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1 Linee Guida per il format di scrittura Prototipo di reti contro la dispersione scolastica INTERVENTI SULLA DISPERSIONE SCOLASTICA Il carattere distintivo dei Progetti finanziati nel Piano Azione Coesione 1 , tramite l’Azione F3 “Sviluppo di reti contro la dispersione scolastica e la creazione di prototipi innovativi”, è stato quello di promuovere esperienze territoriali capaci, anche grazie a specifici partenariati, di favorire l’innovazione, idearla e sperimentarla, valutarne l’efficacia e riproporla come modello da riutilizzare in altri contesti. I risultati prodotti dall’investimento rappresentano un patrimonio disponibile per avviare nuove attività anche in considerazione dell’imminente avvio della Programmazione 2014-2020 e dell’importanza che il tema della dispersione scolastica riveste. Il percorso compiuto, a partire dall’anno scolastico 2012/2013, ha visto come protagoniste della sperimentazione, nelle 4 regioni Obiettivo Convergenza, circa 840 istituzioni scolastiche. Le 209 reti costituite hanno potuto progettare e sperimentare, con il coinvolgimento di 820 partner territoriali, e circa 10.000 operatori ed esperti, 7.345 iniziative rivolte a circa 50.000 studenti e 20.000 tra genitori e docenti. Le circolari emanate dall’Autorità di gestione hanno accompagnato il lavoro delle reti territoriali e dei “gruppi di direzione e coordinamento”, fornendo modelli e linee guida per stimolare e sostenere i processi attuativi, promuovendo sia l’innovazione che la fattibilità e la trasferibilità delle esperienze. Le indicazioni hanno riguardato le varie fasi: dall’ideazione alla progettazione, dalla sperimentazione e gestion e delle attività, fino alla riprogettazione e attuazione con un monitoraggio continuo attraverso gli indicatori di risultato. A più di due anni dall’inizio delle attività, le reti sono ormai prossime alla conclusione dei progetti realizzati e pertanto si stanno creando le condizioni per avviare una fase di riflessione e di autovalutazione necessaria per ri-proporre l’esperienza condotta come “prototipo”. 1 Programmazione dei Fondi Strutturali 2007/2013 Piano Azione Coesione - Priorità Istruzione. Obiettivo F “Promuovere il successo scolastico, le pari opportunità e l’inclusione sociale” – Azione 3 “Sviluppo di reti contro la dispersione scolastica e la creazione di prototipi innovativi del PON FSE 2007/2013 “Competenze per lo Sviluppo”. Anni scolastici 2012/2013 e 2013/2014, Regioni Ob. Convergenza.

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Linee Guida per il format di scrittura

Prototipo di reti contro la dispersione scolastica

INTERVENTI SULLA DISPERSIONE SCOLASTICA

Il carattere distintivo dei Progetti finanziati nel Piano Azione Coesione1, tramite l’Azione F3 “Sviluppo di reti contro la dispersione scolastica e la

creazione di prototipi innovativi”, è stato quello di promuovere esperienze territoriali capaci, anche grazie a specifici partenariati, di favorire

l’innovazione, idearla e sperimentarla, valutarne l’efficacia e riproporla come modello da riutilizzare in altri contesti. I risultati prodotti

dall’investimento rappresentano un patrimonio disponibile per avviare nuove attività anche in considerazione dell’imminente avvio della

Programmazione 2014-2020 e dell’importanza che il tema della dispersione scolastica riveste.

Il percorso compiuto, a partire dall’anno scolastico 2012/2013, ha visto come protagoniste della sperimentazione, nelle 4 regioni Obiettivo

Convergenza, circa 840 istituzioni scolastiche. Le 209 reti costituite hanno potuto progettare e sperimentare, con il coinvolgimento di 820 partner

territoriali, e circa 10.000 operatori ed esperti, 7.345 iniziative rivolte a circa 50.000 studenti e 20.000 tra genitori e docenti.

Le circolari emanate dall’Autorità di gestione hanno accompagnato il lavoro delle reti territoriali e dei “gruppi di direzione e coordinamento”,

fornendo modelli e linee guida per stimolare e sostenere i processi attuativi, promuovendo sia l’innovazione che la fattibilità e la trasferibilità delle

esperienze. Le indicazioni hanno riguardato le varie fasi: dall’ideazione alla progettazione, dalla sperimentazione e gestione delle attività, fino alla

riprogettazione e attuazione con un monitoraggio continuo attraverso gli indicatori di risultato.

A più di due anni dall’inizio delle attività, le reti sono ormai prossime alla conclusione dei progetti realizzati e pertanto si stanno creando le

condizioni per avviare una fase di riflessione e di autovalutazione necessaria per ri-proporre l’esperienza condotta come “prototipo”.

1 Programmazione dei Fondi Strutturali 2007/2013 – Piano Azione Coesione - Priorità Istruzione. Obiettivo F “Promuovere il successo scolastico, le pari opportunità e l’inclusione sociale” – Azione 3 “Sviluppo di reti

contro la dispersione scolastica e la creazione di prototipi innovativi del PON FSE 2007/2013 “Competenze per lo Sviluppo”. Anni scolastici 2012/2013 e 2013/2014, Regioni Ob. Convergenza.

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Nel grafico che segue, per facilitare il processo di autoriflessione, viene riassunta l’attività svolta dalle reti nell’arco del biennio di attività dei

Progetti finanziati nel Piano Azione Coesione l’Azione F3 “Sviluppo di reti contro la dispersione scolastica e la creazione di prototipi innovativi”.

Per la gestione dell’ultima fase dedicata alla redazione dei prototipi innovativi, come comunicato dall’AdG con nota prot. AOODGAI/6958

del 24/07/2014, è stato attivato un gruppo di lavoro, presso l’INDIRE, che, riunendo competenze diverse e complementari sul tema della dispersione

scolastica, ha il compito di accompagnare e sostenere le reti nella predisposizione e presentazione dei prototipi.

LE FASI DI AUTORIFLESSIONE PER LA SCRITTURA DEI PROTOTIPI

L’individuazione e la scrittura di prototipi mira a costruire un percorso che, dall’esperienza realizzata, consenta di rilevare attraverso evidenze (fatti

e/o risultati raggiunti), elementi, parti o processi di tale esperienza che possono essere astratti dal contesto, descritti in una forma semplificata e

schematizzata e riproposti alle istituzioni scolastiche per essere reimpiegati in contesti diversi ma con caratteristiche simili.

costruire il partenariato e ideare l'azione

• ideare l'azione F3 nel contesto

•progettare (risorse - vincoli - potenzialità)

sperimentare

• riprogettare

• realizzare le "azioni" del progetto F3

•osservare e monitorare le attività

• rilevare i risultati con l'uso degli indicatori

elaborare il processo - rilevare i risultati e le potenzialità

• ripercorrere l'esperienza attraverso la narrazione

• riflettere sull'esperienza, valutare, scegliere elementi, parti rilevanti ed efficaci

riproporre l'esperienza come prototipo innovativo

individuare elementi, processi, attività, metodologie, ecc. da modellizzare e riutilizzare per altri progetti in altri contesti

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L’intero percorso di riflessione e successivamente di scrittura può essere articolato in 4 fasi distinte allo scopo di accompagnare e guidare i “gruppi

di direzione e coordinamento”, in una attività di riflessione e astrazione finalizzata alla individuazione e descrizione dei prototipi. Gli esperti, che

compongono il gruppo di lavoro costituito presso INDIRE, svolgono il ruolo di facilitatori/osservatori esterni e forniscono strumenti e indicazioni

utili per accompagnare il processo anche attraverso incontri seminariali che si svolgeranno a breve.

Le 4 fasi di lavoro

pro

toti

pi i

nn

ova

tivi

F3

fase 1 - attività delle rete

proposta di prototipo:

narrazione - auto-osservazione - riflessione - autovalutazione - selezione

fase 2 - attività del gruppo di lavoro:

analisi delle proposte di prototipo - selezione delle "esperienze" da approfondire

fase 3 - attività delle reti e del gruppo di lavoro:

studio congiunto dell'esperienza per la sua modellizzazione

studio di caso - focus group - interviste, ecc.

fase 4 - attività del gruppo di lavoro:

sistematizzazione e modellizzazione dell'esperienza - scrittura dei prototipi e delle linee guida per la

loro applicazione

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Nelle prime tre fasi, i processi di osservazione, analisi, valutazione e selezione dell’esperienza realizzata nei progetti sono condotti grazie ad una

attività sinergica tra le reti, gli stakeholder e gli esperti coinvolti nell’Azione F3 per garantire il contributo e il confronto di punti di vista diversi.

L’ultima fase ovvero la “fase 4 - attività del gruppo di lavoro” è invece riservata ad una elaborazione da parte degli esperti presso l’Indire che deve

produrre la schematizzazione conclusiva delle esperienza ormai trasformata in prototipo, da applicare in un nuovo contesto.

Il percorso articolato in 4 fasi di cui si è qui detto propone inoltre:

(a) un metodo di riflessione strutturato su due livelli di osservazione, diretta (attraverso i gruppi di direzione e coordinamento) e indiretta (attraverso

l’analisi della documentazione prodotta nella gestione dei progetti e nella scrittura del prototipo da parte delle reti);

(b) un metodo di selezione, studio e redazione del prototipo basato su tre momenti: due di analisi critica e uno di sintesi. Il primo momento di

analisi viene realizzato dalle reti che, utilizzando il format e le domande stimolo proposte dagli esperti dell’Indire, qualificano le attività realizzate,

le esplorano individuandone luci ed ombre e le ripropongono come modello trasferibile. Nel secondo momento di analisi le esperienze più

significative vengono approfondite dagli esperti che hanno collaborato alla realizzazione dei percorsi F3 e dai gruppi di direzione e coordinamento.

Nel terzo e ultimo momento di sintesi e redazione dei prototipi si valorizzano i contributi forniti dalle reti. La fase 2 sarà espletata solo a

conclusione della fase 1. Analogamente si procederà per l’espletamento delle fasi 3 e 4 .

Di seguito si presentano le Linee Guida perché le reti possano dare corso alla realizzazione della fase 1, Proposta di prototipo da parte della rete.

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Queste Linee Guida per la scrittura dei prototipi si pongono l’obiettivo, attraverso tre diverse sezioni, di fornire al

Facilitatore, agli altri componenti del Gruppo di Direzione e Coordinamento e a tutti gli operatori coinvolti un

supporto e un accompagnamento per la costruzione e documentazione del prototipo, a termine dell’azione F3.

La costruzione di un prototipo di rete/progettuale va inteso quindi come la realizzazione di una relazione finale tesa a:

- Documentare gli interventi prototipali, vale a dire di quelle azioni didattico-educative volte a traguardi di recupero e sviluppo di

potenzialità che sono risultate rispondenti agli obiettivi prefigurati e ai fabbisogni su cui si è incentrata l’idea progettuale.

- Riflettere e valutare le azioni di rete e gli interventi operati, al fine di identificare gli elementi caratterizzanti e trasferibili in contesti simili o

nella prosecuzione degli interventi progettati.

Per sviluppare, in modo operativo, il concetto e termine “prototipo” si propone di svolgere un processo documentativo e riflessivo che impegni i

gruppi progettuali delle singole reti nella messa a punto di una relazione conclusiva che contenga le seguenti distinte sezioni:

Il prototipo: documentazione riflessiva e auto-valutativa per la trasferibilità di interventi (di rete)

Sezione

descrittiva-

progettuale

Sezione

tematico-

analitica

Sezione

prospettico-

prototipale

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In dettaglio:

a) Sezione descrittiva-progettuale, che offra una descrizione, dettagliata e puntuale dell’idea progettuale sviluppata nel corso dei due anni

previsti, con eventuali sottolineature sui cambiamenti resisi indispensabili in corso d’opera. Questa sezione dovrà contenere in forma

discorsiva e tabellare: obiettivi, teorie di riferimento, tempi e modalità delle azioni e dati di riferimento per le fasi diagnostiche e valutative.

Per identificare e qualificare l’idea progettuale e il suo sviluppo si può fare qui riferimento ad alcune indicazioni di dettaglio già presenti nel

bando2 .

b) Sezione tematico-analitica, che in base a specifiche tematiche generali e trasversali stimoli i gruppi progettuali a riflettere e a documentare

quanto realizzato. Questa sezione punta alla qualificazione dei singoli interventi e delle pratiche sviluppate rispetto a tematiche di centrale e

comune interesse per i progetti di intervento socio-educativi volti alla prevenzione e al contrasto della dispersione scolastica. A tale scopo si

fornisce qui di seguito un elenco di 10 aree tematiche su cui sviluppare piani critico-riflessivi accompagnati da opportuni livelli

documentativi. Le aree sono articolate al loro interno da una serie di domande-guida che hanno lo scopo non tanto di ottenere risposte,

quanto di sostenere l’esplorazione di singoli segmenti del progetto, disarticolandone la complessità, leggendone le dinamiche di processo,

individuando punti di forza e criticità, per consentire di esplicitare le condizioni necessarie ad una realizzazione efficace.

b) Sezione prospettico-prototipale, che indichi, alla luce di evidenze empiriche (dati quali-quantitativi, indicatori, rilevazioni) e/o

argomentazioni procedurali (esplicitazioni sul processo, riflessioni argomentate) come l’esperienza progettuale (nel suo complesso e per

alcune sue parti) possa essere proposta per eventuali prosecuzioni e/o disseminazioni. Si introduce qui la necessità di esplicitare il grado e le

modalità che possono rendere replicabile e trasferibile le azioni, quindi le condizioni che hanno reso possibile e che potrebbero rendere

possibile una ricaduta significativa in prospettiva. È soprattutto in questa sezione finale che riprendiamo il concetto di prototipo come

prospettiva al contempo di autovalutazione da parte del gruppo di coordinamento e di modellizzazione critica e consapevole dell’impianto

progettuale e dei risultati ottenuti.

NOTA METODOLOGICA per la compilazione:

Utilizzare gli spazi predisposti rispettando il limite di righe indicato.

2 Per inquadrare l’idea progettuale nelle politiche previste dal Piano di Azione Coesione, per definire e specificare il progetto di rete all’interno delle aree di intervento e per

dettagliare il progetto rispetto ad attività o moduli cfr. Circolare Prot.n. AOODGAI/1166, 31.07.2012 e Circolare Prot.n. AOODGAI/ 199, 8 Gennaio 2013.

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SCHEDA ANAGRAFICA

DENOMINAZIONE ISTITUTO CAPOFILA ISTITUTO TECNICO SETTORE TECNOLOGICO “Enrico FERMI”

CODICE MECCANOGRAFICO BRTF02000P

TIPOLOGIA DI ISTITUTO SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO

CITTA’/INDIRIZZO FRANCAVILLA FONTANA VIA Capitano DI CASTRI, 144

TELEFONO 0831852132

E-mail INTERNET [email protected]

TIPOLOGIA ALTRI ISTITUTI IN RETE

ISTITUTI COMPRENSIVI (SCUOLE PRIMARIE E SCUOLE SECONDARIE DI 1°)

NOME E COGNOME DS ISTITUTO CAPOFILA GIOVANNI SEMERARO

E-MAIL/TEL DS ISTITUTO CAPOFILA [email protected]

NOME E COGNOME FACILITATORE DI

RIFERIMENTO PER IL PROTOTIPO CARMELA DI BIANCA

E-MAIL/TEL- FACILITATORE [email protected]

ISTITUTO DI APPARTENENZA FACILITATORE ISTITUTO TECNICO SETTORE TECNOLOGICO “Enrico FERMI”

DENOMINAZIONE PROGETTO RIPROVIAMOCI

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a) Sezione descrittivo-progettuale

Il Facilitatore, alla luce di un’auto-valutazione condotta congiuntamente con le altre figure coinvolte nel progetto, utilizzi le diverse

domande stimolo (o blocco tematico) per produrre delle brevi sintesi, utilizzando gli spazi predisposti, riportando, quando possibile, analisi

e informazioni quali-quantitative e riflessioni argomentate:

1) Come nasce l’idea progettuale? (Raccontare genesi, maturazione, e trasformazione dell’idea progettuale, in riferimento ai bisogni del

territorio e alla specificità dei destinatari degli interventi)

Il progetto “Riproviamoci” ha la finalità di promuovere il successo scolastico, le pari opportunità, l’inclusione sociale, attraverso azioni/interventi in

rete ed innovativi.

Il territorio, in cui si trovano le scuole che costituiscono la rete, presenta un tasso piuttosto elevato di dispersione scolastica, causata da una

persistente povertà, da un analfabetismo funzionale adulto, dal disagio del crescere oggi, da un sistema scolastico iper-standardizzato, se si aggiun-

ge deficit di fiducia nelle proprie capacità e potenzialità, assenze ripetute e frequenza irregolare, ripetenze, abbandoni, evasione dell’obbligo senza

conseguimento del titolo, l’insuccesso formativo diventa una costante.

Per emarginare tali fenomeni, le scuole in rete promuovono interventi comuni atti a favorire l’autostima, il successo scolastico e il

recupero delle basse competenze di base. Il progetto, perciò, mira a reinserire gli allievi e i giovani che hanno abbandonato il percorso formativo

nelle attività formali, ad accompagnare/orientare gli allievi nel percorso scuola-lavoro, facilitandone l’ingresso, ad informare ed aiutare i genitori

nella conoscenza delle problematiche legate all’infanzia e alla adolescenza e a formare il personale scolastico attraverso la messa in atto/adozione di

metodi e strumenti comuni.

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2) Quali gli obiettivi di intervento? (Elencare sinteticamente gli obiettivi generali del progetto articolandoli in funzione degli obiettivi operativi

corrispondenti ai diversi percorsi)

Obiettivi generali del progetto:

successo scolastico

Recupero delle competenze di base

reinserimento in attività formale

Accompagnamento al lavoro con avvio allo stesso

Orientamento scolastico per una scelta adeguata alle attitudini ed aspettative

NOME PERCORSO: CALCOLI....IN GIOCO

OBIETTIVI OPERATIVI: SUSCITARE INTERESSE E MOTIVAZIONE ALLO STUDIO DELLA MATEMATICA ATTRAVERSO

ATTIVITA' LUDICHE E I SISTEMI COSTRUTTIVI NEL LABORATORIO TECNOLOGICO

NOME DEL PERCORSO: CRESCERE IN COMPETENZE: ITALIANO

OBIETTIVI OPERATIVI: INNALZARE IL LIVELLO DELLA COMPETENZA LINGUISTICA

NOME DEL PERCORSO: DIS…INTEGRIAMO

OBIETTIVI OPERATIVI: IL PERCORSO RIVOLTO AGLI ALUNNI CON DSA SI PROPONE DI RECUPERARE LE STRUMENTALITÀ DI

BASE, ATTRAVERSO LA CREATIVITÀ ESPRESSA CON LE NUOVE TECNOLOGIE.

NOME DEL PERCORSO: IO E LA NATURA

OBIETTIVI OPERATIVI: CAMPO-SCUOLA CON UN ITINERARIO NATURALISTICO PER CONOSCERE ED IMPARARE A

RISPETTARE L'AMBIENTE.

NOME PERCORSO: LA MIA SECONDA OCCASIONE

OBIETTIVI OPERATIVI: ACQUISIRE FIDUCIA IN SE STESSI ATTRAVERSO ATTIVITÀ MIRATE AL SUCCESSO FORMATIVO E CHE

PERMETTERANNO A QUESTI RAGAZZI CHE HANNO ABBANDONATO GLI STUDI DI POTER RIENTRARE NEL PERCORSO

FORMATIVO.

NOME PERCORSO: MATEMATICA PER IL CITTADINO

OBIETTIVI OPERATIVI: RECUPERARE LE COMPETENZE E LE ABILITA' NELL'AMBITO LOGICO-MATEMATICO.

NOME PERCORSO: MI ORIENTO AL LAVORO

OBIETTIVI OPERATIVI: OFFRIRE AGLI ALUNNI GLI STRUMENTI PER CERCARE LAVORO E LA SOCIALIZZAZIONE AL LAVORO.

NOME PERCORSO: PER SCEGLIERE

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OBIETTIVI OPERATIVI: IL PERCORSO ATTRAVERSO LE ATTIVITÀ PROPRIE DELLA DIDATTICA ORIENTANTE MIRA A FAR

ACQUISIRE AUTONOMIA NELLE SCELTE E CONSOLIDAMENTO DELL'AUTOSTIMA

NOME PERCORSO: RISOLVO IL PROBLEMA

OBIETTIVI OPERATIVI: INNALZARE LE COMPETENZE LOGICO-MATEMATICHE

NOME PERCORSO: SALTO GLI OSTACOLI

OBIETTIVI OPERATIVI: FAVORIRE LA COSTRUZIONE DEL SE' ATTRAVERSO INTERVENTI CHE MIRANO A RIMUOVERE LE

SITUAZIONI OSTACOLANTI.

NOME PERCORSO: SCATTI, IMMAGINI E PAROLE

OBIETTIVI OPERATIVI: RECUPERO DELLE COMPETENZE IN LINGUA ITALIANA ATTRAVERSO IL FUMETTO E LA

FOTOGRAFIA.

3) Nella progettazione e nello sviluppo dell’idea di intervento quali teorie di riferimento sono state utili? (Indicare, se presenti, riferimenti

bibliografici e idee-guida di riferimento)

Il presupposto teorico utilizzato per la progettazione delle attività del progetto PON F3 “Riproviamoci” considera diverse dimensioni come

componenti della dispersione scolastica, in particolare l’identificazione con la comunità scolastica, il senso di comunità scolastico, il

coinvolgimento a livello scolastico e la percezione identitaria (agentività e autostima) degli studenti. In sostanza, il gruppo e lo studente come

persona con la sua distintiva unicità, sono gli elementi cruciali e in stretta interdipendenza di questo intervento. La matrice psicosociale usata è

stata adeguata alle conoscenze relative alla dispersione di Pirozzi e Rossi-Doria (2010), i quali fanno riferimento al fenomeno della dispersione

scolastica come ancorato ad aspetti tanto individuali dello studente drop-out quanto sociali. Secondo gli autori, infatti, il rifiuto della scuola

rappresenta un tipo di autoesclusione sociale che preserva il senso di sé e spesso porta verso la ricerca di valori alternativi.

Per recuperare gli studenti a rischio dispersione occorre considerare molteplici aspetti: dai contesti socio-culturali e motivazionali (Ghione, 2005) a

quelli legati alla percezione di sé e del proprio sviluppo identitario (Ligorio, 2005).

Sulla base di queste premesse sul fenomeno della dispersione scolastica si possono considerare rilevanti gli aspetti psicosociali ad essa correlati.

Infatti, considerevoli autori (Obst et al., 2000) sostengono che i processi d’identificazione sociale si applichino non solo ai gruppi ma anche a

categorie sociali più ampie come la comunità. L’identificazione con le comunità trova un fondamento esplicativo nel modello della Social Identity

Theory (Tajfel e Turner, 1985), il quale considera appartenenza e identità come strettamente interrelate. Si può ragionevolmente ipotizzare che le

comunità scolastiche, in cui gli studenti apprendono, costituiscano una delle fonti per l’attivazione dei processi di categorizzazione del sé, che

contribuiscono, da un lato, a posizionare le persone nel contesto sociale ed ambientale e, dall’altro, a sostenere la costruzione delle identità sociali

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di ognuno (ibidem). In altre parole, l’identità sociale – nel caso specifico, l’identità sociale degli studenti – è definita, in modo più o meno

implicito, anche definendo i loci del sé (Mannarini, 2010, p. 107). In sostanza, il sé sociale può essere concettualizzato come un sé situato, per il

quale l’associazione con il luogo è mediata dal senso di comunità, quale percezione di esser parte del ‘noi’ comunità (Pretty et al., 2003).

Alla luce di queste considerazioni psicosociali, l’identificazione con la comunità scolastica e il sentimento di appartenenza, ossia il senso di

comunità al setting scolastico, possono essere considerate delle vere e proprie leve strategiche per il coinvolgimento dei giovani studenti. Nello

specifico dell’intervento del PON F3 “Riproviamoci”, il potenziamento dei processi di inclusione sociale – identificazione e senso di comunità

scolastico – sono state considerate delle leve strategiche per coinvolgere attivamente delle attività scolastiche degli studenti drop-out.

Bibliografia

Ghione, V. (2005). La dispersione scolastica. La parola chiave. Roma: Carocci Editore

Ligorio M. B. (2005) Apprendimento come strumento dialogico per lo sviluppo di identità e comunità. Ricerche di Psicologia, n. 3, pp. 65-96

Mannarini, T. (2010). Comunità e partecipazione. Prospettive psicosociali. Milano: Franco Angeli.

Obst, P., Smith, S., & Zinkiewicz, L. (2002c). Sense of community in science fiction fandom, Part 2: Comparing neighborhood and interest group

sense of community. Journal of Community Psychology, 30(1), 105–117.Ford, M. E. (1992). Motivating humans: Goals, emotions and personal

agency beliefs, Sage, Newbury Park , CA.

Pirozzi, S., & Rossi-Doria, M. (2010). La scuola vista da chi non ci va e la ‘capacità di aspirare a…’ . Pinocchio, alzati, che devi andare a scuola. In

M. B. Ligorio & C. Pontecorvo (eds). La scuola come contesto. Roma: Carocci.

Pretty, G., Chipuer, H. M., & Bramston, P. (2003). Sense of place amongst adolescents and adults in two rural Australian towns: the discriminating

features of place attachment, sense of community and place dependence in relation to place identity. Journal of Environmental Psychology, 23,

273–287.

Tajfel, H., & Turner, J. C. (1985). The Social Identity Theory of Group Behavior. In H. Tajfel (Ed.), The Social Dimension: European

Developments in Social Psychology (pp. 15–40). Cambridge, UK: Cambridge University Press.

4) Come è stata organizzata la sequenza dei percorsi di rete? (Descrivere sinteticamente, anche utilizzando schematizzazioni, le diverse fasi e/o

moduli nella sequenza progettuale)

Il progetto è stato articolato in 11 percorsi per un totale di 963 ore di insegnamento ed ha coinvolto 129 allievi (target prioritario), 104 genitori e 32

docenti (target strumentale). Pertanto, “Riproviamoci” ha tentato di favorire l’inclusione scolastica agendo su due livelli: uno diretto, rivolto agli

studenti, e l’altro indiretto, rivolto agli altri attori educativi. Gli 11 percorsi, nello specifico, hanno riguardato l’orientamento scolastico e

professionale, le competenze di base e le competenze trasversali. Tutti i percorsi sono stati avviati contemporaneamente e quelli rivolti al target

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prioritario sono stati organizzati alternando le ore di accoglienza alle attività degli altri moduli previsti, in modo da accompagnare i partecipanti in

un processo di metariflessione su quanto svolto. I percorsi “Per scegliere”, “Crescere in competenze”, “Calcoli in gioco”, “Risolvo il problema”,

“Mi oriento al lavoro” e “Scatti, immagini e parole” sono terminati nella prima fase del progetto (febbraio-giugno 2014). I percorsi

“Dis…integriamo”, “Io e la natura”, “La mia seconda occasione”, “Matematica per il cittadino” e “Salto gli ostacoli”, invece, sono stati conclusi a

novembre 2014 per rispettare le esigenze del target coinvolto (ad esempio ragazzi con la necessità di seguire incontri di poche ore) e la

progettazione preliminare di tali percorsi, che prevedeva un numero di ore o di moduli maggiore rispetto agli altri. L’intero processo di

realizzazione del progetto ha previsto il confronto periodico tra gli esperti e i tutor dei percorsi ed il gruppo di coordinamento, in modo da favorire

un feedback circolare sulle attività svolte e da rispondere in maniera tempestiva ad eventuali e specifiche esigenze rilevate. Al termine delle due

fasi di realizzazione dei percorsi, inoltre, sono stati organizzati degli eventi di presentazione e condivisione dei percorsi terminati, in modo da

capitalizzare e condividere con la comunità più allargata sia le esperienze fatte che le competenze maturate dai partecipanti e dal contesto

scolastico.

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b) Sezione tematico-analitica

Il Facilitatore, alla luce di un’auto-valutazione condotta congiuntamente con le altre figure del Gruppo di Direzione e Coordinamento, sulla

base delle domande stimolo previste per ciascuna delle 10 aree tematiche, scriva una sintesi degli aspetti maggiormente caratterizzanti il

progetto realizzato indicando i punti di forza e di criticità e riportando, quando possibile, analisi e informazioni quali-quantitative e

riflessioni argomentate.

1. Funzionamento della rete e del gruppo di coordinamento

Quali e quanti soggetti compongono la vostra rete territoriale? Quali sono state le vostre modalità di funzionamento (rete radiocentrica/interconnessa, qualità ed

efficacia, interazione tra scuola capofila, scuole della rete e altri soggetti partner)? Qual è stata la modalità di funzionamento del gruppo di coordinamento

(periodicità riunioni, presenze, verbali, questioni affrontate, decisionalità, percezione di autoefficacia)? Su quali aspetti del progetto la collaborazione con i

partner esterni pubblici e del privato sociale è stata maggiormente soddisfacente? Quali i fattori chiave per il successo della collaborazione? Quali le principali

difficoltà? Pensando alla rete nel suo complesso e alle sue modalità di funzionamento ci sono stati variazioni e aggiustamenti dovuti al passare del tempo e ai

progressivi aggiustamenti del progetto? Punti di forza e criticità.

..

La rete territoriale si compone di sei soggetti:

ITST “ENRICO FERMI” (scuola capofila)-Francavilla F.na

Terzo I.C. “ De Amicis-S.Francesco” -Francavilla F.na

Primo I.C. “ Moro-Virgilio Marone” -Francavilla F.na

Secondo I.C. “Montessori-Bilotta” -Francavilla F.na

Consorzio Ambito Territoriale 3(Consorzio Tra Enti Locali) di Francavilla Fontana- Ente pubblico partner

Asd Basket Francavilla Fontana- Ente /associazione privata partner.

La rete ha operato secondo un modello interconnesso: il coordinamento è stato svolto dal GDC, essenzialmente dai DS delle scuole della rete,

dal facilitatore, dal valutatore, affiancati dalla Cattedra di Scienze dell’educazione dell’UNIBARI.

Utilizzando questa modalità il GDC ha fissato le linee programmatiche che le singole scuole(nodi della rete) hanno recepito per operare

autonomamente nella fase della realizzazione del progetto.

Il GDC durante le attività si è riunito periodicamente per monitorare e valutare le attività in corso, ha condiviso le modalità di intervento e di

organizzazione, elementi che rappresentano il successo della collaborazione.

Dopo il primo anno, all’interno del GDC vi è stata una sostituzione del DS di una scuola della rete, andato in quiescenza.

Il rapporto collaborativo con l’Ente partner del privato sociale è stato soddisfacente, in quanto ha contribuito alla realizzazione del progetto,

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mentre quello con l’ente partner esterno pubblico non è stato pienamente soddisfacente, a causa del cambiamento delle figure dirigenziali e per

la difficoltà a fornire le figure professionali necessarie.

Il gruppo di coordinamento ha deciso di adottare un approccio partecipato e collaborativo con gli esperti dei moduli e i docenti tutor.

Con il fine di poter monitorare l’andamento dei percorsi e dei moduli, è stata creata una mailing list ad hoc, garantendo agli esperti dei moduli la

possibilità di poter comunicare con l’intero team di progetto “Riproviamoci” lo stato di avanzamento delle attività e le loro percezioni di

autoefficacia dell’intervento proposto. Nello specifico sono state create due mailing list differenti: una per i soli esperti e tutor del modulo di

accoglienza ([email protected]) e l’altra per tutti gli esperti, tutor e dirigenti (pon-riproviamoci

@googlegroups.com).

Inoltre, il gruppo di coordinamento ha predisposto un repository condiviso utilizzando lo strumento Dropbox

(https://www.dropbox.com/sh/23kwz6wjm4bi0ge/AADC3CR-ieZLIrveFIWRJj5Ha?dl=0), attraverso cui è stato possibile condividere gli strumenti

di lavoro utilizzati dagli esperti durante le attività di progetto. In fase progettuale, per dare coerenza all’intervento di orientamento, è stato

predisposto uno scenario pedagogico con indicazione di fasi di lavoro, obiettivi da raggiungere e strumenti possibili a cui far riferimento per le

gestione delle attività di coordinamento.

Gli strumenti di comunicazione e di condivisione dei materiali di lavoro sono stati predisposti prima dell’avvio delle attività formative e di

orientamento. Durante la riunione di avvio del progetto, infatti, sono stati segnalati a esperti e tutor gli strumenti a disposizione, appositamente

allestiti. Inoltre durante il primo incontro sono state condivise con esperti e tutor le modalità di lavoro, le metodologie preventivate, le tecnologie

predisposte per il portfolio (LinkedIn e Twigis) e gli strumenti progettati (questionari self-report) per il monitoraggio pre- e post-intervento.

Con gli esperti e i tutor sono state organizzate riunioni ad hoc, per poter discutere lo stato di avanzamento delle attività, la percezione degli studenti

in merito ai percorsi, la funzionalità degli strumenti adottati per l’orientamento, eventuali nuovi strumenti utilizzati durante l’orientamento, i punti di

forza e di difficoltà percepiti nelle attività di progetto. Si ritiene che i fattori chiave per il successo della collaborazione sono stati, in particolare:

- una profonda condivisione degli obiettivi del progetto da parte di tutti gli stakeholder

- la circolazione di tutte le informazioni necessarie alla buona riuscita del progetto

- ciascuno ha messo a disposizione di tutti le proprie specifiche competenze, anche al di là dei compiti ed attività prestabilite

- una buona comunicazione anche informale

Le principali difficoltà hanno riguardato aspetti logistici e a volte contingenti, per esempio la difficoltà nel gestire il calendario delle attività o cambiamenti a

ridosso delle scadenze dovuti a forza maggiore

Alcune variazioni e aggiustamenti si sono resi necessari soprattutto nell’ottica della flessibilità rispetto a problemi, esigenze e preferenze dei vari partecipanti. In

ogni caso si è trattato di variazioni condivise e che non hanno compromesso lo svolgimento delle attività, ne tanto meno la funzionalità della rete

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2. Selezione del target prioritario

Quale è stata la modalità per selezionare il target prioritario (profitto, assenze, autocandidatura)? Come e quando sono stati informati gli allievi? Sono state

modalità efficaci? Siete riusciti a raccogliere notizie socio-demografiche sugli allievi coinvolti? Se sì, come (colloqui, strumenti di rilevazione ad hoc)? Quali le

informazioni più rilevanti? Per le reti che hanno individuato destinatari drop-out, secondo quali modalità sono stati intercettati e coinvolti? Per le reti che hanno

coinvolto non solo i ragazzi a rischio ma anche i drop-out e/o particolari categorie di soggetti caratterizzati da forte disagio (rom, ragazzi migranti di prima e

seconda generazione, allievi con DSA, detenuti presso il carcere minorile) gli interventi sono stati efficaci? Avete suggerimenti da dare per riuscire a lavorare con

un target di questo tipo?

Il criterio di selezione del target prioritario è stato il profitto e il numero delle assenze, talvolta l’autocandidatura. Gli allievi sono stati informati

attraverso circolari interne e comunicazioni del tutor del modulo accoglienza di ogni percorso.

La segreteria didattica di ogni scuola della rete ha fornito le informazioni necessarie sugli allievi reclutati, alcune volte sono stati contattati i

coordinatori di classe e le famiglie.

Riguardo ai destinatari drop-out sono stati intercettati tramite indagine della segreteria e del tutor del modulo accoglienza, sono stati contattati

telefonicamente e solo coloro che si sono resi disponibili ad intraprendere un percorso di ri-orientamento hanno di fatto frequentato; relativamente

ai DSA il reclutamento è avvenuto basandosi sulle certificazioni documentate.

Gli interventi messi in atto nei confronti dei suddetti ultimi 2 target sono stati efficaci l’innovatività delle attività, come Twigis e Linked In che

hanno contribuito al riconoscimento del sé.

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3. Formazione docenti

Quale è stata l’impostazione di fondo scelta dalla rete per la formazione dei docenti? Quali i tempi (inizio, durata, articolazione annuale/biennale) ? Quali

contenuti? Come sono stati selezionati i partecipanti? Quale percentuale di docenti coinvolti rispetto al totale dei collegi? Chi sono i formatori (enti/esperti) e

secondo quale procedura d’assegnazione? Quale è stata l’utilità percepita rispetto alla ricaduta della formazione sulla totalità del progetto? Punti di forza e

criticità.

La formazione è stata orientata a fornire spunti e materiali teorici (assiologici, epistemologici) nella cornice dell’ approccio sistemico-costruttivista

per progettare processi di apprendimento/insegnamento con la didattica laboratoriale e la didattica orientante.

E’ stato condiviso tra docenti ed esperto un piccolo decalogo (Guida) sui costrutti teorici della didattica laboratoriale che potranno utilizzare in

seguito quando dovranno progettare/valutare un intervento formativo tramite didattica laboratoriale. Sono stati presentati casi di studio di utilizzo

di didattica laboratoriale e buone pratiche sull’argomento. Nella fase finale della formazione, al fine di sperimentare la trasferibilità di quanto

appreso durante il modulo dai docenti partecipanti all’interno dei propri contesti classe con riferimento agli specifici disciplinari dei docenti stessi,

i docenti suddivisi in due gruppi di lavoro interdisciplinari hanno lavorato e si sono confrontati per elaborare due format di didattica laboratoriale

sui contenuti ministeriali previsti per il periodo di riferimento. Il format realizzato è stato poi discusso e valutato tra i docenti e con l’esperto. Una

volta apportati gli aggiustamenti necessari sono stati poi licenziati e pronti per essere trasferiti all’interno dei rispettivi contesti classe dei docenti.

Un debriefing finale ha permesso di contestualizzare il format rispetto ai vicoli di sistema e alle tempistiche/modalità di realizzazione dei format

nei contesti classi.

I moduli di formazione La didattica laboratoriale e La didattica orientante si sono svolti il primo all’interno del percorso “Crescere in competenze:

italiano” ed ha avuto come target strumentali 9 docenti della scuola secondaria di secondo grado ITST “FERMI”, il secondo all’interno del

percorso “Per scegliere” ed ha coinvolto 10 docenti delle scuole della rete.

Il modulo di formazione “Informati per” si è svolto all’interno del percorso “Dis…integriamo” destinato agli studenti con BES. Tale modulo di

formazione è stato frequentato non solo dai docenti di sostegno delle scuole della rete, ma anche da genitori degli alunni con BES.

Anche nell’ambito del percorso “Matematica per il cittadino” destinato a studenti con basse competenze in matematica, è stato realizzato un

modulo di formazione per 10 docenti delle discipline logico-scientifiche della scuola secondaria di primo grado.

Destinatario/protagonista della formazione è il docente che mette in discussione la propria professionalità, motivato ad acquisire nuove

conoscenze, nuovi approcci metodologici e nuovi strumenti per intercettare precocemente i bisogni e le difficoltà ed accompagnare il processo

formativo orientando o eventualmente ri-orientando il “progetto di vita” dello studente, potenziando la didattica operativa in condivisione

responsabile con la famiglia, aprendo spazi interattivi positivi.

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4. Interprofessionalità

C'è stato nel progetto uno spazio per l' interprofessionalità tra insegnanti e personale appartenente ad enti esterni pubblici e/o del privato sociale? Era prevista sin

dall'inizio? Come si è realizzata? Valutare l’efficacia del contributo offerto dal personale esterno in termini di contenuti, metodologie, strumenti professionali, ecc

Come è stata impostata la relazione tra tutor, valutatore, consigli di classe e gruppo di coordinamento? Ci sono stati dei momenti in cui gli operatori esterni erano

presenti nella scuola del mattino? Che relazione hanno stabilito con i docenti? È stato veramente utile il contributo dei soggetti esterni? Punti di forza e criticità.

Come ente esterno pubblico è stata coinvolta l’Università degli Studi di Bari, in particolare la cattedra di Psicologia dell’Educazione. Il

coinvolgimento di tale ente ha avuto l’obiettivo di monitorare le dinamiche psicoeducative dei gruppi coinvolti nei percorsi e, in particolare, di

rilevare l’eventuale cambiamento del senso di comunità e di appartenenza del target prioritario rispetto al contesto scolastico. Inoltre, ha avuto lo

scopo di favorire le dinamiche di comunicazione tra tutti gli attori coinvolti nella rete e di fare da consulenza per i moduli di accoglienza di tutti i

percorsi del progetto.

5. Organizzazione moduli accoglienza

Il modulo accoglienza è stato uguale per tutti i percorsi o si è differenziato a seconda della specificità dei diversi percorsi? Quali sono stati gli assetti organizzativi

principali per la realizzazione dei moduli (attività mattutine/pomeridiane – modalità individuali/di gruppo di gestione delle attività – bisettimanali/mensili - a

scuola/presso ente esterno, in regime di codocenza insegnante/operatore)? C'è stata una trasformazione nel modo di impostarli nel passaggio dalla prima alla

seconda annualità? Quali criticità sono state riscontrate nella organizzazione e gestione dei moduli accoglienza? Quali benefici per i ragazzi? Ci sono stati

vantaggi per gli insegnanti delle attività didattiche ordinarie? Riflettendo sulla sperimentazione realizzata quale può essere il modo migliore per impostare e

gestire quest’attività? Potrebbe avere senso immaginare un modulo accoglienza nella cosiddetta "scuola del mattino" e secondo quale ipotesi organizzativa? Punti

di forza e criticità.

Il modulo di accoglienza è stato pensato per gli interventi rivolti al target prioritario ed ha avuto una struttura comune a tutti i percorsi capace,

però, di essere riadattata flessibilmente a seconda delle esigenze specifiche dei gruppi e dei singoli partecipanti. L’obiettivo generale di tutti i

moduli di accoglienza è stato quelli di valorizzare: a) Processi di sviluppo identitario anche in relazione a traiettorie di sviluppo future; b) Processi

sociali funzionali all’inclusione sociale; c) Processi di costruzione e condivisione di buone pratiche relative alla partecipazione alla vita scolastica

in gruppo del progetto PON F3, gruppo classe di riferimento, comunità scolastica allargata e integrata nel contesto; d) Processi di confronto sociale

e peer evaluation per una valutazione critica del proprio percorso di apprendimento. Le attività proposte hanno alternato attività individuali, in

piccolo gruppo ed in plenaria basate sulla partecipazione esperienziale (es. role playing, role taking, esercitazioni, simulazioni, ecc.) e la

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metariflessione sulle esperienze fatte. Inoltre, il modulo di accoglienza ha rappresentato il contesto per costruire con i partecipanti il proprio

libretto del cittadino (Twigis, Selfie skills, Linkedin), quale strumento per favorire la consapevolezza di sé e dei propri percorsi formativo-

professionali. Le attività del modulo sono state distribuite lungo i percorsi, in modo da accompagnare i partecipanti durante l’intera durata del

progetto e da alternare l’esperienza di accoglienza con quella proposta dagli altri moduli del percorso. Pertanto, la calendarizzazione di questo

modulo è stata organizzata in base all’ammontare di ore del singolo percorso, garantendo sempre il criterio dell’accompagnamento. Tutti i moduli

sono stati svolti nelle ore pomeridiane, favorendo in alcuni casi la piena reintegrazione dei ragazzi nel tessuto scolastico e, in altri casi, soltanto un

parziale o lieve innalzamento del senso di appartenenza. Si ritiene, dunque, che una gestione più efficace di questi moduli possa essere garantita

distribuendo l’accoglienza in relazione alle attività del mattino e non solo del PON di riferimento. Molto spesso, infatti, è il vissuto legato

all’esperienza scolastica curricolare che guida il fenomeno di dispersione scolastica e un lavoro dedicato principalmente alle attività del PON può

favorire anche un ulteriore scollamento rispetto all’esperienza scolastica. I moduli di accoglienza e gli esperti che li hanno attuati hanno tentato di

favorire tale processo di integrazione tra attività scolastiche e attività del PON, tuttavia, per un intervento ulteriormente valido, bisognerebbe

preventivare un monte ore maggiore di accoglienza.

6. Centralità degli apprendimenti: percorsi progettuali e connessioni con l’attività scolastica ordinaria

Come sono stati organizzati gli ambienti di apprendimento e quali sono stati gli assetti organizzativi per la realizzazione dei percorsi (attività

mattutine/pomeridiane - individuali/di gruppo – bisettimanali/mensili – uso dello spazio e del tempo- a scuola/presso ente esterno, in regime di codocenza

insegnante/operatore)? C'è stata una trasformazione nel modo di impostarli nel passaggio dalla prima alla seconda annualità? Le scuole che hanno lavorato anche

la mattina hanno garantito una maggiore adesione alle attività rispetto a quelle pomeridiane? Ci sono state interazioni tra le attività aggiuntive finanziate dal

progetto F3 e le attività curricolari ordinarie? Se sì, quali? Le attività aggiuntive, se svolte al mattino, hanno avuto ricadute maggiori sull’attività ordinaria?

Pensando ai vari percorsi gli effetti hanno riguardato solo le abilità sociali e trasversali o c’è stata anche una ricaduta sul piano degli apprendimenti disciplinari e

delle competenze di base? Come è stato possibile rilevarli? Se si, se no, da cosa è dipeso? Punti di forza e criticità.

I percorsi sono stati realizzati tutti nel pomeriggio ed hanno alternato attività individuali, in piccolo gruppo e in plenaria. L’elemento comune a

tutti gli interventi è stato quella della didattica esperienziale e laboratoriale, nell’idea che fosse necessario costruire in maniera interattiva con i

target coinvolti i significati e le conoscenze veicolate dalle attività. L’idea è stata quella di situare gli apprendimenti e di dare loro senso in base

alle esperienze e agli interessi dei partecipanti, discostandosi dalle modalità didattiche tradizionali. Tale impostazione è stata costantemente

monitorata dal gruppo di coordinamento e attraverso il confronto costante e reciproco tra esperti e tutor. Durante le due annualità non è stata

modificata l’organizzazione delle attività e questa ha favorito la maturazione di competenze di base e disciplinari, ma anche trasversali. Infatti, tutti

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i percorsi hanno puntato all’acquisizione di competenze di base (ad esempio, competenze nella lingua italiana, in matematica, nelle scienze, ecc.),

ma hanno favorito anche la capacità relazionale dei partecipanti, competenze organizzative e di gestione del tempo, di negoziazione e di

automonitoraggio e valutazione. La maturazione delle competenze di base è stata rilevata in particolare attraverso gli indicatori quantitativi indicati

nel progetto; invece, le competenze trasversali sono state rilevate attraverso l’osservazione diretta di tutor, esperti e insegnanti curricolari, oltre che

attraverso l’utilizzo di strumenti ad hoc (ad esempio, questionari e disegni). In tal senso, si ritiene che ci siano stati tre livelli di efficacia del

progetto: 1) Elevata, laddove i partecipanti abbiano maturato un alto livello di competenze di base e trasversali con una piena inclusione nel

contesto scolastico; 2) Moderata, laddove le competenze maturate abbiano favorito un parziale innalzamento dell’inclusione; 3) Lieve, laddove le

competenze maturate siano pressoché sovrapponibili a quelle di partenza o lievemente incrementate. Tale valutazione è stata effettuata nel rispetto

della soggettività e dei percorsi di sviluppo dei partecipanti singoli e dei gruppi. In conclusione, si può ritenere che i punti principali di forza dei

percorsi siano stati il lavoro in rete tra diverse agenzie educative (quale modello di comunità e sistema di integrazione educativa) e la proposta

progettuale basata sulla didattica esperienziale. Le criticità sono legate alla necessità di favorire ulteriormente la coesione tra le attività del mattino

e quelle del PON, in modo da supportare la migrazione di competenze e di un vissuto emotivo positivo.

7. Continuità verticale

Gli interventi realizzati vi hanno permesso di capire meglio le dinamiche della continuità verticale (classi di snodo, riflessione su curricoli/competenze,

orientamento, transizione scuola/lavoro)? Quali sono secondo voi le azioni più efficaci per intervenire su questo punto? Quali sono stati gli assetti organizzativi

più efficaci per realizzare i moduli sull’orientamento?Se previsti dal progetto come hanno funzionato i percorsi di formazione in azione, stage aziendale e

laboratorio artigianale? Qual è stata l’utilità percepita dai ragazzi, dagli insegnanti, dalle famiglie?

Per monitorare il processo, all’inizio e alla fine del progetto PON F3, è stato chiesto ai bambini di scuola primaria di realizzare un disegno che

rispondesse alla domanda “Come ti senti a scuola?” ed è stato somministrato un questionario self-report ai ragazzi di scuola secondaria . Inoltre, in

itinere e durante il percorso, sono state raccolte le osservazioni dei giovani studenti, degli esperti e dei tutor che hanno partecipato.

I disegni sono stati analizzati da due ricercatori indipendenti per cogliere le categorie di significato associate alla scuola e per rilevare un eventuale

cambiamento a seguito del progetto. I risultati mostrano un passaggio dall’idea della scuola come edificio e come contenuti, all’idea di una scuola

inserita in un contesto fatto di elementi naturali. Inoltre, sembra esservi un passaggio dalle emozioni negative di tristezza e frustrazione a quelle

positive di condivisione sociale.

Le analisi statistiche condotte sui questionari, invece, hanno messo in evidenza un aumento dei punteggi riferiti alle variabili indagate, ossia:

1. Identificazione con la comunità scolastica

2. Il senso di comunità scolastico

3. Coinvolgimento a livello scolastico

4. Percezione di sé come pro-attivi e livelli di autostima

Se da un lato le analisi statistiche ci consentono di avere una foto statica del miglioramento riferito alle variabili psicosociali indagate, dall’altro le

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voci degli stessi studenti partecipanti, dei docenti e degli esperti coinvolti, ci danno la possibilità di scendere in profondità, per esplorare le ragioni

di un tale miglioramento.

Le ragioni dello sviluppo delle variabili psicosociali analizzate è ricondotto essenzialmente a:

- Attività didattiche progettate come laboratoriali: in questo caso la dimensione del “fare” ha supportato i processi di conoscenza;

- Attività didattiche social: in questo caso la dimensione relazionale ha supportato i processi di coinvolgimento a livello emotivo;

- Attività didattiche interattive: la stimolazione della partecipazione diretta degli studenti ha supportato processi integrati di cognizione e affettività,

rilevanti per i processi di apprendimento;

- Attività di accoglienza: in questo caso il ruolo degli esperti psicologi è stata essenziale per orientare gli studenti a riflettere sul percorso scolastico

ed extra-scolastico;

- Integrazione delle attività di accoglienza e delle attività didattiche: l’interazione tra docenti-tutor ed esperti è stata rilevante per progettare e

stimolare progetti formativi di crescita responsabile degli studenti.

8. Portfolio

Come è stato elaborato il modello del portfolio e da chi? In che momento della sperimentazione è stato inserito e come è stato usato? Su quali aspetti del percorso

formativo ha agito? È stato uno strumento utile per costruire le connessioni tra attività aggiuntive e attività ordinarie? Punti di forza e criticità.

Il modello del portfolio è stato elaborato in integrazione tra l’ente universitario e il gruppo di coordinamento afferente alle istituzioni scolastiche

della rete. Una volta definito il modello, questo è stato presentato agli esperti e ai tutor dei percorsi, perché potesse essere discusso e condiviso. Il

portfolio è stato costruito durante i moduli di accoglienza, con il supporto degli esperti e dei tutor degli altri moduli. Inizialmente, sono state

previste due tipologie di portfolio che permettessero la fruibilità degli utenti in base alla loro fascia di età; la costruzione attiva dei partecipanti del

proprio percorso di apprendimento ed, eventualmente, professionale; il reciproco riconoscimento sociale e l’accrescimento del senso di

appartenenza alla comunità. In particolare, è stato previsto l’utilizzo di Twigis (www.twigis.it) per i bambini di scuola primaria e di LinkedIn

(www.linkedin.it) per i ragazzi di scuola secondaria. In entrambi i casi, si tratta di social network, tuttavia Twigis è un ambiente che utilizza

linguaggi, strumenti e dispositivi grafici rivolti a bambini, mentre LinkedIn è un ambiente di condivisione professionale. In entrambi i casi, gli

esperti hanno supportato i partecipanti, con linguaggi diversi a seconda delle età, nella costruzione di un processo di consapevolezza di sé e nella

definizione di prospettive di studio e di lavoro verso il futuro. Inoltre, questi strumenti, come una sorta di diario di bordo, hanno permesso di

documentare quanto fatto e appreso durante i percorsi, le attività curricolari e all’esterno del contesto scolastico. La scelta degli strumenti non è

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stata definita in maniera rigida, ma poteva essere valutata in base alle esigenze del gruppo. Inoltre, nell’ambito del percorso “Calcoli in gioco”,

rivolto in particolare a ragazzi del secondo anno di scuola secondaria inferiore, si è rilevata l’inadeguatezza di entrambi gli strumenti (Twigis è

stato percepito come “infantile”, mentre LinkedIn come “adulto”). Pertanto, si è lavorato, nel modulo di accoglienza, sull’idea del “non essere più e

non essere ancora”, sviluppando un’ulteriore tipologia di portfolio. Si tratta del così denominato “Selfie skills”, ovvero di uno strumento attraverso

cui, con un power point creativo, individualmente si potesse costruire una fotografia multimediale di chi si è, di come si era e di come ci si

immagina nel futuro. Tale strumento è stato poi condiviso con il gruppo ed ha rappresentato un’ulteriore risorsa per l’intero progetto.

8. Coinvolgimento famiglie

Quale è stata la modalità di coinvolgimento dei genitori? Quali interventi ha offerto la rete? Quali professionisti sono stati coinvolti? Come si è articolata nel

tempo la partecipazione alle attività? C’è stata un’utilità percepita rispetto alla prevenzione della dispersione scolastica? Siete riusciti a stabilire una

collaborazione scuola-famiglia? Se sì, come? Se no, perché? Punti di forza e criticità.

Le famiglie sono state coinvolte singolarmente e in gruppo. Tutte hanno partecipato alle manifestazioni di pubblicizzazione del progetto:

comunicato stampa, work-shop, manifestazione finale.

Inoltre, sono state presenti al primo e all’ultimo incontro del modulo accoglienza del percorso frequentato dai loro figli.

La rete ha offerto loro momenti di formazione come “La genitorialità” e “Informati per”, tenuti da professionisti dell’educazione e della

formazione.

Il tutor del modulo accoglienza attraverso il contatto diretto con i genitori, ha agevolato il loro coinvolgimento e la partecipazione attiva.

Tutte le famiglie hanno ritenuto utile queste azioni formative-informative, specialmente le famiglie di alunni con DSA, in quanto ha permesso loro

di riflettere su situazioni personali e l’importanza di operare in sinergia con la scuola.

Una criticità è rappresentata dal fatto che alcune famiglie hanno mostrato una certa chiusura ad aprirsi a situazioni nuove.

9. Indicatori

Come sono stati selezionati gli indicatori? Gli indicatori scelti sono stati utili per fare una valutazione finale di risultato? Sono stati utilizzati anche indicatori

valutativi e autovalutativi non previsti (soddisfazione personale, utilità percepita, senso di auto-efficacia, aumento della motivazione, ecc). Gli indicatori sono

stati utilizzati per rilevare il miglioramento degli apprendimenti curriculari? Nell’insieme degli indicatori utilizzati per il progetto ce n’è qualcuno che è stato

adottato dalla rete e continua ad essere utilizzato?

In fase di progettazione esecutiva, la rete ha selezionato alcuni indicatori definiti dal sistema informativo GPU e ritenuti adeguati per i destinatari

previsti. La scelta degli indicatori è stata coerente con gli obiettivi generali e specifici del progetto e corrispondenti ai bisogni, alle caratteristiche

dei target prioritari. Il monitoraggio degli indicatori scelti, attraverso l’inserimento della baseline, del valore target e della rilevazione periodica

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degli indicatori, ha permesso di verificare la corrispondenza tra quanto fissato e quanto registrato, non solo ma anche il miglioramento avvenuto.

oltre agli indicatori definiti dal sistema informativo, sono stati utilizzati un set di indicatori valutativi e autovalutativi e per i target prioritari che

per i target strumentali.

Gli indicatori per i target strumentali miravano a monitorare e valutare la soddisfazione personale, l’utilità dell’attività svolta, il cambiamento/

modificazione avvenuta.

Alla fine degli interventi messi in campo nei percorsi, specialmente nel modulo accoglienza, ai target prioritari è stata somministra una scheda di

autovalutazione con indicatori riguardanti l’interesse per le materie scolastiche, la collaborazione con i compagni, il metodo di studio, la fiducia

in sé, il riconoscimento dei propri punti di forza e di debolezza, la motivazione, ciò ha permesso all’allievo di autovalutarsi non tanto su uno

specifico apprendimento ma relativamente al sé, all’esperienza vissuta attraverso il riconoscimento del cambiamento avvenuto/registrato.

indicatori valutativi non previsti sono stati utilizzati anche per rilevare il miglioramento degli allievi non solo nell’ambito degli apprendimenti

curricolari ma in generale, i tutor dell’accoglienza , alla fine del modulo e in seguito alle osservazioni svolte durante le attività, hanno compilato

una scheda per ogni corsista relativamente alla frequenza, al comportamento, alla partecipazione, l’impegno, l’interesse, il metodo di lavoro, la

fiducia in sé, la consapevolezza del sé.

Fra gli indicatori utilizzati per il progetto, la rete utilizza gli indicatori auto-valutativi.

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c) Sezione prospettico-progettuale Il Facilitatore, alla luce di un’auto-valutazione condotta congiuntamente con le altre figure coinvolte nel progetto, utilizzi le diverse

domande stimolo per produrre delle brevi sintesi (utilizzando gli spazi predisposti), riportando, quando possibile, analisi e informazioni

quali-quantitative e riflessioni argomentate.

a. Quali sono state secondo voi le azioni più funzionali rispetto all’idea progettuale? E quali le azioni meno funzionali?

Le azioni più funzionali rispetto al progetto sono state: 1) Il lavoro in rete tra diversi enti presenti sul territorio e portatori di letture specifiche del

contesto scolastico. L’integrazione tra queste prospettive (ad esempio, della scuola, dell’università, della pubblica amministrazione, delle

associazioni sportive) ha permesso di comprendere e gestire la complessità delle dinamiche scolastiche e, in particolare, di inclusione degli

studenti. Inoltre, la rete è stata essa stessa un modello di riconoscimento reciproco e di coinvolgimento sociale; 2) Il lavoro in rete tra esperti, tutor e

coordinamento. Attraverso comunicazioni circolari costanti favorite dall’uso di e-mail e del repository virtuale Dropbox, l’attività di ciascun

modulo è stata costantemente monitorata e condivisa. In questo modo, ci si è potuti confrontare in maniera tempestiva su eventuali specifiche

esigenze e si è potuto costruire un repertorio di strumenti e modalità di intervento della rete piuttosto che dei singoli. Anche tale aspetto ha

rappresentato un modello di coesione ed inclusione utile per i partecipanti; 3) La realizzazione di attività laboratoriali ed esperienziali, basate sul

coinvolgimento attivo dei partecipanti. Tale scelta ha permesso di essere costruttori attivi di conoscenza e di dare senso alle esperienze di

apprendimento legate ai contenuti e a se stessi.

Da non sottovalutare anche la soddisfazione professionale ma anche personale ed umana che i vari esperti e tutor coinvolti hanno potuto esperire

rispetto all’osservare i progressi dei ragazzi. Questa dimensione ha costituito il principale fattore motivazionale dei vari agenti impegnati nella

buona riuscita del progetto.

Le azioni meno funzionali sono quelle legate allo scollamento spesso avuto tra attività del PON F3 e le attività curricolari; una maggiore

integrazione tra la scuola del mattino e quella del progetto può favorire una maggiore migrazione di competenze e la possibilità di sperimentarsi

come studenti diversi e capaci in più contesti.

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b. Quali sono secondo voi gli elementi fondamentali per replicare il progetto?

La replicabilità del modello può essere assicurata considerando le relazioni tra gli elementi individuati come cruciali. Ovvero:

a. creare una sinergia positiva tra i vari attori coinvolti nello stesso percorso. Lo scambio anche di informazioni logistiche, decisioni informali

oltre che di visioni del percorso aiuta a creare una comunità che condivide obiettivi comuni entro cui tutti possono sentirsi valorizzati e

impegnati

b. il coinvolgimento delle famiglie

c. il coinvolgimento di enti locali

d. la competenza degli esperti, dei tutor e dei responsabili dell’accoglienza

e. il contenuto dei percorsi motivanti per gli studenti così da attivare un adeguato livello di commitment

f. una attenta progettazione in termini di tempistica e di numerosità dei gruppi di lavoro

g. l’uso di una metodologia basata sull’esperienza e sulla partecipazione attiva degli studenti

h. la formazione dei target strumentali.

3. Quali sono secondo voi le condizioni che facilitano la replicabilità del progetto?

Le condizioni sono in qualche modo sovrapponibili agli elementi descritti nel punto precedente. Riteniamo utile aggiungere che, oltre agli

elementi già descritti, è importante chiarire con tutti gli stakeholder del progetto: (a) Obiettivi generali, (b) Obiettivi trasversali, (c) Strategie

di intervento.

Nel nostro caso obiettivo generale è stato: promuovere il cambiamento culturale non solo negli studenti target, ma anche nel contesto

scolastico, sociale e familiare.

Obiettivi trasversali riguardano la costruzione di relazioni positive tra studente e docente/adulto e la costruzione di relazioni positive tra

studenti.

Le strategie devono riguardare: sostegno alla motivazione, leva sul senso di comunità e la progettazione di percorsi che devono essere

disegnati su specifici bisogni ed esigenze pur tenendo conto di alcuni obiettivi trasversali.

Inoltre, riteniamo utile la messa a punto di modalità di lavoro trasversali, che nel nostro caso sono stati:

- uso di strumenti condivisi per la rilevazione della situazione iniziale e finale (questionari, colloqui, disegni, ecc.)

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- Flessibilità e personalizzazione

- Monitoraggio in itinere finalizzato ad eventuali aggiustamenti.

4. Quali sono stati secondo voi i punti critici emersi nel corso della realizzazione del progetto e quali gli strumenti adottati per affrontarli?

I punti critici rilevati attraverso l’osservazione diretta dei percorsi da parte del gruppo di coordinamento, di tutor ed esperti e anche attraverso il

confronto reciproco riguardano:

1) L’organizzazione logistica dei tempi (ad esempio, realizzazione di incontri troppo ravvicinati, numero elevato di ore per

percorso, pausa estiva all’interno dello stesso percorso, ecc.) talvolta demotivante per i partecipanti;

2) L’eterogeneità dei gruppi, che si è rilevata un punto di forza per il confronto reciproco, ma anche un aspetto critico nella

gestione di età ed esigenze diverse contemporaneamente;

3) L’utilizzo di indicatori quantitativi o parziali, che non hanno permesso di osservare la globalità dei processi;

4) La separazione tra scuola del mattino e attività del PON F3, che non ha sempre permesso la migrazione delle competenze

apprese e delle emozioni vissute nel pomeriggio.

5) La ridotta partecipazione delle famiglie nonostante gli inviti. Per poter affrontare queste criticità sono state attuate queste proposte risolutive:

a. Soprattutto gli esperti dell’accoglienza hanno svolto un ruolo essenziale da “collante” tra le varie attività didattiche e

formative vissute dagli studenti. In sintesi, gli esperti dell’accoglienza hanno gestito attività di socializzazione delle esperienze vissute nei differenti

moduli e percorsi, per riprendere il “filo rosso” della formazione

b. Dirigenti, valutatore, facilitatore e gruppo di coordinamento hanno organizzato riunioni ad hoc per raccogliere i feedback di

esperti e docenti coinvolti operativamente nell’erogazione di moduli e percorsi. Nello specifico, brainstorming mirati e brevi

focus group hanno supportato l’acquisizione di conoscenze adeguate ad una conoscenza più trasversale del processo di lavoro.

5. Esistono prodotti di vario tipo realizzati all’interno del Progetto F3 (come Cd, libri, materiali, ambienti d’apprendimento, ecc,) che possono

rappresentare una risorsa per le reti che lavorano sulla dispersione? Se sì, utilizzare l’upload predisposto per riportare i prodotti (nella sezione

‘Inserimento del prototipo di intervento territoriale’, Menu a sinistra della ‘Gestione del Progetto’).

Sono stati pensati quattro diversi strumenti che possono essere utilizzati anche in altri contesti in cui il fenomeno della

dispersione è presente: 1) Presentazione del modello; 2) Tesi di laurea specialistica; 3) Strumenti di raccolta e analisi dati; 4)

Portfolio. Nello specifico:

La presentazione rappresenta un object che descrive il modello qui creato e le diverse componenti che lo strutturano attraverso

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una relazione a spirale;

Grazie alla circolarità tra i diversi attori del gruppo di coordinamento, sono state prodotte tre tesi di laurea specialistica

dedicate allo studio delle dinamiche psicosociali ed educative intervenute in questo contesto specifico. Le tesi allegate nella

sezione dedicata affrontano il tema della dispersione scolastica attraverso un taglio pedagogico e socio-politico, dando

rilevanza all’analisi dei questionari e dei disegni utilizzati nel progetto “Riproviamoci”;

A tal proposito, nello specifico, sono stati somministrati test e costruiti disegni. Come descritto precedentemente, il test è

stato pensato come strumento per monitorare il processo di impatto del progetto sull’inclusione dei giovani studenti drop-out.

Nello specifico si tratta di un questionario self-report, somministrato agli studenti coinvolti all’inizio e alla fine del progetto.

Il questionario self-report era composto da un totale di 28 item, finalizzati a raccogliere informazioni su identificazione con la

comunità scolastica (6 item), sSenso di comunità scolastico (8 item); coinvolgimento a livello scolastico (9 item);

pPercezione di sé come pro-attivi e livelli di autostima (5 item). Agli studenti è stato richiesto di posizionarsi sulle

affermazioni riportate in ogni item su una scala Likert da 1 (=fortemente in disaccordo) a 5 (=fortemente d’accordo). I dati

raccolti sono stati riportati in matrice excel e nel software SPSS per la conduzione di analisi statistiche (ad es., frequenze,

medie, ANOVA e t Test, correlazioni). I disegni, invece, sono stati prodotti dai bambini di scuola primaria per rispondere alla

domanda “Come ti senti a scuola?” e sono stati analizzati da due ricercatori indipendenti per rintracciare categorie di

significato prodotte dai partecipanti prima e dopo il progetto;

L’utilizzo e la costruzione del portfolio quale strumento per la gestione dei fenomeni di dispersione, come descritto

analiticamente, si è concretizzato nelle forme di Twigis, Selfie skills o Linkedin a seconda delle esigenze del gruppo target.

6. Alla luce dell’esperienza, su quali linee d’intervento la rete ritiene necessario continuare a lavorare?

La riflessione condivisa fino ad ora realizzata ha messo in luce alcune linee di intervento sui sarebbe opportuno proseguire. In particolare:

1. Acquisizione da parte di docenti, tutor ed esperti di specifiche metodologie di apprendimento sociale, collaborativo, basato sul problem

solving e sull’empowerment per incentivare la partecipazione degli studenti drop-out

2. Maggiore integrazione tra le attività scolastiche della mattina e quelle realizzate grazie al PON F3

3. Un più ampio coinvolgimento del territorio, attraverso l’inclusione della rete anche di istituzioni amministrative e sociale

4. Una più specifica azione di intervento con i genitori e con le famiglie. Le situazioni personali degli studenti a rischio sono le più

disparate e a volte richiedono interventi personalizzati che richiedono una maggiore attenzione e uno studio più attento