Proprietà delle argille - Docenti...

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09/11/2014 1 Proprietà delle argille CARATTERISTICHE CHIMICHE: composizione principale rappresentata dalla % degli ossidi di otto elementi (Si, Al, Ti, Fe, Ca, Mg, Na e K) oltre che dalla perdita in peso alla calcinazione e dalla % di CO 2 . (fluorescenza, microsonda elettronica). ANALISI MINERALOGICA: attraverso XRD (analisi qualitativa e quantitativa tramite Rietveld). Si associa spesso ad ANALISI TERMICHE specie per minerali a basso grado di cristallinità. CARATTERISTICHE FISICHE: analisi granulometrica CARATTERISTICHE TECNOLOGICHE: potere fluidificante e pH, plasticità, refrattarietà, informazioni sul prodotto durante la lavorazione e la cottura, comportamento del prodotto finito. Riconoscimento dei principali minerali ai RX Preparazione del campione: si scelgono campioni ORIENTATI per accentuare i riflessi basali tipici dei componenti di forma lamellare ( c). Campioni non orientati. Pretrattamenti: glicolazione, per riconoscere i minerali espandibili riscaldamento, per valutare la stabilità termica. In genere un trattamento termico di 2 ore a 300°C, seguito immediatamente dalla registrazione della diffrazione, serve ad ottenere dati in condizioni di atmosfera controllata. ANALISI MINERALOGICA: attraverso XRD (analisi qualitativa e quantitativa tramite Rietveld). Si associa spesso ad ANALISI TERMICHE specie per minerali a basso grado di cristallinità.

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Proprietà delle argille

CARATTERISTICHE CHIMICHE: composizione principale rappresentata dalla % degli ossidi di otto elementi (Si, Al, Ti, Fe, Ca, Mg, Na e K) oltre che dalla perdita in peso alla calcinazione e dalla % di CO2. (fluorescenza, microsonda elettronica). ANALISI MINERALOGICA: attraverso XRD (analisi qualitativa e quantitativa tramite Rietveld). Si associa spesso ad ANALISI TERMICHE specie per minerali a basso grado di cristallinità. CARATTERISTICHE FISICHE: analisi granulometrica CARATTERISTICHE TECNOLOGICHE: potere fluidificante e pH, plasticità, refrattarietà, informazioni sul prodotto durante la lavorazione e la cottura, comportamento del prodotto finito.

Riconoscimento dei principali minerali ai RX

•Preparazione del campione: si scelgono campioni ORIENTATI per accentuare i riflessi basali tipici dei componenti di forma lamellare ( c).

Campioni non orientati.

Pretrattamenti:

•glicolazione, per riconoscere i minerali espandibili

•riscaldamento, per valutare la stabilità termica. In genere un trattamento termico di 2 ore a 300°C, seguito immediatamente dalla registrazione della diffrazione, serve ad ottenere dati in condizioni di atmosfera controllata.

ANALISI MINERALOGICA: attraverso XRD (analisi qualitativa e quantitativa tramite Rietveld). Si associa spesso ad ANALISI TERMICHE specie per minerali a basso grado di cristallinità.

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• Pochi grammi di campione vengono

disgregati leggermente nel mortaio

• Se altri componenti mineralogici non

debbono essere rivelati per via

diffrattometrica, si possono eliminare per

trattamento chimico;

Riconoscimento dei principali minerali ai RX:

pretrattamenti

Trattamenti chimici

• Rimozione di ossidi di Fe:

• la fluorescenza di Fe produce un fondo

alto che può mascherare i riflessi

provenienti dai min. argillosi

• Ossidazione tramite composto organico

dello zolfo(CBD= disolfuro di carbonio),

che però rimuove anche calcite e fosfati;

Spettri RX prima (a sinistra) e dopo

(a destra) la rimozione di ossidi di Fe

Rimozione della materia organica:

•Per ossidazione in ipoclorito di sodio o in agenti ossidanti commerciali

•In 10-20 ml di ipoclorito di Na, pH aggiustato a 9,5 con HCl, mantenendo in immersione e agitazione il campione.

•In acqua ossigenata a 90°C o a temperatura ambiente

•La completa ossidazione della materia organica fa cambiare il colore a grigio o rossiccio

•Svantaggio: Minerali argillosi con Fe in siti ottaedrici risultano alterati

Riconoscimento dei principali minerali ai RX:

pretrattamenti chimici

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Riconoscimento dei principali minerali ai RX

•Preparazione del campione: si scelgono campioni ORIENTATI per accentuare i riflessi basali tipici dei componenti di forma lamellare ( c).

•Si deposita la sospensione su un vetrino piano oppure si spalma un pò di impasto di argilla allo stato plastico su un supporto dello stesso tipo oppure

•si deposita la sospensione su un supporto ceramico (o organico) poroso (anche per centrifugazione).

Campioni non orientati: riempimento laterale di un portacampione.

Pretrattamenti:

•glicolazione, per riconoscere i minerali espandibili

•riscaldamento, per valutare la stabilità termica. In genere un trattamento termico di 2 ore a 300°C, seguito immediatamente dalla registrazione della diffrazione, serve ad ottenere dati in condizioni di atmosfera controllata.

• In caso di studi strutturali, l’esperimento di diffrazione richiede la raccolta

dell’intero range angolare di diffrazione accessibile

• Il campione deve essere monofase

• La polvere deve essere uniforme in taglia

• Caricamento laterale del campione

• L’identificazione della specie argillosa presente nel campione (polifase)

trova vantaggio nella preparazione di un campione ISOORIENTATO, la

cui diffrazione è tale per cui è più rappresentata nei riflessi 00l, basali,

che contengono l’informazione sulla distanza interplanare.

Riconoscimento dei principali minerali ai RX:

pretrattamenti

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Preparazione del campione per raccolta in

diffrazione X su polveri.

Quale portacampione usare?

Caricamento laterale. Campione

orientato casualmente. Riduce gli effetti

di isoorientazione. Necessita quantità

maggiori di campione.

Caricamento dall’alto (o dal retro)

standard. Effetti di isoorientazione per

cristalliti con morfologia tabulare

Caricamento con Orientazione

preferenziale mediante spalmatura del

campione o deposizione da sospensione.

Preparazione del campione per raccolta in

diffrazione X su polveri.

A:caricamento dal retro.

Campione orientato

casualmente

B:caricamento laterale.

Campione orientato

casualmente

C: spalmatura del

campione. Orientazione

preferenziale

A

B C

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Campioni isoorientati

• Con filtro Millipore

• Per deposizione da una sospensione

Glicolazione

• Il glicole etilenico è un potente solvente e particolarmente volatile

• Adsorbito dalle particelle argillose, da luogo ad espansione interstrato, che può

essere sfruttata come metodo identificativo.

• In diffrazione, si osserva, per specie espandibili, lo spostamento verso i valori

bassi di 2θ del riflesso basale

• Si espone il campione ai vapori di glicole etilenico a 60° per circa 8h

• Impiegando circa 100-200 ml di sostanza, in un contenitore chiuso

• Idealmente, la misura viene completata in 3 tempi:

1. Spettro della regione a basso angolo del campione isoorientato

2. Un secondo spettro della regione a basso angolo del campione orientato CASUALMENTE

3. Spettro della regione a basso angolo del campione isoorientato e glicolato

Se il primo e il secondo spettro non mostrano differenze sostanziali, allora lo stato

di espansione dovuto all’assunzione di Glicole etilenico interstrato non è mutato; il

glicole è infatti molto volatile su supporti molto lisci (ad esempio, basette di vetro)

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smectite • Il trattamento in G.E. sposta il riflesso 001 a circa 5,2° 2θ da 6°, corrispondenti

ad una espansione fino a 16,9Å a partire da un valore di 15Å.

2 theta (°)

Inte

nsit

à (

cp

s)

1,5 3 4,5 6 7,5 9 10,5 12 13,5 150

500

1.000

1.500

2.000

2.500

3.000

123

campione isoorientatocampione glicolatocampione orientato casualmente

14.2Å

16.0Å

7.1Å

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Smectiti:differenze tra una Montmorillonite disidratata, idratata e glicolata

a) b)

c) d)

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Un diffrattogramma effettuato utilizzando preparati orientati preferenzialmente su una superficie piana mostra prevalentemente i picchi corrispondenti alle riflessioni 001.

Se il diffrattogramma è eseguito su preparati disordinati si osserveranno sul diffrattogramma tutti i riflessi caratteristici del minerale e delle altre fasi associate (Qz, miche, ecc.).

Si2O5Al2(OH)4

ANALISI RX DELLA CAOLINITE

X-ray powder diffraction patterns of oriented-aggregate mounts showing the effects of standard treatments:

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Halloysite: riconoscimento ai RX

La riflessione 001 a 7,2-7,4 Å è asimmetrica verso i bassi angoli; analogamente per il picco 002 a 3,6 Å. Le riflessioni non basali sono sostituite da bande continue di diffrazione, a causa del disordine.

La halloysite completamente idrata ha un riflesso a 10 Å, che si contrae a circa 7,2 Å a 100°C.

Spesso la riflessione a circa 4,4 Å è più intensa delle basali a causa della struttura tabulare.

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Illite: caratteristiche principali

Riconoscimento RX: il periodo basale (10Å) non è influenzato da trattamenti chimici e termici perchè non esiste acqua interstrato nè il potassio può essere facilmente scambiato con altri cationi o molecole. Gli altri picchi più intensi sono a circa 5, 3,33, 1,99 e 1,50 Å.

Morfologia: le illiti non hanno una morfologia tipica, ma si presentano in microscopia elettronica in masse irregolari.

Il politipo 1M mostra poi alcune riflessioni non basali a 3,66 Å, 3,07 Å e 2,68 Å che non si trovano nel politipo 1Md.

X-ray powder diffraction patterns of oriented-aggregate mounts showing the effects of standard treatments:

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Smectiti:Montmorillonite di Ca e di Na: differenze

Reticolo espandibile: la distanza basale cambia in funzione del catione scambiabile, dell’umidità relativa, dell’inglobamento di molecole organiche e del trattamento termico.

Le riflessioni non basali sono tipicamente asimmetriche verso gli angoli più alti, indicando una mancanza di ordine tridimensionale. Tali riflessioni sono a forma di bande e si trovano a 4.5Å, 2.61Å, 1.70Å, 1.5Å circa.La glicolazione non permette di distinguere il tipo di smectite dal momento che tutte espandono fino a circa 17Å con glicole etilenico e a circa 18Å con glicerina.

X-ray powder diffraction patterns of oriented-aggregate mounts showing the effects of standard treatments:

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X-ray powder diffraction patterns of oriented-aggregate mounts showing the effects of standard treatments:

vermiculite: analisi RX

La sua distanza basale varia con la natura del catione di interstrato, con l’assorbimento di molecole organiche e con il trattamento termico a bassa temperatura.

Può essere di o triottaedrica, e quest’ultimo tipo prevale nelle frazioni argillose. La distinzione tra i due termini si effettua in base alla distanza dei piani 060: 1,49-1,50 Å per i diottaedrici, 1,53-1,54 Å per quelli triottaedrici.

Riflesso principale a 14,9 Å per la Ca-vermiculite, 14,5 per la Mg e Na-vermiculite, 12,5 per le Na-vermiculiti con umidità inferiore al 50%. Le varietà di K sono rare.

Per glicolazione il periodo si espande a 16-17 Å.

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X-ray powder diffraction patterns of oriented-aggregate mounts showing the effects of standard treatments:

Cloriti: riconoscimento ai RX

La distanza interplanare 060, legata al periodo b, consente ad esempio di distinguere le cloriti triottaedriche, ricche cioè in Fe e Mg, (d=1,535-1,548 Å) dalle diottaedriche, alluminifere (d=1,489-1,509 Å); queste ultime sono anche più resistenti all’attacco acido.

In generale, tutte le cloriti hanno una riflessione basale a 14,2-14,4 Å accompagnata da tutti i successivi ordini, fino al 5° (piani 005), anche se il riflesso più intenso è sempre quello di secondo ordine a circa 7 Å.

Tutte le cloriti, come si è detto, hanno composizione e struttura variabile, ma i RX possono dare qualche informazione in merito.

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Cloriti: riconoscimento ai RX

Proprietà delle argille

CARATTERISTICHE CHIMICHE: composizione principale rappresentata dalla % degli ossidi di otto elementi (Si, Al, Ti, Fe, Ca, Mg, Na e K) oltre che dalla perdita in peso alla calcinazione e dalla % di CO2. (fluorescenza, microsonda elettronica). ANALISI MINERALOGICA: attraverso XRD (analisi qualitativa e quantitativa tramite Rietveld). Si associa spesso ad ANALISI TERMICHE specie per minerali a basso grado di cristallinità. CARATTERISTICHE FISICHE: analisi granulometrica CARATTERISTICHE TECNOLOGICHE: potere fluidificante e pH, plasticità, refrattarietà, informazioni sul prodotto durante la lavorazione e la cottura, comportamento del prodotto finito.

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CARATTERISTICHE CHIMICHE

Composizione principale rappresentata dalla % degli ossidi di otto elementi (Si, Al, Ti, Fe, Ca, Mg, Na e K) oltre che dalla perdita in peso alla calcinazione e dalla % di CO2. (fluorescenza, microsonda elettronica).

Inquinamento ATMOSFERICO da Fluoro, da azoto, da zolfo, da cloro Il cloro può essere presente sia sotto forma di cloruro alcalino che come vicariante degli ossidrili nella struttura dei minerali argillosi (smentite e illite).

Condiziona le proprietà plastiche ed in essiccamento delle argille. Carbonio inorganico (carbonati, frammenti fossili e microfossili). T di decomposizione >700°C Carbonio organico: sostanze carboniose. T di decomposizione massima di 600°C. Provoca il difetto del cuore nero.

Elementi in tracce e inquinanti (Fluorescenza RX)

MATERIALE ORGANICO

Normalmente lo scambiatore è un composto inorganico costituito da una struttura anionica (M-) neutralizzata da cationi compensatori (A+) ad essa debolmente legati ed il mezzo in cui avviene lo scambio è una soluzione salina contenente uno o più cationi (B+).

Schematicamente la reazione può essere rappresentata dalla seguente equazione:

M-A+ + B+ M-B+ + A+ Da un punto di vista quantitativo, la capacità di scambio cationico (CEC) di una sostanza aumenta all'aumentare della carica elettrica della struttura anionica e quindi all'aumentare dei cationi compensatori, e viene espressa in millequivalenti per grammo (meq/g) di sostanza.

CARATTERISTICHE FISICHE E TECNOLOGICHE: SCAMBIO

CATIONICO E ADSORBIMENTO

Per scambio cationico si intende un interscambio reversibile di cationi fra due composti, uno dei quali (scambiatore) è insolubile nel mezzo in cui avviene lo scambio stesso.

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SCAMBIO CATIONICO IN ZEOLITI E MINERALI

ARGILLOSI

Mg

Mg

Mg

Mg

Mg Mg

Ca

Ca

Ca Ca

Ca

Ca

Na

Na

Na

Con il termine adsorbimento si indica l'assorbimento di molecole liquide o gassose sulle superfici di un solido.

In prima approssimazione, la quantità di molecole adsorbite dipenderà da:

1. dalla superficie totale e dalla densità di carica residuale del solido adsorbente

2. dal volume, dalla configurazione e polarità delle molecole adsorbite

3. per molecole organiche, dal loro grado di insaturazione.

Il verificarsi in termini apprezzabili di entrambi i fenomeni (scambio cationico ed adsorbimento) è strettamente legato alla cristallochimica ed in particolare alla struttura cristallina del solido.

Adsorbimento

Le molecole adsorbite sono normalmente dotate di polarità naturale o indotta e come tali vengono attratte e trattenute dalle cariche elettriche residuali presenti sulle superfici del solido adsorbente.

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PROPRIETA’ DELLE ARGILLE

Conseguenza della struttura, sono alcune proprietà delle argille, quali:

plasticità e capacità di scambio ionico.

La plasticità, che è l’opposto della elasticità, rappresenta la proprietà grazie alla quale la materia può essere deformata sotto l’azione di una determinata sollecitazione, tale deformazione permanendo al cessare della causa che la ha prodotta.

L’argilla, non plastica per sua natura, acquista tale proprietà per effetto dell’inserimento delle molecole di acqua d’impasto fra gli strati del reticolo, con conseguente assunzione di un’orientazione preferenziale e di una disposizione laminare.

Il valore ottimale della plasticità si raggiungerebbe in corrispondenza di una quantità di acqua ben precisa: tale da consentire lo scorrimento mutuo dei piani reticolari del minerale argilloso- ma inferiore a quella che, promuovendo un eccessivo allontanamento dei suddetti piani e indebolendo, in conseguenza, le relative forze di attrazione, favorirebbe il fenomeno di fluidificazione.

Plasticità L’aggancio delle molecole di acqua allo strato di tetraedri silicio-ossigeno potrebbe avvenire attraverso una serie di legami idrogeno: un atomo di idrogeno della molecola di acqua verrebbe infatti a trovarsi diretto verso un ossigeno del tetraedro contiguo.

Le successive molecole che vengono a contatto con il sistema si andrebbero a disporre fra gli stessi, esplicando un’azione lubrificante e favorendo lo scorrimento mutuo dei piani reticolari del minerale argilloso.

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Argille molto plastiche sono caratterizzate da:

•ritiro elevato all’essiccazione;

•permeabilità molto bassa, in conseguenza alla più elevata finezza delle particelle;

•maggiore resistenza meccanica del prodotto finito;

•alto potere legante: grande attitudine cioè ad incorporare notevoli quantità d’inerte.

Il nome ceramica deriva dal greco kerameikos, dal nome di un quartiere di Atene specializzato in questa produzione.

I primi manufatti sono figure di donne e di animali risalgono a circa 20000 anni addietro. Le prime produzioni sono ceramiche grossolane, usate nella vita di tutti i giorni, manufatti che spesso seguivano il defunto nella tomba come corredo funebre.

MATERIALI CERAMICI

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Per produrre una ceramica è necessaria una buona argilla. L'argilla usata nel passato è principalmente l'argilla bruna, formata da una miscela di minerali argillosi (smectite, clorite, mica, ecc.), di materiali inorganici (quarzo, carbonati, ematite, ecc.) e organici (residui di piante e animali).

Spesso l'argilla era temperata con materiali NON PLASTICI chiamati temperanti: sabbia, calcari, gusci di conchiglie, feldspati, grafite, ceneri, segatura di legno, paglia, letame, piume, coccio pesto o chamotte cioè scarti ceramici polverizzati, ecc. L'addizione di materiali non plastici alla argilla permette una più facile evaporazione dell'acqua, minimizza le contrazioni e le distorsioni nell'essiccamento e nella cottura, abbassa la temperatura di cottura, ecc. In cottura l'argilla si trasforma in ceramica mediante una serie di reazioni chimiche irreversibili poiché si formano componenti più stabili.

NON si torna indietro per raffreddamento!

MATERIE PRIME DEI PRIMI MANUFATTI CERAMICI

MATERIE PRIME DEI PRIMI MANUFATTI CERAMICI

A differenza dei giacimenti di metalli o minerali che affiorano solo in certe località, l'argilla bruna si trova quasi dappertutto, anche se la qualità non è sempre buona. Come è noto, la formazione dell'argilla bruna risulta dall’alterazione fisica, chimica e biologica di rocce primarie e dal trasporto a distanza dei prodotti di alterazione assieme alle impurezze raccolte nel tragitto. L'argilla bianca, a base di caolinite, è stata impiegata in area mediterranea solo come pigmento superficiale della ceramica e non per produrre ceramiche perché la produzione di ceramiche partendo da argilla ricca in caolinite richiede temperature più alte di quelle raggiungibili con i forni a legna. L'argilla dopo cottura si chiama BISCOTTO. E' un nome entrato nell'uso corrente per indicare il corpo ceramico anche se è stato cotto una volta sola e non due come dice il nome.

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FORNI DI COTTURA

La cottura dei primi manufatti è avvenuta all'aria aperta o in forni rudimentali a pareti di pietra ed argilla. I fattori critici della cottura sono la temperatura e l’ambiente di cottura agendo sul ricambio dell'aria. La fiamma, alimentata prima dal vento e, nel tempo, da mantici più o meno sofisticati, permette di raggiungere temperature dell'ordine degli 800-900 gradi, sufficiente per produrre terracotte e terraglie. Preparazione di vasi per la cottura (Nigeria, inizio nostro secolo)

Esempio di forno con l'area di fuoco separata da quella di cottura.

Nei primi forni l'area di fuoco e di cottura non sono separate e pertanto temperatura e ambiente di cottura sono controllate con difficoltà. Già nel Neolitico i forni hanno area di fuoco e di cottura separate.

COSA AVVIENE QUANDO L'ARGILLA SI TRASFORMA IN CERAMICA?

•In cottura l'anidride carbonica gassosa e il vapore acqueo devono poter uscire altrimenti le grosse bolle possono provocare fenditure. La fuoriuscita di questi gas però determina la formazione di ceramica porosa. Si abbassa la porosità eliminando i residui organici dell'argilla e lasciando seccare all'aria i manufatti verdi.

•Il carbonio dei residui organici vegetali ed animali, presenti nell'argilla bruna non depurata, è eliminato come anidride carbonica. Se nel forno la temperatura è bassa e l'aria è scarsa, il carbonio può essere eliminato dalla superficie ma restare all'interno del manufatto come blocco nerastro.

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•la trasformazione dell'argilla in ceramica porta a vistose variazioni di colore che riflettono l'ambiente di cottura: ossidante o riducente.

•Se il forno ha un buon ricambio di aria, il ferro bivalente presente nella argilla bruna si ossida a ferro trivalente che dà ematite (Fe2O3). La ceramica presenterà allora un colore dal giallo al rosso-mattone perché l'ematite neo-formata è di color rosso-bruno.

•Se il forno è sigillato, o a scarso ricambio di aria, il ferro trivalente presente nell'argilla bruna si riduce a ferro bivalente. Allora la ceramica presenta un colore bruno o scuro o nero perché il ferro bivalente può essere presente come magnetite di colore nero.

•Se la temperatura nel forno è bassa, cioè sotto gli 800 gradi, la ceramica non vetrifica neppure superficialmente. Si noti però che nei forni antichi la temperatura non era costante ma variava dalla parte periferica alla centrale. Inoltre l'ambiente di cottura non era sempre ossidante o riducente ma alternato passando da riducente ad ossidante ed inversamente.

Cosa Avviene Quando L'argilla Si Trasforma In Ceramica?

L'INGOBBIO

La porosità dei manufatti ceramici si poteva ridurre rivestendo la superficie del crudo con il cosiddetto ingobbio. L’ingobbio è una sospensione in acqua di argilla ferruginosa, stesa a pennello o per immersione del crudo nella soluzione da ingobbio. L'operazione era detta ingobbiatura. Un grosso limite: il ferro in cottura può dare antiestetiche macchie colorate. Si è rimediato a questo difetto usando un ingobbio bianco cioè una sospensione di argilla bianca a base di caolinite che non contiene ferro. Una alterativa è stata l’uso di ingobbi colorati ottenuti aggiungendo pigmenti colorati alla sospensione da ingobbio (es.. la ramina rossa contenente rame, la pirolusite bruna (MnO2 o sapone dei vetrai), la zaffera del Levante azzurra contenente cobalto).

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I materiali ceramici sono materiali inorganici, ottenuti per trattamento termico a temperatura inferiore a quella di fusione, di paste, preventivamente foggiate nella forma desiderata, costituite sostanzialmente da argilla ed acqua o da argilla, acqua ed altre specie chimiche non plastiche.

Lo stato attuale delle conoscenze scientifiche e tecnologiche suggerisce di estendere la denominazione di "ceramico" a qualunque materiale inorganico, non metallico, caratterizzato da frattura fragile. Si tratta di un corpo ottenuto a partire da polveri inorganiche formate a freddo e consolidate tramite cottura.

Cosa intendiamo oggi per materiale ceramico?

I materiali ceramici possono essere suddivisi in: 1) Ordinari (o tradizionali): costituiti essenzialmente da silicati (laterizi, terrecotte, grès, porcellana, ecc.) o prodotti diffusi in natura (argille, feldspati, quarzo, carbonati) 2) Speciali (o avanzati): costituiti da ossidi puri, carburi, nitruri, solfuri, ecc., cioè composti con elevate proprietà meccaniche, elettriche, ottiche,ecc 3)Bioceramici: manufatti atti a sostituire o integrare parti ossee principalmente a base di idrossiapatite.

Essi sono ottenibili per "sinterizzazione", ossia tramite una reazione sostanzialmente allo stato solido, con formazione, o no, di fase vetrosa. Si parla invece di "frittage" se l'intero sistema iniziale è soggetto a fusione. I ceramici tradizionali possono essere ulteriormente suddivisi in base al loro utilizzo in: Materiali per edilizia: piastrelle, laterizi; Materiali per uso domestico: stoviglieria, oggettistica; Materiali per uso industriali: refrattari, isolatori elettrici.

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Classificazione dei materiali ceramici ordinari

non strutturali: terrecotte strutturali:laterizi, refrattari

colorati

terraglie speciali terraglie speciali (filtri, vasi porosi)

incolori

non rivestiti

faenze, maioliche

colorati

tenere (calcare) forti (feldspatiche)

terraglie

incolori

rivestititi

Prodotti a tessitura porosa

gres (per pavimentazione)

colorati

porcellana (per usi tecnici)

incolori

non rivestiti

grès (per elementi fignanti) grès di qualità (vasellame)

colorati

tenera (magnesiaca) dura (feldspatica)

porcellana

incolori

rivestititi

Prodotti a tessitura compatta

Panoramica dell’industria italiana

1150

380

310

350

840

360

4300 PiastrelleceramicheMacchinari

Refrattari

SANITARI

Stoviglieria

Mattoni

Smalti

Millioni US $ da Dott. Dondi, 2000

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Materie prime per la produzione dei materiali ceramici ordinari

1. Argillose

2. Non argillose Sabbie silicee

Quarziti

Feldspati

Pegmatiti

Calcari

SiO2: grazie alla sua attitudine a formare quattro legami funge, nel corpo ceramico da SCHELETRO, cioè fornisce la struttura rigida al materiale.

Al2O3: ha la duplice funzione di fornire coesione alla massa durante la formatura e di conferire maggiore refrattarietà all’impasto.

CaO-MgO (ossidi alcalino-terrosi): sono i responsabili della neoformazione di silicati durante il trattamento termico e fino a 1000-1050°C contribuiscono al controllo del ritiro del cotto.

K2O - Na2O(ossidi alcalini): agiscono da fondenti, cioè favoriscono la formazione di una fase fusa a minori temperature che favorisce reazioni liquido-solido o solido-solido accelerando il processo di sinterizzazione.

Fe2O3 - TiO2: contribuiscono alla colorazione del materiale, e in elevate quantità il ferro ha funzione fondente

Partendo dalla Chimica

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Selezione delle materie prime per la produzione dei materiali ceramici ordinari

1. Argillose: granulometria <2µm, in prevalenza illite-caolinite-smectite; quantità:15-

20% e conferisce al laterizio coesione in crudo e in secco.

2. Non argillose:

quarzo (diluisce l’argilla, cioè funge da smagrante) in quantità tra il 15_30% e con

granulometria superiore a 20µm,

Carbonati: calcite, ma anche dolomite. Gli ossidi di Ca e Mg derivanti dalla

decomposizione dei SiO2 a formare nuovi silicati.

Ossidi di ferro e Titanio: impurità in quantità superiori al 5%, contribuiscono alla

colorazione del materiale

Alcali: Na2O e K2O che fungono da fondenti accelerando il processo di sinterizzazione ,

non superano il 5%

Ossidi Alcalini-terrosi: sono i responsabili della neoformazione di silicati durante il

trattamento termico e fino a 1000-1050°C contribuiscono al controllo del ritiro del

cotto

FELDSPATI: si utilizzano perché a temperature comprese tra i 1000 ed i 1200°C , e

presenti con dimensioni granulometriche ridotte, fondono, portando in soluzione il

quarzo fine e formando una fase vetrosa ad elevata viscosità che diminuisce la

deformazione del pezzo, rendendola controllabile. Per la loro azione non plastica,

cioè sgrassante, perché diminuiscono il ritiro e la deformazione del secco.

ADDITIVI INORGANICI (talco, wollastonite, sillimanite, etc…)

ADDITIVI ORGANICI (leganti, lubrificanti, plastificanti)

Perché le argille sono i principali costituenti dei prodotti

ceramici tradizionali?

PLASTICITA’ : capacità di mantenere una forma dopo che questa le viene impartita

COMPORTAMENTO IN COTTURA: dopo essere sottoposte a trattamenti termici formano un materiale fragile, ma virtualmente difficile da rompere

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PROPRIETA’ DELLE ARGILLE

Conseguenza della struttura, sono alcune proprietà delle argille, quali:

plasticità e capacità di scambio ionico.

La plasticità, che è l’opposto della elasticità, rappresenta la proprietà grazie alla quale la materia può essere deformata sotto l’azione di una determinata sollecitazione, tale deformazione permanendo al cessare della causa che la ha prodotta.

L’argilla, non plastica per sua natura, acquista tale proprietà per effetto dell’inserimento delle molecole di acqua d’impasto fra gli strati del reticolo, con conseguente assunzione di un’orientazione preferenziale e di una disposizione laminare.

I materiali ceramici sono materiali inorganici, ottenuti per trattamento termico a temperatura inferiore a quella di fusione, di paste, preventivamente foggiate nella forma desiderata, costituite sostanzialmente da argilla ed acqua o da argilla, acqua ed altre specie chimiche non plastiche.

Lo stato attuale delle conoscenze scientifiche e tecnologiche suggerisce di estendere la denominazione di "ceramico" a qualunque materiale inorganico, non metallico, caratterizzato da frattura fragile. Si tratta di un corpo ottenuto a partire da polveri inorganiche formate a freddo e consolidate tramite cottura.

Cosa intendiamo oggi per materiale ceramico?

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I materiali ceramici possono essere suddivisi in: 1) Ordinari (o tradizionali): costituiti essenzialmente da silicati (laterizi, terrecotte, grès, porcellana, ecc.) o prodotti diffusi in natura (argille, feldspati, quarzo, carbonati) 2) Speciali (o avanzati): costituiti da ossidi puri, carburi, nitruri, solfuri, ecc., cioè composti con elevate proprietà meccaniche, elettriche, ottiche,ecc 3)Bioceramici: manufatti atti a sostituire o integrare parti ossee principalmente a base di idrossiapatite.

Essi sono ottenibili per "sinterizzazione", ossia tramite una reazione sostanzialmente allo stato solido, con formazione, o no, di fase vetrosa. Si parla invece di "frittage" se l'intero sistema iniziale è soggetto a fusione. I ceramici tradizionali possono essere ulteriormente suddivisi in base al loro utilizzo in: Materiali per edilizia: piastrelle, laterizi; Materiali per uso domestico: stoviglieria, oggettistica; Materiali per uso industriali: refrattari, isolatori elettrici.

Selezione delle materie prime per la produzione dei materiali ceramici ordinari

1. Argillose: granulometria <2µm, in prevalenza illite-caolinite-smectite; quantità:15-

20% e conferisce al laterizio coesione in crudo e in secco.

2. Non argillose:

quarzo (diluisce l’argilla, cioè funge da smagrante) in quantità tra il 15_30% e con

granulometria superiore a 20µm,

Carbonati: calcite, ma anche dolomite. Gli ossidi di Ca e Mg derivanti dalla

decomposizione dei SiO2 a formare nuovi silicati.

Ossidi di ferro e Titanio: impurità in quantità superiori al 10%, contribuiscono alla

colorazione del materiale

Alcali: Na2O e K2O che fungono da fondenti accelerando il processo di sinterizzazione ,

non superano il 5%

Ossidi Alcalini-terrosi: sono i responsabili della neoformazione di silicati durante il

trattamento termico e fino a 1000-1050°C contribuiscono al controllo del ritiro del

cotto

FELDSPATI: si utilizzano perché a temperature comprese tra i 1000 ed i 1200°C , e

presenti con dimensioni granulometriche ridotte, fondono, portando in soluzione il

quarzo fine e formando una fase vetrosa ad elevata viscosità che diminuisce la

deformazione del pezzo, rendendola controllabile. Per la loro azione non plastica,

cioè sgrassante, perché diminuiscono il ritiro e la deformazione del secco.

ADDITIVI INORGANICI (talco, wollastonite, sillimanite, etc…)

ADDITIVI ORGANICI (leganti, lubrificanti, plastificanti)

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COSTITUENTI NON AGILLOSI UTILIZZATI NELL’INDUSTRIA DEI CERAMICI TRADIZIONALI

•Sono i minerali più diffusi sulla terra 57.9% seguiti dal quarzo con il 12.6%. •Sono dei tectosilicati, struttura ad anello formata da quattro gruppi tetraedrici di cui 2 o 3 sono occupati da Si, mentre i restanti da Al. •I giacimenti sono di origine ignea (segregazioni magmatiche ricche di alcali o fusioni e ricristallizzazioni dovute a particolari fenomeni metamorific), anche se si possono trovare dei feldspati in depositi sedimentari quali arenarie

I feldspati: PROMOTORI DELLA SINTERIZZAZIONE O FONDENTI

Cosa sono i Feldspati ?

Formula generale – X Y4 O8

X= Na, K, Ca,

Y= Si,Al (parziale sostituzione con Fe3+)

Perché si utilizzano i feldspati ?

• Perché a temperature comprese tra i 1000 ed i 1200°C , e presenti con dimensioni granulometriche ridotte, fondono, portando in soluzione il quarzo fine e formando una fase vetrosa ad elevata viscosità che diminuisce la deformazione del pezzo, rendendola controllabile.

• Per la sua azione non plastica, cioè sgrassante, perché diminuisce il ritiro e la deformazione del secco.

Quali feldspati vengono utilizzati in ceramica ?

• Feldspato potassico • Feldspato sodico • Feldspato calcico

sono frequenti le soluzioni solide tra questi tre feldspati e esistono miscele di feldspati con eutettci a T°C di fusione più bassa dei

singoli costituenti • Nefelina

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CARBONATI

•Genesi per deposizione chimica (soluzione sovrassatura) o organogena (accumulo di resti minerali di organismi marini morti): le condizioni favorevoli per la loro formazione sono acque calde e mari chiusi (scarso ricambio delle acque).

•I principali carbonati utilizzati nell’industria ceramica sono:

•Carbonato di Ca (CaCO3)

•Carbonato di Mg (MgCO3)

•Dolomite ( CaMg (CO3)2 )

Influenza dei carbonati

•Le variazioni di comportamento tecnologico tra una argilla priva di carbonati e una ricca di carbonati appaiono in cottura.

I carbonati sono impiegati perché, fino a circa 1050°C, non presentano ritiro. In seguito però, in un intervallo molto breve (palier di vetrificazione) si osserva un brusco aumento del ritiro dovuto alla formazione di nuove fasi. Da notare che, a seconda del tipo di carbonato in una temperatura compresa tra i 450-800°C, si osserva una reazione endotermica dovuta alla dissociazione e all’allontanamento di CO2 con aumento di porosità e espansione dimensionale

T°C di cottura RITIRO

%

RITIRO

%

910°C 0.9 1.4

1055°C 1.2 7.8

1100°C 4.8 7.3

Argilla carbonatica (circa 20% carbonati)

Argilla non carbonatica

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Materie prime accessorie

• Talco: Mg3Si4O10(OH)2-(50%SiO2 – 30%MgO –10%Al2O3). Si comporta da inerte fino a 1050°C presentando alto coef. di dilatazione e a T°C maggiori forma eutettici con T°C di fusione inferiori

• Sabbie quarzo-feldspatiche: smagrante favorendo le degasazione di impurità e l’allontanamento dell’acqua in essicazione, riduzione della contrazione dimensionale e delle deformazioni

• Pirofillite: Al2Si4O10(OH)2 -notevole refrattarietà e limitazione della dilatazione

• Wollastonite: CaSiO3 –sbiancante, miglioramento della resistenza meccanica, minor ritiro, fondente a T°C>1050°C

• Halloysite: Al2Si2O5(OH)4 2H2O –problemi in essiccazione, alto grado di bianchezza

• Attapulgite-Sepiolite-Vermiculite(ricche in Mg): elevata porosità

• Biotite (K, Mg, Fe)- Muscovite (k,Al) – Sericite (idratazione di biotite e muscovite)

• Idrossidi minerali : goethite (Fe), diasporo, gibbsite (Al)

• Sali solubili: solfati (Ca,Mg,K,Al,Fe) – carbonati (Ca,Na,K) – cloruri (Na,K) -efflorescenze (deposizione salina per sovrasaturazione sulle superifici del biscotto o dell’essiccato)

CARATTERISTICHE FISICHE Distribuzione granulometrica delle argille:

Difficile però quantificare le relazioni fra granulometria e caratteristiche dei prodotti (diametro medio poco discriminante).

La dimensione delle particelle influenza molte altre proprietà, quali la plasticità, l’essiccamento in crudo e la capacità di scambio ionico (si determina attraverso la microscopia elettronica).

Si utilizza la legge di Stockes: sedimentazione mediante deposizione delle particelle in acqua. Per dimensioni dell’ordine del micron la deposizione statica è troppo lenta che la corrente termica ed i moti browniani tendono ad introdurre notevoli errori.

Le particelle più attive sono quelle più fini per la enorme area superficiale.

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SUPERFICIE SPECIFICA

Le possibilità di sviluppo delle reazioni in cottura dipendono dalla superficie a contatto fra i soggetti della reazione.

1. dimensioni medie delle particelle

2. forma superficiale

3. distribuzione attorno alla media

Superficie specifica: area superficiale sviluppata da una unità di peso del materiale, espressa in m2/g.

Metodo: adsorbimento di azoto

. FORMA DELLE PARTICELLE

Microscopia elettronica a scansione: morfologia

Processo ceramico

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Le principali fasi di lavorazione dei materiali ceramici sono: 1.Approvvigionamento delle materie prime e loro esame delle caratteristiche chimiche, mineralogiche, fisiche e tecnologiche; 2.Atmosferizzazione del materiale argilloso ed eventuale sua purificazione (es. trattamento con acqua ossigenata); 3.Frantumazione e macinazione (a secco o in umido); 4.Dosaggio e miscelazione;

5.Pressatura ed omogeneizzazione.

PREPARAZIONE DEGLI IMPASTI

Progressi nel settore ceramico

• Passaggio da un sistema poco più che artigianale ad un meccanizzazione e razionalizzazione del lavoro tramite

Sistemi di automazione elettronica delle linee di produzione

Uniformità di produzione

Ruolo umano di supervisione e controllo

APPROVVIGIONAMENTO DELLE MATERIE PRIME

La scelta delle materie prime viene fatta tenendo conto dei seguenti fattori: 1.le argille per mattoni e laterizi possono contenere una notevole quantità di composti di ferro e di carbonato di calcio, purchè uniformemente distribuiti, cioè non presenti in masserelle; 2. le argille per prodotti più fini devono cuocere relativamente bianche e pertanto recare basso contenuto di ferro ed altre impurezze coloranti per azione del fuoco; 3. debbono avere buona plasticità ed attitudine a fluidificare; 4. le argille per refrattari devono avere alta resistenza al fuoco e pertanto recare basso contenuto di alcali e di ferro ed alto contenuto di allumina.

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La cottura è l’operazione atta a provocare una modificazione fondamentale delle proprietà del prodotto crudo e pertanto fornire un manufatto dotato di resistenza a compressione e all’usura, di bell’aspetto, di resistenza agli agenti chimici ed alle sollecitazioni fisiche. La cottura è pertanto lo stadio più importante della produzione e collauda il complesso delle operazioni che la hanno preceduta. Essa comprende il riscaldamento dei pezzi essiccati ed il loro raffreddamento, secondo un programma determinato.

Le trasformazioni permanenti che presiedono all’ottenimento del prodotto finito sono numerose e differenti e, in forma semplificata, possono essere ricondotte alle seguenti:

1. sviluppo di resistenza meccanica ad opera di trasformazioni cristalline;

2. sviluppo di resistenza meccanica ad opera di formazione della fase vetrosa;

3. sviluppo di resistenza meccanica per l’esistenza delle dislocazioni.

COTTURA DEI PEZZI

Forno a rulli

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A. Preforno o preriscaldo: in tale zona il materiale viene essiccato

tramite riciclo dei fumi, cioè l’aumento di temperatura in tale zona è dovuto ai gas combusti in arrivo dalla zona di cottura

B. Cottura: zona centrale del forno che riscalda grazie alla combustione

operata attraverso i bruciatori e tale da creare un moto turbolento dell’aria che garantisce uniformità nel processo di riscaldamento (disposti sopra e sotto dai rulli secondo uno schema preciso e funzionanti con vari combustibili quali: metano, GPL, gas povero, gasolio, kerosene).

C. Raffreddamento: ulteriormente suddivisa in:

I. rapido tramite getti d’aria fredda

II. lento tramite lo scambio di calore ottenuto da diversi tubi

III. Finale tramite getti d’aria fredda. L’aria riscaldata che si genera in tale zona viene prelevata, espulsa e riciclata alla zona di preriscaldo.

Un forno a rulli si suddivide nelle seguenti zone:

Varie fasi di cottura

ALTRE REAZIONI IN COTTURA…

Durante la cottura, tutti i minerali argillosi subiscono ampie trasformazioni con la temperatura entro i 1000°C, per cui essi possono essere studiati attraverso le analisi termodifferenziale, come precedentemente visto. In realtà negli impasti ceramici sono presenti anche altri minerali non argillosi, come i carbonati, il quarzo, gli ossidi e gli idrossidi di Fe, le sostanze organiche e/o carboniose ecc., che possono essere diagnosticate tramite DTA, talvolta anche in termini quantitativi.

Carbonio inorganico (carbonati, frammenti fossili e microfossili). T di decomposizione >700°C. Picco esotermico.

Carbonio organico: sostanze carboniose. T di decomposizione massima di 600°C. Picco esotermico.Provoca il difetto del cuore nero.

MATERIALE ORGANICO

Condiziona le proprietà plastiche ed in essiccamento delle argille.

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Le forme cristalline della silice. A pressione atmosferica la silice SiO2 esiste in tre forme cristalline, stabili nei seguenti intervalli di temperatura: – Quarzo → 870° ←Tridimite → 1470° ← Cristobalite →1710 °C (p.f.)

La cristallizzazione del liquido è difficile, ed esso comunemente solidifica a dare un vetro, che ha gran valore per il suo bassissimo coefficiente di espansione termica ed alto punto di ammorbidimento (attorno ai 1500 °C). La silice in questa forma vetrosa si trova in natura come il minerale ossidiana.

Le tre forme polimorfe della silice non sono facilmente interconvertibili, come mostra il fatto che si trovano tutte e tre come minerali, benchè sia tridimite che cristobalite siano rare in confronto al quarzo. Inoltre, ciascuna delle tre forme esiste in una modificazione a minore temperatura e in una a maggiore temperatura (a e b, rispettivamente), con i seguenti punti di transizione: a→b quarzo, 573°, a→b tridimite, 110-180°, e a→b cristobalite, 218 °C.

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Dal punto di vista strutturale, le tre forme principali, quarzo, tridimite e cristobalite, sono tutte costituite da tetraedri SiO4 uniti in modo tale che ogni ossigeno è in comune tra due tetraedri (da cui la composizione SiO2), ma la disposizione (topologia) dei tetraedri collegati è assai diversa nei tre cristalli. Ad esempio, la differenza tra tridimite e cristobalite è, topologicamente, analoga alla differenza tra carbonio esagonale (Lonsdaleite) e diamante (o tra wurtzite e sfalerite). Invece, le differenze tra le forme a e b di ciascuna specie sono modeste e di

dettaglio, cioè piccole rotazioni relative dei tetraedri, che non cambiano però il modo di collegarsi tra loro. Quindi se la trasformazione del quarzo a tridimite richiede la rottura di legami Si-O-Si e la riorganizzazione dei tetraedri in modo diverso,ed è quindi un processo molto lento, la conversione a→b quarzo

comporta solo una piccola distorsione della struttura, ed è quindi un processo facile e reversibile.

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Tridimite e cristobalite. Le forme ad alta temperatura della silice, tridimite e cristobalite, si differenziano dal quarzo nell’avere strutture molto più aperte, as come mostrano le loro densità: quarzo, 2.655, tridimite, 2.30, e cristobalite, 2.27 g cm-3. In Figura è mostrata la struttura della a-tridimite. Si noti che gli atomi di ossigeno fanno solo da spaziatori e si trovano sulle congiungenti coppie di atomi adiacenti di Si. Di fatto gli O sono spostati al di fuori di queste linee (Si-O 1.61 Å e angoli Si-O-Si vicini a 144°).

La struttura della cristobalite è illustrata in Figura.

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DTA del Qz

577

554

riscaldamento

raffreddamento

Effetto endotermico (in riscaldamento) ed esotermico (in raffreddamento) di un campione di Qz. L’inerzia termica del sistema provoca un ritardo nella comparsa della massima intensità, sia in raffraddamento che in riscaldamento.

• La transizione di fase da Qz a a Qz b, in riscaldamento è una reazione endotermica molto rapida, che dà origine ad un picco netto a circa 573°C;

La reazione è perfettamente reversibile, per cui in raffreddamento si osserva, alla stessa T, un picco esotermico. A causa dell’inerzia termica le

reazioni si registrano in ritardo.

La presenza del Qz si evidenzia meglio in raffreddamento

Trasformazioni del Qz e DTA

VARIAZIONI DI VOLUME CONNESSE ALLE

TRASFORMAZIONI POLIMORFE DELLA SILICE

Modificazione del Qz, peso specifico e temperatura di trasformazione

Variazione di Volume % alla data temperatura

a-quarzo (p.s. 2.65)

573°C

b-quarzo (p.s. 2.53)

+ 0.82

a-tridimite (p.s. 2.26)

117°C

b- tridimite (p.s. 2.23)

+ 0.20

a-cristobalite(p.s. 2.32)

250°C

b- cristobalite (p.s. 2.21)

+ 2.8

b-tridimite (p.s. 2.23)

163°C

g- tridimite (p.s. 2.19)

+ 0.20

b-quarzo (p.s. 2.53)*

870°C

g- tridimite (p.s. 2.19)*

+ 16.0*

b-quarzo (p.s. 2.53)*

1000°C

b- cristobalite(p.s. 2.21)*

+ 15.4*

b-quarzo (p.s. 2.53)

1723°C

Silice fusa (p.s. 2.2)

+ 15.5

Silice fusa (p.s. 2.2)

1000°C

b- cristobalite (p.s. 2.21)

- 0.90

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Reazioni di decomposizione della calcite e della dolomite che evidenziano i due picchi endotermici, con apici a 785°C e 920°C, relativi alla decomposizione del carbonato di Mg e quello di Ca rispettivamente (in aria). N.B.:Tali reazioni cambiano radicalmente quando la reazione avviene in atmosfera di azoto (le reazioni sono anticipate) o in presenza di CO2 (reazioni anticipate, picchi più rapidi e sottili).

calcite

dolomite

785

920

920

Trasformazioni dei carbonati e DTA

I carbonati sono particolarmente indicati per la DTA, fornendo delle curve abbastanza semplici e tipiche.

La reazione di decomposizione della calcite, con sviluppo di anidride carbonica secondo la reazione: CaCO3CaO + CO2, inizia poco oltre gli 800°C ed ha una T di picco a circa 920°C.

La reazione di decomposizione della dolomite mostra due picchi endotermici, con apici a 785°C e 920°C, relativi alla decomposizione del carbonato di Mg e quello di Ca rispettivamente.

Curve DTA

ALTRE REAZIONI IN COTTURA…

MgO + CO2 MgCO3

400-900°C

FeS + SO2 FeS2 + O2

350-450°C

4FeS + 7O2 2Fe2O3 + 3SO3

500-800°C

Fe2(SO4)2 Fe2O3 + 3SO3 560-775°C

C + O2 CO2

350°C

S + O2 SO2

250-920°C

CaSO4 CaO + SO3

1250-1300°C

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Parametri tecnologici I parametri tecnologici svolgono un ruolo fondamentale nel corso

del processo, insieme alla composizione chimica e mineralogica

degli impasti.

Tra questi parametri vi sono:

· Grado di macinazione: quello ideale corrisponde a diametri medi

delle particelle compresi tra 15 e 20 μm, per favorire la

vetrificazione e densificazione in cottura. Il grado di finezza serve a

far aumentare la superficie specifica delle particelle e quindi la loro

reattività in cottura.

·Densità in crudo: bisogna raggiungere, in fase di pressatura, il

massimo grado di compattezza in crudo delle polveri atomizzate,

compatibilmente con i problemi di degassazione che avvengono in

cottura. In genere, dopo pressatura, si ottengono valori di

densità di 1.95-2.00 g/cm3.

-ciclo e temperatura di cottura

Ciclo e temperatura di cottura

La cottura è la fase in cui si manifesta il risultato della macinazione e quello di pressatura. L'obiettivo da raggiungere è l'ottenimento di un materiale vetrificato a bassissima porosità, per cui temperatura e tempo di cottura sono parametri fondamentali. Per la cottura rapida si richiedono cicli di 50-70 min e temperature di cottura di circa 1200-1230 °C.

Ciclo e temperatura di cottura

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Ciclo di cottura: il ritiro ceramico

La cottura è l'operazione fondamentale del processo tecnologico in

quanto dà origine al materiale ceramico trasformando le materie

prime dell'impasto in nuovi composti cristallini e vetrosi che

conferiscono al cotto particolari proprietà.

Il riscaldamento provoca la dilatazione dei manufatti a causa

dell'aumento dell'ampiezza delle vibrazioni degli atomi che li

compongono. L'entità di questo fenomeno è legata alla natura

chimica del materiale, alla sua struttura cristallina o vetrosa e alle

loro quantità relative, alle trasformazioni che avvengono durante il

riscaldamento.

1. modi di stretching o di stiramento (simmetrico o asimmetrico) dei legami; COMPORTANO UNO SPOSTAMENTO LINEARE DELLA MOLECOLA (O DEL GRUPPO DI ATOMI) E UN ALLUNGAMENTO, PROVOCANDO VARIAZIONI NEL LORO MOMENTO DIPOLARE;

M1 M2 Modi vibrazionali

2. modi di bending o di piegamento. I LEGAMI MODIFICANO IL LORO ASSETTO LINEARE IN MODO CHE SUBISCA VARIAZIONI L’ANGOLO FORMATO DA TRE ANGOLI SUCCESSIVI.

O

H H O

H H

O

H H

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Ciclo di cottura: il ritiro ceramico

La dilatazione è funzione della composizione iniziale dell'impasto, delle

trasformazioni che avvengono e della temperatura raggiunta.

Pertanto un impasto presenta nella prima cottura, a parità di temperatura

finale raggiunta, un comportamento dilatometrico diverso da quello che si

otterrà durante successivi riscaldamenti.

Un'altra trasformazione fisica che si ha durante la cottura è la fusione dei

fondenti inseriti nella composizione dell'impasto.

L'azione della fusione contrasta, in successione, quella espansiva

precedentemente descritta e provoca una serie di trasformazioni

strettamente correlate fra loro:

diminuzione della porosità

aumento della densità

reazioni solido-solido e solido-liquido

incremento delle proprietà tecnologiche.

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Ciclo di cottura: il ritiro ceramico

Ciclo di cottura: il ritiro ceramico

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Grazie alla presenza dei feldspati, la fase liquida infatti

riempie i pori e, con l'aumento della temperatura, solubilizza

sempre più gli ossidi dei minerali argillosi causando un

notevole ritiro e la densificazione della massa.

Raggiunta la saturazione del liquido, si separano cristalli

aghiformi di mullite, silicato di alluminio, che intrecciandosi tra

di loro nella matrice vetrosa, formano una struttura di notevole

resistenza meccanica.

Ciclo di cottura: il ritiro ceramico

Ciclo di cottura: il ritiro ceramico

in cui a è il coefficiente di espansione termica lineare fra T1 e T2, L1 è la

lunghezza iniziale del campione, D L è la differenza fra LT2 e LT1;

nella pratica produttiva è prassi consolidata utilizzare, invece, il coefficiente

di dilatazione cubica, ricavato moltiplicando per 3 il coefficiente lineare

ottenuto da misure dilatometriche, secondo l'assunzione arbitraria che

l'attitudine alla variazione dimensionale sia la stessa in tutte le direzioni.

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I fillosilicati rappresentano uno dei principali serbatoi minerali di acqua delle rocce (5% in peso nelle miche, fino al 20% nelle smectiti). Si tratta di un fenomeno di adsorbimento superficiale di molecole di acqua (si parla di chemioadsorbimento per ioni di natura diversa).

Con il termine adsorbimento si indica l'assorbimento di molecole liquide o gassose sulle superfici di un solido.

Le molecole adsorbite sono normalmente dotate di polarità naturale o indotta e come tali vengono attratte e trattenute dalle cariche elettriche residuali presenti sulle superfici (esterne, interne, piane, chiuse) del solido adsorbente.

PROCESSI DI IDRATAZIONE E DISIDRATAZIONE DEI MINERALI

ARGILLOSI

In prima approssimazione, la quantità di molecole adsorbite dipenderà da: 1. dalla superficie totale e dalla densità di carica residuale del solido adsorbente 2. dal volume, dalla configurazione e polarità delle molecole adsorbite 3. per molecole organiche, dal loro grado di insaturazione 4. da parametri ambientali (P, T, umidità relativa). Il verificarsi in termini apprezzabili dei fenomeni di scambio cationico ed adsorbimento è, pertanto, strettamente legato alla cristallochimica ed in particolare alla struttura cristallina del solido.

PROCESSI DI IDRATAZIONE E DISIDRATAZIONE DEI MINERALI

ARGILLOSI

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TIPI DI “ACQUA” NEI FILLOSILICATI

2. ACQUA DI IDRATAZIONE SUPERFICIALE O “ZEOLITICA”: le molecole di acqua ospitate nella cavità di interstrato, legate tramite deboli interazioni elettrostatiche o tramite legami idrogeno e/o formanti una sfera di solvatazione dei cationi di interstrato e/o organizzate in strati. E’ abbondante nei fillosilicati espandibili (smectiti, vermiculiti).

Viene stimata attraverso la perdita in peso per riscaldamento a circa 105°C e si indica come H2O (-).

NB: Quando si parla di ACQUA DI IDRATAZIONE SUPERFICIALE o di ACQUA ZEOLITICA, l’acqua mantiene invariata la sua struttura molecolare.

1. ACQUA DI IDRATAZIONE SUPERFICIALE O “IGROSCOPICA”: le molecole di acqua sono adsorbite sulla superficie esterna delle particelle. Per idratazione si intende il comportamento dei cationi in soluzione acquosa per cui:

M2+ + n H2O M(H2O)nz+

che comporta la formazione di un legame di tipo ione-dipolo basato sulla interazione tra la carica positiva (o negativa) dello ione ed il dipolo indotto dalla separazione di carica all’interno della molecola di acqua.

L’acqua di idratazione viene stimata attraverso la perdita in peso per riscaldamento a circa 105°C e la si indica comunemente come H2O (-).

a) Ione ossidrile (OH-) legato ai cationi del foglio diottaedrico (tipo

gibbsite) o triottaedrico (tipo brucite) in strati T-O, T-O-T, o nell’interstrato (cloriti).

b) Ione idronio (H3O+) vicariante del catione di interstrato, attraverso

legame idrogeno (ipotizzato nelle miche chiare di bassa T o scure di basso grado metamorfico).

c) Ione ossigeno (O2-) presenti nelle cavità di interstrato, bilanciati con

due protoni H+ risonanti con gli ossigeni basali.

TIPI DI “ACQUA” NEI

FILLOSILICATI

3. ACQUA LEGATA STRUTTURALMENTE o di “CRISTALLIZZAZIONE” o di “COSTITUZIONE”: viene liberata a T superiori ai 105°C ed è

tipicamente indicata come H2O (+).

In questo caso non si mantiene la struttura molecolare dell’acqua, in quanto essa può essere incorporata come:

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Possono essere raggruppate nelle seguenti categorie:

1. Reazioni a bassa T (<400°C): rilascio di acqua di idratazione superficiale o intracristallina nell’interstrato

dei minerali espandibili; possibile migrazione di piccoli cationi di interstrato;

2. Reazioni a T intermedia (400-700°C): rottura di legami O-H (deossidrilazione); fenomeni di pre-deossidrilazione, cioè di trasferimento del protone tra due

gruppi ossidrilici; formazione di fasi (meta)stabili in minerali diottaedrici; reazioni di ossidazione dei minerali contenenti Fe (o altri cationi a valenza

mista).

3. Reazioni ad alta T (>750°C): processi di ricristallizzazione con

formazione di fasi nuove.

PRINCIPALI TIPI DI REAZIONI TERMICHE

SCHEMA DELLE REAZIONI TERMICHE IN FILLOSILICATI DIOTTAEDRICI

RT 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 1200 T°C

Caolinite Al2Si2O5(OH)4

Stato di preossidr.

Metacaolinite Al2Si2O6(OH)

Fase gel amorfo

Fase tipo Mullite

Pirofillite Al2Si4O10(OH)2

Fase deossidrilata (metastabile) Al2Si2O6(OH)

Mullite

Montmorillonite M0.33nH2O (Al1.67Mg0.33)Si4O10(OH)2

Fasi con diversi gradi di disidratazione

Fase deossidrilata

Fase tipo Mullite

Mullite

Illite KAl2(AlSi3O10)(OH)2

Stato di preossidr. Fase disidratata

Fase deossidrilata

Fase tipo spinello

Mullite

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SCHEMA DELLE REAZIONI TERMICHE IN FILLOSILICATI TRIOTTAEDRICI

RT 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 1200 T°C

Serpentino Mg3Si2O5(OH)4

Forsterite (Olivina) Mg2SiO4

Vermiculite M0.38nH2O(Mg2Fe

3+0.46Al0.22Ti0.11)

(Si2.72Al1.28)O10(OH)2

Clorite (Mg,Al)6(SiAl)4 O10(OH)8

Deossidrilazione Forsterite+Enstatite

Deossidrilazione Enstatite

Deossidrilazione Forsterite

La velocità e la temperatura alla quale i materiali subiscono transizioni chimiche e fisiche, se riscaldati o raffreddati, ed i cambiamenti di peso e di energia connessi sono l’oggetto dell’ANALISI TERMICA.

E’ importante la definizione del gradiente di riscaldamento, o di raffreddamento, che per lo più si mantiene costante per tutto l’intervallo di T considerato.

Il risultato di un’analisi termica è costituito da un grafico che rappresenta le variazioni registrate in funzione della T.

ANALISI TERMICA DIFFERENZIALE

DTA: registrazione della differenza di T fra il campione in esame ed un campione di riferimento al crescere della temperatura dell’ambiente circostante.

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Se una reazione nel campione produce un raffreddamento dello stesso (reazione endotermica), la differenza di temperatura (DT) sarà negativa; se la reazione avviene con produzione di calore (reazione esotermica), la differenza di temperatura (DT) sarà positiva.

DTA: registrazione della differenza di T fra il campione in esame ed un campione di riferimento al crescere della temperatura dell’ambiente circostante.

Esaurita la reazione, nel campione si reinstaurerà la stessa T esistente

nel campione di riferimento, e la DT sarà nulla.

In un grafico DTA si avrà quindi una linea retta di base (DT=0) dalla quale si dipartono picchi (eso o endotermici), in corrispondenza delle T di reazione.

Gradienti di 5-10°C al minuto

L’area sottesa al picco è proporzionale all’E assorbita o sviluppata dalla reazione (a parità di gradiente di riscaldamento).

La posizione dei picchi fornisce informazioni sulla qualità dei componenti del campione, mentre l’area dei picchi ne rivela la quantità.

ANALISI TERMICA DIFFERENZIALE (DTA)

ALTRI FATTORI CHE INFLUENZANO L’ANALISI DTA

•reazione con perdita in peso (disidratazione minerali argillosi), reazioni di decomposizione dei carbonati (accumulo dei gas)prova in atmosfera controllata, diversa dall’aria, oppure sotto vuoto.

•tipo di portacampioni

•granulometria e grado di compattazione del campione.

DT

T°C

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DTA dei minerali del gruppo della caolinite

Nella caolinite il picco endotermico si trova a 550-600°C che segnala la reazione di deossidrilazione:

Al2Si2O5(OH)4 Al2Si2O7 + 2 H2O

La deossidrilazione della caolinite avviene con una perdita in peso del 14% circa. La forma e la posizione del picco endotermico sulla curva DTA varia a secondo del grado di cristallinità: è più asimmetrico e tende a migrare verso T più basse (500°C) per materiali più o meno ordinati. Il netto riflesso esotermico a 900-1000°C è dovuto alla cristallizzazione di mullite.

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Nell’halloysite si ha una prima reazione di disidratazione a bassissima temperatura (100-200°C), mentre successivamente non si differenzia sostanzialmente dagli altri termini del gruppo; la halloysite a 7 Å, cioè disidratata, risulta pertanto

indistinguibile.

In pratica la DTA non è in grado di distinguere sempre in modo univoco fra i vari poliomorfi del gruppo della caolinite.

DT

T°C

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DTA smectiti : Montmorillonite

•il primo picco endotermico, intenso e composito, è compreso tra i 100 e i 200°C. La sua forma varia in funzione del catione interstrato (nella Na-mont è asimmetrico verso le basse T, e nella Ca-mont asimmetrico verso le alte T). Collassa a 100° se contiene Na o K, si contrae a 150°C se Mg o Ca. Il secondo intorno a 700°C, a volte anche a 500°C.

Il picco esotermico è intorno a 900-950°C e segnala una ristrutturazione reticolare.

Na-montmorillonite

Ca-montmorillonite

Due picchi endotermici ed uno esotermico:

DT

T°C

Vermiculite : DTA

Differenze rispetto montmorillonite: il picco a 700°C scompare, mentre quello eso/endotermico a 900°C ha un tracciato caratterizzante. Anche in questo caso, poichè si tratta di minerali espandibili, il tipo di catione interstrato determina la forma del picco endotermico a 100-250°C.

Na-montmorillonite

Ca-montmorillonite DT

T°C

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La curva DTA è poco significativa, caratterizzata da deboli effetti endotermici a T alle quali gli altri minerali argillosi mostrano effetti di ben altra portata.

Le curve più frequenti mostrano un debole effetto endotermico a 100-150°C, seguito da un altro più debole a circa 550°C, ed infine da un picco eso-endotermico a circa 900°C non particolarmente evidente.

Illite: analisi DTA

~150°C ~550°C ~900°C DT

0 200 400 600 800 1000

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Cloriti: riconoscimento mediante DTA

La curva è caratterizzata da un effetto endotermico a 550-650°C, specifico della deossidrilazione, seguito da un sistema di picchi dovuto alla combinazione di una ulteriore deossidrilazione ed una ricristallizzazione.

All’aumentare del contenuto in Fe, si ha un abbassamento della T a cui avvengono le reazioni, soprattutto di ricristallizzazione.

In contrasto con la scarsa significatività delle curve della illite, il gruppo delle cloriti dà origine a tracciati con evidenti picchi endotermici ed esotermici.