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Quarta di Copertina:RESIDUI DI MEMORIA (1972- scuole medie G. Marconi di Livorno)

Il titolo che noi tutti abbiamo: Prima ancora che i vostri genitori vi diano un nome ragazzi voi avete un titolo?

Quale titolo professore, mica siamo nobili!

Pensate ragazzi! Voi siete CITTADINI questo è il vostro titolo, questo titolo lo avete perché siete nati in una Repubblica democratica, non è sempre stato così in Italia. Ma questo titolo comporta delle regole; queste regole sono i doveri che un cittadino deve compiere, questi doveri sono scritti nella Costituzione e nelle regole successive che liberamente abbiamo emanato tramite la delega ai politici.

Sappiate comunque che i Cittadini quando hanno assolto ai loro doveri possono a pieno titolo chiedere i loro diritti ed è dall’assolvimento dei loro doveri che i cittadini traggono forza per chiederli.

Domani in classe verrà un uomo a parlarvi di cosa è costato all’Italia il titolo di cittadino. Quell’uomo che verrà domani si chiama Giotto Ciardi medaglia d’oro alla Resistenza Italiana. “Giotto Ciardi, Nato a Lari 1921, Grande Invalido della Resistenza, è stato un carabiniere che si è particolarmente distinto nella Resistenza e nella Lotta di Liberazione, guadagnandosi una Medaglia d'Oro al Valor Militare, una Medaglia d'Oro della Liberazione jugoslava ed una Medaglia di Bronzo degli Stati Uniti d'America”

Incontro con Il Comandante Ciardi: Dopo una breve introduzione sull’azione condotta dai partigiani durante la resistenza e che per la verità non ricordo molto bene in quale luogo si svolse, il Comandante Ciardi si rivolse a noi dicendoci:

1- voi ragazzi avete libertà di stampa - noi non l’avevamo

2 - voi ragazzi avete libertà di riunione - noi non l’avevamo

3 - voi ragazzi avete libertà di pensiero e di parola - noi non l’avevamo

4 - voi ragazzi avete la pluralità di voto - noi non l’avevamo

5 - Nella speranza che nessuna generazione futura possa conoscere l’orrore delle leggi razziali che noi abbiamo subito

6 - Voi siete uomini Liberi all’interno di una società Democratica - noi non lo eravamo

7 - Ragazzi se voi ricorderete queste cose durante tutto l’arco della vostra vita allora vorrà dire che il sacrificio mio e dei miei compagni non sarà stato un sacrificio vano.

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IDEEE

CONTRIBUTI

CIRCOLO COMUNALE di BIENTINALA STRUTTURA POLITICA

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LA STRUTTURA POLITICA.

Segretario del Circolo: Dario Carmassi

Segreteria: Martina Bagnoli, Domenico Berti, Giovanni Casini, Federica Fachi, Carmelinda Merola, Simone Vincenti

Membri del Coordinamento Comunale: Dario Carmassi, Domenico Berti, Federica Falchi, Corrado Guidi, Puccinelli Giulio, Bargnoli Martina, Bagnoli Lisa, Pierina Cetta, Carmelinda Merola, Francesca De Biase, Ornella Capriotti, Luciana Pieracci, Maria Mannucci, Carlo Ferranti, Massimo Pratali, Stefano Vasta, Simone Vincenti, Raffaello Lotti, Giovanni Casini, Massimiliano Carlotti, Roberto Niccoli,

Membri del Coordinamento Provinciale: Domenico Berti, Federica Falchi

Le Commissioni di Lavoro

Socio-Culturale: Carlo Ferranti, Massimo Pratali, Massimo Puccinelli, Martina Bagnoli, Marco Morandi, Federica Falchi, Maria Mannucci

Socio-Economica: Giovanni Casini, Domenico Berti, Roberto Niccoli, Corrado Guidi, Raffaello Lotti

Sociale: Stefano Vasta, Lisa Bagnoli, Ornella Capriotti, Piera Cetta, Simone Vincenti

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PRESENTAZIONE

Il Partito Democratico è certamente nato da intuizioni politiche che hanno radici lontane; la sua reale comparsa nello scenario partitico italiano senza dubbio è stata resa possibile da leader lungimiranti e moderni; ci sono stati contrasti (non sempre sanati) che hanno preceduto la sua ufficilizzazione; per dara alla luce il Partito Democratico si è assistito ad una confluenza di forze e posizioni politiche (non solo di partiti) che hanno cercato, ciascuna e tutte assieme, di unirsi e dimostrare che il principio della complessità è vero anche – anzi, soprattutto – in politica: l'unione di elementi diversi dà luogo a qualcosa che è ben più ricco della mera somma delle parti. Volendo poi osservare tutto ciò stagliato sulla vita politica italiana, appare evidente come il PD sia realmente l'accadimento politico più importante degli ultimi anni, una novità che ha scosso positivamente l'equilibrio delle forze politiche tradizionali, che ha restituito carica partecipativa alla società civile, che ha fatto incontrare posizioni diverse, portando alla nascita di qualcosa di terzo, nuovo e radicato al tempo stesso. Un partito che, possiamo ancora dirlo, va lontano perché viene da lontano.Tutto ciò suonerebbe quanto mai banale se non venisse chiosato dal punto focale di questa breve prefazione: l'unione di elementi politici eterogenei (fino a che punto poi?) ha anche un suo versante locale, forse provinciale, sicuramente interessante tanto quanto quello nazionale. A partire dalle primarie del 14 ottobre 2007 – ma in realtà da ben prima – donne e uomini che sino a quel momento conducevano la propria vita politica locale in stanza diverse, in riunioni diverse, con tessere, giornali, colori, vocabolari diversi (benché simili, sia chiaro), si sono trovati assieme. Non come coinquilini: stesso tetto, ma vite separate. Come una cosa unica. Come un partito unico. Il Partito Democratico, appunto. La portata di ciò, deve ancora venire comunicata appieno, ma chiunque ha vissuto questa esperienza, nelle sedi di partito sparse in tutta la penisola ne ha capito immediatamente la portata. Semplificando – e sapendo di farlo: gli iscritti Ds e Margherita si sono trovati assieme, a parlare e organizzare una vita politica locale, di territorio, nel nome della stesso partito. Dire che finalmente Don Camillo e Peppone hanno fatto pace non sarebbe giusto, addirittura sarebbe travisare il senso profondo del Partito Democratico (più giusto sarebbe, casomai, dire che Don Camillo e Peppone non esistono più, sono stati consegnati al passato). Eppure c'è, in quella brutta riduzione al banale, un elemento di realtà che si comprende al meglio calandosi nella provincia italiana.Veniamo quindi a Bientina. Da noi, come suppongo in centinai di altri piccoli paesi di poche migliaia di abitanti, il Partito Democratico ha significato (oltre ad un gruppo dirigente nuovo, una sede nuova, nuovi simpatizzanti e così via...) che alle stesse riunioni sedessero gli epigoni dei due personaggi zavattiniani. O meglio, persone che, nella disarmante generalizzazione operata dal buon senso paesano, incarnavano l'essenza del comunista e del democristiano. Lì, assieme, allo stesso tavolo, nello stesso partito. Strano a dirsi, ma ancora di più a digerirsi,

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a metabolizzarsi nella comunità. Al punto che più di qualcuno si è chiesto: “ma cos'hanno in comune quelle due persone? Come possono andare d'accordo?”. Ebbene, possono. Perché dopo anni di lento ma inesorabile (talvolta inconsapevole) movimento di avvicinamento politico, c'erano molte più cose che univano di non quante non dividessero. E tutto ciò si è reso visibile con il PD. Ricordo le prime riunioni: entusiasmo, dubbi, dialettica e passione... mai contrapposizioni di due blocchi, mai l'idea (o l'impressione) che ci fosse un “noi” e un “loro”. Questa è dunque la risposta alla domanda di cui sopra: in comune c'è un progetto, ci sono valori, proposte, intenti. Che sono oggi gli stessi perché hanno alle spalle una lunga storia, quindi la capacità di abbracciare e comprendere una ampissima parte della realtà. Non un partito nato in un ufficio di qualche pubblicitario, con la rapidità di un blitz.Nei prossimi mesi e anni a Bientina, ne sono (ne siamo) certi, sempre meno persone si porranno quel tipo di domanda.

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LE INIZIATIVE SVOLTE

– - 14 ottobre 2007: elezioni primarie presso la Torre Civica di Bientina– Elezione del Coordinamento Comunale del PD, Teatro delle Sfide di Bientina– - 15 marzo 2008: Inaugurazione della nuova sede del PD in Piazza

dell'Angiolo a Bientina– - 15 marzo 2008: Cena di presentazione del nuovo Coordinamento e apertura

della Campagna Elettorale. Ospiti: Ivan Ferrucci, Segretario Provinciale, e Enrico Rossi, Assessore alla Sanità della Regione Toscana

– - Incontro Pubblico con Maria Grazia Gatti sul tema del Lavoro– - Incontro pubblico con il Sindaco Corrado Guidi sui progetti e sulle

prospettive dell'amministrazione locale– - Festa del Partito Democratico in Piazza dell'Angiolo– - Apertura della campagna di Tesseramento– - Incontro pubblico con Massimo Baldacci sulla riforma scolastica– Manifestazione di Roma del - - 25 ottonre– - Cena di presentazione del programma politico 2009

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L'INAUGURAZIONE DELLA SEDE

Il 15 di febbraio 2008: inaugurazione della nuova sede del PD di bientinaIl nuovo partito si dota di una nuova sede, piùcentrale e più bella, da cui proseguire le attività e gli incontri. Potete trovarci quindi al numero 4 di Piazza dell'Angiolo, a Bientina.

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BREVE ANALISI DELLE ULTIME ELEZIONI POLITICHE 2008

1. L'affluenza

Il primo dato che incontriamo è quello sull'affluenza al voto: 84%. Ovvero una diminuzione di circa tre punti percentuali rispetto a tre anni prima. In linea con la diminuzione di affluenza verificatasi sul piano nazionale e spiegabile soprattutto in negativo, cioè considerando le elezioni del 2006 straordinariamente partecipate, con un alto numero di votanti dovuto proprio al clima di scontro che precedette il duello Prodi/Berlusconi.

Ma il dato più interessante rispetto all'affluenza pare essere un altro: a Bientina la partecipazione è superiore – con una certa costanza – rispetto alla media nazionale. Siamo un paese virtuoso, con ancora buoni comportamenti civici. Anche rispetto alla media provinciale Bientina mantiene la propria virtù: +2% di affluenza, segno che il risultato bientinese non è frutto di una situazione locale diffusa, ma gode di una certa peculiarità. Certo, se osserviamo l'affluenza al voto in senso diacronico, dalle prime elezioni libere ad oggi, il percorso appare costantemente in discesa: sempre minore affluenza. Campanello d'allarme che deve farci temere e avversare il fenomeno dell'astensionismo – oggi non preoccupante, ma in apparente costante ascesa. Ecco il primo elemento rilevante per il nostro circolo territoriale: mantenere e anzi incrementare il numero di votanti a Bientina.

Politiche 2006 Votanti Maschi NazionaleCamera Deputati 2664 2757 5421 2381 2372 4753

89,38% 86,04% 87,68% 83,60% 4,08%Senato della Repubblica 2444 2563 5007 2190 2197 4387

89,61% 85,72% 87,62% 83,60% 4,02%

Elettori Maschi

Elettori Femmine

Totale Elettori

Votanti Femmine

Totale Votanti

Diff. Bientina-Nazionale

Politiche 2008 Votanti Maschi NazionaleCamera Deputati 2812 2943 5755 2401 2452 4853

85,38% 83,32% 84,33% 80,51% 3,82%Senato della Repubblica 2606 2743 5349 2235 2270 4505

85,76% 82,76% 84,22% 80,47% 3,75%

Elettori Maschi

Elettori Femmine

Totale Elettori

Votanti Femmine

Totale Votanti

Diff. Bientina-Nazionale

Bientina 2006 2008 Differenza

Camera Deputati 87,68% 84,33% -3,35%Senato della Repubblica 87,62% 84,22% -3,40%Pisa 2006 2008 Differenza

Camera Deputati 86,45% 82,99% -3,46%Senato della Repubblica 86,12% 82,79% -3,33%

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2. I Risultati

Entriamo poi nel merito, osservando i risultati dei partiti a Bientina nella tornata 2008, alla Camera (assumendo la Camera come più comprensiva rispetto al Senato). Qui vediamo che il nostro partito segna un ottimo risultato: oltre il 40% di voti. Sette per cento in più rispetto al risultato nazionale. Conclusione: abbiamo lavorato bene. Eppure ci sono altri dati da valutare: la Sinistra Arcobaleno che non segna alcuno scarto tra il misero risultato nazionale e l'altrettanto risultato locale e – soprattutto – il Pdl che si attesta a pochissima distanza dal PD: 38%, quasi un punto percentuale in più rispetto al dato nazionale. Come a dire: in una regione e in una provincia tradizionalmente di sinistra, Bientina – non è una novità – si distingue per un centro destra particolarmente vigoroso.

Nazionale 1948 1987 1992 1994 1996 2001 2006 2008 Differenza da 2006

Camera Deputati 92,23% 88,83% 87,29% 86,14% 82,90% 81,54% 83,60% 80,51% -3,09%Senato della Repubblica 92,22% 88,37% 86,80% 85,83% 82,21% 81,32% 83,50% 80,47% -3,03%

PARTITO VOTI % BIENTINA % NAZIONALE DIFFERENZAPD 1896 40,57% 33,17% 7,40%PDL 1789 38,28% 37,39% 0,89%U.D.C. 211 4,52% 5,62% -1,10%S L'ARC 176 3,77% 3,08% 0,69%DESTRA 139 2,97% 2,43% 0,54%IDV 125 2,67% 4,37% -1,70%LEG NORD 94 2,01% 8,30% -6,29%PS 52 1,11% 0,98% 0,13%PdCL 45 0,96% 0,57% 0,39%SC 38 0,81% 0,46% 0,35%PLI 26 0,56% 0,28% 0,28%FN 26 0,56% 0,30% 0,26%Ass Dif Vita 18 0,39% 0,37% 0,02%Un DeM CoNS 15 0,32% 0,25% 0,07%PBC 15 0,32% 0,33% -0,01%MEDA 8 0,17% 0,05% 0,12%BIANCHE 56NULLE 124CONTESTATE 0

Voti Validi 4673

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3. Le sezioni elettorali

Passiamo adesso ad un dato apparentemente innocuo: com'è cambiato il corpo elettorale nelle varie sezioni di voto. Si vede facilmente come le sezioni relative alle zone del centro (storico e storicizzato) mostrano un incremento fisiologico – se non un decremento. Mentre le frazioni crescono notevolmente, anche di vari punti percentuale.

Se adesso incrociamo questi dati con i risultati sezione per sezione, ecco che si intuisce un fenomeno: la destra cresce soprattutto in quelle zone che sono cresciute molto negli ultimi anni. Cioè là dove non è più presente – se non come riflesso – la cultura, anche politica, di una comunità. Ecco la seconda e più difficile sfida per il nostro partito: andare a recuperare terreno in quelle località, tra quell'elettorato che non conosciamo: Santa Colomba (sezione 6), Quattro Strade (sezione 5). Resta, per fortuna, il fenomeno della sezione 4: incrementata di quasi 17 punti percentuali dal punto di vista demografico e saldamente schierata a sinistra.

ELEZIONI POLITICHE 13 E 14 APRILE 2008 Camera dei Deputati – Elettori Ammessi al Voto

Sezione Maschi Femmine Totale Diff %1 405 417 822 -15 -1,79%2 503 570 1073 18 1,71%3 559 589 1148 56 5,13%4 559 575 1134 160 16,43%5 398 407 805 70 9,52%6 388 385 773 45 6,18%

Totale 2812 2943 5755 334 6,16%Diff. Dal 2006 148 186 334

Diff. % dal 2006 5,56% 6,75% 6,16%

Differenza 2006

PARTITO VOTI % 1 Diff 2 Diff 3 Diff 4 Diff 5 Diff 6 DiffPD 1774 40,78% 42,93% 2,15% 40,84% 0,06% 40,64% -0,14% 43,48% 2,70% 38,85% -1,93% 36,84% -3,94%PDL 1700 39,08% 37,24% -1,84% 41,80% 2,72% 38,97% -0,11% 36,14% -2,94% 39,00% -0,08% 41,60% 2,52%UDC 199 4,57% 3,90% -0,67% 4,55% -0,02% 4,05% -0,52% 5,92% 1,35% 3,98% -0,59% 4,75% 0,18%S L'ARC 171 3,93% 4,88% 0,95% 2,40% -1,53% 5,01% 1,08% 3,32% -0,61% 3,98% 0,05% 4,41% 0,48%DESTRA 111 2,55% 1,95% -0,60% 2,51% -0,04% 2,62% 0,07% 1,66% -0,89% 3,50% 0,95% 3,40% 0,85%IDV 102 2,34% 1,30% -1,04% 2,63% 0,29% 2,50% 0,16% 2,61% 0,27% 2,87% 0,53% 1,87% -0,47%LEG NORD 94 2,16% 2,28% 0,12% 2,03% -0,13% 1,67% -0,49% 2,01% -0,15% 2,87% 0,71% 2,38% 0,22%PS 83 1,91% 2,60% 0,69% 0,96% -0,95% 2,03% 0,12% 2,61% 0,70% 2,39% 0,48% 0,96% -0,95%SC 35 0,80% 1,14% 0,34% 0,60% -0,20% 1,07% 0,27% 0,47% -0,33% 0,96% 0,16% 0,68% -0,12%PdCL 35 0,80% 0,81% 0,01% 0,60% -0,20% 0,60% -0,20% 0,59% -0,21% 0,80% 0,00% 1,70% 0,90%PLI 17 0,39% 0,49% 0,10% 0,36% -0,03% 0,12% -0,27% 0,36% -0,03% 0,32% -0,07% 0,85% 0,46%PBC 12 0,28% 0,16% -0,12% 0,36% 0,08% 0,36% 0,08% 0,47% 0,19% 0,16% -0,12% 0,00% -0,28%Un DeM CoNS 10 0,23% 0,32% 0,09% 0,00% -0,23% 0,24% 0,01% 0,24% 0,01% 0,32% 0,09% 0,34% 0,11%MEDA 7 0,16% 0,00% -0,16% 0,36% 0,20% 0,12% -0,04% 0,12% -0,04% 0,00% -0,16% 0,34% 0,18%BIANCHE 45NULLE 110CONTESTATE 0Voti Validi 4350

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4. Conclusioni

In ultima analisi: Bientina ha reagito al voto delle ultime elezioni politiche premiando una lunga e buona tradizione dei partiti di centro e di sinistra, rappresentati sul territorio da uomini e donne ben visti e stimati, che amministrano ormai da anni il Comune con onestà e dedizione. Esiste però una forte e anomale – confrontata con i comuni limitrofi – forza delle destre. Per adesso al livello di elezioni politiche (le amministrative infatti continuano a dare esiti del tutto diversi, con percentuali di vittoria del centrosinistra ben superiori al 60%), ovvero a quel livello in cui la propaganda e il convincimento agiscono su canali centralizzati, collegati soprattutto alla figura dei leader e ai valori che questi sanno mettere in gioco: nel caso del centrodestra, Berlusconi, le sue televisioni e la sua cosmogonia di successo mediatico, ricchezza e via discorrendo. In altre parole, sembra che a Bientina il fascino del modello politico berlusconiano sia forte. Noi sappiamo che si tratta di un modello che ha come propri assiomi l'allontanamento del cittadino dal suo ruolo civico, la sua riduzione a mero consumatore. E proprio lì dobbiamo agire. Ecco allora la terza sfida: far tornare i bientinesi nelle piazze e nelle strade di bientina, farli vivere e partecipare il nostro paese, farli conoscere l'uno con l'altro, privilegiare la socialità all'isolamento cui conduce lo status di telespettatori, dare forza a tutte quelle occasioni di confronto, discussione, incontro (associazioni, attività sportive e parascolastiche...). Così facendo il nostro partito conseguirà un duplice risultato: indebolire la potentissima formula della politica berlusconiana e rafforzare il consenso a livello locale. In vista sia dei prossimi appuntamenti elettorali politici, sia di quelli amministrativi.

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ECONOMIA SOCIALE DI MERCATO O RESPONSABILITA' DEMOCRATICA?

“Gli uomini sono la città, non le mura né le navi vuote di uomini ( Tucidide)”

In questi giorni il tema dell'economia sociale di mercato è ritornato in voga, il governo lo ha rispolverato con Alitalia.Alla festa nazionale del PD c'è stato un forum dedicato al tema con L'on Morando e alcuni componenti del mondo delle Cooperative dal titolo “L’Italia dei cittadini: l’economia sociale.”.Insomma oggi tutti si dicono persecutori dell'economia sociale di mercato ognuno la tira per la giacca al fine di dare un supporto concettuale alle proprie azioni politiche.E siamo sicuri, che sia un pensiero filosofico-sociale da poter essere collocato in uno schema concettuale politico partitico o è più in generale un pensiero filosofico sociale elaborato dalle democrazie europee?In questo breve articolo cercheremo di dimostrare che il concetto di economia sociale di mercato è un pensiero filosofico-sociale di maturità democratica messo in atto sia pur con alcune divergenze fra loro nelle principali democrazie europee in particolare è da sempre un pensiero filosofico sociale attuato nelle “socialdemocrazie” Europee”.Sentiamo l'esigenza di scrivere in merito a questo problema perché siamo convinti che su questa materia la confusione regni sovrana.Non possiamo pensare diversamente in merito visto che con il caso Alitalia il governo di Centro Destra in carica sbandiera l'operazione come un agire conforme all'economia sociale di mercato, quando a nostro giudizio è il solito affare italiano fra i soliti furbetti che sono passati dal quartierino all'areoplanino.Ma nel centro sinistra le cose non vanno meglio.Era già grave prima della costituzione del PD che un leader di partito nel discorso conclusivo dell'ultimo congresso del suo partito affermasse “ ci sono banche che a fine anno redigono il bilancio sociale, questo vorrà pur dire qualcosa”.Per la verità a noi non diceva niente, ma siamo in buona compagnia, visto che su Repubblica del 20 ottobre 2008 nell'inserto finanziario (pag.46 rapporto Toscana) il Dott. Turido Campaini consigliere di amministrazione di Banca Monte dei Paschi di Siena, e sopratutto Presidente del consiglio di sorveglianza di Unicoop Firenze. Alla domandaPerchè Unicoop Firenze non fa il bilancio sociale risponde ” il nostro bilancio è uno solo[....]Il bilancio sociale lo possono fare tutti. Anche un'organizzazione malavitosa dedita allo spaccio della droga, ma che sappia mostrarsi benemerita attraverso la costituzione di una fondazione e la presentazione di un bilancio sociale”.Il Dott. Campaini a ragione, non sappiamo cosa invece pensi di quanto affermato dal suo collega Aldo Soldi e dagli altri dirigenti del mondo cooperativo al forum del PD sul fatto che solo le Coop indipendentemente dall'attività che svolgono attuano l'economia sociale di mercato. Qui per la verità l'eresia è grossa e

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insostenibile politicamente per chiunque abbia un minimo di sana onesta intellettuale.Inoltre la nostra riflessione è motivata anche da una novità non di poco conto, se il PD è un partito interclassista, che non vede più l'unione dei suoi militanti fondarsi sull'unità di classe, ma casomai è l'unità di ceto e di valori che fa da collante, quale posizione filosofica sposerà in merito?Gli interrogativi da noi esposti, allora diventano un problema da risolvere e al più presto, perché serve ai cittadini democratici per individuare il corretto agire dei politici eletti “ chi fa che cosa e in favore di chi, e quindi è?”.

Il PD deve sciogliere il nodo, perché non è più possibile mantenere la confusione in merito.

Per supportare la nostra affermazione che è responsabile socialmente “chi rispetta le regole condivise” occorre un piccolo lavoro storico culturale, certo non abbiamo la pretesa e lo diciamo chiaramente, che questo articolo non è rivolto agli accademici ma è rivolto ai nostri compagni di viaggio del PD e serve per cercare di creare un tetto comune fra soggetti che provengono da culture politiche diverse, fanno mestieri diversi e con un diverso grado di reddito.

Ma cosa è l'economia sociale di mercato?

L'economia sociale di mercato nasce dall'incontro di due correnti politiche la Marxista democratica e la socialista cattolica, correnti che possono essere divise o unite all'interno degli schieramenti politici dei singoli stati nazionali, ma indipendentemente dalla scelta del partito entrambe condividono un obbiettivo comune e irrinunciabile “ il mercato è e deve essere fonte di progresso e di opportunità per tutti i membri della comunità democratica, il mercato non è un dogma ma una istituzione sociale creata dall'uomo, e come istituzione umana può fallire, in quanto l'uomo e l'imitato nella sua conoscenza”.

Breve accenno storico:

Il Welfare State dove nasce e perché:Il welfare state, conosciuto anche col nome di “stato sociale”, è un sistema di norme nato nell'800, con il quale lo Stato cerca di limitare ed eliminare le disuguaglianze sociali ed economiche fra i cittadini, aiutando in particolar modo i meno abbienti, tramite l'emanazione delle leggi a tutela dei diritti degli operai, basate su quattro punti principali:

1. malattia2. infortunio3. invalidità e vecchiaia4. disoccupazione involontaria

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L'esperienza Tedesca

Il sistema tedesco ha radici lontane, specie nella politica economica del cancelliere Bismarck e nella legislazione sociale che l’ha accompagnata. La ricostruzione economica nella Germania postbellica inizia ormai di fatto per le sole zone occidentali nel 1948, con la riforma monetaria e il piano Marshall, il programma di aiuti alla ricostruzione economica e infrastrutturale lanciato dall’allora segretario di Stato statunitense.Conformemente alla tradizione di forte interventismo statale nell’economia, la nuova parola d’ordine del Cancelliere Adenauer e del Ministro dell’Economia Erhard è: economia sociale di mercato, un sistema basato sulla libera iniziativa economica bilanciata dal limitato ma costante intervento dello Stato per mantenere l’equità sociale. Concetto nato soprattutto nella scuola di Friburgo e fortemente ispirato sotto il profilo ideologico dalla dottrina sociale della Chiesa. Lo Stato interviene a garanzia della libera competizione, gestendo la distribuzione dei redditi e dei patrimoni e regolamentando la politica strutturale e finanziaria. Sostanzialmente l’intervento pubblico regolatore mira a evitare l’eccessiva concentrazione di potere nei diversi settori creando e mantenendo le condizioni per una competizione effettiva.Nel 1959 il Partito Socialdemocratico (Sozialdemokratische Partei Deutschlands, SPD), nel famoso programma di Bad Godesberg rinuncia espressamente e definitivamente all’ideologia marxista e si avvicina alla politica economica sociale di mercato. L’intero “arco costituzionale” tedesco condivide gli obiettivi della crescita economica bilanciata dall’intervento pubblico, della forte tutela dei diritti sociali, della collaborazione sociale, dell’uniformità del tenore di vita e di sviluppo tra le varie parti del Paese. È questo il momento del massimo sviluppo economico.

Welfare Scandinavo dalla culla alla tomba :

(Grafico estratto dal Il Corriere della Sera 2006)

La forte mobilità dei lavoratori nei paesi Scandinavi non è stata il frutto di uno strapotere degli imprenditori, ma di un accordo storico tra capitale e lavoro in Danimarca dal quale nacque il Patto sociale (1899) che sancì “il diritto degli imprenditori di organizzare e dirigere la produzione e il lavoro” e affidò al

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movimento operaio, attraverso il suo partito (socialdemocratico), la “gestione dello stato”.Il welfare dei paesi scandinavi è molto più attento ai bisogni dei cittadini: i maggiori aiuti economici alle giovani coppie scandinave con figli le portano ad essere meno povere e più prolifiche di quelle degli altri paesi europei.Il quadro non sarebbe completo se non si prendessero in considerazione gli aspetti di equità, legati anche alla conciliazione dei ruoli genitoriali e lavorativi.Le società scandinave, infatti, offrono più servizi di cura a bambini e anziani, e garantiscono una distribuzione dei redditi più omogenea, appaiono, al confronto con quelle dei maggiori paesi europei più eque e redistributive.

(Tabella estratta dal Il Corriere della Sera del 2006)

Welfare scandinavo, e flexicurity cioè la consapevolezza che eguaglianza e efficienza vanno a braccetto

Il concetto di flexicurity è stato introdotto per la prima volta nei Paesi Bassi a metà anni novanta per rompere un sistema di relazioni industriali ritenuto troppo rigido e sbilanciato a favore dei lavoratori. Oggi il tema della flexicurity è stato ripreso generalizzandone la validità per tutti i paesi dall’Unione Europea raggiungere gli obbiettivi della strategia di Lisbona del 2000 e della sua strategia per l’occupazione.

Il concetto di flexicurity in sintesi è:“Un sistema di flessibilità e tutela del lavoratore. La flessibilità ci deve essere sia in entrata che in uscita dal mondo del lavoro. Questo perché è stato deciso dall'organizzazione sociale di organizzare il mercato del lavoro in maniera da cogliere le opportunità offerte dal mercato stesso. Tuttavia, questo è possibile solo perché il sistema è cosciente che il mercato da solo non si autoregola, in quanto il mercato è una istituzione umana e come tale è soggetta a fallire. I fallimenti del mercato non devono ricadere solo su alcuni cittadini che cooperano nel sistema come lavoratori dipendenti. La loro cooperazione sociale deve essere coperta da una alto livello di sicurezza sociale. C'è flessibilità e non precarietà dove c'è un alto livello di sicurezza sociale.”

Politiche Attive:

L’obiettivo delle politiche attive del mercato del lavoro è l’aiuto che l'organizzazione sociale deve offrire ai lavoratori in difficoltà a trovare una occupazione per un loro reinserimento nel mondo della produzione.

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Welfare Italiano.

L'esclusione sociale:

Le differenze tra Italia e altri paesi Ocse sono più significative quando si guardi alle politiche volte a ridurre i rischi di esclusione sociale tra gli adulti.Diversi paesi dell'Ocse hanno introdotto negli ultimi dieci anni riforme finalizzate ad accelerare il passaggio dall'assistenza sociale all'impiego. Riforme, spesso controverse, che combinano una maggior offerta di servizi e formazione all'obbligo , di cooperare agli sforzi finalizzati all’impiego per chi dipende dall'assistenza sociale.In Italia, il tema del welfare-to-work (W2W) si pone in termini diversi. La ragione è semplice: i programmi di assistenza per la famiglie a rischio di povertà sono ancora marginali e quantitativamente poco significativi. L'Italia è uno dei pochi paesi Ocse senza prestazioni "di ultima istanza" per le famiglie. In Italia manca il reddito di ultima istanza quale strumento di accompagnamento economico ai programmi di inserimento sociale, destinato ai nuclei familiari a rischio di esclusione sociale e i cui componenti non siano beneficiari di ammortizzatori sociali destinati a soggetti privi di lavoro”I paesi dell'Ocse con spese sociali (esclusa la sanità e le prestazioni di vecchiaia) più elevate sono anche quelli con minore povertà tra le persone adulte: in Italia, dove tale spesa è inferiore al 5 per cento del Pil, il tasso di povertà tra le persone di età tra i 18 e i 64 anni è prossimo al 12 per cento; in Svezia e Danimarca, con una spesa pari al 12 per cento del Pil, i tassi di povertà tra le persone adulte sono di circa il 4 per cento.

Vediamo meglio cos'è il W2W

In sostanza si stabilisce un accordo in base al quale si condiziona la erogazione di sovvenzioni, di formazione e di altri aiuti all'effettiva disponibilità del beneficiario a entrare o rientrare nel mondo del lavoro. Si tratta quindi di un sistema di diritti e doveri: il disoccupato o inoccupato viene aiutato dallo Stato con un sussidio economico, con la formazione professionale, con il collocamento e con altre misure, in cambio deve impegnarsi nella ricerca del lavoro e accettare i posti che gli sono offerti; nel caso non rispetti questo accordo il sussidio è ridotto o soppresso.Scriveva Marco Biagi che occorre "disporre anche in Italia di un nuovo assetto della regolazione e del sistema di incentivi e ammortizzatori, che concorra a realizzare un bilanciamento tra flessibilità e sicurezza".Nel passato recente, le discussioni su questo tema sono state dominate dai timori sugli effetti negativi, veri o presunti, di un livello di spesa sociale eccessiva per la crescita economica e l'occupazione. Il cambio di paradigma: le politiche sociali non sono necessariamente un "onere" per il sistema economico, ma possono rappresentare un ausilio essenziale

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all'aggiustamento strutturale e all'esigenza di conciliare crescita economica e sviluppo sociale. Per assolvere tale funzione, è però fondamentale che le politiche sociali guardino in avanti, piuttosto che ai modelli del passato, e adeguino obiettivi e interventi alla diversa realtà del mondo d'oggi.

Liberalismo individualismo e benessere sociale.

Si fa presto a dirsi liberali, il difficile è esserlo.

“Per liberale non intendo una persona che simpatizzi per un qualche partito politico, ma semplicemente un uomo che dà importanza alla libertà individuale ed è consapevole dei pericoli inerenti a tutte le forme di potere e di autorità ( K.R. Popper)”

Per liberale intendiamo la strada che Ralf Dahrendorf ( allievo di Popper) ha indicato nelle sue opere a coloro che volessero effettivamente seguire una via politica con questo nome, in quanto, a detta dell’autore anglotedesco, molti partiti in Europa si dicono liberali ma non hanno niente nei loro progetti, nelle loro manifestazioni politiche, nei loro interventi, che possa lasciar presagire un loro appoggio alla pura questione liberalista.E questo semplicemente perché il liberalismo è la dottrina che pone al centro di tutto la libertà come valore fondante della società. Se si perde per strada questo enunciato fondamentale, si perde anche il diritto ad esser chiamati liberali.Strettamente collegato a questa idea politica, vi è l’idea di un forte individualismo che dovrebbe informare tutta l’attività umana, ma in particolar modo che dovrebbe esser ripreso e messo in opera da quella parte della società che si prefigge di governare.

Perché l’individualismo?

Perché l’obiettivo dovrebbe essere quello di porre al centro delle politiche sociali l’individuo, il cittadino in quanto tale e non in quanto membro di qualche associazione collettiva come il sindacato, l’impresa o la famiglia.Inoltre, i processi connessi con la post-modernità portano l’individuo a ridefinire la propria identità in chiave soggettiva e ad elaborare bisogni e desideri nuovi, ai quali lo stato non può far fronte se non introducendo delle politiche che guardino direttamente al singolo.D’altronde questa è la tendenza che ritroviamo nelle dichiarazioni programmatiche dei governi di molti paesi occidentali, nelle quali si enunciano inevitabili riforme in materia sociale.Gli errori e le nuove disuguaglianze (come la under class,composta da coloro che sono tagliati fuori da ogni processo redistributivo) che si sono venute a creare nei sistemi per inseguire e correggere le storture del mercato hanno portato ad una

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crisi generale di politica pubblica, in quanto ci siamo resi conto che le misure di welfare non sono più adatte alla società concreta che si è venuta formando, ed hanno anche portato ad una crisi del patto redistributivo.Infatti lo stato non riesce più a ripartire in maniera ottimale i costi delle politiche sociali, facendo scemare così la propria capacità di protezione. Su tutto ciò, inoltre, si installa la protesta di chi si rifiuta di pagare sempre di più per ottenere sempre di meno, considerando anche che il fisco rappresenta il perno e l’accordo solidaristico fondamentale delle società moderne.Ovviamente questo doppio fronte di crisi non può che avere effetti devastanti sia sulla società civile che sulla classe politica, anche perché i ceti medi vedono sempre più insidiata la propria posizione e vedono sempre più vicina la prospettiva di una discesa nella scala sociale. Come se non bastasse, gli strati inferiori della popolazione rischiano di perdere le poche franchigie che permettono loro di vivere un’esistenza decorosa, facendole scivolare nella povertà più assoluta.E non si capisce come lo stato possa tutelare quest’ultima fascia sociale, quando intende smantellare il sistema di welfare, per far fronte al calo di legittimazione che segue alla rottura sul piano fiscale.

La destra e il problema del Welfare:

Dalla nuova destra il problema della povertà è, ad esempio, visto in maniera rovesciata rispetto a quanto pensavano i creatori di grandi modelli di welfare del secondo dopoguerra.In quel periodo infatti, la povertà veniva vista come un problema sociale, derivante da un iniqua redistribuzione della ricchezza e quindi come una piaga della cui cura si doveva occupare la società nella sua totalità, sotto forma di Stato.Oggi invece la tendenza è quella di vedere il problema come fondamentalmente individuale, nel senso che la povertà sarebbe riconducibile ai singoli percorsi individuali. Quindi, affermando tutto ciò, si afferma anche che l’intervento dello Stato in materia sociale non ha quasi più senso, visto che si tratterebbe ora di “correggere” queste traiettorie individuali, compito che il welfare state tradizionale non può assolvere perché non ne è in grado.Per cui si procede con grande lena allo smantellamento degli istituti di politiche sociali, senza tener troppo di conto che la già indigente under class potrebbe diventare ancora più povera e innescare una protesta tanto sottovalutata quanto pericolosa per la vita stessa della società.

Questa nuova destra è in contraddizione anche con le dichiarazioni di vecchi utilitaristi del calibro di John Stuart Mill che hanno cercato con le loro elaborazioni intellettuali, di assicurare al lavoratore quel giusto equilibrio psicologico che potesse metterlo nelle migliori condizioni di lavorare e che potesse permettergli, attraverso il reddito, di diventare anch’egli possidente, e di

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ridurre dunque quel distacco che lo divide dalle classi più agiate, andando a formare quella che diventerà la classe media.

Classe media che diventerà tale anche grazie al sistema di sicurezza socio-economico improntato dallo stato.

Goodbay Cittadinanza

“Lo spirito della democrazia non può essere imposto senza la democrazia stessa. Esso viene dall’interno. In una vera democrazia, gli uomini e le donne imparano a pensare da soli (Mahatma Ghandi)”.

Per la prima volta dalla nascita della Repubblica, viene introdotta la tessera di povertà.Carità invece dei diritti sociali, ovvero la perdita del diritto di cittadinanza.La cittadinanza comprendere, diritti e doveri giuridicamente riconosciuti.Quali possano essere le difficoltà e le potenzialità dello status di “cittadino” nell’attuale scenario politico e sociale della nostra democrazia.Il cittadino dovrebbe essere guidato da un motore che spinge verso l’esigenza personale tra senso civico, responsabilità sociale e passione verso la “cosa pubblica” e questo gli fa acquisire pieno diritto di cittadinanza.Il tema della cittadinanza è un tema di estrema attualità soprattutto in questo contesto socioeconomico sempre più globalizzato.Risulta dunque necessario, prima di avviare una qualsiasi riflessione, procedere a una preliminare chiarificazione concettuale.Questo interesse, per la nozione di “cittadinanza” nasce perché può assumere, significati diversi e valori politici divergenti.In questo senso è utile partire nel ragionamento avvalendoci di Theodor H. Marshall, il sociologo inglese considerato l’ideatore stesso della nozione moderna di “cittadinanza”.

La cittadinanza secondo T.H. Marshall

Marshall, tenta di spiegare la nascita e l’evoluzione della cittadinanza, concentrandosi sulla relazione tra essa e lo sviluppo del sistema di classe tipico delle economie capitalistiche.Marshall non aveva dubbi che, dando al “cittadino” un’uguaglianza di status rispetto a certi diritti (stessa pensione, stesso accesso al servizio medico), il Welfare State avrebbe determinato una “grande estensione dell’area della cultura e dell’esperienza comuni”, la quale a sua volta avrebbe contribuito a mantenere la coesione sociale.Ne derivava che il Welfare State poteva anche essere considerato come una sorta di tributo pagato dalle classi dominanti alla stabilità e alla sopravvivenza stessa del capitalismo.

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La sua tesi, in breve, è la seguente:

I tre elementi della cittadinanza

- L’elemento civile è composto dai diritti necessari alla libertà individuale: libertà personali, di pensiero, di parola e di fede, il diritto di possedere cose in proprietà e di stipulare contratti validi, e il diritto di ottenere giustizia- Per elemento politico intendo il diritto a partecipare all’esercizio del potere politico, come membro di un organo investito di autorità politica o come elettore dei componenti di un tale organo- Per elemento sociale intendo tutta la gamma che va da un minimo di benessere e sicurezza economica fino al diritto a partecipare pienamente al retaggio sociale e a vivere la vita di persona civile, secondo i canoni vigenti nella società.

Cittadinanza, diritti, disuguaglianza.

“L’estensione dei servizi sociali,sosteneva Marshall, non è in prima istanza un mezzo per livellare i redditi. In certi casi può portare a questo risultato, in altri no.(…) Ciò che importa è che vi è un generale arricchimento della sostanza concreta della vita civile, una riduzione generale del rischio e dell’incertezza, un livellamento tra i più fortunati e i meno fortunati, in tutti i settori: fra sani e malati, occupati e disoccupati, vecchi, persone attive, scapoli e capi di famiglie numerose. Il livellamento non avviene tanto tra le classi quanto tra gli individui nell’ambito di una popolazione che viene trattata adesso a questo fine come se fosse una classe sola. L’uguaglianza di status è più importante dell’uguaglianza di reddito”

Oggi possiamo affermare che: La destra non ha rinunciato allo smantellamento dello Stato Sociale. Un’istituzione, mai dimenticarlo fondata “non sulla carità , una tantum”, “ma sui diritti sociali una semper”.Il Cittadino Democratico, deve rimandare al mittente con sdegno lo zuccherino del “conservatorismo compassionevole”.

Dalla nostra memoria comune:

Gli obiettivi per cui è sorto il movimento per il socialismo?“L’obiettivo del superamento di ogni forma di sfruttamento e di oppressione dell’uomo sull’uomo, di una classe sulle altre, di una razza sull’altra, del sesso maschile su quello femminile, di una nazione su altre nazioni. E poi: la pace fra i popoli, il progressivo avvicinamento fra governanti e governati, la fine di ogni discriminazione nell’accesso al sapere e alla cultura.Ebbene, se guardiamo alla realtà del mondo d’oggi chi potrebbe dire che questi obiettivi non sono più validi?Tante incrostazioni ideologiche (anche proprie del marxismo) noi le abbiamo superate. Ma i motivi, le ragioni profonde della nostra esistenza quelle no, quelle

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ci sono sempre e ci inducono ad una sempre più incisiva azione in Italia e nel mondo.” Orwell, il computer, il futuro della democrazia. Intervista a Enrico Berlinguer - Ferdinando Adornato “l’Unità” 1° dicembre 1983.

Una prima conclusione:

Se ci avete seguito fino a questo punto dovrebbe essere chiari alcuni punti fondamentali:

− Il Welfare State è una istituzione sociale che nasce nelle democrazie Europee ed è parte fondamentale del patto democratico fino ad oggi condiviso dai cittadini,

− Il Welfare State è stato fondato perché l'economia di mercato è fallibile in quanto istituzione umana,

− Il Welfare State obbliga il cittadino democratico ad assolvere ai propri doveri, per poter usufruire dei propri diritti. Fra i diritti del cittadino democratico c'è quello di poter migliorare la propria condizione economica, utilizzando meriti e capacità proprie.

− Il Welfare State assolve al principio di fratellanza democratica, in quanto si occupa dei propri simili che per vari motivi non sono in grado di affrontare il quotidiano da soli.

− Il Welfare State non è una attività filantropica per le Democrazie Europee, ma è il frutto della mano visibile della politica condivisa che diventata norma per legge.

L'impresa e la responsabilità sociale:

“ nelle democrazie mature, non si distingue l'impresa fra grande e piccola, ma si distingue fra essere o non essere socialmente responsabile, è socialmente responsabile chi rispetta le regole condivise (R.G.Dahrendorf )”.

Col tempo e in era più recente si è sviluppato il concetto di “ Responsabilità sociale dell'impresa”. Questa pratica ha dato vita ad una serie di discussioni concettuali, fra varie scuole di pensiero.Prendiamo ad esempi due espressioni che comunemente si pensa che divergano ma nella realtà spigano un concetto di base che la “Responsabilità sociale dell'impresa” se non è un concetto condiviso dalla comunità è una attività filantropica e non soggetta a norme di obbligo morale.Il primo documento che prendiamo in esame è il libro verde della comunità Europea che definisce cosi la RSI : Secondo la Commissione europea la Responsabilità sociale delle imprese (RSI) è « l'integrazione volontaria da parte delle imprese delle preoccupazione sociali e ambientali nelle loro attività commerciali e nelle loro relazioni con le parti interessate (stakeholder) ».

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Il concetto di responsabilità sociale delle imprese significa essenzialmente che esse decidono di propria iniziativa di contribuire a migliorare la società e rendere più pulito l’ambiente. Nel momento in cui l’Unione europea si sforza di identificare valori comuni adottando una Carta dei diritti fondamentali, un numero sempre maggiore di imprese riconosce in modo sempre più chiaro la propria responsabilità e la considera come una delle componenti della propria identità. Tale responsabilità si esprime nei confronti dei dipendenti e, più in generale, di tutte le parti interessate all’attività dell’impresa ma che possono a loro volta influire sulla sua riuscita.

Contesto ;L'applicazione del concetto di RSI contribuisce a conseguire l'obiettivo formulato dal Consiglio europeo di Lisbona di fare dell'Unione europea « l'economia della conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo, capace di una crescita.Il secondo Documento che prendiamo in considerazione è un Papers di Milton Friedman che è stato uno dei più noti e influenti economisti del Ventesimo secolo. Fondatore della scuola monetarista è stato insignito d el Premio Nobel per l’economia nel 1976. Il suo pensiero ha fortemente influenzato le politiche economiche e monetarie del governo di Margaret Thatcher in Gran Bretagna e di Ronald Reagan negli Stati Uniti. Tra i testi più importanti di Friedman vi sono Capitalismo e libertà e Liberi di scegliere.Milton Friedman è stato un liberista convinto definito l'anti-Keynes, per il suo rifiuto verso qualsiasi intervento dello Stato nell'economia ed il suo sostegno convinto a favore del libero mercato e della politica del laissez-faire. Friedman è stato uno dei maggiori esponenti della cosiddetta scuola di economia di Chicago, una scuola di pensiero basata su una descrizione delle istituzioni economiche pubbliche e private contemporanee, promuove inoltre ipotesi di riforme in senso liberale e liberista dell'economia. L'atteggiamento economico di tale scuola fa da ponte tra la scuola neoclassica e la scuola austriaca. Gli insegnamenti della scuola di chicago sono anche chiamati neoliberisti e caratterizzarono le politiche economiche dei governi statunitensi e inglese come abbiamo già detto. Ma con i "Chicago Boys" che furono un gruppo di giovani economisti cileni formati presso L'università di Chicago sotto l'egida dello stesso Milton Friedman e successivamente vennero assunti nell'amministrazione del ministero dell'economia cileno presieduto dal tecnico Josè Pinera durante il regime militare di Augusto Pinochet. Le politiche del ministero di Pinera si caratterizzarono per il processo di privatizzazione e liberalizzazione dell'economia del paese a seguito delle riforme colletiviste del governo di Salvatore Allende. Fu varata inoltre un'importante riforma del sistema pensionistico, basata sulla liberalizzazione e privatizzazione del monopolio pubblico della previdenza pensionistica. Tale sistema pensionistico è stato recentemente recepito anche da altri paesi. La teoria dei Chicago boys è stata applicata per anni in tutti quei paesi che chiedevano prestiti al F.M.I. Ha dato frutti amari, soprattutto in America Latina, e in particolar modo in Argentina, che nel 2001 fu colpita da una crisi gravissima.

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La crisi che il mondo intero sta subendo è la più grave crisi degli ultimi cento anni a causa di queste teorie che s hanno dimostrato grande inconsistenza.Il papers in questione è “La responsabilità sociale delle imprese consiste nell’aumentare i profitti” scritto sul New York Times Magazine il 13 settembre 1970.Alcuni Passaggi:

Che vuol dire che “il mondo degli affari” ha delle responsabilità? Solo una persona può avere delle responsabilità. Un’impresa è una “persona” artificiale e, sotto questo aspetto, può avere responsabilità altrettanto artificiali, ma non è possibile affermare che “il mondo degli affari” nel suo complesso abbia una qualsiasi responsabilità, anche nel senso più lato del termine. [...]

In un sistema fondato sulla libertà d’impresa e sulla proprietà privata, un dirigente non è che un dipendente dei proprietari dell’azienda per cui lavora.

Questo individuo ha delle responsabilità nei confronti dei suoi datori di lavoro, consistenti nel gestire l’impresa in accordo con i loro desideri che, perlopiù, consistono nel guadagnare più denaro possibile rispettando le norme fondamentali della società, che siano prescritte dalla legge o dagli usi della società medesima.Ci fermiamo qui. Il papers completo può essere scaricato sul sito dell'istituto Bruno Leoni.Certo ora con la crisi in atto oggi tutti disconoscono di essere stati fedeli nipotini di Milton ma fino a ieri quando i Manager intervenivano nei convegni dicevano che l'utile era la loro guida e che questo era l'interesse dell'azionista,loro non si davano freno perché l'obbiettivo era fare un euro di utile in più del loro migliore concorrente. Cosi oltre che fare l'interesse dell'azionista facevano anche il loro visto il premio in stock option.

Immigrazione e globalizzazione due fenomeni sociali profondamente diversi:

“ I dazi non sono un atto di egoismo sociale, ma sono la difesa della nostra emancipazione Democratica che noi chiamiamo Welfare State (P. Drucker)”

Spesso confondiamo immigrazione con globalizzazione o perlomeno ne confondiamo gli effetti pratici. La migrazione è il trasferimento permanente o temporaneo di gruppi di persone in un paese diverso da quello di origine; dal punto di vista del luogo di destinazione il fenomeno prende il nome di immigrazione da quello di origine si parla di emigrazione.

Con il termine globalizzazione si indica invece il fenomeno di crescita progressiva delle relazioni e degli scambi a livello mondiale in diversi ambiti, il cui effetto primo è una decisa convergenza economica e culturale tra i Paesi del mondo.

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Il fenomeno della globalizzazione invece va inquadrato anche nel contesto dei cambiamenti sociali, tecnologici e politici, e delle complesse interazioni su scala mondiale che, soprattutto a partire dagli anni ottanta, in questi ambiti hanno subito una sensibile accelerazione.In campo economico la globalizzazione denota la forte integrazione nel commercio mondiale e la crescente dipendenza dei paesi gli uni dagli altri. Con la stessa parola si intende anche l'affermazione delle imprese multinazionali nello scenario dell'economia mondiale.Alcuni economisti asseriscono che, anche per effetto della tecnologia informatica, essa può definirsi come "uno straordinario sviluppo delle possibili relazioni, non soltanto economico-finanziarie, pur preminenti, tra le diverse aree del globo, con modalità e tempi tali da far si che ciò che avviene in un'area si ripercuota anche in tempo reale sulle altre aree, pure le più lontane, con esiti che i tradizionali modelli interpretativi dell'economia e della società non sono in grado di valutare correntemente”. Quindi, oggi, i poveri del mondo sono sempre più poveri e le democrazie che dovevano fare da apripista sono in difficoltà costrette a dover smantellare il loro Welfare State.

Ma perché accade tutto questo?

La risposta ci viene da un grande del XX secolo, Lord Keynes, che nel 1930 sostiene:

“Le conseguenze di una estrema libertà dei mercati che viene concessa alla finanza che investe all’estero, dove viene meglio retribuito l’investimento dei capitali, a causa di una diversità storica e socio-economica, mi hanno sempre turbato. Fino a che punto è legittimo investire in paesi con condizioni socioeconomiche diverse, godendo dei vantaggi dei bassi salari, aumentando e migliorando gli utili delle nostre aziende Nazionali?

Keynes ci dà degli spunti interessanti. Il fenomeno che noi chiamiamo Globalizzazione non è solo l'apertura dei mercati finanziari ma è soprattutto un fenomeno di decentramento industriale che si alloca dove il capitale è meglio remunerato a causa di norme diverse e di uno stock di forza lavoro che eccede l'offerta. Sarebbe più giusto chiamarlo Smantellamento dello stato sociale democratico cosi come noi lo conosciamo.

La favola della globalizzazione è stata una menzogna che oggi si è sciolta come neve al sole.

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Grafico 1 - Incidenza sull'export mondiale media su 24 mesi - Fonte: ONU

Come si vede dal grafico, la Cina è riuscita a conquistare una quota significativa del commercio mondiale, soprattutto dopo la sua adesione all’OMC nel 2001 (L'Organizzazione Mondiale del Commercio, meglio conosciuta con il nome di inglese World Trade Organization WTO), mentre quella dell’India rimane ancora molto più modesta. Nei prossimi anni, i mercati sviluppati dovranno fare i conti con il pensionamento dei "baby-boomer", il che significa che una parte minore della popolazione sarà in età lavorativa.

Quindi, Cina e India potrebbero beneficiare di condizioni demografiche più favorevoli, come di evince dal grafico numero due.

Grafico 2 - Rapporto tra popolazione in età lavorativa e popolazione a carico - Fonte: ONU

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Investimenti esteri in entrata:

La Cina ha avuto più fortuna dell'India nell'attirare investimenti diretti esteri, anche se in India gli afflussi di capitale sono cresciuti notevolmente, passando da cinque miliardi di dollari del 2005 a circa 20 miliardi nel 2007. Al confronto, la Cina ha registrato afflussi di capitali esteri ben più elevati, sia nel 2005 che nel 2007, totalizzando rispettivamente circa 70 e 80 miliardi di dollari.

I paesi industrializzati: subiscono l’effetto dei vasi comunicanti, dove ad una maggiore apertura dei mercati fra paesi scambisti con norme non omogenee, porta il livello dell’acqua in basso, e ogni cm in meno è un pezzo di Welfare che viene smantellato.

Verifica empirica delle affermazioni di Keynes (o quanto meno del perché si delocalizza l'industria).

Situazione ideal-tipo (come consigliava M. Weber).

In questa ipotesi si considera che i paesi scambisti abbiano costi uguali delle materie prime, uguali costi energetici, uguale capacità produttiva, uguale infrastrutture, insomma l'unica variabile è il costo della manodopera salariata a causa di legislazioni diverse frutto di una storia sociopolitica diversa.

I dati per il costo della manodopera salariata sono stati presi dal Business Atlas 2008 la guida agli affari in 48 paesi del mondo a cura delle Camere di Commercio Italiane all’Estero. Le tabelle fornivano un minimo e un massimo per operai qualificati e un minimo e un massimo per operai specializzati, il risultato è la media arittimetica dei quattro valori.

Il procedimento per per arrivare al costo dei paesi non Italiani è determinato nel seguente modo: il Valore del prodotto finito è l'espressione monetaria di quanto viene realizzato dalla vendita ( il punto di incontro fra domanda e offerta a parità di fattori).

Fatto 100 il salario Italiano, quanta forza lavoro acquisisco in un altro paese?

Se la capacità produttiva singola è uguale, avrò una maggiore produzione o una minore incidenza della componente manodopera, senza alterare il valore assoluto delle altre voci interessate alla produzione, quindi si avranno ricavi sulle altre componenti come se il prodotto fosse eseguito in Italia.

Non solo: a fattori invariati, si ottene anche un vantaggio competitivo che potrà essere tramutato come fattore penetrante per acquisire quote di mercato, o pure si può trasformare in un ulteriore plusvalore.

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Tabella 1 - Produzione eseguita in uno stabilimento Italiano.

Tabella 2 - Costo medio della forza lavoro nei paesi del BRIC

Tabella 3 – Costo medio della produzione egualmente ripartita fra i paesi del BRIC

Costo del manufatto prodotto in ItaliaDescrizione € % incValore del prodotto finito 100,00 100,00%Quote di incidenzaManodopera 25,00 25,00%Materie prima 25,00 25,00%Energia 3,00 3,00%Trasporti 7,00 7,00%Macchinari 10,00 10,00%Beni immobili 5,00 5,00%Costo industriale 75,00 75,00%Spese generali 15,00 15,00%Utile d' impresa 10,00 10,00%Totale manufatto finito 100,00 100,00%

Nazione Rapp. con itItalia 1.900,00 1,00India 320,00 5,94Cina 123,00 15,45Brasile 212,00 8,96Media BRIC 218,33 8,70

Costo medio € mese

Costo del manufatto prodotto nel BRICDescrizione € % incProdotto finito di riferimento 100,00 100,00%Quote di incidenzaManodopera ( voce variabile) 2,87 2,87%Materie prima 25,00 25,00%Energia 3,00 3,00%Trasporti 7,00 7,00%Macchinari 10,00 10,00%Beni immobili 5,00 5,00%Costo industriale 52,87 52,87%Spese generali 15,00 15,00%Utile d' impresa 10,00 10,00%Totale manufatto finito 77,87 77,87%Vantaggio Competitivo 22,13%

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Con il solito procedimento il costo in uno stabilimento Cinese è di 77.87 con un vantaggio competitivo del 23,39%. In India è di 79,20 con un vantaggio competitivo del 20,80%. In Brasile e di 77,79 con un vantaggio competitivo del 22,21%.

La globalizzazione interna all'Europa:

Tabella 4 - Costo medio della forza lavoro nei paesi dell'est Europa

Tabella 5 – Costo medio della produzione egualmente ripartita fra i paesi dell'Est Europa

Con il solito procedimento il costo in uno stabilimento in Romania è di 79,25 con un vantaggio competitivo del 20,73%. In Bulgaria è di 777,79 con un vantaggio competitivo del 22,21%. In Russia e di 79,25 con un vantaggio competitivo del 20,73% ( il costo medio della manodopera è uguale a quello Rumeno).

Altri fattori di vantaggio competitivo non legati al modello di Welfare State, ma a fattori strutturali, ambientali e burocratici.

Nella produzione industriale incidono i costi dell'energia, dei prodotti petroliferi, l'imposizione fiscale e gli adempimenti burocratici.

Nazione Rapp. con itItalia 1.900,00 1,00Romania 325,00 5,85Bulgaria 212,00 8,96Russia 325,00 5,85Media Europa dell'est 287,33 6,61

Costo medio € mese

Costo del manufatto prodotto nell'est EuropaDescrizione € % incProdotto finito di riferimento 100,00 100,00%Quote di incidenzaManodopera ( voce variabile) 3,78 3,78%Materie prima 25,00 25,00%Energia 3,00 3,00%Trasporti 7,00 7,00%Macchinari 10,00 10,00%Beni immobili 5,00 5,00%Costo industriale 53,78 53,78%Spese generali 15,00 15,00%Utile d' impresa 10,00 10,00%Totale manufatto finito 78,78 78,78%Vantaggio Competitivo 21,22%

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Il Fisco italiano è tra i più pervasivi al mondo per le imprese.

Estratto: Paying Taxes 2009.

La pressione tributaria sulle società è tra le più alte e, più in generale, il numero di adempimenti e il tempo necessario a gestirli collocano l’Italia agli ultimi posti del panorama internazionale globale.Nella classifica del “total tax rates”, ovvero l’incidenza effettiva del carico fiscale e previdenziale sui profitti maturati ogni anno dalle imprese, l’Italia è ultima fra i paesi della Ue e 166esima su 181 paesi nel mondo, con una pressione impositiva che arriva al 73 per cento degli utili.Ma non è finita. L’Italia, infatti, è 128esima nella speciale classifica della semplicità degli adempimenti fiscali e contributivi e 133esima in quella delle ore necessarie a ottemperarvi.E’ questo il quadro tracciato nell’indagine «Paying Taxes 2009» realizzata da PricewaterhouseCoopers e da World Bank-Ifc sulla base del report del Gruppo World Bank dal titolo «Doing Business 2009» che ha analizzato i sistemi tributari di 181 paesi, per misurarne la semplicità e monitorare gli sforzi riformisti compiuti dai singoli Stati.Dal focus relativo all’Italia, emerge come il peso dell’Ires sia in linea rispetto a quella dei principali paesi europei. Altrettanto può dirsi rispetto al numero di versamenti mediamente effettuati nel corso dell’anno. Quello che fa peggiorare il modello fiscale tricolore è l’Irap che rappresenta un’imposta anomala a livello internazionale e che pesa sul Total Tax Rate italiano fino all’8 per cento. Così se l’aliquota nominale delle imposte sui redditi delle società (Ires più Irap) è inferiore al 40%, a causa dell’indeducibilità del costo del lavoro e di oneri di varia natura (tra cui gli interessi passivi), quella effettiva supera il 50 per cento.Sul versante della dipendenza energetica è inutile fare i conti, l'Italia a causa della scelta di rinunciare al nucleare impone costi energetici superiori agli altri paesi. Va detto però che queste sono scelte dei singoli paesi, che non dovrebbero essere prese in considerazione in quanto si da per scontato che le scelte libere prese in democrazia sono scelte condivise. La razionalità dovrebbe però imporre altre economie a fronte di scelte ambientali o ecologiche. L'Italia o se volete quando L'Europa unità sarà quella dei popoli dovrebbe ragionare guardando al sistema come ad una SPA ma solo per emularne l'efficienza di sistema.

Come diceva un rivoluzionario:

“ non esistono in economia soluzioni diverse da quelle capitalistico borghesi, la differenza è nell'uso che si fa del profitto ( Ernesto Guevara)”.

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Cosa c'entra Adam Smith con l'anarco-globalizzazione?

“ Ritrovate i valori della vostra gioventù, i vostri figli non saranno orgogliosi di voi per dove siete arrivati, ma vi malediranno per ciò che non avete fatto”(Paolo Sylos Labini)

La teoria della mano invisibile è il concetto a noi più noto di A. Smith e, pure, quello più abusato.

Mentre scriviamo questo articolo è giovedì 13 ottobre 2008 e il mondo sta conoscendo la più grave crisi che ci siam mai stata negli ultimi ottanta anni. L'America ha scelto un nuovo Presidente Obama che sarà il primo Afroamericana a guidare la Democrazia più grande del mondo. Il neo presidente eletto era uno sconosciuto al mondo fino a pochi mesi fa. Con questo esempio la Democrazia America ci insegna che cambiare si può, che il popolo democratico è l'unico sovrano legittimato a scegliere la propria guida politica.Oggi si assiste allo scontro fra scuole di pensiero economico che si scontrano nell'individuare cosa non ha funzionato e quali possibili rimedi ci possono essere per il futuro.

Keynesiani e Fredmiani fanno a gara per vendere le loro ricette miracolose.

In realtà basterebbe che si rileggessero Aristotele con un po di di buon senso, per capire che la sua teoria che il governo migliore è “quello mediano” per capire che se da una parte è vero che Aristotele contrapponeva il ceto medio alla guida della polis, in contrapposizione al governo dei migliori di Platone che proponeva gli Aristocratici illuminati. Ma Aristotele ci da lo spunto per estendere il suo concetto perché la riflessione più immediata visto l'attuale situazione economica a livello mondiale è: che questa crisi c'è per effetto di una eccessiva estremizzazione del concetto implicito nella metafora della mano invisibile come rimedio regolatore delle transazioni di mercato. Dove lo stato minimo fa solo da garante gestendo lo stato di diritto. Come dire “la politica vada in pensione”.

Inoltre ci vuole una buona dose di disonestà intellettuale per affermare che il concetto di Anarco-liberismo è ciò che intendeva A. Smith padre dell'economia politica liberale.

Non solo Economisti Italiani come P.S. Labini e Federico Caffè si sono sforzati di dire nei loro scritti che la metafora della mano invisibile va interpretata insieme al concetto di simpatia di A. Smith, in quanto il pensatore scozzese prima di scrivere “Ricchezza delle Nazioni” ha scritto “Teoria dei sentimenti morali” quindi il suo pensiero non è interpretabile separando i due concetti.

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Questo modo di interpretare A. Smith non è solo dei due economisti italiani, ma è il pensiero anche di altri economisti come A.Sen, Keynes e altri. Keynes scrive nel suo Pamphlet la fine del laissez-faire del 1926 “Adam Smith, naturalmente, era un libero scambista ed un oppositore di molte restrizioni sul commercio del secolo XVIII. Ma il suo atteggiamento nei riguardi degli Atti di Navigazione e delle leggi sull'usura dimostra che egli non era dogmatico”.

J.K.Galbraith scriverà,« Ma, se non vide, o se non previde completamente la Rivoluzione industriale nella sua piena manifestazione capitalistica, Smith osservò con grande chiarezza le contraddizioni, l'obsolescenza e, soprattutto, l'angusto egoismo sociale del vecchio ordine. Se egli era un profeta del nuovo, ancor di più era un nemico del vecchio. »(Storia dell'economia).

Purtroppo per noi non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire, e in questo caso i sordi sono la classe dirigente i manager o gli uomini della conoscenza come li definiva P. Drucker, e i politici che dovrebbero attuare quella sintesi che ci deve essere fra teoria economica astratta e realtà.

Ma cosa diceva A. Smith:

“La politica economica è quella scienza interdisciplinare che concilia economia, sociologia e scienza della finanza [....]. Nell'indirizzare i mie studi di ricerca di politica economica mi faccio guidare da ciò che sento ogni mattina andando a piedi da casa a lavoro (Federico Caffè, lezioni di politica economica)”.

La metafora della mano invisibile, compare nel secondo capitolo (Delle restrizioni all'importazione dai paesi stranieri di quelle merci che possono essere prodotte nel paese) del Libro quarto (Dei sistemi di economia politica) della Ricchezza delle nazioni.

Libero-scambio e ruolo dello Stato: A. Smith critica e si distanzia dai mercantilisti e dalla loro politica sostanzialmente protezionista, contrapponendo la difesa del libero scambio.

Una prima giustificazione al libero scambio si deduce dall'effetto sulla produttività del lavoro di una maggiore estensione del mercato: “la soppressione di freni al commercio interno ed esterno, come pure l'accesso a nuovi mercati attraverso lo sviluppo o il miglioramento della rete di trasporti, favorisce la divisione del lavoro aumentando di conseguenza la produzione economica e il benessere collettivo”.

La divisione del lavoro comporta anche "conseguenze negative": la specializzazione verso un'unica attività e la realizzazione di operazioni semplici,

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ripetitive e meccaniche, non sviluppa l'immaginazione e riduce le capacità intellettuali dell'individuo (K. Marx la chiamerà alienazione)

Per compensare questo effetto, A. Smith sostiene lo sviluppo dell'istruzione finanziata dallo Stato.“La divisione del lavoro è limitata dall'estensione del mercato, che può essere esteso attraverso sia lo sviluppo di mezzi e di infrastrutture di trasporto sia con l'estensione del commercio estero. Ampliando il mercato, l'incremento della produzione che risulta da una maggiore divisione del lavoro può così trovare sbocchi commerciali”.

Una seconda giustificazione deriva dal ruolo equilibratore fra domanda e offerta esercitato dalla mano invisibile: “nessun intervento esterno al mercato è necessario per raggiungere lo stato di equilibrio. Il mercato possiede forze di auto-regolazione”.

Il prezzo di mercato:”di un prodotto dipende dal confronto fra la domanda e l'offerta dello stesso e tende a convergere verso il prezzo reale ("teoria della gravitazione o dell'oscillazione dei prezzi"). Di fatto, il prezzo di mercato gravita attorno al prezzo reale a seguito delle fluttuazioni della domanda e dell'offerta: “il prezzo di mercato sarà superiore al prezzo reale se la domanda supera l'offerta, mentre sarà inferiore se l'offerta supera la domanda. Il prezzo di mercato non può distanziarsi durevolmente dal prezzo reale in quanto gli agenti, accorgendosi, aggiustano l'offerta allineandola alla domanda (meccanismo d'aggiustamento). Solo l'assenza di informazioni, l'esistenza di risorse rare e la presenza di monopoli legali permettono al prezzo di mercato di distanziarsi costantemente dal prezzo reale”.

Processo con il quale si crea un ordine sociale: “Dati l'uguaglianza di fronte al diritto, il non intervento dello Stato e il principio di simpatia, la mano invisibile assicura il realizzarsi di un ordine sociale che soddisfa l'interesse generale (convergenza spontanea degli interessi personali verso l'interesse collettivo)”.

La regolazione del mercato del lavoro: “la regolazione si applica alla popolazione attraverso il mercato del lavoro,in caso di popolazione eccessiva, il salario scende al di sotto del minimo di sussistenza conducendo ad una riduzione della popolazione e viceversa in caso di popolazione deficitaria;

Il Risparmio: la regolazione si applica pure al risparmio, condizione necessaria per l'accumulazione del capitale e quindi della crescita economica attraverso una maggiore divisione del lavoro,gli individui tendono spontaneamente a risparmiare in quanto desiderosi di migliorare la propria condizione;

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Gli investimenti: infine la regolazione si applica anche alla locazione dei capitali (investimenti indirizzati spontaneamente verso le attività più redditizie).Con l'opera di John Maynard Keynes, in particolare con la nozione di disoccupazione involontaria, si comprese la necessità di un intervento pubblico nel sistema economico a garanzia di un giusto equilibrio.

Tuttavia, il libero scambio e il funzionamento dell'economia di mercato descritto da A. Smith suppongono il principio di simpatia: ogni individuo conosce sì come nessun altro i propri interessi ma in questi interessi vi è il desiderio di essere apprezzato dagli altri, ciò che rende il mercato non un campo di combattimento, ma un luogo di convergenza di differenti interessi personali.Quindi, per simpatia, sentimento innato nell'uomo, va intesa la capacità di identificarsi nell'altro, la capacità di mettersi al posto dell'altro e comprenderne i sentimenti in modo da potere ottenere l'apprezzamento e l'approvazione altrui.

A. Smith non abbandona il principio di simpatia nella redazione della Ricchezza delle Nazioni, al contrario questo soggiace allo scambio e al mercato.

Riflessione sul pensiero di A. Smith:

In un certo senso l'idea che ha Smith sull'influenza dello Stato è simile a quella moderna, riducendo l'intervento statale alla tutela della nazione (difesa), all'amministrazione della Giustizia affinché nessun individuo possa lenire gli interessi di un altro individuo della nazione stessa ed infine l'intervento per le opere pubbliche e le istituzioni pubbliche: le prime in modo da migliorare le condizioni per commercio (strade, ponti, canali ecc. ecc.) il secondo con particolare riferimento all'Istruzione. Inoltre, il libero scambio non implica l'assenza assoluta dello Stato, piuttosto ne limita l'influenza.

In fondo oggi cosa fa Muhammad Yunus (premio nobel per la pace 2006) che ha fondato in Bangladesh, nel 1976, la Grameen Bank. ed è conosciuto in tutto il mondo “come il banchiere dei poveri”; presta il capitale di prima istanza a chi non lo detiene, con l'intento di fargli iniziare una attività commerciale, con l'obbiettivo di migliorane le condizioni umane secondo gli standars del suo paese.

Quindi il capitale (prestato da un persecutore della simpatia) si associa all'interesse personale e a quella propensione al baratto che A. Smith aveva ben individuato come propensione naturale dell'uomo al fine di migliorare le proprie condizioni di vita.A. Smith era cosciente che i poveri inglesi erano uguali ai poveri delle altre nazioni, nessuna nazione aveva ancora creato l'istituzione del Welfare State, quindi la competizione sul mercato era giocata alla pari senza vantaggi

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competitivi che derivano da una diversa legislazione frutto di una diversa storia sociale. Quando afferma che lo stato deve essere minimo lo fa anche perché e consapevole che lo stato in quell'epoca è rappresentato da un sovrano che di solito tende a spendere di più per addobbare le proprie feste che per alleviare le sofferenze del popolo. Il suo pensiero economico deve combattere il pensiero dominate della sua epoca il mercantilismo, una teoria di politica economica che svincolata la propria condotta dalla morale comune, opera nel mondo secondo criteri razionali e consapevoli, funzioni proprie di commerciante, imprenditore, banchiere. L'attività del mercante si esplica in società fondate economicamente sul sistema agricolo ma in cui c'è una stretta connessione tra attività economica e Stato; i mercanti operano accrescendo la ricchezza e il prestigio propri e dello Stato, mentre quest'ultimo garantisce la stabilità, l'ordine pubblico, l'allargamento del mercato attraverso la politica di conquiste coloniali. L'economia è dunque finalizzata all'interesse dello Stato, il quale a sua volta rappresenta un mezzo a disposizione dell'economia mercantile, grazie alle politiche di crescita economica e di espansione promosse ed alla capacità del mercante di inserirsi in questo contesto

In Conclusione:

“Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformate in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo (Mohandas Karamchand Gandhi)”.

Questo nostro articolo è stato stimolato non solo perché su tali questioni il PD deve fare chiarezza e prendere delle posizioni in merito. Posizioni delle quali si deve comunque fare portatore in Europa che è de deve essere L'Europa dei popoli.

Bisogna cambiare Paradigma per sconfiggere la miseria e ridistribuire ricchezza.

La competizione deve essere libera e aperta perché e dal lavoro che i popoli traggono il soddisfacimento dei loro bisogni naturali. Ma dai tempi di A. Smith ad oggi le cose sono cambiate.

Il mercato deve essere fonte di progresso nel soddisfare i bisogni umani, ma è tale se il progresso è equamente distribuito, per fare questo le norme che influenzano la produzione che è fonte di ricchezza di una nazione (o continente) devono essere il più possibili omogenee all'interno dei paesi che aderiscono al WTO .

Solo partendo da questi presupposti il mercato libero svilupperà le proprie energie migliori indirizzando le nazioni a migliorare la loro specializzazione produttiva, fuori da queste prospettive il mercato mette a rischio la democrazia e la

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convivenza pacifica fra individui e popoli.Come scrive lo storico Robert Dahl “ Democrazia e economia di mercato vivono in simbiosi l'una a bisogno dell'altra” in quanto “la libertà d'espressione è necessaria... i cittadini silenziosi sono dei perfetti sudditi di un governo autoritario (Sulla democrazia, 1998)”.

Aggiungiamo la “D” di democrazia alla sigla del WTO che deve diventare WTOD, per farne un commercio mondiale nell'interesse dei molti che è l'interesse del popolo come sosteneva già nell'antica Grecia lo storico Tucidide.

Sappiamo che ciò non è ne facile e ne semplice, come insegna la storia a riguardo delle conquiste politiche.

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LE MORTI BIANCHE

Le morti «ordinarie» sul lavoro o in strada superano gli omicidi. Sicurezza e allarme sociale: un confronto internazionale.Numero di assassinii in calo e più basso che in Europa, si muore 2 volte di più sul lavoro e 8 volte di più sulle strade.Gli omicidi in Italia continuano a diminuire.In base ai dati delle fonti ufficiali disponibili elaborati dal Censis, sono passati da 1.042 casi nel 1995 a 818 nel 2000, fino a 663 nel 2006 (-36,4% in 11 anni). Sono molti di più negli altri grandi Paesi europei, dove pure si registra una tendenza alla riduzione: 879 casi in Francia (erano 1.336 nel 1995 e 1.051 nel 2000), 727 casi in Germania (erano 1.373 nel 1995 e 960 nel 2000), 901 casi nel Regno Unito (erano 909 nel 1995 e 1.002 nel 2000).Anche rispetto alle grandi capitali europee, nelle città italiane si registra un numero minore di omicidi. Nel 2006 a Roma si sono contati 30 casi, quasi come Parigi (29 omicidi, ma erano 102 nel 1995), 33 a Bruxelles, 35 ad Atene, 46 a Madrid, 50 a Berlino, 169 a Londra, che aveva toccato la punta massima (212 omicidi) nel 2003. Piccoli numeri se paragonati alle morti sul lavoro.Nel 2007 sono stati 1.170 i decessi per motivi di lavoro in Italia, di cui 609 in infortuni «stradali», ovvero lungo il tragitto casa-lavoro («in itinere») o in strada durante l’esercizio dell’attività lavorativa. L’Italia è di gran lunga il Paese europeo dove si muore di più sul lavoro.Se si escludono gli infortuni in itinere o comunque avvenuti in strada, non rilevati in modo omogeneo da tutti i Paesi europei, si contano 918 casi in Italia, 678 in Germania, 662 in Spagna, 593 in Francia (in questo caso il confronto è riferito al 2005).I numeri crescono ancora se si considerano le vittime degli incidenti stradali.Nel 2006 in Italia i decessi sulle strade sono stati 5.669, più che in Paesi anche più popolosi del nostro: Regno Unito (3.297), Francia (4.709) e Germania (5.091). Gli altri Paesi hanno fatto meglio di noi negli interventi tesi a ridurre i decessi sulle strade.Nel 1995 la Germania era «maglia nera» in Europa, con 9.454 morti in incidenti stradali, ridotti a 7.503 già nel 2000, per poi diminuire ancora ai livelli attuali. Nel 1995 in Francia i morti sulle strade erano 8.892, ridotti a 8.079 nel 2000, per poi diminuire ancora ai livelli attuali. La riduzione in Italia c’è stata (i morti erano 7.020 nel 1995, 6.649 nel 2000, fino agli attuali 5.669), ma non in maniera così rapida, tanto da diventare il Paese europeo in cui è più rischioso spostarsi sulle strade.Si muore di più, dunque, durante le attività ordinarie che non a causa della criminalità o di episodi violenti.I morti sul lavoro sono quasi il doppio degli assassinati, i decessi sulle strade 8 volte più degli omicidi. Tuttavia, gran parte dell’attenzione pubblica si concentra sulla dimensione della sicurezza rispetto ai fenomeni di criminalità.

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«Gran parte dell’impegno politico degli ultimi mesi è stato assorbito dall’obiettivo di garantire la sicurezza dei cittadini rispetto al rischio di subire crimini violenti», osserva Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, commentando i dati. «Tuttavia, se si amplia il concetto di incolumità personale, e si considerano i rischi maggiori di perdere la vita, risalta in maniera evidente la sfasatura tra pericoli reali e interventi concreti per fronteggiarli. Il luogo di lavoro e la strada mancano ancora di presidi efficaci per garantire la piena sicurezza dei cittadini, e spesso si pensa che perdere la vita in un incidente stradale sia una fatalità. I dati degli altri Paesi europei dimostrano che non è così».

Focus sull’andamento infortunistico 2007 – Fonte: Rapporto INAIL 2008

Dalle prime elaborazioni effettuate sui dati degli infortuni avvenuti nel primo quadrimestre 2008, emergono segnali non entusiasmanti.

Italia: Forza Lavoro Media 2007

Passiamo ad analizzare il trend del 2007 / Maggio 2008 che, pur nella sua oggettiva drammaticità, è caratterizzato da un lieve segnale di ulteriore riduzione del fenomeno infortunistico, pur consapevoli del fatto che dietro i numeri ci sono le persone e che ogni singola morte, ogni lesione all’integrità psicofisica di un lavoratore pesa non poco sulla coscienza sociale.

Infortuni avvenuti nel primo quadrimestre 2007-2008

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Le prime stime sul consolidamento dei dati mensili, infatti, indicano un calo complessivo degli infortuni nel primo quadrimestre 2008 che è valutabile, ad oggi, nell’ordine dell’1% -1,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, in misura cioè più ridotta rispetto alla variazione annua 2007. Il calo sarebbe determinato principalmente da una diminuzione accentuata del fenomeno nell’Agricoltura che, sempre stando alle stime, dovrebbe subire un calo compreso tra il 3% e il 5%.Mentre la flessione dell’Industria e Servizi dovrebbe oscillare intorno al punto percentuale; per i dipendenti dello Stato, invece, prosegue la tendenza alla crescita in atto ormai da alcuni anni. Molto consistente il calo temporaneamente registrato per il settore delle Costruzioni.

Dati anno 2007

Il bilancio infortunistico dell’INAIL per l’anno 2007 si presenta - alla data di rilevazione ufficiale 30 aprile 2008 - più favorevole rispetto a quello del 2006, soprattutto per quel che riguarda gli infortuni mortali.

Italia Infortuni per classi di età:L’INAIL ha registrato, infatti, 912.615 denunce di infortuni avvenuti nel 2007: il che vuol dire 15.500 casi in meno rispetto al 2006, con una flessione dell’1,7 per cento. In particolare, fra l’altro: il calo infortunistico è più consistente in Agricoltura (-9,4%), mentre per i dipendenti dello Stato si è registrato un aumento dell’1,5%: In crescita gli infortuni in itinere, dai 92.497 casi del 2006 ai 94.503 del 2007 (+2,2%).In particolare: poco più del 50 per cento delle morti bianche sono state causate dalla circolazione stradale; gli infortuni mortali sul lavoro sono diminuiti del 18,1% rispetto al 2006; ma sono aumentati dell’8% gli infortuni mortali in itinere; i settori più rischiosi: quelli dell’Industria pesante, delle Costruzioni e dei Trasporti.

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Infortuni mortali avvenuti negli anni 2006-2007 per gestione e tipologia di accadimento

(1) Denunce pervenute alla data di rilevazione del 30.04.2008 (dato provvisorio).

(2)Stima previsionale del dato annuo definitivo.

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Infortuni sul lavoro In dettaglio:

Infortuni avvenuti negli anni 2006-2007 per tipologia contrattuale.

Infortuni sul lavoro denunciati: 912.615 (-1,7% rispetto al 2006). Ripartizione degli infortuni per gestione: 826.312 nell’Industria e Servizi (90,5%); 57.155 nell’Agricoltura (6,3%); 29.148 fra i dipendenti dello Stato (3,2%). Infortuni ai lavoratori atipici: parasubordinati +5,7% e interinali +13,6% rispetto al 2006.• Infortuni nel periodo 2001-2007: -10,8%.• Infortuni occorsi a lavoratori stranieri: 140mila (+8,7% rispetto al 2006). I lavoratori stranieri hanno un’incidenza infortunistica più elevata rispetto a quella degli italiani (47 infortuni denunciati ogni 1.000 occupati contro 41).

Infortuni MortaliItalia Infortuni Mortali durante il lavoro – Anno 2007

Casi mortali nel 2007 (dato provvisorio, denunce pervenute al 30 aprile 2008): 1.170 (-12,8% rispetto al 2006) Casi mortali nel 2007 (stima dato consolidato): 1.210 (-9,8% rispetto al 2006).

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Italia Infortuni Mortali in itinere - Anno 2007

Regioni: Infortuni sul lavoro avvenuti nel periodo 2007

Dal punto di vista territoriale la riduzione degli infortuni ha riguardato tutte le regioni italiane, ad esclusione della Sicilia (+4,1%), del Lazio, della Calabria e della Provincia autonoma di Bolzano;

Regioni: Infortuni - Anno 2007

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Regioni: Infortuni Mortali - Anno 2007

Oltre il 60% degli infortuni sono concentrati nel Nord industrializzato

• L’Umbria si conferma al primo posto per indice di frequenza infortunistica

Uno sguardo con il resto dei paesi OCSE:

Dinamica della Produttività nei principali Paesi OCSE (n. indice 2000 = 100)

La tavola sopra mostra che dal 2001 al 2007 l’incremento di produttività riferito al comparto privato, cioè all’industria e ai servizi esclusa la Pubblica

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Amministrazione e l’agricoltura, ha continuato a registrare andamenti molto diversificati nei principali Paesi OCSE. Nel periodo considerato l’Italia si è differenziata dalle altre maggiori economie dell’Unione per una crescita più debole del prodotto e delle esportazioni, associata tuttavia a una crescita dell’occupazione superiore alla media europea. Questa combinazione ha determinato ovviamente un peggioramento dei nostri indicatori di produttività, che marcano un allontanamento dell’Italia dai livelli dei suoi principali partner.

Infortuni sul lavoro nell'Unione Europea per Stati Membri e anno: Anni 1996 - 2005

(*) Paesi in cui i dati non provengono dal sistema assicurativo e presentano livelli consistenti di sotto denuncia.

Infortuni mortali sul lavoro nell'UE , Stati Membri e anno: Anni 1996 - 2005

(*) Paesi in cui i dati non provengono dal sistema assicurativo e presentano livelli consistenti di sotto denuncia.

STATI MEMBRI 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

UE - 15 4.757.611 4.620.395 4.678.586 4.786.898 4.815.629 4.702.295 4.408.616 4.176.286 3.976.093 3.983.881 UE - Euro Area 4.221.430 4.146.336 4.193.392 4.283.010 4.317.670 4.186.377 3.890.170 3.663.060 3.533.915 3.550.134 Belgio 100.339 96.867 102.461 103.652 96.889 95.285 85.441 77.807 75.803 72.541 Danimarca (*) 61.063 73.837 73.837 76.717 71.508 75.681 66.031 62.076 68.902 73.097 Germania 1.571.418 1.523.160 1.488.199 1.477.039 1.424.665 1.309.331 1.186.803 1.040.303 990.193 913.902 Grecia 54.300 51.467 47.531 41.436 39.098 39.307 38.029 36.150 34.370 29.742 Spagna 566.563 572.692 666.191 705.766 756.592 783.117 792.773 792.565 766.460 780.433 Francia 660.265 660.996 660.996 701.729 732.903 725.644 747.602 710.282 680.384 685.856 Irlanda (*) 12.936 14.688 14.688 13.764 11.288 26.362 21.107 21.547 21.967 25.614 Italia 740.544 693.768 698.240 710.031 718.443 693.549 614.390 599.708 588.152 564.166 Lussemburgo 9.221 9.329 9.712 10.173 10.611 11.433 12.167 11.305 10.613 8.860 Paesi Bassi (*) 169.101 169.101 169.101 191.080 194.478 174.554 80.189 69.240 59.010 165.466 Austria 158.224 111.714 105.770 107.244 100.089 90.559 90.197 88.792 88.398 85.501 Portogallo 177.894 184.328 169.853 160.525 172.599 177.059 161.405 156.856 160.443 155.093 Finlandia 54.925 58.226 60.650 60.571 60.014 60.176 60.067 58.504 58.123 62.959 Svezia (*) 49.944 35.527 45.332 49.641 51.837 56.168 55.153 51.387 49.015 47.346 Regno Unito (*) 370.874 364.695 366.025 377.530 374.615 384.069 397.261 399.763 324.261 313.305

STATI MEMBRI 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

UE - 15 5.549 5.579 5.476 5.275 5.237 4.922 4.790 4.623 4.366 4.011 UE - Euro Area 5.029 5.145 5.094 4.941 4.831 4.581 4.454 4.292 4.050 3.678 Belgio 117 112 120 113 115 120 103 84 108 83 Danimarca (*) 75 82 82 69 68 52 57 51 44 56 Germania 1.377 1.273 1.155 1.152 1.018 981 947 901 804 678 Grecia 77 74 78 103 57 50 70 68 56 32 Spagna 783 840 832 782 803 739 805 722 695 662 Francia 900 912 912 876 851 852 803 782 743 593 Irlanda (*) 27 47 47 59 30 54 53 59 47 65 Italia 1.128 1.229 1.300 1.234 1.202 1.067 967 991 944 918 Lussemburgo 30 26 13 7 15 12 10 7 6 10 Paesi Bassi (*) 110 109 109 99 103 83 91 104 83 75 Austria 252 243 239 236 236 222 218 227 213 214 Portogallo 261 228 228 236 354 346 339 298 294 283 Finlandia 44 52 61 44 47 55 48 49 57 65 Svezia (*) 87 89 56 52 58 56 60 56 57 68 Regno Unito (*) 281 263 244 213 280 233 219 224 215 209

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Fonte: Rivista INAIL - n.3 Marzo 2008EUROSTAT, Istituto ufficiale di Statistica dell’Unione Europea, ha più volte espresso la raccomandazione, non sempre ascoltata nel nostro paese, di operare confronti infortunistici tra i vari stati esclusivamente sulla base dei “tassi di incidenza standardizzati”. Si tratta di indicatori statistici elaborati dai tecnici EURO STAT per ponderare i dati dei vari Paesi secondo una struttura produttiva standard, ma anche per integrare i dati assoluti che presentano gravi carenze nelle procedure di dichiarazione degli Stati membri, che forniscono i propri dati non già in forza di una direttiva (peraltro in fase di discussione) ma di un semplice “gentlemen’s agreement”. Molti Paesi, infatti, che non dispongono di un sistema assicurativo specifico, fanno registrare, secondo EUROSTAT, “un livello di dichiarazione medio pari soltanto al 30%-50% del totale effettivo”. Inoltre, a differenza dei dati assoluti, nei tassi standardizzati dei casi mortali, vengono esclusi, oltre agli infortuni in itinere, anche quelli stradali nel corso del lavoro, in quanto non rilevati da tutti i Paesi. Sulla base dei tassi 2005, appena diffusi, l’Italia si mantiene sotto la media europea per gli infortuni e sale poco al di sopra per i casi mortali.

Distribuzione geografica degli incidenti sul lavoro nel mondo Anno 2006FONTE: Rapporto INAIL 2008. Su dati I.L.O.

Indice di Frequenza su dati Tabella precedente

Area GeograficaPaesi a economia di mercato 409.141.496 380.833.643 12.340.216 16.170Paesi ex socialisti 174.717.127 162.120.341 16.350.868 21.425India 458.720.000 419.560.000 36.765.877 46.176Cina 708.216.102 699.771.000 56.179.742 73.615Altri Paesi Asia 404.487.050 326.673.800 63.378.830 83.048Africa Sub Sahariana 260.725.947 10.540.604 41.748.723 54.705America Latina e Caraibi 193.426.602 114.604.962 22.584.726 29.594Medio Oriente 112.906.300 48.635.240 14.489.130 18.986Totale Mondiale 2.722.340.624 2.162.739.590 263.838.112 343.719

Popolazione Attiva

totale Occupazione

Incidenti in Complesso

Casi Mortali

Area GeograficaPaesi a economia di mercato 3,24% 0,004% 0,131%Paesi ex socialisti 10,09% 0,013% 0,131%India 8,76% 0,011% 0,126%Cina 8,03% 0,011% 0,131%Altri Paesi Asia 19,40% 0,011% 0,131%Africa Sub Sahariana 396,08% 0,025% 0,131%America Latina e Caraibi 19,71% 0,026% 0,001%Medio Oriente 29,79% 0,039% 0,131%Totale Mondiale 495,09% 0,140% 0,913%

% Incidenti in Complesso su

Totale occupazionale

% Casi Mortali su Totale

Occupazione

% Casi Mortali Su Incidenti in

Complesso

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UNIVERSITA'

Università: la riformatrice disinformata

Il Ministro Mariastella Gelmini è titolare del dicastero che si occupa di Scuola, Istruzione e Università. Pur avendo un ruolo politico e non meramente tecnico, un Ministro della Repubblica deve come minimo essere preparato rispetto alla propria materia, conoscere ciò di cui parla, soprattutto negli aspetti che meno si prestano a visioni politiche contrapposte (in fin dei conti inoppugnabili), ovvero i numeri, i dati, le quantità. A maggior ragione dovrebbe farlo in quelle occasioni ufficiali che sono le dichiarazioni pubbliche in conferenza stampa o, ancora di più, là dove non può intervenire la penna del giornalista (che per assioma questa destra vuole travisatore), ovvero i comunicati che vengono pubblicati direttamente sul sito del ministero della Pubblica (speriamo ancora per molto) Istruzione. E invece non è così. Non lo diciamo per fare i pignoli, semplicemente per andare a cercare le piccole sbavature che si annidano in qualsiasi dichiarazione politica. Lo diciamo perché tramite dati e cifre sbagliate il Ministro Gelmini sta difendendo una riforma a nostro avviso indifendibile ed è quindi questione di sostanza e non di forma smascherare le informazioni false fornite dai comunicati del ministero. E se lo possiamo fare noi, dalla provincia, quasi con divertimento, significa che le mistificazioni sono veramente marchiane. Che c'è malafede e volontà di ingannare.Iniziamo dunque a vedere queste affermazioni incriminate, per poi smentirle alla luce di fatti e ragionamenti: sarà un breve ma stimolante esercizio di applicazione dell'intelligenza alla politica – esercizio che consigliamo alla Ministro e al suo staff. Giusto per evitare altre inesattezze in futuro: sarebbe spiacevole trovarci ancora una volta a dover correggere una così autorevole fonte.La signora Gelmini dice che l'Università italiana produce meno laureati del Cile. Inverosimile, ancora prima che falso: il Cile ha 16 milioni di abitanti, l'Italia quasi 60. Ma comunque vediamo i dati ufficiali disponibili: 301.000 laureati annui in Italia (Miur, 2005) contro gli 87.000 laureati annui del Cile (ministero dell'istruzione cileno, 2006). Come inizio non c'è male.Proseguendo il Ministro sostiene che esistono in Italia troppe sedi universitarie (320 in tutto). A parte che il concetto di “troppo” deve essere correlato a qualcosa per acquistare un senso (troppe rispetto a...), ma una buon inizio per risolvere quello che è un apparente problema di sperero di risorse potrebbe essere ad esempio quello di chiudere alcune sedi, come quelle Cepu, aperte con Decreto Ministeriale nel 2006... da Berlusconi. O come le molte università para-statali che ricevono finanziamenti e che offrono lauree a peso d'oro (a Lucca ne esiste una, informarsi per credere).Il comunicato del ministero della pubblica istruzione sostiene inoltre che ben 37 corsi di laurea hanno un solo studente. Ma nessuna statistica universitaria riporta questo dato: pare impossibile trovare anche solo un esempio di quanto sostenuto dal Ministro. Non solo, ma la Gelmini pare non sapere che un corso di laurea

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(quindi almeno venti professori, più strutture e personale non docente correlato) non può essere tenuto in piedi per un solo studente, semplicemente perché... la legge non lo consente. Forse non è un motivo sufficiente per questo governo, ma tant'è!Ancora, senza alcun freno, il Ministro dice che negli ultimi sette anni (durante i quali sono stati più gli anni di governo Berlusconi che non quelli del governo Prodi, detto per inciso) si sono banditi concorsi per 13.232 posti da professore associato, ma che i promossi (sic!) sono stati ben 26.000. Qui siamo davanti ad un errore (per non chiamarla bugia) veramente clamoroso. Coloro che superano un concorso universitario sono dichiarati idonei (e non promossi, come a scuola elementare) all'insegnamento. Ed è la legge dello Stato che sostiene che per ogni posto di professore associato si hanno due idonei: uno che assume il posto, l'altro si tiene solo l'idoneità, senza percepire un euro dall'università. Gli idonei non assunti sono a disposizione per eventuali subentri o passaggi di carriera dei già assunti. Ma, cosa grottesca e triste al tempo stesso, il dato di fondo citato dal Ministro era errato: non 26.000, né 13.000, bensì solo 930 sono stati gli idonei dichiarati tali negli ultimi sette anni (Miur, 2005). Tra l'altr a fronte di un aumento del numero di studenti di 150.000 (centocinquantamila) unità.Arriva poi, da parte di Mariastella Gelmini, il fendente politico: ci sarebbero cinque università importanti con enormi buchi di bilancio e sono quelle in cui la protesta è maggiore (tra queste, ovviamente, Pisa e Firenze). Sennonché i bilanci delle Università sono pubblici e il dato è facilmente riscontrabile come errato. Né Pisa, né Firenze sono prossime alla bancarotta. Salvo che il Ministro non intendesse dire “con la mia riforma, cinque importanti università saranno portate inesorabilmente alla bancarotta”. Ma questa è un'altra cosa... e comunque, anche usando la sola logica, sorge una spontanea semplice e insinuante: se queste cinque università – che ammettiamo pure dissestate economicamente – sono importanti, perché la riforma intende tagliare i fondi, anziché sostenerle?La Gelmini sostiene poi che sono aumentati i professori e i tecnici amministrativi universitari. Intanto quando? In quale intervallo di tempo? Questo non ce lo dice e la frase risulta così inutile. E poi, ma qui parlo solo del caso pisano, negli ultimi sei anni (2002-2008) a Pisa sono diminuiti di 65 i posti di docenza e di 226 le unità di tecnici amministrativi (dati del Rettorato).Senza tenere conto che l'Università di Pisa, una dei principali atenei italiani, produce ogni anno più ricerca che didattica. Elemento questo che inevitabilmente rende il bilancio dell'Ateneo pisano sostanzialmente differente rispetto a quello, giusto per fare un esempio, dell'Ateneo senese. La Ricerca ha, com'è evidente, un costo di macchinari e personale che incide sensibilmente sulla spesa universitaria, mentre le risorse vengono assegnate solo sulla base del rapporto Corsi attivati/numero di studenti. Sarebbe auspicabile invece inserire in questi parametri anche l'elemento della produzione scientifica e dei costi necessari della Ricerca. Che, a sua volta, è necessaria.Il gran finale. Dopo aver travisato i dati della produzione scientifica (in assoluto quante pubblicazioni vengono fatte) con quelli della produttività (in proporzione e

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a parità di spesa, quante pubblicazioni vengono fatte): il Ministro dice che in Italia i ragazzi (immaginiamo intendesse gli studenti) sono sottoposti ad un numero di ore di lezione triplo rispetto alla media europea. Usare questa come giustificazione ad una riforma che taglia fondi all'università è veramente vergognoso: come a dire, la nostra formazione universitaria, che fornisce competenze e professionalità di primissimo livello tramite percorsi approfonditi e specifici (da cui la famosa “fuga di cervelli” che è un fenomeno dovuto al mancato assorbimento da parte del mondo del lavoro) deve essere resa più mediocre, tagliamo le ore e gli insegnamenti. Una pura follia, in un contesto mondiale in cui – ce lo ripetono da ogni pulpito e lo possiamo riscontrare da soli in ogni momento – la concorrenza spinge ad aumentare qualifiche, creatività, nuovi brevetti, capacità professionali e qualità delle ricerca.In conclusione, se da una piccola stanza di Bientina è stato possibile – anche con l'aiuto di alcuni ricercatori precari che ringraziamo - smascherare alcune delle (tante) menzogne di questa pseudo-riformatrice, questo significa che le inesattezze non erano troppo nascoste, né troppo sottili. Al punto che il dubbio è più che legittimo: perché una persona che chiaramente non conosce ciò di cui parla, è investita della responsabilità di fare il Ministro? Azzardiamo una risposta? Forse perché non è lei che esercita il vero ruolo di ministro; probabilmente perché – come da più parti si sostiene – la riforma scolastica è in realtà serva della manovra finanziaria e dell'impostazione economica di Tremonti/Berlusconi. Ma se pure fosse così, che almeno le scrivessero meglio i discorsi da leggere. Alla Gelmini, naturalmente.

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IL GOVERNO BERLUSCONI STA UCCIDENDO LA SCUOLA

Le imponenti manifestazioni di studenti di ogni ordine e grado, le proteste dei genitori e dei sindacati di categoria, la forte opposizione del Partito democratico hanno costretto il governo ad una retromarcia. E’ stato accantonato il Decreto legge per lasciare il passo al percorso di una legge che consentirà un più serrato confronto con il mondo della scuola ed un dibattito più approfondito in Parlamento.Gli annunci populisti e demagogici che hanno incantato non pochi cittadini sul grembiulino, sul maestro unico (meglio dire maestra unica che rappresenta il 95% del corpo insegnante), sul voto in condotta, non possono essere l’equivalente né di una riforma, né onorare un decreto che compie solo tagli indiscriminati. La scuola ha bisogno di ben altro, di analisi più realistiche, di provvedimenti molto più seri e qualificanti.Il ritorno nostalgico dal sapore Deamicisiano del maestro/a unico comporterebbe 24 ore settimanali con 87 mila insegnanti che andrebbero in pensione nei prossimi 3 anni senza essere rimpiazzati.Se l’orario è 24 ore a settimana, non c’è posto per l’inglese, e molte classi già oggi non ce l’hanno. Anche per gli insegnanti di lingua le assunzioni sono bloccate.Come si fa a garantire il tempo pieno di qualità senza risorse e senza insegnanti? Cosa succederà nel sud d’Italia, dove oggi il 95% delle scuole ha il Modulo? In quel mezzogiorno dove il tempo pieno è attivo nel 5% delle scuole, il tasso di disoccupazione femminile è più alto che altrove e i giovani lasciano la scuola prima di ogni altro coetaneo del resto del Paese.In questi giorni il governo ha presentato una nuova versione dell’articolo 3 del decreto 154 sul dimensionamento degli Istituti Scolastici accogliendo la proposta già avanzata da tempo dai Comuni, Province e Regioni per impedire la chiusura di piccole scuole.

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Tutto ciò, se accadrà, smentisce le bugie del ministro Gelmini e segna un risultato importante al quale si è giunti con soluzioni condivise e concertate.Il 5 in condotta e la bocciatura non fermerà il bullismo ma avrà certamente l’effetto di aumentare l’abbandono scolastico con l’assenza di progetti di recupero.La legge 126 taglia i fondi per l’Università. Nel 2009 i fondi per gli atenei scenderanno gradualmente di 1 miliardo e 400 milioni di Euro fino al 2012. La conferenza dei Rettori ha già detto che così si rischia il collasso definitivo, in più, il taglio del turn-over impedirà l’ingresso dei giovani nelle facoltà.Il ministro Gelmini, nell’annunciare alcune revisioni alla suddetta legge ha altresì dichiarato che il governo stanzierà dal 2009 cinquecento milioni per le università più virtuose, (ma è una promessa o un impegno di legge?) e 3000 nuovi posti di ricercatori – ancora una promessa – senza citare però il drammatico problema dell’esercito dei precari. Comunque sia, quelle dichiarazioni dimostrano la giustezza e il peso della lotta degli studenti universitari.Con l’avvio di una legge in parlamento si deve aprire un ampio confronto. Se ci sono sperperi e baronìe, queste vanno eliminate, ma l’intento del ministro Gelmini e soprattutto di Tremonti non andava e non va in quella direzione. Il loro obbiettivo era e rimane tagliare in un comparto importantissimo della nostra società che ha bisogno invece di un rilancio complessivo che rafforzi l’eccellenza nei vari gradi della scuola per poter essere al passo della modernità e competitivi in un Europa avanzata nella cultura, nella tecnologia e nella scienza.Il Partito Democratico sostiene le giuste rivendicazioni e le proteste che hanno riempito le piazze di tutta l’Italia. Berlusconi ha interpretato bene il sentimento dei suoi leghisti, dei suoi post-fascisti, dei nuovi praticanti della “Cultura del fare” quando ha proclamato che gli studenti in strada sono come la spazzatura di Napoli, e la soluzione è la stessa: militarizzare il territorio (possibilmente con infiltrazioni provocatorie come consigliato da Cossiga), e poi, l’altra novità aberrante proposta dalla Lega riguardo alla costituzione di classi differenziate per bambini che non appartengono “alla razza italiana”.Il Partito Democratico intende far valere le sue proposte sull’Università ed ha presentato 10 punti nodali che interpretano una riforma seria, radicale, che guarda ad un assetto democraticamente avanzato che concepisce il sapere e la ricerca come elementi determinanti per la crescita culturale e civile di un Paese importante come l’Italia:

1 – Concorsi più rapidi, più meritocratici, più internazionali.2 – Valutare le Università per rimanere a pieno titolo in Europa.3 – Finanziare le Università in base al merito.4 – Finanziare la ricerca con procedure trasparenti ed internazionali.5 – Governance universitaria più responsabile, efficace ed efficiente.6 – Valutare periodicamente i risultati del lavoro e incentivare i migliori.7 – Più giovani professori e meno lunghi precariati.8 – Innalzare la qualità dei dottorati di ricerca per innalzare la qualità delle

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Università.9 – Studenti protagonisti, diritto allo studio e mobilità in Italia e Europa.10 – Più finanziamenti pubblici al sistema universitario e par-condicio tra le Università.

L’Italia ha bisogno di più sapere, più autonomia responsabile, più riconoscimento del merito, più equità sociale.

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LA SCOMPARSA DEL MINISTERO DELLA SANITA'

In seguito alle elezioni politiche del 2007 ed alla vittoria del CENTRO DESTRA e conseguente nascita del IV Governo Berlusconi, il Ministero direttamente dedicato alla sanita' e nato nel 1958, e' scomparso accorpandosi al Ministero del Welfare comprendenti: le politiche sociali, le politiche del lavoro e la sanita'.In seguito a cio', il Senatore Ignazio Marino del P.D., ha affermato che, non essendo stato istituito il Ministero della Salute, si e' determinato un vuoto ai vertici della Sanita' Nazionale;servirebbe invece un coordinamento centrale forte, un punto di riferimento che si occupasse appieno di guidare la Sanita', di monitorare i servizi, di valutare le carenze e mancanze dove esistono e non, semplicemente di assistere alle scelte fatte a livello Regionale.Vengo inoltre a precisare che mentre il Ministero della Salute partecipa al consiglio dei ministri ovvero, alla riunione dell'esecutivo dove vengono prese tutte le decisioni importanti;ad oggi invece si occupano della sanita' un vice ministro o un sottosegretario dove: il primo puo' essere invitato a partecipare al Consiglio dei Ministri ma senza diritto di voto, il secondo invece non puo' neppure entrare nella stanza dei bottoni.Cio' significa che quando si discutera' ad es. dei finanziamenti da destinare alla Sanita', non ci sarà nessuno a difendere in prima persona gli interessi di questo settore.Ci si dovrà accontentare della mediazione del Ministero del Welfare che pero' allo stesso tempo e allo stesso tavolo dovra' anche preoccuparsi di finanziare le politiche per il lavoro e le politiche sociali; inoltre verra' meno una funzione di regia autorevole riconosciuta a livello internazionale nel compito della prevenzione delle malattie che riguardano problemi planetari come ad es. la SARS ed il bioterrorismo.Tutto cio' vorra' dire che: alcuni cittadini potranno continuare a contare su tecnologie avanzate e ospedali al passo coi tempi, mentre altri dovranno pregare di non ammalarsi mai ricordando inoltre che la nostra Costituzione "art 32" afferma che la nostra Repubblica tutela la salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettivita', garantendo cure gratuite agli indigenti. Senza questo ruolo importante di guida, il S.S.N. sara' indebolito a favore di sistemi diversi e, dopo aver fatto scomparire il Ministero della Salute,il Governo ha deciso di tagliare dai LEA "livelli essenziali di assistenza", decine di prestazioni sanitarie tra cui l'epidurale per il parto indolore e la vaccinazione contro il papilloma virus per le adolescenti per cui, queste prestazioni non saranno più gratuite.I Lea, sono tutte quelle attivita' di cui le Regioni sono obbligate ad erogare ai cittadini senza farle pagare ma, mancando i soldi al governo per poterle rimborsare, le amministrazioni locali possono garantirle ma a proprie spese per cui saranno pochi i comuni che potranno eseguirle.Riguardo a cio' il Governo attuale dovra' dire cosa vuol fare (afferma Vasco Errani, presidente della conferenza delle Regioni) rispetto ad alcune scelte attese e

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innovative contenute nel provvedimento revocato come:le cure odontoiatriche agli indigenti, il riconoscimento di oltre 109 malattie rare, il rafforzamento dell'assistenza domiciliare.La recente scelta dell'attuale governo di revocare il decreto precedente che ampliava i Lea e la contemporanea proposta drastica di riduzione del fondo sanitario a partire dal 2010, rende la situazione molto preoccupante.

L'ITER DEL S.S.N. ITALIANO

La storia della sanita' pubblica italiana, si intreccia con le fondamenta costituzionali del nostro paese e puo' essere scandita in 4 tappe fondamentali:-legge 833/78 in cui 30 anni fa, nasceva in Italia il S.S.N. pubblico.-la costituzione con il D.L. 502/93 delle aziende sanitarie per favorire l'efficienza e la managerialita' delle gestione.-la nascita dei Lea con il D.L. 229/99 per garantire uniformita' delle prestazioni su tutto il territorio nazionale- qualita' e sicurezza delle cure, cio' significa qualita' nelle prestazioni e nell'assistenza in tutte le fasi della vita e della malattia, qualita' nell'arruolamento della dirigenza dove deve contare solo il merito.

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IL S.S.N. ITALIANO E IL CONFRONTO CON GLI ALTRI PAESI EUROPEI

In Francia, pazienti e cittadini, confermano il buon livello della sanita' accessibile a tutti, permette di scegliere fra strutture private e pubbliche. la maggioranza dei francesi pero' ha una copertura assicurativa privata, il sistema di assicurazione obbligatoria sui salari copre circa il 70% della spesa sanitaria il restante 30% e' a carico dei singoli ed e' coperto dalle assicurazioni complementari facoltative che i cittadini sottoscrivono.Anche la spesa per l'acquisto dei farmaci e' rimborsata solo in parte.Le ultime leggi in materia sanitaria in Francia, pongono dei limiti all'assistenza medica stabilendo il trattamento gratuito solo alle persone che guadagnano meno di 500 euro al mese ed escludendo dall'assistenza medica gli immigrati senza permesso di soggiorno.Neppure la Germania con la sua reputazione di locomotiva dell'Europa e di patria dell'efficienza, sfugge alle difficoltà nel finanziamento dell'assistenza sanitaria.La riforma sanitaria e' improntata nel far pagare il tiket maggiorato, se in precedenza l'utente ammalatosi di tumore non si era presentato agli screening consigliati dallo stato.Per quanto riguarda invece il S.S.N. Spagnolo, le 3 caratteristiche principali sono:

-il libero accesso per tutti-il finanziamento tramite il gettito fiscale-il ruolo predominante de servizio pubblico.

Se gli individui non sono coperti dal sistema pubblico nazionale, si ripiega con la sottoscrizione ad un programma assicurativo alternativo legato lla professione.Circa il 5% della popolazione rappresentato dai dipendenti statali e dalle loro famiglie, ha la facolta' di scegliere tra la copertura pubblica o un servizio privato.Oggi il finanziamento de S.S.N. avviene principalmente tramite il gettito fiscale con l'eccezione dei contributi aggiuntivi chiiesti per medicinali non assunti nelle strutture ospedaliere.I ticket sanitari vengono applicati esclusivamente ai medicinali e ad alcuni presidi ortopedici e protesici.Oggi la gestione del sistema sanitario e' affidato quasi totalmente alle Regioni.

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L’URGENZA DI UNA NUOVA STAGIONE CULTURALE

L’epoca di cambiamenti che attraversa il mondo globale, la crisi della politica e delle ideologie, il progressivo logoramento dei valori e delle culture del novecento, le contraddizioni e l’ingiustizia crescente, la violenza diffusa, il moltiplicarsi di guerre locali e l’irrompere sempre più crescente delle disuguaglianze e povertà nella nostra vita quotidiana, impongono con urgenza una riflessione sulla prassi politica e sulla necessità di un risveglio culturale ed etico.Di fronte alla concezione verticistica della politica spesso separata dai bisogni dei cittadini c’è bisogno di contrapporre la cultura del diritto-dovere di partecipazione di tutti alla cosa pubblica, l’esercizio attivo e diffuso della cittadinanza, che comporta che ognuno dedichi una parte del proprio tempo, sottraendolo al proprio lavoro e alla propria famiglia, alla soluzione dei problemi della comunità, attraverso forme di partecipazione attiva, di rotazione delle responsabilità, di controlli e di revoche. Il dizionario enciclopedico Treccani definisce la cultura come “l’insieme delle cognizioni intellettuali di cui è dotata una persona”, distinguendola come soggetto dotato di conoscenze acquisite che si traducono nella formazione della personalità morale.Una delle tante definizioni di cultura va riferita all’insieme delle tradizioni. Dei costumi, dei saperi, delle conoscenze, delle invenzioni, dei beni materiali e immateriali costruiti dall’uomo nel corso della sua storia. Ed è a partire dalla cultura di base, che ciascuno approfondisce e sintetizza la propria personale visione della vita, le proprie concezioni del mondo e i propri stili di comportamento.

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La cultura di ogni singola persona si può dire veramente tale se diventa modo di vivere e di pensare, che fa tutt’uno col proprio organismo, diventa coscienza con la quale riesce a comprendere i valori, la funzione della vita, i propri diritti e doveri. Ed è per questo che oggi, in questa società convulsa occorre far sviluppare nelle nuove generazioni una cultura critica, che sia anche critica dell’ideologia.Alla base di una cultura, in sostanza, c’è sempre una società e la società trova la sua essenza nella cultura che si è data. E la politica si nutre, infatti, sempre di tradizioni, di storia, di memorie, di elaborazione filosofica. Anche la letteratura e l’arte riflettono e s’intrecciano con la storia del tempo che altro non è che la politica del passato.Gramsci sosteneva che cultura e politica sono fuse insieme e le persone devono sapere per cosa lottano se vogliono dare un senso alla risposta globale dei problemi dell’uomo e della società.In questo momento complicato in cui emergono le più sconvolgenti contraddizioni politiche, economiche e sociali, spetta un compito importante alla cultura che punti il suo obbiettivo verso la riorganizzazione della nostra esistenza e di tutta una serie di momenti culturali, la necessità di sradicare vecchie abitudini ed introdurne di nuove. Occorre cioè riprendere con forza quel tipo di cultura fondato sui valori della solidarietà, di uguaglianza e di giustizia, nuove modalità di stare insieme con gli altri, un nuovo rapporto tra individuo e società.I più autorevoli esponenti della destra e del governo esibiscono la loro demagogia con il solito ritornello di una cultura dominata dalla sinistra a fronte di una situazione che presenta purtroppo una diversa realtà nella quale c’è l’evidente e continuo tentativo di far passare nell’opinione pubblica, come fatto normale, una informazione assoggettata prevalentemente al potere politico della destra che intende la gestione democratica di uno Stato equivalente alla conduzione

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padronale di una azienda; una giustizia non indipendente che non sia più garante della “legge uguale per tutti”; un piano strategico per rompere il fronte delle rivendicazioni operaie, puntando alla divisione dei maggiori sindacati unitari; intensificare l’indice della perdita della memoria con un revisionismo straccione che mette sullo stesso piano la resistenza al nazi-fascismo che ha ispirato i valori della Costituzione Repubblicana, con le camice nere repubblichine e indicando come unico orrore del ventennio le leggi raziali, rivalutando nel contempo l’opera di Mussolini e dei suoi accoliti come persone che hanno fatto tanto bene all’Italia. Infine, Stanno cloroformizzando l’informazione TV che parla d’altro, che confonde le chiacchere da bar con i problemi gravi che vivono giorno dopo giorno milioni di persone alle prese con salari troppo bassi e pensioni minime o, contando le macchioline di sangue nelle pantofole della Franzoni (caso Cogne) durante gli innumerevoli servizi di Vespa nel Porta a Porta, dimenticandosi dei servizi e approfondimenti sul G8 di Genova o sui processi e le inchieste su mafia e camorra, elemento inquietante di potere criminale che non può essere sconfitto finchè diversi esponenti della destra qualificano Mangano, stalliere di Berlusconi, inviato dall’amico Dell’Utri, come persona perbene e coraggiosa.

La scuola, che è cultura, può e deve assolvere un ruolo centrale come fattore di promozione culturale e sociale, non basato sull’informazione TV come vorrebbe il ministro Gelmini con tanto piacere e profitti per Berlusconi, ma come luogo dove si forma il senso critico della nuove generazioni, dove si ampliano le capacità di scegliere consapevolmente, dove s’impara il rispetto e l’ ascolto degli altri, dove si può acquisire il senso della comunità e del bene comune, dove si pongono le premesse per diventare buoni cittadini e buoni dirigenti, in modo da realizzare una vera democrazia politica che superi il distacco tra governati e governanti.

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UNIONE DEI COMUNI DELLA VALDERA: UNA SFIDA CHE CI VEDE PROTAGONISTI

Quindici Comuni, 117.000 abitanti (più del Comune di Pisa), 648 Kmq. Questi alcuni dei numeri della nascitura Unione dei Comuni della Valdera, la seconda in Italia per dimensioni; la prima in Toscana. Dopo anni di discussioni e progressivo, dialettico avvicinamento ad essa, dopo che partiti, amministrazioni e società civile hanno lavorato per la sua realizzazione, ecco che ci troviamo adesso, nel 2008, alle fase finali di questo percorso. L'Unione dei Comuni rappresenta infatti il punto di arrivo di un processo decisionale lungo e a tratti difficile. Un punto di arrivo che, in realtà, altro non è se non un punto di partenza verso un nuovo assetto territoriale, verso nuove sinergie – già presenti nei progetti di chi amministra i singoli Comuni, ma finalmente rese sistematiche.L'Unione dei Comuni raccoglie la spinta propulsiva proveniente da molteplici forme associative realizzate dai comuni della nostra zona, la più significativa de duratura delle quali è stato il Consorzio dell'Alta Valdera.Oggi questo nuovo ente si afferma come uno strumento di governo moderno e funzionale, soprattutto per quei servizi e quelle attività che possono essere organizzate in forme ancora più efficienti. Integrando le risorse disseminate sui vari territori – competenze presenti in alcuni uffici comunali, non in altri, esperienze maturate in certi ambiti, non in altri e via così – si ottiene una rete di professionalità altamente qualificata, impensabile per Comuni che, presi singolarmente, sono di dimensioni ridotte. Basti pensare agli uffici che progettano e gestiscono l'urbanistica, a quelli che gestiscono il catasto e così via.L'Unione della Valdera vuole porsi come guida e promotrice di un nuove senso cooperativo tra gli agenti del nostro territorio.Il percorso che ha condotto gli enti locali ad associarsi si svolge anche in altri ambiti del tessuto locale, che vede sorgere gruppi di acquisto solidale tra consumatori, reti di scuole, associazioni di agricoltori biologici e sociali, partenership permanenti nel terzo settore, progetti unitari in ambito formativo e sociale e molto altro.

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Si sta delineando, in definitiva, un vero sistema territoriale in grado di fronteggiare con maggiori possibilità di successo le difficili sfide che attendono la nostra società.Il punto di arrivo progettuale diviene adesso, come si diceva inizialmente, punto di partenza operativo. Il successo della realizzazione dipenderà, come quasi sempre avviene, dalla convinzione e dedizione con cui tutti i giocatori in campo affronteremo la partita. Il decollo dell'Unione rappresenta allora solo il calcio di inizio.

I comuni che aderiscono all'Unione dei Comuni della Valdera sono:Bientina, Buti, Calcinaia, Capannoli,Casciana Terme, Chianni, Crespina, Lajatico, Lari, Palaia, Peccioli, Ponsacco, Pontedera, Santa Maria a Monte, Terricciola.

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FARE COMUNITA’ PER ESSERE COMUNITA’RESPONSABILE E SOLIDALE

“Le scelte fondamentali per la vita della nostra comunità dovranno essere condivise con più cittadini possibili dove tutti potranno esprimere il proprio parere. Solo così può crescere l’interesse alla politica, può crescere il senso di comunità”.

Questo è un passaggio importante del programma di legislatura 2007-2011 che coerente mente l’Amministrazione Comunale sta perseguendo. Questa finalità l’abbiamo registrata in occasione delle varie assemblee pubbliche dove è stato ampiamente illustrato e discusso il Regolamento Urbanistico all’interno del quale viene tracciato il futuro sviluppo del nostro territorio e che ha visto la partecipazione di 385 cittadini con 88 interventi che, al di là di alcune posizioni corporative, ha assegnato al dibattito complessivo sviluppatosi in 7 assemblee, un significativo messaggio che guarda essenzialmente e con fiducia ad uno sviluppo articolato e sostenibile che include aspetti importanti come: l’individuazione del limite urbano, gli spazi pubblici, il verde attrezzato e sportivo, le aree di degrado da sottoporre a ristrutturazione, la conservazione del patrimonio paesaggistico-storico, la individuazione di aree per attività commerciali e produttive, turistiche e ricreative.Questo dibattito fortemente partecipato spinge l’Amministrazione Comunale a svolgere con più serenità un ruolo che nel prossimo futuro vedrà Bientina come un luogo più vivibile e con un elevato indice di qualità della vita visto come bene collettivo.In questo ambito, l’azione della politica, quella con la P maiuscola, è di incoraggiare ed intensificare questo processo in una realtà locale che in questi ultimi 10 anni ha visto nascere e crescere il mondo dell’associazionismo (contrade, associazione commercianti, consulta dei giovani, consulta delle associazioni ecc.), dove si sono create le condizioni per collaborazioni varie, interessanti sviluppi di integrazione e aggregazione sociale; elementi essenziali che contribuiscono ad elevare il tono della convivenza civile, a fare della municipalità una concreta comunità attiva dove tutti i suoi soggetti, ciascuno con la propria peculiarità ed autonomia, possono contribuire alla crescita del bene comune.La libertà è partecipazione, cantava Giorgio Gaber. E la Toscana è la prima regione italiana ad avere approvato una legge che riconosce e garantisce a tutti il diritto alla partecipazione. Grazie a questa legge, cittadini, associazioni ed istituzioni devono essere pienamente coinvolti.Questa legge va interpretata come un antidoto all’antipolitica, un punto d’incontro tra democrazia partecipativa e democrazia rappresentativa per agire in tempi più rapidi, per lavorare e contribuire per il bene della comunità.Uno degli ostacoli principali alla pratica effettiva del governo locale come istituzione aperta alle istanze che vengono dalla società civile, viene da una ridotta autonomia finanziaria anche per ciò che riguarda l’utilizzo delle proprie risorse vincolato da provvedimenti governativi che contrastano tra l’altro con il federalismo fiscale in fase

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di progettualità ma alquanto penalizzante nei punti cardine che fanno riferimento all’atonomia e al solidarismo diffuso ed omogeneo.Il bisogno quindi di un nuovo protagonismo sociale e la possibilità di incidere realmente sulle scelte del governo locale, riferiti ai diversi beni comuni (territorio, servizi, ambiente, economia ecc.), diventa oggi un urgente terreno di lavoro politico che il Partito Democratico non deve trascurare.Alle spinte centralistiche di una destra locale arroccata sugli interessi privati dobbiamo rispondere rilanciando con forza la visione di una municipalità come istituzione attenta agli interessi generali e allargare in forma sempre più ampia la partecipazione dei cittadini, che attraverso il dialogo, le proposte e le posizioni critiche contribuiscono alla soluzione delle scelte e dei progetti.

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ROMA – 25 OTTOBRE 2008.Cronaca di una imponente manifestazione di popolo sotto le bandiere del Partito Democratico.

Il viaggio in pulman con il Circolo di Buti ha visto la partecipazione di 34 persone di cui circa la metà composto da donne. C’è da rammaricarsi per la nostra scarsa presenza poiché eravamo soltanto in cinque.

Al di là di ragionevoli impegni familiari o di alcuni inconvenienti registratisi alla vigilia credo ci sia bisogno di far crescere la consapevolezza che nell’ambito del nostro Circolo, ben strutturato, dobbiamo andare oltre le analisi e le discussioni; in parole semplici dobbiamo sentire molto di più la necessità di “lottare” inteso come “mobilitarci” per “mobilitare” – “partecipare” per fare “partecipare”.

Siamo partiti da Comune alle ore 7,30 e dopo due ore abbiamo fatto sosta all’Autogrill di Montepulciano. Quel tratto di autostrada si è fortemente caratterizzato da una fila interminabile di pulmans contrassegnati da numeri e relative indicazioni di provenienza.Da quell’incontri sfreccianti si capiva quanto potesse essere imponente la manifestazione che si annunciava con sorrisi, saluti, e tanta voglia di far sentire la presenza pacifica di un popolo militante con dentro di sé molteplici esperienze politiche ed umane che successivamente si sono mescolate nello sterminato parcheggio del periferico quartiere romano di Anagnina, a circa 1 Chilometro da Cinecittà, dove, con la Metropolitana siamo giunti a destinazione dopo 14 fermate.

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Piazza Esedra, poco distante da Stazione Termini. E’ stato lì, nelle vie parallele e nelle traverse di via Cavour che pulsava il cuore di una folla sterminata che vuole un’altra Italia, un Paese migliore e più giusto.

Ho visto facce normali, facce giovani, facce anziane con la storia raccontata negli occhi. La voglia di esserci dentro la marea del rosso e del verde che si moltiplicava nel caleidoscopio del bianco.

Non serviva tanto gridare slogan, bastava la presenza, battere i tamburi del richiamo, le note di Bella Ciao e l’inno di Mameli eseguite da complessini e bande al completo.Dovevamo esserci per unirci a tanti. Padri e madri con la fatica ma qualche certezza in più insieme a giovani dal futuro precario, nonne ardite e nipoti curiosi, donne con bandiere parèo, ragazzi in bicicletta che gridavano: “un’altra Italia è possibile” e poi tante copie de l’Unità infilate in tasca o ridotte a cappellino per proteggersi dal sole quasi estivo, o nella cintola come segno di riconoscimento.

Migliaia e migliaia di persone che hanno viaggiato per ore ed ore, che si sono pitturati i loro cartelli: “Gelmini mani di forbice” – “Un decretino al giorno leva la democrazia di torno”.

D’Alema e Franceschini salutavano e firmavano autografi, la Finocchiaro e la Bindi aprivano uno dei cortei sorreggendo lo striscione “Salviamo L’Italia”. Tanti studenti sparsi quà e là in piccoli gruppi e uno di loro, Leonardo Esposito,

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parlando dal palco della manifestazione ha ricevuto tanti applausi e un forte incoraggiamento: “Coraggio che la strada è davanti e ce la potete fare”.

Dopo una marcia lenta e faticosa siamo giunti nell’ellisse del Circo Massimo ed è stato entusiasmante ritrovarsi in tanti, con dietro di noi migliaia di sfortunati che non potevano più entrare, ma tutti svegliati da un torpore mediatico contraccambiato dai cartelli “la libertà è poter scegliere del nostro futuro” – “Senza Differenze” perché “I bambini sono tutti uguali” ma qualcuno non vorrebbe, perché “La povertà si sta espandendo” ma il governo Berlusconi non se ne preoccupa.

Centinaia di migliaia di persone sono andate al Massimo e Berlusconi, come si leggeva, “è solo al circo” mentre Veltroni iniziava il discorso dicendo: “Questa è un opposizione di popolo”.

Siamo giunti a Bientina che erano circa le 2 del mattino con la stanchezza fisica dissipata da un animo di piena contentezza, con una constatazione unanime: E’ stata la più imponente manifestazione di partito degli ultimi 60 anni di storia d’Italia. Ma non dobbiamo fermarci, né addormentarci, molta strada c’è da compiere ancora.

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GOVERNO BERLUSCONI :

100 GIORNI VISSUTI PERICOLOSAMENTE (e non finisce qui)

13 maggio – Il decreto anti immigrati del ministro leghista Maroni è ormai pronto. In un vertice ministeriale, all’ordine del giorno c’è il reato di immigrazione clandestina e la conversione dei CPT in centri di detenzione. Il ministro dichiara di espellere 650 mila extracomunitari senza permesso di soggiorno. Il piano anti sbarchi messo subito in atto è soltanto uno scoop pubblicitario che si dimostra un completo fallimento. Mentre per i CPT il ministro Maroni annuncia che ne servirebbero uno almeno per ogni regione. Annuncia la sospensione del trattato di Shengen e la detenzione per 18 mesi negli stessi CPT. Intanto la Romania avverte il governo italiano: No a misure xenofobe, non permetteremo che i diritti dei romeni onesti vengano lesi. Il Cardinal Martino, dal Vaticano annuncia: No al reato di clandestinità

16 maggio – La Commissione dell’UE si pronuncia sui Rom: Niente processi di criminalizzazione generalizzata. E la Conferenza Episcopale Italiana: I Rom non diventino capro espiatorio di insicurezza e paure. Intanto nuovi episodi di violenza e intolleranza, a Milano, molotov contro un negozio romeno, e vicino a Lecco arresti per l’assalto ad un campo rom. Il ministro Bossi dichiara: Il governo si deve muovere subito oppure la gente fa da sola.23 maggio – Nel giro di 5 anni l’Italia tornerà al nucleare. E’ stato Claudio Scaiola ad annunciarlo davanti l’assemblea annuale della Confindustria. Entro questa legislatura – ha detto il ministro per le attività produttive - porremo la prima pietra per la

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costruzione nel nostro Paese di un gruppo di centrali nucleari di nuova generazione. Realacci , del PD, ha dichiarato: E’ una scelta ideologica, antieconomica, assolutamente controproducente per gli interessi del Paese.

28 maggio – Dramma Alitalia: 2 milioni di Euro persi ogni mese. Berlusconi, dopo tante promesse annunciate in campagna elettorale, ora non sa cosa fare, la cordata tricolore non si vede, la crisi precipita.

Dopo il taglio ICI, la Calabria e la Sicilia sono in rivolta e fanno sapere a Tremonti: Giù le mani dai nostri fondi. Le risorse indirizzate dal governo Prodi alle infrastrutture delle due regioni, il governo Berlusconi intende utilizzarle per ricompensare i Comuni dall’azzeramento dell’imposta ICI.

Governo battuto alla Camera sul “Salva Rete 4”. Questo passo falso non è stato un segnale incoraggiante per gli interessi privati del Premier Berlusconi. Quasi 100 deputati del PDL non erano in aula al momento del voto. Niccolò Ghedini, l’avvocato deputato di Berlusconi, era intento a mettere a punto il decreto legge sulla giustizia (il salvaprocessi).

4 giugno – Blitz di 50 persone presso Mestre con fazzoletti verdi e bandiere forziste. C’era anche l’onorevole leghista Callegari che gridava: “resistiamo ad oltranza” – “diamo le case agli italiani” – Il Sindaco di Venezia Cacciari ha dichiarato: E’ una volgare manovra politica. I lavori del campo Sinti per 40 famiglie vanno avanti perché i Sinti sono cittadini italiani a tutti gli effetti di seconda e terza generazione, degli appelli dell’UE e dell’ONU non se ne fottono niente. Il premier Berlusconi dopo le critiche del Vaticano dichiara: L’immigrazione clandestina non è un reato ma un aggravante.

9 giugno – Alla Camera, Valentina Aprea, responsabile scuola di Forza Italia, prima firmataria del gruppo PDL, presenta una proposta di legge che creerebbe un pericoloso accostamento tra scuola e azienda in cui il principio della partecipazione si sostituisce al soddisfacimento di esigenze e bisogni individuali, si sostituirebbe alle logiche dell’art. 33 e 34 della Costituzione in cui si sottolinea l’importanza delle risorse finanziarie da destinare all’istruzione partendo dalla libertà di scelta delle famiglie. La proposta di legge prevede inoltre la creazione di fondazioni per gli istituti, gli albi per i docenti regionali e la sparizione delle rappresentanze sindacali; l’abolizione dei concorsi pubblici e nuovi criteri per l’assunzione del personale violerebbero i principi di eguaglianza e di pari opportunità

17 giugno – Tremonti, Brunetta e Sacconi fanno intendere che con la prossima manovra economica ci sarà un rallentamento nella lotta all’evasione fiscale, sarà cancellata la tracciabilità degli assegni in chiave antiriciclaggio, verrà eliminato l’obbligo di tenere i registri dei clienti –fornitori.

19 giugno – Il Consiglio dei Ministri, in soli 40 minuti ha varato la manovra triennale

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e PDF. Tagli infiniti, che a detta del ministro Tremonti tolgono vincoli e producono più libertà. Certo, uno Stato che costa meno, che produce meno, meno sensibile verso i servizi per i cittadini. Torna il Ticket sulla sanità e tagli a Comuni e regioni, sarà più facile evadere con lo stop alla tracciabilità degli assegni, si torna alle concessioni edilizie senza gare di appalto per le grandi opere e, l’introduzione dell’azione collettiva di risarcimento – stabilita con il governo Prodi – viene rinviata di 6 mesi.

20 giugno – Come nell’ultimo suo mandato – Berlusconi ricomincia ad affrontare i suoi nodi con la giustizia, attaccando la magistratura da lui definita come un cancro in metastasi e rilancia una legge su misura per proteggersi da processi che stanno bussando alla sua porta. Il tentativo, ancora una volta, è imbavagliare la magistratura e la carta stampata.

28 giugno – Nessuno lo può giudicare. Il suo fido Alfano, ministro della Giustizia, annuncia la presentazione di un decreto (lodo Alfano) che prevede la sospensione dei processi per reati antecedenti l’assunzione della carica o funzioni in netto contrasto con la costituzione. Intanto i problemi veri del Paese possono aspettare.

29 giugno – Sono bastati 2 mesi per comprendere l’atteggiamento del governo verso la Toscana. Lo disse Berlusconi stesso: ”Detoscanizziamo l’Italia”. In attesa di farlo, per ora si limita a sottrarre alla nostra regione importanti stanziamenti programmati per servizi, infatti: 6 milioni in meno per il maggio musicale fiorentino; bocciato il progetto della linea 2 della tramvia di Firenze; 65 milioni di tagli alla sanità con gravi ripercussioni su anziani e fasce più deboli; 30 milioni in meno per università e sociale.

6 luglio – Il governo tira dritto. Il pugno di ferro arriva sulle politiche energetiche. Anche con una forte compressione di diritti dei cittadini costituzionalmente garantiti. Con una norma di 14 righe, il governo attribuisce in modo esclusivo al Tar del Lazio la giurisdizione su tutte le “controversie”, anche in relazione alla fase cautelare e alle eventuali questioni risarcitorie concernenti il settore dell’energia.

Effetto Tremonti sui Comuni – Vendesi tutto – I Comuni dovranno operare forzosamente la privatizzazione del loro patrimonio edilizio formando piani delle Alienazioni immobiliari in cui iscrivere: “I singoli beni immobiliari ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all’esercizio della proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione, ovvero di dismissione”. Insomma, questa è la filosofia del ministro Tremonti; non vendete il palazzo civico e gli uffici, però tutto il resto mettetelo sul mercato. Obbiezione: Ci sono i piani urbanistici vigenti a fissare le destinazioni d’uso dei vari immobili. Risposta: Roba vecchia, il piano delle alienazioni votato dal consiglio Comunale costituisce variante allo strumento urbanistico generale. Non conta nulla che questo sia stato elaborato con procedure democratiche, osservazioni, ricorsi, controricorsi. Tutto cancellato: Il piano delle alienazioni, in una botta sola spazza via quell’intero ciarpame democraticistico: parola di Tremonti. - La cosa più grave è che questo provvedimento è in atto ma il governo

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non lo ha ancora reso pubblico.

11 luglio – Impronte ai bambini Rom – Il parlamento europeo mette sotto accusa il governo italiano: questo è razzismo, è una discriminazione etnica. Maroni e Frattini: noi andiamo avanti.

12 luglio – Economia a rotoli, Tremonti fa solo tagli: – Inflazione al 3,8% - Debito pubblico salito a 1661,4 milioni – La produzione industriale è scesa del 6,6% - Si colpiscono investimenti e salari – Il governo ignora l’emergenza sociale. Veltroni lancia la campagna di petizione con 5 milioni di firme Salviamo l’Italia.

23 luglio – Il Senato dà il via libera definitivo al “Lodo Alfano”. Ora Berlusconi è intoccabile come un sovrano. Finocchiaro nella dichiarazione di voto: Con questa legge a Berlusconi non si mette limite per nessun reato, neanche il più infamante. Voi introducete la rottura del limite in favore del Presidente del Consiglio in un sistema presidenziale di fatto che sancisce la dittatura della maggioranza, che cancella l’orgogliosa autonomia del parlamento.

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LA SCONFITTA ELETTORALE

I PRIMI 100 GIORNI DI OPPOSIZIONE CON IDEE E STRATEGIE A CONFRONTO (Giungeremo ad una strategia unica?)

7 maggio – Goffredo Bettini: PERCHE’ ABBIAMO PERSO A ROMA – Non possiamo nasconderci che la generosissima ed autorevole candidatura di Rutelli non è riuscita a far emergere a sufficienza il suo profilo civico, di un grande Sindaco riformatore come egli è stato, pagando un tributo, invece, al suo carattere nazionale, di leader politico appassionato e segnato tuttavia, da tante battaglie, ferite ed inimicizie. La magnifica stagione delle riforme romane si è trovata di fronte ad un nuovo stato d’animo dei cittadini, ad un “umor nero” che sta invadendo la società. Dobbiamo preparare un nuovo ciclo che a Roma deve essere guidato da una nuova generazione di dirigenti. Una riflessione che richiede tempi, verifiche, spessore morale.

8 maggio – Veltroni avverte PDL e Lega: Non mi piacciono le ronde, e ricordatevi che al Quirinale si giura su un’Italia indivisibile. La nostra sarà un opposizione vigile, da salari a sicurezza.Intanto con D’Alema si apre una polemica sulle correnti che risponde: Le correnti non le ho inventate io, ci sono già.Andrea Orlando: No a vecchie correnti, così non si allarga il consenso verso il PD. Dobbiamo rompere con la logica della vecchia politica.Michele Ventura: Lealtà non è assenza di critiche, altrimenti saremo circondati da Yesmen.

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9 maggio – Massimo D’Alema: L’analisi sul risultato del voto deve essere meno difensiva, bisogna saper vedere anche i limiti e le insufficienze del nostro progetto. La fondazione che sto per costituire non è un organo di partito ma uno strumento di dialogo con la società e di formazione della classe dirigente.

15 maggio – Veltroni in Parlamento: Dialogo ma senza sconti, ben venga un clima più civile, purchè si ricordi che il merito è del PD non di Berlusconi. La verifica avverrà quando entreremo nel vivo dei problemi che riguardano i salari, le pensioni, la Rai. La lotta all’evasione, le riforme del sistema politico ed istituzionale. Avete vinto ma non avete il Paese in mano: per voi hanno votato 17 milioni di italiani, 19 milioni e mezzo hanno scelto altro.

18 maggio – dall’intervista a l’Unità di Piero Fassino: … Il PD deve dotarsi di una cultura politica e di un programma autenticamente riformista che lo mettano in sintonia con il Paese e le sue tante inquietitudini. Dandosi radici profonde e diffuse nella società, con una organizzazione capace di rappresentare i tanti territori e tanti interessi che caratterizzano la società. Consolidando la semplificazione del sistema politico bipolare con alleanze che rendano il sistema politico italiano analogo a quello degli altri Paesi europei, dove centro-sinistra e centro-destra sono guidati da due principali forze politiche, a vocazione maggioritaria che si candidano a governare avendo anche forze minori come alleate.

25 maggio – Veltroni alla Assemblea dei Circoli della Lombardia: Alleanze si ma sui programmi. L’esperienza de L’Unione non si potrà ripetere, non si potrà ripetere l’esperienza di chi si è unito solo per sventolare la bandiera dell’opposizione mentre governava o doveva governare. Le alleanze si stringono per sostenere idee e programmi condivisi, per resistere anche dopo il voto. Si stringono anche con la sinistra radicale che abbia voglia di affrontare l’impegnativa sfida del governo. Noi pensiamo solo ad una alleanza dove al centro ci sia il programma.

27 maggio – Laura Pennacchi: Dobbiamo ripartire con uno sforzo culturale. Oggi in Italia, il decisionismo e il protezionismo di cui Tremonti si proclama alfiere non possono essere affatto scambiati con una posizione di favore di un nuovo intervento pubblico mirante ad esercitare “responsabilità collettiva”. Nella sua continuazione neocolbertiana c’è molto interventismo ma poco intervento pubblico finalizzato al “bene comune”. I compiti culturali che gravano su di noi – a partire dall’interrogarsi su “quale globalizzazione”, un nuovo ordine economico mondiale, europeizzare l’Italia, lanciare una stagione di un nuovo umanesimo – sono così ardui e al tempo stesso così ineludibili.28 maggio – Alfredo Reichlin: Il mondo non aspetta. Il mondo ha un disperato bisogno di vere alternative: basta vedere l’assedio all’Europa dei popoli poveri, gli sviluppi della crisi sociale, la rapidità in cui clima e ambiente stanno cambiando. Il PD rappresenta una rottura di continuità e quindi una rifondazione piuttosto che una reincarnazione, ma è anche vero che questo partito non può pensare di essere

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una pagina bianca su cui i suoi capi scrivono quello che vogliono. Dobbiamo avere una idea più precisa di ciò che siamo e del passato da cui veniamo se vogliamo delineare un futuro credibile per noi e per il Paese.

1 giugno – ICI, gli amministratori del Sud protestano: E’ una rapina per conto della Lega. Berlusconi ruba ai siciliani 2 miliardi per pagare l’ICI ai ricchi del nord e noi chiediamo a Raffaele Lombardo che intervenga contro questo scippo e faccia una vera battaglia autonomista. Proteste anche in Calabria: i consigli comunali e provinciali di tutta la regione si riuniranno in seduta straordinaria per chiedere la modifica del decreto.

3 giugno – Livia Turco: La religione torna alla ribalta della sfera pubblica anche per l’esigenza di valori sostantivi di istanze positive capaci di fondare il senso della presenza individuale e collettiva. In questo contesto, il rapporto tra gerarchie cattoliche e politica ha assunto tante volte la forma dello scambio tra interessi cattolici e potere politico. Ed è evidente la simpatia con cui le gerarchie ecclesiastiche ed il Vaticano guardano alla nuova stagione del Governo Berlusconi. La questione che sta di fronte al PD è duplice. Promuovere una qualità nuova della politica che sia capace di essere utile ma anche amorevole e rassicurante. Per questo è importante non solo il radicameto nel territorio ma la costruzione di una forte relazione con tutti i mondi vitali e associativi che operano nella società.

4 giugno – Bersani: Andare incontro al fabbisogno, il tesoretto esiste. La promozione dell’Italia da parte dell’UE è il riconoscimento alla cura adottata dal Governo Prodi per il risanamento del debito pubblico che offre margini di manovra da indirizzare verso tutte quelle persone che in questo momento hanno estremamente bisogno di essere sostenute.

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5 giugno – Paolo Beni: Se l’energia diventa amica dell’ambiente. La sfida è anzitutto culturale. Bisogna smontare l’idea fuorviante per cui la tutela dell’ambiente viene vista come un freno allo sviluppo e un limite alla libertà degli individui. E superare la visione conservatrice di un ambientalismo di sola denuncia o testimonianza. Capire che la sostenibilità ambientale può essere invece volano di un nuovo sviluppo, l’unico possibile.

9 giugno – Bindi: Con le vecchie logiche “balcaniziamo” il partito. Da più parti si avverte la preoccupazione del futuro, della costruzione di un partito plurale. E sarebbe una regressione ritornare alle appartenenze precedenti. Io, anzi, questa regressione l’avverto nella spartizione che contraddistingue la composizione delle liste e la distribuzione degli incarichi. dove si avvertono le logiche delle vecchie appartenenze. Pluralismo non può significare ritorno al passato.

16 giugno – Laici e cattolici contro il razzismo. Assemblea del volontariato, Associazionismo, organizzazioni laiche e religiose a Roma, nell’aula magna della Sapienza. Andrea Olivero: ….Un sentimento diffuso di insicurezza alimenta paure e tensioni che si scaricano sui soggetti più deboli della società e diventano il terreno fertile di una nuova intolleranza. Una società impaurita tende ad esorcizzare le proprie paure costruendosi nemici simbolici, capri espiatori che oggi ci vengono indicati anzitutto nei Rom e di immigrati. Così milioni di persone che vivono e lavorano nel nostro Paese, per il solo fatto di avere una nazionalità diversa, portano sulle spalle un pregiudizio di colpevolezza generalizzato che prescinde dai loro comportamenti individuali. Il tema della sicurezza non si risolve con le discriminazioni ma si costruisce a partire dalla dignità di ciascuno, coniugando giustizia e solidarietà, ricostruendo prossimità e reciprocità, contrastando ogni forma di discriminazione.

16 giugno – Secondo un sondaggio di Mannheimer, il 41% di elettori democratici considera “remissiva” l’opposizione. Quale opposizione? Il PD discute ma non si torna al 2001. – Morando: Dobbiamo pretendere che Berlusconi faccia seguire fatti concreti alla disponibilità al dialogo. La Torre: Non siamo stati rinunciatari, non cediamo all’angoscia dei sondaggi, ma deve emergere la nostra idea del futuro. Vita: Sui temi sociali c’è molto da fare, su altre questioni, l’opposizione del partito è stata intransigente. Bindi: Dobbiamo praticare un Antiberlusconismo democratico e sulle politiche riformiste coinvolgiamo la sinistra radicale.

18 giugno – Altro sondaggio realizzato da Tolomei Studi e Ricerche: il 22% degli iscritti alla CGIL ha votato per il centro-destra; ha votato centro-destra il 52% dei tesserati CISL e il 49% degli iscritti UIL. Il centro-sinistra perde il 28% dei voti dei lavoratori autonomi. Votano il PDL il 60% degli operai e il 65% delle casalinghe. Unica roccaforte del PD sono insegnanti, docenti, lavoratori dipendenti pubblici. I pensionati sono a metà: 48 a 52 per il centro-destra.

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19 giugno – D’Alema: … Fatico a vedere questa raffigurazione tutta propagandistica per cui dentro il PD ci sarebbero da una parte la linea del rinnovamento e dall’altra le forze conservatrici. In realtà siamo in una fase in cui questo Partito viene precisando tono, contenuto e carattere della sua opposizione. Nessuno può illudersi che i problemi che abbiamo di fronte si possono risolvere in tempi brevi. Si tratta di impostare questo processo nel modo giusto.

20 giugno – Laura Pennacchi: Quando Berlusconi getta la maschera. Il mix di populismo neoliberista e il decisionismo compassionevole ha di mira lavoro, welfare, e servizi pubblici, per i quali saranno nefasti deregulation e tagli a Comuni e Regioni. Un’avversione drastica e totale alla mozione di pubblico e di responsabilità collettiva fa della privatizzazione un totem al quale sacrificare ogni altra istanza.

29 giugno – Manciulli, segretario regionale della Toscana: L’affiorare di personalismi che spuntano nel PD è rappresentato da personalità forti che sono una ricchezza, ma attenzione, bisogna convincerci che alla fine ciò che conta è che tutti si mettano al servizio di un disegno complessivo. Il dopo voto è stato pessimo e abbiamo dato che riaffiorassero incomprensioni anche fine a se stesse, tra singole personalità. Un gruppo dirigente deve invece dimostrare che riesce a puntare agli interessi collettivi.

30 giugno – Martina, segretario regionale della Lombardia: Il PD deve esaltare l’autonomia di pensiero di una nuova generazione. Abbiamo di fronte la sfida delle elezioni europee: partiamo da una riflessione sull’anima sociale e culturale di quel grande spazio.

5 luglio – Veltroni: Regole violate, salari bassi, 5 milioni di firme contro il governo. “Berlusconi ha fatto accuse contro la magistratura che in un altro Paese un Presidente del Consiglio non farebbe. Sembra che il governo sia dominato dal suo rapporto con la magistratura. Queste non sono le priorità di un Paese civile. La ricetta giusta in questo momento è fare un intervento contro il rischio reale di recessione nel quale l’Italia si trova e la prima cosa da affrontare sono le detrazioni fiscali per aumentare salari e pensioni”.

13 luglio – Enrico Rossi : Solo tagli per mandarci a fondo. Il governo di centro-sinistra aveva stipulato con le regioni un patto in base al quale il fondo per la sanità si sarebbe incrementato di anno in anno del 3% fino al 2011. Con Tremonti si scende esattamente alla metà. Se Prodi ci dava 10 miliardi, Tremonti ce ne lascia 5. C’è bisogno di opposizione, c’è bisogno che la gente capisca di che pasta sono fatti. Li abbiamo già conosciuti. Tremonti ripete sempre la stessa parte, imponendo alla sanità una serie di tetti che è impossibile rispettare. Questa volta ci mette anche il ricorso al ticket, rischiando di rigettare il sistema sanitario nel gorgo del deficit e della vera inefficienza, cioè del deperimento del servizio che si da ai cittadini. Poi qualcuno si alzerà in piedi per gridare che abbiamo fallito.

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L’Unità : Gli italiani non ce la fanno più – Benzina verso l’ennesimo record a 1,60, prezzi alle stelle, salari fermi, consumi in calo, attacco alla sanità pubblica: pagheranno anche gli indigenti. Veltroni: Siamo all’emergenza povertà.

Alleanze, è confronto nel PD. Rutelli apre all’UDC. Riforme: si discute di modello tedesco.Il Parlamento ferito – La maggioranza di governo ha compiuto uno strappo alle regole parlamentari e costituzionali per approvare il “Lodo Alfano”. In pochi giorni ha ferito gravemente le prerogative del parlamento. Davanti alle tante emergenze economiche e sociali con cui il Paese deve misurarsi, il governo e la sua maggioranza hanno preferito risolvere i problemi giudiziari di Berlusconi con l’avvallo di Fini che sia nel dibattito come sulle regole ha dimostrato di essere non una figura costituzionale ma uomo di parte e rappresentante autorevole della maggioranza.

15 luglio – Maroni tace sui tagli alle forze di Polizia. E’ credibile un governo che annuncia un decreto sulla sicurezza e poi taglia le risorse da destinare al settore? La situazione è grave: soltanto a Roma gli organici della Polizia saranno ridotti di 900 unità.

16 luglio – Vittoria Franco: Stiamo lanciando una grande campagna di sensibilizzazione, di proposte, di confronto con le categorie sociali ed economiche. Abbiamo predisposto una bozza di disegno di legge, che costituirà il nostro manifesto programmatico sul quale vogliamo raccogliere proposte, suggerimenti, riflessioni. Sono previste misure d’incentivazione per le imprese, per l’imprenditoria femminile; sostegno alla flessibilità degli orari di lavoro, incentivi fiscali per le lavoratrici madre, per la conciliazione fra maternità, lavoro e carriera e fra lavoro e genitorialità per coinvolgere anche i maschi nella cura familiare. A tale scopo è prevista una modifica della legge sui congedi parentali per renderli più convenienti per entrambi i genitori. La condivisione della cura è uno dei presupposti del successo del progetto a lungo termine e per favorire la tutela della maternità come valore socialmente condiviso. L’altro è la costruzione di un collegamento più efficace fra mercato del lavoro, riforma del welfare, investimenti in servizi educativi e alla persona. Lavoro femminile e welfare dunque, è su entrambi che dobbiamo investire se vogliamo davvero cominciare a rimuovere il blocco che impedisce la crescita, l’innovazione, le pari opportunità, l’eguaglianza.

19 luglio – Il capo ordina, Gasparri esegue: Il CSM è una cloaca. L’associazione Nazionale dei Magistrati: L’obbiettivo è delegittimarci e di assumere il controllo politico della giustizia, frantumando l’autonomia sancita dalla Costituzione. Veltroni: Il Paese precipita e loro pensano ad altro. D’Ambrosio: Seminano disprezzo verso le istituzioni repubblicane. Già si sta smarrendo la funzione del Parlamento e ora vogliono mettere mano al CSM, l’altro organo costituzionale che ha cercato di mettere un argine criticando la cosiddetta salva-processi.

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Sindacati dei pensionati: Il governo non ci vuole incontrare. E’ passato oltre un mese dalla nostra richiesta di un incontro con il governo per l’apertura di un tavolo di confronto sulle pensioni e per riattivare l’iter parlamentare sulla proposta di legge sulla non autosufficienza. Nessuna risposta è ancora arrivata.I Comuni alzano la voce: Tremonti intende azzerare il ripristino di 550 milioni stanziati dal governo Prodi per le emergenze abitative.

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LA DEMAGOGIA ED IL SUO ANTIDOTO

Al di là delle necessarie proporzioni, uno dei tratti comuni della politica del centro destra sia a livello nazionale che a livello locale, cioè nel comune di Bientina, è la demagogia. Ovvero quel comportamento politico incline ad assecondare le aspettative della gente, sulla base della percezione delle loro necessità, tramite frasi retoriche e promesse inconsistenti, tese solo ad accaparrarsi il favore dell'elettorato, facendo spesso leva su sentimenti irrazionali, ed alimentando la paura o l'odio nei confronti del nemico o dell'avversario politico.La verifica di ciò deve naturalmente smarcarsi essa stessa dalla possibile accusa di demagogia ed è quindi necessario che si basi su elementi chiari e dimostrabili. Niente di più semplice guardando il piano nazionale, ovvero l'operato del governo Berlusconi dal suo insediamento ad oggi: al fianco di provvedimenti politici impostati su una visione liberista e conservatrice, ma soprattutto tesi a mantenere e semmai incrementare i potenti dell'economia e della finanza, e assieme a riforme invasive e non condivise dell'assetto giudiziario e scolastico, si sono sapientemente disseminati atti o semplici dichiarazioni) che andassero nel senso di una supposta opinione comune. Alcuni esempi: il grembiule per gli alunni delle scuole primarie, il reato penale per chi imbratta i muri, la stigmatizzazione degli impiegati pubblici (i fannulloni), la scomparsa miracolosa della spazzatura in Campania...Questo ha arriso inizialmente al governo Berlusconi, ma è diventato sempre meno efficace – sino a divenire del tutto inutile – al disvelarsi della sua vera politica. Con Alitalia, la riforma Gelmini, la finanziaria Tremonti e le conseguenti agitazioni sindacali, il re è sempre più nudo. Ma pur sempre re. O meglio, presidente. E occorrono nuove elezioni per cambiare.Venendo al caso bientinese. Anche nel nostro comune si contano numerosi esempi di demagogia: accuse gratuite, personali e infondate contro il Sindaco, calunnie rispetto alla nascita dell'unione dei comuni, insinuazioni sul regolamento urbanistico... un'impalcatura debole che – come ogni atto demogogico – crolla inesorabilmente e fragorosamente se messa a confronto con la realtà dei fatti. E infatti i dati, pubblici e facilmente riscontrabili, sgretolano questo genere di accuse.Cosa cambia allora tra Roma (intesa come la politica nazionale) e Bientina – al di là delle debite proporzioni di cui all'incipit? Cambia che a Bientina la Casa delle Libertà (come ancora il gruppo si firma, anziché PdL) è opposizione. E soprattutto che il PD è forza di governo, amministra – non da solo, ovviamente – il paese. E ha dunque la forza di attuare l'unico antidoto alla demogogia: fare politica, creare le condizioni oggettive per cui le accuse tese a lisciare il senso comune, a rafforzare la tendenza alla faciloneria e superficialità (soluzioni semplici a problemi complessi) non possano attecchire. Perché? Semplicemente perché appare evidente che sono in contraddizione con le cose. Naturalmente questo non è né un dato acquisito per sempre, né è autoevidente:

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deve essere riconfermato di continuo e sempre comunicato al meglio. Usando la buona retorica, quella che usa soprattutto i contenuti e non la sola forma. La demagogia delle accuse gratuite, in questo modo, non prolifera, non dà i propri frutti. Dimostrazione sono i voti – come sempre.E l'antidoto? La serietà delle tante amministrazioni locali a guida Pd che, tutte assieme, possono creare vicino ai cittadini (agli elettori) una comunità ben governata.

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IMMIGRAZIONE

Sono circa 4 milioni, il 6,7% del totale della popolazione, i cittadini stranieri immigrati in Italia. Lo dice il recente rapporto della Caritas e della Fondazione Migrantes che hanno studiato l'andamento dei flussi di immigrazione regolare nel nostro Paese aggiungendo qualche numero in più rispetto all'altrettanto recente dossier dell'Istat che attestava la presenza straniera a quasi 3 milioni e mezzo.Il trend è positivo con un aumento di mezzo milione nell'ultimo anno e con il consolidamento della comunità rumena al primo posto tra quelle più numerose (1 milione). Per quanto riguarda la ripartizione geografica, gli immigrati continuano a preferire il Nord, circa 2 milioni di presenze pari al 62,5% del totale, seguito dal Centro, quasi un milione pari al 25% e infine il Sud con mezzo milione pari al 10%.I numeri diventano molto più incisivi se vengono comparati con la popolazione italiana. Ogni 15 residenti, uno è straniero; ogni 15 studenti, uno è straniero; ogni 10 lavoratori, uno è straniero; il 10% delle nuove nascite ha genitori immigrati così come il 10% dei matrimoni ha almeno un partner non italiano.Per quanto riguarda le nazionalità, gli europei sono presenti per il 52%, gli africani il 23,2%, gli asiatici il 16,1% e gli americani l'8,6%. Dopo la comunità rumena, gli immigrati più numerosi sono gli albanesi con oltre 400mila presenze, seguiti dai marocchini a quota 366mila, dagli ucraini e dai cinesi che si attestano a 150mila unità. La Lombardia è la destinazione preferita (953.600 presenze pari al 23.9% del totale), poi il Lazio (480.700 pari al 12,1% del totale) e il Veneto (473.800 pari all'11,9% del totale).Sono oltre 100mila i bambini stranieri: di questi 64mila nati in Italia da genitori immigrati e circa 36mila presenti dopo il ricongiungimento familiare. In totale i minori residenti in Italia sono oltre 765mila di cui 457mila di seconda generazione, ossia nati in Italia. Nell'ultimo anno accademico la presenza nelle scuole degli studenti stranieri è stata pari a 574mila unità con una stima di crescita pari a 70mila unità nuove all'anno.Sono un milione e mezzo i lavoratori occupati, pari al 10% della popolazione attiva italiana. Il Nord registra le presenze più significative: a Brescia, un lavoratore su cinque è immigrato. A Bergamo, Lodi e Mantova sono uno su sei. A Milano uno su sette. In Lombardia quasi la metà dei nuovi assunti è straniera. Accanto alla presenza sempre più determinante nel mondo del lavoro si segnala anche un netto incremento delle iscrizioni al sindacato. I tesserati hanno superato le 800mila tessere e si attestano al 5% del totale degli iscritti.Non manca, purtroppo, il lavoro in nero che vede l'impiego di circa 500mila stranieri immigrati e che, si legge nel rapporto, "è enormemente diffuso non solo presso le famiglie ma anche nelle aziende con un'ampiezza sconosciuta negli altri paesi industrializzati. In tre anni (2005-2007) è stato presentato circa un milione e mezzo di domande di assunzione di lavoratori stranieri con un'incidenza rispetto alla popolazione

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straniera già residente che va dal 10% al 25% nel 2007 (ma addirittura del 33% rispetto ai lavoratori stranieri già occupati)”Nel 2007 ad acquisire la cittadinanza italiana sono stati 38.466 stranieri. Un dato comunque tra i più bassi nell'area Ue dove la media delle richieste di cittadinanza è di circa 700mila pari a 2mila domande al giorno.Ultimo dato riguarda la criminalità. Qui i dati che emergono dal dossier evidenziano come sia sbagliata l'idea populista che gli immigrati, considerati indistintamente, arricchiscano le fila della micro e macro criminalità. Gli immigrati regolari hanno lo stesso tasso di devianza degli italiani. Gli addebiti giudiziari sono più ricorrenti per gli immigrati irregolari e clandestini in stretta collusione con la criminalità organizzata e le mafie locali.

Il diretto contatto con le persone e la nostra presenza nei quartieri e nei Comuni, risultano oggi essere strumenti fondamentali per costruire un partito radicato e presente e per mettere a conoscenza dei cittadini i progetti, le idee, i valori che caratterizzano il nostro Partito, al fine di combattere quel clima che il Governo sta cercando di diffondere, di paura e di emergenza, in favore invece di un serio modello culturale alternativo.I temi che sono stati affrontati hanno riguardato la mancanza di una seria e completa politica migratoria a livello nazionale, i provvedimenti anticostituzionali adottati dall'attuale Governo, la necessità di integrare politiche migratorie con quelle di cooperazione e infine il ruolo delle Amministrazioni Comunali.Il Professore Marcello Di Filippo ha sottolineato come all'interno del quadro a livello nazionale, le politiche adottate fino ad oggi delineino come il fenomeno migratorio sia stato affrontato in termini di situazioni di “emergenza” senza pertanto prevedere un disegno più ampio e di più lungo termine. Questo ha significato il vedere concentrate le politiche sull'immigrazione in misure volte al controllo e alla regolamentazione dei flussi, lasciando deboli i tentativi di politiche di integrazione e di cooperazione allo sviluppo, fondamentali per ridurre quello definito fenomeno “clandestinità”. Così anche l’Unione Europea non è riuscita a sottrarsi in maniera incisiva da questa logica dell'emergenza, a causa di una serie di fattori tra i quali la disponibilità di un budget e di competenze limitati, e anche a seguito del condizionamento esercitato da parte dei Governi nazionali che generalmente sono portatori di richieste di interventi più operativi piuttosto che interessati ad investire in politiche più ampie non volte soltanto a limitare la “clandestinità”.La complessità del fenomeno migratorio, sia in termini numerici che per le sue caratteristiche, ci spinge a dover adottare misure che, tranne nel caso in cui non riguardino situazioni di emergenza, siano di medio-lungo periodo.

La presenza del migrante nel nostro Paese è oggi un dato di fatto: non ci riferiamo più alla prima generazione ma oramai siamo a contatto con la seconda, con persone che vivono sul nostro territorio in maniera stabile, bambini che vanno agli asili e a scuola, adulti che fanno parte del sistema economico e che pertanto

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contribuiscono alla crescita del Pil; persone insomma che occupano tutti gli spazi sociali, culturali ed economici del vivere quotidiano.Per questi motivi, è chiaro che il fenomeno migratorio debba essere colto nella sua complessità e multi dimensionalità, e pertanto richiede risposte e interventi che non siano più solamente basati su singoli progetti, ma su prospettive più ampie, strutturate e adeguate alla situazione attuale.A questo proposito, il Professore Odo Barsotti ha affermato la necessità sempre maggiore di ragionare non più secondo un punto di vista unilaterale, bensì di affrontare simultaneamente la cooperazione internazionale e le politiche migratorie.I migranti presenti sul nostro territorio, nei nostri Comuni e nella nostra Provincia, provengono da province specifiche dei Paesi Terzi, e per questo sarebbe utile e costruttivo rafforzare i contatti e i progetti di collaborazione tra Enti Locali presenti qui e quelli presenti nei “Paesi di emigrazione”.Questo significa, nei limiti delle competenze che spettano, incentivare programmi di cooperazione decentrata e partecipata, tra Enti Locali, Camera del Commercio, Università, ecc, prevedendo una partecipazione attiva del soggetto migrante, misure tutte che andrebbero a favore di una maggiore integrazione.L'elaborazione delle politiche di integrazione deve vedere parallelamente l'affiancarsi di politiche di controllo e di riduzione dell'illegalità, fondamentali per la realizzazione delle prime e per una sempre migliore qualità della vita.Per ridurre l'illegalità è fondamentale continuare nella lotta alla riduzione delle fonti dell'illegalità stessa, a partire in particolar modo dal mercato del lavoro, quello non istituzionale, che oggi rappresenta un bacino consistente di incentivo all'illegalità.Così la Senatrice Silvia Della Monica ha sintetizzato con due parole chiave la linea che secondo lei dovremmo seguire: VIGILANZA E DEMOCRAZIA.La Senatrice nel suo intervento ha preso in considerazione alcuni elementi fondamentali all’interno del dibattito su questi temi.Innanzitutto ha fatto un’analisi sintetica su alcuni punti del D.l 92/08 “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica soffermandosi principalmente sull'anti costituzionalità di due norme:

− la prima riguarda l’aggravante per un reato commesso da un cittadino straniero;

− la seconda l’espulsione come misura di sicurezza, legata ad una condanna superiore a 5 anni, senza che venga richiesto un accertamento di pericolosità sociale.

Queste due norme mi sembrano ricadere all'interno di un disegno che il Governo Berlusconi intende portare avanti, compreso quello del rilevamento delle impronte ai bimbi rom, al dispiegamento delle forza dell'esercito nelle città, ecc, che crea sempre più un clima di insicurezza percepita dai cittadini, al quale non fa corrispondere misure reali per la sicurezza ( si veda la questione su Lodo Alfano e i tagli effettuati alle forza dell'ordine).

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Ai provvedimenti anti costituzionali la Sen. Silvia Della Monica ha aggiunto che con il venir meno del Ministero per la Solidarietà Sociale è stato conseguentemente abolito il fondo che gestiva e pertanto quello a disposizione dell’immigrazione, fondamentale per gli Enti Locali.Infine, Elena Mezzetti è intervenuta sulla situazione locale , presentando dati aggiornati e riferendosi anche alla presenza dei Rumeni sul nostro territorio.All'interno di un quadro generale della situazione provinciale, tenendo presente anche la realtà del mondo “colf-badanti”, si è soffermata sul fenomeno clandestinità, in particolare di Pontedera, dei progetti di inserimento lavorativo per quanto riguarda Santa Croce e infine lo stato attuale dell'abusivismo commerciale presente a Pisa.Pertanto, visto il quadro nazionale chiaramente sfavorevole è opportuno oggi adottare alcune strategie al fine di poter garantire una politica locale seria e dare continuità ai programmi di lavoro che fino ad oggi sono stati seguiti da vari Comuni della Provincia di Pisa.(ad es. Pisa, Pontedera, Santa Croce ecc).Innanzitutto sarà importante batterci sulle linee della legalità, a partire da un percorso condiviso con le Comunità migranti, le Associazioni, le organizzazioni del volontariato e Terzo Settore, il mondo del lavoro, le organizzazioni di categoria, i sindacati e i cittadini.In una fase culturale complessa, come quella che attualmente vive il Paese, la sfida che ci troviamo ad affrontare è quella di declinare il concetto di legalità in un’accezione che sia la più inclusiva possibile, cercando la conciliazione fra i diritti dei cittadini migranti e quelli dei cittadini autoctoni. Ci attende un cammino sicuramente non semplice ma non impossibile, alla luce anche delle positive esperienze di politiche migratorie concertate promosse da alcune amministrazioni della nostra Provincia: segnatamente quella di Santa Croce sull’Arno, da anni impegnata nel tentativo di conciliare esigenze delle imprese e diritti dei cittadini migranti residenti; quella di Pisa, attraverso processi condivisi fra i diversi attori che nell’ultimo decennio ha visto costruire percorsi innovativi divenuti punto di riferimento per l’intera area; quella di Pontedera, per la creazione di strumenti di partecipazione e dialogo fra cittadini migranti e autoctoni.Da qui è importante ripartire: c’è la necessità di garantire la legalità a tutti i livelli e per tutti; inoltre non regolarizzare le persone presenti sul nostro territorio significa aumentare l’illegalità. In tal senso, fondamentale risulterà il ruolo svolto dai Comuni, dalle Associazioni di categoria, sindacati e dal mondo dell’imprenditoria: date le difficoltà prospettate dalla situazione nazionale, la costruzione di sinergie e collaborazioni tra tutti questi soggetti elencati qui sopra e non solo, diviene sempre più uno strumento che è necessario costruire al fine di indirizzare il contributo di tutti verso obiettivi condivisi.

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CRISI: OBAMA SCELTA OBBLIGATA

Obama deve scongiurare la nascita di una nuova classe sociale di massa “il disoccupato”.

Fidelity,Goldman e Citi tagliano posti: altri 14 mila licenziamenti a Wall Sreet ( fonte. il sole 24 ore del07/11/2008, pag.37,Ins.F&M).

Ancora non tutti abbiamo la solita percezione della crisi in atto, usciamo andiamo al bar e sembra che tutto sia rimasto uguale. In fondo il problema di arrivare alla quarta settimana non è nuovo per le madri di famiglia è da sempre un problema. E’ casomai un argomento sempre attuale per i politici nostrani in crisi di idee. Ma anche questo problema sembra scomparso in questi giorni dalla scena delle priorità della politica. E’ vero le elezioni USA hanno preso l’immaginario collettivo, e Obama diventa la nuova speranza mondiale. Dobbiamo ammettere che è un peso enorme per un uomo solo anche se è il Presidente degli Stati Uniti D’America. Obama non solo deve dimostrare che il nuovo non farà rimpiangere il vecchio che non è solo Bush junior, ma dovrà dimostrare di essere all’altezza dei miti come i fratelli Kennedy e Franklin D. Roosevelt che attuò il New Deal, un piano di riforme economiche e sociali fra il 1933 e il 1937, allo scopo di risollevare il Paese dalla grande depressione che aveva travolto gli Stati Uniti d’America a partire dal 1929. La storia insegna che è dura essere migliore dei miti agli occhi dei contemporanei. Dei miti ricordiamo solo le cose migliori, e ci da fastidio se qualcuno ne ricorda anche gli errori, nessuno oggi ricorda più che fu R. Kennedy a portare l’America

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nel conflitto del Vietnam, una guerra che durò quasi 11 anni e venne combattuta tra il 1964 e il 1975. Da qui capite che per i contemporanei non è possibile battere i miti, nel nostro immaginario l’oro sono e rimangono i migliori.

Cosa farà il neo eletto Presidente Obama?

I primi annunci:

- Aiuti all’industria dell’auto americana in declino ormai da anni, per tamponare la continua e massiccia perdita dell’occupazione, il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti è al 6,5% e le previsioni sono tutte tese ad un aumento vertiginoso. Questo è da sempre il problema dell’America una nazione altamente Democratica come hanno dimostrato queste elezioni, ma una democrazia diversa da come la concepiamo noi Europei. In America non esiste il Welfare State cosi come lo intendiamo noi europei. Quando la fabbrica chiude in 24 ore si mettono le nostre cose in una scatola e si va via, spesso si cambia anche stato per avere un nuovo lavoro.

- Dice no al nucleare Iraniano. Certo L’Iran non è che sia uno dei paesi più affidabili che ci sia, e con il nucleare non c’è da scherzare. Ma è anche vero un’altra cosa: l’industria bellica crea occupazione, quando c’è una guerra i disoccupati si arruolano, e l’America non è nuova a leggi speciali come quelle varate nella seconda guerra mondiale che congelavano i debiti di chi si arruolava. Sono ormai in molti a sostenere che le politiche di Roosevelt del New Deal, furono solo un tampone, la vera svolta economica per l’America ci fu con la seconda guerra mondiale e successivamente con l’attuazione piano Marshall. Successivamente la cosiddetta guerra fredda alimento la spesa in investimenti per la difesa bellica e nucleare. Certo Obama non è intenzionato a fare la guerra a nessuno, ma il concetto di nemico aiuta in economia, se si alimenta questo concetto si eliminano gli oppositori all’investimento per la R&S nel settore militare.

Il Commercio estero: Ormai è opinione diffusa che non è più possibile continuare la favola della globalizzazione portata avanti dagli anarco-liberisti. Si chiude un ciclo iniziato con Reagan attuatore delle politiche neoliberaliste della scuola di economia di Chicago quella di Milton Friedman . L’università di Chicago è quella che ha sfornato il maggior numero di premi Nobel fino ad oggi.

Ma qui sorge un dubbio anche Obama è di Chicago ed ha come consiglieri economici i cosiddetti “Chicago Boys”. Ora però bisogna dire una cosa, che l'università di Chicago è quella dove si è laureato il premio Nobel Paul Samuelson, speriamo che Obama ne sappia trarre le dovute ispirazioni.

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Samuelson ha lavorato in numerosi campi, tra i quali:

-Economia del benessere,

-Scienza delle finanze, in cui è particolarmente noto per il suo lavoro sull’allocazione ottima delle risorse in presenza di beni pubblici (Modello di Samuelson).

L’influenza del premio Nobel 2008:

Quest’anno il premio Nobel per l’economia è andato allo statunitense Paul Krugman,per i suoi studi sui modelli di commercio e sulla localizzazione delle attività economiche. Krugman, americano, 55 anni docente di Economia e affari internazionali all’Università di Princeton, è noto nel mondo accademico per i suoi studi riguardanti la teoria del commercio, e in particolare per i modelli in base ai quali i paesi potrebbero guadagnare dall’imposizione di barriere protezionistiche. Noto anche per i suoi libri di testo sulle crisi valutarie e sull’economia internazionale, Krugman è stato critico della New Economy degli anni novanta del XX secolo. Il suo testo “Economia internazionale: Teoria e Politica” (scritto insieme a Maurice Obstbeld) è un libro di testo molto diffuso riguardante, appunto, l’economia internazionale. Nel 1991 ha ottenuto il prestigioso riconoscimento denominato John Bates Clark Medal dall’Associazione americana per l’economia.La filosofia economica di Krugman può essere descritta come neo-keynesiana. Krugman, che è anche editorialista del “New York Times”, è stato uno dei maggiori critici delle scelte in economia e politica estera dell’amministrazione Bush.

Attesa contrazione a fine 2008 e inizio 2009. La situazione attuale è in evoluzione:

La situazione attuale in America: “Le domande di sussidi di disoccupazione sono a 3,7 milioni di persone e il 2008 si chiuderà a oltre un milione di licenziamenti cifra più alta dal 9/11. I pessimisti vedono la disoccupazione arrivare al 10%, dal 6,1% attuale (era a poco più del 4%, quando Bush prese il potere) ma il consenso degli economisti indica un più prudente 8%. Un milione di licenziati e di posti di lavoro perduti in un anno è un dato tanto più spaventoso se si ricorda che soltanto per assorbire le nuove leve, i giovani, i diplomati, gli immigrati e i laureati, l´economia americana dovrebbe produrre circa 120 mila nuovi posti di lavoro al mese,(Fonte :Vittori Zucconi,la Repubblica del 24 ottobre 2008)” .

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Usa, richieste di sussidi ai massimi da 16 anni ( fonte il sole24ore.it del 20/11/2008)

“Le richieste settimanali di sussidio alla disoccupazione, nella settimana terminata lo scorso 15 novembre, sono salite di 27mila unità, attestandosi a un totale di 524mila unità. Tale livello, peggiore delle attese, è il massimo da 16 anni, secondo quanto sottolineato dal Dipartimento del Lavoro. La media a quattro settimane è salita a 506.500 unità da 490.750 unità, il massimo dal 1983.”

NEW YORK, 17 NOVEMBRE (Apcom)

“Le probabilità che gli Stati Uniti vadano incontro a un periodo prolungato di recessione sono cresciute in modo significativo a causa del continuo deterioramento delle condizioni economiche e della crescita del tasso di disoccupazione, che potrebbe arrivare al 7,5 per cento.Secondo le stime del National Association of Business Economists, che ha intervistato un gruppo di cinquanta esperti, l'economia americana crescerà dello 0,2 per cento quest'anno, contro l'1,2 per cento previsto a ottobre.

Questo perché, nel quarto trimestre è attesa una contrazione del 2,6 per cento, che dovrebbe essere seguita da un -1,3 per cento nel primo trimestre del 2009.

Il 96 per cento degli economisti sentiti, ritiene che gli Stati Uniti siano in recessione e quasi i tre quarti degli intervistati pensano che si protrarrà oltre il primo trimestre del prossimo anno. "Le previsioni sono ora decisamente più pessimistiche per i prossimi trimestri, come conseguenza dell'intensificarsi della crisi dei mercati e dell'impatto negativo sull'economia reale", ha detto Chris Varvares, direttore generale del Nabe”.

A rendere più fosca la situazione sono le stime sull'andamento del mercato del lavoro.

Il tasso di disoccupazione potrebbe salire al 7,5 per cento entro il terzo trimestre del 2009, mentre in ottobre le stime parlavano di una crescita al 6,4 per cento nel secondo trimestre del prossimo anno. Il tasso di disoccupazione si è attestato in ottobre al 6,5 per cento, il massimo degli ultimi 14 anni.

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Grafico n.1.

Il grafico n.1 mostra con le righe orizzontali i periodi di recessione ufficiale negli USA dal dopoguerra e li sovrappone al tasso di disoccupazione.

Il risultato è inequivocabile. Ogni volta che la disoccupazione è salita di almeno un punto percentuale gli Stati Uniti hanno vissuto un periodo di recessione. Ecco perché molti hanno ricominciato a grattarsi la testa preoccupati.

Grafico n.2

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La crisi della società del debito,un misto fra guerra e mercati AnarcoLiberisti

La crisi attuale che sta sconvolgendo il mondo non è solo frutto dei mutui Sub-prime che di fatto erano l'1% del valore complessivo dei prodotti finanziari in circolazione.Questa crisi è una crisi che si basa sulla società del debito, debito per tutto dalla casa alla cura del corpo. Quando un paese entra in guerra deve spendere denaro, e i fondi a disposizione sono i soliti perché le guerre nei paesi democratici devono avere il consenso del popolo e per avere consenso non si può alzare le tasse è bisogna far vivere nell'opulenza i cittadini. Tralasciamo perché non c'è spazio in questo articolo per analizzare con quale meccanismo e complicità il rischio si è divulgato fra ignari cittadini che erano convinti di investire i loro soldi in titoli finanziari sicuri. Ma vediamo perché chi lavora non è più in grado di poter vivere e onorare i propri debiti nelle società industrializzate.

L'entrata della CINA nel WTO.

L’ingresso nel WTO della Cina avviene 11 Dicembre del 2001.La strategia seguita dalla Repubblica popolare cinese nell’adempiere alle riforme imposte dal sistema del commercio internazionale è stata attuata a più livelli: da una parte le negoziazioni multilaterali con gli altri membri del WTO che si concretizzavano con il lavoro svolto dal working party e le riforme attuate durante il corso degli anni; dall’altra gli accordi bilaterali stretti con diversi paesi, tra cui alcuni “stati chiave”, ovvero Usa e UE. Questi accordi bilaterali sono una tappa basilare per il processo di riforma cinese, e ne è una prova il fatto che molti dei termini fissati in questi, verranno poi posti come condizione necessaria nel protocollo di accesso.L’accordo con gli Stati Uniti è stato siglato il 1 Novembre 1999 e, in linea di massima, prevede una riduzione dal 22,1 al 17% delle quote all’importazione. L’accordo vincola la Cina ad eliminare le quote e le restrizioni quantitative nei cinque anni seguenti all’ingresso nel WTO. Tuttavia in diversi casi, le distorsioni in questione furono eliminate anche prima. Le tariffe americane che colpiscono la Cina invece, sono state eliminate nel 2005. L’accordo prevede anche una “clausola di salvaguardia” attuabile per dodici anni, qualora le importazioni dalla Cina aumentino in modo improvviso creando ripercussioni negative e sfasamenti nel mercato interno. Gli Usa inoltre, si riservano un “metodo anti-dumping speciale” per le rilevazioni dei margini di dumping e per le eventuali misure da intraprendere. Oltre questi aspetti economici generali, l’accordo prevede anche misure nei singoli settori al fine di aprire il mercato. L’accordo perse parte del suo valore a causa dei ritardi che l’amministrazione americana accumulò nel modificare il Foreign trade Act del 1974 che impediva una piena applicabilità all’accordo. Solo nel maggio del 2000 fu possibile stabilire delle normali relazioni con la Cina.

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La conclusione dell’accordo sino-americano diede una forte spinta alla conclusione dei successivi accordi, i quali sebbene rivestano un ruolo importante, passano in secondo piano. L’accordo con l’Unione Europea, concluso il 19 Maggio del 2000, coinvolge tre settori: quello delle assicurazioni, quello delle telecomunicazioni e quello automobilistico.Gli sforzi maggiori però, sostenuti dal governo cinese sono stati spesi nella riforma dello stato di diritto. Si pensi solo al fatto che la Cina viene da una gestione centralizzata dello stato, di stampo sovietico, dove il diritto e la certezza del diritto non esistevano, e dove l’economia era fortemente influenzata dalla presenza dello stato nel mercato.In Cina vige ancora oggi il principio dell’unità dei poteri dello stato, ed il potere giudiziario viene considerato come uno dei tanti settori in cui il potere amministrativo statale si esplica. I tribunali non sono imparziali ed è riscontrabile un deficit di indipendenza nei vari organi giudiziari, specie a livello locale. La questione del sistema giudiziario cinese è stata centrale nell’evolversi delle trattative, ed ancora oggi rappresenta un punto chiave.

Un tale assetto giudiziario è infatti incompatibile con le esigenze di una società sviluppata di un sistema commerciale multilaterale come quello del WTO. Questo non significa che non siano state attuate delle riforme, ma il carattere sostanziale del sistema giudiziario cinese non è cambiato di molto. Ciò che è stato fatto è volto a dare credibilità all’indipendenza e alla trasparenza del sistema giudiziario cinese, ma la questione rimane ancora aperta e irrisolta, e rappresenta una delle sfide che il WTO offre allo stato cinese. La Cina per 15 anni godrà dello status di “economia non di mercato”, senza poter tuttavia beneficiare di parte dei privilegi che tale status offre. L'ambiguità la si è avuta circa la questione del se considerare paese sviluppato o in via di sviluppo. La Cina premeva per la prima soluzione, ma nei fatti il suo status è un “ibrido”.

Nelle economie di mercato i diritti sono rispettati, in Cina sono repressi.

Salari bassi in Cina. Scontri nel Gansu. Pechino censura video ( fonte il sole24ore del 20/11/2008).

“Violenza e scontento sociale nel nord-ovest della Cina: circa duemila cinesi hanno manifestato per due giorni a Longnan, nella provincia povera del Gansu, prima di essere dispersi dalle forze dell'ordine. Almeno 60 poliziotti e dirigenti locali sono rimasti feriti negli scontri esplosi tra lunedì e martedì nella città. Causa delle proteste è stato l'esproprio di alcune case da parte del governo locale. La situazione è degenerata lunedì pomeriggio quando una trentina di persone ha manifestato contro le condizioni dell'esproprio delle loro abitazioni per la costruzione di una nuova sede del governo. Altre duemila persone si sono unite a loro e hanno occupato la sede governativa attuale. I manifestanti non

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hanno esitato a minacciare le autorità con bastoni e pietre mentre la polizia ha risposto con gas lacrimogeni e manganelli, riferiscono testimoni. Un portavoce del partito ha invece smentito l'uso di queste misure da parte della polizia. Oggi la situazione si è tranquillizzata per l'imponente presenza di forze dell'ordine sul posto. Oggi sul sito internet del Quotidiano del Popolo, organo di stampa del partito comunista, è apparso un editoriale in cui viene criticata la reazione del governo locale: "Se si dava ascolto alle 30 persone non si potevano evitare questi incidenti di massa?". La crisi internazionale sta avendo conseguenze anche sulla crescita economica cinese, con la chiusura di numerose fabbriche. Per evitare che cresca il malcontento popolare il governo di Pechino ha consigliato alle autorità locali di prevenire qualsiasi conflitto sociale di grande portata. Su internet il video che mostrava gli scontri e le manifestazioni sociali contro il Governo è stato oscurato”

Cosa Farà Obama nella situazione attuale?

La cosa più ovvia e in controtendenza a quanto affermato fino ad oggi dal pensiero unico neoliberalista. Punterà sicuramente a riaprire un discorso politico sul commercio mondiale. Non è possibile competere con un paese dove la differenza sul costo della manodopera nel settore manifatturiero e da 1 a 8.

L'America ma sopratutto il suo ceto medio è forzatamente keynesiano.

In America non esiste lo stato sociale come lo intendiamo noi. Il welfare Americano è privato in quanto: la pensione è erogata dai fondi di investimento, la sanità è coperta da una polizza assicurativa che di solito ti puoi permettere di avere quando lavori, per gli emarginati c'è la carità delle confraternite.E' chiaro che Obama guarderà prima di tutto in casa sua, un alto tasso di disoccupazione crea masse affamate che si sommano alla già alta delinquenza stradale.Non è un caso se nel video proiettato su Youtube per i saluti al G20 alle sue spalle c'erano i libri di Keynes, un messaggio forte e chiaro. Che tradotto significa:puntare alla piena occupazione alimentando la domanda aggregata, con investimenti in opere pubbliche, finanziamenti alle imprese che occupano un maggior numero di dipendenti come quella dell'auto.Ma questo comporta un nuovo riassetto delle relazioni commerciali con i paesi in via di sviluppo Cina in testa.

In quale modo? Nell'unico modo possibile nella situazione data, i paesi in via di sviluppo sono territori enormi con un alta intensità di popolazione, e siccome alla lunga non è possibile attuare lo sviluppo economico nell'autarchia ( anche se Keynes non la disdegnava) i motivi sono ovvi in quanto ti mancherà sempre qualcosa che devi comprare da un altro paese. In questa situazione l'unica cosa saggia per l'America (e non solo) è quella di raggiungere un accordo su una

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parziale moratoria alle esportazione dai paesi in via di sviluppo ai paesi industrializzati, al fine di consentire ai secondi di organizzarsi per il futuro e ai primi di sviluppare il mercato interno. Quando i mercati saranno completamente aperti fra alcuni anni il benessere raggiunto dai primi dovrebbe avere fatto il suo lavoro nella richiesta di maggior benessere sociale,con la conseguente ridistribuzione di ricchezza ( la via pacifica verso la democrazia dal basso).

Solo allora forse la teoria economica dei vantaggi comparati potrà avere una qualche possibilità di prova empirica, in quanto i paesi scambisti giocano nell'arena del libero mercato ad armi pari (quando David Ricardo la pensata il mondo era diverso,e la teoria si basava sull’immobilità del lavoro tra i Paesi e sulla perfetta mobilità interna, la teoria in questione asserisce che i Paesi commerciano tra loro perché il lavoro ha diversa produttività tra i Paesi. I vantaggi derivano da un migliore impiego di risorse date e già precedentemente occupate).

Adam Smith padre dell'economia di mercato sosteneva che “ per guardare alla possibilità di sviluppo di un paese bisogna guardare a tre fattori essenziali: posizione geografica, risorse naturali e legislazione”.Ora ad una nazione le prime due le da madre natura, ma la terza è frutto della storia di una nazione e ne forma la sua cultura,non è possibile una società di mercato aperta dove i paesi scambisti hanno una legislazione che guarda all'uomo in maniera profondamente diversa.

Ma qui sorge un dubbio?La Cina, è il maggior paese che detiene il debito pubblico Americano, circa il 20% del debito Usa è nelle mani della Repubblica Popolare Cinese.

Quale Compromesso? Il più ovvio, se lo stato Cinese vuole essere pagato dal suo debitore lo deve far sopravvivere.

Ci dispiace per i politici nostrani che dovranno rimangiarsi le teorie propagandate fino a ieri, ma non c’è da preoccuparsi “quando le cose cambiano, io cambio idea ( J.M.Keynes)”.

Obama ha un grande compito davanti a se, non certo facile, ma potrà riuscirci solo se è sorretto da una visione che guarda al benessere dei molti e non all'arricchimento di pochi.

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FOCUS ITALIA.

Se la nostra previsione fosse esatta benvenuto Obama, non solo perché è il primo afroamericano a diventare Presidente degli Stati Uniti D'America che di per se un fatto di enorme civiltà.

Ma sotto l'aspetto economico questo servirà anche a noi Europei per fare l’Europa dei popoli, e pianificare la nostra globalizzazione interna con i paesi dell’est Europa, dove il differenziale del costo del lavoro con i paesi più industrializzati è da 1 a 6. Come vedete nel grafico n.2 in Italia , la disoccupazione iniziò a calare nel 1998, a detta di tutti gli esperti anche per effetto del famoso pacchetto Treu (Ministro del Lavoro del governo Prodi) pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 4 luglio 1997. Nel periodo 1998-2002, cioè nel quinquennio che va dalla legge di Treu alla legge Biagi, la disoccupazione calò dall’11,3 all’8,6% (-2,7%, cioè lo 0,54% l’anno, che in realtà però è lo 0,675 perché il calo inizia nel ‘99). Invece tra il 2003 e il 2007si un calo dall’8,6% al 6,8% meno 1,8, cioè lo 0,36%. L’ingresso nel WTO della Cina avviene 11 Dicembre del 2001 e dopo un periodo di preriscaldamento inizia la decentramento della nostra industria, e subiamo la concorrenza sui nostri prodotti ad alto contenuto di manodopera.

Esplode la Cassa Integrazione.In Italia non tutti possono accedere ai benefici della cassa integrazione, come i lavoratori precari che sono il 13% della forza lavoro e i lavoratori delle piccole imprese. Ci sono serie probabilità che la disoccupazioni raggiunga le due cifre.

Andamento della cassa integrazione Ottobre 2008 – Grafico n.3

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Urge un rimedio serio ed efficace, tenendo conto di fattori non eliminabili, fra cui mantenere un periodo lungo di cassa integrazione e estesa a più soggetti, non è possibile sostenerlo economicamente senza un aumento delle entrate fiscali dovute ad una maggiore produzione. Il nostro debito è il 104% del PIL. Occorre intervenire su una razionalizzazione i costi non strutturali per il mantenimento del sistema, al fine di sostenere la cassa integrazione, eliminare gli intralci burocratici al fine di ridurre i costi alle imprese visto che non sarà possibile una riduzione delle aliquote fiscali per il momento, va detassato il lavoro in favore della paga netta reale al fine di migliorare le condizioni economiche e far riprendere i consumi interni.

Le banche devono ritornare alla loro funzione che e quella di accompagnare il progresso economico e produttivo del paese, perché è fonte di benessere generale. Il costo del denaro deve rimanere a livelli di politica monetaria espansiva. I prestiti per le prime case e per la nuova imprenditoria devono godere di tassi fissi di favore al fine di dare certezza dei costi. Si devono liberalizzare settori lobbystici ormai cronici, come le libere professioni, l'accesso al piccolo commercio agevolandolo con una imposizione fiscale minima. E' chiaro che si è voluto dare uno spunto di idee e non c'è pretesa che siano le sole e le certe. Va recuperata l'evasione fiscale sopratutto quella sconosciuta al fisco (non è possibile che gli scoop li fa solo striscia la notizia, o Report) per affermare il concetto “ pagare tutti per pagare meno tutti”.

Andamento della cassa integrazione ordinaria nell'industria Ottobre 2008 – Grafico n.4

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Alcuni casi di imprese di qualità:

La guerra dei termosifoni tra Italia e Cina

Fonte: Articolo del sole24ore del 3 giugno 2008.

Se l'aspettava. Orlando Nivoli, imprenditore bresciano, titolare della Fondital SpA, tra le prime aziende al mondo nella produzione di termosifoni pressofusi, se le immaginava così, le aziende cinesi concorrenti che stanno inondando di prodotti copiati e non a norma i mercati, specie quelli dell'Est Europa. Un intero distretto industriale, quello della Val Sabbia, rischia di essere messo alle corde dall'attività di queste trecento aziende spuntate nell'area industriale di Ningbo. Termosifoni killer, non solo copie del made in Italy, né semplici concorrenti sui mercati dell'Est. Quelli sequestrati a cinque aziende cinesi all'ultima Fiera di Rho-Pero su segnalazione proprio del consorzio dei produttori Airal (di cui Fondital fa parte), avevano guarnizioni in amianto e la Procura milanese ha aperto un'inchiesta, i Nas stanno facendo indagini accurate. Le abbiamo visitate, queste aziende, con il pretesto di voler acquistare termosifoni. La Ningbo Sanquiao metal product limited due anni fa si è riconvertita alla produzione di termosifoni in alluminio formato esportazione. Il titolare ha comprato macchinari di seconda mano, sovvenzionati dal governo locale, impiegando come operai ragazzi provenienti da aree povere. Macchinari poco sicuri, lavoro a contatto con le polveri di alluminio, guadagni altissimi ma solo per i titolari. Altra azienda, nella zona di Chongshou a Cixi, la Ningbo Efraim radiator equipment co. Limited. Stesso scenario. La Ningbo Suofei electrical appliance co. ltd. nella west industry zone di Guanhaiwei, sempre a Cixi: lì abbiamo visto una catasta di termosifoni con destinazione Buenos Aires e nessuna indicazione di provenienza sui termosifoni che risulteranno fatti in Argentina. Logico che imprenditori come Nivoli, si sentano in trincea. Per gli investimenti fatti, anche per rispettare sicurezza ambientale e del lavoro, per i dipendenti a rischio, per le fette di mercato e di reputazione che si perdono. Quelli come lui si sentono a mani nude contro l'invasione dei termosifoni cinesi.

La rabbia non criticabile perché la politica che non vede e non sente “non governa”.

Gli operai Fiom che votano a destra"Così protetti da tasse e criminalità"Fonte: In estratto La Repubblica del 18 aprile 2008. Le tute blu lombarde contro i flussi di extracomunitari.E i camalli di Genova accusano il governo Prodi: "Ha messo fuori i delinquenti"."Votiamo Cgil in azienda e Bossi nell'urna. Che c'è di strano? La prima ci dà il contratto, la seconda la garanzia che i soldi restino al Nord"