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V° Congresso RegionaleUILCOM SICILIA
16 / 17 Aprile 2018Teatro Santa Cecilia
Via Piccola Teatro Santa Cecilia - Palermo
“Qualità del capitale umano e coraggio nel sollecitare il cambiamento”
Salvador Dalì: IN OGNI UOMO SI NASCONDE UN UOMO NUOVO
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Questo è il tempo delle scelte
“ Qualità del capitale umano e coraggio nel sollecitare il cambiamento”
Questo è il momento delle scelte.
Oggi apro i lavori del V congresso Regionale della Uilcom con tanta emozione che si
è già manifestata nello scrivere questa relazione introduttiva ai Lavori, rigo dopo
rigo, ho rivisto anni di Lavoro di tutti noi impegnati in questa unica esperienza di
rappresentare i sogni, le speranze, i bisogni di migliaia di uomini e donne iscritte alla
nostra Organizzazione. Do un benvenuto a tutti i delegati, agli ospiti a tuti quelli che
con la loro partecipazione arricchiranno i lavori e contribuiranno a costruire il nostro
futuro.
Abbiamo scelto questo Teatro, non come un anonimo “contenitore “di un evento o
come semplice location in cui riunirci, ma come “essenza” della nostra missione
sindacale di rappresentanti dei lavoratori dello spettacolo e della comunicazione.
Questo Teatro e la sua storia hanno un’anima che passa per la storia della città e
costituisce un esempio di quello che la politica può fare quando riesce ad utilizzare ed
indirizzare le risorse finanziarie europee. Il Real Teatro di Santa Cecilia fu fondato
dall’Unione dei Musici nel 1662 e costituì sino alla costruzione dei Teatri Politeama,
Massimo e Biondo il più importante teatro cittadino, dopo vari restauri, attrezzato
anche di un moderno palcoscenico mobile a metà dell’ottocento inizio il suo graduale
declino sino a diventare nei primi novecento un deposito industriale di merci. Con i
fondi europei POR 2000/2006 fu completamente, ristrutturato e restituito alla città.
Nel 2010 il Governo Regionale affida il Teatro all’Orchestra Jazz Siciliana,
presieduta dal Maestro Ignazio Garsia che trasforma un sogno in realtà nel
consolidare un progetto artistico di spessore e lustro per tutta la Sicilia proiettata in
un contesto internazionale attraverso la musica afro-americana nel mondo.
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I Lavori del nostro Congresso prevedono la proiezione di alcune interviste a
giovani che studiano discipline coincidenti con i settori da noi rappresentati, giovani
studenti candidati a breve ad entrare nel mondo del lavoro. Essi rappresentano,
purtroppo, uno degli anelli più deboli della nostra società, tutti i dati economici,
demografici attinenti al mercato del lavoro ci consegnano uno scenario difficile per i
giovani di questo paese. Abbiamo voluto offrire alcuni spunti di riflessione per i
nostri Lavori sul difficile rapporto tra i giovani e il sindacato. I giovani lavoratori
europei, nonostante siano strapazzati tra contratti precari, gig economy (l’economia
dei lavoretti) e flessibilità che spesso fa rima con paghe da fame, nel 90% dei casi
non si rivolgono al sindacato. In Italia, dove la densità sindacale è tra le più alte
dell’Ue seconda solo ai Paesi scandinavi, se s’iscrivono, lo fanno con percentuali
molto basse rispetto allo ‘zoccolo duro dei tesserati rappresentati dai pensionati. Una
ricerca della Commissione europea, dice che il 30% dei giovani tra i 18 e i 29
anni percepisce l’azione dei sindacati come «insoddisfacente». Ma già prima della
crisi economica la sindacalizzazione tra lavoratori under 30 e lavoratori tra i 45 e i 60
anni era del 30%, se parliamo di Lavoratori atipici e precari le percentuali di
iscrizioni al sindacato calano vertiginosamente. La frammentazione dei contratti, tanti
datori di lavoro, brevi periodi di contrattualizzazione i nuovi lavori gestiti dalle app, il
lavoro remotizzato sono solo alcune delle cause, ma non è solo un problema di
numeri e anche un problema di opportunità, di fiducia, di coinvolgimento, di
linguaggi e soprattutto di condivisione di obbiettivi comuni. La UIL in occasione
della sua conferenza di organizzazione si è posta degli obiettivi e delle iniziative per
aprire l’organizzazione ai giovani: in Sicilia, in alcuni Territori sono partite tante
iniziative sono stati aperti alcuni sportelli informativi dedicati, ovvero dei veri e
propri coordinamenti organizzativi strutturati nelle sedi sindacali che iniziano a
tracciare una vera e propria progettualità dedicata. La Uilcom in Sicilia oggi vuole
avviare un suo percorso in categoria valorizzando l’esperienza fatta sino ad oggi
che vede già tra i suoi iscritti tanti giovani under 30, un gruppo dirigente e un
quadro intermedio fortemente motivato ed in grado di accettare la sfida del 3
cambiamento. Un obiettivo programmatico è rappresentato dal modello scuola
/lavoro che deve prevedere la presenza del sindacato confederale all’interno del
programma di apprendimento dei giovani studenti nei posti di lavoro, nessun
presupposto ideologico ma un naturale incontro ed opportunità di approccio reciproco
sulla Contrattazione Collettiva, diritti e doveri, ambiente e sicurezza. IL video che
vedremo è un piccolo contributo con cui iniziare a capire come partire per rafforzare
una esigenza comune di incontro, con migliaia di giovani cittadini, e di
“partecipazione” primo caposaldo della democrazia, ripresa dalla nostra costituzione
che fonda sul Lavoro la sua Repubblica.
Una repubblica europea la cui moneta il 1 gennaio 2017 ha compiuto 18 anni. è
diventata adulta ma se esposta all’economia globale risulta molto fragile. Il progetto
Europeo ha tenuto il passo sino al 2011 poi ha iniziato a perdere colpi. Il reddito
medio è sceso la disoccupazione è cresciuta, il divario tra i paesi membri risulta
marcato.
La tesi secondo cui il motivo principale sia stata l’austerità fiscale e il cambio
dell’euro sembra una conclusione affrettata. Quando la crisi scatenata dal fallimento
della Lehman Brothers attraversò l’atlantico ha colto l’Europa impreparata mettendo
a nudo un progetto istituzionale incompiuto. L’unione economica Europea era stata
creata con l’illusione che non ci sarebbero state crisi se ciascun paese seguiva le linee
economiche prestabilite. Le crisi invece in un mercato finanziario globale possono
scoppiare per motivi vari, legati non solo alle politiche economiche ma anche alle
dinamiche sottostanti del sistema economico spesso esposto a speculazioni
finanziarie. L’Europa non aveva gli strumenti per far fronte ad una crisi globale. Si è
dovuta dotare rapidamente di un nuovo assetto istituzionale creando per esempio il
Fondo salva stati, definendo un quadro più rigoroso di Finanza pubblica, il così detto
fiscal compact, adottando politiche monetarie capaci di stabilizzare i mercati
realizzando un’unione bancaria. Queste azioni fatte in pochissimo tempo in
condizioni non ideali hanno rafforzato il sistema che comunque rimane incompleto
generando incertezza che scoraggia chi vuole investire nell’area Europea tracciando
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un profondo solco con altre economie e i mercati asiatici e Nord Americani. Bassi
Investimenti, poco accumulo di capitali generano in Europa un ritmo lento della
produttività e dello sviluppo. Le fondamenta istituzionali dell’unione europea
andrebbe rafforzata da una maggiore condivisione di sovranità, questo
obbiettivo si scontra con la difficoltà di progredire una unione politica più coesa
anche per l’ostilità di chi detiene il potere su base nazionale e non vuole privarsene.
L’Italia è il paese che ha sofferto maggiormente della crisi anche perché l’ha
affrontata in una situazione di debolezza dopo un lungo periodo di crescita debole,
con un debito pubblico elevato. Una produttività stagnante. Nel 2017 il cittadino
italiano si trova in una situazione peggiore rispetto a venti anni fa. Un caso unico in
Europa. Un addetto medio nel settore manifatturiero o dei servizi produce meno
valore aggiunto oggi che nella seconda metà degli anni novanta nonostante i
progressi raggiunti connessi con l’innovazione tecnologica e con l’integrazione dei
mercati internazionali. Il debito pubblico ha raggiunto il massimo storico del 133%
del prodotto lordo e non ci sono segni di riduzione. La disoccupazione è calata
lievemente ma rimane su livelli elevati, soprattutto quella giovanile. Nonostante
abbia beneficiato di una interpretazione flessibile delle regole fiscali, l’Italia non
riesce a tenere il passo con gli altri, non riesce a recuperare il terreno perduto. Nel
triennio 2014/2016 il prodotto lordo italiano è cresciuto ad un ritmo dello 0.6 anno
contro 1.6 della media europea. L’Italia è il fanalino di coda dell’Europa è la parte
più esposta a potenziali nuove tensioni sui mercati finanziari o a una recessione
globale. La divergenza economica trova una corrispondenza nell’atteggiamento dei
cittadini verso le istituzioni europee. Da l’essere i principali sostenitori gli italiani
sono diventati tra i più critici, il vento populista soffia forte nel Paese, vari partiti e
movimenti a giorni alterni si sono dichiarati favorevoli all’uscita dall’Europa, il
rischio che tale evento si concretizzi ha fatto salire i rendimenti sui titoli di stato
rispetto a quelli degli altri paesi rendendo più costoso l’onere del debito pubblico.
Rivendicare una politica di sviluppo dell’Europa è sicuramente cosa buona e giusta,
rivedere le priorità e le regole ridistributive delle risorse resta fondamentale ma
restare schiacciati da una dissonanza cognitiva che da tempo spinge il paese e chi ci
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abita a negare qualsiasi addebito sullo stato in cui verte la società e l’economia
nazionale sebbene i principali istituti di ricerca nazionali ed internazionali ci indicano
i fattori che frenano l’economia italiana- il contesto amministrativo ,burocratico e
giuridico, diventati più opprimenti, la scarsa concorrenza, la corruzione
dilagante, l’arretratezza della pubblica istruzione, il ritardo degli investimenti
pubblici , il sistema di sovvenzioni ad aziende decotte, l’ingolfamento del sistema
bancario, le dimensioni troppo piccole dell’imprese che scoraggia ricerca e
sviluppo, l’assenza di meritocrazia, l’evasione fiscale dirompente-queste analisi
vengono spesso ignorate, la difficoltà di riformare diventa un’ alibi per accettare
l’immobilismo. L’Europa è un’opportunità non un problema, non dobbiamo
confondere le cause con gli effetti, dobbiamo avere il coraggio di cambiare il Paese
producendo una forte azione riformatrice mettendo mano a vincoli strutturali che ci
stanno soffocando, il nostro dna costitutivo, la Uil tutta va in questa direzioni le
nostre tesi congressuali pongono alcune priorità che stanno alla base del nostro
percorso congressuale.
Apriamo una grossa vertenza fiscale, la ripresa del nostro sistema economico
passa anche da una ridistribuzione della ricchezza diversa e da una tassazione
sul reddito e sul lavoro più bassa. I lavoratori dipendenti e pensionati producono
il 94%del reddito Irpef, la differenza tra salario lordo e netto è tra le più alte
d’Europa, bisogna liberare reddito abbassando il cuneo fiscale, incrementare le
detrazioni. Contrastiamo l’economia sommersa che sommata alla corruzione
pesa almeno 120 Miliardi-
Una riforma previdenziale diversa dalla squallida legge Fornero ha fatto cassa con i
soldi dei Lavoratori Italiani, il più grande furto di finanza pubblica realizzato in un
assordante silenzio. Ci siamo assunti la responsabilità di negoziare nuove regole con
il Governo Renzi/Gentiloni abbiamo aperto una breccia nel muro della
Monti/Fornero ma l’obbiettivo resta la separazione della previdenza dall’assistenza
per ripristinare delle regole rispettose della dignità dei lavoratori, non si può andare in
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pensione a 70 anni con redditi da sussistenza sociale dopo aver versato 43 anni di
contributi. Come faremo ad affrontare il cambiamento imposto dalla digitalizzazione
senza turnover negli asset produttivi più esposti all’innovazione? Non è solo un
problema di stress fisico ma di un processo produttivo che già ci mette fuori a
prescindere!
La contrattazione e i salari non funzionano più, ritardi decennali sia nel
pubblico che nel privato sono la reale fotografia di un sistema che va rifondato,
l’inezia di uno stato spesso datore di lavoro e la strumentale posizione di
confindustriale che negli ultimi anni ha più volte provato a riportare la
contrattazione collettiva su un solo livello aziendale sono le cause di una
situazione pesante, in parte sbloccata dopo anni di ritardi poche settimane
prima delle elezioni. Mentre l’Europa ci esorta ha creare più salario nelle tasche
dei Lavoratori, per smuovere i consumi interni in Italia, esasperando i dati della
crisi economica di blocca il turn over e gli stipendi aver ritardato qualsiasi
revisione degli indici economici che caratterizzano la contrattazione, se Istat e
ipca non hanno funzionano più bisogna individuare nuovi indici in grado
condividere gli incrementi del PIL che il paese genera. La nuova intesa
sottoscritta da CGIL CISL UIL il 28 febbraio va nella giusta direzione avere
modificato la misura del “Potere d’acquisto “in “Potere di spesa” è un punto
strutturale da cui partire. Ma non è solo un problema di soldi, fermare la
contrattazione collettiva significa rinunziare a correggere tutte quelle regole che
non funzionano, significa negare al paese un aggiornamento legislativo che
arriva da dove le “cose” si applicano e ci trasmettono in poco tempo le cose che
non funzionano un esempio concreto è il Jobs Act , voleva essere un nuovo
strumento per rivitalizzare il Mercato del Lavoro, introducendo una forte
flessibilità a favore di un incremento dell’occupazione, tanti nuovi lavori e
lavoretti in grado di migliorare le condizioni del Paese.
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L’introduzione di un forte esonero contributivo ha in prima fase incrementato il
numero degli occupati con contratti di lavoro a tempo indeterminato, ma al
venir meno di tale opportunità l’occupazione si è fermata. Nel 2015 si sono
accesi 2.4 milioni di nuovi rapporti di Lavoro compresa la trasformazione dei
contratti di apprendistato e a tempo determinato, nel 2016 si sono ridotti del
40% sino al 2017, dove il trend sta mostrando una crescita dei contratti a Tempo
Determinato ed un crollo del lavoro stabile. Risulta evidente che la manovra
costata in un anno 15 miliardi non ha prodotto i risultati sperati. Avere
flessibilizzato ancora di più il lavoro a Tempo determinato è stato un errore,
concedere continue deroghe ai periodi di contrattualizzazione genera solo
contradizioni, usare incentivi spot drogano il mercato del Lavoro, basterebbe
applicare una semplice regola tale da far costare tanto il lavoro flessibile e poco
il lavoro stabile, lasciando alle parti sociali il compito di regolare e negoziare il
costo del lavoro in funzione delle esigenze produttive. Le misure utili ad
incentivare le politiche attive del lavoro debbono essere di lungo termine e legate
al Territorio.
Se le politiche attive non decollano sulle politiche passive andiamo ancora
peggio. In questi anni abbiamo assistito ad un forte disimpegno economico a
copertura degli ammortizzatori sociali che producono meno reddito di
sussistenza nelle tasche dei Lavoratori; un accorciamento dei periodi di tutela
economica e sociale, l’incremento degli oneri di attivazione della cassa
integrazione e dei contratti di solidarietà. Le nuove regole relative ai
licenziamenti collettivi ci espongono al rischio che le imprese espellano
direttamente dal ciclo produttivo i lavoratori in presenza di picchi e flessi che il
mercato genera. Contenere i costi della spesa sociale non deve produrre
risultanze cosi pericolose, questo confine va presidiato con maggiore attenzione
verso il lavoro che cambia puntando sulla riqualificazione dei lavoratori
attraverso una precisa politica di programmazione delle risorse dedicate alla
Formazione e ai lavori socialmente utili pensati, non come bacino di accoglienza 8
di migliaia di giovani precari, ma come naturale opportunità di lavoratori
riqualificati espulsi dal mondo produttivo.
Un segnale positivo è arrivato a fine legislatura dal Governo Gentiloni nell’aver
spinto la chiusura di tanti contratti collettivi scaduti da tanti anni sia nel pubblico che
nel privato ma i punti strutturali sopra esposti sono stati solo sfiorati, il Paese ha
bisogno di una forte accelerazione riformatrice sia per correggere le cose che non
stanno funzionando sia per valorizzare ed applicare il nuovo protocollo di Relazioni
Industriali appena siglato, regole nuove in grado di generare risultati utili al paese e
ai Lavoratori Italiani. Regole nuove da applicare senza bleffare: se in ogni azienda
partirà il solito gioco al ribasso utile ad eludere quanto sottoscritto ci candidiamo ad
un tonfo pericoloso per tutto il paese.
Desiro dedicare qualche rigo in più alle cause e agli effetti delle disuguaglianze
prodotte da un sistema economico finanziario globale; in un contesto di grande
cambiamento generato anche dalla innovazione tecnologica consapevoli che come
lavoratori tutti noi siamo interessati visto che operiamo in un settore che genera
innovazione e trasformazione virtuale di un’economia materiale che si fonde con
un’economia immateriale dove digitalizzazione, Reti Contenuti multimediali. prodotti
e servizi creano un nuovo paradigma 4.0 che introduce tante opportunità ed
altrettanti rischi che saremo chiamati ad affrontare.
Nel 2007 all’inizio della crisi le dieci famiglie italiane più ricche avevano una fortuna
pari al reddito di 3,5 milioni di famiglie povere italiane, oggi dopo più di dieci anni le
stesse dieci famiglie hanno un reddito pari a ben 6 milioni di italiani poveri.
Se guardiamo il prodotto interno lordo di un americano questo risulta di 54.000
dollari annui, di un italiano di 30.000 euro, di un cittadino del Burundi di 268 dollari
anno, tutto questo dovrebbe farci stare tranquilli ma la fila alla mensa della Caritas è
diventata lunghissima e non sono tutti del Burundi! Alla stessa fiala si accoda
l’operaio che non ha più il sussidio di disoccupazione, l’impiegato che non ha più la
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cassa integrazione, il manager che fino a qualche mese fa pensava fosse immune dal
licenziamento ma è stato buttato sul lastrico da un momento all’altro, la media del
pollo sul prodotto interno lordo pro-capite non funziona più Siamo dinanzi ad una
crisi strutturale di lungo termine che di chiama decrescita dove la povertà si riflette
sulle generazioni future. Marx nel suo capitale sostenne che l’accumulo di miseria è
proporzionato all’accumulo di capitali i soldi vanno in alto, il comunismo è
miseramente fallito e il mondo ha avuto una storia più bella ma a distanza di tanti
anni il premio Nobel Joseph A. Stiglitz davanti al senato americano che si apprestava
a varare la legge di bilancio 2014 sostenne la stessa cosa: più soldi vanno in alto e
più persone sono povere in fondo alla scala sociale e la classe media che è stata a
lungo la forza della nostra società ha visto precipitare il proprio reddito. Luciano
Gallino ci dice che i redditi da lavoro hanno perso 7/8 punti di PIL a favore dei
redditi da capitale. Perdere un punto di Pil significa che ogni anno 16 miliardi vanno
ai secondi invece che ai primi. Questa ridistribuzione del reddito dal basso verso
l’alto ha impoverito i lavoratori stagnando la domanda interna.
La rivoluzione industriale dell’Ottocento fu generata dalla progettazione della
macchina a vapore e delle sue rapide evoluzioni nel sistema produttivo mondiale.
L’invenzione della macchina a vapore sostituì la forza muscolare degli uomini e degli
animali in forza motrice capace di generare energia da utilizzare a comando- Questo
porto alle fabbriche e alle produzioni di massa con un incremento esponenziale del
sistema economico sociale ed un incremento della ricchezza e del reddito pro-capite
contribuendo all’emancipazione di migliaia di uomini e donne che si affrancarono
dalla povertà buttando le basi della era moderna. La rivoluzione industriale ha
inaugurato la prima età della macchina dell’umanità. La seconda età della macchina è
rappresentata dalla nascita dei computer e dalle sue innovazioni digitali ma
quantunque anche questa rappresenta una grande opportunità generata
dall’innovazione tecnologica dai profondi risvolti sociali ancora non si comprendono
a pieno quali siano i rischi e quali le prospettive di sviluppo sociale ed economico.
Se facciamo un attimo mente locale a quanti click attiviamo ogni giorno nella nostra
giornata ci rendiamo conto come internet, il web, i social hanno profondamente
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cambiato la nostra vita e le nostre abitudini i nostri consumi e certamente possiamo
affermare che la qualità delle cose che facciamo, i servizi, le informazioni che
gestiamo sono notevolmente migliorate, aumentando la nostra soddisfazione per i
risultati raggiunti. Ma poniamoci alcune domande, all’aumento del nostro benessere e
della nostra soddisfazione nell’ uso della digitalizzazione corrisponde sempre un
incremento dell’economia? Ma soprattutto a chi vanno i ricavi della produzione e
l’incremento del reddito a chi premia e a chi porta svantaggio? Un esempio classico
sugli effetti della digitalizzazione ci arriva dal mondo della fotografia e dalla sua
evoluzione: oggi oltre due miliardi di persone possiedono una macchina fotografica
digitale. Gli effetti sono stupefacenti, è stato valutato che attualmente vengono
scattate più foto ogni due minuti che in tutto l’ottocento. Anche se la digitalizzazione
ha ovviamente aumentato la quantità e la comodità della fotografia ha anche
cambiato in profondità l’economia della produzione e distribuzione della foto. Una
squadra di appena 15 persone di Instagram una app oggi usata da oltre 130 milioni di
persone per condividere 16 miliardi di foto. Quindici mesi dopo la sua fondazione la
compagnia è stata venduta per oltre un miliardo di dollari a Facebook. A sua volta
Facebook ha raggiunto il miliardo di utenti quando aveva circa 4600 dipendenti di cui
appena mille sono ingegneri.
Se confrontiamo questi dati con la realtà predigitale rileviamo che il colosso
mondiale della fotografia Kodak occupava 145.000 addetti e tante altre migliaia di
lavoratori sparsi per il mondo addetti alla vendita e alla distribuzione. La Kodak ha
arricchito il suo fondatore e dato lavoro per tanti anni a migliaia di persone creando
ricchezza sociale diffusa. Dopo 132 anni, qualche mese prima che Instagram fosse
venduta a Facebook la Kodak dichiarò fallimento. Oggi si caricano su Facebook
circa 70 miliardi di foto ogni anno ad un costo pari allo 0. Peccato che aziende come
Instagram e Facebook occupino una frazione minima di persone che erano impiegate
in Kodak ma nonostante ciò Facebook ha un valore di mercato superiore a Kodak;
inoltre ha creato un patrimonio netto dieci volte maggiore di quello di George
Easteman patron di Kodak. Il passaggio da analogico a digitale ha fornito una
sovrabbondanza di prodotto di buona qualità ma ha creato una distribuzione del
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reddito che crea disuguaglianze, la tecnologia digitale possono replicare idee
intuizioni e innovazioni preziose a un costo bassissimo. Questo crea abbondanza per
la società e ricchezza per gli innovatori ma diminuisce certa manodopera falcidiando
il reddito di tanta gente. Lo stesso esempio è replicabile per altri importanti settori: la
musica, i media, l’editoria, in tutti questi ambiti il progresso tecnologico sarà creata
abbondanza di merci, ci sarà più ricchezza per pochi e meno lavoro per tutti.
L’infomation technology favorisce il lavoro specializzato. Aumenta i ricavi per chi
investe il capitale rispetto ai salari della manodopera, tutto questo incrementa il
divario tra chi ha un lavoro e chi non c’è l’ha, tra i lavoratori istruiti e specializzati e
quelli meno avanzati o addetti ad attività superati dai nuovi cicli di produzione.
Una tesi che spariglia completamente la premessa visione delle cose è quella
rappresentata da Enrico Moretti Professore di economia del lavoro all’università della
California che con le sue ricerche e il suo ultimo libro “La nuova geografia del
Lavoro” ci incoraggia ad andare avanti con ottimismo. Dice Moretti la tecnologia
cambia il lavoro creando nuove opportunità ma per beneficiare del cambiamento è
necessario investire sulla formazione e sul capitale umano. Nel 1918 il 60% della
manodopera italiana era impiegata in agricoltura, oggi in quel settore sono impiegati
il 5% degli occupati. L’arrivo di trattori e fertilizzanti non ha privato il mercato del
lavoro italiano di 13 milioni di lavoratori che nei successivi 10 anni sono stati
assorbiti da altri lavori. Lo stesso vale per il settore manifatturiero, nella metà degli
anni 80 impiegava un terzo della manodopera Italiana, oggi con l’arrivo
dell’automazione nelle fabbriche l’occupazione si è già ridotta a più della metà. In
alcuni casi i robot stanno costruendo i Robot che assemblano le macchine.
Nonostante tutto dice Moretti il numero complessivo di posti di lavoro non sta
diminuendo nelle economie occidentali, in Italia la percentuale degli occupati sulla
popolazione totale è più alta rispetto a 100 anni fa. La percentuale dei disoccupati
subisce fluttuazioni cicliche- cresce nelle fasi di recessione e diminuisce in quelle di
espansione- ma non aumenta nel lungo periodo, come è possibile? Perché nonostante
i milioni di posti perduti prima in agricoltura e poi nel manifatturiero, le economie
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moderne registrano un tasso di occupazione costante o in crescita? I motivi
fondamentali sono due e vengono spesso trascurati nel dibattito sugli effetti del
progresso tecnologico. Innanzitutto l’impatto delle nuove tecnologie sull’occupazione
non è univoco, ma è duplice. Da un lato l’automazione si pone come sostituto della
manodopera. Molto probabilmente la maggior parte delle tecnologie impiegate sul
luogo di lavoro sono introdotte per risparmiare manodopera. Che si tratti di catena di
montaggio automatizzate, di trattori o di algoritmi, di intelligenza artificiale,
l’obiettivo principale delle nuove tecnologie è di sostituire la manodopera umana con
quella automatizzata, per ridurre il costo di lavoro. Ma l’automazione ha anche un
ruolo complementare alla manodopera nel senso che ne aumenta la produttività e di
conseguenza cresce la domanda di certe tipologie di lavoratori. Il primo effetto
produce una riduzione dell’occupazione e dei salari il secondo un aumento. Se
l’opinione pubblica dei paesi industrializzati nutre sempre più timori nei confronti del
progresso tecnologico è perché il dibattito pubblico tende a concentrarsi sul primo
effetto: quello negativo, ignorando completamente il secondo che è invece positivo.
In molti casi il secondo effetto è più forte del primo un esempio interessante è
rappresentato dal settore bancario con l’introduzione del bancomat si è generato un
risparmio di manodopera e si è ridotto il costo del lavoro, consentendo ai clienti di
prelevare denaro e di eseguire molte operazioni senza bisogno dell’ausilio di un
impiegato. Sarebbe logico attendersi che l’introduzione del bancomat abbia introdotto
significativamente il numero dei posti di lavoro dei bancari, invece analizzando bene
il processo si scopre che l’introduzione del bancomat ha generato un aumento di 50
mila posti di lavoro nelle banche americane; in pratica la riduzione del volume delle
tradizionali operazioni di cassa allo sportello hanno dato l’opportunità ai cassieri di
specializzarsi in nuove funzioni di “rapporto con la clientela”. Da quando è stato
inventato il bancomat le banche utilizzano sempre di più gli addetti allo sportello per
stabili un rapporto con il cliente informandolo sui servizi supplementari come carte di
credito, prestiti e servizi finanziari. Questo esempio non è unico molte altre
innovazioni introdotte sul luogo di lavoro hanno un effetto analogo sul tipo di
mansioni e di specializzazioni degli impiegati. Un ulteriore importante motivo per cui
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il mercato del lavoro dell’economie moderne tende a creare nuova occupazione
quando la tecnologia distrugge la vecchia occupazione è la crescita della domanda di
servizi. Anche quando distruggono posti di lavoro le nuove tecnologie aumentano la
produttività del lavoro e quindi i salari, facendo crescere di conseguenza la domanda
di servizi. Negli anni ’50 un operario della General Motors produceva in media 7 auto
l’anno, oggi grazie alle nuove tecnologie ne produce 29 significa ovviamente che
oggi alla General Motors ci sono meno operai che producono auto ma significa anche
che quelli rimasti sono più produttivi e ricevono salari più alti. Questo comporta un
aumento della domanda di servizi e quindi di nuovi posti di lavoro, ma al di fuori del
settore manifatturiero. L’occupazione nei settori della cultura, dell’intrattenimento,
della ristorazione, dell’estetica e del fitness cresce a ritmi molto elevati. L’industria
della salute è il settore dei servizi che ha registrato il più rapido incremento
occupazionale in grado di assorbire migliaia di nuovi dipendenti. In tutti i paesi
occidentali, maggiore reddito significa maggiore spese per la salute, benessere e
cultura e il mercato del lavoro non è quindi un soggetto statico e nuovi posti di lavoro
e nuovi occupazioni tendono ad emergere a sostituire quelli perduti. Anche se
l’automazione non ridurrà il numero totale degli occupati nel lungo periodo,
influenzerà sicuramente il titolo di posti di lavoro e la loro collocazione geografica.
Negli ultimi trent’anni i maggiori aumenti salariali registrati sui mercati del lavoro
dell’economia occidentali sono andati a vantaggio dei lavoratori con alta scolarità,
ovvero quelli con la Laurea o il Master. Il motivo è che le nuove tecnologie sono più
un complemento che un’alternativa ai lavoratori con alto titolo di studio. Al
contempo le regioni e le città che hanno sviluppato le economie più dinamiche sono
quelle che dispongono di una forte base di capitale umano. Negli ultimi trent’anni le
città ad alto tasso di laureati e di imprenditori innovativi hanno avuto tassi di crescita
sia occupazionale che salariale, mentre quelle dotate di capitale umano hanno perso
terreno. Il modo corretto di reagire ai timori per il futuro dell’occupazione non è
disperarsi né di opporsi in maniera pregiudiziale alle nuove tecnologie. Bisogna
invece investire nella formazione così che il maggior numero di lavoratori possa
beneficiare dei profondi cambiamenti tecnologici che ci attendono.
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Prendo in prestito una battuta del nostro Segretario generale Carmelo
Barbagallo “Gli economisti ci dicono sempre cosa è già successo ma nessuno ci
anticipa il futuro e cosa dobbiamo fare” siamo consapevoli che il fattore tempo
non è una variabile indipendente e tra un ciclo e l’altro, tra una soluzione e
l’altra sono coinvolti migliaia di lavoratori che noi rappresentiamo tutti giorni
nei posti di Lavoro. Siamo consapevoli che ci aspettano percorsi complessi da
percorrere dove due cose saranno fondamentali la qualità del Capitale umano e
il coraggio di sollecitare il cambiamento.
Noi siamo i lavoratori del futuro, dalle filiere che rappresentiamo passano gli
avanzamenti Tecnologici che interesseranno migliaia di cittadini di questo Paese, un
Paese che mostra segnali di ripresa, nella media del 2017 l’economia italiana è
cresciuta dell’1,4% rispetto all’anno precedente, l’economia non cresceva così dal
2010, il Prodotto Interno lordo resta ancora inferiore del 5,7% rispetto al picco pre-
crisi ma tutto fa sperare in una crescita congiunturale che inizia a portarci fuori dalle
“secche “in cui siamo incagliati da parecchi anni. Il Fatturato è salito nel 2017 del
5,1%, crescono le piccole aziende, riparte il mercato interno, il piano di investimenti
pubblici Impresa 4.0 sta portando i suoi effetti positivi, il crollo dell’inflazione ha
mosso i consumi che hanno incoraggiato gli investimenti con forti incentivi pubblici
all’innovazione, i dati macroeconomici ci dicono che i settori che stanno ripartendo
sono quelli dove è stato più invasivo il processo di digitalizzazione ed automazione
con 488 mila posti di lavoro in più ma 117 mila contratti a tempo indeterminato in
meno, la stabilizzazione dei lavoratori precari resta la sfida più grossa da vincere
da qui passa il futuro delle giovani generazioni e dell’intero Paese. C’è un problema
di bassa percezione di un Paese che inizia a dare segnali di ripresa, c’è un Paese reale
fatto dalla vita di ogni giorno, fatta da mille difficoltà, da mille contradizioni,
alimentate da un’informazione che spesso amplifica solo gli aspetti negativi ma
qualche volta certifica situazioni di concreto disagio sociale. La recente campagna
elettorale ha sollecitato le maggiori forze politiche ad elaborare tante proposte sul
15
lavoro alcune palesemente propagandistiche e qualche volta strumentali
esclusivamente per attrarre il consenso elettorale, oggi che le elezioni sono finite,
esce un Paese spaccato in due prevale la paura degli effetti delle disuguaglianze al
Sud e la paura sulla sicurezza individuale e sociale al Nord ,ancora di più c’è
l’esigenza di aprire una stagione di confronto tra la politica e le parti sociali, non
servono ricette miracolose ma stando con i piedi per terra la voglia di riformare
questo Paese cambiando le cose che non funzionano, le tesi della UIL sono un
contributo concreto con cui partecipare al confronto istituzionale ad altri soggetti il
compito di mediare le posizioni ed indirizzare le soluzioni, l’Unica cosa che non ci
possiamo permettere è quella di perdere tempo è restare prigionieri di una impasse
che in poco tempo cancellerebbe i timidi segnali di ripresa che il paese sta
producendo esponendoci ancora una volta alle speculazioni finanziarie internazionali.
In Sicilia le cose vanno in termini speculari rispetto al resto del paese anche se lo
“specchio” spesso e più opaco. Dopo la massiccia emigrazione degli ultimi anni che
ha visto migliaia di siciliani di ogni ordine e grado lasciare il territorio in cerca di un
lavoro, il sistema economico ritorna a crescere e in alcuni settori lo fa con indici
maggiori del resto del paese A sostenere la crescita del Pil è stata inizialmente la
domanda delle famiglie (+1,7%), ma «sull'onda di un clima più positivo saranno
soprattutto gli investimenti produttivi a registrare le dinamiche più vivaci,
consolidando la necessaria ristrutturazione e l’ammodernamento del sistema
produttivo”. In termini di reddito, però, le condizioni delle famiglie siciliane sono le
peggiori a livello nazionale: oltre la metà vive con meno di 18 mila euro, a fronte di
un reddito medio familiare regionale di 21.800 mila euro. La media nazionale è di
circa 30 mila euro, con punte tra i 34 e 37 mila euro nelle regioni più ricche. «Di
difficile valutazione rimane, comunque, l'entità dei redditi distribuiti al di fuori del
circuito formale, fenomeno che fornisce una parziale spiegazione della tenuta della
domanda aggregata, anche in periodi crisi, Ovvero: il sommerso e l’economia in nero
hanno sostenuto la crescita del Pil siciliano. gli esperti della Fondazione Res ci
dicono che le famiglie siciliane spendo il 40% in più di quello che incassano. Segnali
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positivi arrivano dalle attività primarie come pesca e agricoltura mentre il processo di
deindustrializzazione che ha bruciato in 10 anni 10.000 siti produttivi con migliaia di
posti di lavoro persi nel manifatturiero e in edilizia sembra essersi arrestato a favore
dei servizi, il fenomeno della call center con tutte le sue contraddizioni, l’impennata
dei flussi Turistici, il nostro millenario patrimonio culturale sono elementi attivi di
una economia che vuole consolidare sviluppo e crescita sociale, fermo restando che
l’isola non può restare priva di insediamenti produttivi e distretti industriali e ricerca I
‘impiego di cospicui investimenti pubblici per le grandi opere infrastrutturali negati
dalla storia di questo paese, la filiera della Comunicazione da noi rappresentata
costituisce una opportunità di crescita e di sviluppo per tutto il territorio.
I Teatri
A questo Governo e questo Ministro va il merito di aver saputo condividere un
lungo percorso parlamentare in grado di dare al paese una legge organica sullo
spettacolo dopo 71 anni di norme frammentate e spesso prive di una visione di
insieme, una visione che ha scongiurato un’idea sbagliata della cultura, vista come
elemento di costo per le casse pubbliche e non come leva di sviluppo del paese.
Dopo la riforma delle norme del “cinema “si estendono alcuni strumenti legislativi
allo spettacolo, garantendo innanzitutto un incremento delle risorse per i prossimi
tre anni pari a 19 milioni anno, estensione dell’Art bonus a tutti i Teatri, fino ad
ora riservate alle Fondazioni Lirico Sinfoniche ed ai Teatri di Tradizione, che
potranno avvalersi del credito d’imposta del 65%, consolidamento della Tax credit
musica beneficio con oneri per la finanziaria pari a 4 milioni di euro a partire dal
2018. Il sostegno statale allo spettacolo dal vivo si estende alla musica popolare
contemporanea, ai carnevali storici e alle rievocazioni storiche e verrà
riconosciuto il valore di diverse forme di spettacolo, tra cui le pratiche artistiche
amatoriali, le espressioni artistiche della canzone popolare d’autore, il teatro di
figura, gli artisti di strada. Viene poi aggiornata la disciplina delle fondazioni
lirico-sinfoniche, che godranno di un fondo specifico governato da nuovi criteri di
erogazione dei contributi statali, parametrati in base alle risorse ricevute da privati,
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Regioni e Enti Locali e alle capacità gestionali dimostrate. Nasce il Consiglio
superiore dello spettacolo, organismo consultivo del Ministro dei beni e delle
attività culturali e del turismo che sostituisce la Consulta per lo spettacolo. Il
Consiglio avrà compiti di consulenza e supporto nell’elaborazione e attuazione
delle politiche di settore, nonché nella predisposizione di indirizzi e criteri
generali relativi alla destinazione delle risorse pubbliche per il sostegno alle
attività di spettacolo.
La nuova Legge presenta anche qualche limite nell’aver mischiato allo spettacolo
dal vivo i carnevali e le rievocazioni storiche. Un altro difetto è aver voluto
inserire nella legge anche il riconoscimento alle pratiche artistiche a carattere
amatoriale, non perché non siano importanti, ma forse era necessario evitare ogni
confusione e sovrapposizione con chi si occupa di spettacolo in modo
professionale, in un mondo dove già c’è molta confusione Pur riconoscendo un
aumento delle risorse ci si aspettava un impegno più coraggioso un po’ in linea
con il modello francese che destina circa 03%del Pil al Teatro.
Gli ultimi interventi legislativi parlano di declassamento a Teatri lirici-sinfonici
per chi con le stesse condizioni e soluzioni non è riuscito ad effettuare un
risanamento economico e un contenimento del debito ma ha prodotto solo ulteriori
sacrifici sui lavoratori non raggiungendo un sostanziale equilibrio economico. Le
conseguenze saranno perdita della partecipazione e vigilanza dello stato,
diminuzione dell’attività artistica e trasformazione dei rapporti di Lavoro da
Tempo pieno a part Time.
Ma ci sono alcuni elementi positivi in questa legge che non vanno sottaciuti, che è
essenzialmente una legge di principi generali: ci sono vari e chiari riferimenti al
valore dei linguaggi innovativi, della ricerca e della contemporaneità, ci sono
molte sottolineature sull’importanza dell’investimento pubblico sui giovani artisti
e sui giovani spettatori, sono incentivate le relazioni con la scuola – investendo in
questo il 3% del Fondo Unico dello Spettacolo – si parla di riequilibrio territoriale 18
tra Nord e Sud, di far crescere domanda e offerta di spettacolo, si dice di voler
investire sui processi di internazionalizzazione, si dichiara di voler puntare alla
tutela e alla valorizzazione professionale dei lavoratori, comprendendo le
specificità professionali di chi opera in questo settore, si intende procedere allo
snellimento delle procedure burocratiche per le autorizzazioni di pubblico.
Adesso il Governo ha 12 mesi di tempo per adottare uno o più Decreti Attuativi
che si chiameranno “Codice dello Spettacolo”. Un percorso fondamentale per il
sindacato che non può rinunciare ad un momento di naturale confronto per
presidiare alcune priorità come il mantenimento dei Livelli occupazionali dei
Teatri Pubblici e correggere ,in fase applicativa, alcune indicazioni legislative
sulla ripartizione delle risorse che rischiano di penalizzare le realtà del sud prive di
contributi provenienti da sponsorizzazioni private, realtà artistiche costrette ad
operare in un contesto sociale ed economico estremamente rarefatto. Lo abbiamo
chiesto unitariamente a Palermo poche settimane fa al Primo Ministro e al
ministro della cultura. Con l’attuale situazione istituzionale il “cerino” è rimasto
nelle nostre mani. Inoltre vanno ricercate nuove forme di finanziamento
canalizzando risorse provenienti dalla fiscalità applicata agli Over the Top, grandi
operatori virtuali di rete che guadagnano dallo spostamento di contenuti e merci
senza dare alcun contributo; Va istituito un Fondo Bilaterale in grado di garantire
quelle tutele sociali ad un settore molto esposto alla frammentazione e alla
parcellizzazione del Lavoro.
In Sicilia i Lavoratori dei Teatri Pubblici sono circa un migliaio e altrettante sono
le risorse che operano nel mondo privato, dato che si rileva dai contributi versati
nella cassa previdenziale pubblica da poco unificata presso INPS, poi esiste un
esercito di lavoratori fantasmi, partite iva, collaborazioni professionali che
consegnano a questo settore un triste primato di lavoro nero e tanto precariato
strutturato che meriterebbe una riflessione più ampia da chi ci governa anche sul
territorio, istituzioni chiamate a realizzare una rete di protezione sociale evitando
di dare contributi pubblici o la concessione di spazi di notevole pregio artistico
19
culturali a operatori dello spettacolo disonesti che speculano sulla pelle di chi ha
bisogno di lavorare.
Lo stato di salute dei Teatri siciliani è molto differenziato da realtà a realtà da
territorio a territorio ma gli ultimi anni sono stati terribili per tutti, l’esiguità delle
risorse disponibili, il livello di indebitamento certificato dai Bilanci in alcuni casi
in rosso da parecchio tempo, l’utilizzo di certa politica di questi enti come dei veri
e propri bancomat da cui prelevare per sodisfare clientele e malpraxis nella
gestione del consenso sul Territorio hanno determinato il commissariamento dei
maggiori Teatri e l’implementazione di non sempre condivisibili piani di
risanamento dove i Lavoratori hanno pagato in solido costi altissimi, con risultati
non sempre scontati. Abbiamo tutti una grande responsabilità Istituzioni,
Sindacati, e società civile di preservare ognuno con il nostro ruolo quello che di
buono si è fatto in questi anni scongiurando un ritorno al passato e tenendo
lontano dai Teatri chi i Teatri li ha Sfasciati, anzi intervenendo con celerità su
quelle situazioni di critiche rimaste sorde all’esigenza di cambiare passo, la Sicilia
ha tutte le carte in regola per farcela.
Oggi fa piacere leggere sui quotidiani nazionali di ripetuti sold out delle platee
liriche nostrane, di un comparto lirico sinfonico che ritorna ad esibirsi in ambito
nazionale e ci rappresenta pure al bit di Milano insieme al Presidente della nostra
Regione e al nostro Assessore al Turismo, impegnato nel disegnare una politica
turistica della nostra isola. Secondo noi è proprio lì la chiave del successo la
capacità di strutturare una grande programmazione Territoriale in grado di mettere
in sinergia i flussi Turistici, il patrimonio culturale, risorse economiche, le aziende
dello spettacolo pubbliche e private chiamate a svolgere un ruolo di catalizzatori
dello sviluppo del Territorio, il modello della “Fabrica Teatrale “ non funziona
più, costa troppo serve una messa a Rete del prodotto artistico culturale sul
territorio, salvaguardando le specificità ma puntando sulle sinergie produttive,
valorizzare le collaborazioni tra Teatri per rafforzare la qualità della
programmazione Artistica e ridurre i costi di esercizio e di produzione. Serve una
20
“cabina di Regia” in grado di programmare l’ampia stagionalità di cui gode la
nostra Regione con una proposta artistica pubblica e privata che catalizzi tutta
l’economia Turistica dell’isola, purtroppo in questi anni abbiamo dovuto rilevare
anche solenni fallimenti di Teatri in splendide location estive semideserte con un
enorme quantità di risorse economiche bruciate nei bilanci dei Teatri a sua volta
scaricati successivamente sui lavoratori. Il marketing è una scienza esatta non c’è
spazio per l’improvvisazione, il FURS regionale risulta sottostimato e privo di
specifiche risorse disponibili per la programmazione artistica estiva messa a rete
dalle singole realtà Culturali.
I lavoratori siciliani hanno accettato la sfida nel risanare i bilanci, lavorare di più,
costare di meno, introdurre elementi di grande flessibilità non ci ha mai spaventato
ma ci sono punti sostanziali che vanno affrontati, in primis la certezza delle
risorse economiche, inaccettabile la situazione dello Stabile di Catania anche
dopo il commissariamento i lavoratori restano per due mesi senza stipendio, la
salvaguardia dello stato sociale e del reddito familiare è una priorità, i Teatri
siciliani non sono degli stiepiditici sono da anni leve produttive del Territorio e i
Lavoratori vanno garantiti; un altro punto strutturale da affrontare è il precariato
storico che ha raggiunto il livello di guardia. In alcuni casi il rapporto tra
lavoratori a Tempo Determinato e Indeterminato supera abbondantemente le
previsioni di Legge applicate in tutto il mondo del Lavoro, ci sono Lavoratori che
sono contrattualizzati senza soluzione di continuità da oltre dieci anni, presi in
ostaggio da un blocco del Turn over non più sostenibile, in alcuni casi gli accordi
di accompagnamento alla pensione hanno bruciato delle professionalità e dei
mestieri strutturali nella vita del “Teatro”, il blocco del Turn Over imposto in
maniera indiscriminata dai Piani di Risanamento Ministeriali non è più sostenibile
nel garantire uno sviluppo armonico tra esigenze produttive, Livelli occupazionali,
qualità del prodotto artistico, costi di gestione, si è proprio così in Termini di costo
il mancato Turn over genera un aumento della spesa, vanificando tutti gli incentivi
sul costo del lavoro previsti dalla legislazione corrente aumentando anche i costi
indiretti con il continuo ricorso dei Lavoratori ai Giudici del Lavoro, emblematico 21
è il caso di 5 maschere dello stabile di Palermo da anni in perenne contenzioso con
il Teatro , un Teatro che per la qualità del Lavoro fatto in questi ultimi anni si è
candidato a pieno titolo a diventare Teatro Nazionale , con un organico funzionale
ben lontano dai bisogni del Teatro soprattutto per le professionalità Tecniche di
Palcoscenico, il proliferare di ricorsi giudiziari presenti in tutti i Teatri dell’isola
va ricondotto ad un tavolo di confronto relazionale Istituzionale dove il Governo
Regionale eserciti una forte azione di mediazione ed un ruolo di indirizzo e
supporto anche legislativo nella salvaguardia e sviluppo dei Livelli occupazionali
in un settore strategico per l’economia del Territorio. La buona spesa non può
produrre cattiva occupazione e conflitto sociale.
Un altro Switch è rappresentato dalla Contrattazione di Secondo Livello o
Integrativo; In questo settore in alcuni casi negli anni sono diventati l’elemento di
rivalutazione economica che hanno dato una risposta al secolare ritardo dei
mancati rinnovi dei CCNL delle Lirico sinfoniche, dei Teatri di prosa, delle Ico
ecc,ecc, negli ultimi dieci anni di continui Tagli nella migliore delle ipotesi sono
stati congelati e qualche volta soppressi. La contrattazione di secondo livello lega
il Teatro al Territorio, non è mai stata un costo anzi rappresenta una leva di
prossimità e flessibilità da cui passa la sostenibilità e la capacità di raggiungere gli
obbiettivi in un proficuo equilibrio tra esigenze aziendali e legittime aspettative
salariali dei Lavoratori. Ma non è solo una questione di salario, aprire l’integrativo
aziendale al welfare, alle istanze sociali solidaristiche, alle politiche di genere, alla
Formazione negoziata resta una grande opportunità da cui passa
l’ammodernamento della macchina Teatrale protesa verso un futuro di
digitalizzazione che lascia al centro la “risorsa umana” capitale pregiato del Teatro
e dello spettacolo dal vivo indenne dai fenomeni distortivi della globalizzazione.
Mai più Teatri senza integrativi, mai più Teatri senza contrattazione di secondo
livello questo per noi è un preciso impegno congressuale che oggi sottoscriviamo
tutti insieme.
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Tutte le Riforme vanno governate con le risorse economiche utili al
raggiungimento degli obbiettivi che ci prefissiamo un elemento che caratterizza il
nostro territorio è la scarsa partecipazione del capitale privato, un ruolo quasi
inesistente di sponsor che versino quote nei bilanci dei Teatri Siciliani, singolare
risulta il dato di bilanci risanati da molti anni e nessuna grande azienda che senta
l’esigenza di supportare l’azione di crescita e sviluppo con una trasparente azione
di sponsorizzazione incentivata da una legislazione nazionale che ha introdotto
non pochi incentivi fiscali, il meridione resta tagliato fuori dai grandi circuiti della
pubblicità dedicata alla cultura, a poco valgono i sacrifici dei Lavoratori e la
buona gestione dei sovrintendenti senza una forte azione della politica
istituzionale del Territorio che faccia lobby sui Teatri , una politica che
sponsorizzi il Lavoro dei Teatri Siciliani con le grandi aziende pubbliche e private
che spesso operano sul nostro Territorio in alcuni casi assorbendo risorse e
mercati che successivamente vengono rinvestiti in altri Territori del paese o
dell’Europa. Nessuna rivendicazione protezionistica ma anzi l’esigenza di
allargare uno spettro d’azione con il coinvolgimento politico di sindaci e assessori
impegnati in un unico gioco di squadra.
Desidero dedicare qualche rigo, ai Ballerini del Teatro Massimo di Palermo,
perché questa è l’unica realtà pubblica sopravvissuta nell’Italia centro/meridionale
ad una visione di Tagli strutturali che hanno visto negli anni il ballo soccombere
in un massacro che annulla una delle forme Artistiche più comunicative realizzate
sui palcoscenici dei Teatri. Il balletto è un'arte che si fonda sul movimento del
corpo, con tutte le variazioni possibili, secondo un codice definito, o inventato,
basandosi su ritmi musicali; è finalizzato a raccontare delle storie, a meno che non
sia danza astratta fine a se stessa; ma solitamente invia un messaggio con un
contenuto a chi lo osserva e lo interpreta, decodificandolo poi con la propria
capacità fantastica, la propria conoscenza del linguaggio, della propria cultura, e,
soprattutto, della propria sensibilità. Ma oltre a darci forti emozioni riempie nella
23
totalità dei casi le sale dei Teatri, ricordo come oggi quando le OO.SS. fummo
convocati anni fa e qualcuno ci anticipo la chiusura del ballo mimetizzata da un
progetto di rimpiego per le poche presenze stabili del Teatro, la nostra reazione fu
immediata e spontanea nell’opporci a quella visione oscurantista che avrebbe
cancellato un patrimonio umano e artistico che nella visione odierna del Teatro ci
ha dato ragione. Ora è il momento delle scelte strutturali, questa visione va aiutata,
questa realtà va supportata con un’azione di modifica delle regole per la
ridistribuzione del FUS e del FURS Regionale che dedichi risorse utili e vincolate
per il ballo in Sicilia, prevedendo una presenza in tutte le programmazioni
artistiche dell’isola del balletto attraverso progetti di coproduzione o un forme di
incentivazione alla rappresentazione di spettacoli che prevedano l’esibizione del
Ballo.
Abbiamo aperto i lavori di questo congresso indirizzando la nostra attenzione sui
Giovani sui loro bisogni sulle loro speranze, desidero ringraziare da “cittadino”
l’impegno che alcune istituzioni culturali del nostro Territorio stanno dedicando ai
giovani con progetti strutturali presenti nelle Lirica, nel ballo, nella Sinfonica,
nella prosa e nel jazz non possono essere scelte casuali ma la condivisione di una
visione comune che pone al centro dello sviluppo del nostro territorio lo
spettacolo e suoi Teatri, una visione da cui non dobbiamo tornare indietro.
Palermo capitale della cultura sia l’inizio di una nuova fase storica la cui
esperienza catalizzi tutto il territorio Regionale e non resti un’esperienza fine a sé
stessa.
Il crepuscolo dei Media
10 anni su un piano inclinato,29% in meno di lettori e 50% di copie vendute in
meno, un crollo devastante, i primi 6 quotidiani italiani superano di poco il
milione di copie, non tutto è passato sul web visto le difficoltà di accesso che
ancora il Paese sconta su internet e sulla alfabetizzazione informatica molto bassa,
è anche un fenomeno sociale, lo schiacciamento del ceto medio verso il basso ha 24
determinato un decremento di acquisto dei giornali e un abbassamento reale dei
lettori. Gli utenti medi dei siti web dei maggiori quotidiani italiani sono circa 4
Milioni di lettori che si impennano in presenza di notizie ed eventi di grande
interesse giornaliero, tanti click ma pochi ricavi infatti tanta informazione viaggia
in rete gratuitamente e i target pubblicitari sono molto distanti dai valori
determinati 10 anni fa dalla carta stampata. Nel 2008 in Italia operavano 7000
Lavoratori poligrafici oggi sono solo 3400. Tutta la filiera della carta legata alla
grafica e all’editoria è in profonda crisi a differenza del settore cartaio e
cartotecnico industriale che in questi anni si sta difendendo bene con un
incremento dei fatturati dovuti all’incremento dell’e-commerce che contribuisce
ad incrementare il mercato dell’imballo e del cartone per spedizione. Il settore è
impegnato nel tentativo quasi obbligato di trasformare i grandi impianti di
produzione della carta per usi grafici a centri di produzione di carta per
imballaggio.
L’intero settore dell’industria della Carta somma in Italia 170.000 addetti, fattura
mediamente 23,3 miliardi di euro con 18.000 aziende che generano almeno 1,4%
di PIL un settore che con tutte le sue luci ed ombre resta strategico dal punto di
vista industriale e va ricondotto ad un’unica piattaforma contrattuale di settore
soluzione indispensabile nel mutuare le opportunità con le criticità.
Se” Atene piange Sparta non ride “anche le TV sono sottoposte a picchi e flessi e
ad un mercato che cambia velocemente al mutare anche delle regole che il Paese
si dà per gestire l’informazione, i contenuti televisivi, la pubblicità e il continuo
processo tecnologico.
Il mercato della pubblicità televisiva si è espanso negli anni grazie alla nascita
delle reti private che hanno aperto i propri schermi a migliaia di aziende italiane e
a grandi brand internazionali ma dal 2010 al 2015 i ricavi da pubblicità sono
passati da 4,8 a 3,2 Mild. Pari al 44% in meno. La riduzione più vistosa ha
riguardato la TV pubblica, la RAI ha dovuto subire i tetti pubblicitari imposti dalla
regolamentazione, in un contesto molto affollato dove operano quasi duecento
25
canali nazionali e circa cento canali locali. La graduale caduta dei ricavi da
pubblicità ha spinto la Rai a ricercare il suo equilibrio puntando sulla stabilità
economica garantita dal canone pubblico di concessione e le altre aziende hanno
puntato sull’implementazione di canali a pagamento sia su tecnologia satellitare
che su tecnologia Digitale. L’ultima stima attendibile certifica ricavi nel settore
per 9,7 Mild con dati in aumento del 4% annuo. In particolare il 40% proviene
dalla pay TV, mentre il 34% dalla pubblicità.
Gli occupati nel settore radiotelevisivo nel 2015 erano circa 28.000 addetti e sono
scesi di ben 3000 risorse in solo due anni, c’è l’esigenza di modificare, ampliare e
diversificare l’azione per i grandi network nazionali, in una logica di competizione
rispetto ai nuovi player divenuti oggi una realtà strutturale come gli over the top:
Google, Amazon TV e Net Flix solo per citare i più famosi. Le regole di questo
Paese debbono saper garantire lo sviluppo armonico industriale di uno dei settori
più strategici ma al contempo debbono garantire la pluralità e la qualità
dell’informazione e soprattutto non rinunciare mai a tutte quelle potenzialità
Culturali e sociali che la Radio e la Televisione debbono sempre garantire ad uno
stato moderno e civilmente evoluto.
In Sicilia è presente una delle 21 sedi Regionali della Rai che garantisce
giornalmente l’informazione territoriale all’interno delle testate nazionali e una
produzione di prossimità fatta di finestre quotidiane regionali con la rubrica
buongiorno regione che ogni mattina ci sveglia portandoci a spasso per la Sicilia e
3 edizioni di Gr e TG. L’ultimo riordino in materia di concessione pubblica tra il
Ministero del Tesoro e la Rai ha confermato l’importanza delle Sedi Regionali
come presidio territoriale dell’informazione pubblica, come soggetto pubblico in
grado di interagire con le realtà produttive e culturali del Territorio, attraverso la
stipula di contratti di servizio regionali. A nostro avviso andrebbe sollecitato un
confronto tra il Presidente della Regione Sicilia, il Direttore Generale della Rai e il
presidente della Rai teso a verificare le reali esigenze ed attenzioni del Servizio
26
Pubblico nei confronti del nostro territorio e quali azioni possono essere attuate
per una puntuale analisi e valorizzazione delle nostre eccellenze e con quali
modalità realizzare progetti culturali patrocinate dalle istituzioni Regionali. Una
dotazione di budget finalizzato alla sede Territoriale in grado di consentire un
impegno di uomini e mezzi dell’unità produttiva siciliana a sostegno di una
progettualità condivisa con le istituzioni regionali. Un Contratto di Servizio reso
esigibile dal Territorio da una Convenzione pubblica tra la Presidenza della
Regione e la Rai situazione già strutturata in qualche altra Regione a statuto
speciale.
Le TLC
Le Telecomunicazioni rappresentano uno dei settori più strategici delle Economie
Moderne, dalla loro evoluzione passa una parte strutturale dello sviluppo del
Paese impegnato nel rincorrere un naturale cambiamento globale che genera
“Mercato “Investimenti occupazione innovazione Tecnologica Regole, Sicurezza
e Democrazia. I nostri primi 50 anni sono stati caratterizzati da un sistema
Nazionale che affidava il servizio pubblico ad un unico soggetto Monopolista che
raggiunse il suo massimo “splendore “nel periodo che va dagli anni 80 agli anni
90 determinando anche una strutturazione Internazionale che ci candidava al 5
posto nel mondo nel settore delle Telco. Successivamente il Paese si apri al
mercato interno ed esterno, le Comunicazioni TLC, Informazione, Media, si
canalizzano su un unico mercato l’avvento di un sistema globale in concorrenza a
mosso enormi quantità di denaro, dato un impulso all’evoluzione Tecnologica
generando notevoli vantaggi per i consumatori che da utenti si sono trasformati in
clienti che hanno visto migliorare la pluralità dei servizi offerti e una diminuzione
delle tariffe e dei costi in generale. Oggi il settore è in una fase di successiva
trasformazione che vuole traguardare un ulteriore traguardo che si chiama
digitalizzazione una nuova frontiera che mette in stretta correlazione Tecnologia,
Mercato, Regole e opportunità e ricadute sociali.
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Il Mercato delle TLC in Italia è un mercato sensibilmente piccolo e bloccato in
una spirale decrementale dei Ricavi, negli ultimi 10 anni abbiamo perso 14
Miliardi, circa – 30% del suo valore, cambia il mercato dei servizi e la sua
redditività, nel 2010 la Rete Fissa produceva 20,2 Mild e quella mobile 21,9 per
un totale di 42,1Mild.
Nel 2015 dalla Rete Fissa ricaviamo 15,7 Mild e dalla rete Mobile 16.1Mild per
un Totale di 31,9 Mild.A forza di rincorrersi su tariffe e servizi i margini per le
Aziende di Telecomunicazione si assottigliano e quindi i Ricavi calano. Il Mercato
odierno è così suddiviso:
Telecom 44,3
Vodafone 19,5
WindTre 21
BT italia 2,3
Altri 6,6
Siamo in attesa di un nuovo Operatore Mobile Free (Xavien Niel) che in Francia con
una forte politica low cost ha spostato 12 milioni di clienti e quantunque le aziende
sono riuscite a ridurre i costi del 31% di un Miliardo anno negli ultimi 9 anni
recuperando circa 9 Miliardi le cinque concessionarie del servizio pubblico in Italia
stanno facendo ricorso ad ammortizzatori sociali senza soluzione di continuità.
In questi ultimi mesi sono intervenute alcuni fatti nuovi è nata Wind Tre, I operatore
mobile con 31 milioni di clienti, esordisce Open Fiber Operatore pubblico Whole sale
only a cui viene affidata la realizzazione della Banda Ultra Larga nelle zone bianche
e stimola un meccanismo di forte concorrenza tra Telecom e gli altri operatori di Rete
Fissa Vodafone e Wind nelle aree metropolitane. nasce Flash Fiber nuova società
creata da Tim e Fastweb , intervengono alcune cessioni sugli apparati trasmissivi
vengono cedute le Torri da Galata Wind a Celinex ,da Tim a Inwit questa scelta in
pochi mesi genera notevoli plusvalenze rivitalizzando un settore che guarda al
mercato delle nuove frequenze del 5G nel mobile e alle possibili sinergie con il
settore Televisivo, fattori nuovi che generano un leggero incremento dei Ricavi , 28
+0,4% un segnale che va salutato con speranza, sale del 46%sulla Rete Fisso il
traffico Dati, crolla il traffico da sms – 26% ma la battaglia resta quella con gli over
the Top sui nuovi Mercati digitali. Gli Investimenti viaggiano ad una media di 6
Miliardi anno e rappresentano il 20% dei Ricavi, tale rapporto premia l’Italia che
negli ultimi 5 anni ha recuperato il gap con i Paesi europei per gli Investimenti sulle
Reti ultrabroadband. Sulla Larga Banda il Target fissato dal Governo Italiano al 75%
della popolazione, con tecnologie diverse, a giugno 2017 è quasi sfiorato siamo al
72% di abitazioni raggiunte con una media europea del 76%. Anche la velocità è in
aumento su 20 Milioni di Linee 2,8 sono superiori ai 30 Mega, i risultati della
copertura del Territorio sono assicurati dal Ruolo del Segnale Mobile che da solo
copre il 22% delle abitazioni portando al 97% la popolazione assistita, in attesa
dell’implementazione della Rete a 5G.La sfida delle Telco sta nelle infrastrutture
di Rete il nuovo mercato passa dall’economia digitale dai nuovi Cloud, Internet
of Things, Industria 4.0, il mercato dei contenuti, degli Smart Home, della
Security ,Big Data, E commerce, Digital Media Pay. non sono una somma di
acronimi questo è il nostro futuro, ogni segmento sviluppato è in grado di generare
nuovi Ricavi, questo è il nuovo mercato questa è la nuova frontiera che siamo
chiamati a presidiare. Siamo dinanzi ad un cambiamento strutturale del Settore che
deve cambiare il Kow How dei Lavoratori chiamati ad un lungo processo di
riqualificazione ed integrazione con nuove professionalità immesse dal Mercato
del Lavoro.
In tutto questo un ruolo lo gioca la Politica e le Regole, tutte e due si intrecciano con
la scelta del Governo di creare un nuovo operatore di Rete Pubblica che sta
sparigliando la gestione dell’ultimo miglio della Rete d’accesso, infrastruttura
nazionale di proprietà dell’ex monopolista privatizzato alcuni anni fa sempre dalla
politica di questo Paese. Se guardiamo i programmi elettorali dei quattro maggiori
partiti Italiani 3 su 4 prevedono una unica Rete Pubblica Nazionale quindi un
rafforzamento del ruolo affidato ad Open Fiber, società con solo 570 dipendenti che
si avvale per la realizzazione dell’appalto delle maggiori aziende di istallazioni
telefoniche, a cui è stata affidata la missione di fornitore all’ingrosso di Rete e di 29
Fibra del Mercato in naturale concorrenza con Tim società con 50,000 addetti più
l’indotto che dopo aver provato ad accelerare ha cambiato strategia presentando
all’autority delle Telecomunicazioni un piano di separazione della Rete con la
creazione di un nuovo soggetto societario al 100% di sua proprietà che si candida a
gestire il mercato all’ingrosso con un notevole spreco di risorse pubbliche e private in
un contesto di difficile interpretazione per quanto riguarda il Futuro affidato
esclusivamente dal mercato a soggetti imprenditoriali -esteri infatti oggi tutti gli
operatori concessionari del servizio pubblico di Telecomunicazioni sono stranieri,
multinazionali e fondi di investimento hanno nelle loro mani il futuro di migliaia di
Lavoratori e uno degli asset più strategici del Paese , non abbiamo nessuna visione
nazionalista ma chiediamo con forza un ruolo istituzionale della Politica Italiana
chiamata ad esprimere una politica programmatica in grado di governare i
cambiamenti salvaguardando i livelli occupazionali oltre che con una strategia
industriale, soprattutto con un sistema di “regole “in grado di generare equilibrio. Se
poi prevale solo l’aspetto Finanziario è ancora peggio, nessuna richiesta
protezionistica, ma nemmeno il futuro di migliaia di Lavoratori deciso dalla “borsa”
che rischia di generare ottime plusvalenze per una platea di operatori finanziari
internazionali e il peso dei costi sociali scaricati sui Lavoratori e sulle casse pubbliche
nazionali. La nostra preoccupazione va agli effetti possibili dell’uscita della Rete Tim
su una struttura che vedrebbe un nuovo soggetto confrontatasi sul Mercato con
30.000 addetti a fronte di aziende concorrenti che viaggiano con numeri molto più
bassi, ed un’età media differita di 10 anni. Siamo a rischio sociale altissimo.
Non possiamo ripetere l’esperienza fatta nel mondo dell’Outsourcing dove le Regole
le abbiamo inseguite per dieci anni e quando le abbiamo ottenute sono costate mesi di
mobilitazione e tanti posti di lavoro persi per strada, mi riferisco alla vertenza
Almaviva che ha messo l’accento su problemi strutturali che affliggono il settore,
delocalizzazioni, gare al massimo ribasso, cessioni di commesse, sono stati mesi
pesanti, ogni settimana RSU e Segreteria nelle strade, in prefettura ,alla Regione,
tante notti passate al Mise e poi in assemblea a confrontarti con migliaia di persone
disperate aggrappate a quelle 500 euro al mese unica fonte di guadagno per il proprio 30
nucleo familiare ,non è stato facile guidare la vertenza soprattutto nella fase finale
quando abbiamo dovuto convincere i Lavoratori che era arrivato il momento di
firmare gli accordi in un clima di rabbia sociale di delusione per un Paese che ti da
quello che ti spetta solo dopo averci rimesso l’osso del collo, a Roma 1600 Lavoratori
anche con qualche responsabilità sindacale hanno perso definitamente il posto di
Lavoro. Mi corre l’obbligo e lo faccio con piacere ringraziare Leoluca Orlando,
Giovanna Marano che sono stati per mesi un riferimento anche sul piano personale
oltre che istituzionale nel rappresentare il Territorio e le aspettative di migliaia di
persone. Le scelte annunciate da Almaviva poche settimane fa con la
socetarizzazione del sito di Palermo suona come una solenne provocazione, da un
lato la richiesta di un tavolo istituzionale per la tenuta delle commesse in scadenza sul
Territorio, dall’altro il ricatto sociale di una scelta solo finanziaria che rischia di
ipotecare definitivamente il futuro Industriale di Palermo, questa è una vertenza
Nazionale, che viene scaricata su Palermo approfittando di un Paese che non ha un
Governo, serve un forte patto di convergenza Politica tra il Governo Regionale, il
comune di Palermo e le OO.SS. in grado di resistere alle provocazioni di Almaviva
ma soprattutto di mettere in sicurezza i Livelli Occupazionali con una azione di forte
trasparenza dei grandi Committenti Nazionali chiamati direttamente in causa dagli
effetti di questa vertenza. Caro Presidente Musumeci ,caro Sindaco Orlando vi
vogliamo al nostro fianco.
Il 30 maggio 2016 firmiamo l’accordo che regola l’applicazione della legge n 11
articolo 1 che regola l’appalto nel call center con la definizione delle “clausole sociali
“che legheranno il Lavoro al Lavoratore impedendo di spostare le commesse dal
Territorio ove le stesse incidono, completando i contenuti art.53 del CCNL scritto
tanti anni fa e mai definito;4 Maggio 2017 , protocollo Call Center entrano in campo
una serie di regole per contrastare le delocalizzazioni con la sterilizzazione del costo
del lavoro per i committenti e l’impegno sottoscritto dai maggiori Utility a lavorare al
80% dei volumi in Italia; 29 Dicembre 2017 Decreto emanato dal Ministero del
Lavoro che stabilisce il costo del Lavoro medio al minuto pari per esempio a
0.42centesimi al minuto per un Lavoratore inquadrato al 3 Livello retributivo. Questi 31
sono i nostri Ricavi sociali sono le cose su cui abbiamo lottato in questi anni e che
vanno verificati nella loro efficacia correggendo quello che non funziona.
Ci abbiamo messo tanto tempo e molte cose hanno seguito la loro strada oppure al
sopraggiungere di dette regole i committenti hanno cambiano strategia per eludere i
correttivi, è il caso delle gare bandite non per spostare eventualmente la commessa da
un operatore all’altro ma solo per stimare a ribasso la commessa lasciandola allo
stesso fornitore ma pretendendo un prezzo più basso compensato magari da un
aumento di volumi, è un fenomeno che stiamo monitorando sul Territorio; abbiamo
casi di esuberi strutturali di Aziende che non si sono più riprese dalla perdita di una
commessa, 4U,oppure esuberi strutturali per cambio Lavorazione e segmento è il
caso di Atlanet dove il 50% del personale ha lasciato l’azienda volontariamente a
fronte di un incentivo, non ultimo il caso di Comdata azienda presente sul Territori a
fronte della cessione di ramo contact center di Wind tre dove sono scomparsi nel giro
di pochi mesi volumi che occupavano 100 somministrati. Vanno riaperti i Tavoli
Istituzionali Nazionali per presidiare il Territorio sulle maggiori crisi del
comparto e vanno verificati i volumi di attività che dovevano rientrare con
l’applicazione del protocollo “Calenda” che noi non riusciamo completamente a
stimare. Permettetemi una battuta: Ogni giorno che passa ci convinciamo sempre
di più che dall’estero non è rientrata nemmeno una telefonata e il prezzo delle
chiamate al minuto viaggia con tariffe notevolmente al di sotto di quelle previste,
così siamo punto e a capo.
Il Mercato del Contact Center cresce dal 2% al 4% su ricerche di mercato e Logistica,
le prime 10 aziende fatturano il 60% dei Ricavi, il rapporto tra costi e ricavi è pari al
95%, i ricavi crescono del 11% a fronte di un aumento dei volumi ma crescono pure i
costi, il personale incide del 80% dei costi che tendono ad aumentare a causa calo
ammortizzatori sociali, aumento contributi sui co.co.co., incidenza sgravi contributivi
che vanno cessando. Il settore del Contact Center ricerca un aumento degli
investimenti sui software, nuovi sistemi per aumentare la produttività, la qualità e
nuovi canali di contatto: chat, mail, sms, social Media. Il futuro va verso una
32
personalizzazione dei fabbisogni del cliente con l’uso di Intelligenza artificiale con
l’utilizzo di algoritmi che verranno via via incrementati.
La Filiera TLC nell’ultimo anno ha perso 13.000 addetti, cresce l’età anagrafica, i
Lavoratori Part Time sono il 30% con estremi al 80% nei Contact Center dato
invariato negli ultimi 6 anni basso tasso di Tourover quasi inesistente nei Contact
Center.
Il nostro Futuro passa dal Know how del Networking dobbiamo mantenere quello
che abbiamo e creare e gestire contenuti, dati, suoni, immagini gestiti anche in
termini virtuali, capitalizzare le informazioni disponibili sulle community per
diventare leder virtuali e influecer, creare utility, sperimentare strumenti nuovi per
ripensare la propria attività, andranno ridisegnati le skills: solo il mercato Smart vale
almeno 3 miliardi, Smart utility, Smart city Smart building, Smart TV tutto questo
passa da Reti, da Contact, Cellulari e wireless, il fatturato maggiore arriverà dalla
lettura dei contatori di Gas e Rete Elettrica e dal industria 4.0 si stima un risultato di
circa 2 miliardi di euro.
Questo è il tempo delle scelte: qualità del capitale umano e coraggio nel
sollecitare il cambiamento faranno la differenza nel nostro prossimo futuro.
L’Organizzazione
La Uilcom Sicilia gode di ottima salute, rappresenta una media congressuale alta di
iscritti, una pluralità di aziende, comparti settori che insieme costituiscono la Filiera
delle Comunicazioni, uno degli asset più strategico del paese sottoposto a continui e
repentini cambiamenti a cui corrisponde una maggiore richiesta di tutele e azione del
sindacato che conferma la validità del progetto fondati vo della Uilcom partito più di
10 anni fa. Di strada ne abbiamo fatta tanta , partimmo da una realtà mono aziendale
eravamo quattro amici al bar e siamo arrivati qui ed ognuno di voi rappresenta 30
iscritti , una federazione presente in tutte le aziende nel Territorio, ma non è una 33
questione di numeri perché questa organizzazione ha un Anima è quel ‘anima siete
tutti voi, uomini e donne che rappresentate con il vostro lavoro, il vostro impegno
quotidiano, la vostra intelligenza le speranze e le aspettative di migliaia di Lavoratori
che operano nella nostra categoria in questa Regione. Questi ultimi 4 anni sono stati
molto pesanti, le foto che abbiamo visto scorrere certificano gli eventi, abbiamo
lottato contro tutti e contro tutto, la crisi, il mercato, la cattiva politica, l’assenza di
regole, sempre sull’orlo di una crisi di nervi a rincorrere una volta risorse, una volta
ammortizzatori sociali, piani di risanamento, sviluppo e occupazione, Vertenze,
Tavoli e Piazze li abbiamo sempre riempito di contenuti e di proposte, abbiamo
tracciato la rotta, l’abbiamo messa a confronto con quella tracciata da altri e quando
abbiamo capito che andava cambiata lo abbiamo fatto senza pregiudizi perché quando
il barometro segna burrasca l’importante è arrivare in porto e non inseguire primati
per arrivare primi o peggio naufragare sugli scogli come nella vertenza Telecom
dove qualcuno ha portato i lavoratori allo scontro senza raccogliere alcun risultato, e
come sappiamo il viaggio continua.
Solo un anno fa abbiamo aggiornato il nostro progetto organizzativo con la
Conferenza di Organizzazione di tutta la UIL, noi il progetto spesso lo abbiamo
anticipato ti tanti anni riempiendo l’organizzazione di tanti giovani, investendo tante
risorse in formazione dei quadri sindacali, aprendo gli organismi deliberanti alle
RSU, valorizzando la presenza di genere negli organismi esecutivi, abbiamo
accorpato sei provincie su nove salvaguardando le peculiarità e le specificità di ogni
Territorio. Il modello che ci siamo dati ha comunque funzionato, una Segreteria che
intendo riproporre al congresso,- Marco ,Rosy ,Rosalba ,Alessandro ed Emilio-
spesso appesantita da tante problematiche di salute che non ha mai mollato e
soprattutto ha delegato le scelte che l’organizzazione ha preso all’Esecutivo
Regionale che ha rappresentato il motore politico della Uilcom Sicilia ai colleghi ed
amici Alfredo, Ernesto, Francesco, Giovanni, SergioI e Sergio II va il mio più sincero
ringraziamento per il contributo dato all’organizzazione e soprattutto per il sostegno
esercitato nel costruire la linea politica dell’organizzazione. In questi anni da
Segretario Generale ho delegato qualche collega del Direttivo a rappresentare con il 34
suo lavoro alcune aziende o aree non sempre presidiate a pieno dalla nostra categoria
è un modello che ha funzionato che intendo ampliare considerato che la Uilcom ha al
suo interno una pluralità di risorse umane di pregio, tanti giovani a cui va garantita
l’opportunità di crescere e di consolidare un esperienza unica nella propria vita
sindacale ,Non ci sono solo le cose che funzionano ma anche quelle che non hanno
funzionato che ci hanno contrariato , che hanno comunque marcato una sconfitta o
evidenziato un deficit da recuperare, la prima che mi riguarda è stata quella di aver
dato fiducia incondizionata ad un gruppo di persone che nel pieno di una complicata
vertenza ha anteposto qualche interesse personale ad un obbiettivo collettivo, ingoiata
l’amara pillola, la mia soddisfazione va alla ricostituita struttura di Messina che
giorno 16 Marzo a ripreso forma con l’elezione della nuova Segreteria Territoriale , a
Giuseppe, Paolo e Nuccia e a tutto il gruppo di Messina va il nostro ringraziamento e
il nostro sostegno. Un deficit Organizzativo da recuperare immediatamente è il
Coordinamento Pari Opportunità che a seguito di alcune vicissitudini non proprio
banali, come Licia, a cui avevamo affidato il ruolo e l’onere di presidiare il “pezzo”
ha perso il lavoro e a piu di 40 anni sta provando a reinventarsi un futuro, a noi il
compito di rivitalizzare il Coordinamento salvaguardando una progettualità che ha
visto la Uilcom Sicilia negli anni passati fare da apripista nel sostenere il difficile
percorso delle donne nella società, sui posti di lavoro ancora discriminate da mille
pregiudizi ma anche da sostanziali vincoli contrattuali e normativi che vanno rimossi.
Professiamo con il nostro impegno quotidiano il rispetto di tutte le donne e
combattiamo tutte le violenze di genere.
In questo mandato congressuale ho sollevato dentro gli Organismi della Uilcom e
della Uil due Temi il Tesseramento e i Servizi ho capito che nella nostra
organizzazione se si parla di politiche hai grande attenzione e disponibilità,
consentitemi una battuta, appena parli di “piccioli” la cosa si complicano, mi spigo
meglio, se le cose che proponi modificano l’onere per i livelli di rappresentanza
allora chi avrebbe l’onere maggiore diventa resistente al cambiamento quindi
“diversamente attento”, Cervantes a scuola non era il mio scrittore preferito, per cui
credo che adesso tocchi ad “altri” trovare le soluzioni, dobbiamo fare uno sforzo tutti 35
per correggere alcune discrasie organizzative che se risolte possono portare benefici a
tutti i livelli di rappresentanza e aumentare la funzionalità dell’organizzazione
dimenticavo se non ci riusciamo io ritornerò a picchiare sul pezzo.
.
Mi avvio a concludere questo intervento, desidero ringraziare Claudio Barone,
segretario della UIL Sicilia per l’attenzione che ha sempre riservato alle politiche
della nostra categoria, un impegno preso tanti anni fa che è continuato con rinnovato
vigore nel tenere sempre attivo un confronto leale e franco foriero di alcune risultanze
che hanno contraddistinto il nostro operare, sui grandi temi sulle grandi vertenze
Claudio è sempre stato al nostro fianco.
Ringrazio Salvo Uglialoro che anni fa mosse i primi passi in questa struttura che ci ha
regalato la gioia il piacere e la responsabilità di vedere a capo del nostro sindacato un
giovane siciliano che ha fatto con merito tanta strada, alimentando le nostre speranze
nel vedere la nostra Terra rappresentata al meglio delle sue potenzialità, caro Salvo
noi spesso ti tiriamo la giacca fino a strapparla ma siamo fatti così è il nostro modo di
dimostrarti il nostro affetto, ricordo come oggi l’articolo che ti dedico il sole 24 ore
come l’RSU più votata d’Italia nella tua azienda, oggi qui dentro ci sono tante RSU
che testimoniano con il loro impegno le aspettative le speranze di migliaia di uomini
e donne, ascoltale, assecondale ,rispettale, il compito più difficile è trasformare le
nostre istanze in accordi sindacali, si perché il Lavoro di un dirigente sindacale è
quello di governare i processi attraverso le tutele che affidiamo agli accordi che
sottoscriviamo e se il Paese ha risposto come ha risposto nelle ultime consultazioni
politiche vuol dire che migliaia di persone iscritte al sindacato confederale soffrono
di diplopia sociale una situazione che impone una profonda riflessione anche nel
sindacato, questo è il tempo delle scelte serve il coraggio nel sollecitare il
cambiamento caro Salvo vai avanti non ti fermare, noi siamo con te.
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Cari “ragazzi” sono orgoglioso di godere della vostra amicizia e della vostra fiducia,
ne sento tutto il peso e la responsabilità, noi in questi anni abbiamo puntato ad un
modello di squadra privilegiando sempre il confronto, cercando sempre di dare
priorità ad obbiettivi ed interessi collettivi rispetto a risultati individuali, ma è il
vostro contributo personale , la vostra passione, la vostra pulizia interiore i nostri
valori fanno grande la nostra organizzazione vorrei nominarvi tutti uno ad uno ……..
grazie, spero che questa relazione sappia sollecitare il vostro consenso e stimoli la
vostra partecipazione ai Lavori del V congresso della Uilcom...vi voglio tanto bene
W la Uilcom w le formiche abbasso le cicale.
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