Proteggere i bambini futuro dell’umanità e il silenzio · fabbriche di bracciali di vetro in...

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 132 (48.456) Città del Vaticano giovedì 11 giugno 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +z!z!.!#!#! In occasione della solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo il nostro giornale non uscirà. La pubblicazione riprenderà con la data 12-13 giugno Nel mondo milioni di piccoli schiavi Zohra e il silenzio di GIUSEPPE FIORENTINO I l potere delle immagini si mi- sura anche dalla loro capacità di suscitare indignazione e di far scaturire movimenti spontanei di protesta. Così è stato per il vi- deo che ha mostrato il brutale as- sassinio di George Floyd a Min- neapolis. Chissà perché, invece, un’altra immagine altrettanto drammatica non ha innescato la stessa onda di rabbia planetaria. Eppure, ormai da parecchi giorni, sui giornali e sul web circola la fo- to del corpicino esanime di una bambina con evidenti segni di vio- lenza. Quella foto, chiunque ritrag- tivo. Quasi la metà di questi — 74 milioni — sono costretti a svolgere lavori che ne mettono a grave ri- schio la salute e la sicurezza, con ripercussioni anche dal punto di vi- sta psicologico. Sessantaquattro mi- lioni di bambine e 88 milioni di bambini, che si vedono sottrarre l’infanzia alla quale hanno diritto, allontanati dalla scuola, privati del- la protezione di cui hanno bisogno e dell’opportunità di costruirsi un futuro. Certo, alcuni passi avanti sono stati compiuti. Nel 2000 il numero dei bambini lavoratori superava ampiamente i 200 milioni, ma la cifra di 152 milioni è ancora molto alta. Basti pensare che se tutti que- ga, è servita a portare alla luce il tragico calvario di Zohra Shah e di tante bambine come lei. Zohra aveva solo otto anni, ma, nonostante la sua giovanissima età, lavorava come domestica presso una facoltosa famiglia di Rawalpin- di, in Pakistan. Zohra era quindi una dei troppi bambini che in tutto il mondo sono costretti a rinuncia- re alla loro infanzia per dedicarsi al lavoro. Ma Zohra era pur sempre solo una bambina e, forse proprio per rispondere al magnifico istinto dei più piccoli al gioco, ha fatto fuggire due pappagallini dalla loro gabbia. E per questo Zohra è stata torturata, probabilmente stuprata e infine uccisa dalla coppia per la quale lavorava. Dalle testimonianze dei vicini, sembra che i due abbia- no continuato a colpire la piccola con ferocia nonostante le sue invo- cazioni. Solo quattro mesi fa la bambina aveva lasciato la sua casa per andare a servizio. La coppia di Rawalpindi, attualmente in carcere, le aveva promesso, ingannandola, che in cambio le avrebbe permesso di studiare. Ma quanto è accaduto non è purtroppo un caso isolato. Quattro anni fa un giudice e sua moglie torturarono e uccisero la loro do- mestica che aveva solo dieci anni. L’iniziale condanna a tre anni ven- ne poi ridotta a solo uno. A gen- naio, una ragazza sedicenne è stata invece assassinata dalla famiglia che l’aveva assunta perché “colpe- vole” di avere protestato per la qualità del cibo. In Pakistan, men- tre il lavoro minorile è generalmen- te proibito, è invece consentito nel- le famiglie e nei ristoranti. Ora, sulla spinta di organizzazioni per i diritti civili e di alcune ong (che hanno anche varato l’hashtag #ju- sticeforzohrashah) sembra che le autorità pakistane siano intenziona- te a inserire il lavoro domestico nella lista delle occupazioni perico- lose. Ma in pericolo sono in realtà i milioni di bambini che ogni giorno e ad ogni latitudine sono costretti a lavorare. Lo scorso anno, alla vigi- lia della giornata mondiale contro il lavoro minorile (12 giugno) sono stati diffusi i dati di questo scanda- lo mondiale di cui si parla davvero troppo poco. Sono 152 milioni i minori di età compresa tra i 5 e i 17 anni vittime di sfruttamento lavora- fenomeno sia concentrato soprat- tutto nelle aree meno sviluppate del pianeta, in quanto sottoprodot- to di quella povertà che poi contri- buisce a riprodurre. Tuttavia, come è noto, non mancano casi di bam- bini lavoratori anche nelle aree marginali nel ricco nord del mon- do. Secondo i dati dell’O rganizza- zione internazionale del lavoro tra le attività pericolose in cui sono coinvolti i bambini figurano i lavo- ri in miniera, a contatto con so- stanze chimiche e pesticidi agricoli o con macchinari pericolosi. È il caso dei bambini impiegati nelle miniere in Cambogia, nelle pianta- gioni di tè nello Zimbabwe, o nelle fabbriche di bracciali di vetro in India. Tra le peggiori forme di sfruttamento minorile rientra poi il lavoro di strada, ovvero l’impiego di tutti quei bambini che, nelle me- tropoli asiatiche, latino-americane e africane, cercano di sopravvivere raccogliendo rifiuti da riciclare o vendendo cibo e bevande. Nella sola città di Dakar, capitale del Se- negal, sono 8.000 i bambini che vi- vono come mendicanti. Altra faccia di questa tragica realtà metropolita- na è lo sfruttamento sessuale, che coinvolge un milione di bambini ogni anno. Ma se le varie tipologie di lavo- ro minorile, anche le più degra- danti, possono essere in qualche modo quantificate, una più di al- tre sfugge a una valutazione stati- stica: si tratta del lavoro domestico e familiare, in cui sono impiegate soprattutto le bambine come Zohra e le altre piccole Cenerento- le pakistane. Che si tratti di lavoro in casa di altri o in casa propria, per le bambine esso diventa spesso una vera e propria forma di schia- vitù, che le costringe a vivere nell’incubo della violenza e dell’abuso. Troppo silenzio circon- da la vita di questi piccoli schiavi, che invece chiedono di essere resi visibili. E che soprattutto chiedo- no giustizia. All’udienza generale l’appello del Papa per la Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile Proteggere i bambini futuro dell’umanità Le condizioni di lavoro a cui sono costretti oggi molti bambini e ragaz- zi nel mondo assumono spesso «for- me di schiavitù e di reclusione» inaccettabili. Per questo Papa Fran- cesco ha chiesto alle istituzioni di porre in atto «ogni sforzo per pro- teggere» i più piccoli, esortando a colmare «le lacune economiche e so- ciali che stanno alla base della dina- mica distorta nella quale essi sono purtroppo coinvolti». L’appello lanciato dal Pontefice ha concluso l’udienza generale di mercoledì 10, svoltasi nella Bibliote- ca privata del Palazzo apostolico Va- ticano, senza la presenza di fedeli, a causa della pandemia da covid-19. Dopo la catechesi dedicata alla pre- ghiera di Giacobbe — descritta come una vera e propria «lotta» con Dio dalla quale il patriarca «esce cambia- NOSTRE INFORMAZIONI to» e «con il cuore nuovo» — Fran- cesco ha salutato, come di consueto, i vari gruppi che attraverso i media hanno seguito l’incontro. E prima di rivolgersi ai fedeli di lingua italiana, ha ricordato la Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro mi- norile, che si celebrerà il prossimo venerdì 12 giugno, evidenziando che «nell’attuale situazione di emergenza sanitaria, in diversi Paesi molti bam- bini e ragazzi sono costretti a lavori inadeguati alla loro età, per aiutare le proprie famiglie in condizioni di estrema povertà». Si tratta di un fenomeno, ha de- nunciato, che «priva i bambini e le bambine della loro infanzia e che ne mette a repentaglio lo sviluppo inte- grale», provocando in non pochi ca- si «sofferenze fisiche e psicologiche» delle quali «tutti noi siamo respon- sabili». Da qui il forte richiamo del Pontefice: «I bambini sono il futuro della famiglia umana: a tutti noi spetta il compito di favorirne la cre- scita, la salute e la serenità!». PAGINA 8 Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi Metropolitana di Saint Louis (Stati Uniti d’America), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Robert J. Carlson. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastora- le della Diocesi di Sete Lagoas (Brasile), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Aloísio Jorge Pena Vitral. Provviste di Chiese Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo Metropolita di Saint Louis (Stati Uniti d’America) Sua Eccellenza Monsignor Mitchell T. Rozan- ski, finora Vescovo di Spring- field in Massachusetts. Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Sete Lagoas (Brasile) Sua Eccellenza Monsignor Francisco Cota de Oliveira, tra- sferendolo dalla Sede titolare ve- scovile di Fiorentino e dall’Uffi- cio di Ausiliare di Curitiba. Nomina di Vescovo Ausiliare Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare dell’Arcidio- cesi Metropolitana di Baltimo- re (Stati Uniti d’America) il Reverendo Padre Bruce Le- wandowski, C.SS.R., Membro della Provincia di Baltimore della Congregazione del San- tissimo Redentore, finora De- legato “ad interim” per il Mi- nistero agli Ispanici dell’Arci- diocesi di Baltimore e Parroco della “Sacred Heart of Jesus / Sagrado Corazon de Jesus Pa- rish” a Highlandtown (Ma- ryland), assegnandogli la Sede titolare vescovile di Croe. LETTERE DAL DIRETTORE Tragico naufragio al largo della Tunisia Recuperati i corpi di oltre venti migranti ALLINTERNO I vescovi di Comece e Secam in vista del summit Ue-Africa PAGINA 2 Ai funerali di George Floyd Rabbia, dolore e sete di giustizia PAGINA 2 La commissione vaticana covid-19 Finché c’è un solo caso il mondo non è al sicuro PAGINA 8 TUNISI, 10. Un’altra tragedia del- l’immigrazione, ieri, nel Mediterra- neo. Sono 22 i corpi di migranti fi- nora recuperati dalla marina tunisina a Kraten al largo delle isole Kerken- nah. Le vittime viaggiavano su un barcone con circa 53 migranti, presu- mibilmente subsahariani, a bordo. Lo riferiscono fonti ufficiali tunisine. L’imbarcazione era partita da Sfax nella notte tra il 4 ed il 5 giugno e diretto verso le coste italiane. Il por- tavoce del tribunale di Sfax, Mou- rad Turki, ha annunciato ieri l’aper- tura di un’indagine. La Guardia costiera e i militari della Marina tunisine, con l’aiuto di unità subacquee, sono ancora impe- gnate nella ricerca di eventuali su- perstiti. «Il numero di morti sarà si- curamente più alto, ma al momento non si può sapere con esattezza quante persone stavano tentando la traversata» ha dichiarato in una nota Romdhane Ben Amor, del Forum tunisino per i diritti economici e so- ciali. Rimane incerta anche la nazio- nalità delle vittime. La Tunisia è il punto di partenza per molti migranti che cercano di raggiungere l’Europa. Nel mese di maggio la guardia costiera tunisina ha bloccato 1.243 persone pronte a salpare illegalmente, prosegue Ben Amor, il 68% delle quali di origine subsahariana e il 32% tunisina. Nu- meri che non si registravano così alti dal 2011/2012. N el paginone centrale del giornale di oggi tro- verete uno “speciale” dedicato alla figura di Michael Paul Gallagher padre gesuita, profes- sore di teologia fondamentale presso l’Università Gre- goriana dove ha lavorato fino al giorno della morte avvenuta cinque anni fa. Gallagher nasce come lette- rato avendo conseguito una laurea a Dublino proprio in letteratura, solo dopo c’è la svolta verso la scelta religiosa, entrando nella Compagnia di Gesù, e verso la teologia. Nella svolta nulla fu perso ma anzi tutto fiorì: mi riferisco a quel bagaglio, vasto e raffinato, frutto degli studi letterari che fu trasferito e penetrò nella riflessione teologica di padre Gallagher che tan- to ha seminato negli studi teologici contemporanei. Tutto questo è raccontato con precisione e profondità negli articoli che abbiamo raccolto nelle pagine dello “speciale”. Qui posso e voglio raccontare solo un epi- sodio dei tanti che mi legano a questa figura di vero professore, sacerdote, uomo. Mi presentai da lui per chiedergli di seguire il mio lavoro di tesi che volevo dedicare alla figura dello scrittore J.R.R. Tolkien. Gallagher era decano di teologia ed io uno studente di scienze religiose, un’altra facoltà, la mia richiesta era quindi irrituale ma lui mi accolse con cordialità, direi quasi con entusiasmo quando gli dissi l’argo- mento della tesi. Era stato infatti, giovane studente di letteratura a Dublino, allievo di Tolkien e aveva an- che superato un esame con il famoso romanziere-filo- logo. E senza perdersi in chiacchiere mi fece subito un’imitazione di Tolkien che lo interrogava. Mi disse che era un professore molto meticoloso ma, in fondo, molto buono. E anche Gallagher lo era. Mi sono sen- tito investito di una grande responsabilità perché in quel momento, molto divertente, ho percepito di far parte di una storia grande, che partiva da molto lon- tano e che passando per Tolkien e per Gallagher arri- vava ora fino a me. Il passaggio del testimone, ecco un compito del vero maestro. Ricordo quei mesi a la- vorare con Gallagher su Tolkien come un momento magico della mia vita di studente: era solerte e preci- so nelle correzioni ai miei testi, ma soprattutto si prendeva il tempo per dialogare con me. È stata una lunga conversazione dove lui non parlava tanto ma per lo più ascoltava. E mi chiedeva, a volte con fer- mezza, di tirar fuori la mia voce. A quella teneva in particolare, cercava la mia voce, sembrava un pescato- re intento ad ascoltare il mare per cogliere il momen- to giusto per prendere quel preciso pesce in particola- re. Aveva fiuto e capacità di visione, questo l’ho capi- to meglio dopo, quando il lavoro di tesi era ormai ul- timato, ma quello che sin dall’inizio avevo sentito era- no state l’accoglienza, la mitezza del cuore, la cordia- lità anzi il gusto per la convivialità e il buon umore, e infine la sua pulizia e libertà d’animo che mi spingo- no a chiamarlo con il nome di “testimone”. Ho capito grazie al suo esempio che non si può essere maestri senza essere testimoni. Sono grato per le ore di lieto lavoro trascorse con il volto sorridente e incoraggian- te di padre Michael Paul Gallagher. A.M. Cinque anni fa moriva padre Michael Paul Gallagher professore di teologia fondamentale alla Gregoriana ELMAR SALMANN, NICOLAS STEEVES, GABRIELE PALASCIANO ROBERT CHEAIB E FRANCESCO COSENTINO NELLE PAGINE 4 E 5 sti minori vivessero nello stesso territorio costituireb- bero il nono paese più po- poloso al mondo. E se, co- me accennato, qualche se- gnale di miglioramento è percettibile (soprattutto in America Latina e nei Caraibi, dove dal 2002 si è registrata una diminuzione del 26 per cento dei minori impiegati in attività perico- lose) molto lonta- no sembra il tra- guardo di sradica- re il lavoro minori- le entro il 2025, co- me previsto negli Obiettivi di sviluppo so- stenibile delle Nazioni Unite. In base alle stime dello scorso anno, per quella data vi saranno in- fatti ancora 121 milioni di minori costretti a lavorare. L’Unicef segnala come il

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 132 (48.456) Città del Vaticano giovedì 11 giugno 2020

.

y(7HA

3J1*QS

SKKM(

+z!z!.!#

!#!

In occasione della solennitàdel Santissimo Corpo e Sangue

di Cristoil nostro giornale non uscirà.La pubblicazione riprenderàcon la data 12-13 giugno

Nel mondo milioni di piccoli schiavi

Zohrae il silenzio

di GIUSEPPE FIORENTINO

Il potere delle immagini si mi-sura anche dalla loro capacitàdi suscitare indignazione e di

far scaturire movimenti spontaneidi protesta. Così è stato per il vi-deo che ha mostrato il brutale as-sassinio di George Floyd a Min-neapolis. Chissà perché, invece,un’altra immagine altrettantodrammatica non ha innescato lastessa onda di rabbia planetaria.Eppure, ormai da parecchi giorni,sui giornali e sul web circola la fo-to del corpicino esanime di unabambina con evidenti segni di vio-lenza. Quella foto, chiunque ritrag-

tivo. Quasi la metà di questi — 74milioni — sono costretti a svolgerelavori che ne mettono a grave ri-schio la salute e la sicurezza, conripercussioni anche dal punto di vi-sta psicologico. Sessantaquattro mi-lioni di bambine e 88 milioni dibambini, che si vedono sottrarrel’infanzia alla quale hanno diritto,allontanati dalla scuola, privati del-la protezione di cui hanno bisognoe dell’opportunità di costruirsi unf u t u ro .

Certo, alcuni passi avanti sonostati compiuti. Nel 2000 il numerodei bambini lavoratori superavaampiamente i 200 milioni, ma lacifra di 152 milioni è ancora moltoalta. Basti pensare che se tutti que-

ga, è servita a portare alla luce iltragico calvario di Zohra Shah e ditante bambine come lei.

Zohra aveva solo otto anni, ma,nonostante la sua giovanissima età,lavorava come domestica pressouna facoltosa famiglia di Rawalpin-di, in Pakistan. Zohra era quindiuna dei troppi bambini che in tuttoil mondo sono costretti a rinuncia-re alla loro infanzia per dedicarsi allavoro. Ma Zohra era pur sempresolo una bambina e, forse proprioper rispondere al magnifico istintodei più piccoli al gioco, ha fattofuggire due pappagallini dalla lorogabbia. E per questo Zohra è statatorturata, probabilmente stuprata einfine uccisa dalla coppia per laquale lavorava. Dalle testimonianzedei vicini, sembra che i due abbia-no continuato a colpire la piccolacon ferocia nonostante le sue invo-cazioni. Solo quattro mesi fa labambina aveva lasciato la sua casaper andare a servizio. La coppia diRawalpindi, attualmente in carcere,le aveva promesso, ingannandola,che in cambio le avrebbe permessodi studiare.

Ma quanto è accaduto non èpurtroppo un caso isolato. Quattroanni fa un giudice e sua moglietorturarono e uccisero la loro do-mestica che aveva solo dieci anni.L’iniziale condanna a tre anni ven-ne poi ridotta a solo uno. A gen-naio, una ragazza sedicenne è statainvece assassinata dalla famigliache l’aveva assunta perché “colp e-vole” di avere protestato per laqualità del cibo. In Pakistan, men-tre il lavoro minorile è generalmen-te proibito, è invece consentito nel-le famiglie e nei ristoranti. Ora,sulla spinta di organizzazioni per idiritti civili e di alcune ong (chehanno anche varato l’hashtag #ju-sticeforzohrashah) sembra che leautorità pakistane siano intenziona-te a inserire il lavoro domesticonella lista delle occupazioni perico-lose.

Ma in pericolo sono in realtà imilioni di bambini che ogni giornoe ad ogni latitudine sono costretti alavorare. Lo scorso anno, alla vigi-lia della giornata mondiale controil lavoro minorile (12 giugno) sonostati diffusi i dati di questo scanda-lo mondiale di cui si parla davverotroppo poco. Sono 152 milioni iminori di età compresa tra i 5 e i 17anni vittime di sfruttamento lavora-

fenomeno sia concentrato soprat-tutto nelle aree meno sviluppatedel pianeta, in quanto sottoprodot-to di quella povertà che poi contri-buisce a riprodurre. Tuttavia, comeè noto, non mancano casi di bam-bini lavoratori anche nelle areemarginali nel ricco nord del mon-do. Secondo i dati dell’O rganizza-zione internazionale del lavoro trale attività pericolose in cui sonocoinvolti i bambini figurano i lavo-ri in miniera, a contatto con so-stanze chimiche e pesticidi agricolio con macchinari pericolosi. È ilcaso dei bambini impiegati nelleminiere in Cambogia, nelle pianta-gioni di tè nello Zimbabwe, o nellefabbriche di bracciali di vetro inIndia. Tra le peggiori forme disfruttamento minorile rientra poi illavoro di strada, ovvero l’impiegodi tutti quei bambini che, nelle me-tropoli asiatiche, latino-americane eafricane, cercano di sopravvivereraccogliendo rifiuti da riciclare ovendendo cibo e bevande. Nellasola città di Dakar, capitale del Se-negal, sono 8.000 i bambini che vi-vono come mendicanti. Altra facciadi questa tragica realtà metropolita-na è lo sfruttamento sessuale, checoinvolge un milione di bambiniogni anno.

Ma se le varie tipologie di lavo-ro minorile, anche le più degra-danti, possono essere in qualchemodo quantificate, una più di al-tre sfugge a una valutazione stati-stica: si tratta del lavoro domesticoe familiare, in cui sono impiegatesoprattutto le bambine comeZohra e le altre piccole Cenerento-le pakistane. Che si tratti di lavoroin casa di altri o in casa propria,per le bambine esso diventa spessouna vera e propria forma di schia-vitù, che le costringe a viverenell’incubo della violenza edell’abuso. Troppo silenzio circon-da la vita di questi piccoli schiavi,che invece chiedono di essere resivisibili. E che soprattutto chiedo-no giustizia.

All’udienza generale l’appello del Papa per la Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile

Proteggere i bambinifuturo dell’umanità

Le condizioni di lavoro a cui sonocostretti oggi molti bambini e ragaz-zi nel mondo assumono spesso «for-me di schiavitù e di reclusione»inaccettabili. Per questo Papa Fran-cesco ha chiesto alle istituzioni diporre in atto «ogni sforzo per pro-teggere» i più piccoli, esortando acolmare «le lacune economiche e so-ciali che stanno alla base della dina-mica distorta nella quale essi sonopurtroppo coinvolti».

L’appello lanciato dal Ponteficeha concluso l’udienza generale dimercoledì 10, svoltasi nella Bibliote-ca privata del Palazzo apostolico Va-ticano, senza la presenza di fedeli, a

causa della pandemia da covid-19.Dopo la catechesi dedicata alla pre-ghiera di Giacobbe — descritta comeuna vera e propria «lotta» con Diodalla quale il patriarca «esce cambia-

NOSTREINFORMAZIONI

to» e «con il cuore nuovo» — Fr a n -cesco ha salutato, come di consueto,i vari gruppi che attraverso i mediahanno seguito l’incontro. E prima dirivolgersi ai fedeli di lingua italiana,ha ricordato la Giornata mondialecontro lo sfruttamento del lavoro mi-norile, che si celebrerà il prossimovenerdì 12 giugno, evidenziando che«nell’attuale situazione di emergenzasanitaria, in diversi Paesi molti bam-bini e ragazzi sono costretti a lavoriinadeguati alla loro età, per aiutarele proprie famiglie in condizioni diestrema povertà».

Si tratta di un fenomeno, ha de-nunciato, che «priva i bambini e lebambine della loro infanzia e che nemette a repentaglio lo sviluppo inte-grale», provocando in non pochi ca-si «sofferenze fisiche e psicologiche»delle quali «tutti noi siamo respon-sabili». Da qui il forte richiamo delPontefice: «I bambini sono il futurodella famiglia umana: a tutti noispetta il compito di favorirne la cre-scita, la salute e la serenità!».

PAGINA 8

Il Santo Padre ha accettato larinuncia al governo pastoraledell’Arcidiocesi Metropolitanadi Saint Louis (Stati Unitid’America), presentata da SuaEccellenza Monsignor RobertJ. Carlson.

Il Santo Padre ha accettatola rinuncia al governo pastora-le della Diocesi di Sete Lagoas(Brasile), presentata da SuaEccellenza Monsignor AloísioJorge Pena Vitral.

Provviste di ChieseIl Santo Padre ha nominato

Arcivescovo Metropolita diSaint Louis (Stati Unitid’America) Sua EccellenzaMonsignor Mitchell T. Rozan-ski, finora Vescovo di Spring-field in Massachusetts.

Il Santo Padre ha nominatoVescovo di Sete Lagoas (Brasile)Sua Eccellenza MonsignorFrancisco Cota de Oliveira, tra-sferendolo dalla Sede titolare ve-scovile di Fiorentino e dall’Uffi -cio di Ausiliare di Curitiba.

Nominadi Vescovo Ausiliare

Il Santo Padre ha nominatoVescovo Ausiliare dell’A rc i d i o -cesi Metropolitana di Baltimo-re (Stati Uniti d’America) ilReverendo Padre Bruce Le-wandowski, C.S S.R., Membrodella Provincia di Baltimoredella Congregazione del San-tissimo Redentore, finora De-legato “ad interim” per il Mi-nistero agli Ispanici dell’A rc i -diocesi di Baltimore e Parrocodella “Sacred Heart of Jesus /Sagrado Corazon de Jesus Pa-rish” a Highlandtown (Ma-ryland), assegnandogli la Sedetitolare vescovile di Croe.

LETTERE DAL DIRETTORE

Tragico naufragio al largo della Tunisia

Recuperati i corpi di oltre venti migranti

ALL’INTERNO

I vescovi di Comecee Secam in vistadel summit Ue-Africa

PAGINA 2

Ai funerali di George Floyd

Rabbia, doloree sete di giustizia

PAGINA 2

La commissione vaticana covid-19

Finché c’è un solo casoil mondo non è al sicuro

PAGINA 8

TUNISI, 10. Un’altra tragedia del-l’immigrazione, ieri, nel Mediterra-neo. Sono 22 i corpi di migranti fi-nora recuperati dalla marina tunisinaa Kraten al largo delle isole Kerken-nah. Le vittime viaggiavano su unbarcone con circa 53 migranti, presu-mibilmente subsahariani, a bordo.Lo riferiscono fonti ufficiali tunisine.L’imbarcazione era partita da Sfaxnella notte tra il 4 ed il 5 giugno ediretto verso le coste italiane. Il por-tavoce del tribunale di Sfax, Mou-

rad Turki, ha annunciato ieri l’ap er-tura di un’indagine.

La Guardia costiera e i militaridella Marina tunisine, con l’aiuto diunità subacquee, sono ancora impe-gnate nella ricerca di eventuali su-perstiti. «Il numero di morti sarà si-curamente più alto, ma al momentonon si può sapere con esattezzaquante persone stavano tentando latraversata» ha dichiarato in una notaRomdhane Ben Amor, del Forumtunisino per i diritti economici e so-

ciali. Rimane incerta anche la nazio-nalità delle vittime.

La Tunisia è il punto di partenzaper molti migranti che cercano diraggiungere l’Europa. Nel mese dimaggio la guardia costiera tunisinaha bloccato 1.243 persone pronte asalpare illegalmente, prosegue BenAmor, il 68% delle quali di originesubsahariana e il 32% tunisina. Nu-meri che non si registravano così altidal 2011/2012.

Nel paginone centrale del giornale di oggi tro-verete uno “sp eciale” dedicato alla figura diMichael Paul Gallagher padre gesuita, profes-

sore di teologia fondamentale presso l’Università Gre-goriana dove ha lavorato fino al giorno della morteavvenuta cinque anni fa. Gallagher nasce come lette-rato avendo conseguito una laurea a Dublino proprioin letteratura, solo dopo c’è la svolta verso la sceltareligiosa, entrando nella Compagnia di Gesù, e versola teologia. Nella svolta nulla fu perso ma anzi tuttofiorì: mi riferisco a quel bagaglio, vasto e raffinato,frutto degli studi letterari che fu trasferito e penetrònella riflessione teologica di padre Gallagher che tan-to ha seminato negli studi teologici contemporanei.Tutto questo è raccontato con precisione e profondità

negli articoli che abbiamo raccolto nelle pagine dello“sp eciale”. Qui posso e voglio raccontare solo un epi-sodio dei tanti che mi legano a questa figura di veroprofessore, sacerdote, uomo. Mi presentai da lui perchiedergli di seguire il mio lavoro di tesi che volevodedicare alla figura dello scrittore J.R.R. Tolkien.Gallagher era decano di teologia ed io uno studentedi scienze religiose, un’altra facoltà, la mia richiestaera quindi irrituale ma lui mi accolse con cordialità,direi quasi con entusiasmo quando gli dissi l’a rg o -mento della tesi. Era stato infatti, giovane studente diletteratura a Dublino, allievo di Tolkien e aveva an-che superato un esame con il famoso romanziere-filo-logo. E senza perdersi in chiacchiere mi fece subitoun’imitazione di Tolkien che lo interrogava. Mi disseche era un professore molto meticoloso ma, in fondo,molto buono. E anche Gallagher lo era. Mi sono sen-tito investito di una grande responsabilità perché inquel momento, molto divertente, ho percepito di farparte di una storia grande, che partiva da molto lon-tano e che passando per Tolkien e per Gallagher arri-vava ora fino a me. Il passaggio del testimone, eccoun compito del vero maestro. Ricordo quei mesi a la-vorare con Gallagher su Tolkien come un momentomagico della mia vita di studente: era solerte e preci-so nelle correzioni ai miei testi, ma soprattutto siprendeva il tempo per dialogare con me. È stata unalunga conversazione dove lui non parlava tanto maper lo più ascoltava. E mi chiedeva, a volte con fer-mezza, di tirar fuori la mia voce. A quella teneva inparticolare, cercava la mia voce, sembrava un pescato-re intento ad ascoltare il mare per cogliere il momen-to giusto per prendere quel preciso pesce in particola-re. Aveva fiuto e capacità di visione, questo l’ho capi-to meglio dopo, quando il lavoro di tesi era ormai ul-timato, ma quello che sin dall’inizio avevo sentito era-no state l’accoglienza, la mitezza del cuore, la cordia-lità anzi il gusto per la convivialità e il buon umore, einfine la sua pulizia e libertà d’animo che mi spingo-no a chiamarlo con il nome di “testimone”. Ho capitograzie al suo esempio che non si può essere maestrisenza essere testimoni. Sono grato per le ore di lietolavoro trascorse con il volto sorridente e incoraggian-te di padre Michael Paul Gallagher.

A.M.

Cinque anni fa morivapadre Michael Paul Gallagherprofessore di teologia fondamentalealla Gregoriana

ELMAR SALMANN, NICOLAS STEEVES, GABRIELE PALASCIANOROBERT CHEAIB E FRANCESCO COSENTINO NELLE PA G I N E 4 E 5

sti minori vivessero nellostesso territorio costituireb-bero il nono paese più po-poloso al mondo. E se, co-me accennato, qualche se-gnale di miglioramento è

percettibile (soprattutto inAmerica Latina e nei

Caraibi, dove dal2002 si è registratauna diminuzione del26 per cento deiminori impiegatiin attività perico-lose) molto lonta-no sembra il tra-

guardo di sradica-re il lavoro minori-

le entro il 2025, co-me previsto negli

Obiettivi di sviluppo so-stenibile delle NazioniUnite. In base alle stimedello scorso anno, perquella data vi saranno in-fatti ancora 121 milioni diminori costretti a lavorare.

L’Unicef segnala come il

Page 2: Proteggere i bambini futuro dell’umanità e il silenzio · fabbriche di bracciali di vetro in India. Tra le peggiori forme di sfruttamento minorile rientra poi il lavoro di strada,

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 giovedì 11 giugno 2020

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

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Rabbia, dolore e sete di giustizia

In programma il 22 giugno a Vienna

Nuovi negoziati tra Stati Uniti e Russia

Il vice ministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov (Afp)

Si aggravano le conseguenze dello sversamentodi gasolio nell’Artico

Sentenzadella Corte suprema

israelianasugli insediamenti

TEL AV I V, 10. La Corte Suprema diIsraele ha annullato, in quanto «in-costituzionale», la legge del 2017che avrebbe legalizzato gli insedia-menti israeliani su terreni di pro-prietà palestinese. La decisione, cheavviene mentre il governo Neta-nyahu intende annettere parti deiTerritori palestinesi, si basa sul fat-to — scrive la Corte — che «la leg-ge viola i diritti di proprietà e dieguaglianza dei palestinesi mentreprivilegia gli interessi dei coloniisraeliani». La decisione riguardacirca 4.000 case costruite dai colo-ni.

I giudici — la decisione è statapresa con 8 voti a favore e 1 contro— hanno anche stabilito che la leg-ge «non fornisce sufficiente rilievoallo status dei palestinesi come re-sidenti protetti in un’area sotto oc-cupazione militare». La discussalegge era stata congelata nei suoieffetti dai molti ricorsi presentatida ong palestinesi e israeliane allaCorte e anche l’Avvocato generaledello Stato Avichai Mandelblit siera rifiutato di difenderla, in quan-to rappresentante dello stato da-vanti alla Corte.

In questi ultimi anni la Corteisraeliana ha più volte ordinato lademolizione di case costruite inavamposti israeliani su terreni diproprietà palestinese.

VIENNA, 10. Si svolgeranno nellacapitale austriaca il 22 di questomese i negoziati strategici fra StatiUniti e Russia sul controllo degliarmamenti. Il vice ministro degliEsteri russo, Sergei Ryabkov, haconfermato che il 22 a Vienna si in-contreranno le «delegazioni interdi-partimentali di ambo le parti», sot-tolineando che la Cina non parteci-perà al vertice. «Siamo al correntedella posizione della Cina e la ri-spettiamo. Questo è il motivo percui diamo per scontato che l’incon-tro di Vienna si terrà in formato bi-laterale, con Russia e Stati Uniti,con la partecipazione di delegazio-ni in cui saranno rappresentate tut-te le agenzie specializzate», ha di-chiarato Ryabkov.

«Penso che questa sia una buonanotizia» in un «contesto moltooscuro», ha detto il diplomaticorusso durante una conferenza vir-tuale, aggiungendo che «la palla èin campo Usa e dobbiamo sentireforte e chiaro ciò che quel governovuole, se ritiene possibile fare qual-cosa di positivo e non solo sman-tellare i trattati o gli accordi sulcontrollo degli armamenti uno do-po l’altro». Il presidente DonaldTrump ha infatti ritirato gli StatiUniti da tre accordi internazionaliin materia: quello sul nucleare conl’Iran, il trattato INF e il trattatoOpen Skies. Negli ultimi due casi,l’inquilino della Casa Bianca ha ac-cusato Mosca di violazioni deglia c c o rd i .

In precedenza l’inviato di Do-nald Trump per i negoziati sugliarmamenti, Marshall Billingslea,aveva reso noto su twitter il rag-giungimento di un accordo conRyabkov per l’avvio dei negoziati.Consultazioni «a cui è stata invita-

ta anche la Cina» si legge nel tweetdi Billingslea. Il dibattito sembre-rebbe destinato a rimanere vivacenella dozzina di giorni che riman-gono prima dello svolgimento, so-prattutto per quanto riguarda ilruolo che Pechino vorrà avere.

MOSCA, 10. Ha raggiunto anche illago Pyasino il gasolio fuoriuscito— a causa di un incidente — da unserbatoio in una centrale termoelet-trica vicino Norilsk, contaminandoil fiume Ambarnaya, nell’Artide rus-so. Lo ha denunciato ieri il gover-natore della regione russa di Kra-snoyarsk, Aleksandr Uss.

«Il carburante — ha detto Uss,citato dall’agenzia di stampa Inter-fax — ha raggiunto anche il lagoPyasino. Ora è importante evitareche si riversi nel fiume Pyasina»,che sfocia nel Mare di Kara.

Secondo il vice ministro russodelle Emergenze e capo del Centroper la bonifica della zona,Aleksandr Chupriyan, adesso i li-velli di concentrazione di prodottipetroliferi nel lago sarebbero nellanorma. «Se prima la concentrazio-ne massima nell’area superava i li-velli normali di quattro volte, ades-so i livelli di concentrazione sononella misura di concentrazione mas-sima permessa», ha spiegatoChupriyan alla Interfax.

Il grave incidente ha avuto luogoil 29 maggio, quando il crollo di un

serbatoio di carburante in una cen-trale termoelettrica della NorilskNickel, poco distante dalla remotacittà artica di Norilsk, in Siberiasettentrionale, ha riversato nel fiu-me Ambarnaya oltre 21.000 tonnel-late di diesel, provocando quelloche secondo gli esperti ambientalisti è il più grave incidente di questotipo nell’Artico.

Nello specifico, 15.000 tonnellatedi diesel si sono riversatenell’Ambarnaja e le restanti 6.000 sisono infiltrate nel terreno.

HOUSTON, 10. L’ultimo saluto aGeorge Floyd, l’afroamericano ucci-so il 25 maggio da un agente biancodella polizia a Minneapolis, in Min-nesota, è andato in scena ieri nellasua Houston, in Texas. Poi la sepol-tura nella vicina città di Pearlandaccanto alla madre Lacenia, mortanel 2018 e da Floyd più volte invo-cata poco prima che le forze lo ab-bandonassero definitivamente, in

quegli 8 minuti abbondanti in cui èstato steso sulla strada con un gi-nocchio sul collo che gli ha tolto ilre s p i ro .

L’intero paese ha seguito la ceri-monia funebre in diretta tv e sui so-cial network. Al rito, tenutosi in for-ma privata, hanno partecipato esclu-sivamente su invito alcune centinaiadi persone, tra cui celebrità, politicie familiari di neri morti in passato a

seguito di interventi della polizia indiverse città statunitensi.

La vicenda di Floyd è stata lagoccia che ha fatto traboccare il va-so. In questo caso sull’annoso pro-blema della violenza razziale negliStati Uniti. Non solo Minneapolis— data letteralmente alle fiamme econsiderata da sempre un contestoprofondamente segnato da tensioni,precarietà, rabbia e dolore — ma

svariate città Usa, tra cui Los Ange-les, Dallas, Detroit, New York, Wa-shington e Filadelfia sono statecoinvolte nelle proteste di migliaiadi persone che hanno deciso di gri-dare tutto il proprio dissenso conquanto avvenuto il 25 maggio inMinnesota.

In poche ore Floyd è divenuto unsimbolo, ormai non più solo negliStates, della lotta al razzismo. Labrutalità delle immagini circolate,una bambina di sei anni rimasta or-fana del suo “gigante buono” comelo chiamavano gli amici, insiemeall’attuale situazione di difficoltàoggettiva legata alla pandemia incorso che ha accentuato le disugua-glianze sociali indistintamente inogni parte del mondo, sono tra ifattori che hanno scatenato l’ondatadi forti proteste. Negli Usa il virusha colpito in modo sproporzionatoe più forte gli afroamericani, con untasso di mortalità di questi ultimitre volte superiore a quello dei bian-chi. In tutto il mondo migliaia dipersone hanno dato vita a una mar-cia collettiva, alimentata dalla setedi giustizia, per chiedere il pieno ri-conoscimento dei diritti civili deglia f ro a m e r i c a n i .

Il sindaco di Houston, SylvesterTurner, ha annunciato che nella cit-tà il 9 giugno sarà la “Giornata perGeorge Perry Floyd”. «Lo onoriamonon perché fosse perfetto, lo onoria-mo oggi perché con quel suo ultimorespiro ha permesso di respirare atutti noi», ha detto Turner durantele esequie, stando a quanto riferitodalla Cnn. Intanto il Senato Usa hanominato ieri all’unanimità il gene-rale Charles Brown Jr nuovo capodi stato maggiore dell’Air ForceUsa, facendone il primo ufficialeafroamericano a guidare una brancadelle forze armate americane.

Migliaia in fugadalle violenze

nell’IturiGINEVRA, 10. L’acuirsi delle vio-lenze nella provincia di Ituri, nellaRepubblica Democratica del Con-go, ha costretto negli ultimi duemesi circa 200.000 persone ad ab-bandonare le proprie case.

Attualmente il Paese è secondoal mondo, dopo la Siria, per nu-mero di sfollati interni. Lo denun-cia Medici senza frontiere (Msf),chiedendo alle organizzazioni na-zionali e internazionali di intensi-ficare la loro assistenza alle perso-ne sfollate che stanno vivendo incondizioni insalubri e di sovraffol-lamento.

La minaccia del covid-19 stainoltre aggravando le condizionigià fortemente precarie di milionidi persone costrette alla fuga. Nelcontesto della pandemia, la diffu-sione del coronavirus nella provin-cia di Ituri — sottolinea Msf — p o-trebbe portare a una catastrofeumanitaria.

Indignazionein Sud Africaper l’uccisione

di una donna incinta

CITTÀ DEL CA P O, 10. In Sud Afri-ca l’uccisione di una donna di 28anni, incinta di otto mesi, sta su-scitando forte indignazione. Tshe-gofatso Pule, scomparsa la scorsasettimana, è stata accoltellata epoi impiccata a un albero vicino aJohannesburg. Lo rende noto lapolizia. Intanto l’hashtag #Justi-ceForTshego è diventato virale inun Paese, dove ogni tre ore vieneuccisa una donna

ROMA, 10. I principi e i valori delladignità umana, della solidarietà,dell'opzione preferenziale per i po-veri, della destinazione universaledei beni, della promozione dellosviluppo umano integrale, nonchédella ricerca del bene comune sonoelementi necessari per l’orientamen-to nell’azione politica. Questo ilpunto nodale della dichiarazionecongiunta del cardinale Jean-Clau-de Hollerich, presidente della Com-missione delle conferenze episcopalidella Comunità europea (Comece)e del cardinale Philippe Nakellen-tuba Ouédraogo, presidente delSimposio delle conferenze episco-pali di Africa e Madagascar (Se-cam), in vista del sesto summitUnione europea-Africa.

La dichiarazione introduce undocumento contenente una serie diriflessioni e raccomandazioni in vi-sta del summit. «La Chiesa cattoli-ca in entrambi i continenti condivi-de la preoccupazione per moltepersone, famiglie e comunità, inparticolare quelle in situazioni divulnerabilità e debolezza, colpite daestrema povertà e fame, dalla man-canza di un equo accesso ai servizisociali di base, da corruzione, vio-lenza, attacchi terroristici e persecu-zioni contro comunità religiose vul-nerabili, nonché dallo sfruttamentodelle risorse naturali e degrado am-bientale» si legge nella dichiarazio-ne. «Tuttavia, i semi della speranzaseminati da san Giovanni Paolo IInella sua Esortazione ApostolicaEcclesia in Africa 25 anni fa, ci riem-piono ancora di incoraggiamento ezelo per contribuire ad affrontarequeste sfide».

Sfide che oggi, nel pieno dellapandemia di covid-19 sono ancorpiù complesse e chiedono maggiorimpegno. «In un momento in cui inostri due continenti e il mondo in-tero sono stati colpiti dalla pande-mia di covid-19 e dalle sue conse-guenze devastanti, siamo ferma-mente convinti che l'Africa e l'Euro-pa potrebbero diventare i motoriper un rilancio della cooperazionemultilaterale rafforzando i loro le-gami di lunga data contrassegnatidalle nostre radici comuni e dallavicinanza geografica» affermano ivescovi.

Per questo motivo, prosegue ladichiarazione, «il prossimo verticetra Unione africana e Unione euro-pea rappresenta un’opp ortunitàunica per modellare le relazioni po-litiche ed economiche interconti-nentali verso un partenariato equoe responsabile che metta le personeal centro. Nel perseguimento delbene comune in entrambi i nostricontinenti, incoraggiamo i leaderafricani ed europei a lavorare in di-rezione di una partnership per losviluppo umano integrale, l’ecolo-

gia integrale, la sicurezza umana ela pace e per i migranti».

Le raccomandazioni unite alla di-chiarazione sono basate su un con-cetto chiave: lo sviluppo umano in-tegrale. «Questo, prima di tutto,implica la creazione delle condizio-ni necessarie per una vita dignitosa,giusta e pacifica» si legge nel primopunto delle raccomandazioni. «No-nostante significativi miglioramentinegli ultimi anni, circa 390 milionidi persone continuano a vivere al disotto della soglia di povertà in Afri-ca e oltre 110 milioni di personenell’Ue vivono in famiglie a rischiodi povertà o esclusione sociale. Inlinea con gli obiettivi di svilupposostenibile delle Nazioni Unite, rac-comandiamo pertanto ai leader po-litici africani ed europei di darepriorità alle azioni comuni che con-sentono a tutte le persone di acce-dere senza ostacoli a servizi socialidi base, assistenza sanitaria adegua-ta, istruzione, alimentazione, acquapulita e servizi igienico-sanitari e al-loggi dignitosi». La famiglia — inlinea con l’insegnamento di PapaFrancesco — deve essere al centro diquesto sforzo essendo il cuore delsistema sociale.

Il secondo punto centrale delleraccomandazioni riguarda la prote-zione del Creato. «I sistemi econo-mici di molti paesi africani sono an-cora influenzati dalle pratiche pre-datorie di attori politici ed econo-mici stranieri, che prendono il con-trollo e beneficiano della ricchezzanaturale dell'Africa, ma non dannopotere alle economie e alle comuni-tà locali» sottolineano i vescovi.«L’accaparramento della terra e losfruttamento delle risorse naturalinon solo escludono le comunità lo-cali da un’equa quota degli utili,ma spesso portano anche a graviviolazioni dei diritti umani e lascia-no danni ambientali irreparabili».Occorre per questo unire pratichepolitiche virtuose finalizzate alla va-lorizzazione delle economie locali amaggiori investimenti nella prote-zione della natura.

Sulla base di questi due aspetticruciali — lo sviluppo integrale e laprotezione del Creato — i vescovichiedono anche un impegno con-creto sul fronte della sicurezza edella lotta al terrorismo attraversola creazione di «un solido quadrodi riferimento di diplomazia e me-diazione preventive». E questo so-prattutto per assicurare la libertà ditutti, in particolare quella religiosa.I vescovi chiedono inoltre azioni disupporto per i migranti, che sonole persone più esposte al rischio dicontagio in questo momento. Impe-gno concreto viene infine espressoper la cooperazione con altre comu-nità religiose.

La Cei: non serveuna nuova legge

sull’omofobiaROMA, 10. «Non serve una nuovalegge». È quanto afferma oggi laConferenza episcopale italiana(Cei) in riferimento al disegno dilegge contro l’omofobia all’atten-zione del Parlamento. La Cei sot-tolinea che «le discriminazioni,comprese quelle basate sull’orien-tamento sessuale, costituisconouna violazione della dignità uma-na, che, in quanto tale, deve esse-re sempre rispettata nelle parole,nelle azioni e nelle legislazioni».Nell’ordinamento italiano — si leg-ge in una nota — «esistono giàadeguati presidi con cui preveniree reprimere ogni comportamentoviolento o persecutorio». Anchenel caso dei «reati di omotransfo-bia», «non solo non si riscontraalcun vuoto normativo, ma nem-meno lacune che giustifichinol’urgenza di nuove disposizioni».Con il disegno di legge, si rischia-no quindi di «aprire a derive li-b erticide».

Page 3: Proteggere i bambini futuro dell’umanità e il silenzio · fabbriche di bracciali di vetro in India. Tra le peggiori forme di sfruttamento minorile rientra poi il lavoro di strada,

L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 11 giugno 2020 pagina 3

Il governo brasiliano riprende la pubblicazione di tutti i dati relativi al v i ru s

Il covid-19 non rallentain America Latina

Guterres denuncia il rischio fame per centinaia di milioni di bambini e adulti

Pandemia e crisi alimentare

L’imp egnodi IntesaSanpaolo

ROMA, 10. Sedici ospedali soste-nuti, oltre trenta reparti e labo-ratori diagnostici creati ex novo,500 posti letto, più di 21 milionidi mascherine e dispositivi per lasicurezza di medici e operatorisanitari. Sono questi solo alcunidei risultati raggiunti grazie alladonazione di 100 milioni di euroda parte di Banca Intesa San-paolo per affrontare l’e m e rg e n z asanitaria. «Orgoglio e soddisfa-zione» sono state espressa daCarlo Messina, Ceo e consiglieredelegato di Intesa Sanpaolo.

BRASÍLIA, 10. Il ministero della Sa-lute brasiliano è tornato ieri a pub-blicare i dati giornalieri sul corona-virus nel Paese al consueto orariodelle 19:00. Lo ha fatto dopo cheuna sentenza della Corte SupremaFederale gli intimava di riprenderela diffusione quotidiana delle stati-stiche relative al virus. Come è no-to, venerdì scorso il governo delpresidente Jair Bolsonaro avevadeciso di cambiare il criterio diconteggio dei casi di covid-19 nelPaese, fornendo le cifre solo delleultime 24 ore. L’esecutivo di Brasí-lia, ieri, ha deciso di ripristinare an-che un sito internet che da tempofornisce tutti i dati sul numero deicasi e dei decessi da coronavirus nelPa e s e .

Il ministero della salute, ora gui-dato dal generale Eduardo Pazuello,si è così impegnato a divulgare il100 per cento della documentazionerelativa alla diffusione del coronavi-rus nel Paese e ha reso noto che nel-le ultime 24 ore sono stati registrate1.272 morti per cause riconducibilial covid-19, portando il dato com-plessivo dei decessi a 38.406 unità.

Il tasso di mortalità del nuovocoronavirus nel paese è del 5,2 percento e al momento oltre trecento-mila brasiliani sono guariti. Perquanto riguarda i nuovi contagigiornalieri il dato è andato ancoraabbondantemente sopra quota tren-tamila, esattamente 32.091, per untotale di 739.503 casi accertati. LoStato di San Paolo si conferma epi-centro dell’epidemia con un quartodelle vittime totali e 150.138 contagicomplessivi; ieri ha segnato il re-cord personale di decessi giornalie-ri, 334 in tutto, portando il numerodelle vittime a 9.522, il più alto tragli stati brasiliani. I nuovi contagisono stati 5.545, per un totale di150.138 positivi, secondo quanto ri-velato dalla segreteria alla salutepaulista.

Pazuello ha affermato che la nuo-va piattaforma creata per presentarele informazioni sulla pandemia «èlo strumento migliore che avremmopotuto sviluppare, e penso che imedia capiranno che è così». Difronte ai dubbi sui numeri ufficiali, iprincipali quotidiani e portali brasi-liani hanno deciso di divulgare unproprio bilancio quotidiano paralle-lo, basandosi sui dati che ricevonodai vari governi statali.

Intanto ieri il ministro degli Este-ri brasiliano, Ernesto Araujo, haproposto che l’O rganizzazionemondiale della sanità (Oms) sia sot-toposta a indagini. «Il Brasile staproponendo insieme ad altri Paesiun’indagine, un processo di riformadell’Oms, lo stiamo coordinando

con l’Australia, l’Unione europea ealtri Paesi», ha affermato il membrodel governo di Jair Bolsonaro du-rante una riunione del Consiglio deiministri. Il governo sta seguendo ilruolo dell’Oms «con grande preoc-cupazione», ha aggiunto Araujo, ac-cusando l’Agenzia delle NazioniUnite di «mancanza di indipenden-za e di trasparenza».

Il Brasile, dunque, si confermaincontrastato focolaio della pande-mia in America Latina. Nella regio-ne, con circa 50.000 nuovi casi ognigiorno, il numero dei contagi si staavvicinando al milione e mezzo. Almomento siamo a 1.403.259. Il datorelativo alle morti nell’area latinoa-mericana potrebbe superare nelleprossime ore il tetto delle 70.000unità.

Altro Paese che fa segnare datipreoccupanti, soprattutto sul frontecontagi, è il Perú che ha superato lasoglia dei duecentomila positivi, conoltre 4.000 nuovi casi nelle ultime24 ore. Seppur con differenze so-stanziali nelle cifre tra nazione e na-zione, quasi tutti i Paesi dell’Ameri-ca Latina stanno facendo i conti conun incremento inesorabile e rapido,giorno dopo giorno, dei dati relativialla presenza del virus. Si registranoovunque nuovi record giornalieri didecessi e di nuovi contagi.

Su questo fronte è intervenuto ie-ri in conferenza stampa il ministro

della Salute messicano, Hugo Lo-pez-Gatell, avvertendo che «ancoranon abbiamo raggiunto il puntomassimo. Ancora per molte settima-ne annunceremo che oggi ci sonostati più casi di ieri». Questo sem-brerebbe poter essere lo scenario,purtroppo per molti Stati latinoa-mericani. In Messico nell’ultimo bi-lancio giornaliero il ministero ha re-gistrato 2.999 nuovi positivi al co-vid-19 e 354 nuovi decessi. Il datocomplessivo degli infetti è di oltre120.000 unità mentre quello relativoalle vittime ha superato quota14.000. Ieri la Colombia ha fatto se-gnare il numero più alto di vittimefinora registrato in 24 ore, 64, trentadei quali nel dipartimento Atlántico.Il Paese ha inoltre superato il tettodei 40.000 contagi.

Intanto ieri Carissa Etienne, di-rettore della Pan American HealthOrganization (Paho) ha riferito del-la comparsa di focolai di covid-19 inregioni dell’America Latina dove fi-no ad ora il virus aveva avuto scarsaincidenza. «Sfortunatamente, moltearee riportano aumenti esponenzialidi casi e decessi, ci preoccupiamodei dati che mostrano l’aumento delvirus in nuovi luoghi che in prece-denza hanno visto un numero limi-tato di casi», ha dichiarato Etiennein conferenza stampa.

Si allarga il fronte dei Paesi contrari

Disputa sempre più asprasul Recovery fund

Primo casoin un campo

p ro f u g h iin Etiopia

ADDIS ABEBA, 10. Primo caso di co-ronavirus in un campo profughi inEtiopia mentre cresce la paura di unrapido dilagare del contagio tra i ri-fugiati classificati ad “alto rischio”.Lo ha reso noto Samuel Aregay, unfunzionario delle autorità sanitariedell’area, precisando che si tratta diuna ragazza eritrea di 16 anni delcampo Adi-Harush, nel nord. Lagiovane è risultata positiva dopo es-sersi recata in un monastero orto-dosso. Altre due persone hanno poicontratto il virus. «Il rischio è moltoalto per gli altri rifugiati del campoche vivono molto vicini, con cinqueo sei persone in piccoli ambienti»,ha messo in guardia il funzionario.

Intanto, il Marocco potrebbeestendere lo stato di emergenza sa-nitaria fino all’8 agosto. Ieri si è te-nuta la seduta del consiglio dei mi-nistri con all’ordine del giorno an-che questa proposta arrivata in aulacome progetto di decreto. Il ritornoalla normalità, secondo le anticipa-zioni del quotidiano «L’Economi-ste», dovrebbe essere progressivo.La data dell’8 agosto non è mai sta-ta presa in considerazione; le indi-screzioni fin qui erano — dicono imedia — relative a un paio di setti-mane di prolungamento oltre il 10giugno, data fissata in un primomomento per la riapertura.

Aumentano i contagiin Pakistan

I medici chiedono maggior partecipazione alle strategie governative

L’Australia si prepara alla seconda ondata

CANBERRA, 10. L’Australia cerca unastrategia unitaria nella risposta allaseconda ondata di contagi di covid-19. L’organizzazione dei medici dimedicina generale in Australia chie-de un posto permanente al tavolodegli esperti che guidano la rispostanazionale all’emergenza, in prepara-zione a «una potenziale seconda on-data». L’Australian College of Ge-neral Practitioners, in una relazioneall’inchiesta del Senato sulla rispo-sta del governo alla crisi del covid-19, avverte che il Paese deve impara-re dagli errori iniziali nella rispostaalla malattia.

La relazione elenca una serie dilacune nelle difese dalla pandemia,fra cui una fornitura inaffidabile deidispostivi di protezione individuale,messaggi confusi e contradditorisulla salute pubblica e la pericolosaproliferazione di false cure e di teo-rie cospiratorie. Il presidente dell’or-

ganizzazione, Harry Nespolon, sot-tolinea che la forte risposta del go-verno ha risparmiato all’Australia ilpeggio della pandemia, ma avverteche «non siamo ancora fuori perico-lo» e che «la nazione deve essere

pronta per la prossima pandemia».Nespolon chiede accesso alle mo-dellazioni governative della pande-mia e ai dati della sorveglianza loca-le per garantire maggior capacità diintervento dei medici.

Il ministro delle Finanze austriaco Bluemel (Afp)

Il premier australiano Morrison (Ansa)

ISLAMABAD, 10. Sono più di centole persone che ieri, in un solo gior-no, hanno perso la vita in Pakistanper complicanze legate al covid-19.Il numero di vittime non era maistato così alto da quando, a metàmarzo, le autorità sanitarie hannoiniziato a conteggiare i casi di co-ronavirus e a imporre restrizioniper limitarne l’aumento. In totale,è quindi salito a 2.172 il numerodelle vittime, come riferiscono leautorità sanitarie di Islamabad.

E' invece salito a 108.316 il nu-mero delle persone contagiate dalcoronavirus, 4.646 in più rispetto adue giorni fa come riporta il sitodel quotidiano Dawn. E questomentre il primo ministro pakistanoImran Khan ritiene che il Paesenon raggiungerà il picco prima diagosto. Cifre, queste che segnanouna notevole accelerazione: soloda inizio giugno, infatti, si sono

registrati 41.243 nuovi casi ufficiali,il 36,3 per cento del totale da feb-braio, e 712 morti, il 31,6 per centodel totale. Il Pakistan, 216 milionidi abitanti, è fra i dieci Paesi piùinfettati dal covid-19, secondo leclassifiche dell’O ms.

Intanto, l’azienda giapponeseFujifilm Holdings ha annunciatoche continuerà a condurre speri-mentazioni cliniche per la cura delnuovo coronavirus sul farmaco an-tinfluenzale Avigan oltre il termineprevisto di giugno. Lo ha anticipa-to una fonte della casa farmaceuti-ca all’agenzia Kyodo, spiegandoche la mancanza fino ad oggi didati sufficienti — anche a causa delcalo delle infezioni dell’agente pa-togeno — costringe a un prolunga-mento dei test iniziati lo scorsomarzo. Attualmente l’azienda dicedi non sapere quando il farmacopotrà terminare i test.

NEW YORK, 10. Il segretario genera-le delle Nazioni Unite, AntónioGuterres, ha messo in guardia dalrischio di una «crisi alimentaremondiale» con ripercussioni a lungotermine per «centinaia di milioni dibambini e adulti», se non si agirà infretta per alleviare le conseguenzedella pandemia di covid-10.

«I nostri sistemi alimentari nonfunzionano più e la pandemia sta

aggravando la situazione», ha dettoGuterres in una nota dal Palazzo diVetro di New York, che accompa-gna uno studio delle Nazioni Unite.

Secondo il documento, ha evi-denziato il segretario generaledell’Onu, «nel mondo oltre 820 mi-lioni di persone soffrono la fame, dicui 144 milioni sono bambini sotto i5 anni». «Quest’anno — ha aggiuntoGuterres — le persone in estrema

povertà potrebbero essere circa 49milioni in più». Il segretario genera-le ha quindi avvertito che «se nonverranno prese misure immediate,un’emergenza alimentare globaleimminente potrebbe avere un im-patto a lungo termine su centinaiadi milioni di persone».

Guterres ha avvertito che «il calodi ogni punto percentuale del pro-dotto interno lordo globale compor-ta altri 0,7 milioni di bambini affa-mati». E anche nei Paesi dove il ci-bo è abbondante, c'è il rischio di in-terruzioni nella catena di approvvi-gionamento alimentare.

«Dobbiamo mobilitarci per salva-re vite focalizzando l’attenzione do-ve il rischio è più acuto», ha spiega-to da New York, sottolineando chequesto significa ad esempio posizio-nare il cibo nei Paesi in crisi alimen-tare per rafforzare e potenziare i si-stemi di protezione sociale.

Inoltre, ha precisato Guterres, «iPaesi devono salvaguardare l’accessoad alimenti sicuri e nutrienti, in par-ticolare per bambini, donne in gra-vidanza e allattamento, anziani e al-tre categorie a rischio». SecondoGuterres è necessario investire nelfuturo: «Abbiamo l’opportunità dicostruire un mondo più inclusivo esostenibile, costruiamo sistemi ali-mentari che rispondano meglio alleesigenze di produttori e lavoratori, eriequilibriamo il rapporto tra i siste-mi alimentari e ambiente, trasfor-mandoli per lavorare meglio per ilclima», ha precisato.

E a causa della pandemia, per laprima volta nella storia dell’Onu ileader mondiali non saranno a set-tembre al Palazzo di Vetro di NewYork per il summit annuale che riu-nisce i capi di Stato e di Governodei 193 Paesi membri. Lo ha annun-ciato il presidente dell’Assembleagenerale, Tijjani Muhammad-Ban-de. «Non possono venire — ha spie-gato — perché i leader non viaggia-no da soli, ed è impossibile» averegrandi delegazioni in città. «Mal’Assemblea generale ci sarà», haaggiunto Muhammad-Bande.

Il mese scorso, Guterres ha sug-gerito che i leader mondiali faccianopervenire messaggi preregistrati, conun solo diplomatico di base al Pa-lazzo di Vetro di New York.

BRUXELLES, 10. Sempre più tesa ladisputa europea sul Recovery fund,il piano della Commissione Ue peraiutare i Paesi più colpiti dalla crisieconomica. Il fronte dei contrari —dall’Austria alla Svezia, passandoper Paesi Bassi, Ungheria, Repub-blica Ceca, Danimarca e Finlandia— è sempre più ampio. Non prote-stano solo i Paesi storicamente con-trari alla mutualizzazione delle ri-sorse e dei debiti, ma anche quelliche vorrebbero più aiuti per sé stes-si e mettono in discussione il crite-rio di distribuzione escogitato daBruxelles che assegna la maggiorparte dei fondi a Italia, Spagna,Polonia e Grecia.

Tocca ora ai ministri dell’Econo-mia dei 27, riuniti nel primo Ecofinsul Recovery fund, piantare i palet-ti che i leader proveranno a rimuo-vere nel vertice in videoconferenzafissato per il 19 giugno. Anche sel’appuntamento, già si sa, sarà soloil passaggio intermedio verso unaccordo che tutti si aspettano versola metà di luglio, sotto la spintadella presidenza tedesca di turnodella Ue.

Amsterdam ha confermato le cri-ticità in un documento in cui chie-de una forte condizionalità. In pra-tica, vuole che il Recovery fund siautilizzato per attuare le riformestrutturali, in particolare quelle«per rafforzare i fondamentali eco-

nomici, per esempio riducendo ildebito, riformando le pensioni emigliorando la capacità amministra-tiva». Il ministro austriaco delle Fi-nanze, Gernot Bluemel, ha rincara-to la dose, definendo le sovvenzio-ni «una valutazione sicuramentesbagliata» da parte di Bruxelles. Ilpacchetto così come è «non è ac-cettabile».

Page 4: Proteggere i bambini futuro dell’umanità e il silenzio · fabbriche di bracciali di vetro in India. Tra le peggiori forme di sfruttamento minorile rientra poi il lavoro di strada,

pagina 4 giovedì 11 giugno 2020 L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 11 giugno 2020 pagina 5

Poesia del creatoL’umanesimo cristiano di Michael Paul Gallagher

Accanto a chi non credeUna teologia inclusiva

In ascolto della coscienzaA scuola di pensiero da John Henry Newman

Contro la tentazione della superficialità

L’anestesiadella fretta

Cinque anni fa moriva padre Michael Paul Gallagher, professore di teologia fondamentale alla GregorianaPadre Gallagher

in un ritratto di Alfonse Borysewicz

Dialoghi impossibili sulla fede

Il potere dell’immaginazionedi ELMAR SALMANN

«T eologia poetica»,che titolo promet-tente e insiemeun modo di leg-gere il mondo e

la Bibbia — così l’ha concepita Fran-cesco Petrarca sulla scia di tradizionitardoantiche. Secondo il pensatore,umanista e poeta trecentesco, Diostesso risulta poeta, creatore, artista,dato che crea tutto mediante la forzae la concisione comunicativa dellaparola, del Verbo. E si presenta co-me nome e presenza in un linguag-gio variopinto, in nomi inafferrabilie in metafore e simboli quanto maiespressivi e suggestivi. Si crea cosìun ponte tra sfera divina e quellaumana, una dinamica del meta-pho-re i n , del transfert tra la rivelazione diDio e la fantasia concreativa dell’uo-mo, che osa chiamare Dio leone,sposo, giardiniere, legislatore, re eusare ancor mille altre forme. E an-che il Cristo risulta Figlio e Verbo,pastore e agnello, maestro e giudice,porta e via, servo e Signore, corpotrasfigurato e sofferente, morto e ri-sorgente, ecclesiale ed eucaristico —accompagnando così la strada dellaricerca di Dio da parte degli uomini.

Più Dio si esprime congenialmen-te nella storia della lingua umana esi incarna nella stoffa delle vicendedel mondo, più si desta la forzadell’immaginazione degli uomini,dello loro impressionabilità edespressività, della ricchezza del loropoetare, raccontare e sorge la se-quenza impressionante di miti, riti,gesti, poesie e profezie, di tante for-me di ethos, mistica, cultura, di mu-sica, pittura, architettura. Come sel’uomo fosse dotato di un senso sim-bolico, del poter vedere, concepireed esprimere un di più oltre glischematismi della vita e della com-prensione ordinaria, una fantasia delpossibile, che permette un altro ac-cesso alla realtà e ci fa intuire il va-lore pregnante di un aldilà che ci sa-rebbe già da sempre vicino. GiàKant, nella sua terza Critica, menorestrittiva delle altre, si era mosso inquesta direzione, ma sono soprattut-to i poeti e narratori che attuanoquesta capacità dell’uomo, che dan-no rilievo a questo campo metafori-co che traduce permanentemente trarealtà e linguaggio, tra sfera divina ecultura umana.

Era questo il locus theologicus abi-tato da padre Gallagher, la musicache ha voluto orchestrare e far senti-re. In questa impresa aveva J. H.

Newman come grande alleato e fon-te di ispirazione, la sua retorica, lasua mediazione tra la ricchezzadell’immaginazione e una ragioneche saprebbe leggere le tracce dellapresenza divina in mezzo alla realtàe far convergere le diverse intuizionidi Dio da parte dell’uomo in unaconvinzione vissuta. Umanesimo cri-stiano e il progetto dell’inveramentodegli assunti della fede si sposano inquesto cammino.

Questo gesto teologico trovava lasua corrispondenza nel modo dellapresenza umana, dell’amabilitàdell’uomo e del gesuita, nella gioiadi poter condividere la sue letture,di parlare dei suoi autori teologici edei poeti prediletti; uno degli autoriprivilegiati era Wallace Stevens(1879-1955) agnostico, sì, ma dotatodi una forza quasi metafisica nel co-gliere il gioco metaforico che sotten-de il tessuto del linguaggio e dellaragione umana. E mi ricordo di unbel colloquio che verteva sulle poe-sie asciutte e (anche teologicamente)ardite di Giorgio Caproni che giranoattorno alla impertinenza di un Dioassente che pure ci perseguita — eche gli uomini non possono non

braccare per liberarsene; il drammametafisico di una mistica rovesciatache fa vedere proprio “il rovescio delvangelo” con un linguaggio conciso,pregnante e ferito, allusivo, aperto.

In tutto ciò si annuncia un umane-simo cristiano che non ha nulla diblando, sterile, riduttivo, ma è pre-gno di vita, di gioia di comunicazio-ne e di socievolezza che lo ha fattoreggere anche alle molte esperienzedi sofferenza e di malattia che poihanno segnato i suoi tardi anni roma-ni. E forse immaginava anche il cielocosì, come un luogo di libera comu-nicazione, di scioltezza poetica, diespressività e sensibilità feconda. Ungiorno Karl Barth, domandandosi suchi avrebbe voluto incontrare in Cie-lo, ha pensato a Schleiermacher, persottoporre questo suo grande antago-nista a un esame di ortodossia teolo-gica. In un’occasione felice, il padreGallagher ha detto che lui inveceavrebbe scelto due donne, dotate disenso drammatico e poetico, di misti-ca e vitalità in mezzo alle sofferenze:Flannery O’Connor e Teresa d’Avila.Ecco, un cielo aperto dalla e alla so-cievolezza divina, vivibile, per nullanoioso, ma pieno di poesia.

di FRANCESCO COSENTINO

Q uando nell’apriledel 2014 PapaFrancesco ha fattovisita all’Universi-tà Gregoriana, nel

suo breve discorso ha afferma-to che «il buon teologo e filo-sofo ha un pensiero aperto,cioè incompleto, sempre apertoal maius di Dio e della verità,sempre in sviluppo». L’imma-gine di un orizzonte teologicoche non si appoggia ideologi-camente sulla Rivelazione diDio per presumere di avereuna risposta chiara su tutto, eche non considera come defini-tiva una qualsiasi acquisizionesu Dio semplicemente “chiu-dendo il discorso”, è ciò cheha caratterizzato il percorsoumano, spirituale e teologicodi quell’anima elegante e misti-ca che fu Michael Paul Galla-g h e r.

Siamo qui davanti a un pen-satore nobile, dallo sguardogentile; un teologo, ma primaancora un grande conoscitoreed esperto di letteratura e poe-sia che aveva insegnato lettera-tura alla National Universitydell’Irlanda, prima di approda-re in un’accademia teologica.Forse proprio la fusione diquesti due mondi, che avevanotrovato una sintesi nella suasquisita umanità, fece di luiprima ancora che un professoreanzitutto un maestro spirituale,capace di aprire sconfinatimondi inesplorati sull’esp erien-za umana e su quella religiosa.

Dalla ricchezza della lettera-tura, il gesuita irlandese avevaimparato che le grandi certezzedella fede e delle sue definizio-ni erano ormai entrate in crisinon per una difficoltà di tipointellettuale, quanto a causa diuna nuova cultura che adessosi poggiava su una serie di pre-supposti, di simboli e di lin-guaggi diversi. A essere in cri-si, cioè, non sono le idee suDio ma il fatto che i linguaggiusati per narrarlo non risve-gliano più le speranze profon-de che abitano l’uomo e le suedomande fondamentali. Daquesta scoperta, iniziò la suaavventura teologica: dare spa-zio all’immaginazione religiosaper affrontare in modo nuovo iproblemi della fede.

L’approccio teologico aitratti della cultura secolare epostmoderna, tra cui l’indiffe-renza religiosa, riceve alloraun’interpretazione nuova: «Permolti anni — scriveva — hoavuto la sensazione che il prin-cipale ostacolo al Credo delcristianesimo fosse il nostro sti-le di vita e non le nostre idee.Il modo in cui viviamo puòmantenerci alla deriva, alla su-perficie di noi stessi e incapacidi raggiungere livelli più pro-fondi di ricerca... Quandol’immagine che abbiamo di noistessi rimane povera, allora di-ventiamo incapaci di immagi-nare Dio» (La poesia umanadella fede, 9).

Al di là di una lettura mera-mente sociologica, che corresempre il rischio di fermarsi aciò che appare, la teologia habisogno di uno sguardo piùlungo, di un orizzonte più va-sto capace di cogliere ciò chesi cela e si nasconde al di làdelle formulazioni esplicite edi abitare quelli che si possonodefinire “luoghi antecedenti”alla possibilità del credere o —per dirla con Charles Taylor —le condizioni di possibilità del-la fede. La lezione teologica diGallagher si muove su questocrinale: esiste un’esplicita cul-tura secolare che, nel mondooccidentale, ha scalzato Diodal centro della vita delle per-sone e ha reso irrilevanti, irrea-li e incomprensibili i linguaggidella fede e della Chiesa; maper il discorso teologico, èmolto più importante ciò che

scorre sotto questo palcosceni-co visibile, cioè quella secola-rizzazione che ha toccato l’in-teriorità dell’uomo e i suoisimboli, quella coscienza ane-stetizzata dal consumismo, dal-la fretta e dalla superficialitàodierne, che in qualche modohanno imprigionato e rimpic-ciolito l’io e le immagini cheabbiamo di noi stessi, dellarealtà e di Dio stesso.

Insomma, prima di interve-nire dall’alto con definizionidogmatiche o catechetiche, conuna ritualità oggi incomprensi-bile per i più, con un ottimisti-co investimento capitale sul-l’aspetto sacramentale, occorresituarsi al livello delle disposi-zioni interiori delle persone,dei loro desideri profondi, del-la loro sete e delle loro doman-de talvolta rimaste inespresse;a essere cambiata non è la fe-de, ma il contesto soprattuttopersonale e interiore in cui es-sa può nascere e prendere cor-po: «Le persone prima devonoriscoprire la loro anima, riap-propriarsi di quei desideri cheil modo di vivere prevalentetende a spegnere. Solo allorapotranno risvegliarsi alla sor-presa del Vangelo» (Ma p p edella fede, 11-12).

Con la delicatezza del trattoumano, Gallagher si fece pro-motore di una teologia imma-ginativa, che dichiarava il biso-gno di sganciarsi da un freddointellettualismo e di presentarela fede come un viaggio nasco-sto nell’avventura del quotidia-no e dell’esperienza umana,vero teatro dell’azione delloSpirito. Era convinto che biso-gnasse iniziare da più lontano,mettere le persone anzitutto acontatto con se stesse, promuo-vere una teologia capace diabitare la poesia nascosta e in-teriore che ognuno possiede,talvolta senza accorgersene. In-fatti «le vere battaglie della vi-ta avvengono all’interno del-l’immaginazione umana... co-me ci vediamo? Che cosa spe-riamo? Qual è il senso dellecose?» (La poesia umana dellafede, 17).

Così, la teologia si pone aservizio di una esperienza reli-giosa non riduttiva, non me-schina, non falsamente conso-latoria o ingenuamente fondatasu certezze astratte; al contra-rio, essa impara a leggere, in-terpretare e accompagnarequelle trasformazioni interioriche avvengono nelle valli spes-so monotone della quotidiani-tà, per aiutare le persone adavere occhi aperti per il miste-ro di Dio che silenziosamentesi rende presente. Una teologiache ci aiuta a visitare anche lestanze interiori rimaste inesplo-rate, e a risvegliare l’immagina-zione alla freschezza del Van-gelo, dal momento che «Dionon parla con una prosa noio-sa, con messaggi moralistici, ri-tuali che si ripetono meccani-camente, ma con un amore im-maginativo che spicca il volo,mediante eventi che sorpren-dendoti ti liberano» (La poesiaumana della fede, 19).

Michael Paul Gallagher haliberato dalle catene il pensareteologico e la spiritualità ditanti che, come me, hannoavuto la grazia di incrociarlo.Gli sono grato per avermi fattocrescere nella poesia umanadella fede prima che in teolo-gia, mentre resta scolpito den-tro di me, in modo indelebile,lo sguardo commosso con cuimi guardò nel giorno del miodottorato.

Poche settimane prima dellasua morte, mi disse al telefono:«C’è dentro di me uno stuporeinatteso... sono pronto per an-dare». Lo stupore della fede,cui tante volte ci aveva invitatidurante le lezioni, lo ha ac-compagnato anche nell’ultimoviaggio.

di NICOLAS STEEVES

Pochi purtroppo sono i pre-dicatori che pensano a de-stare la fede nei loro uditoriper mezzo dell’immagina-zione. Fra questi pochi, più

rari ancora quanti percorrono la viadella sobrietà. Michael Paul Gallagherne era uno.

La prima volta che lo udii predicareesercizi spirituali ero licenziando diteologia fondamentale alla Gregoriana.Avevo già sentito Gallagher a lungo inaula mentre ci insegnava ad allargare inostri orizzonti teologici a partiredall’ateismo o dal rapporto fra fede ecultura(e). Quello stesso semestre dovevenne a predicare il ritiro quaresimaleal Collegio San Roberto Bellarminomi faceva entrare ogni settimana conpazienza ed esigenza nei meandri delpensiero di John Henry Newman sulnesso fra fede e ragione. Conoscevogià la cultura immensa, l’umorismo in-cisivo e il brio oratorio del professoreirlandese. Ma quel sabato mattinamentre ci dava spunti di preghiera se-condo il modo ignaziano, la sua so-brietà mi colpì. Ci proponeva di porrela Quaresima sulle orme del profetaGiona. Ce ne ricordò a tratti la storianotissima, poi ci diede un breve elencodi domande da meditare — a scelta — apartire da Giona. Mi soffermai con leprime due che non ho più scordato:«In base alla storia di Giona, da cosastai fuggendo? E verso cosa corri?».Domande incisive, essenziali. Come laParola di Dio, insomma, «viva, efficacee più tagliente di ogni spada a doppiotaglio… fino alle giunture e alle midol-la, [che] discerne i sentimenti e i pen-sieri del cuore» (E b re i 4, 12). Nacquein me un pensiero teologico: non oc-corre sempre un fuoco d’artificio reto-rico per toccare l’immaginazione esuggerire a qualcuno di esaminarsi lacoscienza. Due domande analogichema sobrie bastavano a riportare allescelte di vita, al luogo della chiamatache è anche quello della lotta.

Padre Gallagher era giunto a inse-gnare la teologia tramite la docenzadella letteratura. È un luogo comuneche gli irlandesi hanno una grande do-te culturale per raccontare le storie euna profonda affinità con le lettere.Nel caso di Gallagher era verissimo. Ilsuo dottorato a Oxford sul predicatoree poeta gallese George Herbert l’avevaportato a insegnare la letteratura pervent’anni all’University College a Du-blino. Consapevole (prima di molti al-tri) del nichilismo culturale e teologicoverso il quale scivolavano i suoi stu-denti alla fine degli anni Settanta, ave-

va inventato un trucco per portarli ol-tre, grazie all’immaginazione. A uncerto punto durante il corso era solitoscrivere sulla lavagna tre onomatopee:«Ha! Aha! Ah!». Con un sorriso biri-chino si girava verso gli studenti espiegava che i tre suoni simboleggiava-no tre atteggiamenti fondamentali, nonsolo verso la letteratura, ma pure versola vita. «Ha!» era il grido spavaldo dichi sa già tutto. «Aha!» significava itanti momenti di scoperta che gli stu-denti avrebbero magari avuto all’uni-versità: spunti, intuizioni, pensierinuovi, orizzonti allargati... Ma l’ultimoverso veniva emesso con un ovvio pia-cere: «Aaaaaah!!!»: evocava quel mera-vigliarsi felice dove l’incontro conqualcosa o qualcuno avrebbe finalmen-te aperto una breccia nella mente e nelcuore, togliendo la superbia e riapren-do allo spirito della gioia.

Gallagher era attento a non predica-re Cristo in aula alla statale ma sapevache il meravigliarsi e la gioia potevanoportare ad aprirsi a un Altro e a fidarsidi lui. Laddove — secondo la battutadi Oscar Wilde — il cinico è colui che«conosce il prezzo di tutto e il valoredi nulla», Gallagher rimandava spessoa questa tesi metaforica della poetessastatunitense Emily Dickinson: «La len-ta miccia del possibile è accesa dall’im-maginazione». La tesi dell’immagina-zione come porta del possibile valevanon solo per il nostro stendere poemiin studio, fare scoperte scientifiche inlaboratorio o reinterpretare testi classi-ci in aula: ci suggeriva anche che leparole e i gesti di Gesù avrebbero po-

tuto interrogare la nostra vita concretaperché andassimo a esplorare la realtàe a godercela. «Quando le portedell’immaginazione si schiudono aqualcosa di simile alla sensibilità per-sonale, siamo pronti per Dio», scrivevaGallagher. Come Newman, non era unpensatore sistematico. I suoi libri era-no snelli, incisivi, aforistici, suggestivi.Era un relatore e un predicatore ricer-cato perché i suoi racconti e le sue do-mande scavavano negli altri il deside-rio di prendere il largo. In due dellesue opere più rappresentative immagi-nò dialoghi e monologhi per provoca-re i lettori a uscire dalla depressione odall’auto compiacimento.

Così La poesia umana della fede fececonversare alcune coppie insolite d’in-terlocutori: Jane Austen e D.H. Law-rence, Flannery O’Connor e GeorgeEliot, William Shakespeare e OscarRomero, Karl Rahner e Rainer MariaRilke, persino Thérèse de Lisieux eFriedrich Nietzsche. Questi dialoghiimmaginifici miravano, con la quiete ocon voci alzate, a portare ogni lettorepiù avanti. Gallagher era preoccupatoper gli atei e gli indifferenti in crescita.Ma era altrettanto tormentato per i cri-stiani tiepidi e superficiali la cui fedepiù «nozionale» che «reale» (per ri-prendere una distinzione newmanianache gli piaceva tanto) avrebbe senz’al-tro fatto una brutta fine.

In questo senso, l’ultimo dialogo deLa poesia umana della fede, fra un’ani-ma e Gesù, è un bellissimo tentativoteologico di portare l’ego centrismop ostmoderno attraverso la fragilità e la

limitatezza a un incontro ardente conla misericordia incarnata e realista diDio. L’immaginazione letteraria e spi-rituale è veramente qui a servizio dellafede; il suo ruolo teologico emergequindi come imprescindibile. «Questepagine... sono tentativi di aprire unavisione, indicatori per lo stupore, per-corsi verso la speranza, l’amore e la fe-de, forse in quest’ordine. La fede stes-sa è un modo che Dio ci ha dato perimmaginare la nostra esistenza, nonuna verità fredda, facilmente catturatadai concetti. La mia convinzione è chegli scrittori dell’immaginazione, come iprofeti nella Bibbia, possono renderepiù profonda la nostra esistenza».

In Mappe della fede. Dieci grandiesploratori cristiani, Gallagher scelse latecnica del monologo. Dopo un ritrat-to teologico di ogni «esploratore» im-maginava ciò che avrebbe potuto direoggi sulla propria fede. Non per scivo-lare nel protagonismo che scatena fiu-mane di tweet esibizionisti, anzi! In-troduceva gentilmente all’interiorità —altra dote newmaniana che gli stava acuore. Nell’intimità di un discorsoonesto, umile, un credente poteva an-che schiudere le sue lotte con Dio econ la non credenza. Non per imporrea tutti un’unica strada uniformata ben-sì per offrire delle «mappe della fede»che avrebbero consentito ad altri diesplorare le contrade del credere.Gallagher non citava mai i poeti perestetismo; non elencava i teologi persfoggiare. Si adoperava con calma e vi-gore perché chiunque lo avesse incro-ciato proseguisse con una fede più vivae con un’immaginazione più realista,nel contempo con più domande e piùfiducia. Non poteva bastare la merasuperficie quando si giocava la salvez-za.

Sobrietà e sovrabbondanza sonodue tipi di strade dell’immaginazionereligiosa tracciate in modo rispettivo eparadigmatico dalle parabole di Gesùe dall’Apocalisse. All’incrocio della Ri-velazione divina con la ricchezza delleculture, padre Gallagher ne seppetrarre una teologia dell’immaginazione.Sapeva che i motivi del credere o me-no nel Vangelo non stanno tanto negliargomenti logici bensì nelle situazioniesistenziali, nei pregiudizi, a livellopreconcettuale. Oggi il nostro «rispon-dere a chiunque [ci] domandi ragionedella speranza che è in [noi]» (1 P i e t ro 3, 15) dovrebbe magari avviarsi comeGallagher dal chiedere «con dolcezzae rispetto» (1 Pietro 3, 16): «Da cosastai fuggendo? E verso cosa corri?».Con Giona e con Cristo, Gallagher ciha aperto una rotta dalla somma liber-tà e dalla fiducia gioiosa.

di GABRIELE PALASCIANO

Come definirla e definirsi dinan-zi alla non-credenza? La storiadella teologia cattolica presen-ta dei tentativi di risposta che,elaborati nel tempo, hanno

cercato di comprendere il fenomeno sia adi n t ra che ad extra dell’ambito ecclesiale.Nel solco della tradizione gesuitica adesempio, non sono mancati teologi che nehanno promosso un confronto vivace, tal-volta anche costruttivo. Ciò appare manife-sto spaziando dalle opere del fiammingoLenaert Leys, meglio noto col nome diLessius, che in Rawleigh: His Ghost del1631, identificando come atei «classici» al-cuni filosofi dell’Antichità — si trattava perlo più di atomisti, sofisti e scettici — affron -ta l’ateismo come problema filosofico enon teologico o religioso; a quelle del tede-sco Karl Rahner che, nella seconda metàdel Novecento, redige pagine di grandeacume, facendo della comprensione dellanon-credenza una delle passioni centralidella propria teologia pur ammettendo, adifferenza di Lessius, l’insufficienza dellasola prospettiva filosofica.

In questo variegato patrimonio di rifles-sione si inserisce, tra i secoli XX e XXI, la fi-gura di Michael Paul Gallagher (1939-2015), letterato e teologo irlandese, gesuitadai modi affabili, che ha fatto della propriavita un dialogo costante con persone lonta-ne dalla fede — atee, agnostiche, diversa-mente credenti — dedicando al tema dellanon-credenza un consistente corpus discritti, molti dei quali sono stati tradotti initaliano: Help my Unbelief, Free to Believe,Struggles of Faith, Clashing Symbols, Que -stions of Faith, Faith Maps. L’insieme diqueste opere, senza dimenticare i numerosiarticoli specialistici, testimonia la sua sensi-bilità profonda nei riguardi del vissuto in-teriore di coloro che non credono in Dio,che non sperimentano la libertà necessariaper giungere alla scoperta dell’Altro e che,cosa ancora più importante, rifiutano ilmessaggio di liberazione e di vita contenu-to nel Vangelo, espresso dalla persona diGesù Cristo.

In Gallagher, finanche negli anni piùdifficili della malattia (aveva lottato tre vol-te contro un tumore) e negli ultimi mesi divita, l’attività accademica e il ministero sa-cerdotale sono dedicati alla ricerca di unarelazione personale, unitamente a un dialo-go, con i non-credenti. In quest’ottica, lastessa riflessione teologica sulla non-cre-denza è intesa come connessa a una teolo-gia del dialogo, per la quale quest’ultimorappresenta uno strumento di ancoraggioalla realtà, di scoperta della ricchezza deri-vante dal confronto interumano e di aiutonel vivere maggiormente le proprie convin-zioni. Una tale sensibilità è frutto di unacrescita umana e intellettuale pervenuta in

seguito, nel periodo della maturazione, asistematizzazioni che, pur conservando unaloro peculiarità, rivelano una continuitàculturale almeno su tre livelli. Da una par-te il pensiero di Gallagher per quanto at-tiene alla non-credenza risente senza ombradi dubbio soprattutto, sebbene in via nonesclusiva, dell’influsso del pensieronewmaniano, dall’altra è possibile rilevarneuna continuità con determinati orientamen-ti rahneriani e con alcuni approcci metodo-logici lonerganiani. Se è vero poi che ogniteologia è contestuale, inglobando nella ca-tegoria di contesto oltre che le esperienzedi vita anche l’insieme delle influenze dipensiero, si può affermare che le prospetti-ve teologiche di Gallagher sulla non-cre-denza risentano di un intreccio tra vissutoe riflessione, tra vita ordinaria ed elabora-zione teorica.

Difatti, nato e cresciuto in Irlanda, unanazione all’epoca ancora ben radicata nelcattolicesimo-romano, Gallagher conoscel’ateismo agli inizi degli anni Sessanta,quando da ventunenne studente di lettera-tura frequenta un anno di scambio accade-mico presso l’Università di Caen. L’esp e-rienza francese, nel mezzo di una società edi una cultura profondamente secolarizza-te, non rappresenta tuttavia per lui unochoc. Al contrario, essa determina un cam-biamento spirituale e intellettuale nella suacomprensione della vita credente, nonchédel cristianesimo stesso, allora letti in chia-ve «puritana e monastica», come egli stes-so ebbe a scrivere. I contatti con studenti,amici e conoscenti agnostici lo aiutano nonsolo a scoprire nuovi sentieri di annuncioevangelico, ma anche a maturare una con-sapevolezza della complessità del reale e diappartenenza, in quanto uomo e credente,al mondo. Grazie al periodo francese, ilteologo gesuita individua gli impedimentipiù grandi alla fede in Dio sul piano dellalibertà spirituale piuttosto che su quellodella concettualizzazione della verità.

Questa apertura di spirito di fronte allesfide del mondo lo conduce a intraprende-re, tra gli anni Settanta e Ottanta, dueesperienze che segnano ulteriormente lasua percezione dell’esistenza cristiana e del-la non-credenza.

Soggiorni in India e in America Latina,nella quotidianità condivisa con i malati, ipoveri, gli emarginati e coloro la cui digni-tà era stata violata e calpestata, lo aiutanonella crescita interiore e a sviluppare duenuove visioni. Riguardo alla fede,Gallagher prende coscienza della carica li-beratrice, trasformatrice della storia umana,esercitata dal Cristianesimo: più che opiumpopuli, secondo l’adagio del marxismo ateo,la fede cristiana gli si presenta inequivoca-bilmente come salus populi. Circa la non-credenza, egli matura invece la convinzioneche la fede in Dio possa essere ostacolatapiù dallo stile di vita credente che da mo-delli di pensiero o da ideologie politiche: èla testimonianza esemplare da parte delcredente che determina l’apertura alla pro-posta di fede. In questo senso, secondoGallagher, la fede non propone un rifiutodella ragione oppure una fuga dalle re-sponsabilità civili, ma responsabilizza l’uo -mo rendendolo consapevole e libero. Piùprecisamente, Gallagher sperimenta la fedein Dio quale verità che abbraccia e trasfor-ma la libertà umana.

Negli oltre quarant’anni di docenza uni-versitaria, emerge tuttavia in lui una nuovaintuizione, questa volta di carattere piùmarcatamente teologico. Durante l’insegna -mento (prima quello della letteratura a Du-blino, poi della teologia fondamentale aRoma), il teologo irlandese interroga ilvuoto spirituale — di cui peraltro cogliel’essenza culturale — che rende irreale Dio,superflue le domande di senso e la religio-ne, in un Occidente secolarizzato e tecno-cratico ormai quasi del tutto privo di riferi-menti alla trascendenza.

Dal suo punto di vista, comprendere lacrisi della fede nelle società contemporaneenecessita così di un’analisi accurata, spe-cialmente nella prospettiva della storia del-la cultura, del contesto nel quale precisiorientamenti della non-credenza nasconoed evolvono. In altre parole, in quanto at-tento conoscitore della Kulturwissenschaft,Gallagher è convinto che il contesto cultu-rale della non-credenza richieda un attentostudio delle dinamiche storiche insieme conun discernimento degli aspetti costitutividei vari indirizzi di pensiero: è qui in giocola considerazione della dialettica tra Cri-stianesimo e modernità. Una modernitàche egli riconosce attraversata da una seriedi trasformazioni di natura cosmologica,antropologica e filosofica, le quali hannoinciso notevolmente sulla visione cristianadella realtà, in particolare sulla sua teoriz-zazione dei rapporti tra Dio, l’universo el’uomo. Schematizzando al massimo il giu-dizio del teologo irlandese, egli vede unnesso causale tra la rivoluzione culturalemoderna e l’affermarsi della non-credenza.Partendo da uno studio sul tema del rifiuto

di Dio (prima dal punto di vista filosofico-politico nel secolo XVIII, poi da quelloscientifico ed esistenziale nei secoli XIX eXX), Gallagher giunge a considerare l’atei -smo in una dimensione che supera la sem-plice negazione intellettuale dell’esistenzadi Dio. Egli legge l’ateismo come problemadell’interiorità della persona, vedendolo ra-dicato da un lato in atteggiamenti spiritual-mente limitati e limitanti (superstizione,superficialità, superbia, sfiducia, sospetto,etc.), dall’altro in reazioni spirituali (quindial di là della dimensione meramente psico-logica) di fronte allo scandalo del male e alnonsenso della sofferenza.

Appare chiaro che la non-credenza dicui tratta Gallagher non è rappresentatadalla corrente contemporanea denominata«Nuovo ateismo», verso cui ha sempreavuto parole di critica severa e di ironia de-costruttiva, condannandone lo scientismofondamentalista, l’odio ideologico verso letradizioni religiose (intese quali fonti di ir-razionalità e di violenza), la banalizzazionedell’idea di Dio. Assieme a questa forma dinon-credenza futile, fondata sul dogmati-smo scientista, il teologo gesuita ne denun-cia con vigore un’altra che suole definire«da mercato», vale a dire una non-creden-za superficiale e non pensata. Dunque è aun ateismo militante, pensato e consapevo-le della tragica scomparsa di Dio dall’oriz -zonte assiologico del mondo moderno, cheGallagher riserva le considerazioni più acu-te. Da un’angolatura filosofica, nella sen-tenza nietzschiana «Dio è morto» — conte -nuta nella Die fröhliche Wissenschaft —, ilteologo irlandese scorge sia il grido di pro-testa contro le forme banali di non-creden-za sia la constatazione del definitivo tra-monto dei valori trascendenti sui quali si èfondata la civiltà occidentale.

Partendo da siffatti presupposti, Galla-gher procede individuando delle categoriedi definizione dell’ateismo funzionali allasuccessiva elaborazione delle sue rispostesotto il profilo teologico.

Quanto alle definizioni egli distingue tretipologie di ateismo: filosofico, teologico eculturale. Se l’ateismo filosofico è di ordinegnoseologico, poiché fondato sulla nega-zione teorica dell’esistenza di Dio, quelloteologico è di tipo relazionale, in quantoconsiste nella mancanza di un riconosci-mento, e pertanto di un’apertura fiduciosadell’io umano al Tu (divino) della Rivela-zione. L’ateismo culturale è invece rappre-sentato da un’ostilità nei confronti dell’im -maginazione umana, ovvero della facoltàche permette di cogliere la presenza di Dionella vita, attraverso la luce della fede. Ciòche accomuna queste definizioni nel loroinsieme è la convinzione gallagheriana chela fede in Dio non possa in nessun caso es-sere ridotta a una teoria più o meno raffi-nata — da affermare o da confutare — sullacausa originaria del tutto.

Quanto alle risposte che possono scatu-rire da una riflessione teologica sull’atei -smo, esse consistono essenzialmente, secon-do il gesuita, nella testimonianza e nell’im -pegno culturale.

Sul piano della testimonianza, Gallaghersostiene che la fede possa essere vissuta inmodo autentico incarnando il Vangelo nelservizio al prossimo. Il legame tra annun-cio e stile di vita permette la riscoperta del-la fede in quanto esperienza profonda, ca-pace di coinvolgere l’essere umano con tut-te le sue facoltà. Coltivare la dimensionespirituale si rivela determinante per rag-giungere quanti, lontani dalla fede e im-mersi in una non-credenza priva di convin-zione, avvertono un vuoto interiore e undesiderio di trascendenza. Nonostante lefragilità che la condizione umana compor-ta, il credente può così manifestare l’ap er-tura alla meraviglia dell’esistenza nella rela-zione con il prossimo e con Dio.

In ambito culturale, le prospettive teolo-giche di Gallagher invitano a valutare insenso positivo gli interrogativi derivanti dalconfronto con la non-credenza, accoglien-done persino le sfide. La non-credenza, al-la luce della sua riflessione teologica, puòrappresentare per il credente un’o ccasionee uno stimolo alla purificazione del propriomodo di credere, di pensare e di apparte-nere alla comunità ecclesiale, e una solleci-tazione, per l’intelligenza credente, a inter-rogarsi sul significato dell’esistenza e adascoltare le domande che scaturiscono dalcuore umano, certamente condivise da cre-denti e non credenti.

Quello che emerge conclusivamente nel-la riflessione di Gallagher, dinanzi alla ne-gazione moderna e contemporanea di Dio,è una vera e propria cogitatio teologica, nel-la quale l’esistenza di Dio non è una pro-blematica astratta ma un’esperienza di vita.Al non-credente, che intende la fede comepura astrazione irreale e disincarnata, artifi-cio superstizioso oppure forma di menoma-zione del pensiero, il teologo irlandese pre-senta con semplicità la fede quale viaggiolibero e condiviso, alla ricerca di un Diosapiente e amorevole, «dal volto umano».

Jan Vermeer, «Allegoria della Fede cattolica» (1671-1674)

di ROBERT CHEAIB

Ho avuto il privilegio non solodi leggere (quasi) tutti gliscritti di Michael Paul Galla-gher, ma di averlo per un arcodi tempo come padre spiritua-

le. Ricordo ancora quei colloqui al Collegiodel Gesù dove il gesuita irlandese mi venivaincontro con un sorriso accogliente sulle lab-bra, la sua tipica serenità negli occhi e la suaBibbia in mano. I nostri colloqui avevanosempre come sfondo un passo o un versettobiblico. Molti di questi colloqui sono ancoraimpressi nella mente e nel cuore. Nello spa-zio di questo breve articolo, vorrei parlare diquattro prolegomeni dell’approccio di Galla-gher che lo rendono molto affine al suo tan-to caro John Henry Newman.

Il primato dell’interioritàVorrei evocare in particolare un colloquio

che ebbi con padre Michael Paul e che costi-tuisce un eloquente esempio dello stile new-maniano di Gallagher. Il versetto che ha datol’atmosfera al colloquio era l’oracolo del Si-gnore in Isaia: «In quietness and confidenceshall be your strength» (“Nel silenzio e nellafiducia è la vostra forza”) (Isaia 30, 15). Gal-lagher citava questo versetto per sottolineareil primato di una forte interiorità nella vitaspirituale. L’intento di Gallagher era mista-gogico: scoprire il mistero di Dio alla lucedel tuffo nel mistero dell’uomo. Abyssus abys-sum invocat.

Questo insegnamento è tipicamente new-maniano. Tra i pilastri spirituali della predi-cazione di Newman (specie nei Sermoni an-glicani) troviamo una grande insistenza

sull’importanza della conoscenza di sé perun’autentica vita spirituale.

Nel sermone Secret Faults, Newman lamen-ta un fatto «bizzarro» molto diffuso: «Molti-tudini di cristiani passano la vita senza farelo sforzo di ottenere una retta conoscenza dise stessi. Si accontentano di generiche e va-ghe impressioni concernenti il loro stato rea-le».

Newman non disconosce quanto sia diffici-le conoscersi, ma, nondimeno, insiste nel sot-tolineare quanto sia strano, se non impossibi-le, «professare ed esercitare le grandi dottrinecristiane, mentre si è ignoranti nei propri ri-guardi, in quanto la conoscenza di sé è unacondizione necessaria per comprendere que-ste dottrine».

L’importanza di tale attenzione all’interio-rità veniva da una convinzione newmanianache Gallagher evocava spesso. Tale convin-zione Newman l’aveva maturata soprattuttonella disputa epistolare con il fratello CharlesRobert il quale, gravemente scosso dalle vi-cissitudini economiche subite dalla famigliadopo la bancarotta subita da John Newman,litigò con i parenti stretti e si distaccò da lo-ro abbandonando anche il cristianesimo. Do-po una lunga ed estenuante corrispondenza,Newman arriva a capire che il rigetto dellafede nasce da un difetto del cuore e nondell’intelletto («from a fault of the heart, not ofthe intellect»).

L’importanza di essere «Earnest»Gallagher si dilettava di evocare un cele-

berrimo titolo di Oscar Wilde, The Importan-ce of Being Earnest, per parlare dell’imp ortan-za della «earnestness», ovvero della «prontez-za» nella risposta della fede. Lo faceva riflet-

tendo sulle intuizioni di Newman riguardoalle «probabilità antecedenti» che permetto-no o ostacolano il cammino dell’uomo versola verità. Newman parlava di «carattere mo-rale» (moral character), ovvero di quelle di-sposizioni dell’anima che l’essere umano ma-tura nel suo agire morale e che costituisconol’humus umano della risposta alla verità del-la fede. Si potrebbe dire che in questo aspet-to Newman era molto pascaliano. E, se daun lato sarebbe molto d’accordo con l’affer-mazione di Pascal, «Dio ha messo nel mon-do abbastanza luce per chi vuole credere, maha anche lasciato abbastanza ombre per chinon vuole credere», egli ci offre un passag-gio ulteriore: la prevalenza delle tenebre deldubbio o della luce della fede non avviene acaso, ma dipende molto dalla prontezza conla quale la persona si impegna. La fede co-me assenso intellettuale dipende moltodall’agire concreto che configura le nostredisp osizioni.

Da grande letterato che era, essendo statoprofessore di letteratura moderna all’Univer-sità di Dublino, Gallagher fa un felice acco-stamento tra Newman e Shakespeare il qualeafferma in King Lear sulla lingua di Edgar:«Ripeness is all», e in Hamlet nel dialogo conil principe Horatio: «Readiness is all». D’al-tronde, Newman non poteva essere piùchiaro nell’esprimere la sua convinzionequando affermava nel primo University Ser-mon che «è evidente che essere seri nel cer-care la verità è un requisito indispensabileper trovarla».

Tra la coscienza e l’immaginazioneVedere il Newman di Gallagher non può

che segnalare il ruolo cruciale della coscienzae, soprattutto, dell’immaginazione nell’ap olo-getica dell’interiorità.

Per quanto riguarda la coscienza, parago-nando i due, si potrebbe concludere cheGallagher era meno apologetico di Newmane la questione della «via della coscienza», ov-vero della coscienza come istanza metafisica,era meno presente nella sua riflessione teolo-gica. Gallagher, per sua stessa ammissione,era più dedito a sondare il terreno delle di-sposizioni per la fede (dispositions for faith)che il passaggio successivo alla professione difede teistica e cristiana. In Newman, invece,abbiamo una vera e propria Gewissensweg (diquesto parere era l’allora cardinale JosephRatzinger). Secondo Newman, le prove este-riori per l’esistenza di Dio — molto in vogaai suoi tempi, specie per via del best-seller diWilliam Paley intitolato Natural Theology orEvidences of the Existence and Attributes of theDeity — si scontrano con l’ambiguità delmondo. Per cui, se da un lato si può osserva-re un disegno intelligente nel mondo cheporta a pensare a un Creatore intelligenteche vi sta dietro, dall’altro lato, il mondo ma-nifesta segni di una ferita originaria, di undisordine, di dolori e di guai che offuscano ilvolto di Dio. Se il mondo con il suo ordine ebellezza manifesta Dio, con il suo disordinee ferita esso rischia di nasconderlo.

È qui che si appiana la strada all’appro ccioalternativo di Newman, distinto dalle cinque

vie di Tommaso e dalle vie razionali e logi-che di Paley. Questa via è la «via della co-scienza». La coscienza è testimonium animae.E, in quanto tale, diventa testimonium Deiperché — scrive Newman — «come la luce delsole implica che il sole sia nel cielo, benchépossiamo non vederlo, come un bussare allanostra porta di notte implica la presenza diqualcuno fuori nel buio che chiede di entra-re, così questa Parola dentro di noi non soloci insegna fino ad un certo punto, ma neces-sariamente solleva il nostro spirito finoall’idea di un Maestro, un Maestro invisibi-le». Anzi, il santo inglese confessa nell’Ap o l o -gia pro vita sua: «Se non vi fosse questa voceche parla così chiaramente alla mia coscienzae al mio cuore, io sarei un ateo, o un pantei-sta, o un politeista, tutte le volte che do unosguardo al mondo. Naturalmente parlo solodel mio caso; e sono ben lontano dal negarela forza delle prove dell’esistenza di Dio trat-te dall’osservazione generale della societàumana e dal corso della storia; ma questi ar-gomenti non m’illuminano né mi scaldano;non scacciano l’inverno della mia desolazio-ne, non fanno sbocciare gemme e spuntar fo-glie nell’anima mia, non allietano il mio spi-rito. Per me la vista del mondo non è altroche il libro del profeta, pieno di “lamenti,lutto e dolore”».

Evangelizzare l’immaginazioneNon è possibile, neanche nei limiti di un

breve articolo, non parlare del ruolo dell’im-

maginazione nell’apologetica dell’interioritàdi Newman e nella pratica e nella riflessionedi Gallagher.

Newman non è certo il primo a parlare diuna teologia dell’immaginazione, ma sicura-mente è uno degli autori che hanno svilup-pato maggiormente una tradizione chenell’epoca moderna ha avuto più fortuna inInghilterra che nel continente europeo. HansUrs von Balthasar considera, infatti, che unodei meriti della teologia inglese sia di essereuna riflessione credente «organicamente cre-sciuta entro il congenito empirismo» che hasempre difeso «il diritto di cittadinanzadell’immagine nel pensiero religioso e quindianche cristiano-teologico», e nota giustamen-te che «la Grammar of Assent di Newmannon sarebbe intelligibile senza questa tradi-zione del pensiero nell’immagine».

L’accento di Newman sull’immaginazione— e qui sta il suo contributo particolare —non si limita alla sua valenza epistemologica,ma mette in luce il suo ruolo di facoltà del«sottosuolo» che prepara o ostacola l’ap ertu-ra cordiale alla fede. L’immaginazione costi-tuisce, infatti, quella dimensione dove si for-mano le nostre immagini di fede, e dove sidetermina se questa rimarrà meramente no-zionale o se diventerà anche reale. Newmanha intuito ciò che T.S. Eliot esprime moltobene, dicendo che «il problema dell’era mo-derna non consiste soltanto nell’incapacità dicredere certe verità riguardo a Dio che i no-stri antenati credevano, bensì nell’incapacitàdi sentire nei confronti di Dio e dell’uomocome loro sentivano».

L’interpretazione offerta da Gallagherdell’epitaffio di Newman a Birmingham, de-ciso da lui stesso — «Ex umbris et imaginibusin veritatem» — mostra egregiamente il ruoloimportante rivestito dall’immaginazione nella

concezione newmaniana. Gallagher suggeri-sce di andare oltre la fin troppo evidente in-terpretazione che è: dalla non realtà alla real-tà, e dalle mere ombre e le mere immagini al-la pienezza della verità. L’interpretazione al-ternativa e più consona con la visione new-maniana che egli propone parafrasandol’espressione latina è: «Nel dramma oscuro diquesta vita non possiamo arrivare alla veritàdella fede senza il necessario aiuto delle im-magini e dell’immaginazione».

John Henry Newman

Page 5: Proteggere i bambini futuro dell’umanità e il silenzio · fabbriche di bracciali di vetro in India. Tra le peggiori forme di sfruttamento minorile rientra poi il lavoro di strada,

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 giovedì 11 giugno 2020

La United methodist Church americana a sostegno dei poveri

Carità che conforta

Il cammino delle relazioni con anglicani e metodisti

Crescente fiducia reciprocadi ANTHONY CURRER*

I l 1° dicembre del 1960, il reve-rendo Geoffrey Fisher si recò daGerusalemme a Roma e la mat-

tina seguente fu ricevuto in udienzaprivata dal santo Papa GiovanniXXIII. Era la prima visita di un arci-vescovo di Canterbury a un Pontefi-ce dai tempi dell’arcivescovo Arun-del nel 1397. Fu anche la prima visitanel suo genere, quella effettuata a unPapa dal capo di una comunionecristiana con la quale il nuovo Se-gretariato per la promozionedell’unità dei cristiani (Spuc) era incontatto. La portata di tali contatti èdifficile da stabilire. Il primo segre-tario dello Spuc, monsignor Wille-brands, aveva incontrato l’a rc i v e s c o -vo Fisher in una riunione del Comi-tato centrale del Consiglio ecumeni-co delle Chiese (Cec) a Saint An-

d re w ’s, in Scozia, nell’agosto del1959. Poco tempo dopo, Papa Gio-vanni XXIII comunicò la sua volontàdi incontrare l’arcivescovo, lasciandocosì presupporre che Willebrands eFisher avevano elaborato quel pro-getto di incontro durante la riunionedel Cec. L’uso delle riunioni dell’or-ganismo per allacciare relazioni bila-terali era guardato con disapprova-zione; di conseguenza, Fisher negòfermamente che la visita fosse altrorispetto al frutto della propria inizia-tiva.

Nonostante l’incontro tra Wille-brands e Fisher, nessuno nel Segre-tariato aveva una conoscenza specifi-ca dell’anglicanesimo o dell’a rc i v e -scovo. In preparazione alla visita, ilSegretariato contattò pertanto il ge-suita britannico Bernard Leeming,che aveva insegnato alla Pontificiauniversità Gregoriana, ma che nelfrattempo era già rientrato a Oxford.Leeming scrisse tre volte, fornendo ilsuo commento e la sua valutazionesu Fisher e sulla Comunione angli-cana. In quella prima fase, il Segre-tariato registrò decisamente una ra-pida curva di apprendimento.

Lambeth Palace annunciò il viag-gio dell’arcivescovo il 3 novembre:sarebbe andato a Istanbul per visita-re il patriarca ecumenico, poi a Ge-rusalemme e infine a Roma, doveavrebbe incontrato Papa GiovanniXXIII. La notizia fu accolta con entu-

siasmo da alcuni, ma con sospettoda molti altri, sia anglicani che cat-tolici. Alcuni anglicani e altri cristia-ni britannici appartenenti a una cor-rente più evangelica o protestante siopposero alla visita, temendo chel’arcivescovo si stesse piegando a unc o m p ro m e s s o .

Il giorno in cui arrivò a Roma, Fi-sher celebrò una liturgia vespertinanella chiesa anglicana di Ognissanti.Nel sermone, con un tono legger-mente critico, egli contrappose il go-verno monarchico papale del cattoli-cesimo alla struttura più collegiale

dell’anglicanesimo. Questa fu unamossa politica da parte di Fisher,per alleviare i timori nella sua stessaComunione. Quando, in una confe-renza stampa, gli vennero fatte do-mande in merito alle critiche solleva-te dalla sua visita, egli invitò coloroche avevano avanzato tali critiche aleggere il suo sermone e a rassicurar-si circa il suo fedele impegno neiconfronti dell’anglicanesimo.

Anche tra i cattolici serpeggiavanoforti preoccupazioni. Il cardinaleTardini, segretario di Stato, che siera opposto alla visita, era deciso aminimizzare il suo impatto sullastampa. Nessun rappresentante delVaticano andò ad incontrare l’a rc i v e -scovo Fisher al suo arrivo a Ciampi-no. Egli venne invece accolto da sirPeter Scarlett, ministro britannicopresso la Santa Sede, che gli comu-nicò le condizioni di Tardini per lavisita: non dovevano esserci foto; Fi-sher non doveva visitare il Segreta-riato; non doveva essere rilasciato al-cun comunicato stampa; e nessunofficiale vaticano doveva essere invi-tato al ricevimento in onore di Fi-sher presso la residenza del ministrobritannico.

Nonostante le perplessità di en-trambe le parti, Fisher fu ben accol-to da Papa Giovanni e i due leadercristiani parlarono per più di un’ora.Più tardi, Fisher avrebbe raccontatoalcuni dettagli della conversazione.Ringraziò il Pontefice per l’istituzio-ne del nuovo Segretariato per lapromozione dell’unità dei cristiani, ePapa Giovanni rispose che quel po-meriggio Fisher si sarebbe incontra-to con il cardinale Bea, contraddi-cendo direttamente le istruzioni diTardini. Tale incontro, al quale par-teciparono anche monsignor Wille-brands e il reverendo John Satter-thwaite, segretario generale del Con-siglio per le relazioni estere dellaChiesa d’Inghilterra, offrì l’opp ortu-nità di parlare delle relazioni tra ledue Comunioni e del processo dinomina degli osservatori al successi-vo concilio Vaticano.

Un frutto immediato della visitafu la nomina del canonico BernardPawley a rappresentante personalepermanente presso la Santa Sede.Quando il Segretariato diramò gliinviti alle varie Comunioni mondia-li perché delegassero osservatori alconcilio, fu la Comunione anglicanaa rispondere per prima designandotre teologi guidati dal vescovo JohnMoorman e accompagnati daPa w l e y.

Tra gli osservatori, uno dei piùentusiasti fu il professor Albert Ou-tler della Southern Methodist Uni-versity, negli Stati Uniti, storico del-la Chiesa metodista ed ecumenista.Outler ricordò in seguito che tra gliosservatori vi erano opinioni moltodiverse, che egli ripartì nei campidegli “scettici”, dei “re a l i s t i ” e dei“visionari”. Seduti sotto la statua disan Longino, gli osservatori godeva-no di un’eccellente visuale su ciò cheaccadeva, ricevevano testi e traduzio-ni, e potevano avere incontri con iperiti, il tutto organizzato dallo staffdel Segretariato. L’evento del conci-lio permise al nuovo dicastero di sta-bilire eccellenti relazioni con altreComunioni cristiane attraverso gliosservatori. Outler notò «la caritàsoprannaturale dei nostri ospiti delSegretariato che ci ha riuniti e tenutiinsieme». Tuttavia, a differenza diquanto era avvenuto nella preceden-te visita dell’arcivescovo Fisher, que-sta ospitalità ora non si era limitataallo staff del Segretariato. Outlerparlò degli osservatori sopraffatti dal«calore e dall’ampio respiro del-l’ospitalità cattolica» e non solo del-lo Spuc, «ma di tutti nella Città delVaticano, dalla Guardia svizzeraall’infermeria vaticana al Papa stes-so».

Tre mesi dopo la chiusura delconcilio, il successore dell’a rc i v e s c o -vo di Canterbury, l’arcivescovo Mi-chael Ramsey, visitò Roma e incon-trò Papa Paolo VI nella Cappella Si-stina e in San Paolo fuori le Mura.Diversamente dalla visita del 1960,questo incontro dei due leader cri-stiani ricevette una grandissima at-tenzione da parte dei mass-media;venne rilasciata una dichiarazionecomune che annunciava l’intenzionedi avviare un «dialogo serio» e vifurono gesti audaci, nessuno più me-morabile del dono di Paolo VI, ilquale regalò all’arcivescovo l’anelloepiscopale che aveva portato comearcivescovo di Milano.

Nell’ottobre del 1967, la Commis-sione internazionale metodista-catto-lica si incontrò per la prima volta adAriccia, fuori Roma. Nello stesso an-no, la Commissione preparatoriacongiunta anglicano-cattolica (Arcic)si riunì tre volte. Il Rapporto diMalta da essa pubblicato esponeva itre argomenti che la Commissioneavrebbe dovuto affrontare: eucari-stia, ministero e autorità.

La dichiarazione comune dell’a rc i -vescovo Ramsey e di Papa Paolo VIrilevava l’esistenza di seri ostacoliper l’unità tra le nostre due Comu-nioni. Gli sviluppi verificatisi negliultimi sessant’anni, in particolarel’ordinazione delle donne e le que-stioni legate alla sessualità umana,hanno sollevato nuove difficoltà.Tuttavia, come hanno chiarito PapaFrancesco e l’arcivescovo Welby nel-la loro Dichiarazione comune del2016, tali ostacoli «non devono por-tare a una riduzione dei nostri sforziecumenici» né devono modificare ilnostro impegno a favore del dialogo.

Oggi riconosciamo che, dietro lenostre divergenze, c’è la differenzadi governo che l’arcivescovo Fisheraveva menzionato, sebbene in modopolemico, durante il sermone nellachiesa di Ognissanti. Le sparse strut-ture di autorità della Comunione an-glicana hanno portato a enormi ten-sioni, che minacciano la sua integritàe la pongono di fronte alla sfida ditrovare strutture che ne possano pre-servare l’unità. Anche la Chiesa cat-tolica riconosce la necessità di unariforma delle proprie strutture, la ne-cessità di diventare una Chiesa piùsinodale, come ha sottolineato PapaFrancesco in numerose occasioni. LaCommissione internazionale anglica-no-cattolica ha affrontato questeproblematiche adottando il metododell’ecumenismo ricettivo. Ricono-scendo l’altro come una comunitàche ha ricevuto la grazia dello Spiri-to Santo, siamo in grado di com-prendere che «quello che lo Spiritoha seminato» nelle altre Comunitàcristiane è «un dono anche per noi»(Evangelii gaudium, 246).

Nella sua dichiarazione «WalkingTogether on the Way», la Commis-sione vede le nostre due Comunionicome comunità che, insieme, hannointrapreso un comune pellegrinaggioe come fonti di risorse reciproche,mentre ciascuna si sta riformando erinnovando nella fedeltà a Cristo.Camminando insieme in questo mo-do cresciamo anche insieme, diven-tando più riconoscibili l’una all’altracome autentiche comunità cristiane.Dopo la visita dell’arcivescovo Fi-sher a Roma, un giornale inglesepubblicò una vignetta con la figuradel Papa e dell’arcivescovo, e sottola didascalia «Arrivederci, ci vedia-

mo nel 2360». Tuttavia lo stesso Fi-sher, rivolgendosi all’assemblea dellaChiesa d’Inghilterra, affermò: «Coltempo, non dovrebbe essere più in-solito che i leader cristiani si incon-trino in questo modo».

Fortunatamente le parole dell’a rc i -vescovo si sono rivelate più profeti-che di quelle del vignettista. Adessoinfatti è pratica comune che i leadercristiani si incontrino in questo mo-do, si scambino calorosi saluti frater-ni, preghino insieme e diano testi-monianza comune della fede cristia-na. L’esempio più recente di tale te-stimonianza comune è stato offertodal video-messaggio di Papa France-sco registrato per essere trasmesso

durante la liturgia di Pentecoste pre-sieduta dall’arcivescovo Justin Wel-by. Nel messaggio, il Pontefice pregaaffinché cattolici e anglicani possanoessere insieme «testimoni di miseri-cordia per la famiglia umana», per-ché «non possiamo chiedere agli al-tri di essere uniti se noi stessi pren-diamo strade diverse». Sessant’annidi promozione delle relazioni tra lenostre Chiese hanno fatto molto perrendere più unanime e unita la testi-monianza cristiana che rendiamo da-vanti al mondo.

*Officiale del Pontificio Consiglioper la promozionedell’unità dei cristiani

In Argentina una risposta ecumenica alla crisi

Per la sicurezza alimentare delle famiglie

L’arcivescovo di Canterbury Geoffrey Fisher (1887-1972)

BUENOS AIRES, 10. Si chiama «Pa-ne e pesci per il sostegno della vi-ta» ed è un’iniziativa congiuntadella Chiesa evangelica metodistaargentina (Iema) e del Centro re-gional ecuménico de asesoría y ser-vicio (Creas), che mira a dare so-stegno e solidarietà alle famiglie ealle comunità colpite dall’e m e rg e n -za sanitaria, economica e sociale,generata dalla pandemia di corona-virus che si sta propagando in Ar-gentina. Una cooperazione, vienesottolineato nel comunicato di pre-sentazione, volta a «dare testimo-nianza di fede e dell’abbondanza divita in Gesù, attraverso l’e s p re s s i o -ne di solidarietà con chi soffre dipiù in questo momento».

La Chiesa evangelica metodistaargentina e il Creas «hanno ritenu-to di dover orientare la loro solida-rietà rafforzando la capacità di ri-sposta delle congregazioni ai biso-gni generati dall’emergenza sanita-ria e alimentare, e mettendo a di-sposizione dell’educazione pubblicae sociale materiali educativi prove-nienti dall’assistenza solidale per iquartieri disagiati e per le comunitàpiù vulnerabili». Il sostegno mirainnanzitutto alla sicurezza alimenta-re delle famiglie con la consegna diprovviste per un periodo di duemesi. Per questo servizio è statacreata una squadra pastorale e divolontariato nelle comunità, conadeguati permessi di circolazione,che ha ricevuto una formazione suiprotocolli e sulle misure di prote-zione per la gestione e la fornituradegli aiuti nel contesto dell’emer-genza sanitaria.

«Attraverso questo accordo —spiega Natalia Ochoa, responsabiledei progetti e della diaconia della

Chiesa evangelica metodista argen-tina — possiamo offrire sostegno acirca 380 famiglie in dieci congrega-zioni nelle province di Buenos Ai-res, Santa Fé, Córdoba, e Mendoza,con la fornitura di pacchi alimenta-ri, e, in certi casi, di materiale diprotezione e di igiene nelle localitàdove gli aiuti non riescono ad arri-v a re » .

Dal suo canto, Rosaura Andiña-ch, coordinatrice di «Procesos co-munitarios» presso il Creas, sottoli-nea che «la pandemia di Covid-19ha peggiorato la crisi socioeconomi-ca che tante persone vivono in Ar-gentina». «In questo senso — p ro s e -gue — abbiamo definito le nostrepriorità di attenzione e dialogo. Laquarantena ha colpito direttamente

il reddito delle famiglie, il che haportato un maggior numero di per-sone a chiedere aiuto, in cerca di ci-bo, nelle mense e nelle chiese».

In un messaggio video diffusoonline, il vescovo metodista Améri-co Jara spiega che l’iniziativa «Panie pesci per il sostegno della vita»rappresenta «un grande sforzo euna grande vocazione per l’accom-pagnamento di tante famiglie chenon stanno bene in questo tempodi crisi sociale e economica interve-nuta a causa della pandemia». Ilpastore formula poi l’auspicio che«il Signore ci dia la forza necessariaper accompagnare le tante personeche in questo tempo hanno biso-gno» di «quel sostegno materialeche garantisce la vita».

WASHINGTON, 10. L’impegno delleChiese metodiste nel portare il pro-prio aiuto alle persone meno ab-bienti ha assunto un più intenso si-gnificato in questo periodo di con-tagio a livello globale per la pande-mia di coronavirus. La diffusionedel morbo ha infatti acuito le lorodifficoltà, come più volte sottoli-neato, in relazione a condizioni dilavoro e di vita, mancanza di risor-se economiche, isolamento, tra leurgenze principali. Di fronte a talecriticità, confessioni cristiane e or-ganizzazioni di volontariato si sonoimpegnate in diversi paesi, pertamponare situazioni allarmanti,elaborando o sviluppando progettigià esistenti a sostegno della pover-tà: per molte di esse si è trattatopertanto di approfondire un lavoroin essere da anni, non un’e m e rg e n -za temporanea, preparandosi in-consapevolmente, hanno dichiaratoresponsabili della Chiesa metodistaunita (Umc), ad affrontare i dram-matici effetti della malattia.

Tra i progetti utilizzati in questoperiodo, particolarmente significa-tivo, grazie all’esperienza accumu-lata in quasi mezzo secolo di attivi-tà, quello denominato Cumac-Echo(Center of United Methodist Aidto the Community-EcumenicallyConcerned Helping Others), natonegli anni Settanta a Paterson, nelNew Jersey, per iniziativa di un in-segnante, Hugh Dunlop. Fu lui acoinvolgere la Chiesa metodista nelcompito di venire incontro all’indi-genza di tanti cittadini, che manmano si scopriva più profonda, per«alleviare la fame e le sue radici»,a partire dalle scuole. L’iniziativa ècresciuta giorno dopo giorno gra-zie all'incessante operato di centi-naia di volontari guidati da unostaff che attualmente è compostoda 21 persone e costituisce il piùampio programma di distribuzionedi cibo della contea di Passaic: acadenza mensile, infatti, vengonoassistite più di 2500 persone, tracui bambini, disabili e anziani, piùaltre 1900 con un sostegno integra-tivo.

Dopo la rapida diffusione delcovid-19 nello stato americano, ilpiù colpito dopo quello di NewYork, negli ultimi tre mesi Cumac-Echo ha registrato un inevitabileaumento della propria attività, arri-

vando a 3297 persone assistite inaprile e circa 3600 in maggio perquanto riguarda la distribuzione digeneri “in prima linea”, cioè adesclusione delle consegne a domici-lio o dell’assistenza a famiglie eospedali. È invece diventato realtànello scorso gennaio, dopo un lun-go iter, il progetto della Chiesa me-todista coreana in Florida concer-nente l’apertura di un banco ali-mentare nella località di Tamarac.Un’iniziativa che, in seguito alle re-strizioni e alle chiusure imposte daldilagare del coronavirus, era sem-brata naufragare irreparabilmentema che ha invece trovato lo spuntoper trasfomare il locale in drive-in:senza scendere dalle proprie auto,le persone vengono servite a secon-da delle necessità familiari: dalleprime 320 si è passati a 540 in po-chi giorni, con macchine incolon-nate fin dalle prime ore del matti-no.

L’impegno per la sicurezza ali-mentare è un punto fermo tra gliinterventi caritativi della Umc, cheha creato, tra le altre cose, un fon-do di sostegno per le popolazionipiù vulnerabili in varie parti delpianeta: in Europa, con una speci-fica attenzione rivolta all’area deiBalcani, e in Africa dove la cronicacarenza di cibo è forse una minac-cia più forte e concreta del covid-19come accade nella Repubblica De-mocratica del Congo: secondo unrapporto del World food program-me del 2020 sulla fame nel mondo,il Paese è tra i dieci che hanno do-vuto affrontare le più dure crisi ali-mentari nel 2019, le quali colpisco-no soprattutto pastori e contadinidelle aree urbane, in gravi difficol-tà e in grado di sopravvivere solograzie all’utilizzo dei proventi deicampi di proprietà delle chiese. Undrammatico fenomeno che coinvol-ge anche le popolazioni di Mo-zambico, Uganda, Kenya e Zim-babwe. Qui un centinaio di stu-denti dell’ateneo internazionaleAfrica University di Mutare, im-possibilitati dal 24 marzo a rientra-re nelle loro case a causa del lock-down, hanno deciso di aiutare lecomunità locali, rinunciando al ser-vizio mensa e chiedendo all’univer-sità di acquistare con i soldi rispar-miati il cibo per le famiglie biso-gnose.

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L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 11 giugno 2020 pagina 7

Una fede che va oltreIn Vietnam la pandemia ha rafforzato ancora di più il dialogo interreligioso

di PAOLO AF FATAT O

La comunità cattolica in Viet-nam respira la sua fede a pienipolmoni. Dopo l’i n t e r ru z i o n e

delle liturgie e il confinamento im-posto dalla pandemia, già da un me-se le celebrazioni liturgiche e le atti-vità pastorali sono ricominciate, purcon le precauzioni necessarie. «Ab-biamo ripreso a celebrare la messa inpresenza dell’assemblea con grandegioia dei fedeli e di noi pastori. Orala vita della Chiesa ha ripreso il rit-mo normale e viviamo nel mese digiugno un tempo speciale del rin-graziamento», racconta a «L’O sser-vatore Romano» monsignor JosephĐình Đúc Đao, vescovo di XuânLôc, distretto nell’area sud-orientaledel paese. «Quando il governo hadeciso di mettere tutta la società inquarantena e, quindi, interrompereogni attività della società, incluse leassemblee religiose di tutte le fedi, laChiesa, con dolore ma con responsa-bilità, ha sospeso le messe con il po-polo e le attività pastorali. Tuttavia,le chiese sono state sempre aperteper le visite personali dei fedeli.Ogni persona — sottolinea — ha po-

tuto soffermarsi in adorazione e inpreghiera non solo nella propria casama anche visitando il Santissimo Sa-cramento in chiesa, in forma priva-ta».

In Vietnam vivono circa sette mi-lioni di cattolici, che rappresentanoil 7 per cento della popolazione: ibattezzati, racconta Đình Đúc Đao,«hanno mostrato la loro grande fedee l’attaccamento alla Chiesa, il pro-fondo spirito evangelico che anima illoro essere». I fedeli si sono benpresto organizzati per seguire le tra-smissioni delle liturgie via internet, ela partecipazione registrata online èstata davvero alta: «Alcuni — r i c o rd ail presule con un sorriso — hannoanche avuto l’ardire di sfidare le mi-sure cautelative e, scavalcando la re-cinzione dell’area delle chiese, si so-no avvicinati al tempio dove si cele-brava la messa». La maggior partedei credenti, in tempo di quarante-na, non ha voluto perdere l’appunta-mento domenicale o altre preghierecome la recita del rosario: «Bastipensare che per la messa pasquale,solo a Xuân Lôc, i collegamenti so-no stati 120.000; e, dato che le fami-glie sono piuttosto numerose, biso-

gna moltiplicare almeno per cinqueper avere il numero totale dei fedeliche hanno seguito la messa». Va no-tato poi che Xuân Lôc è una diocesiche copre un territorio rurale, men-tre in altre parti urbanizzate del pae-se, come nell’arcidiocesi di Thành-Phô Hô Chí Minh, la densità deicattolici e la possibilità di accedereai mezzi tecnologici è stata perfinom a g g i o re .

Prosegue monsignor Đình ĐúcĐao: «Tutti noi sappiamo bene cheseguire la messa via internet non è lastessa cosa rispetto alla partecipazio-ne reale in chiesa; ma, in queste cir-costanze difficili, abbiamo vissuto inpienezza momenti di devozione e dicomunione spirituale. Molte famigliepreparavano il luogo della casa inmodo rispettoso e si radunavano da-vanti allo schermo, vestendosi a fe-sta, come per venire in chiesa e se-guire la messa. La comunità si èstretta ai suoi sacerdoti per implora-re insieme la misericordia di Dio peril mondo».

Secondo il vescovo, «grazie a que-sti momenti di forte intensità spiri-tuale, vissuti nella difficoltà, i battez-zati si sono nutriti della grazia diDio e le famiglie sono adesso perfi-no più unite». A rinsaldare il legameè stato anche un gesto molto signifi-cativo, accolto come “la visitazionedi Cristo Gesù”: nel periodo succes-sivo alla Pasqua, infatti, quando lemisure di lockdown hanno iniziato aessere allentate, a sacerdoti, religiosi,seminaristi e laici è stato concesso diportare l’eucaristia alle famiglie, casaper casa. «Forte è stata la commo-zione. Il messaggio era: il Signorevisita e benedice ogni famiglia. Èstato un momento forte di spirituali-tà che ha toccato il cuore dei fede-li», racconta. La presenza concretadella Chiesa accanto alla comunitànon si è vista solo nell’aspetto sacra-mentale: anche la prossimità, i gestidi carità e solidarietà sono stati im-portanti. «A causa del lockdown —osserva il pastore di Xuân Lôc —molte persone hanno perso il lavoroe di conseguenza molte famiglie po-vere, particolarmente gli immigrati,

si sono ritrovate in grave difficoltàeconomica. Le parrocchie non sonorimaste a guardare ma hanno orga-nizzato servizi di volontariato peraiutare le famiglie in stato di neces-sità». Le diverse commissioni o asso-ciazioni diocesane che curano la pa-storale degli immigrati sono stateparticolarmente attive, «portandonon solo un aiuto materiale ma lavicinanza, affetto umano e consola-zione spirituale, aspetti ugualmenteimportanti, per nutrire la speranza».

In Vietnam, seppure con le dovu-te cautele, le attività religiose pubbli-che bloccate per almeno sei settima-ne a causa dell’emergenza covid-19,sono riprese l’8 maggio, quando VuChien Thang, a capo del Comitatoper gli affari religiosi del governo,ha reso noto che il virus era ormai«sotto controllo» e che tutte le pro-vince erano ormai a basso rischio in-fezione. E così, dopo un tempo vis-suto all’insegna della preghiera e deldigiuno per chiedere la misericordiadi Dio e preservare la popolazionevietnamita dal coronavirus, «viviamooggi un tempo di ringraziamentoper la protezione ricevuta, poichénella nostra provincia non abbiamonessun caso di covid-19. Natural-mente continuiamo a pregare affin-ché il Signore faccia cessare l’epide-mia in tutto in mondo, dato che inmolti paesi ancora si soffre e si muo-re», rileva Đình Đúc Đao.

Secondo le cifre dell’O rganizza-zione mondiale della sanità, in Viet-nam dal 24 gennaio al 5 giugno sisono registrati soltanto 328 casi dicovid-19 e nessun decesso.

In vista della solennità del Santis-simo Corpo e Sangue di Cristo, do-menica 14 giugno, a Xuân Lôc si re-cita il rosario in tutte le famiglie e

comunità, con l’intento di benedire elodare per la grazia ricevuta e chie-dere la protezione per tutte le fami-glie della diocesi. Sono previsti inol-tre momenti speciali per i bambini eper i giovani, che tornano a incon-trarsi, pur nel rispetto delle distanze,cantando e pregando insieme. Unmomento di incontro e di festa cheraccoglierà molti devoti è quello or-

ganizzato al santuario mariano dio-cesano di Núi Cúi, dove i pellegrinisi raduneranno sotto il manto dellaMadre celeste. In quell’o ccasioneverrà promossa una colletta per aiu-tare i più poveri. Questo impegno disolidarietà ha il potere di rafforzareulteriormente i rapporti e la coope-razione interreligiosa, soprattuttocon le comunità buddiste, che vivo-no profondamente il valore dellacompassione.

Con questo spirito i sacerdoti delSacro Cuore di Gesù (dehoniani) aHuê, antica capitale del Vietnam, la-vorano fianco a fianco con le suorebuddiste per assistere persone congravi disabilità fisiche, tra le più vul-nerabili ed emarginate in tempo dipandemia. Religiosi e volontari laiciguidati da padre Joseph Phan TanHo, responsabile della congregazio-ne del Sacro Cuore di Gesù a Huê,sono in stretto contatto con il centrobuddista per bambini disabili dellacittà: non solo offrono alla strutturageneri alimentari, provvedendo adaltre necessità, ma visitano anche ilcentro, trascorrendo tempo con ipiccoli, preparando i pasti e giocan-do con loro.

Il patriarcato maronita sostiene attività di formazione agricola

Prendersi curadel Libano

Caritas Sri Lanka aiuta le famiglie povere colpite dal coronavirus

In prima linea

Lutto nell’episcopato

Monsignor Youssef Béchara, arcive-scovo emerito di Antélias dei Maro-niti, in Libano, è morto nella seratadi martedì 9 giugno. Nato a Arbet-Kozhaya, nell’arcieparchia di Tripolidel Libano dei Maroniti, il 19 marzo1935, era stato ordinato sacerdote il19 aprile 1963. Nominato vescovo diCipro dei Maroniti il 4 aprile 1986,aveva ricevuto l’ordinazione episco-pale il successivo 18 maggio. L’11maggio 1988, con l’erezione dell’ar-cierparchia di Antélias dei Maroniti,ne era stato nominato primo arcive-scovo. Il 16 giugno 2012 aveva ri-nunciato al governo pastorale. Leesequie saranno celebrate alle 11 digiovedì 11 giugno, nella chiesa diSan Giuseppe nella residenza epi-scopale di Antélias dei Maroniti.

†Il Cardinale Prefetto, l’Arcivescovo Segre-tario, il Sottosegretario e i collaboratoritutti della Congregazione per gli Istituti divita consacrata e le Società di vita aposto-lica sono vicini con l’affetto e la preghieraalla Reverenda Suor Carmen Ros Nortes,Sottosegretario della medesima Congrega-zione, per la perdita della cara mamma

Signora

DOLORESNORTES MARTINEZ

avvenuta in Espinardo — Murcia, Spagna— ed elevano preghiere di suffragio affin-ché il Signore della Vita l’accolga tra i suoieletti e le conceda la ricompensa promessaa coloro che si sono sempre affidati allasua misericordia.

BE I R U T, 10. Si chiama Terra deltuo tesoro ed è un progetto diformazione agricola avviatodall’associazione Green LibanoClub e riservato ai giovani inte-ressati a sviluppare iniziative diproduzione agricola. L’iniziativa,patrocinata dal ministero libaneseper l’agricoltura, è sostenuta an-che dalla fondazione Diane per losviluppo sostenibile dell’Universi-tà gesuita Saint-Joseph di Beirut,oltre che dal Centro patriarcalemaronita per lo sviluppo umano.Alla cerimonia del lancio del pro-getto, avvenuta nei giorni scorsi aBeirut, ha preso parte, tra gli al-tri, anche il patriarca di Antiochiadei Maroniti, cardinale BécharaBoutros Raï.

La crisi economica attraversatadal Libano, aggravatasi ulterior-mente a causa della pandemia dacoronavirus, ha visto recentemen-te moltiplicarsi le iniziative spon-tanee di persone che si mettonoper la prima volta a coltivare pic-coli terreni, anche in aree urbane,per produrre derrate alimentari —frutta, ortaggi e verdure — per ilconsumo personale e familiare. Inquesto contesto, diversi soggettiecclesiali si sono coinvolti nel so-stegno diretto alle iniziative avvia-te da associazioni di settore peroffrire assistenza ed orientamentosoprattutto ai giovani che stannotornando a impegnarsi nell’attivi-tà agricola per assicurare a sestessi e alle proprie famiglie l’ap-provvigionamento di beni alimen-tari in questo tempo di crisi eco-nomica.

Durante l’incontro di presenta-zione del progetto, padre TawfiqBou Hader, direttore del Centroper lo sviluppo umano del Pa-triarcato di Antiochia dei Maroni-ti, ha definito le iniziative comu-nitarie di ritorno al lavoro dellaterra messe in atto da giovani co-me un segno importante anchedel loro desiderio di riscoprire illegame con l’identità e i tesoridella propria nazione. Il patriarcaRaï, nel corso del suo intervento,ha rivolto anche un appello a tut-ti i libanesi che vivono all’e s t e ro ,invitandoli a non perdere le radicidella propria appartenenza, custo-dite anche attraverso la ripresa diattività agricole condotte con cri-teri di sostenibilità ambientale.

«La casa che perde la madre di-venta difficile da riunire», ha sot-tolineato tra l’altro il porporato,ricordando che «se perdiamo l’at-taccamento alla nostra Patria, saràdifficile poi incontrarci come liba-nesi. Per questa ragione siamosempre incoraggiati a prendercicura della nostra terra».

Nel Paese dei cedri sono molte-plici le attività messe in atto dallaChiesa per far fronte alle emer-genze del momento. Caritas Liba-no, per esempio, continua a privi-legiare le famiglie povere nella di-stribuzione di cibo e medicine.Secondo i dati dell’ente caritativocattolico, vi sono oltre 12.500 fa-miglie che hanno bisogno di so-stegno ed assistenza per sopravvi-vere. Attualmente, operano nelPaese oltre 1.200 volontari insie-me a poco più di 750 operatoriCaritas. «Dall’inizio della crisi le-gata all’emergenza coronavirus laCaritas ha lanciato un appello al-la solidarietà, mettendo a disposi-zione una apposita linea telefoni-ca, per raccogliere donazioni», hadichiarato all’agenzia Fides il car-melitano padre Michel Abboud,direttore di Caritas Libano. IlPaese sta riuscendo a contenerel’effetto devastante del covid-19imponendo l’isolamento; tuttavial’emergenza politica e socio-eco-nomica che lo attanaglia da diver-si mesi non ha fatto che aumenta-re ulteriormente il numero dellefamiglie ridotte sul lastrico. «An-che i centri di assistenza sanitaria,situati nelle aree più povere delPaese — ha aggiunto padre Mi-chel — continuano a essere opera-tivi con un orario ridotto per ga-rantire il sostegno non solo ai li-banesi, ma anche ai rifugiati siria-ni e a chiunque ne abbia bisogno.A causa della pandemia di coro-navirus e, successivamente, per lemisure restrittive imposte dalloStato, gli ambulatori mobili si li-mitano a fornire i farmaci a chi liprenota in anticipo, in attesa difornire in futuro le prestazionimediche gratuite interrottedall’emergenza». Caritas Libano,nonostante l'emergenza sanitaria,ha avviato tante iniziative e pro-getti, in collaborazione con diver-si enti ecclesiastici e statali, qualiraccolta fondi e assistenza legaleai più emarginati.

CO L O M B O, 10. «I nostri sforzi vannoin due direzioni: soccorrere gli indi-genti con aiuti umanitari; ideare eorganizzare attività che possano ser-vire a mitigare l’impatto sociale dellacrisi sanitaria e a preparare una ri-presa economica sostenibile»: èquanto ha dichiarato padre Mahen-dra Gunatilleke, direttore nazionaledi Caritas Sri Lanka in merito allagrande mobilitazione della comunitàcattolica per l’assistenza alle famigliepovere e alle persone più vulnerabili,colpite dall’impatto socio-economicodell’emergenza sanitaria di covid-19.

Comunità, diocesi, parrocchie,congregazioni religiose e associazio-ni, infatti, si sono organizzate perfornire cibo alle famiglie indigentidurante il coprifuoco imposto dalgoverno. Inoltre, sono stati distribui-ti articoli per l’igiene, dispositivi diprotezione individuale e viene offer-ta assistenza medica gratuita, in par-ticolare per donne, bambini e anzia-ni. «Abbiamo intensificato gli inter-venti in coordinamento con le dioce-si — ha spiegato all’agenzia Fidespadre Mahendra — e sono stati av-viati diversi progetti «in accordo coni nostri partner, generosi nell’imp e-gnare fondi in risposta a questacrisi» che anche nel Paese asiaticoha portato a gravi ripercussioni so-cioeconomiche. Mentre il governodello Sri Lanka sta gradualmente re-vocando le dure restrizioni imposteper quasi otto settimane, al fine dirilanciare l’economia, non vi è anco-ra alcuna certezza su quando il foco-laio di malattia sarà messo sottoc o n t ro l l o .

In tre distretti della provincia oc-cidentale, Colombo, Gampaha e Ka-lutara, l’impatto della crisi è statopiù grave: in questa porzione diterritorio vi è la maggiore concentra-zione della popolazione nel Paese ele industrie di piccole e mediedimensioni che impiegano più del 50per cento della forza lavoro totale.Nella nazione il lavoro salariatoquotidiano (piccoli agricoltori, pe-scatori, o attività di servizio nel cam-po dell’edilizia, o piccoli commer-cianti) è il più colpito e molte fami-

glie non hanno la possibilità del so-stentamento.

Inoltre, a causa della restrizionedel trasporto, è difficile consegnare iprodotti agricoli nei mercati e i prez-zi nelle aree urbane rimangono ele-vati. La crisi è stata un duro colpoper i contadini. L’agricoltura, infatti,contribuisce all’8 per cento circa delpil dell’economia, ma la forza lavoroimpiegata in questo settore è di circail 28 per cento. L’attuale crisi hagravemente colpito quanti vivevanograzie ai redditi legati all’attività

accesso ai servizi e all’assistenza sa-nitaria.

Tra gli effetti della crisi, vi è an-che l’aumento della violenza dome-stica sulle donne che vengono mal-menate durante il coprifuoco. L’or-ganizzazione Women in Need (Win)afferma che tra il 16 marzo e il 1aprile scorso ha ricevuto numerosechiamate relative alla violenza dome-stica mentre la National Child Pro-tection Authority (Ncpa) ha registra-to l’aumento di denunce per abusisui minori. La sfida di vivere in spa-

agricola. Ciò ha interrotto i mezzi disussistenza, le catene di approvvigio-namento e il flusso di cassa delle fa-miglie più povere. I lavoratori conretribuzione giornaliera sono disoc-cupati mentre è cresciuta la vulnera-bilità delle donne povere e dei bam-bini.

Nello Sri Lanka, le persone di etàpari o superiore a 60 anni rappre-sentano circa il 16 per cento dellapopolazione, segmento che sembraessere il più colpito dal virus. Illivello di rischio più elevato deglianziani è aggravato dal loro scarso

zi ristretti e altri stress aumenta il ri-schio che genitori e adulti sottopon-gano i bambini alla violenza.

Intanto, il governo ha creato duestrutture per far fronte all'attuale cri-si. Sono il National OperationsCenter for Combat Covid-19 e laPresidential Task Force for Econo-mic Revival and Poverty Eradica-tion. L’esecutivo ha anche adottatomisure per rilanciare l’economia eimplementare la salute, la sicurezza ela distribuzione di alimenti, tuttavia,l’attenzione ai gruppi vulnerabilinon è sufficiente a preservarli dal ri-schio di soffrire la fame.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 giovedì 11 giugno 2020

L’appello di Francesco per la Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile

Proteggere i bambini, futuro dell’umanità

All’udienza generale il Pontefice parla di Giacobbe

Quando la preghieraè una lotta con Dio

«Lottare con Dio» è «una metafora della preghiera». Lo ha sottolineato PapaFrancesco all’udienza generale di mercoledì 10 giugno, svoltasi nella Bibliotecaprivata del Palazzo apostolico Vaticano, senza la presenza di fedeli, a causa dellapandemia da covid-19. Proseguendo nel ciclo di catechesi iniziate il 6 maggio,il Pontefice ha parlato della preghiera di Giacobbe.

L’impegno della commissione vaticana covid-19 attivata dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale

Finché c’è un solo caso il mondo non è al sicuro

Nomineepiscopali

Domenica 14la messa del Papa

per il CorpusD omini

La solennità del Corpus Do-mini — che ricorre il giovedìdopo la Santissima Trinità —sarà celebrata da Papa France-sco domenica 14 giugno, alle9.45, all’altare della Cattedradella basilica Vaticana. Lamessa, alla quale partecipe-ranno una cinquantina di fe-deli, si concluderà con l’esp o-sizione del Santissimo Sacra-mento e la benedizione euca-ristica.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Proseguiamo la nostra catechesi sultema della preghiera. Il libro dellaGenesi, attraverso le vicende di uo-mini e donne di epoche lontane, ciracconta storie in cui noi possiamorispecchiare la nostra vita. Nel ciclodei patriarchi, troviamo anche quelladi un uomo che aveva fatto dellascaltrezza la sua dote migliore: Gia-cobbe. Il racconto biblico ci parladel difficile rapporto che Giacobbeaveva con suo fratello Esaù. Fin dapiccoli, tra loro c’è rivalità, e non sa-rà mai superata in seguito. Giacobbeè il secondogenito — erano gemelli—, ma con l’inganno riesce a carpireal padre Isacco la benedizione e ildono della primogenitura (cfr. Gen25, 19-34). È solo la prima di unalunga serie di astuzie di cui questouomo spregiudicato è capace. Anche

il nome “Giacobb e” significa qualcu-no che ha scaltrezza nel muoversi.

Costretto a fuggire lontano dalfratello, nella sua vita pare riuscirein ogni impresa. È abile negli affari:si arricchisce molto, diventando pro-prietario di un gregge enorme. Contenacia e pazienza riesce a sposare lapiù bella delle figlie di Labano, dicui era veramente innamorato. Gia-cobbe — diremmo con linguaggiomoderno — è un uomo che “si è fat-to da solo”, con l’ingegno, la scal-trezza, riesce a conquistare tutto ciòche desidera. Ma gli manca qualco-sa. Gli manca il rapporto vivo con leproprie radici.

E un giorno sente il richiamo dicasa, della sua antica patria, doveancora viveva Esaù, il fratello concui sempre era stato in pessimi rap-porti. Giacobbe parte e compie un

lungo viaggio con una carovana nu-merosa di persone e animali, finchéarriva all’ultima tappa, al torrenteJabbok. Qui il libro della Genesi cioffre una pagina memorabile (cfr.32, 23-33). Racconta che il patriarca,dopo aver fatto attraversare il torren-te a tutta la sua gente e tutto il be-stiame — che era tanto —, rimane dasolo sulla sponda straniera. E pensa:che cosa lo attende per l’indomani?Che atteggiamento assumerà suo fra-tello Esaù, al quale aveva rubato laprimogenitura? La mente di Giacob-be è un turbinio di pensieri… E,mentre si fa buio, all’improvviso unosconosciuto lo afferra e comincia alottare con lui. Il Catechismo spiega:«La tradizione spirituale della Chie-sa ha visto in questo racconto il sim-bolo della preghiera come combatti-mento della fede e vittoria della per-severanza» (CCC, 2573).

Giacobbe lottò per tutta la notte,senza mai lasciare la presa del suoavversario. Alla fine viene vinto, col-pito dal suo rivale al nervo sciatico,e da allora sarà zoppo per tutta lavita. Quel misterioso lottatore chiede

il nome al patriarca e gli dice: «Nonti chiamerai più Giacobbe, ma Israe-le. perché hai combattuto con Dio econ gli uomini e hai vinto!» (v. 29).Come a dire: non sarai mai l’uomoche cammina così, ma dritto. Glicambia il nome, gli cambia la vita,gli cambia l’atteggiamento; ti chia-merai Israele. Allora anche Giacob-be chiede all’altro: «Svelami il tuonome». Quello non glielo rivela, main compenso lo benedice. E Giacob-be capisce di aver incontrato Dio«faccia a faccia» (cfr. vv. 30-31).

Lottare con Dio: una metaforadella preghiera. Altre volte Giacobbesi era mostrato capace di dialogarecon Dio, di sentirlo come presenzaamica e vicina. Ma in quella notte,attraverso una lotta che si protrae alungo e che lo vede quasi soccombe-re, il patriarca esce cambiato. Cam-bio del nome, cambio del modo divivere e cambio della personalità:esce cambiato. Per una volta non èpiù padrone della situazione — lasua scaltrezza non serve —, non èpiù l’uomo stratega e calcolatore;Dio lo riporta alla sua verità di mor-tale che trema e ha paura, perchéGiacobbe nella lotta aveva paura.Per una volta Giacobbe non ha altroda presentare a Dio che la sua fragi-lità e la sua impotenza, anche i suoipeccati. Ed è questo Giacobbe a rice-vere da Dio la benedizione, con laquale entra zoppicando nella terrapromessa: vulnerabile, e vulnerato,ma con il cuore nuovo. Una voltaho sentito dire a un uomo anziano —buon uomo, buon cristiano, ma pec-catore che aveva tanta fiducia in Dio— diceva: “Dio mi aiuterà; non milascerà da solo. Entrerò in paradiso,zoppicando, ma entrerò”. Giacobbe,prima era uno sicuro di sé, confida-va nella propria scaltrezza. Era unuomo impermeabile alla grazia, re-frattario alla misericordia; non cono-sceva cosa fosse la misericordia.“Qui sono io, comando io!”, non ri-teneva di avere bisogno di misericor-dia. Ma Dio ha salvato ciò che eraperduto. Gli ha fatto capire che eralimitato, che era un peccatore cheaveva bisogno di misericordia e losalvò.

Tutti quanti noi abbiamo un ap-puntamento nella notte con Dio,nella notte della nostra vita, nelletante notti della nostra vita: mo-menti oscuri, momenti di peccati,momenti di disorientamento. Lì c’èun appuntamento con Dio, sempre.Egli ci sorprenderà nel momento incui non ce lo aspettiamo, in cui citroveremo a rimanere veramente dasoli. In quella stessa notte, combat-tendo contro l’ignoto, prenderemocoscienza di essere solo poveri uo-mini — mi permetto di dire “p ove-racci” — ma, proprio allora, nel mo-mento in cui ci sentiamo “p overac-ci”, non dovremo temere: perché inquel momento Dio ci darà un nomenuovo, che contiene il senso di tuttala nostra vita; ci cambierà il cuore eci darà la benedizione riservata a chisi è lasciato cambiare da Lui. Questoè un bell’invito a lasciarci cambiareda Dio. Lui sa come farlo, perchéconosce ognuno di noi. “Signore, Tumi conosci”, può dirlo ognuno dinoi. “Signore, Tu mi conosci. Cam-biami”.

Le nomine di oggi riguardano laChiesa nelle Americhe.

Mitchell Thomas Rozanskiarcivescovo metropolita

di Saint Louis(Stati Uniti d’America)Nato il 6 agosto 1958 a Baltimo-

re, Maryland, vi ha frequentato lascuola elementare Sacred Heart ofMary passando poi per la seconda-ria all’Our Lady of Mount CarmelHigh School di Essex. Ha compiu-to gli studi di filosofia e teologiapresso il Theological Collegedell’Università cattolica di Americaa Washington (1978-1984), ed è sta-to ordinato sacerdote per il clero diBaltimore il 24 novembre 1984, ri-coprendo gli incarichi di vicarioparrocchiale di Saint Michael aOverlea (1984-1986) e di Saint An-thony of Padua a Baltimore (1986-1990); di parroco di Saint Isaac Jo-gues Parish a Baltimore (1990-1993), delle parrocchie gemellateHoly Cross and Saint Mary Star ofthe Sea sempre a Baltimore (1993-2000), e di Saint John the Evange-list a Severna Park (2000-2004). Èstato anche vicario foraneo nellacontea Anne Arundel e membrodel collegio dei consultori, del con-siglio presbiterale, del comitato ar-cidiocesano per le vocazioni, delpriest personnel board, del comita-to per la formazione permanentedel clero e di quello per la forma-zione dei laici, e vicario per i mini-stri ispanici dell’arcidiocesi. Nomi-nato vescovo titolare di Walla Wal-la e ausiliare di Baltimore il 3 lu-glio 2004, ha ricevuto l’o rd i n a z i o n eepiscopale il 24 agosto successivo.È stato trasferito alla sede residen-ziale di Springfield in Massachu-setts il 19 giugno 2014 e ha fattol’ingresso in diocesi 12 agosto dellostesso anno. In seno alla Conferen-

za dei vescovi degli Stati Uniti èmembro del Committee on Ecume-nical and Interreligious Affairs.

Francisco Cota de Oliveiravescovo di Sete Lagoas

(Brasile)

È nato il 5 agosto 1969 ad Onçado Pitangui, diocesi di Divinópo-lis, nello stato di Minas Gerais. Hacompiuto gli studi di filosofia pres-so la Pontificia università cattolicaa Belo Horizonte (1992-1994) equelli di teologia presso l’istitutoDom João Rezende Costa dell’a rc i -diocesi di Belo Horizonte (1995-1998). Il 1° agosto 1999 è stato ordi-nato sacerdote per il clero di Divi-nópolis, ed è stato parroco di Nos-sa Senhora do Carmo a Carmo doCajuru, di Sant’Ana ad Itaúna e diNossa Senhora do Pilar a Pitangui;assessore diocesano per la gioven-tù; professore nel seminario prope-deutico, nel seminario di filosofia enel corso di teologia per i laici; vi-cario foraneo; promotore di giusti-zia del tribunale ecclesiastico dio-cesano; membro del consiglio dio-cesano per gli affari economici edeconomo diocesano aggiunto. Il 7giugno 2017 è stato nominato ve-scovo titolare di Fiorentino ed au-siliare di Curitiba, e ha ricevutol’ordinazione episcopale il 26 ago-sto successivo. All’interno dellaConferenza dei vescovi del Brasileè membro della commissione pa-storale per l’azione socio-trasforma-trice.

Bruce Lewandowskiausiliare di Baltimore

(Stati Uniti d’America)

Nato l’8 giugno 1967 a Toledo,Ohio, il 10 settembre 1988, haemesso la prima professione nellaprovincia di Baltimore della con-gregazione del Santissimo Reden-tore. Ha frequentato il Saint Al-phonsus College a Suffield (Con-necticut) e l’Holy Redeemer Colle-ge a Washington, facendo gli studiteologici alla Washington Theolo-gical Union (1988-1994). Ordinatosacerdote redentorista il 7 maggio1994 nella basilica santuariodell’Immacolata Concezione a Wa-shington D.C., è stato vicario par-rocchiale di Saint Cecilia a Ma-nhattan, New York (1994-1996), edi Immaculate Conception nelBronx (1996-1998). Ha svolto servi-zio missionario alla Seelos Housedi Vieux Fort, Saint Lucia, WestIndies (1998-2000), ed è stato pa-store nelle parrocchie di Saint Bo-niface a Philadelphia (2000-2006)di Visitation of the Blessed VirginMary a Kensington (2006-2011) —entrambe in Pennsylvania — e vica-rio per i ministeri culturali dell’ar-cidiocesi di Philadelphia (2011-2015). Dal 2016 è parroco di SacredHeart of Jesus/Sagrado Corazonde Jesus a Baltimore e dal 2019 èanche delegato “ad interim” per ilministero agli ispanici di quest’ulti-ma arcidiocesi.

Un appello alle istituzioni affinché«pongano in essere ogni sforzo perproteggere» i bambini è stato lanciatoda Papa Francesco in vista dellaGiornata mondiale contro losfruttamento del lavoro minorile.Il Pontefice ne ha parlato al terminedella catechesi, salutando i varigruppi che attraverso i media hannoseguito l’udienza, conclusasi con larecita del Padre Nostro e laBenedizione apostolica.

Sono lieto di salutare i fedeli di lin-gua francese. Il Signore vi ricolmidel suo Spirito di fortezza, in modoche possiate combattere la buonabattaglia della fede ed essere tra-sformati in nuove creature.

A tutti la mia benedizione!

Saluto i fedeli di lingua inglesecollegati attraverso i mezzi di co-municazione sociale. Invoco su divoi e sulle vostre famiglie la gioia ela pace del Signore.

Dio vi benedica!

Rivolgo un cordiale saluto ai fra-telli e alle sorelle di lingua tedesca.Non aspettiamo che gli altri cambi-no: facciamo noi il primo passo perincontrarli, e il Signore si renderàpresente e ci farà testimoni dellasua bontà. Dio è la nostra luce e lanostra salvezza!

Saludo cordialmente a los fielesde lengua española, que siguen estacatequesis a través de los medios decomunicación social. Pidamos alSeñor que nos dé la fortaleza paradejarnos sorprender por su miseri-cordia, para aceptar nuestra fragili-dad sin temor, sabiendo que, aun-que sea de noche y estemos solos,combatiendo contra lo desconoci-do, Dios puede dar sentido a todanuestra vida y regalarnos la bendi-ción que reserva a quien se deja tra-sformar por Él. Que Dios los ben-diga.

Saluto gli ascoltatori di linguaportoghese. Alla vigilia della solen-nità del Santissimo Corpo e Sanguedi Cristo, vi invito a guardare confiducia il vostro futuro in Dio, por-tando il fuoco del suo amore nelmondo. Appena possibile, ritornateall’adorazione e alla comunione delCorpo del Signore nella Messa diprecetto. È la grazia della Pasquache fruttifica nell’Eucaristia e cherende feconda la nostra vita. Dio vib enedica!

Saluto i fedeli di lingua arabache seguono questa udienza attra-verso i mezzi di comunicazione so-ciale. La lotta di Giacobbe conl’angelo di Dio è un’espressiva im-magine di come aggrapparsi al Si-gnore con fede, nei momenti dellaprova. Il Signore dona la Sua bene-dizione a chi crede e si aggrappaalla propria fede. Il Signore vi be-

nedica tutti e vi protegga sempre daogni male!

Saluto cordialmente tutti i Polac-chi. Il mese di giugno, dedicato alSacratissimo Cuore di Gesù, è par-ticolarmente sentito tra di voi. AlCuore Divino, colmo di pace e diamore, possiamo affidare tutte leinquietudini dei nostri cuori e il no-stro amore imperfetto. Dal Cuoretrafitto del Salvatore sgorga, perl’Umanità intera, la fonte di ogniconsolazione e l’oceano della Divi-na Misericordia. Gesù, mite e umiledi cuore, renda i nostri cuori similial Suo! Vi benedico di cuore.

Venerdì prossimo, 12 giugno, sicelebra la Giornata mondiale controlo sfruttamento del lavoro minorile,

un fenomeno che priva i bambini ele bambine della loro infanzia e chene mette a repentaglio lo sviluppointegrale. Nell’attuale situazione diemergenza sanitaria, in diversi Paesimolti bambini e ragazzi sono co-stretti a lavori inadeguati alla loroetà, per aiutare le proprie famigliein condizioni di estrema povertà. Innon pochi casi si tratta di forme dischiavitù e di reclusione, con conse-guenti sofferenze fisiche e psicolo-giche. Tutti noi siamo responsabilidi questo.

Faccio appello alle istituzioni af-finché pongano in essere ogni sfor-zo per proteggere i minori, colman-do le lacune economiche e socialiche stanno alla base della dinamicadistorta nella quale essi sono pur-troppo coinvolti. I Bambini sono ilfuturo della famiglia umana: a tuttinoi spetta il compito di favorirne lacrescita, la salute e la serenità!

Saluto i fedeli di lingua italiana.Domani è la Solennità del CorpusDomini, Corpo e Sangue di Cristo.Quest’anno non è possibile celebra-re l’Eucaristia con manifestazionepubbliche, tuttavia possiamo realiz-zare una “vita eucaristica”. L’ostiaconsacrata racchiude la persona delCristo: siamo chiamati a cercarladavanti al tabernacolo in chiesa, maanche in quel tabernacolo che sonogli ultimi, i sofferenti, le personesole e povere. Gesù stesso lo hadetto.

Rivolgo il mio pensiero agli an-ziani, ai giovani, ai malati e aglisposi novelli. Tutti esorto a trovarenell’Eucaristia le energie necessarieper vivere con fortezza cristiana imomenti difficili.

Di cuore vi benedico!

Mentre l’Europa comincia a uscire dalla fasepandemica più grave e progressivamente sta an-nullando le restrizioni, altrove, come in Americalatina e in Africa, la storia è ben diversa. Dun-que «finché esiste un solo caso di coronavirus ilmondo non è sicuro» e «tutti i Paesi devono es-sere equamente aiutati a uscire da questa emer-genza» attraverso un’azione di solidarietà collet-tiva. Lo ha sottolineato il cardinale Peter KodwoAppiah Turkson, prefetto del Dicastero per ilservizio dello sviluppo umano integrale (Dssui),nel corso di un incontro con i media vaticanisvoltosi in diretta streaming martedì 9 giugno.

Durante i lavori sul tema «Preparare il futuroattraverso le Chiese locali al tempo del covid-19»sono stati illustrati gli sforzi compiuti dalla com-missione vaticana “ad hoc” voluta dal Papa e af-fidata al Dssui per offrire una risposta coordina-ta da parte della Chiesa alle sfide non solo sani-tarie, ma anche sociali ed economiche provocatedalla diffusione del contagio. La crisi — ha spie-gato il porporato — «ci ha mostrato che l’umani-

tà è interconnessa, legata a vincoli di solidarietà,e che la paura dell’altro si vince con la tenerez-za». Soprattutto nell’attuale mondo «a differentivelocità — ha aggiunto — occorre affrontare lasfida tutti insieme, perché la nostra è una comu-nità di destini». Infatti il futuro, come ripete Pa-pa Francesco, passa per «la promozione della di-gnità di ogni essere umano e di uno sviluppo so-stenibile». Ed ecco allora, ha concluso Turkson,che «inclusione, solidarietà e fratellanza» devonoessere le parole-chiave della commissione vatica-na per «non lasciare indietro nessuno... al di làdi ogni differenza».

Insieme con il cardinale prefetto sono interve-nuti il sotto-segretario del Dicastero, monsignorSegundo Tejado Muñoz, e il segretario generaledi Caritas internationalis, Aloysius John. Il pre-lato ha rilanciato la necessità di affrontare «nonsolo la pandemia del covid-19, ma tutte le altrepandemie che ci sono del mondo, a partire dallapovertà e dalle guerre»: da qui l’importanza del-la commissione vaticana volta a fronteggiare il

coronavirus in un’ottica a lungo raggio, che vadaoltre l’e m e rg e n z a .

Il rappresentante della confederazione globaledelle 165 agenzie caritative cattoliche nazionaliha invece richiamato l’attenzione sulla necessitàdi garantire il rispetto dei diritti umani, «in pri-mo luogo di coloro che sono più vulnerabili, co-me i bambini, le donne e i migranti». In propo-sito John ha illustrato la capillare azione dellaCaritas nei cinque continenti, in grado di rag-giungere le realtà più povere al fianco delleChiese locali e delle organizzazioni religiose, at-traverso la fornitura di cibo e materiale perl’igiene, a cominciare dal sapone. Un secondofronte di intervento riguarda l’informazione ne-cessaria per cercare di contenere il virus. Ma ilpassaggio più toccante è stato quando ha riferitoche in alcune città dell’India volontari e vescovidella Caritas si sono presi cura dei mendicantiche non potevano più trovare elemosine nellestrade deserte a causa del lockdown.