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settembre 2003 I QUADERNI Le scale di valutazione: Strumenti per la rilevazione dei dati clinici nell’assisitenza infermieristica FEDERAZIONE NAZIONALE COLLEGI IPASVI de 6

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I Q U A D E R N I

Le scale di valutazione:Strumenti

per la rilevazione dei dati clinici

nell’assisitenza infermieristica

F E D E R A Z I O N E N A Z I O N A L E C O L L E G I I P A S V I

d e

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s e t t e m b r e 2 0 0 3

6

S O M M A R I O

Le scale di valutazione:Strumenti

per la rilevazione dei dati clinici

nell’assisitenza infermieristica

PremessaLe scale di valutazione: strumenti per l’integrazione ed il miglioramento dell’assistenza . . . . . 3

di Annalisa Silvestro

Il valore delle scaleValutare i bisogni/problemi della persona assistita e condividerne la classificazione: sono questi i principali obiettivi delle scale di valutazione. Quali sono i presupposti teorici di questi strumenti e quali le ragioni della loro utilità nell’assistenza infermieristica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

di Antonella Santullo e Paolo Chiari

La valutazione del dolore nel bambino: la scala comportamentale CheopsMisurare il dolore, utilizzando al meglio le informazioni che un bambino, anche piccolissimo, puòfornire a chi lo assiste: è il primo passo per poter riconoscere e quindi alleviare la sofferenza . . 13

di Rita Megliorin

Supplemento de L’Infermiere n. 6/03

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Scala di Conley: uno strumento per la predizione del rischio di caduta del paziente anzianoMessa a punto negli Stati Uniti, grazie ad uno studio condotto negli anni Novanta all’interno di Unità operative di degenza medico-chirurgiche, è uno strumento che aiuta nella scelta degli interventi preventivi . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

di Daniela Mosci e Paolo Chiari

La valutazione del rischio di contrarre Lesioni da pressioneLinee guida e indici di valutazione del rischio: con questi mezzi potremo affrontare meglioutenti potenzialmente a rischio di lesioni da pressione e potremo anche valutare la nostra professionalità e l’efficacia dei nostri interventi assistenziali . . . . . . . . . . . . . 21

di Andrea Bellingeri

Scala Adl di Katz: uno strumento per la valutazione soggettiva dello stato funzionaleUna scala semplice e veloce per avere una prima informazione sulle caratteristiche della persona da assistere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

di Antonella Santullo

Le scale di valutazione della funzione neurologicaDiverse scale per valutare non solo la compromissione della funzione neurologica ma anche il conseguente grado di dipendenza del paziente e quindi il carico assistenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

di Enrico Lumini

2 S O M M A R I O

Direttore responsabile:Annalisa Silvestro,Comitato editoriale:Marinella D'Innocenzo, Danilo Massai, Gennaro Rocco,

Loredana Sasso, Annalisa Silvestro, Giovanni Valerio, Franco VallicellaResponsabile dei servizieditoriali: Emma Martellotti Servizi editoriali: Italpromo Esis Publishing srlVia del Commercio 36, 00154 Roma, tel. 06.57.29.981, fax 06.57.29.98.21-2. e-mail: [email protected]

CoordinatoreCesare FassariSegreteria di Redazione:Lorena GiudiciUfficio Grafico:Giordano Anzellotti (responsabile), Daniele LuciaEditore: Federazione Nazionaledei Collegi IpasviVia Agostino Depretis, 7000184 - Roma tel. 06/46200101, fax 06/46200131www.ipasvi.it

Periodicitàtrimestrale StampaElcograf, un marchio della Pozzoni Spa, Beverate di Brivio (Lc) RegistrazionePresso il Tribunale di Roma n. 10022 del 17/10/64. La riproduzione e la ristampa,anche parziali, di articoli eimmagini sono formalmentevietate senza la debitaautorizzazione dell’editore.

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La messa in pratica di quanto definito nelprofilo dell’infermiere comporta la costante

e strutturata individuazione e compensazio-ne dei bisogni di assistenza infermieristica an-che attraverso una sistematica raccolta dati.Le metodiche di raccolta dati possono es-sere tra le più varie e influenzate in mododeterminante dall’esperienza e dalla com-petenza di ogni infermiere.La variabilità metodologica tuttavia può ren-dere difficile il confronto tra i diversi pro-fessionisti e quindi l’omogeneità e conti-nuità assistenziale.Il gap può essere colmato se la raccolta da-ti viene sostenuta anche dall’utilizzo di sca-le di valutazione e indici assistenziali.I diversi operatori in tal modo, utilizzando

gli stessi strumenti, possono più facilmenteconfrontarsi e pianificare i processi di assi-stenza in maniera integrata.Le scale di valutazione e gli indici assisten-ziali favoriscono:• una lettura oggettiva e confrontabile dei

fenomeni assistenziali;• una omogenea valutazione quali-quanti-

tativa dell’assistenza;• la comunicazione o lo scambio di infor-

mazioni tra le diverse discipline.Comunque, al di là degli aspetti tecnici sul-la validità e tipologia delle scale, ciò che èimportante ricordare è il significato cultu-rale e professionale sotteso all’uso di tali stru-menti per il miglioramento dell’intero pro-cesso assistenziale infermieristico.

di Annalisa Silvestro*

PremessaLe scale di valutazione: strumenti per l’integrazione

ed il miglioramento dell’assistenza

* Presidente della Federazione Nazionale Collegi Ipasvi

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4 I Q U A D E R N I

Introduzione

Nell’ultimo decennio la professione in-fermieristica in Italia ha raggiunto al-

cuni traguardi di notevole importanza chene hanno consolidato il ruolo e le funzio-ni all’interno del sistema sanitario. La de-finizione del profilo professionale (DM 739del 1994), la Legge n. 42 del 1999 e la Leg-ge n. 251 del 2000 hanno infatti introdot-to in un nuovo contesto il ruolo atteso dal-l’infermiere. All’infermiere viene ancora chiesto di assi-curare l’assistenza infermieristica alle per-sone assistite, ma gli viene anche richiestoun impegno nuovo nell’affrontare tale man-dato, un maggior rigore e una maggiore at-tenzione al metodo e agli strumenti con cuil’assistenza viene erogata.L’assenza di una lista di attività “mansio-nariate” comporta la necessità di una mag-giore documentazione per permettere il ri-conoscimento della propria competenza ecapacità di rispondere ai bisogni/proble-mi delle persone assistite. Allo stesso tem-po, la permanenza all’interno di una co-munità scientifica impone il rispetto diquelle regole comuni a qualunque disci-plina condivida quel determinato paradig-ma. Il ricorso a strumenti validati e condi-visi a livello della comunità infermieristi-ca internazionale è un elemento che giocaa favore di questa nuova impostazione del-l’assistenza infermieristica. Accanto all’im-pegno comunicativo e relazionale, tecnicoe professionale sempre fornito dagli infer-mieri italiani in decenni di storia, dobbia-

mo porre l’attenzione a quegli strumentiche permettono di valutare i bisogni/pro-blemi della persona assistita, di condivi-derne la classificazione, di migliorarne lamisura e di codificarne il linguaggio. Lescale di valutazione dei fenomeni di im-portanza per l’assistenza infermieristica,che siano rivolti ad individuare diagnosi,piuttosto che misurare interventi o esiti, ri-spondono per l’appunto a questa nuova im-pellente necessità.

La misurazione: principali caratteristiche e scale di misuraIl principale obiettivo di una scienza è spie-gare, giustificare o prevedere i fenomeniempirici per mezzo di leggi o teorie. L’evoluzione della disciplina infermieristi-ca è in funzione dello sviluppo delle sueconoscenze, della capacità di svilupparemodelli interpretativi e giustificativi in gra-do di definire, descrivere e predire l’assi-stenza infermieristica.In questo contesto la misurazione, che puòconsiderarsi un segno quantitativo, è il le-game fra il mondo empirico e quello teo-rico in quanto facilita la formulazione diprevisioni e spiegazioni.Il procedimento di misurazione scientificainizia con l’identificazione dell’oggetto oevento da misurare. Le misure sono nume-ri che vengono usati per rappresentare unacaratteristica o proprietà osservabile di unoggetto (esempio: peso, lunghezza).In una disciplina professionale il processodel conoscere si sviluppa nella ricerca del-

di Antonella Santullo e Paolo Chiari

Il valore delle scaleValutare i bisogni/problemi della persona assistita e condividerne

la classificazione: sono questi i principali obiettivi delle scale di valutazione. Quali sono i presupposti teorici di questi strumenti

e quali le ragioni della loro utilità nell’assistenza infermieristica

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le caratteristiche o attributi dei fenomeniche risultano osservabili e misurabili, e neldefinirne modelli interpretativi.Le caratteristiche dei fenomeni che pos-sono essere sottoposte a misurazione si de-finiscono variabili. Per variabile si intendequalsiasi carattere che variando di stato odi grado indica lo stato del fenomeno. Ilvalore della variabile è ogni stato possibi-le assunto dal carattere d’interesse.In base al tipo dei valori assunti, si distin-guono variabili quantitative e qualitative, inbase alla successione dei valori: variabili dis-crete e continue.Un variabile è quantitativa quando assumevalori di natura numerica ed è discreta quan-do i suoi valori sono delle quantità isola-te, ovvero le modalità di risposta alla va-riabile non prevedono frazioni numeriche(esempio numero di figli per famiglia, 0, 1,2, 3, una famiglia potrà averne 1 o 2 di fi-gli ma non 1.1).I valori di una variabile quantitativa dis-creta sono conosciuti o ottenuti per enu-merazione.Una variabile quantitativa è continua quan-do i suoi valori assumono qualsiasi quan-tità all’interno di un certo intervallo (adesempio l’altezza: tra 183 cm e 184 cm, vi è183.01, 183.10 ecc.).Una variabile è qualitativa se i valori che as-sume corrispondono a delle qualità o at-tributi che consentono di assegnare i sog-getti a diverse categorie di appartenenza(ad esempio il sesso maschile o femminile,la sopravvivenza, morto o vivo). Le variabi-li qualitative sono di natura discreta. L’utilità del saper distinguere la naturadi una variabile è legata alla scelta dellostrumento di descrizione statistica e dimisura.

I livelli di misurazioneLa misurazione è la procedura attraverso laquale si assegnano parole o numeri a unaproprietà posseduta dagli elementi analiz-zati, in modo da poter attribuire a tale pro-prietà alcune caratteristiche dei numeri,

raffinando quindi le proprietà dei dati rac-colti (Bailey, 1986).I quattro livelli di misurazione secondoS.S. Stevens (1951) o scale di classifica-zione sono:1. nominale2. ordinale3. ad intervalli4. di rapporti

Scala nominaleÈ il più semplice livello di misurazione del-le variabili: deriva dal latino nomen, attri-buto. Queste scale sono definite anche clas-sificatorie, in quanto una proprietà del fe-nomeno viene utilizzata come criterio diclassificazione e pertanto l’unica misura-zione che consentono è categoriale. Le va-riabili nominali si definiscono categorie. Inquesta scala le classi sono semplicementenominate o qualificate in modo diverso (Chiè Chi?) e devono essere tra loro mutua-mente esclusive, esaustive e non ordinabi-li. La gerarchia non è presumibile con i da-ti nominali (essere vivo non è due volte me-glio che essere morto).Le modalità di risposta alla variabile “ses-so” possono essere maschio o femmina, al-la sopravvivenza possono essere morto ovivo, oppure se una caratteristica è presenteo assente come ad esempio diabete sì o no,pertanto l’una esclude l’altra (criterio diesclusività). Con il criterio di esaustività siintende la formazione di un numero di mo-dalità di risposte più completa possibile(ad esempio variabile “gruppo sanguigno”,modalità: A, B, AB, O; variabile “religioned’appartenenza” modalità o classi: cattoli-ca, protestante, musulmana, ebraica, bud-dista, ortodossa, cristiana, induista; ancheil sistema internazionale di classificazionedelle malattie (Icd) è una scala nominaleper classificare le diagnosi e problemi cor-relati; variabile “stato mentale, modalità oclassi”: vigile, apatico, confuso, stuporoso,incosciente).I numeri assegnati nella scala nominale(esempio 1= maschio, 2= femmina) corri-

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spondono a dei nomi e sono privi di ca-ratteristiche quantificabili.

Scala ordinaleIl secondo tipo di scala è conosciuto comenon metrico, similarmente alla scala no-minale, ma implica la misurazione di va-riabili in base ad un certo ordine. Le clas-si devono essere mutuamente esclusive edesaustive ed ordinabili; un’osservazione puòessere uguale ad un’altra (equivalente) o,al contrario, superiore o inferiore (Chi èpiù? Chi è meno?). Gli stati descrivibili so-no pertanto raggruppati in ordine di ran-go o gerarchico.Sono esempi di scale ordinali:• l’evoluzione dello stato di salute di un pa-

ziente (miglioramento, stabilità, peggio-ramento) o di severità di una malattia;

• la valutazione di un problema assisten-ziale (ad esempio nel valutare le lesionida decubito con la scala di Norton, la va-riabile condizioni fisiche, modalità: mol-to scadenti, scadenti, mediocri, buone);

• il grado di soddisfazione per l’assistenzaerogata (poco, mediamente, abbastanza,molto, moltissimo);

• una graduatoria che va dal più piccolo alpiù grande (ad esempio basso, medio, al-to) oppure dal maggiore al minore;

• la misura della frequenza (sempre, spes-so, raramente, mai);

• la misurazione della pressione arteriosasenza una scala graduata può optare peruna scala ordinale (ipoteso, normoteso,iperteso);

• lo stadio di varie tipologie di cancro(esempio stadio I, II o III).

Scala ad intervalliSi caratterizza per la misurazione della va-riabile con valori numerici equidistanti. Untipo di scala che si connota per una unitàdi misura numerica, ove gli intervalli assu-mono un significato (Quanto di più? Quan-to di meno?).Inoltre, nell’organizzazione dei dati una ca-ratteristica particolare è che l’unità di mi-

sura e lo zero, sono fissati in modo con-venzionale (ad esempio la scala graduatautilizzata per la temperatura corporea) ov-vero non identificano l’assenza assolutadella caratteristica misurata (0° non indi-ca l’assenza di temperatura).Pertanto, la scala permette di effettuareconfronti tra le unità statistiche sulla ba-se di differenze tra valori della scala (la dif-ferenza tra una temperatura di 37° C e 38°Cè 1°C), ma a causa dell’assenza del puntozero assoluto i rapporti di valore non as-sumono significato (100° C non è due vol-te più caldo di 50°C).

Scala di rapportiIl livello di misurazione di questa scala èsuperiore al precedente, in quanto misurauna distanza, ma in termini di rapporto conuna unità di misura (Quante volte di più?Quante volte di meno?) che ha un valoredi riferimento o zero vero, facendo riferi-mento all’assenza assoluta della caratteri-stica misurata. Si può far rientrare in que-sto tipo di scala la variabile età, l’altezza, ilpeso. È infatti plausibile sostenere che il rapportotra i numeri della scala rifletta il rapportodi grandezza per la variabile in esame.A titolo esemplificativo, prendendo in con-siderazione i battiti cardiaci, si può assu-mere che 60 battiti al minuto è due voltele pulsazioni di 30 battiti al minuto (100cm è due volte più lungo di 50 cm ecc.) ouna misurazione dell’età di un soggetto, ilcui punto di partenza avrà valore zero allanascita.

Le dimensioni della misurazione: riproducibilità e validitàLa maggior parte delle misurazioni incor-porano diversi elementi: il “vero” valore del-la variabile misurata, la variabilità della mi-sura, l’accuratezza dello strumento con ilquale stiamo misurando, le abilità della per-sona che compie la misurazione. Tutte le misure sono soggette ad errore, (al-cune oggettive sono più facilmente con-

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trollate dal misuratore, ad esempio assicu-rarsi che la bilancia sia tarata su zero pri-ma di pesare qualcuno, mentre le misuresoggettive possono essere influenzate dal-la percezione della persona, ad esempiol’autovalutazione del soggetto).È importante, comunque, sottolineare chela generalizzabilità dei risultati è condi-zionata dalla dimostrazione di riproduci-bilità (affidabilità-precisione) e validità deimetodi e degli strumenti di misura.La riproducibilità (misura del vero valore)è quella caratteristica della misurazione(processo di produzione dei dati) per cuiil valore prodotto da una misurazione, seripetuta, risulta sovrapponibile alla prece-dente.Pertanto, vi è elevata affidabilità dello stru-mento di misura, quando ripetuto sullo stes-so oggetto di misurazione dà lo stesso ri-sultato. A titolo esemplificativo, se la pres-sione arteriosa è misurata ogni 5 minutisullo stesso braccio, dalla stessa infermie-ra e il paziente non è sottoposto a nessunintervento, l’atteso è la stessa lettura dellosfigmomanometro. La validità (misura del vero fenomeno) è lacapacità dello strumento di misurare il ve-ro fenomeno dell’oggetto di misurazione,ciò per cui è stato disegnato e non altri. Lavalidità va rapportata, più che ai dati pro-dotti con la misura, ai seguenti fattori chela influenzano:• la concettualizzazione del problema;• la costruzione degli strumenti di misura.

La validità di un metodo di diagnosiIn tutte le situazioni in cui dobbiamo in-serire nel processo di diagnosi o di scree-ning o di assistenza uno strumento dia-gnostico o una scala di valutazione, si im-pone la necessità di verificarne la validitàintrinseca (sensibilità e specificità), non-ché la validità predittiva.Le scale, al pari di tutti gli strumenti dia-gnostici, dall’emocromo al test glicemico,dalla radiografia del torace alla risonanzamagnetica, sono verificate per definire i lo-

ro livelli di affidabilità. Non sarebbe con-veniente utilizzare strumenti che non so-no in grado di misurare con precisione ciòche vogliamo misurare o, almeno, di sape-re quanto possiamo essere certi dell’infor-mazione raccolta. In pratica dobbiamo sa-pere quanto possiamo essere certi che unsoggetto positivo al test sia veramente a ri-schio di una certa manifestazione clinicao ne sia già coinvolto.Per fare questo si cerca di calcolare quan-to lo strumento sia specifico e quanto siasensibile. Con specificità si intende la ca-pacità del test di individuare solo veri ne-gativi e che quindi escluda chi non pre-senta la diagnosi in esame. Se il test è po-co specifico vengono considerati a rischioanche molti soggetti che non manifeste-ranno il problema, con conseguente per-dita di tempo o inutili investimenti di ri-sorse assistenziali o di ulteriori accerta-menti o, ancora, pericolose preoccupazio-ni nella persona assistita stessa.Con sensibilità, invece, si intende la capa-cità del test di individuare solo i veri posi-tivi e che quindi includa tutti i soggetti conla diagnosi in esame. Quando il test è po-co sensibile molti soggetti a rischio nonsono riconosciuti come tali e si perde quin-di la possibilità di intervenire tempestiva-mente o di effettuare ulteriori valutazioni.Altre misure utili per conoscere la capaci-tà predittiva di un test, come una scala divalutazione, è il rapporto di verosimiglian-za (Likelihood ratio: LR) che indica con qua-le probabilità chi ha il test positivo abbiaveramente la diagnosi in esame. Il test è inu-tile quando il valore del rapporto è pari a1; più il valore si allontana da 1 più la pro-babilità aumenta (> di 5 o di 10), sia in po-sitivo che in negativo (< di 0,2 o di 0,1). Si vedano, a titolo di esempio, i diversi va-lori che assumono i test di diagnosi del can-cro del colon-retto (Tabella 1), oppure le duescale di previsione del rischio di cadere deipazienti ricoverati in ospedale (Tabella 2).Ecco un altro esempio su come interpre-tare l’affidabilità del test. Lo scenario è quel-

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lo di un infermiere in ambito domiciliareche ha esperienza con diversi strumentiper individuare la depressione nei pazien-ti che tratta. Un collega gli descrive un nuo-vo strumento (2-question instrument) cheritiene più efficace nell’individuare la de-pressione. L’infermiere, analizzando lo studio, trova leseguenti indicazioni:• Sensibilità: 96%;• Specificità: 57%;• LR+: 2.2;• LR–: 0.07;e ne trae le seguenti conclusioni: il questio-nario identifica il 96% di pazienti con de-pressione (Veri Positivi), ma esclude solo il57% di pazienti che non hanno depressione(Veri Negativi). Il rapporto di verosimiglian-za indica una bassa probabilità che il test po-sitivo sia sufficiente e deve esser considera-to per successivi accertamenti (molti FalsiPositivi). Se invece il test è negativo la pro-babilità di depressione è molto bassa (1%).

La misurazione dei fenomeni di importanzainfermieristicaLa necessità di sviluppare sistemi che faci-litino la conoscenza dell’attività infermie-

ristica risponde prioritariamente al biso-gno di sviluppare un linguaggio condivisoall’interno della professione, che possa inol-tre permettere un’omogenea comunica-zione con le altre componenti professio-nali della sanità. La formalizzazione e l’or-ganizzazione di tali conoscenze orientanoe legittimano lo sviluppo professionale.Il primo passaggio che è necessario nella co-struzione di conoscenze è quello della raccoltadi dati, intesi come descrizione di fenomeniosservabili riportata senza interpretazioni. L’individuazione di eventi osservabili, nel-l’assistenza infermieristica, è fornita daimodelli concettuali di riferimento. Questisostengono il processo di analisi e di de-scrizione del concetto di interesse, utileper identificare gli aspetti osservabili e mi-surabili, favorendo il passaggio dal pianoastratto/teorico a quello empirico.La gestione dei dati e la loro elaborazioneconduce all’interpretazione, organizzata estrutturata, dei fenomeni osservati, che pro-duce informazioni. Le conclusioni tratte dal-le informazioni e riferite a uno standard ge-nerano dei giudizi. L’utilizzo di modelli con-cettuali è fondamentale per la costruzionedi correlazioni identificate e formalizzate di

Test Sensibilità Specificità LR+ LR-

Cambio abitudini intestinali 88 72 3.1 0.17Perdita di peso 44 85 2.9 0.66Globuli bianchi <108a/mm3 75 90 7.5 0.28Test sangue occulto 50 82 2.7 0.16

Tabella 1

TEST DI DIAGNOSI DEL CANCRO DEL COLON-RETTO

Test Sensibilità Specificità LR+ LR-

Conley 69 41 1.18 0.75Stratify 20 87 1.55 0.92

Tabella 2

PREVISIONI DEL RISCHIO DI CADUTA DI PAZIENTI RICOVERATI

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informazioni sintetizzate e generare cono-scenze. L’insieme delle tappe guida e orien-ta le decisioni, le azioni e le valutazioni.Pertanto, la ricerca di un sistema condivisodi conoscenze parte dalla raccolta dei dati. Le metodiche di raccolta dei dati possonoessere le più svariate e influenzate in mododeterminante dall’esperienza e dalla com-petenza di ogni infermiere; tuttavia tale ap-proccio rende difficile il confronto fra i di-versi professionisti se non è condiviso il lin-guaggio utilizzato ed i modelli di riferimento.Quando la raccolta dati viene integrata dascale di valutazione e indici assistenziali, siottiene la possibilità di evitare i problemisopra indicati; il linguaggio, infatti, risultastandardizzato ed i concetti sono esplica-ti in modo più o meno dettagliato nelle va-riabili da rilevare. Diversi professionisti,utilizzando lo stesso strumento, possonopiù facilmente giungere alle medesime con-clusioni, se trascuriamo per un attimo al-tri elementi di variabilità quale i diversi li-velli di esperienza o il contesto in cui si ese-gue la rilevazione. Le scale di valutazionee gli indici favoriscono una lettura ogget-tiva e confrontabile dei fenomeni assi-stenziali ai fini di una valutazione quali-quantitativa dell’assistenza richiesta. Inol-tre, le scale facilitano la comunicazione elo scambio di informazioni fra più disci-pline, in quanto il loro uso non è esclusi-vo di un’unica disciplina.Gli ambiti di applicazione degli strumentidi misura si possono riassumere utilizzan-do il sistema Nmds (Nursing Minimum Da-ta Set, sviluppato per individuare un in-sieme minimo di dati in grado di descrive-re le attività infermieristiche):1. la diagnosi;2. gli interventi;3. l’intensità delle cure;4. gli esiti.

Scale per valutare le diagnosi e gli interventiL’uso di scale e indici per definire i livellidi gravità e valutazione di rischi e stati cli-

nici dell’utente è funzionale alla definizio-ne di diagnosi infermieristiche e mediche,nonché degli interventi, in quanto gli sco-re permettono di indicare la presenza o as-senza della diagnosi o la sua stadiazione. A titolo esemplificativo rientra in questoambito il Cumulative Illness Rating Scale (Cirs),indice di comorbidità, P.A. Parmelee, 1995.

Valutazione di stati clinici Scale per la valutazione del rischio di ul-cere da decubito:• Norton (1962)• Gosnell (1973)• Lowthian (1979)• Knoll (1982)• Pritschard (1986)• Jones e Millman (1986)• Braden e Bergstrom (1987)• Waterlow (1985)

Scale per la valutazione del rischio di caduta:• Indice di Conley (1999)• Tinetti (1987)• Morse J. M. (1997)

Scale per la valutazione dello stato nutrizionale:• Mini Nutritional Assessment (Guigoz Y.,

Vellas B., 1994)• Subjective Global Assessment of Nutri-

tional State (Detsky, A.S. et al, 1987)• Nutrition Score (Beck A.M., 2001)

Scale per valutare la disfagia• Swallow Test (De Pippo K., L. et al., 1992)• Disphagia Outcome and severity scale

(O’Neil KH., et al., 1999)

Scale per la valutazione dello stato mentale• Mini Mental State Examination (MMSE)

(Folstein, 1975)• Valutazione di abilità e definizione di

obiettivi (VADO) (Morosini P. et al., 1998)• Health of the Nation Outcome Scale (Ho-

NOS) (Wing J.K. et al., 1998)

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• Montgomery and Asberg Depression Ra-ting Scale (MADRS) (Montgomery, S.A.and Asberg A., 1978)

Scale per la valutazione degli stati neurologici • Glasgow Coma Scale (Teasdale, Jennett,

1974) • Scala di Ramsey (Hansen-Flaschen J. 1994)• Scala di Rankin (Rankin J. 1957)• Cincinnati Prehospital Stroke Scale (Ko-

thari, Pancioli, Liu, Brott, Broderick, 1999)

Scale orientate alla misura dell’impatto della patologia tumorale• Karnofsky Performance Status, Karnofsky

e Burchenal 1949• Indice della qualità di vita, Spitzer, 1981

Le scale per esplorare e misurare atteggiamenti e percezioni.• Le scale di Likert e di GuttmanLa scala di Likert (1932) è stata formulata alloscopo di misurare atteggiamenti soggettivi.La scala è costituita da un numero di pro-posizioni tese a misurare uno specifico at-teggiamento: ad ogni proposizione il soggettosegnala il proprio grado d’accordo, a cui cor-rispondono valori pari a 5 - 4 - 3 - 2 - 1. Assolutamente d’accordo = 5D’accordo = 4Indecisione = 3In disaccordo = 2Assolutamente in disaccordo = 1Il compilatore può giungere ad un pun-teggio pari a 5 con modalità diverse (da as-solutamente d’accordo, a indecisione som-

Scala di intensità numerica

Nessuno Moderato Massimo

0 5 10

Grafico 1

Scala di intensità descrittiva

No Leggero Moderato Severo Molto severo Massimo

Grafico 2

Indice di Wong-Baker (valutazione dolore dopo i 3 anni)

0 1 2 3 4 5

Grafico 3

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I L V A L O R E D E L L E S C A L E 11

mata alla proposizione in disaccordo).La scala ideata da Guttman (1950) perse-gue lo stesso scopo della Likert, seppurabbia trovato applicazione anche nel cam-po della disabilità. Si differenzia dalla Li-kert in quanto esiste un solo modo per ilcompilatore per ottenere un punteggiopari a 5.La scala è costituita da un numero di pro-posizioni che sono tra loro gerarchizzate,ovvero la risposta affermativa ad una di es-se implica la risposta affermativa a quellainferiore (scala cumulativa).

Esempio:1. essere in grado di percorrere 10 metri2. essere in grado di percorrere 100 metri3. essere in grado di percorrere 1 KmSe si ottiene il punteggio tre, significa cheil soggetto è in grado di percorrere prima10 metri e poi 100, in tal senso si parla dicumulabilità.

Scale per valutare la sintomatologiaÈ una scala semplice nell’uso, ideata alloscopo di rilevare l’intensità delle percezio-ni della sintomatologia (dolore, ansia ecc.).È costituita da una linea di lunghezza fis-

sa con due estremi che rappresentano glielementi che il soggetto usa per valutare.Le modalità di posizionamento sono gui-date da elementi diversi. Per i bambini puòessere sostituita da immagini come nell’e-sempio (vedi grafici 1-2-3).

Scale per valutare l’intensità delle cureL’uso di scale e indici per definire i livellidi intensità delle cure trova i suoi ambitidi applicabilità nella stima dei livelli di di-pendenza funzionale degli assistiti e nellamisura dell’assistenza necessaria. In que-sto ultimo caso la finalità è l’organizzazio-ne dell’assistenza (stima del carico di la-voro, dei costi, definizione del fabbisognodotazionale ecc.).Nel primo caso si valuta la dipendenza fun-zionale del soggetto, a titolo esemplificati-vo, mediante le seguenti scale:• Indice di indipendenza nelle Attività di

vita (ADL) Katz e colleghi, 1959;• Indice di Barthel Mahoney e Barthel 1965,

rivisitata da Granger 1979;• Indice dello Stato Funzionale, Jette 1978.Scale per valutare gli esitiRacchiudono le diverse tipologie di scale divalutazione della soddisfazione degli utenti.

STORIAContesto in cui è stata sviluppata e suo uso

DESCRIZIONEIllustrazione modalità di definizione dei contenuti e criteri classificatori

ACCETTABILITÀIllustrazione dei tempi di gestione della formazione necessaria all’uso e degli altri elementi che ne determinano la maneggevolezza in termini d’uso

VALIDITÀ e RIPRODUCIBILITÀIllustrazione delle evidenza disponibili sulle caratteristiche della misurazione

POPOLAZIONE TARGETIllustrazione della popolazione di riferimento ed i setting di cura (ospedale, domicilio, altro)

COMMENTOSintesi degli autori sullo strumento

Tabella 3

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12 I Q U A D E R N I

Strumenti di misuraLa maggior parte delle scale che sono sta-te oggetto di approfondimento sono statepresentate seguendo lo schema allegato alfine di favorire un’omogeneità di tratta-mento del tema (vedi Tabella 3 nella pagi-na precedente).

Le scale presentate sono le seguenti:• Valutazione del dolore nel bambino• Valutazione del rischio di cadere• Valutazione del rischio di sviluppare le-

sioni da compressione• Valutazione del livello di dipendenza• Valutazione neurologica

• D. Wilkin et al., Measures of need and outcome for primary health care, Oxford University Press, New York, 1992 • M. Pascocci (a cura di), Manuale di metodologia e tecnica della ricerca sociale, Quattro Venti,Urbino, 1997• P. Chiari, D. Mosci, S. Fontana, Valutazione di due scale di misura del rischio di cadute dei pazienti, Assistenza

Infermieristica e Ricerca, 2002, 21, 3:117-124• Whooley MA, Alvins AL, Miranda J, Browner WS., Case-finding instrument for depression: Two questions are as

good as many, J Gen Inter Med 1997;12:439-45• R. Zanotti, L’uso della ricerca per lo sviluppo di strumenti, in Info–Sbk–Asi, Giugno 1997; 2:10 - 19• Guigoz Y, Vellas B, Garry PJ. Mini Nutritional Assessment: a pratical assessment tool for grading the nutritional

state of elderly patients (1994) in, Facts and Research in Gerontology, 1994, Supplement # 2:15-59• A. Santullo, L’infermiere e le innovazioni in sanità, Mc Graw Hill, Milano 1999 pp181 - 215• T. Carradori et al., Elementi di base di epidemiologia valutativa e biostatistica, Clueb, Bologna 1994 • M. Bouvette et al., Implementation of the pain and symptom assessment record (Psar), Journal of Advanced Nur-

sing, 2002; 40; 6: 685 - 701

Bibliografia

Supplemento de L’Infermiere n. 6/03

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La valutazione del dolore nel bambino:

la scala comportamentale Cheops

PremessaLa difficoltà a quantificare in termini di in-tensità lo stimolo algogeno nei bambini èstata per moltissimi anni la causa di un ina-deguato trattamento del dolore (Colwell,Clark&Perkins, 1996). Alla base del noncorretto approccio al problema, è stato pos-sibile riscontrare nel personale sanitario,in primo luogo, una carente, spesso assen-te, conoscenza della tematica, quindi i for-ti pregiudizi culturali che, a una visione at-tenta, troviamo presenti ancora oggi.Nel 1983 l’Organizzazione mondiale dellaSanità ha affrontato in modo inequivoca-bile il tema e nell’ambito di alcune racco-mandazioni ha ridefinito il termine “dolo-re”, correlandolo non più ad una sorta disensazione, bensì ad una vera e propria pa-tologia.Tale concetto ha dato il via ad un nuovo

modo di approcciare il problema, ci si ècosì trovati di fronte alla necessità di crea-re ed applicare strumenti di misura utiliper la rilevazione oggettiva dell’intensitàdel dolore nel bambino, sia esso acuto ocronico.I metodi di misurazione del dolore posso-no essere classificati come comportamen-tali, psicologici o fisiologici, in base al ti-po di risposta al dolore che viene misura-ta. Per questo motivo le scale riconosciutein ambito pediatrico sono oramai molte, sidifferenziano a seconda dell’età, quindi del-la fase di sviluppo del bambino, spesso fa-cendo riferimento alle teorie di J. Piaget.Tra le più utilizzate ricordiamo:• Oucher: Beyer J.E., Denyes M.J, & Vil-

larruel A.M. (1992), The creation, vali-dation and continuing development ofthe Oucher. A measure of pain inten-sity in children, Journal of PediatricNursing, 7(5), 335-346

• Poker cheep tool• Toddler - preschooler postoperative

pain scale (Tpps) – Tarbell S.E., CohenI.T. & Marsh J.L. (1992), The Toddler-Preschooler Postoperative Pain Scale:an observation scale for measuring po-stoperative pain in children aged 1-5,Pain, 50(3) 273-280

13I Q U A D E R N I

* Dipartimento di Scienze pediatriche e neuroscienze dell’età evolutiva, Policlinico “A. Gemelli”, UCSC Roma

Misurare il dolore, utilizzando al meglio le informazioni che un bambino,anche piccolissimo, può fornire a chi lo assiste:

è il primo passo per poter riconoscere e quindi alleviare la sofferenza

di Rita Megliorin*

Definizione di “dolore” secondo l’As-sociazione Internazionale per lo Stu-

dio del Dolore (Iasp):“ Il dolore è un’e-sperienza sensoriale ed emotiva spiace-vole, associata ad un danno tissutale rea-le o potenziale, o descritta nei termini ditale danno”.

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14 I Q U A D E R N I

• Cheops – Mc Grath et al. (1985),Cheops: a behavioral scale for ratingpostoperative pain in children, Advan-ces in Pain Reasearch and therapy, 9,395-402

• Flacc Beavioral Scal e- Merkel, Voelpel-Lewis, Shayevitz & Malviye (1997), TheFLACC: a behavioral scale for scoringpostoperative pain in young children,Pediatric Nursing, 23(3), 293-297.

Pazienti e tipologia di doloreMc Grath e i suoi collaboratori hanno pub-blicato i risultati dello studio per la Cheopsnella seconda metà degli anni ’80. La sca-la, che studia le modifiche comportamen-tali nel bambino con età variabile da 1 a 7anni, nasce per il controllo del dolore acu-to, quindi postoperatorio.La scala deve essere prevista nel protocollodi assistenza di tutti quei bambini che la-mentano dolore, sono affetti, o si supponelo siano, da una patologia che può compor-tare dolore, sono sottoposti ad interventichirurgici o indagini diagnostiche o proce-dure assistenziali particolari (prelievo ve-noso, prelievo capillare, puntura lombare).Essendo di eterovalutazione, la valutazionedeve essere effettuata da infermieri formatialla metodologia della gestione del dolore,o dai genitori adeguatamente addestrati.I risultati di ulteriori studi condotti fino adoggi, hanno riscontrato inoltre un’ampiapossibilità di adattamento a varie esigen-ze assistenziali, motivo per cui può essereimpegnata anche nel dolore cronico in pic-coli pazienti con età variabile e fino a 12anni. (Tyler D.C. et al. 1993)

Le variabiliLa scala (Tabella 1) prende in considera-zione sei variabili comportamentali. Inognuna di queste variabili è prevista poil’osservazione di alcune ulteriori caratteri-stiche; tali caratteristiche permettono di

cogliere la dimensione dell’intensità deldolore che il bambino vive.Le variabili da osservare sono sei.• Pianto. È forse la variabile più spesso pre-

sente, ma proprio per questo, più spessosottovalutata. L’individuazione di una me-todologia di lettura del pianto favoriscel’allontanamento di una soggettività e dà,invece, la possibilità di corrispondere unpunteggio che sarà tanto più alto quantopiù grave è la percezione del paziente.

• Espressione del volto. Valuta la reazionedel bambino all’evento, verificando se sor-ride (punteggio minimo) o se ha tensio-ne muscolare della mimica facciale (pun-teggio massimo).

• Espressione verbale. Studia il bambinosecondo il suo modo di rispondere ver-balmente al dolore. Dato che la scala puòessere utilizzata anche in bambini in fa-se di sviluppo preverbale, la variabile nonconsidera soltanto, o prettamente, l’ela-borazione di frasi o parole, ma anche sem-plicemente l’emissione di suoni e lamen-ti, caratteristica, quest’ultima, che ne de-termina un punteggio massimo.

• Posizione (del tronco). La possibilità direstare in posizione neutra (ad esempiosupina o prona) e rilassata ne determinaun punteggio più basso, rispetto a unaposizione tesa, rigida o controllata.

• Necessità di toccare (la zona dolente). Ilbambino che è rilassato non cerca alcu-na zona del corpo (punteggio minimo). Il

Supplemento de L’Infermiere n. 6/03

Il sistema di misurazione Cheops si basa sull’osservazione attenta e puntuale del comportamento del bam-bino. Tale tipo di valutazione risulta essere di facile lettura e applicabilità e non richiede l’utilizzo di moni-tor per la rilevazione dei parametri.

LA CHILDREN’S HOSPITAL OF EASTERN ONTARIO PAIN SCALE (CHEOPS)

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S C A L A C H E O P S 15

bambino invece tende a spostare la ma-no verso lo stimolo algogeno, tocca o strin-ge la zona che sente dolorosa, oppure, seil dolore è ad esempio articolare, tende amantenere una posizione antalgica e bloc-cata (massimo punteggio).

• Movimento delle gambe. In caso di doloreassente o lieve il bambino tenderà a muo-verle in modo tranquillo e, sedato o meno,tenderà a tenerle rilasciate sul letto. In casodi dolore il bambino muove le gambe in mo-do brusco, scalcia, le tiene tese o bloccate.

Metodologia di compilazioneLa valutazione deve essere effettuata da in-fermieri formati alla metodologia della va-lutazione del dolore o da genitori adegua-tamente addestrati. La misurazione parte da

un tempo zero e, a seconda dell’intensità ri-levata, deve essere continuata e ripetuta.Nel periodo postoperatorio la valutazionedeve essere effettuata, oltre al momentodell’arrivo in reparto, dopo i primi 10 mi-nuti, quindi dopo 30 minuti, per poi arri-vare a ogni 2 ore per le prime 24 ore. Neigiorni successivi il controllo del dolore de-ve corrispondere alle esigenze del bambi-no, quindi se la gestione del dolore nelleprime 24 ore ha ottenuto un valore nume-rico soddisfacente (dolore lieve o assente),la rilevazione può essere ridotta fino ad unavalutazione per turno. Se, al contrario, ilrisultato ha portato a valori corrisponden-ti a dolore elevato o medio, il controllo, an-che nei giorni seguenti, avverrà sempre intempi ravvicinati.

Pianto Non piange 1Geme 2Piange 2

Urla 3

Espressione mimica del volto Sorride – aspetto positivo 0Composto – nessuna smorfia 1

Smorfie – aspetto negativo 2

Espressione verbale Positiva 0Nessuna 1

Si lamenta di altro 1Si lamenta di dolore 2

Entrambi 2

Posizione (del tronco) Neutro 1Cambia posizione 2

Teso 2Tremante 2

Eretto 2Controllato 2

Necessità di toccare (la zona dolente) Non tocca 1Cerca la zona dolente 2Tocca la zona dolente 2Afferra la zona dolente 2

Bloccato 2

Movimento delle gambe Neutro 1Si agita/scalcia 2

Piegate/tese 2In piedi (sul letto) 2

Bloccato 2

Tabella 1

SCALA CHEOPS

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16 I Q U A D E R N ISupplemento de L’Infermiere n. 6/03

In caso di procedure invasive la rilevazio-ne deve essere effettuata in modo costan-te per tutta la durata dell’intervento e nel-le prime ore successive allo stesso.In alcuni casi la valutazione può essere as-segnata ai genitori, questo tipo di delegapermette loro di sentirsi parte attiva e par-tecipi al processo di cura.

Come si calcola il punteggioAd ogni parametro di riferimento è attribui-to un valore che va da 0 a 3. Il valore 0, chetroviamo però solo nell’espressione mimicadel volto e nell’espressione verbale, è carat-teristico della risposta comportamentale chesi ha in caso di mancanza di dolore, il valore3 ne rappresenta la massima manifestazione. Il valore totale della misurazione del dolore puòcorrispondere ad un minimo di 4 (equivalen-te a nessun dolore) a un massimo di 14 (equi-valente a dolore grave). Il valore intermedio di8-10 è indice di dolore medio-grave.

Validità della scala e applicabilitàLo studio originale ha dimostrato un coef-ficiente di sensibilità del 90% circa nel do-lore postoperatorio in bambini da 1 a 5 an-ni. Studi successivi hanno evidenziato unasignificativa correlazione tra i risultati del-la misurazione Cheops vs Visual Analogi-cal Scale (scarto dello 0,50% - 0,86% ). Le ricerche per la valutazione della cross-validation ne hanno valutato l’efficacia com-parandola ad altre scale di auto ed etero-

valutazione, comportamentali o meno, tipola Visual Analogical Scale (Vas), la Objecti-ve Pain Scale (Ops), la Toddler PreschoolerPain Scale (Tppps), la Face, Legs, Activity,Cry and Consolability (Flacc). I risultati,inoltre, dimostrano una rispondenza anchenei confronti delle rilevazioni dei parame-tri vitali. Per questo motivo è tutt’oggi unametodologia tra le più utilizzate nella ri-cerca in campo farmacologico-analgesico.(Buttner W. et al. 1995, Stein et al. 1995).In termini di gestione, gli infermieri esper-ti hanno dichiarato la Cheops facilmenteapplicabile e maneggevole, e ne racco-mandano un uso routinario.

Conclusioni Un ospedale senza dolore, una gestione deldolore, possono esistere solamente se leéquipes sono formate ad osservare e valu-tare “cosa sentono” i loro assistiti durantela malattia. L’utilizzo di sistemi oltremodo semplici,quali quelli illustrati, dà modo di ottenererisultati in termini di efficacia ed efficien-za di cure, riconosciute in primo luogo daimalati, che potranno così utilizzare a pie-no tutte le loro energie e potenzialità al-trimenti sprecate nella spasmodica ricer-ca ad evitare lo stimolo algogeno, quindidagli operatori, non più impotenti di fron-te a quel problema così spesso eluso per-ché, forse, troppo grande da gestire dalpunto di vista emozionale.

• Buttner W. et al (1990), Critical aspects of an outside evaluation of postoperative pain in infants. A placebo-con-trolled double blind study of question of the realibility and validity of the measurement system. Anaesthesist, Mar;39(3):151-7

• Mc Grath et al. (1985), Cheops: a behavioral scale for rating postoperative pain in children, Advances in Pain Re-search and Therapy; 9,395-402

• Megliorin R. et al. (2001), La valutazione del bambino con trauma cranico, Atti del Congresso Nazionale ANIARTI • Stein P.R. (1995), Indice of pain intensità: construct validità among preschoolers, Ped. Nursing Mar-Apr; 21(2):119-23• Tyler D.C. et al (1993), Towards validation of pain measurement tools for children: a piloty study comparato: Cheops

and Ops, Pain Mar; 52(3):301-9

Bibliografia

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I Q U A D E R N I 17

PremessaIl problema delle cadute dei pazienti, inparticolare anziani, non ha, fino ad oggi,trovato il supporto di uno strumento pre-dittivo del rischio riconosciuto e validatoa livello internazionale. In letteratura, in-fatti, possono essere reperiti diversi stru-menti che, considerando parametri diffe-renti, offrono livelli di predittività ancoranon del tutto soddisfacenti. I principali so-no i seguenti:• Scala di Morse - Morse J. M. (1997). Pre-

venting Patient Falls. Thousand Oaks,

CA: Sage Publications. In “Preventionof Fall Research-Based Protocol: TheUniversity of Iowa Gerontological Nur-sing Interventions Research Center. Re-search Dissemination Core 1996”.

• Scala di Conley - Conley D., Schultz A.A.,Selvin R. The challenge of predictingpatients at risk for falling: developmentof the Conley Scale. Medsurg Nursing,Dicembre 1999 Vol. 8/N. 6. 348-354.

• Scala di Stratify - Oliver D., Britton M.,Seed P., Martin FC., Hopper AH. Deve-lopment and evaluation of evidence ba-sed risk assessment tool (Stratify) topredict which elderly inpatients willfall: case-control and cohort studies.BMJ 1997; 315:1049-1053 (25 October).

• Scala di Tinetti - Tinetti balance andgait Scale (Mary Tinetti 1986) e Fall RiskIndex (Tinetti M. Williams F. MayewskyR. 1986) in “Zanetti E. Gli strumenti divalutazione in geriatria. Ed. Lauri, Mi-lano 1998”.

Pazienti e contesti cliniciLa scala di Conley fu progettata per la va-lutazione del rischio di caduta dei pazien-

Scala di Conley: uno strumento per la predizione del rischio

di caduta del paziente anzianoMessa a punto negli Stati Uniti,

grazie ad uno studio condotto negli anni Novantaall’interno di unità operative

di degenza medico-chirurgiche, è uno strumento cheaiuta nella scelta degli interventi preventivi

I Q U A D E R N I 17

* Centro Studi EBN – Direzione Servizio Infermieristico e Tecnico Azienda Ospedaliera di Bologna – Policlinico S.Orsola-Malpighi

di Daniela Mosci e Paolo Chiari *

Definizione di caduta: “Un improvvi-so, non intenzionale, inaspettato spo-

stamento verso il basso dalla posizioneortostatica, o assisa, o clinostatica”. La te-stimonianza delle cadute è basata sul ri-cordo del paziente e/o la descrizione del-la caduta da parte dei testimoni. Questadefinizione include i pazienti che dor-mendo sulla sedia cadono per terra, i pa-zienti trovati sdraiati sul pavimento, lecadute avvenute nonostante il supporto.

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18 I Q U A D E R N I

ti con più di 50 anni, ricoverati in repartiper acuti, medico-chirurgici.

Le variabiliLa scala (Tabella 1) considera le seguentivariabili: • precedenti cadute, positiva se il pazien-

te è caduto nel corso dei tre mesi ante-cedenti al momento della compilazionedello strumento;

• perdita di feci o urine durante il tragitto peri servizi igienici, positiva se il paziente nonè in grado di trattenere le urine o le feci e sibagna o si sporca mentre si reca al bagno;

• vertigini e capogiri, positiva se il pazienteriferisce tale sintomatologia;

• deterioramento del giudizio, mancanzadel senso del pericolo: positiva se il pa-ziente presenta una condotta rischiosa

compiendo atti non prudenti per la suaincolumità. Ciò è proprio, ad esempio, dicoloro che pur necessitando di aiuto du-rante i trasferimenti da e per il letto, ri-feriscono di essere autonomi, o coloroche, pur usando un bastone o le stam-pelle per deambulare, continuano ad ap-poggiarsi al mobilio per cercare un mag-giore appoggio;

• agitazione: positiva se il paziente presentaeccessiva attività motoria, solitamentenon finalizzata ed associata ad agitazio-ne interiore. Es: incapacità a stare sedu-to fermo, si muove con irrequietezza, sitira i vestiti ecc;

• compromissione della marcia: positiva seil paziente durante la deambulazione pre-senta una base del passo allargata, pas-so strisciante o marcia instabile.

Fra gli strumenti che hanno mostrato la maggiore utilità nel prevedere il rischio dei pazienti di cadere ab-biamo individuato la scala di Conley che fu formulata a seguito di uno studio condotto dal 1995 al 1996all’interno di unità operative di degenza medico-chirurgiche statunitensi.

Scala di Conley di valutazione del rischio di caduta del paziente

Istruzioni: le prime tre domande devono essere rivolte solo al paziente: possono essere rivolte ad un familiare o al ca-regiver o all’infermiere solo se il paziente ha gravi deficit cognitivi o fisici che gli impediscono di rispondere. Barrare ilvalore corrispondente alla risposta fornita. Sommare i valori positivi. La risposta “non so” è da considerare come ri-sposta negativa.

Precedenti cadute (domande al paziente/caregiver/infermiere) SI NOC1 - È caduto nel corso degli ultimi tre mesi? 2 0C2 - Ha mai avuto vertigini o capogiri? (negli ultimi 3 mesi) 1 0C3 - Le è mai capitato di perdere urine o feci mentre si recava in bagno? (negli ultimi 3 mesi) 1 0

Deterioramento cognitivo (osservazione infermieristica) SI NOC4 - Compromissione della marcia, passo strisciante, ampia base d’appoggio, marcia instabile 1 0C5 - Agitato (Definizione: eccessiva attività motoria,

solitamente non finalizzata ed associata ad agitazione interiore. Es: incapacità di stare seduto fermo, si muove con irrequietezza, si tira i vestiti ecc.). 2 0

C6 - Deterioramento della capacità di giudizio / mancanza del senso del pericolo 3 0

TOTALE

Tabella 1

LA SCALA DI CONLEY

Supplemento de L’Infermiere n. 6/03

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S C A L A D I C O N L E Y 19

Come si compilaLa scala deve essere compilata dall’infer-miere, precedentemente addestrato, al-l’ingresso del paziente nella propria uni-tà operativa. Le prime tre domande ven-gono poste al paziente o, nel caso in cuiegli non sia in grado di rispondere pergravi deficit fisici o cognitivi, interrogan-do il caregiver. Qualora, in questi ultimicasi, non fosse presente alcun caregiver,sarà l’infermiere stesso, consultando ladocumentazione, a rispondere alla primaparte dello strumento. Le ultime tre do-mande sono destinate all’infermiere com-pilatore che deve rispondere in base aquanto ha osservato della persona valu-tata. Qualora ad una domanda venga ri-sposto “non so”, essa è da considerare co-me risposta negativa.

Come si calcola il punteggioAd ogni domanda è attribuito un punteg-gio pari a zero se negativa, o variabile tra1 e 3 se positiva. Per individuare il risulta-to occorre sommare i punteggi positivi. Ilpaziente è considerato a rischio se totaliz-za un punteggio uguale o superiore a 2.

Validità della scalaConsiderando 2 come punteggio di cut off,ossia il punteggio soglia di rischio, la sca-la di Conley nello studio originale, esclu-dendo la variabile vertigini, ha dimostratodi avere una sensibilità del 71% (la per-centuale dei veri positivi, ossia di colororitenuti a rischio ed effettivamente cadu-ti), ed una specificità del 59% (la percen-tuale dei veri negativi, ossia di coloro nonritenuti a rischio ed effettivamente non ca-duti). Gli autori dello studio hanno ipotiz-zato maggiori livelli di sensibilità e speci-ficità qualora la scala venga compilata quo-tidianamente, poiché in questo caso è pos-sibile valutare le modifiche delle condizionidella persona anziana ricoverata, che spes-so vanno incontro a deterioramento a se-guito del sopraggiungere del disorienta-mento e della ipomobilizzazione.

ConclusioniLa scala di Conley è stata oggetto di unostudio compiuto al Policlinico S. OrsolaMalpighi nel 2001, che ne ha testato l’ef-ficacia nei contesti assistenziali italiani.Questo studio aveva l’obiettivo di com-parare l’efficacia predittiva di due stru-menti per la valutazione del rischio dicadute accidentali dei pazienti anziani:la scala di Conley e la Stratify. La speri-mentazione relativa alla scala di Conleyè avvenuta in 9 dei 18 reparti a maggio-re frequenza di cadute, testando 1.620pazienti con più di 65 anni, ricoveratinel periodo compreso tra il 1 ottobre edil 6 dicembre 2001. Dei 1.620 pazientivalutati con la Conley, 662 (40,9%) so-no risultati non a rischio (in quanto to-talizzanti un punteggio inferiore a 2), e958 (59,1%) a rischio di caduta (poichétotalizzanti un punteggio uguale o mag-giore a 2). Il numero dei pazienti valu-tati con la Conley ed effettivamente ca-duti è stato 68 (4,2%) dei quali 21(30,9%) considerati non a rischio dallostrumento. Lo studio ha rilevato che la scala di Con-ley all’interno dei reparti per acuti del Po-liclinico S. Orsola Malpighi di Bologna di-mostra una sensibilità (ossia la capacità diconsiderare a rischio coloro che realmen-te cadranno) del 69% ed una specificità(ossia la capacità di rilevare non a rischiocoloro che effettivamente non cadranno)del 41%. Ciò comporta che, se da un latola scala dà la possibilità di rilevare la mag-gior parte di coloro che cadranno, indivi-duandone il 69%, dall’altra include nellapopolazione a rischio troppi pazienti nonrealmente a rischio, essendo poco speci-fica. Per questo motivo la scala di Conleynon è del tutto affidabile nella individua-zione dei pazienti anziani ospedalizzati arischio di caduta accidentale e quindi nonpuò essere utilizzata come unico elemen-to selettivo per l’attuazione di interventipreventivi. Si potrebbe ricorrere all’usodella scala di Conley, in virtù del suo più

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20 I Q U A D E R N I

alto valore di sensibilità, per discriminarequali pazienti presentano un maggior ri-schio di cadere ad un valore di cut off di“2”, ma affidarsi alla valutazione clinica del

singolo paziente per decidere se e qualiinterventi preventivi mettere in atto chesono di elevato impegno per l’assistenzainfermieristica.

Supplemento de L’Infermiere n. 6/03

• Chiari P, Mosci D, Fontana S., Valutazione di due strumenti di misura del rischio di cadute dei pazienti. AIR 2002;21: 117-24.

• Conley D, Schultz AA, Selvin R. The challenge of predicting patients at risk for falling: development of the Con-ley Scale. MEDSURG Nurs 1999; 8: 348-54.

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Bibliografia

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I Q U A D E R N I 21

Premessa

Tra i fenomeni sanitari di importante ri-lievo sociale è sicuramente da segna-

lare quello delle lesioni cutanee croniche.I Paesi occidentali, tra cui l’Italia è quellacon i dati più significativi, hanno ormaiuna velocità ed una intensità d’invecchia-mento elevatissimi, mentre la velocità diadattamento delle strutture sociali ed eco-nomiche non ha lo stesso ritmo. Oltre il18% della popolazione ha superato i 65anni e si va rapidamente verso una mediadel 22%. Questo aumento della longevitàporta però ad avere anziani fragili, in quan-to se superati i 75 anni l’aspettativa di vi-ta in Italia è di 11,1 anni, di questi appe-na l’1,8 vengono trascorsi in buona salu-te. Si conferma così l’esistenza di un gra-ve problema di autosufficienza della terzaetà, una categoria che rappresenta una“bomba ad orologeria demografica”, comescrive Peter Stevens .Il problema è messo ancora più in evidenzase si guardano i costi indotti. Gli ultra-settantacinquenni rappresentano in Ita-lia il 7% dell’intera popolazione, ma inci-dono per oltre il 30% sull’intera spesa sa-nitaria, e nello specifico del wound-carele ultime stime a livello europeo parlanodi un costo del 2-3% sulla spesa sanita-ria complessiva.In questo panorama, che presenta solo in

Italia oltre un milione di utenti con lesio-ni cutanee, parlare di profilassi e di moni-toraggio di fenomeni a rischio, è quantomai opportuno.

Il “Risk management”Sicuramente è necessario studiare il pro-cesso assistenziale attraverso la nuova con-cezione di “Risk Management” inteso co-me un sistema che include strategie per ri-durre l’incidenza dei danni provocati ai pa-zienti e per migliorare la qualità delle cu-re prestate. Il focus, in una visione vera-mente olistica, è quello di soddisfare i bi-sogni reali del paziente/cliente e la quali-tà delle cure prestate. Si tratterebbe quin-di di gestire gli “incidenti che accadononel sistema sanitario, ospedaliero e terri-toriale. Intesi come “eventi avversi”, cioè le-sioni non intenzionali che non accadreb-bero se si adottassero buone abitudini pro-fessionali, un idoneo approccio e strumentioperativi. Lo scopo primario è quindi laprevenzione di tali incidenti. Tale scopo si persegue con l’adozione diprogrammi articolati che consentono dimisurare i rischi come ad esempio l’Rqa(Risk Quality Approach). Tale programmasi è dimostrato efficace nell’indentificare,analizzare, misurare e ridurre i rischi in am-biente ospedaliero coinvolgendo tutti glioperatori. I principali strumenti di questo

di Andrea Bellingeri*

La valutazione del rischio di contrarre Lesioni da pressione

Linee guida e indici di valutazione del rischio: con questi mezzi potremo affrontare meglio utenti potenzialmente arischio di lesioni da pressione e potremo anche valutare la nostra

professionalità e l’efficacia dei nostri interventi assistenziali

* Presidente A.I.S.Le.C.

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Figura 1

ALGORITMO PER UN INTERVENTO PROFILATTICO ( AHCPR, 1992 )

approccio sono: linee guida, registro deirischi, incident report system, modulo prio-rità per le decisioni col fine di selezionaregli investimenti.

Le linee guidaDa sottolineare come sia importante il ruo-lo delle linee guida, quale strumento fon-damentale per tutti gli operatori sanitariper stabilire le buone abitudini, cliniche enon cliniche.In questo caso, da anni nel wound-care in-ternazionale ci sono delle linee guida de-finite con un lavoro molto approfonditodalla Ahcpr (Agency for Health Care Policyand Research) che nel ’92 e ’94 ha steso

sulla base di evidenze scientifiche, una se-rie di Linee Guida nella prevenzione e trat-tamento delle Pu (Pressur ulcer, ovvero le-sioni da pressione). Tali linee sono state or-mai adottate e recepite dalle maggiori so-cietà scientifiche internazionali, o inte-grate, come nel caso dell’Epuap (Europeanpressure ulcer advisory panel). Tale ado-zione ha permesso di dare forza al lavorodel professionista e a migliorare gli studinel settore. Le linee guida dell’Ahcpr presentano il se-guente algoritmo (Figura 1), che può esse-re preso come spunto per una pianifica-zione dell’assistenza e la elaborazione diun piano d’intervento o protocollo opera-

22 I Q U A D E R N ISupplemento de L’Infermiere n. 6/03

Ammissione

Si

Si

Si SiSi Si

No

No

No

No No

Deficit di mobilità o di attività

Programmi di formazione

Rivalutazioneperiodica

Deficit dimobilità/attività

Umidità/incontinenza

Deficit nutrizionali

Linee guida per la riduzione del carico

Linee guida per la cura della cute e trattamenti precoci

Tool per la valutazione del richio

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VA L U TA Z I O N E D E L R I S C H I O D A P. U . 23

tivo dell’unità lavorativa.Il primo passo per una pianificazione cor-risponde alla valutazione del rischio attra-verso tool o indice del rischio soggettivodi contrarre una lesione. Troppo spesso però si fa ancora ricorso so-lo alla propria esperienza personale e quin-di ad una analisi del problema in modo as-solutamente soggettivo, troppo variabile aseconda dell’esperienza maturata in que-sto settore dell’assistenza da chi è chiama-to ad erogarla. Questa modalità porta aduna impossibilità di pianificare corretta-mente l’assistenza ai pazienti e soprattut-to a una assoluta impossibilità di valuta-zione degli interventi effettuati con una ri-caduta negativa su chi in effetti è deputa-to ad erogarla, l’infermiere appunto.

Gli indici di valutazione del rischioUn metodo meno soggettivo e più oggetti-vo di affrontare il problema, è pertanto quel-lo di analizzare il rischio attraverso un In-dice di valutazione ben definito, precosti-tuito, con caratteristiche ben determinateche derivi da un’attenta e sistematica os-servazione del paziente.Gli indici che sono stati sviluppati fino adora in ambito sanitario per quanto riguar-da la prevenzione delle lesioni da decubi-to sono moltissimi; solo pochi però sonostati realizzati effettuando un lavoro di ri-cerca e valutazione effettiva della preditti-vità dell’indice proposto, con la conse-guenza che spesso questi strumenti, se dalpunto teorico presentano parametri validi,

la loro affidabilità è messa in dubbio pro-prio da questa mancanza o scarsa docu-mentazione sul percorso fatto dagli autoriper la loro costruzione. Gli indici trovati in letteratura superanola decina (Norton, Norton Plus, Nortonsecondo Stotts, Gosnell, Knoll e Knoll mo-dificato, Andersen, Reed, Waterlow, Indi-ce di Utrech, Medley, Braden, Indice di Tul-le ecc.) e comprendono oltre una trenti-na di parametri (condizioni generali, con-dizioni mentali, attività, mobilità, inconti-nenza, incontinenza urinaria, incontinen-za fecale, temperatura, ematocrito, terapia,nutrizione, età, idratazione, condizioni del-la cute, diabete, ipertensione, albumine-mia, modificazioni recenti stato mentale,costituzione, malattie predisponenti, de-ficit neurologici, grossi interventi chirur-gici o traumi, sesso, dolore, umidità, sci-volamento o frizione, bisogno di respira-re, bisogno di bere e mangiare, bisogno dieliminare, bisogno di muoversi, bisognodi dormire, bisogno di vestirsi, bisogno dipulirsi, bisogno di camminare, bisogno diimparare). Questa indicazione data dalle linee guidadell’Ahcpr è stata presa in considerazioneanche dalla nostra Associazione al fine dipoter uniformare le conoscenze e soprat-tutto l’assistenza sul territorio nazionale, eper cercare di dare maggiore incisività al-l’intervento infermieristico, appunto conla valutazione oggettiva del paziente. Nel contesto delle linee guida per la pre-venzione delle lesioni da pressione sono sta-

Condiz. Generali Stato Mentale Deambulazione Mobilità Incontinenza

4 - Buone 4 - Lucido 4 - Normale 4 - Piena 4 - Assente3 - Discrete 3 - Apatico 3 - Cammina con aiuto 3- Moderatamente 3 - Occasionale

limitata2 - Scadenti 2 - Confuso 2 - Costretto su sedia 2 - Molto limitata 2 - Abituale

(urine)1 - Pessime 1 - Stuporoso 1 - Costretto a letto 1 - Immobile 1 - Doppia

Tabella 1

INDICE DI NORTON

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24 I Q U A D E R N ISupplemento de L’Infermiere n. 6/03

ti proposti gli indici di Norton e Braden perla valutazione del rischio (Tabella 1 e 2).

L’indice di NortonL’indice di Norton (Norton, McLaren edExton Smith) è stato realizzato nel ‘59 quan-do un gruppo di infermieri e medici han-no iniziato a studiare in modo sistematicoil problema delle lesioni da decubito, pub-blicando la sintesi di tre progetti di ricer-ca nel 1962.Da queste ricerche e valutazione finale èstata sintetizzata la scala che attualmenteè conosciuta come Norton. È una scalamolto semplice e rapida nell’impiego cli-nico e che, come mette in rilievo la stessaNorton facendo un’analisi di 30 anni diutilizzo del loro indice, deve solo dareun’indicazione dell’aumentato rischio dicontrarre lesioni da decubito e non averela pretesa di dare la garanzia dei risultaticome spesso ci si attende da questi stru-menti. Mette in evidenza in questa anali-si anche la valenza e l’importanza che haancora la valutazione del professionistanella valutazione delle problematiche delsingolo individuo, che deve essere valuta-to ed assistito modulando l’intervento inbase alle sue problematiche senza fossi-lizzarsi su quanto rileva l’indice, che devesolo dare una “indicazione” generica diaumentato rischio e come tale deve esse-re utilizzato. Gli autori ritennero di indi-care come primo valore discriminante il14, dal quale cioè si doveva prestare un’at-tenzione maggiore al paziente, e 12 comevalore dal quale si aveva un sicuro innal-zamento del rischio di contrarre una le-sione da decubito, per cui si doveva cer-

tamente intervenire preventivamente in-tensificando l’assistenza al soggetto.

L’indice di BradenL’indice di Braden e Bergstrom è stato rea-lizzato dagli autori dopo una approfonditaanalisi degli indici presenti in letteraturaevidenziando come spesso questi mal si adat-tavano alle varie casistiche di pazienti e siprestavano a diverse interpretazioni da par-te del personale sanitario. L’indice che han-no preso in considerazione inizialmente eraquello proposto da Gosnell (Gosnell 1973)che partendo dai lavori di Norton lo avevaintegrato con delle definizioni ed aveva in-serito tra gli indicatori quello della alimen-tazione. Non soddisfatti però dei risultati,soprattutto per la non omogenea interpre-tazione delle variabili da parte degli opera-tori, hanno ideato un indice comprenden-te fattori “unici” per originalità tra quelli uti-lizzati in questo tipo di strumenti. Sono sta-ti infatti inseriti parametri come la frizione,l’umidità, la percezione sensoriale, che sap-piamo essere parametri molto importanti ol-tre alla mobilità; oltre a comprendere l’ali-mentazione che hanno definito in modo par-ticolareggiato. L’analisi della sensibilità especificità iniziale fatta dagli autori, con unvalore discrimante (“cut off”) di 16 ha mo-strato una sensibilità anche del 100% e spe-cificità del 90% per alcune aree considera-te. Questi valori sappiamo essere anche dalpunto di vista statistico notevolmente rile-vanti e danno agli utilizzatori pertanto unabuona garanzia di risultato qualora si prov-veda ad adottare provvedimenti opportuniin quei pazienti con valori di risultanti daltest di 16 o inferiore.

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VA L U TA Z I O N E D E L R I S C H I O D A P. U . 25

PERCEZIONE SENSORIALEAbilità a rispondere in mo-do corretto alla sensazio-ne di disagio correlata al-la pressione.

UMIDITÀGrado di esposizione del-la pelle all’umidità

ATTIVITÀGrado di attività fisica.

MOBILITÀCapacità di cambiare e dicontrollare le posizioni delcorpo.

NUTRIZIONEAssunzione usuale di cibo.

FRIZIONE E SCIVOLAMENTO

Tabella 2

INDICE DI BRADEN

4

Non Limitata.Risponde agli ordini ver-bali. Non ha deficit senso-riale che limiti la capacitàdi sentire ed esprimere ildolore o il disagio.

Raramente Bagnato.La pelle è abitualmenteasciutta. Le lenzuola sonocambiate ad intervalli diroutine.

Cammina Frequentemente.Cammina al di fuori dellacamera almeno due volteal giorno e dentro la ca-mera 1 volta ogni due ore(al di fuori delle ore del ri-poso).

Limitazioni Assenti.Si sposta frequentementee senza assistenza.

EccellenteMangia la maggior partedel cibo. Non rifiuta maiun pasto. Talvolta mangiatra i pasti. Non necessitadi integratori.

3Leggermente Limitata.Risponde agli ordini verbalima non può comunicaresempre il suo disagio o il bi-sogno di cambiare posizione.

Ha impedimento al senso-rio che limita la capacitàdi avvertire il dolore o ildisagio in 1 o 2 estremità.

Occasionalmente Bagnato.La pelle è occasionalmen-te umida, richiede un cam-bio di lenzuola extra 1 vol-ta al giorno.

Cammina Occasionalmente.Cammina occasionalmen-te durante il giorno ma perbrevi distanza con o sen-za aiuto. Trascorre la mag-gior parte di ogni turno aletto o sulla sedia.

Parzialmente Limitata.Cambia frequentemente laposizione con minimi spo-stamenti del corpo.

Adeguata.Mangia più della metà deipasti, 4 porzioni o più diproteine al giorno. Usual-mente assume integratori.

Si alimenta artificialmentecon TPN, assumendo ilquantitativo nutrizionalenecessario.

Senza Problemi Apparenti.Si sposta nel letto e sullasedia in modo autonomoed ha sufficiente forza mu-scolare per sollevarsicompletamente durante imovimenti.

2

Molto LimitataRisponde solo agli stimolidolorosi. Non può comuni-care il proprio disagio senon gemendo o agitandosi.

Ha impedimento al senso-rio che limita la percezionedel dolore o disagio alme-no per la metà del corpo.

Spesso BagnatoPelle sovente ma non sem-pre umida. Le lenzuola de-vono essere cambiate al-meno 1 volta per turno.

In Poltrona.Capacità di camminare se-veramente limitata o ine-sistente. Non mantiene laposizione eretta e/o deveessere assistito nello spo-stamento sulla sedia osulla sedia a rotelle.

Molto Limitata.Cambia occasionalmenteposizione del corpo o del-le estremità, ma è incapa-ce di fare frequenti o si-gnificativi cambiamenti diposizione senza aiuto.

Probabilmente Inadeguata.Raramente mangia un pa-sto completo, general-mente mangia la metà deicibi offerti. Le proteine as-sunte includono 3 porzio-ni di carne o latticini algiorno, occasionalmenteintegratori alimentari.

Riceve meno quantità ot-timale di dieta liquida oenterale (con sondino).

Problema PotenzialeSi muove poco e necessi-ta di assistenza minima.Durante lo spostamento lacute fa attrito con le len-zuola o con il piano dellapoltrona, occasionalmen-te può slittare.

1Completamente Limitata.Non vi è risposta (non geme,non si contrae o afferra) al-lo stimolo doloroso, a cau-sa del diminuito livello di co-scienza od alla sedazione.

Limitata capacità di perce-pire dolore in molte zonedel corpo.

Costantemente Bagnato.La pelle è mantenuta co-stantemente umida dallatraspirazione, dall’urinaecc. Ogni volta che il pa-ziente si muove o si gira losi trova sempre bagnato.

Completamente Allettato. Costretto a letto.

Completamente immobile. Non può fare alcun cam-biamento di posizionesenza assistenza.

Molto Povera.Non mangia mai un pastocompleto. Raramente man-gia più di 1/3 di qualsiasicibo offerto. 2 o meno por-zioni di proteine al giorno.Assume pochi liquidi enessun integratore.

È a digiuno o mantenutocon fleboclisi o beve be-vande per più di 5 giorni.

Problema.Richiede da una moderataad una massima assistenzanei movimenti. Frequente-mente scivola nel letto onella poltrona. Frequente-mente richiede riposiziona-menti con la massima as-sistenza. Sono presenti spa-sticità, contratture, agitazio-ne, che causano costante at-trito contro il piano del let-to o della poltrona.

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26 I Q U A D E R N I

Premessa

La stima della valutazione funzionale del-la persona da assistere si elabora indi-

viduando le variabili predittive del livellodi autonomia del soggetto. I molteplici stru-menti sviluppati per quantificare l’entitàdelle funzioni residue, indagano la capaci-tà (funzione) del soggetto anziano di com-piere attività connotate da un diverso gra-do di complessità.L’identificazione dei bisogni in termini fun-zionali si realizza secondo una componen-te soggettiva e una oggettiva. La compo-nente soggettiva misura le modalità con lequali la persona assistita osserva la propriacondizione e le sue variazioni, (o quantoriferisce il caregiver). Afferiscono a questaarea numerose scale tra le quali:• Adl (Index of Indipendence in Activities

of Daily Living Katz et al., 1959) • Indice di Barthel (Mahoney e Barthel

1965, rivisitata da Granger, 1979)• Iadl (Instrumental Activities of Daily Li-

ving, Lawton e Brody, 1969) • Fsi ( Functional Status Index Jette 1978)• Rand Functional Status Indexes (Stewart,

Ware e Brook, 1978)La componente oggettiva rileva con stru-menti di misura l’oggettiva capacità del sog-getto di compiere delle funzioni di base edefinisce la rapidità (performance) con cuipossono essere svolte. Tra gli strumenti che

afferiscono a questa area si citano:• Il Mini Mental State (Folstein M.F. et al., 1975) • Il Phisical Performance Test (Reuben e

Siu, 1990)• La Scala di Tinetti (Tinetti, 1986)

Pazienti e contesti cliniciLa scala fu elaborata per la valutazione del-lo stato funzionale della popolazione an-ziana affetta da patologie croniche ricove-rata in ospedale.Oggi i setting assistenziale di riferimentosono sia l’ambiente ospedaliero, sia quel-lo extra ospedaliero (domiciliare, struttu-re residenziali, etc..)

Le variabiliLa scala (Tabella 1) considera sei variabilicon tre modalità:1. la capacità di effettuare il bagno nella va-

sca o nella doccia: positiva se la persona as-sistita riceve assistenza per la pulizia di dueo più parti del corpo (o non fa il bagno);

2. la capacità di vestirsi: positiva se la per-sona assistita riceve assistenza senzaprendere i vestiti o per vestirsi o rima-ne parzialmente svestita;

3. la capacità di andare alla toilette: positi-va se la persona assistita riceve assisten-za per andare alla toilette o per ripulirsio per rivestirsi o per l’utilizzo del vaso danotte, o non è in grado di andare alla toi-

di Antonella Santullo*

Scala Adl di Katz: uno strumento per la valutazionesoggettiva dello stato funzionale

Una scala semplice e veloce per avere una prima informazione sulle caratteristiche della persona da assistere

* Ddsi; Direttore Direzione Assistenziale Azienda Usl Rimini

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S C A L A A D L D I K A T Z 27

lette per l’evacuazione di urine e feci;4. la capacità di entrata e uscita dal letto:

positiva se la persona assistita riceve as-sistenza per entrare o uscire dal letto osedersi o alzarsi dalla sedia, o è allettato;

5. la capacità di controllare urine e feci:positiva se la persona assistita è saltua-riamente incontinente, o è necessariauna supervisione, utilizza il catetere, èincontinente;

6. la capacità di alimentarsi: se la personaassistita riceve assistenza per alimen-tarsi, viene alimentata parzialmente ocompletamente per mezzo di sonde o li-quidi per via parenterale.

Chi la compila e come si compilaLa scala può essere compilata dall’infermie-re (l’addestramento per l’uso non presenta

particolari difficoltà) e il tempo medio dicompilazione varia dai tre ai 10 minuti.Per ognuna delle sei variabili deve essereidentificata la descrizione che nel momentodella rilevazione sia corrispondente alla si-tuazione del soggetto. É attribuita la condizione di non autosuf-ficienza qualora la persona assistita, pursenza limitazioni funzionali, non esprimela capacità di effettuare una delle sei fun-zioni fondamentali della vita quotidiana.

Come si calcola il punteggioAd ogni funzione è attribuito un punteggiopari a zero se negativa, o pari ad uno se cor-risponde una positività nella riduzione del-l’autonomia. Per individuare il risultato oc-corre sommare i punteggi positivi. Il soggettoassistito è autosufficiente se il risultato è pari

È tra le più note modalità di valutazione soggettiva dello stato funzionale. L’ideazione è attribuita a Katz e il suo staff del Benjamin Rose Hospital in Cleveland nel 1959. Katz notò che come conseguenza delle patologie croniche le capacità funzionali erano perse secondo unaparticolare cronologia che va dalle attività più complesse( fare il bagno) alla meno complessa (alimen-tarsi). Rilevò, invece, che l’ordine nella fase di riacquisizione delle funzioni perse, era inverso, dalla capa-cità di alimentarsi a quella di fare il bagno nella vasca o nella doccia.

LA SCALA ADL DI KATZ

A - Indipendente nell’alimentarsi, nella continenza, nello spostarsi, nell’uso dei servizi igienici, nel vestirsi e nel fare il bagno (equivale al punteggio 0)

B - Iindipendente in tutte le funzioni eccetto una (equivale al punteggio 1)

C - indipendente in tutte le funzioni eccetto che nel fare il bagno e in un’altra funzione (equivale al punteggio 2)

D - indipendente in tutte le funzioni eccetto che nel fare il bagno, nel vestirsi e in un’altra funzione (equivale al punteggio 3)

E - indipendente in tutte le funzioni eccetto che nel fare il bagno, nel vestirsi, nell’uso dei servizi igienici e in un’altra funzione (equivale al punteggio 4)

F - indipendente in tutte le funzioni eccetto che nel fare il bagno, nel vestirsi, nell’uso dei servizi igienici, nello spostarsi e in un’altra funzione (equivale al punteggio 5)

G - dipendente in tutte le sei funzioni (equivale al punteggio 6)

ALTRO - dipendente in almeno due funzioni, ma non classificabili come C D E o F

Tabella 1

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a zero, dipendente se il risultato è pari a sei.I punteggi ottenuti nell’indice da 0 a 6 so-no stati espressi in specifiche definizioni didipendenza ed indipendenza corrispondentia sette lettere alfabetiche, così come segue:

Validità della scalaLo studio di Covinsky ed altri (1997) utilizza,fra altri strumenti prognostici, la scala Adl perprevedere la mortalità ospedaliera di una po-polazione anziana, ovvero con 80 anni di etàmedia (Tabella 2).La sensibilità, o capacità di prevedere la mor-talità ospedaliera (Veri Positivi), è molto alta(96%) quando il test viene ritenuto negativocon score zero perché il paziente è autonomoin tutte le Adl. Successivamente, all’aumenta-re dello score, il valore della sensibilità dimi-nuisce e quando arriviamo all’estremo oppo-

sto, cioè il test è ritenuto positivo solo quandola dipendenza è presente in tutte e sei le Adl,otteniamo il valore minimo pari al 63%. Per laspecificità, o capacità di prevedere quali pa-zienti non moriranno in ospedale (Veri Nega-tivi), il comportamento è opposto. Con il livel-lo di accettabilità del test ad uno score di ze-ro, la specificità è estremamente bassa (28%),mentre sale al 79% quando considero positi-vo il test con tutte le Adl dipendenti (score sei).

ConclusioniLa scala è uno strumento semplice, velocenella compilazione e compatibile con laroutine della pratica professionale, tutta-via per aumentare la validità ed affidabili-tà della conoscenza prodotta è necessariointegrare strumenti diversi caratterizzati dauna maggiore sensibilità e specificità.

28 I Q U A D E R N ISupplemento de L’Infermiere n. 6/03

• D. Wilkin, L. Hallam, M.A. Doggett, Measures of Need and outcome for primary health care, Oxford UniversityPress, New York (1992).

• AA.VV., Gli strumenti di valutazione in geriatria, Lauri, Milano (1998).• K.E. Covinsky, A.C. Justice, G.E. Rosenthal, R.M. Palmer, C.S. Landefeld., Measuring Prognosis and Case Mix in

Hospitalized Elders, J Gen Intern Med (1997), 12:203-208.• Staff of the Benjamin Rose Hospital, Multidisciplinary studies of illness in aged persons: II a new classification of

functional status activities of daily living, Journal of Chronic Disease (1959), 9, 55-62.• Katz S. et al., Studies of illness in the aged: the index of Adl: a standardised measure of biological and psycho-

social function, Journal of the American Medical Association (1963), 185, 914-919.

Bibliografia

Indipendenti Dipendenti Dipendenti Dipendenti Adl da 1 a 3 Adl da 4 a 5 Adl 6 Adl Totale

n. pazienti 217 223 188 195 823n. pazienti deceduti 2 6 12 34 54

Score 0 Score 3 Score 6Indipendente Dipendente Dipendente in tutte le Adl fino a 3 Adl in tutte le Adl

Sensibilità 0,96 0,85 0,63Specificità 0,28 0,56 0,79

Tabella 2

Page 30: Quaderno numero 6 anno 2003...settembre 2003 6 SOMMARIO Le scale di valutazione: Strumenti per la rilevazione dei dati clinici nell’assisitenza infermieristica Premessa Le scale

I Q U A D E R N I 29

Negli ultimi 30 anni sono state createe applicate una moltitudine di scale

per la valutazione della funzione neurolo-gica con il doppio scopo di standardizza-re la valutazione neurologica dei pazientie di ottenere dati confrontabili tra loro enel tempo che fornissero indicazioni sulprogredire della malattia. In ambito infer-mieristico la valutazione neurologica as-sume particolare importanza poiché oltread esprimere una compromissione dellafunzione neurologica è intimamente lega-ta all’espressione del grado di dipenden-za del paziente e quindi del carico assi-stenziale. Nel manuale delle scale di valu-tazione neurologica di Robert M. Hern-don pubblicato nel 1997 vengono elenca-te e descritte più di cento scale di valuta-zione che prendono in considerazione mol-teplici aspetti: dalle scale per la valutazio-ne dello stato di coscienza a quelle che va-lutano il grado di disabilità con relativavalutazione delle capacità del paziente disvolgere le attività di vita quotidiana (Avq)passando per scale che valutano singolar-mente le funzioni neurologiche (stato diattenzione, funzione motoria, sensitiva, in-tellettiva, linguaggio ecc.) o che sono spe-cifiche di un determinato quadro patolo-gico come il trauma cranico, la depressio-ne, le malattie di Parkinson o Alzheimer olo stroke. Anche il grado di complessitàdelle scale è molto variabile e si va da sca-

le estremamente semplici che richiedonopochi minuti a scale lunghe e complesseche possono richiedere anche ore per com-pletare la valutazione. Per completezza vaanche detto che non tutte queste scale so-no di interesse infermieristico in quantohanno uno scopo diagnostico e richiedo-no conoscenze o competenze possedutedal medico specialista (neurologo, psi-chiatra, geriatra, neurochirurgo ecc.). Inquesto mare di scale sono state scelte quel-le avvalorate dall’evidenza scientifica, do-tate di maggiore sensibilità e specificità eanche tenendo conto della semplicità diutilizzo.

Trauma cranico: la Glasgow Coma Scale (Gcs)La più conosciuta ed utilizzata è La Gla-sgow Coma Scale (Gcs). Si tratta di unascala che valuta il livello di coscienza ba-sandosi sulla valutazione di tre compo-nenti: apertura degli occhi, risposta ver-bale e risposta motoria. Ha un punteggiominimo di 3 che corrisponde al coma se-vero ed uno massimo di 15 che corri-sponde al paziente sveglio ed orientato(Tabella 1). La Gcs è nata principalmente come stru-mento di valutazione del paziente vittimadi trauma cranico ed in tal senso è ac-creditata di elevata sensibilità e specifi-cità nonché di elevato valore prognosti-co nella fase acuta (ad esempio un pa-

* Infermiere presso il Dipartimento Emergenza e Accettazione, Azienda Ospedaliera Careggi, Firenze

Le scale di valutazione della funzione neurologica

Diverse scale per valutare non solo la compromissione della funzione neurologica ma anche il conseguente grado di dipendenza del paziente e quindi il carico assistenziale

di Enrico Lumini*

Page 31: Quaderno numero 6 anno 2003...settembre 2003 6 SOMMARIO Le scale di valutazione: Strumenti per la rilevazione dei dati clinici nell’assisitenza infermieristica Premessa Le scale

30 I Q U A D E R N I

ziente con un Gcs di 3-4 ha solo un 7%di possibilità di recupero completo) chediminuisce significativamente dopo il 5°-7° giorno. La Gcs dà indicazioni sull’en-tità della sofferenza encefalica nel suocomplesso e, anche se non permette di di-stinguere tra lesione cerebrale focale e le-sione cerebrale diffusa, è stata successi-vamente impiegata in tutti i casi di com-promissione acuta dello stato di coscien-za (ad es. ictus o dopo una rianimazionecardiopolmonare). La Gcs è quindi unascala semplice che richiede una forma-zione minima e pochi minuti per la valu-tazione che fornisce un parametro nu-merico confrontabile nel tempo indica-tore del peggioramento o miglioramentodel quadro clinico del paziente. Ne esisteanche una versione pediatrica che oltread alcune modifiche nella sezione dellerisposte verbali è corredata da un aggiu-stamento dei valori ritenuti normali inrapporto all’età.

Le scale per valutare i danni dello strokeUn’altra patologia ad alta prevalenza edelevato costo sociale è l’ictus cerebrale ostroke. La valutazione neurologica di que-

sti pazienti è importante ai fini diagnosti-ci e terapeutici, ma ha anche importantirisvolti prognostici ed assistenziali ed intal senso le linee guida italiane racco-mandano l’utilizzo di tre scale: la Cincin-nati Prehospital Stroke Scale (Cpss) in am-bito extraospedaliero e la National Insti-tutes of Health Stroke Scale (Nihss) o laScandinavian Stroke Scale (Sss) in ambi-to ospedaliero. La Cpss è estremamente semplice e sibasa sulla rilevazione della presenza omeno di paralisi faciale, deficit di forzaad un braccio ed alterazioni della paro-la: la presenza di uno solo di questi se-gni è correlata ad elevate sensibilità especificità per lo stroke (rispettivamen-te 88% e 87%). La Nihss fornisce una misura quantitativadel deficit neurologico correlato all’ictuse si è dimostrata valida ed affidabile nonsolo in ricerche cliniche prospettiche, maanche in valutazioni retrospettive del-l’outcome; è indicata nello screening infase acuta, nella valutazione successiva enel monitoraggio, prestandosi a valutazioniseriate per la quantificazione delle varia-zioni del quadro neurologico. Caratteri-

30 I Q U A D E R N I

Apertura occhi A spontanea 4alla voce 3al dolore 2assente 1

Risposta verbale B orientata 5confusa 4

parole inappropriate 3suoni incomprensibili 2

assente 1

Risposta motoria C lesegue ordini semplici 6localizza il dolore 5retrae al dolore 4

flette 3estende 2assente 1

Totale A+B+C

Tabella 1

LA GLASGOW COMA SCALE

Supplemento de L’Infermiere n. 6/03

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SCALE DI VALUTAZIONE NEUROLOGICA 31

stiche peculiari di questa scala sono la suabrevità e la possibilità di poter essere som-ministrata anche in pazienti non coscien-ti. Il punteggio varia da 0 a 39 dove 0 cor-risponde al paziente senza deficit neuro-logici. Data la complessità di alcune valu-tazioni (ad es. la presenza di atassia o dideficit sensoriali o mnemonici) questa sca-la viene prevalentemente utilizzata da neu-rologi ma potrebbe essere utilizzata ancheda altro personale medico o da personaleinfermieristico con competenze e cono-scenze avanzate (infermieri di neurologiao Stroke Unit). La Sss valuta principalmente lo stato di co-scienza, la deviazione coniugata di sguar-do, la forza degli arti, l’orientamento, l’a-fasia, la paresi facciale ed i disturbi del mo-vimento. La Sss è la sola scala che utilizzaun punteggio separato per valutare l’out-come a lungo termine; nella fase acuta lasua semplicità d’uso la rende un facile stru-mento che si presta alla somministrazionenon soltanto da non neurologi, ma ancheda personale infermieristico.

Le scale per valutare la funzione cognitivaPassando invece a scale che valutano lafunzione cognitiva o l’autosufficienza delpaziente si entra in un vero e proprio ocea-no di scale. Le tre che rispondono mag-

giormente ai requisiti citati in preceden-za sono: il Mini Mental Status Examina-tion (Mmse), efficace nella valutazione deipazienti con demenza, la scala di Rankinmodificata (mRS) e l’indice di Barthel (BI),più idonee alla misurazione della disabi-lità e del grado di dipendenza. Il Mini Mental Status Examination è unmetodo veloce per valutare la funzione co-gnitiva del paziente; il punteggio varia tra0 e 30 ed un valore compreso tra 24 e 30è considerato normale anche in funzionedel livello culturale del paziente. L’esamesi basa su una sequenza di domande e com-piti semplici ai quali il paziente deve ri-spondere correttamente. Il Barthel Index (Bi) si caratterizza per unelevato grado di validità ed affidabilità, ol-tre che per la sua appropriatezza nelloscreening, nella valutazione formale e nelmonitoraggio. È una scala ordinale conpunteggio totale da 0 (totalmente dipen-dente) a 100 (totalmente indipendente).La valutazione è composta da dieci items:alimentazione, fare il bagno, igiene per-sonale, vestirsi, controllo retto e vescica,trasferimento nel bagno e sedia/letto,deambulazione e salita scale. La Scala di Rankin, invece, categorizza ipazienti in base alla loro capacità di ef-fettuare attività precedentemente svolte e

0 nessun sintomo

1 sintomatologia che non interferisce con le normali abitudini di vita del paziente

2 disabilità minore: sintomi che comportano una restrizione delle abitudini di vita del paziente, ma che non gli impediscono di badare a se stesso

3 disabilità moderata: sintomi che interferiscono significativamente con lo stile di vita del paziente o impediscono una esistenza completamente indipendente

4 disabiltià moderata-severa: sintomi che impediscono chiaramente una esistenza indipendente,ma il paziente non necessita di costante attenzione giorno e notte

5 disabilità severa: totale dipendenza richiedente costante attenzione notte e giorno

6 decesso

Tabella 2

LA SCALA DI RANKIN MODIFICATA

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32 I Q U A D E R N I

la loro eventuale richiesta di assistenza(Tabella 2). Per ultima, ma di notevole rilevanza per ilpersonale infermieristico, va citata la Sca-la di Ramsey: si tratta di una scala per lavalutazione del livello di sedazione che in-dividua sei livelli (Tabella 3). È una scalaestremamente semplice che ha come li-mite quello di lasciare troppa soggettività

a chi valuta e infatti i detrattori di questascala sostengono che si tratti più di unavalutazione dello stato di coscienza chenon del livello di sedazione. Per contro vainvece rilevato che è stata ampiamente stu-diata e testata ed ha dato ottimi risultatiin termini di validità, efficacia e riprodu-cibilità nella pratica clinica sia in ambitointensivo che non.

Supplemento de L’Infermiere n. 6/03

Livello di sedazione CaratteristichePaziente sveglio

1 Ansioso o agitato2 Collaborante, orientato e tranquillo3 Risponde ai comandi

Paziente addormentato

4 Calmo, addormentato con veloce risposta a stimolo doloroso glabellare o forte stimolo uditivo

5 Risposta lenta a stimolo doloroso glabellare o forte stimolo uditivo

6 Risposta agli stimoli assente o minima

Tabella 3

LA SCALA DI RAMSEY

• www.spread.it: Sito in italiano con le linee guida sullo stroke aggiornate al 2001.• www.trauma.org: sito in inglese con la descrizione delle più importanti scale utilizzate nel paziente traumatizzato

ivi compresa la GCS.• www.medal.org: sito in inglese che è un vero e proprio database di indici, scale e punteggi divisi per categorie

(nella sezione neurologica sono presenti le descrizioni e le referenze bibliografiche delle scale presentate nel pre-sente articolo).

Siti internet

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to

Autovalutazione

TEST A RISPOSTA MULTIPLA

RISPOSTE ESATTE: 1 B, 2 C, 3C, 4 A, 5 C, 6 C, 7 A, 8 B, 9 B, 10 C

1. Le scale di valutazione portano

A) ad una lettura soggettiva del caso clinico

B) ad una lettura oggettivaC) ad una interpretazione

2. Quanti sono i livelli di misurazione delle variabili?

A) uno soloB) innumerevoliC) sono quattro:

nominale, ordinale,ad intervalli, di rapporti

3. Il dolore nel bambinopuò essere rilevato

A) solo se è in grado di parlareB) solo chiedendo

la valutazione dei genitoriC) osservandone alcuni

comportamenti

4. La scala di Conley misura

A) il grado di rischio di cadute nei pazienti anziani

B) la gravità delle cadute subitedai pazienti

B) la frequenza delle cadute in pazienti particolari

5. Chi compila la scala di Conley

A) il pazienteB) il caregiverC) il caregiver

6. Il “risk management”A) misura i rischi di chi gestisce

una strutturaB) misura i danni prodotti

dai managerC) è la strategia studiata

per ridurre i rischi

7. L’indice di Norton si basa su

A) cinque parametriB) tre parametriC) quindici parametri

8. La scala di Katz misuraA) l’invecchiamento del pazienteB) l’entità delle funzioni residue

in un paziente anzianoC) la fragilità organica

del paziente anziano

9. La Glasgow ComaScale valuta

A) i danni prodotti da uno stroke

B) il livello di coscienza di un paziente che ha subitoun trauma cranico

C) la gravità del coma

10. Cosa misura la scala di Ramsey?

A) il doloreB) l’agilità fisicaC) il livello di sedazione