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PROVINCIA DI LIVORNO INDIRIZZI PROGETTUALI PER LE POLITICHE DI PARI OPPORTUNITADELLA PROVINCIA DI LIVORNO: LINEE PER UN BILANCIO DI GENERE

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PROVINCIA DI LIVORNO

INDIRIZZI PROGETTUALI PER LE POLITICHE DI

PARI OPPORTUNITA’ DELLA PROVINCIA DI

LIVORNO: LINEE PER UN BILANCIO DI GENERE

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Questo documento è frutto di un gruppo di lavoro, così strutturato:

Coordinamento:

Segretario generale dott.sa Maria Castallo

Consigliera di parità avv. Cristina Cerrai

Gruppo di lavoro:

dott.sa Paola Meneganti responsabile U.O. Affari generali

dott.sa Irene Nicotra responsabile U.O. Programmazione Trasporti, Porti e Logistica

dott.sa Anna Roselli direttrice del Museo di Storia Naturale del Mediterraneo

dott.sa Monica Lischi Museo di Storia Naturale del Mediterraneo

dott.sa Caterina Tocchini responsabile U.O. Qualità sociale

dott.sa Maria Giovanna Lotti presidente Provincia di Livorno Sviluppo s.r.l.

sig.ra Paola Ganni U.O. Affari generali

Redazione e realizzazione editoriale:

dott.sa Paola Meneganti

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Dare attuazione alle politiche di pari opportunità

Questa pubblicazione è il punto di arrivo, certamente non definitivo, ma, anzi, fecondo di ulteriori sviluppi,

di un lavoro condotto sul tema delle politiche di genere e delle pari opportunità dagli uffici della Provincia di

Livorno in un momento storico ed amministrativo assolutamente inedito, per questo Ente e non solo.

Come è noto, la legge n. 56 del 2014, cosiddetta Delrio, “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle

province, sulle unioni e fusioni di comuni”, ha mutato in profondità il ruolo delle Province, disegnando una

nuova identità di ente di area vasta che si sostanzia in queste funzioni fondamentali: a) pianificazione

territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di

competenza; b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in

materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione

delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente; c) programmazione

provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale; d) raccolta ed elaborazione di

dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali; e) gestione dell'edilizia scolastica; f) controllo dei

fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio

provinciale.

La stessa legge di riforma del Titolo V, pur superando il riferimento in Costituzione alle Province

quali enti costitutivi della Repubblica, offre una copertura costituzionale al processo di riordino degli enti

locali avviato con la legge 56/2014.

Oltre che ragioni di ordine sociale e politico, preme sottolineare che esiste un preciso obbligo normativo per

le Province di dare attuazione alle politiche di pari opportunità.

In questo documento, il termine viene declinato, in maniera assai condivisibile, oltre che nella prospettiva,

ancora purtroppo assai necessaria, di costruire un sistema effettuale e valoriale di pari opportunità tra donne e

uomini, anche dal punto di vista della realizzazione di pari opportunità e non discriminazione tra tutte le

componenti della società.

Si tratta di lavorare ancora per dare piena attuazione all’articolo 3 della nostra Costituzione, che qui mi

preme ricordare: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza

distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È

compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la

libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva

partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese“.

Accolgo quindi con grande soddisfazione questo lavoro, ringraziando chi vi ha collaborato, e auspicandone

la più larga diffusione e valorizzazione.

Il Presidente della Provincia dott. Alessandro Franchi

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Una città “di genere”

Quando parliamo di genere, a pochi verrebbe a mente di coniugare questo aggettivo con il sostantivo “città”.

Ma riflettendo un momento, capiamo immediatamente che una città intelligente, ecologica e solidale non può

che nascere da un progetto “neutrale”, uguale per tutti i cittadini, ma che deve tener conto dei diversi stili di

vita, di lavoro, di genere.

Le donne rappresentano oltre la metà della cittadinanza, eppure i progetti di città sono misurati su obiettivi,

valori e indicatori basati sul modello maschile. E’ per questa ragione che nascono queste “Linee guida”:

l’attività analizzata e quella programmata, oggetto di questo lavoro, hanno infatti lo scopo di creare nel

nostro contesto cittadino e provinciale una società nella quale trovare uno spazio consono per le donne nel

lavoro, nella salute, nello studio, nelle esperienze di vita quotidiana. Non uno spazio qualunque, ma adatto

alle esigenze di chi ha ritmi di vita diversi, in quanto derivati dal complesso universo della quotidianità

femminile, ritmi che hanno ricadute su molteplici aspetti che ci proponiamo di facilitare attraverso azioni che

– raggiunto il loro scopo - consentiranno la realizzazione di obiettivi di profonda rilevanza.

Basti pensare che il nuovo rapporto del McKinsey Global Institute, citato dal Wall Street Journal, riferisce

che, se le donne avessero gli stessi ruoli degli uomini, il Pil annuo globale aumenterebbe di 28 mila miliardi

nel 2025, cioè del 26% del Pil globale, che equivarrebbe alla ricchezza di Cina e Usa messe insieme. (da “la

Repubblica”, 27.09.2015). Infatti, anche una semplice riduzione del gap di potere tra uomini e donne darebbe

un significativo contributo alla crescita: secondo tale studio, infatti, se ogni Paese esaminato migliorasse la

parità sul posto di lavoro, stimolerebbe la crescita per circa 12 trilioni in 10 anni. Sarebbero i progressi in

quattro aree chiave ad avere l'impatto maggiore: colmare le lacune in materia di istruzione; colmare il gap in

termini di inclusione finanziaria e digitale; rafforzare le tutele legali per le donne e migliorare l'atteggiamento

verso il lavoro non retribuito, dunque il lavoro domestico e la cura dei membri della famiglia. "Conferire

poteri alle donne non è solo un dovere morale, ma è anche un'ovvietà in termini economici", ha detto

Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario internazionale, all'ultimo G20, tenutosi ad Ankara.

"Aiuterebbe a rilanciare la crescita - ha spiegato - aumentare il reddito complessivo pro capite, a combattere

la povertà e a ridurre le disuguaglianze di reddito nel mondo". Un recente rapporto della Banca Mondiale ha

rilevato che circa il 90% dei Paesi presenta nelle proprie leggi forme di discriminazione verso le donne,

molte delle quali impediscono loro di partecipare pienamente all'economia.

Appare pertanto palese quanto la realtà anche nella nostra città sia caratterizzata da un profondo divario: ai

vertici delle aziende e degli enti la rappresentanza femminile è al minimo in quanto essa si ritrova in larga

maggioranza ai “piani bassi”; gli strumenti che permettono la conciliazione dei tempi di vita e lavoro come il

telelavoro, il part- time e gli asili aziendali sono ancora poco utilizzati, ed ancora ci sarebbe da dilungarsi.

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Ma questa breve premessa ha solo lo scopo di focalizzare l’attenzione del lettore sul contenuto di questo

documento, frutto dell’impegno profuso dal gruppo di lavoro composto dalle funzionarie e dalle tecniche

della Provincia di Livorno, con il quale, insieme alla Segretaria generale dott.ssa Maria Castallo, ho avuto il

piacere e l’onore di collaborare nel concepire e realizzare queste “Linee guida” e alle quali esprimo la mia

gratitudine per la professionalità e la competenza dimostrate.

La Consigliera di Parità provinciale avv. Cristina Cerrai

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INDICE

Note metodologiche p. 7

Presentazione p. 9

Analisi del contesto. Alcune statistiche di genere nella provincia di Livorno p. 11

La presa in carico del principio di pari opportunità nell’Unione Europea, in Italia, nella

Regione. Toscana e in Provincia. di Livorno: leggi, atti di indirizzo,

regolamenti p. 21

Azione 1- Valorizzazione e formazione di una cultura delle differenze e delle

pari opportunità p. 26

Azione 2. Piano Provinciale per la Cittadinanza di Genere (ex L.R.T.

n. 16/2009) p. 28

Azione 3 - Prevenzione e contrasto alla violenza di genere: il progetto

CON-TRAT-TO – Contro la tratta in Toscana p. 32

Azione 4- Interventi a contrasto della violenza di genere p. 35

Azione 5 - La Consigliera di parità p. 37

Azione 6. - Progetto VIS Network e Sportello VIS p. 42

Azione 7 - Per una mobilità sostenibile p. 46

Azione 8 - TPL e mobilità di genere p. 51

Azione 9 - Supporto alle associazioni come azione di inclusione sociale:

l’attività del Museo di Storia Naturale del Mediterraneo della Provincia

di Livorno p. 53

Azione 10 - Attività di assistenza ai Comuni p. 55

Appendice p. 57

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Note metodologiche

Il legislatore ordinario, dopo una serie di convulsi tentativi di riforma, è approdato alla legge n. 56 del 2014

«Disposizioni sulle città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni», la quale incide

profondamente sul complessivo assetto delle autonomie territoriali. Tale legge rappresenta un ulteriore stadio

del processo di riorganizzazione degli enti di governo di livello substatale. Il nuovo modello si pone come

tappa iniziale di un percorso assai complesso, che coinvolge in misura significativa tutti gli enti sub-statali, la

cui finalità è quella di addivenire al superamento degli enti provinciali, così come sinora conosciuti anche

se, prima di veder compiuto il percorso del nuovo modello organizzativo previsto dalla legge Delrio,

bisognerà attendere l’esito – naturalmente incerto – dei tentativi di riforma costituzionale intrapresi dal

sistema Governo-Parlamento.

In attesa del compimento di tale processo, le Province risultano oggetto di una notevole riforma, sia dal

punto di vista funzionale, sia dal punto di vista organizzativo. Lo spirito di fondo della riforma è quello di

mutarne in profondità la natura, l’assetto organizzativo e le modalità di interazione con gli altri enti

territoriali. In questo contesto, l’obiettivo del presente lavoro è stato, in relazione alla funzione "pari

opportunità", quello di comprendere in che misura e in che modo sia possibile valorizzare e salvaguardare il

patrimonio di professionalità e conoscenze oggi esistente nell’ente Provincia, attraverso la mappatura e

l’analisi delle realtà esistenti all’interno del territorio provinciale.

“Leggendo” la legge ed il territorio in chiave “propositiva”, cioè cercando di cogliere in positivo

l’opportunità che essa fornisce di ridisegnare complessivamente il sistema, anche nel campo delle pari

opportunità territoriali possiamo mirare all'obiettivo finale di erogare servizi più efficaci ed efficienti al

cittadino e, in particolare, indagare la possibilità di svolgere in modo professionalmente adeguato tale

funzione fondamentale, unitamente a quella di assistenza ai Comuni, prevista dalla norma, come vedremo

appresso.

Per quanto concerne il profilo funzionale delle “nuove Province”, infatti, il comma 85 della legge individua

talune – tassative – competenze di tali enti, definite come «fondamentali». Esse sono le seguenti: «a)

pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli

aspetti di competenza; b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e

controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e

gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente; c)

programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale; d) raccolta ed

elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali; e) gestione dell’edilizia scolastica; f)

controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul

territorio provinciale».

Facendo un breve cenno a due funzioni fondamentali dell’ente di area vasta utili a questo documento

(comma 85), la lettera d) attribuisce alla Provincia la «raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-

amministrativa agli enti locali».

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Questa è forse la funzione più complessa da analizzare e descrivere nelle intenzioni del legislatore. La

rilevantissima “strutturale” funzione di «assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali» è quella destinata

ad essere, con tutta probabilità, la più importante funzione operativa della “nuova” Provincia, in quanto

determina sostanzialmente il ruolo “di supporto, affiancamento e assistenza” del nuovo ente provinciale nei

confronti dei Comuni. Tale previsione garantisce ai Comuni la possibilità di esternalizzare alcuni aspetti

delle funzioni che potrebbero risultare sproporzionati rispetto alle possibilità tecniche e pratiche dei Comuni

medesimi. L’assistenza provinciale ai Comuni prevista dalla lettera d) è dunque di fondamentale importanza

per l’ente provinciale, anche in materia di pari opportunità, che, dovendo diventare un ente a servizio dei

Comuni con specifiche competenze, trova una propria e preponderante ragion d’essere.

Le funzioni descritte dalla lettera f) «controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e

promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale» assegnano alle “nuove” Province, addirittura

come funzione «fondamentale», uno spicchio di competenza connesso alle politiche del lavoro. Questa

competenza sembra connessa con il compimento concreto di azioni che aiutino i lavoratori a risultare

spendibili nel mercato del lavoro, in condizioni di non discriminazione tra gli stessi, favorendo l’incontro tra

domanda e offerta di lavoro, e il «controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale» attiene

anche alla contrattualistica del lavoro. L’esercizio di tale funzione sembra dunque necessitare di un minimo

di poteri di ingerenza, sia nell’autonomia dei privati che nell’organizzazione aziendale, cui dovrebbero fare

fronte obblighi specifici imposti ai datori, che possano essere oggetto di controllo. Queste funzioni

dovrebbero rientrare nelle competenze dei servizi ispettivi operanti presso le direzioni territoriali del lavoro.

Assegnare tale competenza alle Province non sembrerebbe a prima vista in linea con la nuova fisionomia,

peraltro occorre anche notare che la nuova Provincia, esercitando unitariamente il proprio ruolo sul territorio,

otterrà una certa omogeneità nella politica delle pari opportunità insieme con le funzioni di "controllo dei

fenomeni discriminatori in ambito occupazionale".

In conclusione, l 'approccio utilizzato per la predisposizione di questo documento è quello di ripartire dall'

“anno zero” in cui, in un quadro di risorse scarse e di drastici tagli e tenendo conto del quadro delineato,

appare essenziale una conoscenza dell' area vasta affinché vi siano identificate soluzioni tecniche ed

organizzative innovative e territoriali, che consentano di risparmiare ed ottimizzare i costi di gestione della

funzione. In questo senso, l’utilizzo degli strumenti informatici e telematici e gli investimenti nella

digitalizzazione dei processi rappresenterà in generale un passaggio indispensabile, unitamente alla

valorizzazione del patrimonio delle professionalità esistenti su tutto il territorio, individuando iniziative

formative unitarie adeguate all’esercizio delle nuove funzioni di assistenza ai Comuni, e stabilendo forme

organizzative in cui incanalare e strutturare il dialogo con i Comuni stessi, affinché sia veramente possibile

arrivare alla condivisione delle scelte inerenti la funzione in questione sui territori locali.

Nell’ambito del rafforzamento e del consolidamento di questo complesso processo di riforma, è

indispensabile che alcune risorse siano effettivamente utilizzate per il cambiamento organizzativo che tenga

conto delle esigenze e delle problematiche specifiche dei singoli territori.

Il Segretario generale dott.sa Maria Castallo

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Presentazione

La partecipazione paritaria di donne e uomini a tutti i livelli della società svolge un ruolo essenziale nel

garantire sviluppo e democrazia, oltre a manifestare il livello di maturità politica raggiunto. Si manifesta

quindi l'importanza di agire il gender mainstreaming in tutte le politiche pubbliche, con l’obiettivo della

promozione, diffusione e valorizzazione delle politiche di genere e della cultura delle pari opportunità, a

partire dalla scuola, dal lavoro, dalle famiglie, dalla partecipazione alla vita politica, sociale ed economica e

nelle istituzioni, nonché con la realizzazione di azioni volte all’affermazione della piena cittadinanza delle

differenze e alla rimozione delle discriminazioni che impediscano la totale integrazione di ogni soggetto

nella vita culturale, lavorativa e sociale. Tali obiettivi ambiziosi sono, tuttavia, ancora lungi dall’essere una

realtà, malgrado i notevoli progressi realizzati negli ultimi quaranta anni.

I rapporti tra le donne ed il mercato del lavoro sono ancora prevalentemente mediati dagli uomini, in quanto

membri del nucleo familiare, datori di lavoro o ancora erogatori di credito.

Ancora oggi, il mercato del lavoro privilegia gli uomini rispetto alle donne e riflette, nonché rafforza, la

percezione dei ruoli di uomini e donne in seno alla famiglia, polarizzando le divisioni esistenti, malgrado sia

ormai chiaro come lo stile di vita della maggior parte degli individui non possa più essere relegato in

compartimenti stagni. Infatti, l’esigenza di un maggior equilibrio tra vita professionale e vita familiare viene

espressa sia dalle donne sia dagli uomini, sebbene le politiche tese a riconciliare queste due aree continuino

ad essere prevalentemente rivolte alle donne.

L’incapacità di trasformare la posizione delle donne (e pertanto anche quella degli uomini), ha portato i

decisori politici, e coloro che operano nel campo della parità, a mettere in discussione l’impatto delle

politiche in materia di pari opportunità. Si sono resi conto che le strutture e le prassi della società, nonché i

rapporti tra donne e uomini, dovevano essere ripensati in modo radicale, al fine di eliminare le cause

profonde e spesso nascoste della disparità. È, questo, l’approccio del mainstreaming di genere.

Il mainstreaming di genere mette in discussione le politiche tradizionali ed il modo in cui vengono assegnate

le risorse, concentrandosi sulle differenze sociali tra uomini e donne, differenze apprese, modificabili nel

tempo, e variabili da cultura a cultura.

Ad esempio, la differenza nell’uso del tempo da parte delle donne e degli uomini determina un impatto

diretto sui modelli di lavoro, e, in ultima analisi, sulle loro scelte di vita.

La causa fondamentale del problema risiede nelle strutture sociali, nelle istituzioni, nei valori e nelle

convinzioni che danno vita e perpetuano lo squilibrio esistente tra uomini e donne. Il problema non è solo

quello di “aumentare” il numero di donne in una serie di processi, ma di modificarli per dare spazio al

coinvolgimento sia delle donne che degli uomini.

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Il mainstreaming di genere mostra, inoltre, come le donne e gli uomini non costituiscano gruppi omogenei.

Oltre al genere, occorre tenere presente gli orientamenti religiosi, l’origine etnica, l’istruzione, la disabilità,

l’orientamento sessuale, la classe sociale, ecc., elementi che contribuiscono a rafforzare oppure a dare vita ad

ulteriori disparità.

L’obiettivo che, in questo quadro, si è posta la Provincia di Livorno, nell’ambito delle politiche di pari

opportunità, è di trovare un punto d’incontro e di rispondere alle diverse esigenze delle persone, in quanto

gruppi od individui, senza visioni e pratiche escludenti e/o unilaterali.

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Analisi del contesto. Alcune statistiche di genere nella provincia di Livorno

Aspetti demograficiLa presenza femminile e la componente straniera

Al 31/12/2014 risiedevano nella provincia di Livorno circa 339.000 cittadini. Nel corso degli ultimi venti

anni la popolazione provinciale ha visto un decremento dal 1991 al 2001 e poi una costante risalita, quasi

esclusivamente dovuta all’incremento del fenomeno migratorio. La crescita nel corso dell’ultimo decennio è

stata complessivamente del 3% con una dinamica molto simile ma costantemente al di sotto della media

regionale. La presenza femminile in questi ultimi quaranta anni ha oscillato tra le 170 e i 176 mila unità e

rappresenta ad oggi il 52% della popolazione.

Andamento della popolazione residente nella provincia di Livorno ai censimenti per genere. Anni 1971-2014

163.960162.638

160.393

162.563171.305

175.106 174.854 176.507

140000

150000

160000

170000

180000

190000

1971 1981 1991 2001 2011 2014

M F

Fonte: elaborazioni OPS su dati Istat

La presenza straniera è stata a Livorno, analogamente ad altre aree costiere della Toscana, un fenomeno

tardivo rispetto a quanto avvenuto nel resto della regione. Nonostante questo, i tassi di crescita

dell’immigrazione sul territorio provinciale sono molto significativi: dal 2001 gli stranieri residenti sono

passati da poco più di 6.500 a oltre 26.500. Ad oggi gli stranieri rappresentano il 7,8% dei residenti contro il

10,5% della Toscana e ad essi si deve l’incremento complessivo di popolazione registrato nell’ultimo

decennio: la componente migratoria ha infatti compensato di gran lunga la componente naturale (differenza

tra nascite e morti).

La componente femminile straniera conta oltre 14.500 residenti e rappresenta il 55% del totale stranieri, con

un andamento in crescita, che da diversi anni è superiore alla media regionale.

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Indicatori della presenza straniera nella provincia di Livorno

N. stranieri residenti (2001-2014) % stranieri su totale residenti (2001-2014)

6.571

21.664

26.524

0

10000

20000

30000

2001 2011 2014

2,0

6,57,8

3,0

8,810,5

0

5

10

15

2001 2011 2014

Livorno Toscana

La fecondità

Il tasso di fecondità è in costante aumento nell’ultimo decennio ed è passato da 1 a 1,3 figli per donna in età

feconda, e dopo essersi mantenuta per anni costantemente al di sotto della media regionale, negli ultimi anni

è rientrata in linea con il dato toscano. Anche questo indicatore risente indubbiamente della influenza portata

dal crescente fenomeno migratorio.

Tasso di fecondità (n. medio di figli per donna in età 15-49). Anni 2000-2014

0,99

1,31

1,10

1,33

0,70

0,90

1,10

1,30

1,50

2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014

Ausl 6 - Livorno

Toscana

Fonte: elaborazioni OPS su ARS Toscana

Le trasformazioni familiari

La struttura e le dinamiche della famiglia sono attraversate in questi ultimi venti anni da profondi mutamenti.

Anche a Livorno si assiste ad un processo di semplificazione strutturale che vede corrispondere ad una

crescita dei nuclei familiari (passati da 131.000 a oltre 156.000 in quindici anni), una progressiva contrazione

del numero medio di componenti (da 2,56 a 2,15 componenti).

Le trasformazioni non riguardano soltanto la composizione ma investono anche e soprattutto le dinamiche

interne. L’instabilità familiare (quasi 34 separazioni e divorzi ogni 10mila residenti) e matrimoniale (4,1

divorziati ogni 100 maggiorenni), cresciuto ovunque in Italia, vede nel territorio livornese un incremento ed

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una consistenza molto più accentuate rispetto al resto della regione e del paese. In tali peculiarità non si

riscontrano sensibili differenze territoriali all’interno della provincia ma si evidenzia al contrario una

diffusione omogenea del fenomeno. Questi fenomeni portano all’attenzione la crescente rilevanza dei nuclei

monogenitore, molto spesso costituiti da madri con figli.

Indicatori di conflittualità familiare

Indice di instabilità familiare (1992-2007) Indice di instabilità matrimoniale (2014)

19,7

31,2

41,0

33,8

5,0

15,0

25,0

35,0

45,0

1992 1995 1998 2001 2004 2007

LivornoToscana 4,1

2,9

0

3

5

Livorno Toscana

Indice di instabilità familiare = separazioni +divorzi / residenti * 10.000

Indice di instabilità matrimoniale = divorziati /maggiorenni * 100

Fonte: elaborazioni OPS su dati Istat

La vedovanza e il nubilato

La vedovanza femminile, pur essendosi leggermente ridotta negli ultimi anni, è più che quadrupla rispetto

alla vedovanza maschile.

Al 2014 si contano infatti nella provincia di Livorno oltre 24.000 vedove e poco più di 4.900 vedovi. Anche

in questo caso c’è ovviamente un riflesso in termini si potenziale fragilità per tutte quelle situazioni legate

alle famiglie monogenitori di madri con figli ma soprattutto al fenomeno anziane sole.

Indice di vedovanza femminile e maschile (vedovi per 100 residenti). Anni 2003-2014

3,2 3,0

15,3

13,8

0,0

6,0

12,0

18,0

2003 2005 2007 2009 2011 2013

Maschi Femmine

Fonte: elaborazioni OPS su dati Istat

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Rispetto al censimento 2001 è in crescita anche il nubilato, che coinvolge 1/3 delle residenti femmine e oltre

il 40% dei maschi. Tra le donne l’indice di nubilato ha avuto un incremento dal 30 al 33% in tredici anni. Gli

ultimi dati disponibili parlano di oltre 58.500 nubili e di oltre 66.800 celibi.

Indice di nubilato femminile e maschile (nubili per 100 residenti). Anni 2001-2014

38,0

41,3 41,6

30,0

33,2 33,5

20

25

30

35

40

45

2001 2011 2014

Maschi Femmine

Fonte: elaborazioni OPS su dati Istat

Stato di saluteLa speranza di vita

La speranza di vita è cresciuta negli anni sia per le femmine che per i maschi ma, come noto, gli anni di vita

medi delle donne sono superiori a quelli dell’uomo.

Nella provincia Livornese la speranza di vita femminile dal 1995 è cresciuta di oltre tre anni passando da

81,3 a 84,6 anni, mentre quella maschile è passata da circa 76 a oltre 80 anni, con un divario di genere di

oltre 4 anni di vita media. Entrambi i generi si collocano leggermente al di sotto della media regionale.

Speranza di vita alla nascita (anni medi di vita) nella provincia di Livorno per genere. Anni 1995-2012

75,8

80,381,3

84,6

70,0

75,0

80,0

85,0

90,0

95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12

MF

Fonte: elaborazioni OPS su dati ARS Toscana

La mortalità

La speranza di vita è ovviamente legata alla mortalità, che mostra nel tempo una generale diminuzione in

entrambi i generi. Sembra accorciarsi la forbice maschi femmine ma rimane comunque un consistente

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divario: al triennio 2010-2012 (ultimo disponibile) 838 morti per 100.000 donne contro i 1.202 per gli

uomini.

Tasso di mortalità (morti per 100.000 residenti) nella provincia di Livorno per genere. Anni 1988-2012 (medie triennali)

1.755

1.202

1.165

838

500

1.000

1.500

2.000

88-90

90-92

92-94

94-96

96-98

98-00

00-02

02-04

04-06

06-08

08-10

10-12

MF

Fonte: elaborazioni OPS su dati ARS Toscana

Per le femmine le prime macro cause di morte sono le malattie del sistema circolatorio ed i tumori, seguiti a

notevole distanza dalle malattie del sistema nervoso, dell’apparato respiratorio e dell’apparato digerente.

Rispetto ai maschi, nelle prime cinque cause di morte si notano due differenze: il divario esistente tra le

prime due cause (meno accentuato nei maschi) ed il ruolo rilevante nella mortalità per malattie del sistema

nervoso (assente tra i maschi, dove invece ci sono traumatismi e avvelenamenti)

Prime cinque cause di morte nella provincia di Livorno per genere. Anno 2014 (valori %)

Femmine Maschi

15,0

3,9

4,5

5,2

25,4

45,9

0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0

Altre cause

Mal. apparatodigerente

Mal. apparatorespiratorio

Mal. sistemanervoso

Tumori

Mal. sistemacircolatorio

12,1

3,4

3,9

8,5

35,7

36,7

0 10 20 30 40 50

Altre cause

Mal. apparatodigerente

Traumatismi edavvelenamenti

Mal. apparatorespiratorio

Tumori

Mal. sistemacircolatorio

Fonte: elaborazioni OPS su dati ARS Toscana

Salute riproduttiva

Le interruzioni volontarie di gravidanza nel territorio della Ausl 6 sono tornate a scendere negli ultimi anni

dopo una crescita dal 2008 al 2012. Nel 2014 le IVG sono state 621 e il fenomeno da qualche negli ultimi

due anni si è riportato in linea con la media regionale.

In crescita la componente straniera che rappresenta il 30% degli eventi livornesi (erano il 6% nel 2000) ed il

42% di quelli toscani (erano il 18%).

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Indicatori di IVG nella Ausl 6 di Livorno.

Tasso di ospedalizzazione per IVG (ricoveri per1.000 donne in età 15-49). Anni 1998-2014

% di IVG di donne straniere. Anni 2000-2013(medie triennali)

11,3

8,5

10,2 8,8

5

8

10

13

15

98 00 02 04 06 08 10 12 14

Ausl 6 - Livorno Toscana

5,9

30,7

18,4

41,9

0

9

18

27

36

45

00-02 02-04 04-06 06-08 08-10 10-12

Ausl 6 - Livorno

Toscana

Fonte: elaborazioni OPS su dati ARS Toscana

Non autosufficienza e fragilità

Nel territorio livornese si stimano circa 7.100 anziani non autosufficienti (5.100 donne), di cui oltre 3.000

gravi (2.360 donne). La stima degli anziani fragili ad alto rischio di non autosufficienza si attesta sui 5.000

soggetti, dei quali quasi 3.700 sono donne. Da tali evidenze si può comprendere come questi ambiti andranno

a rappresentare nel prossimo futuro un possibile spaccato di disagio e un crescente bisogno di assistenza.

Stime sulla fragilità e la non autosufficienza degli anziani nel territorio livornese. Anno 2014

Stima anziani non autosufficienti per genere.Anno 2014

Stima anziani fragili ad alto rischio nonautosufficienza per genere. Anno 2012

843

492

687

1.429

1.329

2.360

0 800 1600 2400 3200

Lieve

Moderato

Grave

Maschi Femmine

2.325

3.685

0

1000

2000

3000

4000

Maschi Femmine

Fonte: elaborazioni OPS su dati ARS Toscana

Aspetti socio-economici

L’istruzione

Le numerose indagini dell’Osservatorio Scolastico Provinciale ha svolto negli anni sul sistema istruzione

livornese ci dicono che le studentesse conseguono ormai stabilmente migliori risultati dei colleghi maschi,

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sia in termini quantitativi (quote di promozioni e bocciature), che qualitativi (votazioni medie).

Anche il panorama universitario sembra confermare questo aspetto: le femmine residenti nella provincia

sembrano infatti maggiormente propense dei maschi alla frequenza del percorso universitario e mostrano

numeri superiori anche nel numero di laureati.

Indicatori dell’istruzione nella provincia di Livorno

Tasso di bocciatura (respinti per 100 iscritti) pergenere e grado di istruzione. A.s. 2012/13

Immatricolati (a.a 2014/14) e laureati (a.a2013/14) residenti nella provincia di Livorno

4,2

16,2

3,3

11,9

0

8

16

24

Primaria I grado Primaria II grado

Maschi Femmine

600

305

728

496

0

200

400

600

800

Immatricolati Laureati

Maschi Femmine

Fonte: Osservatorio Scolastico Provinciale e MIUR

Lavoro e tempi di vita

Le possibilità occupazionali della nostra provincia sono per lo più legate a industria e servizi, ma il quadro è

diversificato nelle diverse aree; mentre la zona di Livorno lega in modo prioritario la sua attività economica

all’industria ed ai servizi (quindi attività prettamente non stagionali), nelle altre zone si riscontra una

consistente quota di attività stagionali (agricoltura e turismo).

Dai dati in serie storica della rilevazione Istat sulle forze di lavoro, si può notare un aumento della

partecipazione femminile al mercato del lavoro (il tasso di attività è passato dal 53 al 60%) ma anche il

permanere di una netta forbice di genere di oltre 17 punti percentuali. Forbice evidente (14%) anche in

relazione al tasso di occupazione che vede le femmine al 55,4% contro il 69,7% dei maschi. Il tasso di

disoccupazione invece, pur confermando la situazione di svantaggio della donna rispetto all’uomo, non

presenta differenze così significative.

17

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Tasso di attività, tasso di occupazione e tasso di disoccupazione della provincia di Livorno per genere.Anni 2004-2014

Tasso di attività 15-64 anni (persone attive per 100 residenti 15-64 anni)

71,377,2

53,2

60,0

20,0

40,0

60,0

80,0

100,0

2004 2006 2008 2010 2012 2014

MF

Tasso di occupazione 15-64 anni (occupati per 100 residenti 15-64 anni)

68,4 69,7

49,1

55,4

20,0

40,0

60,0

80,0

2004 2006 2008 2010 2012 2014

MF

Tasso di disoccupazione (persone in cerca di lavoro per 100 soggetti attivi)

4,0

9,6

7,7 7,7

0,0

5,0

10,0

15,0

2004 2006 2008 2010 2012 2014

MF

Fonte: elaborazioni OPS su dati Istat

Il mercato del lavoro è quindi negli ultimi anni molto più frequentato da persone di sesso femminile; bisogna

considerare però che molti impieghi femminili sono di natura precaria (temporanei, stagionali, part time),

perché sempre più è necessario per le donne poter effettuare una organizzazione serrata tra tempi di lavoro e

tempi di vita, in una economia sociale che ancora fonda la sua esistenza su una base femminile che supporta

il sistema.

Proprio da tale differenza di stabilità e durata dell’orario e delle modalità di lavoro nasce anche la sostanziale

differenza retributiva riscontrabile ancora oggi tra i due generi, sia in termini di lavoro dipendente che,

ovviamente, in termini pensionistici.

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Differenze di genere nella retribuzione lavorativa e nell’importo delle pensioni. Anno 2014 (valori in euro)

Retribuzione media annua dei lavoratori dipendentinella provincia di Livorno.

Importo medio mensile delle pensioni vigenti nellaprovincia di Livorno per genere.

22.914

13.850

-

5.000

10.000

15.000

20.000

25.000

M F

1.345

642

0

500

1000

1500

M F

Fonte: Elaborazioni Osservatorio Politiche Sociali su dati INPS (Osservatorio statistico sui lavoratoridipendenti e Osservatorio statistico sulle pensioni)

A questo proposito si tenga conto che le più recenti indagini sulla conciliazione tra tempi di vita e di lavoro e

sulla suddivisione dei ruoli interni alla coppia hanno messo in evidenza, nonostante un lieve miglioramento

nel tempo, un indice di asimmetria delle attività domestiche che vede ancora un ruolo preponderante della

donna ed un forte squilibrio nel carico del lavoro domestico e di cura all’interno della coppia. Queste le

evidenze più significative:

nelle coppie con lei occupata grava sulla donna quasi l’80% delle attività domestiche

nelle coppie con lei occupata grava sulla donna il 90% delle attività domestiche

Indice di asimmetria delle attività di lavoro nelle coppie con donna di 25-44 anni per condizione delladonna e tipologia della coppia. Anni 1988-89, 2002-03 e 2008-09

ATTIVITÀ

Coppie con lei occupata

Coppie con lei non occupataTotale coppie

Coppia con figli Totale coppie

Coppia con figli

1988-89

2002-03

2008-09

1988-89

2002-03

2008-09

1988-89

2002-03

2008-09

1988-89

2002-03

2008-09

Lavoro domestico 85,4 79,3 77,0 86,5 80,6 78,0 93,0 89,4 89,7 93,0 89,7 90,0- Preparare i pasti 87,9 83,6 80,4 89,3 84,8 81,0 96,7 93,9 94,0 96,6 94,3 94,1- Apparecch./sparecch., lavare piatti

89,5 83,4 79,0 91,1 83,9 80,1 96,8 93,8 91,7 96,9 94,3 92,5

- Pulizia della casa 91,6 83,3 82,1 91,6 84,2 83,6 95,7 92,6 92,6 95,6 92,6 92,7- Lavare e stirare 98,7 97,2 97,2 99,0 97,3 98,2 99,6 99,2 99,8 99,6 99,1 99,8Acquisti di beni e servizi 64,2 57,5 58,4 63,8 58,3 58,3 79,2 68,3 68,0 79,1 68,7 67,5

Fonte: Istat, La divisione dei ruoli nelle coppie, 2010

L’indice di asimmetria: indica la quantità di lavoro familiare svolto dalle donne sul totale di quello svoltoda entrambi i partner. Tale indice assume valore 100 nei casi in cui il lavoro familiare ricadaesclusivamente sulla donna, è pari a 50 in caso di perfetta condivisione dei carichi di lavoro familiare.

Infine, un fenomeno da tenere in debita considerazione, soprattutto per il futuro prossimo è quello dei

giovani NEET (Not in employement, education or training), ossia i giovani che si trovano

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contemporaneamente privi di occupazione e fuori dai circuiti formativi: nella provincia di Livorno secondo

stime recenti sarebbero circa 9.000 i NEET 15-29enni, di cui circa 5.300 femmine; un dato decisamente

superiore a quello medio regionale.

% NEET 15-29 anni per genere. Raffronto Livorno-Toscana

16,3

24,2

20,2

10,8

17,314,0

0

10

20

30

Maschi Femmine Totale

Livorno Toscana

Fonte: elaborazioni OPS su dati Italia Lavoro

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La presa in carico del principio di pari opportunità nell’Unione Europea, inItalia, nella Regione Toscana e in Provincia di Livorno: leggi, atti di indirizzo,regolamenti

Il quadro generale Quarta Conferenza mondiale sulle donne: azione per la uguaglianza,lo sviluppo e la pace. Pechino,

4-15 settembre 1995. Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la

violenza domestica (c.d. Convenzione di Istanbul), approvata dal Comitato dei Ministri del Consigliod'Europa il 7 aprile 2011 ed aperta alla firma l'11 maggio 2011

Unione europeaPrincipi fondamentali

"Carta delle donne”, presentata dalla Commissione europea in data 5 marzo 2010, con l'impegno diintegrare la prospettiva di genere in tutte le politiche dell'Unione Europea per il superamento dellediseguaglianze diffuse ancora presenti, ritenuto particolarmente necessario in contingenti periodi dicrisi.;

"Roadmap per l'uguaglianza tra donne e uomini 2006-2010”, pubblicata dalla Commissione europeain data 1° marzo 2006 e il "Parere sul futuro della Politica di uguaglianza di genere dopo il 2010 esulle priorità di un possibile quadro di rifèrimento futuro per la parità tra donne e uomini”, adottatodal Comitato Consultivo per le pari opportunità tra uomini e donne della Commissione Europea indata 29 gennaio 2010;

Comunicazione della Commissione Europea in data 1 giugno 2005 su "Strategia quadro per la nondiscriminazione e per la parità di opportunità per tutti";

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Nizza, 2000) Trattato di Amsterdam (1997), art. 2, 3, 13, 118, 119, 136, 137, 141 e 251 Trattato di Maastricht (1993), art. 119

Parità di trattamento in materia di occupazione, impiego, formazione e accesso a beni e servizi Direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante

l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne inmateria di occupazione e impiego

Direttiva 2004/113/CE del Consiglio del 13 dicembre 2004, che attua il principio della parità ditrattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura

Direttiva 2002/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 settembre 2002, che modifica ladirettiva 76/207/CEE del Consiglio relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tragli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozioneprofessionali e le condizioni di lavoro

Direttiva 2000/78/CE del Consiglio del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per laparità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro

Risoluzione del Parlamento europeo del 12 giugno 1997, sulla Comunicazione della Commissione n.336 del 17 luglio 1996, relativa al "Codice di condotta concernente l'applicazione della paritàretributiva tra donne e uomini per lavoro di pari valore"

Comunicazione della Commissione n. 336 del 17 luglio 1996, relativa al "Codice di condottaconcernente l'applicazione della parità retributiva tra donne e uomini per lavoro di pari valore"

Raccomandazione 92/131/CEE della Commissione del 27 novembre 1991, sulla tutela della dignitàdelle donne e degli uomini sul lavoro

Risoluzione del Consiglio del 29 maggio 1990 sulla tutela della dignità degli uomini e delle donnenel mondo del lavoro

Raccomandazione 87/567/CEE della Commissione del 24 novembre 1987, sulla formazioneprofessionale delle donne

Direttiva 76/207/CEE del Consiglio del 9 febbraio 1976, relativa all'attuazione del principio dellaparità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, allaformazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro

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Direttiva 75/117/CEE del Consiglio del 10 febbraio 1975, per il ravvicinamento delle legislazionidegli stati membri relative all'applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratoridi sesso maschile e quelli di sesso femminile

Azioni positive e processi decisionali Consiglio d'Europa, Raccomandazione n. 3 del Comitato dei Ministri agli Stati membri del 12 marzo

2003, sulla partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini ai processi decisionali politici epubblici

Raccomandazione 96/694/CE del Consiglio del 2 dicembre 1996, riguardante la partecipazione delledonne e degli uomini al processo decisionale

Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede diConsiglio del 5 ottobre 1995, concernente l'immagine dell'uomo e della donna nella pubblicità e neimezzi di comunicazione

Risoluzione del Consiglio del 27 marzo 1995, riguardante la partecipazione equilibrata delle donne edegli uomini al processo decisionale

Raccomandazione 84/635/CEE del Consiglio del 13 dicembre 1984, sulla promozione di azionipositive a favore delle donne

Tutela della maternità, congedi parentali e lavoro a tempo parziale Risoluzione del Consiglio e dei Ministri incaricati dell'occupazione e della politica sociale riuniti in

sede di consiglio del 29 giugno 2000, concernente la partecipazione equilibrata delle donne e degliuomini all'attività professionale e alla vita familiare

Direttiva 97/81/CEE del Consiglio del 15 dicembre 1997, relativa all'accordo quadro sul lavoro atempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES

Direttiva 96/34/CE del Consiglio del 3 giugno 1996, concernente l'accordo quadro sul congedoparentale concluso dal UNICE, dal CEEP e dalla CES

Direttiva 92/85/CEE del Consiglio del 19 ottobre 1992, concernente l'attuazione di misure volte apromuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti,puerpere o in periodo di allattamento

Direttiva 86/613/CEE del Consiglio dell'11 dicembre 1986, concernente l'applicazione del principiodella parità di trattamento tra gli uomini e le donne che esercitano un'attività autonoma, ivi compresele attività nel settore agricolo, e relativa altresì alla tutela della maternità

Parità di trattamento in materia di sicurezza sociale Direttiva 96/97/CE del Consiglio del 20 dicembre 1996, che modifica la direttiva 86/378/CEE

relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne nel regimiprofessionali di sicurezza sociale

Direttiva 86/378/CEE del Consiglio del 24 luglio 1986, relativa all'attuazione del principio di paritàdi trattamento tra gli uomini e le donne nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale

Direttiva 79/7/CEE del Consiglio del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione delprincipio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale

Molestie, violenze sessuali e altre forme di discriminazioni Direttiva Europea per le vittime 2012/29/UE, che istituisce norme minime in materia di diritti,

assistenza e protezione delle vittime di reato Direttiva 2000/43/CE del Consiglio del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di

trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica Direttiva 97/80/CE del Consiglio del 15 dicembre 1997, riguardante l'onere della prova nei casi di

discriminazione basata sul sesso Dichiarazione del Consiglio del 19 dicembre 1991, relativa all'applicazione della Raccomandazione

della Commissione sulla tutela della dignità delle donne e degli uomini nel mondo del lavoro,compreso il Codice di condotta relativo ai provvedimenti da adottare nella lotta contro le molestiesessuali

Italia Costituzione italiana, articoli 2-3-37-51-117 Codice penale

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Legge 20 maggio 1970, n. 300 “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertàsindacale e dell'attività sindacale, nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”

Legge 1204 del 30 dicembre 1971 – “Tutela delle lavoratrici madri” D.P.R. 1026/76 attuativo della L.1204/71 Legge 13 ottobre 1975 n. 654 recante “Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale

sull'eliminazione dì tutte le forme di discriminazione razziale" Legge 903 del 9 dicembre 1977 – “Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro” Legge 22 maggio 1978, n. 194 "Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione

volontaria della gravidanza" Legge 125 del 10 aprile 1991 – “Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel

lavoro” Legge 5 febbraio 1992, n.104, "Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle

persone handicappate" Legge 25 febbraio 1992 n.215 – “Azioni positive per l’imprenditoria femminile” Legge 25 giugno 1993 n. 205 recante “Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e

religiosa” D.L. 645 del 1996 “Recepimento della direttiva 92/85 CEE del 19 ottobre 1992 concernente il

miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o inperiodo di allattamento”

Carta di Roma del 18 marzo 1996 – “Documento sottoscritto da tutti i Ministri UE” Legge 15 febbraio 1996, n. 66 "Norme contro la violenza sessuale" Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 7 marzo 1997 – “Azioni volte a promuovere

l’attribuzione di poteri e responsabilità alle donne, a riconoscere e garantire libertà di scelte e qualitàsociale a donne e uomini”

DLgs. 25 luglio 1998 n. 286 recante "Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dellaimmigrazione e norme sulla condizione dello straniero con specifico riguardo alle situazioni diviolenza e grave sfruttamento";

Legge 8 marzo 2000, n. 53 “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per ildiritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”.

Legge 8 marzo 2001, n. 40, "Misure alternative alla detenzione a tutela del rapporto tra detenute efigli minori"

DLgs. 26 marzo 2001, n. 151 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela esostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53.D.lgs. 165”.

Legge 4 aprile 2001, n. 154, "Misure contro la violenza nelle relazioni familiari" D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 82, "Eliminazione o superamento delle barriere architettoniche

negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico" D.Lgs. 9 luglio 2003 n. 215 che, in attuazione della direttiva comunitaria n.2000/43/CE del

Consiglio, ha recepito il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dallarazza e dall'origine etnica, con particolare riferimento all'accesso, all'occupazione, all'assistenzasanitaria e al sistema delle prestazioni sociali istituendo, presso il Dipartimento stesso, un ufficio perla promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza eorigine etnica (UNAR), con funzioni di garanzia e controllo della parità di trattamento edell'operatività degli strumenti dì tutela;

D.Lgs. 9 luglio 2003 n. 216 che, in attuazione della Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27novembre 2000, ha recepito il principio della parità di trattamento in materia di occupazione e dicondizioni di lavoro, con particolare riferimento alla tutela dell'accesso all'occupazione,all'orientamento professionale contro ogni forma di discriminazione legata a religione. convinzionipersonali, handicap, età e tendenze sessuali;

Legge 11. agosto 2003 n. 228 "Recante misure contro la tratta di persone"; D.Lgs. 30 maggio 2005 e 145 che, in attuazione della Direttiva 2002/73/CE del Parlamento Europeo

e del Consiglio, ha recepito il principio della parità di trattamento e della condanna di ogni forma didiscriminazione diretta ed indiretta fondata sul sesso per quanto attiene alle condizioni di accesso allavoro, la promozione la formazione professionale, con particolare riferimento alla tutela della paritàdi trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e allapromozione professionale e le condizioni di lavoro;

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Page 24: PROVINCIA DI LIVORNO · Consigliera di parità avv. Cristina Cerrai Gruppo di lavoro: ... tappa iniziale di un percorso assai complesso, che coinvolge in misura significativa tutti

D.Lgs. 11 aprile 2006 n. 198 recante "Codice delle pari opportunità tra uomo e donna a normadell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246" ed in particolare l'art. 1, che sancisce ilgenerale divieto di discriminazione basata sul sesso, nonché gli artt. 25 ss., che definiscono le ipotesidi discriminazione diretta ed indiretta, comprese le molestie e le molestie sessuali, e vietano qualsiasidiscriminazione di, genere per quanto riguarda l'accesso al lavoro, le iniziative in materia diorientamento. formazione, perfezionamento e aggiornamento professionale, il trattamentoretributivo, la posizione professionale e le progressioni nella carriera;

Legge 9 gennaio 2006 n. 7 recante “Misure per la prevenzione ed il divieto delle mutilazioni genitalifemminili”

Direttiva del 23 maggio 2007 “Misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelleamministrazioni pubbliche”, emanata dal Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblicaamministrazione e dal Ministro per i diritti e le pari opportunità

Decreto Legislativo 6 novembre 2007, n. 196 "Attuazione della direttiva 2004/113/CE che attua ilprincipio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizie la loro fornitura"

D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, "Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto allaviolenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori", convertito in Legge 23 aprile 2009, n. 38, e, inparticolare, al Capo I, le norme su violenza sessuale, esecuzione dell'espulsione e controllo deiterritorio e, al Capo II, sugli atti persecutori (stalking) quale nuova fattispecie di reato, con modifichealle norme del codice penale e del codice di procedura penale, delle norme in materia di spese digiustizia e di sostegno alle vittime;

Legge 3 marzo 2009, n. 18, "Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui dirittidelle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 eistituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità"

D.Lgs. 18 luglio 2011, n. 119 “Attuazione dell'articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183,recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative epermessi”;

DPR 30 novembre 2012, n. 251 “Regolamento concernente la parità di accesso agli organi diamministrazione e di controllo nelle società, costituite in Italia, controllate da pubblicheamministrazioni, ai sensi dell'articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile, non quotatein mercati regolamentati, in attuazione dell'articolo 3, comma 2, della legge 12 luglio 2011, n. 120.

Legge 27 giugno 2013, n. 77 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sullaprevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta aIstanbul l'11 maggio 2011;

Legge 15 ottobre 2013, n. 119 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto dellaviolenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province”.

Dlgs 4 marzo 2014, n. 39, "Attuazione della direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l'abuso elo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, che sostituisce la decisione quadro2004/68/GAI"

D.lgs 4 marzo 2014, n. 24, "Attuazione della direttiva 2011/36/UE, relativa alla prevenzione e allarepressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime, che sostituisce la decisionequadro 2002/629/GAI";

Legge 7 aprile 2014, “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni dicomuni”, art. 85: Le province di cui ai commi da 51 a 53, quali enti con funzioni di area vasta,esercitano le seguenti funzioni fondamentali […] (comma f): controllo dei fenomeni discriminatoriin ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.

Linee guida per l’intervento e la costruzione di rete tra i Servizi Sociali dei Comuni e i CentriAntiviolenza, a cura di D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza, marzo 2014; Protocollo d’Intesatra A.N.C.I. e Associazione Nazionale D.i.Re Donne in Rete contro la violenza, 16 maggio 2013

Legge 13 luglio 2015, n. 107, “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega peril riordino delle disposizioni legislative vigenti”, art. 1. comma 16 (attuazione dei principi di pariopportunità)

Circolare M.I.U.R. 15 settembre 2015 “ Chiarimenti e riferimenti normativi a supporto dell’art. 1comma 16 legge 107/2015”

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D.lgs 15 giugno 2015, n. 80 “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, inattuazione dell'articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (in attesa dipubblicazione).

Regione Toscana L.R.T. n. 38/2001 “Interventi regionali a favore delle politiche locali per la sicurezza della comunità

toscana” (l’art. . 4, comma 1, prevede la realizzazione di progetti finalizzati a promuovere nellescuole e nelle famiglie l'educazione al rispetto nella relazione tra i sessi, al rispetto dell'identitàsessuale, religiosa e culturale, alla non violenza come metodo di convivenza civile)

L.R.T. 24 febbraio 2005, n. 41 “Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti dicittadinanza sociale” (l’art. 59 riguarda le politiche per il contrasto della violenza contro le donne, iminori e in ambito familiare)

L.R.T. n. 40/2005 “Disciplina servizio sanitario regionale” (l’art. 4 riguarda l’appropriatezza deipercorsi assistenziali che debbono essere garantiti da parte dei servizi sanitari territoriali

della zona distretto e da quelli ospedalieri); L.R.T. 16 novembre 2007, n. 59 "Norme contro la violenza di genere"; L.R. 16/2009 “Cittadinanza di genere” L.R. 1/2009 Testo unico in materia di organizzazione e ordinamento del personale, art. 38 -

Informazioni sulle azioni positive e rapporto sulla situazione del personale Delibera G.R.T. n. 291/2010, con oggetto “L.R. n. 59/2007 art. 3 comma 3 - Linee Guida regionali

sulla violenza di genere” (allegate alla delibera) L.R.T. 30 luglio 2014, n. 45 “Modifiche alla legge regionale 24 febbraio 2005, n. 41 Sistema

integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale

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Azioni

Azione 1 - Valorizzazione e formazione di una cultura delle differenze e delle pariopportunità

La cultura delle differenze trova, per quanto riguarda il nostro Paese, un fondamento giuridico già nella Carta

fondamentale, la Costituzione. L’art. 3 infatti recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali

davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di

condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la

libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva

partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

L’uguaglianza, nel dettato costituzionale, non è solo formale (tutti sono titolari dei medesimi diritti e doveri,

in quanto tutti sono uguali davanti alla legge e tutti devono essere, in egual misura, ad essa sottoposti). La

Costituzione va oltre, assegnando allo Stato il compito di creare azioni positive per rimuovere quelle barriere

di ordine naturale, sociale ed economico che non consentirebbero a ciascuno e a ciascuna di realizzare

pienamente la propria personalità. Questo passaggio concettuale è pregnante, poiché consente di affermare

che le differenze di fatto o le posizioni storicamente di svantaggio possono essere rimosse anche con

trattamenti di favore che altrimenti sarebbero discriminatori. In Italia, le azioni positive sono state utilizzate

soprattutto per le discriminazioni di genere, rivolte contro le donne. Attraverso l’uguaglianza sostanziale, lo

Stato e le sue articolazioni si assumono l’impegno di rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e

l’uguaglianza dei cittadini e delle cittadine. Il principio di uguaglianza è stato declinato in un generale divieto

di discriminazione; si discrimina quando si trattano in maniera uguale situazioni diverse, ovvero quando si

trattano in maniera diverse situazioni uguali. La disparità di trattamento è consentita solo quando le

differenze sono stabilite dal legislatore in modo ragionevole ed obiettivo. Attraverso il canone della

ragionevolezza, vero cuore del principio di uguaglianza, i divieti di discriminazioni sono stati estesi, per via

giurisprudenziale, agli orientamenti sessuali, all’appartenenza ad una minoranza, all’handicap, all’età.

A tale fine, la Provincia, con la Consigliera di parità, con l’obiettivo di diffondere la Carta Europea per

l’uguaglianza di donne e uomini nella vita locale e regionale, in occasione della giornata dell’8 marzo 2014,

“Festa della donna”, ha organizzato la seconda edizione dell’evento “In cammino verso la Parità”, una

marcia non competitiva volta a diffondere la cultura del contrasto alla violenza di genere. L’evento è stato

realizzato con la collaborazione di enti pubblici e soggetti privati (Comune di Livorno, Usl 6, Ufficio

Scolastico provinciale, Pubblica Assistenza, Misericordia, Croce Rossa Italiana, Associazione nazionale

carabinieri, Associazione europea operatori di polizia) e diretto a tutta la cittadinanza. In particolare, sono

stati coinvolti gli istituti scolastici di primo e secondo grado: le/gli studenti sono state/i adeguatamente

preparate/i, e il frutto del loro lavoro è stato elaborato, nel corso dell’anno, in una apposita pubblicazione. In

occasione di tale iniziativa è stata distribuita a tutte/i le/i partecipanti una copia della Carta Europea stessa.

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Nell’ambito della Settimana Europea della Mobilità Sostenibile, la Provincia e la Consigliera di parità hanno

realizzato stata posta in essere l’iniziativa “La spesa in bicicletta”, al fine di portare alla luce e promuovere la

questione della conciliazione dei tempi di vita e lavoro per le donne. Tutta la cittadinanza è stata chiamata a

partecipare, percorrendo un itinerario che, sfruttando le piste ciclabili, è giunto al mercato a KM zero di

Coldiretti, dove è stato possibile acquistare i prodotti del territorio della “Campagna Amica” dopo un

assaggio gratuito degli stessi.

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Azione 2. Piano Provinciale per la Cittadinanza di Genere (ex L.R.T. n. 16/2009)

Con atto dirigenziale n. 120 del 27 ottobre 2014, la Provincia di Livorno ha approvato il Piano Provinciale

per la Cittadinanza di Genere (ex L.R.T. n. 16/2009) per il biennio 2014 – 2015.

Gli indirizzi per la predisposizione del Piano sono estrapolati dagli obiettivi generali indicati nell’art. 2 della

legge regionale 16/2009, e nello specifico:

contribuire ad eliminare gli stereotipi associati al genere promuovendo e valorizzando altresì la

condizione femminile e diffondendo il principio di pari opportunità fra donna e uomo, con

particolare riferimento alle giovani generazioni. Promuovere la partecipazione femminile alla vita

politica ed istituzionale;

costruire un sistema di azioni specificatamente volte alla conciliazione vita-lavoro attraverso

iniziative a carattere innovativo, valorizzando le esigenze che emergono dal territorio coordinando le

azioni proposte;

integrare le politiche per la cittadinanza di genere, oltre che negli strumenti normativi e nelle attività

di programmazione, attraverso il coordinamento delle competenze delle strutture interne e

l’integrazione di risorse proprie con altre risorse (comunitarie, naz.li, locali ecc.) e la definizione del

bilancio di genere e sua promozione (art. 13 LR 16/09).

Per contribuire ad eliminare gli STEREOTIPI associati al genere è necessario promuovere e valorizzare la

condizione femminile, occorre diffondere il principio di pari opportunità fra donna e uomo, attivandosi

maggiormente e declinando l'obiettivo generale in specifici obiettivi quali:

favorire l’equa distribuzione delle responsabilità familiari uomo - donna, responsabilizzando

entrambi i generi e non solo quello femminile nell'assunzione di attività di cura di figli e familiari;

promuovere l’attenzione sui temi della parità uomo-donna diffondendo la cultura di genere, anche

con campagne informative ed attivando rapporti diretti con la Scuola di ogni ordine e grado;

favorire la diffusione e l’attuazione del principio di pari opportunità uomo-donna e la valorizzazione

della figura femminile, in ogni ambiente di lavoro, di studio e di relazione;

Per costruire un sistema di azioni specificatamente volte alla CONCILIAZIONE VITA-LAVORO si considera

importante progettare ed attivare iniziative a carattere innovativo, che possano valorizzare le esigenze che

emergono dal territorio. Obiettivi generali sono:

Promuovere azioni di coordinamento interistituzionali volte a sviluppare la sensibilizzazione e

l’attenzione alle diverse esigenze per il genere, per gli anziani, per tutti quei soggetti con ridotta

autosufficienza, con una più idonea mobilità territoriale e con la possibilità di un uso dei trasporti e

nell’accessibilità ai servizi più ;

Sperimentare formule di organizzazione dell’orario di lavoro nella Pubblica Amministrazione e nelle

imprese private volte alla conciliazione vita-lavoro, attuabili soprattutto attraverso una più ampia

condivisione e concertazione fra le parti;

Per integrare le politiche per la cittadinanza di genere e gli strumenti normativi e le attività di

programmazione è necessario :

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promuovere percorsi volti all’approvazione dei BILANCI DI GENERE dei Comuni del territorio e

promuovere la sua diffusione .

Il Piano regionale per le Politiche di genere 2012-2015, approvato con delibera C.R.T. n. 16 del 21/02/2012,

prevede che l’attuazione del piano avvenga con un documento di attuazione annuale redatto ai sensi dell’art.

10 bis della L.R. n. 49/1999 e contenente l’indicazione delle azioni da realizzare nell’anno di riferimento,

secondo le risorse disponibili in bilancio.

Nel 2012 ed anche per gli anni 2013 e 2014, valutati positivamente i risultati raggiunti con la pregressa

esperienza, la Regione Toscana ha ritenuto di procedere con le stesse e consolidate modalità, continuando a

riconoscere alle Province il ruolo di promozione e coordinamento, come previsto dall’articolo 3 della L.R. n.

16/2009, delle attività dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale, avendo

così l’opportunità di portare a compimento un percorso intrapreso nell’ottica della migliore collaborazione

fra enti, istituzioni ed organizzazioni operanti su territori omogenei per il raggiungimento di obiettivi e

finalità comuni nella formazione degli accordi territoriali di genere. La Regione ha inoltre riconfermato la

disciplina degli aspetti attuativi previsti nei documenti di attuazione annuali previsti dal Piano regionale per

le politiche di Genere 2012-15

Per l’attuazione degli indirizzi ed il raggiungimento degli obiettivi sopra citati, le azioni poste in essere con il

Piano provinciale sono concertate con i soggetti del territorio, nonché coordinate a livello locale nell’ottica

della attuazione di interventi integrati.

Tutte le azioni risultano coerenti con gli assi di intervento sopra indicati; prioritariamente esse assumono

l’identità di interventi integrati posti in essere per dare risposte a concrete esigenze emerse dai territori; si

ritiene importante realizzare alcune azioni trasversali che incidano sull’intero territorio della provincia:

azioni di FORMAZIONE NELLE SCUOLE volte alla lotta agli stereotipi di genere e in particolare a favorire

l’equa distribuzione delle responsabilità familiari uomo-donna [Area Livornese- Bassa Val di

Cecina-Elba];

interventi specifici nei tempi ed orari della città volti alla CONCILIAZIONE VITA-LAVORO con

riferimento a maggiore accessibilità, flessibilità e modulabilità di servizi scolastici integrativi (pre-

post scuola centri estivi ecc) e trasporto sociale [Area Livornese- Bassa Val di Cecina-Val di Cornia-

Elba];

interventi specifici di POLITICHE FAMILY FRIENDLY che le aziende private/pubbliche possono offrire ai

loro dipendenti con riferimento all’attivazione o implementazione (in termini di posti disponibili o

orario di servizio) di asili nido aziendali pubblici e privati,all’ attivazione di formule organizzative

facilitanti la conciliazione vita lavoro (flessibilità oraria, telelavoro), all’attivazione di altri servizi

facilitanti la conciliazione vita-lavoro [Area Livornese];

percorsi progettuali volti all’approvazione BILANCIO DI GENERE della Provincia di Livorno afferente

all’ultimo rendiconto di bilancio disponibile [Intero territorio provinciale] .

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La nuova concertazione 2014- 2015

Con la realizzazione dei progetti approvati all’interno dei piani 2010/12 ,2012/2013 e 2013/2014 sono state

messe in campo azioni e interventi che hanno portato ad un reale miglioramento della vita delle donne,

facilitando la conciliazione vita-lavoro e dando un concreto sviluppo al superamento degli stereotipi legati al

genere. E’ stato molto utile anche il lavoro di rete sviluppato nei tre anni di vita del progetto, portando i vari

attori del piano a collaborare lavorando ad un impegno comune.

A seguito di ciò, in virtù dell’approvazione per l’anno 2014 del Documento di attuazione, la Provincia è stata

riconfermata come ente di coordinamento e concertazione dei territori per la realizzazione degli Accordi di

genere.

La Provincia di Livorno ed i Comuni del territorio hanno intrapreso dunque un nuovo percorso di

concertazione che è iniziato con l’analisi dei progetti conclusisi e dei risultati ottenuti, nonché delle criticità

riscontrate, ha portato quindi alla predisposizione dei nuovi progetti per il Piano 2014-2015 che

rappresentano maggiormente la prosecuzione delle azioni del precedente Piano.

I progetti attuativi dal nuovo Piano:

1. Temp.Or.A. 4

2. Percorsi di autonomia al femminile

3. Progetto Prescuola

4. Rosso Etrusco equilibrio tra maschile e femminile

5. Comunità educante

6. Lab Point

7. Estate in Collina

8. Bilancio Genere 2014 Provincia di Livorno

9. Coordinamento e monitoraggio

I soggetti promotori di azioni progettuali

Provincia di LivornoComune di LivornoComune di Rosignano M.moComune di CecinaComune di BibbonaComune di Castagneto CarducciComune di PiombinoComune di Portoferraio

Altri soggetti che concorrono alla realizzazione delle azioni progettuali

Consigliera Provinciale di Parità della provincia di Livorno, Comuni di Campiglia, S. Vincenzo, Suvereto,

Sassetta, Comuni elbani di Campo Elba, Marciana, Marciana M.na, Capoliveri, Porto Azzurro, Rio Elba, Rio

Marina, Associazione Ippogrifo, CeSDI (Centro Servizi Donne Immigrate, Associazione Intramondo; Ass.ne

AUSER – 1°e 2° Circolo didattico Cecina, Gruppo Koinè, Istituti scolastici Superiori elbani, Centro

Informagiovani Coop.va il Cosmo e Microstoria.

I soggetti che hanno partecipato ai percorsi concertativi e che aderiscono al Piano territoriale per la

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cittadinanza di genere hanno valutato in maniera positiva gli impulsi e le potenzialità aperte dalla legge

regionale 16/2009, a partire dal fatto che la possibilità di conciliare lavoro e famiglia e l’estensione dei

servizi alla persona ha un impatto diretto sull’occupazione delle donne, sulla loro posizione sul mercato del

lavoro, sulla loro retribuzione e sulla loro indipendenza economica lungo tutto l’arco della vita. La maggior

presenza delle donne nel mercato del lavoro sviluppa potenzialità per l’economia del territorio favorendo nel

contempo lo sviluppo del benessere sociale.

I soggetti sottoscrittori del Piano ritengono inoltre che la valorizzazione della figura femminile e la lotta agli

stereotipi legati al sesso consentano di costituire una società più civile e più libera per le donne, per gli

uomini e per le famiglie.

Una società che non riconosce pienamente i diritti delle donne e che non investe sui loro talenti e capacità di

innovazione, non è una società veramente democratica. L’apporto femminile è infatti fondamentale per

costituire modelli economico-sociali equi ed erogatori di benessere.

A questo proposito i soggetti che aderiscono al Piano:

- valutano positivamente il percorso di concertazione;

- condividono gli obiettivi generali del Piano e le azioni previste nei progetti allegati;

- sostengono le azioni poste in essere con il presente Piano valutandole efficaci rispetto al raggiungimento

delle finalità indicate, anche in specifico riferimento alle esigenze emerse dai territori;

- si impegnano a contribuire alla realizzazione dei progetti e delle azioni previste per quanto di loro

competenza;

- promuovono la diffusione della cultura di genere nelle loro azioni quotidiane;

- si adoperano per il superamento delle barriere di genere e per lo sviluppo di politiche di genere nei propri

ambiti di competenza.

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Azione 3 - Prevenzione e contrasto alla violenza di genere: il progetto CON-TRAT-TO – Contro la tratta in Toscana

Dal 2003 l’Amministrazione provinciale è, sul territorio, l’unico soggetto proponente progetti per

programmi di assistenza e integrazione sociale di vittime di tratta, (ex art. 18 D.lgs. 286/98 “Testo unico

sull’immigrazione”), con finanziamenti erogati dal Dipartimento per le Pari Opportunità (DPO) della

Presidenza del Consiglio dei Ministri e dalla Regione Toscana, e con il co-finanziamento della Provincia di

Livorno e dei Comuni di Livorno e Collesalvetti. Con deliberazione C.P. n. 45 del 26 marzo 2008 la

Provincia di Livorno ha aderito al Coordinamento nazionale EE.LL. contro la tratta, al fine di superare la

frammentazione degli interventi e per rispondere in modo efficace e organizzato alle sempre maggiori

difficoltà di un settore come quello della lotta alla tratta e, con deliberazione G.P. n. 34 del 31 marzo 2009 è

stato approvato il protocollo d' intesa per la costituzione della “Rete provinciale contro lo sfruttamento e la

tratta delle persone", un organismo che ha dimostrato la capacità e l’importanza di un lavoro sinergico

sostenendo il progetto e organizzando, tra gli altri, importanti momenti formativi rivolti alle forze dell'ordine,

al servizio sanitario (funzionari e operatori), ai volontari del sociale privato e al personale degli enti locali.

L’attività della Rete territoriale, fin dalla sua costituzione, si è indirizzata alla ricerca di sempre maggiori

integrazioni a livello istituzionale finalizzata al contrasto alla tratta di persone e sfruttamento lavorativo,

producendo positive ricadute nelle procedure e nella presa incarico dei soggetti coinvolti.

Il 30 maggio 2014 la Prefettura di Livorno ha firmato l’adesione al protocollo di intesa di costituzione della

“Rete territoriale contro lo sfruttamento, la tratta delle persone e le nuove schiavitù” della Provincia di

Livorno. E’ stato formalizzato l’importante ruolo, già attivo sul territorio, a partecipare al progetto con un

proprio rappresentante al fine di individuare comuni modalità di approccio ai problemi emergenti, ad

accrescere attraverso le opportune sedi istituzionali (consiglio territoriale per l’immigrazione, comitato per

l’ordine e la sicurezza pubblica, riunione tecniche di coordinamento) la conoscenza e le azioni sul territorio

in merito alle tematiche del traffico di persone; a promuovere la diffusione della Rete anti-tratta e delle

iniziative informative e formative che la riguardano; a realizzare una accurata opera di sensibilizzazione nei

confronti del personale interno addetto al ricevimento del pubblico.

Per la realizzazione del progetto si sono svolti incontri con il tavolo operativo del Codice Rosa (operatori

ASL e Forze dell’Ordine) per spiegare la modalità di accesso ai programmi di protezione ai sensi dell’art.18

e per permettere una conoscenza più approfondita di quello che il progetto “Cont-Trat-To” e gli interventi

previsti rappresentino a favore delle vittime di tratta e di grave sfruttamento. Si è implementato l’utilizzo del

sistema di consulenza legale regionale e l’attivazione ù di una nuova collaborazione con un legale dell’ASGI

(si era resa infatti necessaria la tutela legale di un avvocato che potesse seguire da vicino il caso di una donna

in accoglienza a Livorno per art.18 ma con un coinvolgimento del Tribunale per i Minorenni di un’altra

regione italiana, regione in cui si è svolto anche l’incidente probatorio in relazione al procedimento penale

nei confronti degli sfruttatori della donna). È stato avviato il progetto: "Servizi Di Accompagnamento

All’inserimento Lavorativo Delle Vittime Della Tratta Di Esseri Umani", finalizzato al reinserimento

lavorativo con la frequenza ad attività di formazione di gruppo e individualizzata (50 di gruppo e 10 ore

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individualizzate) riguardanti: la lingua italiana parlata e scritta, i principi fondamentali regolanti il sistema

giuridico italiano, elementi di Informatica di base, di economia domestica, di igiene, cenni di organizzazione

aziendale, HACCP, Work esperience in azienda/cooperativa (400 ore), con tutoraggio individuale e azioni

individualizzate di accompagnamento e supporto. Si sono svolti incontri per la condivisione del programma e

il consolidamento degli interventi per l’emersione, l’accoglienza e il reinserimento socio-lavorativo delle

donne inserite nei programmi di protezione ai sensi dell’art.18 con il tavolo operativo e quelli con la “Rete

provinciale contro la tratta”, compresa l’attivazione di un percorso di confronto e collaborazione tra

l’Associazione Randi, la Prefettura di Livorno e gli enti del privato sociale (ARCI e CeSDI) che si occupano

dell’accoglienza di soggetti richiedenti asilo (nell’ambito del programma “emergenza profughi”), per

favorire un’eventuale emersione di casi di tratta già dai primi momenti di arrivo sul territorio livornese. Con

12 donne, tutte di provenienza nigeriana, richiedenti asilo e ospiti dell’albergo “St. Vincent” di

Castiglioncello, sono stati effettuati per tre volte incontri singoli e di gruppo con l’obiettivo non solo di

raccogliere informazioni, ma soprattutto di informare sui rischi e orientare: tutto questo, pur consapevoli

delle particolari difficoltà relazionali e del contesto complesso in cui abbiamo cercato di muoverci nel

tentativo di creare un’alleanza che potesse rivelarsi utile anche a distanza di tempo.

Si sono inoltre verificati un inserimento in art.13 di una donna di nazionalità nigeriana per sfruttamento

sessuale e per la quale è stato ottenuto permesso di soggiorno mediante percorso di tipo sociale. Era stata

portata da un mese in Italia e obbligata a prostituirsi in appartamento in cui era stata segregata. Riuscita a

fuggire è arrivata sotto shock senza una neppur minima conoscenza della lingua italiana e della sua

situazione giuridica, ha iniziato un corso di alfabetizzazione per la lingua italiana e un corso di

lettura/scrittura. Altre due ragazze già inserite in art. 13 hanno frequentato, una un corso di lingua italiana e

di lettura/scrittura, l’altra, dopo aver conseguito la certificazione HACCP, ha frequentato un corso di lingua

italiana e formazione civica per stranieri.

Per quattro donne di età compresa tra i 21 e i 28 anni, si è aperto un percorso di accoglienza per sfruttamento

sessuale, e un altro per accattonaggio forzato. Tutte hanno ottenuto il permesso di soggiorno.

Tre di loro hanno frequentato un corso di alfabetizzazione per la lingua italiana e un corso di

lettura/scrittura. Hanno i conseguito la certificazione HACCP e frequentato un tirocinio formativo presso

un’azienda del territorio nell’ambito del progetto “Servizi Di Accompagnamento All’inserimento Lavorativo

Delle Vittime Della Tratta Di Esseri Umani" promosso dalla Provincia di Livorno.

Una delle ragazze ha usufruito di un ulteriore tirocinio c/o il ristorante che le aveva già offerto il periodo di

work-experience nell’ambito del progetto suddetto; un’altra ha trovato lavoro a tempo indeterminato in un

ristorante.

Attività dello sportello di ascolto: vi si sono rivolti 8 utenti per un totale di 20 colloqui. La nazionalità

prevalente quella nigeriana, poi albanese, marocchina e dominicana. E’stato attivato un percorso di

fuoriuscita. Per tre di loro è stata attivata una presa in carico della Caritas.

È proseguito un percorso di protezione di una donna in accoglienza, con due bambini.

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Soggetti coinvolti nella realizzazione del progetto: Consigliera Provinciale di ParitàIstituzione al Sociale del Comune di LivornoComune di CecinaComune di PiombinoComune di CollesalvettiComune di BibbonaComune di Porto AzzurroComune di Rio nell'ElbaComune di PortoferraioComune di Rio MarinaComune di MarcianaComune di Marciana M.naComune di CapoliveriComune di Campo nell'ElbaQuestura di LivornoArma dei Carabinieri di LivornoGuardia di Finanza di LivornoDirezione Provinciale del Lavoro di LivornoAzienda ASL 6 di LivornoDiocesi di LivornoAssociazione RandiCESDI LivornoCoordinamento delle Comunità Straniere di LivornoAssociazione PelledasinoAssociazione Samarcanda PiombinoCentro Donna Antiviolenza di PiombinoUfficio Scolastico della provincia di Livorno,OO.SS provinciali CGIL – CISL – UIL

Il consolidamento della realtà della Rete permetterà di attivare maggiori sinergie sul piano

dell’individuazione di vittime di tratta e sfruttamento all’interno dei vasti movimenti migratori in atto.

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Azione 4 - Interventi a contrasto della violenza di genere

La violenza contro le donne e, in particolare, la violenza domestica rappresentano fenomeni ampi e

complessi e perciò molto difficili da studiare, la cui conoscenza, tuttavia, è essenziale per lo sviluppo, a

livello istituzionale, delle politiche e dei servizi necessari per affrontarli.

La conferenza mondiale delle Nazioni Unite (Vienna, 1993) definisce la violenza contro le donne come:

“… qualsiasi atto di violenza di genere che comporta, o è probabile che comporti, una sofferenza fisica,

sessuale o psicologica o una qualsiasi forma di sofferenza alla donna, comprese le minacce di tali violenze,

forme di coercizione o forme arbitrarie di privazione della libertà personale sia che si verifichino nel contesto

della vita privata che di quella pubblica”.

La Provincia di LIvorno ha istituito la Rete provinciale a contrasto della violenza di genere, con un

Protocollo d’intesa sottoscritto il 28.11.13. Si tratta di un insieme strutturato di istituzioni, enti, associazioni

ed organizzazioni che lavorano in modo sinergico per offrire risposte adeguate ai bisogni delle utenti e che si

incontrano periodicamente per momenti di condivisione e confronto.

Sulla base delle indicazioni della Regione Toscana, che per il 2014 ha individuato le Province quali soggetti

attuatori a cui conferire le risorse del fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità (ex

decreto legge n. 93 del 2013, convertito in Legge n. 119/2013) e sulla base de linee guida stabilite dal

Dipartimento nazionale per le Pari Opportunità, la Provincia di Livorno ha elaborato alcune linee di

intervento per potenziare la rete locale antiviolenza, anche al fine di garantire il coinvolgimento degli attori

istituzionali pubblici e privati in una logica di sussidiarietà.

Per quanto riguarda l’analisi dei bisogni del territorio sulla base della quale attivare gli interventi di rete, la

Rete provinciale antiviolenza si è riunita ed ha raccolto le seguenti prevalenti necessità:

compartecipazione alle spese per le ospiti nelle strutture deputate al rifugio di donne e bambini

vittime di violenza. Nel territorio provinciale infatti non vi è una casa rifugio che sia deputata

esclusivamente a tale attività ed i Comuni ricorrono pertanto all’utilizzo di case di accoglienza di

vario genere, convenzionate con Comuni e SDS.

diffusione delle informazioni rispetto ai percorsi di accoglienza attivati sul territorio e presa in carico

delle donne vittime di violenza da parte dei vari centri ascolto, centri antiviolenza ed istituzioni ed

enti preposti, nella convinzione che una maggiore conoscenza dei soggetti che compongono le varie

reti territoriali esistenti a contrasto della violenza sia fondamentale, perché le reti di aiuto siano

conosciute ed utilizzate dalle donne ed anche per una maggiore coordinamento tra le reti stesse.

azioni di sensibilizzazione nelle scuole, con finalità preventive al fine di diffondere i valori della

parità e di contrastare la creazione e l’utilizzo degli stereotipi legati al genere, azioni fondamentali

per prevenire la diffusione della violenza di genere tra i giovani.

Sono state quindi assunte le seguenti decisioni:

finanziamento di ciascun Centro antiviolenza presente sul territorio: il Centro Donna Livorno, il

Centro donna antiviolenza di Piombino, l’Associazione RANDI di Livorno

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finanziamento di azioni di sensibilizzazione e divulgazione delle iniziative assunte dalla rete

antiviolenza, mediante Interventi / seminari nelle scuole, passaggi radio/Tv; stampa di brochure

informative, pubblicità on line su testate locali

finanziamento di spese a parziale copertura delle rette per donne vittime di violenza

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Azione 5 - La Consigliera di parità

In occasione delle elezioni politiche amministrative tenutesi a Livorno nel maggio 2014, la

Consigliera di Parità ha diffuso ai candidati sindaci un documento programmatico nel quale è stata

inserita la raccomandazione alla parità di genere nella composizione della nuova Giunta Comunale e

nei CDA delle società partecipate. In tale documento sono altresì stati inseriti tutti gli obiettivi che la

nuova amministrazione dovrebbe raggiungere per incrementare la cultura delle politiche di genere in

particolare con particolare rilevanza ai temi della conciliazione vita – lavoro.

Nell’ambito di un percorso iniziato con la predisposizione e la discussione di un documento

intitolato “Linee guida per la costituzione del Tavolo tecnico provinciale per le politiche di

genere”, si sono svolti incontri di tavolo con precise/i stakeholders, individuate/i sulla base

dell’attività svolta, a livello sociale e culturale, relativa ai temi presenti nelle “Linee guida”. I tavoli

attivati nel corso dell’anno sono stati quelli dedicati alle tematiche della disabilità, del mondo LGBT

e del rapporto tra cultura di genere e linguaggio.

Linee guida per la costituzione delTavolo tecnico provinciale per le politiche di genere

Premessa1. Il contrasto alle discriminazioni. di genere, intese come ogni distinzione o limitazione basata sul

sesso, è uno degli scopi della Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme didiscriminazione contro le donne (CEDAW), adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il18 dicembre 1979 e ratificata dall'Italia il 10 giugno 1985.

2. La lotta alla discriminazione costituisce un obiettivo prioritario della stessa Comunità Europea che,all'art. 13 del Trattato C.E., così come modificato dal Trattato di Nizza. ha impegnato le istituzionicomunitarie a combattere i sei fattori di discriminazione individuati ovvero il sesso, la razza el’origine etnica, la religione e le convinzioni personali. gli handicap, l'età e le tendenze sessuali.

3. L’Unione europea ha emanato una serie di documenti, pareri e direttive sull’argomento, che qui sielencano succintamente:

Direttiva del Consiglio n.207/76. Relativa all’attuazione del principio della partità di trattamentotra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozioneprofessionale e le condizioni di lavoro. (G.U.C.E. L039 del 14/2/1976);

Raccomandazione del Consiglio del 13/12/84 n.84/635 sulla promozione di azioni positive a favoredelle donne (G.U.C.E. 4331 del 19/12/1984);

Direttiva del Consiglio 85/92. concernente l’attuazione di misure volte a promuovere ilmiglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere inperiodo di allattamento;

Comunicazione della Commissione Europea in data 1 giugno 2005 su "Strategia quadro per la nondiscriminazione e per la parità di opportunità per tutti";

"Roadmap per l'uguaglianza tra donne e uomini 2006-2010”, pubblicata dalla Commissioneeuropea in data 1° marzo 2006 e il "Parere sul futuro della Politica di uguaglianza di genere dopoil 2010 e sulle priorità di un possibile quadro di rifèrimento futuro per la parità tra donne euomini”, adottato dal Comitato Consultivo per le pari opportunità tra uomini e donne dellaCommissione Europea in data 29 gennaio 2010;

“Carta delle donne”, presentata dalla Commissione europea in data 5 marzo 2010, con l'impegnodi integrare la prospettiva di genere in tutte le politiche dell'Unione Europea per il superamentodelle diseguaglianze diffuse ancora presenti, ritenuto particolarmente necessario in contingentiperiodi di crisi.

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Tutto ciò premesso La Consigliera di parità costituisce, presso l’Amministrazione provinciale di Livorno, il Tavolo

tecnico provinciale per le politiche di genere e di pari opportunità, di qui in avanti denominato

“Tavolo tecnico” e indicato con l’acronimo TT.

Il TT opera per la promozione, la diffusione e la valorizzazione delle politiche di genere e della

cultura delle pari opportunità, a partire dalla scuola, dal lavoro, dalle famiglie, dalla

partecipazione alla vita politica, sociale ed economica e nelle istituzioni, nonché per la

realizzazione di azioni volte all’affermazione della piena cittadinanza delle differenze e alla

rimozione delle discriminazioni che impediscano la totale integrazione di ogni soggetto nella vita

culturale, lavorativa e sociale.

Il TT opera a livello del territorio della provincia di Livorno, o comunque dell’”area vasta” che le

normative individueranno al termine del percorso di riforma delle autonomie in atto; stringe

relazioni e collaborazioni con realtà operanti in altri territori, aventi gli stessi scopi e finalità

Il TT è coordinato dalla Consigliera di parità della Provincia di Livorno, in relazione alle proprie

competenze, anche come specificato dall’art. 17 comma 1) lettera d) Legge 7 aprile 2014 n. 56 . La

Consigliera di Parità, in particolare, svolge tutte quelle funzioni atte a promuovere e controllare

che i principi di uguaglianza e pari opportunità nel mondo del lavoro siano rispettati: parità di

trattamento nell’accesso al lavoro, nella formazione, nelle progressioni di carriera, nella

retribuzione e nello svolgimento del rapporto di lavoro. L’ufficio della Consigliera di Parità

collabora con aziende, istituzioni, sindacati, enti e associazioni per attivare politiche e progetti per

le pari opportunità, svolgere attività di promozione sul territorio delle politiche di genere,

conciliare gli impegni di lavoro e quelli familiari, favorendo l’eliminazione di ogni forma di

discriminazione e negazione di diritti.

Il TT ha come obiettivo la diffusione della conoscenza e l’attuazione delle direttive dell’Unione

Europea per l’affermazione delle pari dignità sul lavoro; per prevenire e rimuovere comportamenti

molesti o lesivi delle libertà d’espressione dei soggetti adulti o minori, o atteggiamenti che

ostacolino lo sviluppo della personalità e l’affermazione dei diritti delle donne e/o dei “soggetti

fragili” e comunque discriminati; per sostenere l’informazione e la conoscenza relativa alle

iniziative riguardanti la condizione femminile e quella sul disagio sociale e l’aggiornamento sulla

legislazione inerente i soggetti sopra richiamati, attraverso azioni mirate che coinvolgano i mezzi di

comunicazione.

Il TT promuove strategie integrate di prevenzione, contrasto e rimozione delle discriminazioni,

comprese tutte le forme di violenza contro le donne e i soggetti discriminati o comunque vittime di

reati, intese come gravi violazioni dei diritti umani e fattore di ostacolo al conseguimento della

parità di genere e di pari opportunità, nonché di sviluppo ed implementazione di reti locali per la

rilevazione e la presa in carico dei relativi fenomeni;

Il TT analizza la realtà del territorio e formula proposte e progetti in tema di politiche attive del

lavoro, di formazione e di conciliazione, di politiche dei tempi e degli spazi, al fine di individuare –

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in tali sedi - linee di intervento per la realizzazione e la diffusione del mainstreaming di genere e di

pari opportunità

Il TT promuove altresì forme di analisi e di confronto, al fine di formulare proposte e progetti in

tema di tutela della salute anche sessuale e riproduttiva, compresa la definizione di interventi

mirati per consentire scelte di maternità, paternità e genitorialità consapevoli; più in generale, della

salvaguardia del benessere psico-relazionale della donna in tutte le fasi della vita, degli/delle

adolescenti, dei soggetti fragili e/o discriminati, al fine di promuovere una progettazione integrata

degli interventi sulla salute della donna, della coppia e delle famiglie, a partire dalle politiche di

conciliazione e di migliore divisione dei ruoli nel lavoro di cura.

Il TT non ha composizione fissa: sulla base di iniziative e progetti presentati e condivisi, verranno

invitati /e a farvi parte soggetti in possesso di competenze relative ai punti programmatici sopra

indicati, che a loro volta potranno coinvolgere altri soggetti, previo confronto e valutazione da

parte della Consigliera di parità, secondo una modalità non prefissata ma di tipo relazionale e

tecnica, con l'intento di favorire lo scambio e la diffusione di best practices.

Il TT si riunisce, in via ordinaria, presso il Palazzo della Provincia.

Fornisce supporto tecnico e operativo al TT l’Ufficio della Consigliera di Parità - Controllo dei

fenomeni di discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul

territorio ([email protected]) dell’Amministrazione provinciale

La partecipazione al TT non comporta oneri a carico della Provincia di Livorno

Sono al momento costituite le seguenti articolazioni del TT:

- La violenza di genere

- Discriminazione e disabilità

- Tematiche LGBT

- Linguaggio di genere e mass media

- Storia e cultura di genere

- I Comuni del territorio in coordinamento sulle pari opportunità

Convegni ed incontri pubblici

Ai fini della diffusione della Carta per le Pari Opportunità e l’Uguaglianza sul lavoro, sono stati realizzati,

nel territorio provinciale in collaborazione con l’Associazione CoRaLi, la Camera di Commercio di Livorno

e Unicoop Tirreno, due giornate nel quale i soggetti che hanno aderito alla suddetta Carta hanno illustrato i

benefici ricavati da tale adesione e hanno condiviso le “best practise”.

Protocolli attivati

In qualità di soggetto sottoscrittore del protocollo “Victim Supporting Project: a network to support and

aid crime victims” - Grant Agreement n. JUST/2011/JPEN/AG/2960 - avviato il 31 luglio 2013, è stata

effettuata una formazione specifica al fine di realizzare il progetto europeo che prevede la creazione di

una rete locale a supporto delle vittime di violenza domestica, mediante azioni di sensibilizzazione su

tale tema. La Consigliera di Parità ha realizzato e coordina lo “Sportello Vis” al quale possono rivolgersi

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le vittime di reato, donne, minori, e soggetti fragili, il quale prevede un centro di accoglienza ed ascolto

ed ha come oggetto le seguenti attività: informazione sui diritti, sostegno psicologico, trattamento

integrato psicologico e psichiatrico, mediazione culturale e linguistica.

A seguito dell’adesione al protocollo del Progetto CON-TRAT-TO Contro la tratta in Toscana, e il

Protocollo d’intesa ex art.3 L.R.59/2007 “Rete provinciale contro la violenza di genere”, la Consigliera

di Parità ha collaborato con i soggetti firmatari ai fini di una realizzazione di programmi di emersione e

prima assistenza e integrazione sociale delle vittime, consolidando un sistema di governance omogeneo

di contrasto del fenomeno della tratta sul territorio regionale, e per l’attivazione e la verifica di piani

d’intervento integrati a livello zonale per la prevenzione della violenza e per la tutela e la cura di soggetti

che hanno subito violenza.

Rilevazione di casi di discriminazione.

Numerose donne si sono rivolte all’ufficio della Consigliera: perlopiù, lavoratrici madri che lamentano una

discriminazione in riferimento all’orario di lavoro, in quanto non riescono a far conciliare i tempi di vita e

lavoro o a cui vengono rigettate richieste di riduzione dell’orario o dell’utilizzo del cosiddetto flexitime. A

seguito degli incontri con le assistite, la Consigliera ha provveduto a risolvere in via stragiudiziale mediante

conciliazioni i casi che si sono presentati.

Sportello Adozioni Internazionali

L’attività relativa allo sportello “Orientamento all’adozione” presso la Provincia di Livorno, iniziato nel

2007, è un servizio che prevede consulenza e assistenza alle coppie che hanno deciso di adottare uno o più

figli offrendo consulenza legale e sostegno durante tutto l’iter adottivo, con speciale riferimento ai diritti

inerenti alla maternità e paternità in campo lavorativo. Nel 2014 sono stati trattati circa dieci casi, in linea

con la media annuale.

Attività di prevenzione e sensibilizzazione rispetto al tema delle mutilazioni genitali femminili (MGF)

Con mutilazioni genitali femminili ci si riferisce alle modificazioni permanenti dell’apparato genitale

femminile, che provocano gravi conseguenze per la salute fisica e psichica della donna.

Si tratta di pratiche molto antiche e profondamente radicate nelle tradizioni dei popoli che le attuano, al

punto che, anche quando lo Stato le vieta, si continuano a fare per evitare lo stigma della comunità di

appartenenza.

Tra le azioni di contrasto alle MGF, oltre alla sensibilizzazione sui danni per la salute della donna e sul fatto

che si tratta di una violazione dell’integrità della persona, è importante offrire alle “mutilatrici”

anche un’alternativa di lavoro. Purtroppo, la valenza identitaria (individuale e sociale) di questa

antica pratica è fortemente marcata. L’UNICEF, in occasione della Giornata Internazionale ONU

contro le MGF (il 6 febbraio), ha lanciato lo slogan “Tolleranza Zero”.

Uno studio commissionato dal Ministero delle Pari Opportunità evidenzia che il fenomeno è presente anche

nel nostro Paese, seppure in modo sommerso. D’intesa con varie associazioni del territorio, tra le quali si

segnalano Cesdi, Randi, WILPF, e con il coinvolgimento anche delle comunità islamica, egiziana, nigeriana,

la Consigliera di Parità e la Provincia di Livorno hanno promosso, e altre sono in fase di progettazione,

azioni di educazione e sensibilizzazione ai diritti umani, attraverso un approccio transculturale, che si pone

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l’obiettivo contrastare il fenomeno e di prevenirlo, ove possibile, facendo leva anche sulla norma (in Italia

dal 2006 esiste una legge che ha istituito il reato specifico). È significativa la partecipazione al progetto degli

studenti del Liceo Cecioni, che hanno accolto la proposta della Consigliera di preparare una APP per

sensibilizzare, in un’ottica di prevenzione, le ragazze immigrate a rischio di MGF.

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Azione 6 - Progetto VIS Network e Sportello VIS

Il progetto VIS NetworkIl progetto Vis Network nasce con l’obiettivo di “incidere sulle politiche sociali attraverso la costruzione di

conoscenze e lo scambio di prassi comuni tra coloro che fino ad ora hanno operato in favore delle vittime di

reato, o che di esse si vogliono occupare,ampliando la loro visione di intervento, la loro conoscenza e la loro

capacità non solo di far rete ma di consolidarla”1.

A tale scopo, il progetto ha scelto, come intervento strategico, specifici percorsi di formazione.

Vis Network ha messo insieme due differenti territori, Lombardia e Toscana, con il medesimo obiettivo:

“dare centralità alla vittima di reato, individuando apposite procedure operative che consentano, attraverso

l’effettivo ed efficace supporto della rete locale, l’emersione del fenomeno, la denuncia e

l’accompagnamento della vittima nei percorsi giudiziari e di risarcimento, ritenendola soggetto con dei

diritti, in linea con la DirettivA Europea per le vittime 2012/29/UE, bisognoso di garanzie di tutela,

protezione e sostegno”2. Il percorso formativo, elaborato, a livello scientifico, per la Toscana, dall’Università

di Pisa – Dipartimento di Scienze Politiche, e per la Regione Lombardia da LIBRA–FDE, si è svolto

nell'ambito del progetto Vis Network (VIctimSupporting Project: a network to support and aid crime

victims) n. JUST/2011/JPEN/AG/2960, finanziato dalla Commissione Europea nel Programma

CriminalJustice nel 2012, di cui è capofila la Provincia di Livorno. Tale progetto ha inteso costruire una rete

di soggetti territoriali che, con competenze diverse, si occupano di trattamento alle vittime. Nel territorio di

Livorno, si è costituita una rete a supporto delle vittime di reato, che ha sottoscritto un apposito protocollo

d’intesa nel novembre 2013, formata da 29 soggetti comprendenti istituzioni, pubbliche amministrazioni,

forze dell’ordine, servizi sociali e sanitari, associazioni di settore, associazioni di volontariato.

“Le attività formative promosse dal VIS si sono configurate come processi non convenzionali di

condivisione di concrete esperienze di lavoro in favore delle vittime. Non si sono ridotti infatti solo alla

trasmissione acritica di nozioni ma, chiarito il quadro teorico di riferimento, hanno dato molto spazio al

confronto e all’esperienza di ognuno, diventata essa stessa elemento produttivo di nuova

conoscenza. Così, proprio il confronto e la comune riflessione intorno alle buone pratiche di supporto alle

vittime sono state il punto di partenza per un continuo aggiornamento e scambio professionale e personale,

potenziando reti formali e informali”3. I corsi organizzati sono stati 6, di 55 ore ciascuno, curati, a Livorno e

Pisa, dall'Università di Pisa, e realizzati a Mantova con FDE -Scuola di Alta Formazione in Scienze

Criminologiche; gli operatori ed esperti coinvolti sono stati in tutto 276 (157 a Mantova, 77 a Livorno, 42 a

Pisa).

In particolare, nelle province di Livorno e Pisa hanno partecipato ai percorsi formativi rappresentanti delle

reti locali, operatori di istituzioni pubbliche, forze dell'ordine, servizi sanitari, associazioni del sociale,

1 “I percorsi formativi per gli operatori che lavorano con le vittime: le esperienze promosse nelle Province di Livorno e Pisa nell’ambito del progetto VIS Network”, di Gerardo Pastore, p. 7, in Dalla teoria alle buone prassi: percorsi per gli operatori che lavorano con le vittime, a cura di Cristina Galavotti e Gerardo Pastore.2 “Il progetto VIS Network: obiettivi formativi e orizzonti operativi per una governance del supporto alle vittime”, di Andrea Borghini, in Dalla teoria alle buone prassi, cit. 3 G. Pastore, cit., p. 7

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professionisti e volontari. Nel dettaglio, per l’area di Livorno hanno assicurato la loro partecipazione al

processo formativo operatori della Provincia di Livorno, Regione Toscana, Az. USL 6 di Livorno, Provincia

di Livorno Sviluppo, Questura di Livorno, Prefettura di Livorno, Carabinieri Comando Provinciale di

Livorno, Guardia di Finanza Comando Provinciale di Livorno, Consigliera di Parità della Provincia di

Livorno, U.S.R. Toscana – Ufficio XII Ambito Territoriale della provincia di Livorno, Comune di Livorno,

Comune di Piombino, Comune di Cecina, Comune di Rosignano, Comune di Castagneto, Società Volontaria

di Soccorso – Pubblica Assistenza di Livorno, AUSER Volontariato Territoriale di Livorno, AIDO Sezione

Provinciale di Livorno, Osservatorio Italiano di Vittimologia, Fondazione Caritas Livorno onlus, ARCI

BASSA Val di Cecina, ARCI Gay Livorno “il Faro”, Associazione Ippogrifo, Associazione Randi, CeSDI

Centro Servizi Donne Immigrate Associazione di Volontariato e Solidarietà onlus, Associazione P24 Lega

Italiana per la Lotta Contro l’Aids – Sede di Livorno, Ufficio Esecuzione Penale Esterna del Ministero di

Giustizia di Livorno, Associazione Cure Palliative di Livorno onlus.

Sportello VISA conclusione del percorso formativo di VIS network, è emersa la necessità di costituire, attraverso azioni di

rete, un presidio territoriale per dare risposta alle vittime di reato: lo sportello VIS.

Realizzato in conformità alle direttive europee, rappresenta un presidio che mette a sistema le attività dei

componenti della rete provinciale VIS per dare gratuitamente un sostegno alle persone che hanno subito un

reato, nel farsi carico degli effetti derivanti da reati connessi alla violenza domestica, alla violenza inter-

individuale, agli eventi criminosi che pregiudicano l’integrità fisica e psichica degli individui, e per svolgere

anche attività indirette a favore degli operatori, della rete di servizi e della comunità locale.

I servizi offerti dallo sportello sono in sintesi quattro: informazione, accoglienza, orientamento e percorsi

specialistici.

Le forze dell'ordine, gli operatori sanitari (ospedali, consultori, servizi vari delle ASL locali), sociali (dì

Comuni ed enti locali) e delle associazioni specializzate su target specifici di vittime, consegnano alle

persone offese il depliant informativo con i riferimenti della Rete VIS Network, che consente di fruire di

servizi di accoglienza, dì assistenza o di attività di mediazione. La persona offesa può quindi rivolgersi allo

Sportello VIS per una consulenza telefonica o per un appuntamento (chiamando il numero 0586 257229 dal

lunedì al venerdì ore 9-13 o andando di persona alla sede della Provincia, piazza del Municipio, 4 Livorno, il

martedì e il giovedì ore 15-19). A seguito di una richiesta, la segreteria della rete VIS informa l'operatore di

turno che provvede, nell’arco di 24 ore, a contattare il richiedente e fissare ìl primo colloquio di accoglienza.

La fase di accoglienza consiste in:

- offrire un primo ascolto, una risposta immediata alle eventuali urgenze

- compilare la domanda di aiuto, valutando la possibilità di proseguire con una delle attività di

sostegno o con percorsi specialistici offerti dalla rete VIS

- consentire una fruizione consapevole delle opportunità delle rete

La fase di orientamento consiste in:

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- effettuare un colloquio con un operatore di riferimento, indìcazíone dei servizi e delle opportunità

della rete VIS presenti sul territorio in materia dì protezione, lavoro, formazione, casa, accesso alle

cure, accesso ai fondi di risarcimento ecc.

- monitorare il percorso delle persone nell'ambito delle attività della rete, favorendone la conoscenza.

Dopo i colloqui di accoglienza potranno essere attivati, anche parallelamente, uno o più percorsi, erogati

direttamente presso lo sportello o presso le strutture preposte dei soggetti della rete:

a) informazione legale perché la vittima possa far valere i propri diritti nel percorso giudiziarîo

b) sostegno psicologico per elaborare questioni cruciali con uno psicoterapeuta

c) trattamento integrato psicologico e psichiatrico nei casi in cui emerga una sofferenza con caratteristiche di

sintomatologia pervasiva e/o acuta

d) mediazione nel caso in cui la vittima esprima il desiderio di incontrare l’autore del reato.

Possono accedere allo sportello tutte le persone di maggiore età che si rivolgono alla giustizia in quanto

vittime di qualsiasi tipologia di reato, indipendentemente dalla loro età, genere, nazionalità, origine etnica,

religione, condizione sociale ed economica.

I soggetti membri della rete e promotori dello sportello VIS sono i seguenti:

Provincia di Livorno Regione Toscana Università di Pisa Az. USL 6 di Livorno Provincia di Livorno Sviluppo srl Questura di Livorno Prefettura di Livorno Carabinieri Comando Prov.le di Livorno Guardia di Finanza Comando Prov.le di Livorno Consigliera di parità provincia di Livorno USR Toscana Ufficio XII Ambito Territoriale Provincia di Livorno Comune di Livorno Comune di Piombino Comune di Cecina Comune di Rosignano Comune di Castagneto Carducci Società Volontaria di Soccorso Livorno AUSER volontariato Territoriale Livorno AIDO Sezione provinciale di Livorno Osservatorio Italiano di Vittimologia Fondazione Caritas Livorno Onlus Arci Bassa Val di Cecina Arcigay Livorno “Il faro” Associazione Ippogrifo Associazione Randi CeSDI – Centro servizi donne immigrate onlus Associazione P 24 LILA – sede di Livorno UEPE Ministero di Giustizia di Livorno Associazione Cure Palliative di Livorno onlus

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In sintesi, si elencano le attività che lo sportello VIS svolge a favore delle persone offese, articolate in

quattro momenti:

informazione

accoglienza

orientamento

percorsi specialistici:

a) informazione sui diritti

b) sostegno psicologico

c) trattamento integrato psicologico e psichiatrico

d) mediazione

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Azione 7 - Per una mobilità sostenibile

Anche in riferimento alle elezioni amministrative del 2014 ed ai profondi mutamenti istituzionali in atto, la

consapevolezza del ruolo delle politiche di Pari Opportunità nell’incentivare la crescita socio-economica del

territorio passa necessariamente attraverso la realizzazione del gender mainstreamin”. Tale principio, che

implica una azione trasversale a tutte le politiche pubbliche per promuovere la parità, rappresenta un

impegno che la Consigliera di Parità ha perseguito al fine di sviluppare politiche integrate, sia all’interno

delle amministrazioni, che sul territorio, in particolare promuovendo incontri e momenti di confronto sul

tema della mobilità sostenibile, secondo le seguenti linee progettuali. .

Il riconoscimento del problema della conciliazione tra i tempi lavorativi e i tempi familiari quale origine

principale dei differenti ruoli tra uomini e donne e delle disparità lavorative e sociali, indirizza l’azione

dell’istituzione che rappresento per diffondere una visione complessiva delle politiche che incidono sulla vita

dei cittadini.

Leggere in modo integrato le Politiche per la Famiglia, il Sociale, il Lavoro, le Pari Opportunità e i Trasporti,

diventa dunque un momento importante per condurre un’azione di governo che sappia leggere e soddisfare i

bisogni dei cittadini in modo sempre più efficace ed efficiente.

Il sistema dei trasporti urbani ha certamente un impatto notevole sulle possibilità di mobilità della

cittadinanza, intesa non solo come elemento di sviluppo necessario per il sistema economico, ma anche come

elemento di qualità della vita.

L’inerenza di questa attività rispetto alle differenze tra uomini e donne si riferisce alle diverse esigenze di

trasporto: abitualmente le statistiche sui trasporti sono neutre, in quanto il passeggero è considerato un’unità

mobile che effettua una o più tratte tra punti di partenza e di arrivo.

Approfondendo però il tema non tanto sul tragitto percorso, bensì sulle necessità che hanno generato il

bisogno di trasporto, ecco che allora emergono le differenze tra diversi stili di vita e quindi anche diverse

esigenze di mobilità tra uomini e donne:

1 ) le donne tendono a percorrere tragitti più brevi e complessi degli uomini, poiché le maggiori

incombenze domestiche, associate alla professione, le inducono a scegliere posti di lavoro più vicini a casa e

a conciliare le esigenze di trasporto per motivi di lavoro a quelle per motivi casalinghi. Di fatto finiscono con

il comporre tragitti che soddisfino contemporaneamente entrambe le esigenze di trasporto, cercando di fare

tutto in un’unica soluzione, mentre gli uomini, con minori incombenze quotidiane riferibili alla casa, hanno

percorsi più lineari;

2 ) i percorsi delle donne sono dettati, oltre al raggiungimento del posto di lavoro, dalle esigenze di

accompagnamento di bambini e anziani, dallo svolgimento di incombenze collegate con la casa (spesa,

acquisti, commissioni, etc), quelli degli uomini dalla necessità di raggiungere il posto di lavoro o di

divertimento e tempo libero;

3) le donne viaggiano più spesso con bambini e portano pacchi, pesi e ingombri;4) le donne viaggiano in

orari differenti rispetto agli uomini, poiché lavorano in misura proporzionalmente superiore con orari

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flessibili o part time, e devono conciliare gli orari delle attività dei figli da accompagnare con quelli degli

esercizi commerciali;

5) i tipo di percorsi delle donne dipendono da una molteplicità di variabili superiore a quelli degli uomini,

distinguendo tra percorsi di donne occupate, non occupate, con figli, senza figli, più giovani o più anziane;

6) le donne hanno minore accesso all’automobile degli uomini e hanno la patente in percentuale inferiore

agli uomini;

7) le donne hanno una maggiore tendenza a utilizzare mezzi di trasporto pubblici, ad andare a piedi, in

bicicletta e a viaggiare sull’auto come passeggere;

8) i percorsi delle donne hanno la tendenza ad essere composti da più mezzi di trasporto

(incluso l’uso della bicicletta) mentre gli uomini tendono a usare prevalentemente l’auto;

9) le donne sono più condizionate nella loro libertà di movimento dalle condizioni di sicurezza

dell’ambiente circostante.

Con il termine “facilitazioni” si individuano azioni o iniziative di vario tipo, finalizzate a ridurre le

occasioni di rischio e ad aumentare il senso di sicurezza delle persone e, in particolare, delle donne.

Parcheggi rosa

Il parcheggio (spesso interrato) pubblico o privato resta un luogo potenzialmente pericoloso per le donne,

nonostante molto si stia facendo per aumentarne la sicurezza. In molti parcheggi pubblici sotterranei sono

stati istituiti i così detti “parcheggi rosa”, cioè posti auto riservati alle donne, posti in prossimità

dell’ingresso/uscita del parcheggio e normalmente controllati da telecamere. Tali posti auto dovrebbero

essere istituiti anche nei parcheggi a raso in prossimità delle guardiole o delle macchinette per il pagamento

del pedaggio. L’iniziativa è ottima, tuttavia spesso la mancanza di senso civico fa si che questi posti vengano

liberamente usati da chiunque. Occorre quindi regolarne il corretto utilizzo, riservato alle donne, ad esempio

attraverso dissuasori rimovibili automaticamente tramite l’inserimento di una apposita “Tessera Rosa”

espressamente pensata per le donne e messa a disposizione dal Comune per chi ne farà richiesta, oppure con

tessere magnetiche, che possano riconoscere il sesso, già in dotazione delle utenti (tessera sanitaria o fiscale

o altro).

Monitoraggio dell’accesso ai parcheggi

Una proposta per migliorare la situazione attuale è quella di offrire la possibilità, all’ingresso di parcheggi

pubblici o privati, di comunicare con un operatore che monitorizza i tempi di parcheggio o recupero dell’auto

fino all’uscita dal parcheggio medesimo, di cui si darà comunicazione con le stesse modalità. Nel caso di

ritardi o anomalie l’operatore potrà dunque far scattare l’allarme di soccorso. L’uscita dai parcheggi a

pagamento, e in particolare la sosta per il pagamento, resta un passaggio potenzialmente pericoloso,

soprattutto nei parcheggi a raso non sufficientemente protetti rispetto alla presenza di soggetti indesiderati e

non presidiati da personale addetto. Si potrebbero quindi istituire pagamenti tramite carte prepagate a scalare

effettuando tutte le operazioni tramite SMS una volta saliti sulla propria auto, evitando così lo stazionamento

e soprattutto l’uso di denaro o carte di credito in luoghi poco sicuri. Va incentivato l’uso degli

autoparchimetri laddove già esistono.

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Soste rosa

Individuazione di aree di sosta per parcheggiare le auto guidate dalle donne in stato di gravidanza, e bollino

rosa che consente il parcheggio gratuito per le donne in stato di attesa e previsione di sedili sui mezzi

pubblici per donne nel medesimo stato. La localizzazione di queste aree dovrà essere garantita soprattutto in

corrispondenza dei luoghi di maggior frequenza (strutture pubbliche, scuole, mercati, cinema, parchi,

lungomare, ecc.)

Mobilità rosa

La mobilità-rosa si riconosce con la “mobilità eco-sostenibile” che richiede di organizzare gli spostamenti

delle persone non modo più efficace possibile nell’obiettivo di garantire la sicurezza, la qualità delle città,

l’equità sociale e la libertà e l’autonomia di scelta.

La mobilità rosa è a favore della sicurezza rispetto all velocità.

Abbonamenti rosa per bike sharing

Al fine di incentivare la mobilità sui mezzi a due ruote, sarebbe opportuno prevedere per tutte le donne che

dimostrino di utilizzare tale mezzo abbonamenti facilitati per bike sharing nonché:

a – l’incremento della rete di piste ciclabili che colleghi in sicurezza tutte le parti significative della città (a

Livorno nel raggio di 2-4 Km si potrebbe collegare tutta la periferia e il suo centro). L’uso delle bicicletta –

se in sicurezza – potrebbe essere esteso anche ai ragazzi nel tragitto casa-scuola;

b - destinare sempre più aree urbane della nostra città alla costituzione delle “Zone 30” (velocità max dei

veicoli), già presenti in molte regioni del Nord Italia, che permettano ai ciclisti, (uomo-donna-ragazzi, per

lavoro o per svago), di potersi spostare in sicurezza con la propria bici. La mobilità rosa è a favore della

sicurezza rispetto all velocità.

Fermate bus a richiesta

Durante le ore serali il passaggio dei mezzi pubblici è necessariamente meno frequente che di giorno. Molto

importante sarebbe dunque per le donne l’istituzione della fermata notturna “a richiesta”, che permetterebbe

di usufruire dei mezzi senza dover necessariamente raggiungere la fermata, eliminando così i rischi

rappresentati dal percorso a piedi e dall’attesa. Una buona prassi, già correntemente in uso per alcune linee di

mezzi pubblici, è l’istituzione della richiesta degli orari di passaggio del mezzo pubblico, a una determinata

fermata, tramite l’invio di un SMS al quale la società di trasporti provvede a rispondere. Questo servizio

consente di programmare i tempi per raggiungere la fermata al momento giusto, evitando i rischi di lunghe

attese solitarie. Per facilitare l’uso della città alle donne anche nei momenti della giornata più a rischio si

potrebbe istituire una rete di locali “amici”, vale a dire esercizi di vario genere, che esponendo un apposito

tagliando di riconoscimento, si dichiarino disposti a dare ospitalità.

Pluralità di mezzi

Allo scopo di rendere più fruibile il tempo alle donne conciliando le esigenze lavorative con le numerose

incombenze che le stesse sono costrette a sbrigare, sarebbe utilissimo prevedere all’esterno sui mezzi

pubblici il posizionamento di “ rastrelliere” per le biciclette che una volta “caricate” sull’autobus,

consentirebbero nel momento in cui si giunge a destinazione, di circolare liberamente in centro ed adempiere

alle necessità programmate con sollecitudine, caricando poi nuovamente per il ritorno bicicletta ed eventuali

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pesi sul mezzo di trasporto per giungere a destinazione senza fatica. Chiaramente tale opportunità sarebbe di

profonda utilità a tutti i cittadini anche in caso di maltempo.

Taxi rosa

L’istituzione dei così detti “taxi rosa” è una buona pratica, già attiva in alcune città italiane ed estere, che

permette maggiore libertà e sicurezza di movimento anche nelle ore serali e notturne. In alcuni casi sono

semplicemente taxi guidati solo da donne, che quindi garantiscono alle donne una maggiore tranquillità di

non essere importunate. In altri casi si tratta invece di convenzioni o di iniziative delle società di taxi, che

danno diritto a uno sconto sulla corsa notturna alle donne sole o accompagnate da minori, o in particolari

fasce orarie allargate anche agli over 65. E’ evidente che l’adozione di tariffe speciali, scontate per le donne

di sera e di notte, è condizione indispensabile per incentivare l’uso e l’efficacia del taxi rosa, che può

davvero diventare la misura di sicurezza per eccellenza e consentire alle donne di muoversi anche nei

momenti della giornata più a rischio, lasciando a casa la propria auto.

Orientamento e segnaletica

Avere chiara la geografia di un posto, e cioè avere sempre dei punti di riferimento e di orientamento, è

fondamentale in caso di situazioni potenzialmente pericolose. Un soggetto che fatichi a individuare il proprio

percorso è più facilmente preda dell’ansia e del senso di insicurezza: la soglia di attenzione verso potenziali

rischi si abbassa poiché è concentrato nell’atto di orientarsi e, in caso di fuga, potrebbe prendere un percorso

cieco o sbagliato. Nei luoghi pubblici, siano essi parchi urbani o centri commerciali o quartieri, è dunque

importantissima la presenza di pannelli indicatori che riportino sempre la planimetria generale del sito, la

chiara indicazione “voi siete qui” e la raggiungibilità delle uscite o di vie illuminate e frequentate. Altre

indicazioni fondamentali sono gli orari di apertura e chiusura dei siti o degli esercizi commerciali, nonché

alcuni numeri utili, ma come dire… utili davvero, e cioè numeri ai quali in maniera sollecita e precisa

risponda un operatore in grado di offrire aiuto immediato.

Toponomastica al femminile

Anche la gestione dell’ “odonomastica” nel contesto pubblico-sociale-collettivo della città è un tema che

può contribuire alla crescita della coscienza individuale e di come il linguaggio delle istituzioni possa

corrispondere al grado di inclusione/considerazione, dell’agire/essere donna. L’importanza della presenza

femminile, in equa proporzione, all’interno della Commissione Toponomastica del Comune, non solo servirà

al rispetto della rappresentanza di genere ma anche ad imprimere un pari significato nelle decisioni pratiche,

al momento dell’attribuzione di nomi per le aree di circolazione pubblica o di spazi urbani (vie e piazze), ed

infine anche all’attribuzione dei nomi per gli edifici pubblici rappresentativi della vita collettiva e sociale:

scuole, asili, università, palestre, sale dei quartieri, ecc.

La mission da raggiungere è pertanto quella di prevedere la presenza del genere femminile nella misura del

50% anche all’interno della Commissione Toponomastica del Comune.

Attività sportive

L’attività fisica è una componente essenziale per il benessere psicofisico delle persone, tanto più se esercitata

all’aperto a contatto con il verde, ancorché in città, utilizzando i parchi urbani. I parchi possono però

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rappresentare luoghi non sicuri in quanto è impossibile effettuare un controllo totale e continuo. Vi sono dei

progetti (come Il Miglio rosa elaborato dal Comune di Collegno in provincia di Torino) che dimostrano

come sia possibile rendere i percorsi ginnici luoghi sicuri anche per donne sole. Il progetto prevede la

creazione all’interno di un parco di un percorso ginnico - il “miglio rosa” appunto – illuminato correttamente

e protetto, per donne che vogliano svolgere attività sportive in gruppo e con accompagnatore in giorni e orari

stabiliti. L’iniziativa può avere più ricadute positive: permette alle donne di svolgere attività fisica all’aperto

in piena sicurezza, favorisce la socializzazione, la conoscenza di altre donne, la possibilità di uscire

dall’isolamento e toglie anche qualunque giustificazione a mantenere un modello di vita totalmente

sedentario e dannoso per la salute. Considerato che normalmente i Comuni concedono contributi finanziari ai

gruppi sportivi, non dovrebbe essere particolarmente difficile e neppure oneroso, all’interno di un protocollo

d’intesa, ottenere la disponibilità di persone che, a turno, accompagnino i gruppi nell’attività all’aperto.

La realizzazione dei punti sopra evidenziati conduce a un migliore benessere umano consistente in equità

sociale, tutela ambientale, adozione di uno stile di vita sempre sostenibile, per la salute collettiva e per il

miglioramento dell’eco-sistema in cui viviamo: in una parola GREEN ECONOMY

L’economia verde si basa su uno sviluppo sostenibile sia dal punto di vista sociale che ambientale, dove la

mobilità e il settore dei trasporti hanno un effetto significativo in quanto il primo è uno dei principali motori

della crescita economica e sociale, ma anche del consumo di energia e l'inquinamento ed Il genere è un

fattore significativo nella contabilizzazione delle differenze di mobilità e comportamento di viaggio inoltre

per le donne la mobilità è correlata alla responsabilizzazione, accesso alle opportunità e l'indipendenza. Il

riconoscimento dei legami esistenti tra genere, la mobilità e lo sviluppo sostenibile è, però, solo di recente

iniziato ad emergere nella letteratura di genere relativamente alla mobilità e alla pianificazione dei trasporti.

Il “POLICY DEPARTMENT:CITIZENS’ RIGHT AND COSTITUTIONAL AFFAIRS “ DEL

PARLAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA ha pubblicato nel 2012 il rapporto “GENDER EQUALITY

THE ROLE OF WOMEN IN THE GREEN ECONOMY – THE ISSUE OF MOBILITY, dove la mobilità-

rosa si riconosce con la “mobilità eco-sostenibile” che richiede di organizzare gli spostamenti delle persone

non modo più efficace possibile nell’obiettivo di garantire la sicurezza, la qualità delle città, l’equità sociale

e la libertà e l’autonomia di scelta.

La mobilità rosa è a favore della sicurezza e rappresenta l’innovazione che ognuno di noi ha il dovere di

perseguire nel superiore interesse della collettività.

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Azione 8 - TPL e mobilità di genere

Attività Svolta: Nell’ambito delle competenze attribuite ai sensi della Legge 7 aprile 2014 n. 56 cd. “Del

Rio” e della L.R.T. 42/98 e ss.mm.ii. la Provincia di Livorno esercita, tra le funzioni fondamentali, la

pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale e autorizzazione e controllo in materia di

trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale; pertanto gestisce, monitora e controlla

tutti i servizi di trasporto pubblico locale extraurbano ed urbano, in gestione associata con i 29 Comuni

afferenti al bacino di traffico provinciale. Nel corso del 2015, grazie ai dati monitorati e raccolti frutto

dell’attività degli uffici e dell’Osservatorio provinciale della mobilità, è stato realizzato uno studio che

analizza i legami fra le caratteristiche della mobilità delle donne, in particolare riferimento all’utilizzo del

trasporto pubblico, e le caratteristiche individuali/familiari della popolazione femminile stessa,

contestualizzando l’esame nella nostra provincia dopo aver effettuato indagini sul campo.

Il genere femminile, secondo le indagini effettuate nella provincia di Livorno, costituisce, in media, il 66,5%

degli utenti del Trasporto Pubblico Locale delle ore mattutine comprese fra le 08.30 e le 12.00, periodo di

“morbida” preso a riferimento.

L’utenza prevalente risulta essere quella “non occasionale”, che si muove principalmente per motivi di

lavoro (34,5% del campione femminile intervistato).

Fra gli utenti occasionali o che si muovono “non per motivi di lavoro”, la popolazione femminile,

specialmente sopra i 50 anni, prevale, sia per la maggiore longevità delle donne rispetto agli uomini, sia per

la funzione di supplenza dello stato sociale nello svolgere attività di cura di componenti familiari quali

bambini, malati e disabili.

Infine, le donne che si muovono con il Trasporto Pubblico hanno un tasso di motorizzazione inferiore alla

media, con un valore pari a 0,79 (n° auto/nucleo familiare), mentre in media, nel campione intervistato, tale

valore risulta essere di circa 0,9 (n° auto/nucleo familiare).

Ancora una volta si evidenzia come le donne con un più basso livello di reddito e di status sociale all’interno

del nucleo familiare (dove è l’uomo che utilizza l’auto per andare al lavoro) e quindi con una minore

possibilità di utilizzo dei mezzi privati, risultino più sensibili verso l’offerta di servizio di trasporto pubblico.

Da quanto le indagini hanno dimostrato, il genere femminile appare maggiormente sensibile e vulnerabile

rispetto a eventuali tagli ai servizi di Trasporto Pubblico di linea, effettuati di regola nelle ore di morbida

poiché meno frequentate in generale, ma durante le quali si concentra una prevalenza di lavoratrici part-time

che svolgono attività quali: colf, commesse, addette alle pulizie e impiegate, che sono costrette a muoversi in

orari variabili. Emerge di conseguenza che eventuali tagli di corse, o addirittura di linee, per carenza di

risorse pubbliche, aggiungerebbero ulteriori difficoltà alle famiglie, oltre a quelle dovute alla crisi

economica; difatti, è noto che, per garantire un equilibrio complessivo risorse-servizi offerti, sia

tecnicamente necessario, in tale eventualità, sopprimere corse poco frequentate, quali quelle dei periodi

intermedi della giornata.

In quest’ottica la Provincia e la compagine degli Enti Locali in gestione associata hanno cercato di

mantenere il livello di contribuzione annua per il TPL pari agli anni passati, effettuando solo alcuni tagli

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inevitabili al servizio urbano del Comune di Livorno cercando di non incidere sull’utenza debole. Sono stati

invece istituiti dei servizi di linea aggiuntivi a favore dei lavoratori pendolari turnisti del polo industriale-

manifatturiero di Guasticce, frequentati maggiormente da lavoratrici donne, con abbonamento ridotto e

integrazione tariffaria a carico della Provincia. Inoltre, in via sperimentale, è partito un innovativo servizio di

tipo misto Car sharing/car pooling a favore delle lavoratici/lavoratori pendolari non serviti da servizi di

linea, con auto acquistate grazie ai finanziamenti europei (fondi FESR e nazionali) del progetto “I-NO FAR

ACCESS” finanziato nell’ambito del Programma Operativo Italia – Francia Marittimo 2007/2013, nel quale

la Provincia di Livorno ha rivestito il ruolo di Capofila. Questo servizio risulta di particolare utilità proprio

alle donne lavoratrici per la flessibilità intrinseca del mezzo a disposizione e le modalità di utilizzo. Dopo un

primo periodo di sperimentazione, le n. 3 auto acquistate saranno inserite a pieno titolo all’interno della

programmazione provinciale dei servizi e destinate ai lavoratori aventi diritto con priorità garantita al genere

femminile.

Interventi futuri:

- Oltre al già menzionato servizio di car sharing/car pooling che sarà esteso a breve in maniera da

privilegiare le donne lavoratrici pendolari, si prevede di continuare a perseguire i seguenti obiettivi di genere

anche nell’ambito della mobilità e dei trasporti, in collaborazione con la Regione e i Comuni, i 10 punti per

una carta della mobilità delle donne:

1) Convenzione con i taxi, cd. “Taxi rosa” per gli spostamenti delle donne nelle ore serali/notturne

(dopo le ore 21.00) con tariffe agevolate;

2) Tariffe agevolate: carnet donna (biglietto giornaliero multi corsa per le donne); RC auto (tariffe

agevolate per le donne sole).

3) Sicurezza nell’uso del trasporto pubblico: fermate illuminate in comunicazione con i servizi di

sorveglianza, sistemi di chiamata del personale a bordo dei veicoli (treni/bus/metro/ecc.), posti

riservati alle donne vicino al conducente.

4) Allestimento interno dei veicoli del trasporto collettivo che faciliti l’accesso con passeggini, bambini

piccoli, bagagli (carrellini spesa).

5) Scompartimenti ferroviari riservati alle donne sui treni Notturni.

6) “Parcheggi rosa” illuminati e vicini all’uscita e alle casse.

7) Acquisire ed elaborare le informazioni quantitative e qualitative sulla domanda di mobilità e sulle

sue caratteristiche stratificate per genere.

8) Valutazione di genere degli strumenti di pianificazione dei trasporti urbani.

9) Promuovere la ricerca e la conoscenza al fine di valutare gli impatti delle tecnologie (vedi telelavoro)

nel mercato del lavoro femminile.

10) Affermare la presenza delle donne nella governance delle aziende di trasporto e nelle strutture della

pubblica amministrazione.

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Azione 9 - Supporto alle associazioni come azione di inclusione sociale: l’attività delMuseo di Storia Naturale del Mediterraneo della Provincia di Livorno

Una consapevolezza sempre più sviluppata della natura multidimensionale e interdipendente dei fenomeni di

esclusione sociale – intesa in senso lato - sta producendo un sempre più diffuso riconoscimento dell'impatto

che l'inclusione culturale può avere sulle altre dimensioni dell'esclusione. Sinora, gran parte degli argomenti

a favore della “democratizzazione della cultura” o della “democrazia culturale”, dello sviluppo dell'accesso e

della rimozione delle barriere alla fruizione sono rimasti confinati entro una logica endogena al settore

culturale; con il riconoscimento della natura multidimensionale dell'esclusione, le opportunità che si aprono

per il contributo delle politiche culturali alla creazione di società più eque e coese si moltiplicano in maniera

significativa. In questa ottica, sempre più spesso, le azioni/attività promosse dalle diverse realtà museali ed

anche, la dove operino, delle associazioni del volontariato culturale, possono a ragion veduta rappresentare

veri e propri programmi e progetti specificamente finalizzati: ad alleviare situazioni di disagio sociale, a

favorire lo sviluppo della partecipazione e dell’accesso ed il superamento della diversità culturale.

I luoghi della cultura diventano, nel dibattito attuale e nella realtà, quello “spazio culturale democratico”

prefigurato da François Matarasso, dove i tre modelli di sviluppo dell'accessibilità, sviluppo socio-

economico e inclusione culturale si muovono, entrano in relazione, si contaminano in modo non solo da

riflettere e rispondere ai bisogni e alle circostanze nella maniera più opportuna, ma anche in modo da

"conciliare i valori culturali conflittuali che esistono in ogni società, e quindi rendere più legittimo il

processo decisionale alla base di ogni azione culturale" (F. Matarasso, "L'état, c'est nous: arte, sussidi e stato

nei regimi democratici" ).

Per educare cittadine e cittadini aperti al dialogo interculturale e all’accoglienza di altri modi di essere e di

pensare, e per contrastare gli stereotipi, si sono formate competenze utilizzando tutti i contesti di

apprendimento, formale, non formale, informale; i “luoghi dell’educazione”, in cui costruire una identità,

oramai sempre più “multipla”.

Un forte ruolo come “ambiente chiave” per la lifewide learning e la lifelong learning è stato il Museo di

Storia Naturale del Mediterraneo della Provincia di Livorno. Un polo culturale e sociale, che ha contato

circa 60.000 presenze annue, aperto 305 giorni all’anno con un ampio orario giornaliero, in cui

quotidianamente donne e uomini, giovani e anziani, iscritte/i alle associazioni di volontariato, studenti

universitarie/i, alunne/i ed insegnanti, famiglie e singole/i hanno trovano una vasta e differenziata offerta

culturale ed occasioni di socializzazione e di apprendimento. Sono stati oltre 100 sono i percorsi didattici

sperimentali offerti nel “Piano di Offerta Formativa” al mondo della scuola. Una parte importante della

proposta è stata viene realizzata in collaborazione con Associazioni di volontariato che operano dentro il

Museo o che scelgono il Museo per svolgere le loro iniziative, che vedono quale “bersaglio specifico” le

comunità locali (educazione non formale). Di particolare interesse il ciclo di conferenze su “La donna nel

mondo antico”, le presentazioni di libri di donne e sulle donne, gli approfondimenti sulle diversità nella

scuola multietnica e non solo (ad es. il corso “Speleologia e disabilità”). Attraverso questa opera di

educazione permanente si è affermata una cultura delle pari opportunità, promuovendo l’integrazione della

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donna nella società. L’offerta culturale del Museo ha agito nel rispetto dei principi delle pari opportunità, del

superamento dei pregiudizi e degli stereotipi che tradizionalmente ancora riguardano le donne e non solo le

donne e della ricchezza delle diversità culturali, della cultura e dei sistemi di apprendimento tradizionali di

altri gruppi e di altri luoghi.

L’attività di educazione permanente offerta dal Museo ha riguardato anche il diritto fondamentale alla salute,

con momenti di conoscenza utili alla prevenzione delle malattie, legando anche la salute al tema

fondamentale dell'educazione ambientale..

Nel campo dell’educazione degli adulti, tutte le attività hanno garantito la più estesa accessibilità ad uomini e

donne, anche rivolgendosi alle età più mature ed avanzate, rese più fragili dalla rapida diffusione dei nuovi

mezzi di comunicazione ed informazione, che aumentano il rischio di emarginazione per alcune fasce di

individui incapaci di adattarsi in tempi brevissimi alla nuova realtà, realizzando percorsi di accessibilità

specializzata per i malati di Alzheimer, per non vedenti ed ipovedenti, per chi abbia ridotte capacità motorie.

In prospettiva, il Museo implementerà, in rapporto con le associazioni, una attività formativa non formale a

favore delle cittadine e dei cittadini e continue occasioni di partecipare attivamente alla costruzione del

tessuto e dell’identità territoriale, oltre che alla possibilità di estendere la padronanza di nuove competenze,

in un sistema di pari opportunità legato alle caratteristiche di genere, ma anche alle altre forme di esclusione

dalla piena cittadinanza.

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Azione 10 - Attività di assistenza ai Comuni

Obiettivo: promozione, diffusione e valorizzazione delle politiche di genere e della cultura delle pari

opportunità, a partire dalla scuola, dal lavoro, dalle famiglie, dalla partecipazione alla vita politica, sociale ed

economica e nelle istituzioni, nonché realizzazione di azioni volte all’affermazione della piena cittadinanza

delle differenze e alla rimozione delle discriminazioni che impediscano la totale integrazione di ogni

soggetto nella vita culturale, lavorativa e sociale.

E’ in corso una rilevazione, rivolta a tutti i Comuni della provincia, rispetto alle necessità ed ai bisogni dei

loro territori in materia di pari opportunità.

La rilevazione viene condotta attraverso la somministrazione della scheda sotto riportata:

PROVINCIA DI LIVORNO

Scheda di rilevazione per i Comuni sulle politiche di pari opportunità

COMUNE DI …………………………REFERENTE …………………………….U F F … … … … … … … … … … N . T E L … … … … … … … … … … … EMAIL………………………………

1) Informazioni sugli aspetti interni al ComuneA) QUALI ORGANI DI PARI OPPORTUNITA’ SONO PRESENTI NEL VOSTRO

COMUNE? …..B) QUALI STRUMENTI DI PARI OPPORTUNITA’ SONO STATI ADOTTATI DAL

COMUNE (CARTA PER LE PARI OPPORTUNITA’ E UGUAGLIANZA SULLAVORO, PIANO STRUTTURALE DELE AZIONI POSITIVE. BILANCIO DIGENERE O ALTRO)?

1) Informazioni sugli aspetti infrastrutturali:

C) IL COMUNE POSSIEDE STRUTTURE DEDICATE ALLE POLITICHE DI PARIOPPORTUNITA’/ANTIDISCRIMINATORIE (CENTRI DONNA, BIBLIOTECHESPECIALIZZATE ETC.)? SE SI’, INDICARE LA TIPOLOGIA: ………………..

D) NEL TERRITORIO COMUNALE SONO PRESENTI SPORTELLI DEDICATIALLA LOTTA CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE (CASE PER LE DONNE,CASE RIFUGIO, CENTRI DI ASCOLTO)? SE SI’, INDICARE LA TIPOLOGIA:………………..

2) Informazioni sulle politiche comunali rivolte alla popolazione femminile e diprevenzione/contrasto delle discriminazioni:

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A) QUALI SONO LE PROBLEMATICHE PIU’ URGENTI DELLA POPOLAZIONEFEMMINILE DEL COMUNE?....................

B) ESISTONO PROBLEMATICHE COLLEGABILI A DISCRIMINAZIONE LEGATA ALSESSO, AL LAVORO, ALL’ORIENTAMENTO SESSUALE, ALLA NAZIONALITA’,ALLA RELIGIONE, AD UNA SITUAZIONE DI HANDICAP ETC..? ………..

C ) QUALI PROGETTI SONO STATI REALIZZATI O SONO IN CORSO DIREALIZZAZIONE PER TALI TIPOLOGIE DI PROBLEMATICHE? (RIF. PROGETTIULTIMI 3 ANNI)

D) IL COMUNE HA ADERITO AL PROTOCOLLO DELLA RETE DEL PROGETTO VIS(VITTIME DI REATO) O HA APERTO UNO SPORTELLO DI ASCOLTO PER LEVITTIME DI REATO?

E) SONO STATE FATTE ISTANZE ED ESPRESSI BISOGNI SU TEMI IMPORTANTIRICOLLEGABILI A TALI PROBLEMATICHE DA PARTE DI SINGOLI/SINGOLE E/OREALTA’ ASSOCIATIVE? ……………….

F) SONO STATE REALIZZATE AZIONI NEL VOSTRO COMUNE NELL’AMBITO DEIPROGETTI FINANZIABILI CON LE LRT 16/2009 E 59/2007 O CON ALTRE FONTI? SESI’ INDICARE QUALI………….G) SE IL VOSTRO COMUNE POTESSE CREARE UN “PROGETTO DONNA” QUALISAREBBERO I PUNTI FOCALI? …….. .H) E SE IL VOSTRO COMUNE POTESSE CREARE UN “PROGETTO CONTRO LEDISCRIMINAZIONI” QUALI SAREBBERO I PUNTI FOCALI? ……..

I) SUL VOSTRO TERRITORIO SONO PRESENTI ASSOCIAZIONI DI DONNE E/ODEDICATE A COMBATTERE LA DISCRIMINAZIONE E GLI STEREOTIPI? SE SÌ,INDICARE QUALI E SE E COME PARTECIPANO ALLE POLITICHE DEL VOSTROCOMUNE (ES. CENTRI E/O SPORTELLI GESTITI DAL COMUNE, ASSOCIAZIONI INCONVENZIONE, CONSULTE, ECC…)

L) SUL VOSTRO TERRITORIO SONO PRESENTI ASSOCIAZIONI DI DONNE E/ODEDICATE A COMBATTERE LA VIOLENZA DI GENERE E IN AIUTO ALLEVITTIME DI REATO? SE SÌ, INDICARE QUALI E SE E COME PARTECIPANO ALLEPOLITICHE DEL VOSTRO COMUNE (ES. CENTRI E/O SPORTELLI GESTITI DALCOMUNE, ASSOCIAZIONI IN CONVENZIONE, CONSULTE, ECC…)

M) RITENETE CHE SUL VOSTRO TERRITORIO CI SIA SPAZIO/INTERESSE PERUNA ATTIVITA’, CONDOTTA A LIVELLO DEI VARI ORDINI DI SCUOLA, DISENSIBILIZZAZIONE/FORMAZIONE PER LA LOTTA AGLI STEREOTIPI DIGENERE E ALLA EQUA DISTRIBUZIONE DEL LAVORO DI CURA ALL'INTERNODELLA FAMIGLIA, COME INDICATO NELLA RECENTE DELIBERA R.T. N.1077/2015?

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Appendice:

1) Conclusioni consiliari sulla revisione dell’attuazione della Piattaforma d’azione di Pechino

L’11 dicembre 2014, il Consiglio "Occupazione, politica sociale, salute e consumatori" dell'Unione

Europea (EPSCO), presieduto dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, in qualità di

rappresentante della Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea, ha approvato all’unanimità il

testo di Conclusioni consiliari sulla revisione dell’attuazione della Piattaforma d’azione di Pechino da parte

degli Stati membri e delle Istituzioni dell’UE a venti anni dalla sua adozione, dal titolo "Gender Equality in

the EU: the way forward after 2015. Taking stock of 20 years of implementation of the Beijing Platform for

Action" (Parità di genere nell'UE: la strada da seguire dopo il 2015 - Bilancio di 20 anni di attuazione della

Piattaforma d'azione di Pechino).

Le Conclusioni rappresentano un esercizio legato al monitoraggio della Piattaforma e si basano

principalmente sul rapporto prodotto dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE) sul tema e

sugli esiti della Conferenza presidenziale di alto livello " "Gender Equality in Europe: Unfinished

Business?", tenutasi a Roma il 23 e 24 ottobre 2014. Il documento presenta le basi normative europee

relative al principio di pari opportunità per donne e uomini e il contesto generale in cui avviene l’esercizio di

revisione dell’attuazione della Piattaforma nell’UE, illustra i principali progressi e le sfide più significative

da affrontare dal 2015 nell’ambito delle 12 aree della Piattaforma e contiene l’esortazione del Consiglio UE

e dei Governi degli Stati membri:

1) alla Commissione, affinché elabori una nuova strategia per la parità di genere dopo il 2015 e

conferisca una maggiore enfasi all’uguaglianza di genere nella Strategia Europa 2020;

2) agli Stati membri, affinché realizzino gli impegni presi attraverso il Patto europeo per la parità di

genere e utilizzino in modo efficace i programmi volti a combattere le disuguaglianze di genere,

soprattutto quelli finanziati dai Fondi strutturali e di investimento europei;

2) sia agli Stati membri che alla Commissione, affinché rafforzino il proprio impegno a colmare le

lacune esistenti nei diversi settori relativi alla parità di genere.

2) LINEE GUIDA CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE (Legge Regionale n. 59/2007 Norme contro la

violenza di genere), approvate con delibera GRT 8 marzo 2010, n. 291) (estratto):

[…] Il fenomeno della violenza, sia esso perpetrato nei confronti delle donne che dei bambini, ha

acquisito negli ultimi anni spazi sempre più importanti all’interno dell’informazione tanto da

incrementare la sensibilità sociale verso questo tema. Contestualmente, però, si è anche accresciuto un

allarme sociale che pregiudizialmente ha associato l’argomento violenza ad episodi che hanno scosso

l'opinione pubblica per la loro efferatezza e che sono stati commessi da parte di sconosciuti, o da

extracomunitari o dal così detto branco.

L’idea stereotipata di violenza, dunque, può accrescere convinzioni errate nell’opinione pubblica, negli

operatori del settore e favorire sistemi di intervento che non tengano conto della reale diffusione del

fenomeno, di quali siano gli interventi e gli strumenti più appropriati per prevenirlo e per contrastarlo, della

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molteplicità dei soggetti che sono chiamati a contribuire, ognuno attraverso le proprie competenze e capacità,

a realizzare un efficace lavoro di rete.

Di fatto, la violenza di genere rappresenta una violazione dei diritti umani fondamentali, una minaccia per la

salute, un ostacolo al godimento della propria libertà individuale; è una vicenda sociale e culturale radicata

profondamente nelle relazioni tra donne e uomini, nelle famiglie, nei luoghi di lavoro e di studio, nelle città.

Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, almeno una donna su cinque ha subito abusi fisici o

sessuali da parte di un uomo nel corso della sua vita. E il rischio maggiore sono i familiari, mariti e padri,

seguiti dagli amici […]

3) Dal rapporto ISTAT “La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia” (periodo di riferimento:2014): “La violenza contro le donne è fenomeno ampio e diffuso. 6 milioni 788 mila donne hanno subìto nel corso

della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni: il

20,2% ha subìto violenza fisica, il 21% violenza sessuale, il 5,4% forme più gravi di violenza sessuale come

stupri e tentati stupri. Sono 652 mila le donne che hanno subìto stupri e 746 mila le vittime di tentati stupri.

Le donne straniere hanno subìto violenza fisica o sessuale in misura simile alle italiane nel corso della vita

(31,3% e 31,5%). La violenza fisica è più frequente fra le straniere (25,7% contro 19,6%), mentre quella

sessuale più tra le italiane (21,5% contro 16,2%). Le straniere sono molto più soggette a stupri e tentati stupri

(7,7% contro 5,1%). Le donne moldave (37,3%), rumene (33,9%) e ucraine (33,2%) subiscono più violenze.

I partner attuali o ex commettono le violenze più gravi. Il 62,7% degli stupri è commesso da un partner

attuale o precedente. Gli autori di molestie sessuali sono invece degli sconosciuti nella maggior parte dei casi

(76,8%).

Il 10,6% delle donne ha subìto violenze sessuali prima dei 16 anni. Considerando il totale delle violenze

subìte da donne con figli, aumenta la percentuale dei figli che hanno assistito ad episodi di violenza sulla

propria madre (dal 60,3% del dato del 2006 al 65,2% rilevato nel 2014)

Le donne separate o divorziate hanno subìto violenze fisiche o sessuali in misura maggiore rispetto alle altre

(51,4% contro 31,5%). Critica anche la situazione delle donne con problemi di salute o disabilità: ha subìto

violenze fisiche o sessuali il 36% di chi è in cattive condizioni di salute e il 36,6% di chi ha limitazioni gravi.

Il rischio di subire stupri o tentati stupri è doppio (10% contro il 4,7% delle donne senza problemi).

Emergono importanti segnali di miglioramento rispetto all'indagine precedente: negli ultimi 5 anni le

violenze fisiche o sessuali sono passate dal 13,3% all'11,3%, rispetto ai 5 anni precedenti il 2006. Ciò è frutto

di una maggiore informazione, del lavoro sul campo, ma soprattutto di una migliore capacità delle donne di

prevenire e combattere il fenomeno e di un clima sociale di maggiore condanna della violenza.

È in calo sia la violenza fisica sia la sessuale, dai partner e ex partner (dal 5,1% al 4% la fisica, dal 2,8% al

2% la sessuale) come dai non partner (dal 9% al 7,7%). Il calo è particolarmente accentuato per le

studentesse, che passano dal 17,1% all'11,9% nel caso di ex partner, dal 5,3% al 2,4% da partner attuale e dal

26,5% al 22% da non partner.

In forte calo anche la violenza psicologica dal partner attuale (dal 42,3% al 26,4%), soprattutto se non

affiancata da violenza fisica e sessuale.

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Alla maggiore capacità delle donne di uscire dalle relazioni violente o di prevenirle si affianca anche una

maggiore consapevolezza. Più spesso considerano la violenza subìta un reato (dal 14,3% al 29,6% per la

violenza da partner) e la denunciano di più alle forze dell'ordine (dal 6,7% all'11,8%). Più spesso ne parlano

con qualcuno (dal 67,8% al 75,9%) e cercano aiuto presso i servizi specializzati, centri antiviolenza, sportelli

(dal 2,4% al 4,9%). La stessa situazione si riscontra per le violenze da parte dei non partner.

Rispetto al 2006, le vittime sono più soddisfatte del lavoro delle forze dell'ordine. Per le violenze da partner

o ex, le donne molto soddisfatte passano dal 9,9% al 28,5%.

Si segnalano però anche elementi negativi. Non si intacca lo zoccolo duro della violenza, gli stupri e i tentati

stupri (1,2% sia per il 2006 sia per il 2014). Le violenze sono più gravi: aumentano quelle che hanno causato

ferite (dal 26,3% al 40,2% da partner) e il numero di donne che hanno temuto per la propria vita (dal 18,8%

del 2006 al 34,5% del 2014). Anche le violenze da parte dei non partner sono più gravi.

3 milioni 466 mila donne hanno subìto stalking nel corso della vita, il 16,1% delle donne. Di queste, 1

milione 524 mila l'ha subìto dall'ex partner, 2 milioni 229 mila da persone diverse dall'ex partner”.

4) Dal Settimo Rapporto sulla violenza di genere in Toscana dell’Osservatorio sociale regionale toscano(periodo di riferimento 2014) - Abstract Il Rapporto sulla violenza di genere è, dal 2009, lo strumento attraverso cui l’Osservatorio Sociale Regionale

assolve al suo compito istituzionale di monitorare il fenomeno in Toscana. In un unico elaborato − presentato

ogni anno in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne − sono raccolte tutte le

informazioni provenienti dai diversi attori che operano per il contrasto alla violenza di genere; in questa

edizione del Rapporto per la prima volta viene approfondito anche il tema delle vittime silenziose che

assistono o subiscono la violenza domestica: i bambini.

Per arrivare ad una descrizione e ad una conoscenza del fenomeno sempre più dettagliate, il tavolo sulla

violenza di genere ha agito su più fronti e si è di volta in volta, di anno in anno, allargato a nuovi attori

territoriali in un’ottica inclusiva e di coesione sociale: quella dei Centri anti violenza, dei Consultori, delle

Asl attraverso il Codice Rosa, dei Centri per uomini maltrattanti. Tale ricchezza di informazioni ci consente

di fare sempre più luce su un fenomeno che altrimenti rischierebbe in buona parte di rimanere sotto traccia, e

permette, di conseguenza, di agire sul fronte delle politiche di contrasto alla violenza di genere, tenendo fede

alla mission attribuita all’Osservatorio Sociale Regionale dal legislatore attraverso la Legge regionale

59/2007 e le successive linee guida.

I dati delle 28 strutture, tra Centri antiviolenza e Centri/sportelli d’ascolto che alimentano l'applicativo web

regionale sulla violenza di genere, hanno avvalorato le risultanze degli scorsi anni: seppur con alcune

difficoltà legate alla chiusura di alcuni sportelli territoriali, i Centri si confermano punto di forza della rete

contro la violenza, accogliendo ogni anno oltre 2.500 nuove utenti (2.597 negli ultimi dodici mesi). Dal 1°

luglio 2009 al 30 giugno 2015 il numero totale di donne accolte è pari a 13.461. Donne di ogni classe di età,

estrazione sociale e livello culturale (ci sono laureate e donne con al più la licenza media; casalinghe,

operaie, impiegate o libere professioniste) − perché la violenza di genere è un fenomeno trasversale − per il

70% circa italiane, che si rivolgono ai Centri in cerca di informazioni e sostegno (ascolto, assistenza

psicologica, consulenza legale, ma anche richiesta di protezione), per uscire soprattutto da situazioni di

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maltrattamento domestico. Sarà importante riuscire a mantenere attivi questi Centri, perché, come rilevato

nelle diverse edizioni del Rapporto, rivolgersi ad un Centro antiviolenza facendo quei primi passi verso

l’uscita dalla violenza, è una decisione in cui influiscono anche elementi di contesto, come la riconoscibilità

dei Centri, la loro diffusione e relazione con il territorio.

La violenza rilevata più frequentemente dai Centri è quella psicologica (81,8%), seguita da quella fisica

(63,5%). Le donne straniere sono, in proporzione, più spesso oggetto di violenza fisica ed economica, mentre

il mobbing e lo stalking sono diffuse soprattutto tra le italiane. E’ il partner (61%) il principale artefice della

violenza, in modo particolare per le donne straniere (74,4%); solo nell’1,5% dei casi l’aggressore è uno

sconosciuto. A tale proposito è da rilevare che la propensione alla denuncia (ha sporto denuncia poco più di

una donna su quattro) è inversamente proporzionale alla “vicinanza” in termini di legame intimo-affettivo tra

vittima e aggressore, variabile che condiziona l’atteggiamento delle donne ancor più della gravità fisica

dell’atto.

Quali informazioni provengono, invece, da Consultori e Codice Rosa? I due flussi differiscono per un

aspetto non secondario: mentre i primi permettono di arrivare al livello di singola utente - nell’anno 2014

sono state 918 le donne seguite dai consultori per abuso e maltrattamento, di cui 121 ragazze con meno di 18

anni – l’attuale rilevazione regionale dei dati del Codice Rosa restituisce le informazioni solo per accesso,

mancando quindi il dato relativo al numero di donne che si sono rivolte al servizio e lasciando in questo

modo aperti interessanti interrogativi sull’effettiva entità dell’utenza (quanti, ad esempio, tra i 2.257 accessi

registrati dal 1° luglio 2014 al 30 giugno 2015 sono utenti uniche): lavorare per poter arrivare al dato sulle

singole utenti, individuando ad esempio le caratteristiche di quelle che hanno effettuato visite ripetute,

potrebbe aiutare a capire ancora meglio il funzionamento di un servizio così importante, che ha reso la

Regione Toscana esempio e prototipo per i servizi sanitari degli altri territori. Ricordiamo a tale proposito

che l’esperienza toscana, a regime dal 2014 con l'estensione del progetto a tutte le Aziende Sanitarie e

Ospedaliere della Regione, ha ispirato il progetto speciale nazionale Codice Rosa bianca, promosso dalla

FIASO (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere), che vede come capofila la Toscana,

attraverso l’Azienda USL di Grosseto.

Il 2014 ha segnato purtroppo un calo d’attenzione, soprattutto da parte dei media, nei confronti dei femicidi.

Pare utile specificare che tale termine viene utilizzato nei casi in cui l’esito della violenza è la morte della

donna, mentre per femminicidio si intende, più ampiamente, l’insieme di comportamenti violenti che portano

alla morte della donna o tendono al suo annientamento fisico o psicologico. A una ridotta attenzione nei

confronti di questo tema, come detto, ha invece corrisposto un aumento delle donne uccise in Toscana nel

2014, arrivate a 12 (praticamente una al mese), dato in crescita rispetto al triennio precedente. Dal 2006 al

2014, in regione, il numero di vittime di femicidio è arrivato a 77, ovvero una ogni 46 giorni: in tutti i casi in

cui l’autore è stato individuato, viene evidenziata la natura “domestica” di questi omicidi, avvenuti per mano

di una persona che la donna conosceva: un partner, un ex, un pretendente respinto, un cliente, un figlio.

Il Rapporto ha inoltre approfondito il lavoro svolto dai 4 centri che, in Toscana, si occupano di interventi di

recupero degli uomini violenti, oltre a svolgere attività di sensibilizzazione rispetto al superamento degli

stereotipi di genere. Nella nostra regione, nel 2014, sono stati 88 gli uomini che hanno intrapreso un percorso

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rivolto al cambiamento dei propri comportamenti violenti; nei primi sei mesi del 2015 tale numero è arrivato

a 61, mostrando quindi una crescita di attenzione nei confronti di questi percorsi, cui gli uomini accedono in

maniera volontaria o su spinta di altri soggetti, ad esempio la propria partner, lo psicologo, l’avvocato o uno

degli attori della rete antiviolenza. Grazie al lavoro svolto dall’Osservatorio per questo Rapporto, in

collaborazione con i 4 centri toscani che lavorano con gli uomini violenti, si è inoltre arrivati alla

condivisione di una scheda unica di rilevazione, in grado di rilevare le informazioni sia per il primo accesso

sia per la presa in carico. In questo modo, fin dal prossimo Rapporto verrà aggiunto un altro fondamentale

tassello al sistema di raccolta dei dati sul fenomeno della violenza di genere in Toscana.

Il tema della violenza assistita, invece, è stato affrontato per la prima volta in questo Rapporto. Si tratta di un

tipo di violenza che passa attraverso l’esperienza diretta, indiretta, e/o percepita da parte del minore di atti di

violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica su figure di riferimento o su altre figure

affettivamente significative.

Un ampio spazio è stato così dedicato alla definizione del problema, all’individuazione di pratiche e modelli

di intervento e allo studio dell’operato dell’unico Centro toscano – Artemisia – che ha al suo interno sia il

settore donne sia il settore minori: una peculiarità importante per fornire supporto ai bambini vittime di un

tipo di maltrattamento che per essere riconosciuto necessita della preliminare individuazione dell’esistenza

della violenza domestica. Nel corso del 2014, il Centro ha seguito 111 nuovi casi riguardanti vittime di

violenza assistita, a cui si aggiungono 75 casi in carico dagli anni precedenti.

I dati del Monitoraggio Interventi e servizi per minori e famiglie realizzato dal Centro regionale Infanzia e

Adolescenza - Regione Toscana/Istituto degli Innocenti mostrano inoltre come, sempre nel corso nel 2014,

tra i minori in carico ai servizi sociali toscani, 968 sono state vittime anche di violenza assistita.

L’Osservatorio sta dunque realizzando un complesso lavoro di monitoraggio e approfondimento, che cerca di

coprire e completare l’orizzonte delle tematiche connesse alla violenza di genere, in linea con quanto

sostenuto dalla Convenzione di Istanbul e ribadito nel Piano d’azione straordinario contro la violenza di

genere, la cui esecutività troverà una Regione pronta a rispondere alle sfide in esso contenute, nella

convinzione che sia importante studiare non solo i dati relativi alla dimensione del fenomeno ma anche quelli

inerenti alla risposta del sistema alla violenza sulle donne, intesa non come un problema di sicurezza, ma

come evento che attiene ai modelli del rapporto tra i generi, tra le persone, che interessa strutturalmente i

modelli sociali e culturali dei territori e che costa in termini di benessere collettivo, sociale ed economico.

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La Carta è stata adottata dalla Provincia di Livorno con deliberazione G.P. n 195 del 18/12/2013

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6) LE PARI OPPORTUNITÀ NELLA COSTITUZIONE ITALIANAArticolo 3Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, dirazza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito dellaRepubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e lauguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione ditutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.Articolo 4La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivoquesto diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, unaattività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.Articolo 29La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonioè ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanziadell'unità familiare.Articolo 30È dovere e diritto dei genitori mantenere istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Neicasi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figlinati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglialegittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.Articolo 31La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia el'adempimento dei compiti relativi con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità el'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.Articolo 37La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare eassicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimodi età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi,a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.Articolo 48Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale edeguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. La legge stabilisce requisiti e modalità perl'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettività. A tale fine è istituitauna circoscrizione Estero per l'elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito danorma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge. Il diritto di voto non può essere limitato senon per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicatidalla legge.Articolo 51Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive incondizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove conappositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. La legge può, per l'ammissione ai pubbliciuffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica. Chi èchiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e diconservare il suo posto di lavoro.Articolo 117La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché deivincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.- omissis –Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nellavita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle caricheelettive.- omissis –

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Realizzato con il contributo finanziario della Regione Toscana

(art. 13, comma 3 L.R. 16/2009 “Cittadinanza di genere”)

In copertina e in quarta di copertina: Artemisia Gentileschi,

Autoritratto come martire (1615 circa)

Dicembre 2015

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