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Università Mediterranea degli Studi di Reggio Calabria Corso di Laurea SCBAA-L-43. A.A.2010/11 Laboratorio dei “Materiali e risparmio energetico Materiali tradizionali dell’architettura e del risparmio energetico- Docente: Cherubina Modaffari-Dispensa 6 1 QUALITA' E STRUTTURA DEI MATERIALI DA COSTRUZIONE

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QUALITA' E STRUTTURA DEI MATERIALI DA COSTRUZIONE

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QUALITA' E STRUTTURA DEI MATERIALI DA COSTRUZIONE

- Qualità e norme di controllo - Caratteristiche dei materiali e prove fisico-meccaniche - Caratteristiche o indicatori tecnici - Caratteri primari dei materiali: aspetto, composizione, costituzione,

struttura - Caratteristiche fisiche - Caratteristiche meccaniche - Caratteristiche tecniche e tecnologiche (requisiti/prestazioni) - Sicurezza - Benessere - Fruibilità - Aspetto - Gestione - La conoscenza della natura del materiale - Origine ed evoluzione della scienza dei materiali: - La scala dei fenomeni: - La struttura dei materiali: - Sul “perché non si sprofonda nel pavimento” (Gordon) - Galileo, Wren, Hooke, evoluzione degli studi nell'800 - Newton: "azione e reazione sono uguali e opposte"

Bibliografia Gordon J.E., La scienza dei materiali, Milano 1976, Mondadori Negro A., Tecnologia dei materiali da costruzione, ed. Libreria Cortina, Torino, 1986, (in particolare: capp. 1,2,3,4) Maura G., Materiali per l'edilizia, DEI, Roma, 1988, (in particolare Blachère G., Saper costruire, Hoepli, Milano, 1971, (in particolare cap I e II)

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Qualità e norme di controllo In un linguaggio dell'edilizia non troppo specializzato, il termine “qualità” può indicare molte cose: elevata resistenza, dimensioni precise, durabilità, buon isolamento, aspetto gradevole, ecc.; generalmente, poi, per qualità si intende “buona qualità” e contemporaneamente si pensa ad un "costo elevato". In realtà tutti gli aspetti sono relativi alle proprietà di un prodotto, e per avere un'idea corretta di qualità, occorre che queste proprietà vengano considerate nell'ottica dell'uso al quale il prodotto è destinato. Qualità, quindi, è attitudine all'impiego, rapporto tra obiettivo e prestazione dell'elemento tecnico (nelle diverse accezioni di materiale, semilavorato, componente, o sistema di componenti). Nella definizione di qualità si possono poi distinguere due diversi concetti: quello di qualità "astratta" e quello di qualità “economica”. Nel primo caso, il prezzo del prodotto ed il potere di acquisto dell'utilizzatore non sono considerati: la qualità, quindi, coincide con il "valore d'uso" dell'elemento. Se invece si tengono presenti anche i sacrifici che l'”utilizzatore” può o è disposto ad affrontare per raggiungere un certo obiettivo ("disponibilità" e giudizio di "opportunità") la qualità diviene "ciò che può il suo denaro", ed una delle conseguenze di questa accezione allargata è che un aumento di prezzo si traduce in una diminuzione di qualità se le proprietà tecniche dell'oggetto restano le stesse (valutazione del costo appropriato). Per guidare e controllare il campo delle relazioni tra obiettivi e prestazioni, occorre un apparato normativo. Ciò richiede di dover esaminare cosa è una "norma di qualità", con riferimento ai materiali da costruzione. L'essenza delle norme è, generalmente, il contenuto di una convenzione tra produttori e consumatori, al fine di accordarsi su scelte razionali. La norma è quindi un "documento" che contiene la definizione e le caratteristiche di un materiale, con i massimi e i minimi di tolleranza e l'indicazione precisa dei metodi di prova da seguire nella determinazione delle caratteristiche stesse. La normazione è fondata sui risultati acquisiti in campo scientifico e tecnico e sui dati dell'esperienza; in diverse possibili articolazione essa può contenere: − norme, derivate da studi specifici e approvate da autorità riconosciute,

con le specificazioni delle condizioni che il materiale deve soddisfare e con i metodi che consentono di stabilire se le richieste sono soddisfatte;

− le denominazioni - termini o simboli - attribuiti ad un prodotto o anche ai processi produttivi (nomenclatura unificata).

− condizioni "unificative" per rendere i prodotti compatibili tra loro e possibili i loro assemblaggi.

A tal fine, in Italia opera l'UNI (Ente Italiano di Unificazione). Gli organismi di unificazione nazionali sono raggruppati in enti sovranazionali: l'I.S.O. (International Standardization Organization), il C.E.N. (Comité Européen de Normalisation), il C.I.B. (Conseil International du Batiment), l'UEAtc (Union Européenne pour l'Agrément technique dans la construction), l'I.E.C. (International Electrotechnical Committee), ecc..

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Caratteristiche dei materiali e prove di verifica La normativa impone, tra l'altro, prove chimiche, fisiche e meccaniche, per la verifica delle caratteristiche dei materiali (in questa sede, si tralasciano quelle chimiche). Si dicono "prove fisiche" quelle atte a determinare le caratteristiche fisiche come il peso, la conduttività termica, il punto di fusione, ecc. Si dicono invece "prove meccaniche" quelle che sollecitano meccanicamente un campione di materiale, osservando il suo modo di reagire alle sollecitazioni. Queste ultime richiedono un'ulteriore articolazione: - prove statiche (sollecitazioni gradualmente crescenti) - prove dinamiche (sollecitazioni brusche, impulsi di energia) - prove di fatica (sollecitazioni cicliche) Nelle prove statiche la sollecitazione si esprime in chilogrammi o tonnellate, e in Kg/mmq o Kg/cmq per indicare la sollecitazione per unità di sezione ("carico unitario"). Nelle prove dinamiche la sollecitazione si esprime non come forza ma come lavoro, cioè in chilogrammetri (Kgm), se si vuole indicare il lavoro assorbito in assoluto, o in Kgm/cmq se si vuole indicare il lavoro assorbito per unità di sezione. Caratteristiche o indicatori di qualità Gli elementi che direttamente o indirettamente determinano la “qualità del materiale” e condizionano la decisione “progettuale”, di un loro impiego nella costruzione, sono:

- I CARATTERI PRIMARI: COMPOSIZIONE, COSTITUZIONE, STRUTTURA, COLORE - LE CARATTERISTICHE FISICHE - LE CARATTERISTICHE MECCANICHE - LE CARATTERISTICHE TECNICHE E TECNOLOGICHE (PRESTAZIONI)

Caratteri primari COMPOSIZIONE è l'insieme delle caratteristiche che definiscono il materiale sotto il profilo chimico. E' determinabile attraverso i metodi dell'analisi chimica qualitativa, quantitativa e strumentale. La conoscenza di quest'insieme è necessaria ma non sufficiente a stabilire se i materiali possiedono determinate caratteristiche fisiche, chimiche e tecnologiche; queste, infatti, dipendono anche dal modo in cui gli elementi sono combinati tra loro, dal loro stato fisico, dalle dimensioni dei grani o delle fibre, dalla presenza di difetti, e da altro. COSTITUZIONE è l'insieme delle caratteristiche che definiscono il materiale sotto il profilo della genesi, cioè dipende da come il materiale si è formato. STRUTTURA Definisce in che percentuale e in che modo i vari componenti del materiale sono distribuiti al suo interno. COLORE è determinato dalla quantità e qualità di particolari elementi, detti pigmenti, caratterizzanti la sua costituzione.

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Il colore, insieme al livello e al tipo di finitura superficiale determinano l'aspetto del materiale. E' bene infine ricordare che il colore, quindi l'aspetto del materiale, subisce nel tempo variazioni, più o meno marcate, per degradazione superficiale (fisica o chimica) dovuta agli agenti atmosferici e ad azioni di logoramento e invecchiamento connesse all'uso. La misura del colore è effettuata per confronto visivo con campioni standard; noto è il catalogo americano Munsell. Ma esistono molti altri metodi, scevri da giudizi soggettivi, basati sull'impiego di apparecchiature e dispositivi fotoelettrici. Le caratteristiche fisiche PESO O DENSITA' (P = g/cmc o Kg/mc) E' il peso dell'unità di volume, considerato allo stato di integrità. Viene espresso in g/cmc o Kg/mc. E' importante perché condiziona il tipo e il dimensionamento delle strutture, e perché condiziona i "costi" di trasporto all'esterno e all'interno del cantiere. Il volume che si considera nel peso racchiude normalmente una serie di vuoti ; è per questo che si distingue questo peso, detto anche"peso specifico apparente" dal "peso specifico reale" , quest'ultimo inteso come indice di densità assoluta, considerando cioè il volume senza i vuoti. Il peso specifico reale si determina con il metodo del "picnometro, sul materiale che è stato finemente polverizzato al fine di eliminare tutte le porosità. Da queste misure si hanno informazioni sulla porosità del materiale, che può essere distinta in: - porosità chiusa , non comunicante con l'esterno, il cui volume si ottiene dalla differenza tra la il peso apparente e quello reale; - porosità aperta (o apparente), che comunica con l'esterno, e si ottiene sottraendo dal peso di volume apparente quello determinato dopo che il materiale è stato immerso in acqua fino a saturare completamente i pori accessibili. La somma delle due porosità si dice porosità totale. Il rapporto tra questi due pesi determina invece la COMPATTEZZA del materiale, che è una caratteristica di solito indicativa della sua resistenza meccanica, tanto maggiore quanto maggiore è la compattezza. (Alcuni valori di P: legno: da 0,51 a 1,01 g/cmc; laterizi pieni: da 1,60 1,80 g/cmc; calcestruzzo: da 2,10 a 02,50 g/cmc; acciaio: da 7,50 a 8,10 g/cmc). IMBIBIZIONE È la capacità di un materiale di lasciarsi penetrare dai liquidi e di trattenerli, finita l'immersione. Il "coefficiente di imbibizione" è dato dal rapporto: g= (Gm - G) / G G = peso del provino asciutto Gm = peso del provino saturo d'acqua Nella prova, il periodo di immersione deve essere tale da far raggiungere il massimo della imbibizione. (Alcuni valori di "g": marmo di Carrara: 0,001; granito: 0,006; arenaria: 0,015; travertino: 0,177; tufo vulcanico: 0,274). ASSORBIMENTO È la capacità di alcuni materiali di assorbire l'acqua per capillarità, quando vi si trovi a contatto (igroscopicità). L'assorbimento è strettamente dipendente dalla porosità del materiale.

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PERMEABILITA' È la proprietà di lasciarsi attraversare o no dall'acqua. Può dipendere tanto dalla porosità quanto da sottilissime fessurazioni ("cavilli" o "peli"). CALORE SPECIFICO (γ= Kcal/Kg°C) È la quantità di calore che è necessario trasmettere ad un grammo (o unità massa) di un materiale per innalzare la sua temperatura di 1°C. CAPACITA' TERMICA È la proprietà di un materiale data dal suo "calore specifico" (γ) per la sua massa (m). Quindi, quanto più elevati sono il calore specifico e il peso del materiale tanto più alta è la sua capacità termica. Non è difficile dimostrare che il calore specifico varia nei diversi materiali: ponendo, infatti due materiali diversi accanto ad una fonte di calore si può constatare che l'aumento di temperatura avviene in tempi diversi. Il materiale che ha calore specifico massimo è l'acqua; è per questo che, convenzionalmente, si pone il suo valore uguale all'unità e ad esso si rapportano i valori relativi agli altri materiali. (Alcuni valori di γ legno: 0,65; laterizi: 0,18-0,22; calcestruzzo: 0,21; acciaio:0,12) DILATABILITA' TERMICA (α= m/m/°C) - Quando si somministra calore ad un materiale una parte di esso si traduce in un aumento della temperatura di quel materiale, l'altra viene invece impiegata in lavoro per superare la resistenza che il materiale oppone alla dilatazione che normalmente si accompagna all'aumento di temperatura (si ricordi che la struttura del materiale è "conservativa"). La "dilatabilità termica" è la proprietà che hanno i materiali di aumentare le proprie dimensioni con l'aumento della temperatura. Ogni materiale ha un suo "coefficiente di dilatazione termica" ("lineare" se riferito a una determinata direzione; "cubico" se riferito al volume): α = ∆L / L ∆t L = lunghezza del campione ∆L = aumento di lunghezza ∆t = innalzamento della temperatura Gli atomi del materiale, normalmente disposti secondo uno schema reticolare, con l'aumento della temperatura si distanziano; se il materiale è omogeneo la dilatazione è uguale in tutte le direzioni, altrimenti può variare nelle tre direzioni. (Alcuni valori di "α": legno (parallelamente alle fibre): 0,000006-0,000003; legno (perpendicolarmente alle fibre): 0,000055-0,000035; laterizi: 0,000006; calcestruzzo: 0,000012; acciaio: 0,000012; alluminio: 0,000024) CONDUTTIVITA' TERMICA (Kcal/mh°C) o, inverso, RESISTENZA TERMICA E' la proprietà che hanno i materiali di lasciarsi attraversare dal calore. La determinazione del "coefficiente di conduttività termica" dei materiali da costruzione ha un notevole interesse tecnologico, poiché di esso bisogna tener conto in fase di progettazione e di scelta dei materiali, specie quando questi siano impiegati a protezione dall'esterno.

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La variazione di questo coefficiente è molto forte, la differenza è altissima tra i materiali metallici e quelli non metalli (in media il rapporto è di 1 a 100, fino a 300); tra i materiali da costruzione non metallici la conduttività termica del calcestruzzo è la più elevata. Il "coefficiente di conduttività termica" è definibile come la quantità di calore che supera uno spessore unitario di un materiale, passando attraverso la superficie di dimensione unitaria, nell'unità di tempo e nella condizione che le due facce abbiano una differenza di temperatura di 1 °C. Si può anche dire che la quantità di calore che attraversa un corpo è direttamente proporzionale: alla differenza di temperatura tra le due facce, alla superficie attraversata e al tempo di trasmissione, e inversamente proporzionale allo spessore del corpo, tenuto conto di un coefficiente "λ" costante indipendente propria del materiale. Q = λ (t2-tl) Sh / s λ = coefficiente di conduttività termica Q = quantità di flusso termico ponendo (t2-tl), S, h, s, = 1 Q = λ La conducibilità termica dipende dalla densità e porosità e anche dal grado di umidità del materiale (ricordare che l'aria è un cattivo conduttore, l'acqua un buon conduttore). L'inverso del coefficiente di conduttività, "l/", rappresenta la resistenza termica di un materiale. Per la determinazione del coefficiente, si pone un provino del materiale fra due piastre, una riscaldata e l'altra fredda; l'insieme viene isolato dall'ambiente e si misura il flusso di calore che attraversa il provino; conoscendo le sue caratteristiche dimensionali si perviene al calcolo della conducibilità del materiale usato. (Alcuni valori di "λ”: legno:0,08-0,15; laterizi pieni: 0,57-0,72; laterizi forati: 0,15-0,64; calcestruzzo: 0,70-1,20; acciaio:10,00-52,00; alluminio: 178,00) Errore. Non si possono creare oggetti dalla modifica di codici di campo. RESISTENZA ACUSTICA È la proprietà dei materiali di impedire la propagazione del suono. Si definisce come il prodotto della densità del materiale per la velocità di propagazione. Siccome la velocità di propagazione è massima nei solidi e nei liquidi, mentre presenta valori molto più bassi nei gas e nei vapori, l'isolamento si realizza con strutture solide, pesanti e contenenti porosità chiuse e poco voluminose. ASSORBIMENTO ACUSTICO È la capacità di un materiale di assorbire, in determinate condizioni d'uso e per le sue caratteristiche di superficie una certa percentuale di pressione sonora, contribuendo al tempo stesso all' ottenimento di una distribuzione del suono il più possibile diffusa e omogenea all'interno di un ambiente. È quindi un fenomeno che influisce sostanzialmente sulla "qualità" di ascolto del suono, e che dipende sostanzialmente dal volume di aria contenuto nei materiali e dalla struttura a cavità chiusa o aperta delle porosità. Il coefficiente di assorbimento", dato dal rapporto tra l'energia non rinviata e quella incidente, è misurabile per i diversi materiali attraverso i metodi di calcolo Sabine (fine '800), che prendono a riferimento di "unità

fig. 2 – Conduttività termica dei materiali

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di assorbimento" (valore 1) un metro quadrato di superficie perfettamente trasparente identificato con un metro di finestra aperta. (Alcuni valori del coefficiente di assorbimento rispetto alle frequenze: 125-500-2000-4000: marmo: 0,01-0,01-0,015-0,015; intonaco: 0,01-0,015-0,025-0,025; vetro: 0,03-0,025-0,020-0,020; legno: 0,09-0,08-0,10-0,10; lana di vetro: 0,30-0,55-0,90-0,90) Le caratteristiche meccaniche In molti Paesi la determinazione delle caratteristiche meccaniche dei materiali è oggetto di normazione da parte di Enti di unificazione1. In Italia l'UNI, in accordo con gli altri Organismi internazionali, ha predisposto, per i diversi materiali, una serie di tabelle e di norme relativamente alle prove meccaniche . MODULO ELASTICO (E=Kg/cmq) Rappresenta il rapporto che esiste tra lo sforzo a cui è sottoposto un materiale e la deformazione che ne consegue. RESISTENZA MECCANICA (a trazione, a compressione, flessione, taglio, torsione). Misura la capacità del materiale di sopportare le tensioni interne prodotte dall'azione delle forze esterne (Kg/cmq). Come si ricorderà, ogni materiale sottoposto a una forza esterna si deforma: la DEFORMAZIONE è la variazione dei mutui rapporti tra le particelle (atomi, molecole) costituenti il materiale, che di solito, al cessare della sollecitazione, tendono a ritornare nella posizione iniziale. Quando ciò avviene il materiale si dice elastico , ed elastica la deformazione. Se la deformazione resta, il materiale viene definito plastico . L'elasticità di un materiale non è infinita, ma ha un preciso limite, detto, appunto, limite di elasticità , superato il quale, si verifica un fenomeno nuovo, detto snervamento, che prepara la fase plastica: la deformazione diviene permanente, e il materiale costruttivamente inefficace. Perché un materiale abbia funzione "strutturale" deve reagire "elasticamente" alle sollecitazioni e la sua deformazione - nella fase elastica - deve essere direttamente proporzionale all'intensità della forza che l'ha provocata. Deve soddisfare cioè alla legge di Hooke. σ =Eε in cui: σ = P/A , forza applicata all'unità di superficie, è detto "carico" o "tensione unitaria" e si esprime in Kg/cmq ε = ∆l/l, rappresenta l'allungamento o "deformazione unitaria" E = σ/ε E = costante caratteristica del materiale, detta "modulo di elasticità" o di"Young", si misura in

1 Dal 1946 opera in campo internazionale l’organizzazione per la normazione denominata ISO (International Organization for Standardization), alla quale aderiscono 54 Paesi, tra cui l’Italia. Si tratta di un’organizzazione tecnica, non soggetta ai governi nazionali, che fruisce di uno statuto consultivo presso le Nazioni Unite. Comprende 145 Comitati Tecnici, che trattano numerosi campi. Nella CEE (Comunità Economica Europea) svolge attività normativa la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) e il CEN (Comitato Europeo di Normalizzazione). In Italia agisce invece l’UNI (Unificazione Italiana) che attraverso 31 Commissioni tecniche elabora norme e prescrizioni e stabilisce, fra l’altro, tipi unificati di materiali, oggetti, strumenti, e studia i metodi di prova.

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Kg/cmq o Kg/mmq Il rapporto tra le variazioni di ε e quelle di σ sono rappresentate nel diagramma di Hooke: nel primo tratto, rettilineo, il rapporto è costante e la proporzionalità diretta; incrementando lo sforzo, il diagramma tende a incurvarsi; tuttavia, se giunti a questo primo tratto curvo si diminuisce lo sforzo fino a portarlo a zero, si ha ancora l'annullamento della deformazione. Questo punto rappresenta il "limite di elasticità".Se invece lo sforzo viene ulteriormente incrementato, il diagramma subisce brusche variazioni: il materiale incomincia a cedere per rottura di parte delle fibre, ma ha anche subitanei recuperi, dovuti al comportamento delle fibre rimaste integre che assorbono momentaneamente la maggiore tensione.Questa fase del diagramma è detta di "snervamento". Aumentando ulteriormente il carico le deformazioni crescono con grande rapidità a scapito della area della sezione del provino che si riduce uniformemente. La deformazione, detta "plastica", diventa irreversibile. Infine, nell'ultimo tratto, la curva decresce, si ha la fase di "strizione", la sezione si assottiglia sempre di più, fino a giungere alla rottura. Il valore raggiunto dalla tensione al momento della rottura rappresenta la "resistenza meccanica" del materiale e si indica con il simbolo σr. (Alcuni valori di "E"(Kg/cmq): plastica: 14.280; legno:142.800; calcestruzzo: 173.400; acciaio: 1.142.000) Errore. Non si possono creare oggetti dalla modifica di codici di campo. CARICO UNITARIO DI ROTTURA E CARICO DI SICUREZZA II carico unitario di rottura è dato dal rapporto tra il carico massimo raggiunto nel punto di rottura del diagramma di Hooke e il valore della sezione del materiale nello stesso instante. Il carico di sicurezza (o di servizio, o ammissibile) è, normalmente una frazione (1/3 o 1/2) del carico di rottura, e definisce la sollecitazione massima che garantisce il non verificarsi di deformazioni irreversibili. Questo numero di frazione definisce il grado di sicurezza "K", che varia al variare del materiale. K = carico di rottura / carico di sicurezza (Alcuni valori di "K": acciai: 1,5-2,3; legno: 4-6; materiali lapidei e laterizi: 8-15) PROVE DI TRAZIONE Il comportamento alla trazione si studia con l'ausilio di apposite macchine, che afferrano i provini da "saggiare", applicano ad essi uno sforzo progressivamente crescente, tracciando automaticamente il grafico dell'allungamento che il materiale subisce (curva di trazione); un dispositivo elettronico molto sensibile consente di amplificare e registrare anche le più piccole variazioni dimensionali. Attraverso le prove si può osservare che i materiali cristallini ionici (es. calcare) e quelli a carattere covalente (vetro), hanno elevata resistenza e scarsa deformabilità; i metalli puri (acciaio dolce, rame) hanno buone resistenze e sono molto deformabili, mentre le leghe (acciaio duro, ghisa) si deformano molto meno. I polimeri termoplastici, nei quali le forze coesive sono deboli si deformano facilmente e presentano resistenze scadenti Forma e dimensione dei provini sono normalizzati (norme UNI). (Alcuni valori di resistenza a trazione Rt=Kg/cmq (r=rottura, s=sicurezza): legno (faggio, con sollecitazione parallela alle fibre): r=800, s=90;

fig. 3 – Aspetti di resistenza meccanica

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laterizi: r=20, s=10; marmi: r= 25,s=15; calcestruzzo: r=25, s=15; acciaio: r=5000, s=4200) PROVE DI COMPRESSIONE Sono poco usate per i metalli, le leghe e i materiali plastici; si eseguono soprattutto sui materiali fragili (pietre, vetri) e composti (malte, calcestruzzi). Per le malte e i calcestruzzi la prova è condotta su provini cubici, che vengono compressi da una macchina idraulica fra due piastre metalliche. Le dimensioni dei provini sono fissate da Decreti Ministeriali. Da queste prove, come da quelle di trazione, si ricavano i carichi di rottura a compressione e i "moduli elastici a compressione","Ec", dividendo il carico al limite elastico per la corrispondente deformazione. (Alcuni valori di resistenza a compressione Rc=Kg/cmq: legno (faggio sollecitazione parallele alle fibre) 650, (sollecitazioni perpendicolari):60; laterizi (pieni): 150, (forati): 100; marmi: 1300; calcestruzzo: 270; acciaio 4600 (s=2500). PROVE DI FLESSIONE La flessione si verifica quando il sistema di forze agenti tende ad inflettere il solido sollecitato. Immaginando una struttura di trave a strati, la sollecitazione normale all'andamento degli strati, provocherà strati tesi e strati compressi, divisi da uno strato "neutro". Le prove si eseguono su materiali poco deformabili, come le malte e i calcestruzzi di cemento, e su provini di dimensioni normalizzate (DM 3.6.'68). I provini prismatici sono appoggiati su rulli e ad essi è applicato il carico P, concentrato in mezzeria, fino ad ottenere la rottura. Dal carico di rottura "Pr" si calcola la resistenza a flessione con la formula: Rf = 3 Pr L / 2 bd L = distanza tra gli appoggi b = larghezza del provino d = spessore del provino Si ricavano anche i moduli elastici a flessione,"Ef", analogamente a quelli di trazione. Contrariamente ai casi di compressione e trazione, nella flessione punti diversi di una stessa sezione risultano diversamente sollecitati. Inoltre, a parità di area, travi con configurazioni diverse hanno diversa resistenza a flessione, proprio per la diversa distanza delle parti sollecitate dall'asse neutro. (Alcuni valori di resistenza a flessione Rf= Kg/cmq): legno (faggio): 900; marmo: 50-250; calcestruzzo: 15-100; acciaio: 300.000-710.000) RESISTENZA A TAGLIO Questa sollecitazione provoca in un elemento, ad es. una trave, lo scorrimento di una sezione rispetto a quella adiacente. E' una sollecitazione che difficilmente si verifica da sola. La resistenza (Kg/cmq) è data dal rapporto fra la massima forza applicata ed il diametro del provino, il suo spessore e le dimensioni del punzone usato nella prova. (Alcuni valori di resistenza al taglio Rtag.=Kg/cmq: legno (sollecitazione parallela alle fibre):40-110; marmo: 100-150; calcestruzzo: 4-7,3; acciaio: 1200) RESISTENZA A TORSIONE

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È la capacità di resistere a sollecitazioni che tenderebbero a imprimere alla sezione di un elemento ( ad es. una trave) una rotazione attorno al proprio asse. DUREZZA (D= Kg/mmq) È la capacità dei materiali solidi di resistere ad azioni che tendono a intaccarlo: taglio, abrasione, incisione, rimbalzo, penetrazione. La misurazione avviene in laboratorio con prove "a penetrazione", esercitate con tempi prestabiliti. (Alcuni valori di "D" calcolati con il metodo Brinell: legno:2; laterizi:32,5; acciaio:130) RESILIENZA ( KJ/mq/100 ) È 1’energia che un materiale può assorbire se sottoposto ad un urto, senza giungere a rottura. Quindi, è la resistenza di un materiale alle sollecitazioni d'urto. È la caratteristica opposta alla fragilità, infatti i materiali con bassa resilienza sono quelli notoriamente fragili: ghise non trattate, vetri, plastiche termoindurenti, ecc. Viene definita "resilienza" (K) il rapporto K = L / S = P (H-h) / S S = sezione di rottura del provino (Alcuni valori di "K": legno: 3,0; marmo: 8-10; acciaio: 10); RESISTENZA A FATICA Riguarda i casi in cui un corpo viene sollecitato in modo ciclico con carichi minimi e carichi elevati (ad esempio, il filo di ferro che si rompe se piegato ripetutamente). Si dice che le sollecitazioni meccaniche, se ripetute con frequenza, provocano un affaticamento nel materiale, riducendone notevolmente il carico di rottura. La rottura per fatica è comunque rara in edilizia. PROVE NON DISTRUTTIVE Le caratteristiche fin qui descritte prevedono prove di verifica sostanzialmente "distruttive". Oggi si conoscono e si praticano altre prove, che forniscono informazioni altrettanto attendibili sulle caratteristiche resistenziali, senza menomare 1'integrità dei pezzi esaminati . I metodi non distruttivi si basano sull'impiego dei raggi "X", di ultrasuoni, di procedimenti magnetoscopici., ecc. Le caratteristiche tecniche e tecnologiche (prestazioni) La conoscenza della natura dei materiali non basta per capire i rapporti che intercorrono tra caratteri della produzione e scelte progettuali. Perché la scelta del materiale risulti "appropriata" rispetto alle "finalità", occorre riflettere sugli aspetti prestazionali del problema costruttivo; in altre parole, sulle relazioni che esistono tra gli aspetti tecnici (caratteristiche intrinseche dei materiali) e quelli esigenziali (bisogni e obiettivi dell'utenza). Queste relazioni sono normalmente contenute in una "normativa tecnica della qualità", allo scopo di definire "cosa" si vuole dall'edificio in termini "ambientali" (qualità microclimatica e tipologica degli spazi), e in termini "tecnologici" (qualità dell' involucro edilizio, degli elementi e dei sistemi costitutivi). Queste "qualità" possono essere determinate in base alle seguenti classi di esigenze : SICUREZZA, BENESSERE, FRUIBILITÀ, ASPETTO, INTEGRABILITÀ,

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GESTIONE (Norma UNI 0050). Interrelando queste esigenze con gli elementi o "cause esterne" ( naturali o artificiali ) che possono determinare condizioni di disturbo per gli utenti o, più semplicemente, rappresentare un qualche tipo di sollecitazione per l'oggetto edilizio, si può passare dalle esigenze a vere richieste di prestazioni o REQUISITI, che possono orientare la progettazione, la realizzazione e i controlli dell'opera. SICUREZZA È l'insieme delle condizioni che garantiscono, l'incolumità degli utenti, nonché la difesa e prevenzione da danni al sistema edilizio in esercizio. Stabilità − Resistenza meccanica alle azioni statiche (peso proprio della struttura e

carichi fissi che la struttura trasmette alle fondazioni e, quindi, al terreno).

Indicatori: modulo di elasticità, limite di sicurezza, limite di snervamento, carico di rottura, limite di fatica. Resistenza meccanica alle azioni dinamiche :è il problema della

resistenza del materiale sollecitato occasionalmente e per periodi finiti di tempo: carichi mobili, sollecitazioni termiche, carichi dinamici, carichi sismici.

Indicatori: durezza, resilienza modulo di elasticità; resistenza a compressione, trazione e taglio, flessione, e a sollecitazioni composite; omogeneità e isotropia. Sicurezza rispetto al fuoco

- Resistenza reale: tempo che trascorre tra l'inizio dell’esposizione al fuoco e l'incendiarsi del materiale.

Indicatori: composizione del materiale; riduzione degli spessori e del peso del materiale; temperature ed emissione di fiamma (prova di non combustibilità). - Assenza di emissione di sostanze nocive: ammontare relativo di fumo

prodotto dalla combustione e dalla decomposizione del materiale. Indicatori: composizione del materiale; quantità massima dei fumi prodotti, loro densità e nocività. - Limitazione della propagazione di incendio Indicatori: composizione del materiale; "prove di reazione al fuoco": reazione di materiali sospesi suscettibili di essere investiti dal fuoco su entrambe le facce, reazione di materiali che possono essere investiti da una piccola fiamma su una sola faccia, reazione ad una fiamma di innesco in presenza di calore radiante; si rimanda al DM n.48 del Min degli Interni del 26.6.'84, in cui è contenuta, fra l'altro, la classificazione dei materiali in relazione al loro comportamento e alla loro omologazione ai fini della prevenzione dagli incendi; i materiali vengono assegnati a 6 classi, da "0" a "5", in base al loro grado di partecipazione al fuoco (alla classe "0" appartengono i materiali incombustibili). Sicurezza d'uso

- Controllo della scabrosità: è la possibilità del materiale di subire interventi di finitura atti a ridurne o eliminarne caratteri superficiali dannosi.

Indicatori: costituzione e struttura della materia, durezza, lavorabilità. - Antisdrucciolevolezza: è un requisito particolare richiesto alle

pavimentazioni, al fine di evitare possibili incidenti. Indicatori: costituzione e struttura della materia, lavorabilità, coefficiente di attrito della superficie di contatto. - Comodità di uso e di manovra : possibilità di ridurre o eliminare

situazioni rischiose causate dalla manipolazione del materiale.

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Indicatori: più che dalle caratteristiche dei materiali la richiesta riguarda le caratteristiche progettuali degli impianti e delle attrezzature (facile raggiungibilità dei dispositivi per le manutenzioni e dispositivi di sicurezza). BENESSERE È l'insieme delle condizioni che garantiscono la creazione e conservazione delle condizioni ambientali necessarie per un adeguato benessere degli utenti e per uno svolgimento ''normale" delle loro attività. a) REQUlSITI IGROTERMICI - Controllo del fattore solare: attitudine a consentire un adeguato

ingresso di energia raggiante attraverso le superfici. Indicatori: esposizione, rapporto pieni/vuoti, trasparenza delle superfici vetrate. - Impermeabilità ai liquidi: attiene alla necessità che le parti dell'

edificio non presentino tracce di umidità da infiltrazione d'acqua. Indicatori: grado di imbibizione, assorbimento e permeabilità dei materiali; efficienza delle giunzioni. - Controllo dell'inerzia termica: dell'attitudine a contenere le

oscillazioni della temperatura interna nei confronti di quella esterna. Indicatori: capacità termica e conduttività dei materiali, quindi, indirettamente, anche densità, porosità, umidità, ecc. - Tenuta all'aria: da valutare nel duplice aspetto: della necessità di un

adeguato ricambio d'aria e di limitare le dispersioni termiche; quindi è, contemporaneamente, un problema di benessere igrotermico invernale e di economia di esercizio.

Indicatori: le caratteristiche e le condizioni di tutte le voci d'opera che presentino giunzioni fisse o mobili. b) REQUISITI ACUSTICI - Assorbimento acustico: capacità del materiale di trattenere parte della

radiazione sonora incidente. Indicatori: struttura, porosità, densità, livello di finitura, forma del materiale. - Isolamento acustico: (dai rumori aerei e dai rumori impattivi) è la

capacità fonoisolante dei materiali o capacità di attenuazione in funzione delle loro caratteristiche e del modo in cui sono impiegati.

Indicatori: densità, porosità. c) REQUISITI VISIVI - Assorbimento luminoso: capacità del materiale di trattenere in sè parte

della radiazione luminosa incidente su di esso. Indicatori: coefficiente di trasparenza, livello di finitura, colore, coefficiente medio di rinvio dei materiali e dei relativi colori. d) REQUISITI OLFATTIVI - Assenza di emissione di odori sgradevoli : con riferimento ai materiali

usati. Indicatori: composizione chimica, livello di finitura (pulibilità). - Impermeabilità ai fluidi aeriformi: attitudine ad impedire lo scambio di

gas tra due ambienti. Indicatori: tenuta dei giunti. - Tenuta alle polveri: attitudine ad impedire il passaggio e

conseguentemente il depositarsi di polveri. Indicatori: tenuta dei giunti. e) REQUISITI TATTILI

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- Controllo della scabrosità: è un problema di gradevolezza, ma anche di "riconoscibilità"al tatto, importante per determinate categorie di utenti (non vedenti).

Indicatori: lavorabilità del materiale, livello di finitura. FRUIBILITÀ (o "requisiti d'uso") È l'insieme delle condizioni che consentono un'agevole utilizzazione delle parti fisiche e dei dispositivi. a) REQUISITI DI ATTREZZABILITÀ - Possibilità di fissare elementi accessori: è un problema che attiene agli

elementi di involucro verticali e orizzontali, e alla collocazione di elementi di arredo, di impianti e di attrezzature.

Indicatori: costituzione e struttura del materiale, resistenza allo sfilamento e al taglio. b) REQUISITI DI COMODITÀ D'USO E DI MANOVRA - Raggiungibilità degli elementi e manovrabilità: Il problema riguarda

tutti gli elementi che richiedono interventi di manutenzione e controlli periodici, nonchè le parti mobili o apribili munite di comandi.

Indicatori: il problema riguarda le caratteristiche dei materiali solo in relazione alle implicazioni che la lavorabilità ha sulla forma (prensilità, riconoscibilità, manovrabilità). c) ACCESSIBILITÀ E UTILIZZABILITÀ - Agibilità delle parti e raggiungibilità dei dispositivi: gli spazi

funzionali devono essere raggiungibili, accessibili e fruibili liberamente, tutte le utenze impiantistiche e i comandi delle attrezzature presenti devono essere raggiungibili.

Indicatori: nessuna relazione con le caratteristiche dei materiali. ASPETTO È un'esigenza difficile da precisare, in questa sede si evidenziano due tipi di interesse: l'uso del materiale, delle finiture e del colore per poter facilmente riconoscere e individuare le funzioni; l'integrità dell'immagine nel tempo in relazione ai rischi di degrado. a) APPROPRIATEZZA DELL'IMMAGINE. - Indicatori: rapporto tra tipo di materiale e sua utilizzazione

costruttiva; costituzione, struttura, colore, lavorabilità, livello di finitura, ecc.

b) CONSERVAZIONE DELL'IMMAGINE - Indicatori: tutte le caratteristiche fisiche, chimiche e meccaniche

rapportate alle scelte d'impiego e alla correttezza dell'esecuzione (assenza di fessurazioni, di assorbimento d'acqua o vapore d'acqua, di sconnessioni e distacchi; mantenimento del colore, ecc.

INTEGRABILITÀ È l'insieme dei requisiti volti a stabilire precise correlazioni, dimensionali, morfologiche e costruttive, tra gli elementi che costituiscono il prodotto finito. a) INTEGRAZIONE DIMENSIONALE DEGLI ELEMENTI TECNICI - Coordinamento modulare e dimensionale: possibilità di attuare

procedimenti atti a permettere la connessione tra i diversi componenti di un sistema e tra sistemi diversi, senza particolari adattamenti.

Indicatori: "modulo del materiale" o valore di misura base e definizione logica formale del materiale da costruzione; costituzione e struttura del materiale, omogeneità e isotropia. b) GIUNZIONABILITÀ

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- Capacità adesiva: è l'azione mutua fra corpi di natura diversa per effetto delle forze molecolari, quando siano posti a contatto in opportune condizioni; si manifesta come opposizione al distacco delle superfici, che trovano nell'adesione una vera e propria forma di collegamento.

Indicatori: composizione, costituzione e struttura del materiale, livello di finitura, dilatabilità termica. c) INTEGRAZIONE EDILIZIA DEGLI IMPIANTI - Livello di integrazione del sistema costruttivo: possibilità di rendere

omogeneo un sistema comprendente anche elementi impiantistici permettendo la maggiore flessibilità possibile, senza dover praticare interventi a posteriori;

Indicatori: nessun particolare riferimento alle caratteristiche dei materiali, se non al livello di finitura e rimovibilità; caratteri delle scelte costruttive e tecnologiche complessive. GESTIONE Insieme dei requisiti che chiamano in causa i problemi di manutenzione, ordinaria e straordinaria; implicano il controllo della conservazione delle prestazioni nel tempo (affidabilità) e, più in generale di durabilità delle parti e dei dispositivi; ha ovvie implicazioni economiche, sia per quanto riguarda i costi di esercizio, sia per le spese di riparazione e riattazione. - Conservazione delle prestazioni nel tempo: Si tratta di controllare

periodicamente le perdite di "qualità" (qualità relative ad esigenze "assolute": sicurezza; perdite ammissibili; livello di qualità minimo indispensabile); e valutare i costi minimi di ripristino.

Indicatori: caratteristiche e comportamento in esercizio di tutte le parti costruttive e dei materiali (coperture, aggetti, materiali di rivestimento, effetti di assestamenti, sulle strutture, ecc.) che condizionano la variazione, nel tempo, della qualità (limiti di affidabilità). - Durevolezza rispetto ad azioni naturali: riguarda la conservazione delle

proprietà in relazione alle funzioni che il materiale esplica nella costruzione, considerando gli agenti atmosferici che portano alla progressiva disgregazione, attraverso fenomeni fisico-chimici, e le azioni di agenti parassitari animali e vegetali.

Indicatori: composizione, costituzione e struttura del materiale; durezza (azione del vento e delle polveri); porosità e imbibizione (pioggia e gelo); resistenza all'irraggiamento; condizioni ambientali complessive, comprendendo tra queste anche cause e presumibili effetti da inquinamento. - Durevolezza rispetto all'uso: riguarda in particolare i materiali e le

parti con le quali l'utenza ha un qualche rapporto di contatto fisico: pavimenti e rivestimenti, e loro capacità di resistere a diversi tipi di sollecitazione ed attacco:"usura di marcia","usura di impatto", "comportamento di fronte all'acqua", "comportamento di fronte ad agenti chimici".

Indicatori: composizione, costituzione e struttura del materiale; durezza, resilienza, imbibizione, porosità, stabilità chimico-reattiva. - Pulibilità delle parti : deve essere garantita una facile pulibilità

delle parti: in particolare, la la pulizia dei pavimenti e rivestimenti deve poter essere effettuata senza particolari precauzioni e con materiali e prodotti correnti; dove occorressero prodotti particolari, devono essere specificati dalla produzione e facilmente reperibili.

Indicatori: composizione, costituzione e struttura del materiale, livello di finitura del materiale.

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Il rispetto delle norme dovrebbe essere verificato attraverso prove in laboratorio e opportune certificazioni. andrebbe inoltre accertata la costanza del prodotto (rispondenza tra campioni verificati e fornitura) e un giusto impiego costruttivo (qualità della messa in opera). La conoscenza della natura del materiale Ogni oggetto fisico con cui si ha a che fare è di fatto realizzato con uno o più materiali; la sua forma, le sue proprietà e il suo comportamento dipendono, in qualche misura, dalla natura di quel o di quei materiali. Ciò è noto da sempre, tuttavia solo di recente la scienza dei materiali ha raggiunto un livello di conoscenze tale da permettere di spiegare perché è "naturale" che certi oggetti presentino caratteristiche di un certo tipo e di capire il comportamento in uso del materiale. Riferendoci all'era industriale "classica": mentre da un lato si dimostrò la capacità di sfruttare tutti i materiali disponibili in natura, dall’altro ciò avvenne senza capire perché i materiali avessero quel determinato comportamento. E ancora oggi, nonostante i grandi progressi (fibre artificiali, plastiche sintetiche, scoperte nel campo della fisiologia e della biomeccanica, ecc.), si può dire che "l'importanza potenziale del nuovo modo di pensare riguardo ai materiali non sia stata adeguatamente riconosciuta, né dall'esperto in campo tecnologico né dal profano. Assumere il controllo del materiale rappresenta una rivoluzione misconosciuta che probabilmente risulterà paragonabile all'evolversi di una società da nomade ad agricola" (J.E. Gordon). Non si può quindi dubitare dell'importanza di questa scienza per le sue ricadute su un’infinità di campi operativi, come è scontata la sua tendenziale progressiva evoluzione. Ma l'importanza di questa scienza si può esprime anche in termini "filosofici": si tratta, infatti, di una disciplina "unificatrice", che fornisce un filo comune di conoscenze a tante altre scienze, quali la biologia e l'astronomia, dalla micro alla macro-scala, e che può dipanarsi attraverso qualunque branca della tecnologia, ciò, nonostante le molteplici divisioni e specializzazioni che col passare del tempo sono apparse nell'ambito di queste conoscenze. Origine ed evoluzione della scienza dei materiali Sono in molti ad attribuire a Galileo (1564-1642) il titolo di primo scienziato dei materiali, per i suoi studi sulla definizione e misurazione della "resistenza"; è con Galileo, infatti, che la cultura dei materiali, e la cultura generale, da esperenziale diventa sostanzialmente sperimentale. In realtà, fino alla metà del secolo scorso, la conoscenza diffusa dei materiali da costruzione - e dei materiali in genere - resta sostanzialmente "empirica", tratta dall'esperienza pratica e dalla osservazione delle testimonianze produttive del passato; il campo di osservazione riguarda sostanzialmente i problemi di resistenza. Da circa un secolo - e oggi ogni giorno di più - possiamo capire perché i materiali si comportano in un certo modo, e possiamo prevedere sempre più chiaramente come è possibile "modificarli" e "migliorarli". L'ingegneria dei nuovi materiali ha ottenuto il riconoscimento di scienza ufficiale verso la fine del secolo scorso, quando un geologo, l'inglese Henry Clifton Sorby, scoprì che era possibile osservare al microscopio la

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struttura cristallina dell'acciaio levigandone la superficie e sottoponendola ad attacco acido per eliminare alcune impurità. Ripetendo il processo su acciai di diversa composizione chimica e sottoponendoli a trattamenti termici, fu possibile correlare la struttura, le proprietà meccaniche e il trattamento. Il lavoro di Sorby sta ancora oggi alla base della scienza e della ingegneria dei materiali. Negli anni Venti, con la scoperta dei raggi "X", fu possibile osservare la struttura dei materiali in maniera più dettagliata rispetto all'osservazione al microscopio ottico. Successivo impulso alla scienza dei materiali si ebbe negli anni Trenta, con le prime interpretazioni del comportamento degli elettroni nei solidi, grazie alla meccanica quantistica, che consentì di determinare la disposizione degli elettroni attorno al nucleo degli atomi e al tipo di legame tra gli atomi stessi. Il legame tra gli atomi determina tutte le reazioni chimiche nei solidi, quindi la teoria quantistica consente ai fisici di capire la natura del comportamento dei materiali. Allo stesso modo si riesce a capire, ad esempio, perché i metalli sono buoni conduttori di elettricità, perché il vetro è trasparente, o perché alcuni materiali come il silicio e il germanio funzionano sia da isolanti sia da conduttori. Altri sviluppi si hanno negli anni Cinquanta e Sessanta, con l'invenzione del microscopio elettronico a trasmissione e di quello a scansione; negli anni Settanta con lo spettrometro Auger, e negli anni Ottanta con i microscopi di ultima generazione "a scansione a effetto tunnel". Questi strumenti consentono di esaminare aspetti della struttura cristallina con efficacia di lettura mille volte superiore a quella del microscopio ottico e consentono di correlare la struttura dei materiali con una serie di proprietà: le proprietà meccaniche, quelle elettriche, ottiche e magnetiche, di superficie e di interfaccia (il confine tra cristalli addensati in un materiale); consentendo, conseguentemente, un loro impiego appropriato. Altra possibilità offerta dalla scienza dei materiali è quella di produrli su larga scala dopo averli definiti ex novo su base teorica. Negli ultimi venti anni sono stati messi a punto metodi che consentono di costruire, atomo per atomo, materiali con proprietà predeterminate (epitassia a fasci molecolari, impiantazione ionica, deposizione a plasma, deposizione chimica a fase di vapore, chimica dei sol-gel). Il campo delle possibilità sembra illimitato, in realtà esistono limiti precisi dettati dalle leggi fisiche; ma soprattutto esiste la necessità di distinguere quanto è fattibile in laboratorio da quanto è realizzabile su scala industriale. È lecito prevedere che in futuro l'industria indirizzerà le proprie risorse alla definizione di metodi economici di produzione dei materiali esistenti, più che alla suggestione della ricerca di nuovi materiali.1 La scala dei fenomeni Da quanto detto si intuisce che le esplorazioni nel campo dei materiali, non solo devono interessare tutta la gamma delle dimensioni fisiche (dal molto grande al molto piccolo), ma anche muoversi tra i concetti della chimica e della fisica e quelli assai ampi dell'ingegneria; quella dei materiali è, cioè, una scienza "interdisciplinare". In particolare, i principi basilari della fisica e della chimica sono indispensabili per capire il "comportamento dei materiali"; i fenomeni che hanno luogo a livello atomico e molecolare sono, infatti, i soli a spigarci a fondo il comportamento delle strutture, anche di quelle più grandi; di

1 Cfr. Thomas W. Eagar, "Alla prova dei fatti", in Technology Review, n°2, ottobre 1988, Roma

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questo si parlerà successivamente, prima è utile riflettere su alcune curiosità dimensionali e sulla scala dei vari fenomeni. La scienza dei materiali si occupa in maniera prevalente del "molto piccolo", attraverso "unità" con la quale si ha poca dimestichezza: - il MICROMETRO (�m) = 1/10.000 cm2 - il NANOMETRO (nm) = 1/1.000 m3 Gli atomi sono gli elementi costitutivi di tutta la materia. Costituiti a loro volta da nuclei piccolissimi e pesanti e da una nube di elettroni, che sono onde, particelle o cariche negative di elettricità assolutamente minuscole. Il peso e la dimensione dell'atomo variano; comunque, per avere un'idea della sua grandezza, si può pensare ad una palla solida dai contorni sfocati e con un diametro di 1/5 nm1. La struttura dei materiali Secondo la classificazione della fisica moderna, quasi tutti i materiali dell'edilizia sono compresi nella grande categoria dei "corpi solidi", cioè di quelle sostanze le cui particelle costituenti (atomi, ioni, molecole) occupano determinate posizioni spaziali, a differenza di quelle gassose e liquide, nelle quali le particelle sono libere di muoversi. I corpi solidi si dicono "cristallini" se le loro particelle sono disposte, oltre che stabilmente, con regolarità nello spazio, "amorfi" quando la disposizione è disordinata. La fisica moderna considera veri solidi le sostanze cristalline, e definisce tutte le altre semplicemente sostanze "rigide". I solidi cristallini sono costituiti da atomi o molecole disposti regolarmente nello spazio secondo "reticoli cristallini". Si tratta di vere e proprie strutture, fatte di particelle elementari che tendono ad attrarsi tra loro e a conservare una posizione di equilibrio. Ciò avviene per la presenza di legami chimici che determinano una "distanza" tendenzialmente stabile tra le particelle. Per modificare questa condizione di equilibrio bisogna compiere del lavoro. che viene assorbito dalle particelle, ed è questo che determina la resistenza meccanica del materiale. Dai legami dipendono molte caratteristiche dei materiali: la resistenza, la fragilità, la conducibilità elettrica, la deformabilità (duttilità, malleabilità), ecc. I legami si stabiliscono in vari modi, esistono cioè legami chimici di diversa natura: - legami covalenti: caso di due o più atomi che mettono in comune coppie di elettroni; sono i legami dei materiali più duri, resistenti e indeformabili (diamante, carborundum)

- legami ionici: dovuti a forze di natura elettrostatica, si manifestano quando le particelle sono portatrici di cariche elettriche di segno opposto (ioni); questi legami riguardano molti materiali da costruzione,

2 Si pensi che la cosa più piccola che si può vedere ad occhio nudo misura circa 1/10 mm, cioè 100 �m; la cosa più piccola che si può vedere con un normale microscopio ottico misura circa 1/2 �m; 3 Unità di misura adoperata da chi usa il microscopio elettronico, quindi adoperata per misurare atomi e molecole; il microscopio elettronico riesce a far vedere grandezze di circa 1/2 nm. 1 Può essere utile ricordare che la particella più piccola che si può vedere a occhio nudo è composta da 500.000 atomi, col microscopio ottico di circa 2.000; mentre col microscopio elettronico si vedono file di atomi disposti nei cristalli e col microscopio di ultima generazione i singoli atomi.

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come pietre naturali (calcare, marmo, travertino); e componenti cristallini presenti in materiali compositi (calcestruzzi, laterizi, ecc)

- legami metallici: gli elettroni che stabiliscono il legame sono distribuiti liberamente e hanno ampie possibilità di spostamento, questi elettroni formano una specie di gas (elettronico negativo) che tiene saldamente unite le particelle (con carica positiva); è un legame che dà grande coesione al reticolo e fa assumere ai metalli resistenze elevate

- altri legami: a idrogeno, Forze di VAN DER WAALS, ecc. Il parametro più significativo per distinguere i solidi cristallini da quelli amorfi è il punto di fusione1. Nel caso dei materiali amorfi, infatti, non esiste alcun punto di fusione.6 Questo comportamento è dovuto alle proprietà strutturali dei materiali amorfi: la configurazione è e resta caotica, mentre nei materiali cristallini, raffreddando il liquido derivato dalla fusione, le particelle ritornano a disporsi nel reticolo. Le molecole di alcuni composti organici (sempre nel campo delle sostanze amorfe), possono reagire fra loro e formare "lunghe catene"; queste "macromolecole" o "polimeri" costituiscono le cosiddette plastiche. I legami sono molto forti all'interno delle catene, deboli quelli tra le catene. Anche sollecitazioni modeste riescono a scindere questi legami deboli, facendo slittare le catene le une sulle altre. Si tratta, quindi, di materiali facilmente deformabili e con resistenze piuttosto modeste (paraffina, polietilene, ecc.). Esistono polimeri quasi totalmente amorfi a temperatura ambiente, che possono allungarsi più del 100%, spesso fino al 1000%, riprendendo le dimensioni iniziali al cessare della sollecitazione. Le catene macromolecolari sono raggomitolate, ma unite in alcuni punti da legami forti covalenti; la sollecitazione le distende, ma si comportano poi come molle in tensione, nel senso che i legami le riportano nelle posizioni originarie. Questi particolari polimeri sono detti elastomeri o gomme. In altri polimeri, in seguito a riscaldamento o per azione di determinati reattivi, le catene macromolecolari possono legarsi tra loro con legami primari molto più numerosi di quelli che agiscono negli elastomeri. Si forma un reticolo disordinato e il materiale risulta amorfo, rigido e resistente. Queste sostanze sono dette polimeri termoindurenti, proprio perché è il riscaldamento a determinare la loro rigidità (tra i più noti materiali termoindurenti è la bakelite ). Le molecole e le macromolecole disciolte in un liquido possono associarsi e formare delle grosse particelle. Se queste rimangono uniformemente disperse nel fluido si dice che si forma una soluzione o "sospensione colloidale"; se si collegano tra loro con legami chimici possono formare strutture più o meno rigide dette geli. Se i punti di saldatura tra le particelle sono poco numerosi, il gelo è flessibile e plastico (bitumi ); se i legami sono molti il gelo è rigido (cemento indurito ). Sul "perché non si sprofonda nel pavimento" (J.E. Gordon) I concetti sulla "natura e struttura dei materiali", descritti in precedenza, ci consentono di capire il comportamento "oggettivo" del materiale, sottoposto a determinate sollecitazione o, più in generale, in

1 Punto di fusione: fornendo energia termica a un corpo, questo l’assorbe fino a raggiungere una determinata temperatura, quindi fonde bruscamente; questa temperatura, detta “di fusione”, è costante e caratteristica per ogni sostanza cristallina. 6 Si consideri, ad esempio, il vetro : riscaldato rammollisce e si liquefà gradatamente, diventando prima viscoso, poi liquido.

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determinate condizioni d'uso; ci consentono di capire cosa gli si può chiedere e cosa non gli si deve chiedere; in base a quali proprietà e caratteristiche il materiale riesce a garantire determinate "prestazioni". Tra le cose basilari che vengono chieste al materiale da costruzione c'è quella di resistere a sollecitazioni meccaniche. Qui ci si interroga sul "perché" e con quali limiti ciò possa avvenire. Il problema fu posto e analizzato con grande perizia molto tempo fa dai fisici Galileo Galilei (1564-1642), da Cristopher Wren (1632-1723) e da Robert Hooke (1635-1703); in realtà fu solo nel secolo XIX che prese forma un'idea abbastanza precisa di quello che accade in un materiale e in una struttura sollecitata da carichi. E' in questo secolo che nasce la Scienza delle costruzioni; l'ingegneria dei materiali diventa scienza. Ciò avviene anche sulla spinta di numerosi disastri che avvengono in quegli anni, tra i quali, emblematico, il crollo del ponte sul fiume Tay in Scozia; come si afferma, nello stesso periodo, l'idea di risparmiare sui materiali, attraverso il calcolo. Per capire il concetto di "resistenza" occorre far riferimento alle esplorazioni di un altro grande fisico del passato: Newton (1642-1727), grazie al quale si stabilì che "quando si verifica una qualche sollecitazione su un corpo questo reagisce". Azione e reazione sono sempre uguali e opposte: ciò, sia si tratti di un "peso morto" che di un'azione dinamica. Questo principio corrisponde alla terza legge del moto di Newton, in base alla quale per mantenere una condizione di equilibrio, tutte le forze esercitate su un oggetto devono annullarsi a vicenda. Le strutture sono "conservative": il loro compito è di mantenere lo "status quo"; a tal fine, devono generare in qualche modo delle forze tali da poter resistere alle sollecitazioni cui sono sottoposte. Ora, "se è facile vedere come un peso eserciti una pressione sul pavimento, non è per niente facile capire come fa un pavimento a esercitare una pressione sul peso" (Gordon). E' utile, a questo proposito, far riferimento ad un concetto antropomorfico: un peso è sorretto da un braccio teso o da una qualunque parte del corpo perché esiste una tensione nei muscoli che può essere continuamente regolata; ciò richiede un dispendio continuo di lavoro e una serie di adattamenti intenzionali. Un solido inanimato non ha queste capacità: i materiali sono, infatti, passivi, non possono agire intenzionalmente; la loro capacità di resistere a forze esterne dipende dalla loro attitudine a deformarsi; in altre parole, in caso di sollecitazione, per poter opporre una qualsiasi resistenza, devono "cedere". La deformazione è un cambiamento di forma geometrica: un solido sollecitato si allunga o si accorcia in alcune sue parti, a causa di contrazioni o allungamenti interni. Un materiale veramente rigido non esiste: la deformazione può essere visibile o impercettibilmente piccola, ma c'è sempre, è una caratteristica innata, un effetto inevitabile della struttura. Un solido si deforma tanto quanto è necessario perché si sviluppino quelle forze capaci di controbilanciare le sollecitazioni esterne. Come si sviluppano queste forze? Si può rispondere efficacemente richiamando alcune considerazioni sulla "struttura del materiale": si è detto che gli atomi, in un materiale, sono tenuti insieme da forze o legami chimici; ora cerchiamo di immaginare questi legami come"molle elettriche"; quando un solido è libero da sollecitazioni (cosa in verità rara: c'è comunque da considerare il peso proprio del materiale), queste molle si trovano in condizione di riposo; ogni tentativo di avvicinare queste particelle (compressione) o di allontanarle (trazione) comporta un accorciamento o un

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allungamento delle molle in tutto il materiale. Essendo le particelle"rigide", è il legame che deve cedere. Queste molle variano molto in rigidità; sono comunque molto più rigide di quelle che siamo abituati a usare nella vita quotidiana; e le deformazioni degli oggetti comuni sono normalmente tanto piccole da non poter essere percepite senza l'ausilio di mezzi particolari. Le valutazioni vengono di solito fatte attraverso l'applicazione di raggi X e l'osservazione delle diffrazioni di campioni prima in stato di riposo e poi sottoposti a sollecitazione. Riepilogando: i legami determinano la "coesione" delle sostanze; le deformazioni sono prodotte da forze che vincono questi legami, consentendo lo scorrimento relativo dei ''piani cristallini" o delle macromolecole; il materiale può assumere, così, nuove forme (comportamento plastico); sforzi più elevati agiscono contemporaneamente su un gran numero di legami, producendo la rottura. Nei cristalli la rottura avviene quando tutti i legami che uniscono gli atomi di piani contigui vengono spezzati; e considerando che anche in un piccolo grano cristallino sono presenti milioni di atomi legati tra loro da legami forti, l'energia necessaria per produrre la rottura deve essere molto alta. Nei polimeri termoplastici e nei solidi inorganici molecolari i legami coesivi tra le fibre o le molecole sono più deboli, quindi anche le forze che producono le deformazioni e la rottura sono minori. Sì può quindi dire che conoscendo il numero degli atomi che si affacciano su piani cristallini contigui e il valore dei legami di coesione, è possibile calcolare l'energia teoricamente necessaria per produrre la rottura dei diversi materiali. Gli sforzi effettivamente necessari sono, nella pratica, minori di quelli determinati attraverso il calcolo (da 10 a 100 volte minori). La ragione è nei difetti presenti nei materiali, consistenti nella "inclusione" di particelle estranee (impurità, scorie derivanti dai processi di fabbricazione) o in "difetti strutturali", dovuti alla mancanza di atomi in certi punti del reticolo, o di file di atomi, o addirittura di interi piani cristallini. In questi casi gli sforzi si propagano molto più facilmente, grazie al "movimento dei difetti" che è molto più agevole del semplice slittamento dei piani reticolari. I "difetti" , detti dislocazioni , sono osservabili al microscopio elettronico. Si è anche accertato che le sollecitazioni meccaniche producono normalmente un aumento delle dislocazioni, quindi della deformabilità. Ciò avviene fino a un certo limite, oltre il quale si ha una mutua interferenza dei difetti, che assorbe l'energia applicata; questo fenomeno viene detto incrudimento ; la resistenza dei cristalli aumenta: ulteriori deformazioni sono ottenibili con sforzi molto elevati, che finiscono col produrre la rottura (un uso intenzionale dell'incrudimento si realizza, ad esempio, per aumentare la resistenza dei tondini di acciaio impiegati nei calcestruzzi precompressi).