PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO AssessorAto … · michael Bublè (che non è voluto mancare...

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PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO ASSESSORATO PROVINCIALE ALL’AGRICOLTURA FORESTE, TURISMO E PROMOZIONE sett./ott. 2012 | nr. 4 anno LVII t erra t rentina www.trentinoagricoltura.net Periodico di economia e tecnica per un’agricoltura moderna al servizio del consumatore e dell’ambiente CIAK SI BRIND A Un film e una fiction: il vino trentino arriva sugli schermi PRIMO PIANO Mele nella roccia parte la fase 2 VIGNETI BIO Azienda Toblino alle Sarche TURISMO Club di prodotto un’altra vacanza PRODOTTI Il Botiro di Primiero RICERCA Drosophila suzukii nuove armi dal genoma

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PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTOAssessorAto provinciAle All’AgricolturAforeste, turismo e promozione

sett./ott. 2012 | nr. 4 anno LVII

terratrentinawww.trentinoagricoltura.net

periodico di economia e tecnica per un’agricoltura moderna al servizio del consumatore e dell’ambiente

CIAK SI BRINDAUn film e una fiction: il vino trentino arriva sugli schermi

PRIMO PIANO Mele nella roccia parte la fase 2

VIgNETI BIO Azienda Toblino alle Sarche

TURISMO Club di prodotto un’altra vacanza

PRODOTTI Il Botiro di Primiero

RICERCA Drosophila suzukii nuove armi dal genoma

mARKetINg e tuRISmo

tuttA uN’ALtRA VACANZA Il successo (discreto) dei Club di Prodotto

Silvia Meacci

ProdottI Il botIro dI PrImIero

Sergio Ferrari

AttuALItà

Le RetI DI RISeRVe,sIntesI dI ConservazIone e svIlUPPo

RoSe DI moNtAgNAUmberto Viola

I saPorI e I saPerI dI“NAtuRALmeNte BIo”

“moNDo CoNtADINo”rePlICa a ronCone

PrImo PIano

IL VIgNeto tReNtINo HA FAtto CIAKCorrado Zanetti

I CINeAStI DeL VINodi Nereo Pederzolli

meLe R RoCCIA, Un nUovo bInomIo Per Il fUtUroCorrado Zanetti

periodico di economia e tecnica dell’agricoltura.organo dell’Assessorato provinciale all’agricoltura, foreste, turismo e promozione

reg. trib. trento n. 41 del 29.8.1955

Direttore responsabilegiampaolo Pedrotti

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Coordinatore editorialeCorrado Zanetti

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grAficAstudio Bi Quattro s.r.l. - trento

stAmpATipografia Esperia - Trento

chiuso in redazione il 9/10/2012

04set-ott 2012 | anno lvii

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SommARIo

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PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTOAssessorAto provinciAle All’AgricolturAforeste, turismo e promozione

sett./ott. 2012 | nr. 4 anno LVII

terratrentinawww.trentinoagricoltura.net

periodico di economia e tecnica per un’agricoltura moderna al servizio del consumatore e dell’ambiente

CIAKSI BRINDAUn film e una fiction: il vino trentino arriva sugli schermi

PRIMO PIANOMele nella rocciaparte la fase 2

VIgNETI BIOAzienda Toblino alle Sarche

TURISMOClub di prodottoun’altra vacanza

PRODOTTIIl Botiro di Primiero

RICERCADrosophila suzukiinuove armi dal genoma

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fIrmato ProvInCIa

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Vino trentino18 56

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RuBRICHe

A Come AgRICoLtuRAALImeNtAZIoNe, AmBIeNteWalter Nicoletti

NotIZIe IASmA Silvia Ceschini

ue INFoRmA a cura di Europe Direct

NotIZIe a cura di Sergio Ferrari

SCAFFALe a cura di Silvia Vernaccini

orto e dIntornI: PastInaCa

rICette ContadIne:L’eStAte FuoRI StAgIoNe Iris Fontanari

CIbo e ambIente:l’ImPronta eCologICaCarmelo Bruno

CIbo e salUte: CARNI DI SeLVAggINA

Rosaria Lucchini

teCNICA FLASH a cura di Sergio Ferrari

38 teCnICa, rICerCa, sPerImentazIone

drosoPHIla sUzUKIINuoVe ARmI DAL geNomAOmar Rota Stabelli e Gianfranco Anfora

le nUove traPPoleA cura dell’Unità Piccoli Frutti, Centro Trasferimento Tecnologico, FEM

Speciale

“Di montagna” e sostenibili. sarà questo il marchio identitario che si vuole distingua sui mercati interno e internazionali i vini trentini da quelli di ogni altra zona. Ad indicare il “nuovo corso” della vitie-nologia trentina è il piano vino approvato dalla giunta provinciale il 3 agosto sorso. vini di montagna come certi spumanti trento Doc o il müller thurgau (al quale è dedicato il dossier a pag 42-49), te-stimone di una viticoltura “eroica” che vive sui terrazzamenti e muri a secco, e vini sostenibili come quelli biologici ai quali sta lavoran-do l’Azienda toblino di sarche. un nuovo corso al quale guarda ora anche il cinema e la tv, con una serie di produzioni dedicate al vigneto trentino e alle sue eccellenze.

eVoLuZIoNe DeLLA sUPerfICIe, della selezIone CLoNALe e DeLLe teCNICHe AgRoNomICHe NegLI uLtImI 20 ANNIAntonio Patton, Maurizio Bottura

CARAtteRIZZAZIoNe eNoLogICA e VARIABILItàGiorgio Nicolini, Sergio Moser, Anita Dalla Serra, Roberto Larcher

genI e ProfUmoM. Stella Grando

eStAte CALDA mA SeNZA SICCItà

“Porte aPerte” aI masI DeLLA FoNDAZIoNe mACH

PrevenzIone e Controllo NeLLe BottI DA VINoRaffaele Guzzon, Giacomo Widmann, Daniela Bertoldi, Roberto Larcher

Il dePerImento del frassInoOmar Rota Stabelli e Gianfranco Anfora

DoSSIeR mÜLLeR tHuRgAu

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PrImo PIano

Il Trentino HA FAtto CIAK

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Si stanno girando in provincia le scene del film “Vinodentro” e della fiction per la Rai “Una buona stagione”

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Il set del film “Vinodentro” nella zona delle Pale di S. Martino

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PrImo PIano

C he fosse considerato un terri-torio da cartolina lo sapevamo, che potesse essere un mani-festo anche cinematografico lo abbiamo scoperto quest’anno.

le montagne, certo, i nostri laghi, le dimore e gli edifici storici, ma soprattutto, ed è una novità assoluta nel panorama italiano, i nostri vigne-ti e cantine. il trentino ha scoperto insomma di essere una ambita location per produzioni cinematografiche e le troupe che si sono av-vicendate nei mesi scorsi occupando piazze, paesi, musei, campagne, cieli e montagne del nostro territorio hanno finito per contagiare anche i trentini, che a loro volta si sono sco-perti popolo di comparse e aspiranti attori. le centinaia di giovani, donne, uomini e bambini che si sono messi in fila ai cast per conquista-re una parte, sia pure una fugace apparizione, in una delle dieci produzioni cinematografiche sostenute dalla trentino film commission che si stanno girando in provincia, hanno svelato una inedita voglia di cinema, aprendo le porte di questo territorio alpino al mondo delle fiction e del grande schermo.il vino come veicolo di racconto del territorio, dunque, e dei suoi prodotti tipici. il cinema come nuovo strumento di marketing turistico. il trentino non si mostra dunque più soltanto attraverso il filmfestival della montagna ma ar-riva sugli schermi, televisivi e cinematografici, in presa diretta con il proprio territorio e le sue “invarianti” ambientali e culturali di maggio-re pregio, tra le quali vi sono anche il vigneto trentino. È il caso, in particolare, di due produ-zioni che promettono di inserire questa terra tra i paesaggi cinematografici più affascinanti e spettacolari, portando sul grande e piccolo schermo storie e immagini che ruotano attorno al mondo del vino. Si tratta del film “Vinoden-tro”, diretto dal regista, sceneggiatore e pro-

duttore ferdinando vicentini orgnani (mare largo, ilaria Alpi - il più crudele dei giorni), e della “lussuosa” fiction (ben 6 puntate di un’ora ciascuna che andranno in onda in prima sera-ta su raiuno nel 2013) “una buona stagione” prodotta da rai fiction e da De Angelis group con la regia di giovanni lepre (rossella).liberamente ispirato al romanzo “vino Dentro” di Fabio Marcotto, il film di Vicentini Orgnani -prodotto da Alba produzioni srl in collaborazio-ne con trentino marketing spa e l’Assessorato all’agricoltura, foreste, turismo e promozione della provincia autonoma di trento - si avvale di un cast di primo piano: vincenzo Amato (re-spiro, nuovomondo); giovanna mezzogiorno (La finestra di fronte, Vincere, Basilicata coast to coast), lambert Wilson (matrix reloaded, matrix revolutions, uomini di Dio), pietro ser-monti (Boris - il film, Un Medico in Famiglia, Amore bugie e calcetto), Daniela virgilio (ro-manzo criminale - la serie, good As You - tutti i colori dell’amore, immaturi), erika Blanc e gioele Dix. per la sceneggiatura il regista si è avvalso di Heidrun schleef (tra le sue sceneg-giature: preferisco il rumore del mare, la stan-za del figlio, Ricordati di me), per la fotografia di un mago come Dante spinotti (candidato a due premi Oscar, per L.A. Confidential e Insi-der - Dietro la verità), mentre le musiche ori-ginali saranno firmate dal grande trombettista paolo fresu.la storia racconta di giovanni cuttin, il più im-portante e stimato wine-writer italiano, capo redattore del mensile più prestigioso del setto-re (legato all’Associazione italiana sommelier, che sostiene questo progetto). la sua vita si dipana di successo in successo tra degusta-zioni pubbliche, convegni e presentazioni del suo libro autobiografico, Vinodentro, fino all’in-contro con una misteriosa, bellissima donna che lo attira in un vortice senza via d’uscita. Tra un enigmatico passato che riaffiora, calici di marzemino, teroldego, trentodoc ed echi

del Don giovanni mozartiano, arriva prima o poi l’inevitabile conto da pagare.una storia faustiana, tra il noir e la commedia, in cui il protagonista si trova a dover ripercorre-re le trasformazioni della sua vita attraverso la lente razionale di un’indagine di polizia. Un film italiano che gravita intorno al mondo del vino e alla sua affascinante ritualità, lontano dagli stereotipi e dalle imprecisioni che spesso il ci-nema ha usato avvicinandosi a questo tema.molti i luoghi trentini che hanno fatto da sfon-do alla narrazione cinematografica: l’Istituto Agrario di san michele all’Adige, trento con piazza Duomo, il parco di piazza Dante, la vecchia Questura, folgaria con il campo da golf, le pale di san martino con la Baita se-gantini e il rifugio rosetta e la val venegia, isera con la casa del vino e i vigneti, ma anche rovereto, con due giorni di lavoro al mart, e le riprese aeree delle Dolomiti.la storia - piena di segreti, intrecci e misteri - di una grande famiglia trentina, da alcune generazioni produttrice di vini di alta qualità, è invece al centro della serie televisiva “una buona stagione”. Qui gli accenti drammatur-gici che troveremo nel film di cui abbiamo ap-pena parlato lasciano invece il posto ad una narrazione suggestiva del territorio nel reali-stico intreccio con le vicende esistenziali dei protagonisti, svolte attraverso il succedersi delle stagioni dell’anno.nel cast vi sono, tra gli altri, il francese Jean sorel e ottavia piccolo, l’argentina luisana lopilato, moglie del cantante italo-canadese michael Bublè (che non è voluto mancare quest’estate sul set trentino) e qui al suo esor-dio televisivo; tra gli interpreti anche Alessan-dro Bertolucci e ivano marescotti.A condurre lo spettatore attraverso i luoghi più suggestivi del trentino (madonna di cam-piglio, trento, mezzocorona e toblino) sarà marco peruzzi, il protagonista, giovane affa-scinante ma dal carattere fortemente contra-stato, incline alla contemplazione meditativa dei magnifici panorami montani.

PRIMO PIANO

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PrImo PIanott 04 set-ott 2012 | anno lvii PRIMO PIANO

giovanna mezzogiorno, il regista ferdinando vicentini orgnani e vincenzo Amato all’enoteca provinciale

Il regista Ferdinando Vicentini Orgnani parla del film “NeL mIo NoIR FAuStIANo LA VeRA CuLtuRA DeL VINo”Orgnani, una bella responsabilità riuscire a parlare del vino in modo credibile dentro un film, può rivelarsi impresa ardua. Quali difficoltà ha incontrato?c’è la responsabilità di essere precisi e seri nel momento in cui parli di un argomento che ha anche una sua sacralità e schiere di appassionati che conoscono la materia. Pensando anche ad un pubblico di persone che andranno a vedere questo film perché sono interessati all’argomento, al di là della storia, credo sia fondamentale farlo bene. per questo abbiamo chiesto aiuto al professor Attilio Scienza, che ha suggerito l’idea di fare un film sul vino, e all’Associazione Italiana Sommelier, che ha visto in questo film una grande occasione per dare un messaggio giusto rispetto alla cultura del vino e all’identità che inevitabilmente si porta dietro.

Un argomento mai indagato dai cineasti italiani. Perché?Me lo sono chiesto anch’io, che provengo tra l’altro da una famiglia di agricoltori del Friuli. Forse perché in Italia, a differenza della Francia, c’è una enorme varietà, una specificità territoriale molto scollegata, oppure forse perché il vino ha nel nostro immaginario collettivo una sua sacralità, come ce l’ha ad esempio anche il calcio, sul quale sono stati fatti film che sono stati un disastro. Il vino è diverso e rappresenta il legame con il territorio, una passione che strega il protagonista e che credo venga trasmessa nel film.

Un film che impareremo dunque a sorseggiare, sullo sfondo di quali ambienti?intanto san michele all’Adige, poi le Dolomiti, trento e rovereto. sono particolarmente contento di girare al mart, un’opera d’arte architettonica che entrerà per la prima volta in un film.

Per Vinodentro si è avvalso di un direttore della fotografia del calibro di Dante Spinotti, e per le musiche originali al trombet-tista Paolo Fresu, due certezze assolute. Dante è un personaggio ormai mondiale nel suo ramo e sono stato fortunato ad averlo incontrato un anno fa in friuli, ritornato dagli stati uniti, dove ha avuto esperienze straordinarie tra cui alcune nomination all’oscar. come tutti i grandi, è un uomo molto semplice, che crede nel cinema come frutto di una collaborazione tra artigiani che può diventare opera d’arte. Tra l’altro con questo film torna a lavorare in Italia dopo dieci anni, l’ultimo film che ha fatto è Pinocchio con Benigni. Anche con fresu ho già lavorato ed è un amico.

Ci sono molte aspettative per Vinodentro, che tipo di film sarà: una commedia, un thriller?Difficile dirlo, è un work in progress, non so dire quale sarà il risultato finale. Penso che ne uscirà un buon film, vedo che anche gli attori importanti sono incuriositi, è un tentativo di rompere certi schemi, è una storia che si apre anche idealmente verso una sorta di mondo trascendente, che mescola il quotidiano con i massimi sistemi. spero che abbia ragione lambert Wilson, uno degli attori protagonisti, che trova la sceneggiatura “geniale”. c’è un grande rispetto nel trattare l’argomento e una grande attenzione all’oggetto vino.

Quando lo vedremo nelle sale?penso nella primavera 2013.

Si parla di una partecipazione al Festival di Berlino.Onestamente non mi sembra un film molto adatto a Berlino, ma potrebbe anche essere vista la natura faustiana della storia. Difficile fare delle previsioni. (c.z.)

il regista ferdinando vicentini orgnani

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PrImo PIano

È il cinema, bellezza! frase tra le più abusate, che ben rilancia il sogno, il piacere dell’imma-ginazione, dei pensieri allegri. La cinematografia ha sempre

basato il suo fascino sull’immaginario, appa-renza ancor prima della sostanza. coniugan-do azione scenica ad una fotografia “reale”, ma libera, aperta a variegate interpretazioni. il cinema per ogni esigenza. così, dopo anni di temi più o meno spettacolari, ecco che il gran-de schermo riscopre il mondo dei campi. non per scene bucoliche o storie autenticamente “naturali”. Ma produzioni filmiche, location mirate specificatamente sui prodotti più veri - pure appariscenti - della terra. con il cibo e - medesima percentuale - con il vino. una schie-ra sempre più compatta. nel bene e nel male.

I CINeAStI del vino

Film da bere, dal Pranzo di Babette a Mondovino

Forse perché è facile filmare il vino nella sua appariscenza. Molto più difficile raccontarlo nella sua identità. così bottiglie più o meno ostentate si stagliano nei piani di ripresa di tantissimi film, opera appena uscite e (molte) prossimamente sugli schermi. l’elenco po-trebbe essere lungo e sicuramente qualsiasi elencazione difficilmente contemplerà tutti i titoli di pellicole dove il vino, le bottiglie o le cantine, bar, osterie, ambienti più o meno ido-nei, diventano parte integrante del racconto, cardini di sceneggiature, di ripetuti ciak.in un periodo dove il consumo del vino è in netto calo, per certi versi stupisce. come dire: si beve sempre meno, ma si ostenta in continuazione.Il cinema raccoglie ora la sfida lanciata da una miriade di siti internet, dai blog, da mi-gliaia e migliaia di pagine web. “vino” è voce

più cliccata di “Dio”. record che pone inter-rogativi. evidentemente il vino è di moda. e ben si presta ad essere “ripreso”.calici e bottiglie doc appositamente posizio-nate (sulla scena) ad hoc. merito di mirate operazioni di marketing, di sponsorizzazioni più o meno ostentate. resta il fatto che mai, prima di queste ultime stagioni, il cinema aveva volutamente proposto il vino in primo piano. frutto di scelte operate da registi, sceneggiatori, direttori della fotografia o piut-tosto da tenaci addetti delle film commision che ogni regione ha imbastito con solerzia?il grande schermo non è nuovo alla cultura più sopraffina del vino, al significato eroico, al rito stesso del bere. si potrebbe partire da raro, indimenticabile Pranzo di Babette, oscar 1987, la Danimarca d’antan, la tristezza di un convivio (dopo un funerale) con il vino sopraf-fino in mescita - il supremo borgognone Clos de vougeot, solo per citarne uno - a dei com-mensali anziani quanto impreparati al vino stesso. Bevuto proprio per recuperare sensa-zioni sedimentate nella memoria della prota-gonista, da condividere, omaggio al fascino di un vino che deve essere non solo buono da bere, ma pure giusto per pensare.se questo pranzo è un cult, non da meno lo sono diversi altri film: da La grande ab-buffata (1973) di marco ferreri al recente docufilm di Ermanno Olmi, Rupi di vino (vi-tivinicoltura eroica in valtellina), senza trala-sciare - una pellicola girata pure in trentino, sempre dal regista vicentino - lunga vita alla signora (1987). e ancora, per quanto riguar-

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PRIMO PIANO

di Nereo Pederzolli

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da il cinema italiano, le citazioni enologiche nei film di Ferzan Ozpeteck, gastronomo e attento conoscitore del buon bere; poi Ber-nardo Bertolucci in io ballo da sola (1996) splendido racconto tra cascine e cantine to-scane. Pure Woody Allen, nel film ambien-tato a Roma, “infila” vino e bottiglie di pregio (trentodoc compreso) nella storia che vede roberto Benigni districarsi in una complicata relazione familiare. vino e territorio in Basilicata coast to coast (2010) per la regia dell’attore rocco papa-leo, con giovanna mezzogiorno. Appunto lei, la bella e brava attrice che ora porta alla ribalta il trentino enologico, nella produzione di Vinodentro, storia tutta trentina (d’isera, in particolare) tra grandi vini e intrighi, prossi-mamente sugli schermi.rimaniamo in trentino. vino e grande scher-mo anche per alcune fiction televisive, sia su rai che mediaset, in calendario nelle prossime settimane. Poi ci sono i filmaker, giovani cinea-sti che stanno per presentare piccole produ-zioni, con il vino tutt’altro che secondario. ma la chiusura di questo breve, e volutamente stringato, elenco di enofilm è ovviamente lascia-ta alle opere delle major usA. Dalla california che non t’aspetti di sideway (2004) (tripudio al pinot nero e sberleffo al merlot) a un’ottima an-nata (2006) ambientato in provenza dal gran-de ridley scott. poi, sempre per citarne qual-cuno, il profumo del mosto selvatico (1995), viti americane in una faida con giancarlo giannini nel ruolo di un cantiniere, ed ancora l’anno della cometa (1995) con il furto di un chateaux

lafi-te 1811 al cen-

tro della trama. via via, trala-sciando, con Vatel (2000) di roland Joffe, vera storia di un cuoco, francois vatel, alla corte del re di francia. morto suicida per non aver po-tuto cucinare a dovere un banchetto con pesce fresco. interpretazione magistrale di gerard Depardieu che ha preteso, sulla scena, cibo e vini identici a quelli legati alla storia; per giun-gere al veritiero Mondovino (2004) di Jonathan nossiter. regista, questo, che continua nella sua opera di denuncia, per valorizzare solo i produttori seri, smascherando certe azioni

ef-fimere che

nulla hanno a che spartire con il buon vino. Al punto che nossiter si de-

finisce un “cineasta agricoltore”, impegnato ad applicare etica ed estetica nei suoi lavori par-tendo proprio dalla terra, dall’agricoltura. “per-ché - dice - non si può fare buon cinema senza conoscere il gusto del vino”. e ribadisce, con caparbietà: in passato l’intelligenza per capire dove stava andando il mondo si recepiva nelle grandi città, in quanto i contadini erano piutto-sto retrogradi, ignoravano conoscenze. oggi è il contrario: chi abita in città è frastornato e poco intuisce il domani, mentre l’agricoltore (il vignaiolo, in primis) può intuire dove potremmo e dovremmo andare. prosit!

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ottavia piccolo, Jean sorel e luisa ranieri

sul set di “una buona stagione” durante una pausa delle riprese a mezzocorona

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L e mele e la roccia, la tradizione e l’innovazione, il risparmio di territorio, l’acqua e la conser-vazione del paesaggio: nasce nel sottosuolo, nelle gallerie

scavate sotto la montagna della predaia, in val di non, un’idea di futuro che sovverte la pretesa antinomia tra agricoltura e indu-stria, facendo della sostenibilità un termine concreto, traducibile in vantaggi misurabili. Quelli illustrati l’8 agosto scorso nelle “ca-verne” della tassullo materiali spa a tue-netto, inedita location per una trasferta della Giunta provinciale che ha acceso i riflettori su una valle, e su un progetto unico a livello europeo - quello della conservazione delle mele in ipogeo - che ai venti di crisi vuole rispondere con coraggio, spirito di intrapre-sa e sinergie territoriali. e’ un messaggio di fiducia quello uscito dalla Galleria Rio maggiore della tassullo materiali spa, che il presidente della provincia lorenzo Dellai ha così sintetizzato: “una buona idea per il fu-turo, una straordinaria opportunità che avrà molte ricadute sul territorio, ed un’occasione per comprendere come in trentino vi siano tante realtà collettive che lavorano per co-struire futuro”. le basse temperature sono congeniali alla

nascita delle buone idee, e davvero i 10 gra-di centigradi che permanentemente vi sono all’interno delle enormi gallerie scavate ne-gli ultimi sette anni in predaia per ricavare dalla Dolomia la preziosa materia prima ne-cessaria a produrre i pregiati cementi della tassullo materiali spa (gli stessi attualmen-te utilizzati, ad esempio, per la ristruttura-re il colonnato del Bernini in san pietro a roma), trasmettono una sensazione di be-nessere. un’atmosfera rarefatta, interpreta-ta anche musicalmente dalle sottili note che il professor giacomo monica “estrae” con un archetto di violino da tre blocchi di roccia. preludio a un incontro al quale hanno parte-cipato, assieme a tutta la giunta provinciale, un nutrito gruppo di invitati espressione delle realtà amministrative della valle (comuni e comunità), del mondo agricolo (il consorzio melinda in primis) e della ricerca (università di trento e fondazione mach).la sperimentazione in atto a tuenetto è uno dei progetti tecnologici più avanzati al quale si sta lavorando in trentino. nelle gallerie la-sciate vuote dall’attività di escavazione della tassullo materiali, ha spiegato stefano odo-rizzi, amministratore delegato della società, troveranno collocazione non solo le nuove celle di conservazione per le mele, ma an-

che due bacini ipogei di accumulo d’acqua, oltre ad una parte degli impianti industriali della stessa tassullo materiali spa.tutto nasce dall’esplorazione di nuovi oriz-zonti imprenditoriali ispirati, in coerenza con la filosofia aziendale, al rispetto dell’ambien-te ed al dialogo con le comunità ove il gruppo tassullo opera. i progetti che coinvolgono la valle di non si pongono in tale quadro di col-laborazione ed hanno avuto come elemento propulsivo la legge provinciale sull’industria n.6/1999 per la ricerca scientifica. I progetti poggiano, dunque, su comuni prospettive pubbliche e private: rispetto del territorio e disponibilità al dialogo.Dopo articolati e complessi studi sia a livello impiantistico che tecnico, tassullo ha deter-minato la fattibilità tecnica per costruire uno stabilimento produttivo in ipogeo comple-tamente automatizzato. verranno pertanto portati all’interno della miniera rio maggio-re gran parte delle lavorazioni attualmente all’esterno dello stabilimento di tuenetto di taio, costruendo un impianto produttivo all’interno di vuoti minerari specificamente progettati per ospitare gli impianti di produ-zione, in modo da eliminare gli impatti am-bientali, risparmiando energia e risparmian-do territorio.

PRIMO PIANO | FRuttICoLtuRA

meLe e RoCCIA un nuovo binomio per il futuro

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Corrado Zanetti

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PrImo PIanott 04 set-ott 2012 | anno lvii

meLe e RoCCIA un nuovo binomio per il futuro

PROSPettIVe e OPPORtUnItà VISte daI PROtagOnIStI

C ome la mela che steve Jobs volle quale simbolo di Apple, morsa dalla volontà di futuro, la mela Dop della valle di non (l’unica mela Dop d’italia) di-

venterà il simbolo di una nuova idea di soste-nibilità? “vorremmo sollecitare tutti a pensare al futuro – dice stefano odorizzi, ad di tassul-lo materiali e da poco chiamato dalla giunta provinciale a coordinare l’advisory board che affiancherà la “nuova” Trentino Sviluppo - in un momento in cui tutti i comparti economici stanno stringendo la cinghia”. un invito raccolto dal consorzio melinda: “chi lavora la terra - dice il presidente michele odo-rizzi - non è estraneo alle novità dell’innovazio-ne. negli ultimi anni i mercati si sono fatti molto piú competitivi e ciò ci ha spinto alla ricerca di nuovi mercati, i risultati positivi ci danno fiducia per il futuro; l’atteso aumento produttivo che è già nell’aria ci impone di pianificare le nostre capacità di stoccaggio, ed è questo il contesto nel quale abbiamo iniziato il progetto della con-servazione in ipogeo. non è da tutti i giorni che agricoltura e industria collaborino, ci convince il messaggio che ne esce: l’idea della mela sa-lubre, frutto di un territorio curato e sano, col-tivato da persone attente al paesaggio e alla natura. siamo coscienti che la nostra attività ha un certo impatto, è innegabile, ma facciamo il possibile per ridurre questo impatto, una filo-sofia che si sposa bene con la conservazione delle mele in ipogeo”. “la progettualità di riutilizzo di gallerie di sca-vo ai fini estrattivi della Tassullo s.p.a. per lo stoccaggio di frutta, come quella già oggetto di accordo ai fini di accumulo d’acqua ai fini irrigui - aggiunge sergio menapace, presi-dente della comunità della valle di non - sicuramente può ottemperare a quelle sinergie di rete e sistema che soven-te si auspicano tra settori economici, solo apparentemente molto distanti. si tratta di una partnership che può divenire una concreta dimostrazione di sviluppo autonomo e responsabile della comunità rispondendo ai con-cetti fondanti la pianificazione: identità intesa come valorizzazione della spe-cificità del luogo, integrazione fra settori economici e di sviluppo, competitività e sostenibilità”.

Di come riuscire a favorire uno sviluppo di qua-lità, sostenibile, che parta dal territorio parla anche il presidente della provincia autonoma di trento lorenzo Dellai: “Questa è una occa-sione concreta che ci fa capire cosa vuol dire coniugare l’aspetto della tradizione con l’inno-vazione. in questo trentino ci sono tante realtà collettive che lavorando per costruire futuro, e grande ammirazione merita tassullo spa, una delle aziende più competitive e innovative del nostro territorio, che ha puntato molto sulla ri-cerca ma anche sulla cultura e sull’arte”. nelle gallerie che ospiteranno i futuribili nuovi magazzini di melinda, Dellai ha voluto ringra-ziare i soggetti del mondo agricolo che sono partner della tassullo. “Accompagneremo questo progetto con convinzione perchè si tratta di un approccio fortemente innovativo e responsabile e siamo pronti a farci carico di tutti gli aspetti che riguardano i passaggi amministrativi. in un momento come questo vedere realtà che collaborano così è un ele-mento di grande fiducia. È un atto di coraggio dei consorzi e di melinda, una scommessa che consentirà a chi viene dopo di dire che si aveva ragione. si tratta di una opportunità straordina-ria, una buona idea da ogni punto di vista. se vogliamo che la valle di non possa integrare agricoltura, industria e territorio non c’è dubbio che dobbiamo porci il problema del paesaggio. in prospettiva si avrà una ricaduta straordinaria, senza contare l’aspetto della promozione del territorio.”

“La ricaduta sarà straordinaria”

un secondo utilizzo delle gallerie nasce dal “patto per l’acqua”, l’accordo per realizzare serbatoi di acque in sotterraneo firmato il 20 aprile 2010 tra tassullo materiali da una parte ed il comune di vervò ed i consorzi di miglio-ramento fondiario di vervò e priò dall’altra. l’idea è nata dalla scoperta di tassullo, nel corso dei lavori di prospezione geologica per la cava rio maggiore, di falde di acqua sot-terranea di qualità ottima e di quantità tale da soddisfare le esigenze sia potabili della fra-zione di vervò (che per gli usi civili oggi deve utilizzare acque purificate), sia agricole di una zona, quella della predaia, storicamente carente di acqua. A conclusione del percorso condiviso da provincia, comune, consorzi agricoli ed azienda che hanno valutato rea-lizzabilità tecnica e garanzie ambientali, si è deciso di costruire dei bacini in ipogeo come serbatoi idrici per la comunità: un esempio di sintesi virtuosa tra le esigenze della popola-zione, dell’agricoltura e dell’industria. il terzo progetto è quello “futuribile”, ma ormai in avanzato stato di sperimentazione, del ma-gazzino delle mele in ipogeo. Dopo l’esame di diverse possibilità, la prospettiva di trasforma-re i vuoti in magazzini per la conservazione di prodotti alimentari è parsa la più interessante, in quanto sintesi di esigenze industriali, agri-cole e della comunità. la fattibilità tecnica del progetto è stata oggetto il 16 novembre 2011 di un seminario internazionale ospitato dalla fondazione mach nella sede di san michele all’Adige, dove hanno partecipato i maggiori esperti mondiali in questo campo dell’univer-sità norvegese di trondheim, che da anni stu-diano questi temi.l’ipotesi è stata apprezzata dalla giunta pro-vinciale, che in essa ha visto l’opportunità di corrispondere, grazie alla forte componente innovativa ed al significativo risparmio ener-getico ed ambientale, alle necessità di nuove strutture di stoccaggio dei produttori di mele della valle di non. il magazzino ipogeo potrà essere realizzato a lotti successivi, conte-stualmente alle attività estrattive. in galleria è già stata costruita la prima cella operati-va che ha consentito di valutare in concreto (vedi alle pagine seguenti l’intervista a livio Fadanelli) l’efficienza della soluzione.

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Le firme del presidente e degli assessori della giunta provinciale su un blocco di Dolomia di torra

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LIVIO FadaneLLI SPIega La SPeRIMentazIOne In cORSO

“Primi risultati ok, ora via alla fase 2”

I n una delle gallerie scavate dalla ditta tassullo materiali, nel blocco montuoso costituito da materiale roccioso denominato dolomia di tor-ra, tra mollaro e priò, potrebbe es-

sere rivoluzionato il metodo di conservazione delle mele. per 97 giorni (da metà aprile alla fine di luglio di quest’anno) sono state “stiva-te” in questa “cella” di 400 metri cubi circa 12 tonnellate di mele provenienti dalla val di non. si tratta della “fase 1” della sperimentazione che dovrà dire se conservare le mele in gal-leria è possibile. i primi risultati sono piuttosto confortanti, come afferma livio fadanelli, re-sponsabile dell’unità frutteti sperimentali e frigoconservazione del centro trasferimento tecnologico della fondazione edmund mach di san michele. “non vi è nessun motivo che faccia dire che le mele non possano essere conservate in queste gallerie. lì si può conser-

vare la mela allo stesso modo come nelle celle tradizionali”. Anche i criteri qualitativi sono stati rispettati e questo fa ben sperare in vista della “fase 2” della sperimentazione. la fondazione mach, assieme al consorzio melinda e alla tassullo materiali, sta seguendo da vicino queste prove che continueranno per altri 8-9 mesi per avere ulteriori dettagli e capire se questa rivoluzione, come sembra, si potrà fare davvero.

Fadanelli, ci spiega come è partita la pri-ma fase della sperimentazione che state portando avanti con Melinda e Tassullo Materiali?innanzitutto abbiamo pensato alla realizzazio-ne di questa cella per la conservazione delle mele. una delle incognite iniziali, infatti, era quella di verificare se si sarebbe riusciti a ri-creare un’atmosfera controllata, con la tenuta

stagna ai gas. prima di partire, quindi, sono state applicate delle malte cementizie a più mani realizzate dalla tassullo, in seguito del-le resine impermeabilizzanti sulle pareti della galleria, successivamente abbiamo effettuato delle prove di tenuta ai gas che hanno dato esiti positivi. Quindi, è partita la prima fase del-le sperimentazione.

In che cosa è consistita concretamente?verso la metà di aprile di quest’anno abbiamo preso dei bins di mele pre-calibrate in quantità sufficiente, provenienti da due diverse zone della val di non e li abbiamo divisi in due par-ti uguali: una parte è stata portata nella cella sotterranea e l’altra metà l’abbiamo invece sistemata in una cella convenzionale fuori terra. Quindi, in identico regime di ambiente refrigerato e di atmosfera controllata abbiamo verificato il comportamento di queste mele ed in termini generali la loro conservabilità.

Che verifiche avete effettuato come Fonda-zione Mach?Alcune di carattere puramente tecnico, come il controllo della temperatura e dell’umidità, le ore e i tempi di funzionamento dei vari im-pianti (refrigerazione, atmosfera controllata), l’andamento della respirazione delle mele, l’adattabilità a queste nuove condizioni. con-temporaneamente, ad inizio e fine prova, abbiamo verificato anche i requisiti di qualità sulle mele: dal calo di peso alla durezza della polpa, passando per il contenuto zuccherino, l’acidità totale, la succosità e il colore. la con-servazione si è protratta fino alla fine di lu-glio e dopo 97 giorni abbiamo aperto le celle, sottoponendo la frutta ad un ulteriore periodo (8 giorni) di mantenimento a temperatura am-

Jacopo Tomasi

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biente per simulare le condizioni di distribu-zione commerciale (shelf life), controllando l’evoluzione dei requisiti qualitativi.

Queste misurazioni dopo 97 giorni di conser-vazione nelle due celle - quella tradizionale e quella in galleria - cosa vi hanno detto?in via generale posso dire che non vi è nes-sun motivo che faccia dire che le mele non possano essere conservate in queste galle-rie: in termini di condizioni termo igrometri-che e di composizione dell’atmosfera, si può realizzare quel che si fa nelle celle tradizio-nali. non vi sono stati, inoltre, decrementi qualitativi tali da poter dire che la qualità sia diversa o compromessa dal punto di vista commerciale e gustativo. l’andamento di re-spirazione delle mele, oltretutto, è stato as-solutamente identico sia nella cella in ipogeo (galleria), che nella cella tradizionale.

Quindi l’esito è stato più che confortantesì. Anche dal punto di vista energetico le risposte sono state positive. in questa fase una parte dell’energia utilizzata è servita ov-viamente per raffreddare la massa rocciosa circostante, ma presumiamo che l’accumulo energetico fornito in questa prima fase ven-ga restituito nella prossima fase, portando beneficio grazie all’inerzia termica della roc-cia. ora, comunque, è necessario procedere alla seconda fase della sperimentazione.

Questa “fase 2” come sarà gestita?le celle verranno riempite, questa volta, con frutta appena raccolta e si procederà con la conservazione fino alla prossima primavera. A quel punto effettueremo tutte le analisi che abbiamo messo a punto anche nella “fase

1” e avremo maggiori elementi per capire se questo metodo può funzionare veramente per la ottimale conservazione delle mele, ed offrire i benefici di risparmio energetico sperati, confermando quanto ci dicono i primi dati.

Ci può spiegare quali sarebbero i vantaggi che si trarrebbero grazie a questo sistema innovativo?sicuramente un risparmio di spazi in un territo-rio già sovraccarico. inoltre sarebbero recupe-rati dei volumi altrimenti inutilizzati. Questi spa-zi, oltretutto, potrebbero agevolare l’attività di molte cooperative presenti sul territorio, vista l’importante disponibilità di volumi vuoti.A queste motivazioni di carattere generale vanno aggiunti i benefici derivanti da un mi-gliore bilancio energetico in fase soprattutto di mantenimento della frutta in cella, il non impiego di materiali isolanti (pannelli) nella costruzione degli ambienti di conservazione, e l’opportunità per affrontare anche dal punto di vista delle soluzioni impiantistiche, tecno-logie innovative per la produzione del freddo in grado di ottimizzare i consumi elettrici e le rese termiche degli impianti frigoriferi.

Se la sperimentazione dovesse andare a buon fine, quante mele potrebbero essere conservate in queste grotte?l’ipotesi complessiva è quella di realizzare 6 blocchi di 80.000 quintali l’uno. si arriverebbe quindi a circa 500.000 quintali.

Altri vantaggi potrebbero arrivare dal pun-to di vista energetico…sì, si presume che una volta che la massa roc-ciosa si sarà raffreddata a dovere, ci sarà un significativo risparmio da questo punto di vista,

grazie proprio alla restituzione di freddo gene-rata dalla massa rocciosa grazie alla capacità di accumulo ed all’inerzia termica. inoltre, si potrebbero usare altre risorse per l’approvvi-gionamento energetico vista la presenza di grandi bacini idrici sotterranei da usare nel ci-clo del freddo. ci sono molti aspetti sui quali la-vorare e questa seconda fase sarà utile anche per mettere a punto e per studiare e progettare le nuove soluzioni tecnologiche, anche negli aspetti minori e di dettaglio.certamente non esistono soluzioni “da copia-re”, ma facendo leva sull’esperienza storica nel settore, sulla ricerca applicata e sulle sinergie necessarie, credo possibile l’individuazione di proposte per la ottimale e razionale risoluzione dei problemi che via via saranno da affrontare.

Insomma, può essere una vera rivoluzione ed un rilancio per un prodotto che, comun-que, non sta soffrendo la crisi come altri. È così?possiamo parlare di rivoluzione, soprattutto per quanto riguarda l’approccio al sistema di conservazione. invece di usare celle frigorifere fuori terra, mettiamo le mele in galleria, nelle viscere della montagna fatta di dolomia. se funziona, come pare dai primi dati utili, può es-sere un’innovazione importante. chi è del set-tore verrebbe a vederci, studiarci, per copiare il nostro “modello” da portare magari in realtà analoghe. non solo: anche mettere sul merca-to un prodotto – come le mele melinda – già conosciuto e apprezzato, ma che può vantare il marchio di essere stato prodotto e conserva-to con meno emissioni di co2, a basso impatto energetico ed ambientale, nel rispetto della natura e del territorio, credo possa essere un ulteriore ed importante valore aggiunto.

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Livio Fadanelli. Nella pagina a fianco i primi bins di mele conservate nelle grotte della tassullo materiali

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AttuALItà

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Le RetI DI RISeRVesintesi di conservazione e sviluppo

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ATTUALITà | FeStA FoReStALI

B iodiversità e reti di riserve sono state il filo conduttore della fe-sta dei forestali di quest’anno, e non è certo un caso che san gualberto, patrono dei fore-

stali, sia stato celebrato quest’anno in valle di cembra, presso il rifugio potzmauer, dove cinque comuni hanno dato vita alla prima delle attuali tre reti di riserve trentine. come nuovo sistema di gestione dei valori ambientali del territorio, le reti di riserve vanno oggi consi-derate come carte da giocare negli scenari di sviluppo sostenibile che puntano sulla qualità, sulla tipicità del territorio e delle produzioni. ma la loro salvaguardia, in un momento in cui stia-mo assistendo, come ha affermato il presiden-te della provincia autonoma lorenzo Dellai, al “tentativo di svuotamento del nostro statuto di autonomia, della nostra stessa identità e di un modello alpino che sta dentro il nostro Dna”, è anche un valore che si inserisce pienamente dentro la battaglia a difesa dell’autonomia.Alla rete di riserve dell’Avisio i comuni di grumes, grauno, faver, valda e capriana ci credono. “ci sentiamo al centro di un proget-to che libera energie positive” dice il sindaco di grumes simone santuari. un progetto che interpreta un nuovo approccio alla tutela della natura frutto di un’intuizione della legge pro-vinciale 11/2007: “le reti di riserve - spiega claudio ferrari, dirigente dell’incarico per la valorizzazione delle aree protette - recepi-scono insieme l’approccio gestionale in rete

e l’ambizioso, nuovo obiettivo dell’integrazio-ne delle politiche di conservazione con quelle economiche, agricoltura e turismo in primis”. ma biodiversità e sviluppo, conservazione e valorizzazione diventano fra loro compatibili - sottolinea innocenzo coppola, dirigente del servizio conservazione della natura e valoriz-zazione ambientale - “solo se ci si muove nella direzione giusta e con il necessario equilibrio”.centrale, tra gli interventi alla festa dei forestali, quello del comandante del corpo forestale tren-tino e dirigente generale del “nuovo” Dipartimen-to territorio, ambiente e foreste romano masè, che ha sottolineato in particolare l’approccio dei forestali nella tutela del patrimonio forestale, ambientale e faunistico, fatto di “rigore ed equi-librio” ed ha auspicato la crescita di una cultura ambientale fondata sulla responsabilità. ringraziando i forestali per il lavoro svolto, Dellai - intervenuto alla giornata con gli asses-sori mellarini e panizza - ha rivolto loro l’invito ad esercitare le loro funzioni di controllo con il buon senso ed in piena sinergia con tutti gli altri apparati di controllo. “siamo al servizio dei cittadini e delle imprese anche quando eser-citiamo funzioni di controllo e sanzioniamo” ha detto Dellai, “bisogna che i cittadini e le im-

prese sentano che anche là dove si esercita il controllo l’amministrazione è al servizio, non è né sopra né contro”.“stiamo andando verso la piena applicazione della legge 11 - ha poi proseguito il presiden-te: l’aspetto della tutela, della salvaguardia e della promozione ai fini dello sviluppo sono legati all’interno di una visione antica, feconda e positiva del rapporto tra uomo e risorse. Do-vremo lavorare così anche in futuro, abbiamo fatto anche certamente errori e sottovalutazio-ni, però possiamo dire che comunque le scelte fondamentali sono state giuste e corrette e che abbiamo un grande patrimonio. conserviamo-lo e trasformiamolo in un elemento di vera competitività”.“Anche noi - ha concluso Dellai, toccando il tema della difesa dell’autonomia - difendiamo la nostra biodiversità culturale e istituzionale, che non vogliamo sia cancellata”.

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“Tuteliamo la nostra biodiversità istituzionale e culturale”

AttuALItà

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I l comune di transacqua, nel primie-ro, è situato in un contesto ambienta-le contornato armoniosamente dallo splendido gruppo dolomitico delle pale di s. martino. la rosa sembra

appartenere a questo territorio da tempi estre-mamente lontani, tanto da sconfinare nella leg-genda. re laurino, il regnante nano delle leg-gende dei monti pallidi, aveva perso il proprio regno a causa della sua passione per le rose, ed è proprio con l’enrosadira, il magico tramon-to sulle Dolomiti, il momento in cui le rose di re Laurino diventano ancora visibili a tutti. Un fiore perfetto e semplice che si trova spesso raffigu-rato sulle case, sulle insegne, e persino sulla facciata della chiesa arcipretale della madonna dell’Assunta di fiera di primiero. sulle alpi sono presenti spontaneamente più di 20 specie di rose botaniche diverse. Questo fiore nelle sue numerose varianti ha da sem-pre attirato l’interesse dell’uomo. Della rosa affascina sia la forma, i colori che i profumi inebrianti che essa esprime in infinite tonalità. Questo fiore si presta ad essere utilizzato per molteplici impieghi ornamentali, e le ultime va-rietà ottenute, oltre che belle, sono anche par-ticolarmente resistenti alle malattie.il comune di transacqua, nella persona di marino simoni, ha voluto puntare su questo fiore utilizzandolo copiosamente in tutte le sue aiuole e rotatorie. sono stati utilizzati rosai di diverse varietà, per i giardini di piazza monsi-gnor tissot, per i giardini di piazza s. marco e per il giardino delle rose in clarofonte. tutte le piante sono state scelte nel catalogo della ditta tedesca tantau, una delle più grandi e presti-giose al mondo in questo specifico settore. Le rose tantau si sono dimostrate particolarmen-te resistenti agli ambienti di montagna; inoltre si sono fatte apprezzare da subito per la loro

originale bellezza abbinata ad una delicata profumazione e per la rifiorenza che hanno di-mostrato. I roseti hanno continuato a fiorire per tutto il periodo estivo attirando cosi la curiosità e l’ammirazione dei numerosi turisti presenti.Per dare il meglio di sé, la rosa deve essere coltivata in modo opportuno; non è pianta par-ticolarmente esigente, ma certe tecniche di coltivazione vanno attuate scrupolosamente e, in modo particolare, in determinati ambiti climatici. tutto questo ha portato il comune di transacqua e l’Assessorato all’agricoltura, foreste, turismo e promozione della provincia autonoma di trento, a promuovere un conve-gno, il 15 settembre scorso presso l’Audito-rium intercomunale di fiera di primiero, dedi-cato proprio all’utilizzo della rosa in ambienti di montagna. il convegno si è articolato in una mattinata di relazioni - che hanno vagliato tut-te le problematiche legate alla coltivazione di questo bellissimo fiore - e in un pomeriggio “pratico”, che ha dato l’opportunità di visitare i giardini con la presenza sul posto d’esperti pronti a rispondere a qualsiasi quesito inerente alla coltivazione della rosa. non si può dimen-ticare il contributo offerto dai fioristi trentini, che sono riusciti a trasformare il grande audi-torium in un vero tripudio di rose.Il convegno è riuscito ad aprire il Trentino flo-ricolo a nuove ed interessantissime collabora-zioni che saranno ora seguite e sviluppate con solerzia ed attenzione. un trentino turistico che, oltre alla scontata bellezza offerta dagli ambienti naturali, dovrà sempre più investire anche nella cura estetica dei propri territori. Proprio a questo fine la rosa si sta dimostran-do come uno dei fiori maggiormente adatti, ed il comune di transacqua ha interpretato, nei confronti di questo fiore, un ruolo coraggiosa-mente pionieristico.

A Transacqua un convegno dedicato al fiore di Re Laurino

tt 04 set-ott 2012 | anno lvii FLoRICoLtuRA | ATTUALITà

RoSe di montagna

Umberto Viola

IL gIARDINo DeLLA RoSA A RoNZoNela rosa e la mela sono parenti stretti: ambedue appartengono alla famiglia delle rosaceae. non è dunque un caso che nella valle dove il melo costituisce l’ossatura economica e il benessere dei suoi abitanti, sia nato un altro giardino fiorito che può essere fonte di un altro benessere, quello dell’anima. A oltre mille metri d’altezza, dove lo sguardo può spaziare in libertà su panorami d’eccezione, “il giardino della rosa” di ronzone, in alta val di non - con le sue oltre 2.500 rose provenienti in gran parte dalla famosa collezione David Austin (vivaio fra i più rinomati del mon-do con sede in inghilterra), conduce il visitatore in un incanto di profumi, colori e suggestioni. un cuore verde pulsante, quello del parco della rosa, che d’estate diventa affascinante location per ap-puntamenti culturali, artistici e musicali. un luogo dove è possibile degustare e comprare prodotti dell’orto e della valle a chilometri zero.inaugurato nel giugno scorso, il giardi-no - progettato dal botanico francesco Dicembrini, sostenuto con entusiasmo dall’amministrazione comunale di ronzone e magistralmente realizzato non da giardinieri professionisti ma dai lavoratori del Progettone e nello specifi-co dalle cooperative di lavoro multiser-vizi (mezzocorona), rabbiese (rabbi) e spazio verde (trento) - ospita 450 varietà di rose, oltre 4000 varietà di er-bacee perenni, 400 vialetti, 1.550 metri di passeggiata possibile, 32 aiuole con la storia della rosa: una tessitura adatta sia al visitatore generico, sia a quello esperto. non solo un giardino, ma un laboratorio, luogo e meta di studio. Qui troveranno dimora, tra l’altro, anche i 40 tipi di rose indigene delle Alpi. il giardino si può visitare tutti i giorni da giugno a ottobre dalle 10 alle 19. l’ingres-so è a pagamento, adulto 3 euro, biglietti specifici per gruppi familiariweb: www.giardinodellarosa.itmail: [email protected]

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R overeto è tornata ad essere la capitale trentina del biologico. Domenica 7 ottobre la collauda-ta cornice naturale dell’Azienda agricola sperimentale dell’istitu-

to Agrario di san michele all’Adige, in località navicello di rovereto, ha ospitato ancora una volta, e siamo alla quarta edizione, “natural-mente_Bio!”, la festa provinciale del biologico trentino ideata e promossa da AtABio - Asso-ciazione trentina Agricoltura Biologica e Bio-dinamica, assieme alla provincia autonoma di trento, al comune di rovereto e alla fonda-zione edmund mach. la festa si è aperta con la “piazza dei Bio-sa-pori” animata dalle bancarelle dei produttori biologici e biodinamici trentini; altro punto di aggregazione, dedicato alla divulgazione, la “piazza dei Bio-saperi”, contraddistinta dagli stand degli enti e delle associazioni che si oc-cupano di formazione e informazione riguardo i temi dell’ambiente, della biodiversità, della sa-lute, dell’alimentazione, del gusto, del consumo critico e responsabile, del commercio equo e solidale, della finanza etica. Presso il “Bio-Ri-storo” si sono potuti gustare i piatti e i dolci della cucina biologica, affidati quest’anno agli allievi

del quarto anno dell’istituto alberghiero di ro-vereto, ed il succo di mela biologico prodotto sul posto dagli studenti dell’area professionale del centro istruzione e formazione di san michele.Ad animare la festa anche una serie di atti-vità dedicate a bambini e adulti. Ad attirare i più piccoli, in particolare, sono stati gli animali della fattoria didattica “Basto Bio”, l’auto-pro-duzione di pasticcini biologici, il laboratorio sul riciclo, mentre gli adulti potranno misurarsi nel laboratorio di cucina bio-equosolidale con un modo diverso, fantasioso e sano per cucina-re cereali, legumi, frutta e verdure, come pure riscoprire le antiche ricette a base di sali aro-matici biologici.

“moNDo CoNtADINo”replica a Roncone

Agricoltura, tradizioni e sapori di montagna sono tornati protago-nisti, dal 22 al 26 settembre scor-so, a roncone in valle del chie-se. per il secondo anno “mondo

contadino” si è dimostrato l’appuntamento ideale per promuovere e valorizzare la valle del chiese, il suo territorio, le tradizioni e le produzioni locali. cuore del festival dell’eno-gastronomia rurale il villaggio delle casette di legno allestite nei pressi del lago di roncone, suggestivi punti degustativi dei prodotti tipici locali. ma il festival ha coinvolto i visitatori, in particolare le famiglie, anche in laboratori di-dattici su feltro, cortecce degli alberi, erbe offi-cinali, la caserada. per gli amanti del formag-gio degustazioni speciali di formaggi di malga e spressa Dop. turisti presi per la gola? non solo: la valle del chiese è il luogo ideale per “ritrovare il proprio tempo”, come suggerisce il consorzio turistico valle del chiese.

VAL DI gReStA, moStRA meRCAto deI ProdottI bIoÈ in corso dal 22 settembre 2012 e durerà fino al 14 ottobre la 42° mostra mercato degli ortag-gi biologici e da produzione integrata della val di Gresta. Nei fine settimana un ampio venta-glio di proposte ricreative e di contatti ravvici-nati con la variegata realtà (non solo ortaggi) della valle. presso il consorzio ortofrutticolo di ronzo chienis è aperto un punto vendita di or-taggi per l’80% biologici. il consorzio propone anche quest’anno l’acquisto su prenotazione della biocesta, una confezione di ortaggi del peso netto di 6.5-7 kg.

eCoFIeRA DI moNtAgNA Dal 5 al 7 ottobre 2012 si è rinnovato, a tione, l’appuntamento con Ecofiera di Montagna, il più importante ed attesissimo evento fieristico giudicariese d’autunno, dedicato all’economia di montagna ed allo sviluppo sostenibile nelle aree montane. la manifestazione giunta alla sua 13° edizione, rappresenta un’importante occasione commerciale e promozionale per chi sa essere protagonista diretto sul mercato.http://www.ecofiera.net/

Pezzata moCHena In esPosIzIoneDomenica 7 ottobre si è tenuta a centrale di Bedollo, presso il campo sportivo, la 6ª espo-sizione della capra pezzata mochena, pro-mossa dalla Associazione Allevatori capra pezzata mochena. la manifestazione, con vendita e acquisto di animali, inizierà di prima mattina con il raduno dei capi nell’area esposi-tiva, seguirà la valutazione dei soggetti, quindi la sfilata nell’arena dei migliori capi e, alle ore 14, la premiazione dei campioni delle catego-rie “becchi”, “capra adulta con corna” e “capra adulta senza corna”.info: 349 3911803.

FeSte DeLLA CAStAgNA…ottobre, mese delle castagne e delle feste a loro dedicate. A pergine dal 10 al 14 ottobre “fatti cogliere in castagna”; il 20 e 21 ottobre doppio appuntamento a centa san nicolò con la “festa della castagna della valle di centa” ed a castione di Brentonico con la “festa della castagna di ca-stione”; il 27 e 28 ottobre “festa della castagna anche a roncegno terme. www.visitvalsugana.it – www.marronicastione.it

…e della PatataA campo lomaso, “culla” della patata trentina, la quinta edizione, dal 26 al 28 ottobre, della “festa della patata” con incontri-degustazioni a numero chiuso. www.visitacomano.it

Agendaverde

LegISLAZIoNe

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grandIne In vallagarIna: gLI AIutI AI VItICoLtoRI

la giunta provinciale, su indicazione del-l’assessore all’agricoltura, foreste, turismo e promozione, tiziano mellarini, ha approvato il 3 agosto scorso alcune misure straordina-rie per dare risposte ai viticoltori danneggiati dalle forti grandinate che si sono abbattute il 20 luglio sui vigneti della vallagarina, cau-sando una perdita di prodotto compresa fra 25.000 e 30.000 quintali di uva, compromet-tendo fortemente anche il raccolto 2013. per i vigneti fortemente danneggiati è prevista l’estirpazione con relativa sostituzione, met-tendo a disposizione i finanziamenti previsti dalle normative vigenti”. i comuni colpiti sono stati quelli di castel-lano, pedersano, savignano, nogaredo, nomi, villalagarina, calliano, Besenello e volano. nelle zone più colpite (e si tratta di ben 100-120 ettari) il danno alla produzio-ne per il 2012 è del 100%: le viti sono state completamente defogliate, i tralci decorticati e i grappoli irrimediabilmente compromessi.

A nche quest’anno in diverse località trentine si è festeggiata un’antica tradizione: il rientro del bestiame dai

pascoli in quota. in tale occasione il presiden-te Dellai ha voluto esprimere a nome di tutti i trentini un messaggio di gratitudine e di inco-raggiamento verso tutte quelle persone che lavorano nella attività dell’alpeggio e gli alle-vatori che seguono questa forma tradizionale di zootecnia. Quella dell’alpeggio è un’attività emblematica a salvaguardia di molti aspetti di fondamentale importanza per il trentino. “in-nanzitutto - afferma Dellai - la cultura tradizio-nale che si mescola con i valori civili antichi di solidarietà e di comunità. in secondo luogo, il valore della gestione del territorio, che se non è abitato e vissuto degrada verso l’abbando-no. in terzo luogo, il modello economico della zootecnia. Andiamo verso il superamento in europa delle quote latte. ognuno potrà pro-

durre quanto vorrà. Ciò significa che, dopo il 2015, si avrà una produzione di latte da parte delle grandi stalle di pianura a prezzi decisa-mente insostenibili per le aziende alpine. se non si mantiene una zootecnia legata al ter-ritorio non ci sarà futuro per le nostre realtà di montagna. e se cosi sarà, anche il nostro turismo si impoverirà e si scoprirà standardiz-zato e debole. Dobbiamo dunque rafforzare le produzione tipiche, legate ad una zootec-nia di montagna, operando per far riconosce-re questa peculiarità dai consumatori. solo così saremo in grado di assicurare ai nostri allevatori una remunerazione del loro lavo-ro compatibile con i costi della produzione in contesti oggettivamente più difficili come quelli d’altura. Ecco perché in questo momen-to tutti devono dire grazie al coraggioso popo-lo dell’alpeggio. un grazie sincero e convinto che le istituzioni pubbliche devono continua-

re a tradurre in politiche coerenti e i cittadini saper trasferire in atteggiamenti consapevoli e responsabili al momento dell’acquisto. un euro in più per comprare prodotti della nostra montagna, in primis il latte e i suoi derivati ma anche la carne, la frutta, il miele e via dicendo, è un euro investito nel benessere e nel futuro di tutti noi e dei nostri figli”.

un euro in più per i nostri prodotti

firmato provincia

nelle aree della vallagarina danneggiate in modo totale, la fondazione mach ha consigliato ai viticoltori che già avevano intenzione di rinnovare il vigneto, di estir-parlo e sostituirlo completamente nella pri-mavera 2013.nelle stesse zone colpite dalla grandine in modo meno intenso, per circa 150-170 et-tari il danno si attesta su valori che variano fra il 40% e l’80%, mentre per ulteriori 150-170 ettari il danno è fra il 10% e il 40%. in questo caso è in parte compromessa la produzione del 2012, ma è comunque ga-rantita quella del 2013.tra le cantine più colpite vi sono la vivallis e la consociata cantina di nomi, a cui si stima possa mancare tra il 15 e il 20% della pro-duzione. Il danno si riflette sui costi fissi e, a cascata, sui territori e sui soci, anche quelli non colpiti direttamente dalla grandinata. Di qui la decisione della giunta provinciale di attivare attraverso il codipra di trento una assicurazione agevolata.

ProCedImentI ammInIstratIvI I temPI sI aCCorCIanotra i 57 procedimenti amministrativi per i quali la giunta provinciale ha ridotto i termini massimi di conclusione, 15 riguardano il set-tore agricoltura: in particolare le procedure riferite a bandi dove è stato ridotto, se possi-bile, da 180 giorni a 90 giorni il termine mas-simo di conclusione del procedimento e, lad-dove individuata in modo autonomo rispetto alla fase di concessione del contributo, ridu-

cendo da 45 a 30 giorni il termine massimo per l’approvazione della graduatoria. Da 120 a 90 giorni è stato ridotto il termine per le iscrizioni all’ApiA, per il riconoscimento delle strade del vino e dei sapori, per il riconosci-mento degli acquirenti di latte vaccino e per quello delle associazioni di produttori agrico-li. ridotto anche il numero dei procedimen-ti mediante regolazione uniforme di quelli che si riferiscono alla medesima attività ed eliminando fasi procedimentali attualmente previste. un esempio: dove non richiesto dalla normativa comunitaria, l’effettuazione dei sopralluoghi e delle verifiche in loco sarà fatta esclusivamente a campione.

lP 4/2003: la gradUatorIa DeLLe DomANDeil 28 agosto 2012 l’Assessorato provincia-le all’agricoltura ha stabilito le graduatorie delle domande presentate entro il 28 luglio di quest’anno relative ad articoli della legge provinciale n. 4 del 2003. le domande di contributo per investimenti zootecnici pre-sentate da allevatori singoli erano 25; sono state approvate le prime 15. Quelle relative a impianti di frigoconservazione erano 5; sono state approvate le prime 3. Quelle relative alla riconversione di impianti di irrigazione erano 44; sono state approvate le prime 8. Quelle riguardanti la viabilità rurale erano 16; sono state approvate tutte. l’avvenuta approvazione, peraltro già notificata ai sog-getti interessati, dà il via libera all’inizio dei lavori.

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Il Piano Vino approvato dalla giunta provinciale il 3 agosto scorso. Il Consorzio Tutela unico soggetto rappresentativo del settore. L’importanza del ruolo della Fondazione Mach.

IL VINo tReNtINo? “DI moNtAgNA”, AutoCtoNo e SoSteNIBILe

L a campagna vendemmiale 2012, ancorchè guastata in al-cune zone viticole dalle grandi-nate di metà luglio, si annuncia “storica”. non stiamo parlando

della qualità delle uve e dei vini che ne derive-ranno ma dell’avvio di un nuovo corso, di una nuova stagione per il settore vitivinicolo tren-tino, sul cui “rilancio” si discute da tempo. la giunta provinciale ha infatti approvato il 3 ago-sto scorso, su proposta dell’assessore all’agri-coltura, foreste, turismo e promozione tiziano mellarini, il “piano operativo per lo sviluppo e la promozione del settore vitivinicolo trentino”. un documento atteso, frutto di una serie di ap-

porti e confronti allargati a tutte le componenti del settore, i cui esiti hanno portato, come si ricorderà, prima al cosiddetto “Documento dei 4 saggi” e poi ai documenti delle due commis-sioni “produzione” e “promozione” direttamen-te incaricate dalla giunta provinciale. un piano che trova premessa, da ultimo, nel protocollo d’intesa sulle proposte di rilancio del settore firmato il 18 maggio scorso dall’as-sessore all’agricoltura, foreste, turismo e pro-mozione tiziano mellarini e dai presidenti del consorzio tutela vini del trentino, federazio-ne trentina della cooperazione, Associazione vignaioli trentini, Associazione vitivinicoli del trentino.

“finalmente le diverse realtà del settore vitivi-nicolo trentino - questo il commento di mellari-ni dopo l’approvazione in giunta - sono nella condizione di fare squadra, acquisendo una più forte visibilità sui mercati, che è poi quella che spetta ad un comparto che valorizza ad un tempo produzioni, ambiente, paesaggio. in questo modo la viticoltura trentina potrà espri-mersi in maniera compiuta e organica, esal-tando le sue peculiarità. il continuo distinguo fra una realtà e l’altra in passato ha nuociuto al settore e ha avvantaggiato altri soggetti e altri sistemi territoriali. grazie all’apporto prezioso di un soggetto come la fondazione mach pos-siamo ora avviare una fase nuova.”

Corrado Zanetti

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Quale “carattere” dovrà mostrare la viticoltura trentina? Quello di una viticoltura “di monta-gna” e/o “alpina”, e al tempo stesso dichiara-tamente sostenibile. sarà questa l’etichetta, il marchio identitario, che si vuole distingua sui mercati interno e internazionali i vini del trentino da quelli di ogni altra zona. vini au-toctoni, diversi perchè nati da vigneti coltivati in quota, che affondano le radici in terreni “dif-ficili”, ognuno dei quali vocato per esaltare le peculiari caratteristiche di una varietà piuttosto che un’altra, accarezzati da profili climatici par-ticolari, lavorati con passione da viticoltori per i quali è prezioso un singolo acino d’uva. È dunque arrivato il tempo, dopo averne tanto

parlato, di passare dalle parole ai fatti, di entrare insomma nella “fase operativa”, come si legge nella delibera approvata il 3 agosto dalla giunta provinciale, che sull’intera partita del rilancio del-la viticoltura trentina vuole mantenere e manter-rà un ruolo di complessiva regia. una strategia che dovrà svilupparsi puntando a quattro obiet-tivi: il miglioramento della qualità sia intrinseca che percepita del vino trentino; la creazione di uno specifico marchio legato alla sostenibilità delle produzioni; la responsabilizzazione dei produttori nella fase di promozione attraverso l’individuazione del consorzio tutela vini del trentino quale soggetto rappresentativo del settore, nonchè in trentino marketing spa qua-le unico interlocutore istituzionale e soggetto deputato all’accompagnamento del consorzio stesso; lo sviluppo di idonee sinergie tra produ-zione e commercializzazione, sia all’interno del settore agricolo che al di fuori dello stesso.ma ecco le azioni previste nel piano vino.

1. la fondazione edmund mach - istituto Agrario di s .michele a/A (f.e.m.) attiverà una specifica area di attività dedicata all’enologia applicata con i seguenti compiti: • sviluppare centri di analisi-valorizzazione per i vitigni autoctoni e/o distintivi in accordo con il consorzio tutela vini del trentino e le categorie vitivinicole, nelle rispettive zone di

produzione, al fine di favorire le imprese nella comunicazione della propria identità nell’interesse dell’intero territorio; • mettere a disposizione del settore vitivinico-

lo enologi qualificati allo scopo di fornire va-lutazioni organolettiche dei vini monitorati;

• puntare ad una tipicità riconosciuta dei vini autoctoni e/o distintivi;

• promuovere, d’intesa con il consorzio tu-tela vini del trentino, concorsi enologici per i vitigni autoctoni e/o distintivi;

• fornire soluzioni e risposte operative a pro-blematiche di ordine enologico rappresen-tate dal consorzio e dai produttori di vino;

• diffondere, attraverso specifici momenti formativi, cultura d’impresa e di marketing per gli operatori del settore vitivinicolo;

2. la f.e.m., in accordo con il consorzio tutela vini del trentino, promuoverà un percorso operativo per la diffusione della sostenibilità mediante: • la caratterizzazione del territorio trentino attraverso un monitoraggio permanente sulle vocazionalità viticole; • lo studio delle forme di allevamento e dei metodi di produzione nonché la ricerca delle varietà idonee nelle diverse zone; • la diffusione di metodi di coltivazione sostenibili, anche grazie al protocollo d’intesa per la difesa integrata in viticoltura sottoscritto dai produttori vitivinicoli, sotto la regia del consorzio; • la possibilità di tutelare con un marchio le produzioni sostenibili; 3. il consorzio tutela vini del trentino sarà il soggetto rappresentativo per lo sviluppo dell’attività di promozione istituzionale della vitivinicoltura trentina ancorata ai valori cardine del territorio provinciale quali sostenibilità, identità alpina ed affidabilità;4. Azione di supporto, per il tempo necessario, di trentino marketing spA al consorzio, individuando la società quale unico interlocutore istituzionale per lo sviluppo dell’attività di promozione; 5. individuazione e promozione di “reti di impresa” quale strumento strategico per favorire sinergie tra produttori sia nella fase produttiva che di trasformazione e commercializzazione. A tal fine la Provincia si impegna a sostenerne la diffusione, se necessario procedendo alle opportune modifiche normative; 6. Modifica (con un provvedimento che la giunta adotterà in un momento successivo) delle Disposizioni attuative della misura di ristrutturazione e riconversione dei vigneti, inserita nel programma nazionale di sostegno di cui al regolamento (ce) n. 479/2008, per le campagne viticole dal 2008/2009 al 2012/2013, con l’obiettivo di rafforzare l’impianto di varietà autoctone e/o distintive a partire dalla prossima campagna viticola.

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l’assessore tiziano mellarini

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Quanto sono eRoICI?

L ’utilizzo di terrazzamenti e gradoni in agricoltura è dif-fuso in tutto il mondo. Ha lo scopo di preservare il suolo dall’erosione causata dal

vento a dall’acqua, mantenendo nel tem-po l’equilibrio tra le attività umane e la tendenza naturale al rimboschimento. nelle zone collinari e montane, la co-struzione di questi elementi di sostegno ha plasmato il paesaggio creando dei territori di straordinaria bellezza interna-zionalmente riconosciuti come patrimoni dell’umanità da salvaguardare. D’altro canto, i territori agricoli di questo tipo sono estremamente fragili, la mecca-nizzazione è molto difficile, le rese sono solitamente basse e i costi di gestione più alti rispetto ai fondovalle, il che comporta un alto tasso di abbandono delle attività agricole. la viticoltura di montagna, laddove possi-bile, ha rappresentato e rappresenta una fondamentale integrazione del reddito de-gli agricoltori, diventando talvolta la prin-cipale voce di reddito. i vini di montagna sono considerati vini “di nicchia”, e la loro connotazione territoriale rappresenta un fortissimo vettore per il marketing. ciò che rende particolari i vini di monta-gna è la loro diversità: ognuno racconta la storia di territori peculiari ed ogni vino rappresenta l’adattamento delle pratiche agronomiche ai diversi microclimi e ai di-versi suoli, con la eccezionale variabilità tipica delle zone di montagna, sui quali eccellono particolari varietà di vite talvol-ta rare ed autoctone.l’apertura di nuovi mercati all’inizio degli anni novanta e la seguente globalizzazio-ne hanno messo sotto pressione il mer-cato del vino ed ancor più la già fragile

nuovi strumenti per la valorizzazione del lavoro dei viticoltori di montagna

esistenza della viticoltura di montagna. la domanda che ci si pone è: la viticoltura di montagna è oggi un’attività sostenibile e può garantire reddito alle generazioni future senza intaccare il patrimonio terri-toriale dal quale essa trae origine? per dare una risposta compiuta occorre disporre di regole precise per identificare questo tipo di viticoltura. il centro di ricer-che, studi e valorizzazione per la viticol-tura montana (cervim) ha dato i criteri morfologico-paesaggistici per l’identifica-zione della zone di viticoltura eroica: pen-denza del terreno superiore a 30%; altitu-dine superiore ai 500 metri s.l.m.; sistemi viticoli su terrazze e gradoni; viticoltura delle piccole isole. l’associazione cervim, negli scorsi anni ha censito le zone europee di viticoltura di montagna e raccoglie adesioni di istitu-zioni che supportano la viticoltura di mon-tagna, come ad esempio la fondazione mach e la provincia Autonoma di trento ed i produttori viticoli “eroici”: quelli tren-tini sono l’Azienda Agricola fellin marco di revò, la cantina sociale di Aldeno, la cantina lasterosse di romallo, l’Azienda Agricola Borgo dei posseri di Ala e maso michei di ronchi di Ala. Analogamente al trentino, il cervim ha censito numerose zone viticolture di montagna in Austria, francia, germania, italia, portogallo, spagna e svizzera creando, di fatto, una piattaforma comune di ricerca per la ca-ratterizzazione e quindi la salvaguardia ed il sostegno delle viticolture eroiche.Dal 7 Aprile 2011 cervim è diventato ufficialmente un marchio registrato per promuovere territori vitivinicoli eroici, i prodotti e le iniziative per la promozio-ne della viticoltura in forte pendenza. in questa cornice, il nostro gruppo di lavo-

Fabio Zottele*, Daniele Andreis*, Etienne Delay*** Fondazione Edmund Mach, Centro di Trasferimento Tecnologico,

Sistema Informativo Geografico.** Laboratoire GEOLAB UMR 6042 CNRS Université Limoges

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ro ha deciso di mettere a punto una serie di strumenti, basati su sistemi di analisi della morfologia del terreno e del paesag-gio, per l’identificazione automatica delle superfici vitate che rispondessero alle ca-ratteristiche di eroicità. con l’uso di basi di dati georeferenziate come il modello digitale del terreno e le ortofoto digitali, i criteri dettati da cervim, analisi di tipo geostatistico ed algoritmi di intepretazio-ne della frammentazione del paesaggio, si sono ottenute delle mappe di “poten-ziale eroicità”. il sistema è stato validato su due territori di agricoltura eroica: una zona della val di cembra in trentino, tra l’abitato di ceola di giovo e lisignago e Banyuls sur mer sui pirenei francesi. i risultati ottenuti mostra-no come sia possibile dotarsi di strumenti informatici per discriminare le zone “eroi-che” da quelle che non soddisfano i cri-teri cervim all’interno della stessa zona geografica con una caratterizzazione che può raggiungere la scala del singolo ap-pezzamento, in funzione della risoluzione spaziale delle basi dati di partenza. Dopo questa prima fase di sviluppo dello strumento si potrà creare, in collaborazio-ne con cervim, un database di mappe (geodatabase) della viticoltura eroica “europea” contenente mappe delle zone eroiche: grazie a questi strumenti ogni so-cio di cervim, e ogni zona di viticoltura di montagna, potrebbe redarre il proprio geodatabase. ognuno di questi conflui-rebbe nel database cervim per delinea-re la situazione aggiornata della viticoltu-ra eroica europea.

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Dal punto di vista della promozione del vino e del territorio abbiamo pensato ad un sistema che possa raggiungere il con-sumatore nel momento dell’acquisto della bottiglia. il primo passo è stato quello di mettere a punto un webgis: un sistema di consultazione online delle mappe di eroi-cità, associando alle differenti aree un differente codice Qr. il produttore potreb-be stampare sull’etichetta della bottiglia il codice che corrisponde alla sua zona di produzione ed il consumatore, nel mo-mento in cui sceglie una bottiglia tra quel-le esposte in un punto vendita, utilizzare uno smartphone per ricevere tutte le infor-mazioni riguardo il luogo di provenienza della bottiglia. Anche se questa tecnologia esiste da tempo, l’innovazione sta nell’utilizzo del webgis che fornisce al consumato-re non solo le informazioni sul vino, ma tutte le informazioni legate al territorio di provenienza, dove si pone quella bot-tiglia sulla mappa dell’eroicità e la spie-gazione del perché quel vino è “eroico” e perché lo stesso vino, ma di un’altra zona, non lo è. negli anni, infatti, si sta assistendo ad una sempre maggiore volontà di consa-pevolezza del consumatore nei confronti non solo del vino, ma del territorio di pro-venienza, della peculiarità di quel prodot-to rispetto ai prodotti simili e ad un’atten-zione sempre maggiore alla sostenibilità dalla produzione viticola rispetto all’am-biente.giunti a questo punto, però, sarebbe pos-sibile aumentare il grado di dettaglio delle mappe di eroicità dei vigneti. la “difficol-tà” della viticoltura riguarda non solo le caratteristiche morfologiche del terreno, ma anche fattori “umani” quali il costo delle (poche) meccanizzazioni possibili, la difficoltà ad accedere ai fondi attraver-so le strade poderali, la possibilità per il viticoltore di “espandersi” aumentando la superficie coltivata bilanciando il grado di eroicità dei propri vigneti, la vulnerabilità delle microzone montane ad eventi me-teorici estremi (gelate primaverili, colpi di calore...). lavorando per gradi e racco-gliendo i dati necessari sarebbe possibile proporre strumenti per redarre mappe dei “differenti gradi di eroicità” all’interno del-le singole macro-zone di viticoltura “eroi-ca”. strumenti di questo tipo potrebbero rivelarsi preziosi per indirizzare i contri-buiti economici della pAc verso quei viti-coltori che lavorano nelle zone più svan-taggiate. la viticoltura di montagna, però, non deve essere percepita solamente come

uno “svantaggio”: negli ultimi anni, a li-vello europeo, sta tornando l’interesse per la coltivazione dei vigneti in quota. A causa del mutamento climatico in atto, alcune zone storicamente “vocate” per un certo vino stanno assistendo ad un anticipo della maturazione dell’uva e del contenuto zuccherino negli acini. molti viticoltori stanno innalzando il limite dei vigneti più alti, e vitigni tipicamente di cli-ma fresco stanno risalendo i pendii, per assicurare la combinazione di caratteri-stiche organolettiche che deriva dal cli-ma di montagna. nel nostro lavoro, sottolineiamo l’im-portanza degli strumenti free e open source per tutta la filiera informatica: formato dei dati, software per le analisi

gis e statistiche, linguaggi di program-mazione, piattaforme di condivisione del codice e di gestione delle banche dati. siamo convinti che ciò permette: una ri-duzione dei costi di gestione del sistema nel lungo periodo, la creazione di com-petenze per l’utilizzo di questi strumenti, la creazione di una “piattaforma comune europea” per discutere di metodi e idee per l’affinamento dei criteri di “eroicità” esistenti. A nostro vedere la scommessa per la va-lorizzazione della viticoltura eroica passa attraverso due forze contrapposte: una forza centripeta nella quale le varie viti-colture di montagna si riconoscono tra di loro, si mettono in rete, condividono ciò che le accomuna e si dotano di strumenti

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I i progetto di recupero agricolo e ambientale dell’area collinare del-la destra Adige, voluto e realizzato su delega della provincia autono-ma di trento dai cinque comuni di

nomi, pomarolo, villa lagarina, nogaredo e isera, ha l’intento di conservare, recuperare e valorizzare un territorio che ha visto un pro-gressivo abbandono dell’attività agricola per l’acclività e la difficoltà di collegamento delle aree oggetto di intervento. Questa tenden-za all’abbandono ha comportato, negli anni, la scomparsa e il degrado di manufatti quali strade poderali, muri di sostegno, casotti ru-rali tradizionali e relative colture agrarie, che hanno particolare valore testimoniale e cultu-rale nonché sono elemento identitario ricono-sciuto in tutta la vallagarina.se ne è parlato il 25 agosto scorso in un con-vegno a castellano dedicato al recupero e valorizzazione dei muri a secco e terrazza-menti. Dopo il saluto del sindaco Alessio ma-nica e l’intervento dell’assessore provinciale all’urbanistica, enti locali e personale mauro gilmozzi, si sono susseguiti una serie di in-terventi di esperti. Il filo conduttore l’ha tenuto massimo De marchi, docente dell’università di Padova, nonché esperto di Agenda 21.l’obiettivo del convegno è stato quello di porre il progetto a confronto con altre realtà similari presenti in tutto il mondo e illustrate da Dona-

Un convegno a castellano

tella murtas, coordinatrice della sezione italiana dell’Alleanza internazionale dei paesi terrazza-ti. maddalena ferretti della riccispaini Architetti Associati srl ha confermato come l’introduzione di elementi innovativi che rendono meno costo-si, in termini di tempo, risorse e manutenzione, il recupero delle aree di versante, non preclude la valorizzazione del paesaggio. Barbara maurina, conservatrice della sezione archeologica del museo civico di rovereto e Andrea postingher, archeologo e collabora-tore del museo civico di rovereto hanno evi-denziato le potenzialità del progetto collinare della destra Adige sia sul piano storico-cultu-rale-archeologico sia rurale-ambientale e so-prattutto di collegamento dei numerosi castel-li presenti sul versante della destra Adige. la proiezione del film-documentario di Michele trentini e marco romano “piccola terra” ha sollecitato ulteriormente la platea per il dibat-tito conclusivo.«interessanti spunti sono emersi dalla serata e importanti elementi sono ora a disposizione dei cinque comuni per fare un ragionamen-to congiunto con tutti i portatori di interesse legati alle opere riconsegnate alla comunità dopo l’attento lavoro di recupero e restauro» afferma soddisfatta romina Baroni, vicesin-daco e assessore all’ambiente di villa lagari-na, tra i protagonisti del progetto di recupero e promotrice del convegno.

Identità e paesaggio NeI muRI A SeCCo e teRRAZZAmeNtI

simili per descrivere la loro “eroicità”; una forza centrifuga che racconta le diversità dei vari vini di montagna, il percorso stori-co che ha portato all’evoluzione di territori e di vini di montagna così peculiari, così diversi. con gli strumenti che proponiamo, il con-sumatore troverà un messaggio corretto di autenticità, gli verrà raccontato il terri-torio e la sua storia e come quella bottiglia di vino si distingua dalle altre. in quest’ot-tica glocale (pensando globalmente ma agendo valorizzando il territorio locale) si riuscirà contemporaneamente ad esal-tare la tipicità e, nel contempo, cogliere le opportunità (e diminuire la pressione) della globalizzazione sulla viticoltura di montagna.

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tReNto il metodo classico nato in montagna

I n occasione della recente torna-ta dell’Accademia italiana della vite e del vino a san michele all’Adige, il 7 luglio scorso, si è affrontata sotto vari aspetti la

spumantistica trentina, con uno spa-zio incentrato sulla storia dello spu-mante metodo classico. un prodotto di qualità, legato al nostro territorio, che può vantare una tradizione consolidata da oltre un secolo. La fine dell’Ottocento è un momento di grande fervore per l’enologia trenti-na, il commercio di vino verso l’impero Austroungarico favorisce lo sviluppo di una moderna enologia, aiutata nel-la sua evoluzione dall’imperial regia scuola di san michele, fondata nel 1874. il suo primo direttore, edmund mach, forte della conoscenza della viticoltura europea, intuì la vocazione viticola della regione ed impresse alla scuola e all’attività di sperimentazione un preciso indirizzo vitienologico, rivol-to alla produzione di vini di qualità.

Luciano Groffenologo della Fondazione Edmund Mach

La storia della spumantistica trentina

Dai primi “insperati” successi di Giulio Ferrari, nel 1902, al boom nella nascita delle case spumantistiche trentine negli anni settanta, il riconoscimento della Doc, la nascita dell’Istituto. Da più di un secolo alla ricerca della qualità, un’eccellenza che ora insegue l’obiettivo di conquistare sui mercati la riconoscibilità che merita.

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presso la scuola nasce la storia della spumanti-stica trentina legata a giulio ferrari, il fondatore dell’omonima maison, l’uomo che a ragione vie-ne considerato il gran maestro della spumanti-stica e del vivaismo trentino ed italiano. ultimata nel 1895 la scuola di san michele, forte dell’aria internazionale in essa respirata, compie dei sog-giorni di studio a montpellier, poi a geisenheim ed infine a Epernay in Champagne.Da lì a poco, accanto all’attività vivaistica (professione del tutto nuova nel panorama viticolo) avvia nel 1902 la produzione di spu-mante con il metodo della rifermentazione in bottiglia, ottenendo ben presto dei successi che egli stesso dichiarò “insperati”, ma con-fermati dalla medaglia d’oro assegnata nel 1906, in occasione dell’esposizione interna-zionale di milano, al suo “champagne ma-ximun sec” (allora si poteva chiamare così, anche se non era prodotto in francia).L’idea fissa della qualità ricercata da Giulio Ferrari in tutti i passaggi dell’intera filiera, aveva dato i suoi frutti e dimostrato la validità del metodo, ma anche la vocazione del vi-gneto trentino a produrre vino base spuman-te con le nuove varietà da poco introdotte, in particolare lo chardonnay. All’epoca non era conosciuto con questo nome, ma con quello di Borgogna gialla e successivamente confuso con il pinot bianco. in ogni caso una nuova strada era stata tracciata e ad oltre un secolo, nonostante tutte le incertezze e diffi-coltà, rimane la via di maggiore successo.Superati gli anni bui dei due conflitti mon-diali, la vitienologia trentina cominciò a riprendersi, la spumantistica con un po’ più di ritardo, solo con gli anni settanta vivrà un momento di forte impulso. giulio ferrari, pur rimanendo legato per l’aspetto consulenziale, nel 1952 cede la propria ditta spumantistica a Bruno lunel-li, un commerciante di vino, che intravvide la potenzialità dello spumante trentino e si impegnò in un importante investimento. la produzione dalle iniziali 8-10 mila bottiglie crebbe velocemente, arrivando al traguardo

delle 100 mila bottiglie nel 1969. la vocazione del trentino a produrre uve base spumante, le conoscenze che di-ventano patrimonio condiviso e i successi commerciali dello spumantificio Ferrari, fa-voriscono agli inizi degli anni’70 una vera e propria esplosione di ditte spumantistiche (1965 equipe 5, 1970 pisoni, 1973 Abate nero,1974 istituto Agrario di s. michele, 1974 cesarini sforza, 1976 rotari, 1978 poyer e sandri, 1979 c.s. Aldeno, 1980 cavit con il suo primo metodo classico).il trentino con lo spumante metodo classico conquista il primo posto della produzione na-zionale, a metà degli anni ’80 con quasi 1000 ettari investiti a Chardonnay è il più qualifica-to produttore di base spumante in italia ed il quantitativo di bottiglie commercializzate su-pera presto la quota di 3 milioni di pezzi.L’ampia diversificazione climatica caratteristi-ca dell’ambiente trentino si rivela, soprattutto nei vigneti situati ad una certa altitudine, otti-male per la produzione di uve base spuman-te. l’elevata escursione termica garantisce una maturazione più graduale salvaguardan-

do l’acidità e i precursori aromatici delle uve. Aspetto che incentiverà negli anni successivi l’espansione della viticoltura in alta collina e nelle vallate laterali a quella dell’Adige.viene istituito il consorzio spumante trento classico che si impegna al riconoscimento del nome “trento” da abbinare ad una nuova denominazione di origine, che verrà ufficial-mente riconosciuta nel 1993 con il disciplina-re della “Doc trento” riservata agli spumanti prodotti sul territorio provinciale ed elaborati con il metodo della rifermentazione in botti-glia. il consorzio cambia il proprio nome in “istituto trento Doc” successivamente tren-toDoc con marchio registrato nel 2008.la crescita delle bottiglie prodotte prosegue ininterrotta per tutti gli anni ’80, arrivando a su-perare i 6.000.000 di pezzi, vengono attuati im-portanti investimenti con la realizzazione di mo-derni spumantifici, ma agli inizi degli anni’90 la crescita rallenta e si entra in una fase recessiva, il Trentino perde fiducia nella spumantistica, che trova invece entusiasmo in altri territori, nuovi e validi concorrenti si presentano sul mercato del-lo spumante metodo classico italiano.il trentoDoc ritorna protagonista ne-gli anni 2000. oggi le ditte spumantistiche aderenti al consorzio sono 39 ed il numero di bottiglie commercializzate si attesta sui 7 milioni di pezzi, il settore manifesta una certa difficoltà ad incrementare la produzione, ciò principalmente a causa della staticità dei con-sumi di spumante, pari in ambito nazionale ad appena 2,8 bottiglie pro capite (da materiali di lavoro di economia trentina 2011).il trentoDoc deve proseguire sulla stra-da di una rigorosa ricerca della qualità, ab-binata ad una condivisa promozione che ne valorizzi il prestigio ed assicuri al nostro spumante classico la riconoscibilità che me-rita, anche sui mercati esteri. la qualità del trentoDoc si basa sulla vocazione del vigneto trentino, in particolare dei vigneti di montagna a produrre eccellente uva base spumante e sulla professionalità che posso-no esprimere tutti gli operatori della filiera.

giulio ferrari

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L’origine della Piana delle Sarche

F ino al 1400 la Piana delle Sarche, geografi-camente identificata a nord dalla sponda del lago di toblino ed a sud dal paese di pergo-lese e dalla località ponte del gobbo, era una vasta palude acquitrinosa, con affioramenti di

piccole porzioni di bosco e di prato, la cui proprietà non era definita. Nel 1427 una sentenza dell’allora Vescovo, Alessandro di mazovia, ne decretò l’appartenenza alle co-munità di calavino, lasino e madruzzo, le quali, l’anno se-guente, stipularono un “patto di unione” (rimasto in vigore fino al 1767) per la gestione delle proprietà comunali.nel 1541 le tre comunità donarono a giangaudenzio ma-druzzo tutta l’area con l’impegno che la sua potente e ricca famiglia bonificasse la zona e procedesse ad imbrigliare il fiume Sarca, che allora scorreva quasi liberamente dalla forra del limarò invadendo con le sue acque tutta la piana. il malcontento delle comunità portò però solo due anni più tardi ad un ripensamento e, d’accordo con la famiglia ma-druzzo, venne restituita alle comunità tutta la parte est, con confine stabilito nel “Fosso del Remon”, che si trova tuttora all’inizio del paese di ponte oliveti (questo non va confuso con il torrente remon che scorre ad est lungo la collina dal Lago di Toblino fino al Lago di Cavedine). Da questo mo-mento inizia la lenta bonifica di tutta quest’area, ad ovest operata dalla famiglia madruzzo e ad est da parte delle comunità, che periodicamente assegnavano il possesso dei terreni (le cosiddette part) alle varie famiglie contadine attraverso i rotoli (ossia degli elenchi con l’ abbinamento della sort e il relativo conduttore).(Si ringrazia il professor Mariano Borsetti per la collaborazione nel-la stesura di questa scheda storica)

La Piana delle Sarche (foto Roberto Franceschini). Sotto lavorazioni sulla fila.

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L A NASCItA DeLLA CANtINAfino alla metà del secolo scorso buona par-te della piana delle sarche era utilizzata per il pascolo e la produzione di fieno. Nei “Caso-ni”, primo nucleo abitativo di sarche vivevano,

ognuna con la propria stalla, circa 35 famiglie di salariati della mensa vescovile, che la curia portò in valle da varie zone del trentino, e mezzadri.Sui terreni ormai bonificati presero piede, col passare de-gli anni, le coltivazioni intensive: viticoltura, frutticoltura e susinicoltura, quest’ultima in seguito quasi completa-mente abbandonata, tra il 1980 ed il 1990, a causa della sharka, la virosi delle drupacee che in quegli anni aveva infettato le albicocche della val venosta e le susine della valle dei laghi. la cantina di toblino scArl viene costituita, con sede a sarche su un fondo venduto dalla mensa vescovile ai soci fondatori della cooperativa, negli anni sessanta. fino a quell’epoca le uve prodotte nei fondi della mensa ve-nivano vinificate direttamente nella cantina della Curia, precisamente nei locali del “cason al convent” dove ora ha sede l’omonimo ristorante. gradualmente i mezzadri diventarono soci della cooperativa, e verso il 1975 anche l’Azienda della mensa vescovile entrò a far parte della cantina di toblino. Alla fine del Novecento l’azienda era gestita per circa metà direttamente dalla mensa vescovile e l’altra metà a mezzadria. Dal 1985, per effetto della legge n. 222, la maggior parte dei beni della mensa vescovile passarono all’istituto Diocesano sostentamento del clero (iDsc) ed i contratti di mezzadria si trasformano in contratti di affit-to. Dal 1993 parte dei fondi gestiti direttamente dall’iDsc vengono affittati ad imprenditori agricoli, rimanendo con la gestione di circa quaranta ettari.

LA toBLINo SRLAlla fine degli anni novanta l’IDSC di Trento valuta l’op-portunità di cedere in gestione i quaranta ettari dell’azien-da di sarche. gli imprenditori agricoli della zona ben vo-lentieri si sarebbero presi carico di dividersi tale superficie, ma per l’Istituto era importante affidare la futura gestione ad un ente unico, che si assumesse l’onere di acquistare

Vini di terza generazione nella PrIma CANtINA BIo

azienda toblino Srl di Sarche

Lorenzo TomazzoliEnologo - Responsabile Tecnico Cantina Toblino SCA

Sarche - Trento

La vendemmiatrice meccanica in azione. A fianco la sede della Cantina Toblino.

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tutta l’attrezzatura agricola presente, ma soprattutto i sei dipendenti allora impiegati nell’azienda.Questa opportunità che si viene a creare non lascia indif-ferente il cda della cantina di toblino scA, che da tempo stava pensando di creare una linea di prodotti imbottigliati di qualità, da proporre, oltre che nel proprio punto vendita, in sede provinciale e nazionale. Il poter seguire la filiera di produzione, dal vigneto fino all’imbottigliamento, spinge quindi gli amministratori della cooperativa, allora presie-duta da Carlo Ricci, ad affittare tutta l’entità produttiva e di costituire una società, la toBlino srl, che inizia ad operare nel novembre 1999.

nUovI ImPIantI e nUove varIetÀil primo passo intrapreso dalla nuova gestione dell’Azienda ha riguardato il rinnovo degli impianti, la graduale modifica del sistema di allevamento e la sperimentazione di moder-ne forme di meccanizzazione. in dodici anni sono stati rin-novati 25 ettari su 40, passando dalla forma di allevamento a pergola doppia al guyot. sono state estirpate e sostituite varietà poco remunerative e non adatte alla zona, cercando nel contempo di razionalizzare la dislocazione dei vigneti, rendendoli adatti alla meccanizzazione, in particolare per quanto riguarda la spollonatura, la sfogliatura, la cimatura la vendemmia meccanica e la pre potatura a secco. nel corso degli anni presso la toblino srl sono state testate diverse macchine, come ad esempio tutti i tipi di sfogliatrici, macchine per la lavorazione del terreno sulla fila, l’atomiz-zatore a recupero, le macchine per la distribuzione dello zolfo ventilato. con la collaborazione dei tecnici di zona del-la fondazione e. mach di san michele all’Adige sono state organizzate diverse prove dimostrative in campo, corsi di potatura aperti ai soci della cooperativa ed anche agli im-prenditori agricoli provenienti da altre zone della provincia, e sono state testate nuove varietà e nuovi cloni. Attualmente la superficie è così suddivisa: 6,5 Ha di Char-donnay, 5,1 Ha di Pinot Grigio, 3,1 Ha di Gewűrztraminer,2,1 Ha di goldtraminer, 1,7 Ha di incrocio manzoni 1,5 Ha di sauvignon, 4,0 Ha di pinot nero, 3.1 Ha di rebo ed altri in-croci rigotti, 3,1 Ha di cabernet (frank e sauvignon),lagrein 2,5 Ha, merlot 1,5 Ha, teroldego 1,5 Ha ed altre varietà sulla rimanente superficie.

I VINIi vini chardonnay, pinot grigio, sauvignon bianco, merlot, cabernet sauvignon, pinot nero, rebo, teroldego, lagrein Dunkel e Lagrein Kretzer, nonché il Goldtraminer (vendem-mia tardiva), che vengono imbottigliati con marchio cantina toblino, provengono tutti da uve dell’Azienda toblino srl. Le rimanenti partite di uve vengono vinificate e conferite a cAvit e parte di queste (sauvignon e chardonnay) entra-no a far parte del “progetto maso”. tre anni fa cAvit ha affidato alla Toblino SRL la gestione agricola dei quattro ettari di maso toresella, situato all’inizio del paese di sar-che, e da queste uve, che vengono conferite a cantina toblino, nascono i vini con il marchio del maso.particolare attenzione è stata dedicata ai vitigni ottenuti da incrocio dal genetista rebo rigotti, originario di padergnone; infatti, a fianco di Rebo e Goldtraminer che sono già da anni valorizzati con l’imbottigliamento, tra pochi mesi entrerà sul mercato un nuovo vino rosso ad Indicazione Geografica Tipi-

ca che si sta vinificando dal 2009, derivato da un impianto di un ettaro di rebo, gosen e sennen e prodotto con un lungo periodo di surmaturazione in pianta, visto che le caratteristiche delle uve e della zona di produzione permettono tale pratica.

LA VeNDemmIA meCCANICAsu tutti i vigneti coltivati a guyot dal 2009 si effettua la potatura a secco con il sistema “a testa di salice”, con lo scopo di migliorare l’equilibrio della pianta, di aumentare la longevità dell’impianto e di velocizzare le fasi di potatu-ra. nello stesso anno viene introdotta su alcuni vigneti la vendemmia meccanica, con risultati più che soddisfacenti sia dal punto di vista economico per l’azienda, che tecnico per la cantina di vinificazione. Ciò è possibile per due mo-tivi: la vicinanza dei vigneti allo stabilimento enologico ed il controllo della sanità delle uve da parte dell’agronomo dell’azienda congiuntamente all’enologo della cantina. la vendemmiatrice permette di raccogliere l’uva di un ettaro di vigneto ogni due ore, la consegna in cantina avviene con carichi di circa 3.000 Kg ogni 30 minuti.

LA geStIoNe BIoLogICA DeI VIgNetIDal novembre del 2009 inizia una nuova fase; il cda della toblino srl incarica nicola caveden, responsabile azien-dale, di intraprendere il percorso che porti l’Azienda verso la produzione di uve biologiche. Da questo momento viene eliminata la pratica del diserbo chimico su tutta la superfi-cie di pertinenza e inizia il primo anno di coltivazione bio-logica su circa 5 ettari, diventati 18 l’anno successivo per arrivare alla totalità quest’anno. va considerato che avere a disposizione una così vasta superficie vitata, conglobata in una unica entità, rende quasi nulli i problemi accidentali di deriva di prodotti anti-parassitari da fondi limitrofi. Inoltre, l’ubicazione dell’azien-da è ottimale per la lotta a peronospora e botrytis, vista la ventilazione della zona con scarsa umidità relativa e periodi relativamente brevi di bagnatura dopo le piogge; lo stesso discorso non si può fare per la lotta all’oidio che dalla ventilazione è invece favorito.il sistema di allevamento a parete verticale, le tempestive, ra-zionali e precise lavorazioni a verde quali il diradamento dei germogli (scacchiatura), sfogliature e cimature, aiutano di mol-to la coltivazione dei vigneti con il metodo di difesa biologico.per quanto riguarda i trattamenti con rame e zolfo, le basi importanti sono:

conoscenza del territorioconoscenza precisa dell’andamento meteorologicotempestività nella difesacompleta disponibilità dei dipendenti alla flessibilità dell’orario di lavoro

I ProgrammI fUtUrIil futuro è una diretta conseguenza di ciò che si sta facendo ora. mano a mano che i vigneti coltivati dalla toblino srl otterranno la certificazione di “prodotto biologico”, è inten-zione della Cantina Toblino SCA di affiancare all’attuale linea di vini imbottigliati dei nuovi prodotti con il marchio di “vino prodotto da uve biologiche”. come precedentemen-te ricordato, già ora la maggior parte dei vini imbottigliati provengono dall’Azienda Agricola in gestione, quantitativo che ammonta attualmente a circa 1.200 ettolitri e pertanto

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questi, tra un paio di anni, avranno tale destinazione. e’ già stata individuata all’interno della cooperativa un’area dove verrà ubicata la cantina dedicata a tali vini e si sta pen-sando di creare una linea di pigiatura apposita, nella quale eventualmente verrà installata in primis un’attrezzatura ido-nea al lavaggio dell’uva. tale macchina è già stata speri-mentata con buoni risultati per il lavaggio di uve stramature che, proprio a causa del processo di appassimento vede concentrarsi, oltre che la parte zuccherina, anche i residui presenti al momento della raccolta. con tale accorgimento si riesce a ridurre i residui di zinco, piombo (derivanti dall’in-quinamento atmosferico) rame e zolfo fino al 90%.va anche ricordato che, in un’ottica di difesa e valorizza-zione dei vitigni autoctoni presenti in valle dei laghi, un analogo progetto di salubrità delle uve è stato avviato con alcuni soci produttori di uva nosiola, che cantina toblino commercializza con tre denominazioni: un trentino no-siola DOC trasformato con la tradizionale vinificazione in bianco, un vino particolare, la nosiola igt selezione

N el 2010 la toblino srl ha introdotto su 22 ettari di vigneto la pratica della lavorazione del terreno utilizzando il sovescio, in quanto per ottenere la certificazione di prodotto biologico vanno eli-minati tutti i concimi di sintesi ed utilizzati solo

concimi organici naturali, quali letame maturo, o applicando questa tecnica. la pratica del sovescio consiste nell’apporto di sostanza organica e di elementi nutritivi seminando nello spazio interfilare miscugli di essenze annuali che poi vengono trinciati ad un certo stadio di sviluppo ed interrati. la funzione di tale tecnica non si limita però soltanto a questo: nelle superfici trattate a sovescio si riscontra un aumento della stabilità della struttura del terreno, il contenimento delle erbe infestanti, aumento della sostanza organica e di humus, au-mento della popolazione microbica del terreno favorita dalla presenza di maggior nutrimento ed acqua a disposizione, au-mento dell’entomofauna, in quanto l’erbaio è un buon habitat per insetti impollinatori ed insetti utili, contribuendo a fare del vigneto un sistema biologicamente più ricco e diversificato.le specie utilizzate appartengono alle famiglie delle legumi-nose, graminacee, mellifere, crucifere e Brassicacee, ognu-na delle quali all’interno del miscuglio ha scopi ben precisi. si va dal potere di incameramento di azoto atmosferico fissato nelle radici dalle leguminose, al potere aggregante con mi-glioramento della struttura del terreno delle graminacee, alle proprietà biocide delle Brassicacee e crucifere che producono isotiocianati, composti volatili in grado di inattivare funghi, bat-teri, nematodi e persino semi.i miscugli sono stati preparati prendendo come base le semen-ti di favino, pisello, veccia ed orzo ai quali sono stati aggiunti

Le eSSeNZe che nutrono e difendono

con il sovescio un sistema-vigneto biologicamente più ricco e diversificato

“l’ora” prodotto con surmaturazione in pianta ed in fruttaio con successiva fermentazione in tonneaux di acacia, e na-turalmente il vino santo trentino.inoltre si stanno sperimentando delle varietà denominate “ibridi di terza generazione” quali Bronner, solaris, Johanni-ter, regent, cabernet cortis ecc… che attualmente si stan-no diffondendo in maniera massiccia in germania ed Au-stria. l’indiscutibile vantaggio di queste cultivar di vite è che sono resistenti a tutte le malattie fungine e quindi non abbi-sognano di nessun trattamento antiparassitario. tale intro-duzione non andrebbe fatta come coltura intensiva, bensì per creare delle zone cuscinetto tra gli appezzamenti coltivati e le abitazioni, lungo le strade e le piste ciclabili, dove spesso i trattamenti antiparassitari creano notevoli malumori e proteste. ci si augura quindi che i legislatori a u t o r i z z i - no a breve la coltivazione, ma soprattutto la conseguente vinificazione di tali uve, in prospettiva di un sempre maggior rispetto della salubrità delle zone abitate e frequentate da persone.

a file alterne Trifoglio Incarnato (colore rosso), Facelia (colore Azzurro) e senape (colore giallo) dando così anche una piace-vole nota di colore alla valle.I vigneti sono stati seminati a file alternate e vengono così mantenuti per due anni. Sulle file seminate si cerca di limita-re al minimo i passaggi con mezzi agricoli per non rovinare la struttura del terreno.La semina avviene verso fine ottobre, utilizzando circa 80-90 Kg di sementi per ettaro di vigneto; tale operazione, vista la notevole differenza di dimensione dei semi, è stata eseguita manualmente. A maturazione delle piante (quest’anno a fine aprile) si procede allo sminuzzamento delle stesse con trincia-tura fine, segue l’ossidazione al sole per circa 24 ore ed infine l’impasto con i primi strati di superficie del terreno. Per tale ope-razione si utilizza un erpice a dischi o in alternativa un erpice rotante dove il terreno presenta molto scheletro grossolano, in particolare nella zona adiacente allo stabilimento enologico.

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sovescio nei vigneti della toblino srl

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I club di prodotto esistono da tem-po e sono in costante crescita; si tratta di associazioni di strutture di diverso tipo, che hanno scelto un tema comune per soddisfare spe-

cifiche attese della clientela. I soci possono essere alberghi, Bed&Breakfast, campeggi, appartamenti, chalet oppure camere in edifi-ci rurali. Il filo conduttore è l’adesione ad una proposta che va incontro a specifiche prefe-renze di viaggio e vacanza. le varie offerte sono contraddistinte da un marchio ben rico-noscibile: si va dal wellness del brand “vita nova” alla proposta di “trentino charme”, ispirata ad una filosofia esigente con alloggi superiori alla media, all’accogliente ospita-lità dei “B&B di qualità in trentino”, oppure a quella familiare delle piccole strutture di “cuore rurale”. e ancora, la proposta per chi cammina in montagna dei “Dolomiti Walking Hotel” o quella caratterizzata dalla soste-

nibilità ambientale di “Qualità parco”, che nell’Adamello Brenta promuove la raccolta differenziata, l’uso di detersivi biodegradabili e prodotti locali e di agricoltura biologica in cucina. i soci dei club hanno scelto di attivare una vera e propria strategia di marketing, per co-gliere il potenziale espresso dalla domanda turistica nazionale ed internazionale, sem-pre più attenta a proposte di vacanza spe-cifiche e di qualità, fruibili in realtà territoriali diverse. la provincia li considera un valore aggiunto all’offerta turistica del trentino e ne valorizza e accompagna le iniziative. “negli ultimi decenni – spiega l’assessore al turi-smo tiziano mellarini - il turismo è cambiato completamente, anche grazie alla diffusione del web. il passaparola su internet comincia a condizionare le scelte dei turisti e anche per questo il trentino ha riorganizzato il pro-prio sistema di promozione turistica, crean-

tuttA uN’ALtRA VACANZA Il successo (discreto) dei Club di ProdottoSilvia Meacci

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Non sono ancora molto conosciuti, ma stanno riscuotendo un buon successo fra gli ospiti delle strutture ricettive trentine, sempre più alla ricerca di una vacanza personalizzata. Lo ha rivelato un’indagine condotta dall’Osservatorio provinciale per il Turismo.

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tuttA uN’ALtRA VACANZA Il successo (discreto) dei Club di Prodotto

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VItA NoVA tReNtINo WeLLNeSS HoteL & ReSoRt club di offerta wellness selezionata che ha in seguito deciso di spe-cializzare ulteriormente la propria offerta su target specifici (Family, Activity, Beauty). Si rivolge a coloro che sono alla ricerca di un re-cupero psicofisico e di un più esteso “benes-sere” generale. club garantito dal marchio ai sensi della legge provinciale sulla ricettività. le strutture aderenti al club sono 39 (37 hotel e 2 campeggi).

B&B DI QuALItà IN tReNtINo i B&B, introdotti in provincia come nuova forma di ricetti-vità con riordino della legge provinciale sulla ricettività del 2002 sono alloggi garantiti da un disci-plinare (la carta dell’ospitalità familiare) mi-rante a garantire un’ospitalità familiare calda, attenta all’accoglienza e gestita con un livello di preparazione culturale e professionale. l’utenza alla quale ci si rivolge, vista la cura del prodotto e la dimensione, è molto ampia: dalle famiglie ai viaggiatori, dagli sportivi agli amanti della originalità, della cura del partico-lare… le strutture aderenti sono 79.

CuoRe RuRALe Accoglie piccole realtà ri-cettive accomunate dal-la valorizzazione degli aspetti del trentino e della familiarità operanti in un contesto rurale, agritur ma non solo. si rivolgono ad un pubblico attento all’identità del luogo, alla familiarità, ai prodotti locali. il pro-getto ha preso avvio nel 2005 ed è stato rico-nosciuto come marchio di prodotto nel 2008. le imprese aderenti sono 20 (1 hotel, 9 agritur, 6 B&B, 4 altre strutture extralberghiere).

gIoCo-VACANZA raccoglie un gruppo di opera-tori alberghieri coeso, cresciuto con l’obietti-vo di soddisfare al meglio un target familiare. e’ il primo marchio di prodotto della ricettivi-tà riconosciuto dalla provincia nel 2008. si tratta di aziende ricettive impegnate in un costante processo di miglioramento per re-stare competitive e rispondere al meglio al proprio target individuato nelle famiglie con bambini. 22 le strutture aderenti (tutti hotel).

DoLomItI WALKINg HoteL È un club ideato e gestito dall’omonimo consorzio, che ha ricevuto il supporto e l’ac-compagnamento dell’Associazione Alberga-tori della provincia, ed è caratterizzato dalla passione per la montagna e la conoscenza del territorio. si punta a valorizzare l’appar-tenenza dolomitica rivolgendosi priorita-riamente ad un target di ”camminatori”. le strutture aderenti sono 16 (tutti hotel).

QUalItÀ ParCo È partito come progetto nel 2003 nell’ambito del percorso che il parco naturale Adamel-lo Brenta aveva intrapreso per conseguire la carta europea del turismo sostenibile. Quali-tà parco oltre che marchio di prodotto è anche un’attestazione ambientale rilasciata dal par-co; essa ha una valenza in termini di marketing territoriale e, pur interessando principalmente le aziende ricettive, l’attestazione ambientale del parco è assegnata anche ad alcuni attori del comparto pubblico, come scuole, e ad im-prese dell’agroalimentare. Al marchio di pro-dotto aderiscono 21 strutture ricettive (18 ho-tel, due alberghi-garnì e una casa per ferie).

tReNtINo CHARme composto da operatori che si definiscono “atipi-ci” per caratteristiche e percorsi. Questo club offre un’ospitalità “per chi cerca il massimo”. e’ composto da strutture di alto livello e ten-denzialmente di piccole dimensioni, con al massimo 25 camere (dagli alberghi ai masi). Si definisce una proposta di “lusso semplice” con “case” che appaghino l’ospite che ama attenzioni e trattamenti personalizzati. le strutture aderenti sono 11 (tutti hotel).

In Trentino, per quanto riguarda la ricettivi-tà, operano anche altri Club di prodotto che non hanno ancora ricevuto il riconoscimen-to del Marchio previsto dalla normativa pro-vinciale. Ne citiamo di seguito un paio.

mototuRISmonato nel 1997 come volontà di intercettare e soddisfare i turisti viaggianti in motocicletta, nu-merosi in trentino, si è espres-so dal 1998 al 2000 con un forte aiuto dell’Apt del trentino, per poi rilanciarsi in forma asso-ciativa più autonoma. in questa seconda fase ha accolto anche strutture non ricettive quali i ristoranti. le strutture aderenti sono 47 (39 alberghi, 1 campeggio e 7 ristoranti).

tReNtINo outDooR raccoglie azien-de della ricettività open air. l’impegno del club è una “riqualificazione costante” di strutture ed addetti, lavorando sia in direzione dello stan-dard qualitativo sempre più alto, sia in quella dell’ecocompatibilità. il target è ovviamente l’amante delle vacanze all’aria aperta, in con-tatto diretto e continuo con la natura. Aderisco-no 15 aziende (tutti campeggi).

I CLuB DI Prodotto del Trentino

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N ell’immaginario collettivo il soggiorno in baita rappre-senta la forma di vacanza più legata alla montagna, in cui si esprime al meglio tipi-

cità e rapporto con la natura. una sistemazio-ne tranquilla, rilassante, dotata di tutti i con-fort, lontana dalla confusione della metropoli e dai rumori delle città, dove poter riscoprire l’intimità della coppia e/o della famiglia. le baite del trentino possono essere una rispo-sta positiva a questo tipo di esigenze. si tratta

LoNtANI dalla massa

mARKetINg e tuRISmo

do un nuovo brand e ponendo al centro della comunicazione il territorio, la montagna e l’ambiente”.Alcuni club di prodotto sono riconosciuti come marchio di prodotto provinciale e i vari progetti vacanza vengono attivati da trentino marketing, in collaborazione con le Aziende per il turismo d’ambito. lo scopo della ricer-ca condotta dall’Ufficio Politiche turistiche della provincia è stato valutare quale fosse il profilo del turista “medio” che sceglie le strutture afferenti ai club, cosa ricerca in una vacanza e cosa si aspetta. l’iter ha previsto la somministrazione di que-stionari agli ospiti di oltre 200 strutture tren-tine e una rilevazione sui feedback rilasciati su alcuni portali di prenotazione on line e su tripadvisor.it. si tratta di inviti al consumato-re ad assegnare un punteggio per uno o più aspetti della ricettività, come servizi, came-re, cucina e gastronomia, rapporto qualità/prezzo. il turista oggi richiede qualità garan-tita e la presenza dei disciplinari di adesione ai vari club costituisce un elemento che può favorire la scelta. per questo, da parte delle strutture ricettive è fortemente auspicabi-le che venga sviluppata la promozione sul web, accompagnata ad una maggiore pre-senza sui social media. Dal punto di vista dell’ospite, l’indagine evi-denzia apprezzamento per l’accoglienza ricevuta, ma non sempre, anzi raramente, esiste una motivazione di vacanza coerente con la distintività che si vuole comunicare. riposo e relax, vacanza a contatto con la natura, all’insegna dello sport e delle attivi-tà all’aria aperta, sono le motivazioni più ri-correnti fra la maggioranza degli intervistati. Anche nei club che operano sul mercato da diversi anni solo una parte dei rispondenti ha dichiarato di conoscerne l’esistenza prima del soggiorno. si distingue “giocovacanza”, dedicato alle famiglie con bambini, dove il tasso di conoscenza del marchio supera il 60% e circa la metà degli ospiti dichiara che la scelta della struttura è dovuta all’apparte-nenza al club. c’è comunque una generale soddisfazione tra chi ha soggiornato in strutture apparte-nenti ai club di prodotto e nel complesso la valutazione è stata più che soddisfacente, rapportata in una scala decimale il voto è pari a 8,4. le permanenze risultano media-mente elevate e sistematicamente superiori a quanto rilevato dal dato medio provinciale. Attualmente circa il 4-5% dell’ospitalità tren-tina certificata aderisce al club di prodotto; la richiesta di qualità può essere interpretata da alcuni gestori come impegnativa, ma la proposta di uno stile di vacanza unico nei di-versi generi, in un contesto ambientale inte-gro e suggestivo, che si accompagna alla ri-cerca di una parentesi di tranquillità, natura, prodotti genuini è oggi sicuramente vincente. ma lo potrà essere ancor più domani.

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di edifici immersi nella natura, in zone lontane dal turismo di massa, legate all’autenticità ed al recupero delle abitazioni tradizionali. il loro valore è quello di attribuire calore ed intimità alla connotazione inaccessibile ed impervia che spesso la montagna evoca.È questa la vacanza che propone il nuovo club di prodotto “vacanze in Baita”, marchio che ha ottenuto a fine giugno il riconoscimen-to della giunta provinciale. una serie di servi-zi garantiti e di condizioni qualitative definite in un apposito disciplinare riassumono il patri-

Con “Vacanze in Baita” un nuovo Club di Prodotto che valorizza le abitazioni tradizionali di montagna

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monio di esperienza collaudato in questi anni. il consorzio “vacanze in Baita”, titolare di questa iniziativa alla quale hanno aderito 53 strutture, cogliendo gli stimoli forniti da tren-tino marketing ed in coerenza con le linee guida della politica turistica provinciale e gli obiettivi del marketing turistico territoriale, ha maturato l’idea di trasformare l’attuale espe-rienza, oggi circoscritta all’area del lagorai, in un marchio di prodotto che potrà essere mo-tivo di valorizzazione e sviluppo di molte altre realtà presenti in trentino. “i club di prodotto della ricettività - spiega l’assessore all’agricoltura, foreste, turismo e promozione tiziano mellarini - hanno rispo-sto bene in questi anni all’esigenza di fare sistema, con un impegno da parte degli im-prenditori dell’ospitalità e la collaborazione del comparto pubblico. si è lavorato attorno a vocazioni, alla soluzione di piccoli grandi pro-blemi o esigenze. mettere in rete più aziende accomunate da un disciplinare di comporta-mento che soddisfi specifiche esigenze ed aspettative della domanda turistica è un ap-proccio al mercato dinamico, che fa squadra e che trova grande apprezzamento nei nostri ospiti”.

Porta il Trentino... IN tASCA

Visittrentino tourist guide, app gratuita utilizzabile anche offline

Avere il trentino a portata di mano, con tutte le sue bellezze naturali, i locali, le manifestazio-ni le attività, le cose da fare, oggi è possibile grazie a visittrentino tourist guide, la nuova applicazione gratuita per i-phone e Android che rappresenta il modo più semplice, veloce ed immediato per scoprire il territorio e pro-grammare la propria vacanza. con un touch è dunque possibile scoprire le città e le locali-tà più rinomate, le attrazioni naturali che meri-tano di essere visitate, i castelli e i monumenti più ricchi di storia. e ancora, le strutture dove sciare e praticare attività sportive, o i luoghi dove noleggiare tutta l’attrezzatura, i parchi giochi dove portare i bambini, i parchi avven-tura dove divertirsi con gli amici, i migliori lo-cali dove mangiare o pernottare. È possibile trovare inoltre spunti e idee per esperienze vere, per godere al meglio del soggiorno: scialpinismo, pattinaggio, arrampicata, raf-ting, canoa, equitazione, golf e mountain bike sono solo alcune delle attività che si possono programmare;. Infine è possibile visualizza-re e scegliere gli eventi enogastronomici, le mostre, gli spettacoli e le manifestazioni più interessanti della località in cui ti trovi. Già, perché Visittrentino Tourist Guide, oltre ad essere flessibile ed adeguarsi a qualsiasi esigenza e interesse, modella la proposta di

vacanza a seconda di dove ci si trova; quan-do l’utente è in trentino, l’applicazione rico-nosce infatti la posizione e segnala i punti di interesse più vicini, una vera e propria guida turistica a portata di mano. per non perdersi nulla di quanto che c’è da vedere, assaporare e vivere in trentino. ma visittrentino tourist guide è anche dotata di una fornitissima gal-lery fotografica, che mette a disposizione del-l’utente tantissimi scatti delle più suggestive località: un modo per conoscere il territorio e anche per organizzare la propria vacanza, scegliendo poi le strutture ricettive più vicine e più adatte alle proprie esigenze. il tutto tenen-do sempre d’occhio le previsioni meteorologi-che, grazie all’indicatore in sovraimpressione che segnala “in diretta” il tempo e le tempera-ture delle principali località turistiche trentine.i dati sono aggiornati quotidianamente e in modo dinamico via internet e l’applicazione ha il vantaggio di essere navigabile anche in modalità offline, dunque è utilizzabile ad esempio in montagna, dove non sempre è possibile disporre di una connessione.l’applicazione visittrentino tourist guide è un progetto realizzato da trentino marketing ed è scaricabile gratuitamente sugli store di i-phone e Android e in preview sul sito www.visittrentino.it. (r.b.)

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era il burro preferito della Serenissima, oggi ricercato presidio Slow Food preparato come due secoli fa

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IL BotIRodi Primiero TESTO: Sergio FerrariFOTO: Marco Simonini

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AttuALItà

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S i tratta di un prodotto di eccel-lenza con una grande storia che risale ai tempi della se-renissima, quando era consi-derato il migliore al mercato di

rialto di venezia e sulla piazza di treviso dove veniva smerciato dalla confraternita dei butiranti. Dal punto di vista merceologi-co si può definire un burro da panna cruda affiorata naturalmente in malga da latte bo-vino prodotto durante l’alpeggio.oggi come allora (‘800) la qualità del Boti-ro di primiero deriva sia dalla ricchezza e varietà floristica dei pascoli dalla quale di-scendono il suo colore giallo intenso ed il ricco profumo sia dalla curata lavorazione della panna.rispetto a due secoli fa la materia prima (latte e panna) e la lavorazione hanno subi-to pochissimi ritocchi. sono cambiati sem-mai gli attrezzi di lavorazione, la pulizia dei locali, le modalità di conservazione. la zan-gola a mano, ad esempio, oggi è sostituita da una zangola fatta funzionare da motore elettrico. le malghe locali del vanoi e del primiero, un tempo molto più numerose, ri-

servavano gran parte della panna alla pro-duzione di burro, tanto che il formaggio mol-to magro era quasi un prodotto residuale. A fine estate i grossi pani di burro venivano trasportati nei paesi di fondovalle e conser-vati in cantine fresche. tolta la piccola parte che restava a disposizione della popolazio-ne locale a prezzo calmierato, il resto nel mese di dicembre prendeva la via delle due importati città venete dianzi citate.Da alcuni anni la produzione è stata ri-presa grazie ad un comitato “per la cultu-ra del cibo a primiero” e alla disponibilità del caseificio comprensoriale di Mezzano, adottando le stesse procedure di due secoli fa. Da quest’anno la malga “fossernica di fuori”, opportunamente attrezzata grazie al finanziamento del Comune di Primiero, è diventata sede del ciclo completo di lavora-zione e stoccaggio, con una produzione di circa dieci quintali di burro. la quantità pro-dotta nel 2012 è aumentata di alcuni quin-tali a seguito della decisione della direzione del caseificio sociale di raccogliere anche la panna del latte prodotto nelle malghe rolle e fosse e di mettere a disposizione propri

IL BotIRodi Primiero

ProdottI

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locali per la lavorazione in sede fino all’otte-nimento del prodotto finito.l’accoglimento del Botiro di primiero tra i presidi slow food avvenuto nel 2009 ha contribuito ad accrescere la notorietà del prodotto con la conseguenza che la doman-da supera di larga misura la disponibilità. il Botiro si può acquistare da giugno a set-tembre, ma già nel mese di agosto, calando la produzione di latte a causa della perma-nenza delle bovine in malga, il quantitativo subisce una sensibile riduzione .per chi vuole portarsene a casa un panetto il consiglio è di prenotarlo, se possibile in anticipo, direttamente al caseificio sociale di primiero. chi non riesce a comprarlo può degustarlo durante l’estate sotto forma di originali portate gastronomiche in uno dei ristoranti, agritur e hotel aderenti alla rasse-gna gastronomica “i paesaggi del Botiro a tavola” e presso i ristoranti dell’alleanza tra cuochi dei presidi slow food di primiero. L’elenco è disponibile presso gli uffici APT.

Come sI ProdUCe

I nnanzitutto occorre separare la panna dal latte: il latte munto la sera riposa tutta la notte in bacinelle collocate in locale

fresco cosicché la panna affiora naturalmente. Al mattino si separa la panna che viene portata nelle zangole. La zangola agita la panna fino a quando la parte grassa non si rapprende in forma di briciole di burro sospese nel latticello. A questo punto, eliminato il latticello e la massa burrosa con acqua fresca, la si impasta a lungo per eliminare i residui liquidi che possono irrancidire. per formare i panetti di burro si usano stampi di legno intagliati con l’originale disegno di un mazzo di fiori di montagna riprodotto anche sulla carta in cui vengono avvolti. per segnalare la provenienza della panna, quest’anno i panetti di Botiro riportano in nome della malga: rolle, fosse, fossernica.

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Dalla mungitura al confezionamento: le varie fasi di preparazione del Botiro di Primiero, presidio Slow Food dal 2009.

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T ra i caseifici sociali attualmente operanti in trentino, quello com-prensoriale di primiero gode di buona fama per i prezzi media-mente soddisfacenti che ad ogni

fine esercizio riesce a liquidare agli allevatori conferitori di latte. i positivi risultati economici si devono a due circostanze: avere nel proprio ambito geografico malghe e pascoli efficienti, e trovarsi al centro di una zona turistica estiva e invernale che offre possibilità di vendita diretta dei vari prodotti lattiero caseari. la elevata professionalità della dirigenza e del-la forza lavoro del caseificio si aggiunge alla fedeltà dei soci alle direttive tecniche impartite: alimentazione a base di foraggio e fieno con esclusione di alimenti ogm, misurato uso di mangime industriale acquistato solo da ditte

controllate dal Consorzio dei caseifici sociali concast. Questi elementi concorrono a deter-minare l’alto livello di qualità dell’intera gamma di prodotti di cui è ricco il paniere di offerta del caseificio. i soci conferitori per tutto l’anno sono una qua-rantina, ai quali si aggiungono circa venti alleva-tori trentini ma non del comprensorio primiero vanoi che d’estate conferiscono il latte di bovini alpeggiati su malghe delle zone adiacenti. i circa cinquantamila quintali di latte prodotti, in ordine decrescente, da bovine di razza bruna, pezzata rossa friulana e grigia alpina sono tutti trasfor-mati in formaggio: trentingrana (4300 forme, il 45% della produzione complessiva); primiero o nostrano nelle tre versioni rappresentate da primiero fresco, primiero stagionato, primiero di malga; tosela (650 quintali). completano il

IL CASeIFICIo SoCIALe comprensoriale di Primiero

banco espositivo: fontal, Dolomiti, Asiago, lat-teria, ricotta affumicata. oltre, naturalmente, al celebre Botiro di primiero. resta da dire che le stalle risultano così ripartite per quintali di latte conferito: la metà è sotto i 1000 quintali all’an-no; il 20% conferisce da 1000 a 1500 quintali; il 30% supera i 1500 quintali.per tutti i formaggi prodotti la qualità va con-tinuamente migliorando, grazie alla collabora-zione di ricercatori e tecnici della fondazione edmund-mach istituto Agrario di san michele. ricca di spunti applicativi è stata ad esempio una ricerca condotta per più anni dai microbio-logi di s. michele sulle specie e ceppi di batteri naturalmente presenti nell’ambiente (foraggi, stalle, caseifici) ora si possono scegliere e moltiplicare in purezza per aggiungerli al latte nelle prime fasi di caseificazione.

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drosoPHIla sUzUKIInuove armi dal genoma

negli ultimi anni il trentino ha dovuto fron-teggiare una inattesa emergenza entomo-logica: la Drosophila suzukii. originario del sud-est asiatico, questo moscerino si è diffuso contemporaneamente negli stati uniti e in europa a partire dal 2008, molto probabilmente a causa del commercio di frutti infestati dai paesi di origine dell’inset-to. A differenza dei comuni moscerini che troviamo nelle nostre case, questo insetto può infestare un’ampia varietà di frutti di rilevanza economica, soprattutto ciliegie, fragole, lamponi, mirtilli, more ma anche albicocche, pesche, e susine, nonché alcu-ne varietà di uva. le sue femmine utilizza-no un robusto ovopositore a forma di sega per inserire l’uovo direttamente nella polpa dei frutti sani prima che essi giungano a completa maturazione, portandoli al disfa-cimento in pochi giorni. Finora l’efficacia dei trattamenti chimici è ri-sultata insufficiente e presso FEM un grup-po di lavoro composto dal

centro ricerche e innovazione (cri) e dal centro di trasferimento tecnologico (ctt) è impegnato in numerose indagini volte a individuare mezzi di controllo sostitutivi o integrativi alla difesa chimica. risultati in-coraggianti si sono ottenuti utilizzando trap-pole per la cattura massale e reti anti-inset-to. promettenti su lungo periodo sembrano essere anche le metodiche biologiche che sfruttano l’azione di limitatori naturali o che operano interferendo con il comportamen-to riproduttivo e sul rapporto con le piante ospiti. per lo sviluppo di strategie sostenibili è ne-cessaria però la conoscenza dettagliata della biolo- gia dell’animale, dalle ca- ratteristiche del suo corredo g e n e t i c o fino al com-por tamento i n

Drosophila suzukii

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Nato 7 milioni di anni fa

nel sud della Cina

durante un periodo

di raffreddamento del

pianeta, l’insetto si è

adattato bene ai boschi

temperati caratterizzati

da forti escursioni

climatiche e lo si trova

oggi fino a 2000 metri

di altezza.

Trappole per la cattura

massale, reti anti-

insetto,

limitatori naturali

del comportamento

riproduttivo, “confusione

genetica” gli strumenti per

combatterlo.

Omar Rota Stabelli e Gianfranco AnforaGruppo di Ricerca Chimica Ecologica, Dipartimento Agro-ecosistemi Sostenibili e Biorisorse,

Centro Ricerca ed Innovazione IASMA, Fondazione Edmund Mach

femmina ovopositore

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condizioni naturali. per questo motivo il cri, nell’ambito delle numerose ricerche in corso, ha anche sequenziato il genoma di D. suzukii, affinché esso rappresenti uno dei punti di partenza per lo sviluppo di biotecnologie mirate al controllo di questa nuova specie invasiva. È un occasione per stabilire anche un ponte più diretto tra la ricerca di base e l’applicazione e per crea-re una task force pronta ad intervenire nei confronti di altre specie esotiche invasive, problematica sempre più d’attualità in cam-po agricolo e sanitario. la fem ha deciso di rendere pubblico l’accesso ai dati del genoma subito dopo il sequenziamento: questo consentirà a decine di gruppi sparsi per il mondo, e non solo ai ricercatori fem, di aver un valido compendio per sviluppare nuovi sistemi di lotta. il genoma è stato ottenuto in tempi molto brevi ed a costi estremamente contenuti grazie a tecnologie molto recenti. il punto cruciale è oggi invece quello di avere mac-chine di calcolo e personale in grado di de-cifrare correttamente il genoma. ed è stato proprio grazie agli investimenti in genomica fatti dal cri negli anni passati che è stato possibile ottenere questa prima “versione“ del genoma: i bioinformatici del centro di Biologia computazionale hanno lavorato in sinergia con i genetisti del gruppo di eco-genomica e con gli entomologi del gruppo di chimica ecologica che hanno guidato il progetto. il genoma di D. suzukii è comparabile con quello degli altri moscerini, ma ad esempio molto più piccolo di quello dell’uomo o del melo. l’analisi del genoma è appena co-minciata nei laboratori cri e si è concen-trata inizialmente nel capire dove e come si è evoluta la specie. l’ areale di distribuzio-

ne suggerisce che D. suzukii si sia originata nel sud della cina, a ridosso di catene mon-tuose ricoperte di foreste temperate. le nostre ricostruzioni evolutive suggeriscono che ciò sia avvenuto circa 7 milioni di anni fa durante un periodo di raffreddamento del pianeta e in concomitanza con l’intensifi-carsi dei monsoni. la D. suzukii è pertanto una specie perfet-tamente adattata ai boschi temperati carat-terizzati da forti escursioni climatiche: ecco perché probabilmente si è ambientata così bene al clima trentino ed è possibile trovarla fino a 2000 metri di altezza. Questo ci sug-gerisce che la gestione delle popolazioni a ridosso dei boschi può diventare una chiave per il controllo di D. suzukii, anche perché numerose sono le piante ospiti selvatiche. le analisi genetiche suggeriscono anche che le femmine adulte del moscerino sono in grado di svernare nelle nostre condizioni, come supportano anche alcune osserva-zioni. riuscire ad intercettare ed abbattere la popolazione svernante è quindi un altro obiettivo importante per il controllo. parte del lavoro degli scienziati di cri-fem sarà inoltre rivolto a comparare il genoma della D. suzukii con quello di altri moscerini non pericolosi, per individuare quali sono i geni che permettono a D. suzukii di ricono-scere i frutti maturi e provocare tanti danni.

Questi geni saranno oggetto di indagine per identificare quali sostanze sono in grado di attivarli e se tali sostanze potranno essere usate per migliorare le tecniche di monito-raggio e controllo. un’altra linea di ricerca genomica che il cri intende perseguire riguarda l’uso di un batterio simbionte naturale di D. suzukii, la Wolbachia. Questo “parassita del parassita” può essere usato per ridurre la popolazione presente sul territorio, ma per fare questo è necessario conoscere la varietà genetica di Wolbachia (identificata anche essa con il sequenziamento) in modo da selezionare delle nuove varietà genetiche del batterio che creino la cosiddetta “incompatibilità citoplasmatica”: questa è una specie di confusione genetica naturale che rende le femmine di D. suzukii sterili. l’obbiettivo ri-mane sempre l’integrazione di tutte le pos-sibili strategie di controllo a disposizione nell’ambito di una gestione sostenibile degli ecosistemi. “continua”

lorenzo dellaI: orgoglIosI dI QUesto rIsUltato “mete ambiziose con le biotecnologie”“il sequenziamento del genoma della Drosophila suzuki dimostra come il campo delle biotecnologie, che s’inserisce nel sistema trentino dell’alta formazione e della ricerca, sia una realtà nella quale possiamo porci mete ambiziose. per farlo dovremo integrare e rafforzare ancora i rapporti tra le fondazioni, l’università ed i centri di ricerca che operano in questo settore per essere sempre più un polo della conoscenza a livello nazionale ed internazionale”. con queste parole il presidente della provincia autonoma di trento, lorenzo Dellai, ha commentato il sequenziamento del genoma del mosce-rino dei piccoli frutti. “Siamo orgogliosi di questo risultato - continua Dellai - perché dimostra ancora una volta quanto la fondazione mach sia riconoscibile nel panorama internazionale delle realtà scientifiche. Negli ultimi anni San Michele ha potenziato il capitale umano a propria disposizione, andando a cercare le persone giuste a livello internazionale e questa è l’unica strada possibile per conquistare risultati importanti ed essere attrattivi. più san michele diventa forte e riconoscibile a livello internazionale nel campo della ricerca, più può essere d’aiuto nel miglioramento delle attività pratiche”, ha detto Dellai. “in questa direzione vanno esperienze importanti, come i consorzi con i produttori. un esempio è quello della vite che intende trasformare le conoscen-ze scientifiche in miglioramento della produzione, con risvolti significativi sulla nostra economia. Insomma, non siamo di fronte solamente ad un risultato scientifico, che già sarebbe sufficiente per dirci soddisfatti, ma questo sequenziamento del genoma della Drosophila suzukii è la premessa per dare risposte al mondo dei piccoli frutti, com’è stato fatto col mondo della vite e del melo. non è un episodio, ma una strategia che bisogna coltivare e portare avanti con costanza e coerenza”.

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Le nuove traPPole

Prime osservazioni sulla loro efficacia in campo

la presenza di Drosophila suzukii, il mo-scerino che depone le proprie uova nella polpa dei frutti maturi, è ormai ubiquitaria in trentino e costituisce un problema di estre-ma rilevanza, in modo particolare per i pro-duttori di piccoli frutti e ciliegie. la larva che si sviluppa dall’uovo si accresce nutrendosi della polpa rendendo il frutto non commer-cializzabile. Data l’entità del danno che può arrecare al sistema ortofrutticolo provincia-le, la fem ha messo in campo diverse forze per trovare una soluzione approcciandosi alla problematica secondo diverse modali-tà. una di questa è la lotta all’insetto impie-gando mezzi alternativi alla difesa chimica. le prove preliminari sulla cattura massale di Drosophila suzukii condotte nella stagio-ne 2011 dall’unità piccoli frutti del centro di trasferimento tecnologico hanno fornito una serie di indicazioni che hanno portato ad adottare questa tecnica nella stagione 2012 su larga scala per contenere i danni del temibile dittero.Di fondamentale importanza è stato l’uti-lizzo di una trappola molto più attrattiva ri-spetto a quella utilizzata per il monitoraggio del 2011, in grado di segnalare con maggior efficienza l’inizio del volo e nel contempo di catturare una maggior numero di adulti. ri-spetto alle precedenti, costituite da un con-tenitore da un litro in plastica trasparente, con 5-6 fori di 4 mm nella parte superiore della superficie laterale e riempito con 200 ml aceto di mela, le nuove trappole sono costruite con lo stesso contenitore ma ver-

niciato di rosso e caricate con una miscela di aceto di mela (150 ml), vino rosso (50 ml) e 10 g di zucchero di canna grezzo. il funzionamento è semplice: posizionato il contenitore intorno all’appezzamento colti-vato, il colore rosso e la miscela fanno da attrattivo per Drosophila suzukii che entra dai piccoli fori nella parte superiore del con-tenitore ed annega nel liquido.Appurato che l’insetto migra da zone fre-sche ed umide (boschi) verso le zone col-tivate in cerca di frutti nei quali ovidepor-re, si è pensato di sfruttare l’azione delle trappole per catturare il maggior numero di adulti possibile prima che invadano la coltura. le trappole vanno posizionate sul perimetro a circa 2 m l’una dall’altra e a circa 1,5 m di altezza avendo cura di so-stituire settimanalmente la miscela con miscela nuova. sulla base di queste indicazioni le princi-pali cooperative si sono organizzate per distribuire ai propri soci il kit per la cattura massale di Drosophila suzukii, costituito dai barattoli colorati e dal bag-in-box di miscela attrattiva pronta all’uso. il risultato è stato il posizionamento sull’intero territorio provin-ciale di circa 50 mila trappole a cui vanno aggiunte quelle che molti agricoltori si co-struiscono artigianalmente in casa. l’azio-ne di una rete di punti di cattura di queste dimensioni ha sicuramente un effetto positi-vo nel contenere la popolazione dell’insetto. La sua efficacia è inoltre amplificata quan-do la miscela non subisce la competizione

Ritardando le prime ovideposizioni a danno

dei frutti è possibile limitare il ricorso ai trattamenti

fitosanitari. Ma per le colture la cui maturazione coincide

con i picchi di sviluppo dell’insetto, la cattura massale

da sola non è in grado di garantire un controllo completo.

A cura dell’Unità Piccoli Frutti, Centro Trasferimento Tecnologico, FEM

dei frutti nell’attrarre la Drosofila, quindi in primavera per catturare le poche femmine svernanti ed in autunno per abbassare la popolazione svernante. i primi dati raccolti nella stagione in corso sono confortanti: è stato infatti conferma-to che la cattura massale ritarda le prime ovideposizioni a danno dei frutti, e ciò con-sente di limitare il ricorso a trattamenti fito-sanitari. va ribadito infatti che per quelle colture la cui maturazione coincide con i picchi di sviluppo dell’insetto, la cattura massa-le da sola non è in grado di garantire un controllo completo di Drosophila suzukii; in questi casi è necessario affrontare la problematica integrando difesa chimica, pratiche agronomiche e metodi alternativi di lotta per contenere il danno entro una soglia accettabile.

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eStAte CALDA ma senza siccità

colmato il deficit idrico invernale e primaverile

l’estate appena trascorsa è stata caratterizzata anche sul territorio tren-tino dagli effetti dell’alta pressione africana, che ha determinato giornate molto soleggiate e temperature elevate, deviando il transito delle pertur-bazioni atlantiche oltre l’arco alpino. il trentino si è comunque trovato per gran parte del tempo ai margini della zona d’influenza dell’anticiclone e ciò ha permesso l’infiltrazione di masse d’aria più fresca e instabile e quindi la formazione di frequenti rovesci e temporali. le temperature sono risultate più alte della media di circa 1,5°c, pur mantenendosi al di sotto dei valori raggiunti nell’estate 2003, che mantiene ancora il primato di estate più cal-da nel periodo registrato. sia nel 2012 che nel 2003 sono i mesi di giugno e agosto a discostarsi in modo più sensibile dai valori medi. l’analisi meteorologica si riferisce ai tre mesi estivi (giugno-luglio e agosto), anche se l’estate astronomica inizia con il solstizio d’estate (20 o 21 giugno) e termina con l’equinozio d’autunno (22 o 23 settem-bre). il solstizio d’estate del 2012 è stato il 20 giugno alle 23.09.

le incursioni dell’anticiclone africano sulla penisola italiana sono state ben sette nel corso dell’estate. il trentino si è però trovato spesso ai margini della sua zona d’influenza e le ondate di calore “africano” che hanno interessato anche la nostra provincia sono state due, la prima tra fine giugno e inizio luglio, la seconda a fine agosto. In entrambi i casi si sono toccate temperature elevate a tutte le quote; per la maggior parte delle stazioni non si è però raggiunto il record storico. Quest’ultimo è ancora detenuto dall’estate 2003 che aveva frantumato i record sia a giugno che ad agosto, sia nei valori estremi che nelle medie.

Figura 1. Temperature medie estive a Trento Laste

Stazione quota inizio serie

numero dati

media estate 2012

max serie

anno max serie

pieve tesino (o.p.enel) 775 1955 47 19.0 20.2 2003

lavarone 1155 1925 72 17.7 19.4 2003trento (laste) 312 1920 85 23.6 25.1 2003cavalese 1000 1935 72 18.4 20.6 2003tione 575 1975 36 20.4 22.8 2003

le temperature medie estive (giugno, luglio e agosto) del 2012 con-quistano il 9° posto su 90 anni di dati a disposizione presso la sta-zione di trento laste. in media un’estate come il 2012 o ancora più calda si verifica solo un anno ogni 10, secondo la statistica quindi nel 90% dei casi dovremo aspettarci un’estate 2013 più fresca.

Temp. media estate anno T(°C)

1 2003 25.12 1971 24.63 1950 24.44 1964 24.45 2001 23.86 1945 23.77 1974 23.78 1947 23.69 2012 23.610 1952 23.511 1998 23.512 1994 23.413 1928 23.214 2000 23.215 1973 23.1media 1920-2012 22

precipitazioni doppie rispetto alla media hanno caratterizzato invece, con cadenza quasi settimanale, il mese di settembre, ma i 174.2 mm caduti non sono affatto eccezionali risultando molto inferiori a quanto misurato nel 1965. Quasi esattamente nella media (solo 0,1°c più caldo) le temperature, con una punta massima di 29,1°c l’8 settem-bre ed una minima di 8,8°c misurati il 20 settembre. le temperature medie estive (giugno, luglio e agosto) del 2012 con-quistano il 9° posto su 90 anni di dati a disposizione presso la sta-zione di trento laste. in media un’estate come il 2012 o ancora più calda si verifica solo un anno ogni 10, secondo la statistica quindi nel 90% dei casi dovremo aspettarci un’estate 2013 più fresca.

Figura 2. Precipitazioni nei mesi estivi a Trento Laste

Figura 3. Record di temperatura

Figura 4. gli anni più caldi a Trento Laste

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mÜLLeR tHuRgAu

eVOLUzIOne deLLa SUPeRFIcIe, deLLa SeLezIOne cLOnaLe

e deLLe tecnIcHe agROnOMIcHe negLI ULtIMI 20 annI

la viticoltura del trentino ha subito negli ultimi trent’anni profonde variazioni non tanto in termini di superficie, che è rimasta sostanzial-mente stabile (10.000 ettari circa), quanto nel panorama varietale. nel 1980 l’80% della superficie era coltivata con varietà a bacca rossa con la schiava maggiormente rappresentata. nel 2010 la situazione si è ri-baltata, infatti oltre il 70% della superficie è coltivato con vitigni a bacca bianca, e meno del 30% a bacca rossa. le varietà più rappresentate sono chardonnay e pinot grigio.Anche nel caso della coltivazione del müller thurgau, si è passati da soli 124 ettari coltivati nel 1980 agli attuali 900 ettari, che rappresen-tano circa il 9% della superficie. Nella stessa Val di Cembra, terra di elezione del vitigno, molti anni fa il müller thurgau era la varietà di completamento rispetto alla schiava. ora la situazione è capovolta e la coltivazione di questo vitigno ha trovato territori diversi dalla val di cembra, ove esprime caratteristiche enologiche molto interessanti, come le colline Avisiane, le colline di trento e della vallagarina, l’Alto-piano di Brentonico, la valsugana, la val di cavedine e le giudicarie.la varietà ben si adatta ad essere coltivata ad altitudini medio alte e con l’innalzamento medio della temperature ci si è spinti fino a 850 me-tri di altitudine. conseguentemente si è elevata anche la quota minima dai 500 ai 550 metri. infatti le caratteristiche intrinseche della varietà

Antonio Patton, Maurizio BotturaFondazione Edmund Mach - Unità viticoltura

Centro Trasferimento Tecnologico

quale la sua aromaticità viene esaltata da gradazioni zuccherine non elevate (massimo 16,5° babo o 19,4 ° brix) e da un tenore acidico im-portante. inoltre la fertilità si mantiene elevata anche in altitudine.la zona principale di coltivazione è la val di cembra e le colline avisia-ne con circa 450 ettari, poi la valle di cavedine con 125 ettari circa, la vallagarina con oltre 100 ettari compresa la zona di cimone, l’Atopiano di Brentonico e le colline di trento con 50 ettari ciascuno, la valsugana con circa 45 e le giudicarie 30 ettari. tutte le zone evidenziano quale fattore discriminante di scelta non tanto le caratteristiche del terreno, che comunque riveste importanza, ma le caratteristiche climatiche.la forma di allevamento prevalente è la pergola semplice nel 70% dei casi, e nel rimanente 30% il guyot. nel caso di impianti ad altitudini limiti è da privilegiare il guyot.Dal punto di vista fitosanitario il Müller Thurgau è sensibile all’oidio e alla botrite sia in fioritura che in raccolta.il disciplinare di produzione trentino Doc permette 140 q.li /ettaro; mentre il disciplinare trentino Doc superiore consente di produrre 120 q.li ettari.i cloni utilizzati sono per la maggior parte di origine tedesca quali D 100, st 41, st 20, Wu 12-4, 646 ecc. Da alcuni una intensa attività di selezione clonale all’interno della fon-dazione mach in collaborazione con Avit (Associazione vivaisti trentini) sta portando al riconoscimento di nuovi cloni di provenienza locale.i portainnesti consigliati sono mediamente forti quali Kober 5bb, so4 e 1103 paulsen, essendo l’areale di coltivazione elevato ed avendo la varietà una vigoria medio debole.Questa panoramica sull’areale di coltivazione evidenzia come il tren-tino produca l’80% della produzione nazionale di müller thurgau. Di questa produzione circa l’80% viene imbottigliata come vino fermo nella quota parte maggiore, e come vino spumantizzato mediante fer-mentazione in autoclave per circa 1/3.la quasi totalità del vino müller thurgau viene consumata in italia.

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le nozze d’argento della rassegna del vino müller-thurgau in val di cembra spingono a rifocalizzare le conoscenze di rilievo enologico relative alla varietà e al loro divenire nell’arco, indicativamente, degli ultimi 2 decenni partendo da una considerazione di tipo “storico”: 20 anni fa la situazione del müller-thurgau non era così rosea come - entro certi limiti e per certi versi - è stata successivamente. i prezzi pagati erano significativamente più bassi, il 20-25 % in meno di quelli dello Chardonnay, e le conoscenze scientifiche e tecniche circa le peculiarità enologiche della varietà ottenuta dal professor müller era-no piuttosto limitate.A puro titolo di esempio, dal punto di vista scientifico e relativamente ai composti responsabili dell’aroma del müller-thurgau (mt), in quegli anni si disponeva solo di alcuni studi del prof. Adolf rapp dell’institut für rebenzüchtung di geilweilerhof (siebeldingen, D) sui composti aromatici in forma libera - ma nulla si sapeva circa le corrispondenti forme glicosilate - e quelli di versini, della metà degli anni ottanta, sul ruolo della produzione di uva per ettaro e sul profilo aromatico di grappe trentine di mt. Queste ultime - messe a confronto con altre di moscato, traminer e nosiola - mostravano che il rapporto varietale Moscato/Müller per un terpene importante per la componente florea-le come il linalolo era circa di 10 a 1.Bassi prezzi e limitate conoscenze scientifiche sono state due più che buone ragioni per far pensare ai ricercatori dell’allora istituto Agrario di san michele all’Adige che fosse importante e pienamente insito nella mission istituzionale avviare un “progetto mt” che - portato avanti dal-la Cantina di Microvinificazione e dal Laboratorio di gascromatografia senza particolare formalizzazione - ha trovato la collaborazione di vari

Caratterizzazione enologica e variabilità

Giorgio Nicolini, Sergio Moser, Anita Dalla Serra, Roberto LarcherUnità Chimica Vitienologica & Agroalimentare

Centro Trasferimento Tecnologico FEM-IASMAv. Mach 1, 38010 S. Michele all’Adige (TN)

produttori. Lo scopo finale del “progetto” era quello di conoscere la va-riabilità compositiva di rilievo enologico del mt, intesa come strumento primo e irrinunciabile per ottimizzare la qualità del vino.in quest’articolo, che sviluppa e integra la relazione tenuta a cem-bra il 6 luglio 2012 in occasione del convegno “rendering del müller thurgau”, si realizzerà un excursus delle conoscenze via via prodot-te relative alla caratterizzazione e alla variabilità compositivo-tecno-logica nel müller thurgau in trentino.

Le CoNoSCeNZe ACQuISIteprodotti del “progetto”, proseguito per circa una decina di anni, sono state una serie di conoscenze relative a:

i composti aromatici, sia in forma libera che legata a glicosidi, delle uve e dei vini;i composti azotati a basso peso molecolare, interessanti principalmente per i loro effetti sull’aroma prodotto dai lieviti nei vini;gli effetti di alcuni “fattori fissi”, non gestibili dal singolo (e.g. macroclima, anno di vendemmia, zone di coltivazione …) gli effetti di alcuni “fattori gestibili” da contadini e enologi nei loro appezzamenti o in cantina (e.g. data di raccolta, tecniche di vinificazione, concimazioni azotate, gestione della luminosità sulla chioma …).

Non tutte le informazioni tecniche e scientifiche ottenute potranno es-sere adeguatamente discusse in quest’articolo; conseguentemente, per eventuali approfondimenti si rimanda ai lavori riportati in ordine cronologico in coda e facilmente reperibili presso la biblioteca della fondazione e. mach.

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L = linalolo; G= geraniolo; aT= alpha-terpineolo; D= OH-diol I; (µg/L)Anno 1

Anno 2

Anno 1

Anno 2

Figura 1: Contenuto terpenico (µg/l) delle forme libere (sx) e glicosilate (dx) di vini Müller Thurgau di due vendemmie

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L = linalolo; G= geraniolo; aT= alpha-terpineolo; D= OH-diol I; (µg/L)Anno 1

Anno 2

Anno 1

Anno 2

Il profilo terpenico legato dei vini è più stabile di quello delle for-me libere, rimane lo stesso indipendentemente dalla regione di origine dei vini (figura 2) e può contribuire alla discriminazione varietale.

relativamente ai composti di origine prefermentativa, i vini mt si ca-ratterizzano per una certa tendenza a dare, rispetto a chardonnay, più elevati contenuti dei cosiddetti “alcoli a sei atomi di carbonio”, cui sono solitamente associate sensazioni olfattive di tipo vegetale, da foglia stropicciata. si è potuto osservare che i rapporti tra le mole-cole principali (esanolo, trans e cis-3-esenolo) di questa categoria tecnologica di composti sono fortemente condizionati non solo dal-la presenza o assenza di ossigeno, come già noto, ma anche del momento nel quale la solfitazione dei mosti viene realizzata. Con-seguentemente, i valori di tali rapporti hanno acquisito valore come possibili parametri nel controllo di processo.

glI aromI varIetalI e PrefermentatIvIRelativamente al profilo aromatico varietale, di natura terpenica (Figura 1), responsabile della nota floreale, l’OH-diolo I (D) è il più rilevante in termini quantitativi ma il suo significato in termini senso-riali è pressoché irrilevante, per lo meno entro quel paio di anni che rappresentano il tempo usuale entro il quale il vino mt viene consu-mato. In termini sensoriali e tecnologici invece, il profilo terpenico libero del vino MT è caratterizzato dal linalolo (L) - a nota floreale,

da gelsomino, in concentrazioni medie dell’ordine dei 30-60 micro-grammi/litro in vini di 1 anno - e, in minor misura, dal geraniolo (g). l’alfa-terpineolo, composto presente in maggior concentrazione in altre varietà aromatiche, è invece molto basso. linalolo e geraniolo sono anche i terpeni tecnologicamente più importanti fra le forme legate a glicosidi e solo dopo idrolisi possono contribuire ai sentori floreali; le quantità in gioco sono comunque relativamente limitate anche tra le forme legate.

germany

0

50

100

150

200

250

300

oxA oxB oxc oxD at g D i D ii 8lt 8lc pm oxA oxB oxc oxD at g D i D ii 8lt 8lc pm

South-TyrolPalatinato

(n= 5)

Trentino –Alto Adige

(n= 14)

Figura 2: Profilo dei composti terpenici glicosilati (µg/L) di vini Müller Thurgau di diversa origine geografica. (Legenda: oxA, oxB, oxC, oxD= ossidi di linalolo A, B, C, e D; aT=alfa-terpineolo; g= geraniolo; D I e D II = OH diolo I e II; 8Lt e 8Lc = 8 idrossi linalolo trans e cis; pM = p-mentendiolo)

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AZoto DeI moStI e ARomI FeRmeNtAtIVIrelativamente ai composti azotati dei mosti - responsabili in buona parte della formazione da parte dei lieviti dell’aroma fruttato dei vini - si è osservato come il quadro aminoacidico veda la prevalenza quantita-tiva dell’arginina e secondariamente della prolina, quest’ultima però di nessuna utilità in termini trofici per i lieviti in fermentazione. Rispetto ad altre varietà bianche del territorio, chardonnay e pinot grigio in parti-colare, l’ammonio e gli aminoacidi nei mosti di mt risultano essere so-litamente piuttosto bassi, con la conseguenza che l’azoto assimilabile a disposizione dei lieviti è per lo più limitato (figura 3).

ne deriva la tendenza dei mosti mt a dare vini meno fruttati rispetto ad es. a chardonnay, con minor produzione da parte dei lieviti di acetati di alcoli superiori (“acetati”, aroma da mela) e, leggermente, di esteri etilici di acidi grassi (“esteri”, aroma da frutta esotica, banana-ananas) (figura 4), a fronte di un talora maggior 2-feniletanolo che può contribuire alla nota floreale, leggermente da rosa.

L’INCIDeNZA DI FAttoRI AgRoNomICI la qualità del mt è condizionata da numerosi fattori agronomici quali la zona/altitudine, l’anno, le condizioni macroclimatiche, il clo-ne, il livello di maturazione/data di raccolta, l’entità delle concima-zioni azotate, la radiazione luminosa, il sistema di allevamento ...l’effetto positivo dell’altitudine è ad esempio provato dall’analisi chimica dei composti aromatici di vini mt sperimentali, i cui risultati concordano con le percezioni sensoriali (figura 5).

Figura 5: PCA e bi-plot, realizzati su base chimico-analitica (sopra) e organolettica (sotto), descrittivi di vini MT sperimentali distinti in relazione all’altitudine degli appezzamenti di origine delle uve.

0

50

100

150

200

250

300

350

ind. exp. ind. exp.

ApA

(mg/

l)

CHARDONNAYCHARDONNAY

MUELLERMUELLER--THURGAUTHURGAU

Figura 3: Contenuto in azoto prontamente assimilabile di mosti Chardonnay e Müller Thurgau ottenuti in scala industriale (ind) o sperimentale (exp) in una stessa annata.

0500

1000150020002500300035004000450050005500

120 - mt 240 - cH 291 - sB 438 - cH2azoto facilmente assimilabile (mg/l) - varietà

µg/L

acetatiesteri

Figura 4: Contenuto nei vini di composti aromatici responsabili delle note fruttate ottenuti a partire da mosti Müller Thurgau (MT), Chardonnay (CH) e Sauvignon blanc (SB) dotati di diverso contenuto di azoto assimilabile utilizzando 9 ceppi di lievito per ciascun mosto (media, min, max).

Analogamente, è piuttosto chiaro l’effetto positivo sull’aromaticità terpe-nica del mt esercitato da annate relativamente più fresche, caratteriz-zate da valori più bassi dell’indice eliotermico di Huglin (figura 6). Ad annate calde corrisponde il dimezzamento del livello di terpeni tecnolo-

gicamente utili e (dati non mostrati) la facilitata presenza nei vini delle cosiddette “note da invecchiamento atipico” dovute alla formazione del 2-aminoacetofenone e di sgradevoli composti solforati.

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se gli effetti di macroclima e altitudine sono fattori ben poco condi-zionabili da coltivatori ed enologi, ce ne sono altri i cui effetti sono invece maggiormente sotto controllo umano; un esempio è dato dal clone, la cui scelta può condizionare significativamente i risultati enologici. tra i portati del “progetto mt” vi è stata anche l’identi-ficazione - sulla base di uno studio quinquennale - dei cloni che, tra quelli disponibili in quegli anni, meglio si adattavano - anche in termini di performance aromatiche - alle condizioni del trentino (figura 7).

L’INCIDeNZA DI FAttoRI eNoLogICImolte sono state le opzioni enologiche e microbiologiche testate negli anni, tra cui l’uso di enzimi pectolitici, glicosidasici e di liquefa-zione, gli effetti dell’iper-ossidazione, del momento di utilizzo della so2, della presenza o meno di sali di rame o argento, del’appas-simento .... restando nei limiti dell’enologia più “tradizionale”, la macerazione pellicolare è risultata essere sempre positiva per il mt. infatti, quali che fossero le condizioni di macerazione applicate (purché tecni-camente corrette e ben gestite), i vini macerati sono risultati più fruttati, floreali, tipici, leggermente verdi ma più piacevoli rispetto ai testimoni di controllo non macerati (figura 8).

0

50

100

150

200

250

550 600 650 700 750 800 850 900indice di Huglin ( Ago.- sett. )

arom

a po

tenz

iale

tecn

olog

ico

(µ/L

) y = - 0.214 x + 270 r2 = 0.483

'96 '95 '93 '99 '97 '94

Figura 6: Andamento dell’aromaticità dei vini in relazione all’indice di Huglin dei 2 mesi precedenti la raccolta (5 cloni x 6 anni; stesso appezzamento).

0

50

100

150

200

D100 Wü 7/5 st19 st20 646clone

µg /

L

16.01-6.71-3.26

16.61-6.75-3.31

16.45-7.18-3.27

16.46-7.11-3.2316.77-6.65-3.31

°Brix - ac.tot.- pH

Figura 7: Aroma varietale di rilievo tecnologico di vini di 5 cloni di Müller Thurgau. Per ciascun clone è riportata anche la com-posizione di base dei mosti. In verde i cloni che hanno fornito le migliori performance.

-15

-10

-5

0

5

10

15

fruttato floreale verde tipicità acidità piacere

stan

dard

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mea

n sc

ore

not macerated control mac. 12°c x 21hmac. 21°c x 3.5h 16-18°c x 4h + pectic enz.

aa

a

a a

a ab

b

b

b

bb

b

b b

b

*** ********n.s. n.s.

Figura 8: Valutazione organolettica di vini ottenuti da uve MT processate con diverse tecniche di macerazione prefermentativa rispetto a vinificazioni tradizionali non macerate di controllo.

Anche la data di raccolta delle uve esercita un ruolo nel condizionare il quadro aromatico dei vini mt. se nell’intorno della vendemmia i terpeni floreali tecnologicamente utili arrivano a un plateau che può durare diversi giorni per poi, solitamente, calare in leggera sovramaturazione - consen-tendo da un punto di vista strettamente terpenico una programmazione della vendemmia più tranquilla, fatto salvo il mantenimento della sanità dell’uva nel periodo -, il posticipare leggermente l’epoca di raccolta tende a incrementare il contenuto delle note speziate dei vini dovute ai fenoli volatili e a far calare il rapporto tra “acetati” ed “esteri”, con una prevalenza di note fruttate più mature ed evolute benché meno fresche.

-30

-20

-10

0

10

20

30

40

strain1

strain2

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% c

ompa

red

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train

5

"acetates" % "esters" %

controlDavis522

Figura 9: Variabilità indotta dal ceppo di lievito nella produ-zione di composti responsabili del fruttato in vini MT. Valori % normalizzati fatta 100 la produzione del ceppo di controllo Davis 522.

nel corso del progetto mt si è voluto inoltre valutare anche il peso del ceppo di lievito. si è potuto constatare come questo sia piuttosto importante, essendo in grado di determinare differenze del 30-60% in termini di produzione di esteri e acetati responsabili del fruttato (figura 9).

Queste e molte altre risultanze sperimentali “classiche” sono val-se negli anni al “progetto mt” graditi riconoscimenti, sia in loco (foto 1) sia all’estero. lo testimoniano l’assegnazione nel 2001 in germania del “rudolf Hermann foundation international Award in viticultural and Horticultural science” e successivamente l’invito a relazionare sui risultati scientifici ottenuti in Trentino in occasione del congresso in occasione del 125° dell’ottenimento della varie-tà, organizzato dai centri di ricerca tedesco e svizzero dove aveva lavorato il prof. müller.

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glI svIlUPPI teCnologICI PIù reCentIl’attività di sperimentazione a supporto della produzione del mt non si è fermata e negli anni più recenti a farla da padrona è stata la tecnica e l’impiantistica finalizzata alla iper-riduzione dei mosti trattati sotto gas inerte, sviluppate fino a scala industriale con la collaborazione di alcune cantine private del territorio provinciale.

riprendendo e integrando liberamente dalla presentazione di mattivi in occasione del 20° della rassegna del müller thurgau a Cembra, un bilancio della tecnica di vinificazione con pressatura vede, come per ogni opzione tecnologica, aspetti di positività e di negatività, ai quali ultimi si rimedia con adeguate precauzioni e ac-corgimenti. tra gli aspetti di positività si annoverano:

l’integrazione dell’aroma varietale con note fruttato-agrumate, talora leggermente vegetali, dovute alla produzione fermentativa di composti aromatici di natura tiolica;la possibilità di arricchire il vino nei componenti localizzati nella buccia e di ulteriore “tipicizzazione”;la possibilità di ridurre la so2 grazie al controllo totale dei processi ossidativi enzimatici, alla riduzione dei composti che combinano la so2 e al mantenimento di antiossidanti endogeni tra cui, di particolare significato, il glutatione;la possibilità di una miglior valorizzazione di una parte delle frazione di pressatura;la tendenziale maggior struttura e il maggior corpo nei vini.

tale approccio tecnologico richiede tuttavia l’adeguamento degli impianti e controlli di processo stringenti a verifica della coerenza “protettiva” di tutto il processo di vinificazione. La comparsa di note amare o di note di riduzione è inoltre un rischio che va monitorato con attenzione anche a fronte di una possibile diversa evoluzione del vino nel lungo periodo. nel caso poi del müller-thurgau, va posta attenzione a evitare un’eccessiva pressatura per le partite troppo ricche di catechine nella buccia, eventualmente tenendo separate le ultime frazioni di pressatura.

IN CoNCLuSIoNeAlla fine di questo excursus ventennale, non certo esaustivo, delle conoscenze scientifico-tecniche prodotte dalla ricerca e sperimen-tazione trentina sul müller thurgau, oggi possiamo dire di cono-scere:

i composti realmente responsabili della caratterizzazione aromatica floreale, la loro localizzazione ed evoluzione con la maturazione dell’uva e nell’invecchiamento, il loro comportamento rispetto all’altitudine, all’esposizione, al sistema di allevamento, alle condizioni macroclimatiche, all’invecchiamento …;i composti e gli interventi attraverso i quali agire sulle componenti fruttate, su quelle speziate e quelle leggermente vegetali;il ruolo del clone nella caratterizzazione aromatica della varietà;il ruolo della tecnica enologica, con particolare riferimento alle tecniche di macerazione, alla gestione dei meccanismi ossidativi/riduttivi, ai trattamenti enzimatici estrattivi o di liberazione aromatica, alle pressature, alla gestione delle temperature di fermentazione, all’uso di nutrienti azotati …il ruolo del ceppo di lievito.

Alcuni aspetti rimangono sicuramente ancora poco chiari - quali ad es. le cause della diversa produzione e ricaduta sensoriale di com-posti tiolici parzialmente fruttati in müller thurgau rispetto a altre va-rietà bianche, esempio sauvignon blanc - mentre ad altre esigenze avanzate dal territorio si sta cercando di dare risposta - ad es. una migliorata disponibilità di nuovi cloni territorialmente validati. si può comunque affermare che l’approccio euristico applicato dalla speri-mentazione enologica ha fornito in questi anni, ai tecnici di campagna

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e di cantina, strumenti e conoscenze per rendere le loro scelte più coscienti; con un obiettivo di fondo: quello di assicurare, al più alto livello possibile, la qualità e la shelf-life del müller thurgau trentino.

foto 1: scultura con la quale il comitato valle di cembra ha voluto ringraziare il “progetto mt” per il contributo dato al territorio.

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geNI e ProfUmo

in una precedente edizione della mostra di cembra avevamo ricostruito la storia delle origi-ni del müller thurgau e raccontato come, in se-guito alle analisi del DnA, fosse stata messa in dubbio, e alla fine risolta, l’identità dei suoi geni-tori. A distanza di qualche anno, nuovi elementi si possono aggiungere alla genesi del vitigno, ma anche prime evidenze sul controllo genetico della qualità aromatica delle sue uve. il müller thurgau è stato ottenuto per incrocio intenzionale di due cultivar di vite da Hermann müller nel 1882, presso la stazione di ricerca di geisenheim in germania. nelle convinzioni del breeder, le due varietà parentali erano il riesling renano (usato come pianta portaseme) ed il sil-vaner (usato come donatore del polline). tra i numerosi semenzali prodotti da questa opera-zione, nel 1897, quando Hermann müller era direttore della stazione di Wädenswil in svizze-ra, il genotipo n. 58 venne selezionato, molti-plicato e inizialmente registrato come “riesling x silvaner”, nome ancora oggi usato in certe zone e a volte contratto in “rivaner”. successi-vamente, un ispettore viticolo reintrodusse i ma-teriali viticoli in germania denominandoli müller “thurgau”, con riferimento al cantone svizzero di origine del breeder. fu solo negli anni ’50 che

M. Stella GrandoFondazione Edmund Mach - Centro Ricerca e Innovazione

il vitigno, dopo una fase di sperimentazione, venne coltivato estesamente in germania per essere poi adottato in altre regioni viticole euro-pee e diventare il più diffuso vitigno ottenuto da incrocio deliberato al mondo (ca. 42.000 ha). con le analisi genetico-molecolari è stato ri-costruito che l’incrocio effettuato da Hermann müller aveva coinvolto effettivamente la varie-tà riesling renano, ma che il polline proveni-va in realtà da piante di madeleine royale (o Königliche magdalenentraube), una cultivar per uve da tavola erroneamente scambiata per silvaner. non è la prima volta che per un vitigno apprezzato, le analisi del DnA rivelano pedigree apparentemente non all’altezza. e’ successo anche per chardonnay, riesling, gamay, Auxerrois e molte altre classiche va-rietà europee che hanno tutte in comune la discendenza dal semplice e vigoroso gouais blanc (chiamato anche Heunish Weiss, Beli-na Drobna e con numerosi altri sinonimi).Addentrandosi nella genealogia del müller thurgau, indagini genetiche più recenti han-no rivelato che madeleine royale proviene dall’incrocio tra un pinot e la schiava grossa (o Trollinger). Ma identificati i “nonni materni” del Müller, resta ancora da definire con quale

compagno il gouais blanc abbia generato il riesling renano (fig. 1), dato che l’autofecon-dazione può essere esclusa. e’ plausibile che sia stato proprio lo sconosciuto nonno paterno a trasmettere alle uve del müller le componen-ti sensoriali che oggi vengono valorizzate nei vini. ed è in questo senso che si sta sviluppan-do la nostra ricerca genetica quando mira a identificare i fattori ereditari che determinano le caratteristiche aromatiche dei diversi vitigni.Dopo vari esperimenti di genetica statistica - che comportano la ricerca di associazioni tra varianti del genotipo e varianti del feno-tipo in numeri significativi di individui - ab-biamo per esempio osservato che tutte le cultivar “moscato” (es. m. bianco, m. giallo, m. d’Alessandria etc.) possiedono la stessa variazione di sequenza in un gene (DXs, 1-deoxy-D-xylulose 5-phosphate synthase) risultato essere determinante per l’accumu-lo di monoterpeni come nerolo e geraniolo, e in parte per il contenuto di linalolo nelle uve. varietà ad aroma moscato originate per mutazione spontanea di cultivar diverse dai moscati, come il gewürztraminer, lo chas-selas Musqué o lo Chardonnay Musqué, presentano varianti (aplotipi) specifiche del

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emanuelli, f., Battilana, J., costantini, l., le cunff, l., Boursiquot, J., this, p., grando, m. s. (2010). A can-didate gene association study on muscat flavor in gra-pevine (vitis vinifera l.). Bmc plant biology, 10(241).

Dettweiler e., Jung, A., zyprian, e., töpfer, r. (2000). grapevine cultivar müller -thurgau and its true to type descent. vitis, 39(2), 63-65.

nicolini g., versini g., Dalla serra A., seppi A., Ama-dei e., falcetti m. (1995). Aspetti compositivi di mosti e vini müller -thurgau del trentino. - riv. vitic. enol., 48(3):47-61

vouillamoz, J.f. and Arnold, c. (2010). microsatel-lite pedigree reconstruction provides evidence that ‘müller-thurgau’ is a grandson of ‘pinot’ and schiava grossa. vitis, 49(2), 63-65.

gene DXs, non comuni alle cultivar con uve neutre. tali strutture del gene sembrano mo-dificare l’attività dell’enzima corrispondente e questo potrebbe tradursi, a valle del pro-cesso biochimico, in concentrazioni più ele-vate di monoterpenoli (fig. 2). nel müller thurgau non è stata trovata alcuna variazione del gene DXs che possa essere associata alla sua particolare composizione aromatica, così come non la si è osservata nei suoi genitori e ciò potrebbe essere messo in relazione con altri fattori genetici che agiscono piuttosto sul livello di linalolo. e’ questo infatti il composto che tra gli altri meglio spiega il profu-mo dei vini müller, una volta che si libera dalla forma legata accumulata nelle uve e anche si trasforma durante la fermentazione. in base ad alcune evidenze emerse dagli esperimenti genetici precedentemente ac-cennati, sappiamo che i livelli di linalolo sono spiegati in parte della forma del gene DXs e in parte dal contenuto di un’altra regione genomi-ca identificata nel cromosoma 10. E’ in questa direzione che prosegue la ricerca, cercando di identificare quali dei geni presenti in quel tratto cromosomico possono avere un ruolo diretto o indiretto nella biosintesi dei terpeni e con qua-le meccanismo agiscono in risposta alle varia-zioni cellulari e ambientali che determinano la composizione dell’uva a maturazione.

Figura 1. Pedigree del Müller-Thurgau confermato con l’analisi dei marcatori del DNA delle varietà presenti nella collezione ampelografica FEM.

Figura 2. Modello delle due forme della proteina DXS (M=nei moscati, NM=nei non moscati) e risultato di un test di attività enzimatica che le mette a confronto (da Battilana et al. 2011). La freccia indica la differenza nella sequenza aminoacidica ed il possibile cambiamento conformazionale della proteina.

RIFERIMENTI BIBLIOgRAFICI:Battilana, J., emanuelli, f., gambino, g., gribaudo, i., gasperi, f., Boss, p., grando, m.s. (2011). functional effect of grapevine 1-deoxy-D-xylulose 5-phosphate synthase substitution K284N on Muscat flavour for-mation. Journal of experimental botany, 62(15), 5497-5508.

Battilana, J., costantini, l., emanuelli, f., sevini, f., segala, c., moser, s., velasco, r., versini, g., gran-do, m.s. (2009). the 1-deoxy-d -xylulose 5-phosphate synthase gene co-localizes with a major Qtl affecting monoterpene content in grapevine. theoretical and applied genetics, 118(4), 653-669.

emanuelli, f., Battilana, J., costantini, l., grando, m.s. (2011). molecular breeding of grapevine for aromatic quality and other traits relevant to viticulture. in Bree-ding for fruit quality (pp.247-260). chichester : Wiley.

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Heunisch / gouais ? Pinot Schiava grossa

Riesling renano Madeleine Royale

Müller Thurgau

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nel mese di agosto, come di consueto, si sono svolte le giornate di “porte Aperte” a maso del-le part e maso maiano, alle quali hanno partecipato centinaia di agricoltori. un’occasione per approfondire tematiche di diffuso interesse, dalla difesa del melo alle forme di allevamento e meccanizzazione, passando per l’innovazione varietale e l’architettura di impianti e portinne-sti. ecco, quindi, una sintesi delle relazioni dei tecnici della fondazione mach che sono state presentate a maso delle part venerdì 3 agosto.

“PORTE APERTE” AI MASI DELLA FONDAZIONE MACH

la scelta di un clone oppure di una nuova varietà è un aspetto molto importante che ha evidenti ripercussioni sulla resa economica per l’intera durata del frutteto. nella giornata di porte aperte, all’azienda di maso delle part, è stata data la possibilità a tecnici ed agricoltori di valutare, direttamente in campo, alcune del-le nuove e più promettenti proposte in ambito clonale e varietale. nelle parcelle sperimentali dell’azienda sono a confronto numerosi cloni delle varietà: gala, red Delicious, golden De-licious e fuji. Della famiglia clonale gala prossima alla maturazione, i partecipanti hanno potuto ap-prezzare la diversa colorazione e la maggiore stabilità fenotipica delle linee a sovracolore uniforme rispetto ai cloni striati.nel gruppo red Delicious, sebbene mancasse un mese alla maturazione, appariva già molto evidente l’anticipo di colorazione e la maggiore estensione del sovracolore nei cloni di nuova costituzione rispetto ai materiali diffusi da più tempo; in golden Delicious è stata apprezzata la maggiore facilità con cui alcune mutazioni gemmarie sviluppano, sui frutti, la caratteristi-ca faccetta rosata. molti di questi cloni hanno inoltre una minore suscettibilità alla ruggine epidermica, inferiore al clone “B” e simile a reinders. nel corso della visita sono state presentate inoltre le varietà resistenti a ticchiolatura, che nei diversi anni di valutazione sono apparse come più valide e interessanti. Queste acces-

meLoinnovazioni

varietali e clonaliPierluigi Magnago

teCnICa, rICerCa e sPerImentazIone

la fondazione mach ha sviluppato a maso Delle part alcune esperienze interessanti: il costante monitoraggio dei principali patoge-ni del melo (ticchiolatura, oidio, carpocapsa, ricamatori, afidi, cenerognolo e lanigero in particolare,…), lo sviluppo di alcuni fungicidi (polisolfuro, rameici, zolfi, bicarbonato di po-tassio) per il contenimento della ticchiolatura (usati anche con l’ausilio dei suggerimenti forniti dal modello rimpro), la gestione di 1,5 ha di frutteto in conversione bio dal 2011, il costante monitoraggio dello sviluppo degli scopazzi e degli eventuali vettori, la presen-tazione dell’attività del maso, come gestione della difesa, inserita nella rete di “aziende pi-lota di trento nord” su cui vengono applica-te strategie da estendere, successivamente, su territori ampi.nell’ambito della giornata i diversi argo-menti sono stati trattati con esempi concreti approfondendo in particolare l’importante problematica della ticchiolatura che, anche quest’anno, ha generato preoccupazioni crescenti fra i produttori e discutendo con i presenti la situazione scopazzi che ancora permane un tema sentito nel mondo produt-tivo. l’importanza di investire sullo sviluppo delle conoscenze e della formazione sono basi che risultano essenziali nel costruire quel filo conduttore che fa del produrre il punto di incontro fra mondo del biologico e dell’integrato: proprio le tematiche concrete quali ticchiolatura, carpocapsa, afidi, terre-no e sua fertilità, carica produttiva e sistemi di allevamento sono elementi di costruttivo confronto e costante ed armonica crescita professionale.

La lotta AI PatogenI

Luisa Mattedi, Flavia Forno, Romano Maines, Enzo Mescalchin,

Roberto Zanzotti, Matteo Secchi

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sioni sono state inserite in una sperimentazio-ne più ampia, presso alcune aziende private a conduzione biologica, promossa e finanziata dal Servizio Agricoltura Ufficio per le Produ-zioni Biologiche della provincia autonoma di trento. nel contesto dell’innovazione varietale è stato presentato il programma di miglioramento ge-netico del melo di fem, indicandone obiettivi e risultati raggiunti. le selezioni fem apparse finora come più promettenti, sono testate in diverse aree frutticole del trentino. in questo stadio di selezione, coordinato da c.i.f. (con-sorzio innovazione frutta), le nuove selezioni sono poste a confronto con le migliori varietà attualmente coltivate e con le novità varietali provenienti da altri programmi di miglioramen-to genetico nazionali e internazionali. le accessioni fem, inserite in questa prova, coprono un periodo di maturazione esteso da metà agosto a fine ottobre. Una selezione ha frutti gialli con faccetta aranciata (se coltivata in fondovalle) e le altre bicolore (colore di fondo e sovracolore); tutte hanno prevalentemente polpa croccante e succosa. le qualità gustati-ve spaziano dal dolce, al dolce acido equilibra-to fino ad acidulo. Un’accessione è resistente a ticchiolatura per la presenza del gene vf ed una presenta il carattere self thinning (allega e si sviluppa un solo frutto per mazzetto fio-rale), entrambi i caratteri sono d’interesse per la riduzione degli input chimici nel processo di coltivazione.

mele colpite da ticchiolatura

clone di gala con frutti a colorazione uniforme non striata

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le forme di allevamento sono strettamente legate al sesto di impianto e al tipo di pota-tura da adottare. l’obiettivo di qualsiasi im-pianto è di formare la struttura delle piante nel più breve tempo possibile riempiendo gli spazi a disposizione per ottenere efficienze produttive ottimali.l’adozione di potature corte con tagli di rin-novo nei sistemi spindle o nella forma di al-levamento più innovativa a biasse possono rappresentare soluzioni ideali per raggiun-gere in tempi brevi alte produzioni e di qua-lità, sia per il melo che per il pero.il fenomeno legato alla “stanchezza dei ter-reni” è notoriamente connesso alla succes-sione negli anni d’impianti della stessa spe-

ARCHItettuRA deglI ImPIantI

potature e portinnesti di melo, pero e ciliegio

Nicola Dallabetta

cie o affini per più cicli colturali: negli ultimi anni sono state introdotte a maso delle part nuove prove sperimentali sul melo di portin-nesti tolleranti al reimpianto a confronto con il tradizionale m9 per risolvere questa com-plessa problematica. Alcuni di questi sono resistenti a certi patogeni e generalmente di vigoria simile o maggiore di m9, adatti a forme di allevamento a più assi o per alcune cultivar deboli come red delicious. il pero, specie coltivata nel passato in val d’Adige e proposta a maso delle part come campo di prova dal 2001 su diverse varietà, portinnesti e forme di allevamento ha portato a dei buoni risultati ma con rese produttive inferiori rispetto al melo. William è la varie-

tà più interessante e può essere adatta per completare la gamma produttiva in aziende di medio-grandi superfici o per il biologico. nel 2010 è stata avviata una prova speri-mentale di ciliegio mettendo a confronto le due varietà Kordia e regina innestate su portinnesto debole come gisela 5 e più forte come piku1, per ottenere un cerase-to intensivo adottando forme d’allevamento compatte che agevolino le onerose opera-zioni colturali come diradamento e raccolta. la combinazione di queste forme d’alleva-mento con i portinnesti nanizzanti permette di intensificare la densità d’impianto rag-giungendo produzioni elevate per unità di superficie.

sono state presentate, oltre alle prove di potatura meccanica estiva or-mai al sesto anno, anche parcelle potate per la prima volta integralmen-te a macchina in inverno con un prototipo che opera dei tagli a finestra all’interno dell’albero impiegandoci solo 6 ore/ha contro le tradizionali 80. È stato evidenziato che il diradamento a macchina è efficace sia da solo che integrato dalla chimica, e che le piante a 2 o più assi facilitano l’accesso dei mezzi e quindi ogni tipo di meccanizzazione e di opera-zione colturale. sono stati mostrati i primi impianti di frutteto pedonabile che ricorda molto i moderni vigneti, gestito com’è solo da terra con filari distanti appena 2,5 metri. Infine uno sguardo alle potenzialità ancora da esplorare (diradanti, brachizzanti, anti-insetto, cosmetiche) della rete antigrandine monofilare, interessante alternativa agli attuali sistemi an-tigrandine.

FoRme DI ALLeVAmeNto e meccanizzazione

Alberto Dorigoni

prototipo di cimatrice a doppio piano di taglio per la potatura invernale del frutteto

portinnesto cg 41 (impianto 2011 maso delle part) resistente a phytophthora, colpo di fuoco e al reimpianto (provenienza: cornell university, geneva, nY, usA).

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Durante il processo di vinificazione possono intervenire fenomeni degenerativi, sia di ori-gine chimica che biologica, che rischiano di compromettere la qualità dei vini. tra le altera-zioni di origine biologica, una parte importan-te è svolta da microrganismi che non hanno un ruolo nella produzione, ma che possono indurre alterazioni organolettiche nei vini. le specie microbiche alterative d’interesse eno-logico sono note, tanto che alcune di esse, per esempio Brettanomyces bruxellensis, sono entrate nel lessico comune non solo dei tecnici ma anche degli appassionati di vino. tuttavia il controllo di questi microrganismi non è semplice perché tali forme microbiche si sono ben adattate all’ambiente enologico e sono resistenti sia alla composizione chimica del vino, sia ai principali agenti antimicrobici utilizzati in enologia. una risposta ai problemi delle contaminazioni microbiche in enologia è stata da poco propo-sta dall’unità chimica vitienolgica e Agroali-mentare della fondazione mach, dopo una ricerca durata due anni, che ha ricevuto un importante riconoscimento in germania, essendo stata premiata durante l’edizione 2012 del “gerd erbslöh Award”, primo lavoro italiano a ricevere questo riconoscimento da quando il premio è stato istituito.gli autori hanno posto l’attenzione su una delle fasi più critiche del processo enologi-co per le contaminazioni microbiche, l’affi-namento del vino in botte. Botti e barriques sono utilizzate per la maturazione dei vini dato che sono in grado di conferire al vino peculiari note aromatiche e di stabilizzarne la componente fenolica, fondamentale per il colore e il gusto del vino stesso. purtroppo però il legno, poroso e dotato di una notevo-le inerzia chimica e fisica, protegge i micror-ganismi alterativi, rendendo scarsamente efficaci i trattamenti antisettici.la principale innovazione della tecnolo-gia proposta sta nel fatto che essa non ha un’azione curativa, volta a eliminare i micror-ganismi alterativi insediatosi nelle botti ma, al contrario, protegge il legno, prevenendo

Prevenzione e controllo DeLLA CoNtAmINAZIoNe

mICRoBICA NeLLe BottI DA VINo

Raffaele Guzzon, Giacomo Widmann, Daniela Bertoldi, Roberto LarcherFondazione Edmund Mach, Centro di Trasferimento Tecnologico

l’insediamento al suo interno di lieviti o bat-teri dannosi. gli ideatori hanno sviluppato un trattamento superficiale del legno con un derivato della silice, il tetraetossisilano (teos). Questo composto, che trova già ap-plicazioni biomedicali, ha la caratteristica di formare polimero elastico e poroso. il teos è depositato sulla superficie del legno, me-diante legami con i composti cellulosici di cui il legno è ricco, ottenendo un materiale ibrido legno-silice. non è questa la sede per un’accurata descrizione della via sintetica, ci basta porre l’accento sul fatto che tale processo non richiede l’impiego di compo-sti o condizioni ambientali (pH, temperatura, presenza di solventi) tali da danneggiare il legno. la sintesi del materiale avviene per via gassosa, ottenendo cioè un vapore ricco di teos che è posto a contatto con il legno di quercia di cui sono fatte le botti. i risultati di tale trattamento sono visibili nelle osser-vazioni al microscopio elettronico a scansio-ne (sem) condotte in collaborazione con i colleghi del Dipartimento di ingegneria dei materiali dell’università di trento. la strut-tura iniziale del legno è porosa (figura 1A), ricca di concrezioni e deformazioni. Dopo il trattamento (Figura 1B) la struttura superfi-ciale del legno cambia: il materiale appare liscio e uniforme, con una superficie che non sembra offrire supporto all’adesione di mi-crorganismi alterativi. la caratterizzazione chimico-fisica del materiale ibrido legno-si-lice è stata condotta utilizzando diverse tec-niche analitiche tra cui l’analisi elementare e la risonanza magnetica nucleare in stato solido. i risultati (figura 2) evidenziano come il trattamento con il gas di silice provoca un arricchimento di questo elemento nel legno. l’accumulo di silice sul legno è proporziona-le al tempo di trattamento fino a 15 minuti di contatto, trascorsi il i quali non si ottengono significativi aumenti della quantità di silice depositata. la risonanza magnetica nu-cleare ha permesso di indagare la struttura molecolare del materiale. Il film depositatosi sul legno è un polimero ricco di legami tra le

diverse molecole di silice. tale condizione è garanzia della stabilità del materiale che, per la presenza di gruppi organici sulla su-perficie, è parzialmente apolare e quindi ca-pace di inibire l’adesione di microrganismi. i test biologici, condotti ponendo i campioni di legno in colture concentrate di microrga-nismi alterativi, hanno permesso di confer-mare questa ipotesi. In figura 3A e 3B sono riportate le superfici di una doga di legno di quercia, rispettivamente trattate e non trattate con teos, prima del contatto con i microrganismi alterativi. Dopo dieci giorni di contatto con una coltura di Brettanomyces bruxellensis nel caso del legno trattato con teos (3c) non si ha colonizzazione micro-bica che, al contrario, risulta presente nel legno non trattato con la formazione di una patina biancastra, indice del’avvenuta colo-nizzazione del legno da parte dei microrga-nismi alterativi (3D). Il trattamento crea un’efficace barriera alla penetrazione di microrganismi alterativi al-l’interno del legno. sono attualmente in corso analisi volte a verificare il mantenimento, no-nostante in trattamento con silice, dello scam-bio chimico tra vino e legno, fondamentale nei processi di affinamento e maturazione di que-sta bevanda. sia i risultati preliminari che pre-cedenti ricerche condotte dagli stessi autori consentono però di essere ottimisti anche su quest’aspetto poiché il polimero sintetizzato è caratterizzato da una microporosità che con-sente lo scambio di piccole molecole senza permettere la migrazioni di cellule attraverso la membrana silicea.in conclusione è possibile affermare che si stia affacciando un’interessante alternativa nel controllo microbico dei vasi vinari in le-gno, in grado di ridurre sia la proliferazione microbica sia i trattamenti antisettici dato che il legno stesso, una volta trattato risulta essere inerte all’attacco dei microrganismi. ci si augura che questa proposta incontri l’interesse di realtà produttive per una sua rapida ingegnerizzazione a vantaggio di tut-to il comparto enologico.

Una nUOVa tecnOLOgIa daLLa FOndazIOne MacH

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FIguRA 2. Concertazione di silice sulla superficie del legno in funzione del tempo di trattamento. Dati ottenuti mediante analisi elementare.

FIguRA 3. Effetto protettivo del trattamento con TEOS sulla superficie del legno verso la colonizzazione microbica. A:Legno trattato con TEOS prima del contatto con i microrganismi. B: legno non trattato prima del contatto cin i microrganismi. c: legno trattato con teos dopo 10 giorni di contatto con i microrganismi. D: legno non trattato con teos dopo 10 giorni di contatto con i microrganismi.

FIguRA 1. Fotografie ottenute mediante SEM della superficie del legno prima (A) e dopo (B) il trattamento con vapore di TEOS.

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Tra i nuovi problemi fitopatologici comparsi ne-gli ultimi anni, uno dei più preoccupanti sembra essere la diffusione del fungo Chalara fraxinea Kowalski. Questo ascomicete è stato iden-tificato solo recentemente (Kowalski, 2006) come responsabile del deperimento di Fraxi-nux excelsior: il fenomeno è stato osservato fin da metà degli anni ‘90 in Polonia per poi comparire in numerose altre nazioni dell’eu-ropa centrale e settentrionale. solo nel 2009 la sintomatologia è stata riscontrata in italia al confine con la Slovenia (Ogris et al., 2010), ma nel giro dei due anni successivi la fitopatia si è diffusa rapidamente in tutto il friuli e nel ve-neto. temendone la diffusione anche in tren-tino, nello scorso giugno è stato organizzato dal gruppo foreste e verde urbano dell’unita protezione delle piante e Biodiversità agro fo-restale (ctt – fem - iAsmA) un apposito so-pralluogo nei principali popolamenti di frassino maggiore presenti in provincia. i sintomi iniziali del deperimento sono stati effet-tivamente riscontrati nel primiero ed in val va-noi, nonché nella bassa Valsugana (Grigno). La presenza della malattia è stata inoltre osservata anche in Alto Adige, in val pusteria. Dai campio-ni raccolti nei diversi siti è stato possibile isolare il patogeno, facilmente riconoscibile in base alle caratteristiche morfologiche delle colture.l’attacco sulle piante si manifesta con sintomi caratteristici: inizialmente si ha l’avvizzimen-to e la morte rapida dei nuovi getti erbacei e dei rametti di un anno (foto 1); le foglie riman-gono a lungo sulla pianta, acquistando un ca-ratteristico colore bruno scuro (foto 2) che permette l’individuazione della malattia anche a distanza. sezionando il ramo o rametto in-fetto è visibile una colorazione bruno-rossa-stra dei tessuti legnosi e del midollo (foto 3) che può estendersi anche nelle porzioni anco-ra apparentemente sane. sui rami di maggiori dimensioni si possono formare cancri corticali allungati o fusiformi (foto 4), talvolta delimitati da tessuti cicatriziali. infezioni reiterate sullo stesso soggetto provocano il progressivo dis-seccamento della ramificazione secondaria e terziaria, facendo assumere un aspetto rado

e sofferente alla chioma, indice dell’inizio del deperimento dell’intera pianta.Al momento si ritiene che le infezioni del fungo avvengano a carico della nuova vegetazione tramite le ascospore prodotte dai corpi fruttiferi della forma ascofora di C. fraxinea, Hymeno-scyphus pseudoalbidus, che si formano sui piccioli delle foglie dei rami infetti cadute a terra in autunno (foto 5). non sono però ancora del tutto chiare le modalità di inoculo e diffusione, anche se sicuramente il vento dovrebbe gio-care un ruolo fondamentale, considerando la rapidità con cui questo agente si è diffuso in europa (timmerman et al., 2011). finora la malattia sembra avanzare in trentino da nord est, interessando solo il frassino maggiore, sia in ambito urbano che in bosco.i frassini pur non essendo tra le principali spe-cie dei boschi trentini, hanno un ruolo ecologi-co importante e sono molto diffusi nei sopras-suoli di neoformazione, otre che come piante ornamentali. la presenza di questa patologia genera quindi forte preoccupazione anche perché non esistono al momento metodi di lotta efficaci. Si provvederà quindi, con la col-laborazione del servizio foreste e fauna della pAt, a monitorare anche questo nuovo proble-ma seguendone l’evoluzione nel tempo.

Il deperimento DeL FRASSINo

Gabriella Frigimelica*, Giorgio Maresi***Dottore forestale libero professionista

** FEM - IASMA

Il fungo chalara fraxinea anche in trentino

foto 5. Apoteci della forma ascofora di chalara fraxinea, prodotti in gran numero in estate sui piccioli delle foglie cadute in autunno.

foto 3. imbrunimento dei tessuti legnosi e del midollo.

foto 2. ramo di frassino maggiore ormai completamente disseccato da chalara fraxinea

foto 1. cancro corticale allungato

foto 4. cancro corticale allungato su ramo

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eLImINAto IL FoCoLAIo DI CANCRo BAtteRICo Su KIWI

All’inizio dell’estate i tecnici di s. michele ave-vano costatato la presenza di focolai di can-cro batterico su impianti di kiwi a pasta gialla realizzati qualche anno fa sul colle di tenna con piante acquistate da un vivaista del vene-to presumibilmente già infette. l’istituto Agra-rio ha confermato la diagnosi e sulla base del referto l’Ufficio fitosanitario provinciale ha or-dinato l’abbattimento di tutte le piante colpite. Una verifica compiuta in tutte le altre zone del trentino nelle quali sono presenti impianti di kiwi ha escluso per il momento la presenza di altre infezioni. L’allerta da parte dell’Ufficio fitosanitario rimane comunque attiva.

CRISANtemI IN VASoPossIbIlI avversItÁDal settembre a tutto il mese di ottobre i cri-santemi coltivati in vaso e tenuti all’aperto o sotto copertura hanno bisogno di continue somministrazioni di concime ed acqua per completare la crescita della parte vegetativa e dei fiori. Il concime consigliato dai tecnici è del tipo 20-20-20 e va somministrato con l’ac-qua di irrigazione. La difesa fitosanitaria nello stesso periodo deve tenere sotto controllo la ruggine bianca, gli acari e i tripidi con principi attivi specifici e mirati ai singoli obiettivi.

mummIFICAZIoNe BIANCA DeLLe CAStAgNeSi chiama Gnomodiopsis sp. e pare identificarsi con una forma già conosciuta con il nome pho-ma endogena il fungo che provoca la mummi-ficazione bianca della polpa delle castagne. Il danno è stato osservato per la prima volta lo scorso anno da giorgio maresi, esperto di ma-lattie del castagno di s. michele, in una zona ca-stanicola circoscritta di crosano di Brentonico. L’esperto sta verificando l’ipotesi che lo stesso fungo si trovi anche sulle galle e sulle foglie dei castagni colpiti da mosca galligena.

CoNtRoLLo BIoLogICo della ProCessIonarIa deI PInIil servizio foreste e fauna della provincia ha effettuato un trattamento con insetticida

a cura di Sergio Ferraritecnica flash

biologico contro la processionaria su piante di pino situate lungo tratti di strada percorsi da traffico sulla base di dati rilevati dagli en-tomologi della fondazione mach: la somma dei tratti interessati dall’intervento non supe-rerà i 40 km. contro i 150 degli anni scorsi.

PrImI nIdI dI ProCessIonarIala processionaria del pino si sta già prepa-rando all’inverno. gli entomologi forestali della fondazione mach hanno iniziato il con-trollo dei nidi provvisori che contengono le larve di prima età. il monitoraggio interessa 6 località del trentino: cembra, strigno, fon-do, Denno, Ala e riva del garda. il conteggio servirà da base per decidere l’opportunità di un intervento con insetticida biologico da af-fidare al personale forestale di zona.

fagIolI ColPItI DA VIRuS DeL moSAICo

È probabilmente il virus del mosaico, di cui esistono svariati ceppi diversi per virulenza, la causa di una malattia del fagiolo che que-st’anno ha colpito questa leguminosa in tren-tino, veneto e piemonte quando le piante avevano raggiunto l’altezza di 70-80 cm. la diagnosi dovrà essere confermata dalle ana-lisi di laboratorio compiute da iAsmA su 60 campioni di piante e di legumi raccolti da ga-briele chistè, esperto di orticoltura dell’istituto agrario di s. michele. la malattia ha presen-tato diversi sintomi: raggrinzimento e bollosi-tà delle foglie, annerimento degli steli, blocco della crescita, deformazione dei baccelli sia sulle varietà da tegolina, quali lo stortino di trento, sia sui Borlotti tipo lamon. sembra che il virus sia stato diffuso da forme alate di afide nero comparse nel mese di giugno. Una forte infestazione di ragno rosso e acaro co-mune ha aggravato lo stato di sofferenza del-le piante che a fine agosto presentavano però agli apici un tentativo di ripresa vegetativa.

sIntomI dI sCoPazzI ANCHe Su meLI gIoVANIsintomi di scopazzi rappresentati in parti-colare da stipole sovrasviluppate e in molti

casi da vegetazione apicale affastellata sono stati osservati dai tecnici del grup-po agricoltura biologica della fondazione mach in frutteti di diverse zone del trenti-no. non solo su piante adulte ma anche su piante di melo di uno o pochi anni. in at-tesa dei risultati del monitoraggio ufficiale iniziato dopo il 25 settembre, i frutticoltori dovrebbero controllare la presenza di sinto-mi nei propri frutteti e segnare le piante da eliminare dopo la raccolta delle mele o al più presto, se si tratta di piante giovani non ancora entrate in produzione.

moSCA DeLLA FRuttA A NoRD DI tReNtola mosca della frutta quest’anno si è fatta notare in alcuni frutteti situati a nord di tren-to, dapprima su pesche mature ed in segui-to anche su mele gala e golden Delicious. l’insetto appartiene alla stessa famiglia della mosca delle ciliegie e della mosca delle oli-ve. sulle mele, spiegano i tecnici del gruppo agricoltura biologica di s. michele, si nota il foro prodotto dall’ovopositore della femmina e più tardi anche la presenza nei primi strati della polpa di una o più larve. i frutti punturati cadono prematuramente.

varroe PICCole e trasParentIQuest’anno le varroe che cadono sul fondo estraibile dell’alveare sono piccole e traspa-renti, quindi si stenta a vederle anche con una lente di ingrandimento. lo afferma emanuele Dalponte, decano degli apicoltori trentini, ag-giungendo che il numero di varroe più piccole del normale sono per contro molto numerose. paolo fontana, esperto di apicoltura dell’isti-tuto agrario di s. michele, dice che si tratta di varroe giovani che hanno dovuto abbandona-re la cella insieme all’ape e agli esemplari di varroa adulti e non sono riuscite ad entrare in altre celle per completare lo sviluppo, finen-do così per cadere sul fondo esauste o morte perché rimaste prive di una vittima dalla quale succhiare l’emolinfa. gli apicoltori che vogliono evitare o ridurre la moria di api nel periodo invernale devono fortificare la famiglia che si trova negli alveari dopo la smielatura. paolo fontana suggeri-sce i seguenti interventi: valutare a vista o in base al peso dell’arnia il contenuto del miele di riserva e in caso di presenza insufficien-te fornire alle api rifornimento alimentare a base di zuccheri in soluzione; controllare il movimento delle api in uscita e in entrata per capire se stanno ancora accumulando polli-ne per nutrire la covata. somministrare alla regina uno sciroppo zuccherino per indurla a deporre più uova dalle quali nasceranno api destinate a superare l’inverno.

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a cura di Walter Nicoletti [email protected]

M oira Donati fino a qual-che anno fa si occupava di risorse umane presso una grande azienda in-formatica. fresca di stu-

di sulle scienze della comunicazione aveva intrapreso una brillante carriera che l’avrebbe sicuramente portata lontano dalla sua terra d’origine, il lomaso.poi il richiamo alle origini, ad un’agricoltura

vera, fatta di tecnica e natura, di equilibrio e misura e soprattutto di servizi rivolti ad un consumatore attento e ad un turista curioso. È da questo incontro fra tradizione ed inno-vazione che si concretizza la scelta di moira di tornare alle origini e di seguire, in chiave moderna, l’impronta del padre contadino.Quella di moira è anche una voglia di indipen-denza, per guardare alla campagna come ad un luogo di libertà e dove sviluppare a modo

suo le tecniche della comunicazione rivolte ad una clientela matura, altrettanto indipendente quanto a scelte di gusto e di consumo.Attorno ai trent’anni, per Moira si profila così la voglia di dedicarsi alle antiche passioni: l’al-levamento degli asini, la coltivazione di piante

moIRA dall’informatica alla campagna

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officinali e piccoli frutti, patate e mais da polenta. Que-

sta è infatti una grande azienda agricola che si estende per oltre 26 ettari e contempla an-

che mais ceroso per l’alimentazio-

ne animale (che viene venduto ad altre aziende zoo-

tecniche) e prati per lo sfalcio del fieno.

il cuore dell’attività di moira trova però casa nella nuova fattoria collocata pro-

prio all’inizio della splendida val lomaso-na, in località redondel, dove viene costitui-

ta l’azienda agricola Agrilife.Qui troviamo innanzitutto 16 asini perlopiù meticci ed alcuni di razza Amiata. Questi simpatici quadrupedi rappresentano il valore aggiunto di un’azienda agricola che intende affermarsi anche come destinazione turisti-ca. l’azienda in breve tempo diventa fattoria didattica e nel corso dell’ultima estate, grazie alla collaborazione con l’Apt terme di comano e Dolomiti di Brenta, ospita oltre 200 bambini e genitori nel corso di diverse visite guidate. il punto di forza dell’allevamento è però il prodotto: il latte d’asina. considerato quello più vicino al latte materno, questo nettare è particolarmente indicato per quei bambini che manifestano allergie ai tradizionali prodotti vaccini. viene inoltre consigliato ai pazienti nei periodi di convalescenza per via dell’ele-vato contenuto di sostanze probiotiche e di li-sozima che assicurano un’azione battericida sulla microflora patogena presente nel tratto gastro-intestinale.ma la novità, destinata a diventare un esem-pio di trasformazione creativa nel settore del-l’agroalimentare trentino, è l’utilizzo del latte d’asina nel settore cosmetico.grazie ad un accordo con un laboratorio spe-cializzato, moira produce una serie di prodotti per il corpo particolarmente pregiati. stiamo

parlando di creme e sieri per il viso, per le mani e pomate idratanti e nutrienti per il cor-po, oltre ad un prodotto per il bagno/doccia.le creme a base di latte d’asina vengono ar-ricchite con un estratto di enagra e risultano particolarmente indicate per donare al corpo e alla pelle elasticità, idratazione e nutrimento.nell’orto antistante l’azienda troviamo poi il regno della piante officinali formato da com-posizioni di calendula, lavanda, malva, me-lissa, menta, monarda oltre alle aromatiche come salvia, timo, origano, Basilico e stevia e fiori particolari come le rose antiche.sul monte casale, proprio sopra la val loma-sona a quota 1200 metri, è stato ricavato un vero e proprio giardino alpino dove vengono coltivate alcune delle specie tipiche di alta montagna come la stella alpina, l’Arnica mon-tana, la genziana, l’Achillea moscata ed il ge-nepy. Queste coltivazioni sono fra l’altro vicine al famoso sito archeologico di san martino dove sono stati scoperti resti archeologici di un antico insediamento fortificato che rappresen-ta una meta molto apprezzata dai turisti.Da questa esperienza di coltivazione delle of-ficinali e delle aromatiche, accompagnata dal-la consulenza tecnica della fondazione mach nella persona del tecnico flavio Kaisermann, è nata la seconda linea di prodotti cosmetici denominata in questo caso “fior di monta-gna”. la linea comprende una crema so-lare a base di estratti di stella alpina, un balsamo con pino mugo e timo, un gel per i piedi sempre con pino mugo, ed estratti di Arnica, menta ed ancora timo. si passa poi ad una crema a base di Arnica e pino mugo utilizza-ta come antidolorifico e per aumentare la circola-zione e si chiude con il bal-s a -

mo per le labbra a base di pino mugo e stella alpina.la terza sezione di prodotti e trasformati ri-guarda infine i piccoli frutti, le fragole ed il settore frutticolo. grazie all’accordo con due piccoli laboratori artigianali specializzati nel-l’agroalimentare, Agrilife propone una serie di confetture e sciroppi a base di mele coto-gne, pere, fragole aromatizzate con essenze naturali a base di cannella e zenzero e parti fresche di menta, melissa e lavanda.sul versante frutticolo entra in scena la col-laborazione con lo zio Alberto Donati con il quale vengono realizzati dei succhi ottenuti da varietà quali la fuji, golden Delicius e ro-yal gala ai quali si aggiungono succhi a base di piccoli frutti, aceto e brulè di mele, oltre alle mele essiccate.tutta la gamma di attività e di vendita di Agri-life viene promozionata attraverso un sito internet dove è possibile l’acquisto on line dei prodotti. sul versante turistico e commer-ciale l’azienda ha sviluppato nell’ultimo anno diverse esperienze come nel caso del mer-catino settimanale presso il borgo di canale di tenno e la partecipazione a manifestazio-ni quali pomaria, Autunno trentino, la sagra della ciuiga, i mercatini di rango e di trento, oltre all’adesione ai mercati contadini di cam-pagna amica e alla collaborazione con slow food per i mercati della terra.Accanto allo zio Alberto in fattoria troviamo, specie nel periodo estivo, la sorellina nicole, im-pegnata sia con gli asini che nella coltivazione delle piante. un’ultima novità che interesserà i settori dei piccoli frutti, delle officinali, dell’alleva-mento e della foraggicoltura sarà la conclusione dell’iter per l’iscrizione all’albo delle aziende bio-logiche nel corso del prossimo anno.

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frazione vigo - località redondel 38077 comAno terme www.agriasilife.it - cell: 329 - 6637833

A Come AgRICoLtuRA

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M ai come in agricoltura vale la parola recupero. Dopo gli anni dell’oblio e della perdita delle identi-tà, ecco il tempo del recu-

pero della memoria storica e delle tradizioni. È il caso del musso di malga zocchi.siamo nel cuore del pasubio in una splendi-da valle aperta raggiungibile dall’abitato di giazzera attraverso un sentiero di montagna, oppure dal rifugio lancia nell’itinerario che conduce al corno Battisti, teatro nel luglio del 1916 della cattura dell’irredentista trentino. la zocchi è una delle più celebri malghe per via della prelibatezza e generosità del suo pasco-lo, ricco di essenze e fiori d’altura. Da qualche anno la struttura viene gestita dalla famiglia iseppi, con il marito gianfranco e la moglie graziella seguiti da uno stuolo di parenti e collaboratori. maurizio marisa è il casaro ed è anch’esso proprietario di una parte della picco-la mandria che arriva a contare 25 vacche da latte, accompagnate da alcuni vitelli, qualche capretta, un asino e ben otto maiali.una piccola struttura, adatta a produzioni di qualità e alla ristorazione di malga. Qui il co-mune di vallarsa ha portato a termine, grazie all’impegno del sindaco geremia gios, un’ope-ra di recupero e ristrutturazione adibendo una parte della malga ad agriturismo con pochi, discreti posti tavola.Da questo latte, figlio di un ambiente effetti-vamente incontaminato, era logico attendersi particolari prodotti di monte. ed ecco allora il monte spil, ottenuto dalla munta scremata del-

la sera e da quella intera del mattino ed adatto ad una media e lunga stagionatura. ecco le er-bim, le caciotte alle erbe di montagna, ed an-cora le ricotte, lo yogurt ed altri prodotti freschi. ma la curiosità dell’appassionato e dell’escur-sionista - malga zocchi è anche un punto di passaggio interessante per diverse escursioni storiche e naturalistiche - è destinata a cadere sul musso.simile ad un piccolo pane tostato, il musso è figlio della cultura casearia delle Valli del Paubio e dei versanti veneti e risale ai tempi in cui era fondamentale recuperare tutto quanto possibile della cagliata. Dopo la produzione del burro e del formaggio sul fondo della caldera riman-gono ancora dei piccoli pezzi di cagliata che vengono portati alla temperatura di 80 gradi. Anziché procede alla produzione della ricotta, innalzando il fuoco fino ai 90 gradi, si toglie il prodotto che si è nel frattempo compattato e si modella nella classica forma “a pane” che viene messa ad affumicare sopra al focolare.il risultato è un prodotto compatto, leggero e nel-lo stesso tempo saporito, adatto per merende accompagnate da un buon vino e qualche af-fettato. il musso si è dimostrato particolarmente versatile anche in cucina, utilizzato a scagliette sulle verdure o a dadini in impasti particolari, op-pure alla piastra come formaggio fuso.Altri protagonisti di questa cucina di malga sono infine anche gli gnocchi di Fioretta che prendono il nome dal classico procedimento di cottura della ricotta. Quando il derivato del lat-te viene portato verso le alte temperature e la ricotta inizia ad “affiorare” in superficie si toglie

immediatamente il prodotto fresco che aggiun-to alla farina andrà a comporre uno gnocco della misura di un cucchiaio da minestra che verrà buttato immediatamente nell’acqua bol-lente per la cottura definitiva. Questi partico-larissimi gnocchi vengono serviti al burro fuso con scaglie di ricotta grattugiata e compongo-no un piatto tradizionale della lessinia e del pasubio che un tempo era particolarmente dif-fuso sugli alpeggi e nei caseifici turnari come pranzo del giorno.Dall’esperienza di malga zocchi, e dai gnocchi di fioretta in particolare, il comune di vallar-sa è determinato a creare il primo esempio di Deco, la Denominazione di origine comunale che intende valorizzare le tipicità agricole e ga-stronomiche di questi territori, dei loro paesi e della loro gente. (w.n.)

mALgA ZoCCHI

38068 giazzera0464-378110 - 333-6753947www.malgazocchi.altervista.org

A Come ALImeNtAZIoNe

IL muSSo DI mALgA ZoCCHI un amico ritrovato

RuBRICHe

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RuBRICHe

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I l sogno è quello dell’autonomia energetica di un intero territorio. stiamo parlando dell’Altopiano della vigolana e la protagonista di questa vicenda è un’azienda di movimento

terra che ha deciso di convertire parte delle sue attività alla green economy. maurizio sadler gestisce con il padre rino un’impresa con otto dipendenti specializzata in scavi per l’edilizia, realizzazione di piste e strade forestali ed alcune bonifiche agrarie. Qualche anno fa l’azienda ha realizzato il progetto di recupero della torre dei sicconi, un’antica fortificazione medievale che domina l’abitato di caldonazzo. un lavoro impegnativo che ha previsto il taglio di diverse piante per far posto agli scavi di recupero e sistemazio-

ne della struttura. È in questa circostanza che matura l’idea di dedicarsi all’utilizzo della mas-sa legnosa per valorizzarne il potere calorico. Da quello che poteva sembrare un problema dovuto allo smaltimento di uno scarto è nata in sostanza un’opportunità imprenditoriale. e dal-l’intuizione alla concretizzazione dell’idea il pas-so è stato breve, tanto che nel corso del 2007 si passa all’acquisto di un cippatore per macinare la massa legnosa: tronchi e rami d’albero. la seconda tappa di questa marcia di avvici-namento all’economia verde è stata l’acquisto di una segatronchi mobile a motore autono-mo per il taglio e la produzione di assi diretta-mente in bosco. in questo modo l’azienda ha iniziato ad autoprodurre il legname, le assi e le palizzate utilizzate nei cantieri, oltre ad av-viare un’interessante attività nel settore della sistemazione di parchi e giardini.il settore green dell’impresa è ormai una real-tà, tanto che si profila l’ipotesi di accostare il re-cupero della biomassa legnosa al più grande progetto di ripristino del paesaggio originario dell’Altopiano. In una provincia la cui superfi-cie boscata occupa circa il 60% del territorio, con un allargamento quasi preoccupante della foresta di circa mille ettari l’anno, è necessa-rio porsi il duplice obiettivo di salvaguardare le superfici coltivabili e di recuperare una risorsa energetica altrimenti inutilizzata.Accanto al cippatore e alla segatronchi da qualche tempo troviamo così all’opera anche una moderna fresa idraulica posizionata su un escavatore che consente di triturare sia le cep-paie che rimangono dopo il taglio, sia alcuni sassi che troviamo nel sottosuolo. in questo modo la filiera del recupero del paesaggio si completa con i lavori di taglio, essiccazione in loco delle piante, cippatura del tronco e dei

rami, stoccaggio e vendita del cippato, oltre al recupero del manto erboso dopo il taglio del bosco.un’ipotesi di lavoro che è stata condivisa dall’amministrazione comunale di vattaro che, con il sindaco Devis tamanini in testa, sta predisponendo un progetto sperimenta-le di recupero del paesaggio originario del Doss del Bue, il caratteristico promontorio che dal versante della vigolana sovrasta la nota località turistica dell’Altopiano.il cippato ottenuto dai diversi tagli operati in questi anni in tutto l’Altopiano, comprendente i territori di vigolo, vattaro, Bosentino e centa san nicolò, ha trovato un adeguato utilizzo in una nota struttura alberghiera della zona, (per il riscaldamento degli ambienti ed il fun-zionamento dei servizi, di una piscina e di un centro benessere); e presso una segheria, (per il riscaldamento del laboratorio e di al-cuni appartamenti e per il funzionamento del-l’impianto per l’essiccamento dei bancali). ma sono tanti altri i clienti potenziali di una propo-sta che, stando alle valutazioni degli esperti, potrebbe avvalersi di notevoli risorse boscate non utilizzate collocate proprio in prossimità di questi paesi, ovvero a chilometro zero. nel tempo della crisi matura dunque un forte desiderio di riconversione in chiave “green” del sistema produttivo che punta con sem-pre più insistenza alla valorizzazione delle vere risorse del territorio e alla sostenibilità dell’economia locale. (w.n.)

AZIeNDA SADLeR RINo e mAuRIZIo

via trieste 5538049 vigolo vAttAro

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A Come AmBIeNte

Il CIPPato a chilometri zero

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l’imprenditore maurizio sadler

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enologIa, PremIo “Karl baYer” A Due StuDeNtI DeLLA Fem

Due neo-enologi di san michele, oskar micheletti e renato pedron, hanno ricevuto il prestigioso premio “Karl Bayer 2012”, assegnato agli studenti che si distinguono per tesi di elevato interesse scientifico-applicativo. micheletti ha realizzato la tesi “Applicazione di ozono in enologia - laboruntersuchungen zur eignung von ozon zur rekonditionierung von Holzfaessern” nel quale si sono indagate le nuove opportunità di impiego di questo presidio per la sanitizzazione di vasi vinari in legno. renato pedron, invece, ha realizzato il suo lavoro di tesi seguendo il comportamento di alcuni genotipi di nuova selezione appartenenti alla popolazione ottenuta dall’incrocio di teroldego e lagrein, comparando diversi caratteri viticoli ed enologici della progenie con quelli presenti nei genitori.

SettImANA IN mALgA Per 25 stUdentI

per la quinta volta, anche quest’anno, la fondazione edmund mach ha organizzato la settimana estiva a malga Juribello. un progetto didattico che intende innanzitutto dare consapevolezza agli studenti del territorio nel quale vivono, osservandolo dal punto di vista ambientale, storico ed economico. Queste nozioni, però, vanno anche vissute. e per questo motivo sono state organizzate attività pratiche che, attraverso l’esperienza diretta, hanno permesso ai giovani una maggior conoscenza del territorio. Quest’anno a partecipare all’iniziativa sono stati 25 studenti iscritti alle classi prime e seconde di tutti gli indirizzi dell’istituto agrario di san michele. Durante il soggiorno sono state effettuate escursioni nella foresta di paneveggio assieme a guardie forestali, incontri con responsabili della federazione provinciale allevatori e attività di malga quali la mungitura. gli studenti hanno anche avuto l’opportunità di visitare il caseificio della malga, dove hanno partecipato al processo di caseificazione.

la PaUsa CaffÈ A “FILIeRA CoRtA”

una pausa caffè amica dell’ambiente. con prodotti locali, a “filiera corta”, e grande attenzione alla sostenibilità: chi si porterà la tazza da casa rinunciando al bicchierino (comunque biodegradabile) avrà uno sconto di 5 centesimi. succede alla fondazione e.mach di san michele, dove dal 1 luglio sono in funzione le nuove macchinette “ecosostenibili”. in linea con i criteri di sostenibilità e di rispetto dell’ambiente, la nuova concessione prevede che tutte le bevande calde vengano servite in bicchieri compostabili e con palette in legno per essere conferiti nell’organico. nei distributori anche prodotti del territorio a “filiera corta”. in ogni distributore di bevande fredde sarà disponibile almeno un prodotto di provenienza locale, tra gli snack almeno un prodotto proveniente da coltivazione biologica certificata, uno dalla rete del commercio equo e solidale, e uno di provenienza locale.

V espe sociali e calabroni sono protagonisti della ti-picità di birra, vino e pane. nell’intestino di questi in-setti, infatti, “vivono” i lieviti

responsabili delle fermentazioni naturali vinarie e panarie caratterizzandone la tipi-cità. e’ questo, in estrema sintesi, il “cuore” della ricerca pubblicata sulla prestigiosa ri-vista statunitense pnAs - proceedings of the natural Academy of sciences, realiz-zata da un gruppo di ricercatori della fon-dazione edmund mach in collaborazione con l’università di firenze ed il cnrs di montpellier.l’importanza sta nel fatto che, per la prima volta, viene chiuso il ciclo ecologico dei lie-viti responsabili delle fermentazioni del vino, della birra e del pane. fino ad oggi, infatti, il ciclo vitale di questi lieviti era noto solo du-rante la fase di produzione e fermentazione di questi prodotti. era ad oggi ignoto dove

questi micro-organisimi vivessero nei mesi invernali e primaverili, quando le fermenta-zioni non ci sono. la ricerca dimostra che questi lieviti “vivono” nell’intestino dei ca-labroni e delle vespe sociali. Questi insetti rappresentano quindi il loro vettore più im-portante. per arrivare a questo risultato è stato an-che sequenziato il genoma di questi lieviti trasportati dai calabroni ed è stato possi-bile individuare i ceppi dei lieviti in periodi dell’anno in cui non erano mai stati isolati, ovvero da dicembre a febbraio. e’ emerso anche che calabroni e vespe sociali sono protagonisti della tipicità dei prodotti. il cala-brone infatti porta con sé le caratteristiche di un certo areale rispetto ad un altro e questo garantisce il mantenimento di una ricchezza indispensabile, ovvero la biodiversità dei mi-cro-organisimi che sono fondamentali per la tipicità dei prodotti delle fermentazioni quali il vino e la birra.

NotIZIe Fem

CalabronI e vesPe “CUstodI”della tIPICItÁ deI vInIJacopo Tomasi Ufficio Stampa Fondazione Edmund Mach - IASMA

Duccio cavalieri, ricercatore della fondazione edmund mach

P er celebrare il 50° anniversario della politica agricola comune la commissione europea ha lan-ciato un premio che vuole rende-re omaggio alle migliori iniziative

di comunicazione in tema di pAc. Agenzie di comunicazione, autorità nazionali regionali o locali, associazioni di categoria, ong e or-gani di comunicazione possono partecipare al premio inviando entro il 22 ottobre la loro iniziativa di comunicazione sull’agricoltura e lo sviluppo rurale europei.l’iniziativa di comunicazione può essere in fase di realizzazione oppure essere già sta-ta completata; in questo secondo caso però la sua effettuazione non deve essere iniziata prima del 1° gennaio 2010.Quattro sono le categorie per le quali è pos-sibile competere: comunicazione ai porta-tori di interesse, nel caso in cui l’iniziativa si rivolga principalmente a persone con un interesse professionale, come ad esempio responsabili delle decisioni, organizzazioni professionali, agricoltori.

comunicazione al pubblico, se il progetto si ri-volge principalmente al pubblico in generale, con informazioni chiare e facilmente accessi-bili, magari relative agli aspetti che legano la pAc alla vita quotidiana.comunicazione innovativa, per iniziative di comunicazione indirizzate a qualsiasi sog-getto ma caratterizzate da una modalità par-ticolarmente innovativa per quanto riguarda le azioni o i mezzi di comunicazione utilizzati.Azioni cofinanziate dall’UE, nel caso in cui il progetto realizzato benefici o abbia benefi-ciato dei fondi europei tramite l’invito annuale sulle “Azioni di informazione sulla pAc”.ogni soggetto può inviare al massimo un to-tale di tre progetti, appartenenti ad una o più categorie.tutte le iniziative inviate saranno valutate da una giuria composta da specialisti della co-municazione e da esperti di politiche agricole e di sviluppo rurale e per ciascuna categoria saranno selezionati tre finalisti che parte-ciperanno alla cerimonia di premiazione in programma a Bruxelles il 10 dicembre pros-

simo. In quell’occasione uno specifico pool di esperti di comunicazione esprimerà il proprio voto, non prima di aver sentito la presentazio-ne del progetto da parte dei proponenti. verrà così stabilito chi vincerà il primo, il secondo e il terzo premio di ogni categoria.tutte le informazioni relative alla modali-tà di partecipazione sono disponibile sullo specifico sito Internet che la Commissio-ne europea ha dedicato alla celebrazione del cinquantenario della pAc all’indirizzo http://ec.europa.eu/agriculture/50-years-of-cap/index_it.htm nella sezione “premi per la comunicazione 2012”.

ue INFoRmA

“Il CamPIonato eUroPeo” DeLLA geStIoNe DeI RIFIutI

come era da prevedere, la recente relazione sulla gestione dei rifiuti urbani negli Stati mem-bri evidenzia l’esistenza di profonde differenze nell’UE. I 27 sono stati classificati in base a 18 criteri, attribuendo bandiere verdi, arancioni e rosse per voci come ad esempio il totale dei rifiuti riciclati, le tariffe dello smaltimento dei ri-fiuti, le violazioni della normativa europea.Il nord Europa guida la classifica - e anche questo era abbastanza prevedibile - con Au-stria, paesi Bassi, Danimarca, germania, Belgio e svezia in testa; per loro al massimo tre bandiere rosse. Questi paesi dispongo-no di sistemi completi di raccolta dei rifiuti, meno del 5% dei quali finisce in discarica; vantano sistemi di riciclaggio ben sviluppati, una positiva capacità di trattamento e buone prestazioni per quanto riguarda il settore dei rifiuti biodegradabili. Le politiche di gestione

dei rifiuti di questi Stati sono caratterizzate da una combinazione adeguata di strumenti giuridici, amministrativi ed economici.All’estremo opposto della classifica invece le bandiere rosse predominano su quelle verdi: per la grecia, ultima, addirittura 16 bandiere rosse su 18 criteri, ma poco migliore è la si-tuazione anche per Bulgaria, lituania e mal-ta. per l’italia una deludente 20^ posizione con giudizi completamente negativi per nove criteri e tre sole bandiere verdi.le principali bandiere rosse nei 27 sono legate a politiche di prevenzione dei rifiuti deboli o ine-sistenti, all’assenza di incentivi alle alternative al conferimento in discarica e all’inadeguatezza delle infrastrutture per il trattamento dei rifiuti.secondo un recente studio della commissio-ne, una piena attuazione della legislazione europea sui rifiuti consentirebbe di risparmia-re 72 miliardi di euro l’anno, incrementando di 42 miliardi di euro il fatturato annuo del settore che gestisce i rifiuti e il loro riciclo e creando oltre 400 000 posti di lavoro entro il 2020.La tabella finale dei punteggi costituisce la base di uno studio attualmente in corso fina-lizzato ad aiutare gli stati membri a migliorare le proprie prestazioni nella gestione dei rifiuti.http://ec.europa.eu/environment/waste/studies/pdf/Screening_report.pdf

VeRSo uN eRASmuS Per I gIovanI agrIColtorIpasserà ancora un po’ di tempo prima della sua concretizzazione, ma la commissione eu-

ropea sta seriamente pensando di attivare un programma che, ripercorrendo il successo del-l’iniziativa “erasmus” rivolta agli studenti euro-pei, dia ai giovani agricoltori degli stati membri la possibilità di fare esperienze all’estero.Bruxelles ha infatti recentemente pubblicato un bando per commissionare uno studio che individui le esigenze specifiche dei giovani agricoltori europei e che valuti in quale misura queste necessità possono essere soddisfatte da un programma di scambi che consentireb-be di trascorrere un soggiorno di formazione in uno dei 27 stati membri dell’unione euro-pea. lo studio, che dovrà essere completato in 24 mesi, identificherà un elenco di buone pratiche in questo campo ed esaminerà le strutture di altri programmi di scambio attuati sia all’interno dell’unione europea che in al-cuni paesi non ue.in realtà i giovani agricoltori europei hanno già oggi la possibilità di fare un’esperienza all’estero, non grazie ad un programma spe-cifico per loro, ma grazie all’”Erasmus per giovani imprenditori” (http://www.erasmus-entrepreneurs.eu), che dà spazio anche al settore primario.

CENTRO DI INFORMAZIONE DELL’UNIONE EUROPEA via della val, 2 - casalino | 38057 pergine vAlsugAnA (tn) - italytel: 0461 519123 - fax: 0461 [email protected] | http://europedirect.iasma.it

Istituto Agrario di San Michele all’AdigeA cura di Giancarlo Orsingher - Europe Direct Trentino, Fondazione E. Mach

la Ue lanCIa Un PremIo Per ComUnICare la PaC

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I VANtAggI DeLL’e-mAIL NeL FASCICoLo AZIeNDALe

sono più di 19.000 le aziende trentine che hanno costituito il proprio fascico-lo aziendale; di queste solo 414 hanno fornito, oltre ai dati obbligatori, anche il proprio indirizzo di posta elettronica. per le aziende che lo hanno fatto, un servi-zio già disponibile è l’accesso al sistema informativo Agricolo provinciale (siAp) per consultare i dati della propria azien-da agricola. nel caso di soggetti diversi dal titolare o per rappresentanti, soci e di-pendenti di società, è necessario che nel fascicolo aziendale siano presenti i dati anagrafici del soggetto, l’indirizzo e-mail e l’esplicita autorizzazione del titolare/rappresentante. le istruzioni per ricevere le credenziali di accesso, nome utente e password, sono disponibili sul sito internet dell’Agenzia provinciale per i pagamenti (www.appag.provincia.tn.it) nella sezione “fascicolo aziendale”. Allo stesso indirizzo e-mail saranno inoltre inviate periodicamente an-che le newsletters di trentinoagricoltura e di Appag con gli argomenti delle notizie pubblicate di volta in volta sui due portali. Da quest’ultimo servizio ci si può cancel-lare in qualsiasi momento seguendo le istruzioni riportate a margine delle new-sletters stesse.

ParCo agrIColo DeLLA VALLAgARINA intervenendo alla cerimonia di inaugura-zione della 42° mostra mercato dei prodot-ti ortofrutticoli biologici ed integrati della valle di gresta, il sindaco di mori roberto calliari ha parlato dell’opportunità di dare vita ad un parco agricolo della vallagarina che riunisca nella promozione non solo i prodotti orticoli della valle di gresta ma anche prodotti tipici di altre zone quali ad esempio Brentonico e isera. compresi i vini delle cantine private e sociali.

FRuttetI RINNoVAtI A SuD DI tReNto sono 68 i frutticoltori soci della sft, so-cietà frutticoltori trento che nei primi mesi

del 2012 hanno presentato alla provincia di trento domanda di contributo per il rin-novo di frutteti nel distretto di competen-za. gli ettari interessati sono 27. le varie-tà prescelte sono in ordine decrescente: gala, granny smith, red Delicious, pink lady e fuji. gli ettari rinnovati rappresen-tano il 7% della superficie totale coltivata nel distretto che va da trento a rovereto. il dato supera la media provinciale.

anCora PoCHe le azIende AgRICoLe INFoRmAtIZZAte

le nuove tecnologie dell’informazione, in pri-mis internet e posta elettronica (e-mail), rap-presentano ormai strumenti di comunicazio-ne veloci e relativamente economici sempre più diffusi. Basti pensare che in italia, negli ultimi dieci anni (2001-2011), la percentuale di persone che usano internet tutti i giorni è quadruplicata passando dal 7,1% al 28,3% (dati istat). la situazione è però molto diversa quando si analizzano i dati relativi alle aziende del settore agricolo. Secondo i dati definitivi del 6° censimento generale dell’agricoltura, infatti, sono ancora poche le aziende agricole italiane che utilizzano l’informatica ed internet per la gestione della propria attività o per i servizi amministrativi: poco meno di 61.000, pari al 3,8% delle censite. la ripartizione geo-grafica del dato registra i livelli massimi nel nord-ovest (10,9%) e nel nord-est (8,1%), mentre tocca i valori minimi nelle isole (2,0%) e al sud (1,3%). con l’11,4% il trentino si posiziona al terzo posto dopo lombardia (15,3%) e provincia autonoma di Bolzano (14,9%). Dall’aumento costante dell’utilizzo in generale di questi stru-menti si può però ipotizzare che computer ed internet siano già presenti nelle case di molti agricoltori, anche se non impiegati per l’attivi-tà lavorativa, specialmente in quelle con gio-vani. Appare evidente quindi che la presenza delle nuove generazioni sarà determinante per portare l’innovazione che attualmente manca nelle aziende agricole italiane.

DeNuNCIA oBBLIgAtoRIA deglI aPIarI il regolamento di attuazione della legge 11 marzo 2008 n. 2 della provincia di trento sul-l’apicoltura prevede che dal 1° ottobre al 30 novembre 2012 gli apicoltori trentini proceda-no alla denuncia degli alveari da presentare all’Azienda per i servizi sanitari, settore vete-rinario. la denuncia deve essere accompa-gnata da precise informazioni sulla localizza-zione dell’apiario. l’azienda consegnerà ad ogni apicoltore un codice di riconoscimento da applicare su tutte le arnie in allevamento. sono esentati dall’obbligo della denuncia gli apicoltori che tengono stabilmente gli alveari in regioni o province diverse dal trentino. l’Associazione apicoltori trentini che ha sede a trento presso l’unione agricoltori ha nel frattempo annunciato il proposito di promuo-vere la costituzione di un tavolo comune di concertazione tra le associazioni di apicoltori operanti in varie zone del trentino. sono in-fatti attive a tutt’oggi, oltre all’Associazione apicoltori trentini, l’Associazione apicoltori valsugana lagorai con sede a Borgo val-sugana, l’Associazione apicoltori fiemme e fassa con sede a tesero e l’Associazione apicoltori val di sole, peio e rabbi con sede a croviana. Anche gli apicoltori della valla-garina sono intenzionati a costituire una loro associazione di zona.

QuANto ReNDe uN CAStAgNeto DA FRutto

Quanto può rendere economicamente un castagneto da frutto? Dal calcolo elabora-to dai dirigenti della cooperativa castani-coltori del trentino-Alto Adige risulta che il reddito netto per ora di lavoro è di 3 euro. il conteggio si riferisce ad un castagneto di 1 ettaro con 70 piante di castagno che producono frutti pregiati della qualità mar-roni. il calcolo ipotizza una produzione di 10 quintali di marroni: 2 di prima qualità venduti a 6 euro a kg. e 8 di seconda qua-lità venduti a 4 euro a kg. le ore di lavoro previste nel conteggio sono 450. tenendo conto delle spese vive per attrezzature, macchine, sacchetti ed etichette e degli ammortamenti, risulta un reddito netto a ettaro di 1.136 euro.

in breve a cura di Sergio Ferrari

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FLoRIADe, oLtRe 370mILA vIsItatorI al PadIglIone ItalIa

conclusa con un bilancio più che posi-tivo la partecipazione della provincia autonoma di trento a “floriade 2012”, l’esposizione mondiale dedicata ai temi della floricoltura, dell’orticoltura e del-la sostenibilità ambientale realizzata in questa edizione a venlo, nei paesi Bassi. nei primi tre mesi di apertura dell’expo i visitatori hanno superato il milione con una presenza superiore rispetto alle pre-visioni degli organizzatori. oltre 370.000 sono stati i frequentatori del padiglione italia, l’edificio progettato e realizzato at-traverso un bando lanciato da trentino sviluppo ad imprese e progettisti trentini, conforme ai criteri ArcA, primo sistema di certificazione degli edifici e dei prodot-ti in legno in italia. il padiglione è stato anche premiato come uno dei migliori quattro padiglioni dell’intera esposizio-ne. molto forte l’interesse registrato nei confronti dello spazio riservato alla pro-mozione dell’offerta tecnologica, produt-tiva, commerciale e turistica del trentino e la partecipazione ai momenti promo-zionali realizzati dai diversi partner del progetto.

volPI morte esentI DA VIRuS DeLLA RABBIA la raccolta di volpi e di altri animali sel-vatici trovati morti nei boschi del trentino ed il successivo invio all’istituto zoopro-filattico delle venezie per le opportune analisi di laboratorio servono per verifi-care se nelle zone di prelievo è presente il virus della rabbia silvestre. l’operazio-ne di monitoraggio positivo sarebbe da incentivare, dice carlo costanzi, medico veterinario responsabile dell’ufficio con-trolli qualità dei servizi veterinari. un cer-to numero di animali morti è stato trovato e analizzato anche nel corso del 2012. l’esito è sempre stato negativo.

l’aPP “PefC bUsInnes net”pefc italia e il consorzio dei comuni trentini hanno creato, in collaborazione con la interplay software di trento, una

originale applicazione per smartphones Apple (“App”) che permette in pochi se-condi di conoscere le caratteristiche delle aziende e delle foreste certificate pefc presenti nella zona in cui ci si trova con il cellulare in mano. l’App permette di met-tersi in contatto telefonicamente e via email con il responsabile della certifica-zione, o di accedere al sito delle aziende per maggiori informazioni. la ricerca può essere basata sulle categorie di prodotto (foreste, serramenti, edilizia, imballaggi, tipografie, ecc), per vicinanza o per map-pa geografica.

StuDeNtI DI BoLZANo INVeNtANo Il CamPanaCCIo HIgH teCH

sembra un classico campanaccio per mucche ma in realtà è uno strumento high-tech: un ricevitore gps, infatti, se-gnala all’allevatore la posizione delle vacche, inviando un sms se l’animale si allontana dal pascolo. lo hanno inven-tato due studenti dell’istituto tecnico ga-lileo galilei di Bolzano, martin monsor-no e patrick Anderlan. se poi la mucca si avvicina alle zone abitate, scatta un meccanismo che mette il “silenziatore” al campanaccio, riducendo così le lamente-le per il rumore.

BeStIAme IN BuoNA SALuteil piano di controllo sanitario sul bestia-me allevato in provincia di trento affi-dato all’Azienda per i servizi sanitari è stato completato entro la fine del mese di luglio 2012. i dati saranno raccolti e analizzati entro l’anno anche per impo-stare il monitoraggio da realizzare nel 2013. le malattie oggetto di controllo erano le seguenti: tubercolosi, bru-cellosi, leucosi, paratubercolosi, rino-tracheite infettiva e diarrea virale dei vitelli per i bovini e la sola brucellosi

per ovini e caprini. gli addetti sanitari sono già ora in grado di affermare che i controlli e le analisi del piano 2012 non hanno evidenziato situazioni particolar-mente critiche.

valle del CHIese: gRAVI I DANNI DA CINgHIALel’ufficio agricolo periferico di tione ha ricevuto a partire dal mese di luglio nu-merose segnalazioni di danni compiuti da cinghiali sul cotico erboso dei prati di mezza montagna e sulle malghe. i casi di danno più numerosi interes-sano soprattutto i comuni di prezzo e di castel condino. la normativa pro-vinciale prevede la concessione di un indennizzo non ripetibile solo se il va-lore del danno supera la soglia di 1000 euro.

Cento ProPoste DI CoRSI AgRICoLIL’Area qualificazione professionale agri-cola della fondazione mach ha raccolto circa 100 proposte di corsi di aggiorna-mento da attivare nel periodo 2012-2013. il responsabile paolo Dallavalle ritiene di poterne accettare, previa valutazione concordata con i soggetti proponenti, circa 60. Il finanziamento disponibile è di cir-ca 300 mila euro. un corso costa in media 10.000 euro.

PesCIColtUre: obblIgatorIo Un PIano dI bUone PratICHe

i titolari di allevamenti di trote sono stati invitati dall’Azienda per i servizi sanitari del trentino a chiedere la registrazione ufficiale nella banca nazionale voluta da uno specifico regolamento comunitario. Il rilascio della registrazione è preceduto da una visita da parte del servizio veterina-rio dell’Azienda provinciale che certifica lo stato di salute dell’allevamento. i titolari delle troticolture sono obbligati a predi-sporre un piano di buone pratiche da appli-care con l’aiuto di un consulente esterno. la registrazione costituisce il presupposto per vendere legalmente i prodotti dell’alle-vamento.

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uN’ “AQuILA ReALe” SuL tetto della sPUmantIstICa ItalIana

c’è un’Aquila reale che vola alto nel cie-lo della spumantistica italiana, quella che dà il nome al trento Brut Aquila reale ri-serva 2005 della cantina cesarini sforza, spumante che dopo due anni riporta in trentino (soffiandolo a franciacorta) il ti-tolo di “Bollicine dell’anno” nella guida vini d’italia 2013 di gambero rosso. e che sia un buon momento per lo spumante tren-toDoc lo testimoniano i 7 tre Bicchieri (sui 10 complessivamente conquistati, uno in più dello scorso anno, dai vini trentini) assegnati alle bollicine trentine. un suc-cesso che il presidente della provincia lorenzo Dellai e l’assessore all’agricoltu-

ra, foreste, turismo e promozione tiziano mellarini hanno voluto sottolineare con un brindisi assieme ai vertici della cantina la vis, di cui la cesarini sforza fa parte, ed ai responsabili di trentino marketing. frutto della sensibilità dell’enologa giorgia Brugnara, che ha saputo trasformare al me-glio le uve chardonnay della località set-te fontane in val di cembra, il trentoDoc Aquila Reale Riserva 2005 viene definito da gambero rosso “un campione di freschez-za, sapidità e persistenza gustativa”. soddisfazione per il riconoscimento è stata espressa dall’assessore mellarini: “il trento Doc sta ottenendo una sempre maggiore at-tenzione in italia e all’estero come prodotto espressione del valore della viticoltura tren-tina. i riconoscimenti di gambero rosso sono un ulteriore stimolo per i 39 produttori (numero in crescita) del trentodoc e confer-mano che siamo sulla strada giusta”.Di un “bellissimo futuro” relativamen-te alla cantina la vis ha parlato il neo presidente stefano paolazzi, affiancato nell’occasione dal commissario marco zanoni, al quale Dellai ha voluto rivolge-re parole di ringraziamento per il lavoro svolto in una difficile fase di passaggio della cantina lavisana.

Il WasHIngton Post sCoPreIL teRoLDego RotALIANoDave mcintyre, columnist della sezione li-festle/food del Washington post ha citato il teroldego trentino in due suoi brevi articoli. il primo, intitolato “reccomendation”, (segnala-zioni), dedica un breve articolo a cinque vini italiani e in particolare a come risalire, dalla lettura delle loro etichette, al tipo di uva uti-lizzato e alla zona di produzione. Tra questi figura, in prima posizione, ci-tato come excellent (con un due stelle su tre) il vino “lechthaler teroldego rotaliano 2010”. Al vino in questione viene attribuito un bouquet fruttato e con sentore di erbe aro-matiche, che al palato rivela il suo retrogusto legato ai sapori della terra in cui è prodotto e alle suoi boschi. nel secondo articolo, il gior-nalista americano esperto di vini, consiglia di scoprire i vini rossi italiani, indicando tra gli altri il teroldego come specialità rossa del trentino il cui aroma fruttato condivide una parentela con le uve del lagrein. il teroldego, secondo il giornalista, ricorderebbe l’accen-to germanico del vino zweigelt prodotto al di là del confine austriaco.la citazione del Washington post conferma l’eccellenza del vino trentino sul mercato in-ternazionale, aggiungendo ulteriore lustro al palmarès del trentino.

enonews

È lusinghiero, per i vignaioli del trentino, il risultato della seconda edizione della mostra- degustazione “arrivAno i vi-

gnaioli”, evento che, sabato primo settembre, ha richiamato pubblico e intenditori, che nel caso del vino spesso sono la stessa cosa, alla rocca di riva del garda. “ siamo molto soddi-sfatti, ci dice nicola Balter -presidente dell’As-sociazione vignaioli del trentino, impegnato proprio in questi giorni con la vendemmia- per come e’ andata la manifestazione, per il richia-mo che ha avuto e per i commenti positivi che ha raccolto sia nei vari blog che direttamente da chi ha partecipato di persona. soprattutto ci fa piacere che sia stato colto lo spirito che la animava, che ha evidenziato un grande lavoro di gruppo, e sia stato apprezzato il contatto di-retto con i produttori”.gli organizzatori hanno registrato oltre 600 presenze da tutto il nord italia e dall’estero. la giornata piovigginosa in effetti consigliava di lasciare a casa mountain bike e wind surf, icone del garda trentino, e dedicarsi ad al-

tro. la proposta dei vignaioli trentini era una bella tentazione e gli amanti del genere non si sono fatti fermare da un po’ di pioggia.oltre trenta tra giornalisti ed esperti del set-tore, provenienti proprio da tutta italia, hanno partecipato in mattinata alla degustazione dal titolo “Declinazione nosiola”, con sette vi-gnaioli che hanno proposto all’assaggio sedi-ci tra vini secchi e vino santo da uve nosiola di annate vecchie fino ai primi anni ‘80. Alcu-ne bottiglie erano le ultime conservate, pezzi unici insomma. la nosiola è un vitigno au-toctono che all’inizio del novecento costituiva una delle uve a bacca bianca più diffuse in trentino. oggi si sta ragionando attorno alle sue potenzialita’ di longevità e alla sua valo-rizzazione. Anche per questo la degustazione era particolarmente interessante.la giornata ha fatto segnare numeri importanti con 40 vignaioli a proporre il meglio delle loro produzioni, circa 150 bottiglie in degustazione, dai trentoDoc ai vini da vitigni autoctoni - no-siola, traminer, teroldego, lagrein, marzemino

- ma anche chardonnay, pinot nero, cabernet e merlot. Accanto ai vini hanno trovato ottima-mente posto altre specialità del territorio come salumi, formaggi, pane e olio extravergine di oliva del garda. e il pubblico evidentemente ha gradito tanto che già da questa seconda edizio-ne si può dire che “ arrivAno i vignaioli” e’ una manifestazione in forte crescita. la prima edi-zione aveva fatto registrare circa 350 visitatori, con questa, come detto, si arriva a 600. A breve, in ottobre, la degustazione si sposta sul sass pordoi, con la 14esima edizione di top Wine. Anche in questo modo il trentino si propone, abbracciando tutto il suo territorio, dai laghi alle vette più alte. (lr)

Vignaioli, buona la seconda

Mostra-degustazione alla Rocca di Riva del garda

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PremIo eCo-frIendlY al ComUne dI roveretoil comune di rovereto è stato insignito del premio eco-friendly 2013 conferito da vinibuoni d’italia. un riconoscimento che la guida assegna a un organismo-istituzione che si è particolar-mente distinto nella tutela e nella salvaguardia dei valori propri della cultura enologica, dell’ecosostenibilità e del territorio in cui la vitivinicoltura è radicata. il premio sarà conse-gnato ufficialmente il 10 novembre a Merano nell’ambito del Merano International Winefest.

IL DoCuFILm “ARCHÉVItIS” PremIato ad aQUIleIaDopo il primo premio assoluto al festival mondiale del vino 2011 di Arbois in fran-cia, il docufilm Archévitis del giornalista rai nereo pederzolli ha conquistato un altro riconoscimento: il terzo posto al fe-stival di Aquileia. Archévitis è un viaggio nel Caucaso alla scoperta dell’origine della vite e del Marzemino. un lavoro ri-goroso di approfondimento e di ricerca, che rende un buon servizio anche alla comunicazione del vino trentino. nello stile essenziale e sobrio, ma senza con-cessioni e senza sbavature che distingue i lavori di pederzolli.

formazione

I l concetto di “sostenibilità” è sempre più attuale e viene declinato in molti ambiti, da quello ambientale a quello economico

e sociale. e’ naturale, quindi, che si parli anche di agricoltura sostenibile, ovvero un’agricoltura che abbia un minor impatto sugli ecosistemi, ma possa al contempo creare reddito per gli agricoltori e offrire prodotti di qualità. in que-st’ottica la fondazione edmund mach di san michele ha deciso di arricchire la propria offer-ta formativa con un nuovo corso postdiploma-postlaurea che affronterà queste tematiche.“Agricoltura sostenibile: strumenti innovativi di protezione delle colture”. e’ questo il nome del corso che è nato dalla collaborazione dei tre centri della fondazione mach (centro istru-zione e formazione, centro ricerca e innova-zione, centro trasferimento tecnologico) che scatterà nel mese di dicembre 2012. l’obiettivo formativo principale è proprio quello di appro-fondire le strategie innovative di difesa delle colture che possono essere messe in atto per andare incontro ad un’agricoltura sostenibile. con un minor uso di sostanze chimiche, ma ugualmente produttiva.il corso durerà un anno solare e sarà articolato su un totale di 800 ore, suddivise in 500 ore di lezione e 300 ore di tirocinio pratico-ope-rativo che si svolgerà non solo nelle strutture della fondazione mach, ma anche all’interno

di aziende del settore attente a queste pra-tiche innovative e con le quali è stato pos-sibile siglare un accordo di collaborazione. Anche le lezioni (a loro volta articolare in 9 moduli specifici) saranno condotte con un ap-proccio pratico ed interattivo, impreziosite da esercitazioni e visite tecniche. l’attività didat-tica potrà essere concentrata in alcuni giorni della settimana per conciliare eventuali impe-gni lavorativi dei corsisti.Questo corso, infatti, si rivolge a persone già in possesso di un diploma in ambito agrario o di una laurea in scienze agrarie. in caso di possesso di altri titoli di studio, l’ammissione al corso è subordinata ad una valutazione del percorso formativo che dovrà essere coeren-te con le finalità del corso. Il numero massi-mo di partecipanti non potrà superare le 20 unità e per acquisire il titolo è obbligatoria la frequenza ad un minimo dell’80% del monte ore complessivo di ogni singolo modulo. Al ter-mine di ogni modulo è previsto l’accertamento delle conoscenze acquisite ed il superamento di tutti i moduli consentirà l’accesso all’esame finale, che permetterà di ottenere un certificato di profitto con la valutazione finale. Il supera-mento dell’esame finale verrà riconosciuto dal collegio nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati come idoneo assolvimen-to a 12 mesi di tirocinio professionale. (j.t.)

INFORMAZIONI IN BREVEnumero massimo di partecipanti ammessi: 20Quota d’iscrizione al corso: 3.000 euro da versare in 3 ratetermine per le preiscrizioni: 31 ottobre 2012modalità di preiscrizione: compilazione dell’apposito modulo scaricabile sul sito della fondazione

mach (www.fmach.it) e sua restituzione via mail (all’indirizzo [email protected])Avvio del corso: dicembre 2012tutor del corso: lorenzo toninaper ulteriori informazioni: 0461.615111http://www.iasma.it/formazione_context2.jsp?iD_linK=4443&area=6http://goo.gl/2Hoiv

agricoltura sostenibile, al via un nuovo corso post-diploma

IL FeRRARI tReNtoDoC AL CoNgReSSo uSA per la prima volta nella storia il ferrari tren-todoc è stato servito allo united states con-gress, il parlamento degli stati uniti d’Ame-rica. L’ingresso, il primo in forma ufficiale, delle bollicine ferrari nel campidoglio di Washington ha suggellato una due giorni ne-gli states di una ristrettissima delegazione italiana espressiva di alcune delle più note cantine del Belpaese, il tutto sotto l’egida di vinitaly. preludio all’approdo al congresso l’incontro tra la delegazione e l’ambasciatore italiano negli usa, claudio Bisogniero (il pri-mo a sinistra nella foto), che ha sottolineato come questo sia, negli states, un momento

particolarmente positivo per il vino della penisola, primo sul mercato statunitense per quan-tità e valore. l’ambasciatore ha ricordato come il vino sia una componente importante della cultura e nelle tradizioni del nostro paese e avrà quindi un ruolo significativo all’interno delle attività previste nel 2013 per l’Anno della cultura italiana negli stati uniti.momento clou della spedizione è stato l’incontro e la successiva degustazione con i membri del Wine caucus, l’organismo che riunisce gli appartenenti al congresso impegnati a vario ti-tolo nella tutela e promozione del vino. “per quanto riguarda le bollicine italiane, nonostante il grande successo che stanno riscontrando - commenta matteo lunelli, presidente delle canti-ne Ferrari - occorre ancora fare tanto in termini di educazione del pubblico americano perché le nostre etichette sono espressione di metodologie produttive e di territori assai diversi”.

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vicino e lontano

F ranca cattoi è ostetrica diploma-ta. nativa di valle san felice (val di gresta), è tornata da poco dalla

repubblica centro Africana dove si trovava dal mese di marzo del 2011. era alle dipen-denze di una organizzazione umanitaria che fa capo ad un industriale toscano ed era re-sponsabile di un progetto di promozione del microcredito, tra una popolazione che non ha il senso del risparmio, perché è abituata a vivere alla giornata.“Avevo 9 anni, esordisce franca (anno di nascita 1959) quando, vedendo su nigrizia la fotografia di un missionario circondato da bambini di colore, ho deciso che anch’io da grande sarei andata in Africa. A 25 anni, dopo aver ottenuto il diploma di infermiera e di ostetrica, sono stata assunta all’ospe-dale civile di rovereto dal quale mi sono dimessa volontariamente ed in via definitiva nel 1997. il primo approdo in Africa risale al mese di giugno del 1991. la serie di soggior-ni lavorativi in Africa, sempre con contratti di collaborazione con diverse organizzazioni non governative, è piuttosto lunga: Burundi, somalia, Angola, gabon, di nuovo Burundi, mozambico, e da ultimo repubblica cen-tro Africana. l’ospedale di rovereto mi ha sempre concesso periodi di aspettativa fino a quando mi sono licenziata. ci sono state anche delle interruzioni nel mio lavoro in Africa, dovute a malattia o circostanze non previste. Adesso sono stata costretta a fer-marmi per motivi di salute, ma non appena guarita riparto”.Quali motivi spingono a lasciare la fami-glia, il proprio paese e un lavoro sicuro per andare in Paesi lontani molto diversi da quello dove si è nati? “c’è chi fugge, chi lo fa per spirito di avventura e chi per convinzione, perché vuole mettere a

servizio di chi ha bisogno la propria profes-sione. nel mio caso la fede religiosa non è stata determinante, anche se non mi sento di escluderla. tengo a precisare che ogni mio soggiorno era tutelato da un contratto di la-voro. in alcuni paesi sono andata anche per dare esecuzione a progetti redatti da me e so-stenuti da contributo europeo o nazionale”.Come ostetrica lavoravi da sola o facevi parte di gruppi strutturati?“mi sono sempre trovata a lavorare all’inter-no di gruppi organizzati: medici, assistenti sociali, tecnici agricoli, personale di forma-zione paramedica o diversamente specializ-zata. talora in ospedale, tal’altra in strutture di fortuna, ma sempre avendo la garanzia di un contratto di lavoro. come ostetrica non ho solo aiutato a partorire molte donne, talora in condizioni ambientali o sanitarie molto difficili. Ho contribuito a formare pro-fessionalmente personale locale mettendo a disposizione delle aspiranti ostetriche mate-riale didattico ed anche un libro su gravidan-za e parto scritto insieme ad una ginecologa finlandese”.Hai sempre trovato collaborazione nei col-leghi di lavoro e nelle istituzioni locali?“All’interno del gruppo sì, sempre. con le istituzioni pubbliche c’è purtroppo una malcelata insofferenza: il personale delle organizzazioni non governative è talvolta visto come un testimone scomodo che può rilevare comportamenti illegali ed ingiustizie sociali che vorrebbero non fossero raccon-tate fuori dal contesto. il personale sanitario in una comunità dell’Angola, ad esempio, si è rifiutato di darci una mano nell’organizzare una campagna di vaccinazione dei bambini perché non era previsto alcun compenso per lavoro straordinario”.Come funziona il microcredito e quali dif-

ficoltà hai incontrato?“la mia ultima fondazione è nata proprio per sostenere questa forma di aiuto allo sviluppo delle persone e comunità povere. soggetti singoli, piccole associazioni tra persone, in-teri villaggi presentano un progetto che, se viene ritenuto valido da un comitato di ga-ranzia, è accettato e finanziato. Nella regio-ne dove operavo ultimamente abbiamo fatto nascere due piccole casse rurali. funziona-no più o meno come le cooperative di credito cooperativo del trentino. con la differenza che non tutti i prestiti, soprattutto quelli con-cessi a persone singole, saranno restituiti”.La tua pluridecennale attività umanitaria è seguita e sostenuta dalla comunità di Valle San Felice?“Devo dire che grazie alle offerte in denaro pervenute dalla mia gente ho potuto realiz-zare ovunque sono stata qualcosa di nuovo, anche al di fuori della mia attività specifica. sono grata anche a varie istituzioni pubbliche del trentino e della vallagarina che mi hanno inviato, spontaneamente o su mia motivata sollecitazione, somme talora consistenti.”Hai rimpianti per aver lasciato il lavoro sicuro dell’ospedale di Rovereto?“Assolutamente no. sono soddisfatta per quanto ho potuto fare nei paesi dove ho tra-scorso periodi più o meno lunghi. Ho accu-mulato esperienze positive nella mia attività professionale, ma anche toccato con mano situazioni difficili e di segno negativo. Soprat-tutto ingiustizie e disparità di trattamento. gli ultimi rimangono sempre tali anche in Africa”. Sergio Ferrari

“nella mia africa aiuto gli ultimi a nascere”

Franca cattoi, ostetrica trentina di Valle San Felice

a cura di Sergio Ferrari

agrIColtUra e CooPerazIonela PalestIna gUarda al trentInoDare continuità d’azione al protocollo d’intesa firmato lo scorso anno e approfondire la co-noscenza di alcune peculiarità del trentino, in particolare l’esperienza della cooperazione: questi gli interessi prioritari al centro della vi-sita, nel luglio scorso, del ministro palestinese del lavoro - e ad interim dell’agricoltura - Ah-mad madjalani. il presidente Dellai - che ha consegnato al ministro lo stemma del tren-tino - ha ricordato i rapporti di amicizia e col-

laborazione già avviati negli anni scorsi e ha auspicato un loro ulteriore approfondimento, a partire da settori come quello dell’agricol-tura. il ministro madjalani, accompagnato dal consigliere michele nardelli, ha sottolineato come, anche nell’ambito dei grandi cam-biamenti che si stanno delineando in tutto il medio oriente dopo l’inizio della cosiddetta “primavera araba”, sia più che mai importan-te lo scambio di esperienze e di conoscenze, sul piano economico, scientifico, culturale e anche istituzionale.

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nereo pederzolli e francesco spagnoli tReNtoDoC. QuANDo LA moNtAgNA

dIventa Perlage Valentina Trentini Editore, Trento, 2011, pp.

312, euro 20

trento Doc è la denominazione legale dello spumante da rifermentazione in bottiglia (me-todo classico) prodotto da 39 ditte locali ed è anche il nome dell’istituto al quale aderiscono i produttori che applicano l’omonimo discipli-nare di produzione. trentodoc, invece, è il logo scelto nel 2003 dalla camera di com-mercio di trento e dalla trentino marketing per promuovere il prodotto stesso, protago-nista del panorama enologico trentino. tren-todoc è infine il titolo di questo libro, elegan-te nella sua veste e frizzante nel contenuto, scritto da nereo pederzolli, enogastronomo tra i soci fondatori di slow food, e da france-sco spagnoli, enologo e docente di viticoltu-ra ed enologia; le fotografie sono di romano magrone.

sergio Abram e Adriano del fabro orto dI Casa Per le 4 stagIonI Edizioni del Baldo, Castelnuovo del Garda

(VR), 2012, pp. 224, euro 13 (euro 15 con copertina cartonata)

«’fare l’orto’ è entrare a far parte dell’eterno ci-clo delle stagioni. ‘fare l’orto’ è riconquistare un valore nel tempo. ‘fare l’orto’ è una terapia in-tensiva contro lo stress e la malinconia’». sono alcune delle riflessioni che introducono a que-sto libro davvero accattivante nella sua veste grafica. tanti disegni colorati e mirate fotografie si alternano su pagine che, iniziando da come progettare un orto, descrivono come concimare il terreno con preparati biodinamici, l’importan-za del seguire le fasi lunari nel corso dei mesi, come usare una serra … di piante gli autori ne parlano poi “con affetto”, spiegando così come proteggerle dalle malattie con prodotti fitotera-pici, come riempire le stagioni “vuote” attraver-so una buona conservazione “dell’orto fresco”. ecco allora utili i consigli su come far durare l’aglio, le patate…. su come predisporre una giardiniera, sui segreti dell’essiccazione o del-la congelazione. un libro piacevolissimo, “fra il tecnico e il domestico”, capace di appassionare ogni apprendista contadino.

stefan stabler (a cura di) Le meLe NeLLA CuCINA DeLLe DoLomItI. 75 guStoSe RICette

Athesia, (Bolzano), 2012, pp. 168, euro 19,90

ci sono le morgenduft, le aromatiche Jona-gold, le più note golden Delicious o le verdis-sime granny smith, la succosa Braeburn, la pinova, le rosse stark Delicious, la croccan-te gala… sono alcune tra le varietà di mele altoatesine che hanno conquistato la deno-minazione igp, venendo così riconosciute a

livello europeo come specialità regionali. per tutte, questo libro dedica deliziose ricette affi-date a cuochi dall’indubbia creatività: Herbert Hintner, othmar raich, philip Hafner, monika schõlzhorn, martin lercher e il pasticcere An-dreas Acherer. ma non solo di dolci – come sarebbe facile pensare – parlano queste 75 ricette le cui immagini sono gioia per l’occhio e promessa di piacere per il palato: andate di fatto a scoprire gli antipasti, i primi e secondi piatti, le bevande, confetture e salse e vedrete quanto vale il saggio detto «una mela al gior-no toglie il medico da torno»!

francesco cadeddu l’aPe mellIfera. bIologIa, AVVeRSItà, ALLeVAmeNto, ProdottI Publistampa Edizioni, Pergine Valsugana (TN),

2012, pp. 240, euro 19

l’idea del libro nasce dalla volontà di creare uno strumento capace di offrire un contribu-to alla conoscenza delle cause che portano allo spopolamento degli alveari, che in tutto il mondo sta destando un comprensibile stato di apprensione per le gravi conseguenze ne-gative sulle produzioni zootecniche, agricole e sull’equilibrio dell’ecosistema. il libro tratta infatti della biologia, delle avversità, dell’al-levamento e dei prodotti dell’ape mellifera, spiegando così come l’ape organizzi le pro-prie attività, come si difenda dai fattori avver-si e come soccomba a seguito delle malattie e degli interventi farmacologici e tecnologici praticati dall’uomo. l’ape, in quanto sentinel-la della qualità dell’ambiente, fornisce segnali eloquenti e l’uomo dovrebbe imparare ad in-terpretarli.

lucia matteotti mIeLe DeL tReNtINo. StoRIA, tRADIZIoNe e QuALItà Provincia autonoma di Trento. Servizio

Agricoltura, 2012, pp. 72. Per informazioni contattare Servizio Agricoltura: tel. 0461 495861

È una grande passione quella che lega lucia matteotti al mondo delle api: funzionario tecni-co presso il servizio agricoltura della provin-cia di trento, è autrice di diversi libri rivolti sia agli apicoltori sia ai giovani che si aprono alla scoperta dei segreti delle sempre operose api. così anche in queste pagine, dopo un’introdu-zione dedicata alla storia dell’apicoltura trenti-na - dall’ottocento all’oggi - con un linguaggio semplice ma efficace e rigoroso, racconta il meraviglioso mondo del miele, da come nasce al suo impiego in cucina, passando per una classificazione dei diversi mieli del trentino, uno per ogni paesaggio. A concludere una breve carrellata sugli altri prodotti dell’alvea-re, coma la cera, la propoli, il polline, la pappa reale.

scaffale a cura di Silvia Vernaccini

orto e dIntornI: le aromatICHe

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La carota che matura al gelo

PastInaCa

Iris [email protected]

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orto e dIntornI: le aromatICHe

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L a pastinaca, una pianta ortense molto simile alla carota, è attualmente poco coltivata nella nostra regio-ne e perciò poco sfruttata in

cucina, benché la sua radice commestibile sia ricca di zuccheri e di proteine molto più della carota stessa.Questo “antico” ortaggio è originario del-le regioni mediterranee, tant’è vero che i primi a farne uso, sia come alimento che come “medicina”, furono i greci ed i ro-mani.nella sua storia naturale plinio il vecchio scrive, infatti, che la pastinaca “stimola lo stomaco ed elimina la nausea nei confronti del cibo, se assunta con pepe e vino mie-lato” e riporta via via anche le altre virtù te-rapeutiche ad essa attribuite da numerosi medici greci.verso l’Xi secolo, la pastinaca fu sostituita in gran parte dalla carota il cui contenuto di vitamine, in particolare la A, fornita dal carotene, è sicuramente superiore mentre, come alimento, essa ha un valore equiva-lente a quello dell’ortaggio che l’ha sop-piantata.tuttavia, la pianta fu sfruttata ancora per lungo tempo dalle popolazioni povere.All’inizio del secolo Xvi la coltivazione di pastinaca era già diffusa in tutta l’europa del nord. nel 1609 i coloni la introdussero nel nuovo mondo dove ben presto divenne molto più apprezzata che nella sua terra d’origine: probabilmente, i nativi d’America l’avevano adottata perché la sua radice si sviluppava senza richiedere grandi cure.In Europa, fino a pochi decenni fa, la pa-stinaca ha costituito un alimento sia per l’uomo che per il bestiame.

note botaniche e colturalila pastinaca (pastinaca sativa) è un’om-brellifera erbacea biennale, le cui specie selvatiche (circa una quindicina) sono dif-fuse sia in italia che nelle regioni tempera-te del vecchio continente.la varietà spontanea è caratterizzata da un odore penetrante e cresce di solito lun-go i cigli delle strade, nei luoghi erbosi, sul-le macerie, ai margini dei campi coltivati, in terreni fangosi, profondi e ricchi di sostan-ze azotate. la possiamo trovare dal piano fino a 1500 metri d’altitudine.la varietà coltivata (p. sativa var. horten-sis) deriva dalla specie selvatica, molto comune in europa, e ne differisce soltanto per la radice odorosa e carnosa, di color bianco-giallastro.si tratta di una pianta biennale, coltivata di solito come ortaggio annuale per le sue

radici a fittone, lunghe (talora anche 80 cm!), affusolate, di sa-pore dolce e aromatico, un po’ più grandi di quelle della carota. il fusto è eret-to, scana-lato, peloso e ramificato superiormente; può raggiungere l’altezza di 30-40 cm ed ha foglie pen-natosette con foglioline dentate e seghettate in modo ineguale, lucide e lisce di sopra e pe-lose nella parte infe-riore. I fiori, sono piccoli e color giallo oro, sono riuniti in infiorescenze ad ombrella a 5-15 raggi.la pianta odora di carota (se ne sminuzziamo le foglie).All’epoca della raccolta bisogna fare attenzione a non confonder-la con altre ombrellifere, come la cicuta maggiore o l’enante, che sono piante velenose.Questo ortaggio viene spesso colpito dal “cancro della pastina-ca”, una malattia che fa strage nelle colture e che si cerca di debellare selezionando cep-pi resistenti.le pastinache, in genere, rimangono senza danno nel terreno gelato; anzi, il freddo è necessario per trasformare l’amido presente nella radice in zucchero ed esaltare a pieno il loro sapore.sotto tutti gli altri aspetti col-turali esse si trattano come le carote.

Proprietà terapeutiche e usila radice di pastinaca è ric-ca di proteine, amidi, pec-tine e contiene anche circa 30 mg di vita-mina c ogni 100 g di peso fresco. grazie ai suoi compo-nenti, la pastinaca ha quindi proprietà diuretiche, depu-rative, digestive e sedative e costituisce anche un valido ricostituente per le persone esauste e debili-tate che hanno bisogno di rinforzarsi e di sti-

molare le loro funzioni organiche. un tempo

venne usata anche come colagogo (per eccitare la secrezione biliare del fegato).il succo della pastinaca, soprattutto quel-lo della specie coltivata, assunto con lat-te di capra, è astringente dell’intestino.inoltre, la radice di questo ortaggio, cot-ta a lungo, dà una specie di pasta molle

e dolciastra che, in alcuni paesi del-l’europa del nord, si usa mangia-re spalmata sul pane; gli estratti della radice si usano pure come aromatizzanti dei liquori.Anche i semi sono medicinali, in quanto diuretici, e sono pertanto utili nella cura dell’idropisia.

Tutta la pianta, infine, può essere usata sotto forma di decotto, per sti-

molare la diuresi e le funzioni della cistifellea: è sufficiente bollirne 40-50 g in un litro d’acqua e berne una taz-

zina 2-3 volte al giorno.in cucina si usano pure le foglie, che co-

stituiscono un’ottima verdura; si possono mescolare crude con altre insalate di sta-

gione, cui conferisce un gradevole gusto e profumo, oppure se ne può mettere qualcu-na nel brodo come aromatizzante.

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orto e dIntornI: le aromatICHe

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Salsa di peperoni Ingredienti: peperoni, olio, burro, 1 spic-chio d’aglio, pomodori pelati, sale.

Scegliere dei peperoni rossi e verdi ben sodi, lavarli in fretta sotto l’acqua corren-te e asciugarli subito; eliminare torsoli e semi e dividerli per il lungo in 4 o 6 stri-sce, quindi metterli in una padella in cui frigga un po’ d’olio e lasciarveli un attimo per poterli pelare con facilità. Tagliarli poi finemente con la mezzaluna. Mettere in una padella olio e burro con lo spicchio d’aglio schiacciato che si to-glierà appena rosolato, unire i peperoni, salare e, dopo un po’, aggiungere anche qualche pomodoro pelato. Cuocere an-cora un poco, quindi invasare in recipien-ti preriscaldati e chiudere ermeticamente i vasi.

Peperoncini sott’olio ripieniIngredienti: peperoncini rossi piccoli e rotondi, acciughe sott’olio, olive (verdi o nere), tonno sott’olio, capperi, 2 bicchieri di aceto bianco e 1 bicchiere di vino bian-co, olio di semi e un pizzico di sale.

Pulire bene i peperoncini da tutti i loro semi, farli bollire per 2 minuti nell’aceto e nel vino bianco (pochi alla volta, in un piccolo pentolino). Appena scottati, to-glierli e metterli sul tavolo girati all’ingiù, lasciandoli così per una notte affinché si asciughino.Tritare le acciughe, le olive, il tonno (con l’olio) e i capperi e riempire con questa mi-scela i peperoncini.Mettere nei vasi, coprire con olio di semi e far bollire a bagnomaria per 10 minuti.

L’eStAte fuori stagione

Iris Fontanari

RICette CoNtADINe

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Salsa di pomodoro con verdure

Ingredienti: 5 kg di pomodori, 2 carote, 1 cipolla, 2 coste di sedano, 1 porro, basilico, prezzemolo, sale (poco).

Prendere dei pomodori di qualsiasi varietà, purché polposi, con pochi semi e molto matu-ri. Lavarli e asciugarli con cura, quindi dividerli a metà, schiacciarli con le mani per far uscire i semi e metterli in una pentola con tutti gli altri ingredienti, già lavati e tagliati a pezzetti.Far bollire a lungo, mescolando spesso. Quando le verdure saranno cotte e la salsa avrà assorbito l’acqua, lasciar intiepidire, poi passare al setaccio o al passaverdura, quindi invasare e chiudere ermeticamente a caldo i contenitori.Volendo, si possono aggiungere anche al-tri ingredienti o levare quelli non graditi.

Peperoncini, fichi e pomodori secchi: come conservarli per l’inverno

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Fichi alle mandorle è una ricetta dolce che ho potuto gustare tutte le volte in cui mi sono recata nella bellissima terra di Puglia (ma che preparo anch’io quando dispongo, oltre che di fichi domestici, anche di buone mandorle).

Ingredienti: 20 fichi, 20 mandorle, 4 cuc-chiai di miele, 2 cucchiai di zucchero.

Sbucciare i fichi, tagliarli a metà senza aprirli fino in fondo. Inserire in ogni fico una mandorla, richiuderli e passarli prima nel-lo zucchero e poi nel miele. Adagiarli sulla piastra del forno, già foderata di carta da forno o carta d’alluminio. Accendere il grill, inserire la piastra e ca-ramellare i fichi. Durante la cottura, rigirarli uno alla volta con molta delicatezza. Ada-giarli su un piatto e servire.

L ’estate è la stagione che offre la maggior quantità di prodotti sia nell’orto sia nei campi e nei frutteti. e’ una stagione fertile e generosa, che elargisce il me-

glio per affrontare l’inverno. naturalmente è necessario saper scegliere e saper preparare con cura le varie ricette. Disponendo di grandi o anche di discrete quantità di frutta e ortaggi, trasformarne una parte per poterla consumare durante l’inver-no non è solo un’ottima forma di previdenza, ma offre pure la possibilità di gustare, nei mesi in cui nessun prodotto è presente nel-l’orto, degli alimenti veramente genuini.tuttavia, anche chi non dispone di un orto o di un frutteto può facilmente trovare, in que-sta stagione, un contadino che ceda le sue “ricchezze” perché l’estate è il periodo delle vacanze; ed è anche il periodo in cui, proprio in vacanza, si cercano souvenirs a ricordo delle liete giornate trascorse con gli amici. fra i vari acquisti-ricordo riserviamo, allora, un posto anche alle provviste per l’inverno!Se si possiede il gusto di trafficare in cucina è questo il periodo in cui è opportuno dedicarsi alle “conserve”, tanto più che anche al mercato è facile trovare un venditore di tutta fiducia da cui farsi consigliare non solo sulle verdure e sui frutti da acquistare per la conservazione, ma anche sul momento migliore per gli acquisti.

essiccazione dei fichiPer avere a disposizione durante l’anno i fichi prodotti dalle piante che vegetano nel nostro orto o a ridosso dei muri di campagna si può farne seccare una certa quantità, approfittan-do delle tante giornate di calore estivo.Scegliere dei fichi sani, maturi al punto giu-sto, stenderli su un graticcio, coprendoli pos-sibilmente con una garza, ed esporli al sole durante il giorno. ritirarli alla sera per evitare che si impregnino di umidità durante la notte.se il sole non fosse abbastanza forte, è suf-ficiente passarli un po’ nel forno, a calore minimo, prima di riporli in vasi di vetro o sca-tole di latta ben chiuse, per poi conservarli al riparo dell’umidità.I fichi alle mandorle è invece una ricetta dolce che ho potuto gustare tutte le volte in cui mi sono recata nella bellissima terra di puglia (ma che preparo anch’io quando dispongo, oltre che di fichi domestici, anche di buone mandorle).

Pomodori secchiprendere dei pomodori peretta ben maturi e carnosi, dividerli a metà nel senso della lunghezza ed esporli al sole su graticci o assi di legno spolverizzandoli di sale fino e coprendoli con una retina antizanzare.ogni giorno voltarli più volte e ritirarli al tra-monto. Quando sono ben secchi, metterli in una scodella e coprirli con acqua e aceto, lasciandoveli per 2-3 ore. scolarli bene at-traverso un setaccio e sistemarli quindi in

Pomodori secchi ripieni sott’olioIngredienti: pomodori peretta secchi, aglio, prezzemolo, filetti d’acciuga, olio.

Far seccare i pomodori come indicato nella precedente ricetta. Lavare e far asciugare perfettamente il prezzemolo. Prendere ora mezzo pomodoro, appoggiarvi un po’ d’aglio e prezzemolo tritati e un filetto d’acciuga, quindi chiudere con un altro mezzo pomodo-ro. Continuare così fino a riempire il vaso. Ricoprire con l’olio; dopo qualche ora ag-giungerne dell’altro, se quello versato in precedenza fosse stato in parte assorbito dai pomodori.Chiudere ermeticamente i recipienti e con-servarli in cantina o in un locale buio, fre-sco e asciutto.

vasi di vetro inframmezzandoli con aglio, basilico, menta o altre erbe aromatiche a piacere.coprire con olio d’oliva, chiudere bene i vasi e conservare in luogo fresco.l’estate è anche la stagione delle salse in quanto ci offre molti ortaggi che sono gli ingredienti principali per questo tipo di condimenti: i primi in assoluto sono indub-biamente gli ormai insostituibili pomodori, seguiti dai gustosi e piccanti peperoni.per quel che riguarda i primi, accanto alla tradizionale salsa più o meno concentrata, un gustoso sugo è quello che si può prepa-rare aggiungendo ai pomodori altre verdure dell’orto: lo possiamo utilizzare sia per con-dire la pasta o il riso, sia per insaporire il ragù di carne o il minestrone (qualche cuc-chiaiata al termine della cottura).con i peperoncini rossi piccanti, che si possono coltivare anche nei nostri orti, io preparo ogni anno la seguente ricetta: pe-peroncini sott’olio ripieni.

NB! All’occorrenza è anche possibile far

“rinvenire” la frutta essiccata. il metodo classico è il seguente: mettere in una pen-tola la frutta secca e versarvi sopra dell’ac-qua bollente fino a coprirla (non oltre, per non farla galleggiare).mettere il coperchio e far bollire lentamente per 10-15 minuti a seconda della dimen-sione dei pezzi. togliere dal fuoco e lasciar raffreddare (senza scoperchiare).se si desidera aggiungere zucchero o un dolcificante, farlo solo dopo aver tolto la pentola dal fuoco. servire l’indomani, dopo aver lasciato raffreddare la frutta per un’in-tera notte.Qualora si intenda cucinare qualche piatto particolare come torte, yogurt o dessert, si può far rinvenire la frutta mettendola in una scodella e aggiungendo acqua bollente fin quasi a coprirla; mettere quindi un coper-chio e lasciarla immersa per diverse ore o finché diventa tenera. Aggiungere acqua con parsimonia e solo se i pezzi sono anco-ra duri perché il liquido è pieno di sostanze nutrienti ed è bene sia incluso nella ricetta come se fosse succo naturale.

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T ra la seconda metà degli anni ’60 e i primi anni ’70 nella facoltà di chimica industriale di Bolo-gna nessuno metteva in dubbio che le risorse del pianeta erano

infinite e che l’inquinamento era un fenomeno inesistente(!!). in questa atmosfera fece grande scalpore l’uscita di un libro, “i limiti dello svilup-po” a cura del club di roma, che andava con-trocorrente. infatti, metteva in dubbio, attraverso una serie di elaborazioni fatte al computer, l’as-sioma che la crescita economica non ha limiti.nello stesso periodo apparve un libro che ha fatto cultura in tutto il mondo: “il cerchio da chiu-dere”, del grande biologo Barry commoner, ancora oggi valido, in cui si dimostra che i tipi di merci prodotte dopo la seconda guerra mon-diale per soddisfare le necessità sono cambia-te radicalmente: fibre sintetiche, fertilizzanti e pesticidi di sintesi, plastica, calcestruzzo, vuoti a perdere.... tutto ciò ha fatto aumentare for-temente l’impatto sull’ambiente. commoner proponeva un “catalogo dell’impatto ecologi-co” per ogni attività produttiva, che ci consen-tisse di attaccare ad ogni prodotto un cartellino del prezzo inquinante. Questa idea, elaborata più di 40 anni fa, è l’antenata della moderna “improntA ecologicA (i.e.)”. essa indica quanto territorio “biologicamente produttivo” è necessario per produrre tutte le risorse che un individuo(o regione o stato) consuma e per as-sorbire i rifiuti che genera. Quindi, si tratta di un metodo di misurazione utilizzato per valutare la sostenibilità ambientale dei consumi di un individuo (città, stato). l’impronta ecologica è un buon indicatore di pressione AmBien-tAle: risponde alla domanda “Quanto pesia-mo sull’ambiente”.

confrontando l’impronta di un individuo (re-gione o stato) con la BiocApAcitA’ (quan-tità di terra disponibile pro-capite), si può capire se il livello dei consumi del campione è sostenibile o meno. se l’improntA ecologicA (i.e.) < Bio-compAtiBilitA’ (B.) allora viviamo in un mondo sostenibile.se l’improntA ecologicA > Biocom-pAtiBilitA’ vuol dire che stiamo consumando più risorse di quelle disponibili.si può esprimere l’i.e. anche da un punto di vista energetico, allora si parla di improntA cArBonicA (cArBon footprint). in questo caso si considera l’emissione di ani-dride carbonica espressa in tonnellate e di conseguenza la quantità di terra con foreste necessaria per assorbire le suddette tonnella-te di anidride carbonica.l’inquinamento emesso viene considerato solo dal punto di vista delle emissioni di anidri-de carbonica. ne deriva che il danno ambien-tale reale è molto maggiore di quanto mostra l’I.E., perché non vengono considerati altri fat-tori inquinanti.

Come SI CALCoLA l’ImPronta eCologICa?il calcolo dell’i.e. di un individuo (regione o sta-to) tiene conto di 6 componenti espresse in su-perfici di terreno necessarie per produrre beni e servizi che l’individuo (regione o stato) consu-ma. l’i.e. si calcola con una formula semplice.i.e.= sommatoria delle impronte ecologi-che derivanti dal consumo di tutti i prodotti = sommatoria dei consumi di tutti i prodotti (Quantità di ogni bene consumato in Kg) / produttività media di tutti i prodotti (in Kg/

ettaro). Ad esempio, per la carne bovina la produttività vale 33 Kg / ettaro, mentre per i cereali vale 2744 Kg/ettaro. Ciò significa che in un anno, un ettaro di terreno può produrre 33 Kg di carne o 2744 kg di cereali, oppure si può dire che per produrre un Kg di carne bo-vina occorrono 1 ettaro/ 33 kg= 10.000 m/ 33 Kg = 303 mq di terreno, mentre per produrre 1 Kg di cereali occorrono 1 ettaro / 2744 Kg = 10.000 m / 2744 Kg= 3.6 mqper potere essere confrontabili, le impronte ecologiche sono trasformate in “unità equi-valenti” o “ettari globali”.

Come SI CALCoLA la bIoCaPaCIta’?la Biocapacità della terra (o di una regione) viene stimata attraverso la quantificazione delle superfici di terreno che possono produr-re beni e servizi per l’uomo., anche queste sono trasformate in “ettari globali”. in questo modo la Biocapacità può essere confrontata con la impronta ecologica. Da tale confronto scopriamo che stiamo consumando troppo!

Impronta Ecologica

(ettari pro-capite)

Biocapacità (ettari

pro-capite)

mondiale 2.2 1.8

italia 4.2 1

l’impronta ecologica mondiale risulta essere maggiore della Biocapacità! per l’italia la situazione è ancora peggiore! Ciò significa che stiamo consumando più risorse di quanto potremmo, cioè stiamo

l’ImPronta eCologICa Quanto pesiamo sull’ambiente?

CIBo e AmBIeNte

Prof. Carmelo Brunogià docente di chimica all’ITI “Buonarroti” di Trento

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IMPRONTA ECOLOgICA PER ZONE

l’altezza della barra è proporzionale all’i.e media di ciascuna zona, la larghezza è proporzionale alla sua popolazione, mentre l’area è proporzionale all’i.e. totale della regione stessa.

intaccando il capitale naturale e in futuro potremo disporre di meno materie prime per i consumi. l’italia consuma 4 volte di più di quello che potrebbe permettersi, so-prattutto nelle regioni del nord.Dai calcoli fatti dal livingi plAnet re-port si nota l’enorme differenza di im-pronta ecologica tra i diversi stati: pochi paesi (emirati Arabi, usA, canada, fin-landia, Kuwait……..) hanno una impronta attorno a 10 ettari pro-capite; moltissimi paesi dell’Africa, del medio ed estremo oriente hanno una impronta < 1 ettaro pro-capite. ciò significa che i cittadini del primo gruppo di paesi si accaparrano una quantità enorme di risorse lasciando agli altri solo le bricciole! Questo ci dà un’idea dell’ingiustizia globale che divide il nostro pianeta. mentre, sul versante opposto, per la Biocapacità si trovano in testa i paesi africani come il congo che ha una Biocapacità di 13.9 ettari/abitante a fron-te di una impronta ecologica di soli 0.5 ettari/abitante.l’impronta ecologica è un metodo chiaro che permette di quantificare la condizione di sostenibilità del modo di vivere di un in-dividuo, regione o stato.. essa è soprattutto uno strumento educativo che mette in luce le conseguenze del nostro stile di vita sul-l’ambiente.Quando si parla di sovrappopolazione del pianeta terra, bisogna tener pre-senti oltre al numero di esseri umani anche l’impatto che ognuno di essi ha sull’ambiente e sulle risorse. e’ evidente, infatti, che il pianeta può sostenere un numero minore o maggiore di persone, a seconda se i loro consumi e quindi il loro impatto sull’ambiente, siano mino-ri o maggiori. se tutti gli esseri umani avessero una impronta ecologica pari a quella degli abitanti dei paesi “sviluppa-ti” non basterebbe l’attuale pianeta per sostenerla: continuando l’attuale ritmo di consumo, nel 2050 ce ne vorrebbero due di pianeti!

CALCoLIAmo LA NoStRA ImPronta eCologICa Personaleil WWf ha messo in piedi un test per calcola-re l’improntA Di cArBonio che ognuno di noi lascia nell’ecosistema. Attraverso una serie di domande che riguardano casa, tra-sporti, alimentazione, beni e servizi, siamo in grado di misurare il nostro volume di consumi e rifiuti e quanti ettari di bosco sarebbero ne-cessari per il loro smaltimento. tramite il test siamo in grado di individuare le consuetudini che rendono” pesante” la nostra impronta. il test si trova sul sito www.terranauta.it

PossIamo rIdUrre l’ImPronta eCologICa PUntando SuL LIVeLLo LoCALe?innanzitutto bisogna prendere coscienza di come il nostro stile di vita influisca negativamen-te sul conteggio dell’impronta. non tutti sono consapevoli che le risorse disponibili non sono illimitate e che non si rigenerano con la stessa velocità con cui le consumiamo: il primo passo è la sensibilizzazione. il secondo passo è quello di assumere abitudini eco-compatibili per ridurre l’impatto delle nostre azioni e, inoltre, modelli di consumo globali in equilibrio con la Biocapacità del pianeta, conseguibili cambiando modelli ali-mentari e riducendo gli sprechi, ma soprattutto i consumi, utilizzando l’energia in modo più ra-zionale e utilizzando le energie rinnovabili. tutti questi consigli sono sintetizzabili nella regola delle tre r: riDurre,riutilizzAre, rici-clAre ovvero non acquistare ciò di cui non si ha davvero bisogno, utilizzare i prodotti il più possibile e riciclare secondo metodi di smalti-mento corretti.

rIdUrre l’ImPronta eCologICa PersonalesI deve e sI PUo’. Come?in questo post si forniscono tre esempi di come è possibile farlo, utilizzando a tale sco-po il footprint calculator del sito ecofoot. il calculator determina in modo approssimato l’impronta una volta che si inseriscono una

serie di dati relativi al cibo, ai beni di consumo, alla casa e ai trasporti. si sono inseriti dei dati “medi”, mentre ho fatto variare i seguenti:http://ecoalfabeta.blogosfere.it/galleria/ 2006/10/impronta-ecologica-3-come-fare-un-passo-indietro-1.html/2

1. ALImeNtAZIoNe.Come si vede dal grafico qui a fianco , le di-verse abitudini alimentari possono fare ridur-re l’impronta ecologica da 3,4 a 2,5 ettari pro capite. il responsabile maggiore delle nostre grosse impronte è naturalmente la carne. e’ bene sapere che mangiare meno carne non fa bene solo alla nostra salute, ma anche a quella del pianeta. (in questo grafico il con-sumo auto è stato posto a 4,5-6,5 l/100 km)

2. CoNSumI DeLL’AutomoBILehttp://ecoalfabeta.blogosfere.it/galle-ria/2006/10/impronta-ecologica-3-come-fare-un-passo-indietro-1.html/3 la voracità delle nostre quattroruote ha un effetto ancora più dirompente, come si vede dal secondo grafico (in questo grafico si è considerato un comporta-mento alimentare tendelzialmente vegetariano ed una percorrrenza di 300-500 km a settima-na). stare sopra ai 9 litri per 100 km è una follia pura per l’ambiente (ed anche per il portafo-glio!), mentre scendendo sotto i 4,5 litri la no-stra orma si riduce a forme un po’ più “umane”. l’obiettivo di stare sotto ai 4,5 litri per 100 km è piuttosto ambizioso, ma realistico. come si può vedere dal sito sprintmotor, dove sono registrati i consumi effettivi di migliaia di auto, sono diver-si i modelli sotto questa soglia.http://ecoalfabeta.blogosfere.it/galleria/ 2006/10/impronta-ecologica-3-come-fare-un-passo-indietro-1.html/4

3. Km PerCorsIchiaramente più strada si fa e più si ingrossa l’impronta. e’ forse più facile ridurre la carne ed il consumo dell’auto che i km percorsi; tut-tavia facendo un po’ di attenzione è possibile (a parte i casi di pendolarismo “spinto”) stare sotto i 150 km/settimana.provando ad adottare questi accorgimenti è possibile fare scendere la propria impronta ecologica sotto a 4 ha (il valore medio italia-no) e cercare di avvicinarsi ai 3 ha.

vorrei concludere con un pensiero di un grande premio nobel indiano: Amartya sen. lo sviluppo è compatibile con la tutela dell’ambiente? la risposta è sì. egli dimostra che la logica dello sviluppo umano, conside-rato come espansione della libertà umana effettiva, come crescita dei diritti umani e delle libertà democratiche, non si può sepa-rare dalle preoccupazioni ambientali. l’aria che respiriamo e l’acqua che beviamo sono ingredienti fondamentali sia della qualità della vita sia delle libertà umane. inoltre, la necessità della partecipazione pubblica ha importanza cruciale per garantire la sosteni-bilità ambientale, evitando di ridurre questio-ni di valutazione umana e sociale a semplici questioni tecnocratiche.

nord Americaeuropa occidentaleeuropa centro orientaleAmerica latina e caraibimedio oriente e Asia centraleAsia orientale Africa

2001

390319 337 520 334 810

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3.407popolazione (in milioni)

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S in dall’antichità la selvaggina ha rappresentato un’impor-tante fonte di cibo per l’uomo, e le carni di selvaggina sono tutt’ora apprezzate sia per la

riscoperta di piatti legati alle nostre culture rurali, sia dai nutrizionisti per il basso tenore in lipidi e l’elevata qualità delle proteine, do-vuta alla presenza di amminoacidi essenzia-li. le carni di selvaggina sono generalmente caratterizzate da un maggiore contenuto in amminoacidi utilizzabili dall’organismo uma-no per la sintesi proteica rispetto alle spe-cie domestiche. tra gli animali della fauna nostrana, la carne di cinghiale e di lepre presentano il più alto tenore in amminoacidi essenziali (il cinghiale fino a 11,7% in più del suino domestico).oltre a questo, la componente di acidi gras-si polinsaturi (meno dannosa) prevale su quella dei saturi (i tipici grassi del burro e dello strutto per intendersi!). il fagiano ha il contenuto in acidi grassi polinsaturi in asso-luto più elevato, pari a 70,67/100g di acidi grassi totali.Anche il contenuto di vitamine risulta diffe-

rente a seconda della specie considerata. il cervo, ad esempio, presenta valori elevati di tiamina, riboflavina e acido pantotenico; il cinghiale presenta un contenuto di vitamina B6 e riboflavina maggiore rispetto al suino domestico.le carni di selvaggina fanno parte da sem-pre delle tradizioni alimentari delle regioni dell’arco alpino, ma nelle Dolomiti i prodotti a base di cacciagione sono ricercati soprat-tutto dai turisti. in questi ultimi anni sono aumentati considerevolmente i consumi di questo genere di alimenti, forse alla scoper-ta di sapori nuovi o perchè rievocano abitu-dini del passato. o forse proprio per il tipo di vita condotta dall’animale e l’assenza di trattamenti da parte dell’uomo, i piatti di sel-vaggina offrono caratteristiche più vicine a quelle di un alimento “naturale”, peculiarità divenuta sempre più importante per l’odier-no consumatore. Alla luce di ciò la figura del cacciatore as-sume un ruolo fondamentale non solo per la gestione e la sorveglianza della fauna sul territorio, ma anche per garantire la salubrità del prodotto e la salute del consumatore.

proprio nel regolamento (ce) n. 853/2004 della commissione europea e del consiglio del 29 aprile 2004 sull’igiene degli alimenti di origine animale, troviamo alcune norme sulla gestione e l’utilizzo della selvaggina cacciata per portare sulla tavola di tutti i prodotti della cacciagione con più gusto e tranquillità, conferendo un ruolo di partico-lare importanza al cacciatore, quale vero e proprio osservatore epidemiologico per le malattie degli animali selvatici e affidando-gli un ruolo fondamentale nel garantire la salubrità del prodotto di selvaggina, poiché a lui spettano la scelta e le prime “ cure “ dell’animale cacciato.l’applicazione di alcune precauzioni e di cor-rette manualità risulta di primaria importanza per la qualità igienica ed organolettica delle carni, nonché per la loro conservabilità. Una volta colpito il capo, al fine della qualità delle carni, risulta importante il tempo di re-cupero della carcassa dopo l’abbattimento e le modalità del trattamento della stessa, fino alla sua deposizione in un luogo riparato (sia esso una cella autorizzata o la cantina o il frigo di casa). infatti i pericoli biologici rap-

CARNI di SeLVAggINA che ne sappiamo dell’igiene?

CIBo e SALute

Rosaria LucchiniIstituto Zooprofilattico Sperimentale delle VenezieSezione di Trento

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presentati dalla flora microbica di origine intestinale o ambientale, se non eliminabili possono essere contenuti, utilizzando sem-plici pratiche igieniche e corrette manipola-zioni delle carcasse. nell’ottica di offrire un prodotto dal profilo culinario altamente ricer-cato in assoluta sicurezza, i fattori igiene, tempo e temperatura sono fondamentali.l’intestino è normalmente albergato da co-lonie microbiche ricche e abbondanti che consentono una vita sana all’individuo. ma talvolta può ospitare parassiti e forme patogene. se fuoriescono dalla loro sede possono diventare dannosi. tanto più tem-po passerà tra l’abbattimento e il recupero, l’eviscerazione, il dissanguamento e il raf-freddamento della carcassa, tanto più van-taggio si offre ai nemici microbi per iniziare la degradazione delle carni, con sviluppo di odori e colori sgradevoli ed eventuale proli-ferazione di agenti patogeni. sia che si tratti di grandi animali quali un-gulati selvatici o cinghiali, che piccoli, come fagiani, altri uccelli e lepri, la rimozione dei visceri deve essere fatta con gran cura per ridurre al massimo lo sversamento del loro contenuto e contaminazione della carcas-sa dell’animale. proprio per la loro abbon-danza, i microrganismi possono replicarsi nutrendosi dei tessuti e iniziare processi di alterazione delle carni fino alla putrefazione. la combinazione di una carcassa “sporcata “ con il contenuto intestinale e non raffred-data velocemente porta sicuramente a pre-parazioni con aromi non molto graditi, e di qualità igienica scadente.l’interno della carcassa può sporcarsi con terra o fili d’erba. Ma tale contaminazione è da considerarsi meno grave rispetto alla contaminazione da contenuto intestinale.il raffreddamento della carcassa è una pra-tica semplice ma importante per migliorare o garantire la qualità delle carni. l’abbassa-mento della temperatura tende a ridurre la degradazione enzimatica, ritardare lo svi-luppo microbico e i conseguenti fenomeni alterativi (presenza cattivi odori, macchie

verdastre sulle carni….), o ancora lo svilup-po di microrganismi pericolosi per la salute del consumatore. il raffreddamento è tanto più importante in caso di colpi addominali, rottura dell’intesti-no, o caccia durante la stagione estiva con temperature ambientali elevate. Al fine di affrettare il raffreddamento della carcassa è necessario raggiungere quanto prima una cantina fredda o meglio ancora una cella frigorifero; è utile mantenere aperte le ca-vità naturali (toracica, addominale) dopo l’eviscerazione, ricorrendo eventualmen-te all’inserimento di un pezzo di legno per mantenerle distanti quanto basta per per-mettere la circolazione dell’aria fresca.

PromemorIa Per Il bravo CACCIAtoRe

i capi abbattuti devono essere esaminati allo scopo di individuare eventuali anomalie e quindi evitare rischi per la salute umana e animaleDevono essere rimossi stomaco e intestino e dissanguatitrasferiti il prima possibile in locale refrigerato per raffreddare velocemente la carcassa, soprattutto nel periodo estivonon lasciare le carcasse in macchina, magari al sole, per andare a festeggiare con gli amici. il modo migliore per festeggiare i trofei di caccia è portarli in fretta al frescoper il trasporto evitare l’utilizzo di sacchi di nylon chiusile carni devono essere lasciate frollare per favorire l’intenerimento dopo la fase di rigor mortis e sviluppare l’aromale carni devono essere mantenute a temperatura inferiore 7°c, meglio tra 0-2°c, in un luogo pulito al riparo da insetti quali mosche

PromemorIa Per Il bravo CuoCo

le attività di disosso e sezionamento vanno eseguite in un luogo pulito, ordinato e al riparo dagli insetti, utilizzando taglieri, coltelli, contenitori pulitievitare la contaminazione crociata tra superfici sporche e puliteindossare indumenti puliti e aver cura di lavarsi spesso le mani, soprattutto dopo aver toccato superfici sporche, e sempre prima di toccare le carni.non lasciare gli alimenti a temperatura ambiente per tempi prolungati.per conservare preparazioni cotte (spezzatino, sughi, arrosto, …) farle raffreddare velocemente e conservarle in frigorifero per pochi giorni o congelarli.lasciare scongelare gli alimenti in frigorifero, non a temperatura ambienteprogrammare il lavoro in modo da iniziarlo e finirlo, senza lasciarlo incompleto

LA RICERCA

approcci all’igiene delle carni di selvaggina nell’arco alpino orientaleL’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, L’Associazione Cacciatori Trentini, il Centro di Riferimento CeRMaS dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Piemonte, liguria e valle d’Aosta, la facoltà di medicina veterinaria dell’università degli studi di padova, oltre che l’azienda sanitaria ulss1 e la provincia di Belluno - settore tutela e gestione della fauna e delle risorse idriche si sono riuniti in un gruppo multidisciplinare per collaborare ad una ricerca finanziata dal Ministero della Salute (IZS VE RC 07/09).scopo della ricerca è approfondire le conoscenze sulla qualità microbiologica delle carni di selvaggina, con particolare riferimento ai principali patogeni quali Salmonella spp e Listeria monocytogenes; individuare i punti critici per ridurre la contaminazione delle carcasse ed evitare l’alterazione delle carni; sviluppare un protocollo di buone pratiche per l’igiene delle carni di selvaggina cacciata.I risultati preliminari rivelano una sufficiente igiene sia delle carcasse controllate che degli ambienti dove sono conservate. pongono l’attenzione sulla necessità di ridurre i tempi di trasferimento dell’animale abbattuto al punto di conservazione e di accelerare, quando possibile, i tempi di raffreddamento della carcassa al fine di contrastare la proliferazione microbica, migliorare la conservabilità, garantire le caratteristiche qualitative delle carni e dei prodotti derivati.

CIBo e SALutett 04 set-ott 2012 | anno lvii