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Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù PROGETTO APOSTOLICO 2017-2018 GESUITI JESUITS DISCERNIMENTO CULTURA GIUSTIZIA ANNUNCIO DEL VANGELO

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Provincia Euro-Mediterraneadella Compagnia di Gesù

PROGETTO APOSTOLICO 2017-2018

GESUITIJESUITS

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CULTURA

GIUSTIZIA

ANNUNCIO DEL VANGELO

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3 Sul discernimento in comune P. Arturo Sosa, S.J.

20 Lettera del Padre Provinciale per presentare lo stato del Progetto Apostolico della Provincia Euro-Mediterranea

P. Gianfranco Matarazzo, S.J.

24 Prima versione del «Progetto apostolico» della Provincia Euro-Mediterranea (EUM) della Compagnia di Gesù

P. Gianfranco Matarazzo, S.J.

34 Tappe per l’attuazione e alcune domande utili al processo del Progetto Apostolico

SOMMARIO

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SUL DISCERNIMENTO IN COMUNE

2017/11

A tutta la Compagnia

Cari Fratelli nel Signore,

Lo scorso 10 luglio ho indirizzato a tutta la Com-pagnia una lettera (2017/08) invitandola a riflettere sull’intima relazione tra la nostra vita e la missione alla quale siamo chiamati e inviati.

Si trattava di un invito a scoprire, accogliere e in-carnare in profondità il messaggio della Congregazione Generale 36a. In continuità con quella riflessione mi propongo di condividere, questa volta, alcune conside-razioni sul discernimento in comune, condizione necessaria per realizzare le decisioni della Congregazione Genera-le, coerentemente con le caratteristiche della spiritualità che anima il nostro corpo religioso e apostolico.

Chiamati a discernereDiscernere le conseguenze del formulare la missione

della Compagnia come contributo alla riconciliazione e scegliere priorità apostoliche universali in questo mo-mento del mondo e della Compagnia medesima, sono due grandi sfide che ci sottopone la Congregazione Ge-

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nerale 36a e che esigeranno da noi e dai nostri compa-gni nella missione di crescere nella capacità di discerni-mento in comune.

Esistono altre dimensioni in cui siamo invitati a cre-scere a partire dal discernimento in comune, tra le qua-li, costituirci come corpo interculturale, approfondire il dialogo con le culture e le religioni, e promuovere una cultura della tutela dei bambini, dei giovani e delle per-sone vulnerabili.

La Congregazione Generale 36a conferma che il di-scernimento in comune è inerente al modo di procedere della Compagnia di Gesù. L’immagine dei primi com-pagni a Venezia (1537) sottolinea la capacità che hanno acquisito di deliberare in comune, alla luce dello Spi-rito Santo, nonostante fossero un gruppo culturalmen-te tanto variegato1; senza dubbio, tutti hanno una vita spirituale attiva, caratterizzata dall’essersi innamorati di Cristo negli Esercizi Spirituali, per il servizio ai poveri e per la disponibilità a essere inviati dalla Chiesa lì dove ci fosse maggiore necessità.

1 Leggiamo nella Deliberatio Primorum Patrum: «Perché come già ci era accaduto molte volte, essendo alcuni di noi francesi, altri spagnoli, altri savoiardi e altri cantabri, avevamo riguardo al nostro stato di-versità di pareri e di opinioni, anche se tutti con la medesima inten-zione e volontà di cercare la beneplacita e perfetta volontà di Dio. Secondo il fine della nostra vocazione».

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Anche oggi la Compagnia di Gesù, collaboratrice con altri nella missione di riconciliazione in Cristo af-fidata alla Chiesa, ha davanti a sé la sfida di discernere in comune, a ogni livello, le sue decisioni importanti, avendo cura della partecipazione di tutto il corpo apo-stolico, chiamato a scegliere come contribuire nel migliore dei modi possibili all’annuncio della Buona Notizia del Vangelo e alla trasformazione del mondo, in un’epoca di cambiamenti veloci e profondi.

Da parte sua, papa Francesco ha insistito ancora una volta sull’importanza del discernimento spiritua-le per tutta la Chiesa. In particolare ha richiesto alla Compagnia di Gesù di contribuire alla diffusione del discernimento nella vita ecclesiale. In questo orizzon-te, ci rendiamo conto che ricorrere normalmente al discernimento spirituale come strumento per cercare e trovare la volontà di Dio in tutte le dimensioni della nostra vita-missione, comporterà come conseguenza una rivitalizzazione della nostra missione-vita e una crescita della nostra capacità di servire la Chiesa nei tempi attuali.

Discernimento in comune e pianificazione apostolicaIl discernimento in comune si realizza tanto nelle nostre

comunità come nelle opere apostoliche, con la parte-cipazione attiva dei compagni e delle compagne nella missione. È logico che il gruppo che discerne in comu-

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ne sia diverso secondo la decisione che ci si propone di prendere. Nella vita della Compagnia esistono molte decisioni che richiedono il contributo di più di un grup-po al discernimento in comune per poter giungere alla decisione finale, in sintonia con la volontà di Dio assi-duamente ricercata. Il discernimento in comune si uti-lizza con frutto nelle Consulte di Provincia, nei Consigli Direttivi delle istituzioni di identità gesuitica e in tutte le istanze del governo apostolico.

Il discernimento in comune è la condizione pre-via a una pianificazione apostolica a tutti i livelli della struttura organizzativa della Compagnia di Gesù. Di-scernimento in comune e pianificazione apostolica si convertono così nel binomio che garantisce che le deci-sioni siano assunte alla luce dell’esperienza di Dio e che queste siano messe in pratica in un modo che realizzi la volontà di Dio con efficienza evangelica.

La tensione positiva tra discernimento in comune e pianificazione apostolica richiede, nella visione ignazia-na, l’examen spirituale del vissuto per continuare a cre-scere nella fedeltà alla volontà di Dio. Per questo, non basta una verifica sistematica del nostro apostolato. È necessario portarla a termine dal punto di vista della prospettiva spirituale dell’examen attraverso il quale Ignazio ci invita a riconoscere l’azione di Dio nella sto-ria, essere grati per i suoi benefici, chiedere perdono per non essere sempre all’altezza e la grazia di essere miglio-ri collaboratori in questa Sua azione.

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La pianificazione apostolica, nata dal discernimento in comune, si converte così in strumento per la nostra efficacia apostolica evitando di convertirla in un tributo alla moda delle tecniche dello sviluppo organizzativo.

La pratica del discernimento in comuneLa convinzione che Dio opera nella storia e si co-

munica agli esseri umani è il presupposto sul quale si fondano gli sforzi per discernere in comune. Per questo si devono cercare le condizioni che permettano di ascol-tare lo Spirito Santo e per lasciarsi guidare da Lui nella vita-missione. Tale disposizione, personale e di gruppo, di accogliere e seguire lo Spirito che si comunica, evita i falsi discernimenti in comune che cercano solo di rive-stire di un linguaggio ignazianamente corretto decisioni prese precedentemente con criteri del proprio gruppo2.

Esistono preziose esperienze di discernimento in co-mune tanto nella tradizione quanto nella vita attuale della Compagnia. Fare una ricognizione delle buone pra-tiche di discernimento in comune così come della biblio-grafia pertinente per metterla a disposizione di quanti partecipano alla missione, sarebbe un compito di gran-de aiuto per rafforzare una cultura del discernimento in

2 I capitoli 42 e 43 del profeta Geremia raccontano un chiaro esem-pio di un falso discernimento in comune.

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comune. Incoraggio le Opere Apostoliche, le Province, le Regioni e le Conferenze dei Superiori Maggiori a re-alizzare questo compito, senza fretta ma in modo co-stante, così come anche ad elaborare processi formativi sul discernimento in comune, che siano accessibili a tutti coloro con cui condividiamo la missione e a tutti quei membri della Chiesa che si sentano chiamati a crescere in questa dimensione della vita cristiana.

Proprietà del discernimento in comuneDesiderando contribuire alla crescita di questa di-

mensione della nostra vita, senza pretendere di sostituire altri buoni sussidi ed eccellenti studi su questo tema, vo-glio riferirmi alle principali proprietà del discernimento in comune. Sono proprietà presenti in diverso grado in funzione delle circostanze in cui si realizza tale esperien-za. L’enumerazione che segue non pretende di propor-re tappe o passi, bensì indicare ciò che caratterizza un discernimento in comune attraverso le sue proprietà. A volte saranno tutte presenti, altre volte non lo saranno nella medesima forma. Seguendo il criterio ignaziano, il discernimento in comune tiene in conto le persone, i tempi e i luoghi 3. Un buon discernimento in comune richiede:

3 Per esempio: Costituzioni della Compagnia di Gesù [64, 238, 343].

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1. Scegliere bene la materia. Non tutte le decisioni richiedono un discernimento in comune. Il discerni-mento in comune è fatto per cercare e trovare la volontà di Dio in questioni importanti nelle quali non è totalmen-te chiaro cosa fare, come farlo, cosa sia meglio fare o come farlo nel migliore dei modi possibili. Di con-seguenza, è cruciale saper scegliere la questione o le questioni che hanno bisogno di una elezione attraverso un discernimento in comune. Allo stesso tempo, biso-gna avere a disposizione un’informazione completa, di qualità e alla portata di tutti sulla materia da trat-tare. Il buon discernimento dipende dalla conoscenza precisa della materia sulla quale si vuole fare elezione e di quale sia il risultato sperato da un processo tanto esigente e complesso. In questo modo si evita la ba-nalizzazione di chiamare “discernimento” qualunque modo di giustificare decisioni piccole o grandi.

2. Sapere chi e per quale ragione partecipa. È ne-cessario stabilire con chiarezza quali soggetti partecipino al processo di discernimento, per quale ragione e in quale condizione lo fanno. La materia su cui si compie l’ele-zione determinerà i soggetti che si invitano a parteci-parvi. Questo significa che ciascun partecipante deve sapere con esattezza e accettare liberamente la ragio-ne per cui forma parte del gruppo che discerne e in quale condizione lo compie. In funzione del gruppo, della materia e delle altre condizioni in cui si realizza

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il discernimento, può essere conveniente e prudente invitare altri soggetti in qualità di accompagnanti del processo o esperti nelle questioni da trattare.

3. Libertà interiore, o indifferenza ignaziana, è una condizione senza la quale non è possibile compie-re una buona elezione. I soggetti che partecipano al discernimento devono coltivare la propria liber-tà interiore, ossia, il proprio distacco dagli interessi personali per accettare ciò che è il bene maggiore nella prospettiva del Vangelo. L’indifferenza è frut-to di un’autentica vita spirituale nella quale vita e missione sono inseparabili, così come lo fa risaltare la messa a fuoco fatta proprio dalla Congregazione Generale 36a. Anche per coloro che condividono la missione, però non la fede cristiana, è possibile e ne-cessario acquisire questa libertà interiore che suppo-ne uscire dal proprio amore, volere e interesse4. Tale libertà interiore è una possibilità umana di crescere come persone nella relazione gratuita con gli altri, cercan-

4 ES 189. Non sono pochi i casi in cui persone che non condividono la nostra fede cristiana partecipano a opere della Compagnia o ci ritroviamo insieme con esse nel servizio dei più bisognosi. Trovare il modo più rispettoso e reale di renderli partecipi del discernimento in comune è una sfida alla nostra creatività e libertà di figli e figlie di Dio.

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do il maggiore bene di tutti, anche se questo porti come conseguenza rinunce e sacrifici personali.

4. Unione degli animi. Il discernimento in comu-ne richiede l’esistenza di ciò che Ignazio di Loyo-la chiama unione degli animi del gruppo che discerne perché si propone liberamente di fare una elezione conforme alla volontà di Dio. Questa unione degli animi nasce da uno scopo condiviso da tutti i par-tecipanti al gruppo perché per tutti e per ciascuno ciò che sta in gioco nel discernimento lo riguarda direttamente. Per questo, c’è bisogno di una buona conoscenza reciproca che faccia nascere la fiducia gli uni per gli altri e stimoli la partecipazione attiva di ciascuno.

5. Conoscenza di come si discerne. Negli Eserci-zi Ignazio presenta tre tempi per una sana e buona elezione5. Nel primo tempo6 non c’è alcun dubbio su quale sia la volontà di Dio; il discernimento in comu-ne può farsi prendendo coscienza delle mozioni spiri-tuali e della sua conferma, secondo il secondo tempo7,

5 ES 175-188.6 ES 175.7 ES 176, 183, 188.

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o ragionando e scegliendo, si espone nel terzo tempo8.Per un gruppo di persone con esperienza nel di-

scernimento degli spiriti è possibile ricorrere al di-scernimento in comune come processo durante il quale è necessario percepire e qualificare le mozioni che gli spiriti provocano nel gruppo nella sua ricer-ca della volontà di Dio. La capacità del gruppo di realizzare tale discernimento degli spiriti è dunque una condizione per poter ricorrere al secondo tempo di elezione. Attraverso il discernimento degli spiri-ti è possibile prendere coscienza della direzione che prenderebbe la vita del gruppo se seguisse questo o quel movimento dello spirito, per seguire le mo-zioni dello spirito buono. In linguaggio ignaziano le mozioni più importanti per il discernimento si chia-mano consolazione e desolazione9… «Perché come nella consolazione ci guida e consiglia di più il buono spi-rito così nella desolazione il cattivo, con i cui consigli non possiamo prendere la strada giusta».10

Le mozioni spirituali non sono stati d’animo. Sono effetti sensibili degli spiriti che cercano di muovere la

8 ES 177-178.9 Si vedano le Regole per sentire e conoscere in qualche modo le diverse mo-zioni… (Esercizi Spirituali n° 313-327) e Regole per lo stesso scopo con maggiore discernimento degli spiriti… (ES, 328-336).10 ES 318.

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volontà delle persone in una direzione o in un’altra. Pertanto, consolazione e desolazione non sono sinonimi di essere contento o triste, sentirsi bene o sentirsi male, a proprio agio o controvoglia, di essere o no d’accordo con l’idea o la posizione di un altro. La scena della preghiera di Gesù nell’Orto degli Ulivi, prima della Passione11 può essere un buon aiuto per distinguere le mozioni dagli stati d’animo. Le mozioni fanno appel-lo alla libertà di scegliere. Gesù, sentendo tristezza e angoscia (vv. 37-38) sceglie di seguire la volontà del Pa-dre12. Le mozioni del buono Spirito inducono ad una crescita nella fede, nella speranza e nella carità13. La pace interiore profonda è il segno di essere in sintonia con lo Spirito Santo come frutto del discernimento. Tale pace interiore, avvertita anche in situazioni di grande sofferenza, è il segno di aver trovato la volontà di Dio. È la conferma di essersi sintonizzati con lo Spirito percepita attraverso la gioia del Vangelo, vis-suta nell’interiorità di ciascuna persona e avvertita

11 Mt 26, 36-46.12 La Sacra Scrittura offre numerosi esempi della differenza tra se-guire lo Spirito e lo stato d’animo delle persone. La vocazione e la vita dei profeti sono un chiaro esempio. La decisione di Giuseppe di accettare Maria, già incinta, come sua sposa ci mostra anche questa differenza tra lasciarsi condurre dallo Spirito e gli stati d’animo du-rante il cammino (Mt 1,18-24).13 ES 316.

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come gruppo che discerne in comune, o attraverso la consolazione che Papa Francesco ci ha invitato a chie-dere con insistenza durante la sua visita alla Congre-gazione generale 36a.

In certe occasioni, considerate le condizioni vis-sute dalle persone che fanno parte del gruppo che si trova in discernimento, può essere più opportuno far ricorso al ragionamento, o alla valutazione, dei van-taggi (pro) o degli svantaggi (contro), nell’orizzonte del maggior e miglior servizio alla gloria di Dio at-traverso una determinata elezione. In questo caso la condizione è la capacità del gruppo di usare la ra-gione lucidamente per percepire quale sia il maggior bene nell’orizzonte dei valori del Regno e offrire la decisione presa al Signore per essere confermata14.

6. Mettere in comune la preghiera è un altro re-quisito per un buon discernimento. Il gruppo che si propone di discernere in comune deve trovare i modi e gli spazi per pregare personalmente e in comune d’accordo con le proprie caratteristiche. La preghie-ra personale e la preghiera comunitaria mantengono la tensione tra il cielo e la terra15, cercando il ma-gis che nasce dalla nostra relazione con Dio e la sua

14 ES 183.15 ES 101-105.

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Parola. Ci aiuta a tenere presente che come corpo sia-mo servitori della missio Dei. L’Eucaristia è il modo privilegiato della preghiera in comune. Può, infatti, avere un significato speciale e un posto centrale nei processi di discernimento in comune. Un comunità o un gruppo capace di celebrare l’Eucaristia come fonte della vita nello Spirito cresce nella sua capaci-tà di percepire l’azione dello Spirito nella storia e di sentire come il Signore compie la sua parola di essere con noi tutti i giorni fino alla fine della storia16.

7. La conversazione spirituale caratterizza il di-scernimento in comune. Come già lo ha fatto la Congregazione Generale 36, si raccomanda forte-mente di rafforzare la nostra capacità di conversare spiritualmente17. Il discernimento in comune include

16 Mt 28,20.17 «Un mezzo essenziale che può animare il nostro discernimento apostolico comunitario è la conversazione spirituale. Essa comporta uno scambio, caratterizzato da un ascolto attivo e recettivo e da un desiderio di parlare di ciò che ci tocca più in profondità. Cerca di tener conto dei movimenti spirituali, individuali e comunitari, con l’obiettivo di scegliere la via della consolazione, che fortifica in noi la fede, la speranza e la carità. La conversazione spirituale crea un clima di fiducia e di accettazione verso noi stessi e verso gli altri. Non dovremmo privarci di una tale conversazione nella comunità e in tutte le altre occasioni in cui si devono prendere decisioni nella Compagnia» (CG 36, d. 1,12).

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uno spazio di tempo dedicato a condividere il frutto della preghiera o della riflessione personale. Si tratta di un tempo per la presentazione davanti a tutti, con semplicità, e senza toni oratori, di ciò che si è perce-pito come movimenti dello Spirito o della valutazione personale del punto in esame. D’altra parte, la dispo-sizione di “ascoltare l’altro”, rispettosamente, senza contraddire le mozioni spirituali che egli ha colto dentro di sé, può produrre una eco spirituale o nuove mozioni spirituali in chi lo ascolta, offrendo l’occa-sione per una nuova percezione delle cose. La con-suetudine di conversare spiritualmente, l’abitudine di ascoltare gli altri con attenzione e saper comunicare la propria esperienza e le proprie idee con semplicità e chiarezza aiutano il buon discernimento in comune quando la materia consiglia di farvi ricorso.

Condividere una conversazione spirituale è diver-so da una discussione d’affari nella quale si cerca di prendere la decisione più ragionevole secondo una logica amministrativa. È anche diverso dall’eserci-zio parlamentare in cui si fa attenzione al gioco tra maggioranza, minoranze, alleanze, ecc., in funzione di interessi individuali o di gruppo avvalendosi della capacità oratoria e di altre “tecniche” parlamenta-ri. Tali spazi hanno in comune con il discernimento la ecessità di offrire un’informazione di qualità sul-la questione in esame e la capacità di argomentare razionalmente. Il discernimento ne ha bisogno, ma

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non si esaurisce in esse. Il discernimento si attiene, in definitiva, alle mozioni spirituali o, non avendo chiarezza su di esse, a quanto ragionevolmente può generare maggior amore e servizio alla gloria di Dio cercando sempre la conferma che viene dall’alto.

8. La pratica sistematica dell’examen durante il processo di discernimento in comune è la caratteri-stica che permette di passare dal cercare al trovare la volontà di Dio. L’examen ci aiuta a percepire la vera natura delle mozioni e aiuta a confermare se si va per la buona strada. È necessario mettere insieme l’examen personale di ogni partecipante con l’examen di quanto avviene nel gruppo.

Imparare ad esaminare i movimenti del gruppo è ciò che permette di tastare il polso del processo o confermarlo per sapere se bisogna andare avanti e come, guidati dallo Spirito. L’annotazione costante dei movimenti del gruppo riflessi nell’examen è uno strumento che aiuta a conservare la memoria del processo. Così come impariamo a percepire i nostri movimenti interiori, il discernimento in comune esi-ge di sviluppare la capacità di percepire e interpre-tare i movimenti spirituali del gruppo che si trova in ascolto dello Spirito per trovare la volontà di Dio.

9. Stabilire come si prende ladecisionefinale del processo di discernimento in comune è una ca-

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ratteristica che deve stabilirsi con chiarezza e pre-cisione dall’inizio stesso del processo. Coloro che vi partecipano devono sapere ed essere d’accordo dal principio sul modo in cui si giungerà alla decisione finale.

Per esempio, è chiaro per noi che la Congrega-zione Generale della Compagnia di Gesù prende le sue decisioni a maggioranza di voti, salvo quando la Formula prescrive altro. In un discernimento di una comunità religiosa di gesuiti, si sa che la decisione finale è posta in mano del Superiore Locale e le de-cisioni di una Provincia o di una Regione spettano al suo Superiore Maggiore. Le opere e le istituzioni apostoliche si reggono su statuti e norme propri che determinano chi e come si prendono decisioni che riguardano l’organizzazione.

Riporre tutta la nostra fiducia in LuiIl discernimento è una ricca eredità degli Esercizi

Spirituali utili specialmente nel momento in cui bisogna compiere quelle scelte che la nostra vita e la nostra mis-sione esigono. Il discernimento e una buona scelta richie-dono di liberarsi dagli attaccamenti e affetti disordinati per potersi mettere completamente nelle mani del Signo-re. Promuovere il discernimento in comune è stata un’in-tuizione della Congregazione Generale 36a alla ricerca di migliorare la nostra vita in comune attraverso una pre-

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ghiera personale più profonda insieme ad una condivi-sione più ricca della nostra fede e della nostra vita.

L’allocuzione di Papa Francesco ai membri della Congregazione Generale 36a si conclude con questa preghiera: «chiediamo a nostra Madre che indirizzi e accompa-gni ciascun gesuita insieme alla porzione del popolo fedele di Dio a cui è stato inviato, per queste vie della consolazione, della compas-sione e del discernimento». Facciamo nostra questa preghiera chiedendo questa grazia per ciascuno di coloro che sono chiamati a condividere questa missione di servizio alla riconciliazione e alla giustizia del vangelo, per le nostre comunità e per le opere e istituzioni attraverso le quali realizziamo il nostro apostolato. Chiediamo, infine, la grazia della nostra conversione personale e istituzionale e che la contemplazione di Gesù nei vangeli ci aiuti ad imparare da Lui la sua relazione d’amore e costante con il Padre, a percepire verso dove lo conduce lo Spirito e a scegliere di vivere secondo la volontà di Dio.

P. Arturo SoSA, S.J.Superiore Generale

Roma, 27 settembre 2017.Anniversario della Bolla Regimini militantis del Papa Paolo III (1540).

P Originale: spagnolo.

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LETTERA DEL PADRE PROVINCIALE PER PRESENTARE LO STATO

DEL PROGETTO APOSTOLICO DELLA PROVINCIA EURO-MEDITERRANEA

Cari confratelli e collaboratorialla missione della Compagnia nella nostra Provincia,

con questa lettera vi presento la nuova tappa del no-stro comune Progetto Apostolico.

Si tratta della prima fissazione per scritto dei quattro orientamenti individuati dopo più di due anni di ascolto e di discernimento. Lo avete in un primo documento in-titolato «Prima versione del Progetto Apostolico».

Questo lungo processo ha coinvolto le comunità, le opere, le reti… I risultati parziali andavano man mano messi in comune e portati alla preghiera in riunioni per categorie, in incontri zonali e finalmente nel lavoro delle consulte.

Oggi questi orientamenti e i criteri che li accompa-gnano sono il riferimento verso il quale desidero che tutta la Provincia si muova «con generosità e grande liberalità». Oggi desidero che, davanti a questo passo che ci attende, ci possa essere un gareggiare a vicenda in creatività e in libertà interiore rispetto alle proprie opere e alle proprie impostazioni.

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Unitamente a questo insieme di orientamenti e di criteri, viene consegnata una «tabella di marcia» mol-to concreta. Perciò viene consegnato oggi un secon-do documento parte integrante del primo e intitolato «Tappe per l’attuazione e domande utili». Come leggerete, abbiamo pensato a un periodo di un anno per tradurre in decisioni concrete i quattro orientamen-ti, sia a livello di Provincia (destinazioni, investimenti, chiusure/aperture, rilanci…) che a livello delle singole opere e comunità.

Fino alla fine di febbraio 2018 siamo chiamati in ogni realtà della nostra Provincia a individuare i propri punti di forza e i punti di debolezza nel confronto con il documento che presentiamo, ma anche le possibili linee di riforma (innovazioni, formazione, collaborazioni…). E ciò in un clima di ascolto dello Spirito nella preghie-ra e nella condivisione, con l’aiuto di una serie di «do-mande utili» che trovate in questo secondo documento. Poi, a marzo e aprile del 2018, si tratterà di mettere in comune questi risultati in incontri zonali e di rete. Infi-ne, da maggio del 2018, con la consulta di Provincia e insieme con altri gesuiti e laici elaboreremo un «piano di azione» per poter prendere e comunicare le decisioni concrete.

Vi invito a mandare il vostro rapporto, che sarà il frutto di tutto il lavoro svolto nella vostra comunità, ope-ra o rete, al mio socio, P. Francesco Pecori Giraldi, e al mio delegato per il progetto apostolico, P. Jean-Paul

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Hernandez che sarà disponibile ad aiutarvi nella tempi-stica e nel processo di questo discernimento.

Siamo dunque davanti a un lavoro di vera «riforma» nel «cosa» facciamo e forse soprattutto nel «come» lo facciamo. La Congregazione Generale 36 ci chiama a fare tutto questo processo utilizzando sempre il discer-nimento comunitario e personale. È un mezzo straordi-nario, anche se delle volte non risulta facile, che ci guida a fare ciò che vuole il Signore da noi.

Tutto questo è possibile? Crediamo che sia possibile? Riconosciamo in tutto questo una chiamata che il Signo-re ancora una volta generosamente ci sta rivolgendo?

Vi chiedo di domandare tutti insieme la grazia «del primo amore». La grazia di ricordare ciò che ci ha por-tato a voler entrare nella Compagnia e a giocarci per questo carisma. La grazia che ha conquistato i primi compagni.

Vorrei qui ricordare la testimonianza che il nostro carisma ci dà sulla possibilità del cambiamento e questo accade ogni qual volta, per dono del Signore, ci riappro-priamo della nostra vita come missione e della missione come vita. A Venezia, in particolare, Ignazio e i primi compagni «avevano sperimentato una conversione radi-cale nelle loro vite. L’amore di Cristo come unico moti-vo per assumere questo stile di vita, in povertà evangeli-ca e vicini ai poveri, la disponibilità per essere inviati in missione e l’essere uniti in comunità di discernimento e impegno apostolico sono caratteristiche fondamentali di

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un cambio nelle loro vite che rese possibile la fondazio-ne della Compagnia di Gesù» (A. Sosa, Lettera a tutta la Compagnia, 2017/08).

Il Signore continui a custodire in noi la grazia del primo amore.

Un saluto a tutti,

P. Gianfranco Matarazzo, S.J.

Roma, 15 agosto 2017.Assunzione della Beata Vergine Maria.

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PRIMA VERSIONE DEL «PROGETTO APOSTOLICO» DELLA

PROVINCIA EURO-MEDITERRANEA (EUM) DELLA COMPAGNIA DI GESÙ

La «Provincia Euro-Mediterranea» (d’ora in poi EUM), nel momento stesso della sua creazione, si dota di un «Progetto Apostolico» (d’ora in poi PA) che orien-ta questa porzione della Compagnia come una realtà nuova e non come la mera somma di due Province pre-cedenti.

Questo nuovo PA è il frutto di un lungo processo che per tre anni ha coinvolto le comunità e le opere presenti a Malta, in Albania e in Italia. In esso si sono sussegui-te diverse tappe (l’ascolto del contesto, il discernimento, ecc.), si sono utilizzate diverse modalità (commissioni, incontri zonali, assemblee dei ruoli apicali, ritiri, consul-te, contributi personali e di gruppo) e sono stati conside-rati gli apporti della CG36 e le parole che Papa France-sco ha rivolto alla Compagnia in diverse occasioni (vedi riepilogo dei materiali in «Sintesi della fase di discerni-mento, 02 marzo 2017»).

Proprio per questo tipo di genesi partecipativa, il PA si comprende più come un «processo» che come un te-sto fisso e definitivo. Le presenti pagine ne sono la prima dicitura pubblica al momento storico della nascita della

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nuova Provincia, ma sono un testo predisposto in modo tale da poter essere arricchito e arricchire. Lo stesso or-ganigramma di governo della nuova Provincia è stato pensato, infatti, per arricchire e definire ulteriormente questo PA nell’ascolto dello Spirito.

Il PA è una griglia operativa per decidere dove la Provincia sceglie di investire le sue risorse umane e materiali. Si tratta di uno strumento di discernimento sia al livello di governo di Provincia che al livello delle singole opere e comunità. Attraverso questa griglia si potrà valutare l’esistente e strutturare il nuovo, all’in-terno della cornice temporale precisa indicata dal Pro-vinciale.

Il PA nella sua forma attuale è strutturato in due «assi»: gli «orientamenti» e i «criteri». I primi sono dell’ordine dei «contenuti» o del «cosa» vogliamo fare; i secondi descrivono lo «stile» o il «come» vogliamo fare.

A. orientAMenti

Viene superata la separazione fra diversi «settori apostolici» e vengono evidenziati quattro «orientamen-ti» come delle «dimensioni indispensabili» in ogni no-stro agire apostolico. In tal modo, le opere e le comunità non potranno più trincerarsi dietro un’etichetta settoria-le che li esimerebbe dagli altri obiettivi della Provincia, ma dovranno interrogarsi in che modo integrano queste quattro dimensioni.

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1. Annuncio esplicito del VangeloIn un tempo di rapida secolarizzazione, dove l’oblio

di ogni senso svuota l’umano e dove emerge un ambi-guo interesse per il sacro, cresce da anni l’urgenza di un annuncio esplicito del Vangelo (vedi il postulato unico della Provincia d’Italia alla CG36 sul Kerygma e la «Pri-ma chiamata» in CG 36, d. 1, n. 22ss). Leggiamo questo contesto come una chiamata a rinnovare la ragion d’es-sere della Compagnia, istituita con l’obiettivo preciso («scopo precipuo») della «difesa e propagazione della fede» (Formula). Annunciare la misericordia infinita di Dio, far gustare la bellezza della Sua Parola che cambia la vita, proporre non se stessi ma Gesù Cristo è il fine, cioè l’«obiettivo» che «ordina» tutte le mediazioni di cui dispone la nuova Provincia (cf. Evangelii Gaudium, n. 22).

2. Aprirsi al discernimentoTesoro della spiritualità ignaziana e sviluppo matu-

ro della fede è il discernimento. Oggi esso esercita un fascino senza precedenti, in una società dove l’illusione dell’onnipotenza e dell’onnipresenza dipinge ogni scelta come una temibile limitazione. Il discernimento è il con-tributo principale alla Chiesa che Papa Francesco chie-de alla Compagnia. Testi come Amoris Laetitia o lo stes-so Sinodo sui giovani mostrano come il discernimento «trasfigura» le realtà più concrete dell’umano (l’amore coniugale, le scelte di vita, ecc…) in vero incontro con

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Cristo. Come insegnano gli Esercizi Spirituali, il discerni-mento non è una fredda «tecnica per decidere», ma è il «processo» di una relazione profonda. Per il gesuita, di-venta il processo stesso dell’invio. In una Provincia dove il fattore territoriale è molto diversificato, il discernimento comunitario permette ai gesuiti inviati nello stesso luogo di tenere sempre vivo l’invio stesso. Il discernimento con i collaboratori che condividono con noi la missione è la condivisione stessa di questa missione.

3. Promozione della giustiziaLa giustizia del Vangelo è quella «giusta relazione»

con Dio il cui «sacramento» è la relazione con il prossi-mo e con la terra (CG 35, d. 3, 13ss). Per il compagno di Gesù, la giustizia è scegliere concretamente ciò che Gesù ha scelto: la povertà e la vicinanza agli ultimi. Il ritrovare una lieta sobrietà di vita e un contatto reale con i più po-veri è oggi una nostalgia in molte delle nostre comunità dove il «sapore evangelico» sembra smarrito. Fin dalla formazione il gesuita che perde il contatto con gli ultimi (o che ha con loro un contatto puramente «assistenziali-sta») rischia di chiudersi nella tristezza di una vita che gli sa di menzogna e che non parla più a nessuno. Recenti richiami all’accoglienza di profughi o alla condivisione di spazi e risorse sono state delle occasioni di «ritrovare Cristo», e di «ritrovare l’uomo». In effetti, di ogni società l’ultimo è la chiave interpretativa perché ne rivela la ferita più profonda. È da quella ferita che nasce la missione

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stessa della Compagnia e la sua parola sulla società e sul mondo. L’uscire alla ricerca di quest’»ultimo» è dettato, come scrive Nadal, dal «voler prendersi cura di coloro di cui nessuno vuole prendersi cura» (Nadal, Orat. Obs. 414).

4. Trasformazione delle cultureDimensione imprescindibile di ogni missione della

Compagnia è la capacità di riflessione sull’esperienza, che sappia declinarsi in termini culturali e intellettuali. Questa «obiettivazione» è in sé un approfondimento dell’esperienza stessa, che la rende «condivisibile». L’o-pera della Compagnia che non «fa cultura» rinuncia ad allargare gli spazi della lode di Dio e nel fondo rinuncia a comunicare. Si rischia così un chiuso dualismo dove fede e ragione si escludono a vicenda e dove il divino sembra nemico dell’umano. L’antropologia positiva perché re-denta, tipica della Compagnia, permette invece di «leg-gere dentro» alle culture quella presenza dello Spirito che arricchisce e non minaccia la nostra fede. E permette di vivere la fede come ciò che porta a compimento la cul-tura stessa. Come sottolineano le recenti Congregazioni Generali, «cercare e trovare Dio in tutte le cose» (Cost. 288) è anche cercarlo nel contesto attuale di pluralismo religioso, dove dalle cattedre di altre tradizioni imparia-mo a capire meglio la nostra esperienza.

b

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Questi quattro orientamenti corrispondono agli ap-pelli più urgenti riconosciuti nei nostri territori e sono il nostro modo di «contribuire all’azione riconciliatri-ce del Signore» (cf. A. Sosa, Lettera a tutta la Compagnia, 2017/08). Dall’integrazione di queste quattro dimen-sioni, di per sé in tensione, potrà nascere la creatività e l’innovazione capaci di rinnovare dal di dentro il no-stro agire apostolico e capaci di entusiasmare altri alla missione della Compagnia. In ogni comunità e in ogni opera apostolica, la riflessione su questa integrazione dovrà portare a delle decisioni concrete, senza paura di «cambiare le cose». Lì dove l’integrazione sarà più «bel-la», più «profetica», più in ascolto dei «segni dei tempi», la Provincia potrà investire il meglio delle proprie forze.

Questo spostamento di accento esprime il desiderio di molti di un «ritorno all’essenziale» (cf. CG 36, d. 1, n. 6ss), che possa ricordare l’esperienza dei primi compa-gni, e ridoni alla nostra vita e al nostro apostolato quella «gioia» che Papa Francesco ci ha chiesto di domandare come grazia (cf. Discorso alla CG36).

bB. criteri

Il processo di discernimento realizzato dalle Provin-ce che oggi confluiscono nella EUM ha evidenziato che, al di là del «cosa fare», ciò che il governo dovrà curare maggiormente è lo «stile» dei gesuiti e dei collaboratori,

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il «come» del loro agire apostolico. Il materiale raccol-to si lascia sintetizzare in alcuni indici imprescindibili di qualità, che ulteriori strumenti aiuteranno a «misurare» molto concretamente:

U Conversione interiore. Nelle Costituzioni, Igna-zio sottolinea che, dato il fine della Compagnia che è «di aiutare le anime al raggiungimento del loro fine ultimo soprannaturale», «i mezzi che congiungono lo strumento con Dio e lo dispongono a lasciarsi gui-dare dalla Sua mano divina sono più efficaci di quelli che lo dispongono verso gli uomini» (Cost. 813). Sen-za falsi pudori, dobbiamo aiutarci fra di noi perché i gesuiti e i collaboratori siano, e siano percepiti, come «uomini e donne di Dio», innamorati di Cristo.

U Attenzione alla formazione. Per un «ministero della profondità», è imprescindibile la formazione permanente dei gesuiti ed è urgente un impegno più intenso nella formazione dei collaboratori. È in que-sta formazione comune, alla nostra spiritualità, alla collaborazione, all’integrazione dei quattro orienta-menti suddetti, … che verrà approfondita l’identità gesuitica delle nostre opere e che impareremo a «cu-rare dei processi piuttosto che occupare degli spazi».

U Raggiungere i moltiplicatori e le istituzioni. La «penuria di operai» fa scrivere a Ignazio nelle Costi-

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tuzioni: «il bene quanto più è universale tanto più è divino» (Cost. 622). Nel nostro contesto si tratta di ri-scoprire una certa «audacia apostolica» che non abbia paura di esporsi a livelli di eccellenza, di puntare sugli agenti moltiplicatori e di collaborare con le istituzioni.

U Ascolto continuo del contesto che cambia. La diversità geografica della EUM è un’occasione che ha il gesuita nella sua missione, quando viene inviato a un territorio e a una cultura locale diversa dalla propria e che esprime esigenze specifiche. All’interno dello stesso territorio, poi, i gesuiti e coloro che collaborano alla missione della Compagnia saranno arricchiti dal confronto con «altri mondi», cioè con le tante culture che coabitano nello stesso luogo. Dai materiali raccol-ti dal «gruppo estensore», emerge un desiderio dei ge-suiti e delle opere apostoliche della EUM di ascoltare particolarmente i giovani, le famiglie e i più poveri.

U Condivisione in rete. La condivisione con esperien-ze apostoliche analoghe permette di ottimizzare risor-se e di mettere in comune buone pratiche e ispirazioni. Ma soprattutto aiuta a superare l’individualismo delle opere ed è una testimonianza di comunione.

U Collaborazioni ecclesiali. È importante un «sen-tire nella Chiesa» che viva le nostre opere come ser-vizio alla comunità cristiana, in cordiale comunione

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con le chiese particolari. Le circostanze particolaris-sime del nostro tempo che vede un «Papa gesuita» ci devono rendere grati per questo «kairos» offerto alla Compagnia, ma al tempo stesso ci devono rendere prudenti nell’evitare protagonismi e trionfalismi.

U Stile di leadership. La leadership ignaziana sa co-niugare il carisma dell’ispirazione con la capacità di accompagnare i processi di discernimento comunita-rio. È una leadership che può essere paterna, ma mai paternalista, che evita di diventare «insostituibile» e che promuove l’autonomia di ciascuno nel cammino della fede e della vita. È una leadership di servizio, soprattutto verso i più bisognosi.

U Stile di comunicazione. È fondamentale saper pensare l’apostolato anche a partire dal «punto di arrivo», cioè dall’impatto comunicativo. La semplici-tà, la trasparenza, il coraggio emergono come valori in questo ambito, in cui la rivoluzione digitale invita all’audacia ma obbliga a continui discernimenti.

U Sostenibilità delle risorse. I numeri esigui di gesu-iti obbligano ogni opera a effettuare un calcolo preci-so delle risorse umane e della proporzione fra gesuiti e altri collaboratori. Per le risorse materiali, ogni opera (o rete) deve potersi sostenere da sola economicamen-te e deve vivere nella più rigorosa trasparenza. Perciò

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si deve considerare normale la richiesta di aiuto a ter-zi. Il fundraising è in continuità con i nostri predecessori che non si vergognavano di mendicare per le strade, pur di mantenere la gratuità dei ministeri.

bTutti questi «criteri di stile» dovranno essere l’ogget-

to di una sincera revisione nei singoli, nelle comunità e nelle opere. E concretamente attraverso le visite ca-noniche, le riunioni comunitarie, la spinta continua alla formazione e all’innovazione nelle opere della Provin-cia. Ma anche attraverso gli incontri (di zona, di reti, di categorie…) che il governo organizzerà nel suo primo anno di vita e che produrranno un «piano di azione» che il Provinciale metterà in opera.

Per aiutare all’attuazione di queste linee «ideali», que-sto PA viene accompagnato da un documento intitolato «Tappe per l’attuazione e alcune domande utili al processo del Progetto Apostolico». Le domande che vi si trovano non hanno una pretesa di esaustività ma vogliono avviare un processo e sono da considerare solo in un clima di preghiera e di libertà interiore.

P. GiAnfrAnco MAtArAzzo, S.J.Roma, 15 agosto 2017.Assunzione della Beata Vergine Maria.

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TAPPE PER L’ATTUAZIONE E ALCUNE DOMANDE UTILI AL PROCESSO DEL PROGETTO APOSTOLICO

Il Progetto apostolico della Provincia EUM, artico-lato in 4 orientamenti e 9 criteri, si configura in questa fase come un processo di discernimento per arrivare a delle scelte concrete. Scelte per l’intera Provincia, ma scelte anche nelle singole opere, comunità e reti. Scelte nel «cosa fare» e forse soprattutto scelte nel «come fare».

La nascita della nuova Provincia coincide con una svolta importante di questo lungo processo iniziato diversi anni fa. A partire da tutto il materiale raccol-to, nell’estate del 2017 si è arrivato alla redazione di un «testo base» (documento «Prima versione scritta del Progetto Apostolico»). Esso costituisce l’orizzonte ideale a cui tendere. Partendo da questo testo, si tratta adesso di arrivare alle scelte concrete per le quali tutto questo processo era stato avviato. Queste scelte concre-te non possono essere scritte a priori in un testo uni-tario, ma sono il risultato dell’ultima parte di questo discernimento in cui la Provincia, unitariamente e nelle articolazioni locali, è di nuovo messa direttamente in gioco. Questa concretizzazione del progetto è previsto in quattro tappe:

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U Fino al 28 febbraio 2018, ogni comunità, opera e rete apostolica mette in moto e si confronta con il documento «testo base», in preghiera e nella condivisione. Per questo confronto aiutano le do-mande presentate di seguito, se lette all’interno di un clima di vero discernimento e libertà interiore. Ogni comunità, opera e rete dovrà individuare due punti di forza e due punti «da migliorare» fra gli orientamenti e i criteri del testo base.

U Durante i mesi di marzo e aprile 2018, il risultato dei vari discernimenti sono portati e condivisi in incon-tri zonali e/o di reti in presenza del Provinciale e del delegato del Progetto apostolico. Questa messa in comune costituisce un ulteriore scambio e ascolto dello Spirito, secondo una metodologia di discerni-mento, precisa e comune. Ogni comunità, opera e rete, presenta non solo i punti di forza e di debolezza, ma anche le linee da attivare a livello locale.

U A maggio 2018 dovrà essere redatto un «piano di azione» a livello di Provincia, con le decisioni con-crete, come novità, accorpamenti, chiusure, investi-menti, rilanci, collaborazioni… Questo piano deve essere elaborato, discusso e rielaborato nel contesto delle Consulte.

U A partire dall’estate 2018, il Provinciale decide e inizia a comunicare e attuare le decisioni concrete, con le conseguenti destinazioni.

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Le domandeLe domande elencate di seguito sono un semplice

«strumento di lavoro» per lo scambio e il discernimento. Esse ricalcano esattamente i punti del «testo base», cercan-do di renderli più concreti. Sono da usare in un clima di preghiera e di vera libertà interiore. Aiutano a individuare i punti di forza e di debolezza del proprio agire apostolico.

A. SuGli orientAMenti (Annuncio esplicito del Van-gelo, Apertura al discernimento, Promozione della giustizia, Trasformazione delle culture)

La domanda generale sugli orientamenti è fonda-mentalmente una: il tuo operare apostolico, la tua ope-ra, la tua comunità, integra i quattro orientamenti della Provincia? E ancora: senti che nel tuo apostolato que-ste quattro dimensioni si fecondano a vicenda o le senti messe una accanto all’altra in modo forzato, addirittura antagonista? Sui singoli orientamenti, possono essere di aiuto queste domande:

1. Annuncio esplicito del Vangelo

U Chi entra in contatto con te o con la tua opera riceve in un momento o l’altro esplicitamente l’annuncio del Vangelo o l’invito a incontrare personalmente il Signore Gesù? Se non è così, cosa è l’impedimento principale che sperimenti per un annuncio esplicito?

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U Proponi spesso la Parola con passione come ciò che feconda ogni realtà umana e come ciò che ti fa vivere?

U Le mediazioni che proponi portano di fatto a un incontro personale con il Dio di Gesù o tendono a bastare a loro stesse senza rimandare ad Altro? Hai nel tuo agire apostolico il rischio di far passare il mes-saggio che «nel fondo, non è la fede la cosa più im-portante»?

U L’annuncio esplicito trasforma oppure è una moda-lità rassicurante per «sentirsi bene»? Gli Esercizi spi-rituali ci cambiano?

U L’esperienza di incontro col mondo, che avviene an-nunciando l’amore di Dio, diventa anche luogo di ascolto di come Dio sta già agendo nel mondo? Con quali mezzi promuovo anche un atteggiamento di apprendimento?

U Con quali attenzioni vigili affinché l’annuncio espli-cito promuova un discepolato maturo che non scivoli verso una pratica abitudinaria dei momenti formati-vi e non deperisca in esperienze di gruppo impernia-te prevalentemente su intimità e amicizia?

2. Apertura al discernimento

U Vivi il discernimento nelle tue scelte apostoliche? Vivi il discernimento comunitario nella tua comuni-tà e nel tuo contesto apostolico anche con altri colla-boratori?

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U Dai gli Esercizi spirituali? Incoraggi a fare gli Eserci-zi spirituali? Proponi strumenti per il discernimento nel tuo apostolato? Rileggi i frutti degli Esercizi spiri-tuali? Rileggi come li proponi?

U Sai accompagnare i processi decisionali nello stile del discernimento e portarli a decisioni concrete? Come gestisci il rischio di slittamenti e di lasciare aperti in-terminabili discernimenti?

3. Promozione della giustizia

U Frequenti regolarmente i poveri o qualche povero (nel senso di «povertà fisica e materiale»)? Come co-munità, state vivendo un’esperienza di accoglienza e/o di un concreto «disturbarvi» per i più poveri? E se no, cosa lo impedisce?

U Hai davvero i più poveri nel cuore quando stai con «i potenti», quando preghi, quando annunci il Vange-lo, quando fai cultura, quando decidi cosa comprare o come gestire i beni di cui rispondi?

U Il tuo apostolato aiuta a rendere la coabitazione umana più giusta? Sai prendere delle decisioni «im-popolari» in favore degli ultimi? Ti capita di parlare in favore dei più poveri lì dove loro non possono par-lare? Le disuguaglianze e le sofferenze umane risve-gliano ancora in te il desiderio di giocarti la vita?

U Cosa fai concretamente sul fronte dell’emergenza

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«profughi»? Il fenomeno mondiale delle migrazioni forzate entra nel tuo cuore e nel tuo discernimento apostolico?

4. Trasformazione delle culture

U Se hai finito la formazione, come continui a for-marti, ad aggiornarti, ad ascoltare la cultura degli uomini? Sei aiutato in comunità o nella tua opera a una riflessione culturale? Se no, cosa lo impedisce? Coltivi qualche interesse culturale particolare in cui ti piace acquisire delle competenze o un’eccellenza?

U Riesci a trasformare la tua esperienza personale e apostolica in riflessione, in occasione di confronto intellettuale, in cultura? Aiuti la Chiesa a rilanciare una leadership culturale a livello civile, sociale, acca-demico? Ti senti chiamato come gesuita o collabora-tore a «produrre cultura» alla luce del Vangelo?

U Le diversità culturali e religiose suscitano in te indif-ferenza? Paura? Interesse? Cosa fai concretamente per conoscere meglio tradizioni vicine come l’Islam, o ambiti culturali e sociali dove il Vangelo può sem-brare assente (pensiero critico, arte contemporanea, moda, cucina, sport, realtà virtuale…)?

U Come cerchi di fare in modo che l’annuncio esplicito raggiunga il fine di una trasformazione reale della mentalità, in quegli aspetti della cultura contempo-ranea meno in sintonia col messaggio evangelico?

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B. Sui criteri

1. Conversione interiore

U Quale è il ruolo degli Esercizi spirituali e dell’accom-pagnamento spirituale nella tua vita?

U Nella tua comunità, ci si aiuta a vicenda per non ab-bandonare la prassi della meditazione, dell’esame di coscienza, della celebrazione eucaristica? C’è condi-visione spirituale profonda negli incontri comunitari o si sente che è una formalità da adempiere?

U È vivo in te e nel tuo contesto il desiderio di radicali-tà di una vita «donata», di un «magis» nella profon-dità e nell’affetto personale per il Signore? Risuona in te l’invito di P. Adolfo Nicolas a «essere silenzio»?

U Si coltiva nella tua comunità un clima di libertà in-teriore o prevale la tentazione della proprietà privata rispetto alle «proprie» cose, alle «proprie» relazioni, ai «propri» apostolati? Chi vede te e la tua comunità sente una presenza spirituale, un contesto dove si cerca Dio, oppure si incontra con stili e criteri «mondani»?

U Sei e siete «edificanti» nel senso più bello del termi-ne? Per come vivete, come accogliete, come traspare l’amore che avete per il Signore e fra di voi? C’è una «gara a stimarvi reciprocamente» percepibile fra i diversi membri della tua comunità? Vivi nel deside-rio di una «conversione comunitaria» (Cf. A. Sosa, Lettera a tutta la Compagnia, 2017/08)?

U Si condivide in modo spirituale anche con gli altri

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collaboratori? Gli altri collaboratori fanno Esercizi spirituali? Sono aiutati nella preghiera e nella forma-zione spirituale?

U C’è un procedere comunitario nel valutare come vanno gli apostolati? Come è realizzato?

2. Attenzione alla formazione

U Riesci a leggere anche in modo «gratuito», cioè sen-za utilità immediata? Riesci a organizzare i tuoi tem-pi per prepararti ed evitare la corsa all’improvvisa-zione?

U Che mezzi usi oltre alle letture per curare la tua formazione permanente: corso di aggiornamento? Confronto con realtà «ispirative»? …

U Hai una «passione culturale» che riesci a coltivare? Hai delle «grosse lacune» che stai cercando di col-mare? Sai esprimerti correttamente in più lingue straniere? (per gli italiani: sai l’inglese?) Fai qualcosa per favorire ciò nei tuoi compagni?

U L’opera in cui collabori come pensa e come si prende cura della formazione interna? Le proposte di for-mazione sono aperte ai contribuiti di non gesuiti? Come si fanno poi entrare i collaboratori nella pro-spettiva più ampia di «collaboratori della missione della Compagnia»?

U Ti senti formato alla progettazione apostolica e alla collaborazione? La tua comunità ha un «progetto

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apostolico»? Se ne parla insieme? La tua opera, se è della Compagnia, riesce ad esplicitare chiaramente finalità e mezzi? Riesce a integrare le indicazioni e gli orientamenti dati dal Santo Padre, dalle Congre-gazioni Generali, dalla Provincia? Se ne parla fra ge-suiti e altri collaboratori?

U Come riesci ad esprimere e trasmettere l’identità ignaziana nell’opera in cui lavori e con gli altri colla-boratori?

3. Moltiplicatori e istituzioni

U Rifletti sui numeri e tipi di persone che raggiungi nel tuo agire apostolico e sulle loro caratteristiche (pro-fessione, sesso, età, maturità spirituale, overdosaggio nutritivo…)? Quali sono le principali «derive» che rischiano di farti portare meno frutto (gruppi auto- centrati? Perdita degli ideali? Contesto «marsupio» di auto-affermazione del gesuita?...). Hai una atten-zione particolare verso i moltiplicatori e verso colo-ro «da cui si può sperare maggior frutto»?

U Riesci a interagire apostolicamente con istituzioni civili? Vai con coraggio a «bussare alle porte» di chi può davvero cambiare le situazioni ingiuste? Cosa ti ha aiutato a interagire più facilmente con le isti-tuzioni e a capire l’istituzione come una dimensio-ne da evangelizzare? Vivi il desiderio di contribuire alla «conversione istituzionale» di quelle strutture

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in cui agisci (Cf. A. Sosa, Lettera a tutta la Compagnia, cit.)?

U Come vivi la tensione fra carisma e istituzione all’in-terno stesso della tua opera?

U Nella tua comunità e nella tua opera sei aiutato a «sognare in grande»? A esercitare «una certa aggres-sività apostolica»?

4. Il contesto che cambia

U Hai una attenzione, e come la condividi, a conoscere bene il territorio dove sei stato inviato: la lingua, la cultura, le tradizioni, la geografia, la storia, la religio-sità…? Ami sinceramente questo territorio e la sua gente? In particolare i giovani? Le famiglie? I poveri?

U Cosa ti aiuta più concretamente ad ascoltare il contesto che cambia? Ti aiuta in maniera privilegiata l’ascolto comunitario? Chiedi la grazia di rinnovare sempre questo ascolto o senti forte la tentazione di «sederti» nelle impostazioni che hai assunto forse anni fa?

U Come ascolti le culture «marginali»? In contrasto con la Chiesa? I nuovi fenomeni di massa?

U Come elabori personalmente e con coloro con cui collabori il confronto con questioni emergenti nella società come il dibattito sul «gender», la trasforma-zione della politica, gli sviluppi della realtà virtuale, le nuove religiosità, il multiculturale, le difficoltà dei giovani e delle famiglie…?

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5. Condivisione in rete

U Sei integrato in una rete apostolica? Se no, cosa te lo impedisce?

U In che modo la tua rete è integrata nella Provincia? Come si svolgono le dinamiche decisionali?

U La tua rete apostolica ti aiuta nella formazione? Nel-la comunicazione? Nell’innovazione?

U In altri aspetti?... Ti aiuta nel raggiungimento dei quattro orientamenti della Provincia? Ti aiuta a vi-vere una esperienza spirituale?

U Vivi nella rete apostolica un clima di «tecnicismo asettico» o gli scambi sono impostati su uno stile di comunità cristiana e di discernimento?

6. Collaborazione ecclesiale

U Come vivi i rapporti con le altre realtà ecclesiali, come le diocesi, le parrocchie, altri Ordini o movi-menti? Partecipi come singolo o come opera alle di-verse convocazioni ecclesiali locali?

U Il tuo agire apostolico aiuta davvero la Chiesa locale? O si pone a volte in concorrenza o con percorsi pa-ralleli?

U Hai un confronto con collaboratori e confratelli sul rapporto con la Chiesa locale?

U Come vivi l’»effetto Papa Francesco»? Pensi che ciò che stai facendo deve poter continuare anche dopo il pontificato di Papa Francesco? In che modo?

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7. Stile di leadership

U Come vivi il tuo rapporto con l’autorità? Come ti giochi nelle occasioni di discernimento comunitario o quando sei consultato? Come vivi le situazioni in cui nelle relazioni o nel tuo apostolato ti trovi a essere il riferimento principale?

U Cosa ti aiuta e cosa non ti aiuta a vivere l’autorità come un vero servizio? A rispettare l’autonomia di chi ti viene affidato? A non renderti insostituibile in ciò che fai?

U Se sei superiore o hai delle responsabilità in opere, come ascolti coloro che fanno riferimento a te? Hai già avviato dei processi di discernimento comunita-rio? Puoi dare degli esempi? Come sei attento a chi fa più fatica? Ti preoccupi di creare un’atmosfera di stima reciproca e amicizia nel Signore?

U Come vivi la tensione fra l’innovazione creativa e il rispetto di ciò che si è fatto prima di te? Come vivi la tensione fra le tue ispirazioni personali e l’ascolto di chi collabora con te? Come aiuti la tua opera a te-nere presente i quattro orientamenti apostolici della Provincia?

U Hai il coraggio di assumere pienamente decisioni «impopolari» o tendi a non decidere e a lasciare le diverse posizioni antagoniste dibattere fra di loro e a volte scontrarsi? Come gestisci i conflitti o come sono gestiti i conflitti nella tua comunità/opera?

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U In quale occasione il tuo modo di interpretare la lea-dership è stato inadeguato?

8. Stile di comunicazione

U Quando pensi a un progetto nuovo o a una decisione apostolica, consideri l’impatto comunicativo? Riesci a pensare il tuo apostolato «dal di fuori», cioè dal punto di vista di chi riceve la comunicazione di ciò che fai? Ti è già capitato di avere delle idee nuove e creative partendo proprio dalla prospettiva comunicativa?

U Consideri la comunicazione come uno dei principali moltiplicatori del frutto apostolico?

U Usi la comunicazione come evento di apostolato, come elaborazione di identità, come processo di co-munione e di collaborazione? Che parte del tempo dedicato all’apostolato dedichi alla comunicazione, con chi lo fai, come lo fai?

U Usi i loghi e i marchi della Provincia? Sei attento al lavoro fatto in questi anni sul brand?

U Quale è la tua familiarità e la tua gestione dei nuovi social media? Cosa ti aiuta a usarli apostolicamente senza che diventino delle dipendenze?

9. Sostenibilità delle risorse

U L’opera in cui collabori ha un piano economico preciso e trasparente, con preventivo, consuntivo,

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discussione in apposita sede, revisori, certificazioni, ecc…? L’uso dei soldi di cui hai la responsabilità viene fatto secondo uno stile che non contraddice il Vangelo e che rispetta le direttive della Chiesa e della Compagnia di Gesù in materia economica?

U Come ti preoccupi di reperire risorse in maniera re-sponsabile e con quali mezzi?

U In che misura, nel caso di un nuovo progetto o di una scelta apostolica, ti prendi cura di definire e cercare le risorse umane da coinvolgere?

U Come ti poni di fronte alle irregolarità amministrati-ve e gestionali? Ci sono delle regolarizzazioni e sana-torie da effettuare?

Roma, 15 agosto 2017.

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