Quale “consapevolezza” dell’anosognosia nel paziente affetto da Demenza?

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QUALE “CONSAPEVOLEZZA” DELL’ANOSOGNOSIA NEL PAZIENTE AFFETTO DA DEMENZA? C. Pagni, G. Tognoni, C. Frittelli, L. Volpi, C. Carlesi, I. Ghicopulos e I. Falorni Università di Pisa, Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale S. Chiara Modelli Cognitive Cognitive Awarness Awarness Model Model (Agnew & Morris, 1998) “mnemonic anosognosia” il deficit delle funzioni mnesiche impedisce di aggiornare il proprio database personale e di operare una corretta auto-valutazione. Il disturbo è di natura temporale Approccio Approccio Psicosociale Psicosociale all’anosognosia all’anosognosia (Clare, 2003) il soggetto sperimenta una tensione nel Sé fra meccanismi di self- maintenance e self-adjustment e deve attuare delle strategie di coping. Anosognosia = risposta adattiva del soggetto inserito nel proprio ambiente socio-culturale Il danno ippocampale impedisce al Sé di integrare le nuove conoscenze. L’anosognosia non è un fenomeno “tutto o niente”, ma si svolge lungo un continuum che va da una profonda consapevolezza del deficit fino a fenomeni di minimizzazione e diniego. La coesistenza di diversi fattori (anatomici, psicologici e sociali) spiega l’estrema eterogeneità nella presentazione clinica del disturbo ed il coesistere di modelli ed ipotesi esplicative derivati da diversi approcci. Introduzione La presenza di anosognosia è un aspetto importante nella cura del paziente affetto da demenza, che merita particolare considerazione in sede di raccolta del consenso al trattamento. Nei pazienti con Malattia di Alzheimer (MA), l’anosognosia si esprime come la mancanza di consapevolezza dei deficit nelle cosiddette ADL (Activities of Daily Living) e IADL (Instrumental Activities of Daily Living), nonché dei cambiamenti comportamentali e dei disturbi dell’umore. In questa sede vogliamo prendere in considerazione mancanza dei consapevolezza nell’area delle IADL che comprende, ad esempio, il giudizio circa la proprie capacità di orientamento spazio- temporale, di ricordare appuntamenti, gestire il denaro, fare calcoli a mente. La letteratura non ha messo in luce uno specifico profilo cognitivo che sottende il disturbo. La presenza di deficit cognitivi, infatti, non è sufficiente per determinare anosognosia. Per quanto concerne le caratteristiche del paziente, viene spesso riportata una correlazione positiva fra anosognosia, durata di malattia e, di conseguenza, gravità della demenza. Inoltre, il disturbo tende ad essere più marcato all’aumentare dell’età di insorgenza della demenza. Dati contrastanti riguardano l’associazione fra anosognosia e depressione. In generale, quando sono soddisfatti i criteri per depressione maggiore, non c’è correlazione con l’anosognosia; la depressione lieve, al contrario, correla con l’anosognosia, specialmente quando valutata attraverso scale di self- report. Una forte associazione è presente fra anosognosia e disinibizione, verosimilmente espressione di un comune substrato anatomico (regioni orbitofrontali). Non è stata evidenziata correlazione fra il giudizio circa la propria funzionalità mnesico-cognitiva, il MMSE e la CDR. Inoltre solo il 18% dei pazienti percepisce un peggioramento dopo aver effettuato il MMSE (vedi Tabella 1 e Grafico 1). Dal colloquio con i familiari, in tutti pazienti i deficit cognitivi apparivano più marcati. Secondo le indicazioni riportate in letteratura, una differenza superiore a 4 punti fra le due forme del questionario AQ-D (caregiver vs paziente) è stata utilizzata come cut-off per la detezione dell’anosognosia (Starkstein, 2006). Il 56% del campione è risultato anosognosico ed in una percentuale di questi pazienti (28%) veniva comunque riferito l’utilizzo di strategie compensative nella vita quotidiana (vedi Grafico 2). Inoltre, in generale alla presenza del caregiver, i pazienti tendevano a sottolineare di più i propri deficit. La progressiva atrofia delle aree corticali fronto-temporo-perietali determina la perdita graduale delle informazioni semantiche personali. Come conseguenza il concetto di Sé rimane “congelato” nel tempo. Distinzione fra elaborazione implicita vs esplicita The Petrified The Petrified Self Self (Mograbi et al., 2009) Grafico 1 - confronto giudizio pre vs post MMSE nel campione esaminato 58% 24% 18% Gudizio pre MMSE = giudizio post MMSE Gudizio pre MMSE < giudizio post MMSE Gudizio pre MMSE > giudizio post MMSE % sul totale MMSE CDR giudizio medio pre MMSE giudizio medio post MMSE AQ-D pz Nella pratica ambulatoriale delle Unità di Valutazione Alzheimer spesso si hanno a disposizione solo pochi strumenti per la valutazione e i tempi della visita devono necessariamente essere contenuti. Nel nostro Ambulatorio abbiamo integrato al Mini Mental State Examination (MMSE) e alla Clinical Dementia Rating Scale (CDR), il Questionario per l’Anosognosia nella Demenza (AQ-D short version, Migliorelli 1995) e una scala analogica a 10 punti di autovalutazione della funzionalità mnesico- cognitiva da completare prima e dopo il MMSE. Sono stati valutati 21 pazienti consecutivi (14 femmine e 7 maschi), con diagnosi di Malattia di Alzheimer da lieve a moderata e con assenza di depressione clinicamente significativa (GDS< 9). Il range di età dei pazienti è compreso fra 60-85 anni (età media 75), la CDR è compresa fra 0.5 e 2. Risultati Grafico 2 - % di pz anosognosici sul totale del campione esaminato 30% 40% 50% 60% espressione di un comune substrato anatomico (regioni orbitofrontali). Metodo Bibliografia Mograbi D.C., Brown R.G., Morris R.G. (2009). Anosognosia in Alzheimer’s Disease – The petrified self, Consciousness and Cognition, 18,989-1003. Kashiwa Y., Kitabayashi Y., Narumoto J., Nakamura K., Ueda H., Fukui J., (2005). Anosognosia in Alzheimer’s Disease: Association with patient characteristics, psychiatric symptoms and cognitive deficits. Psychiatry and Neurosciences, 59, 697 - 704 Starkstein SE, Jorge R, Mizrahi R, Robinson RG. (2006). A diagnostic formulation for anosognosia in Alzheimer's disease. J Neurol Neurosurg Psychiatry, 77(6):719-25 Clare L. (2003). Managing threats to self: Awarness in early stage Alzheimer’s Disease. Social Science & Medicine, 57,1017-1029. Agnew S.K. & Morris R.G. (1998). The heterogeneity of anosognosia for memory impairment in Alzheimer’s Disease: A review of literature and a proposed model. Aging & Mental Health, 2,7-19. totale pre MMSE post MMSE Gudizio pre MMSE = giudizio post MMSE 58% 20.15 1.18 6.7 5.9 7.23 Gudizio pre MMSE < giudizio post MMSE 24% 19.67 1 4.3 5.9 11.4 Gudizio pre MMSE > giudizio post MMSE 18% 20 1.35 6.6 3.1 17.6 0% 10% 20% 30% pz anosognosici pz non anosognosici % di pazienti che utilizzano strategie compensative Contrariamente a quanto riportato in letteratura, non è stata rilevata una correlazione fra gravità della demenza e anosognosia, probabimente attribuibile all’esiguità del campione esaminato. Il grado di compromissione delle funzioni frontali, a parità di CDR, potrebbe spiegare il diverso livello di consapevolezza riscontrato nei pazienti. Il dato che vorremmo sottolineare, anche al fine di impostare una valutazione corretta dell’anosognosia, è la presenza di una sorta di consapevolezza anche in pazienti che risultano anosognosici alle scale di valutazione. Ovvero il 28% dei pazienti nella vita quotidiana è in grado di attuare delle strategie compensative che presuppongono la consapevolezza di non sentirsi adeguati per quel compito. Questa consapevolezza “implicita” o “mascherata” dai tratti di personalità non viene rilevata dai comuni strumenti validati per questo tipo di disturbo. Alla luce di queste considerazioni, si pongono alcune domande: Quali aspetti della consapevolezza indagare? E’ necessaria una conoscenza della personalità premorbosa, comunque legata al giudizio del caregiver? Gli strumenti più accurati per la detezione dell’anosognosia dovrebbero essere basati sullo specifico pattern di attività, interessi, comportamenti e vissuti del soggetto. Tale valutazione personalizzata è possibile in contesti clinici? Discussione Tabella 1

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Poster di C. Pagni, G. Tognoni, C. Frittelli, L. Volpi, C. Carlesi, I. Ghicopulos e I. Falorni. Università di Pisa, Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale S. Chiara. Presentato a Padova per il convegno "Neuroetica" 3-7/06/2010. Poster relativi a lavori sperimentali, teorici, analitici e critici riguardanti le applicazioni e le ricadute filosofiche, sociali, legali e politiche della ricerca neuroscientifica.

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QUALE “CONSAPEVOLEZZA” DELL’ANOSOGNOSIA NEL PAZIENTE AFFETTO DA DEMENZA?

C. Pagni, G. Tognoni, C. Frittelli, L. Volpi, C. Carlesi, I. Ghicopulos e I. Falorni

Università di Pisa, Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale S. Chiara

Modelli

Cognitive Cognitive Awarness Awarness

ModelModel(Agnew & Morris, 1998)

“mnemonic anosognosia”il deficit delle funzioni mnesiche impedisce di aggiornare il proprio database personale e di operare una corretta auto-valutazione.Il disturbo è di natura temporale

Approccio Approccio Psicosociale Psicosociale

all’anosognosiaall’anosognosia(Clare, 2003)

il soggetto sperimenta una tensione nel Sé fra meccanismi di self-maintenance e self-adjustment e deve attuare delle strategie di coping.Anosognosia = risposta adattiva del soggetto inserito nel proprio ambiente socio-culturale

Il danno ippocampale impedisce al Sé di integrare le nuove conoscenze.

L’anosognosia non è un fenomeno “tutto o niente”, ma si svolge lungo un continuumche va da una profonda consapevolezza del deficit fino a fenomeni di minimizzazione ediniego. La coesistenza di diversi fattori (anatomici, psicologici e sociali) spiegal’estrema eterogeneità nella presentazione clinica del disturbo ed il coesistere di modellied ipotesi esplicative derivati da diversi approcci.

IntroduzioneLa presenza di anosognosia è un aspetto importante nella cura del paziente affetto da demenza, che

merita particolare considerazione in sede di raccolta del consenso al trattamento.

Nei pazienti con Malattia di Alzheimer (MA), l’anosognosia si esprime come la mancanza di

consapevolezza dei deficit nelle cosiddette ADL (Activities of Daily Living) e IADL (Instrumental

Activities of Daily Living), nonché dei cambiamenti comportamentali e dei disturbi dell’umore. In

questa sede vogliamo prendere in considerazione mancanza dei consapevolezza nell’area delle

IADL che comprende, ad esempio, il giudizio circa la proprie capacità di orientamento spazio-

temporale, di ricordare appuntamenti, gestire il denaro, fare calcoli a mente.

La letteratura non ha messo in luce uno specifico profilo cognitivo che sottende il disturbo. La

presenza di deficit cognitivi, infatti, non è sufficiente per determinare anosognosia.

Per quanto concerne le caratteristiche del paziente, viene spesso riportata una correlazione positiva

fra anosognosia, durata di malattia e, di conseguenza, gravità della demenza. Inoltre, il disturbo

tende ad essere più marcato all’aumentare dell’età di insorgenza della demenza.

Dati contrastanti riguardano l’associazione fra anosognosia e depressione. In generale, quando sono

soddisfatti i criteri per depressione maggiore, non c’è correlazione con l’anosognosia; la depressione

lieve, al contrario, correla con l’anosognosia, specialmente quando valutata attraverso scale di self-

report. Una forte associazione è presente fra anosognosia e disinibizione, verosimilmente

espressione di un comune substrato anatomico (regioni orbitofrontali).

Non è stata evidenziata correlazione fra il giudizio circa la propria funzionalità mnesico-cognitiva, il

MMSE e la CDR. Inoltre solo il 18% dei pazienti percepisce un peggioramento dopo aver effettuato il

MMSE (vedi Tabella 1 e Grafico 1).

Dal colloquio con i familiari, in tutti pazienti i deficit cognitivi apparivano più marcati. Secondo le

indicazioni riportate in letteratura, una differenza superiore a 4 punti fra le due forme del questionario

AQ-D (caregiver vs paziente) è stata utilizzata come cut-off per la detezione dell’anosognosia

(Starkstein, 2006). Il 56% del campione è risultato anosognosico ed in una percentuale di questi

pazienti (28%) veniva comunque riferito l’utilizzo di strategie compensative nella vita quotidiana (vedi

Grafico 2). Inoltre, in generale alla presenza del caregiver, i pazienti tendevano a sottolineare di più i

propri deficit.

conoscenze.La progressiva atrofia delle aree corticali fronto-temporo-perietali determina la perdita graduale delle informazioni semantiche personali. Come conseguenza il concetto di Sé rimane “congelato” nel tempo.Distinzione fra elaborazione implicita vs esplicita

The Petrified The Petrified SelfSelf

(Mograbi et al., 2009)

G rafico 1 - con fron to g iu diz io pre vs post M M SE n el camp ion e esamin a to

58 %24 %

18 %Gudizio pre M MSE =giudizio post MM SE

Gudizio pre M MSE <giudizio post MM SE

Gudizio pre M MSE >giudizio post MM SE

% sul totale MMSE CDR

giudizio medio pre MMSE

giudizio medio post MMSE AQ-D pz

Nella pratica ambulatoriale delle Unità di Valutazione Alzheimer spesso si hanno a disposizione solo

pochi strumenti per la valutazione e i tempi della visita devono necessariamente essere contenuti.

Nel nostro Ambulatorio abbiamo integrato al Mini Mental State Examination (MMSE) e alla Clinical

Dementia Rating Scale (CDR), il Questionario per l’Anosognosia nella Demenza (AQ-D short version,

Migliorelli 1995) e una scala analogica a 10 punti di autovalutazione della funzionalità mnesico-

cognitiva da completare prima e dopo il MMSE.

Sono stati valutati 21 pazienti consecutivi (14 femmine e 7 maschi), con diagnosi di Malattia di

Alzheimer da lieve a moderata e con assenza di depressione clinicamente significativa (GDS< 9).

Il range di età dei pazienti è compreso fra 60-85 anni (età media 75), la CDR è compresa fra 0.5 e 2.

Risultati

Grafico 2 - % d i pz anosogn osic i su l to ta le de l camp ione esam inato

30%

40%

50%

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espressione di un comune substrato anatomico (regioni orbitofrontali).

Metodo

BibliografiaMograbi D.C., Brown R.G., Morris R.G. (2009). Anosognosia in Alzheimer’s Disease – The petrified self, Consciousness and Cognition, 18,989-1003.Kashiwa Y., Kitabayashi Y., Narumoto J., Nakamura K., Ueda H., Fukui J., (2005). Anosognosia in Alzheimer’s Disease: Association with patient characteristics, psychiatric symptoms and cognitive deficits. Psychiatry and Neurosciences, 59, 697 - 704Starkstein SE, Jorge R, Mizrahi R, Robinson RG. (2006). A diagnostic formulation for anosognosia in Alzheimer's disease. J Neurol Neurosurg Psychiatry, 77(6):719-25Clare L. (2003). Managing threats to self: Awarness in early stage Alzheimer’s Disease. Social Science & Medicine, 57,1017-1029.Agnew S.K. & Morris R.G. (1998). The heterogeneity of anosognosia for memory impairment in Alzheimer’s Disease: A review of literature and a proposed model. Aging & Mental Health, 2,7-19.

totale pre MMSE post MMSE

Gudizio pre MMSE = giudizio post MMSE58% 20.15 1.18 6.7 5.9 7.23

Gudizio pre MMSE < giudizio post MMSE24% 19.67 1 4.3 5.9 11.4

Gudizio pre MMSE > giudizio post MMSE18% 20 1.35 6.6 3.1 17.6

0%

10%

20%

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pz ano sogno sici pz no n anosognosici

���� % di pazienti che utilizzano strategie compensative

Contrariamente a quanto riportato in letteratura, non è stata rilevata una correlazione fra gravità della demenza e anosognosia, probabimente attribuibile all’esiguità del campione esaminato. Il grado

di compromissione delle funzioni frontali, a parità di CDR, potrebbe spiegare il diverso livello di consapevolezza riscontrato nei pazienti.

Il dato che vorremmo sottolineare, anche al fine di impostare una valutazione corretta dell’anosognosia, è la presenza di una sorta di consapevolezza anche in pazienti che risultano anosognosici

alle scale di valutazione. Ovvero il 28% dei pazienti nella vita quotidiana è in grado di attuare delle strategie compensative che presuppongono la consapevolezza di non sentirsi adeguati per quel

compito. Questa consapevolezza “implicita” o “mascherata” dai tratti di personalità non viene rilevata dai comuni strumenti validati per questo tipo di disturbo.

Alla luce di queste considerazioni, si pongono alcune domande:

• Quali aspetti della consapevolezza indagare?

• E’ necessaria una conoscenza della personalità premorbosa, comunque legata al giudizio del caregiver?

• Gli strumenti più accurati per la detezione dell’anosognosia dovrebbero essere basati sullo specifico pattern di attività, interessi, comportamenti e vissuti del soggetto. Tale valutazione

personalizzata è possibile in contesti clinici?

Discussione

Tabella 1