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Pubblicazione finanziata dal Progetto “Polo Assistenziale Alzheimer” - Vicenza

Enti Promotori Con l’adesione della Conferenza dei Sindaci dell’ULSS 6 “Vicenza” Con il contributo di E la collaborazione di

Per informazioni o per richiedere una copia: Coordinamento del Progetto Alzheimer Vicenza Tel. 0444 753006 – Fax. 0444 753063

E-mail: [email protected]

Sito web: www.ulssvicenza.it/progettoalzheimer

Comune di Vicenza

ASSOCIAZIONE VENETO MALATTIA DI ALZHEIMER E DEMENZE DEGENERATIVE

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Seconda edizione a cura di:

Michelangelo Frison, Assistente Sociale, Coordinatore Progetto Alzheimer, Servizio Adulti Anziani, Azienda ULSS 6 Vicenza

Si ringraziano per la preziosa collaborazione:

Sandra Bortolamei e Lucia Soattin, Dirigenti Medici Geriatri, Centro Decadimento Cognitivo Geriatrico, Azienda ULSS 6 Vicenza per la revisione della prima parte relativamente alle informa-zioni sulla malattia e i disturbi comportamentali; Lucia De Antoni, Psicologa Psicoterapeuta, IPAB Vicenza per i contributi apportati alla sezione della cura del malato (emozioni e stress, indicazioni utili per l’ambiente); Nereo Zamperetti, Dirigente Medico, Servizio Qualità, Sicurezza ed Accreditamento; Comitato di Etica per la pratica clinica, Azienda ULSS 6 Vicenza e Daniele Bernardini, Medico ospedaliero pensionato, Comitato di Etica per la pratica clinica, Azienda ULSS 6 Vicenza per la trattazione delle questioni etiche di fine vita; Paola Baglioni e Carla Pecci, Assistenti Sociali, Unità di Direzio-ne Settore Servizi Sociali e Abitativi, Comune di Vicenza per le precisazioni sulla parte della rete dei servizi; Ivano Varo, VicePresidente Associazione Veneto Malattia Alzheimer e Demenze Degenerative per la stesura dell’ultimo capitolo sulle associazioni dei fami-liari.

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Ci auguriamo che anche questa breve guida possa co-stituire un ulteriore aiuto per migliorare il benessere del malato ma, anche, di chi gli vive accanto.

Paolo Fortuna Direttore Servizi Sociali

e della Funzione Territoriale Azienda ULSS n° 6 “Vicenza”

Isabella Sala Assessore alla Comunità

e alle Famiglie Comune di Vicenza

Giuseppe Danieli Presidente

Conferenza dei Sindaci ULSS n° 6 “Vicenza”

Francesco Zantedeschi Commissario Straordinario

IPAB di Vicenza

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1. Che cos’è la Demenza?

Con il termine Demenza si intende una malattia neuro de-generativa che colpisce il cervello, danneggiando progressi-vamente dapprima solo le funzioni cognitive (ovvero la me-moria, la capacità di orientarsi, di ragionare, il linguaggio) e, successivamente, anche la funzionalità di tutto il corpo de-terminando la non autosufficienza fino alla morte.

I sintomi di esordio e le modalità di pro-gressione sono di-versi da persona a persona anche in ba-se al tipo di demen-za, alle caratteristi-che personali e all’ambiente in cui vi-ve.

E’ frequente che la malattia abbia un inizio insidioso infatti i primi segni di malattia sono per lo più notati da un familiare e sono rappresentati dalla difficoltà a ricordare informazioni utili o a ritrovare oggetti di uso quotidiano, tanto da far fatica a portare a termine le normali attività quotidiane.

Non è raro che l’esordio della malattia sia una sindrome depressiva dovuta alla percezione delle crescenti difficoltà. In alternativa o in associazione a questi sintomi, la persona può apparire confusa, avere comportamenti strani, presen-tare difficoltà di valutazione delle situazioni, difficoltà nel tro-

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no la causa del possibile ricovero in strutture resi-denziali e della morte.

La diagnosi

La diagnosi di Demenza viene posta in Centri Specializ-zati seguendo Linee Guida internazionali e sulla base di: at-tenta anamnesi patologica e comportamentale, esame obiettivo generale e neurologico, valutazione neuropsicolo-gica e funzionale accurate, esami del sangue e del liquor (se indicato), indagini neuroradiologiche (TAC, Risonanza Magnetica, PET, SPECT).

E’ importante riuscire a fare diagnosi in fase precoce per poter impostare al più presto un percorso terapeutico-assistenziale informato e corretto.

Le terapie

1) Le terapie farmacologiche attualmente a disposizione sono solo rivolte ai sintomi (non essendo stata riconosciuta la causa) e prevedono l’utilizzo di Farmaci anticolinesterasi-ci e della Memantina che sono in grado , specie nelle fasi iniziali, di controllare e rallentare la progressione dei sintomi almeno per alcuni anni. Poiché la sensibilità e la risposta a questi farmaci è diversa da individuo a individuo è necessa-rio che essi vengano prescritti e monitorati da Centri Specia-lizzati quali sono i CDC (Centri per lo Studio e il Trattamento del Decadimento Cognitivo) dove possono anche essere prescritti i farmaci per il controllo dei disturbi comportamen-tali.

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2) Esistono anche delle terraapie non farmacologiche che possonnoo essere utili per il benessere ddel mmaalato. Vengonodefinittee terapie psicossoocialii in quuaanto si prefiggono di ridurrele conseguenzzee della malattia in termini di disabilità sociale, relaazioonale ed emotiva.

Si suddividono in quattro grandi categorie:

� orientate alle cognizioni;� orientate al comportammento;� orientate alla stimolazionnee ssensoriale;� orientate alle eemozioni.

Tali terraappie vengono sommiinistrate da personale esperto il quale spesso innssegna al caregiveer alcune tecniche così da consentire una maggiore stimolazzione nell’arco della giorna-ta.

In ogni caso, l’attività fisica regolare, intesa come passeg-giate quotidiane di almeno mezz’ora al giorno, è stata scien-tificamente dimostrata come terapeutica nella riduzione deldeterioramento cognitivo ed anche nella prevenzione e trat-tamento dei disturbi comportamentali.

L’American AAlzheimer Association ha individuato i com-ppoortamenti che possiamo considerare i campanelli di al-larme dellla malattia:

1. aavverr connffusiione e vuoti i memoria. E’ normale sccoor-ddaarrssi uunn aappuntamentto, ma èè preeoocccuppaanntte se le ddii-meennticanze soonoo ffrreeqquueenti oo si è spesso confussii;

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2. non riuscire a portare a termine senza problemi le attività più comuni. Dimenticare una volta la pentola sul gas è distrazione; ma è grave non riuscire a cuci-nare un pasto o scordarsi di servirlo o di averlo prepa-rato;

3. far fatica a trovare le parole giuste. E’ normale ave-re ogni tanto, un nome sulla punta della lingua, ma non lo è scordarsi paro-le semplici e sostituirle con altre illogiche (co-me ad es. zuccotto al posto di cappotto, ta-bella al posto di tavolo);

4. perdere il senso dell’orientamento. Non è preoccupante sbagliare la fermata dell’autobus, lo è se si perde la strada di casa o non si capisce dove ci si trova;

5. indossare un abito sopra l’altro, come se non sa-pesse vestirsi. Può succedere a tutti di uscire di casa con il golf indossato al rovescio, non però indossare due giacche, una sopra l’altra, o l’accappatoio al posto del cappotto;

6. aver problemi con i soldi e con i calcoli. Può suc-cedere a tutti scambiare una moneta con un’altra, ma non sbagliarsi tra uno e cento euro;

7. riporre gli oggetti nei posti più strani. Cercare gli occhiali e poi accorgersi di averli in testa è pura sba-

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dataggine, ma è sospetto riporre il ferro da stiro in fri-gorifero o i surgelati in guardaroba;

8. presentare improvvisi e immotivati sbalzi d’umore. Capita a tutti di svegliarsi ogni tanto con la “luna stor-ta” ma non di avere frequenti, improvvisi ed immotivati sbalzi d’umore;

9. cambiare carattere. Invecchiando certi difetti si ac-centuano, meno frequentemente migliorano, ma non è normale cambiare completamente il carattere, diven-tando irascibile, diffidente dopo essere stato per tutta una vita una persona tranquilla;

10. aver sempre meno interessi e spirito di iniziativa. E’ possibile che invecchiando uno modifichi i propri in-teressi, ma deve far riflettere un comportamento parti-colarmente trasandato per la propria persona o per la propria casa.

3. I disturbi del comportamento

Con questo termine si intendono i vari sintomi che la perso-na affetta da AD può presentare, soprattutto nel periodo in-termedio di malattia ma possono essere rilevati anche all’esordio. Non tutte le persone presentano questi disturbi e ciascun malato li presenta in modo diverso sia per tipolo-gia che per gravità.

I principali disturbi comportamentali nella demenza sono: deliri, allucinazioni, illusioni, agitazione, aggressività, de-pressione, ansia, apatia, disinibizione, disturbi del sonno, vagabondaggio, attività motoria incessante, disturbi dell’appetito.

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Deliri: sono ffalse convinziooni. Il malato, ad esempio, puòesseree convinto che qualcuno gli abbbbiia rubbato qualcosa, che cii sia chi gli voglliiaa faree del mmale, che la sua casa nonsia la propria, che un familiare convivente sia invece uneesstrranneeo.

Allucinazioni: sono falsee percezioni sensoriali non secon-darie a stimoli esterni; possono essere visive, uditive o taatti-li. LLaa perssona malata vede in casa individui o animali inesi-stenti oppure sente voci o rumori chee in realtà non ci sono, oppure percepisce sensazioni fisiche comme se venisse toc-cato da qualcuno o qualcosa.

Illluussioni: sono interpretazioonni non corrette di oggetti reali. Ad esempio l’ombra di un alberroo ppuò essere scambiata per una persona reaallee o il suono della radio nella stanza a fian-co può essere interpretata come il pianto di un bambino daaccccuuddire.

In caso di deliri, allucinazioni ed illusioni è consigliabile rassicurare la persona , assecondarla, non contraddirla. E’ preferibile mantenere un dialogo sereno, senza contrasti ecercando di distrarla attirando la sua attenzione su altri ar-gomenti od attività.

E’ inutile cercarre di riportarla alla realtà con argomentazionivvaarie, bisogna evitare di colpevolizzarla, ridicolizzarla su quanto afffermato o, peggio ancora, arrabbiarsi, alzando lavoce ed entrando in conflitto.

AAggittaazzioonnee, anssia ed aggressssività: sppeessssoo ssoonnoo ssccaatteennaa-ttee dda stiimoli bbanali e poosssonnoo essere ddi eennttiittàà franccaammenntteesproppoorzionata a qquuaannttoo rreealmennttee succeesso. Quuesto è

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dovuto al mallessere provattoo per la non corretta percezioneed inteerrppretazione di ciò che sta accaddeennddoo.

L’atteggiamento da mantenere è di estrema calma parlandoa bassa voce, in modo pacato e tranqullizzante, rassicu-rando il malato sull’assenza di minacce e sull’impegno delcaregiver a proteggerlo.

E’ controoproducente dimostrarsi agitati, spaventati ood ag-gressivi perché si evocherà un aumento dell’irrequietezza edel malessere. Anche a froonnte di pesanti accuse bisognaevitare di sentirsi offesi comprendendo, invece, che sonoespresssione della malattia.

Depresssione ed apatia: sono aatteggiamenti secondari alla consapevolezza ddel paziente delle proprie difficoltà e di non essere all’altezza dei compiti chee gli vengono richiesti quo-tidiaanamente.

E’ importante minimizzare con il malato i suoi errori o man-canze rassicurandolo e coinvolgendolo in attività semprepiù semplici e gratificanti, al fine di mantenere buona l’autostima. Bisogna evitare di sostituirsi a lui nelle varie at-tività incoraggiandolo, invece, a compierle autonomamente,e gratificandolo per quanto riesce a fare.

EE’ importante non colpevolizzare né sottolineare le difficol-tà o gli insuccessi e non scambiare per pigrizia l’incapacitàdi svolgere le attività consuete.

DDiissttuurrbbii ddeell ssoonno e vagabondaggio: soonnoo mmoolttoo ffrree-qquueenttii ee ssoonnoo per lo più: inssonnia, ffrrammmmeennttaazziionnee ddeell ssoonn-no noottturrnno e inverrssiioonnee ddeel ritmmoo ssonnno-veeglia conn lunghi

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avanzate di malattia il probblema della disfagia (difficoltà didegluttiizzione) è molto comune ed è sppeesssoo ccausa di ab in-gestiss (il cibo va parzziialmeennte neelle vie aeree) con possibili-tà di infezioni ddelle vie respiratorie oppure, in caso grave, di ssoofffoccaamento. E’ scientificamente dimostrato che nnoon vi è indicazione all’utilizzo di sondino nasogastrico o PEG nel trattamento della disfagia in demenze avanzzaate.

In caso di anoressia vanno innanzitutto escluse cause fisi-che che ostacolino l’alimentazione (patologie dentarie, difet-ti di masticazione�). Il pasto va reso un’esperienza piace-vole organizzandolo in modo personalizzato in base ai gustie alle particolari esigenze del malato. Il cibo va presentato posssibilmmente già condito e preparato.

E’ importante evviittare di sostituirsi al malato incoraggiandoloa fare da solo tutto ciò che gli riesce, anche se in fase avvaannzzata di malattia sarà necessario imboccarlo. E’ oppor-tuno non riempire trrooppo il piatto e con troppi cibi di tipo di-verso, per evitare di creaargli confusione. E’ necessario non aallimentaare la persona iinn ccaso di sonnolenza o di agitazione opppure se è sdraiata, per evitare il rischio di soffocamento.

La principale Terapia dei disturbi comportamentali è la pre-venzione, adottando gli atteggiamenti già consigliati e predi-sponendo un ambiente adeguato, come verrà trattato in se-guito.

LLaa terapia farmacoologica dei disturbi comportamentali, solo ssuu pprreesccrriizziione medica, va riservata ai ccaassii ddoovvee nnoonn sii è ootttteenuuttaa suffficciente risppoostaa ccon la tteraappiiaa nnoonn faarrmaaccoollooggii-ca. EE’’ immpportante soottttoolliinneeaarree la necceessssità ddii mantennere tali

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farmaci al minor dosaggio efficace, per evitare gli effetti col-laterali che possono essere anche gravi.

4. Il ruolo del Medico di Medicina Generale

Il Medico di Medicina Generale ha un ruolo centrale nello screening dei casi di sospetta demenza e nella diagnosi precoce, ponendosi come interfaccia naturale con il Centro Specialistico. Nel percorso diagnostico la prima fase della valutazione va, di norma, gestita dal Medico di Medicina Generale che, sulla base della conoscenza della storia del proprio assistito e avvalendosi di semplici strumenti di screening può porre il sospetto diagnostico.

In ogni caso, quando una persona ha difficoltà nel pensare, ricordare o apprendere qualcosa, oppure presenta cambia-menti nella personalità, è importante che venga sottoposta ad un’attenta valutazione medica.

5. L’alleanza medico-malato-familiare

E’ indispensabile stabilire un rapporto positivo e regolare con il medico di riferimento perché, nella lunga storia di questa malattia, i bisogni del malato e dei familiari cambiano e aumentano.

Il familiare deve imparare a gestire al meglio la quotidianità del malato, con l’aiuto del medico e il medico, a sua volta,

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ha bisogno della collaborazione dei familiari che, assieme al malato, gli riferiscano dettagliatamente i problemi e le diffi-coltà che incontrano.

Per questo motivo parliamo di alleanza medico-malato-familiare, necessaria perché la qualità della vita della perso-na malata e dei suoi caregiver possa mantenersi al miglior livello possibile.

Quando richiedere l’attivazione di altri ser-vizi

Se nella persona malata insorgono difficoltà a svolgere al-cune funzioni tipiche della vita quotidiana o di relazione con una compromissione significativa dell’autonomia ovvero su-bentrano problematiche e difficoltà per chi presta l’assistenza, è opportuno avviare un confronto con l’Assistente Sociale del Comune di residenza per verificare la presenza nel territorio degli eventuali servizi a supporto della cura (assistenza domiciliare, gruppi di supporto o di mutuo auto aiuto per familiari, centri sollievo, ecc.) ed esse-re accompagnati e sostenuti lungo il percorso della malattia.

Altresì sarà possibile avviare l’iter di richiesta per accedere alle provvidenze economiche dedicate (invalidità civile, im-pegnativa di cura domiciliare) o per avere altre informazioni utili.

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� impllicazioni socciiali: i vicini cosa diranno dei comportamenti del malato? CCoommee faaccio a portarlo con me al suupermmeercatoo?

Il caarregiver deve cercare di mantenere le proprie aabitudi-ni, per quanto possibile e pianificare, con le persone più ca-re, alcuni aspetti della vita futura: per eessempio i costi dell’assistenza, i supporti pratici (per esempio, se doovràssmmeetttere di guidare chi lo porterà in giro?), la necessità infase terminale di ovviare alle barrieree architettoniche, ecc.

Generalmente il problema chee maggiormente affligge i famigliari è il senso d’impotenza nel far fronte aalla situazio-ne. AAll familiare, in rreealtà, viene richiesto moltissimo: deveraappidamente imparare a conoscere questa malattia, prepa-rarsi a ttuutte le sue fasi,, aaggli ineevitabilli caambiamenti e ai di-saagi, sia psicologici che pratici.

A tal fine sono elencati nella sezione della bibliografia al-cuni utili manuali che guidano il familiare nella gestione as-sistenziale del malato.

Se è stressato e frustrato può aggravare la situazioneaannchee ssennza voolerlo. Ridurre il livello di stress ppuò aiutaree arroommppeerree uunn cciirccolo vizioso.

Una buona organizzazione, costruita in modo graduale, con l’aiuto e il sostegno di tutta la famiglia, aiuterà ad affron-tare, volta per volta, le difficoltà che si verranno a creare.

Sottolineiamo che chi assiste il malato ha bisogno di aiu-to.

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Per riuscirrcci servono i cconsigli, serve confrontarsi con personnee che vivono la stessa situazionnee. PPiùù avanti, citiamo i gruppppi di sostegno ee i gruuppi ddii auto mutuo aiuto, che aiu-tano a gestire llo stress e ad acquisire competenze operati-vvee.

E’ importante che il caregiver riservi una parte dei suo tempo a se stesso, ricorrendo se necessario (e se possibile) ad assistenti extra familiari. Prendersi cura di un malato diDemenza può essere molto logorante ed i sintomi compor-tamentali e psicologici possono rendere l’assistenza estre-mamente impegnativa.

EEmozziioni e stress

Essere il famigliare di una perssona malata di demenza èun ruolo spesso assunto a fronte di una nneecessità, di un’’emergenza. Anche se basato sull’affetto, ha un importan-tee costo dal punto di vista dell’impegno assistenziale, dei ri-svolti ppratici e organizzativi, mma ancche dal punto di vistaeemmotivo e relazionale.

Lungo tutto il percorso ddii assistenza si possono iinfatti pro-vare moltee emozioni diverse nnei confronti del proprio caro, tra di loro anchhe contrastanti, talvolta contraddittorie e con-fflliittuali: tenerezza, compassione, amore, gratificazione, maanche irritazione, rabbia, stanchezza e desiderio chel’esperienza possa finire al più presto, con il conseguente sseenso di colpa chee emozioni di questo tipo generano.

Se non vengono riconosciute e gestite, possono diventaretroppo intense e causare uno stato di profondo malessere e

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stress, con conseguenze negative a livello psicologico, fisi-co, sociale e lavorativo.

Durannte l’eevoluzionnee della malatttiiaa la ffaammiigglia puuò vedere il fffprrooprio caro cambiare, non taanttoo nel ffiissiiccoo, maa quuaannto nei comportaammenti, nellllee cose che dice,, nel moddooo dddii relazionnaar-ssii,, ee non vederlo ppiiù ccommee qquelloo cchee era uunnaa vvoolta. Si trattadi una perdita a livello relazionaale e affetttiivo, cchhhe mmooltospeessssso culmmina quannddo la ppeersona nooon riesce a riconnoscceeree più i ppropri caarri.

Ci sii può sentire confusi e disorienttaatii, e tutti i componeenntiddella ffaaammmiglliia, ognuno con lle suuee modddaaaliittààà,, ddeve aafffrroonnttaareunn eeeeeveentttoo in cui rruuoli, resppoonnssabilità e aspettattiivve ssuubisccoonnoo dei cambiamenti.

Si poossssono provaare emmoozioni ccoomme:

��� tristeezza;� rabbia (puòò esssseere direettttaa vverrssoo il mallato, verso se

stessi, verrsso i mmmedici, vveeerrso laa sittuuaziioone inn ggenera-le);;

�� dddeeprreessioneee;;� senssooo di colppaa;;� imbbaaarazzo (pper eesempiio quandoo lla pppeeersoonnaa ammala-

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E’ fondamentale sottolineare che si tratta di reazioni del tutto normali e naturali. Non è possibile però definire un mo-do «giusto» per vivere queste emozioni, ma riconoscerle, attribuirci un nome e un significato, cercare di capirle, può essere molto importante e di grande aiuto per il proprio be-nessere e per il benessere del proprio caro, per potersene prendere cura efficacemente senza riversare su di lui la propria frustrazione.

Il senso di responsabilità molte volte può costringere a prendersi cura della persona malata anche se le energie personali non sono più sufficienti. E’ invece necessario prendersi del tempo per riflettere sulla situazione in maniera logica e oggettiva, ma anche riflettere sulle proprie emozioni senza negarle o fare finta di non provarle. Tutto ciò senza sentirsi l’unico responsabile, senza aver paura di ciò che si prova.

Essere il famigliare, il caregiver di una persona malata di demenza, esserne il figlio o il coniuge non preclude il fatto di essere “umani”, con il diritto di provare emozioni che sono parte integrante della vita di ciascuno.

E’ quindi fondamentale prendersi cura di se stessi. Ma co-sa si può fare concretamente?

� cercare informazioni sulla malattia;

� definire degli obiettivi realizzabili, riconoscendo reali-sticamente cosa si può fare, individuando delle prio-rità;

� cercare un aiuto per potersi prendere delle pause, dei momenti di riposo;

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� cercare aiuti supplementari esterni quando la situa-zione diventa troppo impegnativa;

� evitare atteggiamenti distruttivi, quali abusare di al-col, farmaci, sigarette, ecc., tutti comportamenti che possono mettere a rischio la salute;

� mantenere del tempo per se stessi, fare delle pause lontano dall’assistenza della persona malata, senza sentirsi colpevoli di mantenere o stringere delle ami-cizie da soli, coltivare degli interessi.

� farsi un regalo, concedersi qualcosa che piace;

� evitare di isolarsi;

� considerare sempre i propri limiti, senza chiedere troppo a se stessi;

� non addossarsi responsabilità circa la situazione del proprio caro. Occorre ricordare che la causa di tutto è rappresentata dalla malattia;

� cercare, chiedere e accettare il supporto che può ar-rivare da altri familiari;

� ricordare a se stessi che si è importanti;

� ricercare e accettare i consigli;

� non trascurare gli altri famigliari (figli, marito, moglie, nipoti, ecc.);

� riconoscere i segnali di allarme (es. sentirsi tristi e depressi, non dormire, assumere farmaci, abusare di

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Il “libro della biografia del malato” sarà utile ai familiari e, soprattutto, alle persone che cercano di darci una mano, operatori socio-sanitari compresi.

Dovrà contenere:

� dati anagrafici relativi anche ai familiari;

� dati relativi all’infanzia, ai rapporti con i familiari, alla casa dove si è nati, ai primi anni di scuola, agli amici dei primi giochi, al primo amore e ad altri eventi o aspetti significativi (ad es. aveva un soprannome, perché?);

� dati relativi alla scuola frequentata, al titolo di studio conseguito, alle ma-terie preferite, a quelle più difficili, ecc.;

� dati relativi al perio-do di vita militare;

� dati relativi all’attività lavorativa svolta, al tipo di la-voro, al ruolo, al grado di soddisfazione, al primo stipendio, al rapporto con i colleghi, all’età del pensionamento ed al modo in cui è stato vissuto;

� dati relativi alle esperienze di vita: i luoghi dove è vissuto, il matrimonio, anche quello dei figli e/o amici, la prima casa, la prima macchina (moto), ecc.;

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� dati relativi al carattere (felice, scherzoso, ottimista, pessi-mista, espansivo, riservato, introverso) ed alle modalità di rapportarsi con i propri familiari e le altre persone;

� dati relativi ai rapporto con la religione con descrizione del-la comunità di fede e del luogo frequentato (ad es. la par-rocchia), alle preghiere preferite, ad eventuali esperienze di volontariato, ecc.;

� dati relativi alla vita relazionale con parenti, amici, vicini, colleghi;

� dati relativi ad onorificenze e/o di appartenenza a gruppi e/o associazioni;

� dati relativi agli interessi culturali (letture preferite), musicali (musiche e/o artisti preferiti), alle attività ludiche (giochi e/o sport preferiti), ricreative (hobby), ai viaggi effettuati (locali-tà visitate), al rapporto con gli animali (ad es. animali prefe-riti e relativi nomi), all’alimentazione preferita (piatti e be-vande).

In aggiunta o in sostituzione del libro, altrettanto efficace può essere l’utilizzo di materiale fotografico, disegni, ritagli di giornale, cartoline e qualsiasi altra cosa richiami alla me-moria esperienze di vita passata, così da avere una scatola contenente oggetti che hanno contrassegnato le tappe della vita del malato.

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8. Comprendere per essere com-presi

La comunicazione è una condizione essenziale dellla vita, dello sviluppo umano e della salute mentale. SSi tratta di unaattività che presenta sia contenuti concreti ed obiettivi (quel-lo che dico, quello che sento) che affettivi ed emozioonali ((ccomme lo dico, come vedo chi lo dice). Si tratta quindi di unprocesso interattivo dove il dire ed il fare di ogni individuoinflueennza e, nello stesso tempo, è influueennzato dal dire e dal fare della persona con cui intteragisce.

SSiiammoo soliti distinguere trraa comunicazione verbale e co-municazione non verbale: a questoo proposito sono utili alcu-ne precisazioni.

PPeerr quanto riguarda la comunicazione verbaale (linguag-gio con le parole), biissogna sapere che il malato di Demenzapuuò avere problemi di comprensione o (più spesso) diespresssiione delle paroollee, specie se deve comunicare qual-cosa di astratto. A seconda dello stadio della malattia egli passa progressivamente ddalla difficoltà a trovaree le parole (anomie) eedd a comunicare i ppeensieri, all’incapacità di espri-mere frasi commplete, pur, magari, parlando continuamente ((aafasia fluente). Nello stadio finale diventa totalmente inca-pace di parlare e di comprendere (afasia globale).

Nelle fasi iniziale e moderata della malattia, il paziente riesce, a volte, a nascondere i problemi di linguaggio tenen-do, per esempio, un atteggiamento schivo e diffidente.Quando il disturbo del linguaggio diventa grave, esso puòdar luogo a reazioni catastrofiche sia nel malato che in colui

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La comunicazione non verbale (linguaggio del corpo) è una importante risorsa, ed è bene saperlo, anche se qual-che volta si presenta come un problema.

Quando la malattia è in fase avanzata e le capacità espressive sono com-promesse, il malato stesso tende ad utilizzare sistemi alternativi, ap-punto il linguaggio del corpo: quindi grida, si lamenta, tocca, aggredisce � per comunicare un bisogno, un disagio. E’ importante cogliere il bisogno implicito in quei comporta-menti, facendo di tutto per ridurre il senso di frustrazione conseguente alla incapacità a comunicare, prevenendo così reazioni che potrebbero essere di difficile gestione.

Anche chi gli sta accanto può utilizzare, per migliorare la comunicazione, il linguaggio non verbale.

Anzi, dobbiamo tener conto degli elementi, anche non consapevoli, della comunicazione non verbale, che sempre accompagnano le nostre parole:

� i gesti, le espressioni del viso, gli atteggiamenti;

� il riso, il pianto, lo sbadiglio, i cambiamenti del tono della voce, le pause, i silenzi;

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Opppure, se ci sembra il ccaso, si può stimolare un atteg-giameenntto di riflessione spirituale, invviittaanddolloo a pregare e pregaanndo insieme, in mmodoo da aiiuutarlo a ricordare le parole.

9. L’ambiente in cui si vive

Il rapporto con l’ambiente è molto importtaante, aanche dalpunto di vista affettivo e ogni individuo ne è estremaammente ddipendente. Ciò è ancora più vero per la persona malata di demenza anche se, a causaa della malattia, la persona puògradualmente non riconoscere più i propri luoghi, la città, il quartierre, la casa dove ha abbitato per aannni.

L’incapacità di comprendere può causare malessere, disa-gio e, in alcune situazioni, essere uno dei fattori coinvolti in molti disturbi del comportamento come ansia, agitazione,aggressività, alterazione del ritmo del sonno, disorientamen-

to, ecc. perché la persona nonè più in grado di adattarsi dasola all’ambiente.

Proprio per questo motivoviene consigliato di aapportare ddelle modifiche all’ambiente di vita della persona, non conl’obiettivo di modificare l’evoluzione della malattia, madi permetterle di eseguire insicurezza le attività che è an-cora capacee dii ssvvoollggeerree,, rriiduur-re i probleemmii ddii ccoommpoorrtaammeenn-tto, aummeenntare laa sua auutostima

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e favorire il suo benessere.

I consigli che si possono dare in questo senso sono molti, ma è necessario sottolineare che ognuno di essi va calato nella realtà della singola persona malata, anche in base alla sua storia di vita. Per esempio, una indicazione generale può essere quella di spostare il letto della persona nella po-sizione più vicina al bagno. Ma se questa persona, pur con molte difficoltà, ha memorizzato correttamente il percorso dalla camera al bagno, un cambiamento di questo tipo, an-che se fatto in buona fede, può avere conseguenze negati-ve, aumentando la confusione e il disorientamento della persona malata.

Potrebbe essere utile, quindi, avvalersi dell’aiuto di profes-sionisti (es. psicologi ambientali, terapisti occupazionali) che analizzando le singole situazioni, possono essere in grado di suggerire le modifiche migliori. Ogni modifica potrebbe comunque risultare adeguata per limitati periodi di tempo, perché la progressiva evoluzione della malattia può, ad un certo punto, far risultare inefficaci accorgimenti che si erano dimostrati utilissimi magari fino a poco tempo prima.

In linea generale molti suggerimenti hanno come obiettivi principali: � garantire il comfort; � rendere i diversi ambienti facilmente riconoscibili per il

loro utilizzo; � garantire la sicurezza della persona; � stimolare la memoria e l’orientamento; � garantire la libertà di movimento; � mantenere e stimolare le funzioni e le attività;

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� favorire il più possibile l’autonomia della persona; � limitare gli stimoli che possono causare stress e disagio; � incrementare l’autonomia nelle attività quotidiane. Alcuni suggerimenti � assicurate che l’ambiente sia tranquillo, stabile, acco-

gliente, familiare, riducendo al minimo indispensabile i cambiamenti della casa;

� togliere tappeti, mettere in sicurezza farmaci, detersivi e liquori, sostituire i fornelli a gas con quelli elettrici, ecc.;

� programmare la giornata in maniera da dare un ordine costante alle attività della vita quotidiana (ad esempio l’ orario della sveglia mattutina, dei pasti, della pas-seggiata, del riposo, del bagno, ecc.). Creare una rou-tine significa migliorare il rapporto con lo spazio e con il tempo, ridurre la richiesta di adattamento a fattori di novità, peraltro sempre relativa;

� date routine alle passeggiate e all’attività fisica, perché fa bene alla salute e aiuta a controllare e prevenire disturbi quali agitazio-ne, iperattività, insonnia;

� applicate targhette, frecce dire-zionali, insegne, promemoria su armadi, cassetti e altri mobili; contrassegnate le porte delle camere con colori e nomi diversi, mettete calendari ed orologi grandi

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bene in vista: ogni giorno sottolineate la funzione di questi indicatori;

� abbellite la stanza con immagini fotografiche di familia-ri e di luoghi cari, di grandi dimensioni e con l’indicazione della persona e dei luoghi: aiuta il malato a ricordare, facendogli sentire che è circondato da persone amiche, in luoghi per lui significativi;

� incoraggiate attività piacevoli: lettura, musica, cruci-verba, curare piante, lavorare a maglia, ecc, perché aiuta a mantenersi più sereni, persino utili, contrastano il deterioramento cognitivo e migliorano l’autostima;

� non privatelo dei suoi soldi, anche quanto non dà più il giusto valore al denaro, per non umiliarlo, magari chiedendo collaborazione ai negozianti della zona con i quali si è più in confidenza;

� assicuratevi che abbia sempre con sé un documento di identificazione (in fotocopia) o anche un semplice biglietto con il numero telefonico delle persone con le quali prendere contatto in caso di necessità, in caso si smarrisca, abbia un malessere, un incidente, ecc.

Perché l’ambiente abbia sufficienti requisiti di sicurezza, occorre fare attenzione ai seguenti punti:

� l’illuminazione deve essere adeguata, non troppo de-

bole, né troppo diretta e abbagliante;

� le superfici riflettenti, come finestre e specchi, vanno adeguatamente schermate (attraverso vetrofanie, ren-

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dendo opaco il vetro, sostituendolo con altro materiale non trasparente né riflettente);

� vanno eliminate le possibili cause di abbagliamento o di pronunciati giochi d’ombre specie frontalmente al percorso della persona;

� se in bagno o in altre stanze sono presenti specchi, questi vanno occultati solo nel caso in cui il malato di-mostri particolare agitazione o insofferenza nel vedere la propria immagine riflessa;

� gli interruttori della luce devono essere facilmente ac-cessibili;

� si possono scegliere interruttori individuabili al buio (fosforescenti o con spia luminosa) che consentono la regolazione dell’intensità luminosa, per mantenere lo stesso grado di visibilità all’interno della casa, al varia-re del giorno e delle situazioni di luce;

� le porte scorrevoli vanno sostituite perché aumentano il rischio di caduta;

� vanno sostituiti serramenti particolarmente spigolosi e particolarmente pericolosi per la vicinanza agli spazi più utilizzati dalla persona malata, scegliendo serra-menti con bordi arrotondati, in particolare quelli per le ante apribili;

� i mobili vanno disposti in modo tale da non ostacolare il passaggio; usate sedie con braccioli e gambe robu-ste, che aiutino ad alzarsi e sedersi, rivestite con ma-teriale impermeabile e facilmente lavabile, magari con

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la seduta di colore diverso rispetto allo schienale (an-che attraverso un cuscino colorato);

� eliminate tappeti e scendiletto logori o strappati, oppu-re assicuratevi che siano adeguatamente fissati al pa-vimento. Ricordatevi che i pavimenti con superficie troppo liscia o sdrucciolevoli, ad esempio per uso di cera, possono rappresentare un grave rischio di cadu-te e fratture;

� in cucina mettete in sicurezza coltelli appuntiti, forbici, oggetti di vetro; controllate spesso il frigorifero e le scadenze dei cibi; ponete gli oggetti più frequentemen-te usati ai livelli più bassi e posizionate le mensole ad una altezza accessibile; per ridurre il rischio di lasciare aperto il fornello del gas, meglio sostituite gli impianti a gas con quelli elettrici o ad induzione elettromagnetica; se non è possibile è indicato applicare dispositivi di si-curezza per il rilievo delle fughe di gas;

� in bagno applicate sul pavimento strisce antiscivolo, tappetini di gomma; fate utilizzare ciabatte che raccol-gono completamente il piede, mettete sedili nella doc-cia e nella vasca; preferite la doccia al bagno in vasca; utilizzate servizi igienici più alti ed applicate maniglioni di sostegno, togliete le chiavi dalle serrature (perché il malato non rischi di chiudersi all’interno);

� lasciare in vista e sempre negli stessi posti gli oggetti di uso comune (spazzolino da denti, dentifricio, petti-ne) eliminandoli dalla vista quando il malato non è più in condizione di riconoscerne la funzione;

� controllare la sicurezza di spine, prese e cavi;

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� le scale sono la più importante fonte di pericolo per gli anziani, soprattutto per quelli con Demenza, dovrebbe-ro avere scalini di altezza adeguata (max. 30 cm), es-sere provviste di corrimano ed avere accesso control-lato;

� eventuali corrimani devono essere di altezza tra gli 80 e i 90 cm.; i bordi devono essere arrotondati per evita-re traumi in caso di contatti accidentali; il colore deve diventare elemento utile per l’orientamento quindi in contrasto con lo sfondo.

Il malato di Demenza ha spesso difficoltà a riconoscere persone e/o cose, è vulnerabile ai fenomeni di abbagliamen-to, ha una alterata percezione della profondità (per cui un disegno di colore diverso sul pavimento rispetto a quello del-lo sfondo è interpretato come un “vuoto” pericoloso).

A questo riguardo è necessario capire la funzione del colo-re e dei contrasti cromatici: � ricorrere a contrasti cromatici perché possa vedere gli og-

getti che deve utilizzare o il pasto che deve mangiare (è inutile chiedergli perché non mangia se la pasta “in bianco” viene servita in un piatto bianco posto sopra una tovaglia anch’essa bianca);

� differenziare il colore delle maniglie delle porte, delle fine-stre, dei mobili, ecc. dal colore di fondo; utilizzare posate e piatti che siano in risalto rispetto alla tovaglia;

� è consigliabile risolvere il problema dei servizi igienici bianchi attraverso la sostituzione della tavoletta del WC con un’altra colorata, di un colore brillante e contrastante con la parete e il pavimento, in modo da poter ben indivi-

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duare la zona di seduta; un’ altra valida soluzione può es-sere quella di colorare le mattonelle della parete intorno al WC di un colore brillante in modo che il servizio igienico possa risaltare alla vista; lo stesso risultato si può ottenere anche colorando il pavimento intorno al servizio;

� mascherare il bidet qualora si presentino fenomeni di con-fusione dello stesso col wc oppure differenziare il bidet e il wc con colori diversi;

� mantenere porte, maniglie, serrature dello stesso colore della parete per quei vani nei quali il malato non deve en-trare; “mascherare” ( ad esempio con grandi poster) le por-te di ingresso per ridurre al minimo i tentativi di fuga;

� garantire la possibilità di mantenere, mediante interruttori che consentono la regolazione dell’intensità luminosa, lo stesso grado di visibilità all’interno dell’abitazione;

� differenziare cromaticamente, se vi sono scale, l’alzata dalla pedata o almeno sottolineare con diverso colore il margine di ogni gradino; prevedere nel vano scale un’illuminazione diffusa in modo da impedire che la propria ombra si proietti sui gradini;

� verificare che la pavimentazione dell’abitazione non abbia disegni complessi e che non abbia lo stesso colore delle pareti, oppure usare una zoccolatura di colore marcata-mente diverso da quello del pavimento.

Altri suggerimenti � ridurre al minimo la presenza di rumori e suoni disturbanti;

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� prevedere la regolazione ddegli apparecchi acustici;

� se la persona gradisce guarrddare la TV, è bene posizionar-la in uno spazio isolato, in cui laa persona possa concen-ttrarsi solo in questa attività senza ricevere altri stimmoli so-nori intorno;

� non sistemare attaccapanni in prossimitàà della porta di uscita inn quanto ne favoriscono il riconoscimento;

� verificare se sono presenti ppiante lle cui foglie, fiori o bac-chee possono essere tossici se ingeriti;;

� crearee un mobile con rripiani, cassetti ee spoortelli in cuii siano ccontennuuti elementi che fannnno parte della storia della per-sona ( effetti ppersonali, fotograffiie, immagini, �) e a cui possa accedere liberamente;

� pprreeddisporre nello stesso, o in un altro mobile, alcuni cas-setti ai quali la persona possa accedere liberamente (per rovistare, riporre, affacccendarssi se ppresenta tale compor-ttamentto) contenenti matteriali che possa manipolare senzappericcooli (maglioni o vvecchi abiti).

10. L’igiene personaleGarantire l’igiene personale del malato fa bene alla sua

salute in qquanto evita irritazioni, infezioni, macerazioni dellapellle, soprattutto nelle parti più delicate, quali le pieghe cu-ttaanee, i genitali, la mucosa orale �

Una buona igiene rappresenta, anche, una modalità per aiutarlo a conservare la dignità di persona.

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Forse non è la più importante, ma è certo che non si può prescindere da un aspetto ben curato per garantire piacevo-lezza e buona accoglienza nelle occasioni di incontro. E la percezione di essere accettati e accolti con benevolenza è uno dei fattori che favoriscono l’autostima. Tutti abbiamo almeno qualche volta sperimentato di sentirci di corrispon-dere all’immagine che gli altri, in modo implicito, si fanno di noi. Tanto più fragili, dipendenti dagli altri siamo, soprattutto psicologicamente, tanto più facciamo fatica a difenderci dall’opinione degli altri.

Nelle prime fasi della ma-lattia il malato di Alzheimer è ancora in grado di badare a se stesso, ma va stimolato e controllato. Nelle fasi più avanzate, però, necessita di aiuto, progressivamente sempre maggiore, nel lavar-si, vestirsi, fino a diventare totalmente dipendente da chi lo assiste.

Poiché quella del lavarsi è un’attività che riguarda l’aspetto più intimo della persona, guai a non tener conto del suo senso del pu-dore e delle sue abitudini.

Da qui l’opportunità di tener presente i seguenti suggerimen-ti:

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� pianificate il luogo e l’orario della toilette nel momen-to della giornata in cui il malato è più tranquillo;

� garantite, se possibile, la presenza della persona di cui ha più fiducia e confidenza;

� preparatelo spiegandogli quello che si sta facendo;

� invitatelo a collaborare con sollecitazioni o comandi semplici, uno alla volta;

� per il bagno in vasca, utilizzare poca acqua;

� durante la doccia (generalmente preferibile) tenerlo seduto su uno sgabello;

� utilizzare tappeti antisdrucciolo e maniglie di soste-gno;

� non lasciatelo mai solo;

� utilizzate saponi poco schiumogeni e non irritanti per gli occhi;

� controllare attentamente la temperatura dell’acqua;

� invitatelo a lavarsi da solo le zone genitali;

� abbiate attenzione per le zone “difficili” del corpo, come la regione sottomammaria, le pieghe dell’inguine, la regione anale;

� asciugatelo accuratamente senza strofinare;

� usate con attenzione il phon;

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� garantite l’igiene della bocca, compresa l’eventuale protesi;

� curate piedi e unghie;

� utilizzate la musica o il canto nei pazienti con disturbi del comportamento;

� trovare la motivazione giusta in presenza di rifiuto (“ti sei macchiato”, “vengono a farci visita”, “andiamo fuori a passeggiare e a mangiare un gelato appena pronti”, ecc.), siate disponibili a ritardare o rinviare al giorno successivo l’intervento;

� siate amabili e rispettosi, abbiate pazienza e calma: se pensiamo di non riuscire a comportarci così, è meglio farsi sostituire.

L’utilizzo della toilette

Con il progredire della malattia la persona con Alzheimer va incontro ad incontinenza, dapprima urinaria, poi anche fecale, ossia diventa incapace di controllare urine e feci.

L’impossibilità di controllare gli sfinteri non è un sintomo precoce di Demenza. Poiché definiamo incontinenza tutte le situazioni in cui l’eliminazione di urina o di feci avviene in modo incongruo, rispetto alle convenzioni sociali, compren-diamo quindi anche le situazioni in cui il malato, pur sen-tendo lo stimolo, non riesce ad arrivare in bagno a tempo.

In questi casi è sufficiente accompagnarlo (o stimolarlo ad andare) in bagno a intervalli individuati come congrui per mantenere la continenza.

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L’incontinenza, al suo primo manifestarsi, deve essere segnalata al medico, perché può essere dovuta a problemi medici curabili e guaribili, come le cistiti o le enteriti.

Nei primi tempi del suo manifestarsi, l’incontinenza non deve indurre a comportamenti di riprovazione, né deve es-sere considerata inevitabile e definitiva. I consigli che se-guono ci possono aiutare a comportarci correttamente:

� è sbagliato imporre la propria presenza nella toilette, perché questo crea imbarazzo; è meglio cercare che faccia da solo, garantendo che abbia a disposizione tutto ciò che gli serve; non affrettiamo insomma i tempi, anche se il mo-mento in cui andrà totalmente assistito prima o poi arriverà;

� verificate che la porta del bagno abbia apertura verso l’esterno per rendere possibile, in caso di caduta, l’immediato soccorso;

� se il bagno è lontano dalla camera, ricorrete all’uso di raccoglitori di urina portabili (pappagallo, padella, comoda);

� garantite che il percorso camera – bagno abbia ade-guata illuminazione e sia sicuro: eliminate tappeti e mobili ingombranti, aggiungete il corrimano sui due lati del corri-doio;

� facilitate l’identificazione della porta del bagno, con una immagine o una scritta esplicita;

� preoccupatevi che il WC sia fornito di maniglioni d’appoggio e che sia collocato ad un’altezza dal pavimento tale da renderne facile l’utilizzo; è utile che sia dotato di una

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tavola di colore tale da richiamare l’attenzione sul dove e come sedersi;

� come già accennato è utile sollecitarlo a recarsi alla toi-lette ad intervalli di tempo regolari, per esempio non appe-na si sveglia al mattino, ogni 3 ore durante il giorno, prima di coricarsi la sera ed una volta durante la notte;

� favorite l’evacuazione regolare dell’alvo con dieta ade-guata, identificando l’orario giornaliero più adatto e favo-rendo la concentrazione su questa attività. Il ricorso a pur-ganti deve essere limitato il più possibile, mentre si posso-no richiedere al medico farmaci utili a favorire la facile e re-golare evacuazione.

Cura nel vestirsi

Relativamente alla funzione del vestirsi, come d’altro canto nelle altre attività di base nella vita quotidiana, bisognereb-be limitarsi, finché possibile, ad una semplice supervisione:

� semplificate le scelte disponibili, facendo in modo, ad esempio, che l’armadio contenga soltanto un ristretto numero di indumenti stagionali;

� restate nelle vicinanze mentre il malato si veste, ram-mentandogli, se necessario, la sequenza con cui in-dossare i vari capi;

� è importante metterlo in condizione di vestirsi con il minor aiuto possibile, perché una autonomia anche parziale aiuta a mantenere alto il livello di autostima;

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� se indossa un indumento in modo sbagliato, interveni-te con molto tatto, aiutandolo a ripetere l’operazione in modo corretto. E’ bene scegliere chiusure con velcro, pantaloni con elastico, reggiseni che si allacciano da-vanti. Evitate abiti con chiusure complicate, meglio lunghe cerniere lampo. Riponete gli abiti nello stesso ordine in cui vanno indossati;

� in camera lasciare in vista solo i vestiti del giorno e la sera, quando dorme, rimuovere subito gli indumenti sporchi e metterli in posti non accessibili al malato;

� fategli indossare scarpe con suole antiscivolo, evitare che resti tutto il giorno in pantofole, perché non so-stengono bene il piede e aumentano il rischio di cadu-te.

In apparente contraddizione con le indicazioni appena elencate, raccomandiamo di preoccuparsi che l’immagine, che gli abiti e l’aspetto fisico rimandano al nostro malato, corrispondano alle sue preferenze e alle sue abitudini. Per esemplificare basta sottolineare che vestirlo con una tuta morbida rappresenta una semplificazione, ma può essere in contrasto con la cura e la ricerca che (lui o lei) ha sempre messo nella scelta dell’abbigliamento.

Curare l’alimentazione

Le persone con demenza talvolta presentano un rapporto alterato con il cibo, cercando in continuazione qualcosa da mangiare (iperfagia) o rifiutandolo (anoressia).

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Poiché il peso è un importante in-dicatore di buona salute, va control-lato periodicamen-te, per cogliere per tempo la tendenza alla variazione im-portante del peso.

Nel caso dell’iperfagia può essere utile far sparire dalla portata del soggetto cibi altamente calorici come i dolci, me-rendine, patatine, che possono portare ad obesità, scom-pensare il diabete� Lasciare a disposizione, in alternativa, frutta di stagione ed ortaggi.

L’inappetenza può essere il risultato di situazioni contin-genti, come ad esempio una difficoltà a masticare (denti in cattive condizioni, inadeguatezza o rifiuto della protesi), es-sere la conseguenza di una insufficiente sorveglianza du-rante i pasti, o della grave riduzione della capacità visiva (non vede quello che c’è sul piatto e per tale motivo non fi-nisce tutto). Ma è possibile che la malattia stessa provochi l’alterazione del senso della fame e della sazietà.

Per tutti valgono le seguenti indicazioni:

� assicurare che il pasto avvenga in un ambiente si-lenzioso e tranquillo, evitando rumori e distrazioni;

� a meno che altre malattie richiedano diete specifi-che (per esempio il diabete), la scelta del cibo può essere assolutamente libera e tale da rappresentare un momento piacevole della giornata;

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� variare quotidianamente il menù ed accontentare le richieste se accettabili;

� preparare pasti semplici, da assumere con facilità (per es. la pasta corta è più facile da mangiare degli spaghetti), permettere che frutta e dolci vengano mangiati con le mani: tutto ciò per fare in modo che il malato sia il più a lungo possibile indipendente nello stare a tavola;

� utilizzare bicchieri e tazze di facile e sicura presa; stoviglie infrangibili, tovaglioli e tovaglie molto as-sorbenti o di plastica;

� servire un cibo per volta, assicurandosi che non sia troppo caldo o freddo;

� garantire l’igiene orale e prevedere periodiche visite dal dentista per cercare di garantire la migliore ma-sticazione possibile;

� se compaiono disturbi nella deglutizione o se il pa-ziente rifiuta di mangiare, consultare il medico.

Avere cura del sonno

Per cercare di prevenire e trattare al meglio i disturbi del sonno, così frequenti specie nelle fasi più avanzate, è utile cercare di:

� evitare i “pisolini” durante il giorno;

� incrementare l’attività fisica, ad esempio con brevi passeggiate ripetute nell’arco della giornata;

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� ridurre l’uso di bevande la sera;

� evitare situazioni stressanti nelle ore serali, favorire attività rilassanti come la musica o il massaggio delle mani;

� assicurare un ambiente confortevole per quanto ri-guarda caldo/freddo, luce/buio, silenzio/rumore;

� non somministrare farmaci senza consultare prima il medico;

� ricordarsi che nell’anziano si riduce il bisogno di ripo-so, tanto più se la giornata trascorre monotona e senza attività fisica;

� nella demenza avanzata viene meno l’usuale alter-narsi del periodo di veglia con quello del riposo (il co-siddetto ritmo sonno – veglia), per cui il riposo è suffi-ciente anche se frazionato nelle 24 ore, magari più di giorno che di notte.

Vale la pena di accennare a situazioni particolari come la cosiddetta “sindrome del tramonto” ed il “girovagare not-turno”.

Sindrome del tramonto

Esprime la condizione in cui la persona diventa più irre-quieta, ansiosa, confusa (dice che deve tornare a casa sua), quando la luce del giorno lascia posto alla prima oscurità. Si suppone che questo accada in conseguenza di una certa stanchezza o perché la diminuzione della luce aumenta le difficoltà visive e/o percettive e favorisce errate

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interpretazioni degli stimoli ambientali. E’ consigliabile quin-di, durante le ore serali, non impegnare il malato in attività stimolanti o stancanti, preferendo attività riposanti e gratifi-canti (dalla ricerca di musica rilassante alla proposta di cure personali come il pediluvio). Evitare o ridurre gli stimoli acustici e visivi nell’ambiente (televisore acceso, bambini che giocano, più persone che parlano) ed aumentare l’illuminazione, stando attenti a che non si creino zone d’ombra, fenomeni di abbagliamento o rifrangenza.

Girovagare notturno

E’ una delle situazioni più disturbanti e problematiche in quanto impedisce all’intera famiglia di godere del giusto ri-poso notturno. E’ prioritario che tale girovagare sia privo di pericoli, adottando precauzioni quali chiudere la porta della cucina, quella che conduce fuori dall’abitazione, tenere luci accese nelle stanze, rimuovendo tutti i possibili ostacoli. Correggere l’insonnia, limitando o abolendo i sonnellini diurni, mantenendolo quanto più possibile in attività durante il giorno, ma cercando prima di tutto di capire se esistano cause specifiche eliminabili o comunque correggibili (orario di assunzione dei farmaci, sedativi assunti a dosaggi ina-deguati, letto scomodo �). Può essere utile in certi casi far bere un po’ di latte caldo, far mangiare qualche biscotto; oppure cambiare le dosi e l’orario di somministrazione di farmaci ipnotici, concordandolo con il medico. E se proprio non vuole tornare a letto, lasciatelo dormire dove vuole, purché non in condizioni di rischio.

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11. La sessualità

E’ un problema, non sempre, ma se ne parla comunque troppo poco.

Può riguardare la relazione di coppia, quando non è più soddisfacente e gratificante per ambedue i partner: non bi-sogna esitare a chiedere aiuto, prima di tutto al medico cu-rante ed eventualmente, dietro suo consiglio, allo speciali-sta che lo ha in cura per la demenza.

Qualche volta la malattia provoca atteggiamenti disinibiti in pubblico (gesti, parole inadeguate) e ciò è fonte di vergo-gna e di imbarazzo: ricordiamoci che non sono atteggia-menti consapevoli, evitiamo di reagire nervosamente, cer-chiamo piuttosto di distrarre il nostro malato, spostando la sua attenzione su altri argomenti o su altre persone.

Se i comportamenti inadeguati ci vengono riferiti, magari accompagnati da rimostranze, la reazione migliore è quella di spiegare sinceramente come stanno le cose.

Questi problemi non sono tipici della M. di Alzheimer, es-sendo più frequenti nella Demenza Frontale. Sono presenti nelle fasi di malattia lieve e moderata e tendono a risolversi con l’aggravarsi della malattia.

I comportamenti sessualmente inadeguati rientrano nel capitolo dei disturbi comportamentali, propri della Demen-za. Rappresentano la conseguenza di una disinibizione e del venir meno del controllo critico della propria impulsività. E’ importante sapere che non si tratta di comportamenti sessualmente deviati: la strategia migliore, ma non sempre

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sufficiente, consiste nello sdrammatizzarli, impegnandosi a individuare le parole e i gesti ( affettuosi, scherzosi, legge-ri) che scoraggiano senza offendere.

Quando tutti i tentativi risultano inefficaci, il medico potrà esservi di aiuto.

12. La guida di autoveicoli

Permettere a una persona con Demenza di guidare espone a una grave responsabilità. C’è il rischio che provo-chi incidenti, con conseguenze anche gravi, o che si perda. E’, quindi, ragionevole che eviti di guidare.

Nella maggior parte dei casi la persona demente non si rende conto dei pericoli che corre, sottovaluta o nega le proprie difficoltà nella guida e vive in modo drammatico le

sempre più pressanti insistenze dei familiari per indurlo a smette-re di guidare.

Qualche volta il malato è con-sapevole di aver perso almeno parte delle proprie abilità nella guida: i suoi riflessi non sono più quelli di una volta, non riesce ad adattarsi a nuove regole (per es. a utilizzare correttamente le rota-torie), ha subìto le rimostranze di qualche automobilista � Decide,

pertanto, autonomamente di non guidare più. In questa si-tuazione i familiari, gli amici, devono agire con molto tatto per aiutare il malato a elaborare i vissuti di frustrazione, la

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perdita di valore che questa decisione comporta inevitabil-mente.

Come convincere una persona che non è consapevole dei propri limiti a smettere di guidare? Proviamo a dare qualche consiglio:

� suggerirgli che ha bisogno di fare attività fisica e che è meglio che si muova, nei percorsi brevi, a piedi. Quanto ai viaggi più lunghi, la possibilità di accompagnarlo può ren-dere inutile che si metta al volante. In questo modo è pos-sibile fare leva sulla consapevolezza delle proprie difficol-tà, senza fargliele pesare e aiutare così l’abbandono dell’abitudine a guidare. L’approssimarsi della data di scadenza di validità della patente può essere l’elemento che rende definitiva la rinuncia;

� se è necessario essere più espliciti, chiedere l’intervento del medico che rappresenta pur sempre un’autorità per il malato;

� in casi estremi, mettere fuori uso il veicolo e cercare di far-lo sparire dalla sua vista con la scusa che è stato neces-sario portarlo in officina per la riparazione;

� può rivelarsi alfine indispensabile richiedere la revoca del-la patente di guida, ai sensi dell’art. 130 del Nuovo Codice della strada. Tale richiesta, da presentare alla Motorizza-zione Civile, può essere avanzata da un parente (entro il quarto grado), un affine (entro il secondo grado), il tutore, il curatore, il Pubblico Ministero o un procuratore speciale.

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Importante è pertanto che la famiglia, tra tutte le emer-genze che deve affrontare, non trascuri questo aspetto e si preoccupi di salvaguardare gli interessi patrimoniali, eco-nomici e giuridici del malato, adottando le opportune misu-re. Attualmente i sistemi di tutela previsti dalla normativa italiana sono i seguenti:

� L’Amministratore di Sostegno � La Procura � L’Interdizione

L’amministratore di sostegno

La legge 9 gennaio 2004 n. 6 ha istituito il cosiddetto amministratore di sostegno, figura destinata a tutelare colo-ro che hanno, anche temporaneamente, una ridotta auto-nomia e versino in condizione di impossibilità di provvedere ai propri interessi a causa di una menomazione fisica o psi-chica. In presenza di tali presupposti la legge ritiene utile supportare la limitatezza di capacità del malato con il so-stegno di colui che il giudice ritiene idoneo a tale compito, cioè a sostituirsi in tutto o in parte al malato nella situazione di alcuni atti aventi validità giuridica.

Possono presentare la domanda per la nomina di un Amministratore di Sostegno il diretto interessato, se capace di comprendere la portata dell’iniziativa, il suo coniuge o la persona stabilmente convivente, i parenti (entro il quarto grado) o gli affini (entro il secondo grado), i responsabili dei servizi socio-sanitari.

La procedura che si deve seguire per la nomina dell’Amministratore di Sostegno prevede la presentazione

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di un’istanza al giudice tutelare del luogo di residenza del malato; non necessita il patrocinio di un avvocato per la presentazione dell’istanza e richiede solo un minimo di atti-vità istruttoria e la verifica da parte del giudice, anche con accertamenti medici, delle condizioni fisiche del malato.

La pronuncia del Giudice dovrà indicare tutte le modalità con cui l’Amministratore di Sostegno (ADS) deve agire, le cautele da seguire nel porre in essere atti in nome e per conto dell’incapace, la periodicità con cui deve rendere con-to al giudice dell’attività svolta. In casi che lo richiedano il Giudice può decidere di adottare una procedura di partico-lare urgenza, nominando un Amministratore provvisorio, immediatamente esecutivo per le funzioni che il Giudice decide.

In particolare detta modalità è utile quando occorre am-ministrare i beni e provvedere alle cure e al mantenimento di una persona gravemente malata o con prognosi incerta, o in caso di persona anziana e non autosufficiente, con demenza, Alzheimer o di malato di mente in fase acuta, per i quali sia necessario intervenire d’urgenza.

Il Giudice individua di regola l’Amministratore di sostegno in un familiare, se esistente, ma può nominare altra perso-na idonea, se ritiene più adeguata tale soluzione (un amico, un conoscente, un avvocato, una persona del volontariato). Chi si rende disponibile a tale incarico non percepisce alcun compenso. Non possono ricoprire le funzioni di Amministra-tore di Sostegno gli operatori dei servizi socio-sanitari che hanno in carico il diretto interessato.

Il soggetto che si avvale dell’ADS ha:

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la sua malattia è in fase iniziale, quando cioè è ancora in grado di esprimere chiaramente la sua precisa volontà.

La procura può essere speciale, se è relativa alla sostitu-zione del malato in un singolo affare, tipo una vendita; di ti-po generale, se è relativa ad ogni tipo di attività futura che si potrà realizzare.

Nei confronti di una malattia, quale la Demenza, che per definizione è progressiva, è opportuno il rilascio di una pro-cura generale.

Per realizzare questa operazione deve sussistere estre-ma fiducia da parte del malato nei confronti del procuratore ed una buona armonia familiare al fine di evitare contrasti futuri nella gestione del suo patrimonio, visto che il procura-tore non è sottoposto ad alcun controllo in tale attività, a dif-ferenza di quanto accade per il tutore o l’amministratore di sostegno.

E’ bene inoltre precisare che, mentre con l’interdizione il soggetto perde anche di fronte ai terzi la sua capacità e quindi se il malato dovesse da solo stipulare un atto, questo può considerarsi non produttivo di effetti, con la procura il malato resta di fronte alla legge e ai terzi giuridicamente capace e, pertanto, se dovesse compiere un atto giuridico da solo, questo conserva la sua validità, a meno che non si dimostri, con apposita causa, lo stato di incapacità al mo-mento in cui ha contratto l’atto stesso.

L’interdizione

Nello stadio più avanzato della malattia si rende necessa-ria la tutela più sistematica e generalizzata data dal proce-

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dimento di interdizione, al termine del quale il giudice nomi-na un soggetto (tutore) che si sostituisce in tutto al malato e ne cura gli interessi come se fossero i propri.

Tale procedimento è di grande rilevanza giuridica, in quanto la persona interdetta non potrà più compiere da solo alcun atto, anche banale, inerente alla propria sfera patri-moniale o personale (come sposarsi), né potrà votare.

L’istanza per l’interdizione può essere proposta dal co-niuge, dai parenti entro il quarto grado o dagli affini entro il secondo grado; essa viene presentata tramite un avvocato al Tribunale del luogo di residenza del malato e così inizia il procedimento, piuttosto lungo, durante il quale il giudice adotta una serie di verifiche, tra cui l’esame della persona da interdire, necessario per dimostratore che l’interdizione sia inevitabile. Se la persona da interdire è gravemente ammalata e non può recarsi in Tribunale sarà il giudice a muoversi e a recarsi presso il domicilio perché non può prescindere dall’esame diretto delle condizioni del malato, non essendo considerate sufficienti le testimonianze o i cer-tificati medici.

Se il procedimento sarà accolto e quindi il malato dichia-rato interdetto, si rende pubblica la sentenza con l’annotazione sul registro degli atti dello stato civile e su altri Registri di pubblica consultazione.

L’atto successivo da compiere è quello della nomina del tutore, cioè colui che, scelto dal giudice di solito tra i parenti più vicini, potrà operare in nome e per conto del malato. Il tutore compirà tutti gli atti fornendone al giudice un rendi-conto annuale. Inoltre, per porre in essere gli atti più rile-

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vanti, come la vendita di un immobile, si richiede una pre-ventiva autorizzazione del giudice. Insieme al tutore viene nominato un protutore che si sostituirà al tutore nel caso in cui questi abbia un interesse personale in un certo rapporto giuridico e non possa più assolvere all’incarico.

Nelle intenzioni del legislatore l’interdizione è concepita come un’estrema soluzione, in assenza di alternative, per-ché:

� impedisce all’interdetto di compiere qualsiasi atto di ri-levanza giuridica, come sposarsi, riconoscere un figlio naturale, ottenere un lavoro, fare testamento o dona-zioni, stipulare qualsiasi contratto, anche banale;

� è un procedimento costoso e può essere lungo;

� comporta un eccesso di pubblicità della misura adotta-ta.

14. La responsabilità nell’assistenza al malato

Coloro che assistono un malato incapace hanno una re-sponsabilità di tipo civile, per cui nel caso in cui il malato stesso provochi un danno a terzi, possono essere chiamati al risarcimento per non aver usato la massima diligenza nell’ottemperare l’obbligo di vigilanza.

Ben più delicato è il caso in cui colui che attua un’assistenza realizzi comportamenti che possono recare danni o lesioni al malato, anche inconsapevolmente, poi-ché, in tal caso, la responsabilità che consegue è di tipo

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penale, cioè comporta una denuncia che può implicare una condanna ad una sanzione pecuniaria e detentiva inflitta al termine di un processo.

Possono verificarsi infatti eventi durante la cura di un ma-lato che implicano la infrazione della legge penale e la commissione di reati, che possono essere così raggruppati:

� Il reato di abbandono del malato poiché si viola il dovere di assistenza o l’obbligo di custodia. Si rea-lizza se la persona che si ha l’obbligo di curare vie-ne lasciata in balia di se stessa o di terzi che non siano in grado di provvedere adeguatamente, da ciò derivando un pericolo per la sua vita o la sua inco-lumità.

� Il reato di eccesso nell’uso dei mezzi di corre-zione o disciplina (che vale anche per i mezzi di contenzione), se si fa un abuso di mezzi che sono considerati di per sé leciti. In pratica la legge penale risulta violata se si usa un mezzo di contenzione sapendo che si tratta di un abuso e che ne può deri-vare una malattia, una lesione, un danno in chi lo subisce.

� Il reato di uso di violenza fisica o percosse tale da offendere l’integrità fisica e personale della vitti-ma. Un comportamento penalmente rilevante può risultare anche nel caso in cui si realizzi una coazio-ne della volontà con l’uso di minaccia o violenze non fisiche ma di ordine morale, o con l’uso di sostanze che abbassano la razionalità e la volontà di chi su-bisce, tipo farmaci, droghe, o alcol.

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Tutte queste ipotesi sommariamente descritte non esau-riscono i casi che di fatto si potrebbero comunque verifica-re. Il “Documento di consenso sulla malattia di Alzheimer” (della Società Italiana di Neuroscienze) così si esprime in merito all’uso dei mezzi di contenzione nel paziente affetto da demenza:

“Purtroppo nel corso della malattia si può rendere neces-sario l’uso di mezzi di contenzione meccanici o farmacolo-gici. Il loro utilizzo può essere consentito solo a determinate condizioni, in particolare quando questi mezzi contribuisco-no alla sicurezza del paziente e delle persone che hanno a che fare con lui e non sono una semplice convenienza per lo staff coinvolto nella sua assistenza. I mezzi di contenzio-ne meccanica devono essere applicati in modo da limitare il minimo necessario la libertà del paziente. Analogamente i mezzi farmacologici devono essere usati con il più basso dosaggio possibile. Infine, l’uso di mezzi di contenzione de-ve essere rivalutato periodicamente in modo tale che il loro uso venga limitato al più breve tempo possibile”.

15. Le decisioni difficili alla fine della vita

La demenza (e l’Alzheimer in particolare), pur presentan-do un decorso molto variabile da caso a caso, è una malat-tia lentamente ma inesorabilmente progressiva che porta a morte. Dalle prime piccole difficoltà nel compiere le normali attività di ogni giorno (problemi di memoria, difficoltà a con-centrarsi), chi ne è colpito deve affrontare man mano la ne-cessità di una assistenza continua, l’incontinenza (perdita di

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urine e di feci), l’impossibilità di alzarsi dal letto, le infezioni che si ripetono, la difficoltà ad alimentarsi.

Questo non va dimenticato da chi si prende cura: è neces-sario infatti evitare tanto superficiali abbandoni in fasi anco-ra precoci quanto trattamenti inutili o sproporzionati alla fine della vita (“accanimenti”).

Certe decisioni (alimentazione artificiale, terapia antibioti-ca, assistenza alla respirazione, ricorso a tecniche rianima-torie) alla fine del percorso di malattia di una persona con demenza possono impedirne la morte (pur se entro certi li-miti), ma non sempre ne promuovono la vita e la dignità.

Medici e famigliari devono parlare apertamente di questi problemi. Il peso di queste decisioni non deve gravare sul solo medico curante, ma neppure essere completamente scaricato sulla famiglia; per questo, è necessario che tra famiglia e curante si instauri una buona relazione già pri-ma che la persona giunga al-lo stadio terminale: poiché queste situazioni sono pre-vedibili, è utile discuterne in anticipo e programmare co-me gestirle, per non trovarsi impreparati.

Le decisioni mediche relati-ve alla salute di una persona possono essere prese solo col suo consenso. Nel caso

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che questa persona non sia in grado di farlo, come succede a chi è affetto da demenza in fase avanzata, queste deci-sioni toccano per legge al rappresentante legale (tutore o amministratore di sostegno): egli può accettare o rifiutare i consigli del medico, in base a ciò che crede sia meglio per la persona stessa, tenendo conto del suo progetto di vita e delle volontà che può avere in qualche modo espresso in altri momenti della vita. Un familiare in quanto tale non ha alcun ruolo giuridico per accettare o rifiutare una proposta medica per il congiunto, a meno che non sia stato nominato tutore o amministratore di sostegno. Tuttavia i familiari gio-cano un ruolo fondamentale dal punto di vista relazionale e possono orientare le proposte del medico: essi sono coloro che conoscono quella persona più a fondo e da più tempo di chiunque altro lo assista o curi; essi sono i testimoni ed i custodi del suo progetto di vita e della sua volontà.

Talvolta, tra medico curante, familiari e/o rappresentante legale possono esservi dei contrasti e si può rendere ne-cessario arrivare ad un compromesso: ad esempio, si può accettare di provare per un tempo determinato un certo trat-tamento proposto e poi valutarne gli effetti per decidere se continuare o meno. Oppure si può interpellare un altro me-dico. È anche possibile coinvolgere il Comitato di Etica per la Pratica Clinica dell’ULSS (che è un organismo composto non solo da sanitari, ma anche da esperti di etica, giuristi, rappresentanti dei cittadini�).

Qualora si decidesse di non ricorrere a certi trattamenti, questo non vorrebbe dire abbandonare la persona, ma scegliere un percorso di cura che la rispetti fino in fondo secondo le modalità che la medicina palliativa offre per l’assistenza in fase terminale.

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Chi si prende cura delle persone che sono arrivate alla fi-ne del loro percorso di malattia (anche per la demenza) può fornire loro un fondamentale sostegno, mettendo in atto quanto possibile per alleviare i sintomi e circondarle di at-tenzioni umane che ne salvaguardino la dignità.

Nelle persone con demenza alla fine della vita, oltre alla grave compromissione della coscienza (spesso fino alla sua completa assenza), i più frequenti sintomi sono le infe-zioni, la difficoltà di respiro (dispnea), il dolore, l’agitazione e l’ansia.

A riguardo del dolore, in una fase di malattia avanzata é molto difficile capire quanto questo sia presente in un mala-to incapace di esprimersi. Ciononostante gli antidolorifici sono importanti, ed è possibile arrivare se necessario fino all’uso della morfina: è infatti ingiustificata la paura che “la morfina possa uccidere”; in genere sono tollerate dosi molto alte di questo farmaco fondamentale e a volte irrinunciabile per il controllo del dolore, a patto che l’aumento avvenga gradualmente e sempre sotto controllo medico. Là dove non esiste più la possibilità di guarire, l’obiettivo di un inter-vento medico è solo dare sollievo e la morfina risulta in quest’ottica un’arma fondamentale.

La necessità di usare cateteri vescicali facilita le infezioni urinarie, mentre i progressivi problemi a deglutire e a tossi-re efficacemente favoriscono le infezioni polmonari; pur-troppo, permanendo la causa che le provoca, anche se queste infezioni inizialmente rispondono alle terapie e gua-riscono, è quasi inevitabile che si presentino di nuovo.

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Sul versante dell’alimentazione, la perdita dello stimolo ad alimentarsi e della capacità di organizzare la deglutizione è nell’Alzheimer un altro segnale (forse il più importante) che ci avverte che la malattia sta volgendo inesorabilmente ver-so la sua fase terminale.

Anche se è tecnicamente possibile pensare di passare ad una alimentazione artificiale con un sondino o una PEG, ta-le decisione - in una persona con demenza terminale - va valutata con grandissima attenzione, tenendo presente al-cuni fattori importanti:

� l’uso del sondino e della PEG elimina qualsiasi pia-cere nel gustare il cibo e toglie alla persona anche quel momento di contatto umano che consiste nell’essere imboccato;

� l’inserimento nello stomaco di un sondino è piuttosto spiacevole e spesso bisogna ripeterlo (può ostruirsi o essere rimosso per sbaglio durante le manovre dell’igiene);

� le persone con demenza spesso tentano di sfilarsi il sondino o la PEG e questo può spingere verso un eccesso di contenzione;

� non è dimostrato che l’uso del sondino o della PEG sia in grado di prolungare la vita di un malato in una fase avanzata di demenza;

� infine, le polmoniti si verificano anche in persone nu-trite tramite sondino o PEG a causa di reflussi dallo stomaco nelle vie aeree.

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Quando un malato smette di mangiare e di bere, può vive-re ancora diversi giorni, a seconda delle sue condizioni fisi-che. Il decesso alla fine è causato dalla sua malattia che è giunta al termine, visto che l’alimentazione e idratazione forzata non avrebbero fatto altro che prolungare un proces-so di morire inarrestabile e causare sofferenze più prolun-gate.

Peraltro, in questa fase di malattia ormai non più recupe-rabile, il vero problema non è tanto se mettere il sondino o se combattere le frequenti complicanze che si verificano (polmonite, infezioni, o altro): la vera questione è racchiusa nella domanda:

“Di fronte a questa persona che è arrivata alla fine del suo percorso di malattia, che cosa possiamo e dobbiamo assi-curare? In che modo possiamo dimostrarle la nostra cura, il nostro affetto, il rispetto per la sua persona?”.

Là dove non esiste più la possibilità di guarire, rimane comunque un grande spazio per una presa in carico signifi-cativa, il cui obiettivo è dare sollievo, eliminare o ridurre i disturbi e le sofferenze che la malattia crea nella sua fase finale e salvaguardare la dignità della persona.

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16. La normativa e i provvedimenti a tutela del malato

Negli ultimi tempi sono intervenute delle leggi che hanno introdotto particolari benefici a favore delle persone malate e/o disabili.

� Invalidità Civile e Indennità di Accompagnamento; � Agevolazioni per persone con disturbi cognitivi, de-

menza, Alzheimer, handicap e altre invalidità e per i lo-ro familiari: Legge n. 104/1992;

� Impegnativa di Cura Domiciliare: Delibera di Giunta Regionale n.1338/2013;

� Servizio di Protesi e Ausili;

Invalidità Civile e Indennità di Accompa-gnamento

Per invalidità civile si intende una condizione di salute che comporta una riduzione significativa delle capacità lavorati-ve, motorie o psichiche.

Il riconoscimento dell'invalidità civile permette di accedere ad alcune facilitazioni, tra cui, in alcuni casi, l’esenzione dai ticket sanitari, l'assegnazione di benefici economici e di pro-tesi e ausili.

L’Indennità di Accompagnamento è una provvidenza eco-nomica riconosciuta dallo Stato a favore di cittadini invalidi civili totalmente inabili perché non in grado di deambulare senza aiuto permanente di un accompagnatore o non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita e che, per tale

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ragioone, necessitino di asssistenza continua. Detta indennità prescinnde dall’età, dal reddito o dal ppaatrriimmoonio del benefi-ciarioo o del suo nucleeo fammiliaree..

La presentazione della domanda deve rispettare i sseguen-ti passaggi:

� Per prima cosa bisogna rivolgersi al prrooprio mmedicco di medicinna generale per avere il rilascio del certificato “in-troduttivo”. Questo ha validità 30 giorni: se entro 30 giorninon si presenta la domanndda, il certificato scade e bisognarichiederlo nuovamente.

� UUna volta compilato e trasmesso via internet all’INPS, ilmediicco deve stampare, firmaare e consegnare il certificatoalla persona innteressata, insieme alla ricevuta della avve-nuta trasmissione della domannda che riporta un numeroiddentificativo della domanda stessa.

�� Quindi, la domanda, compilata su apposito modulo, va trasmessa al sito dell’INPS ((www.inps.it) indicando il nu-mero del certificato “introduttivo” che si trova anche nella riceevvuuta di avvenuuta trasmissione. Per la dommanndda è al-tresì possibile avvalersi del supporto degli enti abilitati: Patronattii, Sindacati, Caaf, AAssociazioni di Categoria.

La domanda può essere presentata dall'interessato o dachi lo rapppresenta legalmente (amministratore di sostegno, tuttore).

Perr iinnffoormmaazziioni è possibile rivolgersi all’Ufffficio Servizi Sff o-ciali del Comune o all’Ufficio Disabilità del Distretto Socio Sanitario.

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Agevolazioni per persone con disturbi co-gnitivi, demenza, Alzheimer, handicap e al-tre invalidità e per i loro familiari: Legge n.104/1992

La legge n. 104 del 5/2/1992 prevede una serie di misure ed agevolazioni per chi versa in una situazione di handicap e a vantaggio di chi presta assistenza in via esclusiva a tale malato.

Per la persona con handicap sono previste ad esempio agevolazioni per l'acquisto di mezzi di trasporto destinati al-le persone con indennità di accompagnamento ed alla con-seguente esenzione dal pagamento del bollo auto, e altre agevolazioni fiscali per l'acquisto di ausili.

Per chi assiste è prevista la possibilità di fruire di tre giorni di permesso retribuiti al mese dal lavoro. Sussiste poi il di-ritto a scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere (compatibilmente con l'organizzazione del datore di lavoro) e a non essere trasferito senza il pro-prio consenso. Sono inoltre previste detrazioni IRPEF per carichi di famiglia, agevolazioni fiscali per spese mediche e di assistenza necessaria, per gli oneri contributivi previden-ziali ed assistenziali versati per il personale assunto per l'assistenza personale o familiare e per le spese sostenute per l'eliminazione di barriere architettoniche all'interno dell'abitazione o in spazio condominiali comuni.

Dette misure e agevolazioni si rivolgono alle persone già in possesso di accertamento handicap.

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L’accertamento handicap viene effettuato dalle specifiche Commissioni competenti presso le Ulss, di solito conte-stualmente all’accertamento dell’invalidità civile (vedi so-pra).

In caso di esito positivo è necessario presentare il verbale conclusivo (senza dati sensibili, con il solo giudizio finale) ai diversi servizi o enti che gestiscono l'agevolazione stessa (ad esempio, per i permessi lavorativi rivolgersi al proprio datore di lavoro, per le agevolazioni relative al bollo auto ri-volgersi alla propria sede ACI, per la fornitura di ausili rivol-gersi al servizio Protesi e Ausili dell'ULSS, per le agevola-zioni relative all'abbattimento delle barriere architettoniche rivolgersi al proprio Comune ecc...).

Per ulteriori informazioni è possibile rivolgersi all'Ufficio Di-sabilità del Distretto Socio Sanitario o all’Ufficio Servizi So-ciali del Comune.

È possibile rivolgersi anche ai patronati sindacali, ai Caaf e alle associazioni di categoria, o consultare il sito www.handylex.org

Impegnativa di Cura Domiciliare: D.G.R. n° 1338/2013

L’Impegnativa di Cura Domiciliare (ICD) è un contributo (che può essere erogato in forma economica oppure di ser-vizi) destinato alle persone non autosufficienti anziane o di-sabili assistite al proprio domicilio e ai loro familiari.

Per ulteriori informazioni è possibile rivolgersi all'Ufficio Di-sabilità del Distretto Socio Sanitario o all’Ufficio Servizi So-ciali del Comune.

È possibile rivolgersi anche ai patronati sindacali, ai Caafi ealle associazioni di categoria, o consultare il sitowww.handylex.org

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Serve ad acquisire prestazioni di sup-porto e assistenza nella vita quotidiana a casa, ad integra-zione delle attività di assistenza domi-ciliare dei Comuni e dell’ULSS.

Sono previste 5 tipologie di ICD: utenti con basso, medio, alto bisogno assistenziale e utenti con grave disabilità psi-chica e intellettiva o fisico-motoria.

Gli importi dei contributi e le modalità di assegnazione so-no basati su graduatorie per gravità di bisogno assistenzia-le e situazione economica rilevata con l’ISEE.

La valutazione socio-sanitaria viene effettuata dall’Assistente Sociale e dal Medico di Medicina Generale attraverso il colloquio e la visita domiciliare per la compila-zione della specifica modulistica. Per alcune situazioni può esserci bisogno della valutazione multidimensionale del Di-stretto (Unità Valutativa Multidimensionale Distrettuale).

Per informazioni è possibile rivolgersi all’Ufficio Servizi So-ciali del Comune o all’Ufficio Disabilità del Distretto Socio Sanitario.

Vedi anche www.ulssvicenza.it/icd

Per informazioni è possibile rivolgersi all’Ufficio Servizi So-ciali del Comune o all’Ufficio Disabilità del Distretto SocioSanitario.

Vedi anche www.ulssvicenza.it/icd

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Servvizio ddi protesi ee ausili

L’Uffffiicio protesi e aauusili rriicceve ee valuta le richieste di pro-tesi e ausili. NNeel caso siano presenti tutti i requisiti previstiddaallla nnormativa vigente, provvede all’ autorizzazionee della fornitura.

Il cittadino deve rivolgersi a questo ufficio per:� richieesta di protesi di arto, oculari, acustiche, mamma-

rie; busto, calzature ortopedichee e plantari, ausili otticied elettronici e per la comunicazionee,, canule trachea-li, ausili per la mobilità ((carrozzine, deambulatori...), aussili antidecubito ((letti, materassi, ccussccini) e per llaa te-rappiiaa respiratoria;

� montascale;� richiesta di Ausili per persone stomizzate e sistemi di

raccolta urine;�� rriichiesta di fornitura di ausili per incontinenza (panno-

loni) anche a domicilio.

17. La rete dei servizi socio-sanitari

SSulla fammiglia del malato di Alzheimer ricade la parte prin-cipale dell’impegno assistenziale, quello di ogni giorno, diooggnnii oorraa,, dii ooggnni istante: è necessario che laa ffamigglia nnoon ssiiaa ssoollaa,, ssee vvooggliamo evitarree ddi meetttteree aa rriisscchhiioo ll’eeqquuiilliibbriioopsicoo-fisiicco dei suoi ccoommppoonnenti.

Per informazioni vedi i riferimenti utili nelle ultime pagine iioppure consulta il sito www.ulssvicenza.it > territorio> Coordinamento dei Direttori di Distretto

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La persona affetta da malat-tia di Alzheimer, infatti, neces-sita di un sistema di interventi socio-sanitari che garantisca diagnosi, terapia e assistenza. Questo deve essere garantito sia nella fase in cui le auto-nomie del malato sono da re-cuperare o da mantenere, sia nella fase di malattia avanzata e terminale.

La rete dei servizi deve prendere in carico sia il malato che la sua famiglia, guidandoli nella ricerca e nella realiz-zazione delle modalità assistenziali più adeguate alla loro particolare situazione. Anche questo concetto rientra nelle ragioni della costruzione dell’alleanza terapeutica tra medi-co, malato e familiare.

L’insieme dei servizi, degli aiuti e dei supporti si articola nella seguente offerta:

� Sportello Informativo Anziani Non autosufficienti; � Servizio Sociale Professionale Territoriale; � Medicina di base; � Ospedale; � Centri Decadimento Cognitivo; � Centro Regionale per lo Studio e la cura

dell’Invecchiamento Cerebrale; � Assistenza Domiciliare Comunale; � Assistenza Domiciliare Integrata; � Centri Diurni Socio-Sanitari; � Ricovero Temporaneo di Sollievo;

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� Strutture Residenziali per Non Autosufficienti; � Nuclei Alzheimer; � Gruppi di Auto Mutuo Aiuto e Gruppi di supporto; � Centri Sollievo

� Sportello informativo anziani non au-tosufficienti

Si tratta di uno sportello telefonico finanziato con il contri-buto della Fondazione Cariverona e del Progetto Home Ca-re Premium dell’INPS.

Lo sportello risponde alle domande dei cittadini e degli operatori relativamente alla rete dei servizi sociali, socio sanitari e sanitari per le persone anziane non autosufficien-ti. Media e facilita l’accesso agli stessi servizi anche attra-verso segnalazioni dirette.

Il servizio è gratuito per l’utenza (tranne il costo della tele-fonata).

Lo sportello è attivo presso il Settore Servizi Sociali e Abi-tativi del Comune di Vicenza, in contrà Mure S. Rocco 34.

Per contattare lo sportello chiamare il numero telefonico 0444-222569 - un operatore sarà presente per rispon-dere alle chiamate nei seguenti giorni e orari:

� Tutte le mattine dal lunedì al venerdì dalle ore 10.00 alle ore 12.00

� I pomeriggi di martedì, mercoledì e giovedì dalle ore 16.00 alle ore 18.00

Lo sportello è attivo presso il Settore Servizi Sociali e Abi-tativi del Comune di Vicenza, in contrà Mure S. Rocco 34.

Per contattare lo sportello chiamare il numero telefonico0444-222569 - un operatore sarà presente per rispon-dere alle chiamate nei seguenti giorni e orari:

� Tutte le mattine dal lunedì al venerdì dalle ore 10.00alle ore 12.00

� I pomeriggi di martedì, mercoledì e giovedì dalle ore 16.00 alle ore 18.00

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Per richiedere ulteriori informazioni inviare una e-mail all'in-dirizzo: [email protected]

� Servizio Sociale professionale territo-riale

Il servizio sociale territoriale è il primo passo per accedere alla rete dei servizi garantiti dal comune di residenza; per la sua funzione di accoglienza, informazione e orientamento, lettura dei bisogni e definizione dei percorsi di “presa in ca-rico”, rappresenta uno snodo fondamentale del sistema dei servizi.

Coordinandosi con gli altri professionisti, l’assistente so-ciale realizza un progetto mirato e individualizzato per la famiglia affinché questa possa trovare un valido punto di ri-ferimento, sentendosi supportata e affiancata nel difficile percorso dell’assistenza.

In concreto il servizio sociale territoriale offre:

� supporto e presa in carico del nucleo familiare; � aiuto e indirizzamento pratiche invalidità; � attivazione servizio di assistenza domiciliare; � attivazione procedura per accesso ai servizi resi-

denziali e diurni. Vedi riferimenti telefonici dei Servizi Sociali e dei Comuni

Per richiedere ulteriori informazioni inviare una e-mail all'in-iidirizzo: [email protected]

Vedi riferimenti telefonici dei Servizi Sociali e dei Comuni

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� Ospedale

L’Ospedale è, soprattutto, il luogo in cui è possibile essere ricoverati quando la patologia e la criticità delle sue manife-stazioni impongono indagini, cure e osservazione continue.

� Medicina di Base

I Medici di Medicina Generale sono i responsabili operativi della Medicina territoriale, con attività di prevenzione-diagnosi-cura delle malattie che colpiscono i propri assistiti. Essi collaborano con il Distretto Socio-Sanitario, partecipa-no alle UVMD per la definizione dei percorsi assistenziali individuale, visitano nei propri ambulatori secondo orari predefiniti ed a domicilio degli assistiti qualora non traspor-tabili, rilasciano documentazioni a scopo amministrativo-previdenziale, somministrano vaccinazioni.

Consulta anche www.ulssvicenza.it > territorio > medici di medicina generale

� Centro Decadimento Cognitivo

E’ un servizio specialistico che, collocato all’interno dell’Ospedale, ha il compito di valutare il paziente, fare dia-gnosi di malattia, elaborare e prescrivere il piano di tratta-mento, controllare l’efficacia e la tollerabilità dei farmaci prescritti, offrire indicazioni assistenziali. Costituisce un punto di riferimento per i medici di medicina generale, per gli specialisti e per le famiglie.

Consulta anche www.ulssvicenza.itvv > territorio > medici di medicina generale

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Nell’Azienda ULSS n° 6 Vicenza sono attivi due Centri Decadimento Cognitivo facenti capo alle U.O. di Geriatria e di Neurologia.

I servizi offerti sono i seguenti:

� visita medica di presa in carico, prescrizione e gestio-ne dell’ iter diagnostico, della terapia e dei controlli periodici;

� iter diagnostico: esami umorali e strumentali (radio-grafie, Tac cerebrale, doppler TSA e altri esami). Se e quando la situazione clinica lo richiede, si program-mano indagini nuove o di controllo;

� valutazione neuropsicologica delle funzioni cognitive;

� counseling: è un servizio offerto ai familiari. Quando alla malattia si associano difficoltà di gestione del ma-lato o della situazione nel suo complesso, è utile il confronto con persone esperte che ascoltano e aiuta-no a individuare le priorità e le modalità più adeguate alla soluzione dei problemi;

� stimolazione cognitiva: percorsi individuali o di grup-po di stimolazione delle funzioni cognitive.

Per accedervi: la prima visita viene prenotata al numero verde del CUP. Tutte le altre attività vengono programmate all’interno del servizio stesso. E’ possibile effettuare la prenotazione della visita chiaman-do il seguente N° verde del Centro Unico Prenotazioni; op-pure rivolgendosi alle sedi dei Distretti Socio-Sanitari o alle Farmacie abilitate alla prenotazione CUP.

Per accedervi: la prima visita viene prenotata al numero verde del CUP. Tutte le altre attività vengono programmateall’interno del servizio stesso.E’ possibile effettuare la prenotazione della visita chiaman-do il seguente N° verde del Centro Unico Prenotazioni; op-pure rivolgendosi alle sedi dei Distretti Socio-Sanitari o alle Farmacie abilitate alla prenotazione CUPll .

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N° verde 800 403 960

Per prenotare, tenere a portata di mano la prescrizione del medico (ricetta), la nuova tessera sanitaria blu plastificata e la vecchia tessera sanitaria.

� C.R.I.C. Centro Regionale per lo Stu-dio e la cura dell’Invecchiamento Ce-rebrale – Selvazzano Dentro (PD)

Il CRIC offre ai pazienti che necessitano di attività diagno-stiche e terapeutiche una serie di servizi che vanno dalle semplici visite multispecialistiche ai ricoveri diagnostici per approfondire casi di particolare complessità. Tali attività possono essere attuate anche senza degenza nel corso di day hospital.

N° telefono 049 8241611 – 049 8217025

Vedi anche www.sanita.padova.it > reparti > CRIC

� Assistenza Domiciliare Comunale

E’ un servizio del Comune di residenza che ha la funzione di supportare a casa propria la persona ammalata e la sua famiglia per le seguenti attività:

� cura della persona (l’igiene personale, l’aiuto nel ve-stirsi e nell’assumere i pasti, l’assistenza nella corretta assunzione delle terapie prescritte dal medico, ecc..);

� l’assistenza alla persona nelle attività della vita quoti-diana (l’aiuto nella deambulazione sia all’interno che

N° telefono 049 8241611 – 049 8217025

Vedi anche www.sanita.padova.it > reparti > CRIC

N° verde 800 403 960

Per prenotare, tenere a portata di mano la prescrizione del medico (ricetta), la nuova tessera sanitaria blu plastififf cata ela vecchia tessera sanitaria.

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all’esterno dell’abitazione, la mobilizzazione della per-sona in carrozzina o a letto, la prevenzione delle pia-ghe da decubito, ecc.);

� il governo della casa;

� le prestazioni di segretariato sociale e di informazione sull’accesso ai servizi. L’assistenza domiciliare è tanto più efficace quanto più si integra con la cura familiare ed eventualmente con altri servizi diurni, secondo una linea di continuità assistenziale che dà sicurezza all’ammalato.

Nell’ambito dei piani di Assistenza Domiciliare, concordati con la persona interessata e con la sua famiglia, possono essere attivati anche il pasto giornaliero a domicilio, il tra-sporto per non deambulanti, il telecontrollo/telesoccorso, fintantoché le condizioni cognitive dell’utente consentono un uso appropriato di questo servizio. Per informazioni: rivolgersi ai Servizi Sociali del Comune di residenza.

Vedi anche www.comune.vicenza.it > cittadino > anziani > assistenza domiciliare.

� Assistenza Domiciliare Integrata

L’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) è un servizio di assistenza a contenuto sanitario e socio-sanitario che, at-traverso l’intervento di più figure professionali sanitarie e sociali realizza a domicilio del paziente di qualsiasi età un

Per informazioni: rivolgersi ai Servizi Sociali del Comune di rerr sidenza.

Vedi anche www.comune.vicenza.it > cittadino > anziani > assistenza domiciliare.

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progetto assistenziale unitario limitato o continuativo nel tempo.

Si tratta di prestazioni mediche svolte da medici di medi-cina generale, prestazioni infermieristiche, compresi prelievi ematici da parte di personale qualificato, prestazioni di me-dicina specialistica da parte degli specialisti dell’Azienda ULSS dipendenti o in convenzione, prestazioni riabilitative erogate da terapisti della riabilitazione, fornitura di ausili personalizzati per una migliore gestione domiciliare.

Il servizio A.D.I. ha lo scopo di favorire quanto più possibi-le la permanenza dell’assistito nel proprio ambito familiare, migliorando con azioni di supporto, la qualità di vita del ma-lato e della sua famiglia ed evitando il ricovero in ospedale durante le fasi non acute della malattia.

Il servizio di A.D.I. si rivolge a persone di tutte le età: � non autosufficienti o con sufficienza limitata; � con patologie croniche o patologie acute tempora-neamente invalidanti che richiedono interventi da parte di più figure professionali; � che vivono in un ambiente compatibile con il tratta-mento assistenziale individuato; � con un contesto familiare adeguato senza il quale non sarebbe possibile attuare un progetto di Assistenza Domiciliare Integrata.

Per informazioni vedi i riferimenti utili oppure è possibile contattare la Centrale Operativa del Distretto Socio Sanita-rio più vicina.

Per informazioni vedi i riferimenti utili oppure è possibile contattare la Centrale Operativa del Distretto Socio Sanita-rio più vivv cina.

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Vedi anche www.ulssvicenza.it > Territorio> Distretti Socio Sanitari > Unità Organizzativa Cure Primarie

� Centri Diurni Socio Sanitari

Si tratta di servizi che accolgono in orario diurno le perso-ne non autosufficienti nonché quelle affette da demenza. I Centri Diurni sono aperti dal lunedì al venerdì, esclusi i giorni festivi infrasettimanali, per tutto l’anno. Gli ospiti frui-scono del servizio di trasporto assistito per l’accesso al Centro ed il rientro pomeridiano a domicilio (il trasporto è attivo per i soli residenti nel Comune di Vicenza) e parteci-pano ad attività finalizzate alla stimolazione delle capacità cognitive ancora presenti. Nel corso della giornata vengono offerti pasto e spuntini ed è possibile effettuare l’igiene per-sonale in vasca protetta e gli interventi infermieristici pre-scritti. Il centro diurno non è solo un servizio che aiuta e as-siste la persona non autosufficiente ma funge da risorsa anche per il caregiver, che viene sollevato dal carico assi-stenziale in modo da poter ritrovare serenità ed energia per l’ordinaria assistenza che in alcuni momenti può risultare faticosa sia a livello fisico che emotivo.

Per informazioni vedi i Centri Diurni Socio Sanitari nella se-zione dei riferimenti utili.

Vedi anche www.ipab.vicenza.it > SERVIZI > Centro Diurno Trento; Centro Diurno Bachelet; Centro Diurno Villa Rota Barbieri.

La richiesta di inserimento al Centro Diurno Socio Sanitario va presentata ai Servizi Sociali del Comune di residenza.

Vedi anche www.ulssvicenza.it > Territorio> Distretti Socio Sanitari > Unità Organizzativa Cure Primarie

Per informazioni vedi i Centri Diurni Socio Sanitari nella srr e-zione dei riferimenti utili.

Vedi anche www.ipab.vicenza.it > SERVIZI > Centro Diurno Trento; Centro Diurno Bachelet; Centro Diurno Villa Rota Barbieri.

La richiesta di inserimento al Centro Diurno Socio Sanitario va presentata ai Servizi Sociali del Comune di residenza.

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� Ricovero temporaneo di sollievo

Il servizio ha lo scopo di sollevare per un periodo limitato (generalmente di 30 giorni) la famiglia che presta assisten-za alla persona non autosufficiente, che viene pertanto affi-data alle cure di una struttura residenziale al fine di favorire la ripresa fisica e psicologica di chi presta assistenza non-ché il riassestamento delle relazioni familiari, talora messe in crisi dalla convergenza di risorse verso l’ammalato. La proposta di ricovero temporaneo viene valutata in sede UVMD che definisce il progetto assistenziale individualizza-to, compresi gli obiettivi terapeutici.

Per informazioni: rivolgersi ai Servizi Sociali del Comune di residenza o alla Centrale Operativa UVMD/ADI del Distretto Socio-Sanitario.

� Strutture Residenziali per non auto-sufficienti

Si tratta di centri di servizio che offrono a persone non au-tosufficienti di norma anziani, con esiti di patologie fisici, psichici, sensoriali e misti non curabili a domicilio, un livello di assistenza medica, infermieristica, riabilitativa, tutelare e alberghiera organizzate in base alla specifica unità di offer-ta.

Per informazioni è possibile rivolgersi ai Servizi Sociali del Comune di residenza o direttamente alla struttura residen-ziale individuata. Altresì è possibile consultare il sito inter-net: www.casediriposovicenza.it

Per informazioni: rivolgersi ai Servizi Sociali del Comune di rerr sidenza o alla Centrale Operativa UVMD/ADI del Distretto Socio-Sanitario.

Per informazioni è possibile rivolgersi ai Servizi Sociali del Comune di residenza o direttamente alla struttura residen-ziale individuata. Altresì è possibile consultare il sito inter-net: www.casediriposovicenza.it

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� Nuclei Alzheimer

Il nucleo Alzheimer è una struttura dotata di assistenza specializzata per le persone con decadimento cognitivo di grado medio-severo di varia origine. In particolare fornisce risposte a determinate fasi della malattia, quelle in cui sono presenti problemi comportamentali e di disorientamento spazio temporale, con o meno una deambulazione integra. Si tratta di moduli organizzativi generalmente di 24 posti let-to situati all’interno di strutture residenziali per anziani e progettati con caratteristiche tali da renderlo il più possibile simile all’ambiente domestico, pur tenendo conto delle ne-cessità di spazio per assicurare alla persona libertà e sicu-rezza nel movimento.

E’ opportuno che il caregiver si rechi presso la struttura prescelta per poter ricevere tutte le informazioni necessarie ed effettuare una visita dei locali del nucleo.

Per informazioni vedi la sezione dei riferimenti utili.

Vedi anche www.casediriposovicenza.it > Vuoi cercare un posto letto? > Tipologia di offerta > Media Intensità Assi-stenziale – Nucleo Alzheimer, Disponibilità ad accogliere persone affette da demenza

La richiesta di inserimento in una struttura residenziale va presentata ai Servizi Sociali del Comune di residenza che attiveranno l’UVMD per verificare l’idoneità all’accesso.

Per informazioni vedi la sezione dei riferimenti utili.ii

Vedi anche www.casediriposovicenza.it > Vuoi cercare unposto letto? > Tipologia di offerta > Media Intensità Assi-stenziale – Nucleo Alzheimer, Disponibilità ad accogliere rrpersone affette da demenza

La richiesta di inserimento in una struttura residenziale vapresentata ai Servizi Sociali del Comune di residenza cheattitt veranno l’UVMD per verificare l’idoneità all’accesso.

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� Gruppi di Auto Mutuo Aiuto e Gruppi di Supporto

Si tratta di un’iniziativa rivolta alle persone che sostengo-no il carico dell’assistenza ad un malato di Alzheimer (i ca-regiver). Gli incontri si svolgono con cadenza periodica e prevedono, in una fase iniziale, dei momenti informativi, da parte di esperti, sulla malattia e sull’offerta dei servizi nel territorio.

Gli incontri sono occasione di scambio di informazioni e di vissuti personali, a partire dall’esperienza diretta di ciascu-no: è da questa reciprocità che i partecipanti possono otte-nere preziosi suggerimenti, utile contributo per fronteggiare il carico assistenziale.

Il gruppo viene convocato da un facilitatore.

Per avere informazioni sui gruppi di auto mutuo aiuto e di supporto presenti nel territorio è necessario rivolgersi ai Servizi Sociali comunali oppure consultare i riferimenti tele-fonici.

Vedi anche www.ulssvicenza.it/progettoalzheimer > Presta-zioni > Gruppi di Auto Mutuo Aiuto per l’Alzheimer, Alzhei-mer: guida e materiali informativi per famigliari o caregiver

� Centri Sollievo

Si tratta di un luogo accogliente nei quali volontari prepa-rati e formati accolgono, per qualche ora e/o qualche giorno alla settimana, le persone affette da decadimento cognitivo negli stadi iniziali.

Per avere informazioni sui gruppi di auto mutuo aiuto e di supporto presenti nel territorio è necessario rivolgersi ai Servizi Sociali comunali oppure consultare i riferimenti tele-fonici.

Vedi anche www.ulssvicenza.it/progettoalzheimer > Presta-zioni > Gruppi di Auto Mutuo Aiuto per l’Alzheimer, Alzhei-mer: guida e materiali informativi per famigliari o carerr giver

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Vengono svolte attività specifiche, adeguate e mirate ri-spetto alle esigenze delle persone coinvolte e al loro livello di abilità residue, con la supervisione di professionisti esperti.

Per avere informazioni sui Centri Sollievo presenti nel terri-torio è necessario rivolgersi ai Servizi Sociali comunali.

Vedi anche www.avmad.blogspot.it

Il percorso valutativo

� L’U.V.M.D. (Unità Valutativa Multidimensionale Distrettuale)

Abbiamo descritto la rete dei servizi sociali e sanitari di-sponibili per le persone con problemi cognitivi e per le loro famiglie. A questi servizi l’utente può accedere direttamen-te, secondo le modalità di accesso indicate per ciascuno di essi. Quando il bisogno assistenziale è complesso e richie-de integrazione tra servizio sanitario e servizio sociale, è necessario richiedere l’intervento di valutazione dell’ Unità di Valutazione Multidimensionale Distrettuale.

La presa in carico sia del malato che della sua famiglia, la ricerca e la realizzazione delle modalità assistenziali più adeguate alla loro particolare situazione rappresenta il compito della Unità Valutativa Multidimensionale Distrettua-le (UVMD).

La domanda di valutazione può essere presentata dalla persona in stato di bisogno socio sanitario, da un familiare o da qualsiasi operatore che sia a conoscenza del bisogno, in ogni caso garantendo il consenso informato della perso-

Per avere informazioni sui Centri Sollievo presenti nel terri-rrtorio è necessario rivolgersi ai Servizi Sociali comunali.

Vedi anche www.avmad.it

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na interessata e l’autorizzazione al trattamento ai dati per-sonali ( salvo le eccezioni previste dalla legge).

La domanda può essere presentata in qualsiasi punto del-la rete dei servizi socio sanitari pubblici o privati convenzio-nati, oltre che all’interno dei costituendi Sportelli Unici e del Distretto socio sanitario della stessa ULSS o di un’altra ULSS.

La UVMD è composta da diverse figure professionali (Medico di Medicina Generale, Medico Specialista, Infer-miere Professionale, Terapista della Riabilitazione, Assi-stente Sociale, Operatore Socio-Sanitario) ed è coordinata da un Medico Coordinatore. L’UVMD ha la funzione di valu-tare i bisogni complessivi sia di natura sociale che sanitaria presentati dalla persona che chiede il servizio, con la finali-tà di definire un progetto assistenziale individualizzato che specifichi la tipologia, la dimensione quantitativa, la durata dell’intervento e soprattutto gli obiettivi da raggiungere per soddisfare le esigenze assistenziali del malato, tenendo conto anche dei bisogni e delle risorse del contesto familia-re. L’attivazione dell’UVMD è necessaria per l’acceso all’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), ai Centri Diurni Socio-Sanitari e alla Residenzialità temporanea e definitiva.

Per informazioni è possibile rivolgersi ai Servizi Sociali del Comune di residenza o alla sede del Distretto Socio-Sanitario.

La domanda di valutazione si presenta utilizzando il modulo di attivazione U.V.M.D. presente in www.ulssvicenza.it > Prestazioni e Servizi per il cittadino > Anziani e terza età >

Per informazioni è possibile rivolgersi ai Servizi Sociali del Comune di residenza o alla sede del Distretto Socio-Sanitario.

La domanda di valutazione si presenta utilizzando il modulodi attivazione U.V.M.D. presente in www.ulssvicenza.it >Prestazioni e Servizi per il cittadino > Anziani e terza età >

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Accesso ai servizi residenziali e semiresidenziali per anzia-ni > Allegati > Valutazione UVMD.

18. Le associazioni dei familiari

Come detto la Malattia di Alzheimer è una malattia degenerativa progressiva, irreversibile e di lunga durata. Con l’avanzare della patologia vengono meno le capacità di assolvere alle normali attività quotidiane e di prendersi cura di se stessi. Ne consegue un aumento progressivo della dipendenza del malato da uno o più soggetti che se ne devono fare carico.

La malattia quindi impatta non solo sul malato ma su tutto il nucleo familiare che lo accoglie, in modo particolare per chi lo assiste costantemente (caregiver primario).

La famiglia si trova ad affrontare quotidianamente problemi nuovi e mutevoli nel tempo, ai quali risulta difficile dare delle soluzioni efficaci per il malato e chi lo assiste. La difficoltà di trovare risposte a questi problemi accresce un senso di inadeguatezza del caregiver, che tende ad isolarsi con evidenti conseguenze per la propria la salute psichica e fisica.

La malattia tende a rompere gli equilibri che sostengono nel tempo la famiglia, ne compromette la capacità di intrattenere una normale attività relazionale e sociale portando in molti casi ad un vero e proprio isolamento da parte del mondo esterno, innescando di conseguenza sentimenti di frustrazione e impotenza davanti a tali situazioni.

Accesso ai servizi residenziali e semiresidenziali per anzia-ni > Allegati > Valutazione UVMD.

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Non va inoltre trascurato l’impatto che essa ha nell’aspetto economico della famiglia stessa.

Con l’obiettivo di poter fornire un concreto aiuto ai familiari dei malati durante tutto il percorso della malattia esistono le associazioni di familiari, che orientano il proprio impegno a:

� rappresentare gli associati presso Autorità, Enti, altre Associazioni, in sede legislativa ed amministrativa;

� promuovere iniziative socio-culturali per diffondere meccanismi di inclusione dei malati e delle loro famiglie in ambiti diversi da quello sanitario;

� stimolare attività finalizzate a percorsi di formazione per le figure assistenziali che ruotano attorno al malato (familiari, badanti, volontari, ecc.), della divulgazione delle esperienze e di aggiornamento sullo stato di avanzamento delle conoscenze biomediche;

� organizzare iniziative e servizi che supportino concretamente le famiglie, dai gruppi di mutuo aiuto al sostegno psicologico dei familiari;

� essere interlocutore privilegiato per Enti pubblici e privati, stimolando un rapporto dialettico che permetta di migliorare i servizi mettendo al centro di questa azione il malato stesso.

Nel Vicentino è attiva dal 2007 l'Associazione Veneto Malattia di Alzheimer e Demenze degenerative Onlus che svolge numerose attività di supporto per le famiglie, sollecitando e collaborando con la rete dei servizi per garantire una sempre migliore presa in carico dei malati nel

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tessuto assistenziale.

A.V.M.A.D. ONLUS Via G. Prati, 14 Vicenza – Tel. 377 5069391 [email protected] www.avmad.blogspot.it

A.V.M.A.D. ONLUSVia G. Prati, 14 Vicenza – Tel. 377 [email protected]

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Letture consigliate

� Nancy L. Mace, Peter V. Rabins “Una giornata di 36 ore – Prendersi cura della persona con demenza”, Edizioni Centro Studi Erickson, Trento, 2013

� A cura di Gabelli C. e Gollin D. “Stare vicino a un malato di Alzheimer - dubbi, domande, possibili ri-sposte”, Il Poligrafo, Padova, 2006

� A cura di Baratella P., Tecchio M. “La badante nella cura della persona non autosufficiente – manuale di formazione socio assistenziale e linguistica della badante e del familiare”, Edizioni Erickson, Trento, 2004

� Henderson C.S., Andrews N., Visione parziale. Un diario dell’Alzheimer, Edizione Italiana a cura di As-sociazione Goffreedo De Banfield e Federazione Al-zheimer Italia, Editoriale Lloyd, Trieste, 2002

� Alzheimer Europe, Alzheimer Italia: Manuale per prendersi cura del malato di Alzheimer, Grafiche Moretti, Milano, 1999

Siti web

� www.ulssvicenza.it/progettoalzheimer � www.comune.vicenza.it � www.ipab.vicenza.it � www.alzheimer.it � www.alzheimer-aima.it � www.centroalzheimer.org � www.handilex.org � www.casediriposovicenza.it

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Coordinamento del Progetto “Polo Assistenziale Alzheimer” Tel. 0444 753006 – Fax. 0444 753063 E-mail: [email protected] Sito web: www.ulssvicenza.it/progettoalzheimer

c/o

Azienda U.L.S.S. n° 6 “Vicenza” U.O.S. Servizio Adulti Anziani Corso SS. Felice e Fortunato, 229 36100 Vicenza Vicenza, Gennaio 2014

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