Quattro Poesie, Federica Nightingale
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Quattro Poesie Federica Nightingale
ASSORTA LA CORDA VIRA
Assorta la corda vira
Dalle pagine sciolte storto l’angolo
Delicato il sentimento cade
Fra le righe si sciupa
Non morde
Gioca
Destra la mano piega
Il tuo sussurro s’alza
Piange
Dedico il mio disappunto
Al cielo che m’inganna
Stride
L’ombra del distacco
Ancora corrode la luce
Nel tremare fermo del giorno
vado a piedi nel mio giardino
E guardo il tuo
Che appassisce non solo
Le rose non hanno profumo
se il fiato si spacca al richiamo
dell’unico suono che conosco
Grido
Ancora ti prego
Non smettere d’esser per me
Fuoco
Ti prego alzati
dalla sedia e vieni
Me incontro come l’acqua al mare
Dormi che l’attimo ancora vibra
Scioglie il senso
di noi nel mondo
per ciò che vale
Sempre stenditi e coprimi
La volontà non cede
se il sogno s’imbriglia
Ti lascio cadere
per prenderti al volo
in questa vita
S’inzuppa al seno
un lieve succhio
Di latte
Per te all’origine
Ero io
A coltivare le zolle
Affamate e scure
Afferrami stretto
Non lasciarmi cadere
che la semina presto
finirà
Senza germoglio mi lasci
Inutile preda di un corvo.
DOLCE INSPIEGATO ALCHEMICO
Dolce inspiegato alchemico
che indulge nel cuore
a franare
Le stelle passanti al terreno
mutando la rotta si stremano.
Letargo d’assenza sul
polso,
seguendo un borbotto indecente
di schiere
E poi cori latenti,
imminenti di voce scremata
dal crocchio nel sole.
Se tu mi ridessi le membra
vorrei ritrovare
Esanime ledere il piatto di me
nel cercare,
le lotte furenti di nubi al
giaciglio,
Soppiatto per sempre
o mai più di così.
Che cerchi nelle orbite a cerchio
se non un ritorno a quel mentre
che sai, non puoi,
finire le vesti cucite nel mezzo
indossate a metà,
come l’acqua del pozzo
in cui mi trascino.
NELLA STRETTOIA PROFANA
Nella strettoia profana d’un peccato
deglutisco,
i morsi del cuore sintassi scomoda
in gola,
l’urto della verità discesa.
Ma il profumo si leva
Di fiore candido sulla bocca,
unico il seme caduto sulla mia lingua.
Trascuro la lama e il suo taglio,
mi ridesto in grumi
fra le parole
Monumenti di granito
Sfingi coricate
Predellino d’avorio
Abitacolo segreto.
Bassamente ambita la resistenza
S’accascia
Al crollo la pelle.
(Roco disturbo crea l’assenza)
Ho ritrovato nell’erba un filo
intrecciato
E si chiamava Gesto.
(Hai mai visto una notte più bella?)
Deturpata l’anima,
in sedimento d’allaccio sperduto
fa che io non sappia più chi è
L’esatto contrario di me.
A bocca di fuoco
dimostrami,
il lato lieve della fiamma.
HO SENTITO IL PERDONO
Ho sentito il perdono
scuotere le fondamenta
del tarlo,
un gigante genuflettersi
all’umano sprezzante afflato,
e discernere che la parola
non invoca premio,
né il sortito decesso d’un
fallire pregiudica morte.
Ho sentito comporre le
note d’un coro che infiamma,
come un correre d’affanno
nel buio;
sospinta la bugia si estingue
il morso,
e lascia l’esteso destino a fragili
trame, nei vari pentagrammi
recitati a memoria,
le strette gole tese,
nell’avulsa salvezza che sbriciola come
sabbia remota su roccia,
e rende il cuore all’acqua profonda,
l’abisso sconsolato d’un trono
che vacilla,
lasciando zattere gonfie di sale,
quando s’alza la luna.