QUADERNI DELLA FONDAZIONE MONASTERIO PER LA SALUTE …
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QUADERNI DELLA FONDAZIONE MONASTERIO
PER LA SALUTE DI GENERE N° 2
a cura di Dott.ssa Silvia Maffei
Responsabile del Coordinamento sulla Salute e Medicina di Genere
Fondazione Toscana “G. Monasterio” Per la Ricerca Medica e la Sanità Pubblica
Tipografia Editrice Pisana
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Stampa Novembre 2016 Tipografia Editrice Pisana snc
via Trento, 26/30 - 56126 Pisa - Italy Tel. 0039 050 503526
[email protected] www.tepsnc.it
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INDICE
INTRODUZIONE
Dott. Luciano Ciucci ...................................................................................... 7
INTRODUZIONE
Dott. Giorgio Iervasi ...................................................................................... 9
IL PROGETTO FORMATIVO AZIENDALE SULLA SALUTE DI GENERE NELLA
FONDAZIONE TOSCANA GABRIELE MONASTERIO
Dott. Silvia Maffei ....................................................................................... 11
DIFFERENZE DI GENERE TRA PAZIENTI CON MALATTIA DI BEHÇET E
SCLEROSI SISTEMICA: UN APPROCCIO EPIDEMIOLOGICO
Sex differences among patients with Behçet's disease and Systemic
sclerosis: an epidemiological approach
Anna Pierini1, Alessio Coi1, Michele Santoro1, Fabrizio Bianchi1,2, Federica
Pieroni2 ....................................................................................................... 13
DIFFERENZE DI GENERE NELL’ USO DEI FARMACI ANTIDIABETICI ORALI DI
NUOVA GENERAZIONE
GENDER-DIFFERENCES IN THE USE NEW GENERATION ORAL
ANTIDIABETIC DRUGS
Kyriazoula Chatzianagnostou, Laura Pistoia, Tommaso Minutoli Tegrimi .. 22
DIFFERENZE DI GENERE NELLE STRATEGIE
TERAPEUTICHE DELL’OBESITÀ:
STUDIO PILOTA DI PAZIENTI OBESI E DIABETICI
RIFERITI AD FTGM
Gender differences in obesity treatment strategies
Pilot study of subjects related to obesity and diabetes surgery in FTGM
Caterina Arvia1, Valeria Siciliano2, Sabrina Molinaro2, .................................
Letizia Guiducci2. ........................................................................................ 32
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SOVRAPPESO MATERNO IN GRAVIDANZA E RISCHI ALLA SALUTE DEI FIGLI
Maternal overweight during pregnancy and offspring health
Maria Angela Guzzardi1, Johan G Eriksson2, Lamia Ait-Ali1, Elena
Sanguinetti1,3, Alessandra Kemeny4, Pierluigi Festa5, Patricia Iozzo1 .......... 43
L’ECCESSO PONDERALE: STORIE DI RISCHIO
RISPETTO AL GENERE
Excessive body weight: tales of the risk by gender
Francesca Denoth, Valeria Siciliano, Loredana Fortunato, Michela
Franchini, Sabrina Molinaro........................................................................ 52
GENERE E RIMODELLAMENTO INVERSO NELLO SCOMPENSO CARDIACO
SISTOLICO
Gender and reverse remodeling in systolic heart failure
Alberto Aimo, Vincenzo Castiglione, Giuseppe Vergaro, ................................
Alberto Giannoni, Roberta Poletti, .................................................................
Claudio Passino, Michele Emdin ................................................................. 63
LE DIFFERENZE DI GENERE PER FATTORI DI RISCHIO, PARAMETRI CLINICI,
BIOUMORALI, EMODINAMICI PRESENTI NEI PAZIENTI CON INFARTO
ACUTO DEL MIOCARDIO (S-T SOPRASLIVELLATO) RIVASCOLARIZZATI CON
ANGIOPLASTICA CORONARICA PRIMARIA, NON SONO DISCRIMINANTI
SULLA PROGNOSI A MEDIO TERMINE.
Gender differences for risk factors, clinical hemodynamic, biochemical,
present in patients with acute myocardial infarction (S-T elevation in
leads) revascularised with primary coronary angioplasty, are not
discriminatory on medium-term prognosis.
Annamaria Mazzone 1, Giuseppe Rossi2, Luigi Emilio Pastormerlo 1,
Umberto Paradossi1, Michele Coceani1, Antonio Rizza1, Giuseppe Trianni1,
Silvia Maffei1, Alessandro Taddei1, Cataldo Palmieri1, Sergio Berti1 ....... 76
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CORRELAZIONE TRA DIFETTI DI PERFUSIONE REVERSIBILI ALLA STRESS
SPECT E PRESENZA DI STENOSI CORONARICA SIGNIFICATIVA IN PAZIENTI
DI SESSO FEMMINILE.
Correlation between severity of ischemia detected by stress SPECT and
occurrence of significant coronary artery stenosis in female patients.
Claudia Santini, Alessia Gimelli, Annette Kusch, Brunella Favilli, Paolo
Marzullo. ..................................................................................................... 87
CARATTERIZZAZIONE FENOTIPICA DELLA BRONCOPNEUMOPATIA
CRONICA OSTRUTTIVA (BPCO):
UNA PROSPETTIVA DI GENERE
Phenotyping COPD patients - a gender perspective
Simonetta Monti1,2, Ivana Pavlickova1 ...................................................... 101
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INTRODUZIONE
Dott. Luciano Ciucci La Medicina di Genere ha l’obiettivo di comprendere i meccanismi attraverso cui le differenze legate al genere agiscono sullo stato di salute, sull’insorgere delle malattie, sul loro decorso, nonché sugli esiti delle terapie. Quella che è un'evidenza solare, cioè che gli uomini e le donne non sono uguali, non è stata all'origine elemento di speculazione, avendo la medicina per tradizione una connotazione “androcentrica”. Infatti, mentre era chiaro, in medicina, che dire “bambino” non significa dire “piccolo uomo”, tant'è che sono stati realizzati profili professionali e percorsi pediatrici, altrettanto non è stato fatto, mancandone l’evidenza, rispetto alla differenza di genere. La Medicina di genere, così, costituisce un approccio molto recente allo studio delle patologie, ma nonostante ciò sta affermandosi prepotentemente come argomento di investigazione e di concreto dibattito. L'ambito di riflessione e di studio è estremamente ampio e le potenzialità e gli effetti sono tuttora ben lungi dall'essersi pienamente dispiegati. E' importante, quindi, che le Istituzioni si interroghino e che promuovano l'interesse, la progettualità e lo studio delle tematiche connesse al grande capitolo della medicina e salute di genere. Da questo punto di vista, la Regione Toscana da tempo promuove e sostiene la medicina di genere anche quale contributo di miglioramento dell'efficacia di erogazione delle prestazioni sanitarie. L'Ente che ho l'onore di dirigere, la Fondazione Toscana “Gabriele Monasterio”, costituisce una struttura molto particolare, istituita dalla Regione Toscana e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, con la peculiare missione di centro specialistico e di innovazione nella clinica. In Fondazione vi è una elevatissima multidisciplinarietà, con una collaborazione quotidiana in ambito clinico, tecnico e di ricerca, di
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professionalità diverse: clinici, biologi, fisiologi, fisici, bioingegneri, statistici, informatici, infermieri e tecnici sanitari. Nelle sedi di Pisa e Massa della Fondazione, in collaborazione con i ricercatori dell'Istituto di Fisiologia Clinica del CNR - partner privilegiato per le attività di ricerca clinica - ci si interroga su vari temi nell'ambito della Medicina di Genere traendo dall'esperienza clinica e dagli studi effettuati spunti di confronto, riflessione ed anche di definizione di percorsi clinici. Con questa pubblicazione, per il secondo anno, la Fondazione mette “nero su bianco” alcune riflessioni frutto di esperienze e studi realizzati nel corso dell'anno sulle tematiche affrontate nell'ambito del Coordinamento aziendale per la Medicina di Genere, volendo in questo modo dare un proprio contributo al confronto scientifico e clinico su un tema destinato ad essere di sempre maggiore interesse.
Luciano Ciucci Direttore Generale
Fondazione Toscana “Gabriele Monasterio” per la Ricerca Medica e di Sanità Pubblica
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INTRODUZIONE
Dott. Giorgio Iervasi Pressochè tutti gli studi sia clinici che sperimentali hanno da sempre preso in considerazione l’impatto che ha il genere, oltre che all’eta’ dei soggetti esaminati, sui risultati. Sulla base di questa premessa inconfutabile appare davvero sorprendente come la medicina tradizionale abbia invece “scoperto” l’impatto del genere - e di tutte le variabili che lo caratterizzano sulla predizione, prevenzione, diagnosi e cura delle malattie - solo negli ultimi 20 anni. O meglio, ancora piu’ sorprendente e’ la over semplificazione portata avanti che e’ stata tradotta nella realta’ e pratica quotidiana nel riconoscere una diversita’ esclusivamente anatomica e/o fisiologica tra maschi e femmine e conseguentemente in un approccio al problema strettamente ginecologico o andrologico, ignorando di fatto tutti i fattori relativi all'ambiente, all’estrazione culturale ed educazione, alla società e alla psicologia dell'individuo di genere diverso. Ancora peggiore e retrograda poi è stata la visione, per alcuni versi purtroppo non del tutto abbandonata, che vuole identificare la Medicina di genere come la Medicina delle donne. Non dobbiamo tuttavia essere pessimisti perche’ molto è stato fatto specie negli ultimi 10 anni in termini di governance del problema, alla luce delle azioni concrete “gender oriented” intraprese, quali l’inclusione della Medicina di genere nel Piano Socio Sanitario Regionale di molte Regioni inclusa la Regione Toscana, l’istituzione di Tavoli e/o Commissioni regionali sulla Medicina di genere, la promozione della ricerca nel settore, la formazione degli operatori sanitari e la pubblicazione di report regionali sulla Salute di genere, con l’istituzione anche di un Centro regionale e Centri di Medicina di genere in ogni Azienda sanitaria come nel caso della Regione Toscana. Ma se molto si è fatto ancora di più bisogna fare nei prossimi anni se non vogliamo che le apprezzabili iniziative messe in atto non vengano poi con il tempo vanificate o rese sterili. Occorre stimolare una vera e propria rivoluzione culturale istituendo
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quanto prima già a livello universitario, nelle facolta’ biomediche, corsi specifici d’insegnamento e formazione “gender oriented” da proseguire e perfezionare poi nell’ambito dell’alta formazione post-universitaria. L’organizzazione del convegno “LA FONDAZIONE TOSCANA GABRIELE MONASTERIO PER LA SALUTE DI GENERE” seconda edizione va sicuramente nella direzione giusta; in particolare la visione d’insieme è quella giusta e rappresenta la testimonianza diretta della competenza acquisita nel tempo, della passione, della tenacia e della coerenza che la Dott.ssa Maffei ha saputo e voluto mettere nel portare avanti con fatti e non con le parole il tema della Medicina di Genere.
Giorgio Iervasi Direttore Istituto di Fisiologia Clinica
CNR Pisa
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IL PROGETTO FORMATIVO AZIENDALE SULLA SALUTE DI GENERE NELLA FONDAZIONE TOSCANA GABRIELE
MONASTERIO
Dott. Silvia Maffei
L’anno 2016 ci vede ancora impegnati nel grande progetto toscano della Salute di Genere. Continua l’esperienza della Fondazione Toscana Gabriele Monasterio insieme all’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa, sul grande tema della differenza di genere nei vari ambiti della ricerca clinica offerti dalle nostre istituzioni. Ai percorsi clinici già operativi si aggiungono 3 nuovi percorsi clinico-diagnostico-terapeutici multidisciplinari i cui dati verranno presentati nel 2017: Le differenze di genere nelle emoglobinopatie; la salute e la prevenzione al femminile: Il rischio cardio-metabolico nelle diverse fasi ormonali della vita della donna; le differenze di genere nella personalizzazione della cura nel paziente anziano complesso: valutazione multidimensionale della fragilità, comorbidità e disabilità. Continua il progetto formativo aziendale con i corsi ecm aperti a tutto il personale medico e non medico interno sia negli stabilimenti di Pisa che a Massa ed esterno. Sono state affrontate le diverse tematiche della patologia cardiovascolare, pneumologica, laboratoristica e del rischio cardio-metabolico in termini di salute di genere. Il secondo quaderno della Fondazione Gabriele Monasterio per la Salute di Genere prosegue con la progettualità iniziata nel 2015 e ha l’obiettivo di riassumere i contributi clinico-scientifici realizzati nell’anno 2016 sulla Salute di Genere nella FTGM e nell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa. I contributi qui riportati rappresentano, in alcuni casi, la concretizzazione di progetti presentati nel volume precedente e nuovi progetti sviluppati e concretizzati nell’anno in corso. La multidisciplinarietà e la interdisciplinarietà nella ricerca clinica che esprime la Fondazione Monasterio e l’integrazione con la componente di ricerca dell’istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa
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costituiscono il punto di forza delle nostre istituzioni e consentono lo sviluppo di progetti con ricadute cliniche utili a ottimizzare l’assistenza e la cura, considerando vari fattori come l’innovazione, l’appropriatezza dei percorsi clinico-diagnostici e la personalizzazione dei trattamenti nella convinzione di operare anche per il contenimento della spesa sanitaria. Il lavoro di interpretazione dei dati in relazione alla differenza di genere è stato facilitato dal carattere multidisciplinare ed interdisciplinare di FTGM e dalla informatizzazione dei dati clinici dei pazienti. Al centro del nostro interesse c’è il paziente. La ricerca clinica rimane l’obiettivo del nostro lavoro e le proposte che ne emergono sono aperte comunque al confronto ed alla discussione corale. Il lavoro del coordinamento aziendale sulla salute di genere trova nuovamente una concreta realizzazione in questo secondo volume. Le relazioni che seguono rappresentano il contributo del lavoro di ricercatrici e ricercatori della nostra Istituzione al tema della salute di genere in Toscana. Un sincero ringraziamento per il lavoro svolto e … buona lettura!
Silvia Maffei Responsabile del Coordinamento sulla Salute e Medicina di Genere
Fondazione Toscana “G. Monasterio” Per la Ricerca Medica e la Sanità Pubblica
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DIFFERENZE DI GENERE TRA PAZIENTI CON MALATTIA DI BEHÇET E SCLEROSI SISTEMICA: UN APPROCCIO
EPIDEMIOLOGICO
SEX DIFFERENCES AMONG PATIENTS WITH BEHÇET'S DISEASE AND SYSTEMIC SCLEROSIS: AN EPIDEMIOLOGICAL APPROACH
Anna Pierini1, Alessio Coi1, Michele Santoro1, Fabrizio Bianchi1,2, Federica Pieroni2
1. Istituto di Fisiologia Clinica, Consiglio Nazionale delle Ricerche,
Pisa 2. Fondazione Toscana “Gabriele Monasterio”, Pisa
ABSTRACT Behçet’s Disease (BD) and Systemic sclerosis (SS) are rare systemic autoimmune diseases characterized by complex immunological mechanisms and specific complications. BD is a systemic, chronic-relapsing vasculitis of unknown etiology whose diagnosis is based on clinical criteria. SS is a chronic progressive disorder, characterized by skin thickening and internal organs involvement. This study is aimed at describing the gender differences in the epidemiology of BD and SS in Tuscany (Italy) out of a population of about 3.8 million inhabitants. Cases with BD and SS reported in the population-based Tuscany Registry of Rare Diseases (RTMR) were used to calculate incidence and prevalence rates, mean age at onset, mean age at diagnosis, and average latency, in the 2008-2014 period. The cases collected by the RTMR were linked to the hospital discharge data in order to provide indicators related to causes of hospitalizations. All indicators were stratified by gender to test differences between males and females. Concerning BD, no gender differences in incidence and prevalence rates were detected. In females a high involvement of nervous system was observed (ratio F/M: 2.84, CI95%: 1.24-6.52) Concerning SS, the incidence and prevalence rates were higher in females than in males (7.12 and 8.31 times higher, respectively).
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Males suffered from pulmonary fibrosis (ratio F/M: 0.09, CI95%: 0.03-0.28) and ischemic heart diseases (ratio F/M: 0.40, CI95%: 0.19-0.83) more than females, suggesting a more severe disease in males. The use of a high-quality population-based rare disease registry, enhanced by the linkage to other health care data sources, allows to estimate epidemiological indicators, and to plan an effective health system taking into account gender differences also in the field of rare diseases. INTRODUZIONE La Malattia di Behçet (MB) e la Sclerosi sistemica (SS) sono malattie autoimmuni sistemiche rare caratterizzate da meccanismi patogenetici immunologici complessi e da complicanze specifiche. La MB è una vasculite multisistemica recidivante cronica caratterizzata da lesioni mucocutanee, articolari, vascolari, oculari e sintomi a carico del sistema nervoso centrale e del tratto gastrointestinale (1,2). Il coinvolgimento neurologico e vascolare rappresenta la complicanza più grave ai fini prognostici. La MB è una malattia cronica reumatologica caratterizzata da una lunga latenza dall’insorgenza dei sintomi alla diagnosi che può inficiare il quadro prognostico e il decorso della malattia. Il sesso maschile sembrerebbe maggiormente interessato, anche se l’entità di tale eccesso risente della diversa e ampia distribuzione geografica che caratterizza la MB. L’insorgenza della malattia in età più giovane è riferita ad un quadro di prognosi più severo (3). La SS è una malattia cronica invalidante caratterizzata da coinvolgimento occlusivo e proliferativo dei microvasi, attivazione del sistema immunitario e aumento della deposizione della matrice extracellulare nella pelle e negli organi interni, in particolare nel polmone, nel cuore e nel tubo digerente (4). La SS è tra le più severe malattie autoimmuni, sia in termini di interessamento multiorgano sia per l’impatto sulla qualità della vita del paziente. Le femmine sono maggiormente colpite (rapporto F/M circa 4:1) (5). Questo studio è finalizzato alla descrizione delle differenze di genere, in termini di prevalenza e di cause di ospedalizzazione in due coorti
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di pazienti affetti rispettivamente da MB e SS, utilizzando informazioni provenienti dal Registro Toscano Malattie Rare, che sono state integrate con flussi sanitari correnti quali ospedalizzazione e mortalità. METODI I pazienti con diagnosi di Malattia di Behçet e di Sclerosi sistemica residenti in Toscana sono stati estratti dal Registro Toscano delle Malattie Rare (RTMR) (6). Il RTMR, avviato nel 2005 a seguito del DM 279/2001 che istituiva il Registro Nazionale Malattie Rare, è coordinato dalla Regione Toscana insieme ad un gruppo di medici professionisti ed è gestito dalla Fondazione Toscana “Gabriele Monasterio”. Dopo la fase di avvio, la raccolta dei dati è stata estesa a tutta la regione con il coinvolgimento di tutti i Presidi sanitari pubblici della Toscana. Le due malattie in studio (MB e SS) sono incluse tra le 661 patologie allegate al DM, inseribili nel sistema malattie rare regionale, a cui sono state aggiunte 107 patologie esenti solo per residenti toscani (DGR 90/2009) e 28 patologie extra DM presenti a soli fini epidemiologici. Per ciascuna malattia sono stati calcolati i seguenti indicatori epidemiologici riferiti al periodo 2008-2014, distinti per sesso: tasso di incidenza per 100.000 abitanti, età media alla diagnosi, età media di insorgenza della malattia, latenza media in anni tra l’insorgenza dei sintomi e la diagnosi. E’ stata inoltre stimata la prevalenza per 100.000 abitanti al 1 gennaio 2015, considerando i casi diagnosticati dall’anno 2000. Al fine di selezionare i casi prevalenti, sono stati esclusi i decessi avvenuti durante il periodo di osservazione, identificati attraverso una procedura di linkage tra i dati del registro e l’archivio di mortalità regionale. Per il calcolo dell’incidenza è stata considerata la popolazione residente in Toscana distinta per sesso negli anni 2008-2014 di fonte ISTAT (7). Per la stima della prevalenza è stata considerata la popolazione residente al 1 gennaio 2015. Tutti gli indicatori epidemiologici calcolati e i relativi rapporti tra incidenza delle
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femmine rispetto a quella dei maschi (F/M), sono stati corredati da intervallo di confidenza al 95% (IC95%). Al fine di valutare le complicanze di ciascuna malattia in studio, è stata utilizzata l’ospedalizzazione rilevata attraverso il flusso informativo delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO). I casi riferiti alle singole patologie in studio estratti dal RTMR, sono stati linkati con tutte le SDO nel periodo 2008-2014, attraverso una procedura di record linkage, utilizzando come chiave il codice individuale anonimo regionale denominato IDUNI. Per valutare le ospedalizzazioni, riferite al coinvolgimento multiorgano emerso dalla letteratura, sono stati considerati gruppi di patologie definiti sulla base dei codici di diagnosi della classificazione ICD9CM riportate nelle SDO in diagnosi principale o in una delle diagnosi secondarie. Per ciascun gruppo di cause sono state calcolate le percentuali di ospedalizzazione distinte per genere. In caso di ricoveri ripetuti per lo stesso gruppo, è stato considerato il primo ricovero. Sono stati calcolati i rapporti di ospedalizzazione nei due sessi (F/M), corredati da intervallo di confidenza al 95% (IC95%). Per la MB sono stati considerati i seguenti gruppi di cause di ospedalizzazione: malattie del sistema nervoso (ICD 320-359); malattie dell’occhio e degli annessi (ICD 360-379); malattie del sistema circolatorio (ICD 390-459); malattie dell’apparato digerente (ICD 520-579); malattie del sistema genitourinario (ICD 580-629); malattie della cute e del tessuto sottocutaneo (ICD 680-709); malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo, escluso cause ortopediche (ICD 710-739). Per la SS sono stati considerati i seguenti gruppi e/o relativi sottogruppi specifici: tumori, eccetto i benigni (ICD 140-239); tra le malattie del sistema circolatorio, le malattie ischemiche del cuore (ICD 410-414) e le malattie del circolo polmonare (ICD 415-417); tra le malattie del sistema respiratorio, polmoniti e influenza (ICD 480-487) e le malattie interstiziali del polmone (515-517), tra cui fibrosi polmonare postinfiammatoria (ICD 515), altre pneumopatie alveolari e parietoalveolari (ICD 516) e complicazioni polmonari in
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manifestazioni morbose classificate altrove (ICD 517); tra le malattie dell’apparato digerente, le malattie dell’esofago, stomaco e duodeno (ICD 530-538). RISULTATI E DISCUSSIONE Sono stati analizzati complessivamente 140 casi di MB (66 maschi) e 443 di SS (51 maschi), diagnosticati nel periodo 2008-2014, a fronte di una popolazione residente pari a circa 3,8 milioni. L’incidenza e la prevalenza della MB risultano sostanzialmente identiche tra uomini e donne (Tabella 1). L’età media alla diagnosi è significativamente più alta nelle donne. L’età di insorgenza dei sintomi e la latenza tra diagnosi e insorgenza dei sintomi è leggermente più elevata nelle donne. Tabella 1. Indicatori epidemiologici calcolati per MB e SS e rapporti relativi calcolati per incidenza e prevalenza. In grassetto risultati statisticamente significativi
Malattia di Behçet
M F F/M
Incidenza per 100.000 (IC95%) (M=66; F=74)
0,53 (0,41-0,68) 0,55 (0,44-0,70) 1,04 (0,74-1,45)
Prevalenza per 100.000 (IC95%) (M=117; F=136)
6,48 (5,36-7,77) 6,98 (5,86-8,26) 1,08 (0,84-1,38)
Età media alla diagnosi (±SD) 38,3 ± 14,3 43,2 ± 14,2
Età media all’esordio (±SD) 31,5 ± 16,7 35,5 ± 15,9
Latenza media (±SD) 6,4 ± 8,0 6,8 ± 10,2
Sclerosi sistemica
M F F/M
Incidenza per 100. 000 (IC95%) (M=51; F=392)
0,41 (0,31-0,54) 2,90 (2,63-3,20) 7,12 (5,32-9,53)
Prevalenza per 100.000 (IC95%) (M=59; F=529)
3,27 (2,53-4,22) 27,15 (24,94-29,57)
8,31 (6,35-10,87)
Età media alla diagnosi (±SD) 58,9 ± 12,2 61,2 ± 15,0
Età media all’esordio (±SD) 55,6 ± 13,0 56,6 ± 15,8
Latenza media (±SD) 2,6 ± 3,0 4,3 ± 6,6
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L’incidenza e la prevalenza della SS risultano significativamente più alte nelle donne che negli uomini, in accordo con quanto riportato in letteratura (4). Non si osservano invece differenze significative tra uomini e donne per quanto riguarda l’età media alla diagnosi, l’età di insorgenza dei sintomi e la latenza tra insorgenza dei sintomi e diagnosi. Per quanto riguarda le cause di ospedalizzazione nella MB, gli uomini presentano una più elevata ospedalizzazione per le malattie dell’occhio e del sistema circolatorio (Tabella 2a); tale risultato è in linea con i risultati di uno studio condotto in Germania su una coorte di 747 soggetti (8), sebbene nel nostro studio l’eccesso osservato non risulti statisticamente significativo, anche per effetto del numero ridotto della coorte. Le donne hanno sperimentato una maggiore ospedalizzazione per gli altri gruppi di cause selezionate che risulta significativa per le malattie del sistema nervoso. Nello studio di Bonitis et al. (8), un coinvolgimento neurologico appariva più frequente nelle donne, senza significatività statistica. La maggiore ospedalizzazione nelle donne per le malattie del sistema genitourinario e del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo appare consistente con i risultati di Bonitis et al., sebbene con minore forza. Per quanto riguarda le cause di ospedalizzazione in soggetti affetti da SS, gli uomini mostrano un maggiore ricorso alla ospedalizzazione per malattie ischemiche del cuore. A fronte del 34% dei malati totali di SS affetti da malattie interstiziali del polmone, gli uomini mostrano una maggiore ospedalizzazione per fibrosi polmonare. In generale, questi risultati suggeriscono lo sviluppo di forme più severe di SS negli uomini, nonostante le minori incidenza e prevalenza osservate.
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Tabella 2a. Cause di ospedalizzazione in soggetti affetti da MB. M F Rapporto F/M
n % n % (IC95%)
Malattie del sistema nervoso (320-359)
6 11,5 21 32,8 2,84 (1,24-6,52)
Malattie dell’occhio e degli annessi (360-379)
12 23,1 10 15,6 0,68 (0,32-1,44)
Malattie del sistema circolatorio (390-459)
25 48,1 28 43,8 0,91 (0,61-1,35)
Malattie dell’apparato digerente (520-579)
19 36,5 27 42,2 1,15 (0,73-1,83)
Malattie del sistema genitourinario (580-629)
14 26,9 24 37,5 1,39 (0,81-2,41)
Malattie della cute e del tessuto sottocutaneo (680-709)
8 15,4 12 18,8 1,22 (0,54-2,76)
Malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo (710-739)
13 25,0 23 35,9 1,44 (0,81-2,55)
Tabella 2b. Cause di ospedalizzazione in soggetti affetti da SS.
M F Rapporto F/M
n % n % (IC95%)
Tumori, eccetto i benigni (140-239) 5 11,6 60 17,9 1,54 (0,65-3,62)
Malattie ischemiche del cuore (410-414)
8 18,6 25 7,5 0,40 (0,19-0,83)
Malattie del circolo polmonare (415-417)
4 9,3 43 12,8 1,38 (0,52-3,66)
Polmonite e influenza (480-487) 7 16,3 34 10,1 0,62 (0,29-1,32)
Malattie interstiziali del polmone (515-517)
18 41,9 110 32,8 0,78 (0,53-1,15)
Fibrosi polmonare postinfiammatoria (515)
7 16,3 5 1,5 0,09 (0,03-0,28)
Altre pneumopatie alveolari e parietoalveolari (516)
5 11,6 20 6,0 0,51 (0,20-1,30)
Complicazioni polmonari in manifestazioni morbose classificate altrove (517)
15 34,9 105 31,3 0,90 (0,58-1,39)
Malattie dell’esofago, stomaco e duodeno (530-538)
7 16,3 71 21,2 1,30 (0,64-2,64)
In grassetto risultati statisticamente significativi
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CONCLUSIONI La metodologia adottata consente, attraverso un linkage tra i dati del RTMR e i dati provenienti dai sistemi informativi routinari, di disporre di un patrimonio informativo utile per delineare un quadro epidemiologico delle malattie in esame. Un approccio che utilizza registri e sistemi informativi basati su popolazione permette di produrre indicatori epidemiologici sull’intera popolazione in studio non affetti da bias di selezione. Nonostante l’utilizzo dei dati di ospedalizzazione come proxy delle manifestazioni cliniche e delle complicanze non consenta di rappresentare in maniera totalmente accurata le specifiche patologie osservate nella pratica clinica, i risultati emersi sono coerenti con studi clinici basati su casistiche di pazienti. Inoltre, la possibilità di porre in relazione informazioni di diverso tipo permette di testare con un approccio osservazionale possibili associazioni che influenzano la prognosi della malattia, fornendo indicazioni utili alla pratica clinica. Questo approccio può rivelarsi uno strumento importante nella sorveglianza delle differenze di genere e può costituire un primo passo verso la programmazione di interventi terapeutici mirati e più in generale di servizi sanitari che tengano conto delle differenze di genere.
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specific differences in Adamantiates-Behcet’s disease manifestations: an analysis of the German registry and meta-analysis of data from the literature. Rheumatology (Oxford). 2015; 54: 121-33
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DIFFERENZE DI GENERE NELL’ USO DEI FARMACI ANTIDIABETICI ORALI DI NUOVA GENERAZIONE
GENDER-DIFFERENCES IN THE USE NEW GENERATION ORAL ANTIDIABETIC DRUGS
Kyriazoula Chatzianagnostou, Laura Pistoia, Tommaso Minutoli Tegrimi
Fondazione C.N.R-Regione Toscana Gabriele, Monastero, Pisa, Italy ABSTRACT Aim: To assess gender-differences in the use of new age antidiabetic drugs in a cohort of patients with type 2 diabetes mellitus afferent to Fondazione Gabriele Monasterio. Design and patients: 115 patients were retrospectively studied, collecting data from our database of informed consent of the use of the new anti-diabetic drugs, included data about diabetes duration, glycemic compensation and anthropometric parameters. Results: The percentage of the new anti-diabetic drugs prescription was more in males than females with similar value of HbA1c on average. Women had a greater B.M.I on average than men and they were already in obesity, while men were still in the range of overweight. Both of them had a central accumulation of body fat. Conclusion: The use of the new anti-diabetic agents is still limited and is higher in males than in females. Leveraging the features of greater safety and handling of these drugs we should implement further their use in the general population and taking care to use them in the same way to both genders. INTRODUZIONE Il diabete mellito è una malattia importante, sia per le sue conseguenze sulla mortalità che sulla morbilità. Infatti, risulta associato a una mortalità cardiovascolare che è da 2 a 4 volte maggiore rispetto alla popolazione non diabetica, e l’aspettativa di vita delle persone affette da questa patologia è ridotta di 5-10 anni. Il controllo glicemico ha un ruolo centrale nella gestione del diabete
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mellito di tipo 2. Lo scopo principale del trattamento è controllare i livelli di HbA1c senza indurre ipoglicemia. Le associazioni diabetologiche, sia quelle nazionali, come l’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e Società Italiana di Diabetologia (SID), che internazionali, quali l’Associazione Europea per lo Studio del Diabete (EASD) e l’Associazione Americana sul Diabete (ADA), consigliano di raggiungere un livello di HbA1c <7% nella maggior parte dei pazienti al fine di prevenire le complicanze microvascolari e macrovascolari (1-3) sottolineando che il livelli di HbA1c da raggiungere dovrebbero essere paziente-specifici e adattati a seconda della durata della malattia, dell’età del paziente e delle complicanze esistenti. Da alcuni anni, sono entrati in uso i farmaci basati sull’azione delle incretine, e cioè gli agonisti del recettore del glucagon-like peptide-1 (GLP-1) e gli inibitori della dipeptidil-peptidasi-4 (DPP-4), l’enzima che degrada il GLP-1 e il glucose-dependent insulinotropic polypeptide (GIP). Dopo l’ingestione di cibo il GLP-1 è secreto dalle cellule L dell’intestino tenue in circolo. Il GLP-1 biologicamente attivo, si lega a recettori specifici sulle a e b cellule dell’insula pancreatica causando un’aumentata sintesi e secrezione dell’insulina e una maggior resistenza all’apotposi cellulare (e quindi un’aumentata sopravvivenza cellulare). Riducendo il carico di lavoro delle β-cellule e migliorando la loro risposta, il GLP-1 è un importante regolatore dell’omeostasi glucidica. Regolando la velocità di svuotamento gastrico, in modo che i nutrienti, derivati dal pasto arrivino all’intestino tenue e vengano assorbiti in circolo più lentamente. In questo modo, riducono il picco di assorbimento e la domanda insulinica (β-cell workload) riducendo la secrezione post-prandiale di glucagone dalle alfa-cellule pancreatiche e mantenendo il corretto equilibrio di controregolazione tra insulina e glucagone. Inoltre, il GLP1 riduce la secrezione postprandiale di glucagone e infine aumenta il senso di sazietà (sensazione di soddisfazione con l’introito di cibo) e riduce l’introito calorico tramite in effetto a livello del sistema nervoso centrale. Sia i GLP1 mimetici che i DPP -4 inibitori sono farmaci ampiamente utilizzati nel trattamento del paziente con diabete di tipo 2 sfruttando
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il loro effetto di correzione della iperglicemia, solitamente non associato a rischio di ipoglicemia e con effetti favorevoli sul controllo del peso corporeo e con estrema sicurezza nel paziente ad elevato rischio cardiovascolare (4). Gli ultimi farmaci ipoglicemizzanti orali ad entrare in uso sono gli SGLT2 inibitori. Essi agiscono inibendo il cotrasportatore sodio-glucosio SGLT2, localizzato nella parte prossimale del tubulo contorto, responsabile per circa il 90% del riassorbimento del glucosio. Pertanto agiscono riducendo la soglia plasmatica renale per il glucosio e inducendo glicosuria con conseguente effetto di riduzione della glicemia. Vengono somministrati per via orale, presentano una biodisponibilità del 65-75% e il loro metabolismo avviene principalmente mediante glucuronidazione, il metabolismo attraverso il citocromo P450 (CYP) è minimo, riducendo cosi il rischio di interazioni farmacologiche. Gli SGLT2 inibitori sono stati studiati sia in monoterapia sia come terapia aggiuntiva a metformina, pioglitazone, metformina e sulfaniluree, metformina e pioglitazone, metformina e DPP IV inibitori e insulina (con e senza ipoglicemizzanti orali). La riduzione media della HbA1c è risultata compresa tra 0,6-1,2% e la loro efficacia sul compenso glicemico si è mantenuta anche negli studi protratti alla 104ª settimana. L’incidenza di ipoglicemia durante trattamento con SGLT2 inibitori è stata generalmente bassa fatta eccezione per i pazienti che ricevevano in associazione terapia con farmaci a rischio ipoglicemico come sulfoniluree o insulina. Peraltro non vengono segnalati casi di ipoglicemia severa. Un importante vantaggio di questi farmaci nei pazienti con diabete è il calo ponderale. Nei trial clinici il calo ponderale è risultato compreso tra 1.6 e 3.7 Kg e si è mantenuto in studi protratti fino a 208 settimane mentre in associazione con sulfoniluree, tiazolidinedioni o insulina possono attenuare il noto effetto collaterale di aumento ponderale da parte di questi farmaci. Il trattamento con SGLT2 inibitori però si associa ad un rischio aumentato di infezioni delle vie urinarie (UTIs) e infezioni genitali non sessualmente trasmesse. In entrambi i casi queste infezioni sono rislultate più frequenti nelle donne e, generalmente accadevano
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presto nei trial e rispondevano molto bene ai trattamenti standard non conducendo a sospensione del farmaco. In considerazione del meccanismo d’azione degli SGLT2 inibitori il trattamento con tali farmaci comporta un rischio lievemente aumentato di deplezione di volume e la conseguente necessità di mantenere un adeguato apporto idrico. L’ipotensione correlata a perdita di volume è stata osservata più frequentemente in soggetti anziani, con moderata insufficienza renale o trattati con diuretici dell’ansa. Gli studi clinici svolti nel tempo hanno dimostrato una buona efficacia e tollerabilità degli SGLT2 inibitori nei pazienti anziani. L’EMPA-REG OUTCOME Trial (5) è lo studio di outcome cardiovascolare di empagliflozin, pubblicato sul New England Journal of Medicine. Si tratta di uno studio randomizzato in doppio cieco e controllato contro placebo, condotto su 7.020 pazienti con diabete di tipo 2, arruolati in tutto il mondo. Il suo obiettivo era di esaminare gli effetti a lungo termine di empagliflozin, in aggiunta alla terapia anti-diabetica standard, sulla morbilità e mortalità cardiovascolare nei pazienti con diabete di tipo 2 ad elevato rischio di eventi cardiovascolari. In questa popolazione di pazienti con diabete di tipo 2 ad elevato rischio cardiovascolare, l’empagliflozin è risultato ben tollerato e non ha prodotto effetti indesiderati gravi, ha prodotto una riduzione dell’emoglobina glicata senza aumentare il rischio di ipoglicemia, ha ridotto il peso e la pressione arteriosa determinando però un piccolo aumento di colesterolo LDL e HDL. L’aumento delle infezioni genitali, causato dal farmaco, è risultato nel complesso ben tollerato. Sul fronte degli endpoint cardiovascolari, l' empagliflozin è risultato rivoluzionario perchè ha ridotto i ricoveri per scompenso cardiaco del 35%, ha ridotto la mortalità cardiovascolare del 38% e ha migliorato la sopravvivenza globale, riducendo la mortalità per tutte le cause del 32% e ridotto il rischio di un MACE a 3 punti del 14%. Il tema del diabete delle donne è stato studiato sistematicamente negli ultimi cinque anni dal Gruppo Donna dell'Associazione Medici Diabetologi (AMD) (a cui fanno riferimeto 800 medici diabetologi donne italiane). Gli Annali AMD, che costituiscono da sempre una
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fotografia accurata e periodica dell'assistenza delle persone con diabete in Italia, hanno analizzato la condizione della donna diabetica a confronto con il suo omologo maschile. Nel 2012 il gruppo di lavoro ha prodotto un rapporto sul diabete mellito tipo 2 e nel anno 2016 ha presentato quello sul diabete mellito tipo 1. Entrambi i rapporti attestano che con pari opportunità di cura, di assistenza e del controllo dei parametri fondamentali (glicemia colesterolo, pressione arteriosa, microalbuminuria, screening della retinopatia e della neuropatia diabetica ecc), la risposta delle donne al diabete mellito e ai suoi trattamenti è diversa a quella degli uomini e che spesso è meno favorevole. Quindi anche nel diabete mellito le donne e gli uomini sono differenti. Due grandi studi di popolazione, Lo Strong Heart Study e lo Women's Health Study (6,7), hanno suggerito che i vari fattori di rischio cardiometabolici possono avere effetti diversi in uomini e donne. In particolare, l'età avanzata e la presenza di sindrome metabolica conferivano maggiori rischi cardiometabolici e/o di diabete alle donne. Si stima attualmente che il 6% della popolazione generale in Italia sia colpita da diabete mellito con picchi di prevalenza nelle fasce di età più avanzata. Dalla Banca dati MaCro emerge che in Toscana più di 200.000 abitanti ne sono affetti da diabete mellito e di questi circa la metà sono donne. Inoltre, le donne diabetiche hanno una minore percentuale di prescrizione di terapia farmacologica atta alla prevenzione ed alla cura delle malattie cardiovascolari (statine, ACE-Inibitori, sartani, ASA). Poco si conosce sull’uso differenziato tra i sessi dei farmaci antidiabetici, ed in particolare dei farmaci antidiabetici di nuova generazione. MATERIALI E METODI In questo studio sono stati coinvolti 115 soggetti di entrambi i sessi (68,7 % uomini e 31,3 % donne), affetti da diabete mellito di tipo 2 (durata media della malattia 12,32 ± 0,07 anni) e trattati con i farmaci di nuova generazione (GLP-1 mimetici, DPP-4 inibitori, SGLT2 inibitori.
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I dati sono stati ottenuti dal nostro database dei piani terapeutici previsti dal Associazione Italiana del Farmaco (AIFA), redati e salvati in occasione della prima prescrizione del farmaco presso gli ambulatori della Fondazione Toscana Gabriele Monasterio nel periodo tra Giugno 2013 e Settembre 2016. L'età media dei soggetti alla prima prescrizione della terapia era di 68,49 ± 0,07 anni. La popolazione in esame mostrava, all'inizio dello studio, un peso medio di 82,5 ± 0,14 Kg, un Indice di Massa Corporea (IMC) medio di 29,33 ± 0,05 Kg/m2 ed una circonferenza vita (CV) media di 97,77 ± 0,10 cm. Il valore medio di emoglobina glicata al livello basale è risultato essere di 8,07 ± 0,01 %. (Tab. 1) I risultati sono espressi come media ± errore medio.
Tab.1 Caratteristiche della popolazione
Età media alla prima
prescrizione (anni)
Durata media della
malattia (anni)
Peso medio (Kg)
IMC medio (Kg/m²)
CV media (cm)
HbA1c (%)
68,49 ± 0,07 12,32 ± 0,07 82,5 ± 0,14 29,33 ± 0,05 97,77 ± 0,10 8,07 ± 0,01
RISULTATI La percentuale di prescrizione della terapia nel 2016 è risultata essere del 64,7% per gli uomini e del 35,29% per le donne; nel 2015 del 16,4% per gli uomini e del 34,6% per le donne; nel 2014 del 73,91% per gli uomini e del 26,09% per le donne; nel 2013 del 85,71% per gli uomini e del 14,29% per le donne. L'età media delle donne alla prima prescrizione della terapia era di 67,72 ± 0,26 anni, mentre quella degli uomini di 68,84 ± 0,1 anni. La durata media della malattia negli uomini corrisponde a 11,38 ± 0, 1 anni e nelle donne a 14,39 ± 0,26. Per quanto riguarda i parametri antropometrici, si osserva che il peso medio delle donne all'inizio dello studio risulta essere di 76,11 ± 0,44 Kg, mentre quello degli uomini di 85,45 ± 0,19 Kg. Se consideriamo l'indice
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di massa corporea (IMC), si osserva però che le donne hanno un IMC maggiore degli uomini (IMC donne 30,74 ± 0,2 Kg/m2, IMC uomini 28,69 ± 0,06), per cui risultano in media essere già in obesità, mentre gli uomini in media sono ancora nella fascia del sovrappeso. Sia negli uomini che nelle donne si osserva, all'inizio dello studio, un accumulo centralizzato del grasso corporeo, poiché la circonferenza vita media corrisponde a 98,2 ± 0,14 negli uomini ed a 96,83 ± 0,36 nelle donne. Il valore medio di emoglobina glicata è di 8,03 ± 0,01 negli uomini e di 8,16 ± 0,03 nelle donne. (Tab.2) I risultati sono espressi come media ± errore medio. Tab.2 Differenze di genere uomini donne
Età media alla prima prescrizione (anni) 68,84 ± 0,1 67,72 ± 0,26 Durata media della malattia (anni) 11,38 ± 0, 1 14,39 ± 0,26.
Peso medio (kg) 85,45 ± 0,19 76,11 ± 0,44 IMC (kg/m²) 28,69 ± 0,06 30,74 ± 0,2
CV (cm) 98,2 ± 0,14 96,83 ± 0,36
DISCUSSIONE In questi ultimi anni i tassi di mortalità cardiovascolare si sono progressivamente ridotti (nelle donne e negli uomini). Questo è vero anche per gli uomini diabetici, ma non per le donne con il diabete. Sebbene il diabete e l’alterato metabolismo del glucosio aumentino in modo significativo il rischio di malattie cardiovascolari in entrambi i sessi, la probabilità di futuri eventi cardiovascolari è maggiore in donne con diabete che negli uomini, soprattutto quando la malattia è associata ad aumento della pressione sanguigna (8-9). In effetti, il rischio relativo di malattia coronarica fatale associato a diabete è maggiore del 50% nelle donne (10). Pertanto, la necessità di un trattamento ottimale del diabete mellito diventa prioritario nella stessa misura nei due sessi richiedendo forse anche una maggiore attenzione alla donna che sembra presentare un profilo di rischio cardiovascolare diffrerente. Per alcuni autori questo profilo di rischio nella donna potrebbe essere correlabile al maggior “carico” dei fattori di rischio basali e la carenza nel trattamento di alcuni di questi fattori
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(come succede spesso con la terapia ipolipemizzante). Sia i GLP 1 mimetici , gli inibitori DPP-4 e negli ultimi tempi gli SGLT2 inibitori, con il loro meccanismo d'azione, la farmacocinetica e farmacodinamica, risultano farmaci ideali nel trattamento del paziente diabetico perché in grado di risultare efficaci ad abbassare la glicemia, preservare la funzione beta pancreatica nel tempo e ridurre l’insulino-resistenza, avere effetti benefici multiorgano, ridurre l’incidenza delle complicanze micro vascolari e tutto ciò procurando al paziente minor rischio di episodi di ipoglicemia, essere neutri sul peso corporeo o addiritura contribuire al calo ponderale e presentare una maggiore sicurezza sia nel paziente anziano e fragile che nel paziente con elevato rischio cardiovascolare. I nostri dati ottenuti da una piccola popolazione mostrano come l’uso di questi farmaci risulta ancora limitato rispetto al uso di farmaci antidiabetici tradizionali che, oltre alla metformina, sono rappresentati soprattutto dalle sulfaniluree e dai glinidi. Inoltre, la prescrivibilità dei nuovi farmaci antidiabetici tra i due generi risulta in linea con i dati della Regione Toscana, ossia che per ora l’uomo gode maggiormente della prescrivibilità di questi farmaci e dei loro effetti benefici. Dovrà essere, pertanto, cura di ogni diabetologo, la maggiore implementazione dei farmaci ipoglicemizzanti orali di nuova generazione, incentivare della loro utilizzazione sia nella popolazione generale, che nel paziente anziano e fragile e nel paziente con rischio cardiovascolare elevato, mantenendo il più possibile lo stesso comportamento di prescrivibilità nei due sessi senza evidenti disparità.
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DIFFERENZE DI GENERE NELLE STRATEGIE TERAPEUTICHE DELL’OBESITÀ:
STUDIO PILOTA DI PAZIENTI OBESI E DIABETICI RIFERITI AD FTGM
Gender differences in obesity treatment strategies
Pilot study of subjects related to obesity and diabetes surgery in FTGM
Caterina Arvia1, Valeria Siciliano2, Sabrina Molinaro2, Letizia Guiducci2.
1.Fondazione CNR/Regione Toscana G. Monasterio Pisa 2.Valeria Siciliano, Sabrina Molinaro, Letizia Guiducci,
Istituto di Fisiologia Clinica Pisa ABSTRACT An emerging problem for industrialized countries is undoubtedly the excess weight. In Italy, ISTAT data show that more than one adult in three is overweight and one in ten is obese; in recent years the overweight seems to prevail in the male population. Many studies indicate the obesity a cause of development of metabolic diseases, cardiovascular, cancer, musculoskeletal, respiratory disorders, depression and infertility. From these data it is clear how much of the obesity treatment is a health priority because it prevents the development of many diseases reducing mortality, morbidity and disability. The contribution of social policies is essential in the prevention of obesity using programs, by mass information, that can affect the style of life of the population and prevent excess weight. When obesity is already in place, especially if there are complications, it is essential for a therapeutic efficacy the role of doctors and of all the figures which deal with preventive medicine. The study that we propose is a collection of information of patients who belong to the clinic of FTGM that deals with obesity and diabetes. The goal was to grasp the gender differences on the assessed patients. The analysis of the data showed that males are less represented, and those assessed appear more clinically compromised, in greater numbers in
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multi-drugs treatment, with most excess weight and the highest average age. The women, more in number, in more than one occasion have followed for excess weight. In women there was a greater involvement of the emotional sphere, many changes occurred in the sleep wake rhythm and they made use of mood stabilizing medications. The gender differences observed suggest that we have to raise the awareness among male subjects on issues related to obesity before that its complications develop and that the women pay more attention to their psychological state and they engage if nesessary other professionals to optimize compliance and the therapeutic efficacy in the long term. INTRODUZIONE L'obesità è una patologia emergente correlata a diverse comorbilità e ad aumento di mortalità, rappresentando uno dei più importanti problemi di sanità pubblica. A livello mondiale l'OMS stima che l'obesità sia causa di circa il 58 % dei casi di diabete mellito, il 21 % delle malattie coronariche e di alcune neoplasie in percentuale tra l'8 ed il 42 %. (1) I dati ISTAT del 2016 indicano che in Italia più di un adulto su 3 è in sovrappeso e circa 1 su 10 è obeso. Secondo la classificazione dell'OMS, basata sull'indice di massa corporea, nel 2015 la popolazione italiana in eccesso di peso è risultata il 45,1 %, di questi il 35,3 % in sovrappeso e il 9,8 % obesi. Gli eccessi ponderali sono risultati più diffusi per il genere maschile, in sovrappeso sono risultati il 44,0 % dei maschi contro il 27,3 % delle donne, obesi il 10,8 % contro il 9,0 % delle donne. Negli anni si è osservato un andamento crescente della popolazione maschile per quanto riguarda la percentuale in eccesso di peso, passati dal 51,2 % nel 2001 al 54,8 % nel 2015. La prevalenza è correlata all'età per entrambi i sessi; la fascia con maggiore prevalenza di obesità è quella compresa tra 65 e 74 anni.(2) Questi presupposti fanno riflettere su quanto l'eccesso di peso possa incidere sulla spesa sanitaria. Il peso economico calcolato varia da Paesi e Paesi ed è in relazione al grado di eccesso ponderale e all''età
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dell'individuo. Da uno studio di popolazione americana nel gruppo di età compresa tra 54 e 69 anni è stato calcolato che i soggetti con BMI tra 30 e 35 hanno una maggiorazione di spesa sanitaria del 25 %, quelli con BMI tra 35 e 40 una spesa superiore al 50 % e chi ha un BMI superiore a 40 ha un costo maggiore del 100 %, rispetto ai soggetti normopeso.(3) In Italia informazioni attendibili sul costo dell'eccesso ponderale sono derivate dallo studio SISSI, ottenuto dai data base dei medici di medicina generale, che stima che l'eccesso ponderale sia responsabile del 4 % della spesa sanitaria nazionale, per un totale di 4,5 miliardi di euro (2012). Lo studio ha documentato come la spesa sanitaria sia, rispetto ai normopeso, del 3 % più alta nei sovrappeso, del 18 % più alta negli obesi (BMI tra 30 e 34,9); del 41 % più alta negli obesi severi (BMI tra 35 e 39, 9 %) e del 50 % più alta negli obesi molto severi (BMI di 40 e oltre). Il costo maggiore si ha nella fascia di età tra i 45 e i 64 anni. (1) Le complicanze legate all'obesità sono ben note e riguardano molteplici aspetti clinici. Più evidenti sono le complicanze metaboliche e cardiovascolari ma non meno importanti sono la sindrome delle apnee notturne, l'artrosi, la calcolosi della colecisti, le neoplasie, l'infertilità e le complicanze psicologiche relate alla stigmatizzazione sociale e alla depressione. La disabilità è doppia nei soggetti obesi e l'eccesso di peso determina un invecchiamento generale dell'individuo con riduzione della vita media. La mortalità aumenta del 30 % per ogni 15 kg in più rispetto al normopeso, a causa della comparsa delle complicanze.(4) Indispensabile è la consapevolezza dell'individuo sulle comorbidità legate a questa patologia e la consapevolezza da parte degli apparati politici sul costo sociale dell’obesità perchè induca a strutturare programmi di prevenzione e di cura sulla popolazione generale. Il trattamento dell'eccesso ponderale comporta sicuramente una riduzione della mortalità e della disabilità perché previene le complicanze; l'indotto è una riduzione della spesa sanitaria. E' una priorità per tutti i Paesi promuovere stili di vita salutari per ridurre l'incidenza dell'eccesso di peso; in Italia nel Piano Nazionale della Prevenzione è stato inserito un programma che coinvolge le Regioni in progetti di vario tipo con
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l'obiettivo di promuovere corretti stili di vita e di alimentazione in tutte le fasce di età. A livello individuale le linee guida per la cura dell'obesità hanno tracciato direttive su chi indirizzare a cura in ambito sanitario: soggetti obesi con BMI > di 30 kg/m2 oppure soggetti sovrappeso con BMI tra 25 e 29,9 kg/m2 con associati almeno due fattori di rischio. L'obiettivo è ottenere una riduzione significativa del peso corporeo, almeno il 10 % del peso iniziale, e che sia stabile nel tempo. (5) Da quanto sopra detto si evince come le strategie per la cura di questa patologia sono tutt'ora in evoluzione e tutt'altro che di semplice soluzione per il grande numero di soggetti coinvolti e per la definizione stessa di obesità: “Patologia cronica ad eziopatogenesi complessa per la quale attualmente non esiste una strategia monodirezionale efficace, specie nel lungo termine”.(5) Il nostro studio vuole dare un contributo per capire il fenomeno dell'obesità e valutare se c'è differenza di genere nella consapevolezza di questa patologia. METODI Si tratta di uno studio pilota su un campione di circa 110 soggetti. E’ parte di un progetto già approvato dal comitato etico dell'Area Vasta individuato con l'acronimo MEGEODI. Lo studio è retrospettivo su soggetti adulti afferenti l'ambulatorio metabolico "Diabete e Obesità " della Fondazione Toscana Gabriele Monasterio (FTGM) di Pisa, i dati sono stati raccolti da un operatore clinico con il supporto della cartella clinica informatizzata. I dati riguardano le prime visite metaboliche nel periodo da gennaio a giugno 2016. Sono stati selezionati i soggetti di maggiore età escludendo coloro che presentavano in diagnosi patologie renali, epatiche e psichiatriche gravi, insufficienza cardiaca grave o neoplasie in atto. Dalla cartella clinica informatizzata della FTGM sono stati estrapolati il motivo della visita, se per diabete, per eccesso di peso o per altra causa, l'età, il sesso, il peso, l'altezza, la pressione arteriosa, i dati relativi all'anamnesi familiare, alle abitudini tabagiche, alla terapia in corso, all'anamnesi comportamentale per le
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abitudini alimentari, per il ritmo sonnoveglia e alla storia di pregressi trattamenti per l'eccesso ponderale. Nelle tabelle verranno riportate le percentuali nel caso di variabili categoriali, le medie (con deviazione standard) nel caso di variabili continue distribuite normalmente, o le mediane (con intervallo interquartilico) se distribuite non normalmente. Le differenze di genere verranno testate con il test Chi-Quadro nel caso delle variabili categoriali e con il test di T-Student se normalmente distribuite o non parametrico di Wilcoxon altrimenti. L'obiettivo primario è stato valutare la differenza di genere per quanto riguarda la percentuale di soggetti maschio o femmine afferenti all'ambulatorio, la motivazione per cui sono stati indirizzati a visita e la presenza di comorbidità, dedotte dalla terapia farmacologica all'ingresso. Obiettivi secondari sono stati l'ulteriore caratterizzazione del soggetto in base a familiarità per fattori di rischio cardiovascolari, all’abitudine tabagica, al ritmo sonno veglia e altri tentativi di calo ponderale.
RISULTATI I soggetti selezionati sono stati 112 di cui 78 donne e 34 uomini, di età compresa tra 18 e 77 anni per le donne e 18 e 88 anni per gli uomini. L'età media (sd) è risultata 52,3 (13,6) per le donne, 57,4 (19,1) per gli uomini. Il periodo di osservazione è stato da gennaio a giugno 2016 e sono stati inclusi tutti coloro che si sono sottoposti ad una prima visita metabolica con il medesimo operatore. I dati sono stati estrapolati dalla cartella clinica informatizzata ed inseriti nel data base. ll motivo della visita è risultato significativamente diverso tra maschi e femmine: per diabete nel 9,0 % delle donne e nel 26,5% degli uomini; per eccesso ponderale nell'84,6 % delle donne e nel 73,5 % degli uomini; una percentuale del 6,4 % tra le donne ha avuto accesso per altre cause. Il BMI mediano è risultato di 30,4 (25,5; 35,4) per le donne e 31,0 (29.4; 34,9) per gli uomini, non evidenziando differenze significative di genere.
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Sebbene la familiarità per diabete, per ipertensione arteriosa e per dislipidemia siano risultati maggiori per le donne, e la familiarità per cardiopatia ischemica per gli uomini, non si evidenziano differenze significative tra i due sessi. Differenze significative si sono invece riscontrate per l'abitutidine al fumo, maggiore per gli uomini, e per l'indagine sul ritmo sonno veglia che ha evidenziato disturbi maggiori nelle donne: 57, 7 % verso il 34,8 % degli uomini. Altri tentativi di dieta, uso di farmaci dimagranti e interventi di chirugia bariatrica sono risultati anchessi prevalenti nelle donne, sebbene non significativamente diversi dal genere maschile.
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Tabella n°1
Femmine Maschi pvalue
Numero soggetti 78 (70 %) 34 (30 %)
Età media (sd) 52,3 (13,6) 57,4 (19,1) 0,099
BMI (mediana (intervallo interquartilico))
30.4 (25.5; 35.4) 31.0 ( 29.4;34.9) 0,340
BMI massimo (mediana (intervallo interquartilico))
30.8 (26.8; 36.1) 32,3 (29.7; 37.3) 0,300
% %
Motivo visita diabete 9 26,5
Motivo visita eccesso ponderale 84,6 73,5
Motivo visita altro 6,4 0 0,020
Familiarità diabete 50,1 48 0,820
Familiarità dislipidemia 40,5 30,8 0,380
Fam. ipertensione arteriosa 52,1 44 0,490
Fam. cardiopatia ischemica 47,3 51,9 0,690
Non fumatori 60,6 29
fumatori 12,7 19,4
Ex fumatori 26,8 51,6 0,010
Irregolarità del ritmo sonno veglia 57,70% 34,8 0,070
Tentativi di dieta: mai 28,20% 29,4
Una volta 21,8 38,2
>2 volte 50 32,4 0,130
Uso farmaci dimagranti: mai 80,3 97,1
Una volta 14,5 2,9
>2 volte 2,6 0
Intervento di chirurgia bariatrica 2,6 0 0,180
Tabella 1: confronto per motivo di visita, fattori di rischio familiari, fumo e BMI, ritmo sonno veglia, altri tentativi di dieta La media della pressione arteriosa sistolica e diastolica è risultata lievemente maggiore per gli uomini. L'analisi sul consumo di farmaci
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ha evidenziato che il 28, 2 % delle donne e il 6,0 % dei maschi non assumeva alcun farmaco. Una differenza significativa si è osservata per il numero medio di farmaci assunti, maggiore nei maschi . Nello specifico, per quanto riguarda il tipo di farmaci gli uomini erano in cura con antipertensivi nel 55,0 % dei casi, antidiabetici nel 26,5 %, ipolipemizzanti nel 32,4 %, atiaggreganti nel 35,0 %. Le donne invece hanno evidenziato un maggior uso di farmaci per stabilizzare il tono dell'umore, 15,4 % verso 2,9 % dei maschi. Non si sono riscontrate differenze per il consumo di beta bloccanti e ipouricemici. Tabella n°2
Femmine Maschi pvalue
Numero soggetti 78 34
Pressione arteriosa sistolica media (sd) 134,6 (16,1) 137,2 (17,4) 0,450
Pressione arteriosa diastolica media (sd) 79,4 (11,3) 83,6 (21,4) 0,180
Numero medio di farmaci (SD) 1,7 (1,9) 2,6 (2,3) 0,030
% %
Farmaci Antipertensivi 24,3 55,88 0,001
Antidiabetici 10,2 26,47 0,030
Ipolipemizzanti 15,4 32,3 0,040
Ipouricemici 2,5 8,8 0,140
Antiaggreganti 12,8 35,3 0,006
Betabloccanti 12,8 23,5 0,160
Stabilizzanti umore 15,4 2,9 0,040
Tabella 2: confronto per valori di pressione arteriosa, numero medio di farmaci, terapia in corso
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DISCUSSIONE Dall'analisi dei dati emerge una differenza di genere per alcuni degli elementi valutati. Il primo dato che si osserva è la differenza per quanto riguarda l'accesso all'ambulatorio metabolico, il 70 % è rappresentato da donne e solo il 30 % da maschi; questi ultimi inoltre rispetto alle donne accedono in maggiore numero per diabete, il 26 % contro il 9 % delle donne. In un quadro generale, osservando la tipologia dei pazienti studiati, gli uomini che afferiscono all'ambulatorio appaiono più compromessi clinicamente perchè sono in media di età più avanzata e mediamente utilizzano più farmaci delle donne (P=0,03); la terapia in corso induce a ritenere prevalente nei maschi l'ipertensione arteriosa, il diabete mellito, la dislipidemia e la patologia cardiovascolare, se consideriamo il maggior numero, rispetto alle donne, in terapia con antipertensivi, antidiabetici, ipolipemizzanti, antiaggreganti. L'analisi sull'abitudine tabagica fa emergere un maggior numero di fumatori e soprattutto ex-fumatori tra i soggetti di genere maschile. (P=0,010) . La popolazione femminile si contraddistingue invece per il maggior numero di soggetti afferenti all'ambulatorio, età leggermente più giovane, numero leggermente maggiore nei tentativi di dieta, nell'uso di farmaci dimagranti anche in più di una occasione, nel ricorso alla terapia bariatrica; questi dati insieme alla motivazione della visita, in prevalenza per sovrappeso e obesità, fanno presupporre una maggiore sensibilizzazione delle donne per la cura dell'eccesso ponderale. D'altro canto però è emerso per le donne una maggiore prevalenza per irregolarità del ritmo sonno veglia (P=0,070) e per uso di farmaci per il tono dell'umore rispetto agli uomini; questi dati ci inducono a ipotizzare che nelle donne ci sia un maggior coinvolgimento dello stato emozionale con influenze sul tono dell'umore, l'obesità stessa potrebbe essere causa di stigmatizzazioni sociali e di depressione; i vari tentativi di dieta e gli eventuali fallimenti potrebbe generarsi in un circolo vizioso di causa effetto con difficoltà a raggiungere l'obiettivo di calo ponderale stabile nel tempo.
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CONCLUSIONI Questo studio, sebbene con un campione limitato, fa emergere differenze di genere per l'approccio alla cura dell'obesità. In particolare, i maschi appaiono meno sensibilizzati al problema del peso e lo affrontano quando sono già evidenti le complicanze legate all'eccesso ponderale; le donne appaiono più in difficoltà nella gestione del calo ponderale nel lungo termine. Il riscontro di differenze di genere serve per individuare percorsi di cura differenziati nei due sessi in modo da equilibrare l'approccio terapeutico e ottenere risultati efficaci. In questo studio si evince che è necessario soprattutto da parte degli operatori sanitari indirizzare più precocemente gli uomini alla cura dell'obesità per prevenire le sue complicanze. Questo dato va preso in seria considerazione anche alla luce del recente report dell'ISTAT che dimostra che esiste un incremento della prevalenza di obesità proprio nei soggetti maschi. Le donne invece appaiono più sensibilizzate al “problema obesità”, ma, in alcuni casi, si dimostrano più vulnerabili dal punto di vista psicologico e in più di una occasione si sottopongono a tentativi ripetuti e fallimentari di calo ponderale. In tal caso andrebbero individuati i soggetti a rischio e indirizzati in percorsi di cura con un maggior supporto psicologico, con la finalità di ottimizzare il tono dell'umore e il ritmo sonno veglia, condizioni che risultano essere molto importanti per la compliance al trattamento dell'obesità. Dagli studi analizzati e dai risultati di questo studio si conferma la complessità del trattamento, diverso tra i due generi, e l'enorme impatto sui costi sociali. E' necessario trovare le soluzioni più idonee che comprendono senza dubbio l'educazione ad un sano stile di vita a partite dall'infanzia e l'utilizzo di canali di comunicazione di massa che debbono arrivare al maggior numero possibile di individui. Essenziale è creare consapevolezza, il che potrebbe essere già un buon inizio.
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Bibliografia 1) A. Nicolucci et al., Il burden of disease dell'obesità in Italia.
Health Policy in non-communicable disease – 2015 2) Report ISTAT 2016 Fattori di rischio per la salute: fumo,
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5) SIO/ADI Standard Italiani per la Cura della Obesità 2013
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SOVRAPPESO MATERNO IN GRAVIDANZA E RISCHI ALLA SALUTE DEI FIGLI
MATERNAL OVERWEIGHT DURING PREGNANCY AND OFFSPRING HEALTH
Maria Angela Guzzardi1, Johan G Eriksson2, Lamia Ait-Ali1, Elena Sanguinetti1,3, Alessandra Kemeny4, Pierluigi Festa5, Patricia Iozzo1
1Istituto di Fisiologica Clinica del CNR, Pisa, Italia 2 Folkhälsan Research Center, Helsinki, Finlandia
3Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa, Italia 4Ginecologia e Ostetricia,
Azienda USL 1 di Massa e Carrara, Italia 5Fondazione Toscana Gabriele Monasterio, Pisa, Italia
ABSTRACT Thirty percent of women of childbearing age are overweight. Maternal overweight or obesity during pregnancy has implications not only for maternal health, but also for offspring health in later life. In fact, it has been associated with increased risk for the offspring to develop obesity, diabetes, cardiovascular disease and cognitive impairment. Within the EU-FP7-DORIAN Project, we investigated the relationship between maternal obesity and offspring risk of disease with a gender-related approach in a birth cohort of 13345 adult subjects and in a cohort of 90 dyads of mother and new-born. We found that maternal obesity is associated with higher risk of diabetes, cardiovascular diseases and stroke in both genders in older offspring, and the correlation seemed stronger for diabetes in the female and for coronary heart disease in the male offspring. Leukocytes telomere length was greater in women compared to age-matched men at older ages, while no difference was detected at birth. We found that maternal obesity and early post-natal growth are predictive of shorter leukocytes telomere length in women but not in men at older age. Finally, maternal overweight abolished the differences in left ventricular end diastolic volume and stroke volume
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between males and females at 6 and 12 months of age, which were higher in the male compared to the female offspring of lean mothers. Overall, our results suggest that the effect of maternal overweight during pregnancy on offspring growth and risk to develop diseases is different in males and females. INTRODUZIONE Obesità e sovrappeso costituiscono uno dei principali fattori di rischio per numerose malattie croniche, tra cui il diabete mellito di tipo 2, le malattie cardiovascolari e neurodegenerative, e numerosi tipi di tumore. In Europa, più del 50% della popolazione adulta è in sovrappeso, con una prevalenza del 23% nelle donne e del 20% negli uomini, e circa il 20% è francamente obesa (WHO). Inoltre, circa un terzo delle donne in età fertile è in sovrappeso. Sovrappeso e obesità in gravidanza costituiscono un fattore di rischio non solo per la salute della madre, ma anche per quella della prole. Secondo l’ipotesi della programmazione fetale delle malattie (1), infatti, un insulto durante la vita intrauterina potrebbe influenzare, o per meglio dire “programmare”, lo sviluppo di organi e tessuti, imprimendo modifiche permanenti capaci di determinare il rischio per un nuovo individuo di sviluppare malattie nella vita adulta. Studi (2) documentano la relazione tra adiposità, stato metabolico e nutrizionale materno durante la gravidanza ed un aumentato rischio della prole di sviluppare malattie metaboliche (come obesità e diabete), cardiovascolari e cognitivo-comportamentali nella vita adulta. Iperglicemia e diabete gestazionale in gravidanza sono stati associati a macrosomia, mentre una ridotta o eccessiva nutrizione ad un basso peso alla nascita. Entrambe le condizioni, insieme ad un rapido incremento di peso nei primi anni di vita, sono fattori predittivi di un aumentato rischio di obesità, diabete e malattia coronarica nella vita adulta (3, 4), indipendentemente dalla condizione metabolica materna. Alterazioni nei livelli plasmatici materni di substrati (es glucosio e lipidi), ormoni (es leptina, insulina e glucorticoidi), mediatori dell’infiammazione e dello stress ossidativo, e meccanismi epigenetici potrebbero essere alla base di tali
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associazioni. Solo negli ultimi anni si è iniziato a descrivere l’effetto di sovrappeso e obesità materna in gravidanza sulla salute di genere. Nel progetto Europeo DORIAN (EU-FP7-Dorian-Developmental origins of healthy and unheathy ageing: the role of maternal obesity GA 278603) abbiamo esplorato, nei maschi e nelle femmine, la relazione tra obesità materna in gravidanza, incidenza di malattie nell’età adulta e presenza di marcatori precoci in una popolazione di adulti appartenenti al Helsinki Birth Cohort Study e in una popolazione neonati reclutati presso la USL 1 di Massa e Carrara. POPOLAZIONI E METODI Il Helsinki Birth Cohort Study (HBCS) comprende una popolazione di 13345 soggetti nati tra gli anni 1934-1944 nell’area di Helsinki. Informazioni sui parametri antropometrici materni, neonatali e pediatrici, ospedalizzazioni, informazioni sullo stato socio-economico, incidenza di diabete, ischemia cerebrale, malattia coronarica, cardiovascolare (che include entrambe le precedenti), cancro, e mortalità per tumore o per tutte le cause sono stati raccolti dai registri ospedalieri e da altri tipi di registri nazionali Finlandesi come descritto da Eriksson et al. (5). In un sottogruppo di 1082 soggetti, che si è reso disponibile ad uno studio di follow-up negli anni 2001-2013 e 2011-2014, sono stati misurati i dati antropometrici e raccolti campioni di sangue per lo studio di numerosi marcatori plasmatici, tra cui la lunghezza dei telomeri delle cellule bianche del sangue attraverso Real-Time PCR (6). Novanta coppie di madri e neonati sono state reclutate presso la Clinica di Ostetricia e Ginecologia, USL 1 di Massa e Carrara. Parametri antropometrici, pressione sanguigna, analisi ematochimiche di ruotine, misure di crescita fetale e parametri neonatali sono stati raccolti durante e al termine della gravidanza. Immediatamente dopo il parto, campioni di sangue materno e di sangue del cordone ombelicale sono stati raccolti per l’analisi del profilo glucidico, lipidico e infiammatorio, e il dosaggio di ormoni tra cui insulina e c-peptide, e la misura della lunghezza dei telomeri.
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Entro 3 giorni dal parto, i neonati sono stati sottoposti ad un esame ecocardiografico, che è stato ripetuto a 3, 6 e 12 mesi di età. Il sovrappeso materno è stato definito sulla base dell’indice di massa corporea (IMC >25 Kg/m2), che è stato utilizzato per la stratificazione della popolazione in quartili e come variabile continua nelle analisi di correlazione. L’IMC a termine e ad inizio gravidanza sono stati considerati nelle analisi della HBCS e dei neonati rispettivamente. Test statistici parametrici e non parametrici sono stati utilizzati sulla base della distribuzione dei dati; un valore di p<0.05 è stato considerato statisticamente significativo. RISULTATI E DISCUSSIONE I risultati ottenuti dall’analisi dell’associazione tra l’IMC materno e incidenza di malattie nell’età adulta nella HBCS sono riportati in Figura 1. I dati mostrano che un più alto IMC materno a fine gravidanza è associato con una maggiore incidenza di malattie cardiovascolari (p=0.002), malattia coronarica (p=0.003), ischemia cerebrale (p=0.04) e diabete (p=0.004) nella popolazione generale all’età di 60 anni, indipendentemente dallo stato socio-economico. Un simile trend si osserva per le malattie tumorali (p=0.08). Tuttavia, la relazione non è uguale nei due sessi, poiché un alto IMC materno è associato significativamente con un maggior rischio di malattia coronarica nei maschi (p=0.006) e con l’incidenza di ischemia cerebrale (p=0.003) e diabete (p<0.001) nelle femmine (5). Numerosi studi riportano la relazione tra presenza di malattie croniche, come il diabete e le malattie cardiovascolari, e una ridotta lunghezza dei telomeri nei leucociti. I telomeri sono sequenze nucleotidiche ripetute poste alle estremità dei cromosomi per proteggere la stabilità del DNA. Essi si accorciano fisiologicamente ad ogni ciclo cellulare, e per questo motivo sono considerati un marcatore di senescenza cellulare. Tuttavia altri fattori, come iperglicemia, infiammazione e stress ossidativo, e malattie metaboliche e cardiovascolari, sembrano accelerarne l’accorciamento (7).
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Nella popolazione adulta, le donne hanno telomeri più lunghi degli uomini di pari età e condizioni di salute (8). Come atteso, nella HBCS la lunghezza dei telomeri è maggiore nelle donne che negli uomini, sia a 60 (p=0.026) che a 70 anni (p<0.001) di età. Oltre a questo, i dati mostrano che, solamente nelle donne, la lunghezza dei telomeri all’età di 70 anni correla inversamente con l’IMC materno in gravidanza (Figura 2), con il peso a 12 (p=0.008) e 24 mesi (p=0.034) di vita e con l’incremento di peso dalla nascita al primo anno di vita (p=0.008), indipendentemente dalla presenza di malattie (6). Abbiamo osservato inoltre che, non solo una minore lunghezza dei telomeri, ma anche una loro maggiore velocità di accorciamento tra i 60 e i 70 anni di età si associa ad un maggior peso ed incremento di peso a 12 mesi di età (p=0.029 e p=0.006 rispettivamente).
Figura 1: Mortalità per tutte le cause o per cancro, incidenza di cancro, malattie cardiovascolari (CV), malattia coronarica, ischemia cerebrale e diabete per 1 kg/m2 di aumento dell’IMC materno nella popolazione generale (A) e in uomini (B) e donne (C) separatamente. I dati riportano Hazard ratio (HR) e gli intervalli di confidenza (CI) al 95%, e sono corretti per l’età materna, la parità, lo stato socio-economico e il livello di educazione. Modificata da Eriksson JG et al. Ann Med 2014.
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Figura 2: Misura della lunghezza dei telomeri nei leucociti all’età di 70 anni in 1082 soggetti appartenenti alla HBCS e stratificati in quartili sulla base dell’IMC materno a fine gravidanza. I confronti tra quartili nella popolazione intera (A), negli uomini (B) e nelle donne (C) sono corretti per l’età gestazionale, l’indice ponderale alla nascita, e l’età e il peso al momento della misura dei telomeri. *p<0.05, **p<0.02. Modificata da Guzzardi MA et al. IJO 2016. L’analisi del sangue cordonale ha mostrato che alla nascita non ci sono differenze nella lunghezza dei telomeri tra maschi e femmine, a parità di età gestazionale, in linea con i dati riportati in altri studi (9). La lunghezza dei telomeri alla nascita non è associata con l’IMC, la glicemia, il profilo lipidico o infiammatorio materno. I dati suggeriscono quindi che fattori ambientali o epigenetici o ormonali determinano l’instaurarsi di una differenza tra i due sessi nel corso della vita. Alcuni studi indicano che le traiettorie di crescita infantile, forse più delle misure statiche di peso altezza e IMC, sono predittive del rischio di sviluppare malattie cardiometaboliche. Nella HBCS, un basso peso alla nascita seguito da un rapido incremento di peso dopo il primo anno è stato associato ad un maggior rischio di malattia coronarica negli uomini (4). In età pediatrica, i valori di IMC diminuiscono dopo la nascita per poi stabilizzarsi ed iniziare ad aumentare verso i 5-6 anni di vita. Dati della HBCS precedentemente pubblicati (10) mostrano che quanto più precocemente l’IMC comincia ad
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aumentare tanto maggiore è il rischio di sviluppare diabete. In questo studio, abbiamo mostrato che un precoce aumento dell’IMC è associato a telomeri più corti (p=0.022) nell’età adulta nelle donne ma non negli uomini. Questo dato è in linea con un maggiore effetto dell’obesità materna sul rischio di sviluppare diabete nelle figlie femmine che nei figli maschi. Come riportato in precedenza, l’obesità materna in gravidanza si associa ad un aumentato rischio di malattie cardiovascolari nei maschi. L’analisi preliminare dei parametri ecocardiografici nei primi mesi di vita mostra che, a 6 mesi di età, i figli maschi di donne con IMC pregravidico inferiore a 25 kg/m2 hanno un volume telediastolico (media±es 32.1±1.3 vs 26.8±1.4 ml/m2 p=0.009) ed una gittata sistolica (8.5±.5 vs 6.4±0.3 ml p=0.001) maggiori delle femmine, e che tali differenze si mantengono anche a 12 mesi. Inoltre, durante il primo anno di vita, peso ed altezza dei maschi sono significativamente maggiori che nelle femmine (p<0.02 a tutte le età). Nel gruppo con IMC materno pregravidico maggiore di 25 kg/m2, i figli maschi tendono ad avere misure antropometriche inferiori, mentre le femmine tendono ad avere volume telediastolico e gittata cardiaca maggiori rispetto ai figli dello stesso sesso nati da madri magre. Complessivamente, le differenze tra maschi e femmine osservate nei figli di donne con IMC minore di 25 kg/m2 scompaiono quando la mamma è in sovrappeso. Risultati simili si ottengono utilizzando un IMC pregravidico di 27 kg/m2 come criterio di stratificazione. La stratificazione della popolazione sulla base di un singolo valore di IMC è preliminare e grossolana, essendo dovuta ad un campione di dimensioni ancora limitate, ma è tuttavia sufficiente ad indicare che il sovrappeso materno in gravidanza modifica la crescita e lo sviluppo cardiaco durante il primo anno di vita in maniera diversa nei figli maschi e nelle figlie femmine. Conclusione In conclusione, i fattori perinatali (obesità materna, traiettoria di crescita) sembrano giocare un ruolo importante e diverso nella salute delle donne rispetto a quella degli uomini. I dati suggeriscono che il
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sovrappeso e l’obesità materni e la rapida crescita neonatale influiscano negativamente sullo sviluppo metabolico e la senescenza cellulare nelle figlie femmine, aumentandone la probabilità di sviluppare malattie metaboliche come il diabete, e abbiano invece una maggiore influenza sulla salute cardiovascolare nei figli maschi. I parametri metabolici e nutrizionali materni sono fattori ambientali e pertanto modificabili. E’ dunque plausibile che una più profonda analisi dei fattori che influiscono sullo sviluppo perinatale in relazione al genere possa aprire la strada a nuove personalizzate strategie di prevenzione primaria.
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L’ECCESSO PONDERALE: STORIE DI RISCHIO RISPETTO AL GENERE
EXCESSIVE BODY WEIGHT: TALES OF THE RISK BY GENDER
Francesca Denoth, Valeria Siciliano, Loredana Fortunato, Michela Franchini, Sabrina Molinaro
Istituto di fisiologia Clinica CNR Pisa Italy
ABSTRACT This work aims to highlight gender differences emerging analysing the association of an excessive BMI with presence/absence of non-communicable diseases and some risk behaviours such as the use of tobacco, alcohol, illegal drugs, and gambling. The study examines the Italian population aged 18-74 years old, stratified by age and gender into 4 broad categories: male 18-49 and ≥50 years; women pre- and post-menopause, taking into account personal, family and social features. Data were drawn from the IPSAD®-Italian (Italian Population Survey on Alcohol and other Drugs). Results drive the attention to an increased propensity among female to many non-communicable diseases, alongside risk behaviours that may worsen the health framework. Therefore, developing targeted interventions for gender with particular attention to female, is recommended. Il lavoro mira ad evidenziare le differenze di genere che emergono analizzando l'associazione del BMI in eccesso con la presenza/assenza di malattie non trasmissibili e alcuni comportamenti a rischio, come l'uso di tabacco, di alcol, di droghe illegali e il gioco d'azzardo. Lo studio prende in esame un campione rappresentativo della popolazione italiana di età compresa tra 18-74 anni, stratificato per genere ed età in 4 categorie: maschi di 18-49 anni di età e maschi ≥50 anni; donne pre-menopausa e donne post-menopausa, tenendo conto delle variabili personali, familiari e delle caratteristiche sociali. I dati sono stati estratti dallo studio IPSAD®-Italia (Italian Population Survey on Alcohol and Other drugs). Dai risultati emerge che le donne hanno una maggiore propensione verso
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molte malattie non trasmissibili, che, congiuntamente all’assunzione di comportamenti a rischio, possono peggiorare il quadro di salute. In un simile contesto, si comprende l’importanza di sviluppare interventi mirati per genere, con particolare attenzione alle donne. L’eccesso ponderale è riconosciuto come uno dei principali fattori di rischio per le malattie cronico degenerative e un aumento rischio si osserva già a partire da un BMI fra 25 e 29.9 Kg/m2. Di recente, inoltre, sono state osservate anche associazioni tra un elevato BMI e alcuni comportamenti a rischio, con differenze specifiche per genere. Secondo il rapporto su sovrappeso e obesità, dati World Health Organization 2014, circa 2 miliardi di adulti (≥18 anni) sono sovrappeso. Inoltre si deve tenere conto che, a livello mondiale, sovrappeso e obesità non sono solo un'importante causa di morte (2.8 miliardi persone/anno), ma anche di anni trascorsi in malattia (35.8 milioni). Fra le comorbidità più frequentemente associate di particolare rilievo sono le malattie cardiovascolari (principale causa di morte nel 2012), il diabete, le malattie muscolo scheletriche, in particolare l'osteoartrite, ed alcuni tipi di cancro (endometrio, mammella, colon, reni, prostata) [1]. Di fatto il sovrappeso e l'obesità sono ampiamente prevenibili attraverso interventi sull'ambiente obesogenico [2]. Molte delle morti premature sono legate a comportamenti a rischio comuni, come l’uso di tabacco e il consumo eccessivo di alcol [3]. In passato molti studi hanno evidenziato una maggiore associazione di tutti i fattori di rischio con il genere maschile, ma di recente si è assistito ad un’inversione di tendenza per alcune malattie cronico degenerative e comportamenti a rischio: il bere alcolici problematico e il giocare di azzardo, ad esempio, si connotano come comportamenti anche femminili [4], così come le malattie della sindrome metabolica. Di tali tendenze danno conferma gli studi epidemiologici sulla popolazione generale residente in Italia, come ad esempio lo studio IPSAD®Italia (Italian Population Survey on Alcohol and other Drugs (Italian Population Survey on Alcohol and other Drugs) [5].
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Scopo principale del presente lavoro è quello di investigare le associazioni fra BMI e la presenza/assenza di malattie non trasmissibili e alcuni comportamenti a rischio in particolare l’uso di tabacco, di alcol, di sostanze illegali e l’abitudine al gioco d’azzardo. Verrà esaminata la popolazione italiana di età fra 18 e 74 anni. La popolazione è stata stratificata in 4 macro categorie: maschi 18-49 anni, maschi ≥50 anni; femmine età fertile e femmine in menopausa. I dati utilizzati provengono dallo studio IPSAD®Italia 2013-2014 un sondaggio tra la popolazione generale italiana condotto dall'Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche, con un campione costituito da 8000 soggetti. Si tratta di uno studio trasversale su un campione rappresentativo della popolazione residente in Italia tra i 15 ei 74 anni di età, estratto in modo casuale dalle liste anagrafiche dei comuni selezionati nel disegno di campionamento. La percentuale dei rispondenti allo studio è composta per il 54% da donne. L’età media dei soggetti esaminati è pari a 44 anni (± 17), con le femmine mediamente più giovani di cinque anni rispetto ai maschi (42 anni contro 47 dei maschi). L'indagine utilizza un questionario postale anonimo e raccoglie le informazioni socio-culturale (ad esempio sesso, età, stato civile, ecc), informazioni circa l'uso di droghe e informazioni sulla salute e gli stili di vita. La partecipazione allo studio è anonima e volontaria. Per quanto riguarda le malattie cronico degenerative si sono prese in considerazione quelle associate alla Sindrome Metabolica (SM) (diabete, ipertensione, ipercolesterolemia, malattie cardiovascolari), i disturbi della tiroide, i dolori reumatici, le apnee notturne e i disturbi nervosi. Per i comportamenti a rischio, sono state analizzate le associazioni con il consumo quotidiano di sigarette, aver fatto “binge drinking” (ovvero 5 o più bevute di fila) nell’ultimo mese, il consumo problematico di alcol (stimato col questionario CAGE- C = Cut down, A = Annoyed, G = Guilty, E = Eye opener – [6]), il gioco d’azzardo problematico (stimato col questionario CPGI, Canadian Problem Gambling Index [7]), e il consumo recente di almeno una sostanza illegale (cannabis, cocaina, eroina, stimolanti o allucinogeni).
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Le associazioni con le caratteristiche sopra menzionate sono state testate singolarmente utilizzando un modello di regressione logistica correggendo per l’età. Nelle tabelle vengono riportate sia le percentuali sia le misure di associazione Odds Ratio (OR). Un OR significativamente >1, ovvero con p-value < 0.05, sta ad indicare una associazione positiva tra la caratteristica in esame e l’essere sovrappeso/obeso, mentre un OR significativamente <1 indica una associazione negativa. Nella Tabella 1 sono riportati i risultati (percentuali e OR) che mettono in relazione l’essere sovrappeso/obeso e le altre caratteristiche prese in esame, fra i maschi con età compresa tra i 18-49 anni e le femmine in età fertile, mentre nella Tabella 2 sono indicati i risultati relativi ai maschi con età maggiore di 50 anni e le femmine in menopausa1.
1 La presenza/assenza di menopausa tra le donne è autoriferita, per gli uomini è stato
stabilito il cut-off pari a ≥50 anni di età similmente ad altri studi [Singh P. Andropause: Current concepts. Indian Journal of Endocrinology and Metabolism. 2013;17(Suppl 3):S621-S629. doi:10.4103/2230-8210.123552].
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La maggior parte dei rispondenti risulta normopeso (59%) mentre poco più di un quarto è sovrappeso, solamente l’8% degli intervistati è obeso e una percentuale ancora minore è sottopeso (5%). Osservando il dato disaggregato per genere, le donne sono in percentuale minore rispetto agli uomini sia per sovrappeso che obesità (sovrappeso F 19% vs. M 37%; obesi F 6% vs. M 11%) confermando la tendenza osservata in altre indagini epidemiologiche [8]. In generale, le donne in menopausa hanno prevalenze più alte per tutte le patologie legate alla sindrome metabolica. Inoltre, a differenza degli uomini, mostrano prevalenze più elevate per l’ipercolesterolemia anche in età fertile. Tuttavia, tutti i comportamenti a rischio considerati sono prevalentemente diffusi fra gli uomini fatta eccezione per il fumo di sigarette. In entrambi i generi, l’eccesso ponderale si associa ad un più basso livello di scolarizzazione. Mentre fra le donne in età fertile il sovrappeso risulta associato negativamente sia all’essere studente sia all’avere un’occupazione lavorativa, tra gli uomini più giovani sembra essere un fattore “di rischio” l’essere coniugato, mentre “protettivo” l’essere studente. Questi dati confermano che l’assetto ormonale femminile gioca un ruolo fondamentale nel mantenimento di un corretto peso corporeo, ma sembrano supportare anche una maggiore attenzione tra le giovani all’aspetto fisico, rispetto ai coetanei coniugati. L’eccesso ponderale, rispetto alla condizione di normopeso, si associa positivamente, in entrambi i generi, con l’ipertensione e le apnee notturne. Mentre tra gli uomini under 50 l’eccesso ponderale non presenta associazioni positive con altre patologie, tra le donne con BMI in eccesso, si osserva una maggiore propensione verso tutte le NCDs (Non Commmunicable Disease) prese in esame tra cui l’ipercolesterolemia, le malattie cardiovascolari, i disturbi della tiroide, i dolori reumatici e i disturbi nervosi. Per quanto riguarda i comportamenti a rischio, tra i maschi giovani si osserva una maggiore propensione all’uso di sostanze illegali tra i normopeso rispetto a chi ha un BMI in eccesso, mentre la pratica del
57
“binge drinking”2 è maggiormente diffusa fra i sovrappeso. Le donne sovrappeso/obese in età fertile mostrano una maggiore problematicità nel gioco d’azzardo rispetto alle coetanee normopeso, congiuntamente ad un maggior uso quotidiano di sigarette; tuttavia, le donne con un BMI nella norma mostrano una maggiore propensione al consumo problematico di alcol. Tabella 1. Relazione tra l’essere sovrappeso/obeso e altre malattie e comportamenti a rischio, fra i maschi di età compresa tra i 18-49 anni e le femmine in età fertile. In grassetto le relazioni statisticamente significative.
Maschi 18-49 anni Femmine in età fertile
Normope
so
Sovrappeso/obeso
OR (CI 95%)
p-valu
e
Normopeso
Sovrappeso/obeso
OR (CI 95%)
p-valu
e
Età media (SD) 32 (9) 37 (9) 1.1 (1.0-
1.1) 0.00
1 34 (10) 38 (11)
1.1 (1.0-1.1)
0.001
Stato socio/economico
Normopeso (%)
Sovrappeso/obeso (%)
ORadj (CI 95%)
p-valu
e
Normopeso (%)
Sovrappeso/obeso (%)
ORadj (CI 95%)
p-valu
e
Celibe/Nubile 69.0 48.1 Ref. 55.9 42.6 Ref
Coniugato/a 29.5 48.1 1.3 (1.0-
1.7) 0.04 38.5 50.1
1.0 (0.8-1.3)
0.91
Divorziato/a, Separato/a, Vedovo/a
1.5 3.8 1.8 (0.9-
3.5) 0.09 5.6 7.3
0.8 (0.5-1.3)
0.47
Scolarità bassa
Disoccupato/a 13.5 13.3 Ref. 12.5 14.6 Ref.
Occupato/a 61.1 78.2 1.0 (0.7-
1.3) 0.76
9 58.9 64.6
0.7 (0.5-0.9)
0.04
Studente 25.4 8.5 0.5 (0.4-
0.8) 0.00
4 22.2 8.4
0.4 (0.3-0.7)
0.001
Casalingo/a - - - - 6.4 12.4 1.2 (0.8-
1.8) 0.43
Comorbilità Normope
so (%)
Sovrappeso/oobeso
(%)
ORadj (CI 95%)
p-valu
e
Normopeso (%)
Sovrappeso/oobeso
(%)
ORadj (CI 95%)
p-valu
e
2 5 o più bevute di fila nella stessa occasione.
58
Diabete 0.5 1.7 2.9 (0.9-
8.6) 0.06 0.4 1.2
2.1 (0.6-7.5)
0.24
Ipertensione 2.6 10.9 3.2 (2.0-
5.0) 0.00
1 1.4 9.0
4.9 (2.9-8.1)
0.001
Ipercolesterolemia
6.2 11.4 1.3 (0.9-
1.9) 0.15 5.3 11.6
2.1 (1.4-2.9)
0.001
Malattie cardiovascolari
3.1 3.1 1.0 (0.6-
1.8) 0.99 3.2 6.1
1.7 (1.0-2.7)
0.04
Disturbi della tiroide
1.3 1.7 1.2 (0.5-
2.7) 0.68 7.1 15.3
2.2 (1.6-2.9)
0.001
Dolori reumatici 3.3 6.4 1.4 (0.9-
2.2) 0.17 5.6 12.2
1.9 (1.3-2.7)
0.001
Apnee notturne 2.2 5.2 1.8 (1.0-
3.1) 0.04 0.9 1.8
2.4 (1.1-5.7)
0.04
Disturbi nervosi 4.5 6.2 1.4 (0.9-
2.1) 0.18 6.1 11.2
1.9 (1.3-2.6)
0.001
Comportamenti a rischio
Normopeso (%)
Sovrappeso/obeso (%)
ORadj (CI 95%)
p-valu
e
Normopeso (%)
Sovrappeso/obeso (%)
ORadj (CI 95%)
p-valu
e
Uso quotidiano di sigarette
22.0 20.8 0.9 (0.7-
1.2) 0.57
17.2 20.5
1.3 (1.0-1.7)
0.05
Aver avuto episodi di "binge drinking" negli ultimi 30 giorni
18.3 20.1 1.4 (1.0-
1.8) 0.03
7.1 7.2 1.3 (0.9-
2.0) 0.16
Consumo problematico di alcol
8.1 6.9 0.9 (0.6-
1.4) 0.78
4.7 1.4 0.4 (0.2-
0.8) 0.02
Gioco d'azzardo problematico
1.7 2.4 1.8 (0.9-
3.6) 0.12
0.2 1.0 6.0 (1.4-
25.6) 0.02
Aver fatto uso recente di sostanze illegali
20.9 9.9 0.6 (0.4-
0.8) 0.00
1
11.7 7.4 0.8 (0.6-
1.2) 0.34
2
OR= odds ratio; ORadj= odds ratio “aggiustato” per età; CI= intervallo di confidenza. Nella Tabella 2 sono riportati i risultati che mettono in relazione il BMI in eccesso con le caratteristiche esaminate, fra i maschi con età maggiore di 50 anni e le femmine in menopausa. L’essere in sovrappeso/obeso, rispetto all’essere normopeso, risulta associato positivamente per entrambi i generi con il diabete, l’ipertensione, i dolori reumatici e le apnee notturne. In modo analogo a quanto
59
osservato in età fertile, tra le donne con eccesso ponderale c’è una maggiore associazione con tutte le NCDs. Sia gli uomini sia le donne in eccesso ponderale hanno una maggiore probabilità di aver praticato binge drinking nell’ultimo mese rispetto ai normopeso. Anche in menopausa permane la maggiore propensione all’uso quotidiano di sigarette tra le donne normopeso, rispetto alle coetanee in condizioni di sovrappeso e obesità. Tabella 2. Relazione tra l’essere sovrappeso/obeso e altre malattie e comportamenti a rischio, fra i maschi con età maggiore di 50 anni e le femmine in menopausa. In grassetto le relazioni statisticamente significative.
Maschi ≥ 50 anni Femmine in menopausa
Normope
so (%)
Sovrappeso/obeso (%)
OR (CI 95%)
p-valu
e
Normopeso (%)
Sovrappeso/obeso (%)
OR (CI 95%)
p-valu
e
Età media (SD)
61 (8) 63 (7) 1.1 (1.0-
1.1) 0.00
1 59 (8) 62 (7)
1.1 (1.0-1.1)
0.001
Celibe/Nubile 7.9 7.0 ref. 9.7 7.2 ref.
Coniugato/a 79.8 81.5 1.1 (0.7-
1.6) 0.74 68.1 71.6
1.1 (0.7-1.7)
0.59
Divorziato/a, Separato/a, Vedovo/a
12.4 11.6 1.0 (0.6-
1.6) 0.94 22.2 21.2
0.9 (0.6-1.5)
0.77
Disoccupato/a
5.7 5.9 Ref. 4.0 4.7 Ref.
Occupato/a 49.2 43.7 0.9 (0.6-
1.5) 0.78 45.0 33.8
0.6 (0.4-1.1)
0.14
Pensionato 1.3 1.4 0.9 (0.3-
2.3) 0.80 26.8 30.9
0.7 (0.4-1.2)
0.17
Casalingo/a 43.8 49.0 0.9 (0.6-
1.5) 0.69 24.2 30.6
0.7 (0.4-1.2)
0.18
Comorbilità Normope
so (%)
Sovrappeso/obeso (%)
ORadj (CI 95%)
p-valu
e
Normopeso (%)
Sovrappeso/obeso (%)
ORadj (CI 95%)
p-valu
e
Diabete 6.7 15.4 2.4 (1.7-
3.5) 0.00
1 2.2 11.9
5.9 (3.2-11.0)
0.001
Ipertensione 27.3 42.8 1.9 (1.5-
2.4) 0.00
1 19.0 40.9
2.7 (2.1-3.5)
0.001
60
Ipercolesterolemia
22.7 23.7 1.1 (0.8-
1.4) 0.65 26.4 38.8
1.6 (1.3-2.1)
0.001
Malattie cardiovascolari
8.8 12.6 1.4 (1.0-
1.9) 0.07 7.1 12.8
1.8 (1.2-2.7)
0.003
Disturbi della tiroide
2.7 3.8 1.4 (0.8-
2.5) 0.30 16.1 21.4
1.4 (1.1-1.9)
0.019
Dolori reumatici
17.0 25.2 1.6 (1.2-
2.0) 0.00
1 27.8 42.9
1.7 (1.4-2.2)
0.001
Apnee notturne
9.2 13.3 1.5 (1.1-
2.1) 0.02 3.7 10.2
2.8 (1.8-4.5)
0.001
Disturbi nervosi
8.7 6.8 0.8 (0.5-
1.1) 0.13 14.0 23.3
2.0 (1.5-2.7)
0.001
Comportamenti a rischio
Normopeso (%)
Sovrappeso/obeso (%)
OR adj (CI 95%)
p-valu
e
Normopeso (%)
Sovrappeso/obeso (%)
OR adj (CI 95%)
p-valu
e
Uso quotidiano di sigarette
21.4 16.5 0.8 (0.6-
1.0) 0.07
20.9 15.9
0.7 (0.5-0.9)
0.03
Aver avuto episodi di "binge drinking" negli ultimi 30 giorni
6.5 11.9 2.1 (1.4-
3.0) 0.00
1
2.5 4.0 2.2 (1.1-
4.5) 0.04
Consumo problematico di alcol
4.7 5.1 1.1 (0.7-
1.8) 0.74
3.0 3.3 1.5 (0.8-
3.0) 0.23
Gioco d'azzardo problematico
1.7 1.4 0.8 (0.4-
1.9) 0.63
0.4 1.1 2.6 (0.5-
14.1) 0.28
Aver fatto uso recente di sostanze illegali
2.5 2.4 1.0 (0.5-
1.9) 0.97
2.4 2.4 0.9 (0.4-
2.0) 0.81
OR= odds ratio; ORadj= odds ratio “aggiustato” per età; CI= intervallo di confidenza. Da quanto descritto, in generale le donne sembrano orientarsi verso comportamenti a rischio “socialmente accettati”, come appunto l’uso quotidiano di sigarette, un maggior consumo di alcol e il gioco d’azzardo, anche se per quest’ultimo i fattori determinanti sembrano vari [10], mentre gli uomini giovani introducono fra le loro abitudini l’uso di sostanze illegali, soprattutto fra i normopeso. Questi risultati nel loro insieme mostrano una maggiore fragilità tutta al femminile sia verso le patologie non trasmissibili sia verso
61
comportamenti a rischio, quali il fumo di sigaretta e il binge-drinking, che possono contribuire all’esacerbarsi di stati di malattia, soprattutto al sopraggiungere della menopausa. Infatti la letteratura scientifica chiarisce come quest’ultima condizione costituisca di per sé un fattore di rischio sia per lo sviluppo di NCDs sia per la maggiore propensione verso alterazioni dello stato emotivo, contribuendo nel complesso ad una peggiore qualità della vita. Quanto esposto sottolinea l’importanza di promuovere politiche di prevenzione e trattamenti diretti al genere femminile.
62
Bibliografia 1) Situation and trends.
http://www.who.int/gho/ncd/risk_factors/obesity_text/en.
2) WHO: Obesity and overweight; Fact sheet N°311Updated January 2015.
3) WHO: Global Action Plan for the Prevention and Control of NCDs 2013-2020. 2015 http://www.who.int/nmh/events/ncd_action_plan/en/
4) Smith K. Gender Differences in Primary Substance of Abuse across Age Groups. 2014 Apr 3. In: The CBHSQ Report. Rockville (MD): Substance Abuse and Mental Health Services Administration (US); 2013-. Available from: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK384845/
5) https://www.epid.ifc.cnr.it/index.php/studi-di-popolazione?id=15
6) [Mayfield D, McLeod G, Hall P: The CAGE questionnaire: validation of a new alcoholism instrument. American Journal of Psychiatry 1974, 131:1121-1123.
7) Colasante E, Gori M, Bastiani L, Giordani P, Grassi M, Molinaro S: An Assessment of the Psychometric Properties of Italian Version of CPGI. J Gambl Stud 2012, DOI 10.1007/s10899-012-9331-z.
8) Ministero della Salute, EpiCentro (Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute). Sovrappeso e obesità in Italia: dati Passi (2010-2013).
9) C.E. Pilver, D.J. Libby, R.A. Hoff, M.N. Potenza Gender differences in the relationship between gambling problems and the incidence of substance-use disorders in a nationally representative population sample Drug Alcohol Depend., 133 (2013), pp. 204–211
10) [10] Odoardi S, Albasi C. [Women and gambling: an overview]. Recenti Prog Med. 2013 Dec;104(12):631-6. doi: 10.1701/1373.15265.
63
GENERE E RIMODELLAMENTO INVERSO NELLO SCOMPENSO CARDIACO SISTOLICO
GENDER AND REVERSE REMODELING IN SYSTOLIC HEART FAILURE
Alberto Aimo, Vincenzo Castiglione, Giuseppe Vergaro, Alberto Giannoni, Roberta Poletti,
Claudio Passino, Michele Emdin
Fondazione Toscana G.Monasterio ABSTRACT Background: Reverse remodeling (RR) is defined as the recovery of left ventricle (LV) geometry and systolic function during optimal therapy for heart failure (HF). RR has been associated with improved clinical status and patient prognosis. There are currently no standardized criteria for RR, and no clear predictors of RR have emerged so far. METHODS: Nine hundred twenty-seven patients (27.0% women) with chronic HF and LV ejection fraction (LVEF) <50%, undergoing two echocardiograms within 12±4 months, were retrospectively evaluated. RR was defined as: 1) a ≥15% reduction in LV end-systolic volume indexed, 2) a >10% reduction in LV end-diastolic volume indexed or >10 U increase in LVEF. The follow-up period started with the second echocardiogram; all-cause death or heart transplantation (HT) was the primary endpoint, and cardiovascular death or HT the secondary end-point. RESULTS: The clinical, biohumoral, echocardiographic and therapeutic characteristics at baseline were similar between the two genders. There were also no significant differences in therapy potentiation during the 12±4 month period. RR was experienced by 30.7% and 34.2% of patients, according to the two criteria. RR prevalence was significantly higher among women (P<0.001 with both criteria for RR). Female sex was predictor of RR irrespective of
64
HF etiology, duration, and other univariate predictors (criterion 1: P=0.024, Exp(B) 0.529; criterion 2: P=0.002, Exp(B) 0.567). Over a median follow-up period of 33 months (interquartile range 15-59), RR portended a better prognosis among men (P=0.004 and 0.034 for the primary endpoint with the two criteria), but not among women (P=0.308 and 0.455). CONCLUSIONS: RR is more frequent among women despite the basic homogeneity of characteristics, including HF therapy, between the two genders. Female sex was an independent predictor of RR, possibly due to the cardioprotective actions of estrogens. Male patients seem to require an enhanced therapeutic effort to achieve a given degree of RR. Abbreviazioni e acronimi: ACEi, angiotensin converting enzyme inhibitor (inibitore dell’enzima di conversione dell’angiotensina); AR, adverse remodeling (rimodellamento avverso); ARB, angiotensin receptor blocker (inibitore del recettore dell’angiotensina); BB, beta-bloccante; CRT-D, cardiac resynchronization therapy and defibrillation (terapia di resincronizzazione cardiaca e defibrillazione); CRT-P, cardiac resynchronization therapy with pacing only (terapia di resincronizzazione cardiaca e pacing); FE, frazione di eiezione; HFmrEF, heart failure with mid-range ejection fraction (scompenso cardiaco con moderata riduzione della frazione di eiezione); HFrEF, HF with reduced ejection fraction (scompenso cardiaco con ridotta frazione di eiezione); LVEDDi, left ventricular end-diastolic diameter indexed (diametro telediastolico indicizzato del ventricolo sinistro); LVEDVi, left ventricular end-diastolic volume indexed (volume telediastolico indicizzato del ventricolo sinistro); LVESVi, left ventricular end-systolic volume indexed (volume telesistolico indicizzato del ventricolo sinistro); LVMI, left ventricular mass index (massa indicizzata del ventricolo sinistro); MRA, mineralocorticoid receptor antagonist, inibitore del recettore dei mineralcorticoidi; RR, reverse remodeling (rimodellamento inverso); SC, scompenso cardiaco; VS, ventricolo sinistro.
65
INTRODUZIONE Nelle ultime decadi l’incidenza e la prevalenza dello scompenso cardiaco (SC) sono aumentate in tutto il mondo; quasi la metà dei soggetti affetti da questa sindrome sono donne.3 I fattori di rischio che conducono allo scompenso cardiaco sono simili fra maschi e femmine ma il rischio attribuibile ai singoli fattori varia in base al sesso; ad esempio, l’ipertensione rappresenta una causa di scompenso più frequente nelle donne, mentre la cardiopatia ischemica possiede una maggiore rilevanza epidemiologica nel sesso maschile.1,4 Nelle donne l’età media della diagnosi è più tardiva e la prognosi è migliore.1 Le donne tuttavia presentano gradi di disabilità più elevati e peggiore qualità della vita a parità di funzione ventricolare sinistra (VS).1 Sono state riscontrate differenze di genere anche relativamente al rimodellamento avverso (adverse remodeling, AR), definito come un cambiamento peggiorativo della geometria, della composizione di parete e della funzione sistolica del VS conseguente ad una noxa patogena (ad esempio un infarto miocardico), in risposta ad un aumento dello stress meccanico e all’attivazione neurormonale.2 In particolare, rispetto agli uomini le donne sembrano presentare una minore tendenza all’ipertrofia e alla fibrosi ventricolare.5,6 Numerosi studi suggeriscono che le differenze di genere in questo contesto possano essere almeno parzialmente imputabili ad un’azione diretta degli ormoni sessuali.1-3
Il rimodellamento inverso (reverse remodeling, RR) costituisce il processo speculare all’AR. Esso viene definito genericamente come un recupero della geometria e della funzione ventricolare sinistra, dato che non esistono criteri diagnostici uniformemente riconosciuti (al contrario, ogni studio utilizza un proprio cut-off scelto 3 Taylor AL. Heart failure in women. Curr Heart Fail Rep. 2015;12:187-95. 4 Piro M, Della Bona R, Abbate A, Biasucci LM, Crea F. Sex-related differences in myocardial remodeling. J Am Coll Cardiol. 2010;55:1057-65 5 Deschepper CF, Llamas B. Hypertensive cardiac remodeling in males and female: from bench to the bedside. Hypertension. 2007;49:401-7 6 Kararigas G, Dworatzek E, Petrov G, Summer H, Schulze TM, Baczko I, Knosalla C, Golz S, Hetzer R, Regitz-Zagrosek V. Sex-dependent regulation of fibrosis and inflammation in human left ventricular remodelling under pressure overload. Eur J Heart Fail. 2014;16:1160-7
66
arbitrariamente).5 Il RR è stato associato con un miglioramento della sintomatologia e della prognosi, pertanto costituisce l’oggetto di un’intensa attività di ricerca.5 Il RR è promosso dalla terapia di antagonismo neuro-ormonale e, qualora indicati, dai device (terapia di resincronizzazione cardiaca o dispositivi di assistenza ventricolare).7 È noto tuttavia che, a parità di trattamento, non tutti i pazienti con SC andranno incontro a RR, a dimostrazione di una diversa suscettibilità individuale a questo processo. Singoli studi hanno proposto un’associazione tra alcune caratteristiche cliniche o elettrocardiografiche,8 livelli plasmatici di alcuni biomarcatori6 oppure determinati quadri ecocardiografici9 ed una maggiore probabilità di RR, tuttavia finora non è emerso nessun chiaro predittore di RR. Nel presente studio è stata analizzata un’ampia popolazione di pazienti con SC e disfunzione sistolica basale, sottoposti a valutazione ecocardiografica seriale. I nostri obiettivi erano: 1) confrontare le caratteristiche cliniche ed ecocardiografiche basali nei due sessi, 2) valutare le differenze nella prognosi dello SC e nella prevalenza di RR, 3) verificare se il sesso ha un valore predittivo nei confronti del RR. METODI Questo studio retrospettivo ha considerato pazienti valutati presso la Fondazione Toscana Gabriele Monasterio dal 1999 al 2016. I criteri di inclusione erano: diagnosi di SC cronico e frazione di eiezione (FE) <50% all’ecocardiogramma basale; due ecocardiografie transtoraciche nell’arco di 12±4 mesi. Il follow-up è cominciato con la seconda valutazione ecocardiografica e si è concluso al momento di morte o trapianto cardiaco oppure con l’ultimo contatto col paziente. L’endpoint primario era rappresentato da morte per ogni causa o 7 Koitabashi N, Kass DA. Reverse remodeling in heart failure--mechanisms and therapeutic opportunities. Nat Rev Cardiol. 2011;9:147-57. 8 Lupón J, Gaggin HK, de Antonio M, Domingo M, Galán A, Zamora E, Vila J, Peñafiel J, Urrutia A, Ferrer E, Vallejo N, Januzzi JL, Bayes-Genis A. Biomarker-assist score for reverse remodeling prediction in heart failure: The ST2-R2 score. Int J Cardiol. 2015;184:337-43. 9 Park JH, Negishi K, Grimm RA, Popovic Z, Stanton T, Wilkoff BL, Marwick TH. Echocardiographic predictors of reverse remodeling after cardiac resynchronization therapy and subsequent events. Circ Cardiovasc Imaging. 2013;6:864-72.
67
trapianto cardiaco, l’endpoint secondario da morte per cause cardiovascolari o trapianto. In assenza di criteri standardizzati, il RR è stato definito come: 1) riduzione ≥15% del volume telesistolico indicizzato del VS (left ventricular end-systolic volume indexed, LVESVi), 2) riduzione >10% del volume telediastolico indicizzato del VS (left ventricular end-diastolic volume indexed, LVEDVi) o aumento >10 U della FE, 3) riduzione >10% del LVEDVi e aumento >10 U della FE. Nel confronto dei dati ecocardiografici influenzati dalla superficie corporea sono stati considerati solo i valori indicizzati. RISULTATI Genere e parametri clinico-laboristici basali Nello studio sono stati inclusi 927 pazienti, dei quali 250 donne (27.0%). Fra questi pazienti, 610 (65.8%) rispondevano ai criteri per SC con ridotta FE (HF with reduced ejection fraction, HFrEF) e 317 (34.2%) erano classificati nella nuova categoria diagnostica dello SC con moderata riduzione della FE (HF with mid-range ejection fraction, HFmrEF). La grande maggioranza dei pazienti (87.2%) aveva eseguito una valutazione neuro-ormonale in concomitanza con l’ecocardiogramma basale. La prevalenza di HFrEF, la durata di malattia e le caratteristiche clinico-laboratoristiche al momento della valutazione basale non sono risultate significativamente diverse, tranne alcune eccezioni: le donne presentavano più frequentemente un’eziologia non ischemica, avevano migliori parametri di funzione renale (creatininemia e filtrato glomerulare stimato) e minori valori di emoglobina (valori di P tutti <0.001). Per quanto riguarda i risultati dell’ecocardiogramma basale, i diametri sistolico e diastolico del VS (indicizzati) erano maggiori (P=0.009 e <0.001, rispettivamente) nelle donne, mentre la massa indicizzata del VS (left ventricular mass index, LVMI) era minore (P=0.002). I volumi indicizzati e la FE non sono risultati significativamente diversi. Non sono state riscontrate altre differenze negli indici della geometria di tutte le camere ventricolari, della funzione sisto-diastolica del VS e della pressione arteriosa polmonare stimata.
68
Genere e terapia dello scompenso Al tempo 0 non sono state riscontrate differenze significative fra i due sessi nelle percentuali di pazienti sottoposti alle principali terapie farmacologiche e non farmacologiche per lo SC: beta-bloccanti (BB) 63.8% F, 63.7% M; inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (angiotensin converting enzyme inhibitors, ACEi)/inibitori del recettore dell’angiotensina (angiotensin receptor blockers, ARB) 62.0% F, 62.5% M; inibitori del recettore dei mineralcorticoidi (mineralocorticoid receptor antagonists, MRA) 43.7% F, 38.4% M. Tuttavia, le donne erano state meno frequentemente sottoposte ad impianto di defibrillatore (implanted cardiac defibrillator, ICD; P=0.032) oppure a terapia di resincronizzazione cardiaca e ICD (cardiac resynchronization therapy and defibrillation, CRT-D; P=0.024), ma non a terapia di resincronizzazione cardiaca e solo pacing (CRT-P). Non sono state riscontrate differenze significative nei cambiamenti della terapia (farmacologica o non farmacologica) fra i due ecocardiogrammi. Al momento del secondo ecocardiogramma, le percentuali finali di pazienti che assumevano BB ed ACEi/ARB erano superiori al 90% in entrambi i sessi ed oltre il 70% dei pazienti assumeva un MRA; permanevano differenze significative nelle percentuali di pazienti con ICD (7.4% F, 13.0% M) e CRTD (14.7% F, 23.8% M). Genere e prognosi Durante un follow-up della durata media di 33 mesi (range interquartile 15-59 mesi), 188 pazienti (20.3%) sono andati incontro all’endpoint primario e 126 (13.6%) all’endpoint secondario. La prognosi è risultata significativamente peggiore nei pazienti con HFrEF (P<0.001 per entrambi gli endpoint). Confrontando i pazienti in base al genere, si è riscontrato che le donne presentavano una prognosi significativamente migliore nella popolazione globale (P=0.003 per l’endpoint primario, P=0.007 per l’endpoint secondario) e nel sottogruppo con HFrEF (P=0.010 e 0.007, rispettivamente), ma non nel sottogruppo con HFmrEF (P=0.208 e 0.763, rispettivamente).
69
Genere e rimodellamento inverso Durante il periodo di 12±4 mesi fra i due ecocardiogrammi, le percentuali di pazienti che hanno sperimentato RR sono risultate pari a 30.7%, 34.2% e 9.2% in base ai 3 criteri. A causa della prevalenza ridotta di RR, non in linea con gli altri studi, il terzo criterio è stato considerato troppo restrittivo e non è stato considerato nel seguito dell’analisi. L’analisi del Chi-quadro non ha rivelato un’interazione fra RR e diagnosi di HFrEF oppure HFmrEF; il RR presentava invece una frequenza significativamente maggiore fra le donne che fra gli uomini (criterio 1: 41.2% vs. 26.7%; criterio 2: 44.5% vs. 30.3%; P<0.001 in entrambi i casi) (Figura 1). Confrontando le caratteristiche basali e i cambiamenti nella terapia nei pazienti con RR o senza, il sesso femminile, l’eziologia non ischemica, l’assenza di ipercolesterolemia, la minore durata di SC sono risultati associati con il RR (definito con entrambi i criteri). I valori di diametro telediastolico indicizzato del VS (left ventricular end-diastolic diameter indexed, LVEDDi) e del volume telediastolico indicizzato (left ventricular end-diastolic diameter indexed, LVEDVi) erano maggiori nei pazienti con RR: i valori di P erano 0.029 (criterio 1) e 0.042 (criterio 2) per il primo parametro, 0.045 e 0.039 per il secondo parametro. I valori di LVMI erano inferiori nei pazienti che andavano incontro a RR (P=0.002 e 0.005 con i due criteri). È stato infine riscontrato che le variazioni percentuali di LVESVi, LVESDi e FE erano significativamente maggiori nelle donne che negli uomini (P<0.001, 0.008, 0.003, rispettivamente) (Figura 1). In altre parole, le donne presentavano un miglioramento quantitativamente più significativo della geometria e della funzione del VS. Non sono state invece riscontrate differenze significative in tutti gli altri parametri ecocardiografici esaminati. All’analisi di sopravvivenza, il RR è stato associato con una migliore prognosi nella popolazione generale (P=0.004 e 0.034 per l’endpoint primario, utilizzando i due criteri) e nel sesso maschile (P=0.021 e 0.028), ma non nel sesso femminile (P=0.308 e 0.455). Risultati simili sono stati ottenuti per l’endpoint secondario (dati non riportati).
70
Genere e predizione del rimodellamento inverso Considerando tutte le caratteristiche basali e i cambiamenti nella terapia intercorsi fra i due ecocardiogrammi, un numero limitato di variabili è emerso come predittore di RR all’analisi univariata. Quando tali predittori sono stati inclusi in un modello, il sesso femminile è risultato predittore indipendente di RR (Tabella 1). DISCUSSIONE Nella popolazione più vasta finora analizzata in relazione al RR (n=927) abbiamo riscontrato per la prima volta che le donne presentano una maggiore probabilità di RR e che il sesso femminile costituisce un predittore indipendente di questo processo, nonostante la sostanziale omogeneità delle caratteristiche clinico-laboratoristiche ed ecocardiografiche al tempo 0. È significativa l’assenza di differenze significative fra i due sessi nella percentuale di pazienti in terapia di antagonismo neuro-ormonale al momento del primo o del secondo ecocardiogramma. Al contrario, la CRT-D era meno rappresentata in condizioni basali nel sesso femminile, mentre non sono state riscontrate differenze nel ricorso a CRT-D/CRT-P nel periodo intercorso fra i due ecocardiogrammi. In altre parole, la diversa tendenza al RR non è riconducibile a differenze nella terapia farmacologica o non farmacologica, bensì eventualmente ad una diversa risposta al trattamento. È noto che le donne traggono un maggiore beneficio prognostico dai BB e dagli ARB; le cause di questa differenza non sono ancora state caratterizzate nei dettagli ma sono verosimilmente riconducibili ad un effetto degli estrogeni sul metabolismo e/o sulla risposta ai farmaci per lo SC.1 Si ritiene inoltre che gli ormoni sessuali femminili agiscano direttamente sul miocardio modulando la risposta alla noxa patogena. Studi preclinici hanno stabilito che l’attivazione di questi recettori modula la funzione mitocondriale (regolando il metabolismo, la produzione di energia e l’omeostasi del calcio), proteggono da insulti citotossici ed ischemici e modulano positivamente la funzione neuro-ormonale (aumentando la produzione di peptidi natriuretici atriali e nitrossido sintasi,
71
riducendo l’espressione dell’enzima di conversione dell’angiotensina, dei recettori AT-1 dell’angiotensina e dei recettori di tipo B dell’endotelina). 2,3,10 Topi privi dei recettori α e γ degli estrogeni sviluppano bradicardia, disturbi della conduzione e SC a rapida progressione.11 I cardiomiociti umani possiedono anch’essi i recettori per gli estrogeni, la cui espressione aumenta nella cardiomiopatia dilatativa, forse come meccanismo compensatorio.12 Il ruolo ateroprotettivo degli estrogeni è stato ampiamente caratterizzato e potrebbe contribuire alla maggiore tendenza al RR tra le donne:1,2 in effetti, la prevalenza di cardiopatia ischemica è inferiore nel sesso femminile ed è noto che lo SC ad eziologia ischemica presenta una minore probabilità di RR.1,2 Tuttavia, questo fattore da solo non può 10 Luo T, Kim JK. The role of estrogen and estrogen receptors on cardiomyocytes: an overview. Can J Cardiol. 2016;32:1017-25. 11 Wang T, McDonald C, Petrenko NB, Leblanc M, Wang T, Giguere V, Evans RM, Patel VV, Pei L. Estrogen-related receptor α (ERRα) and ERRγ are essential coordinators of cardiac metabolism and function. Mol Cell Biol. 2015;35:1281-98. 12 Mahmoodzadeh S, Eder S, Nordmeyer J, Ehler E, Huber O, Martus P, Weiske J, Pregla R, Hetzer R, Regitz-Zagrosek V. Estrogen receptor alpha up-regulation and redistribution in human heart failure. FASEB J. 2006;20:926-34.
72
spiegare l’osservata differenza di genere nella prevalenza di RR, dato che il sesso femminile è risultato un predittore indipendente dall’eziologia di SC e da altre variabili. È interessante notare che una maggiore aderenza terapeutica nel sesso femminile potrebbe contribuire alla riscontrata differenza di genere nella prevalenza di RR; tale ipotesi non poteva essere verificata nel presente lavoro e non è probabilmente mai stata considerata in letteratura, è tuttavia degna di considerazione in futuri studi. Per quanto riguarda la prognosi, le donne presentino un’occorrenza significativamente inferiore di due outcome fatali nella popolazione totale e nel sottogruppo con HFrEF ma non in quello con HFmrEF; tale differenza potrebbe essere ricondotta alla diversa fisiopatologia delle due categorie di SC ed alla conseguente diversa efficacia della terapia di antagonismo neuro-ormonale. Il fatto che il RR sia risultato associato con una prognosi significativamente migliore nel sesso maschile ma non in quello femminile può essere spiegato considerando che le donne costituivano una percentuale relativamente ridotta dell'intera popolazione (27%) e sviluppavano con minore frequenza i due endpoint; il valore prognostico del RR sarebbe probabilmente emerso in una popolazione femminile più ampia e/o durante un follow-up più lungo. In conclusione, in un’ampia popolazione di pazienti con SC e disfunzione sistolica (FE <50%), sottoposti a due ecocardiogrammi nell’arco di 12±4 mesi, le donne hanno presentato una maggiore probabilità di RR, nonostante la sostanziale omogeneità di caratteristiche clinico-laboratoristiche ed ecocardiografiche e la minore percentuale di CRT-D al tempo 0. La diversa prevalenza di RR non può essere attribuita a diverse scelte terapeutiche fra i due ecocardiogrammi. Il sesso femminile è risultato predittore di RR indipendentemente dall’eziologia di SC e da altri fattori, suggerendo una diversa risposta alla terapia e/o un effetto cardioprotettivo diretto degli estrogeni. Le donne presentavano una prognosi migliore nella popolazione generale e nel gruppo con HFrEF, mentre il RR era associato con una prognosi migliore fra gli uomini ma non fra le donne. Questi risultati suggeriscono che in media gli uomini
73
necessitano di un maggiore sforzo terapeutico per ottenere un determinato recupero di geometria e funzione del VS. Figura 1. Genere e rimodellamento inverso.
Il reverse remodeling (RR) presenta una frequenza significativamente maggiore nelle donne rispetto agli uomini sia quando definito con il criterio 1 (grafico in alto a sinistra) che quando definito con il criterio 2 (grafico in alto a destra); P<0.001 con entrambi i criteri. Nel sesso femminile sono significativamente maggiori anche le variazioni percentuali di LVESVi (grafico in basso a sinistra) e LVFE (grafico in basso a destra). Abbreviazioni: LVESVi, left ventricular end-systolic volume indexed (volume telesistolico indicizzato del ventricolo sinistro); LVEF, left ventricular ejection fraction (frazione di eiezione ventricolare sinistra)
74
Tabella 1. Predittori di rimodellamento inverso.
Variabile Analisi univariata Analisi multivariata
P Exp(B) P Exp(B)
Sesso femminile <0.001 0.525 0.024 0.529
Eziologia non
ischemica
<0.001 0.787 0.027 1.520
Durata di SC 0.001 0.951 <0.001 0.929
Spessore della
parete libera
0.033 1.088 - -
Diametro dell’atrio
destro
0.012 0.971 0.003 0.961
LVEDDi 0.008 1.006 - -
LVEDV 0.042 1.002 - -
LVEDVi 0.008 1.006 - -
LVMI <0.001 1.007 - -
Sesso femminile <0.001 0.548 0.002 0.567
Eziologia non
ischemica
<0.001 1.700 0.019 1.427
Classe NYHA I-II 0.045 0.616 - -
Durata di SC <0.001 0.942 <0.001 0.933
LVEDDi 0.027 1.030 - -
LVEDVi 0.031 1.005 - -
LVMI 0.002 1.006 - -
75
Utilizzando il criterio 1 per definire il reverse remodeling (RR), il sesso femminile, l’eziologia non ischemica, la durata di SC ed un parametro ecocardiografico basale (il diametro dell’atrio destro) sono emersi come predittori indipendenti di RR (in alto). Ripetendo l’analisi con il secondo criterio di RR, sesso femminile, eziologia non ischemica e LVMI sono risultati predittori indipendenti di RR (in basso). Abbreviazioni: LVEDDi, left ventricular end-diastolic diameter indexed (diametro telediastolico indicizzato del ventricolo sinistro); LVEDVi, left ventricular end-diastolic volume indexed (volume telediastolico indicizzato del ventricolo sinistro); LVMI, left ventricular mass index (indice di massa ventricolare sinistra); SC, scompenso cardiaco.
76
LE DIFFERENZE DI GENERE PER FATTORI DI RISCHIO, PARAMETRI CLINICI, BIOUMORALI, EMODINAMICI PRESENTI
NEI PAZIENTI CON INFARTO ACUTO DEL MIOCARDIO (S-T SOPRASLIVELLATO) RIVASCOLARIZZATI CON ANGIOPLASTICA CORONARICA PRIMARIA, NON SONO DISCRIMINANTI SULLA
PROGNOSI A MEDIO TERMINE. Dati di regitrro STEMI di un singolo centro della Regione Toscana ,
FTGM , Massa , Italia.
GENDER DIFFERENCES FOR RISK FACTORS, CLINICAL HEMODYNAMIC, BIOCHEMICAL, PRESENT IN PATIENTS WITH ACUTE MYOCARDIAL INFARCTION (S-T ELEVATION IN LEADS)
REVASCULARISED WITH PRIMARY CORONARY ANGIOPLASTY, ARE NOT DISCRIMINATORY ON MEDIUM-TERM PROGNOSIS.
Data of STEMI register of a single center of the Tuscany Region,
FTGM, Massa, Italy.
Annamaria Mazzone 1, Giuseppe Rossi2, Luigi Emilio Pastormerlo 1, Umberto Paradossi1, Michele Coceani1, Antonio Rizza1, Giuseppe Trianni1, Silvia Maffei1, Alessandro Taddei1, Cataldo Palmieri1,
Sergio Berti1 (1)Fondazione Toscana G. Monasterio, Massa,Pisa, Italy
2) Institute of Clinical Physiology, CNR , Pisa, Italy
ABSTRACT
Gender differences in patients with ST elevation myocardial
infarction (STEMI) undergoing primary percutaneous coronary
intervention (PPCI) have not yet fully characterized. We aim to assess
gender-related differences in risk factors, clinical presentation,
biomarkers and prognosis in STEMI patients.
Methods. This single-center retrospective cohort study included
1565 consecutive patients (73% Males, 27% Females), admitted from
2006 to 2014 at our Cardiology Division (Italy) for PPCI, with a
77
complete clinical characterization. Twelve months overall mortality
was considered as end-point.
Results. Women presenting with STEMI were older (p=0.0001) than
man. Adjusting for age women were with less current smokers
(p=0.0001) and lower prevalence of previous myocardial infarction
(p=0.0001) than man. Women had higher door to balloon time
(p=0.0001), and higher prevalence of pulmonary edema as clinical
presentation (p=0.025). No differences was observed for post PCI
TIMI flow and left ventricular ejection fraction. Considering
biomarkers at admission, women had higher glucose (P=0.005) and
total cholesterol (p=0.0001) with higher HDL/LDL ratio, as well as
higher platelets number (p=0.0001) and b-type natriuretic peptide
(BNP) (p=0.0001) than men. Conversely, women had lower serum
creatinine (p=0.0001), gamma-glutamyltrasferase (GGT) (p=0.0001),
hemoglobin (p=0.0001), albumin (p=0.049) and fT3 (p=0.018) than
men.
No differences in overall mortality were shown, also after adjusting
for age. At multivariate analysis independent predictors of overall
mortality were age (p=0.0001), previous MI (p=0.007), pulmonary
edema (p=0.032), GGT (p=0.05), white blood cells (p=0.073),
troponine-I (p=0.0001) and BNP (p=0.0001).
Conclusions. In STEMI patients undergoing PPCI, we detected gender
related differences in terms of risk factors, clinical presentation,
serum biomarkers at admission. Overall 12 months mortality appears
similar in women and men, with similar clinical and biohumoral
predictors.
INTRODUZIONE
Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di
morte nelle donne. La maggioranza di esse sono associate a
differenze fra uomo e donna per epidemiologia, fattori di rischio,
fisiopatologia, manifestazioni cliniche, effetti della terapia medica e
prognosi. Le differenze sono “biologiche” legate sesso (differenza di
78
ormoni sessuali ed espressione genica nella funzione del sistema
cardiovascolare), sono di “genere” secondarie a diversità umane
socio culturali, comportamenti, alimentazione, stile di vita, o stress,
prevenzione, ma entrambe ugualmente importanti per la malattia
cardiovascolare (1,2). L’infarto acuto con sopraslivellamento ST del
miocardico (STEMI) costituisce il 25% al 40% di tutti gli eventi
coronarici acuti (3). Le donne con STEMI hanno comunque un profilo
di rischio cardiovascolare più complesso : l'aumento del rischio di
malattia coronarica nelle donne in post-menopausa, verosimilmente
ormone correlato, può eventualmente eliminare il contrasto del
sesso a rischio, ma le stime di rischio specifici per età sono scarse.
Recentissimi dati hanno dimostrato che la diversità di sesso osservata
nel rischio di infarto miocardico non può essere spiegata da
differenze nei fattori di rischio cardiovascolari stabiliti. Il divario di
genere persiste per tutta la vita, ma diminuisce con l'età a causa di
un appiattimento più pronunciato di variazioni di livello di rischio in
uomini di mezza età. I cambiamenti minori dell’indice di rischio,
passando dalla pre-menopausa all'età post-menopausa, nelle donne,
rendono improbabile che i cambiamenti nei livelli di ormoni femminili
influenzino il rischio di infarto miocardico(4). Le donne anziane
hanno una prevalenza diabete, ipertensione, dislipidemia (5), in
generale più comorbidità, in passato ricevevano meno trombolisi
nell'era trombolitica, esembra abbiamo meno probabilità di ricevere
una terapia di riperfusione primaria rispetto all’uomo. Inoltre
presentano tempi coronarici più lunghi, sono meno candidate a
trattamento con nuovi farmaci, hanno più probabilità di avere una
mancata diagnosi preospedaliera di STEMI(6-10).
Nonostante i risultati nei pazienti STEMI siano migliorati negli ultimi
2 decenni, persite una disparità di sesso in termini di sopravvivenza,
con le donne che hanno maggiore mortalità rispetto agli uomini (11).
Quanto pesano le differenze di genere sulla prognosi a breve e lungo
termine nel post infarto? Uno studio di metanalisi, che ha analizzato
18 555 donne e 49 981 uomini con STEMI trattati con PPCI, ha trovato
79
che le donne hanno quasi 2 volte il rischio di mortalità intra
ospedaleliera per tutte le cause di mortalità e di 1,5 volte il rischio
per 1 anno per tutte le cause di mortalità rispetto agli uomini. Questa
associazione risultava però significativamente attenuata quando
l'analisi veniva rettificata per i fattori di rischio, il profilo clinico ed
emodinamico del paziente al momento della presentazione(11). Altri
studi hanno mostrato nelle fasce d'età più giovani, le donne hanno
avuto prognosi peggiore rispetto agli uomini di pari età, ma un
recente studio afferma che giovani donne con STEMI trattate con PCI
primaria non hanno una peggiore prognosi sulla mortalità a breve a
lungo termine rispetto ai coetanei di sesso maschile (12,13).
E’meno chiaro se queste differenze di genere abbiano un "peso
prognostico gender specifico" nell’ infarto acuto del miocardio STEMI
dopo rivacolarizzazione con angioplastica primaria.
Il nostro studio clinico, tratto retrospettivamente dal registro STEMI
della Cardiologia Adulti dell’Ospedale del Cuore, FTGM di Massa, ha
avuto come obiettivo, oltre che mettere a confronto per
"genere"dopo aver aggiustato per età, una serie di parametri come
fattori di rischio, presentazione clinica, tempi coronarici, dati
angiografici e bioumorali all’ammissione del paziente, valutare se
queste differenze di genere incidessero specificamente sulla
mortalità globale a 12 mesi, in una coorte di pazienti con STEMI
sottoposti a PPCI.
METODI
Sono stati analizzati i dati individuali di 1565 pazienti consecutivi con
STEMI, afferenti per PPCI presso il nostro ospedale dal gennaio 2006
al dicembre 2014, contenuti nel data base ricavato dal registro dello
STEMI del nostro istituto.
La diagnosi di STEMI è stata determianta secondo le linee guida
europee (3). E' stato condotto un follow up di mortalità a 12 mesi
dalla dimissione (1219 pazienti) tramite chiamata telefonica. I
pazienti sono stati analizzati per genere aggiustando i dati per età.
80
Sono stati presi in esame i fattori di rischio cardiovascolare, gli aspetti
clinici e complicanze, i tempi coronarici, i dati angiografici di
coronaropatia e riperfusione, i parametri bioumorali all'ingresso in
particolare i markers di stato infiammatorio, protrombotico,
metabolico, ischemico di rimodellamento e il trattamento
farmacologico in fase acuta tra cui gli inibitori della glicoproteina IIB
IIIA.
ANALISI STATISTICA
Le variabili continue sono presentate come media ± SD o mediana e
range interquartile (IQR), e le variabili categoriche come frequenze e
percentuali. La normalità della distribuzione è stata testata mediante
il test di Shapiro-Wilk. Le differenze tra i sessi sono state
analizzate aggiustando per l’età. Le analisi sono state effettuate
utilizzando l’Analisi della Covarianza (ANCOVA) per le variabili
continue normalmente distribuite, la regressione logistica per le
variabili categoriche e la regressione dei quantili (quantile regression)
per il BNP e i tempi coronarici. La mortalità a 12 mesi è stata
analizzata utilizzando la regressione logistica. L’analisi univariata è
stata effettuata anche aggiustando per l’età. L’analisi multivariata è
stata effettuata considerando tutte le variabili risultate significative
all’analisi univariata aggiustata per età ed utilizzando una selezione
in avanti (forward selection) per individuare le variabili indipendenti
significativamente associate alla mortalità. La significatività statistica
è stata valutata mediante il metodo di Wald. Sono stati riportati gli
Odds Ratios (OR) e i relativi intervalli di confidenza al 95%. Tutti i test
statistici sono a 2-code e un valore di p<0.05 è stato considerato
statisticamente significativo. Tutte le analisi sono state effettuate
utilizzando il l’SPSS versione 21 e STATA versione 10.
RISULTATI
Sono stati analizzati 1565 pazienti con STEMI sottoposti a
rivascolarizzazione primaria, prevalentemente con PCI e stent tra il
81
2006 e il 2014 nel nostro ospedale, di cui 1132 (72.3%) uomini e 433
(27.7%) donne. I dati anagrafici, i fattori di rischio, le caratteristiche
cliniche sono stati confrontati per genere aggiustando per età.
Le donne con STEMI risultavano essere più anziane, più ipertese e
ipercolesterolemiche nella tarda età . Gli uomini prevalevano per il
fumo di sigaretta, specie nella età più avanzata, per familiarità per
CAD e anamnesi di pregresso infarto del miocardio. Riguardo la
gravità clinica in fase acuta, misurata in sala di emodinamica, le
donne presentavano una prevalenza di shock cardiogeno e aritmie
maligne (FV) prima dei 60 anni, presenza di edema polmonare acuto
in fase acuta e di disfunzione sistolica ventricolare sinistra post PCI ,
ma perdevano significato quando aggiustati alla età. Non si sono
rilevate differenze di genere relativamente all’uso del
contropulsatore, mentre gli uomini con STEMI ricevevano un
prevalente trattamento con inibitori II B IIIA.
Dei vari parametri ematochimici rilevati da sangue venoso periferico
alla ammissione del paziente in reparto subito dopo la
rivascolarizzazione allo scopo di valutare lo stato sistemico acuto
infiammatorio, trombotico, metabolico, ischemico e riparativo, le
donne presentavano uno stato dismetabolico caratterizzato da più
alti livelli glicemici; più alti livelli di colesterolo totale e HDL. Nel sesso
maschile prevale l’incremento della creatinina e delle Gamma GT. Le
donne più giovani, erano ipotiroidee e anemiche. I valori di
emoglobina rimanevano costantemente inferiori Le donne
presentavano uno stato protrombotico con più alti valori di
fibrinogeno e di piastrine . Riguardo i marcatori di flogosi le donne
presentavano più alti valori di VES ma non differivano dagli uomini
per la PCR e per la risposta infiammatoria cellulare (globuli bianchi e
sottopolazioni). Riguardo il danno ischemico, non sono state trovate
differenze significative per genere ed età per la troponina I basale e
al picco, mentre il genere femminile presentava una prevalenza di più
elevati valori di BNP.
82
Abbiamo analizzato i tempi coronarici, i dati angiografici di ischemia
e riperfusione: il tempo ischemico totale è risultato più lungo nelle
donne, prevalentemente determinato dal ritardo nel tempo dolore-
medico del 118. I dati angiografici non hanno mostrato differenze di
genere significative per il vaso con lesione colpevole, per la
percentuale di stenosi del vaso malato, l’utilizzo di stent metallici e
medicati e riguardo il TIMI flow grade basale e il TIMI flow grade
finale.
In tutta la popolazione studiata, al follow up telefonico per la
mortalità globale a 12 mesi dallo STEMI rivascolarizzato, la mortalità
nelle donne (6.5%) risultava significativamente (p=0.006) superiore
a quella degli uomini (3.0%). Aggiustando per età la relazione fra
genere e mortalità non è risultata significativa (OR=1.115, 95%
C.I.=0.589-2.075, p=0.734). All' analisi multivariata mediante
regressione logistica, effettuata utilizzando una selezione in avanti
(forward selection) per individuare tra i diversi parametri studiati le
variabili indipendenti che potessero essere significativamente
associate alla mortalità globale a 12 mesi di follow up, i predittori
indipendenti della mortalità totale significativi o al limite della
significatività statistica sono risultati: l’età (OR=1.125, 95%
C.I.=1.073-1.180, p=0.0001), precedente IMA (OR= 4.092, 95%
C.I.=1.468-11.406, p=0.007), edema polmonare (OR=5.304, 95%
C.I.=1.156-24.337, p=0.032), GGT (OR=1.012, 95% C.I.=1.000-1.025,
p=0.05), globuli bianchi (OR=1.089, 95% C.I.=0.992-1.195, p=0.073),
troponina-I (OR=1.008, 95% C.I.=1.004-1.013, p=0.0001) and BNP
(OR=1.001, 95% C.I.=1.001-1.002, p=0.0001). E’ stato inoltre
osservato che tali predittori influivano sulla mortalità globale a 12
mesi in modo analogo sia nei maschi che nelle femmine.
DISCUSSIONE
I dati emersi dal nostro studio, su pazienti con STEMI sottoposti a
PPCI sono concordanti per molti aspetti con i dati della letteratura (1-
6). Le donne con STEMI si confermano circa 1/4 rispetto il sesso
83
maschile, sono più anziane, ipertese, presentano un ritardo nel primo
contatto medico, allungando il tempo ischemico totale. Si presentano
in fase acuta di STEMI emodinamicamente più compromesse,
recuperano peggio la funzione sistolica nel post PCI. I dati angiografici
non mostrano differenze significative di genere. Come in precedenti
studi le donne si sono rivelate avere un tasso di mortalità a medio
termine dopo STEMI e trattamento con PPCI più alto, ma la
significatività si perde dopo correzione per età (7-12). Interessanti i
dati bioumorali all’ammissione, indicativi nella donna di un maggiore
stato trombotico, infiammatorio e dismetabolico: VES, piastrine,
iperglicemia, alti valori di BNP e bassi livelli di emoglobina sono
prevalenti nel sesso femminile indipendentemente dall’età,
viceversa nell’uomo prevalgono alti valori di creatinina e di gamma
GT.
Nonostante queste differenze i risultati del nostro studio indicano
che aggiustando semplicemente per l’età la mortalità globale a medio
termine non differisce nei due sessi.
E’ stato inoltre verificato se fattori di rischio, tempi coronarici, dati
clinici e biomarkers "genere"specifici potessero incidere sulla
mortalità globale a 12 mesi dopo STEMI in maniera differente nei
due sessi. In realtà i predittori della mortalità a medio termine
agiscono in modo analogo nei due sessi.
Quanto sopra esposto sembra testimoniare che il sistema della rete
nel nostro territorio operativo ( area nord ovest della Toscana), e il
trattamento di rivascolarizzazione coronarica primaria, la terapia
medica e la prevenzione secondaria, sono parte di un percorso clinico
e terapeutico ben definito e funzionante per entrambe i sessi,
espressione di una accurata assistenza sanitaria dal territorio
all’ospedale e viceversa.
Limiti dello studio
Si tratta di uno studio monocentrico, retrospettivo, con una non
elevata numerosità di pazienti.
84
CONCLUSIONI
In pazienti con STEMI sottoposti ad angioplastica percutanea
primaria, abbiamo trovato delle differenze di sesso e genere relative
ai fattori di rischio, alla presentazione clinica e ai markers di
laboratorio in fase acuta. Nella nostra casistica non è stata trovata
una differenza significava fra uomini e donne relativa alla incidenza
della mortalità globale a medio termine dopo angioplastica
coronarica. E’ stato inoltre osservato che i predittori della mortalità
a breve termine erano comuni ad entrambi i generi.
85
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87
CORRELAZIONE TRA DIFETTI DI PERFUSIONE REVERSIBILI ALLA STRESS SPECT E PRESENZA DI STENOSI CORONARICA
SIGNIFICATIVA IN PAZIENTI DI SESSO FEMMINILE.
CORRELATION BETWEEN SEVERITY OF ISCHEMIA DETECTED BY STRESS SPECT AND OCCURRENCE OF SIGNIFICANT CORONARY
ARTERY STENOSIS IN FEMALE PATIENTS.
Claudia Santini, Alessia Gimelli, Annette Kusch, Brunella Favilli, Paolo Marzullo.
UOC Medicina Nucleare, FTGM Pisa
ABSTRACT
Purpose. Coronary artery disease (CAD) remains one of the most
significant causes of morbidity and mortality in women. Published
papers show the importance of standard single photon emission
computed tomography (SPECT) in the evaluation of women with
known or suspected ischaemic heart disease, in terms of both
diagnostic and prognostic applications. In 2015 Gimelli et al.
concluded that a low-dose protocol with a CZT camera can be
routinely used in women with known or suspected CAD without loss
of accuracy and with lower radiation exposure of the patients, and
therefore with a better safety profile. In 2015, by a retrospective
analysis of patients referred to our department from 1998 to 2015,
we concluded that women represented more than 50% of patients
referred to Nuclear Medicine Department for stress-rest myocardial
perfusion imaging.
The purpose of the present study was to evaluate if the increasing
number of female patients referred to stress SPECT correlated with
an increasing diagnosis of inducible ischaemia.
Methods. 234 consecutive female patients referred to our
department for stress–rest myocardial perfusion imaging between
January 2013 and December 2015, in whom pre- or post-SPECT
coronary angiography was available for comparison, were included in
88
the study. All patients underwent a single-day stress–rest superfast
low dose protocol. Fifteen minutes after the end of the stress, all
patients underwent the first scan with an acquisition time of 7 min.
The rest scan was acquired from 30 min to 45 min after stress, with
an acquisition time of 6 min. Images were visually inspected, and
Summed Stress Scores (SSS), Summed Rest Scores (SRS) and Summed
Difference Score (SDS) were computed in all studies. All patients were
divided into 3 groups according to the SDS: SDS<2, SDS ≥2 - <7, SDS
≥7. The stenosis on coronary angiography was considered significant
if > 75% of the internal diameter of the vessel.
Results. Overall, angina was the indication to SPECT only in one third
of the cases. The cardiovascular risk factors were well represented:
more than half of the females had hypertension and one third
diabetes and dyslipidemia. While stress–rest myocardial perfusion
imaging was positive for mild to severe reversible defects (SDS≥2) in
83.8% of cases, coronary angiography was positive for coronary
artery stenosis in 49% of cases. In particular, 61% of patients with SDS
≥2 - <7 did not show significant coronary lesions. Compared to the
group of patients with SDS <2, the subgroup with SDS ≥2 - <7 had a
cardiovascular risk profile similar to that with SDS ≥7, with a
prevalence of hypertension (63.2%) and dyslipidemia (32.5%), but
especially with a significantly higher incidence of diabetes (26.5%;
p=0.0003).
Conclusion. About one third of the women referred to our Nuclear
Medicine Department had evidence of mild to moderate inducible
ischemia at stress-rest SPECT imaging in absence of significant
obstructive coronary artery disease. In view of the high
cardiovascular risk profile and of the high incidence of diabetes, these
reversible defects are likely to be interpreted as microvascular
ischemia rather than false positives.
89
INTRODUZIONE
La cardiopatia ischemica rimane una delle più importanti cause di
morbidità e mortalità nella popolazione di sesso femminile1. Dal 1998
al 2008 la mortalità per cardiopatia ischemica si è ridotta
complessivamente del 30.6%, ma è aumentata nelle donne di età
inferiore ai 55 anni2. Le complicanze della cardiopatia ischemica sono
maggiori nel sesso femminile: le donne di età inferiore a 55 anni
hanno una mortalità post-infarto miocardico acuto doppia rispetto
agli uomini; le donne di età superiore a 65 anni hanno una mortalità
maggiore rispetto agli uomini nel primo anno post-infarto
miocardico2. Inoltre la fisiopatologia della cardiopatia ischemica è
diversa tra uomo e donna. L’imaging coronarico ha dimostrato come
le arterie coronarie epicardiche delle donne siano mediamente di
diametro luminare inferiore3 e sviluppino coronaropatia ostruttiva
meno frequentemente rispetto agli uomimi4-5. Nonostante ciò le
donne sono più frequentemente sintomatiche par angina rispetto
agli uomini e più frequentemente rimangono tali nel corso della loro
vita6-7. Questo trova spiegazione nella maggiore incidenza di
microvasculopatia e di disfunzione endoteliale nel sesso femminile8.
Tutto questo ha creato interesse ed enfasi sempre crescenti nei
confronti del sesso femminile e della sua patologia cardiovascolare.
Numerosi studi clinici condotti su ampie popolazioni di donne hanno
dimostrato un importante valore, sia diagnostico che prognostico,
della perfusione miocardica valutata mediante imaging tomografico
ad emissione di fotone singolo (SPECT), sebbene nel sesso femminile
questa metodica presenti maggiori limitazioni rispetto al sesso
maschile (attenuazione tissutale, piccoli volumi ventricolari sinistri)9.
Nel 2015 Gimelli et al., mediante un database prospettico di pazienti
con nota o sospetta cardiopatia ischemica ed usando come
riferimento l’angiografia coronarica, hanno concluso come un
protocollo a bassa dose mediante l’utilizzo della CZT camera possa
essere usato routinariamente nel sesso femminile senza perdita di
accuratezza rispetto al sesso maschile e con una minore esposizione
90
a radiazioni10. Nel 2015, dall’analisi retrospettiva dei pazienti
afferenti presso il nostro dipartimento dal 1998 al 2015 con
l’indicazione ad eseguire un imaging SPECT, abbiamo evidenziato
come l’afferenza delle pazienti di sesso femminile a questa metodica
sia in costante aumento: se nel 1998 le donne rappresentavano
solamente il 20% dei pazienti afferenti ai laboratori di Medicina
Nucleare, nel 2015 esse hanno rappresentato circa il 52%.
Scopo di questo lavoro è pertanto quello di evidenziare se l’aumento
dell’afferenza del sesso femminile all’imaging SPECT correli con una
maggiore diagnosi di ischemia inducibile, mediante un database
retrospettivo di donne con nota o sospetta cardiopatia ischemica ed
usando come riferimento l’angiografia coronarica.
MATERIALI E METODI
Pazienti
Questo lavoro è stato condotto mediante un’analisi retrospettiva dei
pazienti di sesso femminile afferenti in maniera consecutiva presso il
Dipartimento di Medicina Nucleare FTGM con l’indicazione ad
eseguire un imaging stress-rest SPECT nel periodo compreso tra
gennaio 2013 e dicembre 2015, nelle quali fosse disponibile anche
una coronarografia eseguita entro breve tempo, sia prima che dopo
la SPECT. Da questa casistica sono state escluse le pazienti con
anamnesi positiva per pregresso infarto, per valvulopatia e per
miocardiopatia di varia natura.
Imaging stress-rest SPECT
Sulla base dell’abilità fisica delle pazienti e sulla loro capacità di
raggiungere l’85% della frequenza cardiaca massima prevista per età,
è stato scelto il protocollo di esercizio fisico al cicloergometro
(aumento progressivo del carico di 25 Watt ogni 2 minuti) o di
infusione endovenosa di dipiridamolo (0.58 mg/kg per 4 minuti). In
tutte le pazienti è stato eseguito il protocollo di acquisizione stress-
rest in singola giornata. Le stress-acquisizioni sono state eseguite
91
dopo circa 15 minuti dall’iniezione del radiofarmaco, con un tempo
di acquisizione di circa 7 minuti; le acquisizioni a riposo sono state
eseguite con un tempo di acquisizione di circa 6 minuti, dopo circa
30-45 minuti dalla reiniezione a sua volta effettuata dopo circa 30
minuti dalla fine dello stress. Le immagini di perfusione da stress e
rest sono state valutate in modo semiquantitativo mediante l’utilizzo
del seguente score che attribuisce un punteggio da 0 a 4 (0 perfusione
normale, 1 lieve difetto di perfusione, 2 moderato difetto di
perfusione, 3 difetto di perfusione severo, 4 assenza di captazione
tissutale) per ciascuno dei 17 segmenti del ventricolo sinistro. Dalla
differenza dello score ottenuto per le immagini da stress (Summed
Stress Score, SSS) e rest (Summed Rest Score, SRS) si ottiene il
Summed Difference Score (SDS). Sulla base dell’SDS, l’intera casistica
è stata suddivisa in 3 gruppi: SDS <2, SDS ≥ 2 - <7, SDS ≥7 intendendo
con essi rispettivamente difetti di perfusione minimi (di scarso valore
clinico), lievi-moderati e severi. Inoltre sono state valutate le
dimensioni telediastoliche e telesistoliche del ventricolo sinistro e la
sua funzione sisto-diastolica da stress e da rest.
Angiografia coronarica
L’angiografia coronarica selettiva è stata eseguita secondo le
tecniche standard e mediante l’acquisizione di proiezioni multiple per
l’arteria coronaria sinistra e destra. La variabile presa in esame è stata
la presenza o l’assenza di stenosi angiograficamente significative
nelle arterie coronarie epicardiche (riduzione >75% del diametro
luminare del vaso) o nel tronco comune (riduzione > del 50% del
diametro luminare del vaso).
Analisi statistica
Le variabili continue sono state espresse come media ± deviazione
standard. Le variabili non-continue sono state espresse come
percentuali. La differenza tra le medie di più variabili continue è stata
valutata mediante l’analisi della varianza (ANOVA, Test F). La
92
differenza tra le variabili non-continue è stata valutata mediante
l’analisi del Chi-Quadrato. Sono stati considerati significativi i valori
di p<0.05.
RISULTATI
Caratteristiche cliniche della popolazione in esame
La nostra casistica comprendeva 234 donne. Le indicazioni
all’esecuzione dell’imaging stress-rest SPECT erano così
rappresentate: 77 pazienti (33%) erano inviate per angina da sforzo
od a riposo, 39 pazienti (17%) per fibrillazione atriale di nuovo
riscontro, 14 pazienti (6%) per blocco di branca sinistra di nuovo
riscontro, mentre le rimanenti 104 pazienti (44%) per cardiopalmo,
anomalie elettrocardiografiche suggestive per ischemia inducibile
emerse ad un ECG da sforzo precedentemente eseguito,
stratificazione del rischio cardiovascolare in pazienti con multipli
fattori di rischio, rilascio di idoneità allo svolgimento di attività
sportiva agonistica.
Le caratteristiche cliniche della popolazione femminile in esame sono
riassunte nella Tabella 1.
Tabella 1: caratteristiche cliniche di 234 donne.
Caratteristiche cliniche Intera casistica (234 donne)
Età (anni) 70±9.7
Peso 76.3±18.1
Altezza 161.7±13.8
Familiarità positiva per cardiopatia
ischemica
73 (31%)
Fumo 17 (7.3%)
Diabete mellito 62 (26.5%)
93
Ipertensione 145 (62%)
Dislipidemia 87 (37.2%)
Pregressa PCI 17 (7.3%)
Esercizio al cicloergometro 146 (62.4%)
Dipiridamolo - stress 88 (37.6%)
ECG – stress positivo 46 (20%)
SDS < 2 38 (16.2%)
SDS ≥ 2 - <7 117 (50%)
SDS ≥ 7 79 (33.8%)
Volume telediastolico VS - rest 93±54
Frazione di eiezione - rest 61%±32
PFR - rest 2.5±1.4
Coronaropatia angiograficamente
significativa
114 (49%)
Il profilo di rischio cardiovascolare della casistica presa in esame era
così rappresentato: 145 donne (62%) risultavano affette da
ipertensione arteriosa, mentre 87 (37.2%) e 62 (26.5%)
rispettivamente da dislipidemia e diabete mellito. Inoltre, 17 donne
(7.3%) erano state sottoposte ad una precedente procedura di
rivascolarizzazione coronarica per la documentazione di ischemia
inducibile.
In 146 pazienti (62.4%) era stato eseguito stress fisico mediante
cicloergometro, mentre nelle restanti 88 pazienti (37.6%) era stato
eseguito stress farmacologico mediante infusione di dipiridamolo.
94
Valutazione semiquantitativa dell’imaging stress-rest SPECT
L’ECG durante stress era risultato positivo per ischemia inducibile per
criteri elettrocardiografici (sottoslivellamento del tratto ST > 1.5 mm
misurato a 0.08 sec dopo il punto J) in 46 pazienti (20%). Dal
confronto delle immagini SPECT da stress e rest mediante l’utilizzo
dell’SDS score, 38 pazienti (16.2%) avevano SDS <2, 117 (50%) SDS ≥2
- <7, mentre 79 (33.8%) SDS ≥7. Il volume ventricolare sinistro e la
funzione sisto-diastolica erano mediamente nei limiti.
Anatomia coronarica
Dall’analisi delle immagini angiografiche, 114 pazienti (49%) avevano
coronaropatia angiograficamente significativa secondo i criteri
precedentemente descritti, mentre i restanti 120 (51%) non avevano
coronaropatia. In particolare, 55 pazienti (48.2%) avevano malattia di
un vaso coronarico, 29 (25.4%) di due vasi coronarici e 30 (26.4%) di
tre vasi coronarici.
Pazienti con SDS < 2
Questa popolazione comprendeva 38 donne. Le caratteristiche
cliniche di queste pazienti sono riportate nella Tabella 2.
La tabella non mi torna ma prova a limitare CAD + CAD – con SD >= e
< 4 La tabella non mi torna ma
95
Tabella 2: caratteristiche cliniche dei gruppi di pazienti con SDS <2,
SDS ≥2 - <7, SDS ≥7. Caratteristiche cliniche
SDS < 2
(38 donne)
SDS ≥ 2; < 7
(117 donne)
SDS ≥ 7
(79 donne)
P<.05
Età (anni) 71±11 69.5±10 71.9±8 ns
Peso 72±18.2 77.3±18.4 77±17.4 ns
Altezza 161±8.3 162±9.8 161±20 ns
Familiarità per cardiopatia
ischemica
13 (34.2%) 38 (32.5%)
22 (27.8%) ns
Fumo 1 (2.6%) 9 (7.7%) 7 (8.9%) ns
Diabete mellito 4 (10.5%) 31 (26.5%)
27 (34.2%) *
Ipertensione 29 (76.3%) 74 (63.2%)
42 (53.2%) *
Dislipidemia 21 (55.3%) 38 (32.5%)
28 (35.4%) *
Pregressa PCI 0 (0%) 5 (4.3%) 12 (15.2%) *
Angina 10 (26.3%) 38 (32.5%)
29 (36.7%) ns
ECG-stress positivo 5 (13.2%) 21 (17.9%)
20 (25.3%) ns
Volume telediastolico VS - rest 90±54.2 94±54 94±54 ns
Frazione di eiezione - rest 59±32 61±32 62±33 ns
PFR - rest 2.7±1.5 2.6±1.4 2.4±1.3 ns
Coronaropatia angiograficamente
significativa
6 (15.8%) 45 (38.5%)
63 (79.7%) *
Anche in questo gruppo di pazienti, solo nel 26.3% dei casi
l’indicazione all’esecuzione dell’imaging stress-rest SPECT era
96
l’angina da sforzo od a riposo. Il profilo di rischio cardiovascolare
evidenziava una prevalenza di pazienti affette da ipertensione
arteriosa (76.3%) e dislipidemia (55.3%). In questo gruppo di pazienti
nessuna aveva anamnesi positiva per pregressa procedura di
rivascolarizzazione coronarica. Alterazioni elettrocardiografiche
durante stress erano state rilevate nel 13.2% dei casi. Alla
coronarografia 32 pazienti (84.2%) presentavano assenza di
coronaropatia angiograficamente significativa.
Pazienti con SDS ≥2 - <7
Questa popolazione includeva 117 donne. Le caratteristiche cliniche
di queste pazienti sono riportate nella Tabella 2. Anche in questo
gruppo di pazienti, solo in 38 (32.5%) l’indicazione all’esecuzione
dell’imaging stress-rest SPECT era rappresentata dall’angina da
sforzo od a riposo. Il profilo di rischio cardiovascolare evidenziava
anche in questo gruppo una prevalenza di pazienti affette da
ipertensione arteriosa (63.2%) e dislipidemia (32.5%) ma, rispetto al
gruppo di pazienti con SDS <2, un maggior numero di pazienti affette
da diabete mellito (26.5%; p=0.0003). Le alterazioni del tratto ST
durante stress erano state riscontrate nel 17.9% dei casi. Alla
coronarografia solo 45 pazienti (38.5%) presentavano stenosi
angiograficamente significative, mentre le rimanenti 72 donne
(61.5%) non avevano evidenza di stenosi coronariche.
Pazienti con SDS ≥7
Le caratteristiche cliniche di questo gruppo di pazienti costituito da
79 donne sono rappresentate nella Tabella 2. Anche in questo gruppo
di pazienti solo nel 36.7% l’indicazione all’esecuzione dell’imaging
stress-rest SPECT era l’angina. Il profilo di rischio cardiovascolare
evidenziava anche in questo gruppo una prevalenza di pazienti affetti
da ipertensione arteriosa (53.2%) e dislipidemia (35.4%), ma, come
nel gruppo di pazienti con SDS ≥2 - <7, una frequenza
significativamente maggiore di pazienti affette da diabete mellito
97
(34.2%; p=0.0003) rispetto a quella delle pazienti con SDS <2. In
questo gruppo di pazienti si evidenziava inoltre una significativa
maggiore frequenza di donne precedentemente sottoposte a
procedura di rivascolarizzazione coronarica (15.2%; p<0.0001). Le
alterazioni ECG durante stress erano presenti, sebbene non
significativamente, in un maggior numero di pazienti rispetto ai
gruppi con SDS <2 e SDS ≥2 - <7 (25.3%; p=0.08). Alla coronarografia
63 pazienti (79.7%) mostravano una stenosi angiograficamente
significativa, mentre 16 (20.3%) non avevano coronaropatia.
DISCUSSIONE
La popolazione da noi presa in esame rappresenta quella afferente
quotidianamente e realmente nell’UOC Medicina Nucleare FTGM
senza particolari criteri di selezione come viceversa spesso accade in
altri studi clinici. Il primo dato che colpisce a riguardo della casistica
presa in esame è l’eterogeneità dell’indicazione all’esecuzione
dell’imaging SPECT dove il sintomo angina era presente solo nel 33%
del totale. In secondo luogo, tutte le pazienti avevano un importante
profilo di rischio cardiovascolare: più della metà presentavano
ipertensione arteriosa e circa un terzo familiarità per cardiopatia
ischemia ed erano affette anche da diabete mellito e dislipidemia. Il
terzo dato che colpisce è che se l’83.8% della casistica aveva evidenza
di ischemia inducibile, lieve-moderata o severa, all’imaging stress-
rest SPECT con un SDS ≥2, solo il 49% aveva la corrispondente
coronaropatia alla coronarografia. In particolare, se come
immaginabile l’84.2% delle pazienti con SDS <2 non presentava
coronaropatia mentre il 79.7% della pazienti con SDS ≥7 presentava
stenosi angiograficamente significative, colpisce come il 61.5% delle
pazienti con SDS ≥2 - <7 presentasse albero coronarico privo di
stenosi angiograficamente significative. Questo dato può trovare
spiegazioni sia nella relativamente bassa specificità della scintigrafia
miocardica da perfusione che presenta così un certo numero di falsi
positivi, sia nell’elevato profilo di rischio cardiovascolare delle donne
98
prese in esame che potrebbe pertanto essere responsabile di
malattia microvascolare e conseguente disfunzione endoteliale11. A
conferma di questa ipotesi le pazienti con SDS ≥2 - <7 presentavano
un profilo di rischio cardiovascolare simile a quello delle pazienti con
SDS ≥7, con una prevalenza di pazienti affette da ipertensione
arteriosa e dislipidemia, ma soprattutto con una frequenza
significativamente maggiore di diabete mellito rispetto al gruppo con
SDS <2.
Questi dati ci portano pertanto ad ipotizzare che le pazienti con
dimostrazione di ischemia lieve-moderata in assenza di lesioni
coronariche significative siano più verosimilmente da interpretare
come affette da ischemia miocardica inducibile su base
microvascolare piuttosto che come falsi positivi, specialmente in
presenza di fattori di rischio multipli ed in particolare del diabete
mellito.
CONCLUSIONI
Le pazienti di sesso femminile con una stress SPECT negativa per
ischemia inducibile hanno una bassa incidenza di coronaropatia. La
presenza di difetti di perfusione reversibili di grado lieve-moderato
può rispecchiare sia una coronaropatia angiograficamente
significativa sia un danno microvascolare da disfunzione endoteliale,
mentre la presenza di ischemia di severa entità riflette
prevalentemente una coronaropatia ostruttiva epicardica. La
diagnosi differenziale si basa quindi sull’attenta analisi dei fattori di
rischio cardiovascolari, con particolare riguardo alla presenza di
diabete mellito e, nelle pazienti con ischemia severa, sulla
dimostrazione invasiva o non-invasiva di coronaropatia ostruttiva.
99
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CARATTERIZZAZIONE FENOTIPICA DELLA BRONCOPNEUMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA (BPCO):
UNA PROSPETTIVA DI GENERE
PHENOTYPING COPD PATIENTS - A GENDER PERSPECTIVE
Simonetta Monti1,2, Ivana Pavlickova1
1 Istituto di Fisiologia Clinica del CNR - Pisa
2 Fondazione Toscana Gabriele Monasterio – Pisa ABSTRACT Introduction The prevalence of COPD (Chronic Obstructive Pulmonary Disease) is currently increasing among women. Gender differences have been described in COPD phenotype and clinical manifestations. A better knowledge of COPD clinical aspects in women could be useful in the diagnostic and therapeutic approach to the disease in females. Objective To compare gender differences in the clinical expression of COPD in stable patients attending a pulmonary clinic. Materials and Methods We studied a group of 85 women and a group of 210 men diagnosed with moderate to very severe COPD. We considered age, smoking history, body mass index (BMI), spirometry and lung diffusing capacity of carbon monoxide (Dlco). A thoracic CT scan obtained within three months of spirometry was used as the reference standard for evaluating the presence and the severity of emphysema. Results The two groups are comparable as to age, BMI and severity of COPD; the observed reduction of Dlco was higher in women. The prevalence of never-smokers was significantly higher in women (29.4% vs 4.3%, p <0.001); moreover, women smoked significantly less than men (pack-years 20 vs 45, p<0.01), and showed a lower prevalence of emphysema (40% vs 60%, p<0.01). In emphysematous patients no difference was observed between the two groups as to age, pulmonary function tests and severity of emphysema. As to smoking hystory, the emphysematous patients were in most cases
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current or ex smokers both in males and in females; nevertheless, the amount of pack-years in women were significantly lower (36 vs 45, p<0.05). Conclusions Our results show a heightened susceptibility to the noxious effects of tobacco in women, requiring a specific intervention for smoking cessation in females. We also observed a high-prevalence of never-smokers in women with COPD, suggesting the importance of aspects other than smoking-history in the development of the disease. The prevalence of emphysema in women was significantly lower with respect to man: this could partially explain the gender differences described in COPD clinical expression. However, emphysematous women are similar to men as to pulmonary function tests and severity of emphysema. INTRODUZIONE La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) consiste in una limitazione cronica al flusso aereo espiratorio dovuta ad una anomala risposta infiammatoria del polmone a particelle o gas nocivi (1). L'ostruzione bronchiale risulta dalla combinazione in proporzioni variabili di una aumentata resistenza dovuta al restringimento delle piccole vie aeree e perdita di ritorno elastico dovuta ad enfisema. L'enfisema consiste in una distensione permanente degli spazi aerei distali al bronchiolo terminale, associata a distruzione delle loro pareti (1). I pazienti affetti da BPCO a prevalente impronta enfisematosa differiscono da quelli con malattia predominante delle vie aeree per molteplici aspetti, tra cui una maggiore compromissione della funzionalità respiratoria (2). La BPCO è storicamente considerata più frequente nel sesso maschile, tuttavia negli ultimi anni si è assistito ad un incremento della sua prevalenza, morbilità e mortalità tra le donne (3). Questo dato è stato in gran parte attribuito all’incremento dell’abitudine al fumo nel sesso femminile nel corso dell’ultimo secolo, tuttavia evidenze recenti suggeriscono che possono esserci differenze tra i due sessi nella suscettibilità ai fattori di rischio per la malattia (4). Anche la presentazione clinica della BPCO e la prognosi della malattia
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risultano diverse nei due sessi. Il fenotipo bronchitico asmatico sembra prevalente rispetto a quello enfisematoso nelle donne (5), che presentano inoltre un maggior numero di riacutizzazioni ed una peggiore qualità di vita (3). Obiettivo di questo studio è quello di descrivere le differenze di genere in una coorte di pazienti stabili affetti da BPCO, con particolare riferimento alla presenza di enfisema, allo scopo di identificare eventuali approcci alla malattia specifici per il genere femminile. MATERIALI E METODI Campione Sono stati prospetticamente studiati un gruppo di 85 donne ed uno di 210 uomini affetti da BPCO afferenti in maniera consecutiva alla Fondazione Toscana Gabriele Monasterio in un periodo di due anni. I criteri di inclusione comprendevano: 1) diagnosi clinica e spirometrica di BPCO clinicamente stabile 2) ostruzione bronchiale definita in base al riscontro di un rapporto VEMS/CVF (Volume Espiratorio Massimo nel primo secondo/Capacità Vitale Forzata) <70% dopo somministrazione di 400μg di salbutamolo (1) 3) VEMS <80% pred (grado di broncostruzione da moderato a severo/molto severo) (1) 4) TC del torace eseguita entro tre mesi dalla spirometria. Tutti i pazienti avevano sottoscritto il consenso all'impiego dei loro dati a fini di ricerca. Protocollo di studio Per ogni paziente è stata raccolta la storia di fumo e rivista la documentazione clinica, prendendo nota delle comorbidità presentate. Sono stati esclusi i soggetti con BPCO secondaria a bronchiectasie o tubercolosi, o affetti da altre malattie polmonari che potessero costituire motivo di confondimento. La gravità della BPCO è stata classificata in moderata (VEMS 50-79% pred), severa (VEMS 30-49% pred) o molto severa (VEMS <30% pred) (1).
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La valutazione di enfisema è stata eseguita mediante TC del torace. Le condizioni di acquisizione prevedevano l'impiego di 120kVp per tutti i pazienti, mentre i mAs venivano modulati a seconda dell'attenuazione stimata (range 60-250 mAs). La presenza di enfisema è stata valutata sulle immagini ricostruite sul piano assiale, sagittale e coronale con uno spessore di ricostruzione di 0.65 mm, ed una finestra di livello -600 Hounsfield Units (HU) con un'ampiezza di 1500 HU. Per la valutazione della gravità di enfisema è stata impiegata una scala di punteggio non parametrica da 0 (enfisema assente) a 100, secondo il metodo del Panel Grading (PG) di Thurlbeck et al. (6). Il punteggio viene attribuito valutando la presenza di aree di ridotta attenuazione e distruzione vascolare, indicative di enfisema. Un punteggio <10 indica enfisema assente o trascurabile, un punteggio 10-30 indica enfisema lieve, un punteggio >30-50 è indicativo di enfisema moderato, mentre un punteggio >50-100 indica enfisema di grado severo. Per i calcoli è stata utilizzata la media delle letture di due osservatori indipendenti. Le variabili continue sono state espresse come mediana ed intervallo interquartile (IQR). Per il confronto tra le variabili continue è stato impiegato il test non parametrico di Mann Whitney. Per le variabili categoriche è stato utilizzato il test esatto di Fisher. E' stato considerato significativo ai fini statistici un valore di p<0.05.
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RISULTATI Le caratteristiche della popolazione sono riportate in Tab. 1.
Caratteristiche della popolazione
maschi n=210
femmine n=85 p
età (anni) 74 (67-79) 71.5 (64-76) ns
non fumatori 9 (4.3) 25 (29.4) <0.001
fumatori 41 (19.5) 13 (15.3) ns
ex-fumatori 160 (76.20) 47 (55.3) <0.001
pacco-anni 45 (30-60) 20 (2.5-40) <0.01
BMI 27 (24-29) 25 (22-29) ns
VEMS (L) 55 (40-68) 61 (48-69) ns
DlCO (ml/min/mmHg) 66 (49-80) 60 (45-71) <0.05
enfisema 126 (60) 34 (40) <0.01
Tabella 1 Dati espressi come mediana (IQR) o numero (%). BMI=Body Mass Index; VEMS=Volume Espiratorio Massimo in 1 Secondo; DLCO=Capacità di Diffusione Polmonare per il Monossido di Carbonio (Diffusing capacity of the Lung for Carbon Monoxide) I due gruppi sono risultati sovrapponibili per età, caratteristiche antropometriche e gravità di ostruzione bronchiale, mentre la capacità di diffusione del monossido di carbonio è risultata significativamente più compromessa nelle donne rispetto ai maschi. Per quanto riguarda la storia di fumo, nelle donne si osserva una prevalenza di soggetti non fumatori significativamente maggiore rispetto ai maschi; inoltre, le donne fumatrici o ex-fumatrici presentano un carico cumulativo di fumo, in pacco-anni, significativamente inferiore rispetto ai maschi (Tab 1). La
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prevalenza di enfisema osservata nelle donne è significativamente inferiore rispetto a quella osservata negli uomini (Tab. 1). Nei soggetti con enfisema la prevalenza di malattia si distribuisce in maniera non significativamente diversa nei due gruppi, indipendentemente dalla gravità della ostruzione bronchiale (47% nelle donne e 53% negli uomini nei pazienti nei pazienti con VEMS <50% pred; 52% nelle donne e 46% negli uomini nei pazienti con VEMS ≥50% pred). In Tab. 2 sono riportate le caratteristiche dei soggetti con enfisema. In questi pazienti non sono state evidenziate differenze significative tra i due gruppi in studio per quanto riguarda l'età e la prevalenza di soggetti non fumatori, per quanto nelle donne con enfisema si continui ad osservare una esposizione al fumo significativamente minore rispetto agli uomini. La funzionalità polmonare e la gravità di enfisema, espressa come valore di PG, non sono significativamente diverse negli uomini rispetto alle donne.
Caratteristiche dei pazienti con enfisema
maschi n=126
femmine n=34
p
età (anni) 74 (67-80) 71 (64-76) ns
non fumatori 4 (3) 3 (9) ns
fumatori 23 (18) 9 (26) ns
ex-fumatori 99 (79) 22 (65) ns
pacco-anni 45 (30-60) 36 (25-50) <0.05
BMI 25 (22-28) 23 (20-26) <0.05
VEMS (L) 48 (36-61) 51 (38-64) ns
DlCO (ml/min/mmHg) 55 (41-69) 52 (37-61) ns
PG 48 (35-60) 43 (35-55) ns
Tabella 2. Dati espressi come mediana (IQR) o numero (%).
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BMI=Body Mass Index; VEMS=Volume Espiratorio Massimo in 1 Secondo; DLCO=Capacità di Diffusione Polmonare per il Monossido di Carbonio (Diffusing capacity of the Lung for Carbon Monoxide); PG = Panel Grading score. DISCUSSIONE I risultati di questo studio confermano il dato, noto in letteratura (3, 7), di una maggiore suscettibilità delle donne al danno prodotto dal fumo di sigaretta a carico dell'apparato respiratorio. L' esposizione cumulativa al fumo tra le donne fumatrici o ex-fumatrici con BPCO è infatti significativamente inferiore rispetto a quella osservata nei maschi, a parità di età e di gravità della ostruzione bronchiale. Per interpretare questo dato sono state avanzate diverse ipotesi, sia di tipo genetico (8) che in relazione a fattori dimensionali, immunologici ed ormonali (10), ma anche anatomici (9): infatti, dal momento che il calibro delle vie aeree nelle donne è mediamente inferiore rispetto a quello osservato nei maschi, l'esposizione per lo stesso carico di fumo è proporzionalmente maggiore. Un elevato numero di donne con BPCO non hanno mai fumato (29% circa nella nostra casistica, in confronto al 4% dei maschi): il sesso femminile costituisce in effetti un fattore di rischio per lo sviluppo di BPCO in soggetti non fumatori (11). E' pertanto probabile che fattori diversi dal fumo abbiano un ruolo nella etiopatogenesi della BPCO nel sesso femminile. Una prima considerazione è che molte donne potrebbero essere in realtà essere affette da asma bronchiale con ostruzione cronica: in effetti, le donne riportano più spesso rispetto ai maschi una storia di asma bronchiale (7). Un altro aspetto importante potrebbe essere costituito dalla esposizione a fumo passivo: donne non fumatrici esposte a fumo passivo in ambito familiare hanno un rischio 2.24 volte maggiore di sviluppare BPCO rispetto alle mogli di non fumatori (12). La maggiore suscettibilità delle donne allo sviluppo della malattia non sembra invece riconducibile alla esposizione occupazionale: gli uomini presentano infatti mediamente una esposizione lavorativa a polveri e fumi superiore alle donne (7).
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I dati del nostro studio confermano inoltre una prevalenza di enfisema significativamente inferiore nel sesso femminile, similmente a quanto riportato in letteratura (3,5). E' verosimile che la diversa prevalenza del fenotipo enfisematoso rispetto a quello bronchitico possa giustificare almeno in parte la diversa espressione clinica della BPCO nei due sessi. Una corretta identificazione del fenotipo a prevalenza enfisematosa o bronchitica con tecniche di imaging (2) può quindi essere importante per una migliore gestione clinica della malattia. La gravità di enfisema non differisce invece nei due sessi: ciò suggerisce che il fenotipo enfisematoso nelle donne si esprime, quando presente, in maniera analoga al sesso maschile. Questo dato è in disaccordo con quanto riportato in alcuni lavori, nei quali è stato evidenziato un enfisema complessivamente meno grave nelle donne rispetto ai maschi (13, 14). Si deve però notare che il metodo usato per valutare l'estensione di enfisema è diverso da quello da noi utilizzato, per cui i risultati non sono del tutto confrontabili; inoltre, il primo di questi studi è stato condotto su una casistica altamente selezionata di pazienti candidati alla riduzione volumetrica polmonare. E' interessante notare che nei pazienti con enfisema non si riscontrano differenze significative tra maschi e femmine riguardo alle abitudini di fumo, essendo pressochè tutta la popolazione enfisematosa costituita da fumatori o ex-fumatori in entrambi i gruppi: questo dato suggerisce che il fenotipo enfisematoso è associato ad esposizione al fumo di sigaretta in entrambi i sessi. Tuttavia, anche nelle donne con enfisema, a fronte di una gravità di malattia simile a quella osservata negli uomini, si osserva una minore esposizione cumulativa al fumo espressa in pacco-anni, a conferma della maggiore suscettibilità femminile al danno polmonare indotto da fumo di sigaretta. CONCLUSIONI I nostri risultati mostrano una maggiore sensibilità delle donne agli effetti nocivi del tabacco sull'apparato respiratorio, suggerendo la necessità di interventi per la cessazione del fumo specificamente
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rivolti al sesso femminile. La elevata prevalenza di non fumatori nelle donne con BPCO evidenzia l'importanza di fattori diversi dall'esposizione al fumo nelle donne che sviluppano la malattia. La minore prevalenza di enfisema osservata nelle donne può in parte spiegare le differenze riscontrate tra i due sessi nella espressione clinica della BPCO. Nelle donne affette da enfisema non si riscontrano peraltro differenze significative rispetto agli uomini per quanto riguarda la funzionalità polmonare e l'estensione di enfisema.
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