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gusto e buongusto nell’euroregione
Nov
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EVENTi E SapoRi Di STagioNEAutunno friulano a San Daniele
Trifule in fieste a Muzzana
Purcit in stajare ad Artegna
BiRRE Di NaTaLE
mENU DELLE FESTE
Alessandro MArCorin Antiquario vignaiolo
Lis Fadis: dalle colline di Spessa i vini di eccellenza dai magici nomi di fiaba


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quAnto bAstA fvg
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Un autunno tutto da vivere, in attesa del Natale!
Numero davvero speciale questo di q.b. quanto basta FVG.
Ricco di appuntamenti golosi e non solo, che fanno rivivere il territorio nelle sue tradizioni rurali, antiche e autentiche. Un fine settimana quello di fine novembre
che vede tre importanti manifestazioni dislocate sul territorio, racchiuse idealmente sotto il marchio del Tipicamente friulano.
A Muzzana del Turgnano Trifule in fieste celebra il pregiato tartufo bianco, un prodotto di scoperta recente, anche se da sempre presente in loco. Il simbolo del successo di un’atten-zione alla propria terra e di una ottimistica passione.
Ad Artegna, con Purcit in stajare, con i norcini, i camarins e i prodotti suini tipici, si celebra uno degli animali più amati, perché essenziali alla sopravvivenza alimentare, dell’antica civiltà contadina.
E poi c’è lo specialissimo evento Autunno a Friulano, vetrina delle eccellenze regionali, per la festa dei 50 anni del Consorzio del Prosciutto, con possibilità di assaggiare 250 vini della nostra terra, Friulano in primis ma anche i suoi amici a partire dal Pinot Grigio. C’è di che essere orgogliosi e fieri!
Ma vi parliamo anche di erbe e bacche, di artigiani del gusto noti forse più fuori regione che in regione. Vi suggeriamo menu inconsueti per le imminenti festività natalizie con prodotti esclusivamente locali. Senza dimenticare le birre di Natale, un must dell’Europa del Nord che sta arrivando fino da noi.
Novità di questo numero la cucina dei blog, una realtà quella on line che anche in regione hai i suoi cultori e i suoi fan (noi di q.b. compresi). Non a caso curiamo con dedizione quotidiana il sito www.qbfvg.it.
Un q.b. ricco dunque, ma che aspetta i vostri suggerimenti, le vostre idee, le vostre collabo-razioni. Per crescere ancora!
FAbiAnA RoMAnuTTi

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FOOD BLOGGER Tanti consigli e suggerimenti dalla rete
CINORRODI Le piante spontanee e i loro frutti
PROSCIUTTO SAN DANIELE Un nome friulano in tutto il mondo
SOmmARIO
La cucina dei blog P. 6
La ricetta dei blog P. 7
Le idee del blog e la cucina senza glutine P. 8
Scuola di cucina P. 10
Frittate d’Italia P. 12
Io, nonna e il pollo P. 13
I frutti delle rose selvatiche P. 14
Osteria con cucina P. 16
Topinambur P. 17
Il negozio icona P. 18
Caramelle, che passione! P. 19
Pordenone, un biscotto e un vino P. 20
Etica del gusto P. 21
Potatura soffice P. 23
Enoteca al femminile P. 24
Borgoluce P. 26

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BIRRE DI NATALEUna tradizione antica da scoprire
mENU DELLE FESTEFasolari e cape della laguna
REGINA DI SAN DANIELE Scacco friulano al salmone
Picolit, vino dell’amore P. 28
La cantinetta domestica P. 30
Autunno friulano P. 31
Purcit in stajare P. 33
Scoprire Artegna P. 34
Trifule in fieste P. 37
Quando l’opera va in tavola P. 40
Cioccolata o Ciocorì P. 41
La nostra cena di Natale P. 42
La Regina di San Daniele P. 46
Il panettone degli altri P. 48
Birre di Natale e al cioccolato P. 50
Guida Osterie d’Italia P. 54
Ciclamino friulano certificato P. 56
Mercatini di Natale in Carnia P. 58
Libri da degustare P. 60
Curiosità e novità P. 61

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LA CUCINA DAI BLOG
Blecs are on the
taBleNotizie dal mondo dei foodbloggers
MaRta OMeRO
Il fenomeno dei blog dilaga sia nel settore food e cucina sia nel set-tore vini. “Sarà una moda, sarà
tendenza, ma non possiamo starne senza”. Ricette, suggerimenti consigli, concorsi amicizie. Un nuovo mondo decisamente affascinante, che talvolta rischia di farci sentire sommersi dalla quantità di notizie, indirizzi, link. Un mondo che ci seduce e di cui non pos-siamo e non vogliamo fare a meno. Per cominciare, vi proponiamo un blog (http: //machetiseimangiato.com) che ha molto del tipicamente friula-no, anche se Rossella Di Bidino vive da tempo a Roma. Qualche giorno fa era a Udine per una conversazione tra foodbloggers. C’erano anche Theodo-ra Hurustiati, indonesiana residente a Udine (Pura cucina il nome del suo blog) e Maria Grazia Menegon (Piatti più in là, sottotitolo allettante “dima-grire senza rinunce”). Decisamente coinvolgente il concorso (contest) dei mesi scorsi lanciato da Rossella. Dal titolo Blecs are on the table. Un’av-ventura attorno a un piatto tipico, al limite della soglia di povertà. Ricetta
friulana lasciata alla libertà del web per gli adattamenti moderni. Forse la semplicità della ricetta, la particolari-tà di quell’ingrediente, farina di grano saraceno, avrà lasciato basiti all’inizio. “Ma dopo mesi di blecs online, scrive Rossella, è giunto il momento di tirar le somme. I partecipanti hanno tutti, senza esclusione, saputo interpretare magnificamente la ricetta. Ognuno ha aggiunto quel suo ingrediente par-ticolare, ogni adattamento ha saputo valorizzare i Blecs e insieme le tipicità italiane (e non solo). Formadi Frant, Conciato di San Vittore, ciauscolo, erbe dell’orto, funghi shitake, spezie son comparsi nelle ricette”. Il concor-so è giunto al termine. Tutte le infor-mazioni sul blog. Noi abbiamo scelto la ricetta di Maria Cristina Novello, il cui blog seguiamo con attenzione in quanto anche non solo di cucina. La nuova cultura culinaria passa di certo anche da internet e come non mai co-niuga virtuale e reale. Ed è sempre più giovane: un segno di consapevolezza crescente intorno al ruolo del mondo del cibo.

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LA RICETTA DEI BLOG
blecs alla zucca di venzone e speck di sauris
Mescolate i due tipi di farina e formate un “nido” sul vostro piano di lavoro, aggiungete le uova, il burro morbido, un pizzico di sale
e iniziate a impastare. Formate un panetto e lasciatelo riposare per circa mezz'ora. stendete la pasta in una sfoglia mediamente
sottile e tagliate i blecs nella classica forma triangolare. Portate a ebollizione abbondante acqua salata e cuocete i blecs per circa
4 minuti. Il tempo di cottura può variare a seconda dello spessore della pasta. Nel frattempo tagliate la zucca a cubetti e le fette
di speck a striscioline. In una padella antiaderente fate cuocere a fuoco moderato la zucca in circa 50g di burro, fino a che i cubetti
non inizieranno appena a sfaldarsi, salate leggermente.
all'ultimo unite lo speck che deve cuocere poco, giusto un paio di minuti.
saltate assieme al condimento i vostri blecs a fuoco vivo e servite ben caldi.
completate il vostro piatto con la ricotta affumicata in scaglie e accompagnate con un bicchiere di vino bianco secco. Nel nostro
caso un buon Friulano.
se volete saperne di più su Maria cristina Novello questo è l’indirizzo del suo blog: http://udinelamiacittaenonnapina.blogspot.com
Un blog che nasce dal desiderio di scrivere, comunicare e relazionarsi con gli altri. “avevo fatto tutte queste cose in tanti anni di
lavoro, racconta Maria cristina, ma sempre dietro le quinte. Nel blog invece ci sono io, con il mio mondo fatto di tante emozioni e
di mille interessi. l’ispirazione per iniziare l’ho presa da due pilastri della mia esistenza: Udine, la mia città natale, città che adoro
e mia nonna Giuseppina, che è stata una grande donna, un’appassionata creatrice di moda e una cuoca sopraffina!
MaRIa cRIstINa NOVellO
Ingredienti per i blecs (per 4 persone):
100 g di farina di grano saraceno, 100 g di farina di kamut,
50 g di burro, 2 uova, sale
Ingredienti per il condimento
cubetti di zucca (circa 100-150g), 200 g di speck di sauris
in due fette da 100g, ricotta affumicata, sale, burro

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LE IDEE DAI BLOG
Cucina senza glutine per tuttiCon le mani nel sacher: un blog goloso fin dal nome
La necessità è prima diventata sfida, poi passione: per trasformare pietanze “non-celiache” in pietanze “celiache” in modo che non si noti la differenza
aRIaNNa BUZZIOlO
“Dipingo immagini che mi ri-empiono di gioia, [...] faccio cose che mi ispirano un'emo-
zione profonda e tento di dipinger-le con onestà”. Così Salvador Dalì. Un po’ pretenzioso citare un artista di tanto peso per spiegare il primo passo che mi ha portato a tuffarmi nel mare degli infiniti blog sul cibo che ci sono in rete? Non credo, perché chiun-que, come me, si butti in un’avventura creativa come quella del blog, ha nel suo carattere una vena di immodesta autocelebrazione e di esibizionismo.Ma perché un blog? Essendo io una di quelle persone che ne fanno una e ne pensano altre mille, credo che il bubbolio della mia creatività avesse bisogno di un canale in cui scorrere. Allora perché un blog di cucina? A me piace tutto, piace fare tutto, interessa tutto: dal seguire giocatori di football americano, alla subacquea al cucito, la pallavolo, il nuoto, la corsa, l’equi-tazione, il canto, la chitarra. Passio-ni che sono andate, venute, tornate, sparite, riemerse. Una sola è cresciu-ta e maturata nel tempo: la cucina.C’è qualcosa di meraviglioso nella cu-cina che mi riporta indietro nel tempo. Cucinare è un po’ come da bambini si gioca a fare i pasticci, solo che alla fine esce qualcosa di buono e commestibile. E’ come giocare al piccolo chimico.
Io sono celiaca, lo sono da sempre, una delle prime celiache. Quelle dei tempi in cui c’erano solo tre prodotti per celiaci: un tipo di pane, uno di pa-sta e uno di farina. Null’altro, e anche questi non erano poi un granché. A pensarci ora quasi quasi sorrido, alla vista di batterie e batterie di biscot-ti, muffin, pasticcini, farine e persino surgelati.Come si dice in friulano “ognun al bale cun so agne”: i celiaci nella vita hanno dovuto sapersi arrangiare. Io cucino per me da quando ho 11 anni e da allora non mi sono mai ferma-ta. Ricordo ancora la mia prima pa-stasciutta al pomodoro al ritorno da scuola con la corriera. Ricordo anche la mia prima torta. Una torta al caffè da uno di quei libri della Selezione. Sarà stato di buon auspicio, ma la mia prima torta era venuta buonissi-ma, a dispetto dello stato della cuci-na a fine lavori!Da allora la necessità è prima diven-tata sfida, poi passione: per trasfor-mare pietanze “non-celiache” in pie-tanze “celiache” in modo che anche i non celiaci non notassero la diffe-renza. Questo un po’ il senso della mia cucina: cucina senza glutine per tutti. Il mio blog con le mani nel sacher ha come sottotitolo “pastic-ceria senza glutine, appunti di

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LA RICETTA DAL BLOG
CoCCola dI mele
Ingredienti: 2 uova, 300 g di zucchero, 300 g di fa-
rina Mix C Dolci Schaer1, 125 ml di latte (o quanto
serve per rendere la pastella lavorabile), una bustina
di lievito consentito, 1.5 kg di mele, vaniglia o rum
zucchero (i 3 cucchiai che avete tenuto da parte a cui
potete aggiungerne a piacimento).
Preparazione: Montare le uova intere con lo zucche-
ro meno 3 cucchiai, aromatizzare con la vaniglia o il
rum, aggiungere la farina setacciata assieme al lievi-
to, il latte e infine le mele tagliate a cubetti. Versare
l’impasto in uno stampo della forma che più vi piace
e cospargere la superficie di abbondante zucchero (i
3 cucchiai che avete tenuto da parte a cui potete ag-
giungerne a piacimento). Potete tagliare parte delle
mele a fettine e disporle a rosa sulla superficie della
torta ottenendo l’effetto mostrato in foto.
Questa versione ha le
mele sia nell'impasto,
che disposte sopra a
rosa, ma se si vuole
essere più rapidi, si
può mettere l'inte-
ra quantità di mele
a pezzi nell'impasto.
Io di solito e secondo
le stagioni la arric-
chisco con mandorle
o nocciole tostate e
spezzettate, uvetta
bagnata nel rum e nel
periodo natalizio con spezie come cannella, chiodi di
garofano, noce moscata ecc..
1 Gli ingredienti impiegati per le mie preparazioni compa-iono nel prontuario degli alimenti senza glutine dell'As-sociazione Italiana Celiachia. Solo questi alimenti possono essere utilizzati e considerati sicuri per la preparazioni di alimenti per il celiaco. La marca, il tipo e la provenienza degli ingredienti senza glutine vengono esplicitamente menzionati senza alcun fine pubblicitario, al solo scopo di permettere agli utenti di questo blog di ottenere gli stessi risultati dei post pubblicati. Le opinioni rispetto alla resa degli ingredienti senza glutine utilizzati, alle loro carat-teristiche organolettiche e funzionalità sono il frutto di opinioni e gusti personali di chi scrive e non intendono in alcun modo influenzare le opinioni e le scelte d'acquisto dei lettori.
viaggio, di vita ed esperimenti”. Il mio non è solo un blog di cucina. Per me la cucina e i sapori sono le-gati strettamente alle situazioni che vivo. è un modo di leggere i miei giorni. Adoro scrivere delle persone che popolano i miei giorni, la fami-glia, il lavoro, gli amici, gli affetti. Il blog è un modo di metter ordine fra le mie emozioni e i miei pensieri. Pensieri che qualche volta sembrano tante formichine che camminano veloci veloci. I post fanno ordine.
Le mie idee come formiche su un penatagramma
Ritornando a Dalì, ricordo che in un suo quadro il suo immaginifico ha prodotto la scena di uno spartito le cui note pian-piano diventano formi-che che camminano sul pentagram-ma. Il blog per me è un po’ il contrario, un modo di far camminare il formico-lio dei miei pensieri e rimetterlo in bell’ordine tra le linee di un penta-gramma, per poi creare qualcosa di bello, che mi riempia di gioia, che mi ispiri un emozione profonda, dipinta con onestà. Così per me ha tutto un po’ più senso.

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SCUOLA DI CUCINA
abbiamo fatto una frittata!
FaBIaNa ROMaNUttI
Dalla cucina virtuale alla cucina reale, o meglio alla scuola di cucina con grandi
maestri. Cucina 33, il concept che a Pordenone fa tendenza, negozio e scuola, libreria e miniera di novità, proponeva qualche settimana fa un incontro con lo chef Franco Luise. Con un tema decisamente allettante: frittate! Luise è veneto e fino al 2007 ha lavorato in grandi ristoranti (l’ul-timo, Molino Stucky a Venezia). Poi ha deciso di passare alla consulenza, grazie a un’esperienza trentenna-le maturata dietro i fornelli. Lavora per Electrolux nella formazione per professionisti in particolare per quel che riguarda le tecniche di cottura, il sottovuoto, le basse temperature.
Come spiega questa passione, una vera moda, per i corsi di cucina, gli abbiamo chiesto. Alla base di tut-to non c’è una moda, ci ha risposto, ma il piacere. Il piacere di mangiare bene e di farlo a casa propria. E alcu-ne responsabilità, ci ha detto (relata refero n.d.r.), sono della ristorazione, spesso improvvisata, non sempre professionale, con una forbice trop-po ampia qualità- prezzo. Ecco allo-ra, che le persone che hanno capito l’importanza degli ingredienti e della materia prima preferiscono acqui-stare da sé i prodotti e poi vogliono capire come prepararli al meglio. Ecco dunque la scelta di frequentare corsi e scuole di cucina, Al piacere di mangiare bene, sottolinea ancora
Luise, si aggiunge il piacere di pre-parare il cibo per le persone della propria famiglia riscoprendo il sen-so archetipico del fuoco che cucina e per gli amici, riscoprendo il senso della socialità. Risposta provocatoria da parte di Franco Luise anche sul-la cosiddetta cucina della memoria: “Non amo le rivisitazioni: la cucina di un tempo deve essere riproposta come un tempo, con i suoi grassi e i suoi sapori. Mangiamone meno, ma mangiamola com’era”. è aperto il di-battito. Noi siamo a favore, lo testi-monia anche un nostro editoriale di qualche mese fa a favore del burro (in sintesi: Cucina della nonna sen-za sponghie e senza ont? Ma di quale nonna parliamo?).
La differenza sta tutta nella passione.Semplicità e verità nel piatto


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FRIttate D’ItalIaUn piatto trasformista: affogate, croccanti, farcite, soffiate
Frittate d’Italia, non una definizione metafori-ca dello stato del Paese, ma piuttosto un ri-tratto della penisola in tempera, ovvero con
l’uovo. Con un viavai di gusci da Bolzano a Palermo, l’alimento dalal forma perfetta finisce sempre in pa-della, mai però nella stessa maniera. Affogata, croc-cante, farcita, soffiata , elegante, popolare, nutriente e poco dispendiosa, la frittata si rivela un piatto tra-sformista, in perfetta sintonia con i nostri tempi e le nostre tasche. Ma na-turalmente nel suo libro Franco Luise
ci regala anche la frittata dei ricordi, in un volume dalle spiegazioni chiare e dalle immagini parlan-ti. Non si tratta quindi di rigirare la frittata ma di poterla gustare in venti-sette sorprendenti ver-sioni. Dalla veneziana Ovi schie e castraure a quella trentina farcita con cavolo rosso speck e mela, dalla milanese
riso zafferano e asparagi a quelle che Luise chiama Uova all’amatriciana. Da Ravello (dove in passato Luise è stato chef all’hotel Caruso) arriva la frittata soffiata di agrumi e limoncello. Per arrivare in Calabria con frittata croccante di cipolle rosse acciughe e cappe-ri. Irresistibile anche la frittata di mortadella. Senza dimenticare i preziosi accorgimenti da seguire pri-ma di mettersi all’opera. Luise tornerà ancora a Cu-cina 33 nei primi mesi del 2012. Per info sugli eventi: [email protected]

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Sono nato in una casa dai mattoni rossi, in quella che un tempo era la periferia di una Padova non ancora divorata dal modernismo delle fabbriche.
Una dimora modesta, ma impregnata di quei valori che facevano ricca la mia infanzia, basati sul lento scandire del tempo e delle stagioni, sui frutti che provenivano dai terreni coltivati da mio nonno e da mio padre. Mia nonna Amabile era una donna austera, severa con gli altri e con se stessa, ottima cuoca, possedeva un gusto d’altri tempi per il cibo che preparava. La cucina era il suo regno. (…) Quella casa di campagna possedeva un attiguo pollaio che, oltre a fornire alla nostra mensa carni prelibate per i giorni di festa, era forziere di altri giornalieri tesori. Non-na lo visitava giornalmente per raccogliere quelle preli-bate freschezze , ingredienti essenziali per la sua pasta fresca e per meravigliose frittate. (..) Quelle uova erano il frutto di galline grasse, nutrite con granturco ancora lon-
IO, NONNa e Il POllaIOFu con le uova di grasse galline che
s’avviò la mia carriera di cuoco...
FRaNcO lUIse
tano dall’essere degradati dall’inquinamento o dai pesti-cidi; nonna mi insegnò ad assaporarle crude, sapendone cogliere tutte le preziose sfumature degli aromi. Fu con questa pietanza che s’avviò la mia carriera di cuoco: non-na diceva che ogni uomo doveva almeno sapersi cucinare due uova di frittata e me lo volle insegnare mentre ancora piccolo di statura salivo su una sedia per vedere meglio il compimento della sua opera. (per gentile concessione dell’autore, dalla presentazione del libro Frittate d’Italia, edizioni Bibliotecha culinaria).

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CINORRODI
i “frutti” delle rose selvatiche
Per marmellate autarchiche
eNNIO FURlaN
Possiamo dire che la rosa canina è l’antenata di tutte le rose: a partire almeno dal 1000 a.C., sono state selezionate migliaia di varietà di rose poi
coltivate come piante ornamentali. Pochi sanno che il cinorrodo (questo il nome scientifico di quello che nei dialetti locali si chiama “picecul” o “spisacul”) contiene diverse vitamine del gruppo C, contiene Selenio e molti antiossidanti; è utile come antinfiammatorio, come diu-retico e come ritardante dell’invecchiamento della pel-le. E’ ideale per i bambini: è infatti un ottimo protettore delle difese immunitarie e questa è la stagione in cui sarebbe opportuno dare loro per almeno 30 giorni un cucchiaio di decotto o di infuso ogni mattina. Sia chia-ro che per fare un decotto o un infuso, i cinorrodi non devono essere troppo molli, come invece saranno per la confettura che vi propongo). Vanno tagliati a metà per poi togliere la peluria e i semi (che in realtà sono i frut-ti). I semi vanno essiccati per almeno un mese, prima di essere utilizzati. Se il decotto o l’infuso viene dato ai bambini, si può aggiungere qualche cucchiaio di zuc-chero, o meglio ancora di miele.

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Confettura di picecui(pseudo bacche di rosa canina)Non è ancora il momento di pre-pararla (per ottenere una buona confettura i cinorrodi devono aver preso almeno due ghiac-ciate e devono quindi essere diventati molli, il raccolto di solito avviene in gennaio e nel-le prime settimane di febbraio) però intanto potete mettere da parte la ricetta per il momento opportuno. Ingredienti: kg 2 di cinorrodi (o pseudo bac-che di rosa canina, vulgo pice-cui) 1 l di vino bianco, 2 limoni, zucchero e acqua q.b.
Procedimento:Cominciate grattugiando la parte gialla dei limoni e mette-tela da parte. Pulite le bacche da eventuali rametti e del bot-tone scuro dove erano attaccati i petali (non serve togliere la peluria perché nella cottura essa sparirà, e anche perché è operazione praticamente impossibile da fare, comunque fidatevi, se ne va). Mettete le pseudo bacche in una casse-ruola, aggiungete il vino e fate bollire a fuoco moderato fino a che vedrete le bacche spappolate. Passate il tutto con il Mixer. Se il prodotto è troppo denso aggiungete dell’acqua calda per ammorbidirlo, quindi passate al chinoise o con un passino a maglie strette. Lì servirà la vostra pazienza: il lavoro è lungo ma ne vale la pena. Vi rimarrà una purea che peserete prima di aggiungere lo zucchero nella propor-zione del 60% del peso della purea e il succo dei due limoni. (Poichè la confettura viene fatta per essere conservata, c’è l’obbligo dello zucchero al 60%, per impedire al botulino di svilupparsi; se invece la usate subito potete limitarvi anche al 40%). Portate a ebollizione, a fuoco medio, fino alla den-sità desiderata. Attenzione: la buccia dei limoni, già grattu-giata va aggiunta qualche minuto prima di spegnere.
Un tempo, nei mesi freddi, quando la frutta fresca non c’era, per i ragazzi era una gioia andare a caccia di picecui e succhiarli golosamente, anche se si tornava a casa con le mani tutte graffiate

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osteriA Con CuCinAAl Picecul, a Torsa di Pocenia, sulla piazza
Avete presente quel gioco delle libere associazioni di parole? Dopo l’articolo di
Ennio Furlan sulle pseudo bacche, poteva mancare un’osteria cha assai simpaticamente si chiama proprio Al Picecul? Il motivo del nome ce lo spiega Evelin Pampagnin, la giova-ne titolare che da tre anni gestisce questo piccolo ristorante. “Cercavo un nome friulano caratteristico, fa-cile da ricordare, un po’ originale; il suggerimento mi è venuto da mio nonno e dai suoi racconti di ragazzo di quando c’era poco da mangiare e si andava nelle radure di campagna per trovare qualche cosa di dolce e di buono: i picecui. E Osteria al Picecul è stata. Anche la casa dove abbiamo creato l’osteria era di mio nonno, Il-nini, oggi più che novantenne, e con la tradizione ho sempre mantenuto uno stretto legame”. L’Osteria è sul-la strada principale nei pressi della chiesa (parcheggio non difficile nei dintorni). Si apre su uno spazio con tavoli di legno scuro e un bel fogolar (acceso in questi mesi) sul fondo. Vo-
la tradizione in modo creativo e tutto è preparato sul momento. La prima info che leggete sul menù infatti è una frase tipo “abbiate pazienza, c’è qualche minuto da aspettare”. Cosa che fanno volentieri sia le famiglie sia i gruppi di amici che vi fanno tap-pa. Dopo un antipasto con una scelta che spazia da “Porca l‘oca” al cervo affumicato, dal formaggio con gela-tine al baccalà mantecato, in queste settimane vi attendono un gustoso risotto di radicchio e castagne, gnoc-chi di zucca con porro e salsiccia, ta-gliatelle con ragu di lepre e timo, ma anche i ravioli con la capesante e il formadi frant al kren. Un formaggio molto intrigante di cui abbiamo chie-sto la provenienza: la Latteria di Tal-massons! Fra i secondi c’è anche lo spezzatino d’asino. Un occhio atten-to è riservato ai bambini che trovano sempre le patate fritte sul momento. Prezzi ragionevoli (i primi sono sulla media dei 9 euro), la scelta dei vini è limitata a poche ma selezionate eti-chette. In un piccolo paese che ricor-da ancora il Friuli di un tempo.
lendo si può anche mangiare qui, ma il ristorante è stato creato al piano superiore raggiungibile con comode scale. Semplice e curato, con una collezione straordinaria di fotografie d’epoca della famiglia di Evelin e di Luca Morassut, enotecnico, che con lei condivide questa avventura. E un menu che privilegia i primi piatti. Il cuoco è il giovane Marco Tonasso che ha lavorato alcuni anni da Nando a Mortegliano. Rivisita le ricette del-
FaBIaNa ROMaNUttI

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Autunno: è il momento del Topinambur, della Pastinaca e di tanti altri tuberi invernali, radici versatili da gustare in cucina, o per preparare benefici decotti e ottime conserve. E' tempo anche di bacche colorate: fondamentale imparare a riconoscere quelle commestibili da quelle nocive. Di tutto questo si è parlato nei giorni scorsi in
un’affollatissima serata all’Enologica Friulana di via Stiria a Udine, con la dottoressa Eva Marcuzzo del Dipartimento di Scienze Alimentari dell'Università di Udine e con lo chef Ennio Furlan del Collegio Cocorum, vero maestro raccoglitore di erbe e bacche. Che si racconta anche in queste pagine.
tuberi autunnali
Il elIaNthUs tUBeROsUs eNtRa IN taVOla
eNNIO FURlaN
Il Topinambur (Elianthus tu-berosus) è una pianta tuberosa infestante: se l’odore del tubero
ricorda il carciofo, quello del bel fio-re giallo (i suoi petali sono ideali per guarnire i piatti) ricorda i girasoli. E’ una delle ultime piante a fiorire e i tuberi vanno raccolti dopo la fiori-tura. In Friuli crescono due specie di topinambur (detto anche patata ame-ricana) quello con la buccia bianca e quello con la buccia rosa (più sapori-to). Avvertenza: dopo averli puliti e aver grattugiato la scorza, avvolgeteli in un panno umido affinché non in-grigiscano). In cucina si può usare sia da crudo, tagliato a listarelle o grattu-giato, sia da cotto: lessato o arrostito. Vi consiglio una frittata inconsueta con topinambur, pancetta coppata, prezzemolo e un pizzico di zucchero, oltre al sale. In padella potete pre-pararlo con cipolla di Tropea, olive, capperi e acciughe, spolverizzati con
pecorino di media stagionatura. Mol-to gustosi anche i gnocchi con topi-nambur, patate, farina 00 e farina di riso. Per la buona riuscita dell’impa-sto seguite questi consigli: una volta lessate le patate e i topinambur la-sciateli raffreddare, altrimenti assor-biranno troppa farina. Il tavolo di la-
vorazione deve essere ben infarinato. Se l’impasto non sarà abbastanza sodo basterà aggiungere altra farina 00. Sappiate che non c’è una regola preci-sa sul dosaggio delle farine, in quanto non conosciamo l’umidità delle stesse e nemmeno sappiamo quanta parte acquosa abbiano le patate: tutto si re-gola quindi con eventuale aggiunta di farina (00). Quanto basta, appunto! Condire con salsa noisette (panna, burro, sale, pepe, dado granulare; noi-sette in francese significa nocciola, è quindi pronta quando sentirete dif-fondersi un buon profumo di nocciole mente cuocete il burro con la panna). La salsa dovrà essere preparata pri-ma di mettersi a fare gli gnocchi (si conserva benissimo in frigo per qual-che giorno) perché quando li togliere-te dall’acqua, la salsa deve essere ben calda nella padella dove metterete i gnocchi a saltare, spolverandoli con formaggio grana.

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Jacqueline: il negozio iconaDa decenni a San Daniele il regno
di caramelle e cioccolatini
aNGelO BORtOlUZZI
Quando sono nel centro di San Daniele mi sembra manchi sempre qualcosa: a parte il
più o meno vorticoso turn over dei ne-gozi, mi accorgo per esempio che non trovo nei pressi una farmacia né una macelleria. Per fortuna c’è sempre Jac-queline, il negozio di dolciumi che da quando ero bambino è sempre al suo posto. In via Umberto I, n. 16.Uguale a se stesso, impercettibilmen-te rinnovato, sempre bello e ricco di dolci colori. Un negozio che vende solo caramelle (ma esistono ancora i bam-bini che le amano o sono tutti passati alle barrette di cioccolato e ai chupa chups?) è di per sé quasi una rarità di questi tempi, in cui i piccoli punti ven-dita scompaiono uno dopo l’altro. Ma la vera rarità è Jeanine la signora che lo gestisce con amore e vera passione. La signora delle caramelle, come la chiamo io, ha un’eleganza innata (non a caso in passato ha lavorato nell’ate-lier delle sorelle Fontana) sottolineata dalla r arrotata alla francese. Ha un certo numero di anni che porta con grande classe e mentre quasi tutti cercano di andare prima possibile in pensione, lei alza ogni giorno la saraci-nesca con gioia, per accogliere i clien-ti che vengono anche da fuori perché sanno che da lei si trova il meglio. Mar-chi come Baratti, Majani, Lindt, Ven-chi per la cioccolata, declinata in una
gamma completa di formati e gusti. Le caramelle Leone che nei suoi vasi diventano gioielli di bontà. Violette e rose, ginevrine e confetti.E in questa stagione anche i veri marron glacès: fatevi raccontare da lei come si fanno, resterete incantati ad ascoltarla. Jeanine di cognome fa Mecchia; la sua famiglia proviene da
Valeriano di Pinzano e se le fate qual-che domanda in proposito e su come è giunta e rimasta a San Daniele sco-prirete un intreccio di emigrazioni incrociate e partire dalla Francia e di vicende familiari che danno la cifra di-stintiva di una vita: senso del dovere e amore per il bello; spirito di sacrificio e gioia per un lavoro ben fatto.

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Caramelle, che passione!
La storia della canna mellis inizia con quella dello zucchero
FaBIaNa ROMaNUttI
Le prime caramelle giunsero dal Vicino Oriente intorno all’XI con il ritorno in patria
dei Crociati. Erano semplici barrette di zucchero di canna (il nome deriva dalla dizione spagnola del latino can-na mellis). Ma solo dopo la scoperta e la colonizzazione delle Americhe, lo zucchero diventò merce diffusa, anche se riservata alle classi più agiate. Veniva venduto in “pani” di forma conica, dai quali si grattava via la quantità necessaria. Era raro e costoso. Ho un ricordo d’infanzia: mia nonna teneva lo zucchero in zol-lette nascosto nella madia, come un gioiello, finché un giorno decise di regalarcene qualcuna, ma all’apertu-ra si scoprì che erano arrivate prima le formiche. Solo per dire per quanti secoli la miseria aveva fatto conside-rare lo zucchero una spezia prezio-sa. Tra il XVII e il XVIII secolo con l’estrazione dalla barbabietola di uno zucchero bianco, facilmente solubile, l'arte dolciaria si trasformò e diven-ne protagonista di una nuova arte: quella della confetteria. Il Confettu-riere Piemontese, del 1790, descrive il procedimento per fare le caramel-le, "cuocendo il zuccaro alla cottura detta caramel" con il suggerimento di prove empiriche per verificarne il punto di cottura: deve risultare croc-cante e non appiccicoso.
Nell’Ottocento le caramelle erano fatte al torchio. Una volta raggiunta la giusta temperatura il composto di acqua e zucchero si versava in una cornice posta su un piano di marmo leggermente unto (a qualcuno ricor-da lo zucchero d’orzo fatto in casa in certi pomeriggi invernali, come golo-sa merenda?). Quindi si disponeva il ripieno su metà del caramello parzialmente indurito prima di sovrapporre l'altra metà. La lastra ottenuta era passata sotto una pressa e le caramelle venivano poi ritagliate manualmente una a una
e incartate. La carta aveva anche una funzione pratica soprattutto da quando, con la nascita dell’industria dolciaria, la vendita non avveniva più in laboratorio ma dai dettaglianti. Sempre per una clientela benestan-te: alcuni dei lettori ricorderanno che fino al secondo dopoguerra un pezzetto di cioccolato o qualche ca-ramella erano doni preziosi, che mol-ti bambini vedevano solo a Natale...
Anche le caramelle e l’arte che vi si profu-se sono per gli appas-sionati testimonianze dell’evoluzione dello stile e le scatole da dol-ci in cartoncino (poche ormai) e in latta sono diventate oggetto da collezione.
Le violette di zucchero che oggi si trovano in commercio derivano dalle ormai quasi introvabili violette can-dite, che nell’Ottocento erano servi-te con i marron glacés. Vere violette, raccolte al mattino, quando i fiori sono più sodi; spennellate a mano, petalo per petalo, con una soluzione di gomma arabica e poi caramellate a bassa temperatura con un proce-dimento in grado di non alterarne il colore.

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PORDeNONe: una città, un biscotto e un vino
Il Biscotto Pordenone®, un intri-gante dolce-salato che piace l’ab-biamo assaggiato a Good 2011: ne
avevamo abbondantemente solo sentito parlare. Non a caso: è riconosciuto dal 2004 prodotto tipico friulano dal Mini-stero delle Politiche Agricole e Foresta-li! Non possiamo che dire “mea culpa”, come dovrebbero fare molti altri che vivono in regione e non conoscono al-cuni dei prodotti più rappresentativi del territorio. Qui ve ne parliamo per-ché la pasticceria che l’ha inventato e brevettato, la Montereale di Pordenone, è stata una fra le cinque pasticcerie di artigiani del gusto selezionate per la re-centissima edizione di Golosaria a Mila-no, a cura di Paolo Massobrio e del suo club Papillon. “La famiglia Martin della pasticceria Montereale ha condensato il tradizionale binomio dolce e salato della cucina pordenonese e friulana in un unico prodotto: il Biscotto Pordeno-ne. Realizzato con farine di grano duro e di mais, mandorle, sale, grappa, che gli conferisce fragranza, può essere gustato anche con i salumi, con miele e formaggio e con il vino. Specializzati anche nel gelato proposto per i diabeti-ci, al fruttosio, e in inverno nella versio-ne "caldo": questa la motivazione della scelta di Golosaria. Non vi resta che as-saggiarlo: eccovi quindi l’indirizzo.
Pordenone, in onore al pittore rinasci-mentale Giovanni de’ Sacchi, si chiama anche un vino nuovo, presentato uffi-cialmente al pubblico nel giorno di San Martino. Nato da un vitigno autoctono come il Refosco, diffuso sul territorio delle Grave, “il Pordenone”, che è stato seguito da un gruppo di lavoro compo-sto da viticoltori, enologi e progettisti di impiantistica enologica, è caratterizza-to da un perlage discreto e persistente, da una gradazione alcolica non eccessi-va, da intensi ed eleganti aromi di rosa. Nuovo anche il metodo di spumantizza-zione. La fermentazione è avvenuta in piccoli contenitori da 50 litri, una via intermedia tra la fermentazione in bot-tiglia (quello dello Champagne o, in Ita-lia, dello spumante “metodo classico”) e le grandi autoclavi utilizzate per il metodo Charmat (quello del Prosecco).
La montereale di Pordenone, è stata una fra le cinque pasticcerie di artigiani del gusto selezionate per Golosaria
INFO
Pasticceria Gelateria montereale, via montereale, 23 tel. 0434 365107 www.biscottopordenone.it.

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Dalla passione e dedizione al lavoro artigianale, dalla scel-ta della qualità delle materie
prime per offrire solo il meglio, dal desiderio di crescita professionale condivisa è nata l’associazione “Etica del Gusto” formata da oltre 30 artigia-ni di tutto il Friuli Venezia Giulia che hanno scelto di sposare la filosofia del “buono, anzi buonissimo, purché sano e di alta qualità”. Fornai, pasticceri, gelatai, cioccolatieri, l’associazione “Etica del Gusto” non ha fini di lucro: da qui il suo valore etico. I fondatori
dell’associazione, tutti artigiani, de-dicano parte del loro tempo all’orga-nizzazione di corsi di specializzazione con i massimi esperti internazionali del settore della pasticceria, per of-frire alla clientela sempre il meglio in fatto di scelta delle materie prime, tecniche di lavorazione del prodotto, metodi di cottura, e, soprattutto, in fatto di gusto!Le materie prime di alta qualità, le uniche considerate dall’associazione Etica del Gusto, sono le sole a poter garantire un appeal olfattivo di sicuro
etica Del gusto: una scelta di qualità
e di bontà
INFO
Etica del Gusto Via Colloredo, 128/1 Pasian di Prato (UD)
Tel. 0432 64 44 28 E-mail: info@eticadelgusto
Ufficio stampa: monica Bertarelli [email protected]
successo: esclusivamente i prodotti naturali, selezionati dopo anni di ri-cerca da parte dei fornitori più atten-ti, conferiscono al prodotto finale il massimo in fatto di profumo. L’Etica scarta a priori tutto ciò che deriva da lavorazioni chimiche. Ne deriva che, anche il pasticcino più semplice, è in grado di trasferire a chi lo gusta l’essenza della genuinità e bontà. Qui sotto tutti i nomi degli associati. Per saperne di più sulle attività e i corsi dell'associazione potete visitareil sito www.eticadelgusto.it
Pasticceria GIada di Paoloni andreaVia san Pelagio, 24 - tRIcesIMO
Pasticceria alla ToRINeSe - di Fiorini santoVia Forni di sotto, 21 - UDINe
Panificio Pasticceria CaVallo eNZoViale Vat, 52 - UDINe
GelaTeRIa aRTedolCe - di Venier stefanoViale Barbacane, 21 - sPIlIMBeRGO
Panificio CRaGNolINI WalTeR di cragnolini enzo & c. Via Osoppo, 5 - GeMONa Del FRIUlI
Pasticceria dolC&VITa - di Maritani sandro & c.Via savoia, 6 - staRaNZaNO
Panificio Pasticceria oRSo & BRaNdolINdi Orso Massimiliano - Piazza Roma, 19 aIellO Del FRIUlI
Panificio Pasticceria PaSTIPaNdi cassin Magda & c. - Via santa lucia, 39 BaGNaROla di sestO al ReGheNa
Panificio GoBaTTo - di Renato Gobatto & c.Via Julia, 4 - lIGNaNO saBBIaDORO
moSaICo PaST. CIoCCol. - di Medeot aliettaP.za capitolo, 17 - aQUIleIa
Panificio Pasticceria BeRIN VITToRIo Via carducci,2 - MeDeUZZa
Panificio pasticceria GUSPaRo GIaNFRaNCoVia Umberto I° - FaGaGNa
Panificio BelloTTo eNRICoVia Monte sei Busi, 3 - saN VItO al taGlIaMeNtO
PaNIFICIo GIUlIo - di Marco e Paolo GiulioPiazza Duomo, 23 - latIsaNa
dolCe FoRNo di Basso Fabio & c.Via Verdi, 9 - aZZaNO DecIMO
SoNCIN F.llI - di soncin luca & c. Via Fabris, 29 - OsOPPO
Panificio Pasticceria Il FoRNo Di c. scialino & a. Rizzo - Via Morgante, 31 - taRceNtO
Panificio IoB IVaN - di IOB IVaN & c.Via a. Diaz, 4 - MeRetO DI tOMBa
PaSTICCeRIa F.llI GaNGI - Di Gangi Giuseppe & c. Via Grazzano, 98 - UDINe
ePPINGeR CaFFe’ Via Dante alighieri, 2/b - tRIeste
Pasticceria Gelateria GIUlY - di Gardin FlavioVia Roma, 8 - GONaRs UD
Panificio pasticceria da maRINo di NaRDO MaRINO - Via s. simone, 31 PRata
Panificio maSUTTI eTToRedi Masutti Giuseppe & c. Piazza Roma, 14 - ROVeReDO IN PIaNO
Panificio Pasticceria CaSTellaRIN Via Neveano, 5 - MaRtIGNaccO
Il FoRNaIo - di Purinan Roberto & andreaVia del Gelso, 2/8 - UDINe
PaSTICCeRIa FeRRaReSedi Filippo Ferrarese & c. -Via trasaghis, 152 GeMONa Del FRIUlI
PaSTICCeRIa GIUdICI di Giudici alessandro - Via Oriani, 9/a tRIeste

ENOLOGICA FRIULANA srl / Via Stiria 36/1 33100 UDINE / T. 0432.602194 F. 0432.523544
www.enologicafriulana.it

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POtatURa sOFFIce Interventi di taglio mirati e rispettosi della salute della vite
La Scuola Italiana di Potatura della Vite, ideata da Marco Si-monit e Pierpaolo Sirch, i Pre-
paratori d’Uva, riparte con un nuovo ciclo di corsi. Dall’1 al 3 dicembre all’Enoteca di Cormons, con una par-te teorica (Elementi di base di Fisio-logia della vite e Corso di potatura) e una pratica in vigna (aspetti prati-ci della Potatura “soffice” su Guyot e Cordone speronato). Lezioni a nume-ro chiuso (massimo 35 partecipanti), organizzate in collaborazione con il Dipartimento di viticoltura ed eno-logia dell’Università di Udine diretto dal prof Peterlunger, aperte a studenti universitari, vignaioli friulani, sloveni e croati. La Scuola Italiana di Potatura della Vite é di fatto un centro di for-mazione permanente, in collaborazio-
su you tube il video dei preparatori d'uva a questo linkhttp://youtu.be/WAHrj8N6aIQ
ne con prestigiose università e istituti di ricerca legati al mondo della vite: la Fachschule, l’Istituto Sperimentale di Laimburg, l’Ass. ex alunni di Laimburg in Alto Adige, l’Università di Scien-ze Gastronomiche di Pollenzo e Slow Food in Piemonte, Libera Terra in Si-cilia, l'Istituto Agrario De Sanctis di Avellino, l’Istituto Agrario di San Mi-chele all’Adige, il CIRVE di Conegliano Veneto, oltre a due storiche cantine, Bellavista di Terre Moretti in Fran-ciacorta e Bolla del GIV in Veneto. Il Metodo di potatura soffice della vite si basa su interventi di taglio mirati e rispettosi della salute della pianta, che permettono addirittura di raddoppiar-ne l'età, con notevoli risparmi per le aziende, che hanno vigneti longevi e piante più sane. Il che significa uve, e quindi vini, di qualità superiore. Spesso le malattie delle viti sono cau-sate da potature errate che fanno cre-scere, in misura esponenziale, le infe-zioni al legno. Con il Metodo Simonit&Sirch si ridu-cono considerevolmente anche i costi in vigna, dato che le ore di potatura si riducono notevolmente. “L’interesse suscitato dalla Scuola ha superato ogni nostra aspettativa, dice Marco Simonit (nella foto). Siamo orgogliosi di aver contribuito a recuperare un mestiere antichissimo, quello del potatore, e di averlo aperto ai giovani, che vi posso-no trovare interessanti prospettive di lavoro.” Dettagli dei corsi sul sito www.simonitesirch.it

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un bAr come essere a CAsAEnoteca al femminile, grapperia e molto altro ancora: è Dawit
FaBIaNa ROMaNUttI
“Un bar come essere a casa. Un ambiente soft dove oltre a fare colazione, si sta bene a leggere,
a scrivere, a chiacchierare. Dalle 6 del mattino alle 20, ogni giorno, Dawit è caffetteria, bar, spuntineria, enoteca e grapperia. All’interno dello shop trovate biscotti, torte, cioccolato, mieli e marmellate, caffè, tè e diver-tenti oggetti per la casa. Nell’enoteca distillati di frutta, vini da tutt’Italia e una vastissima scelta di grappe”. Questa la presentazione dell’enoteca, una delle 5 dell’anno 2011 presentata
a Golosaria, la prestigiosa rassegna di artigiani del gusto organizzata a Mila-no da Paolo Massobrio. Da Dawit ci è capitato di fermarci qualche volta, diretti in Austria, ma non avevamo mai avuto occasione di fare due chiacchiere con la titolare di questo luogo di ritrovo. Lei è Benve-nuta Plazzotta e continua un’attività iniziata dai genitori oltre 50 anni fa. “Sono stati loro, ci racconta, a inse-gnarmi l’attenzione per il cliente, io ho portato avanti il loro impegno. Ho frequentato il primo corso di somme-
lier nel 1990 quasi per caso: mi sono trovata a gestire l'azienda di famiglia mentre seguivo gli studi di Economia e Commercio a Venezia. In seguito è cresciuta in me la passione per l'ab-binamento e per la scoperta di vitigni nuovi”. Oggi l'enoteca (quindi un negozio per l'asporto del vino, con la consu-lenza di un sommelier) è un ramo di un'azienda che è il DAWIT. un posto di ristoro particolare per chi viaggia, sia che si diriga verso l'Austria e della Slovenia, sia che viaggi verso il mare,

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il sole e l'accoglienza dell'Italia. Noi siamo in mezzo a questo crocevia, continua a speigarci. La nostra è una struttura innovativa, curata in ogni più piccolo dettaglio, adibita alla sua doppia funzione di punto vendita di specialità enologiche e gastronomi-che di tutta Italia e di moderna area di servizio. Ci troviamo lungo la sta-tale SS 13 appena 1 km dall’uscita au-tostradale di Tarvisio.Il locale è arre-dato in stile country nordico, caldo e pieno di luce. Prepariamo spuntini e piccole pie-
tanze utilizzando quegli ingredienti tradizionali e tipici che ci piacciono di più, dalle varianti di pane fresco e salumi della tradizione regionale, ai piatti di speck e di formaggio, alle torte e alle crostate, ai succhi di frut-ta appena spremuta. Il nostro è un punto ideale per la pri-ma colazione (apriamo ogni mattina alle 6!) per uno spuntino dolce, per una merenda salata. Ma anche per lo shopping da regalo, con oggetti a tema da abbinare nelle confezioni che prepariamo al momento su richiesta
INFO
Dawit: via Alpi Giulie, 30Camporosso di Tarvisiotel. 0428 63012www.dawit.it
GRaPPa lUstOck, fatta con un sedano
selvatico locale Vediamo anche dei prodotti a marchio Dawit e chiediamo informazioni in proposi-
to. sì abbiamo prodotti a nostro marchio, spiega Benvenuta, fra i vini e i prodotti
di gastronomia. In particolare siamo orgogliosi di poter offrire un prodotto che
finora si faceva solo in casa per il consumo familiare: la nostra grappa lustock,
che è fatta con un sedano selvatico locale,
particolarmente apprezzata come digestivo.
Quest'anno nel periodo natalizio proporre-
mo un cioccolato con il ripieno al lustock,
prodotto per noi da un artigiano del gusto
come Gardini, anche lui premiato a Golosaria.
come si trova una donna enotecaria in que-
sta zona, chiediamo alla fine della chiacchie-
rata. “Vent'anni fa, dovendo vendere vino (la
domanda era altissima, ora è scesa di molto)
e non avendo alcuna preparazione ho appro-
fittato quasi per caso, fra una gravidanza e
l'altra (ho quattro figli) dei corsi organizzati nell'alto Friuli. Poi la cosa mi ha ap-
passionata: era bello conoscere, e poter scegliere quindi con più professionalità i
prodotti che decidevo di mettere nei miei scaffali e venderli poi con l'autorevolezza
che ti dà l'aver approfondito la conoscenza. Mi piace tantissimo poter proporre
l'abbinamento con il cibo: c'è chi, specialmente fra i vicini austriaci, viene qui con il
menù in mano e mi chiede tutti gli abbinamenti per la cena. e' bello che le donne,
che tanta passione mettono nella scelta degli ingredienti, tanto tempo mettono
nella preparazione delle pietanze, abbiano capito che il loro lavoro e la loro cura
possono essere solo esaltate dall'abbinamento con il vino giusto”.
del cliente. Vogliamo che chi viene a trovarci per una breve pausa abbia la sensazione di sentirsi a casa: la sen-sazioni di trovarsi bene tra due punti dell’itinerario da percorrere assume così una nuova dimensione. Il significato del nome Dawit, le chie-diamo. Il nome è stato inventato 52 anni fa da mio padre, ci risponde, non ha un vero significato, è facile da ricordare, anche per una clientela straniera (e ha funzionato veramente bene, abbiamo clienti austriaci che ci frequentano da tre generazioni!).

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PROSECCO SUPERIORE
BORGOlUce: sINtesI eNOlOGIca DI UN teRRItORIO
Chi è stato a Vino in Villa, la manifestazione che ospita un centinaio di cantine pro-
duttrici di Prosecco Superiore avrà certamente ammirato il contesto, il castello di Susegana e i suoi dintor-ni. E’ in quell’occasione che abbia-mo scoperto Borgoluce e l’incanto di un giorno si è rafforzato con al-cune visite successive. Borgoluce è la sintesi enologica di un territorio vocato alla viticoltura, che all’inter-no dei suoi confini, dalle colline di Susegana alla pianura di Santa Lu-cia di Piave sino al comune di Pieve di Soligo racchiude un mondo in-contaminato. La filosofia aziendale ha portato il prodotto al raggiungi-mento di una qualità riconosciuta, legata a metodi agricoli sostenibili (limitato impatto ambientale, ri-duzione dei fitofarmaci, utilizzo di fonti rinnovabili). Le contesse Maria Trinidad, Caterina e Giulia-na sono appassionate di viticoltura e credono nella produzione di vini che rappresentino le radici, la tradi-
zione e la storia dei Collalto. L’amo-re per un territorio le ha spinte ad impegnarsi in un sogno: la realizza-zione di una linea di vini d’eccellen-za. La superficie vitata attuale è di circa 65 ettari nell’area Valdobbia-dene Prosecco Superiore DOCG, i vigneti sono ubicati nelle zone colli-nari tra Susegana e Collalto. La De-nominazione di Origine Controllata e Garantita è giunta nel 2010 quale riconoscimento al distretto produt-tivo e alla garanzia del prodotto che ne deriva. Borgoluce vinifica solo uve proprie e si presenta nel merca-to con Valdobbiadene Prosecco Su-periore DOCG Extra Dry – RIVE di Collalto Millesimato, realizzato con micropartite delle migliori uve dai vitigni delle ripide rive delle colline di Collalto; Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG Brut, prodotto con uve selezionate, raccolte in anticipo e fermentate in autoclave a bassa temperatura, per esaltare finezza e sapidità; Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG Extra Dry.
FaBIaNa ROMaNUttI
INFO
BorgoluceLocalità musile, 2Susegana (TV)Tel.0438 435287www.borgoluce.it

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Superiore, perché?La definizione Superiore deriva dal fatto che l’ambiente di coltivazione delle vigne è in alcune zone partico-larmente difficile. Le colline hanno pendici ripide e la conformazione del territorio diventa parte integrante dell’identità e del nome del prodotto. Le viti si trovano nella parte soleg-giata dei colli, con esposizione a sud, sud-est. Ai differenti fattori ambien-
tali, quali suolo, pendenza, clima, esposizione al sole, altitudine, è im-putabile la sensibile sfumatura orga-nolettica dei vini. Diversi da collina a collina e proprio per valorizzare questa diversità è stato creata la tipologia RIVE. Rive quindi significa spumante prodotto solo con uve di quel selezionato vi-gneto in quel preciso comune o fra-zione di esso.
Tenuta di Collalto - Borgoluce1300 ettari ca. di estensione tra i comuni di Santa Lucia, Susegana, San Pietro di Feletto, Collalto e Pieve di Soligo.65 ettari a vigneto tra Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG, Pinot Grigio, Manzoni Bian-co, Chardonnay, Merlot, Cabernet, Wildbacher.553 ettari di seminativi: mais, orzo, frumento tenero, farro, soia, sorgo e loietto.180 ettari di prato-pascolo.420 ettari di boschi.2 ettari a oliveto850 capi di bovini da carne delle razze Limousine e Charolaise, linea vacca vitello, allevamento allo stato semibrado.200 capi suini di razza Duroc alle-vati allo stato brado.250 capi di bufale da latte della razza Mediterranea 30 capi equini di razza Haflinger;40 capi ovini da carne di razza Alpagota

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Potremmo parafrasare il noto proverbio sui trentatre trenti-ni... ma qui si tratta di trenta-
tre produttori di Picolit del comune di Povoletto e non c’è nulla da scher-zare. L’impegno è serio: la conquista della denominazione della sottozona “Savorgnano”. Per fare ciò e per pro-muovere questo vino autoctono che è uno dei gioielli delle nostre terre si sono riuniti nell’associazione Amici del Picolit. Ecco i loro nomi: Mar-cellina Zenarola, Alessandro Sara, Alessandro Perini, Luca Giorgiut-ti, Germano Petrichiutto, Massimo Mangilli, Luca Piccini, Marco Sara, Fausto Fattor, Terzo Giorgiutti, Ro-berto Castenetto, Valentino Vidoni,
il vino dell’amoreTrentatre “Amici del Picolit”
Ottorino Pontoni, Giovanni Venuti, Luciano Borluzzi, Enore Castenet-to, Ludovico Del Fabbro, Giovanni Martinis, Clorinda Venuti, Giorgio Clochiatti, Laura Feruglio Angelo Giorgiutti, Luigi Castenetto, Gilberto Castenetto, Nicola Foschiatto. Alla base c’è un valore di mercato: la si-nergia. Sinergia per promuovere un prodotto e soprattutto per aumenta-re nei produttori la consapevolezza di offrire un prodotto di alta gamma. Il consiglio direttivo è formato da nove persone, di cui 7 sono giovani sotto i trentacinque anni. Presidente una donna, Francesca Ciani (nella foto pag a dx). “Vogliamo che questa associazione faccia una promozione
che potremmo definire di filiera, ci spiega, perché vogliamo riuscire a valorizzare il territorio attraverso tutti i prodotti tipici locali, non solo con il Picolit. C’è anche un riferimen-to storico culturale da valorizzare: la famiglia Savorgnan, che dà il nome proprio alla frazione del comune. Si racconta che i famosi Romeo e Giulietta abbiano vissuto la loro sto-ria d’amore proprio in quel di Savor-gnano, incontrandosi nei pressi della torre. I loro nomi? Luigi Da Porto e Lucina Savorgnan! E’ stata così una scelta quasi spontanea far diventare il Picolit il “vino dell’amore”. E per il 2012 è in programma anche un Festi-val del Picolit!

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Il marketing del conte
Fabio asquini“…fu deliberato di
rassegnare para due Parsutti e dodeci Bottiglie Picculit,
piccolo saggio delli prodotti di questa
Terra”
Alla fine del XVII secolo e in quello successivo risalgono le prime documentazioni uf-
ficiali sull’esistenza di un vino Pico-lìt. Fu l’Asquini a lanciarlo sui merca-ti come vino da delizia, diverso dai vini ad uso di pasteggiare. I Picolit di Asquini non erano tutti uguali, non solo perché trattasi di prodotto vivo della natura, ma per-ché lo si differenziava per soddisfare il diverso gusto dei mercati: ai clienti tedeschi era destinato il picolit più amabile, a francesi e inglesi il più sciolto che non abbia niente di
dolce e appena un po di quel che noi chiamiamo solamente grazia. Informazioni queste che abbiamo tratto dall’articolo di Maria Cristina Pugnetti su Tiere furlane n. 7. Pur essendo Abstemio a nativitate, era Asquini a stabilire la diversa dol-cezza, la cui sfumatura gli era nota grazie ad assaggi di collaboratori. Lo vendeva a un ugual prezzo poiché la qualità era la stessa essendo frutto di medesime uve. Le bottiglie da 0,6 litri erano in vetro verde ordinate a Murano alla vetreria “Alla vera amici-zia”. La prima etichetta aveva la scritta
“Picolit di Fagagna” per poi passare a quella con scritto “Picolit del Friuli”.La sua rete di diffusione contava sul passaparola di camerieri a servizio in case di nobili e mercanti e sulla rete dell’alto clero. Pochi decenni, seppur di grandi successi, non furono suffi-cienti a consolidare il nome. Il Pico-lit subì la concorrenza dei vini dolci provenienti dal Levante, un prelievo fiscale gravoso dell’Impero asburgico sui prodotti agricoli, un calo degli ac-quisti dei beni di pregio dopo la crisi dovuta alle guerre... Poi nel XX seco-lo ci fu la sua Rinascita.

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CONSERVARE IL VINO
non avete la cantina? C’è la cantinetta!
Il design ha ormai scoperto la nuova passione degli italiani: una buona collezioni di vini scelti per-
sonalmente magari dal produttore di fiducia. Ma dove conservarle, e in po-sizione orizzontale naturalmente, se si abita in città e non si ha una cantina regolamentare a disposizione? Ecco pronta la cantinetta, ovviamente di design, ipertecnologica e climatiz-zata. Ce ne sono veramente per tutti i gusti e con ingombri studiati al mini-mo. Scholtès ne propone una a incasso che in soli 45 cm contiene 24 bottiglie e promette di garantire le condizioni ideali per conservare ogni tipo di vino alla giusta temperatura e umidità, con zero vibrazioni, circolazione d’aria e
protezione dai raggi ultravioletti. La temperatura è mantenuta costante grazie a un termostato elettronico, il livello di umidità è garantito dal si-stema anti-condensa e da una camera d’aria isolante, la ventilazione è otti-mizzata e il sistema anti-vibrazione assicura la stabilità.Nella foto, un elegante e “invisibile” ma pratico inserimento nei mobili da cucina.Se ventiquattro bottiglie vi sembrano poche passate alla versione extra lar-ge di AEG: su sei ripiani di bottiglie ce ne stanno ben ottantatre. Giovane e versatile, Bachus di Slide è realizzata con moduli in propilene sovrapponibi-li... all’infinito.
La cantina personale è il sogno di ogni appassionato di vino, ma non tutti hanno lo spazio necessario. molte le soluzioni studiate per le cucine d’oggi, anche a quantità di bottiglie limitata, ma subito disponibili all’uso
q.b. IN BREVE
Sam BrulèL'azienda biologica Pecol di Raveo che produce sciroppi, confetture, aceti a base di fiori, frutti ed erbe di Carnia, propone una bevanda analco-lica ottenuta dal sambuco e venduta in bottiglia. Legger-mente riscaldata, ha il sentore e il sapore del brulè. Info: 0433 746239www.olivello.com
Intervista in vignaDisponibile in rete l'intervista fatta in vigna a Nereo Bressan, vignaiolo artigiano di 80 anni. Una rarità, in quanto Nereo di solito non si fa fotografare, né tanto meno riprendere. http://www.winestories.it/il-vino-di-nereo/

SBILF
TIPO DI VINO Bianco secco.VITIGNO Friulano, selezione di cinque biotipi di Tocai giallo dei vigneti storici.TERRITORIO E VIGNETO Il vigneto è stato messo a dimora su terrazzamenti antichi rimodellati. 4500 ceppi per ettaro allevato a Guyot con 4 - 5 gemme per ceppo. Le uve sono vinificate nel rispetto delle più antiche tradizioni.COLORE Giallo paglierino intenso.OLFATTO Fruttato e fragrante con sottofondo di crosta di pane caldo, ricordi di fiori di acacia e frutti tropicali maturi.GUSTO Elegante, di corpo moderatamente acidulo con delicati sapori di pera, lievito e mandorla amara.ABBINAmENTO GASTRONOmICO Da accompagnare con antipasti, pesci, salumi e carni bianche. Il nostro piatto preferito: Branzino selvaggio al sale.
GIAN
TIPO DI VINO Rosso strutturato.VITIGNO Merlot dal peduncolo rosso.TERRITORIO E VIGNETO Terreni marnosi esposti a sud-ovest,vigneto terrazzato, 5.000 ceppi per ettaro, allevato a Guyot classico monolaterale con 5-6 gemme per ceppo.COLORE Rosso rubino intenso.OLFATTO Fruttato, ricco, mirtillo maturo, mora selvatica, ciliegia, vaniglia e cioccolato.GUSTO Pieno, intenso, quasi carnoso con sensazioni di frutti rossi maturi, quali mirtilli, cassis e prugne secche, supportato da note tanniche dolci ed eleganti.ABBINAmENTO GASTRONOmICO Da accompagnare con carni di animali da cortile in umido, brasati, arrosti, carni alla brace e formaggi stagionati. Il nostro piatto preferito: Oca con le verze.
BERGUL
TIPO DI VINO Rosso secco strutturato.VITIGNO Refosco dal peduncolo rosso, schioppettino, merlot dal peduncolo rosso, biotipi antichi.TERRITORIO E VIGNETO Terreni marnosi con buona presenza di arenaria, altitudine 150-200 mt sul l.m. Vigneti terrazzati, 4800 ceppi per ettaro, Guyot classico con 4/5 gemme per ceppo.COLORE Rosso intenso con riflessi granati.OLFATTO Imponente, con sentori di frutta rossa, speziati di legno balsamico, cuoio, liquirizia, note fumè.GUSTO Intenso con note di mirtillo e ribes nero supportato da tannini eleganti e note boisè.ABBINAmENTO GASTRONOmICO Carni rosse, spiedi, cacciagione, arrosti o formaggi saporiti. Il nostro piatto preferito: Braciole di cinghiale in salmì.
LIS FADIS VINI DEI COLLI ORIENTALI _ Società Agricola Marcorin & Plozner s.r.l
Strada S. Anna, 66 Loc. Spessa _ Cividale del Friuli (UD) _ tel. 0432 719510
cell. 335 5414416 [email protected] _ www.vinilisfadis.it
Gli orari per acquistare direttamente i vini in azienda: dal lunedì al sabato dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 18; la domenica dalle 14 alle 18.

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AUTUNNO FRIULANO
Protagonisti i vini e le eccellenze della regione
Si celebra il mezzo secolo di storia del Consorzio di tutela del Prosciutto di San Daniele, il più antico d’Italia!
Comune di San Daniele del Friuli, Consorzio del Pro-sciutto di San Daniele, As-
sociazione Italiana Sommelier, Di-rezione centrale alle Risorse rurali, agroalimentari e forestali e Agenzia regionale per lo sviluppo rurale, ERSA: una sinergia di enti per una grande festa d’autunno nella locali-tà che con il suo prosciutto crudo di eccellenza è nota in tutto il mondo. “Sandaniele” è infatti ormai sinoni-mo di crudo.Dopo l’incontro di venerdì 25 con la stampa specializzata al Castello di Villalta per inediti abbinamenti tra le proposte dei ristoratori con maggior punteggio nella Guida dell’Espresso FriuliVG e i vini finalisti di Friu-lano & friends, oltre a una degu-stazione del paniere Tipicamente Friulano con tanto di cestino da pic nic con stoviglie e leccornìe a base
di tartare, dadolate, filetti di pesce affumicato. Alle 15.00 sempre ve-nerdì il Castello ospita la presenta-zione, aperta al pubblico, della Guida Vini&Ristoranti del Friuli Venezia Giulia de L’Espresso con il direttore editoriale Enzo Vizzari. E, vera bella
sorpresa, ci sarà il calendario dedi-cato da Ersa al vino Friulano.Alle 17,30 a San Daniele prendono il via le celebrazioni organizzate per festeggiare il 50esimo anniversario della costituzione del Consorzio di tutela del Prosciutto di San Daniele, con la presentazione del volume “50 anni per il San Daniele” a cura di An-tonio Giusa. Un’autobiografia collet-tiva dei protagonisti della storia del prosciutto di San Daniele e del suo Consorzio basata sui documenti uffi-ciali e accompagnata dalle memorie delle persone che si sono succedute alla guida dell’associazione. Per tut-ta la giornata di sabato 26 novembre i 50 anni del Consorzio saranno fe-steggiati con degustazione di pro-sciutto curata direttamente dagli esercizi del Centro storico di San Da-niele in collaborazione con l’ASCOM e con la ProSanDaniele.
Cinquant’anniper il San Daniele
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Storia del Consorziodel prosciutto di San Daniele1961-2011
1961-2011

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sabato 26 novembre: 250 ottimi motivi
per esserciNegli spazi del Teatro “Ciconi” si potranno degu-stare i vini delle cantine della regione che han-no ottenuto i maggiori riconoscimenti sulle guide di settore, selezionati dall’Associazione Italiana Sommelier, Delegazione del Friuli Venezia Giulia, ovviamente proposti in abbinamento con i prodot-ti di eccellenza dell’agroalimentare Tipicamente friulano. Da segnalare che la Scuola mosaicisti del Friuli, a partire da disegni inediti, ha realizzato delle eti-chette musive per 24 maxi bottiglie da 5 litri di aziende finaliste del Friulano & friends.Per l’Autunno Friulano l’Ersa ha voluto fare le cose in grande: in piazza si potranno scoprire le attività che esprimono la tradizione rurale della regione. A partire dalla lavorazione delle carni di maiale, con una mostra degli attrezzi utilizzati. Spazio an-che alle produzioni lattiero casearie di malga, ai formaggi ovi-caprini e alla nostra più tipica pre-parazione orticola: la brovada. Tocco di colore il ciclamino friulano, un fiore certificato!
DiorAMiSan Uberto, protettore
dei cacciatori
Nella Sala Consiliare del Municipio e nella Chiesa della Fratta attrattività garantita grazie ai diorami esemplifi-cativi del contesto ambientale e fauni-
stico dell’area di San Daniele re-alizzati dai Di-stretti Venatori della regione, in col laborazione con la Direzio-ne centrale alle Risorse rurali, agroalimentari e forestali, con visite guidate per le scolare-
sche condotte da esperti del Corpo Fo-restale regionale e del Servizio caccia, risorse ittiche e biodiversità. Completa-no l’evento l’esibizione del coro di Do-berdò del Lago (nella foto) e dei suona-tori di corno da caccia della Valcanale.
Nelle immagini un momento
della fase di sugnatura e lo
scorcio sempre suggestivo di
una "cattedrale" del prosciutto
crudo

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Autunno Friulano a San Daniele! Una cornice ideale per festeggiare il Vino di Eccellenza del Friuli Venezia Giulia! Una occasione anche per festeggiare i pri-mi cinquant’anni del Consorzio del Prosciutto di San Daniele! Nella prestigiosa e storica sede del Teatro Teobaldo Ciconi andranno in scena le più prestigiose “Opere” dei vigneti del Friuli Venezia Giulia!
Banco di assaggio dei 250 migliori vini regionali (tra cui i vini premiati
con l’Eccellenza dalle principali Guide dei Vini d’Italia 2012) e
dei prodotti agroalimentari del “Tipicamente Friulano”
dalle 10.30 alle 20. Teatro Teobaldo Ciconi, Via Battisti, 3 (centro
storico). La degustazione è aperta al pubblico. Ai banchi di assaggio
saranno presenti i produttori, assistiti dai nostri sommelier.
52 prestigiose Aziende per 250 strepitosi Vini
• Aquila del Torre • Borgo Judrio • Borgo San Daniele • Branko • Tenuta Cà Bolani • Canus • Casa Zuliani • Ca-stello di Buttrio • Castello di Spessa • Collavini • Colle Duga • Mauro Drius • Livio Felluga • Marco Felluga • Gravner • Il Carpino • Jermann • Kante • Edi Keber • Renato Keber • La Roncaia • La Tunella • Le due Terre • Le Vigne di Zamò • Lis Fadis • Lis Neris • Li-von • Magnas • Meroi • Podversic • Doro Princic • Raccaro • Ronc di Vico • Ronchi di Cialla • Ronchi di Manzano • Ronco dei Tassi • Ronco del Gelso • Ronco delle Betulle • Sara & Sara • Schiopetto • Scubla • Skerk • Tenuta Luisa • Toros • Torre Rosazza • Venica & Venica • Vie di Romans • Villa Rus-siz • Volpe Pasini • Vosca • Zidarich • Zuani
Info: T . 0432 204688 | www.aisfvg.it | [email protected]
San Daniele del Friuli sabato 26 novembre
La partecipazione alla degustazione non necessita di prenotazione e terminerà alle 20.00.Ingresso: € 20. Nel prezzo è compreso: il calice da degustazione in omaggio, le degustazioni dei vini e una degustazione presso i banchi di assaggio dei Prodotti Tipici regionali nel padiglione del “Tipicamente Friulano”.

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PurCit in stAJAreSalumi tradizionali di Artegna e del Gemonese
Con grande lungimiranza già nel 1999 fu chiesta e ottenuta (precisamente con D.M n. 350
dell’8 settembre 1999), la tutela del marchio di tipicità su alcuni salumi tradizionali di Artegna e del Gemo-nese. Una secolare tradizione traman-data da padre in figlio dai purcitârs (norcini), riconosciuta nel suo valore dagli stessi abitanti e produttori che orgogliosamente hanno voluto san-cire la provenienza esclusiva di certi prodotti da Artegna e dai comuni li-mitrofi del Gemonese. Prodotti che vi vogliamo presentare nel dettaglio. La soppresse Dartigne (soppressa di Artegna) viene ricavata dalla carne della coscia di maiali di peso non infe-riore ai 180 kg, con aggiunta di carne della spalla, lardo della zona dorsale, sale, pepe nero macinato, vino rosso e aglio. Il tutto insaccato in budello naturale di bovino. La stagionatura minima di 8 mesi offre un prodotto particolarmente morbido, profuma-to e gustoso, del peso circa di 2 kg a pezzo. Per la polmòne vengono uti-lizzati ritagli di carne suina con l’ag-giunta di frattaglie (cuore, polmoni, reni e milza), macinati e mescolati manualmente con sale e pepe, noce moscata, cannella, chiodi di garofano e semi di coriandolo. Vengono insac-cati in budello naturale di suino, ovi-no o bovino. La lavorazione e l’insacco avvengono entro 24 ore dalla macel-
lazione del maiale. Oggi la polmòne è divenuta una di quelle eccellenze rare, assai amata dai gourmet e piut-tosto difficile da reperire in quanto dev’essere consumata entro 20 gior-ni dalla realizzazione. (E gli indirizzi vengono fatti trapelare come un se-greto prezioso). Nella pansete cun brusàdule (pancetta con lonza) vie-ne utilizzata la pancetta, privata della cotica, con tranci di lonza, ai quali si aggiungono sale e pepe, insaccati in budello naturale di bovino. Il prodot-to, dal peso unitario di circa 2,5 kg, è pronto dopo una stagionatura minima di dieci mesi. Il nome crafùs suona misterioso a molti al giorno d’oggi: trattasi di piccole polpette di fegato suino macinato, avvolto nel mesen-tere (il grasso suino che si trova tra le anse intestinali), con l’aggiunta di pane grattugiato, uva sultanina,
scorze di limone e arancia, cubetti di mela. Il tutto mescolato a sale, pepe e altre spezie, con frittura finale nello strutto. L’ardiel rodolât di Dartigne (lardo arrotolato di Artegna) si ottiene dalla zona dorsale del maiale, dopo oppor-tuna toelettatura del grasso molle, che nella zona dorsale è più solido e pre-giato. Lasciato a riposare su un gratic-cio per garantirne l’areazione su tutti i lati, evitando la formazione di muffe sulla cotica, il lardo viene prima salato e dopo 4 o 5 giorni vi si aggiunge del pepe macinato. Giunge così il momen-to di arrotolarlo, mantenendo la cotica esterna. Ultimo tocco la sigillazione, con lo strutto dello stesso suino, al fine di evitare l’ossidazione. Dopo una sta-gionatura minima di 3 mesi, tagliato a fettine sottili accompagnate da pane fresco croccante è una vera ghiottone-ria che accarezza il palato e fa godere le papille. Lo si può utilizzare anche a cubetti, come condimento: in questo caso brovada e lidric cu lis frizzis (radicchio con i ciccioli) saranno in grado di farvi provare emozioni di-menticate. Per strafare accompagnate il tutto con il pan cu lis frizzis (pane i ciccioli). Tutte queste meraviglie le potete assaggiare ad Artegna duran-te la grande festa di Purcit in staiare. L'ultimo fine settimana di novembre e il primo di dicembre. Ma attenzione: creano dipendenza!
cINZIa cOllINI

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Questi giorni di autunno fanno di Artegna uno scrigno di ori e rossi con tante cose preziose da scoprire. Se solo decidiamo di guardare con occhi nuovi quello che ci circonda scopriremo frammenti di storia capaci di affascinarci e farci riflettere sulla nostra identità.
Quando verrete ad Artegna per le prelibatezze suine, vi consiglio di prendervi un po’
in tempo in più e fare due passi nei dintorni. Scoprirete il Castelletto, un complesso fortilizio dei signori del luogo che vi abitarono intorno al XIII secolo, con torre di guardia e una par-te dell’antico muro di cinta. Ristrut-turazioni e lavori di sistemazione, danni del terremoto del ‘76 e parziali restauri ne fanno un manufatto di fa-scino che parla insieme di nuovo e di antico. Un po’ come in tante altre località del Friuli anche ad Artegna scavi ar-cheologici recenti hanno portato alla luce testimonianze di insediamen-ti fin dall’epoca romana e manufatti altomedioevali. Mi piace particolar-mente la chiesetta di San Leonar-do, è solo una tipica chiesetta votiva
turisti per un giorno: scoprire Artegna
Di pietra in pietra, tra voci del passato e un paesaggio che accoglie
cINZIa cOllINI
campestre che sorge su un poggio. Il portico con i suoi gradini mi con-sente ancora oggi l’occasione di una sosta riposante e piacevole nel verde mentre lo sguardo si allunga fino alle dolci colline di Buja o punta al Colle di san Martino e alle montagne di Faeit e del Cuarnan. E poi c’è Santa Maria Nascente, la Pieve, già documentata in un atto del 1190. Non doveva avere grandi dimensioni ed era ubicata se-condo la consuetudine sull’asse est-ovest. Nel 1595, in occasione di una
visita pastorale, il patriarca Barbaro fece realizzare un nuovo tabernacolo, pregevole lavoro che richiama l’arte dei maestri comacini. La più antica chiesa del paese è de-dicata a San Martino, venerato dai Longobardi. La chiesetta ha un orien-tamento est-ovest, con l’abside a le-vante, secondo uno schema diffuso tra tarda antichità e alto medioevo. L’impianto attuale della chiesa è, però, cinquecentesco: l’epigrafe posta sopra l’ingresso principale attesta che venne riedificata dopo il terremoto del 1511, che la rovinò gravemente. La
stessa epigrafe ci informa inoltre che la chiesa era già stata ricostruita nel 1303, essendo stata distrutta dai si-gnori locali. Insomma testimonianze della storia, di nuovi e antichi signori e di popolazioni sempre fedeli ai loro simboli. E poi c’è una chiesa davvero unica, quella di Santo Stefano, da cui ab-biamo preso il simbolo della festa, un porcellino che si aggrappa alle pareti, simbolo certo di una tradizione rurale antica e sentita.

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A Muzzana del Turgnano nei giorni 25, 26, 27 novembre si celebra la II fiera del Tartufo
friulano. Come avevamo già detto a proposito dell’olio d’oliva, fino a qual-che decennio fa praticamente scono-sciuto alle tavole quotidiane del friu-lano medio, burrofilo per eccellenza; come abbiamo scritto nel numero di q.b. del mese scorso a proposito del riso che nasce di nuovo in località Paradiso di Pocenia: il claim di Ippo-lito Nievo “Friuli, piccolo compendio dell’Universo” è sempre più vero e at-tuale in campo enogastronomico. Ora siamo consapevoli di avere in zona an-che una leccornìa come il tartufo. Fe-steggiato con una supercena realizzata dai ristoranti da Nando di Mortegliano, Convivio di San Giorgio di Nogaro, La Bricola di Aprilia Marittima e Princi-pato di Ariis di Rivignano. 180 i posti a sedere; portate servite in un ele-gante servizio di piatti di porcellana, bicchieri di cristallo, tovaglie bianche marchiate “Tipicamente friulano” e con il logo del cane da tartufo. Seguo-no due intensi giorni di festa golosa, sabato 26 e domenica 27. Il tartufo bianco di Muzzana è già assurto in soli due anni (l’edizione 2011 è certificata
con il marchio Tipicamente friulano) agli onori della cronaca più ampia. Il sindaco Vittorino Gallo ha partecipa-to infatti il 12 novembre a una tavola rotonda sul Tuber Magnatum Pico condotta alla radio dal gastronauta Da-vide Paolini, insieme a guru italici del tartufo, a partire da quelli di Alba. In-somma un’ulteriore prova che alle cose bisogna crederci. Come hanno fatto i soci dell’associazione MAT – Muzzana Amatori Tartufi, presieduti da Gian-franco Del Piccolo. Segnaliamo subito ai gourmet che l’asta e la premiazione del tartufo 2011 si svolgeranno dome-nica 27 novembre dalle 19. Sempre do-menica già dal mattino saranno aperti gli stands con piatti di carne bovina di Pezzata rossa, carni suine alla brace certificate AQuA, formaggio Montasio, pesce di laguna e di valle. Sabato sera in tendone riscaldato sarà in funzione un ristorante con menù a base di tartu-fo a prezzo contenuto. Il ristorante re-sterà aperto anche domenica dalle 12 per tutto il pomeriggio fino a sera. Per l’intera durata della fiera esperti tartu-fai saranno a disposizione per spiegare l’arte della raccolta e la storia del pre-giato tubero bianco friulano. Info sul sito www.muzzanamatoritartufi.it
TRIFULE IN FIESTE
fiera del tartufo bianco friulano pregiato di Muzzana
Domenica 27 novembre premiazione e asta dei pezzi di Tuber Magnatum Pico partecipanti alla mostra
L’asta del tartufo: una quarantina di tuberi raccolti nel bosco di muzzana saranno battuti all’asta e aggiudicati al migliore offerente: tutto il ricavato verrà devoluto a favore di associazioni onlus che si occupano di assistenza. I tuberi non verranno trattenuti ma ceduti gratuitamente all’associazione

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Quando si è scoperto il primo tartufo a Muzzana? Lo chiediamo al presidente dell’associazione Gian-franco Del Piccolo. Lui c’era!
“La riscoperta risale al 1984, ci racconta, quando casualmen-te si incontrano dopo 35 anni due amici d’infanzia “rovigoti”, (Piero, alias Giuseppe Trombini, residente da 35 anni a Muz-zana e Ciso (Tarcisio Briatti), uno dei componenti della Cora-le di Lugo di Romagna giunto nel nostro paese per un’esibizio-ne nella chiesa S. Vitale). I due amici fanno una passeggiata nel bosco Baredi – Selva di Arvonchi, per ricordare i vecchi tempi e Ciso si rende conto che la ti-pologia del luogo è simile alle località dove lui stesso esercita la cerca e la raccolta del tartufo bianco. Piero, mio caro amico, propone un’uscita. Nella mia veste di addetto comunale al bosco, ottenuto il bene-stare dell’allora sindaco Luisa De Mar-co (quale gestore dell’uso civico) e del direttore delle locale riserva di cac-cia Gerardo Bianco per l’uso dei cani per la cerca, è partita la “spedizione” (c’era anche Antonio Cortesi). Era un sabato di novembre, alle 10.30 circa veniva “cavato” il primo tartufo bianco a memoria di residente. Probabilmen-te in epoca romana con i boschi usati come pascoli per porci non saranno passati inosservati questi tuberi tanto profumati e tanto apprezzati dai suini. La Foresta Lupanica, “madre” dei re-litti planiziali esistenti attualmente, è stata fonte di approvvigionamento di legname in epoca romana, veneta, na-poleonica, asburgica. Possibile che nessuno si sia accorto della presenza di que-sto principe della gastronomia? A titolo di curiosità il più bell’esemplare cavato in questa stagione 2011 pesava 190 g. il più piccolo grammi 1,2.
Poi è nata l’associazione, mat…La sigla potrebbe voler dire Muzzana Amatori Tartufo, ma
l’origine del nome è dovuta alla consuetudine di paesani di ritenerci pazzi (mat in friulano) nel sostenere la presenza del tartufo bianco in zona. Con l’evidenza dei fatti anche i più settici si sono ricreduti; ma noi restiamo M.A.T. L’idea di formare l’Associazione è nata nel 2005 dopo la mappa-tura delle tartufaie naturali del FriuliVG commissionata dall’ERSA FVG al centro sperimentale di tartuficoltura di Sant’ Angelo in Vado. Una ventina di residenti si sono prefissati la salvaguar-dia del territorio e la divulgazione delle conoscenze sui tartufi. Il merito del successo è dovuto senza dubbio alla
prelibatezza del “Bianco Pregiato di Muzzana”, alla dedizione e costante presenza dei componenti il Nucleo Operativo in questi sei anni di atti-vità, dall’incoraggiamento dei nu-merosi soci (252). La prima edizione Trifule in fieste del 2010 ha fatto il resto.
Domanda del profano: i tartufi li piantate?Per il tartufo bianco non esiste pos-sibilità di “piantarlo” (in termini corretti il tartufo non si pianta, si ottiene micorizzando piantine di di-versa specie secondo il tipo di tartu-fo che si vuole riprodurre). Una tecnica che però non risulta ef-ficace per il “Tuber Magnatum Pico”: la presenza di questo nobile fungo ipogeo è determinata in maniera na-turale dalle componenti necessarie come terreno, umidità, temperatura e piante simbionti.
Anche il tartufo di muzzana è afrodisiaco?Le proprietà afrodisiache dei tartufi decantate in passato da molti, sono smentite dagli studi moderni, ma la sua bontà, il suo profumo seducono il nostro naso, il palato, il cervello…
Il tartufo è molto nutriente e può disporre della voluttà (Galeno)
Missione possibile: bosco baredi Era un sabato di novembre, era il 1984. Alle 10.30…

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PER SAPERNE DI PIù
tartufo certificato
Il tartufo bianco di Muzzana è il primo tartufo al mondo raccolto in un bosco che rispetta lo schema della certi-ficazione forestale sostenibile. Un bosco certificato se-condo il protocollo Pefc (Programme for Endorsement of Forest Certification). Trattasi del bosco Baredi (cir-ca 160 ettari) di proprietà comunale, parte della foresta Lupanica che ricopriva la pianura friulana prima della colonizzazione romana, una macchia sopravvissuta alle bonifiche del secolo scorso. La certificazione è, sostan-zialmente, una Catena di Custodia relativa al sistema di gestione adottato dall’Associazione MAT. Un sistema di codifica che permette di individuare in maniera univoca ogni singolo tartufo raccolto all’interno del bosco. Garan-tendo la provenienza locale. Ma non pensate di metter-vi anche voi a fare i cercatori di tartufi: il tesserino di raccolta viene rilasciato solo ai soci residenti in possesso dell’abilitazione regionale alla raccolta del tartufo.
Convegni alle 17.30 di sabato 26 novembre si
svolgerà un convegno coordinato dal
dottor emilio Gottardo di legno servizi
scarl di tolmezzo sulle opportunità di
certificazione PeFc dei boschi planizia-
li a vocazione tartuficola e sul Miglio-
ramento delle tartufaie naturali con
interventi del dottor Gianluigi Gregori
del centro sperimentale di tartuficol-
tura di san angelo in Vado (Pesaro-
Urbino).
Nome scientifico: Tuber magnatum PicoTuber (terrae) è nome latino e indica il fungo ipo-geo, cioè che cresce sottoterra; magnatum non vuol dire che si mangia, ma che è destinato ai Ma-gnati, cioè ai magnus, ai grandi, ai maggiorenti della città; Pico è il nome del medico che nel Settecento lo descrisse.
Tartufo, trifola, truffleL’ipotesi più accreditata sull’origine del nome è quel-la dello storico Giordano Berti secondo cui il termi-ne tartufo deriva da terra tufule tubera. Titolo che appare in un’illustrazione della raccolta del tartufo contenuta nel Tacuinum sanitatis, codice miniato a contenuto naturalistico risalente al XIV secolo. Il termine tartufo deriverebbe dalla somiglianza che nel Medioevo si ravvisava tra questo fungo ipogeo e il tufo, pietra porosa tipica dell’Italia centra-le. Il termine si contrasse poi in terra tufide e si modificò nei dialet-tali tartùfola, trìfula, tréffla, trìfola. Il vocabolo tartufo cominciò a diffondersi in Italia nel Seicento, ma nel frattempo la dizione volgare era già emigrata in altri paesi d’Euro-pa assumendo varie dizioni: truffe in Francia, Trüffel in Germania, truffle in Inghilterra.
Origine del profumo Il tipico profumo penetrante e persistente si svi-luppa solo a maturazione avvenuta e ha lo scopo di attirare gli animali selvatici (maiale, cinghiale, tasso, ghiro, volpe),nonostante sia coperto di terra, proprio al fine di spargere le spore e perpetuare la specie. Nel Medioevo questo aroma era considerato una sorta di "quinta essenza" che provocava sull'es-sere umano un effetto estatico. Nell’immagine un tagliatartufo.

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LA RICETTA QUaNDO l'OPeRa Va a taVOla
Spaghetti alla Norma, tournedos alla Rossini, spalla cotta alla Verdi…
Raccontare e descrivere una pietanza è un atto d'amore. Il racconto può essere espresso
a parole, in versi, con immagini. Ad-dirittura con pennellate a tonalità cromatiche diverse come diverse sono le sensazioni e le emozioni. La musi-ca, le opere liriche in particolare, per meglio dire i compositori, hanno dato spesso spunto alla creazione di nuo-vi piatti. Il melodramma italiano non disdegna, anzi, l'accostamento con la buona tavola. Tenori, baritoni, sopra-no e interi cori tra una musicalità e l’altra assaggiavano i piatti della regio-ne dove si esibivano. Del resto è ben noto il piatto che si chiama “Tourne-dos alla Rossini”, in onore dell’autore de “Il Barbiere di Siviglia”. Si tratta di fette di filetto, tagliate piuttosto spes-se, cotte con Marsala o Madera, flam-bate, irrorate con il fondo di cottura a cui sono stati aggiunti patè e panna. A piacere, visto che siamo in piena stagione, decorare il piatto con fettine di tartufo. Per il vino di accompagna-mento è consigliato un robusto rosso. Ci sono poi gli “Spaghetti alla Norma” legati al compositore Vincenzo Belli-ni: la pasta viene condita con sugo di pomodoro, dadini di melanzane fritte nell'olio bollente, ricotta salata a sca-glie e foglioline di basilico. La “Spal-la cotta alla Verdi” non è altro che la
sIlVaNO BeRtOssI
spalla cotta di San Secondo (un tempo la facevano di dimensioni minori delle attuali) e il grande Verdi suggeriva di accompagnarla con la “torta fritta” ti-pica emiliana. Se volete provarla ecco come procedere: mettere la spalla nell'acqua tiepida per dodici ore, im-mergerla poi nell'acqua fredda e farla bollire per circa tre ore e mezza. Nella sua Busseto Verdi prediligeva una cu-cina “poderosa”. Voleva le grandi fette di bue condite con mostarda di Cre-mona. Con l'arrosto mangiava sempre mezzo uovo sodo. Gli piacevano anti-pasti, risotti, pastasciutta e ravioli in brodo. Insomma: era quel che si dice una buona forchetta.
Torta DonizettiBergamo, città natale del compo-sitore, gli ha dedicato una torta (un po’ come a Udine hanno fatto per il dolce con le ali “Rosa Tie-polo”) sostiene che Donizetti at-traversasse un momento un po' difficile e, in momenti simili, un dolce può diventare la miglior ricetta che nessuna farmacia rie-sce a dispensare. Eccovi la ricetta in caso di bisogno:
Ingredienti: 300 g di burro,130 g di
zucchero, 8 tuorli, 4 albumi, 50 g di
farina 00, 120 g di fecola, 100 g di
albicocche candite a cubetti, 100 g
di ananas candito a cubetti, 1 cuc-
chiaino di maraschino, 1 cucchiaino
di vaniglia in polvere
Preparazione: montare il burro con
120 grammi di zucchero unendo un
tuorlo alla volta. con il resto dello
zucchero montare a neve i quattro
albumi. Unire i due composti e
quindi aggiungere lentamente la
farina, la fecola, la frutta candita, il
liquore e la vaniglia. Versare in uno
stampo per ciambelle e mettere
in forno già caldo per 40 minuti.
lasciar raffreddare e spolverizzare
di zucchero.

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LA RICETTA
MaRta OMeRO
Cioccolata o Ciocorì?Una barretta di riso soffiato ricoperta di cioccolato al latte:
ha segnato un’epoca!
L’articolo di Silvano Bertos-si sull’Idrolitina sul numero speciale di q.b. quantobasta
FVG in edizione limitata, distribuito a Good 2011, è stato molto apprez-zato e di certo fra i più commentati. In tanti ci hanno scritto per ricor-dare che poter chiudere la bottiglia ermetica era una gara fra fratelli e sorelle e riuscire a ottenere questo privilegio era il segno di una matu-rità raggiunta (la velocità era tutto, guai a far traboccare qualcosa sulla tovaglia: sì perché allora c’era sem-pre la tovaglia a tavola, ripiegata poi nel cassetto dopo l’uso, le tovagliette all’americana e i runner di tendenza erano di là da venire). Altri tempi, davvero! Molte le richie-ste di approfondimento su altre te-matiche. Tranquilli, Bertossi ci sta lavorando, intanto in questo numero ci raccon-ta alcuni legami fra cucina e opera lirica. Noi apriamo la strada a questo amar-cord (cui sono inviatati a contribuire tutti i lettori) con una rilettura del Ciocorì, di cui ci sono pervenute al-cune deliziose immagini con relative filastrocche cantate dai due perso-naggi durante gli spot. 2
Ciocorì
Riso soffiato, cioccolato fondente,
burro, miele, vanillina (a piacere)
soffiato
sciogliere il cioccolato fondente a
bagnomaria a fuoco basso; aggiun-
gere il burro già tirato fuori dal
frigo e farlo sciogliere, mescolando
bene i due ingredienti. togliere dal
fuoco, aggiungere il riso soffiato,
il miele e la vanillina, mescolando
bene. Mettere il composto in una
teglia di alluminio e appiattirlo con
un cucchiaio o una spatola fino
a uno spessore di 4 centimetri.
lasciar raffreddare e poi mettere in
frigo per farlo indurire.
Ilda Casati

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la nostra cena di nataleCon prodotti e vini del territorio
Cape e fasolari nostrani, patate di Carnia e vini delle valli: tra Plinio e Casanova in un crescendo di sapori
aURelIO ZeNtIlIN e GIUlIaNO ORel
Volendo fare una proposta in merito a un menù natalizio, non potevamo che spaziare
sui molluschi del nostro Adriatico contaminandoli, come nostro costu-me, con altre presenze del territorio. Il punto di partenza per la cen della Vigilia rimane la qualità delle mate-rie prime e sul tema della salubrità e tracciabilità dei molluschi da acqui-stare ne abbiamo abbondantemen-te e ripetutamente parlato su q.b. L’unica indicazione su cui ancora ci soffermiamo, onde evitare spiacevoli inconvenienti gastrici in momenti di gioia, è di avere prodotti di assoluta freschezza che devono essere vivi e vitali al momento dell’acquisto, ov-vero: se toccati, i molluschi con le valve aperte devono reagire e richiudersi, altrimenti NON pre-parateli in alcun modo!

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IL mENù
antipasto
ostriche (ostrea edulis) e fasolari (Callista chione) al naturale
I molluschi crudi e soprattutto le ostriche, “vuoi a causa della ventosità che possono
provocare, vuoi per la loro forma simile a parti topiche del corpo femminile”, sin
dalla metà del XV sec. evocano assieme spiacevoli e altrettanto piacevoli istinti e
millantano speciali proprietà afrodisiache. Una riprova la si trova nelle memorie
scritte dal cavalier casanova laddove le ostriche rappresentano il cibo della sedu-
zione utilizzato anche come sex toy nel corso dei suoi incontri galanti. Ma torniamo
all’argomento senza divagare.
I fasolari e le ostriche “piatte nostrane” vanno serviti aperti nella loro conchiglia ap-
poggiati su un vassoio contenente del ghiaccio o, più elegantemente, come proposto
già da Plinio: “coperte di neve, mescolando così la sommità dei monti e la profondi-
tà del mare”.

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Capelunghe (ensis minor) alla griglia
Oggi, la cappalunga conosciuta anche come capa de deo è
mollusco molto pregiato a causa della sua sempre più difficile
reperibilità. Il piatto natalizio è semplicissimo: adagiate le
cappelunghe sulla griglia e spennellate con olio, pepe e sale
poiché, come dice un detto maranese: la so morte la xè in
griela. l’unica accortezza è toglierle dalla graticola appena le
valve si aprono e le carni accennano d inturgidirsi, altrimenti
diventeranno dure come siole de scarpe.
N.B.: la taglia minima di vendita è di 8,0 cm
Zuppa di patate di terra carniche (Solanum tuberosum) e patate della laguna di marano (Tapes philippinarum)
lessare le patate, pelarle e passarle al mixer assieme a un po’
brodo di pesce fino a ottenere una purea semiliquida. In una
padella larga mettere aglio tritato, olio extra vergine di oliva,
poco prezzemolo, aggiungere le vongole veraci coltivate in
laguna di Marano assieme a un bicchiere di vino bianco e far-
le aprire a fuoco vivace per 4-5 minuti, coprendo la padella
con un coperchio.
sgusciare e tenere al caldo avendo l’accortezza di conservare
3 o 4 vongole con le valve per guarnire ogni piatto.
Recuperare il liquido di cottura delle vongole filtrandolo e
amalgamarlo con la purea. Incorporare alla minestra le vongo-
le sgusciate, aggiustare di sale e pepe.
Impiattare adagiando sopra la zuppa di vongole e patate, 3-4
vongole con il guscio e un ricciolo di burro al tartufo bianco di
Muzzana.Capesante (Pecten jacobaeus) e/o canestrelli bianchi (Proteopecten glaber), al forno con lamelle di tartufo bianco
le cappesante “nostrane” e i canestrelli “bianchi” (la specie
dal sapore meno dolciastro tra quelle presenti nel nostro
mare) si aprono con la punta del coltello cercando di lasciare
attaccata la polpa a una delle valve. si toglie il “bottone nero”
(l’epatopancreas) e si lavano con acqua corrente. si appog-
giano sulla leccarda da forno, si ungono con olio extravergine
di oliva “gentile”, un pizzico di sale e una leggera macinata
di pepe nero. Dopo aver riscaldato il forno a circa 200°c si
inforna per un tempo brevissimo: per i canestrelli 1 minuto
e qualche secondo al massimo, per la cappesante 3-4 minuti.
tolti dal forno, grattare sui molluschi una sottilissima lamella
di tartufo bianco e servirli immediatamente, caldi. Nel prepa-
rare il desco natalizio abbiamo voluto richiamare i sapori e i
saperi delle nostre famiglie condotte da donne frugali e parsi-
moniose ma mai banali nei gusti e nelle sorprese. e’ altrettan-
to vero che per preparare gli stessi piatti potremmo utilizzare
cappesante e cappelunghe atlantiche, ostriche portoghesi e
anche un bel sacchetto di vongole già sgusciate proveniente
da qualche angolo remoto del globo ma sarebbe tutt’altra
cosa! chiacchierando con Fausto, giovane ma valente viticol-
tore delle valli maranesi, dopo ampia discussione, abbiamo
concordato anche sul vino da proporre in questo menù: uno
dei nostri bianchi aromatici che maggiormente ci rappresenta:
la Malvasia Istriana, un vino che ricorda splendidamente l’uva
ed il territorio salmastro da cui proviene. Un pasto benau-
gurale l’auspicio di trascorrere in serenità i momenti per cui
esso sarà stato amorevolmente preparato.
Buone feste Giuliano e aurelio

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tà infantile alla bulimia, fino al boom mediatico attorno al consumo di latte artificiale a discapito dell’allattamen-to materno. Fortunatamente è in au-mento il numero di mamme che sfa-mano i pargoli a merenda con pane e marmellata, accantonando gli snack, che prima di lanciare l’SOS sanitario per un semplice starnuto provano a porvi rimedio con i suffumigi. Una sorta di rivincita dei rimedi del passa-to, che ci riportano a una dimensione meno “pre-confezionata”.Personalmente, come madre, ritengo che gusto, buongusto e buon senso siano le cose che a tavola e in famiglia non dovrebbero mai mancare, assie-me a un pizzico di sale. Quanto basta!
Silvia Paoli TacchiniPresidente di CROT Varia Umanità Onlus
INFo: www.misurafamiglia.it
MISURA FAMIGLIA
gusto, buon gusto e… buon senso
A partire da questo numero, inizia la collaborazione fra q.b.quantobasta e Misura Fa-
miglia FVG, progetto editoriale nato a maggio di quest’anno in seno all’Asso-ciazione CROT Varia Umanità Onlus per dare consigli utili e informazioni esaustive su tutto ciò che succede nel mondo dell’infanzia e della famiglia in Regione. Una vera e propria guida per le future mamme e per le famiglie che sul portale www.misurafamiglia.it possono trovare tantissime notizie, curiosità, consigli e un ricco calen-dario di eventi dedicati a loro. Il sito, pensato principalmente per i genitori che lavorano e fanno acrobazie per conciliare tutto, intende raccogliere le informazioni che riguardano il mondo dell’infanzia e della famiglia in Friuli Venezia Giulia e proporre approfondi-menti sulle tematiche che stanno più a cuore di mamme e papà, grazie alla collaborazione di professionisti e asso-ciazioni attive sul territorio che hanno aderito al progetto con entusiasmo. Su queste pagine parleremo prevalente-mente delle tematiche legate al cibo, con un pizzico di buon senso, perché un genitore sa bene quanto questo argomento sia importante, tanto più quando si tratta di bambini piccoli. In-fatti, il fattore alimentazione, per una donna in gravidanza o durante l’allat-
tamento, così come per un genitore alle prime armi con il proprio figlio, può rappresentare momenti di gioie e di dolori. L'educazione del bambino ai cibi sani parte necessariamente dalla famiglia, senza dimenticare il signifi-cato relazionale e affettivo che il cibo rappresenta. Il progetto editoriale ha come direttore responsabile di testata
Fabiana Romanutti, proprio grazie al sodalizio con q.b.quantobasta FVG, e avrà lo spazio e le competenze neces-sarie per colmare molte delle esigen-ze di famiglie e genitori dalle tema-tiche legate alla sana alimentazione a un servizio particolarmente utile, i ristoranti a misura di famiglia. Sem-bra un’assurdità, ma con la vastità di scelta di locali a disposizione sul no-stro territorio, risulta ancora troppo spesso drammatico trovarne uno più o meno attrezzato per famiglie con bambini. Tante sono le problemati-che aperte attorno al cibo, dall’obesi-

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reginA Di sAn DAnielerisposta friulana al salmone
In un’epoca che tende a omologare i gusti, FriulTrota difende la tipicità e la genuinità della trota affumicata del territorio
Quando, oltre quarant’anni fa, immise i primi avannotti nel suo laghetto, la famiglia
Pighin non avrebbe mai immaginato che la sua trota sarebbe diventata così apprezzata.All’inizio era solo un hobby. Era il piacere di stare all’aria aperta, a contatto con la natura, nel “loro” Ta-gliamento, del quale conoscevano, fin da ragazzi, ogni segreto. Dalla loro passione nacquero trote vivaci, genuine, con carni compatte, molto apprezzate da chi aveva la fortuna di assaggiarle. E così il laghetto si tra-sformò piano piano in un allevamen-to particolare, che manteneva le ca-ratteristiche ambientali originarie: tanta acqua fresca, bassa densità, alimentazione non forzata, rispetto dei tempi naturali di crescita.Questo fu solo il primo passo, segui-
to a breve da un’altra felice intuizio-ne: “abbiamo una trota eccezionale, ma non basta, dobbiamo offrirla già pronta e senza spine; oggi pochi hanno tempo e voglia di pulire o cucinare le trote in casa”. Nessuno ci credeva, alcuni li sconsigliarono, ma i Pighin accettarono la sfida. Con l’aiuto di un vecchio amico, esperto affumicatore, crearono la “Regina di San Daniele”, la trota salmonata affumicata considerata da molti una validissima alternativa al salmone.La ricerca dell’equilibrio dei profumi e dei sapori è il filo conduttore che permise poi di creare nuove speciali-tà a base di trota tra le quali: il “Fil di Fumo”, delicato filetto affumicato a caldo, le uova di trota, i guancialetti di trota, il carpaccio e un curioso sa-lame di trota, detto anche il salame di venerdì.
Una trotaper essere buonadeve essereuna buona trota

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LA RICETTA
Spaghetti con la Regina di San daniele
Ingredienti
300 g di spaghetti, 120 g di Regina
tagliata a julienne, spinacino da
taglio, 1 carota, 1 gambo di sedano,
olio extravergine d’oliva, sale
Preparazione
Cuocere gli spaghetti e condirli
con dell‘olio. Grattugiare la buccia
d‘arancia, sbollentarla in acqua
bollente per un minuto e lasciarla
asciugare. Amalgamare gli spaghetti
con la julienne di Regina e disporli
nel piatto su un letto di spinacino
fresco. Completare con il sedano e
la carota tagliati a dadini.
...tante altre ricette sul sito
www.friultrota.it
Trota e non solo…
Nel nuovo spaccio aziendale troverete tutte le specialità di Friultrota, i filetti pronti da mangiare, al naturale, alle erbe, agli agrumi, e poi ancora l’aringa sciocca, l’orata, il branzino, il tonno e il pesce spada, i condi-menti per la pasta e molti altri prodotti, tutti rigoro-samente lavorati a mano.Per Natale è disponibile un’ampia proposta di confe-zioni regalo per tutti i gusti e desideri. Tutto questo a San Daniele del Friuli, nella zona dei prosciuttifici. Per informazioni:telefonare al numero 0432 956560.
Le varie fasi di trasformazione, pur adeguandosi alle severe normative comunitarie, vengono tutt’oggi ef-fettuate seguendo antichi metodi artigianali, senza fare uso di colo-ranti e conservanti.La filosofia aziendale si riassume in un detto coniato in azienda: “una trota per essere buona deve essere una buona trota”. Meno lapalissiano di quanto sembri, questo motto testimonia la scelta dell’azienda di perseguire la qualità sotto tutti gli aspetti e di difende-re la ricchezza dei gusti e dei sapori tipici. E per tutti gli appassionati di cuci-na che desiderano imparare ricette nuove e gustose ci sono i corsi e i laboratori per imparare utilizzare al meglio i profumi e le fragranze delle specialità Friultrota.

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Il “panettone” degli altriLa storia della Vasilopita
Basilio era di Cesarea. Il più bel giovane del villaggio e il più saggio.
Era la prima volta che viaggiava da Atene verso Cesarea nel mese di novembre. A casa c’era bisogno di lui.“Le tue sorelle più grandi si sono dedicate tutte al dio Basilio” gli aveva scritto sua madre. “E non mi spiace. Ma mia più grande feli-cità è stata far nascere voi 11 figli. Vorrei che la piccola Makrina si sposasse con un brav’uomo e aves-se dei figli e io dei nipoti. Ma non si decide, Basilio! E’ come un bel fiore. Sorride di primo mattino ed è laboriosa. Ac-
cende il caminetto e lavora per tutto il giorno a casa. Che madre meravigliosa e che moglie dolce diventerebbe. Ieri notte mentre tutti dormivano ha cucinato dei biscotti e dei dolci alla cannella. Celestiali! Sembra di mangiare la sua bontà d’animo e di riempire l’esistenza di carezze. “Fai buon viaggio Basilio e che il Viaggio sia Tuo” gli augurò l’amico Gregorio. Gli sembrava di sentire la voce dolce di Makrina “Ti aspet-to mio caro Basilio”. Vide persino il suo sorriso. “Fai buon viaggio e che il Viaggio sia Tuo” ripeté nelle sue orecchie, così gli sembrò, la voce di Makrina. Makrina non voleva sposar-
lIRIka NakellaRI
si. Voleva dedicarsi al Dio e aiutare i poveri. Per il ritorno dell’amato fra-tello decise di preparare un dolce.
Ingredienti: 1 e ½ kg di farina tipo 00, 100 g di burro morbido, 100 g di zucchero, 1 dl di latte, 8 uova, 1 cu-betto di lievito fresco, 1 cucchiaio di scorza di limone grattugiata, 1 cuc-chiaino di sale, 50 g di mandorle tri-tate, 3 cucchiai di zucchero semolato per la guarnizione.
Mise la farina in un recipiente di ter-racotta, su un tavolo illuminato dalle stelle di un cielo di novembre. Scaldò del latte fino afarlo diventare tiepido, lo versò in una grande tazza e dentro
La Vasilopita è una delle più vive tradizioni della Chiesa greca. Il nome è formato dadue parole Vasilo (Basilio) e pita (pane).Ancor oggi il pane per i poveri di Basilio di Cesarea è ricordatoin tutte le case greche il 1° gennaio. Un augurio che il Nuovo Anno sia pieno di dolcezza, libertà, salute, felicità, amore!

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INFO
Living Greek: incontri ed eventi di cucina greca.Via Cormor Alto 92, Udine. Tel. 348 84 48 25e-mail:[email protected]
vi sciolse con le mani il lievito. Poi ag-giunse una tazza di farina e mescolò tutto fino che tutto si amalgamò bene. Lo mise vicino al focolare e lasciò lievitare per un po’. Intanto nel reci-piente di terracotta mise la farina, un pizzico di sale e una tazza di burro già sciolto e morbido. “Basilio avrà preso la nave da otto ore ormai” pensò, men-tre aggiungeva 6 uova, 1 tazza non tanto grande di zucchero e la scorza di un’arancia. Prese il recipiente con il lievito e lo aggiunse all’impasto. Si mise a mischiarlo piano piano, can-ticchiando. “Tu sei di Cesare e vieni a Cesarea, sotto un cielo stellato, oh mio Basilio, oh mio Basilio. Portami doni del cielo. Fa che il Viaggio sia Tuo e il Dono Mio. Mio! Voglio la libertà, la libertà di amare la vita e di vedere la luce…” Una canzone per il suo fratel-lino. Usava inventare delle canzoni. La musica dell’anima riempiva i suoi pol-moni e faceva brillare i suoi occhi. Av-
volse il recipiente con della carta d’olio e lo avvolse ancora con un canovaccio di lana, poi lo mise vicino al caminetto per farlo lievitare il doppio. Nell’attesa lavorava con la lana le calze per suo fratello. “Dentro metterò dei dolcetti al profumo di mastika” disse “come gli piacciono!” Poi tornò a lavorare l’impasto ancora una volta. Prese una teglia rotonda dal forno e appoggiò dolcemente il preparato riempiendo la teglia a metà. La coprì e lasciò lievi-tare piano-piano per la seconda volta. Senza accorgersi le scivolò nell’impa-sto una piccola moneta splendente che il fratello le aveva portato nell’ultimo viaggio. “Basile sta giungendo, chiedi mio fratellino dal Signore del regno la mia libertà, il mio dono, la mia libertà, il mio amore”, canticchiò di nuovo.Una volta lievitato il doppio prese delle uova con un po’ di acqua e le mischiò fino a farle diventare un liquido giallo canarino e con un cucchiaio di legno
le spalmò sopra il preparato lievitato. Sopra spolverò con delle mandorle tri-tate e dello zucchero e mise tutto nel caminetto sopra la legna. E cantic-chiò: “Pane di Basilio, la mia Vassilopi-ta, al tuo cuocersi batti la porta, con le mani di Basilio. Fa’ che giunga dal suo Viaggio qui sereno. Il suo Viaggio con in mano il mio Dono”. Si addormentò sul tappeto, vicino al fuoco. Fino a che il fuoco cucinò il suo dolce e fece pro-fumare tutta la casa. Quanto dormì non lo ricordava, ma al suo risveglio sentì la porta battere forte. Basilio era giunto a Cesarea compiendo il suo Viaggio, e portando il suo Dono.
Educazione alimentare: con il teatro didattico!
Il bambino imbottito: uno spettacolo per le scuole dell’obbligo ricco di informazioni e spunti, per insegnare sorridendo
Associazione Culturale Studio Giallo
tel. 349 41 20 459e-mail: [email protected]
www.didattica.name
www.clownsolfrini.com
La compagnia è autosuffi ciente dal punto di vista tecnico e la rappresentazione può avvenire anche in spazi non teatrali
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c’è
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Per Natale? Mi faccio una birra!Dopo la marzen, birra di primavera, nacquero birre non più riferite al metodo di produzione, ma al periodo dell’anno in cui si bevono
lUca FaNtONI
Non considerate provocatoria l’affermazione contenuta nel titolo: le birre di Natale sono
una grande tradizione di stile euro-peo. Premessa: la birra, a ragione, è ritenuta bevanda dall’ azione socializ-zante. Quale miglior periodo dell’anno per provarne la piacevolezza se non le feste natalizie? In Belgio come in Ger-mania, in Irlanda, in Olanda, in Boe-mia il pub è il luogo d’aggregazione per eccellenza. Al pub ci si ritrova per rilassarsi dopo una giornata impegnativa, per conver-sare, per festeggiare con gli amici, ma anche per incontri di lavoro o riunioni. E assieme alle numerose birre diverse, tra i tavoli e i cuori, scorre l’allegria e il piacere di conoscersi. Di fronte ad una pinta di stout “croccante” o a un fragrante boccale di kellerbier, a un fresco flute di pils o a una profuma-ta coppa di trappista, le distinzioni sociali si affievoliscono, le differenze generazionali sfumano e viene il mo-mento dell’incontro tra le persone, dello scambio di saperi, di una cultura che cresce.Un tempo, quando la tecnologia non ne permetteva la produzione nei mesi estivi, la birra primaverile veniva
preparata con un tenore alcolico un po’ più elevato e conservata in grot-te e cantine, quindi consumata nelle calde serate d’estate, in compagnia, dopo una faticosa giornata nei cam-pi. In Germania questa birra prese il nome di marzen (dal mese di marzo), in Belgio quello di saison (stagione). Col passare dei secoli e l’affinamento delle tecniche di produzione questa usanza si trasformò nell’abitudine di approntare una birra adatta per ogni stagione, pensata per una ricorrenza o celebrare gli appuntamenti importanti della comunità.La maggior parte delle birrerie oggi si fregiano di una Birra di Natale, re-
peribile esclusivamente per alcune settimane tra dicembre e gennaio. E una bottiglia di birra, meglio se da 75 centilitri o più, è sempre un graditis-simo regalo festivo, non solo per gli estimatori. Le birre natalizie sono tendenzial-mente robuste e forti. Nella tradizione tedesca le troviamo a bassa fermenta-zione (lager): chiare, maltate e dolci, o scure, torrefatte, corpose. La migliore a mio parere è la bock dal color bruno tonaca di frate, profumo fruttato intenso, gusto di cereale con sensazioni di caffè, cioccolato e cara-mello. Il grado alcolico si pone tra 6 e 7,5 % in volume. L’espressione più eccellente però la troviamo in Belgio, vera patria delle birre speciali: sempre ad alta fermen-tazione, dalle molteplici sfumature di colore, chiare, dorate, ambrate, scure. Il grado alcolico difficilmente è infe-riore a 6 % vol., mediamente si colloca tra 7,5 e 10 % vol., ma può raggiungere anche i 12-13 % vol. Si tratta di birre complesse, ricche nel profumo e nel gusto; adatte all’abbinamento con il cibo e al dopo cena. Con aromi tutti da scoprire. Ancor meglio se a tavola assieme ai propri cari!

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SCHEDE DEGUSTAZIONE BIRRE DI NATALE
BIRRe Da GUstaRe!
FIGUeIRa
Produttore: Birrificio Menaresta
carate Brianza - Italia
Tipo di fermentazione:
alta con rifermentazione
Stile: strong ale
Grado alcolico: alc. 8,5 % vol.
Colore: chiaro dorato
Schiuma: Persistente, compatta, fine
degustazione: Birra speciale chiara
fermentata con fichi secchi, ricon-
ducibile, per forza e aromaticità, a
una tripel di Natale. Offre eleganti
sensazioni olfattive, basate su una
molteplicità di toni vegetali; leggere
ma presenti anche le speziature. In
bocca è calda e morbida e al tempo
stesso fresca e pulita, con un piace-
vole sapore di amaro e piccante e
un lungo retrogusto ammandorlato.
sostiene l’abbinamento con piatti di
carne elaborati e succulenti; ottima
con i bolliti. Birra da meditazione.
BeRNHaRdUS BoCK
Produttore: Privatbrauerei schnit-
zlbaumer traunstein - Germania
Tipo di fermentazione: Bassa
Stile: Bock
Grado alcolico: alc. 6,2 % vol.
Colore: ambrato scura, tonaca di
frate
Schiuma: Persistente, fine,
color nocciola
degustazione: Birra invernale
robusta e maltata.
Il malto torrefatto le dona profumo
intenso di caramello e liquirizia.
Il corpo pieno sostiene al palato
note di caffè, cacao, carruba. Il
finale è lungo, ma pulito con aroma
di erbaceo e liquirizia. adatta a
gastronomia tipica tedesca come lo
stinco di maiale o il gulasch, ma da
provare anche con del cioccolato
alle nocciole.
aVeC leS BoNS VoeUX de dUPoNT
Produttore: Brasserie Dupont –
tourpes - Belgio
Tipo di fermentazione:
alta con rifermentazione
Stile: strong golden ale
Grado alcolico: alc. 9,5 % vol.
Colore: chiaro ambrato
Schiuma: abbondante, persistente,
compatta, fine
degustazione: Forte ed inten-
sa, complessa e perfettamente
equilibrata. Birra di rara eleganza
profuma di agrumi, erbaceo e
lievito. Il gusto non cede all’elevato
grado alcolico rilasciando sensa-
zioni fruttate, mielate sull’acacia,
speziate. l’intensa luppolatura,
anche a freddo in fase di fermenta-
zione, la rende amara e secca con
una buona persistenza ed un finale
tra la vaniglia ed il limone. Interes-
sante abbinata a salmone e zuppe
di pesce.

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BIRRa e cIOccOlatO
Una bevanda sacra per il cibo degli dei
A molti potrebbe sembrare un azzardo se non proprio una follia, ma l’abbinamento del
cioccolato con la birra sempre più spesso stupisce e appassiona. La bir-ra è una bevanda antichissima. E’ del 3700 a. C. circa la tavoletta d’argilla sumera che descrive i doni per una dea (birra compresa) e rappresen-ta la prima testimonianza scritta su questa bevanda, frutto dei cereali, che anche gli Egizi come i Sumeri consideravano dono divino. Anche il cioccolato ha origini lonta-ne. Furono i Maya ad avviare la prima piantagione di fave di cacao intor-no al 600 a. C. mentre gli Aztechi le diffusero in tutto il Centro-America. Entrambi i popoli consideravano il cioccolato, inizialmente consumato liquido, un regalo degli dei e riteneva-no avesse proprietà meravigliose, ad-dirittura magiche. Una sacralità, una magia, una delizia per i sensi e per il palato in particolare che giungono fino ai nostri giorni. Perché pensare di abbinare birra e cioccolato? Innan-zitutto perché possiedono sentori co-muni: il dolce e l’amaro, il tostato, il piccante. Poi perché in diverse birre si ritrova l’aroma del cioccolato. Le Porter e le Stout di origine inglese che utilizzano orzo scuro torrefatto hanno sapori intensi sul caffè e tosta-to che bene si accostano a quasi tutte le tipologie di cioccolato. Le robuste Bock tedesche apportano sovente un
aroma biscottato che gradisce la dol-cezza del cacao. La vera meraviglia che spesso sconfina nello stupore la offre un binomio tutto belga: degu-stare praline con le birre scure trap-piste (prodotte dai monaci) o d’abba-zia è così piacevole che da un lato i birrai hanno inserito il cioccolato tra i loro ingredienti e dall’altro i maitres chocolatiers preparano abitualmente cioccolatini alla birra. Le grandi ales scure belghe offrono sensazioni fruttate e speziate oltre che di caffè e torrefatto, ottime per l’abbinamento. Spesso la birra viene aromatizzata con peperoncino, can-nella, noce moscata, chiodi di garofa-no, ingredienti che si ritrovano anche nel cioccolato che oggi fa tendenza. Esistono anche alcune birre prodotte con cioccolato. In una Bitter Choco-late Imperial Stout viene usato cacao fondente che conferisce un amaro diverso,che ben si fonde con quello del luppolo. Nella Mocha Brown Ale ci sono polvere di cacao e chicchi di caffè, nella White Chocolate Pale Ale il cioccolato bianco. In una Dunkel bavarese c’è crema di cioccolato men-tre in una Milk Merzen al cioccolato bianco si aggiunge sciroppo al ciocco-lato. Come potete vedere, anche da-gli abbinamenti proposti nel boxino, i confini del gusto non sono poi così invalicabili. E mettere insieme due alimenti così buoni non può che offri-re un risultato divino!
lUca FaNtONI
UT LIQUE BERIBERITFloRIS CHoColaT
Produttore: Brouwerij
huyghe – Melle - Belgio
Tipo di fermentazione: alta
Stile: Blanche
Grado alcolico: alc. 3,5 % vol.
Colore: scura
Schiuma: abbondante, fine
e aderente
degustazione: Birra bianca prodot-
ta con una serie accurata di orzo e
frumento e dal caratteristico aroma
dolce-amaro con un caratteristico
aroma e gusto di cioccolato belga.
Il profumo è intenso ed invitante.
l’aroma dona note dolci di ciocco-
lato al latte e liquore di amaretto.
Rimangono presenti il cereale ed il
fruttato del lievito, ma il cioccolato
è preponderante.
abbinamenti suggeriti
• Porter, stout e Imperial stout per
cioccolato extra fondente, alle
mandorle e per la classica torta al
cioccolato
• Weizen e Blanche di frumento
per cioccolato bianco, gianduia e
agrumi
• trappiste e strong ales belghe con
cioccolato alla nocciola, fondente,
alla cannella, alla liquerizia
• Bock e Doppelbock con cioccolato
al latte, alla nocciola e biscotti
• kriek (alla ciliegia) con cioccolato
bianco

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il regalo che cercavi, il regalo che aspettavi!
Superflash, la carta che si crede un conto, ma che è meglio di un conto!
Fra poco è Natale, tempo di regali. L’idea giusta ve la sug-geriamo noi: è Superflash, la
carta che risponde alle esigenze di chi dona e di chi il dono lo riceve. Ne par-liamo con Michela Kravanja, responsa-bile del segmento privati della Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia.
Superflash, un nome giovane per servizi e iniziative nuove… Superflash è un’idea nuova, un con-cept studiato dal gruppo Intesa San-paolo per i giovani. Lo slogan che ne sintetizza le caratteristiche potrebbe essere “La carta che si crede un con-to”. E’ infatti una carta ricaricabile con Iban, che sostituisce il conto corrente. Senza canone per gli under 26 e zero imposta di bollo. Un elemento questo che la fa apprezzare non solo dai gio-vani…
Avete quindi rimodulato l’offerta puntando sulla semplificazione e sul massimo contenimento dei co-sti per i clienti…
Esattamente. Abbiamo cercato di ri-spondere soprattutto ai bisogni dei giovani, degli studenti, dei neolaureati spesso con lavori precari, cercando di avvicinare la Banca alle nuove genera-zioni. Superflash consente di pagare e prelevare contante sia in Italia che all’estero (e i giovani sono sempre più internazionali) tramite circuito Ma-stercard. E di pagare in tutta sicurezza gli acquisti su internet. Inoltre consen-te di effettuare numerose operazioni tramite l’home banking del nostro sito.
Per esempio…Con Superflash si possono effettuare e ricevere bonifici (compreso l’accredi-to dello stipendio), si può ricaricare il cellulare, si possono consultare i movi-menti e il saldo della carta. Si possono pagare bollettini e tasse universitarie. E’ uno strumento pratico per chi vive lontano da casa e deve pagare l’affitto, ma anche per chi va all’estero in va-canza.
Ci spieghi meglio l’altro slogan
che ci ha molto colpito: Lo sconto che torna in conto ...Questa è davvero l’idea vincente che ha fatto registrare a Superflash un successo straordinario e crescente. Superflash oltre i servizi, iniziative speciali, sito Internet e filiali dedica-te è collegata al programma Bonus, un circuito a livello nazionale e locale, che consente di avere sconti effettivi su moltissimi acquisti. Per fare solo qualche esempio: sui voli Ryanair, all’Unieuro, in molti distributori di benzina. L’elenco è davvero lungo, lo si può consultare sul sito ed è conti-nuamente aggiornato. Il meccanismo è semplice: al momento del pagamento con la carta Superflash lo sconto viene direttamente accreditato sul conto.
Superflash è anche su Facebook e sul nuovo sito www.superflash.it disponibile anche per mobile e visua-lizzabile tramite browser su tablet. In-formazioni dettagliate in tutte le filiali della Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia.
Michela Kravanja, responsabile del segmento privati della Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia

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Guida Osterie d’Italia 20121711 storie di donne e uomini, osti e ristoratori, dei loro prodotti
e dei loro piatti. 101 quelle segnalate in regione
Raggiungere e superare il tra-guardo di vent’anni di regola-re pubblicazione di una gui-
da, tenendo conto della difficoltà che incontrano tante riviste o testate a mantenere la puntualità in edicola o in libreria, è un risultato di non poco conto.La guida “Osterie d’Italia”, prodotto che ha fatto la fortuna di Slow Food Editore, riporta – e non è una notazio-ne marginale – il sottotitolo: Sussidia-rio del mangiarebene all’italiana, per rimarcare l’obiettivo che si prefigge: segnalare quei locali che valorizzano le materie prime locali e che ripro-pongono piatti tipici della gastrono-mia tradizionale, entro una ragione-vole soglia di conto da pagare.Quest’anno la guida ha cambiato la direzione editoriale e lo staff cen-trale di Bra, dove confluiscono tut-te le informazioni raccolte da oltre 400 collaboratori e verificate da una squadra di venti coordinatori regio-nali, ma ha mantenute intatti la sua identità e il suo rapporto con il ter-ritorio. Un rapporto costruito anno dopo anno attraverso un costante monito-raggio delle osterie da inserire o da eliminare e attraverso un paziente lavoro di miglioramento delle infor-mazioni date al lettore. Nella guida
GIORGIO DRI
2012 per ogni locale sono indicati i piatti che ne decretano i motivi di in-teresse e – novità - il loro costo: que-sta informazione si affianca a quella generale del conto inferiore a 35 euro (vini esclusi) per un menù fatto di antipasto, primo e secondo.1711 sono le osterie descritte nella guida: 101 quelle della nostra regio-ne, rappresentative dei territori (38 della provincia di Udine, 14 di Porde-none, 12 di Gorizia e 9 di Trieste) e delle specificità locali (le osmize del Carso e i buffet di Trieste, i prosciut-ti di San Daniele e il rito del tajut di Udine). Quello che emerge è un quadro, ag-giornato e attendibile, dei locali che giorno dopo giorno propongono piat-ti della gastronomia regionale. Mar-co Bolasco ed Eugenio Signoroni, che firmano la presentazione della Guida Osterie d’Italia 2012, scrivono «Sono 1711 le storie di donne e uomi-ni, osti e ristoratori, dei loro prodotti e dei loro piatti». Una guida quindi che non si limita a segnalare oste-rie, trattorie, ristoranti e il menù che vi si trova, ma una guida che pone come motivo di interesse generale le persone (cuochi, titolari, produttori che conferiscono i loro prodotti) che si ritrovano nei piatti che possiamo degustare.
Il simbolo più ambito, la Chiocciola: riconoscimento per ambiente, cucina, accoglienza. Per ogni Chiocciola sono state rese pubbliche le motivazioni che hanno spinto i coordinatori ad attribuirle

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Ciclamino friulano: CertifiCAto
A San Daniele, in occasione della manifestaione Autun-no friulano, accanto a lec-
cornìe ed eccellenze agroalimentari i visitatori troveranno anche un altro prodotto locale certificato: il cicla-mino. Alcuni produttori regionali hanno in-teso infatti percorrere la strada della certificazione del Ciclamino friula-no, cyclamen persicum, che risponde a caratteristiche ben definite in di-sciplinare. Ciclamino Friulano, è un Ciclamino di qualità superiore pro-dotto da aziende del Friuli Venezia Giulia specializzate nel settore con un rigoroso processo produttivo con-trollato costantemente da personale specializzato. Trattasi di un ciclami-no dalla fioritura abbondante e resi-stente agli stress. La coltivazione del ciclamino risale alla fine dell'Otto-cento, quando un produttore rientra-to dalla Francia, iniziò la diffusione
delle varietà e delle tecniche tran-salpine di ibridazione delle piante. La diffusione avvenne velocemente creando, quasi immediatamente, una vera e propria coltivazione intensiva. Il cerchio, all’origine del significato del nome del Ciclamino, ha contribu-ito ad attribuire poteri magici al fio-re (il cerchio non ha inizio nè fine e rappresenta l'Universo nel suo eterno ciclo di rinnovamento). Nel linguaggio dei fiori il Ciclamino è sinonimo di simpatia, amicizia, af-fetto e viene regalato per dimostrare questi sentimenti.
CONSIGLI PER IL mANTENImENTO
Metterlo in posizione molto
luminosa evitando il sole diretto.
Bagnarlo regolarmente evitando
i ristagni d'acqua.
concimarlo fino a novembre e
riprendere poi a fine febbraio.
Metterlo al riparo solo quando la
temperatura scende sotto i 5°c
tornando a metterlo all’aria prima
possibile. togliete regolarmente i
fiori vecchi staccandoli alla base.
a fine fioritura trapiantarlo
in giardino in penombra.
coccarda verde limone e vaso in
coccio pulito fanno riconoscere e
garantiscono il ciclamino friulano.
questi i parametri garantiti dal
disciplinare. N. minimo di foglie 60-
80. Diametro chioma in cm: min 36,
max 44. Num. Boccioli garantiti (che
fioriranno): dai 30 ai 50.
Boscolino profumato
Da non dimenticare il boscolino, un
ciclamino miniatura particolarmente
profumato, coltivato per durare a lungo
e prodotto dalle aziende dell’associa-
zione Floricoltori del Friuli V.G. la pian-
ta produce molti fiori tutti dal tipico
profumo e si mantiene a lungo dando
soddisfazione a chi la acquista.

LA TIPOGRAFICASPAZIO IN GABBIA
175 X 225

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SAPORI DI CARNIA
A rAveo, uno dei borghi Autentici d’italia,
inconsueti itinerari del gusto
Un evento tutto da gustare è quello che si tiene dome-nica 11 dicembre a Raveo,
località carnica che fa parte dei Borghi Autentici d’Italia. Per Sapo-ri di Carnia tutto il paese si mette all’opera per preparare prodotti con-servati secondo antiche tradizioni e piatti gustosi dai sapori dimenticati. Accanto a loro, i piccoli produttori agroalimentari della Carnia espon-gono le loro merci. Il paese (chiuso al traffico) s’addobba a festa con frasche di pino, pannocchie, bacche di bosco, le semplici decorazioni con cui la gente di montagna usava ab-bellire la casa nei giorni di festa e diventa un unico, grande Mercatino. Il percorso gastronomico è partico-larmente ricco e inusuale: la prima tappa è il Borc da Vedue (Borgo della Vedova), dove sin dal matti-no viene proposta la colazione della nonna con polente e brume (po-
lentina tenera accompagnata dalla panna scremata dal latte munto la sera precedente), crostes di polen-te tal lat (le croste della polenta ammollate nel latte caldo), frìtules di cavoce (frittelle di zucca) e tante altre prelibatezze. Via via, l’itinera-rio del gusto si snoda nei borghi suc-cessivi, dove si possono assaggiare i piatti tipici della tradizione carnica: cjarsòns, gnocchi con le prugne o di zucca, frico croccante e tenero di patate, frittate con cipolla e sala-me, salame cotto nell’aceto, patate bollite servite con i ciccioli di lardo oppure accompagnate al formadi frant, ricotta affumicata o frante, fagioli saltati in padella con la pan-cetta, minestrone con i fagioli e, per finire, gubana e dolci, panna mon-tata a mano sul momento, grappe e distillati di produzione casalinga. In programma, laboratori del gusto e degustazioni guidate.

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MERCATINI & PRESEPI
la CArniA si prepara
al nAtAle. e vi aspetta!
Ritrovare lo spirito più genuino e autentico del-la montagna, assaporarne i profumi, gustarne i sapori,viverne le tradizioni. Andare alla scoperta
di piccoli paesi ricchi di arte e cultura. Tutto questo e molto altro offre in inverno la Carnia, dove lo sci e gli sport invernali si coniugano con antiche tradizioni, fol-
clore, buona tavola.In dicembre mercatini e presepi fanno da preludio al Natale.A Sauris l’8, 10 e 11 dicembre si svolge il tradizionale Mercatino dell’Avvento, un mercatino speciale, fatto di cose sem-plici create con il cuore, che trasforma l’intera frazione di Sauris di Sopra in un incantevole “paese del Natale”. Per tre giorni, sulle tradizionali bancarelle di-sposte fra rustici stavoli e antiche case in pietra e legno si potranno acquistare i più tipici oggetti in legno, ferro battu-to, paglia, ceramica, lana cotta e feltro dell’artigianato carnico (fra cui gli scar-pets, le tradizionali pantofole in velluto con la suola ricavata dal copertone di biciclette), addobbi natalizi, sculture e giocattoli in legno, lavori a maglia, tante idee regalo e prodotti della gastronomia locale, come il prosciutto crudo legger-mente affumicato per il quale Sauris è conosciuta dai gourmet, la birra di Sau-ris, le ricotte affumicate, i formaggi di malga, i mieli di montagna, i dolci na-talizi. Cose semplici, realmente artigia-nali, lontane dall’omologazione e dalla standardizzazione. Oggetti che ci ripor-tano indietro nel tempo e fanno gustare il piacere del dono inconsueto ed unico. Musiche, piccoli spettacoli di artisti di strada, danze tradizionali, distribuzione di vin brulé e biscotti natalizi contri-buiscono a rendere festosa l’atmosfera. Il resto dell’incanto lo crea Sauris, con
i suoi splendidi panorami, le architetture, i capolavori d’arte custoditi nelle sue chiese, la sua eccellente cucina, l’ ospitalità di assoluto livello in piccoli hotel o nell’alber-go diffuso.

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Grazie agli studi di Attilio Scienza, nome ben noto agli appassionati e ai tecnici del
vino, Giovanni Negri, in collaborazio-ne con Elisabetta Petrini, ha pubbli-cato per Mondadori un libro che po-trà diventare una splendida strenna di Natale, ma anche un “romanzo” da leggere tutto d’un fiato, anzi d’un sor-so. Si tratta di “Roma caput Vini”, una ricostruzione storica sull’origine e la diffusione della vite in Europa. Il tut-to nasce da una straordinaria scoperta genetica del professor Scienza, catte-dra di Viticoltura dell’Università di Mi-lano sull’origine della vite da cui sareb-bero (sono) nate tutte le viti europee. Heunisch (unno), il vino primigenio, è stato infatti individuato grazie all’ana-lisi del Dna. Nessun albero prima della sacra vite tu pianterai, o Varo, scriveva Orazio e il bastone del comando per le
LIBRI DA DEGUSTARE
ROMa caPUt VINIUnno e Marco Aurelio Probo:
due nomi che hanno fatto la storia del vino in Europa
legioni romane era caratterizzato pro-prio dall’immagine della vite. Il libro ci racconta la storia del vino a Roma, da quando il “vinum” dalle tavole dei patrizi diventa nutrimento e piacere di massa. Ben 78 vitigni europei sono ere-di genetici del vitigno affidato dall’im-peratore Marco Aurelio Probo alle le-gioni, affinché fosse impiantato in ogni terra dell’impero, dalla Britannia alla Pannonia. Questo vitigno, l’Unno, è an-che il vitigno che fino all’Alto Medioevo ha prodotto i due terzi di tutto il vino europeo. Decisamente affascinante la storia di Roma, potenza militare ma anche agricola. Era il 280 dopo Cristo quando Marco Aurelio Probo cancellò l’editto di Domiziano, che prevedeva di espiantare le vigne fuori dall’Italia per piantare grano, selezionò un vitigno e impose ai legionari di piantarlo in tutto l’Impero.
Il vitigno selezionato dall'imperatore
proveniva dalle sue terre d'origine, all'incirca
nei pressi dell'attuale Belgrado

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l’aRCa della CUCINa
Lezioni di cucina, show cooking,
degustazioni ed eventi in location
sempre più esclusive, glamour o
anche a “domicilio”: tendenze del
momento. Per chi pensa in gran-
de, arriva “Arca” la cucina mobile
di Inoxpiù: un vero e proprio
camion, 8 metri espandibili, con
tutte le attrezzature indispensabi-
li al funzionamento di una cucina
completa in totale autonomia, in
grado di servire fino a 300 coper-
ti e ospitare lezioni e degustazio-
ni. Un’idea che unisce funziona-
lità, hi-tech e design, presentata
alla Triennale di Milano.
Fonte: winenews
PRoFUmI aI dolCI
Ora potrai profumare come il tuo
dolce preferito. Lo chef di dolci
spagnolo, Jordi Rocco, ha sempre
creato dolci che odoravano di
profumo, ma adesso ha lanciato
il profumo, Lemon Cloud, alla
fragranza del suo dolce favorito.
Centinaia di bottigliette di questo
profumo sono vendute ogni gior-
no. Il successo è stato immediato.
A proposito di profumi, i chimici
hanno isolato per la prima volta
tutti i profumi del cacao: sorpren-
dentemente nel suo mix olfattivo
c’è di tutto, anche il cavolo e le
patatine fritte.
Fonte: The InQuisitr
mini tester per il vino
Avete presente i “mini-tester” dei
profumi da provare prima di ac-
quistarli? In Usa c’è chi ha pensato
di applicare il concetto al vino:
www.tastingroom.com non vende
solo le classiche bottiglie da 0,75
litri, ma anche kit da 6 campionci-
ni da 50 ml, da 25 a 35 dollari. Nel
catalogo prevalentemente vini
californiani, ma ce ne sono anche
italiani, francesi e di altri Paesi. Si
ordina via internet, si assaggia e
poi eventualmente si compra nel
formato “regular”. Testimonial gli
chef italo americani Mario Batali
(nella foto) e Michael Chiarello ma
anche mister “Wine Library” Gary
Vaynerchuk, che hanno proposto
le loro selezioni.
Fonte: Winenews
Curiosità e novità

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Aria nuovain cucina
con
Direttore responsabile
Fabiana Romanutti
tel. 333 9032748
Hanno collaborato a questo numero
Silvano Bertossi, Angelo Bortoluzzi,
Arianna Buzziolo, Cinzia Collini,
Giorgio Dri, Luca Fantoni,
Ennio Furlan, Lirika Nakellari,
marta Omero, Giuliano Orel,
maria Cristina Novello,
Silvia Paoli Tacchini,
Aurelio Zentilin
Si ringrazia per l’uso delle foto:
marco Cerullo, pag 18
Borghesan, pag 21
Aurelio Zentilin, pagg 42,43, 44
Janko Kovacic, pag 33 (coro)
Impaginazione:
Eurograf, Tarvisio (UD)
Stampa:
Tipografia La Tipografica snc,
Basaldella (UD)
Autorizzazione n. 1202 del 18 settembre
2008 del Tribunale di Trieste
by Assoc. Culturale Studio Giallo,
via San Michele 26 Trieste
q.b. è on line sul sito www.qbfvg.it /
Per scrivere alla redazione:
quantobasta FVGgusto e buon gusto nell’euroregione
quantobasta FVGgusto e buon gusto nell’euroregione
q.b. quotidiano on line è costantemente aggiornato con tutti gli appuntamenti e le novità del mondo dell’enogastronomia della regione e dell’euroregione
www.qbfvg.it
Seguiteci su Facebook: QuantoBasta FVG


PROGRAMMA
CON IL CONTRIBUTO DI:
Appuntamento con i grandi vini e i prodotti tipici del Friuli Venezia GiuliaUn giorno per vivere e gustare nel centro storico di San Daniele tutta la ricchezza e la bontà delle produzioni enogastronomiche del paniere Tipicamente friulano. www.autunnofriulano.it
Teatro Ciconi “250 ottimi motivi per esserci” Banco di assaggio dei 250 migliori vini e dei prodotti agroalimentari del Friuli Venezia Giulia a cura di AIS FVG. www.aisfvg.com Ingresso a pagamento
Presentazione delle ricchezze agroalimentari del paniere Tipicamente friulano della regione: i formaggi di malga e ovicaprini, la brovada, dimostrazione della lavorazione delle carni di maiale e presentazione delle carni suine a marchio AQuA. Mostra fl oreale del “ciclamino friulano”.Piazza Vittorio Emanuele.
Assaggi golosi di prodotti tipicamente friulani. Castagne e ribolla. Piazza Pellegrino.
Presentazione diorama “Natura e ruralità friulana”.Sala Consiliare, via Garibaldi, 23.
Animazione ed attività ricreative dedicate ai più piccoli.Piazza Vittorio Emanuele.
Coro dei cacciatori sloveni Doberdob.Chiesa di San Antonio.
Presentazione diorama “La collina di San Daniele”.Chiesa della Fratta.
Premiazione di giovani sandanielesi promesse dello sport, Campioni italiani di Equitazione e Minienduro. Piazza Vittorio Emanuele.
Presentazione della Guida Vini&Ristoranti del Friuli Venezia Giulia de L’Espresso e del calendario per il 2012 dedicato al Friulano.
Accensione delle luci natalizie e dell’albero di Natale, dono della città gemellata di Millstatt am See (Austria).Piazza Vittorio Emanuele.
Celebrazione della Messadi Sant’Uberto e Suonatori di corni da caccia della Valcanale.Duomo.
Assaggi golosi di prodotti tipicamente friulani.Piazza Pellegrino.
Mercatino dell’antiquariato.Piazza Vittorio Emanuele, Via Garibaldi, Via Roma, Piazza Pellegrino.
Venerdì 25 novembreCastello di Villalta, Fagagna (UD)
Sabato 26 novembreSan Daniele del Friuli
Domenica 27 novembreSan Daniele del Friuli
10.30-21.00
10.30-21.00
16.45
17.00
10.30-20.00
10.30-20.00 10.30-20.00
15.00
16.30
15.30
15.30
16.00
15.00
Menù Tipicamente friulano Nei dieci ristoranti aderenti all’iniziativa, menù completo 20,00 euro - Musica da osteria itinerante.