¡Que viva Chávez! - Scie Chimiche (Chemtrails) - Tanker ... · (Idv), Formisano (Dll). Ah, la...

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...“L’Europa, una volontà unica, formidabile, capace di perseguire uno scopo per migliaia di anni” Nietzsche 9 771721 235903 30309 Sped. in A.P.- DL 353/2003 (Conv. l. 27/2/04 art 1, com. 1, DCB) Roma sabato 9 marzo 2013 - anno XVI n. 025 - 30 centesimi di euro www.rinascita.eu E così, zitto zitto, quatto quatto, il nostro caro go- verno “tecnico” dimissiona- rio ha voluto certificare ulteriormente, con una ‘lieve’ modifica al regola- mento 1666 del 1956, la su- balternità italiana di fronte agli eserciti atlantici. Il nuovo testo è così inti- tolato: “Approvazione del regolamento relativo all’ap- plicazione dell’articolo VII della Convenzione fra gli Stati aderenti al Trattato del Nord Atlantico sullo “sta- tus” delle loro Forze ar- mate, firmata a Londra il 19 giugno 1951”. Le norme in questione hanno in pratica “raccor- dato” - dicono - l’ordina- mento italiano con quello militare del Patto Atlantico. “Su proposta dei ministri degli affari esteri, della giu- stizia, dell’interno e della di- fesa il Consiglio ha approvato in via definitiva, dopo aver acquisito il pa- rere del Consiglio di Stato, una modifica al regola- mento n.1666 del 1956, con- cernente le modalità di esercizio della rinuncia alla giurisdizione penale ita- liana nei confronti di mili- tari stranieri nell’ambito Nato”, si legge nel comuni- cato diffuso ieri dal Governo. “Il regolamento - si legge - adegua per il futuro le vec- chie disposizioni alle norme del codice di procedura pe- nale e consente l’esercizio della rinuncia coerente- mente con la precisazione dei fatti nel corso del pro- cesso”. Viene sancita, cioè, l’extra- territorialità Nato del perso- nale militare in forza in Italia, di fatto sanando ex post il vulnus già tristemente evidenziato, ad esempio, per la strage del Cermis, con l’impossibilità di giudicare in Italia gli autori del crimine. E’ vero che, nella sostanza, cambia poco o nulla. La ri- nuncia deve essere conside- rata una decisione di tipo politico, non a caso, il rego- lamento in questione ac- IL GOVERNATORE Visco si è accorto degli speculatori E “regolatori e supervisori devono stare attenti a mantenersi a debita di- stanza dalle lobbies finan- ziarie”. Chiamata di correo per Draghi o Monti? Filippo Ghira a pag. 2 RIGORE SUICIDA La “svalutazione fiscale” possibile O si ritorna al buonsenso degli Anni Trenta - che ri- solse la Grande Depres- sione - 0 si cerchino almeno misure di ripresa e di sviluppo. Roberto Marchesi a pag. 3 L’Italia? Una colonia della Nato. E’ certificato DAL 28/12/2005 LA LEGGE 262 CHE IMPONE AGLI ENTI DI LUCRO E DI USURA DI RESTITUIRE ALLO STATO LA PROPRIETÀ DI BANCA D’ITALIA GIACE MORITURA... Un popolo, migliaia di bandiere, una fila chilometrica di venezuelani hanno reso l’ultimo saluto al Presidente Coman- dante Hugo Chávez Frías. Anziani, sol- dati, donne, bambini, hanno sfilato davanti al feretro del leader della Rivo- luzione bolivariana. Come loro, poi, capi di Stato e di governo provenienti da tutto il mondo si sono alternati nella guardia d’onore ai lati alla bara nell’Ac- cademia militare di Caracas. Nicolas Ma- duro, che ha assunto le funzioni di capo dello Stato ad interim e che pochi mesi fa era stato indicato dallo stesso Chávez quale candidato del Psuv alla presidenza nel caso in cui lui non fosse stato più in grado di condurre il Paese, ha pronun- ciato tra le lacrime l’ultimo discorso di saluto al Comandante en jefe affer- mando che i venezuelani gli rimarranno leali per l’eternità: “La vita intera del Co- mandante è stata il suo testamento: i poveri, gli umili, i disperati di tutti tempi. Noi siamo il suo testamento vivo”. Il governo tecnico dimissionario, modifica un regolamento e rende extraterritoriale... ogni crimine, anche comune ALLOSANFAN La chiamano “Giustizia” Il pm Woodcock, in quel di Napoli, cento ne pensa e cento ne fa. Ora vuole indagare sulla fine del go- verno Prodi, quando De Gregorio e altri parlamen- tari determinarono il crollo di quel radioso governo di “sinistra”. (Quale sinistra è ignoto, ma questo non è in discussione). Lo stesso Romano Prodi è stato ascoltato perché “a conoscenza dei fatti” (e della sospettata compravendita di voti mastellian-dipie- trist-comunisti che portarono alla caduta dell’esi- mio “gabinetto”). Forse il teorema accusatorio prenderà in considerazione le bottiglie di champa- gne stappate per l’occasione dal centrodestra o le fette di mortadella sventolate da Nino Strano nel- l’aula. Testimoni doc Finocchiaro (Pd), Barbato (Idv), Formisano (Dll). Ah, la chiamano “giustizia”. ¡Que viva Chávez! corda questa facoltà al mini- stro della Giustizia. Organo che deve agire con il ministro degli Esteri o della Difesa a seconda dei casi. Non solo, è previsto un immediato coin- volgimento dei Comandi mi- litari e, conseguentemente, di Paesi stranieri. I giudici italiani procedenti avranno più a che fare con degli ostacoli. Le norme in questione rendono più che subalterno, nel “diritto” oltre che nei fatti, il nostro Paese di fronte agli eserciti atlan- tici. Una irrituale non prose- guibilità giudiziaria renderà da oggi anche formalmente impossibili processi per “reati comuni” compiuti da personale militare straniero. Il diritto internazionale fornisce sicuramente delle garanzie per il personale di- plomatico e, quindi, per le alte sfere dell’organizzazione militare internazionale. Cau- tele che non dovrebbero af- fatto fare da schermo in processi che hanno per og- getto fatti lontanissimi dalla gestione dei rapporti tra Forze armate alleate. In giu- risprudenza risultano addi- rittura applicazioni per imputazioni come lo spaccio di stupefacenti o lo stupro. La precisazione dei fatti nel corso del processo sarà inutile, non servirà a nulla emettere una sentenza che potrà non essere applicata né dalle istituzioni italiane né da quelle di un Paese alleato. Ovviamente, da un esecu- tivo “attentissimo” alle rela- zioni con quelli che si definiscono i nostri “interlo- cutori internazionali” non ci potevamo aspettare condotte diverse. Il rapporto di suddi- tanza con chi gestise il Patto atlantico è un classico dei go- verni succedutisi in Italia nel dopoguerra. La sovranità nazionale non è al centro delle agende poli- tiche dei partiti “istituzio- nali”. Lo apprese bene a suo tempo l’ex ministro socialista Rino Formica che scoprì una anonimissima “circolare” del commercio estero che di fatto dichiarava l’extraterri- torialità di ogni trasferi- mento “atlantico” di beni e persone sul suolo nazionale italiano. E lo apprese ancora più bene, a suo discapito, il pre- sidente del Consiglio sociali- sta Bettino Craxi, autore dell’affronto di Sigonella e del reclamo di una sovranità “non concessa” contro il No- stro Lord Protettore, gli Stati Uniti d’America. Ma. Mas.

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...“L’Europa,una volontà unica,formidabile, capace di perseguire uno scopo per migliaia di anni”

Nietzsche

9771721

235903

30309

Sped. in A.P.- DL

353/2003 (Conv.

l. 27/2/04 art 1,

com. 1, DCB) Romasabato 9 marzo 2013 - anno XVI n. 025 - 30 centesimi di euro

www.rinascita.eu

E così, zitto zitto, quattoquatto, il nostro caro go-verno “tecnico” dimissiona-rio ha voluto certificareulteriormente, con una‘lieve’ modifica al regola-mento 1666 del 1956, la su-balternità italiana di fronteagli eserciti atlantici.

Il nuovo testo è così inti-tolato: “Approvazione delregolamento relativo all’ap-plicazione dell’articolo VIIdella Convenzione fra gliStati aderenti al Trattato delNord Atlantico sullo “sta-tus” delle loro Forze ar-mate, firmata a Londra il19 giugno 1951”.

Le norme in questionehanno in pratica “raccor-dato” - dicono - l’ordina-mento italiano con quellomilitare del Patto Atlantico.

“Su proposta dei ministridegli affari esteri, della giu-stizia, dell’interno e della di-fesa il Consiglio haapprovato in via definitiva,dopo aver acquisito il pa-rere del Consiglio di Stato,una modifica al regola-mento n.1666 del 1956, con-cernente le modalità diesercizio della rinuncia allagiurisdizione penale ita-liana nei confronti di mili-tari stranieri nell’ambitoNato”, si legge nel comuni-cato diffuso ieri dal Governo.

“Il regolamento - si legge -adegua per il futuro le vec-chie disposizioni alle normedel codice di procedura pe-nale e consente l’eserciziodella rinuncia coerente-mente con la precisazionedei fatti nel corso del pro-cesso”.

Viene sancita, cioè, l’extra-territorialità Nato del perso-nale militare in forza inItalia, di fatto sanando expost il vulnus già tristementeevidenziato, ad esempio, perla strage del Cermis, conl’impossibilità di giudicare inItalia gli autori del crimine.E’ vero che, nella sostanza,cambia poco o nulla. La ri-nuncia deve essere conside-rata una decisione di tipopolitico, non a caso, il rego-lamento in questione ac-

IL GOVERNATORE

Visco si è accortodegli speculatori

E “regolatori e supervisoridevono stare attenti amantenersi a debita di-stanza dalle lobbies finan-ziarie”. Chiamata di correoper Draghi o Monti?

Filippo Ghiraa pag. 2

RIGORE SUICIDA

La “svalutazionefiscale” possibile

O si ritorna al buonsensodegli Anni Trenta - che ri-solse la Grande Depres-sione - 0 si cerchinoalmeno misure di ripresa edi sviluppo.

Roberto Marchesia pag. 3

L’Italia? Una colonia della Nato. E’ certificato

DAL 28/12/2005 LA LEGGE 262 CHE IMPONE

AGLI ENTI DI LUCROE DI USURA

DI RESTITUIRE ALLO STATOLA PROPRIETÀ

DI BANCA D’ITALIAGIACE MORITURA...

Un popolo, migliaia di bandiere, una filachilometrica di venezuelani hanno resol’ultimo saluto al Presidente Coman-dante Hugo Chávez Frías. Anziani, sol-dati, donne, bambini, hanno sfilatodavanti al feretro del leader della Rivo-

luzione bolivariana. Come loro, poi, capidi Stato e di governo provenienti datutto il mondo si sono alternati nellaguardia d’onore ai lati alla bara nell’Ac-cademia militare di Caracas. Nicolas Ma-duro, che ha assunto le funzioni di capo

dello Stato ad interim e che pochi mesifa era stato indicato dallo stesso Chávezquale candidato del Psuv alla presidenzanel caso in cui lui non fosse stato più ingrado di condurre il Paese, ha pronun-ciato tra le lacrime l’ultimo discorso di

saluto al Comandante en jefe affer-mando che i venezuelani gli rimarrannoleali per l’eternità: “La vita intera del Co-mandante è stata il suo testamento: ipoveri, gli umili, i disperati di tutti tempi.Noi siamo il suo testamento vivo”.

Il governo tecnico dimissionario, modifica un regolamento e rende extraterritoriale... ogni crimine, anche comune

ALLO

SANF

AN La chiamano “Giustizia”Il pm Woodcock, in quel di Napoli, cento ne pensae cento ne fa. Ora vuole indagare sulla fine del go-verno Prodi, quando De Gregorio e altri parlamen-tari determinarono il crollo di quel radioso governodi “sinistra”. (Quale sinistra è ignoto, ma questo nonè in discussione). Lo stesso Romano Prodi è statoascoltato perché “a conoscenza dei fatti” (e dellasospettata compravendita di voti mastellian-dipie-trist-comunisti che portarono alla caduta dell’esi-mio “gabinetto”). Forse il teorema accusatorioprenderà in considerazione le bottiglie di champa-gne stappate per l’occasione dal centrodestra o lefette di mortadella sventolate da Nino Strano nel-l’aula. Testimoni doc Finocchiaro (Pd), Barbato(Idv), Formisano (Dll). Ah, la chiamano “giustizia”.

¡Que viva Chávez!

corda questa facoltà al mini-stro della Giustizia. Organoche deve agire con il ministrodegli Esteri o della Difesa aseconda dei casi. Non solo, èprevisto un immediato coin-volgimento dei Comandi mi-litari e, conseguentemente,di Paesi stranieri.

I giudici italiani procedentiavranno più a che fare condegli ostacoli. Le norme inquestione rendono più chesubalterno, nel “diritto” oltreche nei fatti, il nostro Paesedi fronte agli eserciti atlan-tici.

Una irrituale non prose-guibilità giudiziaria renderàda oggi anche formalmenteimpossibili processi per“reati comuni” compiuti dapersonale militare straniero.

Il diritto internazionalefornisce sicuramente dellegaranzie per il personale di-plomatico e, quindi, per le

alte sfere dell’organizzazionemilitare internazionale. Cau-tele che non dovrebbero af-fatto fare da schermo inprocessi che hanno per og-getto fatti lontanissimi dallagestione dei rapporti traForze armate alleate. In giu-risprudenza risultano addi-rittura applicazioni perimputazioni come lo spacciodi stupefacenti o lo stupro.

La precisazione dei fattinel corso del processo saràinutile, non servirà a nullaemettere una sentenza chepotrà non essere applicata nédalle istituzioni italiane néda quelle di un Paese alleato.

Ovviamente, da un esecu-tivo “attentissimo” alle rela-zioni con quelli che sidefiniscono i nostri “interlo-cutori internazionali” non cipotevamo aspettare condottediverse. Il rapporto di suddi-tanza con chi gestise il Patto

atlantico è un classico dei go-verni succedutisi in Italia neldopoguerra.

La sovranità nazionale nonè al centro delle agende poli-tiche dei partiti “istituzio-nali”.

Lo apprese bene a suotempo l’ex ministro socialistaRino Formica che scoprì unaanonimissima “circolare” delcommercio estero che difatto dichiarava l’extraterri-torialità di ogni trasferi-mento “atlantico” di beni epersone sul suolo nazionaleitaliano.

E lo apprese ancora piùbene, a suo discapito, il pre-sidente del Consiglio sociali-sta Bettino Craxi, autoredell’affronto di Sigonella edel reclamo di una sovranità“non concessa” contro il No-stro Lord Protettore, gli StatiUniti d’America.

Ma. Mas.

Sabato 9 marzo 2013

FILIPPO GHIRA

Nel corso della sua “LectioMagistralis” all’Accademiadei Lincei, il governatoredella Banca d’Italia, IgnazioVisco, ha sottolineato i peri-coli derivanti dalla attività in-vasiva dell’Alta Finanzainternazionale, il cui potere èormai superiore a quellodelle stesse banche centrali.Bella scoperta, si potrebbeosservare, considerato chetale situazione è perfetta-mente chiara a chiunque lavoglia vedere.

Da tempo infatti l’Unioneeuropea e la Bce hanno atti-vato meccanismi per conte-nere gli attacchi miraticontro i titoli di Stato di Paesiin difficoltà nel tenere in or-dine i conti pubblici. Attacchi

provenienti dai mercati an-glofoni, Wall Street e la City,che hanno comportato ilrialzo del differenziale di ren-dimento (spread) con i Bundtedeschi, i più solidi dellazona euro e quelli presi comepunto di riferimento per cer-tificare l’affidabilità ora deiBonos spagnoli ora dei Btpitaliani.

Visco ha sostenuto infattiche le autorità nazionali disupervisione e regolamenta-zione, quindi le banche cen-trali, devono essereconsapevoli del rischio che iloro poteri divengano limitatirispetto alla sfera di in-fluenza di operatori finan-ziari globali.

Il coordinamento della su-pervisione finanziaria traPaesi e tra settori rappre-

senta un presupposto chiaveper la stabilità del sistema fi-nanziario internazionale.Una affermazione che sem-bra presupporre quindi perVisco la necessità, o forse sa-rebbe meglio dire la inevita-bilità, di un governo dellafinanza su scala globale. Masubito dopo, Visco ha ammo-nito che i regolatori e i super-visori siano attenti amantene a debita distanza lelobby del settore finanziario.

Un intervento curioso so-prattutto perché fatto in unafase di relativa bonaccia fi-nanziaria per i Btp italiani eper lo spread con i Bund che,contrariamente ad ogni lo-gica, è andato al ribasso dopoil risultato delle elezioni poli-tiche che ha portato ad unasituazione di instabilità in

Parlamento e senza la possi-bilità di far nascere un go-verno in grado di governare.Un governo che, nelle aspet-tative dell’Alta Finanza an-glofona dovrebbe completareil programma di privatizza-zioni avviata dai governi di

Prodi e di D’Alema. Ci sa-rebbe da ricordare che pro-prio ieri, come già avevanofatto Moody’s eStandard&Poor’s, ancheFitch ha tagliato il rating deiBtp italiani decennali portan-dolo a BBB+, ma si tratta diuna decisione attesa.

E allora forse la tirata diVisco potrebbe leggersi comeun attacco a taluni perso-naggi, dotati di ampi poteri,dei quali sono noti i legamicon le più importanti bancheinternazionali che da annisvolgono un lavoro ai fianchidell’euro per farlo collassare.Tanto per non fare nomi,quel Mario Draghi, che dopoessere stato per tre anni vice-presidente per l’Europa dellaGoldman Sachs, è divenutogovernatore della Bancad’Italia, quindi predecessoredello stesso Visco, e infinepresidente della Banca cen-trale europea. Una nominaquanto mai priva di sensoquella di Draghi alla Bce, nonfosse altro perché la Gran

Bretagna non apprezza uneuro forte e in grado di sosti-tuire progressivamente ilruolo del dollaro sui mercatifinanziari internazionali edin tal modo rendere irrile-vante anche il peso dellastessa sterlina.

E la Goldman Sachs è ap-punto una banca anglo-ame-ricana, più Usa chebritannica in verità, che daalmeno due decenni svolgeun ruolo nefasto nella poli-tica italiana.

Dalle privatizzazioni di Enie Telecom alle quali ha parte-cipato collocandone i titolisui mercati finanziari, ed in-cassando una lauta provvi-gione di intermediazione,fino alle recenti speculazionial ribasso sui Btp, per farneandare in basso il valore dimercato, fare salire gli inte-ressi e quindi i rendimentisulle prossime emissioni, al-zare lo spread e fare saltare ipiani finanziari dello Statosul lungo termine.

Un attacco ai fianchi perpoi arrivare al vero obiettivo,ossia l’euro. Un ruolo nefastoche si è potuto avvalere dellapresenza negli ultimi governidi personaggi come GianniLetta, Romano Prodi, MarioMonti e il non compiantoTommaso Padoa Schioppa,

tutti a vario titolo ex consu-lenti della banca di affari e dispeculazioni.

L’intervento di Visco ver-teva sul tema “Economia e fi-nanza dopo la crisi” e già lostesso titolo teneva ad ope-rare una distinzione tra duerealtà che sarebbero dovuterestare ben distinte, con laseconda messa al serviziodella prima. Ma così non èstato visto che per i mercatifinanziari circolano titoli“virtuali”, ossia derivati, il cuivalore nominale è 80 voltesuperiore a quello dell’econo-mia reale.

La crisi, ha insistito Visco,ha dimostrato che non si sa-rebbe mai dovuta adottareuna politica di benevolo di-stacco nei confronti degli svi-luppi della finanza. Ne èconseguito un profondo ri-pensamento del quadro rego-lamentare e di vigilanza,soprattutto a livello interna-zionale. In un mercato finan-ziario globalizzato conoperatori di grandi dimen-sioni l’azione individuale disingole autorità nazionali èdestinata a fallire. E allora, iconfini della vigilanza de-vono essere ampliati in mododa ricomprendere tutti gli in-termediari rilevanti, indipen-dentemente dal settorespecifico di appartenenza. Eper garantire la stabilità fi-nanziaria le Banche centralidovranno svolgere un ruolocruciale.

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Anche Fitch taglia il rating dei Btpitaliani decennali portandolo a BBB+,un livello di titoli spazzatura

ECONOMIA2

Il governatore della Banca d’Italia mette sotto accusa gli eccessi dei mercati che ormai contano più dell’economia reale

Visco: no a legami tra banchieri centrali e lobby finanziarie

Per il capogruppo dei libe-rali al Bundestag, RainerBruederle, l’Italia, vista la suasituazione economica disa-strosa e considerata la sua in-stabilità politica, potrebbeanche uscire dal sistemadell’euro. Con l’avvicinarsidelle elezioni in autunno ipolitici tedeschi riscoprono lanecessità di non apparire da-vanti agli occhi dei cittadinicome coloro che sono dispo-sti ad avvallare ancora la ten-denza dei Paesi dell’area Suddell’Unione alla spesa facile.Una tendenza che ha portatola Grecia sull’orlo della ban-carotta, la Spagna e il Porto-gallo a ruota tanto da esserecostrette a chiedere l’aiutodel fondo salva Stati del-l’Unione europea ed impe-dire il crollo del’interosistema dell’euro. L’Italia,con il suo maggiore peso eco-nomico e con un debito pub-blico che ha raggiunto il127% sul Prodotto internolordo, crea ai tedeschi lemaggiori preoccupazioni che

nemmeno la presenza diMario Monti al governo èservita ad attenuare. Monti,già legato agli ambienti an-glofoni della finanza interna-zionale, è stato impostoall’Italia proprio da AngelaMerkel oltre che dalla Bce diMario Draghi, ex vicepresi-dente di Goldman Sachs Eu-ropa.

L’attacco di Bruederle èchiaramente più rivolto almercato politico interno evuole dare l’idea che la Fdpcondivide i malumori deisobri cittadini crucchi chenon vogliono più sganciareun euro per quei lavativi diitaliani che con la loro incon-tinenza di spendere e dispandere hanno portato ildebito pubblico a livelli re-cord e che danno ancoral’idea di non voler accettare isacrifici che gli vengono chie-sti per tirarsi fuori dal bara-tro nel quale sonosprofondati.

A giudizio di Bruederle, leregole che stanno alla base

dell’euro devono essere ri-spettate da tutti. L’alterna-tiva ad un’uscita dell’Italiadalla moneta unica consistequindi nell’adozione di mi-sure da lui definite “drasti-che”, poiché il nostro Paese èpenalizzato da una scarsacompetitività e della mancataattuazione di riforme “strut-turali” come quella del mer-cato del lavoro.

Bruederle ha spiegato dinon essere stato rassicuratodagli sforzi di Monti e dalleparole di Draghi che avevasottolineato che dall’Italianon può svilupparsi un ri-schio “contagio” tale daestendersi ai Paesi cosiddetti“virtuosi” dell’area dell’euro.

A scatenare l’ira del capo-gruppo liberale sono stati imancati tagli al settore pub-blico. Finora, ha accusato, lespese dello Stato non sonostate tagliate né tantomeno èstato reso più flessibile ilmercato del lavoro, con i li-cenziamenti resi più facili perinvogliare le imprese italiane

ed estere ad assumere e li-cenziare. Noi tedeschi, ha ri-vendicato Bruederle,abbiamo compiuto un durocammino con l’attuazionedella riforma dello Stato So-ciale. L’Italia deve fare lostesso. E’ troppo comodo nonfare nulla e lamentarsi su ciòche va male. La crisi dell’euronon è superata e la Germaniaha raggiunto il limite di sop-portabilità del carico per ilsalvataggio dei Paesi incrisi. Non è ammissibile che ilavoratori tedeschi finanzinocon le loro tasse gli sviluppierrati negli altri Paesi euro-pei. Il bilancio statale tedesconon deve essere il self servicedi tutta l’Europa.

Se molti crucchi vorreb-bero buttarci fuori dall’euro,appena uno scarso 1% degliitaliani vede con favore unauscita dalla moneta unica.Dal Rapporto sull’Italiadell’Eurobarometro, un uffi-cio dell’Unione europea,emerge che il 59% degli ita-liani chiede a Bruxelles di

mettere la soluzione dellacrisi in corso al primo postonegli interventi da fare. Unatendenza prevalente nellamaggior parte degli Statimembri, in particolare quellidell’area Sud più colpiti dallacrisi. Si tratta però di opi-nioni raccolte nella primedue settimane di novembredel 2012 che potrebbero es-sere nel frattempo mutati. Il31% dei cittadini italiani vedenell’euro il principale risul-

tato prodotto dall’Unione eu-ropea. Sul senso di apparte-nenza all’Unione, il risultatoè un sostanziale pareggio. Un51% è convinto di sentirsi cit-tadino europeo ma ammettedi conoscerne ancora poco idiritti e le opportunità. Men-tre un 47% degli italiani con-tinua a non sentirsi uncittadino della Ue. Siamo in-somma un Paese euroscet-tico.

ANDREA ANGELINI

Il capogruppo al Bundestag, Rainer Bruederle, apre la campagna elettorale attaccando i Paesi “cicale” dell’Unione

I liberali tedeschi non vogliono l’Italia nell’euro

Sabato 9 marzo 2013 LA CRISI 3

Roberto MarchesiALLEN, TX (USA)

Il mio articolo “Un’ipotesi-la “svalutazione fiscale” haaperto la discussione, tro-vando favorevoli e contrari,su un intervento di macro-economia che, se attuato dalnostro governo, avrebbe unforte impatto sulla vita di mi-lioni di persone. Ma questo èproprio ciò che deve fare lamacro-economia.

Chi è al timone di unagrande economia ha una re-sponsabilità altissima.

Non può sbagliare, perchéun conto è un docente o unricercatore che sviluppa unateoria economica sicuro chefunzionerà, ma intanto ri-mane sul piano teorico. Altroconto è per chi ha davvero laresponsabilità di guidare unaeconomia. In questo casol’errore non è consentito,perché sbagliare significa in-cidere sulla vita personale dimilioni di persone e famiglie.

Ciò tuttavia non annulla lapossibilità di errore. L’errorepuò verificarsi ugualmenteperché ... tutti possono sba-gliare. C’è differenza però trachi sbaglia in buona fede echi invece lo fa in malafede,cioè agisce non nell’interessedella popolazione ma perse-gue altri interessi.

Un esempio perfetto digrave errore compiuto inbuona fede l’ho appena citatonel recentissimo articolo“Tagliare le spese pubblicheè... stupido” (Rinascita28.2.13), con l’esempio datoda Sir McDonald (Gran Bre-tagna), Herr Bruning (Ger-mania) e Mr. Hoover (StatiUniti) responsabili politicie/o economici dei loro rispet-tivi paesi negli anni Trenta, iquali decisero di avviare po-litiche economiche forte-mente restrittive, pensandodi far bene.

Credettero che il sacrificioper un anno o due impostoalla popolazione avrebbe rie-quilibrato gli scompensi de-terminati dagli eccessifinanziari dell’epoca, e invece

innescarono una gravissimacrisi che divenne lunga de-pressione economica peroltre un decennio.

Fu un errore grave, maloro erano in buona fede,perché l’interconnessione deimercati e delle borse, anche

senza computer, erano giàuna novità assoluta e senzaprecedenti. E loro commi-sero quindi un errore senzaprecedenti. Poi arrivaronoKeynes, Friedman e altri, efecero esperienza di queglierrori dando le regole e i con-sigli giusti.

Quindi se qualcuno com-mette oggi gli stessi erroriche fecero nel secolo scorsoMc Donald, Bruning e Hoo-ver è difficile pensare che siain buona fede.

La grave crisi che attana-glia oggi l’Europa è ormai di-ventata più economica chefinanziaria, ed era perfetta-mente prevedibile da tempo.Nei miei articoli non for-mulo nessuna nuova teoria

economica, mi limito a ripor-tare le critiche e il pensiero diillustri economisti che hannovisto, e vedono tuttora, il ba-ratro della crisi aprirsi sotto inostri piedi a causa non solodegli errori fatti in passato,ma anche di quelli, di tipo di-verso, che vengono fatti tut-tora, spesso presentatiproprio come “rimedio” perrisolvere la situazione.

È già da quasi due anni che

nei mie articoli denuncio lecause di una crisi che diventaogni mese più grave. Si ve-dano p.es.: “Tsunami econo-mico in vista” del 7 giugno2011; oppure “La politicadella BCE: un disastro im-peccabile!” del 13 settembre2011; oppure ancora “Il pro-blema non è il debito ma ilpatto di stabilità” dell’ 11maggio 2012. In tutti questiarticoli ho cercato di metterein evidenza come le scelte dipolitica economica adottatedall’Europa (specialmentel’Europa dei 17 aderenti allamoneta unica) fossero stateindirizzate male, addiritturain senso opposto a quelloconsigliato dai migliori eco-nomisti del mondo. Ma tutto

è purtroppo rimasto letteramorta, a metà strada tra chinon ne vuole sapere di cam-biare strategia (Monti, Berlu-sconi, Bersani) e chi invecevorrebbe buttare tutto (oquasi) al macero (Grillo, Ma-roni, Ingroia).

Circa un paio d’anni fa,quando le posizioni politichenon erano ancora ben defi-nite come lo sono ora, in unmio articolo dicevo che

l’uscita dall’euro (non dallaComunità Europea, benin-teso) non sarebbe stata unapasseggiata, ma nemmenoquella catastrofe che vole-vano farci credere e che an-cora oggi qualcuno continuaa sbandierare. Il fatto è statoperò che, comunque, in se-guito, l’ipotesi di abbandonodell’euro non è stata seguitada nessuno dei due partitimaggiori che si contende-vano il controllo del Parla-mento italiano e quindi èstata completamente abban-donata. Ma proprio per que-sto potevano e dovevanoessere esaminate dai nostriresponsabili economici altreipotesi, come appunto quelladella “Fiscal Devaluation” di

cui ho parlato nel precedentearticolo.

Sugli effetti di questa ope-razione qualcuno fa giusta-mente notare che avrebbeeffetti “dolorosi” su certefasce di popolazione partico-larmente colpite da questoprovvedimento.

Ma perché, dico io, ab-biamo forse una alternativa?Chi è fuori dall’euro, ce l’ha(può scegliere Maynard, cioè

svalutare la moneta). Chi èdentro l’euro, no, ha soloquesta scelta per stimolarel’economia. E comunque,qualcuno pensa che la svalu-tazione della moneta siasenza dolore?

In ogni caso, a ben guar-dare, si potrebbe scoprireche, anche senza dirlo aper-tamente, il governo Monti hagià avviato di fatto in qualchemisura la “fiscal devaluation”in Italia.

Infatti sia l’aumento del-l’IVA che la riduzione deglioneri sul costo del lavoroerano e sono già nella suaagenda. Ora bisognerà ve-dere se il nuovo governo laporterà avanti.

Ovviamente, essendo lo

scopo di questa manovra so-prattutto quello di ridarecompetitività alle nostre im-prese, tutta la manovra an-drebbe modulata in modo dafarla pesare di più su alcunecategorie e di meno su altre.

La fiscal devaluation po-trebbe avere anche un’altrovantaggio. Recentemente siparla sempre più insistente-mente di una “guerra” dellevalute all’orizzonte. Essendola tecnica della svalutazionemonetaria (in questo caso“strisciante”) adoperata datutti i paesi che vogliono sti-molare le proprie esporta-zioni, la forte svalutazionerecentemente riportata dalloyen giapponese, seguito aruota dal franco svizzero, fatemere una caduta a cascatadi molte altre monete. Cheperò in questo caso finireb-bero col vanificare gli effettipositivi dello stratagemma.Ma potrebbero addiritturaampliare l’ effetto positivodella nostra svalutazione fi-scale (perché dall’estero sitroverebbero con una mo-neta più debole ad acquistarele nostre merci, e ci dovreb-bero dare di più dei loro soldi(ammesso che contempora-neamente non si svalutianche l’euro).

Comunque, ricordandoche il problema principaleper l’Italia e per gli altri paesiEuropei fortemente indebi-tati sono le regole “capestro”del cosiddetto “patto di stabi-lita” tendenti a imporre poli-tiche di austerità nelmomento più sbagliato, miauguro che il nuovo governoagisca con determinazione su

questo versante per to-gliere le catene che impedi-scono ogni anelito di ripresadella nostra economia,dando alle nostre imprese eal nostro mondo del lavoroun terreno aperto su cuicamminare.

È assurda questa politica“neo-liberista” che vuole la-sciare libertà assoluta almondo della finanza, che ge-nera ricchezza quasi esclusi-vamente per gli speculatori,mentre vuole tenere in ca-tene le imprese, che gene-rano invece vera ricchezzaper tutti.

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Perché perseverare nell’erroredelle politiche di austeritàche bloccano l’economia reale?

O si ritorna al buonsenso che riuscì a bloccare la crisi degli Anni Trenta o si cerchino almeno misure di sviluppo

La ‘svalutazione fiscale’ è già in agenda

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Campagna Abbonamenti 2013-2014Annuale carta & web: 100 euro. Sostenitore: 200

Sabato 9 marzo 2013

MATTEO MASCIA

Nessuno ha in mente unasoluzione per uscire dallostallo in cui potrebbe precipi-tare il Parlamento, la nuovacomposizione del Senato nonpermette di avere un quadrochiaro. Giorgio Napolitano siriserva di decidere dopo laconclusione delle consulta-zioni, fonti del Quirinalehanno fatto intendere lamancanza di una strategiaprecisa. Si renderà necessa-ria l’audizione di tutti igruppi e le componenti pre-senti a Camera e Senato.Conferire l’incarico a Bersanipotrebbe rivelarsi contropro-ducente, il sostegno dei sena-tori eletti sotto le insegnedella lista montiana non saràsufficiente a raggiungere lamaggioranza semplice.L’ostruzionismo del Movi-mento 5 stelle potrebbe poiportare i grillini ad abbando-nare l’aula di Palazzo Ma-

dama, azione che sarebbe,forse, subito emulata da Pdle Lega. Un’uscita di scena de-terminante per evitare il rag-giungimento del numerolegale ed obbligare il presi-dente del Consiglio (del Pd?)a rassegnare le dimissioni.Dalle parti del centrodestrahanno deciso di stare a guar-dare, si sentono solo frasi dicircostanza e si intuisce comevia dell’Umiltà sia interessataad un ritorno alle urne. Unascelta che non troverebbed’accordo né Napolitano né –è facile prevederlo – il suosuccessore. L’attuale inqui-lino del Colle sarà costretto afare almeno un paio di tenta-tivi prima di lasciare il postoalla personalità che saràscelta dalle Camere riunite inseduta comune. Le consulta-zioni in programma potreb-bero durare più del previsto;una tattica che permette-rebbe a Mario Monti di gui-dare il Paese in un momento

di difficoltà. Il suo è un Mini-stero dimissionario ma –scorrendo la storia repubbli-cana – nulla gli impedisce dipermanere a Palazzo Chigi inattesa del decreto di nominadi un nuovo Presidente delConsiglio. Atto che sarebbesufficiente a far entrare nelvivo un nuovo Esecutivo,squadra che si dovrà con-frontare entro dieci giornidalla nomina con il voto di fi-ducia di Camera e Senato. Èbene però precisare che ilruolo di Monti non c’entranulla con la prorogatio di cuisi è parlato nelle ultime ore.La pubblica amministrazioneha il dovere di perpetuarsi edil Paese non può rimaneresenza una guida politica e bu-rocratica. Avulso dal contestopolitico, il centrosinistra con-fida in un assist da parte delColle. “Se chiamati noi pro-porremo le nostre otto pro-poste. Questo è il nostropiano A. Ci affidiamo al pre-sidente della Repubblica dicui sono rispettoso delle pre-rogative: tutto il resto sivedrà nei contatti e nei rap-porti con Napolitano”, ha di-

chiarato il segretario delPd, Pier Luigi Bersani,durante una conferenzastampa nella sede delpartito in cui ha spie-gato di aspettarsi il con-ferimento del mandatoda parte del Quirinale.Parole sui cui pesano leirreale esternazionidella Direzione nazio-nali di mercoledì, unariunione di importanzacruciale “rovinata”dall’assenza di critiche eda chi non ha nemmenopreso la parola per ri-servare un attacco fron-tale alla segreteria. Fasiprecedute da un tragi-comico scambio di re-sponsabilità tra gli

animatori della comunica-zione politica del Nazareno,tutti indaffarati in uno sportmolto in voga a sinistra: loscaricabarile. Che il Partitodemocratico abbia qualcheproblema è chiaro a tutti,forse solo Bersani ed i suoifedelissimi tentano di con-vincersi di essere in grado diformare un Governo sorrettoda una maggioranza parla-mentare veramente tale. C’èda augurarsi che non sianoalla ricerca del conforto del-l’aritmetica, sarebbe un er-rore di calcolo – è il caso didirlo – di non poco mo-mento. Basterebbe la primaquestione di fiducia per di-sciogliersi come neve al sole.Bersani ed i suoi devono poifare i conti con la scomparsadi un alleato. Nichi Vendola èscomparso dai radar da qual-che giorno, nessuno dei suoieletti è stato capace di ester-nare quale sia la loro agenda.Dopo il maldestro corteggia-mento a Grillo non si sonoavute altre nuove dagli am-bienti di Sel. Anche il frontecentrista non sembra dispo-nibile a scoprire le carte.

“Scelta civica” - rispettandolo stile della sua componenteUdc – sceglierà in un se-condo momento con chi dia-

logare. Un escamotage peraumentare il suo peso con-trattuale.

Twitter@MatteoMascia

Napolitano si riserva ogni possibile tentativo per trovare la quadra, Bersani si dice sicuro del mandato

Lo stallo politico continua.Alambicchi e pozioni magichenon servono però ad alcunché

Tempi lunghi per le consultazioni al Quirinale

LUCIO GAROFALO

Come ogni anno il giornodell’8 marzo si è ripetutastancamente la festa delladonna, riproponendo liturgiee modalità rituali e gestualidi segno edonistico commer-ciale, una prassi che annientae svilisce ogni capacità di giu-dizio critico, alienando l’esi-stenza delle persone etravisando così il valore piùautentico dell’idea originaria,del suo senso più antico eprofondo.

Soffermiamoci a rifletteresul significato, ormai ri-mosso, dell’8 marzo. Mi rife-risco al senso politico esociale che diede luogo a talemanifestazione, non a caso

introdotta nell’habitat socia-lista, sul terreno delle lotte edelle istanze del movimentooperaio internazionale graziead un’idea di Rosa Luxem-burg e Clara Zetkin, duedonne di grande pensiero epersonalità che furono mili-tanti comuniste del proleta-riato rivoluzionario.

Non è superflua una brevericostruzione storica della“Giornata internazionaledella donna” per cogliere ilsimbolo originario che neltempo è stato smarrito o de-rubricato.

Durante il VII Congressodella Seconda Internazionalenel 1907, a cui parteciparonodelegati provenienti da varienazioni, tra cui i massimi di-

rigenti socialisti dell’epocacome Rosa Luxemburg eLenin, si discusse anche dellarivendicazione del suffragiouniversale esteso alle donne.Su questo tema il Congressovotò una mozione in cui ipartiti socialisti si impegna-vano per l’applicazione delsuffragio universale femmi-nile. La prima “Giornatadella donna” fu celebrata uf-ficialmente negli Stati Uniti il28 febbraio 1909, mentre inalcuni paesi europei si tenneper la prima volta il 19 marzo1911 su indicazione di ClaraZetkin. Le manifestazioni fu-rono interrotte dallo scoppiodella Prima guerra mondialefinché l’8 marzo 1917 nellacapitale russa le donne gui-

darono un’imponente mani-festazione per chiedere lafine del conflitto. In tal modol’8 marzo del 1917 sancì l’ini-zio della Rivoluzione bolsce-vica in Russia. Per stabilireun giorno comune a tutte lenazioni, nel 1921 la Confe-renza internazionale delledonne comuniste decise chel’8 marzo si celebrasse la“Giornata internazionale del-l’operaia”. Tenendo presentele ragioni e gli avvenimentiche ispirarono l’istituzione diquesta giornata di lotta, oc-corre rilanciare con forzal’idea che l’emancipazionefemminile sarà universal-mente possibile ed attuabilesolo in una società completa-mente affrancata dal bisogno

e dallo sfruttamento mate-riale dell’uomo (e quindidella donna), vale a dire inuna società di liberi e uguali,in un sistema che sia effetti-vamente libero.

La festa della donna, cosìcome venne concepita cen-t’anni fa, è oggi completa-mente pleonastica e priva disenso: è la conferma inequi-vocabile del trionfo del Mo-

loch capitalista e delle sue li-turgie sociali, l’estasi del diodenaro e del feticismo dellamerce, un culto massificatoche celebra l’apoteosi del-l’edonismo più arido e dis-sennato.

Insomma, il sistema con-sumista di massa incarnaoggi il vero totalitarismo, unmostro onnivoro in grado didivorare tutto .

Il faro del Colle

Pare dunque che la vil sceneggiatura sia ultimata oquasi: per far digerire al popolo il nuovo inciucio, dovràapparire tanto una scelta insindacabile di sir Napoli-tano, gestita con “manu militari”, si direbbe motu pro-prio. Siamo accidenti davvero in buone mani, trattasidel genio che ci regalò il professore Monti, quello cheformò il governo in assoluto più bancocentrico, pluto-cratico ed antipopolare. I demagoghi servili di regimedefiniscono il presidente come un faro e Lui si senteaffaticato assai nel bel mezzo della nebbia. La gentecomune lo giudica si un traghettatore esperto, maanche alla stregua di Caronte che ci deve trasportaredentro l’Ade! Stavolta chissà in che modo la defini-ranno questa ennesima porcata, magari visto il tempodel conclave passerà alla storia nel nome della DivinaProvvidenza. Si obietterà dalla solita noiosa greppiamoderata, che un ministeriale gabinetto è cosa buona,necessaria e saggia. Ma allora perché Mario Monti di-chiara ch’è meglio tornare alle urne piuttosto di dareal paese una premiership dai connotati antieuropeisti?Dalla cabina elettorale non è uscita una maggioranzaaffatto. Formare un governo a tutti i costi sarebbe for-zare o violentare la voluntas del cittadino italiano. Cosìsiamo alla pura idolatria, dove non sono le istituzionivecchie e marce a servire il paese, ma il pover’uomodella strada costretto bensì ad inginocchiarsi ai poteriforti, corrotti e settari. La casta ferita e bastonata manon vinta, non anela ad altro che alla sopravvivenza;quanto alla Chiesa spenta e secolarizzata allo stessomodo non interessa che perpetuar sé stessa. Mentrenoi dovremmo tornare alla classica natura greca e diPlatone, dovendo sempre scegliere l’idea in antitesiagli idoli. Intendendo per questi ultimi, le medesimeistituzioni. Stiamo annegando senza nemmeno urlareall’interno d’un nero lago di tristezza, anzi in un miserobicchier d’acqua. Si esulta alla grande novità rivolu-zionaria e civile dei grillini, però sui media addomesti-cati impazzano le vetuste facce di Dario Fo, RomanoProdi e adesso pure Rodotà. I soliti aruspici compratici svelano che siamo ad un cambiamento netto e ra-dicale ma puzza molto di remake, tant’è vero chetorna la Carrà!...

Luigi Cardarelli

POLITICA4

Il significato rimosso dell’8 marzoIl totalitarismo consumista ha fatto strame di una istanza di giustizia e libertà

La Siria è sotto tiro da mesioramai e dopo la liquidazionedella Libia di Gheddafi , l’ap-parato bellico e mediaticodegli Stati Uniti e dei suoi fidialleati, ha iniziato a muoversicontro il legittimo presidentesiriano Bashar al Assad. Unaguerra al momento fatta d’intelligence, gruppi ben ar-mati di mercenari, opera-zioni sotto copertura,provocazioni, che hanno giàcausato migliaia di vittimetra la popolazione civile e trale forze di sicurezza governa-tive. I fatti riportati daimedia embedded tutti alli-neati al mainstream impostoda Washington , ogni giornoci dipingono una Siria nelcaos, un presidente delegitti-mato,una forza di opposi-zione che gode del pienoconsenso dei siriani e una po-polazione in attesa di essere

“ liberata” . Ne abbiamo par-lato con il dott. GiannantonioValli che è stato di recente invisita a Damasco.

Dott.Valli innanzituttouna premessa, lei in unarecente conferenza haesordito parlando dellatotale disinformazioneche c’è sull’argomentoSiria. Giornali, riviste,canali televisivi tuttisalvo rare e lodevoli ec-cezioni ci propinano ri-petitivamente la solitaimmagine degli insorti li-beratori e dei governa-tivi oppressori, comegiudica la libertà distampa in Italia oggi e inEuropa in generale?

Il paradigma storico-poli-tico dal quale l’umanità vieneconformata dal secondo con-

flitto mondiale o per dirla piùsemplicemente la cornice cheinquadra la ricezione delleinformazioni da parte del-l’uomo comune, è stato for-giato da precise centrali diguerra psicologica. Tali cen-trali altro non sono che le di-rette eredi dellaPsychological WarfareBranch angloamericana. Lacreazione dei più diversi im-maginarii è quindi, da unlato, il risultato pressoché in-conscio della conformazionedei cervelli dell’uomo demo-cratico, dall’altro dell’inces-sante opera dei mezzi dicomunicazione di massa.Questi ultimi rispondono, inogni Paese dell’Occidente,per il 99 per cento ai poten-tati finanziari, padroni puredella quasi totalità delle forzepolitiche maggiori. La resi-dua libertà, di stampa e più

latamente di informazione, èdovuta a voci assolutamentecoraggiose, che mettono indiscussione non tanto questoe quel singolo fatto, ma le ra-dici stesse, ideologiche e sto-riche, del mondo attuale.

Tra queste mi piace ricor-dare, per la loro serietà, coe-renza e irriducibilità alSistema, il quotidiano Rina-scita e la rivista l’Uomo li-bero, come pure i sitiinternetici olodogma e syrianfree press network.

Quest’ultimo è la maggioree più obiettiva fonte di infor-mazione sugli eventi siriani.Come ho detto in una recenteintervista radiofonica al pe-riodico online La voce del ri-belle, tale sito, oltre adun’infinità di notizie, smen-tite e rettifiche, diffonde siafilmati girati dai cosiddetti ri-

belli «siriani», sia filmati diprovenienza governativa. Traquesti, anche i telegiornali si-riani, la cui diffusione vieneimpedita da mesi, alla facciadel pluralismo vantato dallacosiddetta Libera Stampa,dai canali satellitari non solooccidentali, ma in primo

luogo delle petromonarchiesaudita, emiratica e qata-riota. Li si guardi. Ognunogiudichi poi da sé, con la pro-pria testa, la propria sensibi-lità, la propria coscienza.Quanto alle mie convinzionisugli eventi siriani, oltre chesulle citate testate, mi sonobasato sull’analisi deglieventi dell’ultimo trentennio,su una quindicina di volumi,reperibili con qualche impe-gno per ogni volonteroso chenon voglia farsi accecaredalla propaganda degli ag-gressori, ed infine sulle im-pressioni ricavate dal mioviaggio in Siria nel maggio2012.

Una settimana non per-mette certo di conoscere larealtà di un Paese nella suacomplessità. Ma io, a diffe-renza della quasi totalità dei

giornalisti di regime, ci sonostato. A mie spese. Il mio cer-vello non lo paga nessuno.

Veniamo alla Siria, cheda tempo faceva parte diquella lista di “Stati ca-naglia” stilata dal Dipar-timento di Statostatunitense e quindiprima o poi sarebbe fi-nita sotto il mirino diWashington, quali sonostate a suo avviso le ra-gioni principali di quest’offensiva a tutto campocontro Damasco?

La Sua domanda mi per-mette di proseguire il di-scorso in tutta naturalezza.In effetti, come ho detto allatelevisione siriana, non sipuò capire il problema Siriase non lo si inquadra in unapiù ampia visione ideologicae in una strategia economico-geopolitica. Ideologia e stra-tegia non solo americane, mapiù ampiamente mondialiste,vale a dire giudaiche. Averebollato da decenni la Siriacome «Stato canaglia» ha si-gnificato, per gli Occidentali(mi riferisco agli Stati Uniti,all’Inghilterra, alla Francia ead Israele, eterno nemico conil quale mai Damasco ha sot-toscritto un trattato di pace)tenere sotto scacco quelPaese fin dagli ultimi anniSettanta.

In questa ottica, è com-prensibile che la diffama-zione di ogni atto del governosiriano sia stata e venga con-dotta col massimo della tena-cia e della «buona coscienza»democratica. «Buona co-scienza» che io riconosconon solo ai giornalisti dellacosiddetta Libera Stampa,ma persino ai loro direttori eai più «autorevoli» commen-tatori. Tra questi ultimi cito,persona tra le più velenose,l’ex ambasciatore Sergio Ro-mano. Gran penna del Cor-riere della Sera, costui nonperde occasione per pedisse-quare, con supponenza, laversione degli eventi siriani

data dal foglio che lo nutre.Invero, oggi, la battaglia nonla si vince tanto sul campocon le armi, quanto con laconquista dei cervelli deisudditi democratici. Al con-trario del nostro Solone, ioho potuto fare esperienza di-retta, vedere coi miei occhi,toccare con le mie mani,come sia possibile manipo-lare le coscienze. Quella inatto è in primo luogo unaguerra mediatica. Prima chesul campo, la guerra oggi sivince, ripeto, invadendo lamente degli individui. Sonoquindi lieto – tristementelieto – per avere assistito dipersona alla creazione di re-altà fittizie con immagini ma-nipolate e le menzogne piùsordide. In particolare, mi ri-ferisco ai massacri compiutinell’ultimo ventennio daStati Uniti, Inghilterra, Fran-cia e Israele col massimo dibuona coscienza e avallatidalla complicità, dalla viltàdei popoli del Libero Occi-dente. Prima però di trattaredell’aggressione alla Siria, mipermetta di rammentaresette altri casi di menzogna,altrettanto atroci.

1. Per l’Iraq di SaddamHussein ricordo, del 1990, lafarsa delle incubatrici svuo-tate negli ospedali del Qu-wait, coi neonati scagliati aterra dai soldati iracheni. El’anno dopo le strisce verdidella contraerea nel cielonotturno, con le quali l’emit-tente al-Jazeera, da poco fon-data dal Qatar consupervisione ebraico-ameri-cana, ci ha suggestionato, fa-cendoci credere di assisteread una «guerra in diretta».Ricordo, del 2003, la bufaladelle «bombe intelligenti» edelle «fiale di antrace» –rammenta Powell, il Segreta-rio di Stato, sventolante lamitica provetta di liquidogiallo?

Ricordo il cormorano nerodagli occhi rossi coperto dipetrolio a «provare» l’«infa-mia ecologica» di Saddam.

Mi permetta di sottolinearel’importanza anche dei colorinella creazione degli immagi-nari fissati nei cervelli dellemasse, mille volte più forti ditante parole: verde, giallo,nero, rosso... E poi le fanto-matiche «armi di distruzionedi massa», pretesto per ilnuovo massacro dopo il de-cennale stillicidio di bombeclintoniano. Prova generaleper i successivi in Afghani-stan, Libia e Siria.

2. Svaniti da ogni memoriasono i 200.000 – sottolineo,duecentomila – morti delgolpe algerino compiuto nel1992 dai militari massonicidopo la vittoria elettorale delFronte Islamico di Salvezza.Duecentomila persone, per laquasi totalità stragizzate inun decennio. Vittime nonsolo i protestatari cui sarebbeandata la legittima vittoria –e della cui radicalizzazionesuccessiva, e ribadisco: suc-cessiva, non dovremmoquindi stupirci – ma anchemigliaia di semplici cittadinitacciati di connivenza. Acarte ribaltate rispetto aglieventi siriani, è conferma diquanto dico l’ammissione delsupergiornalista LorenzoCremonesi sul Corriere dellaSera del 19 gennaio. Le cito:«Si affinò la tecnica dei mas-sacri di civili imputandoli poiagli islamici per ingraziarsi lapopolazione. MohammedSamraoui, ex numero duedell’antiterrorismo, in unlibro del 2003 [...] citava unafrase che usava ripetere il suocapo diretto, Smail Lamari:“Sono pronto ad eliminaretre milioni di algerini pur dimantenere la legge e l’or-dine”».

3. E il massacro del popoloserbo operato dalla NATO se-minando il paese di uranio.Uranio per il quale sonomorti e muoiono tuttora dicancro centinaia di nostrisoldati inviati in quella mis-sione «di pace». Massacricompiuti non solo dai delin-quenti albanesi , addestrati,armati e guidati dagli ameri-cani, ma anche dai bombar-dieri partiti dall’Italia. Dallebasi concesse al Grande Fra-tello Capitalista dal comuni-sta Massimo D’Alema,promosso capo del governoalla bisogna.

E quindi sbrigativamentescaricato. E qui apro una pa-rentesi, e non parlo dei fami-gerati «danni collaterali»,espressione da allora entratanell’immaginario collettivo.«Collaterali», anche se fu-rono scientemente voluti perlogorare e demoralizzare iserbi.

Sottolineo come obiettivoprimario degli Occidentali fu,allora come oggi, silenziare imezzi di comunicazione nonconformi. E tanto più quellinemici, in particolare le tele-visioni.

Obiettivo Siria tra disinformazione mediatica e mistificazione

Federico Dal Cortivo per Europeanphoneix ha intervistatolo studioso Gianantonio Valli,collaboratore e redattore della rivista l’Uomo Libero

Sabato 9 marzo 2013 IL FATTO LA CRISI 5

Chi, e perchè, vuole la caduta di Assad?

Sabato 9 marzo 2013

Allora quella serba, bom-bardata con qualche «distra-zione» a monito contro laCina... nell’attacco, ricorderà,morirono, istruttivamente,cittadini cinesi. E nel 2011 latelevisione libica, colpita per-ché, dissero i virtuosi delledemocrazie, «era di parte» e

«mentiva». E l’anno dopo, edoggi la televisione siriana permano di ben istruiti terrori-sti, con l’uccisione di decinedi giornalisti. E tutto senzaalcuna protesta dei loro «col-leghi» occidentali. Ultima manon ultima riprova dell’ideaoccidentale di libertà di in-formazione: all’inizio di set-tembre 2012 sono statioscurati i canali televisivi al-Ikhbariya e al-Dunya. Dopoil successo di Damasco nel-l’affrontare il feroce attaccooccidentale, armato e media-tico, gli amministratori delsatellite NileSat, hanno nonsolo violato i termini del con-tratto, ma anche brutalmenteviolato le regole deontologi-che dell’informazione.

4. Ricordo poi due eventigemelli: la cacciata dei gior-nalisti dalla città ribelle diFalluja in Iraq nell’aprile2004, per settimane stragiz-zata all’uranio e al fosforobianco dagli USA, e la cac-ciata dei giornalisti da Gazanel dicembre 2008, città eterra stragizzate all’uranio eal fosforo bianco da Tel Avivcon l’Operazione PiomboFuso. Da quell’Israele, cheavrebbe aggredito l’Iran giànel 2006 se non fosse statofermato sui confini dagli Hiz-bollah. Schiumando rabbia,Israele distrusse allora dal-l’aria, strategia dei vigliacchi,le infrastrutture civili. Ponti,strade, scuole, ospedali, abi-

tazioni, acquedotti, elettro-dotti, e quant’altro. Tutto di-strutto, contro ogni norma didiritto bellico. Nessuna rea-zione dall’ONU, silenzio dalTribunale dell’Aja, guaiti dalVaticano. Al contrario, le fal-sità create da al-Jazeera e daal-Arabiyya, come pure i fil-

mati girati dai terroristi, ven-gono ripresi da ognitelevisione e giornalone occi-dentale. E riproposti a di-stanza, anche se da temposmascherati come falsi.

5. Solleticando il buoncuore dei sudditi democra-tici, dei minimalisti di buonafamiglia, di quelli che vedonol’albero e non si accorgonoche fa parte di una foresta,l’Afghanistan è stato deva-stato all’insegna di «liberarele donne dal burqa». Che, in-fatti, è rimasto lì come prima.

In compenso, oltre adavere impiantato enormi basimilitari, fatto affari con la ri-costruzione di quanto ave-vano distrutto, portato allestelle la produzione di oppio,gli americani continuano aseminare stragi anche da de-cine di migliaia di chilometridi distanza attraverso i droni.In particolare, stragizzandoqualunque assembramento«sospetto», come quelli du-rante le feste di nozze.

6. Quanto alla cosiddetta«primavera araba», spac-ciata per moti di libertà inparticolare dalle sinistre diogni sfumatura, ci accor-giamo solo ora che il veroobiettivo della messa inscena era propiziare un «in-verno libico» e, Dio non vo-glia, siriano. Aggredita aoccidente a partire da unaTunisia destabilizzata, adoriente da un Egitto destabi-

lizzato, bombardata dal maree dall’aria sempre controogni norma di diritto bellico,la Libia ha finora visto ilmassacro di 120.000 suoi cit-tadini. Con bombe a sottra-zione di ossigeno, bruciato daogni bomba su un’area diventimila metri quadri, trecampi di calcio. Con bombe aframmentazione. Con unapioggia di fosforo, proiettiliall’uranio, missili a gas ner-vini. Con crani esplosi a colpidi mitra e persone sgozzate.Massacro operato dai taglia-

gole armati dall’Occidente,così come dai bombarda-menti «umanitari» franco-anglo-americani. Ai quali si èaccodato, violando la Costi-tuzione e su istigazione delquirinalizio comunista Napo-litano, lo sciacallo italiano.Nella fattispecie, il governoberlusconico, quintocolon-nato dal ministro degli EsteriFrank Frattini. Ma poi, do-v’erano quelli che nel 2003appendevano gli stracci arco-baleno della «pace» controBush? E così la Libia è statariportata all’ovile occidentaledopo quarant’anni di indi-pendenza e un’eroica resi-stenza durata di sette mesifino all’assassinio del colon-nello Gheddafi. Una resi-stenza tuttora in atto, nelsilenzio della Disinforma-zione Corretta. E questo, ag-giungo, senza contare lapopolazione angariata e ledecine di migliaia di lealistituttora incarcerati, torturatie massacrati per essere rima-sti fedeli ad un legittimo go-verno. Ma, talora, chi seminavento raccoglie tempesta.L’11 settembre – un altro 11settembre, ricorrenza mito-poietica dell’operazione TorriGemelle – sono stati linciatitre marines e l’ambasciatoreamericano a Bengasi... ci di-cono ad opera della «furiafondamentalista». La causa:una «imperdonabile» offesainferta a Maometto dal ci-

nema hollywoodiano. Contutta evidenza, contro gli Ap-prendisti Stregoni del«laico» Occidente si sta rivol-tando un mostro da loro sca-tenato contro Gheddafi.Nessuna pietà, me lo lascidire, ho provato per l’amba-sciatore, uno degli organizza-tori dei massacri di Libia. Nepotrei provare un pizzico, percarità solo un pizzico, se l’Ab-bronzato di Washington sicospargesse di cenere per lamorte inferta «per sbaglio»,dai suoi, all’ultimo cammel-liere dell’ultima oasi libica. Oall’ultimo spazzino dell’ul-tima cittadina libica, massa-crato perché pubblicodipendente.

7. Nessuno ha poi parlato,se non per un giorno, del Ba-hrein, ove la repressione deimoti di libertà da parte sciita,quelli sì veri, ha visto il mi-tragliamento della popola-zione da parte degli elicotteriamericani e l’invasione delletruppe saudite, chiamate dal-l’emiro. Inoltre, la polizia haimprigionato e torturato de-cine – sottolineo, decine, ilche rende l’’ampiezza dellarepressione – di medici, ac-cusandoli di complicità coidimostranti per avere curatoi feriti. All’inizio dello scorsosettembre, dopo un anno emezzo dai moti, decine dimanifestanti – ovviamente, isopravvissuti – sono staticondannati a pene che giun-gono all’ergastolo. E questo,nel più completo silenziodella stampa e di ogni orga-nizzazione umanitaria. E lerivolte, queste sì vere e legit-time, e la repressione conti-

nuano tuttora, nel più laidosilenzio della Grande StampaDemocratica.

E mi fermo, ricordandol’imbonimento mediatico,quanto alla Siria, compiutoper le stragi, veramenteistruttive, di Houla, Daraya,Deir al-Safir (colpi di mor-taio su un asilo, spacciati perbombardamento aereo go-

vernativo), Halfaya (scoppiodi esplosivi in un covo terro-ristico, spacciato per bom-bardamento aereogovernativo di una panetteriacon la gente in coda... mortiduecento, poi cento, poitrenta, poi venti, poi boh!),Aleppo (missili o colpi dimortaio sull’università e glistudenti in esame, sempre at-tribuiti al governo) ed ancoraAleppo (un’ottantina di corpinel canale, cittadini assassi-nati con le mani legate dietrola schiena). Nessun pro-blema poi, ottenuto il risul-tato con titoloni, adammettere nelle pagine in-terne, dopo qualche setti-mana, la responsabilità deitagliagole e non del governosiriano. Tanto, cosa ricorda ilsuddito democratico, tra mi-gliaia di altre notizie e inmezzo a tutti i suoi problemi?Altro che la «verità» di chispaccia filmati girati su regiaoccidentale! Vedi i 40 bam-bini di Houla, il 25 maggio.Cadaveri veri, bambini e fa-miliari colpiti da breve di-stanza o con le gole tagliate,fatti passare per vittime del-l’esercito, quando tutti eranodi famiglie filogovernative.Verità ammessa tre mesidopo, ad esempio, dallaFrankfurter Allgemeine, maignorata da ogni altro giorna-lone. Cento innocenti massa-crati, foto truccate, immaginiscattate anni prima in Iraq ea Gaza. Di bambini vittimedel fuoco americano e israe-liano. Egualmente massa-crati dai terroristi nelle casee per le strade sono stati, il 25agosto, i 245 civili di Daraya

presso Damasco. E sempre lastrage è stata attribuita,prima di svanire d’un bottodai giornali, all’esercito.

L’attacco era stato pre-parato da qualchetempo, basta scorrere lepagine internet del Broo-king Institute e del SabaCenter, noti think thank

della potente lobby sioni-sta statunitense, oppuredare uno sguardo alla ri-vista Foreingn Policy chea novembre 2011 ospi-tava un intervento di Hil-lary Clintondall’eloquente titolo “Ilsecolo pacifico dell’Ame-rica” vera e propria di-chiarazione bellicacontro il Vicino Oriente.

Quindi stiamo solo as-sistendo all’applicazionedella geopolitica statuni-tense, che andando a ri-troso s’ispira a ZbigniewBrzezinski il quale nelcelebre libro “La grandescacchiera” aveva trac-ciato le linee guida per ilcontrollo dell’Eurasia.Lei dott. Valli che nepensa?

In un’intervista televisiva aDamasco mi è stato chiesto:perché la Siria? Ho rispostoche non è solo questione digeopolitica o di economia,ma anche di ideologia. I pianidegli aggressori datano dadecenni, sono piani a lungascadenza. L’obiettivo finale,il messianico obiettivo finale,è la distruzione delle nazionie l’instaurazione di un unicogoverno mondiale. A guida,ovviamente, americana. Aguida, ovviamente, dell’AltaFinanza. A guida, ovvia-mente, giudaica. Un governoche, delira il profeta Isaia,tramuterà le spade in falci ele lance in vomeri d’aratro. Edove il leone si pascerà difieno a fianco dell’agnello,senza mangiare l’agnello. Po-tenza dell’ingegneria gene-tica! Sappiamo che non è un

complotto, un tenebrosocomplotto. Un complotto,quando gli scopi sono statidichiarati a tutte lettere – ri-peto: a tutte lettere – daglistessi autori in decine di pub-blicazioni? Cerchiamo di es-sere seri. Non prendiamociin giro.

FEDERICO DAL CORTIVO

IL FATTO LA CRISI6

I piani degli aggressori sono in atto da decenni, sono piani a lunga scadenza

Chi sono i sudditi del MondialismoL’obiettivo finale è la distruzione delle nazioni e l’instaurazione di un unico governo mondiale.A guida, ovviamente, americana

È una strategia pensata inogni aspetto, non un com-plotto. Chi parla di complottoè un mistificatore. Uno chenuota nel torbido. O, altri-menti, un perfetto ignorante.

Di queste pubblicazioni,progenie di precedenti pro-getti, cito solo tre esempi.

(A) Nel 1997 Brzezinski,l’ebreo polacco da Lei citato,consigliere di sei presidentida Carter ad Obama, demo-cratici come repubblicani,pubblicò The Great Chessbo-ard, “La Grande Scacchiera -Il mondo e la politica nell’eradella supremazia ameri-cana”. Suggerendo di adope-rarsi per fare scoppiareconflitti interetnici nei più di-versi paesi, Brzezinski am-monisce che in futuro «lacapacità degli Stati Uniti di[continuare ad] esercitareun’effettiva supremazia mon-diale dipenderà dal modo in

cui sapranno affrontare icomplessi equilibri di forzenell’Eurasia, scongiurandosoprattutto l’emergere di unapotenza predominante e an-tagonista in questa regione».

(B) Nello stesso 1997 unatrentina di neoconservatori,ventotto almeno dei qualiebrei e anime nere bushiane,lanciò il Project for the NewAmerican Century, “Progettoper il Nuovo Secolo Ameri-cano”, che rilanciava le tesi diBrzezinski, suggerendo i ne-cessari comportamenti appli-cativi.

(C) Similmente, un gruppodi intellettuali israeliani ca-peggiati dall’influente polito-logo Oded Yinon avevacodificato, fin dal 1982,quindi ben quindici anniprima dei confratelli di ol-treoceano, la preventiva di-struzione di ogni Statoconsiderato nemico.

Cinque sono state le fasi ditale strategia. La prima: sca-gliare in una guerra control’Iran khomeinista un Iraqstupidamente caduto nellatrappola e quindi, dopoaverlo indebolito, spiazzarloeconomicamente. La se-conda: occupare l’Iraq e im-padronirsi delle sue risorseenergetiche, eliminando alcontempo uno dei più tenacinemici di Israele e interrom-pendo la continuità territo-riale tra Siria ed Iran. Laterza: occupare l’Afghanistane impiantare basi nell’ex Asiasovietica, condizionando anord la Russia e accer-chiando da oriente l’Iran, giàpossedendo a sud il controllodel Golfo.

La quarta: assicurarsi, invista di una guerra con l’Iran,le ingenti risorse energetichelibiche, spegnendo al con-tempo le velleità panafricani-

ste di Gheddafi e testando lereazioni del duo Russia-Cina.La quinta: eliminare il ba-luardo geografico e militaresiriano, premessa per l’ag-gressione all’Iran.

Sull’onda delle secolariteorizzazioni massonichedell’«Ordo ab chao, Ordinedal caos», sull’onda di quel«caos creativo» cantato nel2006 dal Segretario di Statobushiano Condoleezza Rice,possiamo definire tale strate-gia «geopolitica del caos»,espressione coniata dallo sto-rico Paolo Sensini. I Signoridel Caos vogliono frantu-mare gli Stati laici e moder-nizzatori – Iraq, Libia, Siriae, anche se non è propria-mente laico, l’Iran sciita diAhmadinejad – in minire-gioni in lotta una contro l’al-tra per motivi etnici ereligiosi. Un federalismo insalsa orientale. Uno Stato

dopo l’altro, la «politica delcarciofo». Eliminare una fo-glia dopo l’altra, fino a giun-gere al cuore. L’ultima fogliaè l’Iran. Il cuore, il nemicostrategico dell’Alta Finanza,sono la Russia e la Cina. Inparticolare, per l’estensionedel suo territorio e la ric-chezza in materie prime diogni genere, la Russia. Ma igiochi non sempre riescono,e l’ultimo osso sarà troppoduro per questa banda di as-sassini. Anche la distruzioneeconomica dell’Europa, inquanto potenza alternativaagli USA, rientra nei loropiani. Quanto alle modalitàdell’applicazione di tale stra-tegia, invito ad informarsi sulrivelatore volume dell’ebreoGene Sharp, attivo fin dal2004, «Come abbattere unregime», edito in Italia daChiarelettere nel 2011.

Quale è a suo avviso ilruolo che stanno rico-prendo la Russia,la Cinae l’Iran in questa fase?Proprio di recente la Re-pubblica Islamica del-l’Iran ha presentato unasua proposta di pace insei punti(http://euro-peanphoenix.it/compo-nent/content/article/8-in t e r n a z i o n a l e - / 5 0 4 -siria-tra-voglia-di-pace-e-voglia-di-guerra-la-proposta-della-lobby-sion-i s t a - s t a t u n i t e n s e - e -quella-della-repubblica-islamica-delliran-per-una-soluzione-della-crisi) per uscire dallacrisi ribadendo ancorauna volta la posizionepacifica di Teheran.

Dopo avere abbandonatoal suo destino la Libia, Russiae Cina hanno preso una nettaposizione all’ONU ponendo ilveto sulla terza «zona di nonvolo» pretesa (dopo la primain Iraq e la seconda appuntoin Libia) dagli aggressorimondialisti. Date le loro di-mensioni, le loro economieed i loro armamenti, Russia eCina sono potenze globali,per cui, consapevoli della so-stanziale ostilità americananei confronti di entrambi,devono giocare su diversiscacchieri. Come che sia, al-l’errore storico di valutazionecompiuto nel caso libico po-tranno rimediare con grandedifficoltà. Resta la bruciantelezione, che certo non dimen-ticheranno. L’ipocrisia, il ci-nismo, l’arroganza e laviolenza adoperati dagli Oc-cidentali – l’ignobile moscacocchiera fu la Francia – sa-ranno una lezione perenneper chiunque voglia ancoraprestare fede alle GrandiCarte, dell’ONU come delleDemocrazie. Dopo l’«inge-nuità» di allora, quali furonogli altri motivi dell’indecisio-nismo russo-cinese? Certa-

mente la freddezza, ose vogliamo l’«equidi-stanza», mostrata dasempre da Gheddafinei loro confronti. Diun Gheddafi non soloilluso dal «patto diamicizia» stipulatocon l’Italia (cheavrebbe dovuto tute-larlo non mettendo adisposizione dei suoinemici le basi perun’aggressione aerea),ma anche, tutto som-mato, illuso dalle «ga-ranzie» cartacee dellostatuto dell’ONU.Quanto alla politica diRussia e Cina nei con-fronti della Siria, devodire che, a differenzadella Russia putiniana,della Cina io non mifido affatto. La Russiaha concreti, essenzialiinteressi geopoliticialla sua periferia. Secadesse la Siria nonavrebbe più sbocco na-vale sul Mediterraneo,ma, cosa ancora piùimportante, i suoi ne-mici occidentali avreb-bero mano totalmentelibera sui suoi confinimeridionali. Pensiamoal caso Georgia, a ragionebacchettata duramente nel2008. Per la Cina conta, in-vece, in primo luogo l’Iran,uno tra i suoi primi fornitorienergetici.

L’Iran sciita sa benissimodi essere nel mirino da unlato delle petromonarchiesunnite infeudate agli ameri-cani, dall’altro degli Occiden-tali e di Israele. Se non vuolecrollare come Stato e infeu-darsi a Washington e TelAviv, non può assolutamentepermettersi di perdere laSiria. Non solo per le affinitàideologico-religiose, ma perconcreti interessi strategicigeopolitici. Quanto alla pro-posta di pace cui Lei accenna,da un lato confesso di nonaverne preso documentatavisione, dall’altro mi per-metto di ritenerla un passoche, seppur doveroso nel-l’ambito della politica inter-nazionale e mediatica, saràdel tutto infruttuoso, data ladeterminazione degli aggres-sori occidentali. Questi delin-quenti politici, che in tempipiù fausti sarebbero statipubblicamente impiccati peri loro crimini – parlo di su-percriminali come Sarkozy,Hollande, Obama, Erdogan,Netanyahu, i sauditi e i qata-rioti, come pure dei loro por-taborse italiani – si sonospinti ormai troppo avanti.Ritengo difficile, per non direimpossibile, non solo chequesta banda ripieghi rien-trando nei ranghi del dirittointernazionale, ma anche chesi arresti in una sorta dinuova guerra fredda.

Chi sono invece i ne-mici principali dellaSiria?

Ogni aggressore della Siriaha i propri obiettivi. In primafila – per quanto silenzioso,dato che per lui agisce l’in-tero Occidente – resta sem-pre Israele, per il qualeDamasco è non solo il ne-mico tradizionale, ma l’ul-timo ostacolo perl’aggressione all’Iran, pianifi-cata da anni.

A ruota segue il suo grandesatellite a stelle e strisce. Ladistruzione di un altro anellodell’Asse del Male risale nonai repubblicani Bush padrené a Reagan, ma al democra-tico Carter.

Al Nobel per la pace Car-ter, al buono e mite democra-tico, che trentatré anni faavviò la destabilizzazionedella Siria.

Vale a dire, tre anni primache Hafez al-Assad, il padredell’attuale presidente, repri-messe il terrorismo dei Fra-telli Musulmani, mobilitatifin dal 1971 contro il «testoateo» della Costituzione.Sulla stessa linea si è messo,con più concreti ordini ope-rativi, nel marzo 2005 Bushfiglio.

La scoperta, in questi ul-timi anni, di enormi depositidi gas e petrolio al largo dellecoste siriane è un’altra moti-vazione per l’intervento deipredatori occidentali.

Quanto a Londra e Parigi, idue compari ricalcano un co-lonialismo nato nel maggio1916 e proseguito coi Man-dati loro assegnati dopo la

prima guerra mondiale dallaSocietà delle Nazioni. Cioè,da loro stessi. Violando ogninorma, Parigi non solo staccòdalla Siria nel 1923 il territo-rio libanese, da sempre pro-vincia di Damasco, ma nelgiugno 1939, per ingraziarsila Turchia in vista dellanuova, programmata guerramondiale, le cedette l’interaprovincia di Alessandrettacon Antiochia. Infine, unpunto ancor più significativo,almeno sotto l’aspetto sim-bolico, è che le bande terrori-stiche del cosiddetto «LiberoEsercito Siriano» sventolanooggi, senz’alcuna vergogna,la bandiera con la strisciaverde e le tre stelle rosse.Quella dei servi, della Siriacoloniale francese.

Secolare è poi l’ostilità traIstanbul e Damasco, cui siaggiunge l’odio religioso trala Turchia sunnita e l’Iransciita. Nonché, con più con-crete motivazioni, la volontàturca di diventare il princi-pale crocevia, e quindi con-trollore, energetico dalMedio Oriente e dall’AsiaCentrale all’Europa.

I regimi feudali di Arabia eQatar, stretti agli USA fin dalfebbraio 1945 da un ferreopatto in cambio della più to-tale acquiescenza, aggiun-gono ai predominanti motivieconomici l’odio per il laici-smo siriano che difende laconvivenza delle più variefedi ed etnie.

FEDERICO DAL CORTIVO

Ogni aggressore della Siria ha i propri obiettivi. In prima fila resta sempre Israele

Per Tel aviv Damasco è non soloil nemico tradizionale, ma l’ultimoostacolo per l’aggressione all’Iran...pianificata da anni

Sabato 9 marzo 2013 IL FATTO LA CRISI 7

e i principali nemici della Siria?

ntrisa di wahabismo– una ideologia mes-sianica fondata da

criptoebrei come criptoebreifurono i fondatori del clan deiSaud – l’Arabia è l’unico paeseal mondo a trarre il nome nonda un popolo né da un credo,ma da una famiglia. Quasi chelo Stato e il popolo siano pro-prietà personale di qualchemigliaio di principotti. Invero,non esiste «il mondo arabo»,e neppure «il mondo isla-mico», intesi come entitàomogenee spinte contro l’Eu-ropa da un interesse comuneo da un’ideologia unificante.Esistono solo paesi arabi, oislamici, in lotta fra loro. Di-visi da concreti interessi, da

rivalità geopolitiche, da setta-rismi religiosi. Paesi vassallidegli Stati Uniti, a partire dalMarocco fino agli EmiratiUniti.

Sono del tutto infondatedue tesi. La prima, che vede inSiria una rivolta di popolocontro il cosiddetto «clan»alauita del presidente Bashar.La seconda, che vede in attouna guerra civile. Per quantoesistano frange di opposizioneantigovernativa più o menoradicali, non è una rivolta,non è una guerra civile, cioèun conflitto fra due compo-nenti sostanziali di una stessasocietà. È invece una feroceaggressione dall’esterno, vo-luta dagli Occidentali, dallepetromonarchie e dalla Tur-chia. I loro strumenti sonobande di fanatici religiosi, disperimentati mercenari, di sa-dici criminali.

Contro la splendida realtàsiriana di umana convivenza,l’Occidente ha scagliato cento-mila tagliagole. Qualche de-cina di migliaia di terroristiautoctoni, pressoché tutti de-linquenti comuni e latitanticondannati con pene anchefino all’ergastolo; ben più nu-merosi e in posizione trai-nante sono quelli giuntidall’estero. Mercenari speri-mentati in Libia, Iraq ed Af-ghanistan. Pazzoidi religiosiarrivati da Marocco, Algeria,

Tunisia, Libano, Giordania,Yemen e Pakistan. Guerri-glieri salafiti e wahabiti. in-tossicati da un credo ottuso,esaltati contro l’«eretico» Ba-shar che permette a cristiani,drusi e altri non musulmanidi convivere a parità di diritticon la maggioranza sunnita..Bande di terroristi salafiti, wa-habiti, alqaedisti messe inpiedi dalla CIA. Armati, adde-strati, pagati e guidati dall’Oc-cidente «laico e progressista».

Assassini che soprattutto al-l’inizio, quando la mano delleautorità è stata leggera permesi, dapprima nelle zone piùperiferiche poi in quartieridelle grandi città hanno creatorepubblichette partigiane ove

regnava la violenza più cruda.Dove hanno compiuto atten-tati con mortai, autobombe,lanciarazzi e, ritiratisi sotto lapressione dell’esercito, conmine a scoppio ritardato.Dove hanno incendiato e di-strutto monumenti millenaricome il vecchio mercato diAleppo, patrimonio dell’UNE-SCO. Dove hanno distruttocentinaia di scuole e ambula-tori. Dove hanno sgozzato, de-capitato, squartato, mutilatoimpiegati statali, poliziotti,amministratori, insegnanti,medici, religiosi non allineati.Dove hanno sequestrato emassacrato nei modi più effe-rati, nella ferrea logica di ognipartigianesimo che deve inti-morire i civili con un terroreesemplare, gente di ogni età edi ogni ceto. All’inizio, diffon-dendo video sulle proprie pro-dezze, quali i «processi» agliavversari malmenati, umiliatie messi al muro, lo sgozza-mento di poliziotti, l’assassi-nio di civili a colpi di mitra odi machete, il lancio nel vuotodi lealisti dai tetti delle case.In seguito, eliminando inmassa civili di ogni età e, resipiù accorti delle reazioni ne-gative del delicato Occidente,attribuendo, spudoratamentesupportati dalla GrandeStampa e dalle Grandi Televi-sioni, i massacri alle forze go-vernative. In ogni caso

cercando di sfiancare, logo-rare, demoralizzare, paraliz-zare il paese dall’interno, difar perdere ai cittadini la fidu-cia nella protezione del pro-prio governo. Il tutto, in attesadell’attacco in supporto dal-l’esterno, con le bombe e imissili NATO. E di un piùvasto bagno di sangue.

Certa è in ogni caso l’inter-cambiabilità degli aggressori.Il risultato è lo stesso che adaggredire sia un Bush, bianco

massone cattivo e repubbli-cano, o un Obama, negro mas-sone buono e democratico. Untizio nobelizzato per la Paceancor prima di avere dettobah, e per questo legittimato afare ciò che vuole. Nonchézombizzato dall’odiosa Hil-lary, quella dei quintali di Via-gra – qualcuno lo ricorderà –distribuiti da Gheddafi per in-citare i soldati a stuprare ledonne dei nemici.

Il risultato è lo stesso vi siail socialista Blair o il conserva-tore Cameron, il destrorsoSarkozy o il sinistrorso Hol-lande, i militari massoni diIstanbul o l’islamico Erdogan.Complici e pagatori prontacassa, gli sceicchi delle petro-monarchie. E a tirare le fila,Israele e l’ebraismo interna-zionale. Di quest’ultimo mi li-mito a citare il triointellettuale rappresentatodagli ex sessantottini miliar-dari Bernard-Henri Lévy,Alain Finkielkraut e AndréGlucksmann. Coadiuvati fatti-vamente dall’ex ministro degliEsteri sarkozyco BernardKouchner, già fondatore diMedici senza frontiere, unodei massimi istigatori al mas-sacro di Serbia, e dal ministrodegli esteri hollandico Lau-rent Fabius. Cinque ebrei.Come ebrei ed ebrei onorarifurono e sono lo stesso Sar-kozy e lo stesso Hollande. Di

Fabius, poiché tutto si tiene,rammento che fu il cervello,l’ideatore eponimo della leggeFabius-Gayssot, approvata nel1990 per tacitare ogni storicononconforme alla vulgatasterminazionista, all’Immagi-nario Olocaustico. Defilatosiin seguito Fabius, tutto il me-rito della repressione del pen-siero, tutto il meritodell’infamia, resta al comuni-sta Gayssot, l’ennesimo utileidiota goyish.

Dott.Valli ci parlidelle libere elezioniche si sono svolte inSiria nel maggio 2012,sulle quali è calato ilsilenzio mediaticoteso ad avallare l’im-magine di una Siriadominata da una fe-roce dittatura e ciparli della Costitu-zione siriana.

A differenza della Libia,Paese di sei milioni diabitanti divisi in cento-cinquanta tribù in eternadiscordia tra loro, unifi-cati solo dal carisma diGheddafi – e tuttaviasemplicemente eroiconella resistenza solitaria,per sette mesi, contro ne-mici perfidi e ultrapotenti– la Siria è un vero Stato.Uno Stato laico nel qualeconvivono una quindi-cina di confessioni reli-giose e una ventina dietnie. La scuola è gra-tuita. La sanità è an-

ch’essa a carico dello Stato. Seil presidente è di religionemusulmana-alauita, i vicepre-sidenti sono di confessionesunnita. E non solo, uno deitre vicepresidenti è stata unadonna, l’unica donna a rive-stire una carica di tale impor-tanza nel Vicino Oriente. InArabia alle donne è persinovietato guidare la macchina.Inoltre la Siria, per quanto se-condo la Costituzione il Presi-dente non possa essere chemusulmano, è l’unico paesearabo dove l’islamismo non èreligione di Stato e il credo deicittadini non è riportato sullecarte d’identità.

Impressionanti, a confrontodel deserto stepposo dellaGiordania, sono i cento chilo-metri che separano Damascoda Daraa visti dall’aereo, ver-deggianti, bonificati, irrigatidalle riforme volute da Hafezal-Assad, «il padre dellaSiria». Un personaggio diumili origini divenuto gene-rale d’aviazione, un moderniz-zatore che, appoggiato dagliintellettuali e dai tecnici delpartito nazionalista e sociali-sta Baath, «Rinascita», haspazzato via le tracce del peg-giore feudalesimo.

Che un paese assediatoabbia usato ed usi un pugnosaldo, ed ora un pugno final-mente di ferro, per mantenerela convivenza civile e fronteg-

giare una spietata aggressioneesterna, non fa meraviglia. Inogni caso la Siria di Bashar al-Assad era un paese che stavavivendo una fase di dinami-smo politico caratterizzato dalprogetto di una nuova Costi-tuzione – stilata da un comi-tato di giuristi, parlamentari emembri della società civile – eda un multipartitismo semprepiù vivace.

E, soprattutto, caratteriz-zato da quelle libere elezionidel 7 maggio 2012 sulle qualiè subito calato il silenzio, il si-lenzio totale da parte dei mas-smedia occidentali... arma lapiù efficace perché una qua-lunque cosa, come che la sivoglia giudicare, neppure piùesiste se non se ne parla. Nonvale neppure accusare il go-verno di brogli. Non se parla.In ogni caso le democrazie oc-cidentali, le nostre truffaldinedemocrazie del nostro beatoOccidente, sono proprio le ul-time a poter impartire lezioni

di correttezza. Inoltre, le ele-zioni hanno dato una nettamaggioranza ai partiti gover-nativi. Alla tornata elettoraleha partecipato il 51,26 % degliaventi diritto, una cifra mira-

colosa, se pensiamo che inmolte zone l’accesso ai seggi èstato impedito dai terroristi,che hanno anche assassinatonumerosi candidati. Una tor-nata che ha visto 7.195 candi-dati, di cui 710 donne,contendersi i 250 seggi del-l’Assemblea Nazionale cheavrebbe approvato una nuovaCostituzione. Prima delle ele-zioni il governo era retto dauna maggioranza di nove par-titi, tra cui il Baath. Oltre a

candidati indipendenti, hannoconcorso altri nove partiti, fa-centi parte di un’opposizionepiù o meno determinata manon terroristica. Con PaoloSensini, della genuinità della

contesa elettorale sono statotestimone io stesso a Dama-sco.

Chiudo con qualche cifra.Su ventiquattro milioni di si-riani, i nemici radicali del re-gime sono quattro milioni,pressoché tutti sunniti ed ap-partenenti alla parte più bassadella popolazione. Trogloditi,mi passi il termine, nemicidelle scuole pubbliche, tenutinel più ignorante fanatismoislamico dai loro capi religiosi,

residenti nelle zone di Homs,Hama, Idlib e Daraa. Al-l’epoca del mio viaggio in Siriale vittime, civili come militari,dell’aggressione terroristicaimperversante da tredici mesisi aggiravano sulle 4000. Afine giugno erano balzate a13.000. Terrificante la succes-siva scalata. A tutt’oggi, feb-braio 2013, dopo soli altri ottomesi, possiamo contare, dallaparte del governo e del popolosiriano, assassinati 40.000 ci-vili e caduti 30.000 militari –militari di leva, il «ragazzodella porta accanto», non«milizie di regime» – e30.000 paramilitari di autodi-fesa. Di contro, 40.000 sareb-bero i terroristi indigeni edaltri 40.000 quelli stranieriterminati dall’esercito.

Durante il suo recenteviaggio in terra siriana hapotuto certamente racco-gliere testimonianze e ve-dere con i proprio occhi

la realtà locale, quellaquotidiana fatta di uo-mini e donne del popolo,ce ne può parlare?

Come ho detto, ho avuto lafortuna di passare in Siria laprima settimana di maggio2012. Ho interrogato il gene-rale medico, cristiano figlio dicontadini, direttore del mag-giore ospedale di Damasco.Quotidianamente vi morivanouna decina di militari, oggi in-finiti di più. La nostra delega-zione ha intervistatodecine di soldati feriti emutilati. Ho intervi-stato il presidente delparlamento. Il ministrodell’Informazione. Ilgovernatore di Daraa,la prima città ad essereinfiltrata dai terroristi.Il patriarca greco-catto-lico melchita GregorioIII ci ha parlato a nomedi tutte le confessionicristiane, sostenendo ilgoverno. Il massimostudioso vivente del-l’Islam, il dottor Mo-hammad Albouti,lucidissimo novan-tenne nella moscheasunnita degli Oma-yyadi, nella funzionedel venerdì ci ha dettotestualmente: «I citta-dini siriani hanno un li-vello di conoscenza cheimpedisce loro di ca-dere nella trappola. Èproprio questa cono-scenza la nostra difesa controquesta aggressione». Dopoavere citato il proverbio «È untuo fratello anche se non èstato generato da tua madre»,si è rivolto a noi: «Credo nellavostra fratellanza più che inquella dei nostri cugini arabiche falsificano la verità». Perun più dettagliato resocontorimando al numero 73 del’Uomo libero.

Mi consenta di citare la te-stimonianza di Agnès-Mariamde la Croix, suora carmelitanalibanese, attiva in Siria davent’anni, resa nell’ormai lon-tano 25 luglio 2012 in un con-vegno a Roma: «Per quantoriguarda il massacro di Homsattribuito all’Esercito gover-nativo, ho constatato con imiei occhi un centinaio di ca-daveri all’obitorio. Erano civilisgozzati dai ribelli per distrug-gere la vita sociale della Siria.Ho contattato e incontrato iloro familiari, che in parte co-noscevo, erano cristiani e mu-sulmani baathisti. Ho capitoche il fine dei rivoltosi è la dis-truzione della Siria così comeè stata sino ad ora. Per far ciòbisogna prima distruggere lavita sociale, ad esempio si im-pedisce al medico di curare gliammalati e se non obbediscelo si sgozza, al panettiere disfornare il pane e così via, epoi si giunge alla distruzionedella Siria. Tutto è finalizzatoa far collassare la Societàcivile siriana. I cento morti di

Homs erano cittadini chehanno osato non obbedire airibelli e sono stati sgozzati.Oggi la medesima tattica, im-piegata ieri ad Homs, è stataperfezionata in peggio. A Da-masco seimila mercenaristranieri hanno invaso la zonaresidenziale della capitale perseminare il terrore tra i civili;ad Aleppo dodicimila merce-nari stranieri e qualche centi-naio di siriani stannoseminando il panico nella “ca-

pitale economica” della Siria.Ma a Damasco i cittadini in 48ore hanno evacuato la città edhanno permesso all’Esercitodi reprimere i rivoltosi. Que-sta è legittima difesa, non “cri-mine di guerra” come dice lastampa occidentale. AdAleppo non vi sono mai statedimostrazioni pacifiche o vio-lente, come invece vi eranostate a Damasco per dare l’im-pressione e la parvenza di una“rivoluzione spontanea pri-maverile” che chiedesse la li-bertà. Come mai adessododicimila miliziani, che sonsbucati fuori dal nulla, mar-ciano verso Aleppo e sono en-trati nella città? Chi sono? Chili manda? [...] Sono turchi, li-bici, afghani, pachistani, su-danesi, e vogliono portare solocaos e distruzione, non vo-gliono la libertà dei sirianicome dicono i ‘media’. DaHoms a Damasco si contano13.000 cristiani uccisi daimercenari islamisti radicali.Cosa avverrà ad Aleppo? I ve-scovi siriani si sono riunitioggi per smascherare il com-plotto che si cela dietro le ap-parenze di democrazia elibertà e fare in modo che tuttisappiano chi si nasconde die-tro la rivolta, ma la stampa oc-cidentale non vuol ascoltare».

Alla luce dei recentifatti che si stanno succe-dendo nel Vicino Oriente,chi sono oggi i veri “ne-

mici dei Popoli”? Per rispondere compiuta-

mente alla Sua domanda oc-corre alzare lo sguardo dallemotivazioni economiche egeopolitiche. Andare al fondodelle cose. Dal punto di vista

ideologico le finalità – basatesull’eterno delirio dell’UnicoMondo guidato dagli UniciEletti – sono quelle vantate, inotto sole parole, da un perso-naggio buffo ma pericoloso,l’amministratore delegatoFIAT Sergio Marchionne.Quello dei maglioncini e dellabarba incolta. Della delocaliz-zazione e della miseria nazio-nale. Dei contributi statali afondo perduto e degli Elkann.Cito tra virgolette tanta sag-

gezza: «Bisogna superare l’at-taccamento emozionale alproprio paese». La stessa con-cezione anima mister MarioMonti, nel novembre 2011unto senatore a vita dal quiri-nalizio comunista e da luimesso a capo del governo. Seimesi prima, il 28 maggio, allaBocconi, l’esimio Salvatoredelle Banche si era auguratoche si estinguesse «il senso diappartenenza dei cittadini aduna collettività nazionale». Siveda su Google il video di treminuti titolato «Monti le pa-role di un pazzo».

Ma la disgrazia, per Mar-chionne, per Monti, per tutti imondialisti del «volemosebene» intergalattico, è che cisono popoli, come i siriani,che al loro paese – alla lorogente, alla loro nazione, ailoro padri, ai loro figli, a sestessi – non vogliono rinun-ciare. Lo si intenda una voltaper tutte! Non siamo all’in-terno di una disputa scola-stica, ma di una guerra diciviltà! È una guerra politica,una guerra intellettuale, unaguerra morale, una guerraspiri tuale, è una guerra totalequella che ci coinvolge. Laposta in gioco, nel suo sensopiù profondo, non è il Potere,ma la Memoria e l’esistenzadei popoli, la sopravvivenzadel l’Anima stessa dell’uomo.

Come ho detto a Milano il14 luglio in una manifesta-zione pro-Siria, non sono mai

stato politicamente corretto,non ho paura delle parole.Non è il tempo dei compro-messi. È il tempo delle affer-mazioni assolute e dellenegazioni radicali. Non ètempo di neutralità. Non è iltempo degli utili idioti chestrillavano «né con Saddamné con Bush, né con Milosevicné con la NATO». Il privilegiodell’ignoranza e il vanto del-l’idiozia li lascio a chi sventològli stracci arcobaleno coniscritto «pace». A coloro cheusano ancora termini ammuf-fiti come colonialismo e impe-rialismo. Il nemico dell’uomo,il nemico dei popoli liberi nonè oggi l’imperialismo. È ilNuovo Ordine Mondiale. È il

mondialismo, l’universalismo.È il cosmopolitismo, la citta-dinanza planetaria. Il termineimperialismo proietta lementi in un’atmosfera fuor-viante, in un quadro emotivoe relazionale ottocentesco,epoca nella quale ancora vive-vano e si mobilitavano le na-zioni. Combattendosi l’unl’altra per i propri valori, i pro-pri sogni, i propri deliri, i pro-pri interessi. Legittimi oillegittimi, a noi graditi omeno che fossero. Il quadro èradicalmente mutato. Oggistanno per scomparire tutte lenazioni, stanno per decom-porsi tutti i popoli, per dive-nire sezioni di un oscenoammasso planetario domi-nato neanche più da una sin-gola nazione, ma da unamostruosa entità finanziaria.Da una entità globale che hainventato a suo uso e con-sumo, ed imposto a tutti i po-poli, la farsa dei Diritti Umani.Una entità apolide che se neserve a scopo del più biecosfruttamento. Il re oggi ènudo, nudissimo.

L’umanitarismo, il ca pi -talismo finanziario del qualegli Stati Uniti sono l’espres-sione più compiu ta, è il maleassoluto, un disastro come ilmondo non ha mai cono -sciuto. Per ché com porta l’an -nien ta mento di ogni cosa.

FEDERICO DAL CORTIVO

IL FATTO LA CRISI8 9

A differenza della Libia, Paese di sei milioni di abitanti divisi in 150 tribù in eterna discordia tra loro,unificati solo dal carisma di Gheddafi,la Siria è un vero Stato

Sul voto in Siria le democrazie occidentali tacciano...I

Sabato 9 marzo 2013

Se in passato qualche si -stema politico ha distrut to gliindivi dui, fin dalla sua infan-zia il Sistema ha decom po stotutte le culture, attaccato ivalori che fanno la spe ci ficitàdelle civiltà, privato l’uomo

delle sue appartenenze natu-rali, ridotto le nazioni a fol-klore. Quando pure, nella suagiovi nezza e matu ri tà, non hadistrutto, fisicamente, interipopoli. Dei suoi complici

sono parte gruppi come Am-nesty International, HumanRights Watch, gli altermon-dialisti, i neoglobal... altroche no global ! Dei suoi com-plici è parte il Tribunale In-ternazionale dell’Aja,

responsabile dell’assassinioin carcere di Slobodan Milo-sevic e del massacro di Libia.Tribunale mobilitato oggicontro il popolo siriano, aval-lando con la sua «autorità»

l’operato dei tagliagole e po-nendo le premesse per un’en-nesima guerra. Gli «aiutiumanitari» mascherano i piùtorbidi interessi, quando nondirette forniture di armi. Giàdisse Proudhon: «Chi diceumanità cerca di ingan-narti».

Se non si capisce che l’uni-versalismo è la tara di fondo,che non è mai esistito né maiesisterà un «cosmopolita»,cioè un «cittadino delmondo», che la «vera demo-

crazia» esiste solo nellamente di Giove, che la demo-crazia è solo questa bieca de-mocrazia reale, non si ècapito nulla. La differenzanon è più tra destra e sini-

stra, tra rossi e neri, ecosì via. La differenzaè fra mondialisti e di-fensori del diritto deipopoli ad essere sestessi. Per distruggerele appartenenze almondo reale – fattodi razze, stirpi, na-zioni, popoli e Stati –tre sono le strategiedei Nemici degli uo-mini liberi.

(A) La prima è ladistruzione armatadegli Stati che nons’inchinano ai lorovoleri: nel VicinoOriente, in Africa, inAmerica Latina. Maanche in paesi euro-pei come la Serbia. Lecito al proposito, nonsi potrebbe essere piùchiari, il detto Gluck-smann, quello dal ca-schetto argenteo apaggetto, sul Corrie-rone del 15 dicembre: «Ilnuovo ordine mondiale orapassa anche per Damasco».

(B) La seconda sono le ri-voluzioni colorate – aran-cioni, viola, gialle, rosa,verdi, dei tulipani e chi più neha più ne metta – control’Iran e i paesi ex comunisti:Serbia, Macedonia, Molda-via, Ucraina, Bielorussia,Russia (vedi le tre efebichepussy riot, traduzione piùcruda: “la rivolta della figa”),Georgia, Kirghizistan. «Rivo-luzioni» studiate a tavolinoda gruppi come la Fonda-zione Società Aperta del su-permiliardario, guarda caso

sempre ebreo, George Soros.L’affondatore della lira nel1992. Il superspeculatore in-ventore dell’acronimo PIIGSnel 2010 coi confratelli Ste-ven Cohen e John Paulson. Ilcompare di Prodi, da Prodifatto premiare a Bologna conuna laurea honoris causa.

(C) La terza è lastrategia contro l’Europa. Inquattro fasi: rieducazione deisuoi popoli mediante il lavag-gio del cervello con le cosid-dette «colpe» della guerramondiale, in particolare laFantasmatica Olocaustica;invasione migratoria; distru-zione dello Stato sociale; ri-

duzione in miseria dei suoipopoli. In particolare, dell’ul-tima fase sono artefici, attra-verso colpi di Stato chiamatigoverni tecnici, i portaborsedell’Alta Finanza. Semprequelli della «cittadinanzaplanetaria», dei predicatoridella pace perpetua. Dellapace eterna. Di tali golpe, duesoli esempi. In Italia misterMonti, in Grecia un altromaggiordomo GoldmanSachs. E su tutto, l’occhio in-sonne del ciambellano MarioDraghi, già Goldman Sachs.Colpi di Stato coordinatidalle massime cariche istitu-zionali e avallati dalla quasitotalità dei politici, camerieridei banchieri, complici con-sapevoli o semplici idioti.

Intervistato l’11 ot-tobre dalla TV siriana, l’exgenerale libanese, cristiano,Michel Aoun, capo del Bloccoper il Cambiamento e le Ri-forme, ha pronosticato che laSiria non cadrà. I paesi checospirano non riusciranno asottometterla: «La fermezzadella Siria contro il com-plotto è molto forte, perché lacrisi non ha potuto colpire ilsettore amministrativo, néquello giudiziario, né quellomilitare, nonostante tutte leenormi perdite umane edeconomiche». Ringrazian-doLa per l’opportunità offer-tami, riassumo il senso dellaquestione siriana in due frasi.1° L’unica possibilità di sal-vezza per la Siria sta nel suoesercito, nei giovani militariin difesa del loro popolo;l’unica possibilità di non es-sere inghiottiti dalla cloacadell’Occidente è Bashar al-Assad. 2° La Siria di Basharal-Assad, la Siria del popolosiriano, è un esempio unicodi fierezza e dignità, un rim-provero perenne per i popolivili, un baluardo della resi-dua libertà.

europeanphoenix.com

Gianantonio Valli, nato a Milano nel 1949 dafamiglia valtelli ne se e medico-chirurgo, ha pubblicato saggi su l’Uomo li be ro e Orion; curato la Bibliografia della Repub blica SocialeItaliana (19891), i saggi di Silvano LorenzoniL’abbraccio mortale - Monoteismo ed Europae La figura mostruosa di Cristo e la conver-genza dei monoteismi, i libri di Joachim Noly-waika La Wehr macht - Nel cuore della storia1935-1945 (Ritter, 2003), Agostino MarsonerGesù tra mito e storia - Decostruzione del dioincarnato (Effepi, 2009), Wilhelm Marr, La vit-toria del giudaismo sul germanesimo (Effepi,2011) e Johannes Öhquist, Il Nazionalsociali-smo - Origini, lotta, Weltanschauung (ThuleItalia, 2012); redatto la cartografia e curatol’edizione di L’Occidente contro l’Euro pa (Edi-zioni dell’Uomo libero, 19841, 19852) e Primad’Israele (EUl, 19962) di Piero Sella, Gori zia1940-1947 (EUl, 1990) e La linea dell’Isonzo- Diario postumo di un soldato della RSI. Bat-taglione bersaglieri volontari “Benito Musso-lini” (Effepi, 2009) di Teodoro Francesconi; tradotto, del nazionalsocialista Gottfried Grie-smayr, Il nostro credo - Professione di fededi un giovane tedesco (Effepi, 2011). È autoredi: Lo specchio infranto - Mito, sto ria, psi co -logia della visio ne del mon do elleni ca (EUl,1989), studio sul per corso e il significatometa storico di quella Welt anschau ung; Senti men to del fa scismo - Ambiguità e si -stenzialesa re Pa vese (Società Editrice Barba-rossa, 1991), nel quale sul la base del taccui no«ritrova to» evidenzia l’ade sio ne del lo scrittore

alla visione del mondo fasci sta; Dietro il So -gno America no - Il ruolo dell’e braismo nellacinema togra fia statu ni ten se (SEB, 1991),punto di partenza per un’opera di seimila pa -gine di formato normale: I complici di Dio -Gene si del Mondiali smo, edito da Effepi inDVD con volumetto nel gennaio 2009 e, cor-retto, in quattro volumi per 3030 pagine A4 sudue colonne nel giugno 2009; Colori e im-magini del nazionalso cia lismo: i CongressiNazio nali del Partito (SEB, 1996 e 1998), duevolumi fotografici sui primi setteReichsparteita ge; Holocaustica religio - Fon-damenti di un paradig ma (Effepi, 2007, reim-postato nelle 704 pagine di Holocausticareligio - Psicosi ebraica, progetto mondialista,Effepi, 2009); Il prezzo della disfatta - Mas-sacri e saccheggi nell’Europa “liberata” (Effepi,2008); Schindler’s List: l’immaginazione alpotere - Il cinema come strumento di riedu-cazione (Effepi, 2009); Operazione Barba-rossa - 22 giugno 1941: una guerrapreventiva per la salvezza dell’Europa (Effepi,2009); Difesa della Rivoluzione - La repres-sione politica nel Ventennio fascista (Effepi,20091, 20122); Il compimento del Regno - Ladistruzione dell’uomo attraverso la televisione(Effepi, 2009); La razza nel nazionalsociali-smo - Teoria antropologica, prassi giuridica (inLa legislazione razziale del Terzo Reich, Effepi,2006 e, autonomo, Effepi, 2010); Dietro labandiera rossa - Il comunismo, creaturaebraica (Effepi, 2010, pp. 1280); Note suicampi di sterminio - Immagini e statistiche (Ef-

fepi, 2010); L’ambigua evidenza - L’identitàebraica tra razza e nazione (Effepi, 2010, pp.736); La fine dell’Europa - Il ruolo dell’ebrai-smo (Effepi, 2010, pp. 1360); La rivolta dellaragione - Il revisionismo storico, strumento diverità (Effepi, 2010, pp. 680); Trafficanti disogni - Hollywood, creatura ebraica (Effepi,2011, pp. 1360); Invasione - Giudaismo eimmigrazione (Effepi, 2011, pp. 336); Il voltonascosto della schiavitù - Il ruolo dell’ebrai-smo (Effepi, 2012); L’occhio insonne - Stra-tegie ebraiche di dominio (Effepi, 2012, pp.604);.Quale complemento di L’occhio insonneha in preparazione ZOG - Governi di occupa-zione ebraica, cui seguirà Giudeobolscevismo- Il massacro del popolo russo, aggiorna-mento e rielaborazione della prima parte diDietro la bandiera rossa. Ri cono scendosi nel solco del reali smo pa-gano (visione del mondo elleno-roma na, ma-chiavelli co-vichiana, nietzsche a na ed infinecompiutamente fascista) è in radicale opposi -zio ne ad ogni allucinazione ideo-politi ca de-moliberale e socialcomu nista e ad ogniallucinazione filosofi co-reli giosa giudaica/giu-daicodiscesa. Gli sono grati spunti critico-opera ti vi di ascenden za volterriana. Non hamai fatto parte di gruppi o movimenti politicie conti nua a ritenere preclusa ai nemici del Si-stema la via della politi ca comunemente in-tesa. Al contrario, considera l’assolu taurgenza di prese di posizione puntuali, impat-teg giabili, sul piano dell’ana lisi storica e in -tellet tuale.

IL FATTO LA CRISI10

I Nemici degli Uomini liberivogliono distruggere globalmentele identità, le culture, le nazioni.Proudhon ricordava che “chi parla di umanità cerca solo di ingannare”

In Occidente si moltiplicano, anzi: dilagano..., entità di (falsa) tutela dei “diritti umani”

La vera democrazia esiste solo nella mente di Giove

SEBASTIANO CAPUTO

Ali Laarayedh, successoredi Hamadi Jebali alla presi-denza del Consiglio dei Mini-stri, è l’uomo forte dellaTunisia.

Nato nel 1955 a Medenine,nella Tunisia sudorientale, ilnuovo premier è uno dei lea-der più noti e contestati diEnnahda, il movimento poli-tico-religioso che ha vinto leelezioni nel 2011. Portavocedel partito dal 1981 e arre-stato nel 1990 (dopo che ilmovimento fu messo albando dal regime l’anno pre-cedente), Ali Laarayedh hatrascorso 14 anni in prigione,13 dei quali in isolamento.Dopo la legalizzazione di En-nahda all’indomani della ri-

volta, è stato nominato mini-stro degli Interni nel governodi coalizione nato dopo leelezioni dell’ottobre dellostesso anno, le prime dopo lafine del regime. L’operato delsuo ministero è stato spessooggetto di contestazione po-polare per una riforma del si-stema di sicurezza troppolenta, per il facile ricorso allaviolenza - come nel caso degliscontri durante le seguentifasi di contestazione - pernon aver sciolto la Lega per laprotezione della rivoluzione(movimento islamista legatoad Ennahda), ma soprattuttoper la tolleranza mostrata dalgoverno nei confronti deigruppi salafiti, i quali hannoseminato il caos in un Paese,la Tunisia, che si è sempre di-

stinto per il suo profondo ri-spetto della laicità delloStato.

Dopo un avvio tortuoso,Laarayed ha saputo rinsal-dare la sua posizione nei ver-tici del partito, mostrandosifedelissimo al padre spiri-tuale del movimento RachidGannouchi, soprattutto dopolo scontro interno con il pre-mier dimissionario HamadiJebali.

Proposto dal presidentedella Repubblica MoncefMarzouki, l’ex ministro degliInterni è stato eletto due set-timane fa premier dal Consi-glio della Shura (vertice diEnnahda) e sulla base dellostatuto dell’Assemblea Na-zionale Costituente (Anc),con il compito di presentarela nuova squadra di governoal capo dello Stato ed otte-nere la fiducia dai parlamen-

tari tunisini. Fino a qualchegiorno fa sembrava che lacoalizione di maggioranzaformata da Ennahda, Ettaka-tol e Congresso per la Repub-blica, che sosteneva ilgoverno di Jebali si stesse di-sintegrando. La giornata diieri era cominciata sotto pes-simi auspici per Ali Laara-yedh che aveva ricevuto unsecco rifiuto ad entrare nellamaggioranza dalle tre forzepolitiche (Wafa, Blocco par-lamentare della libertà edella dignità e Alleanza de-mocratica) che avevano ini-zialmente dato la lorodisponibilità, facendo peròmarcia indietro davanti allaferma determinazione di En-nahda di non cedere a Wafacinque ministeri. Tuttavia, inextremis, è stata trovataun’intesa che apparente-mente rinsalda il triumvirato

di maggioranza: il partitoislamico ha lasciato la guidadei ministeri di punta (Di-fesa, Giustizia, Educazione,Commercio, Interni edEsteri), i quali saranno affi-dati a dei tecnici, uomini di

alto profilo ma sganciati daipartiti. Mentre tutti gli altriministeri rimarranno inmano ai partiti che siedonoalla maggioranza.

La nuova squadra ministe-riale proposta da Ali Laara-yedh è stata accettata sia daEnnahda, Ettakatol e il Con-gresso per la Repubblica, siadal presidente della Repub-blica Moncef Marzouki. Inquesti giorni i deputati del-l’Assemblea nazionale costi-tuente dovranno dare lafiducia al governo per non farcadere il Paese in una nuovacrisi istituzionale. Qualoraquest’ultimo venisse appro-vato dalla stanza dei bottonitunisina, il nuovo premier siconfermerebbe l’uomo fortedi Ennahda e della Tunisia,anche se il partito islamico neuscirebbe radicalmente inde-bolito.

Un gruppo di miliziani ar-mati hanno fatto irruzionenella sede dell’emittente tele-visiva privata di Tripoli Alas-sema rapendo cinquepersone, tra le quali il pro-prietario Juma Osta e l’ex di-rettore esecutivo NabilShebani. L’irruzione è avve-nuta giovedì pomeriggio. Innottata tre degli ostaggi – ilsegretario di Osta e due gior-nalisti dell’emittente – sonostati liberati. Secondo quantoraccontato dal presentatore

della tv Alassema Rajab BenGazi, tra le centinaia di per-sone armate che hanno fattoirruzione c’era rivoluzionari(qualcuno dice della vicinaZintan), islamisti e civili. “Al-cuni di loro gridavano ‘ilsangue dei martiri non è ca-duto invano’”, ha raccontato.

I miliziani non condivide-rebbero la linea editorialedella televisione. “Ci accu-sano di legati a MahmoudJibril (l’ex premier del go-verno di transizione e leader

della coalizione “libe-rale” dell’Alleanzadelle Forze Nazionalindr) – aggiunge BenGazi – e dicono che ilnostro manager,Juma Osta, sia unlealista di Gheddafiperché ha lavoratocome dirigente nellaCamera di Commer-cio durante il re-gime”.

Proprio in questigiorni nel Parla-mento libico si sta di-scutendo la propostadi legge sull’ “isola-

mento politico”, che do-vrebbe vietare ai funzionaridel passato governo Ghed-dafi di partecipare alla vitapolitica e candidarsi alleprossime elezioni. Martedìscorso qualche centinaio dimanifestanti armati hannocircondato la sala dove eranoriuniti i deputati per costrin-gerli ad approvare la legge. Iparlamentari sono riusciti auscire solo dopo qualche ora.In quell’occasione la mac-china del presidente del Par-

lamento Mohamed al Maga-rief è stata bersagliata da di-versi colpi di arma da fuoco,che però sono stati fermatidalla blindatura dei fine-strini.

Quello di giovedì non è ilprimo attacco contro Alas-sema. All’inizio di febbraiouna troupe venne aggreditadalle guardie di sicurezza delParlamento. Lo scorso ago-sto, inoltre, l’allora direttoreesecutivo Shebani venne ar-restato insieme ad altri duegiornalisti dalla Commis-sione suprema della sicu-rezza (l’organo di sicurezzacreato dal Consiglio nazio-nale di transizione), che nonaveva gradito il servizio del-l’emittente sulla distruzionedella moschea Al Sha’ab diTripoli da parte dei salafiti.

Proprio poche ore primadell’irruzione di giovedì, lamissione in Libia delle Na-zione Unite aveva espressoviva preoccupazione per icontinui attacchi ai media ele minacce ai giornalisti daparte dei gruppi armati.

F.C.

Ali Laarayedh si è confermato l’uomoforte di Ennahda e della Tunisia,anche se il partito islamico ne usciràradicalmente indebolito

Rapito il proprietario dell’emittente Alassema, “colpevole” di essere vicino al liberale Jibril

Libia. Miliziani assaltano tv privata

Sabato 9 marzo 2013 ESTERI 11

Ennahda ha trovato un’intesa con i suoi alleati di maggioranza, lasciando i ministeri di punta a dei tecnici

La Tunisia supera l’impasse ma gli islamici ne escono sconfitti

Scontri a Port Said. La polizia lascia la cittàAlla fine è stata la polizia a cedere. Dopo sei settimane discontri, infatti, gli agenti delle forze di sicurezza egizianehanno abbandonato il quartier generale di Port Said, as-sediato dalla fine del gennaio scorso da migliaia di mani-festanti. Dimostrazioni di protesta iniziate in seguito allacondanna a morte di 21 delle 60 persane ritenute respon-sabili del massacro presso il locale stadio di calcio duranteuna partita del febbraio 2012, nel quale persero la vita 74tifosi. Un episodio per il quale la polizia non è esente dacolpe, essendo rimasta immobile a guardare le violenzesugli spalti. Un atteggiamento che ha destato molti so-spetti in Egitto e tanto da lasciar pensare a un accordo tragli stessi agenti e gruppi armati infiltratisi tra i tifosi lo-cali. La mancanza indagini serie in questo senso da partedella procura e la condanna di persone ritenute invece in-nocenti, hanno quindi dato il via a nuove violenze, chefino ad ora hanno provocato 40 morti e centinaia di fe-riti.

Morsi alla ricerca di una via d’uscita dalla crisiIl presidente egiziano, Mohammed Morsi, ha incontratoquesta settimana i capi delle tribù del Paese nel tentativodi trovare le basi per dare vita a un dialogo che ponga finealla crisi politico istituzionale interna. Secondo quanto ri-ferito dal quotidiano Asharq al Awsat, il capo di Statonegli ultimi giorni ha avuto decine di colloqui con i rap-presentanti tribali, nel corso dei quali ha discusso di comemettere fine alla crisi di Port Said, avviando un pro-gramma di sviluppo per quella e per altre aree dell’Egitto.Morsi sarebbe infatti preoccupato anche della situazionelungo il confine con la Striscia di Gaza e quello con laLibia.

La Fratellanza punta a creare un califfato nel PaeseIl tentativo dei Fratelli musulmani di occupare tutti i postidi potere all’interno dell’Egitto rappresenta solo una fasedella trasformazione del Paese nordafricano in un calif-fato islamico. È quanto rivelato ieri dallo sceicco, Moham-med Badie, considerata la massima autorità dellaFratellanza islamica. “Il piano della Confraternita si basasulla formazione dell’individuo musulmano, poi della fa-miglia musulmana, quindi della società musulmana,dello Stato musulmano ed infine del Califfato islamico”,ha affermato la guida nel suo intervento alla riunionedelle rappresentanti della sezione femminile dei FratelliMusulmani tenutasi venerdì a il Cairo.Secondo quando riportato dalla stampa locale, inoltre, inquella stessa occasione Badie avrebbe chiesto ai presentidi “portare ancora pazienza per la realizzazione del no-stro progetto”, spiegando che l’Egitto si trova al momentonella fase “della costituzione dello Stato musulmano”.

OBIETTIVO EGITTOL’aumento del prezzo dei carburante scatena l’ondata di protesta

Gli aumenti del prezzo dei carburanti, scattati un mi-nuto dopo la mezzanotte tra il 4 e il 5 marzo, hannoscatenato in Tunisia una ondata di proteste, sia daparte delle associazioni di tutela dei consumatori, chedelle categorie direttamente interessate. Tuttavia il go-verno non sembra voler fare un passo indietro datoche questo aumento fa parte della legge finanziariaper il 2013, che mira a far accrescere le casse delloStato.

Sabato 9 marzo 2013

MATTEO BERNABEI

Parziale dietro front dellaLega araba a tre giorni dallariunione de Il Cairo cheaveva visto l’organizzazionespalancare le porte all’oppo-sizione siriana, offrendo allaCoalizione di Doha il seggiotolto lo scorso anno al go-verno di Damasco e permet-tendo ai propri membri difornire liberamente armi allemilizie ribelli che operanoall’interno del Paese.

Decisioni riviste a distanzadi 72 ore dal segretario gene-rale della Lega, Nabil al Arabi(foto), secondo il quale l’or-

gano guidato da Moaz alKhatib, che riunisce i movi-menti dissidenti esteri, “nonè ancora pronta a ricevere ilseggio della Siria in senoalla Lega araba”. Un’affer-mazione forse volta anche aplacare le polemiche del Li-bano, che aveva invece ri-chiesto l’ammissione di undelegato di Damasco all’in-terno dell’organizzazione, e arassicurare i timori del go-verno iracheno, preoccupatodelle conseguenze dirette peril proprio Paese di questasvolta e che per questo al mo-mento del voto avevaespresso parere negative.

“Permettere alla Coalizionenazionale siriana di pren-dere il seggio di Damasco vacontro lo statuto stesso del-l’organismo panarabo”,aveva affermato il ministrodegli Esteri iracheno, Ho-shyar Zebari, scagliandosipoi anche contro la scelta difornire materiale bellico alletruppe ribelli e, di conse-guenza, alle milizie jihadisteche combatto al loro fianco.“Questa decisione non faràaltro che provocare unnuovo spargimento di san-gue nel Paese – ha sottoli-neato il responsabile delladiplomazia di Baghdad – epuò accrescere la tensionenei Paesi confinanti con laSiria, come avvenuto di re-cente con gli scontri armatiin Iraq”.

Su questo punto, tuttavia,il segretario al Arabi si èespresso ieri in maniera am-bigua, invitando da una parte

la comunità internazionalead applicare quanto previstonella dichiarazione finaledella Conferenza di Ginevra edall’altro sottolineando che“attualmente non ci sonosperanze di arrivare ad unasoluzione politica in Siria”,prevista invece proprio neldocumento redatto e firmatoin Svizzera. A quanto pare,dunque, una parte dei Paesiarabi, quelli a “gestione” sun-nita, sta tentando di slegarsidall’ipocrisia occidentale, perportare avanti apertamente ilproprio sostegno alle milizieribelli. Sembra quindi con-cretizzarsi quanto paventatoa più riprese dal Qatar negliultimi dodici mesi. Dohaaveva infatti auspicato unagestione esclusivamentearaba della crisi, che si sa-rebbe dovuta concludere conl’invio in Siria di un contin-gente composto dai soli mili-tari della regionale. Un punto

quest’ultimo che difficil-mente potrà però trovare ap-plicazione nella realtà, siaper le conseguenze disastroseche un’invasione provoche-rebbe chiamando in causa glialleati di Damasco, sia per-ché la Turchia, e gli altrisponsor internazionali delleopposizioni armate, non la-scerebbero che fossero Qatare Arabia Saudita a spartirsi ilbottino dopo aver investitosoldi e credibilità.

Ma mentre La Lega arabadiscute di come alimentare ilconflitto, la Russia continuaspingere affinché le partidiano vita a negoziati senzaprecondizioni. In un’intervi-sta diffusa ieri dalla Bbc ilministro degli Esteri diMosca, Sergei Lavrov, ha in-fatti rimarcato che non c’è“assolutamente” alcuna pos-sibilità che il Cremlino invitiil presidente Bashar al Assada fare un passo indietro.

“Posso soltanto dire - haspiegato il titolare della di-plomazia russa - che nonspetta a noi decidere chidebba guidare la Siria.Spetta ai siriani deciderlo”.Lavrov si è infine mostratoparzialmente ottimista sul-l’andamento della nuova ini-ziativa diplomatica di Mosca,rivelando di aver notato “ele-menti costruttivi nella re-cente posizione dellaCoalizione nazionale si-riana” e che “il leader dellacoalizione sta parlando delsuo interesse verso il dia-logo”.

Sul fronte interno, invece,le milizie ribelli che nei giorniscorsi si sono rese responsa-bili del sequestro di venti os-servatori Onu filippini,stanno ora tentando di far ri-cadere la responsabilità delloro mancato rilascio sul-l’esercito siriano, il quale aloro dire dovrebbe prima to-gliere l’assedio alla zona. Unacondizione che i vertici mili-tari di Damasco non sem-brano ovviamente dispostiad accettare. Così facendo,infatti, le milizie dell’opposi-zione otterrebbero propriociò che li ha spinti a rapire ifunzionari delle NazioniUnite. Un atto gravissimoche, se unito all’omicidio diuni dei dirigenti del governa-torato di Damasco, compiutosempre ieri nella capitale delPaese arabo, fornisce un’im-magine chiara di chi siano re-almente le truppe“democratiche” tanto care al-l’occidente.

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Per il segretario dell’organizzazione,Nabil al Arabi, la Coalizione di Doha “non è ancora pronta a ricevere il seggio della Siria in seno alla Lega araba”

Croazia crocevia del traffico di armi per i ribelli

La stampa croata ha rivelato ieri il ruolo chiave giocatoda Zagabria nel traffico di armi destinate ai ribelli siriani,confermando di fatto quanto già anticipato nei giorniscorsi del quotidiano britannico Times. Quest’ultimoaveva reso noto come l’Arabia Saudita avesse acqui-stato proprio in Croazia un grosso carico di materialibellico, residuo della guerra dei Balcani, per poi tra-sferirlo in Giordania e da lì alle milizie oltre la frontiera.“Si stima che circa 3mila tonnellate di armi e munizionisono state trasportate a bordo di questi 75 voli”, hariportato ieri il quotidiano Jutarnji List, sottolineandoche si è trattato in particolar modo di aerei per il tra-sporto civile, turchi e giordani, decollati durante negliultimi mesi dall’aeroporto di Zagabria.

ESTERI12

Siria. Dalla Lega araba un passo avanti e due indietroMosca ribadisce la sua “assoluta” contrarietà ad esercitare pressioni sul presidente al Assad affinché lasci preventivamente il potere

FERDINANDO CALDA

Dopo una logorante batta-glia non priva di colpi discena, il presidente degliStati Uniti Barack Obama èriuscito a far approvare alCongresso anche la nominadel nuovo capo della CiaJohn Brennan, che, insiemea quella di Chuck Hagel alPentagono, era stata dura-mente osteggiata da una con-sistente fetta di deputati, inlarga parte repubblicani. Unrisultato per il quale la CasaBianca ha dovuto fare qual-che concessione, come laconsegna al Congresso di al-cuni documenti segreti sulcontroverso utilizzo deidroni. Nella notte di giovedìil Senato Usa ha confermatola nomina di Brennan con 63voti favorevoli e 34 contrari,dopo un lungo ostruzionismoin aula, culminato con l’ex-ploit del repubblicano RandPaul, protagonista di un in-

tervento fiume di 13 ore. Inrisposta alla sua strabilianteperformance, il ministrodella Guistizia Eric Holder harisposto con una stringatalettera di poche righe nellaquale risponde a una preoc-cupazione dell’oratore: “Ilpresidente ha l’autorità diusare un drone armato peruccidere un cittadino statu-nitense non impegnato in uncombattimento sul suolo sta-tunitense?. La risposta allasua domanda è no”. “Sonoabbastanza felice per la ri-sposta. Mi spiace solo che cisia voluto un mese e mezzoper averla”, ha commentatoPaul, che ha quindi ritirato lapropria obiezione alla no-mina. Al centro della resi-stenza alla nomina diBrennan – che ha visto unapartecipazione trasversale,coinvolgendo anche alcunidemocratici e non vedendod’accordo altri repubblicani– c’era la critica delle cor-

renti più “liberal” del Con-gresso all’utilizzo crescentedei droni nella “lotta al terro-rismo”. Una strategia che è ilfiore all’occhiello dell’ammi-nistrazione Obama e che hatra i principali artefici pro-prio Brennan, nella veste diconsigliere della Casa Biancaper l’antiterrorismo. Per cer-care di placare le critiche,Obama aveva ceduto alle ri-chieste del Congresso, conse-gnando ai deputati un memosegreto con cui la sua ammi-nistrazione aveva autorizzatoi raid letali anche contro cit-tadini statunitensi. Il memoin questione venne scrittodall’ufficio legale dal diparti-mento di Giustizia per san-cire la legalità dell’attaccocondotto dai velivoli Cia nel2011 nello Yemen per ucci-dere Anwar al-Awlaki, imamnato negli Stati Uniti e rite-nuto il capo delle operazioniesterne di al Qaeda nella Pe-nisola arabica. L’amministra-

zione da tempo si rifiutava diconsegnare il memo al Con-gresso definendolo un “docu-mento di lavoro interno”.

Ma le accuse a Brennannon si erano limitate al pro-gramma di droni. All’inizio difebbraio, nel corso di un’au-dizione alla Commissione In-telligence durata tre ore, isenatori hanno interrogato lo“zar dell’antiterrorismo”anche in merito ai suoi tra-scorsi nella Cia durante lepassate amministrazioni. Inparticolare sul suo coinvolgi-mento nelle tecniche “dure”di interrogatorio praticatedopo l’11 settembre, prima sututte il famigerato waterbo-arding. “Non ho mai tentatodi fermare la Cia circa il ri-corso a queste tecniche, manon ero in quella catena dicomando. Si trattava di de-cisioni assunte da un settoredell’agenzia sotto l’autoritàdi altre persone ed era unamateria sotto il controllo di-

retto dell’amministrazionedel tempo (quella di GeorgeW. Bush ndr)”, ha provato agiustificarsi Brennan, soste-nendo di aver “espresso obie-zioni al waterboarding, alleumiliazioni personali, solo inprivato, al livello personale,con alcuni colleghi”. Anchein quell’occasione, però,Brennan ricordò che alcune“informazioni importanti”vennero raccolte grazie alwaterboarding, una praticadiventato illegale dopo l’ar-

rivo di Obama alla CasaBianca.

Già nel 2008, in occasionedel primo mandato diObama, il nome di Brennanera tra i favoriti alla guidadella Cia, ma il presidentedemocratico decise di scar-tarlo proprio a causa di al-cune sue affermazioni indifesa di questi metodi “duri”di interrogatorio, finite nelmirino dei gruppi per la di-fesa dei diritti umani.

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Il Senato Usa approva la nomina del nuovo capo della Cia, che era stata ostacolata dalle critiche su droni e waterboarding

Obama supera anche l’ostacolo Brennan

ALESSIA LAI

Un popolo, migliaia dibandiere, una fila chilome-trica di venezuelani da giornirendono l’ultimo saluto alPresidente ComandanteHugo Chávez Frías. Ancheieri, per ore, prima del fune-rale di Stato anziani, soldati,donne, bambini, hanno sfi-lato davanti al feretro del lea-der della Rivoluzionebolivariana. Come loro, poi,capi di Stato e di governoprovenienti da tutto ilmondo. Ieri il ministro degli

Esteri, Elías Jaua, ha infor-mato che 53 delegazioni go-vernative sono arrivate inVenezuela per rendere onorePresidente. Di queste, 32 de-legazioni erano guidate dacapi di Stato e di governo, manel Paese sono arrivati “piùdi un centinaio” di dirigentipolitici, ex presidenti e mem-bri di movimenti sociali. Trai capi di Stato il presidenteiraniano Mahmoud Ahmadi-nejad: “Sento che mi mancaun caro fratello dell’AmericaLatina che ha sacrificato sestesso per il benessere delsuo popolo”, ha dichiarato alsuo arrivo a Caracas. Stando

all’agenzia d’informazioneIrna, Ahmadinejad, subitodopo il suo arrivo nella capi-tale sudamericana ha sottoli-neato come Chávez “vivrà alungo nei cuori delle Na-zioni” e si è detto convintoche la storia non lo dimenti-cherà. Più tardi, come tuttigli altri rappresentati istitu-zionali, ha raggiunto l’Acca-demia militare nella quale sisono svolti in funerali del Co-mandante e attraversando ilcortile principale ha abbrac-ciato commosso, Elias Jaua,mentre i cronisti della tv

pubblica sottolineavanocome gli occhi del leader diTeheran erano colmi di la-crime. Erano lacrime di unuomo del popolo per unuomo del popolo, che hannolo stesso peso a valore delpianto dei venezuelani, deilatinoamericani, e non solo,che hanno perso una guida.Ahmadinejad si è seduto inprima fila durante le esequie,accanto a lui il presidentebielorusso Lukashenko. Poi ilrito del funerale di Stato, unrito solenne, con il vicepresi-dente Nicolas Maduro che hasguainato e posto sul feretrodel Comandante una replica

della spada di Simon Bolivare a seguire le guardie d’onorefatte a turno da tutti i presi-denti latinoamericani e daivertici degli organismi regio-nali. E poi dal presidente bie-lorusso Lukashenko che nonè riuscito a trattenere le la-

crime, assieme ad un Mah-moud Ahmadinejad ancoracommosso, che alla fine dellaguardia ha baciato il feretro.Poi ancora a omaggiare ilpresidente i rappresentantidella società civile, dellosport, della arti venezuelane.Il corpo di Hugo Chávez saràimbalsamato ed esposto alpubblico dietro una lastra divetro nel mausoleo del Pan-theon Nazionale, accanto allatomba di Simon Bolivar. Lamorte del presidente vene-zuelano ha in questi giornicatalizzato l’attenzione delmondo, anche di quella parteche lo ha sempre criticato se

non attaccato e insultato. Adimostrazione del segno in-delebile che quest’uomo halasciato nel mondo, anche adispetto dei suoi peggiori ne-mici, che tuttavia, anche nelgiorno del lutto non sonostati capaci di evitare lo scia-callaggio. Il giornale spa-gnolo Abc ha insinuato,citando fonti militari che du-rante il corteo di sette oresvoltosi giovedì in cui è statotrasferito dall’ospedale mili-

tare all’Accademiamilitare, il feretro delpresidente non con-teneva il suo corpo.Una notizia ridicola,che anche se fossevera nulla toglie-rebbe alla figura delPresidente e alla im-mensa mobilitazioneche la sua morte hasuscitato. Dietroquesta scelta, se-condo il giornale, viera “il desiderio dimostrare un bagnodi folla con unchiaro interesse po-

litico, permettendo allagente arrivasse anche a toc-care il feretro, il falso, senzamettere a rischio l’integritàfisica di quello vero; non po-tevano permettersi di cor-rere il rischio che cadesse,considerando anche cheparte della struttura internaè fatta di vetro”, spiega unadelle fonti citate. Una “noti-zia” incommentabile. Gossipfunerario, spinto dall’avver-sione che questo giornale,espressione della destra mo-narchica spagnola, ha sem-pre apertamente manifestatoverso Hugo Chávez. Poco piùdi un mese fa quello che ierisera, con il giuramento fatodopo il funerale del leaderbolivariano è diventato presi-dente venezuelano ad inte-rim, Nicolas Maduro, avevacommentato l’abitudine dellastampa allineata, riferendosiproprio ad Abc, di diffonderemenzogne sul presidenteChávez e sul Venezuela. Conle sue parole di allora è facilecommentare l’ultimo vergo-gnoso attacco di questi pen-nivendoli: “Toccherà ailettori della stampa e ai frui-tori dei mezzi di comunica-

zione del mondo intero sa-pere dove sta la verità e dovela menzogna. Credo che igrandi perdenti, dal punto divista etico, siano loro. Non ilpopolo, né la verità che noiabbiamo trasmesso”. I ne-mici in patria, quell’opposi-zione che ha per anni cercatodi destituire, incitando allaviolenza, ricorrendo al fallitogolpe del 2002, come preve-dibile si sono discostati dal-l’invito alla pace e all’unitànazionale fatto da più parti inquesto momento di passag-gio per il Venezuela. Mentreancora si svolgeva il funeraledel presidente Chávez, AngelMedina, capogruppo della

Mesa de Unidad Democra-tica, teneva una conferenzastampa a Caracas nella qualeaffermava che l’opposizioneavrebbe boicottato l’insedia-mento di Nicolas Madurocome presidente, conside-randolo una violazione dellaCostituzione. “Il Venezueladeve percorrere il camminodell’istituzionalità, e respin-giamo - ha detto Medina –che si continui ad usare la fi-gura del presidente Chávez ascopi di propaganda politica.Non possiamo permettereche le cerimonie funebrisiano trasformate in meetingelettorali”. Questi signorisanno bene che il giuramentodi Maduro sarà perfetta-mente costituzionale, vistoche la Carta bolivariana pre-vede che in caso di morte dellegittimo capo di Stato sia ilsuo vice ad assumere la ca-rica presidenziale ad interimper poi indire nuove elezionientro 30 giorni. Il fatto è chel’opposizione è certa che ilvoto vedrà trionfare il candi-dato ufficiale del Psuv, pro-prio Maduro, che già da oraraccoglie l’eredità di HugoChávez, anche negli attacchivigliacchi che la destra rea-zionaria ha inaugurato nelgiorno del saluto al Coman-dante.

Ieri i funerali di Stato del Presidente Comandante Hugo Chávez alla presenza di 55 delegazioni internazionali

Tra i capi di Stato presenti l’iranianoMahmoud Ahmadinejad, commosso,ha dato l’ultimo saluto al “caro fratello dell’America Latinache ha sacrificato se stesso per il benessere del suo popolo”

Sabato 9 marzo 2013 ESTERI 13

Venezuela. L’ultimo saluto al nuovo Libertador

L’ex presidente brasiliano Inacio Lula da Silva, che nella mattina di ieri ha reso omag-gio alla salma accompagnando l’attuale capo di Stato Dilma Roussef, ha scritto, inun articolo pubblicato ieri dal giornale argentino Página 12 “Penso che non basteràun secolo per produrre un uomo delle qualità di Chávez”. “La morte del compagnoChávez, per la politica dell’Ame-rica del Sud, per l’America Latinae direi per il mondo, è una perditairreparabile. Chávez era un uomoall’80 per cento cuore e al 20 percento ragione, come credo chedebbano essere tutti i grandi uo-mini del mondo”, ha affermato l’expresidente-operaio. “Credo chesia valsa la pena del passaggiodel compañero Chávez nel go-verno del Venezuela. È valsa lapena non solo per le conquiste, èvalsa la pena per il simbolo di quelche ha fatto nella difesa del suoPaese: ha recuperato l’autostimadi un popolo, dei bambini e ha permesso che il suo popolo arrivasse a credere cheil Venezuela era molto più grande di quello che le elites avevano cercato di farglicredere. Credo che le idee di Chávez, come quella di Bolívar, dureranno per moltotempo, perché l’America latina vive un momento eccezionale e Chávez ha molto ache vedere con questo, nella creazione dell’Unasur, della Celac, del Consejo de De-fensa de la Unasur, del Banco del Sur e tante altre idee che abbiamo visto concre-tizzarsi poco a poco”. Alla sede dell’Onu di Ginevra, in Svizzera, ieri la bandiera èstata issata a mezz’asta in omaggio al presidente de la Repubblica Bolivariana delVenezuela Hugo Chávez Frías alla presenza dei delegati della Missione permanentedel Venezuela e ai funzionari delle Nazioni Unite. L’ambasciatore del Venezuela al-l’Onu, Germán Mundaraín Hernández, ha affermato che questo gesto rappresentauna prova in più del riconoscimento che il mondo tributa al leader della RivoluzioneBolivariana per il suo impegno per la pace, lo sviluppo e i diritti umani.

Chávez: “Il massimo caciquedei popoli indigeni”

La cosa più grande fatta da Hugo Chávez, per i popoliindigeni venezuelani è stato averli resi visibili e averericonosciuto tutti i diritti di quasta parte della popola-zione. Lo ha dichiarato ieri la ministra per i Popoli In-digeni, Aloha Núñez (foto). Mai nessuno aveva

manifestato la vo-lontà politica di in-cludere gli indigeni edi considerarli partedella società vene-zuelana. “È dovuto arrivareChávez”, ha dichia-rato. Oggi, graziealla sua iniziativa, laCostituzione boliva-riana del Venezueladedica un capitolospeciale ai diritti diquesti popoli, tra iquali il riconosci-

mento dei diritti originari sulle terre ancestrali. A partireda questo sono stati creati gli strumenti legali chehanno reso possibile che i loro diritti si materializzas-sero, come la Ley de Demarcación y Garantía del Há-bitat y Tierras de los Pueblos Indígenas (2001) e la LeyOrgánica de Pueblos y Comunidades Indígenas(2005). Così come la Ley de Patrimonio Cultural de losPueblos Indígenas che rivendica, come le altre leggi, i44 popoli originari del Venezuela. Con Hugo Cháveze la Rivoluzione bolivariana si sono aperti per gli indi-geni nuovi spazi politici, Oggi abbiamo deputati con-siglieri, sindaci ha affermato Aloha Núñez “Chávez èl’unico che ci ha presi in considerazione”. “Prima gliindigeni non esistevano, non eravamo concepiti comecittadini” ha ricordato e per questa ragione HugoChávez è diventato “il massimo cacique (leader, capotribù, ndr) dei popoli indigeni”.

Sabato 9 marzo 2013

FRANCESCA DESSÌ

I risultati delle elezionipresidenziali, che si sonosvolte lunedì in Kenya, eranoprevisti per venerdì. Ma cosìnon è stato.

In attesa di conoscerel’esito, l’attenzione deimedia, in mancanza di noti-zie eclatanti, si è focalizzatasull’annuncio della Corte pe-nale internazionale (Cpi) cheha rinviato al 9 luglio il pro-cesso contro l’ex vice premierUhuru Kenyatta, uno dei fa-voriti alla vittoria. “La Cortepenale internazionale ha de-ciso di accogliere le richiestedella difesa, alle quali non siè opposto il procuratore, e dirinviare l’inizio del processo”si legge nella nota della Cpi

che aveva fissato la primaudienza per il prossimo 11aprile.

Secondo i giudici dell’Aja,ci sono “serie questioni” chenon possono essere risolte intempo. Kenyatta, che se-condo i sondaggi è in testa,con un largo vantaggio, è ac-cusato di crimini di guerra econtro l’umanità in relazionealle violenze che seguirono leelezioni presidenziali del2007 e che provocarono oltre1100 morti.

In particolare, secondol’accusa, Kenyatta, un riccolatifondista, avrebbe impie-gato la sua fortuna per assol-dare squadre della morteresponsabili del massacro didonne e bambini.

Se sarà giudicato colpevole

e vincerà le elezioni, si inter-roga la stampa internazio-nale, che farà l’Occidente e inparticolare gli Stati Uniti:prenderanno le distanze dalleader politico africano o,come spesso fanno, soprasse-deranno per tutelare i rap-porti strategici con il Kenya,un alleato importante nellaregione? Il governo keniota èinfatti impegnato nell’offen-siva militare contro gli alShabaab in Somalia, unPaese che sta molto a cuore aWashington. “La situazione ècomplicata. Kenyatta sa diaver bisogno degli Statiuniti, e gli Stati Uniti sannod’aver bisogno di Kenyatta”,ha ammesso Jendayi Frazer,ex assistente per gli affariafricani del dipartimento di

Stato. Il capo della politicaUsa in Africa, Johnnie Car-son, ha invece affermato che“le scelte comportano conse-guenze”.

Vedremo quello che acca-drà. Per ora lo spoglio, deci-samente lento, non è ancoraconcluso. Ci sono dei ritardia causa del fallimento del si-stema elettronico di conteg-gio che ha costretto laCommissione elettorale a ri-pristinare lo spoglio ma-nuale.

Stando ai dati riguardantiil 75% delle schede scruti-nate, Kenyatta ha ottenuto4,8 milioni di preferenze (il49,7%) contro i 4,3 milioni diOdinga (43,9%). Per vincereal primo turno, un candidatodeve aggiudicarsi più dellametà delle preferenze, cosìcome almeno il 25% dei votiin oltre la metà di tutte le 47contee del Paese. Non è an-cora chiaro se Kenyatta riu-scirà a superare la soglia del50% ed evitare il ballottaggioprevisto per l’11 aprile.

Di fronte ai dati noti, Mu-salia Mudavadi, leader delForum democratico unitoAmani e candidato alle ele-

zioni presidenziali, ha am-messo la sconfitta e ha dettodi aver già chiamato Ke-nyatta e Odinga per congra-tularsi e assicurare il suosostegno al vincitore. “Ho ri-cordato ad entrambi la no-stra promessa di favorire lapace e l’unità nazionale qua-lunque sia il responso delleurne” ha detto.

La tensione è alta. I due fa-voriti scalpitano e iniziano adaccusarsi a vicenda. Giovedìè stato Kalonzo Musyoka, al-leato di Odinga, a denunciare“brogli”, chiedendo la so-spensione dello scrutinio.“Abbiamo le prove del fattoche lo spoglio sia stato truc-cato. In alcuni seggi il nu-mero di schede è addiritturasuperiore a quello dei vo-tanti registrati” ha denun-ciato, precisando che le sueaffermazioni “non sono uninvito ai nostri sostenitori ascendere in piazza. Siamo fe-deli alle promesse fatte e ga-rantiremo lo stato didiritto”. Già nelle elezioni del2007, Odinga, che si era sen-tito defraudato della vittoria,aveva denunciato brogli sca-tenando le reazioni violente

delle diverse etnie che carat-terizzano la società keniota:luo, kikuyu, kalenjin. Divi-sioni che hanno a che farecon la distribuzione iniquadella terra, in mano a pochilatifondisti.

Il giorno prima, il partitodel vice primo ministro,Uhuru Kenyatta, aveva in-vece accusato l’Alto commis-sario britannico ChristianTurner di aver interferitonello spoglio elettorale e diaver influenzato la Commis-sione elettorale nella deci-sione di conteggiare leschede inizialmente conside-rate nulle nel computo totale.Accuse che il Foreign Officebritannico, in una nota, hadefinito giovedì “completa-mente false e fuorvianti”:“Abbiamo sempre detto cheil risultato di queste elezionisarà deciso esclusivamentedai keniani. Chiediamo atutte le parti di garantire lacalma, evitare dichiarazioniprovocatorie e portare even-tuali dispute davanti al tri-bunale”. Per stemperare itoni, la Commissione eletto-rale indipendente delKenya(Iebc) è subita interve-nuta giovedì respingendo leaccuse di brogli. “Non c’èspazio per addomesticare inalcun modo il risultato” hadichiarato il presidente del-l’Iebc, Ahmed Issack Hassan.

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Ritardi nello spoglio. Sale la tensione. La Cpi rinvia il processo contro l’ex vice premier, accusato di crimini contro l’umanità

ESTERI14

Kenya. Kenyatta ancora in testa, ma Odinga si avvicina

Il presidente franceseFrançois Hollande non hamandato giù l’uscita fuoriluogo del suo predecessoreall’Eliseo, Nicolas Sarkozy,che giovedì ha criticato l’ope-razione militare “Serval” inMali.

Hollande ha risposto all’expresidente, senza tuttaviamai nominarlo, giustificandol’intervento in nome dei di-ritti delle donne, della lottacontro il terrorismo e della li-bertà religiosa. “Se qualcunosi interroga sul motivo percui la Francia è in Mali, èperché ci sono delle donneche sono state vittime di op-pressione e barbarie”, ha af-fermato Hollande, durante l’inaugurazione della GiornataInternazionale dei DirittiUmani delle donne nellaCittà della Scienza e dell’In-dustria di La Villette. “Se al-cuni si chiedono il motivo,c’erano donne che hanno in-dossato il velo senza che lefossero stato chiesto , c’eranodonne che non osavano la-sciare le loro case, vi eranodonne che sono state pic-chiate perché volevano es-

sere libere”, ha continuato ilcapo dell’Eliseo, aggiun-gendo in tono un po’ troppopomposo: “Lottiamo controil terrorismo, contro le bar-barie, contro il fondamenta-lismo, ma anche per lalibertà religiosa”.

“Se ci sono problemi, èperché un presidente ci hachiesto di venire, un presi-dente legittimo, che ha comeobbligo, e lo rispetterà, di or-ganizzare delle elezioni” haconcluso Hollande, riferen-dosi al presidente ad interim,Dioncounda Traoré, che hasostituito Amadou ToumaniTouré, dopo il golpe militaredello scorso 22 marzo. Lenuove elezioni sono previsteper il 31 luglio.

Nonostante il presidentefrancese abbia pubblicizzatol’intervento francese nascon-dendo i veri interessi, quellieconomici e strategici nelSahel, che hanno spinto laFrancia ad agire, su una cosaha ragione: Sarkozy non puòfare la predica a nessuno.L’ex presidente aveva criti-cato l’operazione francese so-stenendo che “non si va in un

Paese che non ha un go-verno”, riferendosi al fattoche in Mali c’è un governo adinterim. “Che stiamo a farelaggiù?” aveva incalzato l’excapo dell’Eliseo in un’intervi-sta al settimanale franceseValeurs Actuelles, “a soste-nere dei golpisti e cercare dicontrollare un territoriovasto tre volte la Franciacon quattromila uomini”.Parla proprio lui che negli ul-timi tre anni ha portatoavanti una politica bellige-rante e neo-colonialista inAfrica, intervenendo militar-mente e bombardando inCosta d’Avorio e in Libia, fi-nanziando e armando i ribelliche hanno distrutto i duePaesi.

A difesa dell’intervento mi-litare francese in Mali, èsceso in campo anche il mini-stro della Difesa, Jean-YvesLe Drian, che si è recato gio-vedì a sorpresa a Bamako perrincuorare i soldati transal-pini che sono impegnati iduri e violenti combattimenticontro i ribelli islamici nellemontagne di Adrar degli Ifo-ghas. Una trentina di militari

francesi, che sono rimasti fe-riti negli scontri, sono ripartiper la Francia. Un altro sa-rebbe morto. Ma il bilancioeffettivo dei morti e feriti nonè dato sapere.

Le truppe transalpinehanno fatto “un gran la-voro”e si battono “pratica-mente faccia a faccia con iribelli islamici” ha affermatoLe Drian, intervistato daradio Europe 1 a Bamako.“Abbiamo fatto gran partedel lavoro (...) Non è comple-tamente finito, restano ledue sacche” di resistenza deiribelli a Nord, e da mettere“in sicurezza la zona di Gao”,ha spiegato il ministro, am-mettendo che “i gruppi sonoancora molto numerosi”. “Stiamo avendo a che farecon terroristi molto determi-nati”, ha continuato LeDrian, che ha elogiato la “de-terminazione” e la “profes-sionalità” dei suoi uominiche combattono “in condi-zioni estremamente dure”.

Il ministro ha confermatoinoltre l’arresto in Mali didue jihadisti francesi: uno ar-restato a novembre ed estra-

dato ieri in Francia, un se-condo fatto prigioniero conun gruppetto di milizianiislamici nel massiccio degliIfoghas.

È una guerra difficilequella intrapresa dalla Fran-cia che inizia ad accusare iprimi colpi di stanchezza e dispese militari. Ma non è piùsola a combattere. Ora puòcontare sugli Stati Uniti, chea detta del Wall Street Jour-nal, hanno assunto un ruolosempre più significativo nelconflitto. Secondo il quoti-diano statunitense, i droniche sorvolano il Mali hannofornito informazioni di intel-ligence utili per circa 60 in-

cursioni aeree francesi con-dotte negli ultimi giorni nellemontagne degli Ifoghas.IlWall Street Journal sostieneche l’intesa tra Parigi e Wa-shington “rappresenta untest per la nuova strategiadel presidente BarackObama di fronte alla minac-cia crescente del terrorismoin Africa. Anziché mandaretruppe terrestri e droni ar-mati per intervenire diretta-mente, gli Usa forniranno,laddove possibile, un soste-gno logistico, tecnico e di in-telligence per aiutare ipartner locali e regionali”.

F.D.

Mali. Hollande risponde a Sarkozy

Stando ai dati riguardanti il 75% delle schede scrutinate, Kenyatta ha ottenuto 4,8 milioni di preferenze (il 49,7%) contro i 4,3 milioni di Odinga (43,9%)

Il presidente francese giustifica l’operazione Serval, criticata nei giorni scorsi dall’ex capo dell’Eliseo

Sabato 9 marzo 2013 LA CRISI 15

MICHAEL PICASSO

Come ben sapete, ci è statadata la ventura di campare inun’era di modernismo tecno-cratico che rappresenta l’etàpiù buia che la storia regi-strata ricordi. Non passagiorno, che dico, ora, senzache qualche dardo radioat-tivo colpisca nell’intimoun’anima squarciata dagliorrori del “quotidiano”.

Il disegno finale è unico,come unici sono i mandanti,ben noti peraltro. Ma ci sonocose che nella loro oscena de-menza e criminalità urlanovendetta forse più di altre,probabilmente anche a causadel fatto che ci “toccano” o,per usare un termine tecnico,attingono costantemente.

Parlo della guerra clima-tica clandestina, ovvero l’uti-lizzo delle variazioni delclima imposte come armamilitare, dell’avvelenamentoquotidiano dell’orbe terrac-queo con metodologie di-verse ma drammaticamenteinvasive, pervasive e cata-strofiche per gli equilibridella biosfera e dei suoi abi-tanti, i più deboli in primis.

Uno degli effetti più tangi-bili di questo crimine globaleè rappresentato dalle cosid-dette scie chimiche. Questesono per l’appunto sciecreate dal rilascio nell’atmo-sfera a diverse altitudini dimateriali vari soprattuttometalli pesanti legati da mi-crofibre, tutti rigorosamentepericolosi per la vita.

L’emissione avviene tra-mite aerosol da parte di veli-voli, apparentemente aereiutilizzati dall’Aviazione,spesso privi di livrea di rico-noscimento nonché di sigledi immatricolazione, in bru-tale contrasto con le più co-genti norme nazionali einternazionale della naviga-zione aerea.

Joe Fallisi, il noto tenoreed attivista, sostiene corret-tamente che in questa faseabbiamo ormai abbiamo su-perato la politica spettacoloper entrare di diritto e difatto in quella degli spettri: larealtà viene negata con l’au-silio di tutto l’armamentariodemocratico di guerriglia oguerra (disinformazione,trolls, pressioni economichee giudiziarie, anatemi poli-

tico-sociali, delegittima-zione, nonché violenza pri-vata fino alla strage).

Al suo posto, una realtàvirtuale, pelosa, falsissima edipocrita viene imposta senzasosta e con tutti i mezzi, in-clusi quelli di guerra psicolo-gica (PsyOps), ben conosciutidagli abitanti della sub-colo-nia italiana a far data da al-meno settant’anni a questaparte. Orbene, il sistema

nega ancora e pervicace-mente l’evidenza dell’aerosolclandestino, trincerandosidietro assurdità risibili.

Il patto collusivo criminalecontro la Verità e la Vita an-novera una quantità di indi-vidui ed enti “pubblici”,“pubblici servizi” e quant’al-tro, inclusi gangli vitali del“sistema stato” che fa rabbri-vidire anche il lettore piùscafato che ha, una volta di

più, la prova del nove sulfatto che il potere secolariz-zato, di cui i politici localisono solo sub-delegati, la-vora solamente contro di luied i suoi figli.

C’è un signore coraggiosoche ha sfidato e sfida gli spet-tri della disinformazione ga-loppante ed i più concreti eminacciosi tentativi di ren-derlo innocuo: è il fondatoredel portale Tanker-Enemy,

Rosario Marcianò.Sul sito, a disposizione del

lettore affamato di cono-scenza, informazioni, misu-razioni professionali dipolveri sottili in diverse loca-lità colpite dalla guerra clan-destina, tracciatura radar divelivoli - UFO, link con sitianche stranieri che portanoavanti la medesima lotta, filee documenti de-secretaticoncernenti i brevetti chestanno alla base dell’avvele-namento che subiamo e gliaccordi che la repubblicadelle banane ha stipulato conl’occupante atlantico al-l’uopo.

Inoltre, studi di esperti,chimici, metallurgisti, mete-reologi e quant’altro, inclusepubblicazioni di alti Ufficialidell’Aeronautica che confer-mano tutto l’orrore del quo-tidiano bombardamentochimico clandestino, nel si-lenzio criminale dei vari entinominalmente istituiti alcontrollo ed all’informa-zione.

Il quadro che ne esce è de-vastante, ma permette al nonpiù ignaro spettatore di inu-sitati tramonti rosso-fuoco ingennaio o di decine di scie dipseudo-condensazione rila-sciate ad altitudini risibili, diavere Consapevolezza.

E oggi, non è affatto poco.

La politica delle variazioni del clima imposte come arma militare non è una teoria, è una realtà

Sul portale Tanker-Enemyrivelazioni e documentisu tali nefaste tecniche invasive

Un crimine globale: la guerra climatica

MARIA RENATASEQUENZIA

Molti recenti accadi-menti politici interni in ognistato o staterello o del globosi rivelano sempre più di va-lore epocale non solo per lastoria e il destino di tali sin-goli paesi, attribuibili a deci-sioni di responsabili deglistessi in ambiti relativa-mente ristretti nello spazio enel tempo della terra in cui sistanno svolgendo; emergonoinvece direzioni concordate,tra fatti, i più lontani tra

loro, presentate separate confinalità apparentemente di-verse da quelle dichiarate.Viene così impedita unacomprensione rapida gene-rale concorde, sostenutaper di più da impreparazioneculturale di base, mancantein abitanti dispersi sul globodi elementi fondamentaliper una chiarificatrice sintesiconclusiva. Non più raggiun-gibile dalla media intelli-genza, normale dei viventi,ossia dalla ridotta capacità di“inter-legere” i rapporti tratutti i dati costitutivi delle

varie realtà isolandone il le-game unico entro un dise-gno unitario. Oggi, richiedeimpegno il percepire questodisegno unitario, abilmentefrantumato in modo da smi-nuzzarne l’intero contenuto,impedendo la visione com-plessiva dell’unico scopo fi-nale universale, concorrentead una ormai sconfinata suaglobalizzazione. Lo stesso dicui fa parte l’obiettivo, scate-nato dal corso dell’’epocale”terrae motus.”

Lo sconvolgente gesto delpapa, mimetizzato da inspie-gabile sospensione (interru-zione?) di un potere damillenni esercitato comeesclusivo, opposto a bassi in-teressi materiali mondani,ispirato alla disincarnata vo-lontà di una Provvidenza di-vina, per purissimoamorevole fine? O da quale,insondabile decisione di benabili manipolatori di oscuriinganni, giocato? Come in-terpretare la strana compo-stezza, la sconcertanteridotta reazione della massadei “credenti” - la inimmagi-nabile loro muta rassegna-zione di fronte a un simile“tsunami” morale? Comenon notare l’assenza - dicommenti o interrogativineppure sfiorati a livelli

“grilleschi” o “dario foisti”almeno da fuggevoli evoca-zioni di miti altrettanto cata-strofici (catà-strofè=caduta,crollo, ribaltamento verso ilbasso - scomparsa) di eventiparagonabili come questo aquelli di Sodoma e Go-morra.. subìti da una istitu-zione senza paragoni almondo... neppure alla per-dita, oggi ancora più irrepa-rabile della confusione dellaannichilita Babele, del con-senso su significati univer-sali di leggi morali,raggiunto, grazie alla guidae-o influenza di quel poteresu principi distintivi ispira-tori e da secoli promotori diuna ben definita civiltà. Duecampi di arretramento aquei livelli di catastrofe bi-blica sono in corso: i ribalta-menti imposti al senso deitermini linguistici usatinell’ordinamento dei dirittidi “famiglia” e sesso, e inquello - pure linguistico inprimo luogo, radicalmenteincisivo in ogni organizza-zione delle comunità politi-che a tutti i livelli,esprimente i diritti al ricono-scimento di appartenenzaetnica, civile, nazionale edinternazionale politica e cor-rispettive loro applicazioniin ambito di comunità stori-

che moderne. Dal gesto dipapa Ratzinger scaturisconoconseguenze epocali per leesistenze di tutte queste co-munità. In modo del tuttoparticolare per la nostra do-vrebbe essere stato conside-rato, non da oggi, il pesoavuto di questi rapporti nelsecondo campo, iniziato findal Medio Evo dalla “Ost Po-litik” del Vaticano con il rico-noscimento di una fasullaCroazia. Prima delle tantemanipolazioni sfruttate dainteressati non solo stranierifino all’ultimo erede di esse.Lo sprovveduto governatoredella regione del Veneto,Zaia, in lizza (con quali altri

sprovveduti?) per comple-tare lo scempio secolaredella storia autentica italo-padano-veneta con la finaledonazione dei diritti dellasua cultura-lingua com-presa. Vedi il Televideo Raidel 9 -2-13, in cui si segna-lava la restituzione (!) dellenostre regioni orientaliadriatiche, isole comprese,alla inventata dal Vaticanoantica loro patria, la Croazia.Minuscolo frammento diuna inestirpabile - ma colos-sale, quanto diabolicamentecostruita - in tutto il mondoormai, fino alla cattedre diPietro, estesa, globalizza-zione.

La “babele sociale” contemporaneaSiamo tutti vittime di un terremoto e non ce ne accorgiamo

Sabato 9 marzo 2013 IL FATTO16

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QUOTIDIANO DI LIBERAZIONE NAZIONALE

Caro Beppe,

sono padre Benjamin.Oltre ai miei complimentiper la tua performance equella degli eletti M5S, vogliodirti quanto fai bene nonconcedere interviste ai gior-nalisti della stampa e televi-sione. Si sa che nelle loroRedazioni devono rendereconto agli ordini venuti dal-l’alto e seguire le “istruzionidell’Azienda”. Ben pagati(dalle lobby dell’informa-zione) devono obbedire o tor-nare a casa. Per questo, igiornalisti della RETE sonoliberi di scrivere e di raccon-tare il vero.

Anche a me stanno sullepalle questi giornalisti cheproclamano il falso per deni-grare, per offendere, perscreditare e distruggere i te-stimoni di verità. Come si di-vertono sulle tue spalle inquesti giorni!

Mi è rimasto sullo stomacoil criminale George W. Bush,che ha la lingua nera per glieffetti delle sue menzogne ela coscienza più nera ancora,e sta tranquillo nel suo ranchdel Texas quando Tareq Aziz,che aveva dichiarato la ve-rità, sta morendo in carcere aBaghdad. Hai mai sentito ungiornalista in televisione rac-contare il vero sull’Iraq, sullaLibia, su quello che sta real-mente accadendo in Siria, inMali e soprattutto nellagrande democrazia dell’Ara-bia Saudita, dove stano acca-dendo un sacco di coseinteressante in un perfetto si-lenzio stampa?

Nel 2007 hai pubblicatosul tuo blog la mia lettera sul-l’IRAQ http://www.beppe-grillo.it/2007/09/una_lettera_di_1.html nella quale de-nunciavo una prassi disgu-stosa di manipolazioni dellecoscienze di giornalisti chehanno promosso, senza ver-gogna, le bugie pronunciatein 935 discorsi da George W.Bush e dalla sua criminaleAmministrazione sulle armidi distruzioni di massa di

Saddam Hussein e altremontagne di menzogne.Tutto quello che dicevano epubblicavano gli ispettoridell’ONU (Scott Ritter adesempio) è stato filtrato, ma-nipolato, falsificato, snatu-rato, con falsi documentifabbricati dallo squallido Mi-chael Ledeen e dal SISMI ita-liano, tra tante altre cose,sull’uranio comprato da Sad-dam Hussein alla Nigeria.Tutta roba falsa, in nomedella Democrazia!

A “Porta a porta”, il depri-mente Bruno Vespa, quandoGianfranco Fini mi buttava

in faccia “Lei padre, non èdegno di portare que-st’abito”, lui sorrideva. Certo,avevo pubblicato il primolibro in Europa per denun-ciare l’utilizzo di armi all’ura-nio impoverito “Iraqapocalisse”, con una prefa-zione di Dario Fo, fatto dueinterventi all’ONU, ottenutouna Risoluzione della Com-missione Affari Esteri dellaCamera. Cinque anni di la-voro a tempo pieno (a spesemie), dedicati a fare cono-scere la verità sull’Iraq conlibri, film e conferenze. Alclan Berlusconi-Bush-Blairpadre Benjamin dava moltofastidio. Hanno anche pro-vato a farlo tacere con inter-venti presso la Santa Sede.Non ha funzionato.

Nello stesso contesto, nonho potuto fare a meno di av-viare una causa contro MagdiAllam che aveva pubblicatoun articolo sul Corriere dellaSera nel quale diceva chepadre Benjamin faceva partedi un’organizzazione estre-mista islamica. Tutto questoperché mi avevano invitato aDamasco a parlare ai musul-mani nelle moschee, il ve-nerdì.

E’ vero che non si vedespesso un prete fare omelienelle moschee in Siria (homesso un pezzo su Youtube),ma a me interessa parteci-pare al dialogo islamo-cri-stiano sul campo in Iraq, inSiria e nei paesi arabi, non

nei convegni in alberghi a 4stelle.

Ho scritto a Madgi Allamchiedendo di pubblicare unasmentita, e cioè che nonavevo cambiato religione eche ero sempre sacerdotecattolico. Niente, non hanemmeno risposto. Nel 2007ho vinto il processo, sentenzadi primo grado dal Tribunaledi Milano.

Caro Beppe, anche i gior-nali di sinistra hanno lostesso DNA. Hanno scrittoche padre Benjamin avevapreso e incassato allocazionidi petrolio “Oil for Food” of-ferti dall’Iraq. Poi, quandol’ONU ha pubblicato il suorapporto di 2000 pagine,specificando che il ministerodel petrolio a Baghdad haconfermato che Benjaminnon ha mai ritirato queste al-locazioni e che le aveva rifiu-tate per lettera a Tareq Aziz,non c’è stato uno solo di que-sti quotidiani di sinistra cheha avuto il coraggio di pub-blicare la verità o per lo menouna smentita su quello cheavevano pubblicato.

L’atra sera su LA7, alla tra-smissione di Gad Lerner, ilmio amico Jacopo Fo hachiesto a Lerner se potevadire alcune verità su Berlu-sconi. Momento di rifles-

sione di Lerner che poi ri-sponde “Certo, si… ma… nonadesso”, poi non gli ha maipiù chiesto di intervenire alriguardo. Jacopo è rimastoumile e silenzioso per il restodella trasmissione.

Vedi, anche tra i più bravidei giornalisti succede distringere il sedere quando sitrovano di fronte a certe im-barazzanti realtà.

Anche nella Chiesa diRoma accadono troppe cosebrutte e sconcertanti. Pensoche sia giunta l’ora di chie-dere al prossimo PonteficeRomano un’udienza privataper riferire su alcune cose.Ad esempio:

Ordinato sacerdotale (nel1991) ho assistito il cardinaleAgostino Casaroli nei suoiviaggi all’estero (per quattro

anni fino al 1995). Ho sentitoe viste cose sconvolgenti chedevono essere portate a co-noscenza del prossimo Papa.

Sarebbe opportuno anchedi riferire al prossimo Ponte-fice di un’altra cosa. Il 14 feb-braio 2003, durante la visitadi Tareq Aziz a GiovanniPaolo II (ad un mese dall’in-vasione americana dell’Iraq),sono accadute cose inammis-sibili e vergognose da partedi alti responsabili della Se-greteria di Stato. A seguito,ho avuto un colloquio con ilcardinale Jean-Louis Tauran(all’epoca incaricato degli Af-fari Esteri della Chiesa). Nonmi ha risposto, è rimastocome la moglie di Lot, pietri-ficato.

Dal 1994, risiedo ad Assisi.Anche qui, povero San Fran-cesco, il suo Sacro Conventoè diventato un vero e propriocesto di granchio. Ci sareb-bero anche da fare alcune do-mande al cardinale GiovanniRe, sul suo amico RobertoLeone.

Come avrebbe detto Qoelet“c’è un tempo per riflettere eun tempo per agire“, bastasapere aspettare”.

Ti auguro ogni bene.Dio benedica M5S e tutti i

suoi figli.

JEAN-MARIE BENJAMINASSISI

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Le bugie dei grandi della Terrasulle aggressioni nel Vicino Oriente(C’è un tempo per rifletteree un tempo per agire…) Qoelet

Lettera Aperta a Beppe GrilloDa padre Jean Marie Benjamin, per una testimonianza di verità

Concorso sul tema “Amor di Patria”

Il Museo Reggimentale “Piccola Caprera” bandisce, per il quinto annoscolastico consecutivo, un Concorso sul tema “L’AMOR DI PATRIA”,rivolto agli studenti delle scuole Medie Inferiori e Superiori di tutta Italiae a tutti i cittadini italiani (infatti, anche quest’anno è previsto un settoreadulti). La partecipazione è distinta in diverse sezioni: ricerca storica; testopoetico; testo argomentativo - narrativo; opera artistico - figurativa; lin-guaggi musicali e vocali.La scadenza per la consegna degli elaborati è il 31 maggio 2013 e lapremiazione avverrà la mattina della domenica 1 luglio 2012.Maggiori informazioni e le norme del bando sono consultabili sul sitowww.piccolacaprera.it L’AESPI intende fornire la propria piena e disinteressata collaborazionee raccomanda vivamente la partecipazione.