antropico,il significato di «modelli» e di «realtà», la proposta dell’assenza diconfini, la perdita d’informazione, la critica alla filosofia moderna(questa volta nelle prime pagine invece che nelle ultime), la battagliacon Dio. Già dall’inizio, tuttavia, emerge un drastico cambiamento: laricerca della Teoria del Tutto si è frammentata.

Una volta Isaac Asimov scrisse che «di tutti gli stereotipi che hannoafflitto uomini e donne di scienza, c’è n’è uno che certamente li hadanneggiati più di tutti. Gli scienziati possono essere dipinti come“malvagi”, “pazzi”, “freddi”, “egocentrici”, “con la testa fra le nuvole”o persino “quadrati”, e sopravvivere lo stesso. Purtroppo, però, di lorosi dice in genere che “hanno ragione”, e questo rischia di distorcerel’immagine di una scienza al di là di ogni redenzione».

I sorprendenti cambi di rotta di Hawking che i lettori hanno avutomodo di conoscere nel corso di questo libro contribuiscono adabbattere lo stereotipo descritto da Asimov. Abbiamo visto come lacarriera dello scienziato sia costellata di episodi in cui lui per primoha smantellato le basi delle sue stesse affermazioni: eppure è ancheemerso che quei cambi di rotta non erano mai dei passi indietro o dei

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voltafaccia. Nella sua personale versione del gioco dell’oca, le caselleper alcuni sfortunate non lo allontanano dalla sua meta: lo portanosemplicemente su sentieri più promettenti. Se le cose stanno così,abbandonare la speranza di scoprire una Teoria del Tuttofondamentale è un mutamento enorme, di quelli che Hawking nonavrebbe mai compiuto se non si fosse trovato di fronte a una provaveramente solida che si trattava della sola e unica strada per andareavanti.

Un’altra cosa chiara sin dall’inizio del Grande disegno è cheHawking non guarda più alla sua teoria delle stringhe con lo stessosospetto di una volta. Non è facile individuare il momento esatto incui ha cambiato idea sull’argomento. Secondo molti commenti – nonsuoi, però – sarebbe stato ancora piuttosto «antistringhe» per buonaparte degli anni Novanta; nel 1990 però mi disse (si veda il capitolo13) di pensare che la teoria delle superstringhe era diventata la stradapiù promettente verso una Teoria del Tutto. Aveva ragione, ma… conuna deviazione di mezzo.

La candidata più recente, e forse l’ultima a rivendicare il titolo di«teoria definitiva dell’universo» è la M-teoria. Come Teoria del Tutto,nella sua descrizione più classica, risulta un pochino deludente. La M-teoria non è semplice: non la si può stampare come slogan su unamaglietta, non realizza la promessa della poesia di Wheeler e non ènemmeno all’altezza del canone pitagorico, dove l’armonia e lachiarezza sono una guida verso la verità. Allora significa che potrebbeessere sbagliata? Hawking non ci dice che è corretta, o definitiva, mache comunque è quanto di meglio potremo mai avere.

La M-teoria non è una, bensì un gruppo di teorie; Hawking parla aquesto proposito di «famiglia». Ogni suo membro rappresenta unabuona descrizione delle osservazioni in una certa gamma di situazionifisiche, ma nessuno fornisce una buona descrizione delle osservazioniin tutte. In altre parole, nessuna teoria vale per «tutto». Le teoriepossono sembrare molto diverse l’una dall’altra, ma sono tutte sullostesso piano e sono interpretabili come vari aspetti della stessa teoriafondamentale.1 Quanto a quest’ultima, ancora non siamo in grado, eprobabilmente mai lo saremo, di formularla sotto forma di un’unicaserie di equazioni.

Hawking e Mlodinow paragonano la situazione a una cartina piattadella Terra. Poiché la proiezione di Mercatore utilizzata per

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rappresentazioni del genere fa apparire più grandi le aree mano amano che si procede verso nord o verso sud (più si sale o si scende,più l’effetto di distorsione si accentua), e poiché non mostrano affattoné il Polo Sud né il Nord, tutta la Terra finisce per essere descritta conmolta meno accuratezza di quanta se ne sarebbe ottenuta usando unaserie di più mappe sovrapposte, ognuna per descrivere una regionelimitata. Nei punti di sovrapposizione non c’è conflitto: quella sezionedi mondo sembra sempre la stessa, indipendentemente da quale dellemappe combacianti si consulta, perché sono tutte affidabili e utili perla zona di loro competenza. Nonostante ciò, non esiste un’unicacartina piatta che rappresenti adeguatamente la superficie terrestre, eallo stesso modo non c’è una teoria che da sola fornisca una buonadescrizione di tutte le osservazioni.2

Oggi gli studiosi riconoscono cinque diverse teorie delle stringhe ela supergravità (per una versione della quale Hawking, nel 1980,nutriva alte aspettative) come famiglia di approssimazioni della M-teoria, quella fondamentale. Le sei approssimazioni si possono dunqueconsiderare, nella similitudine di prima, come le mappe più piccole.

Anche se la M-teoria potrebbe non riuscire a soddisfare i nostriideali di comprensione totale dell’universo, non dobbiamo comunquestarcene con le mani in mano a piangere sulla nostra ignoranza dellateoria sottostante. Qualcosa su di essa lo sappiamo. Esistono dieci oundici dimensioni del tempo e dello spazio; ci sono punti materiali,stringhe che vibrano, membrane bidimensionali, oggettitridimensionali e altri che occupano fino a nove (o, in alcune versioni,dieci) dimensioni dello spazio – in altre parole, p-brane.

Abbiamo già parlato dell’idea che le dimensioni spaziali extra, oltrealle tre che sperimentiamo, possano sfuggirci perché sono arrotolatein modo molto compatto, e abbiamo anche accennato a comel’enorme numero di configurazioni possibili avesse in un primomomento scoraggiato chi sperava che la teoria delle stringhe fosseproprio l’unica Teoria del Tutto. In precedenza, per capire il modo incui sono arrotolate le dimensioni, si è fatto ricorso alla similitudinedella canna da giardino. Hawking e Mlodinow ne hanno trovata unamigliore.

I due scienziati ora ci chiedono di immaginare un aereo a duedimensioni. Potrebbe essere, per esempio, di carta. È bidimensionaleperché servono due numeri (coordinate orizzontali e verticali) per

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localizzare qualsiasi punto su di esso. Forse potrebbe non venirvi inmente che anche una cannuccia sia bidimensionale. Per individuareun punto su di essa, bisogna dire dov’è sia rispetto alla lunghezza siarispetto alla dimensione circolare. Supponiamo però che la cannucciasia molto, molto sottile: difficilmente vi porrete il problema diindividuare dove si trova il punto che cercate rispetto a unadimensione circolare così ridotta. Se più che ridotto, come suggerisceHawking, fosse davvero infinitesimale, diciamo un milionesimo dimilionesimo di milionesimo di milionesimo di milionesimo dicentimetro, allora nemmeno penserete che esista una dimensionecircolare. È in questi termini che i teorici delle stringhe ci invitano apensare alle dimensioni extra – arrotolate o curvate su una scalatalmente piccola che noi non le notiamo. Si riferiscono a esse dicendoche sono arrotolate nello «spazio interno».

Nella prima metà degli anni Novanta, i teorici si lasciarono sempremeno scoraggiare dall’immenso numero di configurazioni possibili.Innanzitutto si era capito che i diversi modi di arrotolarsi non sononient’altro che diversi modi di osservare le configurazioni dal nostropunto di vista in quattro dimensioni. In ogni caso, come suggerito daAndrei Linde, la configurazione delle dimensioni spaziali extra restavapur sempre un fattore cruciale, capace di determinare, in ogniuniverso, le sue leggi apparenti della natura. Per quanto numerosesiano le soluzioni previste dalla M-teoria per i modi in cui si puòarrotolare lo spazio interno, esse corrispondono ai tipi di universopossibili, tutti dotati di leggi proprie. Il numero è troppo grande daconcepire.

Hawking suggerisce di pensare alla comparsa di questi universiimmaginando qualcosa di simile all’analogia del palloncino diEddington, quello con la formica che ci cammina sopra, solo che nelsuo caso non si tratta di un palloncino e la formica non c’è. In unaconferenza tenuta nel 2006 al Caltech, lo scienziato chiese ai suoiascoltatori di immaginare l’universo in espansione come la superficiedi una bolla e poi di pensare a come si formavano le bolle nell’acquain ebollizione. Queste ultime nascono e spariscono in grande quantità,come gli universi che si espandono appena e collassano prima disuperare una certa taglia microscopica, senza quindi lasciare spazio agalassie, stelle o forme di vita intelligente. Alcune di queste bolle,tuttavia, nascono piccole ma riescono a crescere abbastanza da

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scongiurare il pericolo di collasso, almeno per molto, molto tempo;per farlo, si espandono inizialmente a velocità sempre maggiore,andando dunque incontro al famoso processo noto come «inflazione».

Il grande disegno rivisita l’idea di Richard Feynman per cui, nellafisica quantistica, una particella che viaggia da un punto all’altro nonpossiede una posizione definita mentre raggiunge la sua destinazione.La situazione è stata interpretata come se, in sostanza, la particellanon seguisse alcuna traiettoria. O, ed era la proposta di Feynman,come se le seguisse tutte simultaneamente. Sotto questa luce, siconsideri la possibilità di moltissimi universi, che è poi la situazioneprevista dall’inflazione eterna. Non basta limitarsi a dire che ogniuniverso ha una sua storia. Anzi, pensando alla somma delle storie,ogni universo ha tante possibili storie e anche tanti possibili stati piùavanti nel corso della sua esistenza. Gran parte di essi sono del tuttoinadatti alla sopravvivenza di qualunque forma di vita; solo unapercentuale infinitesimale permetterebbe l’esistenza di creature similia noi.

Tra tutti i possibili universi, soltanto uno è completamenteuniforme e regolare. Calcolando le possibilità che esso esista,scopriamo che in realtà sono molte. Anzi, è l’universo più probabile ditutti, eppure non è il nostro. Un universo del genere, senza quellepiccole irregolarità primordiali che ora compaiono sotto forma divariazioni nella CMBR, non avrebbe mai potuto ospitarci. Il nostrouniverso deve presentare delle regioni leggermente più dense di altre,di modo che l’attrazione gravitazionale possa radunare la materia eformare quindi galassie, stelle, pianeti, e forse anche noi. Comeformulato da Hawking durante la conferenza al Caltech: «La mappa[relativa alla CMBR] del cielo a microonde rappresenta il pianodell’intera struttura dell’universo. Siamo il prodotto delle fluttuazionidell’universo ai suoi albori».3 Per fortuna esistono, in effetti, moltestorie dell’universo che sono leggermente difformi e irregolari, e sonoquasi altrettanto probabili di quella che lo indica come un tuttoomogeneo e regolare. Non sappiamo quanti universi alternativifiniscono per produrre qualcosa di simile a noi, ma sappiamo che,almeno una volta, è successo.

Un altro concetto familiare e significativo in merito a ciò cheHawking pensa della M-teoria è quello per cui, sul piano quantisticodell’universo, non possiamo osservare senza interferire, senza

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cambiare proprio ciò che stiamo cercando di osservare. Altro concettoancora più importante e meno familiare per la maggior parte di noi:non conta con quanta attenzione e completezza osserviamo ilpresente, perché la parte del passato che invece non possiamoosservare è, al pari del futuro, indefinita. Esiste come gamma dipossibilità, alcune più probabili di altre. Considerando anche lasomma delle storie di Feynman, Hawking conclude: «Vedremo che,come una particella, l’universo non ha un’unica storia, ma tutte lestorie possibili, ciascuna con la propria probabilità; e che le nostreosservazioni del suo stato attuale influenzano il suo passato edeterminano le sue differenti storie».4 Questo concetto non dovrebberisultare del tutto sconosciuto. Prima abbiamo visto come Hawking eHartle abbiano utilizzato la somma delle storie nella fase di sviluppodella loro proposta dell’assenza di confini. Quanto accadutonell’approccio di Hawking si configura come un cambio di enfasi,come comprensione del fatto che la capacità delle nostre osservazionisul presente di decidere tra quelle storie abbia delle implicazioni dienorme rilevanza per il modo in cui concepiamo l’universo.

Si torni indietro al metodo di Feynman per considerare tutte lepossibili traiettorie che una particella potrebbe seguire dal suo puntodi inizio a quello di arrivo. Farlo con la storia di un universo non èaltrettanto facile. Non conosciamo il punto A (l’inizio), ma, almenonel caso del nostro universo, sappiamo svariate cose sul punto B, dovesiamo oggi. Hawking ci chiede di prendere in considerazione tutte lestorie che soddisfano la condizione dell’assenza di confini (storie cheequivalgono a superfici chiuse senza confini – si pensi al globoterrestre) e che portano all’universo che conosciamo oggi (punto B).Esiste una vasta gamma di punti A, anche se non possiamo affermareche includano storie dell’universo che iniziano in «qualsiasi modopossibile», perché ci stiamo limitando a quelle che soddisfano lacondizione dell’assenza di confini. Se dovessimo iniziare pensando alpunto A, finiremmo con diversi possibili punti B, alcuni dei quali sonosimili al nostro universo di oggi, ma che per la maggior parte invecenon lo sono.

Hawking sta invece consigliando di seguire quello che lui chiamaapproccio top-down – dall’alto al basso, dall’oggi allo ieri – neiconfronti della cosmologia: le diverse storie dell’universo vengonotracciate a ritroso a partire dal momento attuale. È un nuovo modo di

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vedere la disciplina, anzi, un nuovo modo di considerare i rapporticausa-effetto. L’universo non ha un’unica storia indipendentedall’osservatore. Siamo noi a creare la storia del nostro universomentre ci troviamo in esso e lo osserviamo. Non è la storia a crearenoi.

Si prenda per esempio la questione del perché, nel nostro universo,esistano solo quattro dimensioni non arrotolate. Nella M-teoria nonesiste una regola generale per cui un universo debba per forza averequattro dimensioni osservabili. La cosmologia top-down dice che deveesserci un’ampiezza di probabilità quantistica per ogni numero didimensioni spaziali grandi da 0 a 10. Può darsi che l’ipotesi con tredimensioni dello spazio e una del tempo non sia la più probabile, maè l’unica che ci interessa.

Considerando l’universo secondo l’approccio precedente, bottom-up– dal basso all’alto, dallo ieri all’oggi –, sembra che non si possascoprire alcuna ragione per cui le leggi della natura sono come sono enon in qualche altro modo, o del perché l’universo è così adatto allanostra esistenza. Eppure constatiamo che le leggi della natura sonoquello che sono, e che noi siamo qui. Perché non partire da questopunto? La nostra presenza è estremamente significativa. Dell’enormelista di universi possibili, essa «seleziona» quelli compatibili con lanostra esistenza, rendendo tutti gli altri quasi irrilevanti – (anche sedovremo riparlarne via via che Hawking prosegue).

Con l’universo senza confini, non occorre più chiedersi com’ècominciato. Non ha avuto inizio. Con la M-teoria non dobbiamo piùdomandarci perché l’universo sia adatto alla nostra esistenza. Èquest’ultima a «scegliere» l’universo in cui viviamo, e in pratica siamonoi ad adattarlo. Il principio antropico ha raggiunto il massimo dellapotenza. Per dirla con le parole dello stesso Hawking: «Sebbene siamominuscoli e insignificanti sulla scala del cosmo, ciò fa di noi in uncerto senso i signori della creazione».5

E qui sorge la domanda: possiamo verificare questa teoria?Hawking scrive che potrebbero esistere diverse misurazioni in gradodi differenziare la teoria top-down dalle altre, convalidandola osmentendola, e forse i satelliti del futuro ci riusciranno. Nella suaconferenza del 2006 al Caltech, Hawking aveva citato la «nuovafinestra sui primissimi istanti dell’universo» che il rilevamento e lamisurazione delle onde gravitazionali avrebbero potuto aprirci. A

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differenza della luce, deviata molte volte dagli elettroni liberi primadi congelarsi quando l’universo aveva 380.000 anni, le ondegravitazionali ci raggiungono dalle fasi primordiali senza alcunainterferenza da parte di qualsiasi materiale.6

Hawking estende il suo approccio top-down alla comparsa di vitaintelligente sulla Terra, offrendo un eloquente resoconto del modo incui il nostro universo, il sistema solare e il mondo sonoincredibilmente adatti a permettere la nostra esistenza, ben al di là diqualsiasi ragionevole aspettativa. Malgrado ciò, ribadendo il principioantropico in modo semplice e incontestabile, lo scienziato ci dice che:«Ovviamente, quando gli esseri di un pianeta che rende possibile lavita esaminano il mondo intorno a loro, non possono non constatareche il loro ambiente soddisfa le condizioni di cui hanno bisogno peresistere».7 Proprio come noi, per il solo fatto di esistere, determiniamoil nostro universo, così scegliamo anche una storia di questo pianeta edel nostro ambiente cosmico che ci consenta di esistere.

Sembra che, con Il grande disegno, Hawking non abbia più dubbi cheogni cosa sia determinata. Il paradosso dell’informazione, conqualunque mezzo sia stato bandito, ha cessato di essere un problema.Viene stabilito, inequivocabilmente, che: «Il determinismo scientificoproposto da Laplace… costituisce di fatto la base di tutta la scienzamoderna».8 Cosa, questa, che Hawking ovviamente non aveva maimesso in discussione. La sua ipotesi precedente, a proposito delleimplicazioni della perdita di informazione, era che tutta la scienzamoderna potesse essere errata. Pare che simili paure siano state messea tacere, perché l’astrofisico prosegue dicendo che il determinismoscientifico è un principio importante in tutto il suo libro,9aggiungendo più avanti: «Questo libro si basa sul concetto dideterminismo scientifico».10

Il determinismo scientifico si applica anche a noi umani: «Sembrache non siamo nient’altro che macchine biologiche e che il liberoarbitrio sia soltanto un’illusione […] Dal momento che non possiamorisolvere le equazioni che determinano il nostro comportamento,ricorriamo alla teoria efficace secondo la quale siamo dotati di liberoarbitrio».11 Forse ci sarebbe piaciuto se Hawking avesse dedicato piùspazio nel suo libro a quest’ultimo punto. Sono stati condotti moltistudi importanti sul libero arbitrio umano, alcuni che lo sostengono ealtri che lo criticano, ma Hawking non entra nel merito. Lui ha fatto

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la sua scelta. Anche il suo commento secondo cui il mondo sarebbenel caos perché «come ben sappiamo, le decisioni sono spessoirrazionali o sono basate su un’analisi imperfetta delle conseguenzedella scelta» ci lascia con il desiderio di un dibattito più esteso. Ilcommento ha l’inconsueta aria di una boutade, se paragonato alleponderate riflessioni che Hawking è solito fare, nel corso delle sueconferenze e in occasione di dichiarazioni pubbliche, sulla situazionemondiale.

Il determinismo si rivela tuttavia un concetto piuttosto complicatoe meno rigido di quanto potremmo supporre. Come già visto inprecedenza in questo libro, sul piano quantistico dobbiamo accettareuna versione in un certo senso riveduta del determinismo, nella quale,dato lo stato del sistema in qualunque momento, le leggi della naturadeterminano le probabilità di più futuri e passati diversi piuttosto chedettarli con precisione. Hawking sottolinea che la natura consente «uncerto numero di eventualità diverse, ciascuna con una dataprobabilità di realizzarsi».12 Si può testare una teoria quantisticaripetendo più volte un esperimento, registrando la frequenza con cuicompaiono certi risultati e osservando se tale frequenza si conciliacon le probabilità previste dalla teoria.

Hawking cita di nuovo le idee che nel 1996 io e lui avevamodiscusso nella vecchia common room del DAMTP, idee per le qualialcune persone ai tempi lo criticavano. Le parole che allora mi rivolsefurono: «Non abbiamo mai una visione della realtà che siaindipendente da un modello. Questo però non significa che non esistauna realtà che invece lo sia. Se non lo pensassi, non potrei continuarea fare scienza». Ora, nel libro Il grande disegno, dichiara con forza che«non esiste alcun concetto di realtà indipendente dalle descrizioni o dalleteorie». Prosegue dicendo che si tratta di «una conclusione che avràgrande importanza in questo libro». A mio parere l’affermazionecontenuta nel Grande disegno riformula sostanzialmente la prima partedel commento che mi rivolse di persona, se non fosse che laconclusione di quest’ultimo non è invece stata ripresa, lasciandoquindi spazio a nuovi interrogativi.

Hawking elenca altri due modi per pensare alla «realtà» che starespingendo. Uno è il punto di vista «realista» della scienza classica,basato sulla convinzione che esiste un mondo vero ed esterno, unmondo misurabile e analizzabile, lo stesso per qualunque osservatore

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che lo studia. L’altro è quello che Hawking chiama «antirealista»: silimita con così tanta ostinazione alla conoscenza empirica, ricavatada esperimenti e osservazione, che poco serve alla teoria e finisce perautodistruggersi con l’idea che, siccome tutto ciò che impariamopassa attraverso il filtro del nostro cervello, in effetti non possiamocontare sul fatto che esista davvero una vera e propria conoscenzaempirica del mondo esterno.

Hawking crede che il suo «realismo dipendente dai modelli» rendasuperflua la disputa fra realismo e antirealismo. Ritiene che l’unicadomanda sensata sia chiedersi se un modello concorda conl’osservazione, non se è «reale». Se lo fa più di un solo modello, nonc’è bisogno di domandarsi quale sia più «reale» o più «giusto». «Lanostra percezione – e quindi le osservazioni su cui si basano le nostreteorie – non è diretta, bensì è modellata da una specie di lente, lastruttura interpretativa del cervello umano.»13 Tutto ciò vale inoltre,dice Hawking, per l’esperienza quotidiana, non soltanto per la scienza.Anche su quel livello infatti, sia che si stiano o meno immaginandodei modelli a livello cosciente, non abbiamo mai una visioneindipendente della realtà. Nonostante ciò, i nostri modi «modello-dipendenti» di vedere la realtà non sono inutili: rappresentano lastrada attraverso cui gli esseri umani arrivano a comprendere e agestire il loro mondo. I modelli stanno in piedi e cadono con il tempo,oppure smettono di corrispondere all’osservazione e all’esperienza.

Non è difficile essere d’accordo con Hawking. Se non mi trovo inuno stato di diniego (cosa che a volte capita probabilmente a tutti), ilpercorso di apprendimento della mia vita avviene esattamente in quelmodo. Io e voi abbiamo storie ed esperienze diverse alle nostre spalle:forse potremmo essere in grado di concordare o meno senza dover perforza stabilire chi ha «ragione» e chi invece «torto». Hawking sisarebbe spinto così in là da applicare la sua filosofia ai punti di vistapiù estremi che dividono il nostro mondo? Sarebbe forse quello ilmomento in cui invocherebbe qualcosa di simile alla seconda parte,decisamente platonica, della sua affermazione? Magari per asserire:«Questo però non significa che non esista qualcosa come il “giusto” elo “sbagliato”; se non lo pensassi, non potrei continuare a vivere inmaniera sensata»? D’altro canto c’è chi sostiene che i valori umanisiano il prodotto della nostra storia evolutiva; secondo questo puntodi vista, «giusto» è soltanto ciò che ha favorito la sopravvivenza della

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nostra specie, nulla di più profondo o fondamentale. Se fosse vero (e acosa si riduce, dopotutto, la «verità» in una logica di questo tipo),allora la moralità indipendente dai modelli sarebbe forse tantoillusoria quanto una realtà modello-indipendente.

Sia come sia, le argomentazioni di Hawking sulla «realtà» tornanodi aiuto con qualcosa che forse vi state chiedendo più o meno dalcapitolo 2: se nessuno ha davvero visto, per esempio, un elettrone,come facciamo a sapere che si tratta di un’entità «reale»?

Vero, nessuno ha mai visto un elettrone. Eppure queste particellesono un utile «modello» che spiega il significato delle traiettorie che sivedono in una camera a nebbia, o quello delle macchie di luce dentroun tubo catodico. Tale modello è inoltre stato applicato, con enormesuccesso, sia nella scienza pura che nell’ingegneria. Ma gli elettronisono reali? Anche se non c’è alcun dubbio che gran parte degliscienziati risponderebbero di sì, secondo Hawking si tratta di unadomanda priva di senso.

Il «realismo dipendente dai modelli», come lo chiama lo scienziato,rappresenta un utile sistema per pensare alle dualità, ovvero quellesituazioni in cui due diverse descrizioni, che magari si escludono avicenda, risultano entrambe necessarie per raggiungere un grado dicomprensione migliore di quello ottenibile tramite una sola delle due.È per esempio il caso del dualismo onda-particella emerso all’iniziodel XX secolo con la scoperta che, quando la luce interagisce con lamateria, si comporta come se fosse composta da particelle, mentre gliesperimenti su come viaggia portano a pensare che sia un’onda.

Tutto ciò ci riporta a pensare con maggiore consapevolezza alla M-teoria. Come abbiamo detto, sembra che nessun modello matematicosia in grado di descrivere tutti gli aspetti dell’universo. Ogni teoriaappartenente alla M-teoria può descrivere solo una certa gamma difenomeni; quando queste aree si sovrappongono, le teorie concordano.Ne consegue che tutte fanno parte della stessa teoria, proprio come,nella similitudine di Hawking, anche le sezioni più piccole facevanocomunque parte della stessa mappa. Nessuna teoria all’interno dellafamiglia è però capace, da sola, di descrivere tutte le forze dellanatura e le particelle menzionate al capitolo 2, più la cornice ditempo e di spazio nella quale si svolge il grande gioco dell’universo.Se questa mappa in apparenza frammentata è il punto in cui deveconcludersi la grande ricerca, allora così sia: «È accettabile nel

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contesto del realismo dipendente dai modelli».14 Non abbiamo più unateoria fondamentale che possiamo dichiarare indipendente dai modellia noi noti.

Hawking e Mlodinow scrivono che tutti gli universi sono stati creatidal nulla, emergendo in modo naturale dalla legge fisica, senza averbisogno di un creatore. Hanno un po’ esagerato con le semplificazioniper essere sicuri di farsi capire. Secondo la teoria dell’inflazioneeterna, appoggiata da Hawking, gli universi in realtà non sorgono dalnulla. Nascono da altri universi. In qualche punto del passato,potrebbe esserci stato un primo universo e una prima sequenzainflazionaria in cui è iniziato tutto, oppure il continuo processo diautoreplicazione potrebbe estendersi all’infinito nel passato. Sipresume che l’origine di quel primo universo (sempre che ne esistauno) possa essere spiegata dalla proposta dell’assenza di confini, checi lascia esattamente dove si era fermato Dal Big Bang ai buchi neri,ponendo le stesse profonde domande che lasciavano parecchio spazioall’intervento di Dio.

Il grande disegno, tuttavia, affronta un altro rebus, quello del motivoper cui il nostro universo è così adatto a garantire la nostrasopravvivenza. Alcuni di coloro che credono in Dio –non ancora messiin guardia dalla teologia del Dio tappabuchi, che si aggrappa alsoprannaturale quando un fenomeno sembra altrimenti inspiegabile –si troveranno di certo a disagio nell’apprendere che Hawking eMlodinow hanno illustrato, con grande efficacia, un’altra spiegazioneplausibile, ricorrendo al metodo top-down e ai multiversi. Hawking hadi nuovo tagliato gli ormeggi a chi crede in Dio solo in quantospiegazione «necessaria». Più interessante dell’attenzione che i libridello scienziato ottengono dai media per via del conflitto fra Dio escienza è il fatto che, nei lettori più attenti e profondi, le loro paginestimolano dialoghi interiori che non sempre si concludono nel modoin cui lo stesso Hawking aveva previsto.

Nel loro ultimo capitolo, Hawking e Mlodinow si chiedono da dovearrivino le leggi della fisica, introducendo la discussione con questocommento: «Le leggi della natura ci dicono come si comportal’universo, ma non rispondono ai perché». Al termine di Dal Big Bang aibuchi neri Hawking aveva scritto che conoscere quella risposta sarebbestato come conoscere la mente di Dio. Ora la domanda è statasuddivisa in tre parti: «Perché questo particolare insieme di leggi e

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non altre?», «Perché c’è qualcosa invece che non esserci niente?» (conle leggi che fanno parte del «qualcosa»), e infine: «Perché esistiamo?».

Per contribuire ad affrontare il primo di questi interrogativi,Hawking e Mlonidow elencano le leggi necessarie in un universo comeil nostro. Innanzitutto devono basarsi su un concetto di energia in cuila quantità totale di energia resta costante, non cambia nel tempo;secondo, devono imporre che l’energia di un qualunque corpo isolatocircondato da spazio vuoto sia positiva; terzo, serve una legge comequella della gravità, la cui teoria presenti supersimmetria tra le forzedella natura e le particelle di materia da esse governate. Adottando ilmetodo top-down, la risposta alla domanda «Perché questo particolareinsieme di leggi e non altre?» si risolve semplicemente con: «Perchéqualsiasi altro insieme di leggi ci impedirebbe di essere qui a porciquesta domanda». Si tratta di una risposta che fa appello al principioantropico, ma la M-teoria, sull’argomento, avrebbe qualcosina in piùda dire: «Perché con tutti i diversi modi in cui si arrotolano ledimensioni extra, considerato che sono proprio loro a determinare leleggi di un universo, ci sarà di sicuro un universo che presenteràproprio quell’insieme di leggi».

Per aiutare il lettore ad affrontare la terza domanda, «Perchéesistiamo?», Hawking e Mlodinow ci spiegano un affascinante giocoper computer, noto come «Gioco della vita», inventato nel 1970dall’allora matematico di Cambridge John Horton Conway. L’aspettoè quello di una scacchiera, con alcuni quadrati «vivi» e altri «morti».Ci sono poi delle semplici regole che decidono «morti», «nascite» e«sopravvivenza» mentre il gioco procede di «generazione ingenerazione». Ben presto diventa evidente come delle regoleestremamente semplici possano svilupparsi in modi molto complessi.Torniamo un istante sull’«alieno superintelligente che non abbianessuna esperienza del nostro universo» del capitolo 2. Chi subentra agioco iniziato si troverà in una situazione simile, cioè in grado didedurre delle «leggi» in base a quello che succede, leggi che sembranogovernare la formazione e il comportamento di complessiraggruppamenti composti da quadrati vivi e morti. Tali leggi, tuttavia,non fanno parte delle semplici leggi originarie, ma ne sono unprodotto. Il gioco è un semplice esempio di «complessità emergente» odi «sistemi auto-organizzanti»; ci aiuta a capire come sia possibile chele strisce di una zebra o i disegni sul petalo di un fiore nascano da un

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tessuto di cellule che crescono insieme.Conway inventò questo gioco come tentativo per scoprire se in un

«universo» dotato di regole di base molto semplici potessero emergeredegli oggetti abbastanza complessi da riprodursi da soli. Nel gioco, èproprio quello che accade. In un certo senso questi oggetti potrebberoaddirittura essere considerati «intelligenti». Il risultato è che uninsieme molto lineare di leggi è in grado di produrre un livello dicomplessità simile a quello della vita intelligente. Per usare le paroledi Hawking: «È facile intuire che leggi leggermente più complicatedarebbero luogo a sistemi complessi con tutti gli attributi dellavita».15 Non c’è accordo sul fatto che questa vita sia poi consapevoledi se stessa.

Quanto appena visto potrebbe sembrare la risposta alla domanda«Perché esistiamo?». Ma è completa? Nel Gioco della vita, non contalo schema con cui si inizia – tutte le «condizioni iniziali» portano allostesso tipo di risultati –, ma un insieme di leggi non è equivalente a unaltro, perché sono loro a determinare l’evolversi del sistema. E con ciòsi torna al primo interrogativo: «Perché questo particolare insieme dileggi e non altre?».

Riassumendo, finora Hawking e Mlodinow hanno risposto allaprima delle tre domande, per il nostro universo, spiegando cheabbiamo un dato insieme di leggi per via del modo in cui sonoarrotolate le dimensioni extra. Gli scienziati potrebbero dare la stessarisposta anche per quanto riguarda le leggi sovrastanti, quelle chegovernano l’intero paesaggio della teoria delle stringhe? Hanno dettoche, di tutte le teorie supersimmetriche della gravità, la M-teoria è lapiù generale, caratteristica che la rende l’unica candidata a essere lateoria del Tutto. «Candidata» lo è tuttora, in attesa di conferme, maHawking la vede come la promessa di un modello di multiverso cheinclude anche noi, perché non ci sono altri modelli coerenti.16

I due hanno risposto alla terza domanda («Perché esistiamo?»)dicendo che, nella moltitudine di universi possibili, uno che consentala nostra esistenza è altamente probabile; da esso, anche dato uninsieme di leggi molto semplici (dettate dal tipo di configurazionedelle dimensioni extra), non è difficile arrivare a noi (si pensi al giocodi prima).

La seconda delle domande («Perché c’è qualcosa invece che nonesserci niente?») è più fondamentale e assai più difficile. Una risposta

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dovrebbe tenere conto di ben altro rispetto al nostro universo, alle sueleggi e a noi: dovrebbe spiegare l’esistenza stessa della teoriasconosciuta che sottende tutte quelle che confluiscono nella M-teoria.Hawking pensa che il multiverso governato da questa famiglia diteorie «generi se stesso», ma non chiarisce in che modo.

Anche l’affermazione, che si sente spesso, per cui «il nulla èinstabile e tende a decadere in qualcosa» implica che un certo numerodi probabilità debbano già essere presenti. La seconda delle tredomande resta dunque irrisolta.

Anche se molti colleghi di Hawking nutrono grandi speranze neiconfronti della M-teoria, quando si tratta del potere esplicativo totaledi quest’ultima sono in pochi a essere ottimisti come lui. In chiusuradi Dal Big Bang ai buchi neri c’erano delle domande, rese esplicite, cherimanevano in sospeso ed evocavano grandi speranze: forse un giornosaremmo stati in grado di risolvere quei misteri. Il tentativo dirispondere a tutti quegli interrogativi con Il grande disegno non è statosufficiente.

La critica non si è dimostrata entusiasta, ed è sembrato che il suoatteggiamento non si basasse tanto sul disaccordo con gli autoriquanto sulla delusione per non essersi trovata di fronte a un libro più«potente». «The Economist» ha commentato: «Ogni volta che laquestione comincia a farsi scottante, gli autori tergiversano e poi siaffrettano a passare oltre».17 «In effetti ci sono svariati interrogativipiù sottili di quanto gli autori pensino.»18 L’asserzione, poi, per cui leidee presentate nel libro avessero superato tutte le verifichesperimentali a cui erano state sottoposte, sarebbe stata «fuorviante»…«È l’essenza della meccanica quantistica a essersi dimostrata coerentecon quello che a oggi sappiamo del mondo subatomico. Leinterpretazioni degli autori e le relative estrapolazioni, invece, nonsono state sottoposte ad alcuna verifica decisiva, e non è chiaro come,un giorno, possano esserlo.»19 Così ha scritto Dwight Garner sul «NewYork Times»: «La vera notizia su Il grande disegno è quella di essere unlibro scarno e sgraziato. La voce seria e sobria utilizzata con tantofascino dal signor Hawking in Dal Big Bang ai buchi neri è stata quisostituita da un’altra a tratti condiscendente, quella di un maestro chespiega le nuvole della pioggia ai bambini dell’asilo, e a trattiimpenetrabile». Garner ha accusato inoltre Hawking di dedicarsi, perusare le parole dello scrittore Timothy Ferris, allo «smercio di Dio»,

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che avverrebbe quando un autore non religioso compie delleaffermazioni su Dio e sulla fede con il solo scopo di vendere libri.20

Non c’è niente che delude o non convince, tuttavia, quando si trattadell’approccio top-down con cui Hawking e Mlodinow presentano laM-teoria. La dichiarazione di Hawking sulle loro implicazioni nellostudio della scienza è uno dei passaggi migliori del libro:

Pare che siamo a un punto critico nella storia della scienza, in cui dobbiamo modificare la nostraconcezione degli obiettivi della ricerca e di che cosa rende accettabile una teoria fisica. Sembra che lecostanti fondamentali e anche la forma delle leggi di natura visibili non siano imposte dalla logica o da unprincipio fisico. I parametri sono liberi di assumere parecchi valori e le leggi di assumere qualunqueforma che porti a una teoria matematica coerente, ed effettivamente assumono valori e forme diverse indifferenti universi. Ciò potrà non soddisfare il desiderio umano di essere speciale o di scoprire una bellaconfezione che contenga tutte le leggi della fisica, ma pare proprio che sia il modo di agire della natura.21

Che significato ha tutto ciò rispetto all’esclusione di Dio? Le critichecontro la fede contenute nel Grande disegno sono più numerose edecise in confronto ad altri libri di Hawking. Ma più il disegno siingrandisce – e quello dello scienziato lo fa in modo davverospettacolare – più sono i lettori, convinti dalla scienza di Hawking maanche fedeli a Dio, che all’interno dell’elegante e complesso scenariodel multiverso non possono fare a meno di porsi degli interrogativi.

Il dibattito religioso, talvolta acceso, è scoppiato non appena illibro ha raggiunto critica e pubblico. Esaminandolo, sorprendescoprire quanto sia chiaro che molti sostenitori, di entrambi i punti divista in realtà non abbiano letto il libro di cui parlano. Tra coloro cheinvece lo hanno fatto, forse meraviglia di meno trovare degli atei checomunque non giudicano efficace il tentativo di Hawking e Mlodinowdi eliminare la necessità di un creatore, come pure dei credenticonvinti che, da questo punto di vista, i due abbiano svolto un lavoromolto accurato. Pare insomma che ateismo o fede non venganointaccati dalle argomentazioni di Hawking, forse perché in fondo sonoscelte molto spesso basate su motivi che nulla hanno a che fare con lascienza. Tra i ragionamenti di chi è in disaccordo con Hawking, i piùinteressanti sono due:

1. A dispetto del potere esplicativo così onnicomprensivo chepresenta il modello di Hawking – e anche se quest’ultimo, un giorno,dovesse rivelarsi una realtà indipendente dai modelli –resta in sospesouna domanda vecchia come il mondo: perché c’è qualcosa, un grandedisegno, invece che non esserci nulla? Il «qualcosa» della M-teoria èmolto, molto più grande ed esteso di quanto mai proposto in

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precedenza. Ma perché esiste qualcosa di cui avere un modello? Certo,la risposta religiosa che adduce la presenza di Dio non è meglio dellarisposta scientifica per cui «esiste una logica matematica di base chenon permette l’esistenza del “nulla”». Sia «Dio» sia la «logicamatematica» sono entrambi «qualcosa», perciò entrambi suscitano unadomanda: chi ha creato Dio? Chi ha stabilito quella logicamatematica?

Ci si potrebbe aspettare di sentir dire da Hawking che la rispostasiamo noi, gli osservatori. È a noi che spetta l’ultima parola. Non c’èbisogno di chiedersi chi o che cosa ci ha creato: noi ci siamo e basta, ela nostra presenza «sceglie» che esista anche tutto il resto. Non ci sonoaltre tesi possibili o necessarie.

Lo scienziato, invece, non percorre questa strada. Non nel suo libroe nemmeno quando parlai con lui nel suo ufficio, nel novembre del2010. Gli citai la domanda che lui stesso aveva posto in Dal Big Bangai buchi neri: «Che cos’è che infonde vita nelle equazioni e checostruisce un universo che possa essere descritto da esse?». Poi glichiesi se, secondo l’approccio top-down, la risposta avremmo potutoessere noi. La sua risposta fu «no».

2. La seconda riflessione si basa sull’idea di una realtà dipendentedai modelli, e chi ne è sostenitore sottolinea come Hawking eMlodinow abbiano scritto che ognuno di noi possiede un personalemodello del mondo, conforme alla propria esperienza di vita, con cuicerca di darle un senso. Saranno modelli per molti versi identici, manon sotto tutti i punti di vista, perché le esperienze di ognuno sonodiverse. Il modello di Hawking non deve includere tutte le esperienzedella presenza e del potere di Dio. Evidentemente lui non ne ha avute,né ha sentito da altri testimonianze che considera attendibili. Perchédovrebbe dunque inserirle nel suo modello? Non ha alcuna esigenza difarlo.

D’altro canto, per chi invece avverte la presenza e la forza di Dio, ilmodello di Hawking è inadeguato: dovrebbe includerlanecessariamente. (Se si è già deciso che tale esperienza non può essere«reale», allora si stanno già violando i dogmi della «realtà dipendentedai modelli» ed è quindi il caso di abbandonare la discussione.)

Supponiamo che, oltre ad avere esperienza di Dio, siate anched’accordo con la scienza di Hawking. Forse siete dei fisici. In tal casoil modello dovrà includere non solo Dio, ma anche tutte le

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straordinarie scoperte e speculazioni degli scienziati del XX e del XXIsecolo. Qualche problema, per caso?

Per fortuna un modello che include tanto la fede in Dio quantoquella nella scienza non è stato escluso né Dal Big Bang ai buchi neri nédal Grande disegno. È possibile, e non da pazzi, almeno stando aquanto sostengono sia molti dei colleghi di Hawking sia atei ecredenti entrati nel dibattito. Leggete Il grande disegno con attenzione,tenendo la mente aperta, e probabilmente converrete che è così.Abbiamo quindi due diversi modelli, uno con Dio e uno senza.Secondo la «realtà dipendente dai modelli», è insensato anchechiedersi se uno sia più «reale» dell’altro, ed è incoerente, da parte diHawking, essere così sicuro che il suo universo senza Dio rappresentila «realtà».

Forse starete pensando che non è appropriato applicare la realtàdipendente dai modelli alle nostre personali visioni del mondo, masembra che Hawking pensi il contrario quando dichiara:

Il nostro cervello interpreta i segnali provenienti dagli organi sensoriali costruendo un modello del mondoesterno. Ci formiamo così concetti mentali della nostra casa, degli alberi, delle altre persone, dell’elettricitàche fluisce dalle prese nelle pareti, degli atomi, delle molecole e di altri universi. Questi concetti mentalisono l’unica realtà che possiamo conoscere. Non esiste nessuna verifica di realtà indipendente daimodelli.22

È innegabile che i nostri modelli includeranno dell’altro oltre a questiattributi fisici dell’universo: avranno in sé, come già visto, convinzionisu ciò che è giusto e sbagliato. Per fare un caso estremo: saremmotenuti a rispettare un «modello» creato attraverso una lente di odio,egoismo e pregiudizi? Dalle dichiarazioni pubbliche di Hawking suidiritti umani e sulla politica sappiamo che, almeno a livello pratico,lo scienziato non estende la realtà dipendente dai modelli anche a unamoralità che lo sia altrettanto.

Nella mia mente sono libero

Quando, nel novembre del 2010, io e Stephen Hawking iniziammo adiscutere dei progetti che avevo su questo libro, lui mi chiese di fareattenzione a includere le sue ultime idee sull’inflazione eterna e leosservazioni che a suo parere avrebbero potuto contribuire averificarla. Sono quelle che avete letto nel capitolo 19. La sua secondarichiesta fu di non dimenticarmi di citare la sua nuova serie televisiva,

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che sarebbe stata trasmessa nel Regno Unito all’inizio del 2011. Sitrattava di un documentario in tre parti dal titolo Stephen Hawking’sUniverse (lo stesso di una serie precedente), che sarebbe andato inonda anche negli Stati Uniti come Into the Universe with StephenHawking.

Questa volta non è da una sala conferenze o dal suo ufficio cheHawking ci invita a intraprendere un’avventura nel tempo e nellospazio, bensì dalla hall del suo college, il Gonville and Caius. Lelunghe tavolate di legno sono state spinte contro le pareti; Hawkingsiede nella carrozzella, solo nello splendido salone rivestito di pannellidi legno. Il suo ritratto campeggia su una parete, insieme a quelli dialtri luminari del college passati e presenti. Con la sua voce familiare,esordisce dicendo: «Salve, sono Stephen Hawking: fisico, cosmologo eun po’ sognatore. Anche se non posso muovermi, e devo parlaretramite un computer, nella mia mente sono libero».23 Questaaffermazione si dimostra abbondantemente corretta mentreviaggiamo con lo scienziato attraverso l’universo, sia nel tempo enello spazio, per incontrare le meraviglie che lui conosce o che habuoni motivi per pensare ci siano, sia nella sua immaginazione, perscoprire i paesaggi e le creature che secondo lui potremmo trovare.Nella spettacolare trilogia mandata in onda, Hawking, insieme airesponsabili della computer animation e della fotografia astronomicapiù all’avanguardia, riesce a evocare una consapevolezza da brividisulle distanze enormi e le galassie infinite – in altre parole,sull’assoluta, stupefacente, inconcepibile immensità dello spazio e deltempo.

Hawking non narra in prima persona. Addirittura prima che terminila sua frase introduttiva, la sua voce si è già trasformata senza stacchiin quella di Benedict Cumberbatch, l’attore che aveva interpretato laparte dello scienziato da giovane nel film Hawking. Di tanto in tantola voce del vero Hawking torna per pochi secondi, e così la scenanella hall del Caius, giusto per ricordarci chi sta veramenteraccontando il tutto.

Per il primo dei tre episodi, lo scienziato e gli animatori avevanoideato dei fantomatici extraterrestri a cui Hawking avrebbe subitodovuto sparare con il suo minilanciarazzi se si fossero mai presentatinel suo ufficio – in barba alla Prima Direttiva. Sebbene Hawkinginsista sul fatto che il miglior punto di osservazione, se si vuole

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esplorare la vita nell’universo che ci circonda, sia il nostro pianeta –dimora delle uniche forme di vita conosciute – alla fine ci guida benoltre la Terra, il sistema solare e la nostra galassia. Ci spiega che nelcosmo potrebbero esserci forme di vita così strane che nemmeno lericonosceremmo come tali. E ci sentiamo dire, rabbrividendo, che«non conta come sono ma cosa possono fare»: per esempio,presentarsi in sciami di navicelle spaziali ad alta tecnologia rubandoin pochi secondi tutta l’energia del Sole, rinchiudendola dentro deglispecchi e infine concentrandola per creare un buco nero. E sì, quandosi tratta di buchi neri, non può non entrare in scena Hawking, aprescindere da quando scoraggianti siano state alcune delle sue piùrecenti dichiarazioni in merito. In effetti potrebbe essere possibile, peruna civiltà molto progredita, creare un buco nero. Ma è davveroun’eventualità estremamente improbabile? Forse sì, ma lo scienziatoconclude ricordandoci quanto in precedenza imparato daldocumentario riguardo la nostra comparsa sul pianeta Terra. «Bastaguardare a noi stessi per capire che anche le cose più improbabilipossono accadere, e accadono, in qualsiasi momento.»24

In Time travel, la seconda puntata della trilogia, Hawking ammettedi essere «ossessionato dal tempo» e particolarmente incuriosito dallaquestione su «come termina l’intera nostra storia cosmica». Si tratta diun episodio in cui viene compiuto un intenso ripasso sulla possibilitàdi viaggiare nel tempo. Attraverso lo spazio e il tempo si formano eriformano di continuo dei minuscoli buchi neri, che collegano tra loroluoghi e momenti separati. Uno di questi cunicoli potrebbe esserecatturato e ingrandito, svariati miliardi di volte, per essere poi usatocome macchina del tempo? Viaggiare nel passato, in questo o altrimodi, è possibile? Hawking fa stampare un invito, di cui sperapossano sopravvivere delle copie per diverse migliaia di anni; poi fapreparare dello champagne, disporre degli stuzzichini dall’ariainvitante e infine appendere uno striscione con la scritta: «Benvenuti –Rinfresco per viaggiatori all’indietro nel tempo». L’invito forniscetutte le informazioni e le coordinate necessarie per trovare loscienziato e prendere parte al banchetto. Non si presenta nessuno.Forse neanche uno degli inviti è sopravvissuto abbastanza, ma, in uncollege di Cambridge, almeno uno o due avrebbero probabilmentedovuto riuscirci. Poiché nessuno risponde all’invito, e per altreragioni, come una «regola di base che governa l’intero universo»,

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secondo cui la causa avviene prima dell’effetto, o ancora paradossiirrisolvibili e l’inevitabile ritorno di radiazione che distruggerebbe unbuco nero prima di poterlo usare, Hawking conclude dicendo che no,non possiamo viaggiare indietro nel passato.

Però possiamo farlo nel futuro, e senza dover dipendere dai buchineri. Einstein si era accorto che il tempo non scorre ovunque allastessa velocità, ed è ormai un fatto assodato che avesse ragione. Lamateria agisce sul tempo rallentandolo, e questo significa che uncorpo massiccio può fungere da macchina del tempo. Una navicellaspaziale che vola vicino all’orizzonte degli eventi di un buco nerosupermassiccio, dotata di un sistema di navigazione abbastanzaevoluto e di una velocità tale da impedire la caduta, effettuerebbe unnotevole salto in avanti nel tempo. Dopo circa cinque anni (calcolatidal punto di vista dell’equipaggio) vicino al buco nero, si scoprirebbeche in realtà, sulla Terra, di anni ne sono passati dieci. Viaggiare auna velocità prossima a quella della luce funzionerebbe molto meglio,anche se proprio quel rallentamento del tempo che lo renderebbe unsistema più rapido per raggiungere il futuro è anche lo stesso fattoreche rende impossibile spostarsi a una velocità pari o superiore a quelladella luce. I passeggeri che viaggiassero, per esempio, a bordo di untreno progettato per raggiungere una tale velocità, in grado dicircumnavigare la Terra sette volte al secondo, potrebbero tornaredopo una sola settimana del «loro» tempo e scoprire che il mondo, nelfrattempo, è andato avanti di centinaia d’anni.

È nella terza parte della trilogia che la serie raggiunge il suo veroculmine. Prima Hawking ci porta agli albori dell’universo perosservare il big bang; ammette che sarebbe stato tutto buio, perché laluce ancora non esisteva, quindi in realtà vederlo non era possibile.Nemmeno lo spazio esisteva. Non c’era un «fuori» rispetto all’universoda cui osservarlo. «Tutto quello che c’era era dentro.»25 Attraversiamol’epoca inflazionaria; siamo testimoni dell’annichilazione di materia eantimateria, con l’intero futuro dell’universo che dipende da quelbriciolo di materia in più rispetto all’antimateria; infine apprendiamoa più riprese l’enorme importanza della forza di gravità nel crearel’universo che conosciamo. Assistiamo a una vivida dimostrazionedella democrazia di Wheeler per mezzo di cuscinetti a sfera cheentrano rotolando nella hall dalle porte del Caius. L’animazione ce lemostra tutte perfettamente equidistanti l’una dall’altra, formando un

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ingorgo che non avrebbe mai lasciato posto al «nostro» universo. Seperò si rimuovesse anche solo una manciata di cuscinetti a sfera, unoqui e uno là, andando quindi a interrompere la distribuzione regolare,allora la gravità prenderebbe piede – un altro esempio, sottolineaHawking, di come nel nostro universo l’imperfezione siaassolutamente necessaria. Alla fine giungiamo davvero all’universoche conosciamo, e oltre. Hawking ci porta nel futuro, e lui è unautentico, straordinario «futurologo». Il suo invito a colonizzare altripianeti è più che chiaro, e le sue previsioni per la Terra sconfortanti. Èancora preoccupato come lo era da giovane del rischio checomportano le armi nucleari – «Siamo abbastanza intelligenti daprogettarle, ma forse non altrettanto da non usarle»26 – eppure ci sonoaltre eventualità con ancora più chance di farci venire gli incubi.Ammette inoltre che, sulla strada per trovare un’altra «casa»nell’universo, gli ostacoli sono enormi.

Che dire poi dell’altra questione, ovvero come si conclude tutta lanostra storia cosmica? «Il destino dell’universo» ci dice «dipende dacome si comporterà l’energia oscura.»27 Sta aumentando? Continueràad allargare lo spazio, guidandone l’espansione? Alla fine tutte leparticelle saranno così lontane l’una dall’altra che non potràsuccedere più nulla? Oppure la forza dell’energia oscura diminuirà,consentendo alla gravità di riportare di nuovo tutto insieme in un bigcrunch? Non lo sappiamo. La conclusione è molto lontana. Hawkingracconta che in uno dei suoi viaggi in Giappone gli era stato chiesto dinon fare accenno al destino dell’universo per evitare di turbare ilmercato azionario, ma lui è dell’idea che non sia ancora arrivato ilmomento di svendere. Il suo consiglio per quell’evento così distantenel tempo è quello di scoprire il modo per viaggiare in un altrouniverso. Abbiamo circa trenta miliardi di anni per pensare a comeriuscirci.

Nella serie televisiva, Hawking sceglie di non criticare apertamentela fede in Dio. Dopo averci mostrato sequenze mirabolanti cheillustrano gli svariati punti di svolta della storia dell’universo, neiquali le cose rischiavano realmente di prendere una piega sbagliata, etravolgendoci con l’assoluta grandezza e l’elegante genialità del tutto,dichiara con la propria voce: «Forse la scienza ha svelato che all’operac’è una qualche forza superiore, in grado di stabilire le leggi dellanatura in modo da consentire sia a noi sia al nostro universo di

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esistere. C’è dunque un grande disegnatore, che ha messo in fila tuttele svolte fortunate? Dal mio punto di vista, non necessariamente».28 Aquel punto lo scienziato continua a parlare del principio antropico edella possibilità di molti tipi di universi. Il suo obiettivo sembraquello di esporre, oltre alla sua opinione, la nostra conoscenza e lenostre congetture, e con ciò rendere gli spettatori entusiasti,meravigliati e curiosi dell’universo quanto lo è lui. Da lì in avanti,siamo soli. Lo scienziato arriva persino a dire che, forse, di rispostedefinitive non ne abbiamo; negli ultimi momenti del documentarioafferma infatti: «Può darsi che un giorno risolveremo il misterofinale… scopriremo il perché dell’esistenza dell’universo».29 Into theUniverse with Stephen Hawking ci lascia non solo sgomenti di fronteall’universo, ma anche a bocca aperta al cospetto di noi stessi, noicreature capaci di scoprire e comprendere una quantità stupefacentedi fenomeni. Ma la questione rimane. Errol Morris, il regista dellaversione cinematografica di Dal Big Bang ai buchi neri, aveva detto che,ogniqualvolta si cimentava con un film, si imponeva anche una sfida:«Estrapolare la verità di una situazione senza violarne il mistero».Hawking ci è riuscito.

La magnifica trilogia, accompagnata da una colonna sonoraaltrettanto splendida, si avvicina forse al sogno che la pellicola diMorris, malgrado l’abilità del regista, non aveva realizzato. C’è lapossibilità che corrisponda, infatti, al prodotto che Hawking all’iniziosperava di ottenere con il film per il cinema, se non fosse che nell’arcodi venticinque anni la computer animation ha fatto passi da gigante, eche il sogno stesso è cresciuto a dismisura.

2010-2011

Prima di iniziare a scrivere questo libro, nel novembre del 2010 sonotornata da Hawking per la prima volta dopo diversi anni. Il suoufficio era cambiato di poco. Il grande quadro di Marilyn non era piùappeso alla parete, ma giaceva inspiegabilmente sul pavimento. Lefotografie di William, il figlio di Lucy, erano ancora sugli scaffali, e inmezzo ad alcuni documenti vicino al computer dello scienziatospuntava anche una piccola foto a colori di lui ed Elaine.Sull’estremità della scrivania più vicina alla porta c’era una misteriosacomposizione di pietre, disposte sopra un grosso piatto, che

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emettevano un debole vapore ma senza profumo; era strano, perché ilvapore ricordava degli strati di nuvole sottili, simili ad ali, con unminuscolo bordino tutto intorno. Judith Croasdell, l’assistentepersonale dello scienziato, mi disse che si trattava di uno specialeumidificatore, scelto diversi anni prima da Elaine, che favoriva larespirazione. Il liquido necessario a farlo funzionare non era sempliceacqua, e una vasta scorta di bottiglie occupava infatti buona partedello spazio per l’archiviazione sotto una finestra laterale. Fuoritroneggiava il padiglione che nel 2000 ancora non era stato costruito,ma in fondo non guastava il paesaggio. Nell’ufficio regnavaun’atmosfera felice e serena.

La conversazione con Hawking si svolse, come sempre, con noi dueseduti dietro la sua scrivania, rivolti verso lo schermo del computer.Lui controllava il cursore muovendo un muscolo della guancia.Quando sceglieva una parola, il marchingegno applicato alla parteposteriore della sedia a rotelle emetteva un debole segnale acustico.

Il software sullo schermo sembrava lo stesso, ma lo scienziato avevaanche la possibilità di usarne un altro. Non sono in grado di dirviquale dei due stesse utilizzando in quell’occasione, ma di certol’impressione era che non funzionasse troppo bene. La velocità discrittura si era abbassata considerevolmente. Mi hanno detto che se ilmovimento della guancia o dell’occhio non funzioneranno più,esistono altre possibilità, compresa una connessione diretta alcervello. Non ogni singola parte di una conversazione richiede ilcomputer. Se Hawking solleva un sopracciglio, vuole dire «sì». Se labocca va all’ingiù, «no». Si capisce ancora quando sta sorridendo. Èstato da poco sottoposto a un intervento di cataratta e probabilmentegli occhiali non gli servono più, ma continua a portarli.

Nel corso della nostra conversazione, all’improvviso le persiane siabbassarono da sole, perché fuori si era fatto buio. Mi ero dimenticatache, in quell’edificio supermoderno, certi dettagli eranocompletamente automatizzati. Le infermiere si diedero il cambio.Quella che staccava, una donna seria e garbata, si avvicinò persalutare Hawking senza attendere una risposta.

Ogni volta che parlo con lui cerco di formulare le domande inmodo da permettergli di rispondere soltanto con un «sì» oppure conun «no», benché in genere lui prosegua lo stesso. Quel pomeriggio eroparticolarmente interessata a porgli delle domande su un possibile

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cambiamento di opinione circa la realtà indipendente, suggerito dallepagine del Grande disegno, rispetto a quando ne avevamo parlato nel1996. Gli citai le parole che aveva usato allora: «Non abbiamo maiuna visione della realtà che sia indipendente da un modello. Questoperò non significa che non esista una realtà che invece lo sia. Se nonlo pensassi, non potrei continuare a fare scienza». Gli domandai seavrebbe cambiato qualcosa di quella frase, magari per dire: «La realtàindipendente è che non esiste alcuna realtà indipendente». Questa lasua risposta: «Continuo a pensare che esista una realtà sottostante,soltanto che l’immagine che noi ne abbiamo dipende da unmodello».30

Attacco all’immortalità

Nella primavera del 2011 Hawking esternò con schiettezza parte dellasua personale visione del mondo in occasione di un’intervistarilasciata al quotidiano «Guardian»31 e di un incontro londinese di«Google Zeitgeist». Queste le parole che finirono nel titolodell’articolo che seguì: «Non esiste il paradiso, o la vita dopo lamorte… quella è una favola per chi ha paura del buio». È chiaro cheHawking stava esprimendo un’opinione sulla quale nessuno, luicompreso, aveva qualunque tipo di prova a favore o contraria, ma luichiarì il suo punto di vista esprimendo la propria visione del cervelloumano. Una delle scuole di pensiero che si occupa di questoargomento considera il cervello un «computer», e la «mente» soltantoun suo prodotto: a quanto pareva, Hawking aveva deciso di farneparte. «Considero il cervello» disse «come un computer che smette difunzionare quando le sue componenti si rompono. Non esiste unparadiso o una seconda vita per i computer fuori uso.» Ergo, nienteparadiso o seconda vita nemmeno per noi.

In risposta alla domanda dell’intervista «Come dovremmo vivere?»,Hawking aveva risposto: «Dovremmo perseguire il più alto valore perle nostre azioni».

Alle parole dello scienziato seguirono, inutile dirlo, numerosicommenti. Anche se alcuni le interpretarono come dichiarazioni diateismo, altri sottolinearono che Hawking si riferiva alla fedenell’immortalità umana, non a quella in Dio. Non tutti coloro checredono in una presenza divina, infatti, credono anche nel paradiso o

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in una seconda vita. Altri lettori sottolinearono che spesso erapossibile trasferire tutto il contenuto immateriale di un computervecchio in uno nuovo, magari utilizzando una chiavetta di memoria, echiesero con ironia se un’operazione del genere potesse rappresentareuna sorta di «trasmigrazione dell’anima».

Il «Guardian» pubblicò per intero una ponderata risposta all’articolosu Hawking, sebbene fosse più lunga dell’intervista stessa.32 A scriverlaera stato Michael Wenham, anche lui malato di SLA. «Per chi si trovadi fronte alla “prospettiva di una morte prematura”,» diceva Wenham«con dinanzi a sé un preludio probabilmente poco piacevole, l’ideadell’estinzione non è più temibile del sonno. Trovo molto offensivoaccusarmi di credere che potrebbe esserci una vita dopo la morte soloperché ho paura del buio.» Wenham definì il commento di Hawking«tanto triste quanto disinformato. L’apertura verso la possibilitàteorica che esistano undici dimensioni e delle particelle fondamentali“ancora da scoprire” dimostra un’umiltà intellettuale stranamente incontrasto con l’esclusione, invece, della possibilità che esistano altredimensioni dell’esistenza».

Wenham concluse così il suo intervento: «Ovviamente non possodimostrarlo, ma ho buoni motivi per scommetterci la vita che, al di làdella morte, ci sarà un’altra grande avventura; prima però devo finirequesta».

Che Stephen Hawking sia pronto per fare un’altra scommessa?

Continuare a pensare

Attualmente Hawking segue due dottorandi e, all’ora del tè, continuaa tenere banco nella common room. Sì, perché ora ne ha una pocodistante dalla porta dell’ufficio, imboccando il corridoio e passandooltre l’ascensore. Un cartello sull’ingresso annuncia che si tratta della«Potter Room», ma ufficialmente è il Centre for TheoreticalCosmology, che viene utilizzato non solo all’ora del tè, ma anche perriunioni, conferenze e congressi. La sala è ampia e gradevole, contavolini bassi, sedie e, in un angolo, un bancone per servire cibo ebevande; è poco illuminata, come del resto lo era per gran parte dellagiornata anche la common room di Silver Street. Grosse lavagne nere,che nella vecchia sala mancavano, occupano buona parte di duepareti. Non le ho mai viste senza qualche equazione scritta sopra. In

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un angolo, sopra una colonna, fa bella mostra di sé un busto diHawking – direttore della ricerca. È una splendida riproduzione delloscultore Ian Walters.

Hawking abita ancora nella grande casa costruita per sé e perElaine. Continua a frequentare i concerti e l’opera, soprattutto Wagner(quando andai a trovarlo in novembre, la settimana dopo lo aspettavail Tannhäuser al Covent Garden), anche se ultimamente non è stato aBayreuth. Continua anche a viaggiare, quanto possibile con il suo jetprivato. Nel gennaio del 2011 era di nuovo al Caltech. Quando a LosAngeles assistette alla rappresentazione teatrale 33 Variations, in cuiJane Fonda impersonava una musicologa con i primi sintomi dellaSLA, i giornali dissero che l’attrice era tanto emozionata di conoscerelo scienziato quanto molti fan lo sarebbero stati di conoscere lei. Amarzo dello stesso anno dovetti correre per sottoporre a Hawking unaserie di domande prima che lui tornasse di nuovo dall’altra partedell’Atlantico per una conferenza al «Cook’s Branch», vicino aHouston, in Texas. È un centro congressi immerso in una riservanaturale, dove i fisici di tutto il mondo si riuniscono una volta l’annoper rivedersi, affondare i denti in questioni teoriche che lascerebberosbigottiti molti di noi e magari, perché no, anche per vivere allabuona, dormendo nei bungalow con i ventilatori da soffitto chegirano lenti sopra la testa.

Che Hawking sia a Cambridge, a Seattle o in Arizona, dove Lucytrascorre parte della sua vita, la sua famiglia (che ora include trenipoti: William, figlio di Lucy, più i due di Robert e Katrina), maanche Jane e il marito Jonathan, si trovano sempre a proprio agio conlo scienziato. Quando lui e Lucy hanno scritto quei libri insieme, traloro è nata una nuova complicità. In un’intervista rilasciata ad aprile,all’astrofisico venne chiesto, posto che fosse possibile viaggiare neltempo, quale momento del suo passato avrebbe rivissuto, il miglioredi tutti. La sua risposta: «Tornerei nel 1967 e alla nascita del mioprimo figlio, Robert. I miei tre figli mi hanno dato molta gioia».33 Lamadre Isobel, mentre viene scritto questo libro, è ancora viva. Ha daun pezzo superato i novant’anni e di tanto in tanto mette ancora inriga il figlio. Ha detto, con schiettezza:

Probabilmente non tutte le cose che dice Stephen devono essere prese come verità di Vangelo. Stephen èun ricercatore, è uno che esamina. E se qualche volta dice delle sciocchezze, ebbene, non capita a tutti noi?Il punto è che la gente deve pensare, deve continuare a pensare, deve cercare di allargare i confini del

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sapere; eppure certe volte non sa nemmeno da dove cominciare. Non si sa dove stanno i confini, vero?34

John Wheeler definiva quei confini, quelle frontiere proprie non solodella scienza ma anche del sapere umano, gli «infuocati baluardi delmondo». E comunque sì, sappiamo dove stanno. Non solo in qualchepunto distante: riempiono il nostro mondo.

Come disse lo stesso Hawking a proposito delle sue avventure neipressi di quei baluardi:

Con il senno di poi potrebbe sembrare che ci sia stato un grande disegno prestabilito per affrontare inotevoli problemi riguardanti l’origine e l’evoluzione dell’universo. In realtà non è stato così. Io non avevoun piano premeditato: ho seguito l’intuito e ho fatto qualsiasi cosa che al momento mi sembrasse possibilee interessante.35

Stephen Hawking ha fatto ritorno a Cambridge dal Texas edall’Arizona, dove si era fermato a trovare Lucy e William, a metàaprile del 2011, il giorno in cui ho finito di scrivere questo libro. JoanGodwin è andata da lui per preparargli qualcosa da mangiare. Inufficio era tutto pronto ad accoglierlo, le pietre emettevano il lorovapore benefico. «Il capo» era tornato, deciso a continuare con le sueavventure fintanto che la salute e la capacità di comunicare glieloavrebbero permesso. Un bambino mai cresciuto che ancora chiedesempre come e perché, e che di tanto in tanto trova una risposta chelo soddisfa. Almeno per un po’.

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Ringraziamenti

Vorrei ringraziare Stephen Hawking per il tempo che mi ha dedicatoaiutandomi a comprendere le sue teorie e sopportando con pazienzaalcune domande molto ingenue.

Sono inoltre grata alle persone che seguono per avermi assistito indiversi modi, anche leggendo e controllando alcune parti di questovolume per poi discuterne con me. Alcune di loro non hanno avutodirettamente a che fare con questo libro, e qualcuna non è più in vita;ciononostante, il modo in cui mi hanno aiutato, nel corso degli anni, acapire il lavoro di Stephen Hawking e il suo significato scientificorende doveroso per me ricordarli ora.

Sidney Coleman, Judith Croasdell, Paul Davies, Bryce DeWitt, YaleFerguson, Matthew Fremont, Joan Godwin, Andrei Linde, Sue Masey,Don Page, Malcolm Perry, Brian Pippard, Joanna Sanferrare, LeonardSusskind, Neil Turok, Herman e Tina Vetter, John A. Wheeler e AnnaZytkow.

Voglio altresì sottolineare che ogni eventuale errore va sotto la miaresponsabilità.

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Glossario

ANTIMATERIA – Materia costituita da antiparticelle.ANTIPARTICELLA – Per ogni tipo di particella, esiste un’antiparticelladotata di proprietà opposte, come il segno della sua carica elettrica(per esempio, l’elettrone ha carica elettrica negativa, mentrel’antielettrone – detto anche positrone – ha carica elettrica positiva)e altre qualità che non abbiamo preso in considerazione in questolibro. Tuttavia, le antiparticelle dei fotoni e dei gravitoni sonoidentiche alle loro rispettive particelle.BOSONE – Particella con uno spin espresso in numeri interi. Leparticelle messaggere – o «portatrici» – delle forze (gluoni, W+, W–,Z°, fotoni e gravitoni) sono bosoni.BUCO NERO – Una regione dello spazio-tempo dalla forma sferica (conun leggero rigonfiamento equatoriale nel caso di un buco nerorotante) che non può essere vista da osservatori remoti perché lasua attrazione gravitazionale è talmente forte che nulla, nemmenola luce, è in grado di sfuggirle. I buchi neri possono formarsi dalcollasso delle stelle di grande massa. Questa è la definizione«classica» di un buco nero; Hawking ha però mostrato che un buconero irradia energia e che, quindi, potrebbe non essere del tutto«nero». (Si veda anche BUCO NERO PRIMORDIALE.)BUCO NERO PRIMORDIALE – Minuscolo buco nero non creato dal collasso diuna stella bensì dalla pressione della materia nei primissimi stadidella vita dell’universo. Secondo Hawking, quelli più interessantihanno una grandezza più o meno pari a quella del nucleo di unatomo, con una massa di circa un miliardo di tonnellate.CONDIZIONI AL CONTORNO (O DI CONFINE) – Lo stato dell’universo nel suo istanteiniziale, prima che fosse trascorso un qualunque intervallo ditempo. O anche il suo stato in corrispondenza di un qualunque altrosuo «margine» (la fine dell’universo, per esempio, o il centro di unbuco nero).CONDIZIONI INIZIALI – Le condizioni al contorno all’inizio dell’universo,prima che fosse trascorso un qualunque intervallo di tempo.CONSERVAZIONE DELL’ENERGIA – La legge scientifica che afferma che l’energia

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(o il suo equivalente in massa) non può essere né creata nédistrutta.COPPIE DI PARTICELLE – Particelle appaiate che vengono create ovunque econtinuamente nel vuoto. Vengono di solito considerate comeparticelle virtuali, hanno una vita estremamente breve e nonpossono essere rilevate se non in modo indiretto, osservando il loroeffetto su altre particelle. In una frazione di secondo, le dueparticelle di una coppia devono incontrarsi nuovamente eannientarsi a vicenda.COSMOLOGIA – Lo studio dell’immensamente grande e dell’universo nelsuo complesso.COSTANTE COSMOLOGICA – Nella sua teoria della relatività generale, AlbertEinstein introdusse una «costante cosmologica» con lo scopo dicontrobilanciare la gravità; senza di essa, la teoria prediceva chel’universo avrebbe dovuto o espandersi o collassare, e Einsteincredeva che entrambe queste alternative fossero false. In seguito,definì la costante cosmologica come «il più grande errore della miavita». Oggi noi usiamo questa espressione per indicare la densità dienergia del vuoto.CUNICOLO SPAZIO-TEMPORALE – Un buco o tunnel nello spazio-tempo, chepotrebbe terminare in un altro universo o in un’altra parte (otempo) del nostro universo.CUNICOLO SPAZIO-TEMPORALE QUANTISTICO – Un cunicolo spazio-temporale dalledimensioni incredibilmente piccole. (Si veda anche CUNICOLO SPAZIO-

TEMPORALE.)CURVATURA DELLO SPAZIO-TEMPO – La teoria della relatività generale di Einsteinspiega la forza di gravità come il modo in cui la distribuzione dimassa o energia nello spazio-tempo ha un effetto simile a quelloche si ottiene appoggiando su una superficie elastica pesanti pallinidi diversi pesi e dimensioni, che la fanno incurvare creandoincavature e fossette.DETERMINISMO – L’idea secondo cui il futuro è completamentepredicibile partendo dal presente, è del tutto determinato dalpresente.ELEMENTO ARBITRARIO – Qualcosa che non è predetto in una teoria ma deveessere appreso attraverso l’osservazione. Per esempio, un alieno chenon avesse mai visto il nostro universo non potrebbe ricavare danessuna delle teorie che abbiamo finora sviluppato i valori delle

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masse e delle cariche delle particelle elementari; nel quadro diqueste teorie, quindi, tali valori rappresentano degli elementiarbitrari.ELIO – Il secondo elemento chimico più leggero. Il nucleo di unatomo di elio è formato da due protoni e da uno o due neutroni;attorno al nucleo orbitano due elettroni.ENERGIA DEL VUOTO – L’energia presente in ciò che pensiamo come spaziovuoto.ENERGIA OSCURA – La misteriosa energia che costituisce circa il 73 percento del cosmo e che è ritenuta responsabile dell’attualeaccelerazione dell’espansione dell’universo stesso.ENTROPIA – La misura della quantità di disordine presente in unsistema. La seconda legge della termodinamica afferma che in unsistema chiuso l’entropia cresce sempre, non diminuisce mai;l’universo preso nel suo complesso, o un qualunque sistema isolato,non può mai diventare più ordinato.EVENTO – Un punto nello spazio-tempo, specificato dalla sua posizionenel tempo e nello spazio (come su un diagramma spazio-temporale).FERMIONE – Per gli scopi di questo libro, vi basta sapere che leparticelle di materia ordinaria (quelle che si ritrovano in un atomo,come gli elettroni, i neutroni e i protoni) appartengono a una classedi particelle chiamate fermioni e, come tutti i fermioni, siscambiano delle particelle messaggere. In termini più tecnici,possiamo definire un fermione come una particella con spin semi-intero che obbedisce al principio di esclusione di Pauli; in questolibro, comunque, tale principio non viene trattato.FISICA CLASSICA – La fisica che non prende in considerazione gli effettiquantistici.FLUTTUAZIONI QUANTISTICHE – Il continuo apparire e scomparire di particellevirtuali che si verifica in quello che noi pensiamo come spaziovuoto (il vuoto quantistico).FORZA ELETTROMAGNETICA – Una delle quattro forze fondamentali dellanatura. Fa sì che gli elettroni orbitino intorno ai nuclei atomici. Alnostro livello, si manifesta sotto forma di luce e di ogni altraradiazione elettromagnetica, come le onde radio, le microonde, iraggi X e i raggi gamma. La particella messaggera (il bosone) dellaforza elettromagnetica è il fotone.

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FORZA GRAVITAZIONALE – Una delle quattro forze fondamentali della natura,la più debole. La gravità è sempre attrattiva, mai repulsiva, e puòagire su distanze estremamente lunghe.FORZA NUCLEARE DEBOLE – Una delle quattro forze fondamentali della natura.Le particelle messaggere (bosoni) della forza debole sono leparticelle W+, W– e Z°. La forza debole è responsabile dellaradioattività, di cui possiamo vedere un esempio nel decadimentobeta nei nuclei degli atomi.FORZA NUCLEARE FORTE – La più forte delle quattro forze fondamentali dellanatura. È quella che tiene uniti i quark (nei neutroni e nei protoni,per esempio) ed è responsabile del modo in cui protoni e neutroni silegano assieme nel nucleo. La particella messaggera (il bosone)della forza forte è il gluone.FORZE DELLA NATURA – I quattro modi fondamentali in cui le particellepossono interagire le une con le altre. Procedendo dalla più fortealla più debole, abbiamo la forza forte, la forza debole, la forzaelettromagnetica e la forza gravitazionale.FOTONE – La particella messaggera della forza elettromagnetica. Alnostro livello, i fotoni si mostrano sotto forma di luce visibile e ditutte le altre radiazioni nello spettro elettromagnetico, come leonde radio, le microonde, i raggi X e i raggi gamma. I fotoni nonhanno massa e si muovono alla velocità della luce.FRATTALE – Un oggetto geometrico in cui alcune parti della suastruttura si ripetono quando vengono viste su qualunque scala.FRECCIA DEL TEMPO COSMOLOGICA – La direzione del tempo in cui l’universo sista espandendo.FRECCIA DEL TEMPO PSICOLOGICA – La nostra esperienza quotidiana del modo incui il tempo scorre, dal passato al futuro.FRECCIA DEL TEMPO TERMODINAMICA – L’entropia (il disordine) cresce al passaredel tempo.FREQUENZA – Per un fotone, è la velocità con cui cambia il campoelettromagnetico associato al fotone stesso. Per gli scopi di questolibro, vi basta sapere che quanto più è alta la frequenza, tanto più ègrande l’energia del fotone.FUNZIONE D’ONDA – Nella teoria quantistica, una funzione d’onda descrivetutte le possibili traiettorie che una particella potrebbe seguire fradue punti. Se il valore della funzione d’onda per una particolaretraiettoria è alto, è più probabile che la particella si trovi proprio su

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quella traiettoria.FUNZIONE D’ONDA DELL’UNIVERSO – Hartle e Hawking trattano l’universo come sefosse una particella quantistica. La funzione d’onda dell’universo diHartle-Hawking rappresenta tutte le storie fisicamente possibili cheil nostro universo potrebbe avere; se il valore della funzione d’ondaper una determinata storia è alto, tale storia sarà allora piùprobabile.GLUONE – La particella messaggera che porta la forza forte da unquark all’altro e fa sì che i quark restino legati nei protoni e neineutroni dei nuclei atomici. Inoltre, i gluoni interagiscono anche fradi loro.GRAVITÀ – Si veda FORZA GRAVITAZIONALE.GRAVITÀ QUANTISTICA – La teoria scientifica che dovrebbe riuscire aunificare la relatività generale e la meccanica quantistica. Almomento, non è stata ancora scoperta.GRAVITONE – La particella messaggera che porta la forza gravitazionalefra tutte le particelle dell’universo, inclusi i gravitoni stessi. Nessunodi essi è mai stato direttamente osservato.IDROGENO – Il più leggero degli elementi chimici. Il nucleodell’idrogeno ordinario consiste soltanto di un protone, attorno alquale orbita un singolo elettrone. Nei nuclei delle stelle, l’idrogenoviene fuso in elio.INTERAZIONE ELETTROMAGNETICA – L’interazione in cui un elettrone emette unfotone che viene assorbito da un altro elettrone.IPOTESI DELL’ASSENZA DI CONFINI – L’idea che l’universo sia finito ma non abbianessun confine (nel tempo immaginario).ISOTROPO – Un oggetto che appare identico in qualunque direzione losi guardi.LUNGHEZZA D’ONDA – In un’onda, la distanza tra una cresta e quellasuccessiva.LUNGHEZZA DI PLANCK – Si ritiene che sia la più piccola lunghezza dotata disignificato fisico. Corrisponde a 10-33 centimetri.MASSA SOLARE – Una massa equivalente a quella del nostro Sole.MECCANICA QUANTISTICA (O TEORIA QUANTISTICA) – La teoria, sviluppata negli anniVenti del Novecento, di cui ci serviamo per descriverel’estremamente piccolo (in genere, cose dalle dimensioni di unatomo o ancora più piccole). Stando a questa teoria, la luce, i raggiX e tutte le altre onde possono essere emesse solo in determinati

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«pacchetti», chiamati «quanti». Per esempio, la luce è emessa inquanti noti come fotoni, e non può essere divisa in «pacchetti» piùpiccoli di un fotone; è cioè impossibile avere mezzo fotone, o unfotone e tre quarti. Nella teoria quantistica, si dice che l’energia è«quantizzata». La teoria include il principio di indeterminazione.MODELLO DELL’UNIVERSO INFLAZIONARIO – Modello in cui l’universo primordiale haattraversato un breve periodo di espansione estremamente rapida.NEUTRONE – Una delle particelle che costituiscono il nucleo di unatomo. I neutroni non hanno carica elettrica e ognuno di essi èformato da tre particelle più piccole, chiamate quark.NUCLEO – La parte centrale di una atomo, formata da protoni eneutroni (costituiti a loro volta da quark). Il nucleo è tenutoassieme dalla forza forte.NUMERI IMMAGINARI – I numeri che, elevati al quadrato, danno un risultatonegativo; ad esempio, il quadrato di 2 immaginario (2i) è -4, e laradice quadrata di -9 è 3i.OMOGENEO – Un oggetto che appare identico in ogni suo punto.ONDE RADIO – Onde elettromagnetiche con lunghezze d’onda più lunghedi quelle della luce visibile. Le particelle delle onde radio, comequelle di ogni forma di radiazione nello spettro elettromagnetico,sono fotoni.ORIZZONTE DEGLI EVENTI – Il confine di un buco nero; il raggio dove lavelocità di fuga diventa superiore a quella della luce. È segnatodalla presenza di fotoni che, muovendosi alla velocità della luce, silibrano sospesi, senza poter sfuggire né essere attratti all’interno. Laluce emessa all’interno viene attirata indietro e ricade nel buconero. Per calcolare il raggio in corrispondenza del quale si formal’orizzonte degli eventi, bisogna moltiplicare per 3 chilometri lamassa del buco nero espressa in masse solari (la stessa della stellada cui si è generato, a meno che quest’ultima non abbia perso dellamassa durante una fase precedente del suo collasso); pertanto, unbuco nero di 10 masse solari ha il suo orizzonte degli eventi a unraggio di 30 chilometri. Come potete vedere, al variare della massacambia anche il raggio dove si trova l’orizzonte degli eventi (e,quindi, la grandezza del buco nero stesso).PARADOSSO DEL NONNO – L’idea secondo cui una persona potrebbe viaggiareindietro nel tempo e impedire che i suoi nonni mettano al mondo isuoi genitori, prevenendo così la sua stessa nascita.

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PARTICELLA ELEMENTARE – Una particella che riteniamo indivisibile in quantonon costituita da nulla di più piccolo.PARTICELLA VIRTUALE – Nella meccanica quantistica, è una particella chenon può mai essere direttamente rilevata, ma di cui possiamoconoscere l’esistenza in quanto siamo in grado di misurare i suoieffetti su altre particelle.POSITRONE – L’antiparticella dell’elettrone. Ha carica elettrica positiva.PRINCIPIO ANTROPICO – L’idea secondo cui la risposta alla domanda «Perchél’universo si presenta così adatto alla nostra esistenza?» è che, sefosse diverso, noi non potremmo essere qui a porci tale domanda.PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE – Una particella non può avere, allo stessotempo, una posizione definita e una velocità definita: quanto piùprecisamente misurate l’una, tanto meno accurata sarà la vostramisurazione dell’altra. In modo analogo, non è possibile misurareprecisamente il valore di un campo e la sua velocità dicambiamento nel tempo. Ci sono anche altre coppie di quantità chepresentano questo stesso problema. Il principio di indeterminazioneè stato scoperto dal fisico tedesco Werner Heisenberg e viene quindichiamato, in termini più appropriati, il principio diindeterminazione di Heisenberg.PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE DI HEISENBERG – Nella meccanica quantistica, èimpossibile misurare precisamente, allo stesso tempo, la posizione eil momento di una particella. In modo analogo, è impossibilemisurare precisamente, allo stesso tempo, il valore di un campo e ilmodo in cui quest’ultimo cambia col passare del tempo.PROTONE – Una delle particelle che costituiscono i nuclei degli atomi. Iprotoni hanno una carica elettrica positiva e ognuno di essi èformato da tre particelle più piccole, chiamate quark.PULSAR – Una stella di neutroni che ruota su se stessa con estremarapidità, mandando impulsi regolari di onde radio (in certi casi,centinaia o migliaia di volte al secondo).QUARK – Le particelle fondamentali (ossia, che non possono esseredivise in qualcosa di più piccolo) che, unite assieme in gruppi di tre,formano i protoni e i neutroni. I quark, inoltre, possono ancheunirsi in gruppi di due (un quark e un antiquark) per formare delleparticelle chiamate mesoni.RADIAZIONE A MICROONDE – Una radiazione elettromagnetica che halunghezze d’onda più lunghe di quelle della luce visibile e più brevi

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di quelle delle onde radio. Le particelle della radiazione amicroonde, così come quelle di ogni radiazione nello spettroelettromagnetico, sono fotoni. La radiazione di fondo a microondescoperta nell’universo costituisce una prova a sostegno del modellodel big bang.RADIAZIONE DI HAWKING – La radiazione che viene prodotta da un buco neroquando teniamo conto degli effetti quantistici. Può essere vistacome la produzione di un certo tipo di coppia di particelle virtualinei pressi dell’orizzonte degli eventi di un buco nero: una delle dueparticelle cade nel buco, permettendo all’altra di sfuggire nellospazio.RADIAZIONE ELETTROMAGNETICA – Tutte le forme di radiazione che costituisconolo spettro elettromagnetico, come le onde radio, le microonde, laluce visibile, i raggi X e i raggi gamma. Tutte le radiazionielettromagnetiche consistono di fotoni.RADIOATTIVITÀ – Il decadimento spontaneo di un tipo di nucleo atomicoin un altro.RAGGI GAMMA – Radiazioni elettromagnetiche di lunghezze d’ondaestremamente brevi.RAGGIO – La distanza più breve dal centro di un cerchio (o di unasfera) alla sua circonferenza (o superficie).RAGGIO GRAVITAZIONALE (O DI SCHWARZSCHILD) – I fotoni che si trovano all’interno diquesto raggio, in un buco nero, non possono sfuggire versol’universo esterno. Potete vederlo come un altro modo dirappresentare l’orizzonte degli eventi, anche se i due termini hannoun uso differente. Per calcolare approssimativamente questo raggio,occorre moltiplicare per 3 chilometri la massa del buco neroespressa in masse solari; pertanto, un buco nero di 10 masse solariavrà un raggio gravitazionale di 30 chilometri.RINORMALIZZAZIONE – Un procedimento usato per rimuovere le quantitàinfinite da una teoria, inserendone altre così che gli infiniti sipossano cancellare a vicenda.SECONDA LEGGE DELLA TERMODINAMICA – L’entropia – o quantità di disordine – inun sistema isolato può solo crescere, mai diminuire. Se due sistemisi uniscono, l’entropia del sistema combinato è pari o maggioredella somma dell’entropia dei due sistemi presi singolarmente.SINGOLARITÀ – Un punto dello spazio-tempo in corrispondenza del qualela curvatura diventa infinita, un punto di densità infinita. Alcune

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teorie predicono che dovremmo trovare una singolarità al centro diun buco nero o all’inizio (o alla fine) dell’universo.SINGOLARITÀ DEL BIG BANG – Una singolarità all’inizio dell’universo.SINGOLARITÀ NUDA – Una singolarità che non è nascosta dentro unorizzonte degli eventi.SPAZIO-TEMPO – La combinazione delle tre dimensioni dello spazio conquella del tempo.STELLA DI NEUTRONI – Lo stadio finale della vita di una stella che sia troppomassiva per arrestarsi allo stadio di nana bianca ma non abbastanzamassiva per collassare in un buco nero.SUPERGRAVITÀ N = 8 – Una teoria che tenta di unificare tutte le particelle(sia i bosoni sia i fermioni) in una famiglia supersimmetrica e diunificare le forze. Era la teoria di cui parlava Hawking nella sualezione lucasiana del 1980, pensando che avrebbe potuto essere laTeoria del Tutto.SUPERNOVA – Un’enorme esplosione stellare in cui tutto il materiale diuna stella, eccetto il suo nucleo interno, viene espulso nello spazio.Il materiale espulso dalle supernove costituisce la materia grezza dacui si formeranno nuove stelle e pianeti.TELESCOPIO OTTICO – Un telescopio che produce immagini di stelle egalassie in quella parte dello spettro elettromagnetico che risultavisibile all’occhio umano.TEMPO IMMAGINARIO – Tempo misurato usando numeri immaginari.TEORIA DEL BIG BANG – La teoria secondo cui l’universo ha avuto inizio inuno stato di densità e pressione enormi, esplodendo edespandendosi fino a raggiungere le sue dimensioni attuali.TEORIA DELLA GRAVITÀ DI NEWTON – Ogni corpo nell’universo è attratto versoogni altro corpo da una forza che è tanto più intensa quanto più icorpi sono massivi e quanto più sono vicini l’uno all’altro. Intermini più precisi: i corpi si attraggono a vicenda con una forzache è direttamente proporzionale alla loro massa e inversamenteproporzionale al quadrato della distanza che li separa.TEORIA DELLA RELATIVITÀ GENERALE DI EINSTEIN (1915) – La teoria della gravità in cuil’attrazione gravitazionale è spiegata come una curvatura nellospazio-tempo quadridimensionale causata dalla presenza di massa oenergia. Tale teoria ci presenta una serie di equazioni chedeterminano la quantità di curvatura generata da una datadistribuzione di massa o energia; è una teoria che viene usata per

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descrivere la gravità sulla scala dell’estremamente grande.TEORIA DELLA RELATIVITÀ SPECIALE DI EINSTEIN (1905) – La nuova visione dello spazio edel tempo sviluppata da Einstein. La teoria si basa sull’idea che leleggi della scienza dovrebbero essere le stesse per tutti gliosservatori in moto libero, indipendentemente dalla loro velocità.La velocità della luce rimane invariata, a prescindere da quale sia lavelocità dell’osservatore che la sta misurando.TEORIA DELLE SUPERSTRINGHE – La teoria che spiega gli oggetti fondamentalidell’universo non come punti materiali bensì come minuscole corde(stringhe) o cappi di corda. È una delle principali candidate al ruolodi teoria unificata di tutte le particelle e le forze.TEORIA DEL TUTTO – A volte chiamata TOE (Theory of Everything), è ilsoprannome della teoria che spiega l’universo e tutto ciò che in essoaccade.TEORIA ELETTRODEBOLE – Una teoria sviluppata negli anni Sessanta delNovecento da Abdus Salam (dell’Imperial College di Londra) eSteven Weinberg e Sheldon Glashow (di Harvard) che ha unificatola forza elettromagnetica e la forza debole.TEORIA UNIFICATA – Una teoria che spiega tutte le quattro forze neitermini di un’unica «superforza» che si manifesta in diversi modi;questa teoria, inoltre, unisce fermioni e bosoni in una singolafamiglia.VELOCITÀ – La grandezza vettoriale che esprime la rapidità con cuiqualcosa si allontana da un punto fisso e la direzione in cui simuove.VELOCITÀ DI FUGA – La velocità necessaria per sfuggire all’attrazionegravitazionale di un corpo massivo (come la Terra) e raggiungerealtri punti dello spazio remoto. Sulla Terra, la velocità di fuga è dicirca 11 chilometri al secondo; per un buco nero, la velocità di fugaè leggermente superiore a quella della luce.W+, W–, Z° – Le particelle messaggere (bosoni) della forza debole.

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Note

Capitolo 1

1. Stando ad alcune evidenze emerse di recente, è però possibile cheGehrig non soffrisse di sclerosi laterale amiotrofica ma di un’altramalattia simile.

Capitolo 2

1. Richard Feynman, QED. La strana teoria della luce e della materia,Adelphi, Milano 2011, p. 15.2. Stephen Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri. Breve storia deltempo, BUR, Milano 2011, pp. 18-19.3. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, cit., p. 19.4. Professor Hawking’s Universe, trasmissione della BBC, 1983.5. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, cit., p. 191.6. John A. Wheeler, poesia inedita.7. Feynman, op. cit., p. 160.8. Stephen Hawking, «Is the End in Sight for Theoretical Physics?»,lezione inaugurale come professore lucasiano di matematica, aprile1980.9. Stephen Hawking, Is Everything Determined?, inedito, 1990.10. Bryan Appleyard, Master of the Universe: Will Stephen HawkingLive to Find the Secret?, «Sunday Times».11. Murray Gell-Mann, lezione.

Capitolo 3

1. Stephen Hawking (a cura di, realizzato da Gene Stone), A BriefHistory of Time. A Reader’s Companion, Bantam Books, New York-Londra 1992, p. 24 (trad. it. Come leggere Stephen Hawking: «Dal BigBang ai buchi neri», Rizzoli, Milano 1992, pp. 36-37).2. Salvo indicazioni contrarie, tutte le citazioni presenti nel capitolo3 sono tratte da due articoli inediti di Stephen Hawking, A ShortHistory e My Experience with Motor Neurone Disease. In Italia sono

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stati parzialmente pubblicati in Buchi neri e universi neonati.Riflessioni sull’origine e il futuro del cosmo, BUR, Milano 2000.3. Intervista a Hawking di Larry King.4. Kristine Larsen, Stephen Hawking. A Biography, Prometheus Books,Amherst (NY) 2007, p. 22.5. Nigel Hawkes, Hawking’s Blockbuster Sets a Timely Record, «SundayTimes», maggio 1988, p. 8.6. Hawking, (a cura di), Come leggere Stephen Hawking, cit., p. 14.7. Ibid.8. Ibid., pp. 18-19.9. Ibid., p. 21.10. Ibid., p. 24.11. Ibid.12. Ibid., pp. 22-23.13. Larsen, op. cit., p. 22.14. Tutte le citazioni di Isobel Hawking sono riprese da Hawking, (acura di), Come leggere Stephen Hawking, cit., pp. 16, 18.15. Hawking, (a cura di), Come leggere Stephen Hawking, cit., p. 23.16. Jane Hawking, Music to Move the Stars. A Life with StephenHawking, Pan Books, Londra 2000, p. 9.17. Le informazioni sul soggiorno a Maiorca sono tratte da Larsen,op. cit., p. 24.18. Hawking, (a cura di), Come leggere Stephen Hawking, cit., p. 36.19. Ibid., p. 13.20. Hawking, Buchi neri e universi neonati, cit., p. 14.21. Melissa McDaniel, Stephen Hawking. Revolutionary Physicist,Chelsea House Publications, New York 1994, p. 28.22. Hawking, Buchi neri e universi neonati, cit., p. 17.23. Judy Bachrach, A Beautiful Mind, an Ugly Possibility, «VanityFair», giugno 2004, p. 145.24. Larsen, op. cit., pp. 25-26.25. Michael Harwood, The Universe and Dr. Hawking, «The New YorkTimes Magazine», 23 gennaio 1983, p. 57.26. Hawking, Buchi neri e universi neonati, cit., p. 194.27. Hawking, (a cura di), Come leggere Stephen Hawking, cit., p. 53.28. Ibid., p. 51.29. Ibid., p. 57.30. Harwood, op. cit., p. 57.

371

31. Hawking, (a cura di), Come leggere Stephen Hawking, cit., p. 53.32. Ibid., p. 54.33. Harwood, op. cit., p. 57.34. Ibid.35. Gregg J. Donaldson, The Man behind the Scientist, «TappingTechnology», maggio 1999, http://www.mdtap.org/tt/1999.05/1-art.html. In italiano si trova in Hawking, Buchi neri e universineonati, cit., p. 39.36. Larsen, op. cit., p. 34.37. Jane Hawking, Music to Move the Stars, cit., p. 11.38. Jane Hawking, Travelling to Infinity. My life with Stephen, AlmaBooks, Londra 2008, p. 15.

Capitolo 4

1. Stephen Hawking-Roger Penrose, La natura dello spazio e deltempo, BUR, Milano 2002, p. 91.2. Larsen, op. cit., p. 39.3. Denis W. Sciama, The Unity of the Universe, Doubleday &Company, Garden City (NJ) 1961, p. vii.4. Stephen Hawking, «Sixty Years in a Nutshell», in G.W. Gibbons-E.P.S. Shellard-S.J. Rankin (a cura di), The Future of TheoreticalPhysics and Cosmology. Celebrating Stephen Hawking’s Contributions toPhysics, Cambridge University Press, Cambridge 2003 (seminario esimposio per il sessantesimo compleanno di Stephen Hawking,gennaio 2002), p. 106.5. Hawking, (a cura di) Come leggere Stephen Hawking, cit., pp. 66-67.6. Per le informazioni sul corteggiamento fra Stephen e JaneHawking mi sono basata su Music to Move the Stars e Travelling toInfinity di Jane Hawking e su A short History di Hawking.7. Jane Hawking, Music to Move the Stars, cit., p. 17.8. Ibid.9. Ibid., p. 23.10. Ibid., p. 25.11. Ibid., p. 26.12. Ibid., p. 29.13. Ibid.

372

14. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, cit., p. 64.15. Hawking, (a cura di) Come leggere Stephen Hawking, cit., pp. 70-71.16. Jane Hawking, Music to Move the Stars, cit., p. 43.17. Nicole Veash, Ex-Wife’s Kiss-and-Tell Paints Hawking as Tyrant,«Indian Express», Bombay, 3 agosto 1999, p. 1.18. Jane Hawking, Travelling to Infinity, cit., p. 43.19. Ibid., p. 44.20. Ibid.21. Master of the Universe: Stephen Hawking, trasmissione della BBC,1989.22. Appleyard., op.cit.23. Jane Hawking, intervista personale con l’autrice, Cambridge,aprile 1991.24. Larsen, op.cit., p. 45.25. Ibid., pp. 45-46.26. Jane Hawking, Travelling to Infinity, cit., p. 56.27. 20/20, trasmissione dell’ABC del 1989.28. Jane Hawking, Music to Move the Stars, cit., p. 68.

Capitolo 5

1. Hawking, A Short History, cit., p. 5.2. Jane Hawking, Music to Move the Stars (ed. riv.), cit., p. 80.3. Larsen, op.cit., p. 52.4. Jane Hawking, Music to Move the Stars (ed. riv.), cit., p. 91.5. Stephen Hawking, in BBC, Horizon, «The Hawking Paradox»,2005.6. Jane Hawking, Music to Move the Stars (ed. riv.), cit., pp. 113-14.7. 20/20, ABC.8. Bob Sipchen, The Sky No Limit in the Career of Stephen Hawking,«West Australian», 16 giugno 1990.9. Appleyard, op. cit.10. John Boslough, Beyond the Black Hole. Stephen Hawking’sUniverse, Fontana/Collins, Glasgow 1984, p. 107.11. Hawking, A Short History, p. 34.12. BBC, Horizon, «The Hawking Paradox» cit.13. Bryce S. DeWitt, Quantum Gravity, «Scientific American», vol.

373

249, n. 6 (dicembre 1983), p. 114.14. Stephen Hawking, Black Holes in General Relativity,«Communications in Mathematical Physics», 25 (1972), pp. 152-66.

Capitolo 6

1. Larsen, op.cit., p. 54.2. Hawking, «Sixty Years in a Nutshell», cit., p. 111.3. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, cit., p. 55.4. Stephen Hawking, tesi di dottorato, University of Cambridge,marzo 1966.5. Stephen Hawking-Roger Penrose, The Singularities of GravitationalCollapse and Cosmology, «Proceedings of the Royal Society ofLondon», A314 (1970), pp. 529-48.6. BBC, Horizon, «The Hawking Paradox», cit.7. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, cit., p. 116.8. Larsen, op.cit., p. 57.9. Stephen Hawking, Gravitational Radiation from Colliding BlackHoles, «Physics Review Letters», 26 (1971), pp. 1344-46.10. Jakob D. Bekenstein, Black Hole Thermodynamics, «PhysicsToday», gennaio 1980, pp. 24-26.11. Kip Thorne, Black Holes and Time Warps, W.W. Norton &Company, New York 1994, p. 427.12. John M. Bardeen-Brandon Carter-Stephen Hawking, The FourLaws of Black Hole Mechanics, «Communications in MathematicalPhysics», 31 (1973), p. 162.13. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, cit, p. 6.14. Ibid., p. 122.15. Stephen Hawking, intervista personale con l’autrice, Cambridge,dicembre 198916. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, cit., p. 126.17. Dennis Overbye, «The Wizard of Space and Time», «Omni»,febbraio 1979, p. 106.18. Hawking, (a cura di), Come leggere Stephen Hawking, cit., pp.117-118.19. Boslough, op. cit., p. 70.20. Stephen Hawking, Black Hole Explosions?, «Nature», 248 (1974),pp. 30-31.

374

21. Hawking, (a cura di), Come leggere Stephen Hawking, cit., p. 134.22. Boslough, op. cit., p. 70.23. Bernard Carr, «Primordial Black Holes», in G.W. Gibbons-E.P.S.Shellard-S.J. Rankin (a cura di), op. cit., p. 236.24. Hawking, (a cura di), Come leggere Stephen Hawking, cit., p. 136.25. Stephen Hawking, Hawking on the Big Bang and Black Holes,World Scientific, Singapore 1993, p. 3.26. James Hartle-Stephen Hawking, Path-Integral Derivation of BlackHole Radiance, «Physical Review», D13 (1976), pp. 2188-203.

Capitolo 7

1. Thorne, Black Holes and Time Warps, cit., p. 420.2. Gerald Jonas, A Brief History, «The New Yorker», 18 aprile 1988,p. 31.3. Ellen Walton, Brief History of Hard Time (intervista a JaneHawking), «Guardian», 9 agosto 1989.4. Ibid.5. Jane Hawking, intervista personale con l’autrice, Cambridge,aprile 1991.6. Ibid.7. Harwood, op. cit., p. 58.8. Jane Hawking, Music to Move the Stars, cit., p. 88.9. Ibid., p. 178.10. BBC, Master of the Universe, cit.11. ABC, 20/20.12. Harwood, op. cit., p. 53.13. BBC, Master of the Universe, cit.14. Michael D. Lemonick, Hawking Gets Personal, «Time», 27settembre 1993, p. 80.15. BBC, Master of the Universe, cit.16. Ibid.17. Ibid.18. Ibid.19. Robert Matthews, Stephen Hawking Fears Prejudice againstFundamental Research Threatens the Future of Science in Britain,«CAM. The University of Cambridge Alumni Magazine», semestreautunnale, 1995, p. 12.

375

20. Harwood, op. cit., p. 58.21. Salvo indicazioni contrarie, le informazioni contenute in questiparagrafi a proposito delle esperienze della famiglia Hawking aPasadena (California) sono tratte da Hawking, Music to Move theStars, cit., pp. 249 sgg.22. Jane Hawking, Travelling to Infinity, cit., p. 222.23. Don N. Page-Stephen Hawking, Gamma Rays from PrimordialBlack Holes, «Astrophysical Journal», 206 (1976).24. Hartle-Hawking, «Path Integral Derivation», cit., p. 2188.25. Faye Flam, Plugging a Cosmic Information Leak, «Science», 259(1993), p. 1824.26. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, cit., p. 112.27. Jane Hawking, Travelling to Infinity, cit., p. 232.28. Ibid.

Capitolo 8

1. Nigel Farndale, A Brief History of the Future, «Sydney MorningHerald», 7 gennaio 2000.2. Jane Hawking, Travelling to Infinity, cit., p. 285.3. Ibid., p. 284.4. Stephen Hawking-Werner Israel (a cura di), General Relativity,Cambridge University Press, Cambridge 1979, p. xvi.5. Hawking, (a cura di), Come leggere Stephen Hawking, cit., p. 184.6. Jane Hawking, Music to Move the Stars, cit., pp. 410-12.7. Walton, op. cit.8. BBC, Master of the Universe.9. Dennis Overbye, Cracking the Cosmic Code with a Little Help fromDr. Hawking, «The New York Times», 11 dicembre 2001.10. Kip Thorne in Hawking, (a cura di), Come leggere StephenHawking, cit., p. 149.11. Il racconto è tratto da Leonard Susskind, La guerra dei buchi neri,Adelphi, Milano 2009, p. 24.12. Ibid., p. 21.13. Andrei Linde, «Inflationary Theory versus the Ekpyrotic/CyclicScenario», in G.W. Gibbons-E.P.S. Shellard-S.J. Rankin (a cura di),op.cit., p. 801.14. BBC, Horizon, «The Hawking Paradox», cit.

376

15. Ibid.16. L’esempio è parafrasato, con qualche modifica, da Tim Folger,The Ultimate Vanishing Act, «Discover», ottobre 1993, p. 100.17. BBC, Horizon, «The Hawking Paradox» cit.18. Ibid.19. Ibid.20. Stephen Hawking, «Out of a Black Hole», lezione al Caltech, 9aprile 2008.21. BBC, Horizon, «The Hawking Paradox», cit.22. Ibid.

Capitolo 9

1. Boslough, op. cit., p. 100.2. Ibid.3. Ibid., p. 101.4. Ibid., p. 105.5. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, cit., pp. 152-53.6. Stephen Hawking-George F.R. Ellis, The Cosmic Black-BodyRadiation and the Existence of Singularities in our Universe,«Astrophysical Journal», 152 (1968), pp. 25-36.7. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, cit., pp. 86-87.8. Ibid., p. 147.9. Salvo indicazioni contrarie, i paragrafi su Andrei Linde e la suateoria dell’inflazione si basano su Linde, «Inflationary Theory», inG.W. Gibbons-E.P.S. Shellard-S.J. Rankin (a cura di), op. cit., pp.801-802.10. Ibid., p. 802.11. Ibid.12. Ibid.13. Ibid.14. Hawking ne parla in Dal Big Bang ai buchi neri, cit., p. 150.15. A.D. Linde, A New Inflationary Universe Scenario: A PossibleSolution of the Horizon, Flatness, Homogeneity, Isotropy, and PrimordialMonopole Problems, «Physics Letters», B108 (1982), pp. 389-93.16. Stephen Hawking-Ian G. Moss, Supercooled Phase Transitions inthe Very Early Universe, «Physics Letters», B110 (1982), p. 35.17. Stephen Hawking, The Development of Irregularities in a Single

377

Bubble Inflationary Universe, «Physics Letters», B115 (1982), pp. 295-97.

Capitolo 10

1. Stephen Hawking, The Edge of Spacetime, in Paul C. W. Davies,«The New Physics», Cambridge University Press, Cambridge 1989, p.67.2. Ibid.3. Ibid., p. 68.4. Ibid.5. Ibid.6. Jerry Adler-Gerald Lubenow-Maggie Malone, Reading God’s Mind,«Newsweek», 13 giugno 1988, p. 59.7. Hawking, A Short History, cit., p. 6.8. BBC, Master of the Universe.9. Don N. Page, Hawking’s Timely Story, «Nature», 332, 21 aprile1988, p. 743.10. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, cit., p. 191.11. Hawking, (a cura di), Come leggere Stephen Hawking, cit., p. 150.12. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, cit., p. 192.13. Andrei Linde, e-mail all’autrice, 21 marzo 2011.14. John Barrow, The Book of Universes, The Bodley Head, Londra2011, p. 202.15. Ibid., p. 205.

Capitolo 11

1. Hawkes, op. cit., p. 8.2. Le informazioni sui viaggi di quell’estate e sulla telefonata inSvizzera sono tratte da ibid., pp. 350, 357-59.3. Walton, op. cit.4. Ibid.5. Ibid.6. Hawking, (a cura di), Come leggere Stephen Hawking, cit., p. 186.7. Matthews, op. cit., p. 10.8. Robert Crampton, Intelligence Test, «The Times Magazine», 8aprile 1995, p. 27.

378

9. Hawking, Buchi neri e universi neonati, cit., p. 39.10. Jane Hawking, Music to Move the Stars (ed. riv.), cit., p. 443.11. Bachrach, op. cit., p. 149.12. Hawking, (a cura di), Come leggere Stephen Hawking, cit., p. 196.13. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, BUR, Milano 2004, p. 7.14. Hawking, (a cura di), Come leggere Stephen Hawking, cit., p. 188.15. Hawking, Buchi neri e universi neonati, cit., p. 59.16. Stephen Hawking-Werner Israel (a cura di), 300 Years ofGravitation, Cambridge University Press, Cambridge 1987.17. Hawkes, op. cit.18. Hawking, Buchi neri e universi neonati, cit., p. 62.19. Hawking, (a cura di), Come leggere Stephen Hawking, cit., p. 8.20. Hawking, Buchi neri e universi neonati, cit., p. 63.21. Matthews, op. cit., p. 10.22. ABC, 20/20, cit.

Capitolo 12

1. Walton, op. cit.2. ABC, 20/20, cit.3. Ibid.4. Ibid. e BBC, Master of the Universe.5. ABC, 20/20, cit.6. Citato in Larsen, op. cit., p. 82.7. Hawkes, op. cit., p. 8.8. Walton, op. cit.9. ABC, 20/20, cit.10. Crampton, op. cit., p. 28.11. Stephen Hawking, intervista personale con l’autrice, Cambridge,dicembre 1989.12. Ibid.13. Ibid.14. David H. Freedman, Maker of Worlds, «Discover», luglio 1990, p.49.15. Morris Mitchell Waldrop, The Quantum Wave Function of theUniverse, «Science» 242, 2 dicembre 1988, p. 1248.16. Stephen Hawking, intervista personale con l’autrice, Cambridge,giugno 1990.

379

17. Hawking, Buchi neri e universi neonati, cit., p. 142.18. Kip Thorne, «Warping Spacetime», in G.W. Gibbons-E.P.S.Shellard-S.J. Rankin (a cura di), op.cit., pp. 102-103.19. Le informazioni e le citazioni di questo paragrafo sono tratte daibid.20. Hawking, Buchi neri e universi neonati, cit., p. 180.21. Thorne, «Warping Spacetime», cit., p. 103.

Capitolo 13

1. 20/20, ABC.2. Sipchen, op. cit.3. BBC, Master of the Universe.4. Appleyard, op. cit.5. Sipchen, op. cit.6. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, cit., p. 191.7. Waldrop, op.cit, p. 1250.8. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, cit., p. 1929. BBC, Master of the Universe.10. Le informazioni biografiche su Errol Morris provengonodall’articolo di Philip Gourevitch, Interviewing the Universe, «TheNew York Times Magazine», 9 agosto 1992, reperibile in rete:http://www.errol-morris.com/content/profile/bhot_gourevitch.html.11. David Stevens, Mini Biography of Errol Morris, sul sito webIMDb: http://www.imdb.com/name/nm0001554/bio.12. Gourevitch, op. cit.13. Ibid.14. Hawking, (a cura di), Come leggere Stephen Hawking. «Dal BigBang ai buchi neri», cit.15. Gourevitch, op. cit.16. Bachrach, op. cit., p. 149.17. Postfazione di Gordon Freedman in Hawking, (a cura di), Comeleggere Stephen Hawking, cit., p. 218.18. Gourevitch, op. cit.19. David Ansen, Off the Beaten Track, «Newsweek», 21 settembre1992, p. 50B.20. Richard Schickel, The Thrust of His Thought, «Time», 31 agosto

380

1992, pp. 66-69.21. Le tre citazioni su Errol Morris sono in Gourevitch, op. cit.

Capitolo 14

1. Andrei Linde, The Self-Reproducing Inflationary Universe, «ScientificAmerican», novembre 1994, p. 48.2. Barrow, op. cit., p. 231.3. Linde, «Inflationary Theory», in G.W. Gibbons-E.P.S. Shellard-S.J.Rankin (a cura di), op. cit., p. 811.4. David Gross, «String Theory», in G.W. Gibbons-E.P.S. Shellard-S.J.Rankin (a cura di), op. cit., p. 465.5. Le informazioni su The Voyage sono ricavate da EdwardRothstein, Glass on Columbus, Hip on a Grand Scale, «InternationalHerald Tribune», 15 ottobre 1992, e da Katrine Ames, Santa Mariaand Spaceships, «Newsweek», 2 novembre 1992.6. Le informazioni sull’apparizione di Hawking in Star Trek sonotratte da Trek Stop, «People Magazine», 28 giugno 1993, pp. 81-82.7. Ibid., p. 81.8. Ibid., p. 82.9. Ibid.10. Ibid., p. 81.11. Stephen Hawking, L’universo in un guscio di noce, Mondadori,Milano 2002, p. 161.12. Le informazioni su Hawking contenute in questo paragrafosull’apparizione davanti a un pubblico di giovani disabili sono diMichael D. Lemonick, op. cit., p. 80.13. Crampton, op. cit., p. 28.14. Sharon Begley-Jennifer Foote, Why Past is Past, «Newsweek», 4gennaio 1993, p. 50.15. Le informazioni contenute in questi paragrafi sui virusinformatici sono di Fred Tasker, Deep Thinkers Abuzz over Idea ofComputer Virus as Life, «Richmond Times–Dispatch», 10 agosto1994, p. 4, e di Mike Snider, Are Computer Viruses a Form of Life?,«USA Today», 3 agosto 1964, p. 1. Le citazioni delle parole diHawking sono di Tasker.16. Gary W. Gibbons-Stephen Hawking (a cura di), EuclideanQuantum Gravity, Singapore, World Scientific Publishing Company,

381

Singapore 1993.17. Hawking, Hawking on the Big Bang and Black Holes, cit.18. Stephen Hawking, «The No-Boundary Proposal and the Arrow ofTime», in J.J. Halliwell-J. Perez-Mercader-W.H. Zurek (a cura di),Physical Origins of Time Asymmetry, Cambridge University Press,Cambridge 1992, p. 268.19. Begley-Foote, op. cit., p. 50.20. Hawking, Dal Big Bang ai buchi neri, cit., p. 168.21. Ibid., p. 169.22. Don N. Page, Will Entropy Decrease If the Universe Recollapses?,«Physical Review», D32 (1985), pp. 2496-99.23. Hawking, Come leggere Stephen Hawking, cit., pp. 200-201.24. Stephen Hawking (a cura di), The Arrow of Time in Cosmology,«Physical Review», D32 (1985), p. 2495.25. Leonard Susskind, «Twenty Years of Debate with Stephen», inG.W. Gibbons-E.P.S. Shellard-S.J. Rankin, op. cit., p. 330.26. Citato in Dugald Murdoch, Niels Bohr’s Philosophy of Physics,Cambridge University Press, Cambridge 1987, p. 52.27. Susskind, «Twenty Years of Debate with Stephen», cit., p. 334.28. Susskind, La guerra dei buchi neri, cit., p. 246.

Capitolo 15

1. Crampton, op. cit., pp. 27-28.2. Ibid. per entrambe le citazioni.3. Le informazioni contenute in questi paragrafi sul concerto diAspen sono tratte da Richard Jerome-Vickie Bane-Terry Smith, Of aMind to Marry. Physicist Stephen Hawking Pops the Most CosmicQuestion of All to His Nurse, «People Magazine», 7 agosto 1995, p.45-46.4. Jerome-Bane-Smith, op. cit., p. 45.5. Dall’Associated Press, riportato su «The New York Times» il 16settembre 1995, p. L-20.6. Jerome-Bane-Smith, op. cit., p. 45.7. Bachrach, op. cit., p. 144.8. Lemonick, op. cit., p. 80.9. Stephen Hawking-Roger Penrose, La natura dello spazio e deltempo, Sansoni, Milano 1996, p. 12.

382

10. Stephen Hawking, conversazione con l’autrice, primavera 1996.11. Hawking-Penrose, La natura dello spazio e del tempo, cit., p. 12.12. Cfr. Kitty Ferguson, Devouring the Future. A Profile of StephenHawking, «Astronomy Magazine», dicembre 1998.13. Le informazioni su queste scommesse e sulle singolarità nudesono contenute in Malcom W. Browne, A Bet on a Cosmic Scale, anda Concession, Sort of, «The New York Times», 12 febbraio 1997, p. A-22.14. Stephen Hawking-Roger Penrose, Afterword to the 2010 Edition:The Debate Continues, «The Nature of Space and Time», PrincetonUniversity Press, Princeton-Londra 1996, 2010, p. 139.15. Ibid., p. 140.16. Stephen Hawking, Remarks by Stephen Hawking, White HouseMillennium Council 2000,http://clinton4.nara.gov/Initiatives/Millennium/shawking.html.17. Robin McKie, Master of the Universe, «Observer», 21 ottobre2001.18. Martin Durrani, Hawking Slams «Stupid, Worthless» Play, «PhysicsWorld», agosto 2000, p. 8.19. Elizabeth Grice, Dad’s Important, But We Matter, Too,«Telegraph», 13 aprile 2004,http://www.telegraph.co.uk/culture/books/3615326/Dads-important-but-we-matter-too.html.20. Martin Bucher-Alfred S. Goldhaber-Neil Turok, Open Universefrom Inflation, «Physical Review», D52 (1995), pp. 3314-37.21. Stephen Hawking-Neil Turok, Open Inflation without False Vacua,«Physics Letters», B425 (1998), pp. 25-32.22. Neil Turok, citato in All Things Came from a Pea, «+PlusMagazine… Living Mathematics», University of Cambridge Centrefor Mathematical Sciences Millennium Maths Project, 23 novembre2007, http://web.uvic.ca/%7Ejtwong/Hawking-Turok.htm.23. Hawkkng-Turok, All Things Came from a Pea, cit.24. Tom Yulsman, Give Peas a Chance, «Astronomy Magazine»,settembre 1999, pp. 38-39.25. Andrei Watson, Inflation Confronts an Open Universe, «Science»,279, 1998, p. 1455.26. David Salisbury, Hawking, Linde Spar Over Birth of the Universe,«Stanford Report Online», 19 aprile 1998, http://news-

383

service.stanford.edu/news/1998/april29/hawking.html.27. Yulsman, op. cit., p. 39.28. Salisbury, op. cit.29. Yulsman, op. cit., p. 39.30. Ibid.31. Salisbury, op. cit.32. Ibid.33. Stephen Hawking, «A Debate on Open Inflation», in D.O.Caldwell (a cura di), COSMO-98. Second International Workshop onParticle Physics and the Early Universe, American Institute of Physics,College Park (Md) 1999, p. 21.

Capitolo 16

1 Stephen Hawking, intervista con Larry King.2 Kitty Ferguson, La musica di Pitagora, Longanesi, Milano 2009, pp.108, 139.

Capitolo 17

1. Nigel Farndale, A Brief History of the Future, «The HinduMagazine», 15 gennaio 2000, p. 1.2. Nick Paton Walsh, Alter Our DNA or Robots Will Take Over, WarnsHawking, «Observer», 2 settembre 2001.3. Farndale, op. cit., p. 2.4. Ibid.5. Ibid.6. Stephen Hawking, Space Colonies Needed for Human Survival,«Guardian», 16 ottobre 2001, p. 3.7. Brian Pippard, «The Invincible Ignorance of Science», The GreatIdeas Today, 1990, Encyclopaedia Britannica, Inc., p. 325.8. Gregory Benford, Leaping the Abyss, «Reason Online», aprile 2002,http://reason.com/archives/2002/04/01/leaping-the-abyss.9. Hawking, L’universo in un guscio di noce, cit. p. 17810. Stephen Hawking, «Gödel and the End of Physics», discorso alDirac Centennial Celebration, 20 luglio 2002.11. Kip Thorne in Hawking (a cura di), Come leggere StephenHawking, cit., p. 149.

384

12. Hawking, «Gödel and the End of Physics», cit.13. Hawking, L’universo in un guscio di noce, cit., p. 58.14. Hawking, «Sixty Years in a Nutshell», cit., p. 105.15. Martin Rees, «Our Complex Cosmos and its Future», in Gibbons-Shellard- Rankin (a cura di), op. cit., p. 17.16. Roger Penrose, «The Problem of Spacetime Singularities:Implications for Quantum Gravity?», in Gibbons-Shellard-Rankin (acura di), op. cit., p. 51.17. Brandon Carr (assistente di Hawking negli anni Settanta),«Primordial Black Holes», in Gibbons-Shellard-Rankin (a cura di),op. cit., p. 236.18. Susskind, Twenty Years of Debate, cit., p. 330.19. Raphael Bousso, «Adventures in de Sitter Space», in G.W.Gibbons - E.P.S. Shellard-S.J. Rankin (a cura di), op. cit., p. 539.20. Gary Gibbons, «Euclidean Quantum Gravity. The View from2002», in G.W. Gibbons - E.P.S. Shellard-S.J. Rankin (a cura di), op.cit., p. 370.21. Michael Green, «A Brief Description of String Theory», in G.W.Gibbons - E.P.S. Shellard-S.J. Rankin (a cura di), op. cit., p. 473.22. Neil Turok, «The Ekpyrotic Universe and Its Cyclic Extension», inG.W. Gibbons-E.P.S. Shellard-S.J. Rankin (a cura di), op. cit., p. 781.23. Thorne, «Warping Spacetime», in in G.W. Gibbons - E.P.S.Shellard-S.J. Rankin (a cura di), op. cit., p. 74.24. Natalie Clarke, Professor Hawking in assault probe, «Daily Mail»,gennaio 2004, http://www.dailymail.co.uk/news/article-206323/Professor-Hawking-assault-probe.html#ixzz1GNPJUR1q.25. «Hawking Extols Joy of Discovery», BBC News, 11 gennaio 2002.26. Alan H. Guth-David I. Kaiser, Inflationary Cosmology. Exploringthe Universe from the Smallest to the Largest Scales, «Science», vol.307, n. 5711, 11 febbraio 2005, pp. 884-90.27. Barrow, op. cit., p. 206.28. NASA/WMAP Science Team, National Aeronautics and SpaceAdministration, First Year Results on the Oldest Light in the Universe,11 febbraio 2003,http://wmap.gsfc.nasa.gov/news/PressRelease_03-064.html.29. Sarah L. Bridle-Ofer Lahav-Jeremiah P. Ostriker-Paul J.Steinhardt, Precision Cosmology? Not Just Yet…, 10 marzo 2003,http://arxiv.org/pdf/astro-ph/0303180.

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30. Ibid.31. BBC, Horizon, «The Hawking Paradox».32. This Week’s Finds in Mathematical Physics (settimana 207), 25luglio 2004: «John Baez’s Stuff»,[email protected]. Susskind, La guerra dei buchi neri, cit., p. 354.34. Ibid., pp. 353-354.35. BBC, Horizon, «The Hawking Paradox» cit.36. Jenny Hogan, «Hawking Cracks Black Hole Paradox», «NewScientist», 14 luglio 2004.37. Stephen Hawking, «Out of a Black Hole», conferenza al Caltech,9 aprile 2008.38. Stephen Hawking, articolo presentato al XVII convegnointernazionale «General Relativity and Gravitation», Dublino, luglio2004.39. David Whitehouse, «Black Holes Turned Inside Out», BBC News,22 luglio 2004.40. Tim Folger, Return of the Invisible Man, «Discover Magazine»,luglio/agosto 2009, p. 48.41. Stephen Hawking, «To Boldly Go», conferenza per gli studenti alCaltech, 14 gennaio 2005.

Capitolo 18

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Capitolo 19

1. Le informazioni sull’annuncio dei risultati del 2008 e la citazionesono tratte da NASA/WMAP Science Team, National Aeronautics

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390

93-4.

Capitolo 20

1. Stephen Hawking-Leonard Mlodinow, Il grande disegno, cit., p. 142. Ibid.3. Hawking, «The Origins of the Universe», cit.4. Hawking-Mlodinow, Il grande disegno, cit., p. 58.5. Ibid., p. 14.6. Hawking, «The Origins of the Universe», cit.7. Hawking-Mlodinow, Il grande disegno, cit., p. 100.8. Ibid., p. 27.9. Ibid., p. 27.10. Ibid., p. 30.11. Ibid., p. 29-30.12. Ibid., p. 51.13. Ibid., p. 37.14. Ibid., p. 44.15. Ibid., p. 117.16. Ibid., p. 119.17. Understanding the Universe. Order of Creation. «The Economist»,11 settembre 2010, p. 85.18. Ibid.19. Ibid.20. Dwight Garner, Many Kinds of Universes, and None Require God,«The New York Times», 7 settembre 2010.21. Hawking-Mlodinow, Il grande disegno, cit., p. 96.22. Ibid., p. 113.23. Into the Universe with Stephen Hawking, Discovery Channel,documentario trasmesso nel 2011.24. Ibid.25. Ibid.26. Ibid.27. Ibid.28. Ibid.29. Ibid.30. Stephen Hawking, conversazione con l’autrice, novembre 2010.31. Ian Sample, There is no heaven or afterlife… that is a fairy story

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Conferenze e articoli

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Non pubblicati

Black Holes and Their Children, Baby Universes.

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Is Everything Determined?, 1990.Is the End in Sight for Theoretical Physics?My Experience with Motor Neurone Disease.A Short History.

Interviste personali con l’autrice

Cambridge, dicembre 1989; giugno 1990; novembre 2010.Conversazione con l’autrice, primavera 1996; ottobre 2000.

Interviste televisive

ABC, 20/20, trasmessa nel 1989.Intervista con Larry King, Larry King Live Weekend, Cable NewsNetwork, 25 dicembre 1999.Hawking Bets CERN Mega-Machine Won’t Find “God’s Particle”, 9settembre 2008, http://afp.google.com/article/ALeqM5jaOONGqv-xW-JhBOWgiNCVi6Rsmw.Hawking Extols Joy of Discovery, bbc News, 11 gennaio 2002.Hawking Gets Personal, «Time», 27 settembre 1993, p. 80.Hawking’s Humor, «Israel Today», 28 gennaio 2007,http://www.israeltoday.co.il.Hawking Misrepresents Pope John Paul II, «Catalyst 31», n. 6 (2006),http://www.catholicleague.org/release.php?id=1135.Hawking Misrepresents Pope John Paul II, Catholic League forReligious and Civil Rights,http://www.catholicleague.org/catalyst.php?year=2006&month=July-August&read=2078.Highfield, Roger, Stephen Hawking to Unveil Strange New Way to Tellthe Time, «Telegraph», 14 settembre 2008.Hogan, Jenny, Hawking Cracks Black Hole Paradox, «New Scientist»,14 luglio 2004.Into the Universe with Stephen Hawking, Discovery Channel, 2011(trasmesso in Gran Bretagna come Stephen Hawking’s Universe, lostesso di un precedente speciale televisivo).Jerome, Richard-Bane, Vickie-Smith, Terry, Of a Mind to Marry.Physicist Stephen Hawking Pops the Most Cosmic Question of All to HisNurse, «People Magazine», 7 agosto 1995.

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405

IndiceCover

AbstractKitty Ferguson

FrontespizioCopyright

DedicaParte prima: 1942-1975

1: «La ricerca di una Teoria del Tutto»2: «Il nostro obiettivo non è nientemeno che una descrizione completa

dell’universo in cui viviamo»3: «All’altezza di qualunque cosa!»4: «La consapevolezza di avere una malattia incurabile, che mi avrebbe

probabilmente ucciso in pochi anni, fu per me un trauma»5: «La grande domanda era: c’è stato o no un inizio?»6: «C’è una singolarità nel nostro passato»

Parte seconda: 1970-19907: «Questa gente penserà che siamo abituati a uno standard di vita

astronomico»8: «Di solito gli scienziati presumono che ci sia una corrispondenza unica

fra il passato e il futuro, causa ed effetto. Se l’informazione si perde, però, lecose non stanno così»

9: «Le probabilità contro un universo che abbia prodotto delle forme di vitacome la nostra sono immense»

10: «In tutti i miei viaggi, non mi è mai capitato di cadere dal bordo delmondo»

11: «Ogni tartaruga poggia su un’altra tartaruga»12: «Lo studio degli universi neonati è ancora all’inizio»

Parte terza: 1990-200013: «Ci stiamo avvicinando alla fine della fisica teorica?»14: «Tra un ruolo cinematografico e l’altro» mi diverto a risolvere quesiti di

fisica»»15: «Penso che abbiamo buone possibilità di evitare sia l’Armageddon sia

un nuovo Medioevo»16: «A me sembra chiaro»

Parte quarta: 2000-2011

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17: Un orizzonte di possibilità in espansione18: «Il nonno ha le ruote»19: «Ho sempre preso una direzione in qualche modo diversa»20: «Sono Stephen Hawking: fisico, cosmologo e un po’ sognatore»

RingraziamentiGlossarioNoteBibliografia

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