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1 Quando l’amore è … "Percorso di preparazione al matrimonio per essere insieme testimoni dell'Amore" A cura dell’Ufficio Famiglia della Diocesi di Napoli

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Quando l’amore è …

"Percorso di preparazione al matrimonio per essere insieme testimoni dell'Amore"

A cura dell’Ufficio Famiglia della Diocesi di Napoli

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Nel tracciare il piano diocesano di pastorale familiare, il cardinale Michele Giordano indicò nel documento «In principio è la famiglia» (Istruzione pastorale per i Convegni cittadini 1989) come «obiettivo prossimo, immediato» della pastorale matrimoniale o sacramentale la preparazione alla celebrazione del matrimonio. «Non si tratta - scrive Giordano - di stabilire una pastorale dell'emergenza, bensì di concepire in maniera radicalmente diversa la prepara-zione al sacramento». Lo stesso concetto viene ribadito qualche anno dopo in un altro documento «giovani nella e per la pastorale familiare» (Istruzione pastorale per i Convegni cittadini 1992) seguito al II importante Convegno diocesano celebrato nel dicembre del 1991, nel punto in cui l'Arcivescovo ritiene necessario «il recupero della coscienza sacramentale del matrimonio» al fine di raggiungere poi il traguardo ultimo della pastorale familiare «la ragion d'essere stessa della Chiesa, di essere sacramento universale di salvezza». E in quel recupero sacramentale il cardinale successivamente individua uno dei punti di connessione tra la pastorale familiare e la pastorale giovanile.

Alla luce di queste sollecitazioni, l'Ufficio Famiglia diocesano, organismo che lo stesso Giordano ha fortemente voluto per la realizzazione del progetto pastorale diocesano, ha lavorato per il raggiungimento di tale obiettivo, studiando, consultando e dotando la diocesi di strumenti utili con l'intento di promuovere la diffusione ed una mentalizzazione del progetto stesso come stile di vita comunitario, salvaguardando le diversità di territorio, gli indirizzi formativi, i programmi e le modalità di lavoro promossi da parrocchie, associazioni, movimenti e operatori che già da tempo gettano semi in quel solco e contemporaneamente creando un momento di collegamento con il centro della diocesi e di coordinamento tra parrocchie, decanati, zone e organismi diocesani. È nata così la scuola per operatori di pastorale prematrimoniale dopo una indagine ed una lettura pastorale del territorio della diocesi nelle sue nove zone e il sussidio «Quando l'amore è..., «percorso di preparazione al matrimonio per essere insieme testimoni dell'Amore», diretto essenzialmente agli operatori e mediato nei vari incontri in cui si è articolata la scuola di formazione. Un sussidio nato dalla collaborazione di quanti in diocesi già avevano esperienza di pastorale familiare e sperimentavano da anni realtà di famiglia nelle proprie comunità. Continuando su questa stra-da e volendo soppiantare l'emergenza nell'ottica di un progetto, sempre cercando il contributo di quanti sono impegnati nella realizzazione di «itinerari realistici» nell'ambito dell'apostolato familiare, nasce la II edizione del sussidio succitato, rivisto, integrato e con una nuova veste grafica. Uno strumento operativo diretto alla diocesi che fa appello alle responsabilità dei formatori, dei nubendi, dei sacerdoti, e richiama ad un impegno non solo di studio ma di vita, di coerenza cristiana, di fede incarnata e testimoniata, perché il fidanzamento sia un valore difeso da tutta la comunità cristiana come «un tempo di grazia che, se non può dirsi sacramentale, trae forza dal battesimo e dalla stessa vocazione coniugale che attende di essere concretizzata», come «un tempo di formazione caratterizzato da una propria spiritualità» e, infine, come «un tempo di testimonianza e azione ecclesiale, con le caratteristiche di una specifica solidarietà» (La preparazione dei fidanzati al matrimonio e alla famiglia, n. 1).

P. RAFFAELE PONTE

Direttore Ufficio Diocesano Famiglia

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PRESENTAZIONE E METODOLOGIA

Siamo tutti convinti della necessità di concentrare energie ed impegno ecclesiale nella «formazione della famiglia» da cui dipendono non solo le sorti della società, ma anche quelle della stessa Comunità Ecclesiale.

Non sono certo i corsi prematrimoniali, peraltro non ancora offerti da tutte le parrocchie, sufficienti a rispondere a questa necessità, ma è anche vero che se, là dove sono in atto, fossero svolti adeguatamente, si potrebbe cominciare a diffondere una mentalità positiva a riguardo e forse sorgerebbero nuove sensibilità e maturerebbero nuove disponibilità.

Perché il corso prematrimoniale ottenga una buona partecipazione occorre tener presente che non esistono ruoli del tipo «docente» e «discente», ma tutti, operatori e non, si cammina insieme verso l’Amore che solo deve motivare ogni affermazione, ogni gesto, ogni decisione... perché tanto la persona singola, quanto la coppia possa realizzarsi per quello che è.

Sarebbe opportuno evitare di concentrare, in un corso, troppe coppie di fidanzati (a volte, addirittura, si pongono in essere corsi prematrimoniali zonali, con una presenza di centinaia di persone). Infatti «il numero» è significativo; più è grande, più l’incontro rischia di perdere i suoi connotati e di trasformarsi in una «conferenza», dove l'impegno è di uno solo o di pochi, mentre la massa rimane anonima e qualche volta indifferente.

Sarebbe auspicabile che le parrocchie di ogni decanato si organizzassero in modo tale da effettuare i corsi in giorni diversi della settimana, in modo da favorire chi, per motivi di lavoro, non potesse seguire gli incontri nella propria parrocchia.

Gli operatori dovrebbero conoscersi bene tra loro e testimoniare unità di intenti e di obiettivi, pur nella pluralità dei contenuti. Dovrebbero riuscire, inoltre, a stabilire un rapporto di conoscenza, di apertura, di disponibilità con tutte le coppie interessate al corso, perché queste siano disponibili alla comunicazione e al dialogo.

I fidanzati hanno bisogno di sentirsi a proprio agio nel gruppo, e gli operatori favoriranno questo atteggiamento organizzando anche incontri di festa e giornate di fraternità.

È bene chiarire, già nel primo incontro, l'importanza della partecipazione di ciascuno, con interventi, interrogativi, comunicazioni, suggerimenti in un clima di sincerità, ascolto, rispetto reciproco.

Per agevolare la partecipazione di tutti, nei limiti del possibile, gli operatori dovrebbero concordare con le coppie l'orario e il giorno degli incontri e, là dove non sia possibile, offrire come alternativa la frequenza di corsi prematrimoniali in altre parrocchie.

Metodologia degli incontri

All’inizio di ogni incontro, l’operatore deve avere le idee chiare in merito agli obiettivi, ai contenuti e alla dinamica dell'incontro. Deve prevedere un tempo sufficiente per la presentazione della problematica, per la discussione e per la conclusione.

Il Presente sussidio non presume certo di esaurire le possibili argomentazioni offerte dalla «scelta del matrimonio cristiano»; esso vuole semplicemente offrire, attraverso l'analisi della situazione e le prospettive riportate per ogni tema, una serie di sollecitazioni, per stimolare la riflessione personale e di gruppo intorno alle problematiche focalizzate di volta in volta.

Esso è solo un mezzo, un aiuto per l'operatore e per i fidanzati. Siamo certi che ogni operatore, con un pizzico di buona volontà, di competenza e di creatività, potrebbe produrre ed aggiungere al presente altri sussidi, che sarebbe generoso far circolare negli altri corsi.

II sussidio prende in considerazione dodici tematiche: 1. Motivazioni per una partecipazione attiva al corso; 2. Il dialogo; 3. L'amore; 4. Il senso della fede nella vita di coppia; 5. Sposi cristiani: scelta vocazionale; 6. Il sacramento del matrimonio; 7. Il patto matrimoniale; 8. Morale cristiana e coscienza;

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9. Significato e valore della sessualità nel matrimonio; 10. Paternità e maternità responsabile; 11. La famiglia come progetto educativo; 12. La famiglia nella società e nella Chiesa.

Non è detto che per sviluppare una tematica sia sufficiente un solo incontro. Ciascun responsabile può gestire con libertà, guidata dal buon senso, il tempo necessario allo svolgimento del corso, anche servendosi della collaborazione di esperti che con competenza offrano opportuni chiarimenti e approfondimenti. Ciascuna tematica è così articolata:

1. Situazione

Consiste nella individuazione della situazione attuale che necessariamente va presa in considerazione, se si vuole davvero costruire una mentalità nuova e aperta alla positività della vita.

2. Confronto con la Parola di Dio e con il Magistero

Sono indicati riferimenti, citazioni (per esteso), per facilitare un immediato confronto con la Parola di Dio e con il Magistero. Sarebbe opportuno che gli operatori potessero confrontarsi previamente con essi per avere chiara l’impostazione teologica dell’argomento che si intende affrontare. È bene precisare che le citazioni date non solo le uniche disponibili.

3. Questionario

Le domande formulate vorrebbero: - sollecitare la comunicazione; - aprire la strada al confronto nel gruppo; - far riconoscere i fidanzati come protagonisti del corso; - predisporre le coppie ad una maggior comprensione dell'argomento che si sta per affrontare.

4. Prospettive Vengono offerte dall'operatore, in base alla situazione e alla discussione. Anche se non sono esaustive, possono offrire nuove piste di riflessione per un progetto di

coppia che riconosca le sue radici nella Parola di Dio e nel Magistero ecclesiale. Il sussidio è corredato da una semplice bibliografia e da una serie di indicazioni di strumenti

operativi utili.

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I INCONTRO

MOTIVAZIONI PER UNA PARTECIPAZIONE ATTIVA AL CORSO PREMATRIMONIALE

1. La situazione

I motivi per i quali ci si trova ad un corso prematrimoniale sono certamente diversi. Ciò non toglie che sia possibile, nel dialogo iniziale, trovare qualche punto in comune e, soprattutto, orientarsi verso le stesse finalità.

Le testimonianze seguenti sono frutto della comunicazione sincera di alcuni fidanzati che hanno già fatto questa esperienza.

«Io sono qui perché lo vuole la mia ragazza» LUIGI. «Perché vogliamo sposarci in questa Chiesa... e il parroco ci ha detto che dovevamo

frequentare il corso prematrimoniale» ANNA e CIRO. «lo credo di riuscire a frequentare uno o due incontri, non di più, per motivi... di lavoro (in

realtà perché credo di annoiarmi e di venire solo a perdere tempo)» CIRO. «Veramente noi non siamo di questa parrocchia, ma una coppia di amici ha frequentato il

corso precedente e ce ne ha parlato con tale entusiasmo che la cosa ci ha incuriositi e siamo venuti a... verificare di persona» FRANCESCA.

«Da parte mia non sussiste, attualmente, una netta convinzione religiosa; tuttavia avverto istintivamente la necessità di approfondire il senso della fede e sono qui nella speranza di riuscire a vivere con maggior consapevolezza questo evento importante della mia vita civile ed intima» LUIGI.

«Perché vogliamo approfondire il nostro rapporto di coppia e ci stuzzica l’idea di confrontarci con altri fidanzati che cercano come noi di prepararsi al matrimonio» PAOLO e ANNA.

«Noi siamo cresciuti nella fede cattolica e desideriamo vivere cristianamente il nostro matrimonio... ma sinceramente abbiamo tante perplessità in merito... speriamo che questi incontri ci siano di aiuto» MARIO.

2. Confronto con la Parola di Dio e con il Magistero

Matrimonio e famiglia sono anzitutto realtà umane che hanno radici profonde nell’essere delle persone e rimandano perciò a Dio, perché a immagine e somiglianza di Dio la persona è creata.

«Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza (...) Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò (...) Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (cfr. Gen 1,26-27-31).

Il legame di Dio con l’uomo è un legame inscindibile anche se non necessariamente avvertito. «Creandola a sua immagine e continuamente conservandola nell’essere, Dio iscrive nell’umanità del-l’uomo e della donna la vocazione e quindi la capacità e la responsabilità, dell’amore e della comunione» (FC 11).

Capacità e responsabilità, che trovano il loro affermarsi in comportamenti efficaci proprio in virtù dei motivi che guidano la condotta, anche se tali motivi non sono avvertiti coscientemente.

Il partecipare ad un corso in preparazione al matrimonio-sacramento deve far nascere e/o creare questa consapevolezza del reale rapporto che c’è tra l’uomo e Dio.

«Più che mai necessaria ai nostri giorni è la preparazione dei giovani al matrimonio e alla vita familiare. (...) Molti fenomeni negativi che oggi si lamentano nella vita familiare derivano dal fatto che, nelle nuove situazioni, i giovani non solo perdono di vista la giusta gerarchia dei valori, ma, non possedendo più criteri sicuri di comportamento, non sanno come affrontare e risolvere le nuove difficoltà. Ciò vale ancor più per il matrimonio cristiano... Per questo la Chiesa deve promuovere migliori e più intensi programmi di preparazione al matrimonio per eliminare, il più possibile, le

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difficoltà in cui si dibattono tante coppie e ancor più per favorire positivamente il sorgere e il maturare dei matrimoni riusciti» (FC 66).

«Nel nostro territorio, la famiglia è esposta ai contraccolpi della situazione economica locale... ai contraccolpi delle condizioni di vita urbana e sociale... ai contraccolpi del costume della mentalità collettiva, di nuovi orientamenti culturali che si riflettono sulla stabilità del matrimonio, sulle dinamiche demografiche, sui rapporti tra i ruoli all’interno della famiglia e sulle relazioni con l'ambiente esterno... a questa realtà non corrisponde una prevenzione formativa». La Chiesa di Napoli possa «far giungere la sua voce ed offrire il suo aiuto a chi, già conoscendo il valore del matrimonio e della famiglia, cerca di viverlo fedelmente; a chi, incerto ed ansioso, è alla ricerca della verità; e a chi è ingiustamente impedito di vivere liberamente il proprio progetto familiare» (Per una nuova pastorale familiare, Card. Michele Giordano, nn. 7, 8, 10).

3. Questionario -Come vi siete conosciuti? - Quale/i aspetto/i particolare/i dell'altro vi ha/ hanno convinto della giustezza della scelta? - Successivamente la conoscenza reciproca si è approfondita? - Potete affermare di essere ambedue cresciuti come persona attraverso questo vostro rapporto di cop-

pia? - Credete sia possibile esaurire la conoscenza reciproca o raggiungere una volta per tutte la piena

maturità? - Come siete giunti alla decisione di partecipare al corso prematrimoniale? (Vi siete sentiti obbligati; è stata una scelta vostra; uno dei due ha ceduto alle pressioni dell'altro...). - Le decisioni che avete preso insieme riguardo la casa, l’arredamento, la cerimonia, gli inviti... vi hanno sempre trovato d’accordo, o sono state frutto di discussioni, convincimenti, compromessi? Credete sia importante cominciare a riflettere sulle risonanze che ogni vostro modo di pensare e di credere può avere sull’equilibrio della vostra vita a due? 4. Prospettive

I fidanzati cristiani, che intuiscono la fatica di vivere «contro corrente» secondo principi di fede, avvertono l’utilità di incontrarsi con altri, per conoscersi, confrontarsi, discutere, chiarirsi a vicenda in merito alla SCELTA CONIUGALE.

L’esperienza di incontro con altri fidanzati, prossimi al matrimonio, è certamente occasione: - di crescita personale (tramite la maggiore conoscenza di sé e del proprio partner); - di aiuto nello sviluppo e nel miglioramento dei rapporti interpersonali (tramite la

comunicazione a tutti i livelli); - di chiarimenti dei termini della fede (tramite la ricerca comune del significato dei valori umani

e cristiani del matrimonio, della famiglia, della sessualità...) alla luce della Parola di Dio e della testimonianza di coppie cristiane impegnate nella comunità.

La coppia può impostare un buon cammino coniugale se si convince che la SCELTA DEL MATRIMONIO:

- è scelta che riguarda la realizzazione esistenziale dell'uomo e della donna; - è scelta integrativa che proietta l’uomo e la donna in una dimensione nuova e stabile; - è scelta che non tocca né riguarda soltanto le due persone coinvolte nel rapporto coniugale, ma

si proietta per esse e con esse verso gli altri (i figli, le famiglie di origine, la società...); - è scelta che richiede, oltre ad una preparazione remota, anche (o almeno) una preparazione

prossima e di questa preparazione si deve far carico, per quanto le compete, la comunità ecclesiale. La MOTIVAZIONE più vera e più valida che possa giustificare la vostra partecipazione al corso

prematrimoniale non può essere altro che l'amore. L'amore per l’altro e non l’amore dell’altro. L’amore, infatti, può e deve guidarci nella ricerca di

tutto ciò che possiamo conoscere, scoprire, sapere, per essere pronti a prevenire i bisogni dell'altro ed aiutarlo a realizzarsi nel rispetto della sua originalità, soltanto così sarà possibile trovare, nella gioia del partner, la nostra gioia.

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II INCONTRO

IL DIALOGO: IO, TU E GLI ALTRI

1. Situazione Sono molte le situazioni che oggi rendono difficile il dialogo o lo impediscono del tutto.

Gli ostacoli possono dipendere dalle persone (timidezza, insicurezza, prevaricazioni dell’uno sull’altro), o dallo stress, o ancora dall’influsso negativo dei mass-media, specie per l’invadenza della televisione nell'intimità della famiglia; o ancora dalla tendenza delle famiglie a chiudersi nel loro guscio, per cui, specialmente nei centri urbani, si può vivere ignorando, del tutto o quasi, chi ci abita accanto.

Nella coppia, poi, si arriva spesso a situazioni di «crisi» per cui «tra noi due non c’è dialogo» rimane la frase più usuale, quasi ovvia di un rapporto stanco.

C'è comunque da chiedersi che valore e che senso dà la coppia alla parola dialogo e, soprattutto, quale genere di dialogo usano oggi i giovani fidanzati.

C’è subito da dire che è difficile dialogare perché è difficile ascoltare. Siamo fin troppo abituati ad imporre la nostra idea su quella dell’altro e fin troppo restii ad ascoltare, spesso illudendoci di sapere ciò che l’altro sta per comunicare ancor prima che questi si esprima.

I fidanzati non sempre sono convinti di dover alimentare la loro scelta parlando tra loro e confrontandosi sui «punti fermi» della loro vita.

Spesso basta lo scambio di «sussurri e paroline» per convincersi di avere in comune più di una semplice attrazione fisica (peraltro anch’essa importante). I problemi della coppia si rimandano a dopo... quando si pensa di avere più tempo per dialogare.

Il dialogo su questioni vitali quali: la scelta per la vita, la conduzione familiare, l’educazione dei figli,il rispetto delle famiglie d’origine... si dà per scontato, cosicché non è raro ritrovarsi con pesante imbarazzo a dover riconoscere che non si è parlato abbastanza e non ci si conosce.

2. Confronto con la Parola di Dio e con il Magistero

Tutta la Scrittura è espressione del dialogo fra Dio e l’uomo. L’Antico Testamento, fin dal racconto della creazione, indica la necessità di un rapporto che sia

trasmissione e ricezione della Parola, sia nel rapporto tra Dio e l’uomo, sia nel rapporto fra l’uomo e il mondo, ed in particolare fra l’uomo e l’uomo.

Il significato si fa particolare nel rapporto uomodonna. « E il Signore Dio disse: "Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia

simile"» (. .). «Allora l'uomo disse: "Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa"» (Gen 2,18

e 23). Tutto il Nuovo Testamento è ancora indice e svolgimento del dialogo tra Cristo e l’uomo. Lo

stesso definire Cristo-Parola (cfr. Gv 1,1), è introdurre e ribadire l’esigenza del dialogo per comunicare e crescere.

La Chiesa, Sacramento di Cristo, continua nel tempo il dialogo con l’uomo. «La Chiesa, perseguendo il suo proprio fine di salvezza, non solo comunica all’uomo la vita divina, ma anche diffonde la sua luce con ripercussione, in qualche modo, sopra tutto il mondo, specialmente per il fatto che risana ed eleva la dignità della persona umana, consolida la compagine della umana società, ed immette nel lavoro quotidiano degli uomini un più profondo senso e significato» (GS 40).

3. Questionario - In che atteggiamento ti poni di fronte all'altro? - Lo ascolti volentieri? -Come accogli le opinioni e le affermazioni dell'altro? - Se non sei dello stesso parere, sei aggressivo nel far valere le tue ragioni o ti sforzi di comprendere

le ragioni dell'altro? -Sei convinto che tutto quello che non viene da te sia sbagliato? -Nel dialogo dai spazio agli altri?

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-Sei disponibile a correggere le tue idee qualora ti convinci che sono errate? -Sei convinto che in ogni persona, e quindi anche in te, ci sono valori e limiti, virtù e difetti? 4. Prospettive

Comunicare vuol dire entrare in sintonia con l’altro, trasmettere qualcosa di sé ed aprirsi a ricevere

dall'altro. La comunicazione vera si realizza in un dialogo autentico. Durante il periodo di fidanzamento, il dialogo assume un significato unico ed un valore unico;

prepara, infatti, attraverso la conoscenza reciproca, a quella che dovrà essere la nuova situazione di vita a due, permanente e stabile, nel matrimonio. L’apertura all’altro dovrà sviluppare quella occasione unica e particolare che, gradatamente, dovrà crescere, non danneggiando ma anzi potenziando le singole individualità; non coesione a danno della individualità personale, né individualismo a danno della coesione (questa situazione nuova è espressa benissimo nella frase biblica «Saranno due in una sola carne») (Gen 2,24).

Fondamento di ogni dialogo proficuo ed efficace è l’accettazione incondizionata dell’altro e di se stesso. Il dialogo è tanto più fruttuoso quanto più profondi ed autentici si riscontrano questi tre elementi: l’amore per l’0altro, l’accoglienza e l’ascolto dell’altro, il desiderio di crescere insieme.

I fidanzati imparano, dialogando, a riconoscere la capacità scambievole di essere l’uno per l’altro, e ciò serve a far comprendere a ciascuno il potenziamento e lo sviluppo che si produce in sé dal donarsi e dall’accogliere il dono dell’altro. Il dialogo deve inoltre tendere a creare un'intimità particolare senza però chiuderli al mondo; deve anzi sviluppare il senso del valore di coppia nella e per la società.

La nuova realtà dell’essere marito e moglie non distrugge l’individualità delle singole persone ma le proietta in una dimensione nuova, come singoli e come comunità di vita e d’amore, verso gli altri. Il rapporto con le famiglie di origine e con la comunità civile ed ecclesiale tutt’altro che diminuire deve accrescersi ed apportare nuova vita e forza a tutta la comunità.

Dialogare prepara ad essere «due insieme» per i figli che verranno, rende i coniugi consapevoli della loro insostituibilità come genitori.

Il dialogo non deve essere un monologo a due né tanto meno prevaricazione di uno sull’altro, ma continuo sforzo di comprensione e di fusione con l'altro perché fondato sull'amore e sostenuto da esso, nasca e si sviluppi dalla persona del fidanzato a quella del coniuge.

Per questo motivo si può sintetizzare che gli atteggiamenti per disporsi autenticamente al dialogo sono: la disponibilità all’ascolto, l’attenzione al contenuto e la sensibilità a rispondere, implicitamente o esplicitamente, alle richieste dell’altro.

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III INCONTRO L'AMORE

1. Situazione

Oggi la parola «amore» è sulla bocca di tutti, su qualsiasi giornale, in qualsiasi trasmissione

televisiva, su qualsiasi tipo di pubblicità, usata raramente a proposito e sempre più frequentemente a sproposito; essa evoca concetti ed idee non sempre rispondenti alla verità, anzi decisamente opposti e contrari alla verità.

Oggi l'amore «si f a » , «si compra», «si vende», «si pretende», «si baratta», «si sostituisce», come se fosse una cosa, qualcosa da possedere, a qualsiasi costo.

Già i pre-adolescenti e gli adolescenti, quando sentono parlare o parlano fra loro di amore, si riferiscono ed intendono solo «farsi la ragazzina o il ragazzino» e comunque vivono il dialogo su questo argomento con un senso di superficialità che vuole nascondere il disagio di affrontare una realtà della quale si presume di conoscere e sapere tutto (magari solo perché se ne conoscono le degenerazioni) senza di fatto, saperne nulla.

Gli stessi fidanzati rischiano di dare per scontato l’amore, e nel loro confronto quotidiano dimenticano di verificarsi sulla sua crescita, preferendo, magari, allargare le forme dell'espressione dell'amore reciproco senza preoccuparsi di far crescere l'amore.

Nella migliore delle ipotesi molti fidanzati scambiano i «bisbiglii» d'amore per dialogo e misurano l’intensità del loro sentimento sulla quantità delle emozioni che provano.

2. Confronto con la Parola di Dio e il Magistero

«Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio.

Dio è amore, se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di Lui è perfetto in noi. Chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui» (Gv 4,7-8 ss).

La Scrittura afferma la verità: «Dio è amore», tanto più, che non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi. «Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi: rimanete nel mio amore. Se metterete in pratica i miei comandamenti sarete radicati nel mio amore, allo stesso modo io ho messo in pratica i comandamenti del Padre mio e sono radicato nel suo amore. Vi ho detto questo perché la vostra gioia sia perfetta. Il mio comandamento è questo: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: morire per i propri amici. Voi siete miei amici se fate ciò che io vi comando» (Gv 15, 9-14) .

La prima frase di 1 Gv 4 afferma che l'Amore è vero e fecondo in quanto proviene da Dio e quest'amore di Dio si comunica all'uomo. L’amore del Padre è un amore che genera. L’amore del figlio genera la vita di Dio: la grazia. Quest’amore che genera alla vita di Dio si trasmette come forza santificante mediante il sacramento. Ma l’amore è anche atto umano.

«Proprio perché atto eminentemente umano, essendo diretto da persona a persona con un sentimento che nasce dalla volontà, il vero amore abbraccia il bene di tutta la persona e perciò ha la possibilità di arricchire di particolare dignità i sentimenti dell’animo e le loro manifestazioni fisiche e di nobilitarli come elementi e segni speciali dell'amicizia coniugale» (GS 49).

«Nel rapporto d’amore coniugale, ciascuna persona rimane distinta e, lungi dal dissolversi nel dono reciproco, si afferma e si affina, cresce lungo tutta la vita coniugale, secondo questa grande legge dell’amore: donarsi l’uno all’altro per donarsi insieme. L’amore infatti è il cemento che dà a questa comunità di vita la sua solidità e lo slancio che porta ad una pienezza sempre più perfetta. Tutto l’essere vi partecipa, nelle profondità del suo mistero personale e delle sue componenti affettive, sensibili, sia fisiche che spirituali, fino a costituire sempre meglio quella immagine di Dio che la coppia ha per missione di indicarne giorno per giorno». (Dal discorso alle equipes Notre Dame 4.5.1970). Nel matrimonio sacramento, gli sposi, che ne sono ministri, traggono forza e frutto soprannaturale nella misura in cui vivono il loro amore sponsale come segno reale della presenza di Dio, per cui l’amore umano coniugale acquista per il dono sacramentale la dimensione dell'infinito ed è tanto più compreso e vissuto quanto più rimane radicato nell'amore del Cristo:

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«Rimanete uniti a me e io rimarrò unito a voi. Come il tralcio non può dar frutto da solo, se non rimane unito alla vite e neppure voi potete dar frutto, se non rimanete uniti a me» (Gv 15).

3. Questionario - Per noi l'amore è: un sentimento, un'attrazione, un dono, un’energia umana o qualcos’altro?

Perché? - L’amore di coppia può aumentare nel tempo? Come? -C’è differenza tra innamoramento e amore? Quale? -Quando e come è nato tra voi l’amore? 4. Prospettive

- L’amore vero non è solo un’emozione, un fuoco, un desiderio e un sentimento, non è una realtà esteriore alla persona, né una zona di rifugio, non è il sesso mercificato e strumentalizzato ai fini del piacere sensuale, non è un gioco, né un rimedio alla fatica di vivere.

- L’amore è una relazione tra persone, un incontro di due mondi differenti e complementari che cercano di integrarsi, nel rispetto delle diversità, per raggiungere l’unità. L’amore coinvolge tutte le dimensioni della persona: fisica (la corporeità), intellettuale, volitiva, emozionale, affettiva e spirituale, esso dà significato all’esistenza di ogni essere umano.

- L’amore è dono di sé. L’amore è disponibilità al bene. Così come nel rapporto d'amore le due persone imparano reciprocamente a fare spazio all'altro dentro di sé, nello stesso tempo imparano ad accogliere gli altri, a ricercare il bene di tutti. L’amore a due è un'esperienza di educazione alla carità, alla disponibilità verso i fratelli, all’impegno perché l’umanità tutta diventi una comunità di giustizia, di fraternità e di pace.

- L’amore è disponibilità alla vita. È una realtà meravigliosa quella che permette ad un legame tanto intenso e profondo di essere il principio di una nuova vita che testimonia, nella sua persona, l’amore reciproco dei genitori. Per questo un figlio non deve mai essere considerato «un incidente di percorso».

La disponibilità alla vita deve tradursi in un atteggiamento di apertura, accoglienza, promozione, sostegno, verso tutta la realtà vitale che ci circonda.

- L’amore è un dono dato al cuore di ogni persona come bisogno e come speranza, come compito e come impegno non cresce spontaneamente, senza l'aiuto dall'Alto e lo sforzo personale, occorre coltivarlo perché si sviluppi e maturi fino alla sua pienezza. L’more ha bisogno di un clima di pace, permettendo ad ogni persona di vivere in modo umano nella difficile terra dei vivi.

- Amare è un cammino esaltante e stupendo, anche se lento e faticoso. Per avanzare nelle vie dell’amore occorre un’enorme carica di entusiasmo e tanta audace pazienza. La forza per continuare a camminare insieme nell’amore, può essere attinta dalla fede in Dio-amore e nell'uomo amato perché Suo figlio è nostro fratello.

-Amare è crescere come persona, nella capacità di: • comunicare con verità e semplicità, non solo con la parola, ma con il corpo, gli sguardi, gli

atteggiamenti, pronti a scoprire il nuovo anche in ciò che appare consueto; • conoscere, comprendere, accettare, promuovere il bene dell'altro; • prendere iniziativa per incoraggiare, sostenere la realizzazione delle buone aspirazioni

dell'altro; • comprendere e perdonare gli errori dell'altro; • condividere non solo le cose che si posseggono ma, soprattutto le gioie, i dolori... la vita, al punto di riuscire, per amore, a cambiare se stessi (ritmi, abitudini, pregiudizi...); • essere fedeli ai propri ideali, ai propri amici, al prossimo, a Dio: perché l’amore si nutre di

fedeltà.

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IV INCONTRO IL SENSO DELLA FEDE NELLA VITA DI COPPIA

1. Situazione

Le nostre giornate, così convulse, così «piene», a volte vissute di corsa, scandite dai ritmi del

lavoro, dagli impegni e dai... programmi televisivi, scorrono e si consumano intorno a tante cose, tutte importanti, tutte vitali.

Mille preoccupazioni, la fatica delle giornate ci toglie il tempo. Il tempo manca e nella coppia, sia in quella giovane, sia in quella con più esperienza, si rischia di ridurre il dialogo alle informazioni quotidiane, quelle che servono per aggiornarci sullo stato di salute, su quel che si mangia, su come è andata la giornata a scuola o al lavoro, sul prossimo sabato...

L’usura dei gesti di sempre si trasforma spesso in ruggine pesante sulle parole non dette, sulle conversazioni solo tentate e sui silenzi vuoti.

E Dio? Quale posto occupa nella nostra giornata, nella nostra vita? Un grande «pudore» coglie la coppia, soprattutto quando non si è abituati o non si è educati a «sentire» Dio o a parlare di «cose religiose». Molti non hanno mai vissuto esperienze di fede e per alcuni la religione è ancora legata ai soli ricordi dell’infanzia e del catechismo.

D’altra parte i segni di Dio nel mondo non sono certamente evidenti né incoraggianti. Altre presenze, altre divinità riempiono la nostra giornata. Lui, il Creatore, rimane un intruso a volte scomodo, ma sempre interlocutore nelle nostre giornate.

L’innamoramento, con le sue emozioni, la preparazione al matrimonio, lo stesso corso per fidanzati più o meno seguito, sbiadiscono con il passare dei giorni.

Il tempo di Dio, per ringraziarlo, pregarlo, magari insieme, tra noi, rimane privilegio di quelli che hanno tempo. Il silenzio cresce tra noi e dentro di noi.

La presenza di Dio diventa sempre più vaga. Spesso, tra i due, qualsiasi riferimento a Lui diventa addirittura imbarazzante, quando l’abitudine al superfluo, al tempo libero speso «per forza» a diver-tirci, escludono parole e gesti che ci riconducono alla Sua esperienza.

La nostra fede, spesso legata a riti e a forme individualistiche perde la sua forza ed il suo valore a discapito del rapporto nostro con la Chiesa tutta.

Oggi la Chiesa è considerata da molti alla stregua di una organizzazione «politica», economica ed amministrativa. Si va in Chiesa e ci si torna per usufruire di «servizi» che niente o poco hanno a che vedere con il significato vero della presenza della Chiesa nel mondo.

2. Confronto con la Parola di Dio e con il Magistero

Parlare della presenza di Dio nel nostro rapporto di coppia significa, prima di tutto, riscoprire il progetto di Dio creatore sulla famiglia: essa prima ancora del suo ruolo e dei suoi compiti, ha, come valore fondamentale l'essere un fatto comunitario ed il vivere in uno «stato di comunione, ad immagine della vita di comunione della Trinità» (cfr. LG 41).

Con il sacramento del matrimonio il dono che Cristo fa ai coniugi è la Sua presenza nella loro vita coniugale. Essi perciò sono chiamati a viverla in Cristo, a fare di essa un «SI» consapevole ed esplicito a Dio.

«In Gesù Cristo l'Alleanza tra Dio e gli uomini si restaura e si fa piena e definitiva (...). Con Lui anche il matrimonio è rinnovato. Gesù lo riconduce alla perfezione delle origini, con il superamento di ogni decadenza morale e, più ancora, ne fa una forma della sequela e della imitazione di Lui, nel servizio del Regno di Dio» (ESM 26).

La famiglia è chiamata a diventare ciò che essa è (cfr. FC 17), a sviluppare tutte le sue possibilità di bene che già sono in lei per dono di Dio.

«La fede scopre e contempla, con umile e gioiosa gratitudine il mistero stesso della comunione di Dio con l'umanità e con la Chiesa «dentro» il tessuto quotidiano dell'esperienza di comunione propria della coppia e della famiglia cristiana» (Comunione e Comunità nella chiesa domestica, n. 10).

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3. Questionario -Nella nostra «storia» di fidanzati, che peso e che ruolo ha avuto la fede? - Quali sono i «momenti religiosi» di cui amiamo parlare e che ricordiamo volentieri insieme? -Proviamo una certa «vergogna» a parlare di Dio e di cose religiose tra noi, nella coppia? -Pensiamo che sia «superfluo» parlare di Dio? Perché? -Ci sono parole e gesti che, durante la giornata, ci fanno ricordare di Dio? -Che idea abbiamo della Chiesa? - In quali occasioni frequentiamo la nostra comunità parrocchiale? 4. Prospettive

Non possiamo illuderci che il nostro amore abbia sempre la stessa tensione del primo periodo. Molti fattori, tante giornate uguali e soprattutto le abitudini e la stanchezza, possono sbiadire i

nostri sentimenti, riducendo il nostro dialogo ad uno scambio di informazioni. Come coppia abbiamo bisogno di vivificare il nostro rapporto abituandoci fin dall’inizio o

riprendendo il dialogo tra noi su argomenti che ci possono permettere una lettura dei bisogni e delle ansie dell’altro e che ci faccia riconoscere la ricchezza della sua sensibilità, l’unicità, la preziosità della presenza dell'altro.

Gli atteggiamenti, i gesti quotidiani rivisti alla luce dell’Amore e, soprattutto, l’abitudine all'ascolto dell’altro, sono il presupposto per raggiungere una certa familiarità con parole ed argomenti di carattere «religioso» al di fuori degli schemi del quotidiano.

Le nostre case tendono a divenire sempre più luoghi, in cui ognuno soddisfa i soli bisogni primari per poi scappare... Bisogna invece, che tutto si predisponga all'accoglienza e che ogni cosa si ispiri alla chiesa domestica che la famiglia deve essere.

Case a «misura di famiglia», accoglienti, dove un posto importante sia occupato dalla Parola di Dio. Un luogo aperto all’esperienza di Dio è una casa abitata da un uomo e una donna capaci di rimettersi in discussione e di cambiare.

Lo sforzo è evidente, ma è chiaro anche che tutto da soli non si può fare. La fede della coppia può e deve trovare sostegno e forza dalla vita sacramentale. L’aiuto di altre coppie, di qualcuno che già vive una realtà «diversa», un’esperienza nuova, sono la strada per dare o ridare un posto a Dio tra noi due e nella nostra famiglia.

Parlarne, confrontarsi con gli altri, l’aiuto di un sacerdote, una verifica seria del proprio cristianesimo possono essere le strade da percorrere.

Il riferimento a Dio non è un fatto esclusivamente verbale. Sentire Dio vicino è educarsi, abituarsi a sentire la Sua presenza.

Lodarlo ed invocarlo insieme sono passi importanti per aprirgli le porte della nostra vita a due. Permettergli di essere con noi è ciò che può aprire strade nuove al nostro rapporto di coppia: il nostro Dio aspetta umilmente «fuori», è sempre pronto ad entrare nella nostra giornata per renderla vera e ricca.

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V I N C O N T R O SPOSI CRISTIANI: SCELTA VOCAZIONALE

l. Situazione

Parlare di «Vocazione» con riferimento alla vita coniugale crea un certo imbarazzo, perché sembra che nella mentalità comune essa riguardi esclusivamente una scelta di tipo religioso.

Non è il solo sacramento del matrimonio a subire una mancata considerazione nella dimensione vocazionale della vita giacché i battezzati relegano al «sacro» solo alcuni momenti della loro esistenza separando il «quotidiano» laico dall’esperienza di fede. Dio è al di fuori delle nostre occupazioni. La stessa comunità ecclesiale non è attenta allo stretto legame tra vocazione cristiana e vocazione matrimoniale. Il fidanzamento, il matrimonio sono momenti staccati da qualsiasi motivazione vocazionale ed il sacramento è vissuto come momento a sé privo di ogni significato in quanto tappa di un impegno che si apre alla comunità e al mondo.

A parte la preparazione immediata al matrimonio (pochi o molti incontri in vista del matrimonio), difficilmente i fidanzati vivono come momento di grazia il loro percorso verso il matrimonio, verso, cioè, un progetto di vita comune vissuto come risposta a quella «vocazione» più ampia che è la «chiamata ad essere cristiani».

Il sacramento della cresima subisce lo stesso trattamento nella considerazione di molti cristiani. Non è difficile vedere i cresimandi affrontare il corso, breve o lungo che sia, solo in vista del matrimonio per una errata tradizione che vuole la cresima necessariamente precedente al matrimonio e ad essa finalizzata.

2. Confronto con la Parola di Dio e con il Magistero

«Tutti gli uomini sono chiamati all’unione a Cristo, che è la luce del mondo; da Lui veniamo, per

Lui viviamo, a Lui siamo diretti» (LG 3). Per la «configurazione a Cristo», che costituisce l’identica radicale vocazione di cui il battesimo è segno efficace, il cristiano è chiamato a vivere «ad immagine e somiglianza di Dio» (Gen 1,26-27).

Dio chiama ogni uomo perché sia manifestazione vivente del suo amore per l’umanità. Perciò Dio chiama per inviare ognuno per un servizio ai fratelli, determinato dal dono personale di cui lo ha arricchito. «In Lui ci ha scelti, prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo» (Ef 1,4-5).

I laici, radunati nel popolo di Dio, e costituiti nell’unico Corpo di Cristo sotto un solo Capo, chiunque essi siano, sono chiamati come membri vivi a contribuire con tutte le loro forze, ricevute dalla bontà del Creatore e dalla Grazia del Redentore, all'incremento della Chiesa e alla sua continua ascesa alla santità. L’apostolato dei laici è quindi partecipazione alla stessa salvifica missione della Chiesa, e a questo apostolato sono tutti destinati dal Signore stesso per mezzo del Battesimo e della Confermazione.

«Dai sacramenti poi, e specialmente dalla sacra Eucarestia, viene comunicata e alimentata quella carità verso Dio e gli uomini, che è l’anima di tutto l’apostolato» (LG 33).

«Fonte propria e mezzo originale di santificazione per i coniugi e per la famiglia cristiana è il sacramento del matrimonio, che riprende e specifica la grazia santificatrice del battesimo» (FC 56).

«In continuità col battesimo nell’acqua e nello Spirito, il matrimonio ripropone la legge evangelica dell’amore e col dono dello Spirito la incide più a fondo nel cuore dei coniugi cristiani: il loro amore, purificato e salvato, è frutto dello Spirito, che agisce nel cuore dei credenti, e si pone, nello stesso tempo, come comandamento fondamentale della vita morale richiesta alla loro libertà responsabile» (FC 63).

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3. Questionario -Che cosa significa per voi il Battesimo? - Che valore hanno per voi i Sacramenti? - Quali espressioni sono proprie della vostra vita sacramentale? -Cosa rappresenta per voi il sacramento della Confermazione? - Avete mai pensato al vostro matrimonio cristiano come risposta alla chiamata vocazionale? 4. Prospettive

Ogni sacramento è un canto a due voci e il luogo della sua celebrazione è come la camera nuziale dove Cristo fa comprendere e gustare il suo amore alla sposa amata, mentre questa è felice di cantare la sua riconoscenza al suo Signore e Salvatore (P. Descouvemont, 1992).

La storia della salvezza inizia nel momento in cui l’uomo diventa capace di accogliere la rivelazione nella risposta, nella preghiera. Senza preghiera l’uomo non perviene alla Verità, né scopre la sua vocazione. Siamo chiamati da Dio a collaborare e continuare la sua opera creatrice. Vivendo nell’ascolto e nella risposta, possiamo trovare la nostra identità.

- Gesù, nel Battesimo, nel darci la vita, cancella i nostri peccati. - Gesù donandoci lo Spirito, nella Confermazione, ci garantisce la sua presenza al nostro fianco,

quando andiamo nel mondo e incontro ai nostri fratelli. - Gesù, nel Matrimonio, ci consente di conoscere, attraverso la dolcezza e la leggerezza

dell’amore, la grandezza dell'amore di Dio Padre.

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VI INCONTRO

IL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO

l. Situazione

Nella situazione attuale di avanzata secolarizzazione è quanto mai urgente una riflessione sul sacramento del Matrimonio.

Tale situazione non incoraggia né aiuta i nubendi ad appropriarsi del significato che il matrimonio acquista alla luce della Rivelazione Biblica e della vita cristiana come testimonianza del Vangelo di Gesù Cristo.

I giovani che si accostano al Matrimonio, spesso sono rimasti alla «fede bambina» del periodo di preparazione alla Comunione, e mentre sono cresciuti culturalmente, psicologicamente, socialmente, affettivamente... non sono stati aiutati a sviluppare il loro senso religioso, a crescere nella FEDE per la quale, appena nati sono stati battezzati.

Per questo le motivazioni più frequenti che conducono la coppia a «sposarsi in Chiesa» rimangono a livello di tradizione, prestigio, convenienza, solennità esteriore, ecc.

Inoltre, l’equivoco per il quale la Chiesa, nel senso suo più ampio è spesso giudicata negativamente, sulla base dei limiti umani dei ministri di Dio, suscita nella mentalità corrente una completa sfiducia, se non un senso di ribellione, verso qualsiasi proposta educativa ecclesiale.

2. Confronto con la Parola di Dio e con il Magistero

Il Matrimonio è un Sacramento. Esso si fonda sulla Parola di Dio, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento.

La realtà del matrimonio è presentata nella Bibbia, con una varietà di immagini che rivelano ora l’amore di Dio per il suo popolo, ora l’amore di Cristo per la sua Chiesa.

- Il libro della Genesi ai capitoli 1 e 2 narra la creazione dell'universo e nell’universo la creazione del maschio e della femmina. Adamo ed Eva sono la prima coppia chiamata da Dio a moltiplicarsi per occupare e popolare la terra.

Un legame indissolubile unisce i due progenitori, essi sono due in una sola «carne», cioè esistenza umana: «osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne» dice Adamo (Gen 2,23), per indicare il legame che li unisce, la parità e la identità dell’esistenza pur nella necessaria distinzione.

Questo vincolo d’amore nella Sacra Scrittura è ben compreso. Difatti Dio chiamerà Israele «Sua Sposa» proclamandosene «lo Sposo» per indicare l’alleanza sponsale sancita in segno di Comunione di vita indissolubile e feconda:

cfr. Osea 2; Ezechiele 16; Cantico dei Cantici; Isaia 54; 60; 62. - L’Antico testamento, dunque, assume la realtà del Matrimonio per spiegare l'unione tra Dio e il

suo Popolo. - Anche il Nuovo Testamento assume la realtà sponsale per presentare l’amore di Cristo per la

Chiesa. Cristo è lo Sposo che per unire a sé la sposa, la Chiesa, si offre in sacrificio, supremo gesto di amore per la Diletta:

Cfr.: Marco 10,5; Matteo 5,27-32; I Corinzi 7; 2 Corinzi 11,2; Efesini S; Apocalisse 21,9; 22,17. - Ora l’amore coniugale è simbolo efficace dell’amore di Cristo per la Chiesa e dell’amore e

fedeltà della Chiesa per Cristo. Il Matrimonio umano diventa così un Sacramento, segno sacro nel quale si realizza il «mistero

grande delle Nozze di Cristo con la Chiesa» (cfr. Ef 5,32). - La coppia umana, questa «piccola Chiesa» di origine divina, vera Chiesa dunque, riproduce

nella fedeltà e nell’amore totale il «mistero grande» delle Nozze tra Cristo e la sua Chiesa, così la coppia stessa sia la vera sposa di Cristo Sposo, in seno alla grande Chiesa Sposa.

- La «Familiaris consortio» di Giovanni Paolo II, afferma: «In virtù della sacramentalità del loro matrimonio, gli sposi sono vincolati l’uno all’altra nella maniera più profondamente indissolubile.

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La loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa» (n. 13).

3. Questionario -Perché chiedete di sposarvi in chiesa? Quali sono le motivazioni? - Potrebbero esservi motivi di tradizione, di solennità, di lusso, di prestigio, di opportunità, di convenienza, o chiedete di sposarvi in Chiesa per far contenti genitori e parenti? - Siete consapevoli che il Matrimonio in Chiesa è sacramento, cioè segno efficace dell’amore di Cristo per la Chiesa? - Perché il Sacramento del Matrimonio per essere celebrato richiede la fede? -Quali impegni (familiari, ecclesiali e sociali) scaturiscono per gli sposi cristiani dal sacramento del Matrimonio? 4. Prospettive

Gli sposi, che vivono coerentemente la fede battesimale e crismale nell’ambito del Sacramento del Matrimonio, sono chiamati da Dio ad esercitare la loro missione profetica, sacerdotale e regale.

Tale missione è da vivere ed esercitare anzitutto versoi figli educandoli alla fede, alla vita di preghiera e alla carità vissuta, non solo con la parola ma anche con l’esempio della vita.

- Altro aspetto della missione dei coniugi è l’accoglienza della volontà di Dio che si rivela giorno per giorno, vivendo momento per momento le gioie e le sofferenze della vita.

- Inoltre, proprio perché consacrati a Dio, gli sposi eserciteranno con l’esempio, con la vita e la parola, la testimonianza cristiana, divenendo annunziatori della parola.

- Gli sposi cristiani, infine, sono chiamati a costruire il regno di Dio, collaborando con altre coppie cristiane a formare comunità d’amore e di pace vivendo a fondo la spiritualità del matrimonio.

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VII INCONTRO

IL PATTO MATRIMONIALE

1. Situazione

Indagini sociologiche e pubblicazioni edite negli ultimi anni sul tema della famiglia pongono in evidenza angustie e speranze, aspetti positivi e aspetti negativi dell'Istituto matrimoniale.

Tra gli aspetti positivi vengono indicati il recupero del senso profondo della coppia; la riscoperta della famiglia quale luogo dove è possibile esprimere con autenticità la propria personalità; la crescita di sensibilità intorno alla sacramentalità del matrimonio; tra gli aspetti negativi si enumerano, di contro, la carenza di un modello chiaro di matrimonio e famiglia; i numerosi condizionamenti che bloccano la corretta realizzazione dei componenti 1’equipe familiare; la insicurezza dei ruoli; la mancanza di responsabilità.

In ogni caso quello che è certo è che siamo passati da una struttura sociale che facilitava in qualche modo la stabilità ad un’altra che favorisce l’instabilità. Psicologi e pedagogisti avvertono nei giovani d’oggi fragilità psicologica, ritardo nella maturazione, profonda incertezza di fronte a scelte definitive. E in una realtà così instabile e fluttuante come la nostra è indubitabile che i rischi di fallimento matrimoniale aumentino in forma considerevole (separazione, divorzi, unioni di fatto ecc.).

Alcuni attribuiscono la colpa di tutti i mali che affliggono la famiglia e la società al matrimonio-istituzione, altri lo considerano invece la panacea di tutti i mali. Credo che nessuna della due visioni sia corretta. Nel matrimonio, come diceva Stendhal, si trova solo ciò che vi si porta, e se le cose non procedono bene dipende dal povero bagaglio che possiedono quelli che si sposano: mancanza di maturità affettiva, incapacità psicologica, comportamento orientato verso falsi obiettivi e valori ecc. Ed è inutile, nella maggioranza dei casi, sperare che il tempo, i figli (quando si desiderano e si procreano) o altri fattori possono aiutare ad emendare i difetti o colmare le lacune.

Ma se la situazione è questa cosa si può fare perché la famiglia ritrovi la stabilità e sappia risolvere dignitosamente le sue difficoltà? Fondatamente i più recenti documenti del Magistero, ed anche il Codice di diritto canonico (cann. 1063-1072), a riguardo attribuiscono molta importanza alla preparazione dei giovani che si accingono a celebrare il sacramento del matrimonio. E nell’ambito di tale preparazione viene sottolineato la necessità che venga offerta loro anche una visione chiara di quella che è la natura del «patto» che vanno a stringere, delle sue proprietà, delle sue conseguenze anche sul piano della responsabilità giuridica, in quanto fedeli legati ad un preciso ordinamento giuridico, quale è quello canonico.

2. Confronto con la Parola di Dio e con il Magistero

«Il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione ed educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento.

Pertanto tra i battezzati non può sussistere un valido contratto matrimoniale, che non sia per ciò stesso sacramento» (can. 1055).

In altri termini il matrimonio nasce dalla stessa natura dell’uomo, il cui autore è Dio. Esiste, come istituzione naturale, dall’inizio dell’umanità. Dio lo istituì creando l’uomo e la donna. Successivamente Cristo con la sua Incarnazione, Morte e Risurrezione gli ha attribuito un’efficacia soprannaturale, della quale non godeva prima. Tale patto ha quindi un’origine divina. E di origine divina sono le leggi fondamentali che lo regolano.

L'intima comunità di vita e di amore dai coniugi stabilita sull’atto del consenso personale e irrevocabile per il quale si danno e si ricevono mutuamente, nasce dalla legge divina; non dipende dalla decisione umana, e quindi l’uomo non può condizionarlo o mutarlo o limitarlo secondo il suo capriccio o i suoi personali progetti. Il matrimonio sia come istituto naturale sia come sacramento esige l’accettazione consapevole e libera della sua natura, delle sue proprietà, dei suoi fini. Il matrimonio non si inventa ma si celebra e si vive. Le circostanze storiche e le condizioni culturali e di

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costume potranno incidere su aspetti secondari, ma nella sostanza il matrimonio rimane immutabile secondo il disegno di Dio.

Dal carattere sacro del matrimonio derivano poi le due proprietà fondamentali dell’unità (un solo uomo può sposare una sola donna e viceversa) e dell’indissolubilità (il patto è irrevocabile).

L’importanza e la gravità della scelta matrimoniale sia riguardo alla persona interessata, sia per la comunità fanno sì che in alcune situazioni a determinate persone venga proibita la celebrazione del matrimonio o in modo relativo (per un determinato periodo o con determinate persone) o in modo assoluto (per tutta la vita o con tutte le altre persone di sesso diverso). In questo caso il diritto parla di impedimenti matrimoniali (cfr. cann. 1083-1094).

3. Questionario - Siete consapevoli della sacralità del patto matrimoniale? - Come ritenete di dover impostare il vostro rapporto per vivere con fedeltà le finalità del matrimonio: il bene reciproco e la procreazione ed educazione della prole? -Nonostante la cultura e le sollecitazioni contrarie che vengono dalla società in cui viviamo, nell’orientarvi per la celebrazione cristiana del matrimonio siete convinti della validità, della fedeltà e della irrevocabilità del patto, quali valori essenziali da vivere da parte degli sposi cristiani? -Vengono dichiarati incapaci di contrarre matrimonio coloro che non hanno quella maturità necessaria a poter vivere questo tipo di relazione interpersonale e ad assumerne gli obblighi. -Cosa ne pensate? A prescindere dalla valutazione dei periti in materia, quando a vostro giudizio ricorrono queste condizioni di incapacità? -Poiché il matrimonio consumato è indissolubile, nessuna autorità umana può scioglierlo. I tribunali ecclesiastici si limitano a verificarne la nullità. Quali sono le vostre conoscenze riguardo a questo delicato settore dell'attività della Chiesa? 4. Prospettive

Cultura e mentalità attuali sembrano insinuare che una decisione irrevocabile, quale è quella matrimoniale, non sia a misura d’uomo.

Certo una concezione esclusivamente sentimentale dell’amore senza contenuti di donazione, di servizio all'altra persona, di paziente ricerca di crescita comune, finisce con il minare alla base il vincolo matrimoniale.

Per superare questa mentalità è necessario che tutti, nubendi ed operatori pastorali, si sentano impegnati a ricordare continuamente che la famiglia nasce dal matrimonio. Educare al matrimonio, comporta educare ai valori e alle responsabilità della famiglia. Preoccuparsi della famiglia chiede attenzione al matrimonio che la fonda e l’alimenta, nell’ordine naturale e nell’ordine della salvezza soprannaturale.

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VIII INCONTRO

MORALE CRISTIANA E COSCIENZA

1. Situazione

Tutti aspiriamo alla realizzazione personale, ed ogni nostra scelta mira allo scopo ultimo di «essere felici».

Il problema nasce quando ci si accorge che i criteri di giudizio che ci fanno valutare buona o cattiva, giusta o ingiusta, una determinata scelta, sono diversi, per cui ciò che risulta essere «bene» per uno, può verificarsi «male» per l’altro, o ciò che uno considera onesto, l’altro può ritenerlo disonesto... Ognuno però giustifica se stesso adducendo come ultima garante delle proprie azioni «la coscienza personale».

In realtà in nome di questa coscienza, più individualista che personale, ci sentiamo in diritto di ottenere a tutti i costi quel che desideriamo sia bene per noi, senza preoccuparci se ciò significa costringere gli altri a subire le conseguenze delle nostre azioni.

Per esempio, il datore di lavoro desidera trarre più profitti che può (il suo bene) dalla propria fabbrica e, se questo comporta il non salvaguardare i diritti dei suoi dipendenti, la cosa non lo preoccupa più di tanto.

Da parte loro, gli operai cercano ogni modo possibile per impegnarsi di meno (risparmio di energie personali) a discapito dei colleghi che in qualche modo dovranno supplire al loro disimpegno... e così via. Fare i propri interessi, a discapito di quelli degli altri, è ormai diventata una consuetudine che accomuna ogni fascia sociale.

Similmente, nella coppia è possibile riscontrare difficoltà d’intesa, di dialogo, di scelta... dovute alla tendenza ad imporre all’altro, considerandolo giusto, il proprio modo di pensare, di credere, di agire, manifestando cioè un comportamento alquanto egocentrico ed egoistico. Talvolta, ad esempio, capita che su questioni importanti come la contraccezione, l’uno imponga all’altro il suo modo di vedere e di fare le cose, negandogli la possibilità di valutare e scegliere con libertà e serenamente e costringendolo con ricatti più o meno palesi.

2. Confronto con la Parola di Dio e con il Magistero

«Nessun fedele vorrà negare che al Magistero della Chiesa spetti di interpretare anche la legge morale naturale. E infatti incontestabile, come hanno più volte dichiarato i nostri Predecessori, che Gesù Cristo, comunicando a Pietro e agli Apostoli la sua divina autorità ed invitandoli ad insegnare a tutte le genti i suoi comandamenti, li costituiva custodi ed interpreti autentici di tutta la legge morale, non solo della legge evangelica, ma anche di quella naturale, essa pure espressione della volontà di Dio, l’adempimento fedele della quale è parimenti necessario per la salvezza» (HV4). «Anche nel campo della morale coniugale la Chiesa è, e agisce come Maestra e Madre... Di tale norma la Chiesa non è affatto né l’autrice né l’arbitra.

In obbedienza alla verità, che è Cristo, la cui immagine si riflette nella natura e nella dignità della persona umana, la Chiesa interpreta la norma morale e la propone a tutti gli uomini di buona volontà, senza nascondere le esigenze di radicalità e di perfezione» (FC 33).

«Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo frutti cattivi. Dai loro frutti, dunque, li potrete riconoscere» (Mt 17,20).

«...Ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l'uomo. Dal cuore, infatti provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adulteri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. Queste sono le cose che rendono immondo l’uomo, ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende immondo l'uomo» (Mt 15,19-20).

«La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente... e tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù» (Col 3,16-17).

«Gli imperativi della legge divina, l’uomo li coglie e li riconosce attraverso la sua coscienza, la quale è tenuto a seguire fedelmente in ogni sua attività. Non si deve costringerlo ad agire contro la sua coscienza. E non si deve neppure impedirgli di agire in conformità ad essa, soprattutto in campo

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religioso... Però la stessa natura sociale dell’essere umano esige che egli esprima esternamente gli atti interni di religione, (...) professi la propria religione in modo comunitario» (DH 3).

Ma in materia morale, l’uomo non può emettere giudizi di valore secondo il suo personale arbitrio: «Nell’intimo della propria coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi ma alla quale deve obbedire (...) Egli ha una legge scritta da Dio dentro il suo cuore, obbedire alla quale è la dignità stessa dell’uomo e secondo la quale egli sarà giudicato» (GS 16).

«Non può, dunque, esserci vera promozione della dignità dell’uomo se non nel rispetto dell’ordine essenziale della sua natura» (PH 3).

3. Questionario -Cosa significa per voi agire «secondo coscienza»? -Ci sono stati casi in cui la vostra coscienza personale è entrata in conflitto con la morale cristiana? -Quali sono per voi i valori a cui dare più importanza? - A proposito del rispetto della legge, Gesù rispose: «II sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per

il sabato». Quale significato ha per voi questa risposta? -Cosa vuol dire per voi agire « secondo una retta coscienza»? 4. Prospettive

La morale ha tante definizioni quanti sono gli ambienti a cui la si riferisce (morale matrimoniale, morale professionale, morale politica ecc.).

Qui ci interessa offrire il concetto di morale cristiana che comprende tutti gli atteggiamenti, le parole e i gesti che hanno le loro radici profonde nella Parola di Dio. Ciò implica un impegno serio nella conoscenza e nell’approfondimento della Parola e del senso che Gesù Cristo ha nella nostra vita. Non è necessario essere teologi per vivere la propria fede, né è sufficiente dire «Signore, Signore, per entrare nel regno dei cieli, ma occorre compiere la volontà del Padre» (cfr. Mt 7,21).

Nella misura in cui cresce e matura la personalità di ciascuno, deve affinarsi la propria coscienza verificando la vita alla luce della Parola di Dio che da sola può farci intendere ciò che veramente è bene e ciò che veramente è male.

Ogni discorso sul bene e sul male richiede necessariamente un discorso sulla coscienza. La coscienza porta l’uomo a prendere una decisione oggettiva, giusta e responsabile.

L’uomo, infatti, nella coscienza deve far proprie le norme generali e la chiamata particolare di Dio nella situazione. É utile, a questo proposito, leggere la Gaudium et Spes, al n. 50, che ci ricorda che nella loro condotta, i coniugi cristiani devono essere consapevoli che non possono procedere a loro arbitrio, ma devono essere sempre retti da una coscienza che sia conforme alla legge divina stessa, docili al Magistero della Chiesa che in modo autentico interpreta quella legge alla luce del Vangelo. Tale legge divina manifesta il significato pieno dell'amore coniugale, lo salvaguarda e lo sospinge verso la sua perfezione veramente umana.

La coscienza è, dunque, luce interiore, l’occhio profondo che ci permette di vedere, valutare e discernere nella linea dell’agire e del vivere, quelli che sono i valori a cui fare riferimento (verità, libertà, vita, giustizia...).

l valori sono protetti da norme cioè da indicazioni per promuoverli e non distruggerli. Dio stesso ci ha indicato alcuni valori quali: la vita, la sessualità, la verità, il rispetto della proprietà altrui... e le norme necessarie a salvaguardarli. Per esempio, per salvaguardare la vita sta scritto: «non uccidere» cioè non solo: «non togliere la vita», ma non comprometterla, favorisci il suo sviluppo in ogni dimensione della persona in cui è incarnata.

Gesù non è stato da meno nell’individuare i comportamenti più idonei all’uomo per essere se stesso, quali: la mitezza, la giustizia, la pace, la povertà... Tutti questi valori hanno un’unica radice: si tratta di accogliere la «Buona Novella» e vivere in conseguenza.

La coscienza ci consente di valutare-giudicare se l’azione è nella linea della nostra dignità e se deve essere accettata o rifiutata. È chiaro allora che il cristiano non può sottovalutare l’impegno di formarsi una coscienza retta in grado di guidarlo, sostenerlo nelle scelte quotidiane.

Nell’impegno ad agire secondo coscienza, si giustifica l’unione inscindibile tra Vita e Fede.

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Non è coerente pensare a Dio (pregarlo in cuor proprio o con gli altri) e poi agire contro l‘uomo per i l quale Dio stesso ha ritenuto incarnarsi, soffrire, morire e risorgere.

Il vivere secondo coscienza impegna notevolmente, per la richiesta che Dio fa all’uomo e la difficoltà che l’uomo incontra per realizzarla.

Perciò è importante confrontarsi oltre che con i modelli di santità che ci vengono proposti nella Chiesa, anche con l’esperienza quotidiana di coppie che ogni giorno si sforzano di vivere cristianamente. Da qui l’importanza della famiglia come scuola educativa e cassa di risonanza per un confronto critico sulla Verità.

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IX INCONTRO SIGNIFICATO E VALORE DELLA SESSUALITÀ NEL MATRIMONIO

l. Situazione

Non vi è molta chiarezza nel termine sessualità e sulla sua importanza. Nella mentalità comune, i tabù, le idee, i preconcetti, spesso inficiano il dialogo sull’argomento. La propaganda dilagante, che propone il sesso da consumare, svia e intorbidisce le idee facendo passare il concetto di una disinvolta gestione del proprio piacere. I comportamenti sessuali dei fidanzati, raramente si verificano su norme morali e la mentalità comune è ormai diretta e guidata dalla televisione e dagli altri mass-media, che impoveriscono la sessualità pubblicizzandone o utilizzandone solo alcuni aspetti per scopi di profitto.

Spesso, di fronte al quesito sempre più raro sulla liceità dei rapporti prematrimoniali o sulla castità matrimoniale, i fidanzati e gli sposi si ritraggono nascondendosi dietro frasi d’uso comune come: «Quando due si amano, possono fare tutto»; «I preti non capiscono»; «Non c’è niente di male...»; «E meglio sperimentare prima, per evitare brutte sorprese dopo»; «Se mi ami, devi darmene la prova».

L’ignoranza più o meno consapevole dei principi morali che regolano i comportamenti del singolo e della coppia è la causa della confusione dilagante anche tra i più volenterosi.

Lo stesso linguaggio degli «addetti» ai lavori, spesso poco chiaro e mal diffuso, genera difficoltà sul piano pratico per cui i termini come: sessualità, genitalità, morale cristiana, procreazione responsabile, fertilità, etc., intimidiscono e rientrano nella schiera delle parole difficili ed impraticabili.

Il discorso si impoverisce spesso, limitandosi alla sola trattazione, nei corsi pre-matrimoniali, dei metodi naturali e non, e, nella migliore delle ipotesi, in una verifica dei comportamenti sessuali della coppia senza prospettive chiare per un progetto di famiglia.

2. Confronto con la Parola di Dio e con il Magistero

«Si diffonde oggi l’idea che l’esercizio dell’attività sessuale dev’essere avulso da ogni norma morale. L’idea è errata. Anche per reazione ad un’idea altrettanto errata e durata a lungo, che tendeva a identificare il sesso con il male, si sta ora passando ad una concezione opposta, che non ammette nel campo sessuale alcuna legge, tranne forse una certa preoccupazione per la salute fisica e per il possibile abuso dei sentimenti altrui» (Matrimonio e famiglia oggi in Italia, n. 5).

Da principio «maschio e femmina li creò» (Gen 1,27). Il sesso è dato all’uomo perché si realizzi sul piano dell'essere.

La sessualità, che è trasmessa geneticamente si sviluppa come elemento essenziale alla realizzazione di ciascun uomo o donna e nella tensione alla maturità è un fattore tra i più idonei a far sì che l’uomo e la donna diventi ciò che è e si apra all'altro. La sessualità non va confusa con la genitalità, che ne è, sì, un aspetto importante, ma non il principale, per cui sia nel matrimonio, che nella consacrazione verginale, la sessualità matura diviene risposta dell’amore dell’uomo all’amore di Dio, sia come fatto di apertura di un «io» ad un «tu» nella collaborazione alla forza creatrice di Dio, sia come dono della totalità di sé agli altri, a tutti gli altri.

«Nella visione cristiana dell’uomo, si riconosce al corpo una particolare funzione, perché esso contribuisce a rivelare il senso della vita e della vocazione umana. La corporeità è, infatti, il modo specifico di esistere e di operare proprio dello spirito umano. (...) «il corpo rivela l’uomo», «esprime la persona» ed è perciò il primo messaggio di Dio all’uomo stesso, quasi una specie di «primordiale sacramento, inteso quale segno che trasmette efficacemente nel mondo visibile il mistero invisibile nascosto in Dio dall’eternità». (Orientamenti sull’amore umano, n. 22).

«L’educazione all’amore come dono di sé costituisce anche la premessa indispensabile per i genitori chiamati ad offrire ai figli una chiara e delicata educazione sessuale. Di fronte ad una cultura che «banalizza» in larga parte la sessualità umana, perché la interpreta e la vive in modo riduttivo e impoverito, collegandola unicamente al corpo e al piacere egoistico, il servizio educativo dei genitori deve puntare fermamente su di una cultura sessuale che sia veramente e pienamente personale: la sessualità, infatti, è una ricchezza di tutta la persona - corpo, sentimento e anima - e manifesta il suo intimo significato nel portare la persona al dono di sé nell’amore» (FC 37).

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3. Questionario -Cosa pensiamo di ciò che «dice la Chiesa» in materia di sessualità? -Abbiamo mai parlato tra noi del nostro futuro di genitori? -Sentiamo il bisogno di confrontarci con esperti e con coppie che abbiano una certa esperienza? -Come consideriamo la castità? Ha senso parlarne nella coppia? -Pensiamo che le nostre ansie e le difficoltà che viviamo nella gestione della nostra sessualità possano influire nei rapporti che abbiamo tra noi e con i nostri figli? 4. Prospettive

La sessualità costituisce una delle espressioni fondamentali dell’essere umano. Dobbiamo dunque fare riferimento alla «persona», se vogliamo comprendere l’ampiezza del concetto di sessualità che la riguarda.

Ogni essere umano realizza la propria personalità, entrando in relazione con gli altri... comunicando il suo mondo interiore e verificando, alla luce delle altrui comunicazioni, i propri modi di vedere, di pensare, di agire... di essere. Strumento della comunicazione è il corpo. Attraverso gesti, parole, atteggiamenti, sguardi, espressioni facciali ecc. ogni essere si comunica ed interiorizza le reazioni dell'altro.

La persona per svilupparsi e crescere, contemporaneamente, deve compiere altre funzioni, oltre quella comunicativa, per esempio: quelle biologiche e quelle conoscitive.

Ora, così come non possiamo confondere un organo con il corpo, non possiamo dare al sesso tutto il significato della sessualità.

La sessualità è una qualità dell’essere persona che orienta e guida tutte le funzioni costitutive di essa, influenza ed indirizza non solo la corporeità ma tutta la personalità.

Infatti ogni individuo, secondo la propria sessualità assume un modo particolare di parlare, sentire, gesticolare, vestire, pensare, reagire, agire... diverso a seconda se è un uomo o una donna.

La sessualità non si esprime solo con il rapporto sessuale o altre manifestazioni erotiche, ma in tutto l’essere persona che si muove, dialoga, collabora, interagisce si relaziona con altre persone.

Più semplicemente, si potrebbe dire che la sessualità è l’insieme delle caratteristiche che fanno del maschio un uomo e della femmina una donna. Maschi e femmine si nasce; uomini e donne si diventa. Di qui l’enorme importanza di una corretta e saggia educazione al valore della sessualità. Chi non si apprezza per quello che è, nella sua mascolinità o femminilità, non potrà mai realizzare una personalità equilibrata e matura.

In questa prospettiva, la sessualità assume un valore speciale, diventa uno strumento validissimo di comunicazione e di conoscenza, strumento che condiziona la maturazione e la crescita non solo del singolo essere, ma di tutto l'ambiente che lo circonda, in quanto essa è alla base di ogni suo atteggiamento e di ogni sua manifestazione di vita.

La sessualità acquista un significato tutto particolare nel rapporto coniugale ed è proprio in tale rapporto che la sessualità genitale acquista e manifesta tutto il proprio valore come potenza procreatrice collaborante con il Creatore, come manifestazione piena dell’umanità nella fusione uomo-donna.

L’amore coniugale nei suoi aspetti di amore-dono, di stabilità, di totalità, di tendenza alla fecondità, si esprime in un gesto che è anche segno della reciprocità: l'unione corporale-genitale.

La sessualità è energia e forza grande; è umana perché emerge a livello di coscienza; diventa forza personale e dialogica e come tale è linguaggio che esprime dei contenuti. È linguaggio tra persone, deve esprimere, perciò, rispetto, amore, tenerezza, affetto, dono di sé, sentimenti, interiorità, emozioni, valori, desideri, aspirazioni... non può perciò essere ridotta a «puro esercizio della genitalità» senza rimanerne stravolta. (In questo caso, infatti, invece di essere «linguaggio» diventa «possesso», «uso del corpo dell’altro», considerato come oggetto di piacere piuttosto che come mistero da scoprire con rispetto profondo).

Il bene o il male della sessualità si misura nella verità o nella falsità del linguaggio. E su questa valutazione non sufficientemente stimata, che viene giudicata ogni relazione sia essa

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prematrimoniale o extramatrimoniale (adulterio, relazione mercenaria, esperienza di curiosità ecc.). Dovendo comunicare dei contenuti, il linguaggio della sessualità può essere: sincero, fedele, vero, e quindi moralmente buono e onesto, oppure deviante, falso, bugiardo, e quindi cattivo e disonesto.

La coppia deve tendere al raggiungimento dell’unità, («I due saranno una sola carne»: Gen 2,25), realizzando insieme l’amore umano, totale, fedele e fecondo, nonostante i limiti e le debolezze, e potrà rimanere fedele a questo impegno se sostenuta dalla grazia di Dio che può essere attinta attraverso la preghiera e i Sacramenti.

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X INCONTRO PATERNITÀ E MATERNITÀ RESPONSABILE

1. Situazione

La responsabilità, purtroppo, oggi non è considerata una qualità, un modo speciale di essere, di comportarsi da bravi e coerenti datori di vita.

Di fatto, la presenza massiccia di istituti, brefotrofi, semiconvitti, collegi, (recentemente anche parkingbaby)... denota una generale scarsa attenzione alla vita.

L’informazione che continuano a dare i mass-media riguardo l’uso di metodi contraccettivi, sta diffondendo nella mentalità corrente la considerazione della gravidanza come una malattia da evitare, e poiché a «gravi mali... gravi rimedi», ecco che l’aborto finisce per essere usato sempre più frequentemente come un metodo contraccettivo.

La nostra società tende a considerare sempre più la vita come una proprietà da gestire secondo criteri particolari quali: l’utilità, la convenienza, il tornaconto, il piacere e ciò conduce a disprezzare, spesso ad abbandonare, e qualche volta a sopprimere (con l’eutanasia) la vita anziana, malata, perché non produce più, anzi, crea solo disagi alla famiglia; il desiderio di possedere la chiave della vita, fa compiere alla scienza ricerche azzardate nel campo della genetica con conseguenze drammatiche e a volte irrimediabili.

La venuta al mondo di un figlio indesiderato, o malato, o che ha avuto il «torto» di essere stato concepito da un padre o da una madre diversi da quelli scelti come nuovi compagni di vita dal proprio genitore, (vedi unioni di separati, divorziati ecc.) fa considerare «conveniente», alla nuova coppia, «depositarlo » in un collegio... adducendo spesso come motivo, la nuova responsabilità verso i figli generati insieme.

L’ignoranza, che, nonostante il «2000», dilaga nelle grosse fasce sub-culturali di diversi quartieri napoletani, conduce a trascurare uno degli aspetti più fondamentali della paternità e maternità responsabile: l’educazione dei figli. Basti pensare al fenomeno della devianza minorile, di cui Napoli è piagata... che trova radice senza dubbio, in tutti quei minori tanto superficialmente generati quanto senza scrupolo abbandonati alla «cultura della strada».

2. Confronto con la Parola di Dio e con il Magistero

«...Domanderò conto della vita dell’uomo, ad ogni essere vivente ne domanderò, a ognuno di suo fratello» (Gen 9,5).

Nessuno, è dunque esonerato dal rendere conto a Dio, delle proprie responsabilità, delle proprie attenzioni non offerte alla vita che ci è stata posta accanto, (genitori, figli, sorelle, fratelli, parenti, amici, conoscenti ... ).

«Ogni atto di vero amore verso l’uomo, testimonia e perfeziona la fecondità spirituale della famiglia... Le famiglie cristiane che nella fede riconoscono tutti gli uomini come figli del comune Padre dei cieli, verranno generosamente incontro ai figli delle altre famiglie, sostenendoli ed amandoli... come membri dell'unica famiglia dei figli di Dio» (FC 41) (disponibilità all’affido e all’adozione).

Il concetto di paternità e maternità responsabile non va inteso riduttivamente al «controllo delle nascite», bensì nel senso suo più ampio che esige una concezione integrale dell’uomo (cfr. HV 7) e dell’amore coniugale (cfr. HV 8-9).

«In rapporto ai processi biologici, paternità e maternità responsabile significa conoscenza e rispetto delle loro funzioni l’intelligenza scopre, nel potere di dare la vita, leggi biologiche che fanno parte della persona umana» (HV 10). Quando poi si tratta della dimensione psicologica delle « tendenze dell’istinto e delle passioni, la paternità e maternità responsabile significa il necessario dominio che la ragione e la volontà devono esercitare su di esse» (HV 10).

Supposti i suddetti aspetti intra-personali e aggiungendo ad essi «le condizioni economiche e sociali», occorre riconoscere che « la paternità e maternità responsabile si esercita, sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione,

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presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente ed anche a tempo indeterminato, una nuova nascita» (HV 10).

In rapporto all’educazione, paternità e maternità responsabile, si esercitano nell’assolvere il compito dell’educazione dei figli.

«Generando nell’amore e per amore una nuova persona, che in sé ha la vocazione alla crescita e allo sviluppo, i genitori si assumono perciò stesso il compito di aiutarla efficacemente a vivere una vita pienamente umana. Il diritto-dovere educativo dei genitori si qualifica come essenziale, originale e primario per l'unicità del rapporto d’amore che sussiste tra genitori e figli; in quanto poi, insostituibile ed inalienabile, non può essere totalmente delegato ad altri, né da altri usurpato» (FC 36).

3. Questionario - Durante il vostro fidanzamento, avete mai parlato dell’eventualità di divenire genitori? - Cosa vuol dire secondo voi, essere padri e madri responsabili? E quando lo si diventa? - La genitorialità è conseguenza esclusiva di chi genera e partorisce un figlio? Perché? - E sufficiente generare un figlio per meritare il titolo di padre e madre responsabile? - Cerchiamo insieme di sviluppare il concetto di paternità e maternità responsabile nei confronti della vita già nata, nascente e che potrebbe nascere - La vita è una proprietà personale o un dono? - Quali atteggiamenti nascono dalla convinzione che la vita sia una proprietà privata; e quali invece sono dettati dalla considerazione della vita come dono? 4. Prospettive

Essere padri e madri responsabili, presuppone una volontà precisa di stabilire con la vita

(tutta) una relazione d’amore Ciò significa per la coppia, maturare un atteggiamento costante di apertura, accoglienza,

disponibilità, attenzione, protezione, difesa, promozione... nei confronti della vita già nata, anche e soprattutto se malata e sofferente; della vita nascente, (ci si riferisce alla vita già concepita e presente nel grembo materno); ed infine, nei confronti della vita che potrebbe nascere (quella cioè non ancora concepita, ma che si prevede o si desidera).

Questo atteggiamento sorge spontaneamente e matura regolarmente, quando si considera la vita come un dono inestimabile, unico e irripetibile, perciò meritevole di rispetto e assolutamente inviolabile.

Ogni vita non è mai nata «per caso», ma per un preciso atto d’amore del Creatore. I genitori sono chiamati a «con-creare», perciò non possono affidarsi al caso né tantomeno a tentativi più o meno riusciti. Risulta perciò indispensabile conoscere i ritmi del proprio corpo e, soprattutto, riconoscere i periodi fecondi e non fecondi del ciclo della donna, per gestire con responsabilità la fertilità di coppia.

Nonostante le voci contrarie (vuoi per disinformazioni, vuoi per interessi personali) oggi è possibile alla coppia conoscere l’inizio, l’evoluzione, ed il termine della propria fertilità, attraverso l’osservazione di segni naturali, indicatori e fattori al tempo stesso di fertilità (scientificamente provati) che comunque, osservati o non, in una donna sana, si manifestano regolarmente durante le varie fasi del ciclo mestruale.

Le diverse metodiche utilizzate per acquisire la suddetta conoscenza, passano sotto il nome di metodi naturali.

Da ciò si evince la differenza sostanziale tra contraccezione e metodi naturali. La contraccezione si offre come mezzo di controllo delle nascite. Essa infatti se interviene «per

tempo» evita il concepimento e si qualifica: «antifecondativa»; se interviene «in ritardo» elimina il frutto del concepimento e si qualifica «abortiva». Comunque ottiene il suo scopo: evitare che nasca un bambino

I metodi naturali, offrono la conoscenza dei periodi fecondi e non fecondi del ciclo, conoscenza che la coppia è chiamata a gestire con responsabilità sia per evitare temporaneamente o

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a tempo indeterminato una gravidanza, sia per ottenere più facilmente una gravidanza. Questa conoscenza dunque, consente alla coppia di regolare naturalmente la propria fertilità.

Ma la paternità e la maternità responsabile non si limitano a quanto detto finora. I genitori responsabili, infatti: - devono saper creare un clima familiare ottimale per la crescita armoniosa dei loro figli; - non si tireranno indietro di fronte alle difficoltà di rapporto con i figli, quando

subentreranno problemi d'intesa dovuti al divario generazionale; - ameranno la vita e trasmetteranno questo valore ai figli, aiutandoli ad apprezzare la loro

corporeità, la loro sessualità come espressione unica ed irripetibile di essa; - vivranno il loro rapporto di coppia in castità. Il discorso della castità prematrimoniale e

matrimoniale potrebbe sembrare fuori luogo, ma non lo è; - astenersi prima del matrimonio dal rapporto fisico è segno di grande rispetto per l'altro e

di profonda fede nella sacralità dell’unione dei corpi che solo Dio può sancire; - astenersi dopo il matrimonio dai rapporti fisici in un periodo del mese, è segno di maturità dei

singoli e della coppia, un punto d’arrivo sostanziale per una serena convivenza ed un reale rispetto dell'altro;

- si impegneranno a vivere la qualità dell'amore di Dio interrogandosi reciprocamente sull’orientamento di fondo che intendono dare alla loro vita coniugale, e confrontandosi con umiltà e verità alla luce del Vangelo.

Solo questo impegno aiuterà la coppia a crescere nella capacità d'amare che esige ogni giorno, ogni momento, l'adesione, la scelta libera e consapevole di procedere verso le mete più ardite dell’amore. Mete che esigono sacrificio, pazienza, fermezza, volontà e desiderio sincero di bene.

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XI INCONTRO

LA FAMIGLIA COME PROGETTO EDUCATIVO

1. Situazione La nostra epoca ha assistito al più radicale cambiamento della struttura della famiglia, col

passaggio da patriarcale-comunitaria a nucleare-individualistica. Nella mutazione si è avvertito un grave disorientamento delle coscienze, perché si sono perduti dei chiari punti di riferimento: autorità degli anziani, consenso del gruppo sociale, stabilità dei valori.

La conseguenza più nefasta si è verificata proprio nel campo educativo, che ha visto confusione di ruoli, erosione o dissacrazione dei valori tradizionali. Per contro emergeva prepotente come ideale di vita l’edonismo materialistico, sollecitato da una visione individualistica della vita. La ricerca del piacere ha prodotto disimpegno e lassismo morale. Tutti i genitori ancora oggi si preoccupano soprattutto di soddisfare i bisogni materiali dei figli.

Bisogna riconoscere che in questi ultimi tempi la famiglia ha cominciato a riprendere una fisionomia spirituale più solida, e ciò anche per merito della Chiesa, che non ha mai abbandonato la sua cultura etico-sociale fondata sul valore indiscusso della famiglia.

La ricostruzione più vera della famiglia deve cominciare dal recupero del senso dell'educazione. Il compito non è né semplice né facile, anche perché oggi sono in tanti a proporre modelli educativi. Bisogna operare un’accurata scelta dei valori. Ma soprattutto, bisogna sconfiggere tutti quei modelli che propugnano false forme di liberalizzazione educativa o spingono al disimpegno o al qualunquismo.

Grande attenzione e concreto aiuto vanno prestati a quelle famiglie che, pur ben disposte ad una progettualità educativa, si scoprono umilmente incompetenti o disorientate.

2. Confronto con la Parola di Dio e con il Magistero

La Bibbia può essere considerato come il più grande poema pedagogico in quanto Rivelazione

del progetto di Dio nella storia. E interessante notare come in questa realizzazione Dio si muove sempre con una metodologia pedagogica operando sempre con gradualità secondo un disegno di progressiva perfezione. Per questo Egli «fa» prima la luce, poi il creato inanimato, le creature animate e infine l’uomo.

Dopo il peccato, Dio non abbandona l’uomo «opera delle sue mani», ma si impegna in un nuovo progetto: la salvezza. Ed anche questa non viene data subito ma fatta intravedere come la conclusione di un itinerario di fede e di fedeltà. Parole come «viaggio», «cammino», «via», «sentiero», sono frequentissime nell'A.T. a dare quasi un’immagine concreta di un processo di formazione. Dio stesso si propone come guida di questo «popolo errante» e da maestro sapiente dosa opportunamente la misericordia e l’ira e suscita gli uomini giusti secondo i bisogni.

Il progetto salvifico ha il suo culmine nella persona di Cristo-Messia, cioè il Mandato a dare compimento perfettivo al disegno. La vita di Gesù si snoda come un vero e proprio progetto di formazione, che prevede appunto delle fasi progressive nel cammino di perfezione. La prima fase, fino ai 30 anni, tutta dedita all’ascolto, all’ubbidienza e all’osservazione dei modelli parentali (Maria e Giuseppe), che lo aiutano a crescere in «sapienza e grazia» (Lc 2,32). La seconda, quella dei 40 giorni nel deserto, dedicata alla riflessione sulla propria missione e trascorsa nella preghiera e nella penitenza. La terza, quella della predicazione e della morte, che è l’espressione procla-mazione del messaggio evangelico e manifestazione suprema dell'amore sacrificale.

Nella Bibbia troviamo così compiutamente espressa l’idea che l’uomo è un essere pedagogico creato, cioè, per l’educazione, ovvero sia per la perfezione. «Siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48): è l’ammonizione di Gesù, «il Maestro», che è insieme «via verità e vita».

La Chiesa, nella fedeltà a Cristo, ha sempre concepito la sua missione nella storia come quella di una «mater et magistra».

Ed è la sollecitudine della madre che urge oggi la Chiesa a rivitalizzare la Pastorale Familiare, per la necessità impellente di offrire ad un mondo disorientato una proposta di vita fondata sui

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valori. In questo ambito sono importanti i richiami alla famiglia «centro di educazione». «La famiglia... è una comunità con specifica funzione educativa» (CdA, p. 413).

Di Giovanni Paolo II è l’interpretazione più felice della famiglia, vista come «scambio educativo tra genitori e figli...» (FC 21).

3. Questionario -Nel tempo del fidanzamento avete mai parlato del valore-educazione quale impegno fondamentale

nella costruzione del matrimonio? -La famiglia da cui provieni è risultata per te educativa o diseducativa? -Educheresti i tuoi figli agli stessi valori e negli stessi modi con cui sei stato tu formato? - Sei convinto che all’educazione dei figli debbano concorrere entrambi i genitori? -L'educazione è l’arte più difficile di questo mondo. Hai mai riflettuto se hai le capacità di educa-

tore? In ogni caso, riconosci che il genitore deve avere una profonda «tensione morale» che lo ponga in atteggiamento di costante studio riguardo a questo impegno?

4. Prospettive

Tutti coloro che intraprendono la vita matrimoniale devono costruire il loro progetto formativo su

questa idea cardinale: il soggetto primo, naturale, dell’educazione è la famiglia. Essa è l’agenzia educativa fondamentale e centrale; da essa ha inizio ogni processo di formazione e ad essa deve fare continuo riferimento ogni successiva azione educativa. In virtù di questa priorità spetta alla famiglia il compito di coordinamento di tutte le attività formative operate dalle altre agenzie: scuola, Chiesa, mass-media, gruppo sociale.

Dunque NO alla cultura della delega, ma assunzione personale delle responsabilità educative. L’educazione non si improvvisa. Tutti comunque possono diventare validi genitori-educatori, se alla base della loro azione pongono un atteggiamento di costante riflessione sui problemi. I genitori poi possono avvalersi di una grande risorsa naturale, l’affettività, che costituisce un importante fattore educativo, perché agevola le relazioni interpersonali.

La necessità di sintesi impedisce di indicare qui le linee metodologiche essenziali di un iter educativo. Non possiamo però non affermare con forza alcuni valori che devono assolutamente essere assunti dai futuri sposi:

- necessità della compresenza educativa; i genitori sono corresponsabili dell’educazione. Capita non di rado che soprattutto i papà, per motivi svariati, non sempre giustificabili, si disinteressino dell’educazione dei figli, che grava interamente sulle madri. Il modello parentale maschile è necessario nel processo educativo, anche nella considerazione che l’educazione deve essere vista progetto simbiotico tra genitori e figli.

- necessità di un progetto educativo della coppia; non è possibile pensare a genitori-educatori sprovvisti di una personale formazione. Se questa non fosse stata realizzata prima, il fidanzamento può e deve costituire lo stimolo per recuperare una personale facies educativa, meglio se con un progetto comune, che li vede «compagni di itinerario», cointeressati all’acquisizione di un bene utile a se stessi e ai futuri figli. Ma un progetto educativo di coppia si rende indispensabile anche per persone che hanno una propria solida formazione di base. La vita di coppia è un’esperienza così straordinariamente particolare e problematica da non poter essere lasciata alla casualità. Occorre progettare per imparare a vivere insieme. L’armonia che ne consegue è fattore indispensabile per evitare perniciose conflittualità nella futura gestione educativa della famiglia.

- l’educazione, in quanto interazione fra persone, non può che svolgersi nel DIALOGO. Ma, attenzione, il dialogo non è solamente una tecnica, ma un modo di essere e di vivere. Non sarà quindi mai possibile porsi in atteggiamento di dialogo con i figli se prima la coppia non vive in dialogo, non sia cioè in disponibilità costante all’apertura verso l’altro. Essere in dialogo, infine, non significa solo saper parlare, ma soprattutto saper ascoltare e saper riflettere.

- la coppia aperta: nel progetto formativo della coppia è importante non concepire una relazione chiusa all’interno della famiglia nucleare. Bisogna educarsi non per chiudersi ma per aprirsi agli altri: alla famiglia parentale più ampia, alla parrocchia, alla società.

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XII INCONTRO

LA FAMIGLIA NELLA SOCIETÀ E NELLA CHIESA 1. Situazione

Negli ultimi decenni, la famiglia ha subito un notevole cambiamento. Siamo passati da un forte senso comunitario della famiglia (la famiglia patriarcale), all’interno della quale tutti i membri collaboravano e si rendevano utili all’organizzazione familiare, ad un processo di «nuclearizzazione» della famiglia basato sulla parità tra i coniugi e sulla reciproca integrazione affettiva. Questo passaggio ha portato la famiglia ad isolarsi dal tessuto sociale ed ecclesiale ed a vivere un’esperienza esclusiva dei propri bisogni, senza dare importanza al «sociale» ed al rapporto con gli altri. La conseguenza di ciò è la valorizzazione della sfera individuale e privata, a scapito della sfera sociale e pubblica.

Tutto questo fa perdere alla famiglia la dimensione di «cellula della società» e la induce verso forme di chiusura con la conseguente perdita della capacità di trasmettere modelli che danno significato all’esistenza umana. Tale chiusura si ripercuote non solo all’interno della coppia, ma assume forme quotidiane ed abitudinarie.

Infatti non si dialoga più tra vicini di casa, non ci si scambiano né si chiedono piccoli piaceri, si tende a formalizzare i rapporti perché non si è coinvolti sul piano affettivo.

Si tengono separati vari «mondi» in cui i membri della famiglia vivono (lavoro, tempo libero, impegno nel sociale...) e si rientra in famiglia per «riposarsi» delle fatiche sostenute «fuori».

Rispetto alla società civile, si affievolisce il sentimento di dedizione ad una causa comune che unisce gli individui e sono sempre più private di senso le nozioni di solidarietà e di bene comune.

Alla comunità civile, in genere, la famiglia chiede: buone scuole, ospedali, servizi più efficienti, senza impegnarsi in un corrispettivo di responsabilità nella loro programmazione e gestione. Questa spinta all’«individualismo» ha le sue ripercussioni anche all’interno della comunità ecclesiale. Alla base di questa mentalità c'è l’assunto che non esiste alcun criterio oggettivo di discernimento del bene e del male, del vero e del falso.

Lo stesso sacramento del matrimonio viene vissuto come fatto privatistico e tradizionale e non coinvolge sul piano comunitario. Si sceglie una determinata Chiesa, la quale, il più delle volte, non coincide con la propria comunità parrocchiale, si pretendono musiche ed addobbi particolari e spesso si preferisce un sacerdote «molto bravo» ma che non vive in parrocchia.

Anche le celebrazioni liturgiche, che dovrebbero esprimere la comunione tra le persone, finiscono per acquistare un sapore astratto di spiritualità e non sono coinvolgenti sul piano pratico e della vita comunitaria.

In questa prospettiva è sempre più difficile che la coppia individui il suo ruolo nella comunità. Si tende a delegare l’educazione cristiana dei figli alla parrocchia e a lasciare il compito della

testimonianza agli addetti ai lavori.

2. Confronto con la Parola di Dio e con il Magistero «Fondata sul matrimonio, nasce la famiglia. Anche essa è una comunità d’amore e di vita,

che ha ricevuto da Dio la missione di essere la prima e vitale cellula della società, nella quale nascono i nuovi cittadini della società umana» (cfr. GS 48; AA 11; LG 11).

Non è una famiglia autenticamente cristiana quella che non si apre con amore e con impegno sia alla società civile, sia alla comunione della comunità (cfr. Comunione e comunità nella Chiesa domestica, nn. 4, 9).

Il Concilio ha riproposto il concetto di famiglia «piccola Chiesa» intesa, soprattutto, come luogo dove la salvezza di Gesù, si fa presente e dove tutti i componenti evangelizzano e sono evangelizzati (cfr. ESM 109).

Infatti, il matrimonio è un dono, una vocazione, una chiamata da parte di Dio, che chiama sempre per una missione.

«Per questo la famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo

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Signore per la Chiesa sua sposa» (FC 17). Ciò lo si può realizzare, innanzitutto, se la famiglia recupera la sua responsabilità del ruolo educativo, «la famiglia è la prima scuola delle virtù sociali, di cui hanno bisogno tutte le società» (GE 3).

Inoltre, il compito sociale della famiglia è quello di farsi carico della sofferenza e dei drammi degli altri dedicandosi «a molteplici opere di servizio sociale, specialmente a vantaggio dei poveri e comunque di tutte quelle persone e situazioni che l’organizzazione previdenziale e assistenziale delle pubbliche autorità non riesce a raggiungere» (FC 44).

Bisogna avere preoccupazione della vita sociale per testimoniare la fede, traducendola nella carità (cfr. 2 Ts 3,5-13).

«Le famiglie cristiane, le quali in tutta la loro vita si mostrano coerenti con il vangelo e mostrano con l'esempio cosa sia il matrimonio cristiano, offrono al mondo una preziosissima testimonianza cristiana» (AA 11).

3. Questionario -In questo contesto di «individualismo radicale», riusciamo a percepire l’importanza che può

assumere il nostro ruolo di coppia per il superamento dell’egoismo? -Quali difficoltà più diffuse incontriamo circa la possibilità e la capacità di apertura o di chiusura

della famiglia alla realtà sociale? -In quali campi della realtà sociale possiamo impegnarci direttamente? -Che conoscenza abbiamo dei diritti e dei doveri della famiglia alla luce delle leggi dello Stato (di-

ritto di famiglia, consultori, assistenza etc.)? -Che cosa fa la nostra comunità parrocchiale per maturare una coscienza laicale che comporta una

testimonianza a Cristo attraverso i fratelli? -Quale spazio possono avere le nostre celebrazioni liturgiche per promuovere un impegno attento e

costante alla comunità? -In quale ambito concreto riteniamo opportuno impegnarci (catechesi; attività culturali, promozione

umana etc.), tenuto conto delle necessità della nostra comunità parrocchiale? 4. Prospettive

a) Nella società Se negli ultimi tempi la famiglia veniva data per spacciata, oggi viene riconosciuto, da più parti,

che la famiglia è, e rimane, un gruppo e un’istituzione basilare della società. È necessario, quindi, creare una famiglia aperta alla società, in modo che sia essa stessa a

condizionare l’ambiente comunitario e a portare quei valori che sono suoi propri e che danno motivazione alla vita.

Innanzitutto, si tratta di individuare i compiti di partecipazione familiare, all’interno dei quali non possono essere fatte delle scelte senza tener conto della presenza della famiglia. L’ambito del lavoro, della scuola, dei servizi sociali del quartiere, sono quelli privilegiati per un coinvolgimento della famiglia come tale, perché possa tutelare i propri interessi, che sono gli interessi della società, senza dare nessuna forma di delega.

Compito primario della famiglia, per sua natura, rimane il ruolo educativo. La famiglia educa alla solidarietà e al senso sociale con facilità e spontaneità, attraverso la sua stessa vita che è essenzialmente un «vivere insieme».Il volontariato di molte famiglie (adozioni, affido...) dimostra che già crescono elementi di solidarietà, ma questi devono tradursi in una cultura della vita che si sviluppa sulla donazione reciproca, nel rispetto della giustizia, nella lealtà, nel bene comune.

Da parte sua lo Stato deve favorire una politica che non assorba su di sé le diverse attività sociali, ma stimoli, sorregga ed incoraggi il volontariato e la partecipazione della famiglia alla vita sociale.

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b) Nella Chiesa In questa ottica di responsabilità, la famiglia cristiana segue una motivazione particolare: oltre

che essere «prima cellula della società» è anche la «prima cellula della Chiesa » e quindi in grado di manifestare a livello sociale, la sua dimensione missionaria.

La partecipazione solerte alla vita della Chiesa mantiene vivo il sacramento del matrimonio, rimotivandolo ogni giorno coi fatti nell’esistenza quotidiana.

Soprattutto, nella comunità ecclesiale va valorizzato l’apporto che l’amore coniugale può dare alla vita della comunità.

Questo rapporto tra la famiglia e la comunità cristiana si fonda non sulla «routine» di servizio, ma su un rapporto di testimonianza e di edificazione reciproca.

In particolare va valorizzata l’importanza della comunità parrocchiale, «famiglia di famiglie», all’interno della quale la famiglia è chiamata a vivere il suo impegno missionario.

Nello stesso tempo la parrocchia è chiamata a promuovere la «soggettività pastorale della famiglia».

Gli ambiti in cui la famiglia è chiamata in parrocchia a realizzare una presenza specifica e significativa sono: la preparazione al matrimonio, la promozione di una cultura della vita, l’iniziazione cristiana dei figli, l’evangelizzazione, la preghiera, la carità.

La messa domenicale rappresenta il segno visibile della parrocchia, «famiglia di famiglie». Ogni famiglia è una «piccola Chiesa», è una cellula, ma proprio come la cellula, si alimenta, cresce e si sviluppa solo se vive nel corpo.

E lo Spirito che diffonde gratuitamente i suoi doni nella Chiesa, ma è nella comunità che questi doni devono essere fatti fruttificare.

Infine, all’interno delle parrocchie vanno sviluppati e consolidati quei gruppi di pastorale, dove è possibile, sullesperienza del piccolo gruppo, vivere la propria vocazione basata sul sacramento del matrimonio.

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BIBLIOGRAFIA Documenti PIO XI, Lettera enciclica Casti connubii (31/12/1930) GIOVANNI XXIII, Lettera enciclica Mater et magistra (15/5/ 1961) CONCILIO VATICANO II, Costituzione pastorale Gaudium et spes (7/17/1965)

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INDICE Presentazione ................................................ pag. 2

Presentazione e metodologia....................... » 3 I INCONTRO Motivazioni per una partecipazione attiva al corso prematrimoniale ............................ » 5 II INCONTRO Il dialogo: io, tu e gli altri ......................... » 7 III INCONTRO L'Amore ........................................................ » 9 IV INCONTRO Il senso della fede nella vita di coppia ..... » 11 V INCONTRO Sposi cristiani: scelta vocazionale ............. » 13 VI INCONTRO Il sacramento del matrimonio..................... » 15 VII INCONTRO Il patto matrimoniale................................... » 17 VIII INCONTRO Morale cristiana e coscienza ...................... » 19 IX INCONTRO Significato e valore della sessualità nel matrimonio ...... .. » 22 X INCONTRO Paternità e maternità responsabile ............ » 25 XI INCONTRO La Famiglia come progetto educativo ....... » 28 XII INCONTRO La Famiglia nella società e nella Chiesa …………….. » 30

Bibliografia................................................... » 33

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Hanno collaborato: Gennaro e Luciana CAFIERO Umberto CHIARELLO Mariapia e Sergio CONDURRO Salvatore ESPOSITO Filippo IANNONE Trifone LABELLARTE Francesco MERCURIO Anna SCIMÍA Marco SCOGNAMIGLIO Luciana UGOLINI Revisione e progetto grafico: Clotilde PUNZO