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Padova, 1 ottobre 2011 Questo documento sviluppato nell’ambito del Meeting delle nuove classi dirigenti, propone al Comitato Scientifico di “Venezia con il Nordest Capitale Europea della Cultura 2019” delle linee guida frutto di due anni di lavoro svolti nel territorio attraverso convegni, seminari ed azioni sperimentali (come il Festival delle Città Impresa) che hanno coinvolto oltre 500 associazioni culturali e di categoria economica, fondazioni, aziende, enti pubblici ed istituzioni, fondazioni bancarie, università e singoli studiosi, ricercatori e giovani studenti. A tutti loro va un ringraziamento, con l’auspicio che, sotto la guida del Comitato Istituzionale questo supporto possa essere di qualche utilità. Il presente documento, che non ha pretese di completezza per poter essere continuamente aggiornato, ed è frutto della disponibilità di chi ha contribuito alla sua elaborazione, rappresenta comunque il pensiero di una rete articolata di soggetti rappresentativi di un’ampia rete partecipativa che ha coinvolto in particolare le realtà del Veneto, del Friuli Venezia Giulia e del Trentino. La responsabilità di quanto riportato è integralmente di Nordesteuropa Editore che ha curato e rielaborato testi ed idee tenendo conto di molte osservazioni, proposte e suggestioni emerse nel corso di questi anni e del lavoro svolto nel corso della prima giornata del Meeting, il 23 settembre scorso. Filiberto Zovico Editore Nordesteuropa.it Direttore del Festival delle Città Impresa Si ringraziano per aver contribuito a questo documento:

Enrico Albertini, direttore Rete Sicomoro; Dino Altieri, amministratore delegato Svei SpA; Franco Antiga, fondatore Tipoteca Italiana e presidente Fondazione Veneto Banca; Luca Baldin, direttore Fondazione Mazzotti; Davide Banzato, direttore Musei Civici Padova; Luca Baraldi, Fondazione Collegio San Carlo; Stefano Baroni, responsabile Comunicazione Confartigianato Vicenza; Luca Beccario, consigliere comunale, Comune di Schio; Paolo Bellamoli, CUOA; Sara Bellini, presidente di MIK Italia; Alice Bergamin, direttore amministrativo Italiana Strategie; Claudio Bertorelli, presidente Centro Studi USINE; Gianluca Bisol, direttore generale Bisol; Michele Bocchese, presidente della Sezione Moda di Confindustria Veneto; Renato Bocchi, direttore del Dipartimento di progettazione architettonica, Università IUAV di Venezia; Paolo Boschini, Adacta Studio Associato; Patrizia Boscolo, vicedirettore Arteven, Circuito Teatrale e di Danza del Veneto; Roberto Bottoli, presidente Lanificio Bottoli; Franco Calabretto, direttore artistico Danza Musica Associazione Teatro Comunale Giuseppe Verdi Pordenone; Paolo Caldana, sezione turismo - sezione commercio Confcommercio Imprese per l'Italia Verona; Giuseppe Caldiera, direttore generale Fondazione Cuoa; Giovanni Calvi, Linda Canè, Linc Studio; Maria Rosa Cappozzo, Associazione culturale Ludus Musicae; d. Gianmatteo Caputo, direttore Museo diocesano di Venezia; Annalisa Carrara, direttore Artistico Fondazione Teatro Civico di Schio; Dino

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Casagrande, direttore Museo della Bonifica di San Donà di Piave, Massimo Casagrande, PR Consulting; Luca Casarotto, fondatore di Cosca Design; Roberto Casarotto, curatore CSC Casa della Danza di Bassano del Grappa; Italo Cati, ricercatore e giornalista; Giacomo Cavalieri, Adacta Studio Associato; Silvia Cavinato, ufficio pellegrinaggi Diocesi di Vicenza; Ferruccio Cazzanelli, segretario Consigli di Territorio Area Nord Est, UniCredit; Pierluigi Cecchin, presidente Teatro Astra La Piccionaia -I Carrara, Teatro Stabile di Innovazione; Monica Celi, direttore Museo di Storia Naturale e Archeologia di Montebelluna; Renato Chisso, assessore alle Politiche della Mobilità e alle Infrastutture, Regione Veneto; Aldo Cibic, architetto e designer, Cibicworkshop; Pier Giacomo Cirella, segretario generale Fondazione Teatro di Vicenza, Isabella Collalto de Croy, Conte Collalto; Gianpiero Comolli, direttore Altamarca Treviso; Gigi Copiello, opinionista; Paolo Corposanto, Ferrovie a Nordest; Ten. Cpl. Roberto Machella, Presidente del Military Historical Center; Giorgio Cracco, segretario generale Istituto per le Ricerche di Storia Sociale e Religiosa; Nico Cunial, presidente IPA Pedemontana del Grappa e Asolano; Milena D’Agostino, responsabile dell'Ufficio per la pastorale del turismo, Patriarcato di Venezia; Maria Teresa Dal Bo, esperta di comunicazione e progettazione; Cinzia dal Brolo, giornalista; Fabio Luca Dalla Nese , UBS Italia, Padova; Luigi Dalla Via, sindaco Comune di Schio; Silvia De March, coordinatrice dell'associazione Enzimi; Claudio De Monte Nuto, presidente Starting4; Paolo De Muri, Adacta Studio Associato; Luca De Muri, Adacta Studio Associato; Ivana De Toni, responsabile Rete museale Alto Vicentino; Michela Del Fabro, MEP; Federica Destro, Università di Padova, Dipartimento di Economia; Alessandro Di Paolo, Università di Padova; Renzo di Renzo, direttore artistico Treviso Design; Pierluca Donin, direttore Arteven; Giuliana Ericani, dirigente Musei Civici Bassano; Gino Alberto Faccioli, direttore Istituto Superiore di Scienze Religiose "Santa Maria di Monte Berico"; Giorgio Fanesi, presidente Consorzio Mobilità Veneto; Sabrina Fantini, direttore generale Frontiere; Erika Faresin, Laboretica; Elena Fattambrini, Associazione culturale Ludus Musicae; Silvia Fattore, sindaco di Villanova di Camposampiero; Ludovico Ferro, direttore scientifico Fondazione Corazzin; Annamaria Fiengo Assessore alla cultura, Comune di Thiene; Angela Fiorella, dirigente dell’area delle produzioni culturali e dello Spettacolo- Comune di Venezia; Luisa Flora, PR Consulting; Paolo Floretta, Centro Studi Antoniani, della Basilica del Santo e del Messaggero di Sant'Antonio; Elena Fornasier, Adacta Studio Associato; Barbara Franchin, fondatore ITS#Ten Trieste; Ruggero Frezza, presidente M31; Maria Luisa Frisa, direttore del corso di laurea in Design della Moda, Università IUAV Venezia; Giovanni Battista Furlan, presidente Net Engineering SpA; Alberto Garlini, Pordenonelegge.it; Francesco Gasparini, direttore Museo Diocesano di Vicenza; Fausto Gelati, presidente Teatro Comunale di Lonigo; Michele Ghionna, Teatro stabile di Verona; Graziella Giacon, architetto e designer; Giulia Gionfriddo, Adacta Studio Associato; Federico Gitto, presidente Associazione “Ferrovie a Nordest”; Riccardo Giunta, Vodafone; Paolo Gubitta, docente Università di Padova e direttore MBA Imprenditori CUOA; Orazio Iacono, direttore Direttrice Asse Orizzontale di RFI; Mariapaola La Caria, presidente P.R. Consulting Srl; Daniele Lago, designer, Lago SpA; Nazzareno Leonardi, presidente Pedemontana.Vi Turismo; Giuseppe; Lupi, Adacta Studio Associato; Alfonso Malaguti, presidente AGIS Triveneto - Associazione generale Italiana Spettacolo; Giuseppe Mannella, Adacta Studio Associato; Andrea Marella, Università di Padova; Paola Marini, coordinatrice Musei d'arte e Monumenti Comune di Verona; Paolo Marsiglio, responsabile settore Museo Civico Castelfranco Veneto; Alessandro Martin, presidente Consorzio di promozione e sviluppo turistico Marca Treviso; Sergio Maset, direttore di ricerca Studio Tolomeo; Franco Migliorini, esperto Pianificazione dei Trasporti; Maurizio Milan, Vodafone; Stefano Miotto, Direttore Confindustria Veneto Siav; Paolo Monaco, direttore CNA Provinciale Vicenza Maria Pia Morelli, presidente dell’Istituto di studi e ricerche su Antonio Canova e il Neoclassicismo; Filippo Nalon, Responsabile

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Ufficio Cinema e Relazioni Esterne MPX, Padova; Filippo Nani, Medialab Srl; Alessandro Nencha, direttore sviluppo immobiliare, Save; Endrio Niero, Venezia Città Metropolitana; Cristiano Olivotto , M3; Laura Pagliara, Pordenonelegge.it; Cristina Palumbo, consulente artistica Fondazione di Venezia; Lauro Paoletto, direttore La Voce dei Berici ;Mirco Paoletto, Collegio universitario Don Nicola Mazza; Marina Parente, ricercatrice, condirettrice Brand dei Sistemi Territoriali, Politecnico di Milano; Sergio Pascolo, architetto e docente IUAV; Mauro Passarin, conservatore Museo del Risorgimento e della Resistenza di Vicenza; Francesco Peghin, vicepresidente delegato per la ricerca e innovazione di Confindustria Veneto; Vincenzo Pellegrini, avvocato, Presidente di Numeria SGR s.p.a.; Piergiorgio Piccoli, direttore Artistico Teatro Spazio Bixio e Associazione Culturale Theama Teatro; Laura Pierantoni, Politecnico di Milano; Silvia Pietribiasi, con sigliere comunale, Comune di Schio, Andrea Porcheddu, giornalista critico di teatro e docente universitario presso lo IUAV di Venezia, Domenica Primerano, vicedirettore Museo Diocesano Tridentino; Federico Pupo, direttore organizzativo Teatro Comunale di Treviso,Teatri e Umanesimo Latino; Silvia Rita Sedita, docente di Marketing, Università di Padova; Veronica Rodenigo, collaboratrice Il Giornale dell'Arte e Nordesteuropa.it; Luca Romano, direttore Local Area Network, Padova; Claudio Ruggiero, Erredue Studio, Francesco Russo; vicepresidente Area Science Park, Isabella Sala; Gallerie di Palazzo Leoni Montanari di Vicenza; Matteo Salin, Ash Multimedia; Giuliana Salmaso, Silvestrin Salmaso Architects; Anna Chiara Sanmarti, ufficio pellegrinaggi Diocesi di Vicenza; Saverio Sbalchiero, consulente e docente internazionale di Brand Design; Francesco Sbetti, urbanista Società Sistema Snc; Anna Scalfi, artista; Rosa Scapin, direttore Operaestate Festival Veneto; Anna Scavezzon, imprenditrice settore Beni Culturali; Giovanni Scolaro, consigliere comunale, Comune di Schio; Giancarlo Scottà, europarlamentare e membro della Commissione Agricoltura al Parlamento; Dino Secco , presidente Vicenza è; Cristiano Seganfreddo, direttore Fuoribiennale; Livio Semolič, presidente Unione Economica Culturale Slovena; Paolo Sgreva, Adacta Studio Associato; Carlo Spezzapria, Managing Director Rtm Breda S.r.l.; Serenella Spinacè, stilista; Silvano Stefanutti, presidente Fondazione Villa Russiz; Alex Terzariol, presidente ADI Nordest; Michele Tomasella; Dario Tomasi, presidente consiglio comunale, Comune di Schio; Franco Tonato, Adacta Studio Associato; Gianluca Toschi, docente Università di Padova e ricercatore Fondazione Nord Est; Gianvittore Vaccari, sindaco Comune di Feltre; p.Giorgio M. Vasina, direttore del Museo d'arte e di pietà popolare Comunità di Monte Berico; Giampietro Vecchiato, vicepresidente Ferpi, docente di Relazioni Pubbliche, Università di Padova; Luca Vignaga, presidente AIDP-Gruppo regionale Triveneto; Diego Xausa, Adacta Studio Associato; Francesca Xausa, ingegnere; Michele Zaccaria, Adacta Studio Associato; Camillo Zadra, provveditore Museo della Guerra di Rovereto; Damaso Zanardo, presidente Venezia Città Metropolitana; Guido Zovico, festival Biblico di Vicenza.

Si ringraziano per il contributo fornito i relatori del Festival delle Città Impresa 2010-2011

Alberto Abruzzese, sociologo; Fabio Achilli, Commissione Cultura ACRI; Milo Adami, regista; Massimiliano Alajmo, ristoratore; Monica Amari, docente di Cultural Planning al Politecnico di Milano; Giorgia Andreuzza, assessore al Turismo, Provincia di Venezia; Mauro Annunziato, direttore Unità Supervisione e Controllo di Sistemi Energetici - Enea; Stefano Antonelli, training and HR Development Director, Ferrero; Enrico Aprico, ad Employees Only; Rita Assogna, Presidente Itwiin; Jacques Attali, Università di Parigi Dauphine e École Polytechnique ; Antoni Attard, responsabile progetti europei del St James Cavalier Centre for Creativity di Malta; Ferdinando Azzariti, curatore del Salone d’Impresa; Laura Badalucco, docente Università Iuav e designer; Guido Baglioni, presidente del Cesos; Loredana

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Baldisser, Sindaco di Asolo; Francisco Baralle, direttore generale ICGEB; Angelo Barbagallo, produttore Bibi Film Tv; Maria Rita Barbera, costumista; Raffaele Barberio, direttore Key4biz; Bruno Barel, avvocato e consigliere Numeria SGR; Marco Bassani, consulente di branding, cofondatore di Perceptioning Project ; Diego Basset, Direttore Veneto Nanotech; Emanuela Bassetti, presidente Civita Tre Venezie; Daniela Basso, giornalista; Alessio Belgrado, Sindaco di Maniago; Gabriella Belli, direttore Musei Civici Veneziani; Jordi Bellmunt, paesaggista e docente presso l’ETSAB Barcellona; Marco Bellocchio, regista; Paolo Benzi, Faber Film; Gualtiero Bertelli, musicista; Mario Bertolissi, ordinario di diritto costituzionale Università degli Studi di Padova; Stefano Besco, Università di Padova; Marco Bettiol, docente Università di Padova; Alberto Bevilacqua, direttore CSS Teatro stabile di innovazione del FVG; Ennio Bianco, vicepresidente Unindustria Treviso; Mauro Biffaro; Pierangelo Biga, centro Di Competenza per la valutazione degli Asset Intangibili – Nord Est Intangibles; Pier Angelo Biga, ad ICM Research; Gianluca Bisol, direttore generale Bisol; Roberto Bissoli, consigliere Veneto Sviluppo; Paola Bizzarri, scenografa;; Renato Bocchi, docente Università IUAV Venezia; Luisa Bocchietto, presidente ADI – Associazione per il Disegno Industriale; Andrea Boitani, Università Cattolica di Milano; Barbara Bonaventura, socio fondatore e vicepresidente Aicel; Aldo Bonomi, presidente Consorzio AA. Ster; Agostino Bonomo, presidente Confartigianato Vicenza; Giovanni Bonotto, direttore creativo Bonotto s.p.a.; Francesco Bonsembiante, JOLEFILM; Francesco Borga, past president Veneto Sviluppo; Mara Borriero, già presidente AIDDA Veneto T.A.A.; Italo Bosa, Fondazione La Fornace dell’Innovazione; Fausto Bosa, vicepresidente Confartigianato AsoloMontebelluna; Francesca Bosa, Bosa Ceramiche; Sandro Boscaini, presidente Masi; Andrea Boschetti, Metrogramma architetti; Dario Bovo, Consorzio Venezia Ricerche; Diego Bravar, amministratore delegato Ital TBS spa; Fratel Lino Breda, monaco Comunità di Bose; Mario Brenta, docente e regista; Ferruccio Bresolin, economista e docente Università Ca’ Foscari di Venezia; Antonello Briosi, vicepresidente Confindustria Trento; Mario Brunello, musicista; Carlo Brunetti, Vicepresidente API plastic - Bassano (VI); Paola Budel; Paolo Burgi, paesaggista; Edoardo Bus, responsabile comunicazione Banco Popolare; Maria Rita Busetti, sindaco di Thiene; Alessandro Calligaris, presidente Confindustria Friuli Venezia Giulia; Luigi Campello, direttore generale Electrolux Italia; Carlo Canato, direttore Istituto Regionale Ville Venete; Ilaria Capua, direttore del Laboratorio di referenza nazionale /OIE/FAO per l'influenza aviaria, IZSVe; Francesco Careri, architetto; Massimo Carraro, amministratore delegato di Morellato e Sector; Alessandra Carrillo, International Marketing Manager Crawford & Company; Loris Casadei, editore di CasaDeiLibri e d.g. Porsche Italia; Roberto Casarotto, curatore progetti internazionali di Operaestate Festival Veneto e Associate director del network Aerowaves, Londra; Luca Casarotto, designer e blogger, Youngdesigner.it; Maurizio Castro, senatore; Maurizio Casubolo, partner Palladio Finanziaria; Piero Cavigliasso, amministratore delegato Consorzio Proplast; Giuliano Cazzola, vicepresidente Commissione Lavoro; Maurizio Cecconi, amministratore delegato Villaggio Globale; Pier Luigi Celli, direttore generale Luiss; Gabriele Centazzo, amministratore delegato Valcucine; Guido Cerasuolo, Mestiere Cinema; Matjaz Četrtrič, Rebollium Sinefinis d.o.o.; Medardo Chiapponi, docente Università Iuav; Maria Chiarvesio, docente Università degli Studi di Udine; Renato Chisso, assessore alla Mobilità e alle Infrastrutture Regione del Veneto; Antonio Cianci, consigliere per l’Innovazione del Ministro Brunetta; Mario Cichetti, direttore Consorzio Prosciutto di San Daniele; Stefano Cimatti, Sindaco di Bassano del Grappa; Maurizio Cini, presidente Confindustria Pordenone; Roberto Cipresso; Luca Ciriani,già assessore alle Attività produttive Regione Friuli Venezia Giulia ; Alessandro Ciriani, presidente Provincia di Pordenone; Lina Cocco, Assessore Comune di Schio; Gabriele Colangelo, fashion designer; Franco Conte, già assessore all’urbanistica della Provincia di Treviso; Cristiano Contin, presidente CNT Italia;;

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Marialuisa Coppola, assessore all’Economia e Sviluppo Regione Veneto; Mauro Corinaldi, imprenditore ed esperto di comunicazione; Giancarlo Corò, docente Università Ca' Foscari Venezia; Mauro Corona, scrittore; Pietro Costa, designer, Coscadesign; Giovanni Costa, presidente Cariveneto; Paolo Costa, presidente dell’Autorità portuale di Venezia; Rocco Cristofolini, rappresentante Confindustria Trento e componente del Consiglio Nazionale Giovani Imprenditori di Confindustria; Nico Cunial, sindaco di Crespano del Grappa; Giovanni da Pozzo, presidente Camera di Commercio di Udine; Gianantonio Da Re, sindaco Vittorio Veneto; Ambrogio Dalla Rovere, già vicepresidente Fondazione Cariverona;; Michelangelo Dalto, direttore artistico PAESAGIRE; Giulia d'Amaro Valle; Giovanni Damiani, Università di Trieste; Roberto Daneo, curatore Dossier “Nordest Capitale Europea della Cultura 2019”; Elio De Anna, assessore alla Cultura Regione Friuli Venezia Giulia; Alessandro De Biasio, presidente Whydotcom Group; Chiara De Cristan; Maria Teresa De Gregorio, Regione Veneto; Pietro Francesco De Lotto, consigliere del Comitato Economico e Sociale Europeo – Bruxelles; Erri De Luca; Cesare De Michelis, presidente Marsilio Editori; Gianni De Michelis, presidente Ipalmo; Danilo De Nardi, segretario Confcommercio Veneto; Christian De Pol, direttore Fondazione La Fornace dell’Innovazione; Patrizio Dei Tos, legale rappresentante Labor Legno; Fulvio Del Tin Del Tin Armi Antiche; Caterina Della Torre, presidente AIDDA FVG; Massimo Di Carlo, gallerista, presidente ANGAMC; Renzo di Renzo, Treviso Design; Ilvo Diamanti, Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo"; Roberto Ditri, presidente Fiera di Vicenza; Bruno Dolcetta, urbanista e docente Università IUAV Venezia; Stefano Donadello, presidente BIM Piave Nuove Energie; Riccardo Donadon, amministratore delegato H Farm; Elena Donazzan, assessore all'Istruzione Regione del Veneto; Alison Driver, cultural manager British Council Roma; Soumitra Dutta, fondatore di elab@INSEAD; Luca Emanueli, Università di Ferrara; Edi Fabbro, Innovative projects Manager dell’Electrolux Global Technology Center (Porcia/Pordenone); Franc Fabec, presidente Associazione agricoltori Kmečka zveza; Vincenzo Fabris, Direzione Urbanistica e Paesaggio Regione Veneto; Corrado Facco, direttore generale Fiera di Vicenza; Celso Fadelli, fondatore e presidente Intertrade Europe Group; Raffaella Fagnoni, Università di Genova; Stefano Fantoni, già direttore Sissa; Franco Farinelli, presidente Associazione Geografi Italiani; Giuseppe Fasiol, commissario alla Riforma Settore Trasporti Regione del Veneto; Giorgio Fasol, collezionista; Tiziana Favero, IPA Montello-Piave-Sile; Marzio Favero, sindaco Montebelluna; Roberto Fedeli, direttore tecnico di Ferrari gt; Patrizia Felluga, presidente Consorzio Vini Collio e Carso; Gian Arturo Ferrari, presidente del Centro per il Libro e la Promozione della lettura; Joao Ferreira Nunes, architetto paesaggista; Silvia Ferri de Lazara, presidente Fondazione March, Ludovico Ferro, direttore scientifico Fondazione Corazzin; Gabriele Ferron; Laura Fincato, presidente delegato Comitato Expo Venezia; Marino Finozzi, assessore al Turismo Regione del Veneto; Peppe Fiore, Format Department Wildside; Lorenzo Fiori, Direzione Strategie, Finmeccanica; Enrico Fontanari, docente Università IUAV Venezia; Giorgio Fossati, fondatore Film Commission Torino Piemonte; Fabio Franceschi, presidente Grafica Veneta; Marco Franchin, PST Galileo – progetto BAN Veneto; Sonia Fregolent, sindaco di Sernaglia della Battaglia; Leopoldo Emilio Freyrie, architetto e presidente del Dipartimento Esteri del Consiglio Nazionale Architetti; Maria Luisa Frisa, direttore del corso di laurea in Design della Moda, Università IUAV, Venezia; Carlo Fumian, Università di Padova; Roberto Furlan, presidente Camera di Commercio Padova; Giovanni Battista Furlan, presidente Net Engineering; Raffaello Galiotto, designer; Alfonso Gambardella, docente Università Bocconi; Cherubino Gambardella, Seconda Università degli Studi di Napoli; Massimo Garlatti Costa, regista Raja Films; Alberto Garlini, scrittore e curatore Pordenonelegge.it; Sergio Garribba, consigliere per le politiche dell’energia del Ministro dello Sviluppo Economico; Mirco Gasparotto, presidente Arroweld; Matteo Gatto, direttore della progettazione di Expo 2015 s.p.a.; Danilo Gerotto,

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dirigente settore Urbanistica della Provincia di Venezia; Vincenzo Gervasio, consigliere CNEL alle Infrastrutture e Energie Rinnovabili; Michele Giacalone, presidente di Green Energy Solution; Francesco Giacomin, presidente Fondazione La Fornace dell’Innovazione; Massimo Giordano, assessore allo Sviluppo Economico Regione Piemonte; Antonio Girardi, direttore Centro Produttività Veneto; Francesco Girondini, sovrintendente Fondazione Arena di Verona; Federico Gitto, presidente associazione Ferrovie a Nordest; Vicenzo Giuffrè, Università “Mediterranea” Reggio Calabria; Linda Gobbi; Gian Luca Gortani, direttore Confartigianato Udine; Marco Gottardo, direttore dell’Associazione Albergatori Termali Abano Montegrotto; Roberto Grandinetti, Università di Padova, Ires; Andrea Granelli, presidente e fondatore di Kanso; Riccardo Grassi, cofondatore di Studio Zeta Milano; Giuseppina Grimaldi, componente Consiglio Nazionale ConfapiD; Tomas Grohé, già coordinatore progetti IBA Emscher Park; Paolo Gubitta, docente Università di Padova e Direttore MBA Imprenditori CUOA; Giorgio Guerrini, presidente Nazionale R.ETE. Imprese Italia; Guido Guerzoni, docente Università Bocconi; Federica Guidi, direttore generale di Ducati Energia e già presidente nazionale Giovani Imprenditori di Confindustria; Alejandro Gutierrez, architetto; Michaela Haberlander, FilmFernsehFonds Bayern; Joseph Haviv, managing member Protostar Partners LLC Sao Hosoe, designer; Willi Husler, esperto internazionale di trasporti, IBV AG Zurig; Rossana Illy Bettini, giornalista; Riccardo Illy, presidente Gruppo Illy; Alessandro Isaia, responsabile Comunicazione e Marketing Fondazione Torino Musei; Nobuyuki Kaya, Università di Kobe, Giappone; Lissa Kinnaer, coordinatrice di Réseau des Arts di Brussels; Jan Kleihues, architetto Kleihues e Kleihues Berlino; Anniina Koivu, Abitare; Aleš Kristančič, Consorzio vini Brda; Kengo Kuma, architetto; Daniele Lago, art-director Lago Spa; Francesco Lago; Claudio Lamanna, Università di Trento; Enrico Lando, regista; Giovanni Lanzone, direttore Master di Business Design, Domus Academy Milano; Bernard Lassus, architetto paesaggista; Luigi Latini, docente Università IUAV Venezia; Gianni Lazzari, amministratore delegato Habitech; Francesca Lazzari, assessore all’Urbanistica Comune di Vicenza; Nicola Leonardi, editore Rivista di Architettura The Plan; Enrico Letta, vicesegretario partito Democratico; Massimo Lippi, amministratore delegato Infracom Italia; Bruno Lizotte, design Manager Key Accounts dell'Industrial Design Center europeo di Electrolux.; Andreina Longhi, amministratore delegato Agenzia Attila; Sergio Los, architetto; Daniele Luchetti, regista; Camilla Lunelli, responsabile comunicazione e rapporti esterni Cantine Ferrari; Mario Lupano, vicepreside Facoltà di Design e Arti, Università IUAV, Venezia; Carlo Magnani, architetto, professore Università IUAV Venezia e presidente Uniscape; Chiara Magri, coordinatrice didattica del Corso di animazione CSC Piemonte; Gino Malacarne, preside Facoltà di Architettura Aldo Rossi, Università di Bologna; Massimo Malaguti, direttore generale PST Galileo (PD); Mara Manente, direttore CISET, docente Università Ca’ Foscari; Francesco Manfio, Gruppo Alcuni; Sergio Manfio, Gruppo Alcuni; Alberto Maniero, sindaco di Conegliano; John Mankins, Artemis Innovation Management Solutions LLC, Washington, USA; Paolo Mantovani, presidente del Gruppo Giovani di Confindustria Vicenza; Franco Manzato, Assessore alle Politiche dello Sviluppo Economico; Chiara Marangoni, conservatore dell'Archivio Jole Veneziani, Fondazione Bano- Palazzo Zabarella; Mauro Marcantoni, sociologo e giornalista; Piergaetano Marchetti, presidente Rcs; Fabio Marchetti, vicepresidente Provincia di Udine; Enrico Marchi, presidente SAVE; Antonello Marega, direttore Centro Ricerche e sviluppo Gruppo Tecnica, docente IUAV; Massimo Maresca, Facoltà di Statistica Università di Padova; Francesco Marinelli, presidente di Ecoaction; Daniele Marini, Università di Padova e direttore Fondazione Nord Est; Riccardo Marini, city designer leader Edinburgh; Daniele Marini, docente Università di Padova e direttore scientifico Fondazione Nord Est; Sara Marini, Università IUAV Venezia; Ettore Martin; Morena Martini, assessore all'Istruzione Provincia di Vicenza; Giannino Marzotto,

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Associazione "Progetto Marzotto"; Luca Marzotto, amministratore delegato Zignago Holding; Matteo Marzotto, presidente Enit; Sergio Maset, direttore di ricerca Tolomeo Studi e Ricerche; Alberto Masetti Zannini, the Hub Milano; Roberto Masiero, docente Università IUAV Venezia; Andrea Massa, vicepreside della Facoltà di Ingegneria e direttore del Gruppo di Ricerca ELEDIA; Paolo Mattei, amministratore delegato Cartiere del Garda; Predrag Matvejevich, scrittore e docente Università la Sapienza, Roma; Carlo Mazzacurati, regista; Christopher John Meade, codirettore dell'Institute for the Future of the Book; Beny Meier, architetto; Tiziano Mellarini, assessore Provincia autonoma di Trento; Massimo Melucci, Facoltà di Statistica Università di Padova; Gianni Menotti; Paolo Meoni, artista e regista; Stefano Micelli, Università Ca’ Foscari di Venezia e direttore di Venice International University; Ezio Micelli, Università IUAV di Venezia; Giancarlo Michellone, presidente di AREA Science Park; John Micklethwait, direttore Economist; Franco Migliorini, esperto Pianificazione dei Trasporti; Giuseppe Milan, direttore Unindustria Treviso; Vittorio Mincato, presidente Camera di Commercio di Vicenza; Alessandro Minello, docente di economia dello sviluppo Ca’ Foscari – Venezia; Michele Modesti, Università di Padova; Luca Molinari, architetto e curatore Padiglione Italia Biennale Architettura 2010; Roberto Molinaro, Assessore Regione FVG; Carlo Montanaro, direttore Accademia di Belle Arti di Venezia; Francesco Morace, presidente Istituto di ricerca Future Concept Lab; Roberto Morelli, già direttore di Nordesteuropa.it; Federico Morello, studente, fondatore FriuliAdd; Mario Moretti Polegato, presidente Geox; Mauro Moretti, amministratore delegato Ferrovie dello Stato; Francesca Morichini, HR Director, Bialetti Industrie; Giustino Moro, presidente Fondazione Fabbri; Leonardo Muraro, presidente Provincia di Treviso; Daniela Murelli, corporate social responsability Sanpellegrino; Giancarlo Muzzarelli, assessore Attività Produttive Emilia-Romagna; Vladimir Nanut, direttore scientifico MIB ; Marzia Narduzzi, amministratore delegato Pier; Giorgio Natalino, presidente nazionale Confartigianato ; Marco Navarra, Università di Siracusa; Francesco Nazari Fusetti, presidente cofondatore di ScuolaZoo; Michele Noal, assessore Sviluppo Economico, Provincia di Treviso; Giannola Nonino, ad Nonino Distillatori spa; Riad Ohanian, 20th Century Fox; Silvia Oliva, Fondazione Nordest; Alessandro Olivi, assessore all’Industria, Artigianato e Commercio della Provincia Autonoma di Trento; Angelo Ornella, capogruppo del progetto sul fotovoltaico a concentrazione e cogenerazione; Giorgio Orsoni, Sindaco di Venezia; David Orzan, imprenditore; Boris Pahor, scrittore; Juan Manuel Palerm Salazar, architetto paesaggista e visiting Università IUAV Venezia; Domenico Palmieri, presidente Associazione Italiana Politiche Industriali; Giorgio Palmucci, ad Tivigest Hotels & Resorts; Carmela Palumbo, direttrice generale dell'Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto; Antonio Paoletti, presidente CCIAA di Trieste; Sergio O. Paolin, presidente Artigianato artistico CNA provinciale e regionale; Marco Paolini; Sandro Parenzo,produttore televisivo e presidente Casinò di Venezia; Sergio Pascolo, Università IUAV di Venezia; Giovanni Pavan, presidente Camera di Commercio di Pordenone; Cristina Pedicchio, docente Università di Trieste e presidente CBM; Francesco Peghin, già presidente Confindustria Padova; Alessandro Pegoretti, Università di Trento; Francesco Pegoretti, acconciatore; Vincenzo Pellegrini, avvocato, Presidente di Numeria SGR s.p.a.; Gianluca Peluffo, 5+1AA Alfonso Femia; Gianluca Peluffo; Eugenio Perazza, amministratore unico Magis; Francesco Peroni, Rettore Università di Trieste; Jacques Perrin, già direttore di Ceram Sophia-Antipolis; Piero Persi, Industries SpA; Henrique Pessoa, paesaggista; Enrico Peterlunger, Università di Udine; Tiziana Pettenuzzo, direttrice CESAR; Michelangelo Pistoletto; Giorgio Pizzolato, vicesindaco di Schio; Carla Poli, Centro Riciclo Vedelago; Guido Pomini, presidente Confcommercio Treviso; Franca Porto, segretaria regionale Cisl; Emma Posey, direttrice di BLOC - Galles, Gran Bretagna; Gianni Potti, presidente ConfindustriaSI Veneto; Mario Pozza, vicepresidente Camera di Commercio di Treviso; Luigi Prestinenza Puglisi, critico d’architettura e

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docente presso l’Università di Roma La Sapienza; Paolo Preti, direttore del master Piccole imprese della Sda Bocconi; Federica Preto, direttore artistico Fondo Plastico; Tiziana Prevedello Stefanel, Fondazione Oderzo Cultura; Robert Princčič; Alessandro Profumo, già amministratore delegato UniCredit Group; Giulio Prosser, presidente Consorzio Rovereto in Centro; Giovanni Puiatti, Puiatti s.r.l.; Laura Puppato, Consiglio Regione Veneto; Daniela Rader, assessore Comune di Schio; Davide Rampello, presidente Fondazione Triennale di Milano; Carlo Ratti, architetto; Mauro Reini, docente Università di Trieste; Tiziano Remor, P-One; Carla Rezzadore, associazione “Crisalide Sos Scuola Famiglia”; Riccardo Riccardi, assessore alle Infrastrutture e Mobilità, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia; Claudio Rigo, responsabile Nord Est UniCredit; Jonathan Robinson, The Hub; Giuseppe Roma, direttore Censis; Luca Romano, direttore Local Area Network, Padova; Luigino Rossi, presidente Associazione Amici di Giorgio Lago; Maurizio Rossi, cofondatore H-Farm; Simonetta Rubinato, senatrice; Andrea Ruckstuhl, amministratore delegato, Bovis Lend Lease Italia; Enzo Rullani, docente di Economia della Conoscenza e presidente TedisCenter, VIU; Dimitrij Rupel, già ministro degli Affari Esteri, Slovenia; Philip Rylands, direttore Collezione Peggy Guggenheim; Pier Luigi Sacco, Università IUAV di Venezia; Francesco Sacco, docente Università Bocconi; Gildo Salton, persidente Ascopiave; Gianluca Salvatori, presidente Manifattura Domani; Mirano Sancin, direttore generale PST Kilometro Rosso; Denis Santachiara, designer; Roberto Santolamazza, direttore Treviso Tecnologia; Giancarlo Saran, assessore alla Cultura della Città di Castelfranco Veneto; Vendemiano Sartor, presidente Treviso Tecnologia; Saverio Sbalchiero, consulente e docente internazionale di Brand Design; Giuseppe Sbalchiero, presidente Confartigianato Imprese Veneto; Francesco Sbetti, direttore tecnico scientifico della Fondazione Venezia 2000; Rosa Scapin, direttore Operaestate Festival Veneto; Emanuele Scarello; Gabriele Schiavon, designer; Attilio Schneck, presidente Provincia di Vicenza; Marco Scippa, chief HR Officer, Elica ; Luca Scivoletto, regista; Giancarlo Scottà, europarlamentare; Dino Secco, vicepresidente Provincia di Vicenza; Cristiano Seganfreddo, direttore di Fuoribiennale; Federica Seganti, assessore al Turismo, Regione Friuli Venezia Giulia; Giuliano Segre, presidente Fondazione di Venezia; Livio Semolič, presidente Unione Culturale Economica Slovena – SKGZ; Michele Serra; Jerszy Seymour, designer; Fabio Sforza, sindaco di Pieve di Soligo; Flavio Sgambaro, vicepresidente Unindustria Treviso; Roberto Siagri, presidente Eurotech; Michela Signori, ideatrici del progetto “Il vino e…”; Marco Simonit; Vittorio Sodano, truccatore; Luca Sofri, fondatore e direttore Il Post; Enzo Spaltro, docente di Psicologia del Lavoro e direttore dell’Università delle Persone; Michael Spence, Premio Nobel Economia 2001; Nicola Sergio Stefani, assessore alla Cultura Comune di Pieve di Soligo; Massimo Stella, imprenditore Estel ; Stefano Stenta, Presidente sistema moda Confartigianato, vicepresidente Ente Fiera di Vicenza; Riccardo Szumski, presidente Savno; Anna Tabone, international Sales Director, Camper & Nicholson Marinas; Erilde Terenzoni, sovrintendente archivistico per il Veneto; Emilio Terpin, presidente Autovie Venete; Alex Terzariol, presidente ADI Nordest; Gianmaria Testa; Irene Tinagli, docente Università Carlos III, Madrid; Giorgio Tinazzi, Università di Padova; Stefan Tischer, architetto paesaggista; Andrea Tomat, presidente di Confindustria Veneto; Renzo Tondo, presidente Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia; Clara Tosi Pamphili; Amberlea Trainor, cultural Manager Place, Belfast, Irlanda; Franco Traverso, presidente e amministratore delegato di Silfab; Tiziano Treu, senatore; Vitaliano Trevisan, Flavio Trinca, Veneto Banca; Paolo Troncon; Marco Turco, regista; Carlo Urbinati, titolare Foscarini; Cecilia Valmarana, RAI Cinema; Cristian Valsecchi, project manager Mart; Alessandro Vardanega, presidente Unindustria Treviso; Achille Variati, sindaco di Vicenza; Monique Veaute, presidente Fondazione RomaEuropa; Maria Silvia Venturini Fendi, presidente Fendi e Alta Roma; Monique Vervaeke, sociologa, ricercatrice École Normale Supérieure, Parigi; Federico Verzegnassi, componente di giunta

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Camera di Commercio di Udine; Bruno Vianello, presidente e amministratore delegato Texa; Ferdinando Vicentini Orgnani, A.L.B.A. Produzioni; Paolo Vidali, direttore del Fondo Regionale per l’Audiovisivo del FVG; Luca Vignaga, presidente AIDP Triveneto; Gianluca Vigne, amministratore delegato Areatecnica; Gian Mario Villalta, direttore artistico Pordenonelegge.it; Claudio Violino, assessore alle Risorse rurali, agroalimentari e forestali, Regione FVG; Federico Vione, amministratore delegato Adecco; Maria Rosa Vittadini, Università IUAV di Venezia; Maurizio Vogliazzo, Politecnico di Milano; Bruno Voglino, consulente televisivo; Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia; Charles Weston Baker, head of Department Residential International, Savills UK; Giuseppe Zaccaria, rettore dell’Università degli Studi di Padova; Francesca Zaccariotto, Presidente provincia di Venezia; Franco Zagari, docente Università “Mediterranea” Reggio Calabria; Luca Zaia, presidente della Regione Veneto; Sergio Zambon, fashion designer; Floriano Zambon, assessore al Turismo Provincia di Treviso; Arrigo Zanardo, presidente Impa; Damaso Zanardo, presidente Venezia Cittàmetropolitana; Valentina Zanatta, direttore patrimonio Edizione Property Spa; Stefano Zanatta, presidente Confartigianato AsoloMontebelluna; Roberto Zancan, docente UQAM Montreal; Emanuela Zandonai, Zandonai editore; Massimo Zanon, presidente Confcommercio del Veneto; Andrea Zanotti, presidente di FBK ; Battista Zardet, presidente Consorzio BIM Piave; Marino Zorzato, vicepresidente e Assessore al Territorio, alla Cultura, agli Affari generali della Regione Veneto; Roberto Zuccato, presidente Confindustria Vicenza; Francesco Zurlo, Politecnico di Milano, esperto di design dei sistemi territoriali; Ruscelli, Urban City Manager Comune di Parma

Hanno contribuito alle attività di sviluppo di idee e progetti sulla candidatura:

Adacta Studio Associato, Adecco, Aidda Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti D’Azienda, Aidp Associazione Italia per la Direzione del Personale, Alca Technology, Allianz, Al Picaron, Andritz Hydro, Antiruggine, Apindustria Vicenza, Area Science Park, Arearecnica, Arredo3, Arta Treviso Cerca Arte, Ascopiave, AscoTLC, Ascom Servizi Vittorio Veneto, ASDI Coltello Maniago, Associazione Amici di Giorgio Lago, Azalea Promotion, Banca di Udine, Banco Popolare, Baxi, BCC Friuli Centrale, BCC Pordenonese, BCC San Giorgio e Meduno, BHR Treviso Hotel, BIM Piave, Bisol, Bisson Auto, Bluenergy Group, Bosa, Camera di Commercio Padova, Camera di Commercio Pordenone, Camera di Commercio Udine, Carrozzeria Riva, Cbm, Centro Espressioni Cinematografiche, Centro Polifunzionale di Gorizia, Centro Produttività Veneto, Centro Servizi e Spettacoli, Centro Studi Usine, Ciaghi Libero & C., Cibic workshop, CISL Friuli Venezia Giulia, CISL Veneto, Città di Asolo, Città di Castelfranco Veneto, Città di Montebelluna, Città di Pordenone, Città di Trieste, Città di Udine, Città di Vicenza, Città di Vittorio Veneto, Cna Vicenza, CNEL, CNT, Coldiretti Treviso, Collegio Mazza, Collegio Vescovile Dante Alighieri, Comodamente, Consorzio del prosciutto di San Daniele, Comune di Maniago, Comune di Pieve di Soligo, Comune di Possagno, Comune di Reana del Rojale, Comune di Rovereto, Comune di Schio, Comune di Tavagnacco, Comune di Trieste, Comune di Udine, Conergy Italia, Confartigianato Asolo Montebelluna, Confartigianato Giovani Imprenditori Veneto, Confartigianato Vicenza, Confartigianato Udine, Confcommercio Schio, Confcommercio Unascom Treviso, Confederazione Italiana Agricoltori, Confindustria Padova, Confindustria Trento, Confindustria Veneto, Confindustria Vicenza, Corriere del Veneto, Corriere della Sera, Corriere del Trentino, De Pretto Industrie, Diskos, DITEDI, Domus, EAS, Egea, Electrolux, Ersa, Esperimentiamoci, Etra, Exibart, Fabian, Fas, Federazione dei Comuni Camposampierese, FERPI, Festival Biblico, Festival della Cittadinanza, Festival delle Città Impresa, Fiera di Vicenza, F.lli Ferrari Ventilatori Industriali, Fondazione Arena di Verona, Fondazione

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Canova, Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, Fondazione Claudio Buziol, Fondazione Corazzin, Fondazione CRUP, Fondazione CUOA, Fondazione di Venezia, Fondazione Francesco Fabbri, Fondazione La Fornace dell’Innovazione, Fondazione March, Fondazione Nord Est, Fondazione Teatro Civico di Schio, Fracasso, Friulano Tipicamente Friulano, Fuoribiennale, Galileo, Gallo Pubblicità, Geox, GPS Packaging, Gottardo, Grafica Veneta, Gruppo ADN Kronos, Gruppo Mastrotto, Guanxi net, Hatitech, Hausbrandt, H-farm, Hub Rovereto, IAL Friuli Venezia Giulia, I Bibanesi, ICM, Il Piccolo, Industries, Infracom, IPA del Camposampierese, IPA Montello-Piave-Sile, Ipermela, Istituto Canova, IUAV, La7, Lago, Lafer, Leonardo Cimolin, Local Area Network, Learn, Legnopan, Luxy, M31, Manifattura Domani, Man, Marsilio, Mart, Masi Agricola, Massi Mago 1883, Master, Medialab, Mep, Metadistretto della Bioedilizia, Metadistretto Veneto dei Beni Culturali, MIB, NH Hoteles, Numeria sgr, OMC, oneCare Europe. Opera Estate Festival Veneto, Opera Pia del Tempo, Ordine degli Architetti Treviso,Paesagire, Pal Zileri, Pordenonelegge.it., Porsche, PR Consulting, Provincia di Pordenone, Porto di Venezia, Provincia Autonoma di Trento, Provincia di Treviso, Provincia di Trieste, Provincia di Udine, Radio24, Recoaro, Regione del Veneto, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, SAV, Save, Sbalchiero & Partners, Scuola Italiana Design, Sella Farmaceutici, Siderforge, Sissa, Sorelle Ramonda, Stonefly, SKGZ, Skilled, Stevanato Group, Studio Altieri, Studio Esseci, TDM Demotech, TDV Treviso Design, Technogel, Technos, Telecom Italia, Telwin, Texa, Trentino Sviluppo, Trivellato, Udine Far East Film Festival, Unindustria Treviso, Unioncamere del Veneto, Unioncamere Friuli Venezia Giulia, Unione Industria Pordenone, Università Ca’ Foscari di Venezia, Università degli Studi di Padova, Università degli Studi di Trento, Università degli Studi Trieste, Università degli Studi di Udine, Usine Centro Studi, Valcucine, Valenia, Valex, VDP Fonderia, Veneto Banca, Veneto Sviluppo, Venzo Stampi, Verona Contemporanea, Verona Fiere, Vetreria ATCT, Vicino Lontano, Videotec, Villa Contarini Fondazione G.E. Ghirardi, Villa Russiz, Viviradio, Voith, Unicredit, Zermiglian, Zordan.

Un ringraziamento a Laboretica che ha prodotto il documento relativo alla responsabilità sociale della candidatura.

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PREMESSA

1 La metropoli Il Nordest è profondamente cambiato negli ultimi trent’anni. Se negli anni ’80 si intravvedeva la nascita di un nucleo metropolitano nelle aree di Padova, Treviso e Venezia, nel corso degli anni successivi quello che potremmo chiamare il nucleo centrale della nuova metropoli si è esteso ormai da Vicenza a Venezia a sud e da Schio-Valdagno fino a Pordenone a nord. Se il “passante di Mestre” costituiva allora la “tangenziale” della Padova – Venezia – Treviso, sarà ora la Pedemontana (compreso l’asse Conegliano – Pordenone – Portogruaro) a definire quello che potrebbe essere chiamato il Grande raccordo anulare della metropoli Nordest. E’ peraltro ormai evidente che questo stesso ulteriore confine è destinato ad essere superato nei prossimi anni da nuovi raccordi con il Trentino (Valsugana o Valdastico) e tra Pordenone e l’alto Friuli. In pochi anni, quindi, da Trento a Udine, da Verona a Trieste, si è venuta definendo una grande area metropolitana che ha come suo punto di riferimento centrale (anche nell’immaginario globale) Venezia. Pur essendo quest’area ormai parte integrante di quella che è stata definita da Eugenio Turri “la metropoli padana”, essa ha delle sue peculiarità che affondano le radici nella storia della Serenissima Repubblica e che si traducono oggi nella cultura imprenditoriale che ha dato vita al fenomeno Nordest. Se questa è la realtà presente e futura, se questo territorio ha un destino metropolitano e se infine si vuole cercare di tracciare una trama che permetta a questa metropoli di non essere una accozzaglia confusa ma una vera e propria piattaforma di sviluppo, è necessaria una svolta culturale che, come fu per Genova 2004 e Torino 2006, ridisegni l’organizzazione del territorio, le sue funzioni e individui le linee per un nuovo possibile sviluppo industriale e culturale. 2 Venezia: la nuova capitale In questo disegno che fa da sfondo al progetto di candidatura, la capitale è, e non può altro che essere, Venezia. Inutile qui soffermarsi sulla storia che già basterebbe a giustificare questa scelta, così come è evidente la notorietà internazionale del capoluogo lagunare. Il significato di Venezia Capitale, dentro questo progetto, va però rinnovato. Negli anni dello sviluppo del Nordest si è infatti determinata una frattura tra Venezia e l’entroterra. Mentre Venezia ha mantenuto il suo fascino ma si è venuta via via trasformando in una sorta di museo aperto ad orde di turisti mordi e fuggi, il Nordest contadino ha assistito ad una esplosione di produzione e di ricchezza che ha determinato uno spostamento dei centri di potere economico, finanziario e politico. In questa situazione Venezia non riconosceva il Nordest, ed il Nordest non riconosceva Venezia. Venezia con il Nordest Capitale Europea della Cultura significa ricomporre questa frattura, restituire a Venezia tutta la sua centralità e riconnetterla al territorio vasto che in essa si riconosce, significa contribuire a ricostruire un ruolo basato sulla produzione culturale, sulla ricerca scientifica, sullo sviluppo di nuove industrie a tecnologia evoluta. Già oggi, grazie in

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particolare alle attività della Biennale ed ai grandi lavori di ingegneria idraulica del Mose, ci sono le premesse per dare avvio ad una nuova fase di sviluppo, ma il percorso di candidatura da qui al 2019 deve cercare di moltiplicare la Venezia “produttiva” a scapito della Venezia “location” di eventi culturali. Ma c’è anche l’altra Venezia, quella di Mestre e Marghera, che ha segnato la storia del novecento. Fare di Venezia la Capitale Europea della Cultura significa anche proseguire con maggiore determinazione nel reinventare l’altra metà. Se su Marghera, per la complessità della questione, andrà aperta una riflessione a parte (anche se verrebbe naturale pensarla come sede di una nuova industria cinematografica e/o sede di industrie di tecnologia avanzata come era nelle intenzioni del Vega), su Mestre la prossima realizzazione dell’M9, potrà costituire un motore culturale capace di porsi come centro di narrazione contemporanea della storia e dello sviluppo industriale di quest’area. 3 I due assi dello sviluppo E’ notorio che il Nordest si sia sviluppato nel corso dei primi anni lungo quello che è l’asse autostradale A4-A22. Lì vi erano le “città”, tutto il resto era “provincia”. Gli ultimi trent’anni hanno profondamente modificato questa geografia, determinando in maniera confusa la nascita di un nuovo asse che da Rovereto, passando per Schio, Thiene, Bassano, Castelfranco, Cittadella, Conegliano e Pordenone arriva fino ad Udine e al distretti di Manzano. E’ l’ormai famosa “pedemontana”, sede del più imponente sviluppo industriale degli ultimi anni e ed area che necessita sempre più di collegamenti infrastrutturali veloci e sostenibili. La Capitale Europea della Cultura 2019 potrà puntare a svilupparsi quindi non solo lungo l’asse delle “città”, ma lungo entrambi queste due direttrici, prendendo con ciò atto sia di una realtà di fatto che di un fiorire di vitalità culturale e di imprenditorialità creativa che rendono la pedemontana, secondo uno studio del prof. Pier Luigi Sacco, il distretto culturale evoluto più dinamico del Nordest. 4 Far viaggiare (veloce e sostenibile) merci, idee e persone La Capitale del 2019 dovrà portare un’altra innovazione fondamentale nel costruire l’assetto metropolitano del Nordest, e cioè un efficiente e moderno sistema di trasporti ferroviario metropolitano e di Alta Velocità. Siamo ormai giunti infatti, con la Pedemontana, Valdastico Sud, Valsugana e Pordenone – Sequals- Tarvisio, al completamento del disegno del trasporto stradale del Nordest e non è pensabile altro sviluppo di trasporto interno e di collegamento basato sull’asfalto. Il Nordest del 2019 dovrà invece recuperare l’enorme ritardo accumulato negli ultimi 20 anni sul trasporto ferroviario, portando l’Alta Velocità almeno fino a Venezia (ed ammodernando la linea fino a Trieste per permettere collegamenti rapidi con quella che dovrà essere un’altra città-polo del progetto) e strutturando un sistema ferroviario di trasporto metropolitano che innervi dall’Alto Adige a Belluno e Cortina, dal Trentino a Bassano, da Gorizia a Trieste, l’intera pianura veneta.

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La svolta culturale nei trasporti e nella logistica del Nordest del 2019 dovrà essere quindi all’insegna della sostenibilità, costruendo una fitta rete di collegamento ferroviario e tramviario che metta in rete porti ed aeroporti, città e centri minori, diminuendo quindi l’impatto ed il caos provocato da tir e auto. Con altrettanta determinazione andrà completata la fitta rete già avviata di piste ciclabili recuperando una tradizione di trasporto ecocompatibile che trova nelle nostre regioni grandissimo seguito. Se queste sono le esigenze sul piano “interno” e le realistiche proposte realizzabili da qui al 2019, è evidente che il tema dei collegamenti internazionali sia verso Est che verso Nord impongono non solo realizzazioni come il tunnel del Brennero ma una progettualità ed iniziative che permettano di costruire uno sbocco verso i Paesi della nuova Europa, sia lungo il percorso della Pontebbana sia attraverso la Slovenia. In questo senso va definitivamente chiarito che, anche per le scelte di Paesi chiave come l’Austria, non hanno più senso progetti autostradali pensati in altre fasi dello sviluppo e che tutti i collegamenti vanno ripensati in chiave ferroviaria. Queste opere sono indispensabili anche per la rivitalizzazione del sistema portuale dell’alto Adriatico che potrebbe diventare un propulsore notevole dello sviluppo complessivo dell’area. Il Nordest del 2019 dovrà vedere anche lo sviluppo ed il completamento delle reti di banda larga per i cittadini e per le imprese. L’obiettivo che si dovrebbe cercare di raggiungere è di rendere per il 2019 quest’area come l’area europea più sviluppata in termini di connettività. Se questa manifestazione dovrà essere il motore di un nuovo sviluppo questo è indubbiamente uno degli obiettivi che potranno far si che “Venezia – Nordest 2019” sia la capitale dei giovani e delle idee. 5 La Green Valley La riflessione sui trasporti, elemento essenziale per connettere un progetto pensato a rete, rimanda ad un’altra opzione di fondo che dovrà caratterizzare il contesto nel quale si collocherà la Capitale Europea della Cultura, ovvero il tema della sostenibilità e del rapporto tra produzione e paesaggio. Vanno recuperate in questo senso le riflessioni che Mario Rigoni Stern svolgeva a proposito della necessità del costruire ciò che è necessario per vivere nel nuovo contesto metropolitano, cercando però di rimettere mano agli aspetti più disastrosi sul piano ambientale della precedente fase di sviluppo. Costruire riordinando e recuperando, potrebbe essere il leit-motiv. Recuperare i capannoni vuoti ad altre funzioni, abbatterli laddove deturpanti e non più necessari per costruire con nuovi criteri che consentano densificazione e recupero di spazi vuoti, pretendere architetture di qualità che rendano attrattive le nuove aree ed i litorali per un turismo ed una residenzialità internazionale di alto livello. Il nostro territorio, conosciuto per essere il “Nordest dei capannoni”, dovrà, nel 2019, essere conosciuto per essere il più grande laboratorio europeo di recupero del paesaggio industriale.

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6 Dal catering alla produzione culturale La Capitale Europea della Cultura non dovrà essere un grande evento, ma un processo di costruzione di nuove identità, di relazioni e percorsi, di insediamento e sviluppo di produzioni culturali evolute. Con ciò affermiamo l’esigenza di interpretare il percorso che porterà Venezia con il Nordest al 2019 come occasione per dare vita ad una rivitalizzazione del tessuto industriale sviluppando un tessuto di imprese che dal cinema ai nuovi media, dal design all’artigianato dei “maestri d’arte”, dalla tecnologia alla ricerca, permetta di recuperare il meglio della nostra cultura industriale manifatturiera ed enogastronomica per ricollocarle nei nuovi contesti competitivi globali. Le grandi mostre ed i grandi eventi, quello che cioè viene definito “catering culturale”, dovranno essere uno degli elementi che saranno serviti in occasione della Capitale Europea della Cultura, ma l’essenza del percorso verso il 2019 dovrà riguardare la trasformazione di fondo di quel tessuto imprenditoriale che già oggi ci permette di essere riconosciuti nel mondo, spesso attraverso brand industriali o prodotti enogastronomici, come territorio di cultura e creatività. In questo senso, la Biennale di Venezia, unico grande soggetto di valore culturale contemporaneo riconosciuto a livello globale, va pienamente sostenuta come motore di questo nuovo sviluppo, rafforzando il suo rapporto con l’intero territorio e con il tessuto industriale.

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7 Le reti culturali

Costruire un modello a rete significa immaginare una metropoli organizzata su due livelli:

a. un primo livello che valorizza e costruisce punti di eccellenza internazionale. Le eccellenze si costruiscono sulla base di vocazioni territoriali e su investimenti realizzati negli anni dai singoli territori, operando scelte che permettano di evitare duplicazioni. Per citare degli esempi, se Venezia rappresenta attraverso la Biennale l’eccellenza nella cultura del contemporaneo, Trieste può diventare il punto di eccellenza nella cultura scientifica, Pordenone dei Festival letterari, Rovereto nello sviluppo di tecnologia sostenibile, Treviso nel design, Trento dell’Economia, etc. Ogni territorio può e deve sviluppare una sua specifica eccellenza metropolitana e la Capitale a rete deve cercare di sostenere ed assecondare questi sforzi.

b. Un secondo livello riguarda il tessuto diffuso di arte e cultura, dove, data la natura originariamente policentrica del Nordest, vanno costruiti dei veri e propri percorsi di tipo turistico che evidenzino caratteri, storia, tradizioni e specificità di questo territorio. Dal percorso del turismo religioso che potrebbe valorizzare e contribuire a rinnovare le profonde radici cristiane che da Aquileia a Venezia, da Padova a Trento hanno segnato la storia ed i costumi dell’intero Nordest, a quello della Grande Guerra che, percorrendo l’intero fronte bellico, racconti e rielabori la memoria delle drammatiche vicende che hanno segnato e segnano la nostra storia e cultura; dal percorso dei poli espositivi e delle grandi mostre a quello del vino e del turismo enogastronomico, dai percorsi delle terme a quelli della natura e della montagna. La ricchezza culturale e storica e di città d’arte (basti pensare al Palladio, alle città murate,

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all’Arena di Verona o a Cividale, Asolo o Aquileia) necessita di essere organizzata attraverso altrettanti percorsi che permettano di attrarre un turismo di qualità che renda giustizia a questo immenso patrimonio che, promosso e gestito in maniera isolata e campanilistica come avviene oggi, rappresenta un’occasione mancata di sviluppo. 8 La big society della cultura Un sistema a rete si rende indispensabile anche per gestire la nuova fase che il mondo delle attività culturali si troverà ad affrontare e che sarà segnato dalla fine della prevalenza dell’intervento pubblico e delle fondazioni bancarie nelle attività culturali. La grande occasione che si presenta al Nordest nella fase in cui la scarsità di risorse finanziarie potrebbe determinare la chiusura di moltissime attività culturali (dai musei alle mostre, dal teatro al cinema), è quella di sperimentare nuovi modelli di funzionamento basati su criteri di efficienza, aggregazione e costruzioni di reti di servizi, in cui logiche e criteri di produttività ne siano alla base. L’intervento dei privati, delle aziende e delle nuove forme mutualistiche che già oggi caratterizzano molta parte della vita culturale del Nordest, andranno rafforzate ulteriormente. Qualunque sia il giudizio sul rapporto pubblico-privato in campo culturale, questo tipo di scelte saranno inevitabili, pena la desertificazione della vita culturale in particolare nelle realtà di minori dimensioni. Venezia con il Nordest Capitale Europea della Cultura 2019 rappresenterà l’occasione per sperimentare e dare attuazione a questi nuovi modelli organizzativi, creando così un luogo europeo di sperimentazione di una società che, a intervento pubblico limitato, punta sulla cultura per il suo rilancio e sviluppo. 9 Una nuova identità da vivere e comunicare Il brand Nordest non esiste a livello internazionale, ed a livello nazionale è sinonimo di capannoni, evasori fiscali, imprenditori dinamici ma ignoranti e tendenzialmente xenofobi. Il brand Venezia è internazionalmente riconosciuto ma associato prevalentemente ad una città – cartolina ed alle sue gondole. Il mutamento che si è realizzato in questi anni nel Nordest e che fa di questo territorio la terra prima in Italia per accoglienza e gestione dei flussi migratori, tra i primi in termini di contribuzione fiscale, area con il maggior numero di imprese creative e di produzione culturale, necessità un processo di ricostruzione identitaria e di comunicazione globale. La Venezia che, attraverso la Biennale, è produttrice di cultura e capitale di questo territorio, necessita una narrazione che valorizzi questi elementi ed un processo che collochi l’intera “Venice Region” come polo mondiale di innovazione e creatività. Le strategie di costruzione del brand dovranno tenere conto degli elementi di criticità ed essere orientati ad una operazione di comunicazione globale (e non solo europea) che agisca a più livelli attraverso il pieno coinvolgimento delle comunità locali, delle imprese internazionalizzate e delle grandi istituzioni culturali dell’intero territorio.

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10 Per un candidatura socialmente responsabile Quando si parla di grandi eventi - e di conseguenza dei progetti e interventi ad essi collegati - non si parla di accadimenti i cui effetti e ricadute saranno visibili solo ed esclusivamente nel periodo di svolgimento. Uno degli aspetti fondamentali di un grande evento è infatti che queste ricadute ed effetti non avranno solamente un impatto legato principalmente alle potenzialità di sviluppo economico- turistico di un territorio, ma avranno anche un impatto in termini di valori, comportamenti sociali ed effetti sulla vita quotidiana del cittadino che abita in quel territorio e del turista che lo visiterà. A maggior ragione, essendo la Cultura, intesa in senso lato, l’elemento motore di questa iniziativa, non si può prescindere dal pensare a come far sì che tali effetti e ricadute siano il più possibile positivi. Innanzitutto si può quindi pensare ad un sistema di gestione e di organizzazione dell’evento ispirato a principi etici e della Responsabilità Sociale d'Impresa (RSI) basato sui sette principi elaborati dall’International Organization for Standardization.

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LE LINEE DI FONDO 1 FAR CRESCERE IL NORDEST 1.1 Report sull’industria culturale e creativa A cura di Cristiano Seganfreddo (Fuoribiennale/Progetto Marzotto)

L’industria culturale e creativa è l'economia di riferimento europea. Comprende un comparto molto ampio e significativo che, schematicamente, va dai settori culturali di base come le attività performative e visive, al patrimonio storico-artistico-architettonico, alle industrie e attività creative, aziende ed imprese ad alto valore aggiunto di produzione come il design, la moda, la pubblicità, software e videogiochi, l’architettura, o l’artigianato fino alle industrie culturali dove le attività economiche sono strettamente collegate alle attività artistiche come la cinematografia, la televisione, la radio, la musica e l’editoria.

Il Consiglio Europeo di Lisbona, ancora nel 2000, definiva la linea guida dello sviluppo economico europeo nell’economia della conoscenza. Ovvero in una economia basata su ricerca, creatività e cultura dove si suggeriva agli stati membri di promuovere ambienti favorevoli alla creatività e all’innovazione e a fare di tali questioni una priorità politica di lunga durata.

Il Rapporto Jan Figel, elaborato nel 2006 dalla Commissione Europea, analizzava la dimensione dei mercati culturali e creativi in Europa. Emergeva che la cultura svolge un ruolo determinante per la crescita, la competitività, lo sviluppo sostenibile, l’innovazione, l’occupazione, la coesione sociale. Il rapporto europeo andava oltre, dimostrando che la cultura pesa di più di gomma, automobile o ITC. “Il turnover del settore culturale e creativo ha, infatti, raggiunto 654 miliardi di euro, contribuendo al PIL europeo per una percentuale pari a 2,6%, e la crescita del settore è maggiore del 12,3% rispetto alla crescita generale dell’economia europea, con 5,8 milioni di persone (il 3,1% del totale della popolazione occupata). Le ultime rivelazioni sul tema del volume dell’industria creativa in Europa vedono raddoppiare i dati sovraesposti”.

In Italia l’industria creativa fattura “quasi il 5% della ricchezza prodotta (68 mld di euro) e dà lavoro a un milione e mezzo di persone (il 5,7% dell’occupazione nazionale). Superiore, ad esempio, al settore della meccanica e dei mezzi di trasporto”. Sono i dati de “L'Italia che verrà - Industria culturale, made in Italy e territori”, realizzato da Unioncamere e da Fondazione Symbola, il primo rapporto in Italia dare una visione concreta e puntuale del peso della cultura nell’economia nazionale.

Il rapporto, che dovrebbe essere un manuale di testo per amministratori e stakeholder, ci dice che la cultura non è un fattore inutile alla crescita o marginale. Ci dice che la cultura e la creatività ci danno da mangiare. E lo faranno sempre di più. Ci racconta con dati reali che le performance migliori dal punto di vista della crescita derivano proprio da questo settore ampio, considerato trainante per l’economia italiana.

“La crescita del valore aggiunto delle imprese del settore della cultura è stata del 3%, 10 volte tanto l’economia italiana nel suo complesso (+0,3%). Dato che si riflette sul numero di occupati: saliti di quasi un punto percentuale (+0,9%, +13 mila posti) a fronte della pesante flessione del 2,1% subita a livello complessivo. Ancora: il saldo della bilancia commerciale del sistema

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produttivo culturale nel 2010 ha registrato un attivo per 13,7 miliardi di euro. A livello di economia complessiva, invece, la bilancia indicava -29,3 miliardi. L’export di cultura vale circa 30 miliardi di euro e rappresenta l’8,9% sull’export complessivo nazionale; l’import è pari a circa 16 miliardi di euro e costituisce il 4,5% del totale”.

In questo scenario europeo ed italiano proviamo a far ricadere un ragionamento sul Nordest.

I dati anche qui parlano chiaro. Una intuizione di qualche anno fa di parlare del Nordest come uno dei cuori pulsanti dell’industria creativa mondiale, ha trovato un riscontro numerico. Al tempo è stata fatta una prima mappatura attiva del Veneto immateriale dove, qualitativamente, erano state mappate oltre 4500 realtà eccellenti o significative (Progetto del Distretto culturale evoluto di Pierluigi Sacco e mappatura di Fuoribiennale).

Questo comparto oggi rappresenta a Nordest quasi il 25% dovuto ad una fortissima presenza dell’artigianato manifatturiero e ad attività collegate al made in Italy classico, fashion e arredamento. Il solo Veneto ha una incidenza del valore aggiunto del sistema produttivo locale pari o superiore al 6%, dovuto alla presenza trasversale di contenuti creativi in tutte le produzioni, dalla meccanica al tessile, dall’occhialeria all’oro e non alla produzione dei settori culturali di base, pur molto presenti sui territori. Basti pensare alla graduatoria delle province italiane (sempre della Fondazione Symbola-Unioncamere) per incidenza percentuale del valore aggiunto del sistema produttivo culturale sul totale dell’economia dove abbiamo Pordenone seconda con l’8%, Vicenza terza con il 7,8, Treviso sesta al 7,2, Verona con il 6,2, Padova il 5,7...Milano per capirci ha il 7%.

Questo significa che produciamo manifattura avanzata e creativa in termini beni, prodotti e servizi ad alto valore aggiunto. Questa è la somma non solo dei vari Diesel, Bisazza, Zamperla, Geox, Lotto o Luxottica ma anche di tanti, tantissimi piccoli, unbranded che costituiscono esperienze di eccellenza produttiva progettuale in molti ambiti produttivi. Oggi il tema è come rendere consapevole e attivo questo immenso patrimonio e questa potenzialità produttiva, collegata alla piattaforma storica artistica architettonica locale, in una dimensione di e da Capitale Europea. Come dice Sacco, l’innovazione non dipende solo dall’investire in Ricerca e Sviluppo o in Itc. La capacità innovativa dipende dalla capacità di creare un ambiente favorevole alla crescita e alla circolazione di reti. Solo se creiamo condizioni favorevoli, che sia contemporanee nel software, continuerà lo sviluppo del territorio. Ecco, in sintesi, alcune proposte operative, emerse dal workshop del 23 settembre. Comunicazione strategica e internazionalizzazione Aumentare la consapevolezza interna della rete creativa e culturale locale con la creazione di un linguaggio comune. Dobbiamo convincerci che questo è il futuro del territorio. Il futuro è già nel territorio. Le nuove ville palladiane del sono le imprese creative. Diffondere la potenzialità del territorio con sistemi di rappresentazione contemporanea e internazionale durante le manifestazioni internazionali. Non in modo naif e folkloristico. Diffusione di messaggi attraverso la rete delle imprese ad alto valore aggiunto per farle veicolo territoriale. Solo a Ny sono presenti più di 200 imprese del nordest tra la quinta strada e Soho!

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Saper Fare e artigianato Esiste un patrimonio di competenze e di know-how unico al mondo, che ci viene riconosciuto dal mondo. Il Saper fare è la nostra intelligenza artificiale. Siamo la Sylicon Valley del saper fare. Stiamo perdendo queste competenze. Bisogna lavorare sulla formazione delle competenze e sulla seduzione del nuovo artigiano. Il saper fare va valorizzato e resa attivo con relazioni stabili internazionali, creazione di ostelli creativi nei centri medi, attività laboratoriali continue, workshop. “Importare” e portare competenze non presenti sui territori (creativi, designer..) per mantenere il Fare. Se la perdiamo abbiamo perso il territorio, per sempre. Unbranded, piccola impresa e reti informali Il Nordest deve la sua forza, e il suo sviluppo al piccolo. Migliaia di piccole-micro aziende che devono trovare nelle reti informali e nella relazione con la creatività la capacità di svilupparsi e confrontarsi. Va valorizzato non solo il sistema dei marchi ma la capacità produttiva e progettuale delle piccole aziende che in una rete neuronale permettono il funzionamento di filiere complesse. Bottega Veneta è tutta made in Vicenza perchè ha una catena avanzata di eccellenze. Heritage e industria creativa Creare virtuosi pacchetti che colleghino l’industria creativa e la seduzione che ha sui mercati al patrimonio storico artistico ed enogastronomico. Nuove formule di turismo avanzato per global trotter e viaggiatori esperti. Un mix di design-moda- arte-storia-natura. Territori indipendenti Bisogna coltivare i territori periferici ed indipendenti. Avvicinarsi ed avvicinare al nuovo, al non visto. Sostenere progetti pilota e sperimentali. Credere nella cultura contemporanea. Produrre sui territori innovazione culturale per creare una comune alfabetizzazione. Abituare a leggere e capire il nuovo. Contaminazione Creare luoghi stabili di contaminazione tra diverse realtà e attività. Creare reti di competenze miste e non esclusive. Un territorio aperto e permeabile. Creare incubatori stabili sui territori con luoghi aperti. Reti informali e tavoli aperti ad esperienze diverse. Rischio/generosità Cambiare paradigma. Costruire nuove strade. Pensare ad una nuova economia, che veda come punto finale da raggiungere benessere e felicità. Non solo a Suv e ville-villette a schiera. Ma luoghi di lavoro e di vita intelligenti e stimolanti per costruire la ricchezza in modo inverso. Diventare sostenibili anche nel fare impresa. Creazione di competenze Creare sui territori competenze nuove che regolino le nuove reti. Creare figure che siano Mediatori culturali e manager territoriali contemporanei, capaci di interpretare la complessità del territorio e lavorare sulla diffusione della conoscenza e la messa in rete.

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1.2 Imprese ad alto contenuto di tecnologia e di ricerca A cura di Paolo Gubitta (Università di Padova r Fondazione CUOA) e Gianluca Toschi (Fondazione Nordest)

La presenza di imprese ad alto contenuto di conoscenza e di tecnologia e con un forte orientamento alla ricerca è tra le priorità dei Paesi avanzati e assume una rilevanza particolare in Italia. La ragione è duplice. Da un lato, i settori più innovativi sono quelli che presentano le migliori prospettive di sviluppo e permettono di esplorare nuovi ambiti e applicazioni. Dall’altro, i risultati della ricerca sono utili alle imprese manifatturiere italiane, e non solo a quelle del Nordest, che hanno bisogno di forti iniezioni di conoscenza scientifica per rinnovare i loro sistemi di offerta con nuovi prodotti e nuove soluzioni.

Le imprese del Nord Est si caratterizzano per una forte propensione all'innovazione. Nel 2011 il 60,1% delle imprese ha dichiarato di aver innovato i propri prodotti nei tre anni precedenti (53,4% il dato nazionale, 55,6% quello rilevato tra le imprese del Nord Ovest)1. Tra quelle che innovano il 44,3% sceglie la via dell'innovazione radicale, quella che richiede spesso un impegno pesante in termini di risorse, non solo finanziare ma anche legate alle competenze e alla conoscenza scientifica.

Per sostenere la diffusione e la crescita delle imprese basate sulla conoscenza e la tecnologia servono azioni di sistema che diano corretti incentivi agli imprenditori (o agli aspiranti tali) per orientare i loro progetti di investimento. Oltre agli stimoli fiscali e ai supporti finanziari (sui quali si discute da anni con alterni successi) è necessario lavorare nelle seguenti direzioni:

- definire i modelli istituzionali e le modalità operative per generare una virtuosa collaborazione tra i laboratori di ricerca (pubblici e privati) e le imprese, al fine di sostenere i processi di trasferimento tecnologico;

- progettare politiche che inducono un’impresa fortemente orientata alla ricerca a localizzarsi (o ri-localizzarsi) in un territorio rispetto che in un altro;

- studiare i percorsi strategici e i modelli di business delle imprese ad alto contenuto di conoscenza e di tecnologia e con un forte orientamento alla ricerca.

All’interno di questo scenario, le riflessioni e le alcune proposte operative emerse dal workshop del 23 settembre sono sintetizzabili come segue.

Definire una politica per la ricerca e l’innovazione La ridefinizione della politica per la ricerca e l'innovazione passa attraverso un ri-orientamento degli obiettivi generali ma deve considerare anche la revisione degli strumenti d'attuazione scelti. Sul primo aspetto politiche di intervento particolarmente orientate, con incentivi finalizzati ad obiettivi definiti e circoscritti hanno, in alcuni casi, determinato delle distorsioni nelle attività di ricerca delle imprese ma anche nei rapporti tra i diversi attori, pubblici e privati, che agiscono nel

1 Fondazione Nord Est 2011. L'Italia delle imprese, Rapporto 2011.

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mercato della fornitura dei servizi per l'innovazione. Le misure di politica industriale per la ricerca e l'innovazione dovrebbero sempre meno focalizzarsi sugli obiettivi da raggiungere (fattori e settori) e sempre più sulle regole e sulle relazioni, prevedendo anche ruoli per nuovi sistemi di mercato in cui possano agire strutture basata sul rischio d'impresa, favorendo quindi forme di concorrenza tra fornitori di servizi per l'innovazione. L'attività di ricerca e sviluppo finalizzata all'innovazione, oltre ad avere esiti incerti, richiede spesso tempi lunghi e risorse finanziarie importanti. La scelta degli strumenti operativi con cui la politica per la ricerca e l'innovazione viene attuata risulta quindi determinante per il successo della politica stessa, soprattutto quando questa è rivolta a piccole e medie imprese, che più delle altre lamentano la difficoltà a reperire mezzi per finanziare la ricerca. Snellire le procedure di rendicontazione, abbreviandone i tempi e utilizzare sempre più il meccanismo del credito d'imposta rappresentano due delle possibili linee guida da seguire nella revisione degli strumenti di politica per la ricerca e l'innovazione. Razionalizzare il sistema dei laboratori di ricerca

Una recente ricerca ha mappato la rete dei laboratori di ricerca del Nordest, contandone quasi un centinaio. Pur in presenza di alcune eccellenze assolute, questa morfologia può ostacolare il potenziale innovativo del sistema: laboratori di dimensione ridotta e con risorse limitate non possono intraprendere progetti ambiziosi; la frammentazione porta con sé il rischio di disperdere le risorse pubbliche tra un numero eccessivo di “agenti dell’innovazione”. È necessario definire un modello di “indicatori di performance” dei laboratori di ricerca, al fine di indurre processi di aggregazione e favorire la specializzazione dei centri, oltre che per fornire segnali di qualità alle imprese che sono interessate ad acquisire innovazione. Nello stesso tempo, i laboratori di ricerca (privati e universitari) hanno la necessità di entrare in contatto con il sistema delle imprese sia per valorizzare i risultati raggiunti sia per trovare risorse e opportunità di crescita per i ricercatori. Ciò si ottiene sviluppando sia azioni di comunicazione efficace (per farsi comprendere dagli imprenditori e per far capire il valore delle innovazioni proposte), sia vere e proprie reti commerciali e politiche di vendita.

Il primo tempo della partita più importante: il trasferimento tecnologico

La qualità della ricerca scientifica e l’impiego dei risultati della ricerca per sostenere i processi di innovazione nelle imprese sono fattori complementari. Da più parti si dice, a ragione, che il potenziamento del trasferimento tecnologico avrà benefici effetti sulle strategie di sviluppo delle imprese (anche quelle del Made in Italy), sulla capacità di attirare cervelli (o di farli rientrare), sulla qualità della vita sociale e culturale. A livello nordestino è auspicabile mettere in rete tutti gli attori del trasferimento tecnologico, al fine di azioni sinergiche e per creare un unico punto d’ingresso al sistema della ricerca a disposizione del sistema economico.

Serve anche riflettere su quale sia il modello per la gestione delle collaborazioni tra chi produce ricerca e chi impiega i risultati della ricerca per sostenere processi di innovazione. Tale modello dovrebbe ispirarsi almeno ai seguenti criteri: procedure orientate al risultato (solide, per non generare disordine organizzativo; leggere, per non rendere farraginoso il rapporto); coinvolgimento di interlocutori esterni, sia in fase di progettazione che di direzione delle collaborazioni (advisory board, steering commitee); presenza di istituzioni di raccordo tra Università e Imprese (il ruolo chiave del sistema associativo), che siano competenti e dotate di adeguata reputazione; gestire le “relazioni” in modo tale che la rete di relazioni “non si esaurisca

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nella singola collaborazione” ma diventi un asset stabile per i partner coinvolti; capacità di comunicare i risultati della ricerca scientifica in un linguaggio comprensibile all’esterno.

Il secondo tempo della partita più importante: gli incubatori d’impresa

Gli incubatori sono luoghi in cui si raccolgono idee imprenditoriali stimate ad alto potenziale di ritorno economico, ma non ancora in grado di procedere autonomamente. L’obiettivo generale di queste strutture è garantire le condizioni per l’efficacia del trasferimento tecnologico e costituire le premesse per il vantaggio competitivo delle imprese insediate, attraverso la condivisione degli spazi, l’accesso a facilities e servizi, la vicinanza fisica tra ricercatori, imprenditori e manager. Gli incubatori d’impresa non sono merce rara a Nordest. Da Bolzano a Trieste, se ne contano una decina. Alcuni sono di emanazione universitaria e si propongono di supportare nei fatti il trasferimento tecnologico delle invenzioni degli scienziati accademici. In altri convergono gli intenti (e le risorse) dei policy makers pubblici e delle varie categorie economiche, che in questo modo indicano (o dovrebbero indicare) le traiettorie tecnologiche da seguire, orientando anche gli investimenti nella ricerca di base e nella formazione. Altri ancora, invece, sono espressione della vocazione di imprenditori seriali dotati sia dell’innata capacità di cogliere le opportunità imprenditoriali e di realizzarle, sia dell’intelligenza emotiva che serve per gestire con successo le relazioni con altri aspiranti imprenditori. Anche su questo tema, il Nordest deve avviare una riflessione: è più efficiente un modello con tanti poli distribuiti nel territorio o, al contrario, un modello più concentrato?

Nello stesso tempo, è necessario decidere come devono funzionare gli incubatori. A un estremo abbiamo il modello a bassa selettività, caratterizzato da una ridotta attività di selezione dei progetti in entrata e da un sostegno limitato alle nuove imprese. È evidente che in questo caso la mission dell’incubatore è favorire la nascita del maggior numero di imprese, lasciando poi al mercato il compito di selezionare le idee imprenditoriali migliori. All’estremo opposto c’è il modello ad alta selettività che adotta criteri di ammissione più rigidi ed eroga servizi più qualificati, che possono arrivare anche al supporto nella redazione del business plan dell’impresa stessa. La mission dell’incubatore diventa la creazione di un pool di iniziative imprenditoriali, che insistono su una medesima linea scientifica o tecnologica, e che sono coerenti con la specializzazione a cui l’incubatore è vocato o a cui tende. Questi due modelli possono convivere nello stesso territorio. Ma anche in questo caso serve progettualità: le istituzioni devono esprimersi in merito e agire di conseguenza.

Studiare i business model delle imprese ad elevato contenuto di tecnologia e ricerca

Le imprese orientate all’innovazione non sono propriamente come le altre, perché sono caratterizzate da alto rischio. Se da un lato, le politiche fiscali e i moderni strumenti finanziari possono aiutare a ridurre il rischio percepito, dall’altro servono azioni per stimolare le persone ad avviare iniziative imprenditoriali anche nei settori meno consolidati (che sono quelli potenzialmente con maggiore tassi di sviluppo). In questa direzione, il Nordest è già da anni sulla buona strada. Questo impulso andrà mantenuto e potenziato anche in futuro.

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1.3 La risorsa paesaggio A cura di Claudio Bertorelli , presidente Centro Studi Usine Vi è una centralità del progetto di Paesaggio nello sviluppo del Nordest contemporaneo. Va richiamata l’importanza di un definitivo principio di tutela per i “luoghi in”, quelli cioè che già oggi identifichiamo con il bel paesaggio, ma soprattutto bisogna ragionare intorno a nuove logiche di senso per i “luoghi off”, i luoghi del rifiuto, i cosiddetti “paesaggi del no”: capannoni, cave in disuso, installazioni militari abbandonate, luoghi di resto, fasce pedemontane né urbani né rurali, conurbazioni indistinte, … E’ un’idea di “paesaggio come bene comune”, necessaria ad affermare il valore rivoluzionario della Convenzione Europea del Paesaggio, purtroppo ancora oggi inascoltata nel Paese, e stimolare processi reali di cambiamento. Definizioni Per un nuovo linguaggio di sistema nei paesaggi della Capitale Europea della Cultura 2019

Non si parla del Nordest che conosciamo ma di quello che vogliamo. Per questo è necessario elaborare una serie di definizioni che introducano al linguaggio del paesaggio così come evocato dalla Convenzione Europea di riferimento: CITTA’-PAESAGGIO. Il Nordest è oggi un Sistema che supera la suddivisione del “comando per campanili”, eredità identitaria che ha preservato molte specificità locali ma oggi limita l’individuazione di una massa critica e soprattutto l’affermazione del paesaggio come bene comune. ARCIPELAGO. Nella città-paesaggio con pattern ad arcipelago il paesaggio svolge un ruolo connettivo e strutturante, allo stesso modo in cui nella Venezia lagunare lavora lo spazio acqueo. Il paesaggio si propone come infrastruttura primaria della nuova città (o metropoli) ed è il paesaggio il substrato che può sostenere e connotare positivamente il sistema insediativo e di relazioni umane. COSTELLAZIONE. Il paesaggio va visto come un’infrastruttura fondata sulle criticità provocate dalle trasformazioni, su quanto generalmente é percepito come scarto o come imperfezione, purché noi assumiamo il valore di sistema di queste possibili "risorse" da riciclare. Fabbriche dismesse e capannoni, cave in disuso o installazioni militari abbandonate sono gli elementi connotanti del vero ritratto del Nordest e di nuovi paesaggi identitari della metropoli diffusa. ITINERANZA. Ma questi sistemi connotanti la citta-paesaggio metropolitana, quindi la sua possibile cultura in evoluzione, acquistano senso soprattutto se considerati secondo la componente dinamica, itinerante e lenta del paesaggio, che consenta una percezione non distratta di esso. Il paesaggio si percepisce attraverso un'esperienza immersiva, multisensoriale, attraverso il vissuto e l'azione performativa. La città della cultura della nuova città-paesaggio metropolitana deve essere quindi giocata in primo luogo su relazioni, mobilità, eventi performativi, comunità culturali temporanee. Il Nordest della Capitale Europea della Cultura va quindi inteso come un “macro Campus”, né urbano né rurale, una nuova città-paesaggio che funziona, come visto, ad arcipelago e per costellazioni. Di cui il Paesaggio rappresenta un imprescindibile “link” di senso.

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Dove. Centralità alla costellazione di paesaggi nè urbani nè rurali

Gli elementi della nuova costellazione di paesaggio Nordest vanno individuati nei “luoghi del riuso” che il primo e secondo Veneto hanno lasciato per strada: appunto capannoni, cave e caserme dismesse, luoghi di resto, fasce pedemontane né urbani né rurali, conurbazioni indistinte. Alcune ricerche recenti promosse in collaborazione con le confindustrie territoriali (es. workshop “Capannone senza padrone” durante il Festival delle Città Impresa 2011, workshop estivi allo IUAV di Venezia) hanno messo in evidenza la dimensione della partita che si dovrà giocare: già oggi la quantità di capannoni presenti sul territorio equivale alla quantità di edilizia residenziale, ma soprattutto va sfruttata la grande capacità flessibile dei manufatti produttivi e va rotto il paradigma per cui vengono ancora percepiti come “luoghi del rifiuto”.. Siamo alla boa di passaggio dalla produzione di cose alla produzione di idee e la città-paesaggio della Capitale Europea si farà soprattutto dando un nuovo padrone a questa altra metà del cielo. Marghera può essere solo il primo esempio di paesaggio contemporaneo che nasce sotto la sfera di influenza della Capitale Europea della Cultura 2019, ma oltre ad essa soprattutto andrà posta l’attenzione sui microcosmi che il “contado” (A.Bonomi) nasconde: una miriade di zone produttive-artigianali poste a ridosso dei nuclei abitati, hub urbani che si andranno a costituire alle uscite dei nuovi caselli lungo la Pedemontana, …. Sono luoghi che per natura nascono come oggetti flessibili, ora Come. Dinamica degli elementi in un paesaggio a arcipelago

Il primo elemento dell’arcipelago è sicuramente l’acqua, mezzo attraverso il quale rimettere in gioco moltissimi luoghi del Nordest. Fra mille paesaggi diversi di questo straordinario contesto l’acqua ha tutta la ricchezza di un elemento fondamentale del cosmo, la sua struttura fisica, come la sua essenza filosofica. A cominciare dalla sua immagine complessiva di grande sistema essa ha sempre avuto un alto valore simbolico nelle vicende umane; anche a Nordest è stata elemento generatore in molte fasi della sua storia (si pensi alle pianure della bonifica sul fronte lagunare e alle fasce pedemontane rese coltivabili dalle grandi opere di derivazione idraulica) e oggi torna prepotentemente ad assumere un ruolo di connettore sociale, turistico ed urbano con le sue molte dorsali. Solo nel Trevigiano il Piave, il Sile e il Livenza danno vita ad un sistema capillare di canali, rogge, prese e derivazioni che interagiscono fortemente con lo spazio abitato. La candidatura deve quindi accelerare le proposte finalizzate al completamento della mobilità dolce lungo i corsi d’acqua.

Un secondo elemento è altrettanto rappresentato da corridoi ecoturistici, parchi lineari di scala urbana ed extraurbana, che in ottica Capitale Europea della Cultura divengono il luogo del loisir attivo e di tematismi contemporanei. Una tale tipologia ben si presta ad intercettare bandi e visioni di scala europea (si pensi al parco transfrontaliero del Carso triestino ed al recente concorso per la realizzazione del progetto “Drava Piave Fiumi ed Architetture” previsto nell'ambito del programma Interreg IV A Italia – Austria).

Un terzo elemento fa riferimento alle nuove forme di paesaggio rurale che la candidatura può trascinare con sé. Alcune indagini (es. “Rethinking Happiness” di Aldo Cibic) hanno aperto il

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fronte di lavoro sulle “dinamiche sostenibili” che portano alla nascita di nuove comunità (comunità rurali, ma anche altro). Le stesse arterie carrabili di breve scorrimento possono trovare nei paesaggi rurali un nuovo sedime di appoggio alternativo all’immagine delle strade senza qualità di oggi.

Il quarto elemento di connettivo dell’arcipelago è rappresentato dalle comunità culturali e creative che già oggi rendono il Nordest un territorio ad altissimo contenuto di innovazione, una “Innovetion Valley” capace di concorrere su scala mondiale al diffondersi dell’economia della conoscenza. Moda, design, perfino food design, nuovo artigiano, festival e nuove piattaforme culturali complesse, workshop dedicati rappresentano i paesaggi culturali sui quali misurare la lunghezza delle nuove reti di senso che la Capitale Europea della Cultura saprà creare. Con quali regole. Una Legge Obiettivo per la costruzione di paesaggi contemporanei

Il successo di questo approccio alla Capitale Europea per agopuntura, finalizzato a legare insieme nuovi luoghi (della costellazione) e nuove forme di comunità (nell’arcipelago), può essere garantito solo da un reale affermazione di due principi:

- va affermata una nuova idea di valore. Non è tanto il valore del metro cubo che conta quanto piuttosto il “valore posizionale” che il fabbricato ha rispetto al territorio che occupa. Chi dice che non c’è nulla da costruire predica male; piuttosto bisogna costruire bene e in modo intelligente, bisogna tornare a capire dove è giusto densificare e dove è più indicato un “intervento di sacrificio” (sottrazione di metri cubi). Tutte le aree produttive dismesse a ridosso dei centri abitati costituiscono il primo banco di prova di tutto questo.

- va attivato un coinvolgimento e partecipazione consapevole dei soggetti amministrativi di primo livello, i Comuni. Solo essi possono divenire megafoni di tutti i “processi di trasformazione” che la candidatura può innescare.

Una proposta concreta potrebbe quindi essere quella di condividere con essi una “Legge Obiettivo Capitale Europea della Cultura 2019” finalizzata a:

- completare i compiti della legge paesistica oggi in fase di revisione sui temi del contemporaneo;

- attivare metodi e meccanismi di finanziamento per la realizzazione di progetti di paesaggio ad alta qualità contemporanea;

- individuare “progetti di sacrificio” e risorse anche per i paesaggi conservativi;

- garantire l’attivazione di un “Monte dei Crediti Edilizi” in avanzo nel mercato immobiliare (per sottrarre carico di cubatura edilizia dove non è opportuno e di contro densificare dove invece lo sembra);

introdurre forme di rappresentazione evocativa dei risultati di progetto nei documenti stessi (proprio per scansare gli equivoci generati dalle parole).

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1.4 Un progetto per una offerta turistica integrata A cura di Mariapaola La Caria , presidente P.R. Consulting Srl La candidatura a Capitale Europea della Cultura 2019 di Venezia e del Nordest passa attraverso la capacità del territorio di esprimere un progetto univoco. Il turismo è per il Nordest uno degli asset economici più importanti. La regione del Nordest comprende destinazioni turistiche di eccellenza, centri minori ad elevato potenziale e risorse architettoniche, ambientali e naturali uniche al mondo. E' necessario però, per ottimizzare le valenze turistiche e per costruire un'offerta turistica utile alla candidatura, creare percorsi condivisi, collaborare nella costruzione di proposte di vacanza e individuare e sfruttare canali comuni di comunicazione e commercializzazione. La “metropolitana” del Nordest individua 14 percorsi e ciascuno di questi può essere venduto turisticamente. Alcuni di questi inoltre (11, 12, 13 e 14) avranno nel turismo il loro potenziale maggiore. Il progetto di candidatura richiede quindi di “fare sistema” (concetto abusato e spesso senza alcun significato) concretamente, di modificare il paradigma finora utilizzato: grandi attrattori (Cortina, Venezia, Dolimiti) assolutamente indipendenti; altre realtà turisticamente rilevanti (Delta del Po, Carso, spiagge venete); prodotti tipici non valorizzati (vini, prosciutto di San Daniele, prodotti a marchio UE), tutti micro-prodotti non organizzati (o quasi) nel mercato globale del turismo. Come agire dunque?

Le chiavi fondamentali del nuovo paradigma sono essenzialmente due.

Da una parte, creare un elevato numero di interazioni e una forte collaborazione tra tutti i soggetti che possono contribuire al processo di costruzione, comunicazione e vendita del prodotto turistico.

Dall'altra, l'impiego collettivo delle esperienze e delle conoscenze acquisite per sfruttare localmente e rapidamente le opportunità di business che si presentano a livello globale.

La direzione da prendere con determinazione è quella della costruzione di un sistema a rete in cui il focus si sposti dalla semplice e occasionale collaborazione e/o transazione economica, a una più ampia partnership finalizzata alla competizione di sistema o di territorio. Possiamo quindi ragionare di un “ecosistema policentrico”, che necessita di alcuni elementi comuni (governance, comunicazione, promozione) e lascia invece ai singoli percorsi la peculiarità di costruzione dell'offerta turistica.

I singoli percorsi quindi saranno micro-sistemi nel macro-sistema dell'intero territorio. In questo modo si potrà pensare all’offerta turistica del territorio del Nordest in modo globale, integrato e, soprattutto, con una nuova capacità organizzativa.

Nell'ecosistema i singoli soggetti mantengono la propria autonomia gestionale ma sono “tenuti insieme” da uno schema organizzativo e da una fitta rete di legami e di relazioni che consente loro di muoversi e di agire come se fossero un’unica impresa.

Ogni singolo attore del sistema turistico deve quindi possedere contemporaneamente due caratteristiche: all’interno del sistema deve essere unico e originale in modo da differenziarsi

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nettamente da tutti gli altri soggetti; all’esterno deve invece evidenziare, anche e soprattutto, le specificità e le proprietà del sistema di cui fa parte e che lo distinguono dagli altri sistemi in competizione.

Cesare Saccani, studioso di sistemi olonici e virtuali, ha definito questo principio con l’efficace formula della “doppia cittadinanza”.

Ogni azienda del settore turistico appartiene infatti ad un “sistema locale” e, contemporaneamente, ad un “sistema di business” più complesso, articolato e globale. Questa doppia collocazione assegna una grande importanza all’identità e al senso di appartenenza nel rapporto tra il singolo operatore ed il Sistema Turistico. Solo in presenza di una chiara e trasparente consapevolezza di questa doppia appartenenza è possibile “mantenere le promesse” fatte ai turisti, “fare sistema” in modo autentico e non di facciata e, soprattutto, è possibile “assumersi tutte le responsabilità” che far parte di un sistema implica.

Nel sistema tutti i soggetti hanno un ruolo nel definire l’identità del sistema stesso e le caratteristiche dell’offerta a prescindere dalla loro dimensione, dal settore di appartenenza, dall’essere profit o non profit, dalla loro storia.

Anche in questa direzione il principio della doppia cittadinanza può favorire la governance di sistema e la condivisione delle sue finalità. Se ogni singolo attore assume come elemento identitario la sua unicità e contemporaneamente la sua appartenenza al sistema locale che, a sua volta, è in competizione con un sistema più ampio (il mercato internazionale del turismo), probabilmente l’accettazione delle (temporanee) restrizioni all’autonomia individuale diventano più accettabili perché utili alle finalità complessive del sistema.

L’equilibrio tra piccolo e grande non è mai facile. Così come non è facile trovare un equilibrio tra protagonismo e crescita del singolo soggetto (massima libertà e autonomia decisionale) e identità di sistema e collaborazione (condivisione e pianificazione comune).

Solo in questo modo è però possibile superare il paradosso - che tradizionalmente blocca ogni aggregazione, ogni collaborazione nel nostro Paese – secondo il quale non si accetta un sacrificio “oggi”, sia pure parziale e temporaneo, per un “vantaggio futuro”.

E’ necessario inoltre tenere conto di alcune criticità presenti nel Nordest che rendono più difficoltosa la creazione di un’offerta turistica integrata:

1. Non esiste, dal punto di vista turistico, un’identità comune nel Nordest. Esistono due regioni e due province autonome che attraverso la “scommessa” della Candidatura possono intraprendere un percorso di riscoperta della propria comune identità e appartenenza.

2. Il Nordest non è abituato a fare rete e a fare sistema. Ciascun attore economico, sociale, politico è abituato a “fare” ma non a “collaborare”.

3. Non esiste una governance del sistema turistico. Il progetto di un’offerta turistica integrata non può prescindere da una governance concreta e condivisa.

4. E’ necessario esplicitare e sottolineare l’importanza di un concetto allargato di “cultura” che tenga conto della coesistenza dell'esigenza imprenditoriale (di profitto) e di quella propria culturale (di conservazione).

5. Esistono già dei programmi di cooperazione interregionali su progetti e ambiti specifici: cicloturismo, montagna, musica che dovranno essere presi in considerazione.

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Definite le criticità, è possibile comunque individuare alcune azioni utili alla candidatura:

1. Mappatura degli eventi già programmati da qui al 2019 nelle diverse regioni e nelle province autonome per identificare i temi di narrazione e coordinare la promozione;

2. Definizione di un tavolo di coordinamento (propedeutico alla governance) che lavori su tre direttrici:

a) ascolto e presidio permanente del mercato; b) organizzazione interna e creazione dell'offerta; c) comunicazione, promozione e commercializzazione dell’offerta;

3. Formazione immediata per gli operatori turistici attraverso le associazioni di categoria e gli organismi di rappresentanza in ambito turistico (consorzi, società pubblico-private);

4. Definizione di una piattaforma tecnologica che integri le necessità di promozione dell’offerta turistica, quelle di commercializzazione (attraverso azioni di web marketing, SEO e social media marketing) e le necessità logistiche del turista (biglietto unico per i musei, biglietto unico per i trasporti pubblici, etc.);

5. Definizione di indicatori di misurazione dell’efficacia degli interventi;

6. Realizzazione di azioni di sensibilizzazione nei confronti del territorio inteso sia amministrativamente (comuni, province, regioni) sia socialmente (cittadini e comunità);

7. Individuazione di alcuni progetti specifici già condivisi dalle regioni e dalle province come la DMO virtuale delle Dolomiti e del Garda da utilizzare come base per la costruzione di proposte di vacanza;

8. Individuazione all’interno dei percorsi della metropolitana di alcuni tematismi specifici (musica, letteratura, cinema, natura e montagna, memoria, cultura della vite) che più di altri sono vendibili turisticamente e che in alcuni casi hanno già progetti di valorizzazione in essere. ---------------------------------------- 1.5 Oltre l’evento per lo sviluppo di un brand territoriale A cura di Renzo di Renzo, direttore artistico Treviso Design e Saverio Sbalchiero, consulente e docente internazionale di Brand Design, direttore creativo campagna “Venezia con il Nordest Capitale Europea della Cultura 2019”*

* campagna promossa da Nordesteropa Editore La Candidatura di Venezia con il Nordest a capitale europea della cultura offre la possibilità di capitalizzare energie e risorse nella creazione di un brand territoriale in grado di imporsi e di durare nel tempo. La candidatura diventa l’occasione per concentrarsi sull’immagine e la reputazione del territorio, guidandone l’evoluzione, nella consapevolezza che esse costituiscono un patrimonio di enorme valore, in grado di favorire lo sviluppo delle esportazioni, la crescita dei flussi turistici e la promozione degli investimenti internazionali.

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1. Lo stato di fatto - Nord Est. L’immagine della “locomotiva Nordest” forgiata negli anni ’80 e ‘90 e legata allo sviluppo del capitalismo molecolare sta perdendo progressivamente valore, significato e positivo riconoscimento. E’ necessario riflettere sulle reali potenzialità che oggi esprime il territorio in un panorama economico e culturale radicalmente nuovo. Superando stereotipi più o meno vecchi, quale vantaggio competitivo il Nordest può offrire oggi nella competizione globale tra territori? Quali valori possono animare la sua identità, quali associazioni simboliche si possono innestare sul preesistente capitale simbolico? Qualsiasi scelta identitaria si basa sulla differenziazione, su ciò che rende unico il Nord Est rispetto alle altre regioni d’Italia e d’Europa. - Nuova identità. La candidatura offre l’occasione per rappresentare il territorio con una veste nuova, nella quale si possano identificare tutti gli attori che vi appartengono. E’ necessario innanzitutto individuare un sogno, un’idea, una visione in grado di rappresentare le aspirazioni della comunità e di contribuire a sostenere il cambiamento. - Consapevolezza. Partire dalla consapevolezza e delle proprie reali potenzialità dei propri limiti è il primo passo per individuare opportunità su scala internazionale e per lavorare al posizionamento del territorio. - Far comprendere ai diversi pubblici interni del nordest, allo scopo di favorire la conoscenza e la condivisione del progetto, l’importanza di un’azione di branding (immagine e reputazione territoriale) e rendere note potenzialità, sfide, opportunità di crescita legate al miglioramento della percezione e dell’immagine del nostro territorio, - Favorire con eventi e iniziative pubbliche, la partecipazione attiva della cittadinanza. - La rappresentazione delle risorse culturali presenti sul territorio realizzata con la mappa della “metropolitana del nordest” (immagine utilizzata nell’ultimo anno per la promozione della candidatura) permette di focalizzare efficacemente i percorsi culturali più attivi e rappresentativi. - Tradizione. La tradizione non è sufficiente a costruire una forte identità, in essa si realizza più facilmente la commemorazione, la rievocazione. Un’identità forte, in grado di coinvolgere e motivare, è sempre legata a un progetto per il futuro. Il partimonio storico deve essere continuamente reinterpretato, attualizzato e valorizzato nella realizzazione del nuovo. - Occorre focalizzare nuove priorità strategiche e incentivare una nuova visione del futuro del nordest dove la ricerca, il design, la cura del paesaggio e del territorio, diventino strumenti e pratiche largamente diffusi. - Venezia. Venezia rappresenta insieme una grande opportunità e una minaccia. Il peso della sua fama, infatti, rischia di schiacciare o di far scomparire il nordest. E’ innegabile comunque l’enorme portata iconica ed evocativa di questa città, nonché la sua rilevanza nell’attribuire un’immediata collocazione geografica al nordest ( effetto near Venice). Venezia dovrebbe essere in prospettiva non più una città isolata e congestionata da un turismo di massa quasi insostenibile, ma la porta meravigliosa per accedere alle ricchezze culturali, naturali e artistiche del territorio che la circonda.

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- Turismo. Cultura è “anche” (non “solo”) turismo. Le città e le mete turistiche del nordest sentono l’esigenza di incanalare la forza attrattiva di Venezia come volano per l’intero territorio. - Operatori turistici, esercenti e commercianti, sono stakeholder fondamentali per la costruzione dell’immagine territoriale, perché è anche attraverso questi “punti vendita” che il territorio viene "distribuito". - Il limite che ancora caratterizza e rende fragile questa categoria è un ostinato individualismo. Per ottenere risultati significativi occorre creare sistemi di cooperazione e comarketing sulla scia di quanto realizzato con successo in altre regioni in Italia e nel mondo. 2. Su cosa puntare - Cultura del fare, intraprendenza, operosità e creatività, unita alla flessibilità produttiva e alla capacita delle imprese di rigenerarsi, sono tratti distintivi del terriorio che andrebbero valorizzati. - Cultura come motore di sviluppo economico e sociale. E’ sempre più evidente che l’evoluzione economica di questo territorio non possa prescindere da un forte investimento sulla cultura. - La grande competizione sui mercati spinge le imprese a innovare prodotti e processi per valorizzare e differenziare le proprie offerte. Le imprese per crescere hanno sempre più bisogno di cultura, competenza e ricerca. - La crescita culturale del territorio favorisce la formazione di risorse umane d’eccellenza e lo sviluppo di un ecosistema sociale in cui le imprese, la comunità e le risorse culturali si integrano e trovano prospettive comuni. - Le aziende sono sempre più disposte a riconoscere la capacità della cultura di creare valore e il ruolo da essa esercitato come motore dell’innovazione. - Paesaggio, cura del territorio e Sviluppo sostenibile. Il territorio presenta molti tratti di bellezza che sono sopravvissuti all’urbanizzazione sregolata. La qualità della vita e dell’ambiente sono un capitale da preservare investendo nel recupero ambientale e nella difesa del paesaggio. 3. Come fare - Coinvolgimento dei cittadini in azioni partecipate, perché la brand strategy deve essere espressione del territorio, rispondere a esigenze diverse, fare in modo che i diversi attori della comunità si possano identificare. - Chiarire gli obiettivi da raggiungere, attraverso il confronto con il comitato scientifico e con gli altri tavoli di lavoro. Chiarire la leadership di Venezia (come si esplicita, quanto peso assume nel progetto). - Studio e ricerca sono fondamentali per lo sviluppo della strategia di branding. Necessario avere dati, conoscenze e informazioni di qualità per prendere decisioni strategiche. Il confronto con gli altri gruppi di lavoro che hanno partecipato al meeting è quanto mai auspicabile. Il branding non è una sovrastruttura comunicativa, ma una rappresentazione sintetica ed efficace delle aspirazioni, dei progetti e delle azioni intraprese dal territorio. - Coordinamento e governance Tre regioni sono chiamate e riconoscersi nel progetto di candidatura, è necessario elaborare un progetto comune a cui aderire. Indispensabile un lavoro

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sulla comunicazione interna per mettere insieme i diversi attori e farli dialogare. La politica deve sostenere attivamente le azioni proposte. - Studio ed elaborazione della strategia di posizionamento e delle linee guida di branding. Elaborare una strategia di posizionamento condivisa dai diversi soggetti territoriali , è un’attività estremamente complessa. Un branding board tecnico/scientifico composto da esperti, professionisti, docenti e ricercatori, dovrebbe assumere responsabilità di ricerca, analisi e direzione strategica. Il branding board dovrebbe elaborare le linee guida per la realizzazione del progetto allo scopo di fornire a tutti i soggetti territoriali coinvolti (enti, associazioni, imprese, operatori turistici e culturali, università, etc.) una piattaforma strategica e creativa comune – posizionamento, brand strategy, Brand Identity, Brand guidelins, etc…. --------------------------------------------- 1.6 Le infrastrutture della metropoli. Obiettivi Ta v e Metrò A cura di Luca Romano, direttore Local Area Network, Padova 1. Una sfida europea L’ idea base che assegna valore strategico al sistema di collegamenti di tutto il Nordest è che per pensarsi come un’area sistema le infrastrutture e i servizi di trasporto sono decisivi. La consapevolezza è anche quella di entrare in una fase storica in cui avendo quasi compiuto il disegno infrastrutturale autostradale ora bisogna concentrarsi sulle reti ferroviarie, sull’intermodalità e l’integrazione delle diverse reti di trasporto. A queste scelte si stanno rivolgendo sia le istituzioni che le autonomie funzionali. Il Nordest italiano si trova ad essere un vero e proprio paradosso; da un lato, si caratterizza per ritardi notevoli sia dal punto di vista delle reti ferroviarie che dell’ integrazione tra i diversi sistemi di trasporto; dall’ altro, invece, “crocevia naturale” nella nuova programmazione dei Corridoi TEN – T. Ricordiamo che tale programmazione 2014 – 2020 ridurrà da 30 a 10 i Corridoi fondamentali, selezionando le priorità fondamentali. Ciò permette alle risorse comunitarie di coprire non più solo il 15 ma il 30% dei costi in termini di cofinanziamento. Da che cosa sarà dato il “crocevia naturale”? Il nuovo Corridoio 1 sarà il Baltico – Adriatico, l’ attuale Corridoio 5 Lisbona – Kiev diventa il 3 e il vecchio Corridoio 1 diventa il 5. Il passaggio del Corridoio 1 futuro – Baltico – adriatico e il Rotterdam – Tirreno conferiscono una particolare importanza al progetto del quadruplicamento ferroviario e della galleria del Brennero. In linea con le priorità comunitarie il Piano Nazionale della Logistica ha recepito la priorità dell’ Italia di rafforzare le sue connessioni con il Continente attraverso le Alpi come elemento di base per rimuovere la marginalità geografica. Pertanto, in termini di disegno programmatorio comunitario l’agenda in costruzione per il 2020 sembra fatta per portare benefici al Nordest. L’ urgenza si sposta dalla condivisione ai tempi. E’ in atto una intensificazione dei processi di competitività territoriale intra - europea, ultimo il Brandemburgo (ex Germania est) che si candida con le sue dotazioni logistiche e infrastrutturali ad attrarre imprese del Nord italiano. Questa sfida implica un salto di qualità nel modo di rappresentarci, impone un pensarci come Porta (est – ovest, nord Eu – Mediterraneo) e un pensarci come area metropolitana.

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2. La priorità: il quadruplicamento per l’ Alta Cap acità Milano - Venezia La prima sfida a cui corrispondere è la realizzazione del progetto AC/AV ferroviaria Milano – Venezia – Trieste. Il progetto è considerato prioritario da RFI con cospicui investimenti sia in nuove linee (quadruplicamento Milano – Brescia è in corso) sia con investimenti di decongestionamento e potenziamento dei nodi esistenti (Mestre). La Treviglio – Brescia sarà completata nell’ aprile 2016. La Brescia – Verona è finanziata e progettata. Per quel che attiene alla Venezia – Trieste il potenziamento dell’ attuale linea in funzione soprattutto delle merci sembra adeguato alla domanda potenziale di mobilità. Gli investimenti di potenziamento e “sbottigliamento” dei nodi, come quello in atto a Mestre, possono aumentare l’ utilizzazione delle linee fino al 30%. Inoltre, il programma dell’ Alta capacità all’ italiana, arrivato ultimo sulla scena, è molto apprezzato, perché più flessibile di quello alla francese, e sta vendendo il suo know how in tutto il mondo. A questo primato tecnologico corrisponde un vincolo finanziario. Allo stato mancano fondi pubblici per finanziare questa tratta. La disponibilità del mondo bancario e di finanziatori privati è anche condizionata dalla presenza di un forte sistema di garanzie pubbliche sui tempi e le modalità di realizzazione dell’ opera. In riferimento al vincolo finanziario le notizie migliori riguardano due aspetti normativi. Il primo è contenuto nella manovra di luglio, in cui Tremonti ha previsto delle modalità per ridurre i costi delle compensazioni (molto alti in Italia). Il secondo è in itinere (Matteoli) e dovrebbe portare al CIPE una delibera di agevolazione fiscale per gli investitori privati nel campo della realizzazione delle infrastrutture. Infine, il potenziamento della Pontebbana a Nord come alternativa al Brennero a servizio delle merci che dai Porti dell’ Alto Adriatico sono destinate alle aree Centro Nord Europee rimanda a una linea particolarmente strategica nella programmazione comunitaria, in quanto afferisce sia al Corridoio I che al Corridoio III (ex V). 3. Il progetto SFMR: connettere città e territori L’ importanza del Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale risiede nel fatto che è la vera integrazione territoriale del Nordest in forte interdipendenza con la realizzazione dell’ AC/AV ferroviaria e con un efficiente sistema di TPL. Per capire quanto sia cruciale per un territorio ad alta creatività culturale basti la banale constatazione che alla fine degli spettacoli all’ Area o alla fenice o negli alri meravigliosi teatri del Nordest non ci sono corse di trasporto per i fruitori. Il progetto di SFMR aderisce molto bene alla struttura policentrica della Regione Veneto affrontando l’estrema frammentazione se non dispersione della domanda sul territorio attraverso la realizzazione di un servizio ferroviario caratterizzato da un elevato livello d’integrazione modale fra i diversi modi di trasporto collettivo. Questa configurazione “metropolitana” di area vasta e policentrica rende l’ infrastruttura finanziabile anche per i programmi comunitari dedicati al trasporto metropolitano. Come tale punta ad “attrattivo per qualità e livelli di servizio, accessibile alla maggior parte della popolazione, e quindi competitivo con il trasporto individuale” (Net Engeneering).

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Il SFMR intende raggiungere questi obiettivi attraverso la creazione di un nuovo sistema di trasporto integrato, con elevate frequenze, orari cadenzati, coincidenze coordinate tra i mezzi delle diverse linee; tariffazione integrata; elevata accessibilità. Il SFMR è senz’ altro l’ altra faccia della AC/AV, il suo nesso indisgiungibile con il territorio, la connessione tra le poche stazioni della linea veloce con i nodi medi, piccoli e piccolissimi del territorio. Le caratteristiche del progetto, supportato da indagini sulla domanda e da valutazioni tecnico – trasportistiche, hanno evidenziato i pregi di regolarità, flessibilità, integrabilità, sostenibilità e accessibilità del sistema, con effetti positivi in termini di risparmio del suolo, di riduzione CO2, di decongestionamento e diminuzione degli incidenti stradali. Oltre alla dorsale dei capoluoghi, il SFMR, è certamente la migliore infrastruttura pensabile per unire questi ai centri medi della pianura alta e della Pedemontana Veneta. La suddivisione sia di TAV che di SFMR per lotti costruttivi e funzionali potrebbe far sperimentare l’ introduzione del project financing per tratte molto redditizie, come, ad esempio, la Mestre – Tessera Aeroporto, la Verona – aeroporto Catullo e la tratta tra Verona, Vicenza e Padova. La realizzazione di quest’ opera strategica può avvalersi di altre due fonti di risorse finanziarie, oltre all’ Europa e al project, ovvero destinazioni dalle concessionarie autostradali regionali e una formula di partenariato pubblico privato. Questa formula prevede la costituzione di società miste per la valorizzazione urbanistico – immobiliare delle aree di pertinenza delle fermate del SFMR con la destinazione delle risorse ricavate per la modernizzazione e il potenziamento del SFMR. A Bolzano è già stata fatta una sperimentazione in questo senso. Il problema del trasporto pubblico a forte valenza territoriale è molto sentito anche in Trentino Alto Adige e in Friuli Venezia Giulia. I collegamenti più importanti tra il Veneto e il Trentino Alto Adige e il Cadore riguardano: 1. la tratta Trento – Bassano del Grappa, oggetto di un investimento programmato dalla Provincia Autonoma di Trento per la modernizzazione della ferrovia (elettrificazione, adeguamento gallerie, messa in sicurezza); 2. il progetto a fortissima valenza turistica di un collegamento Venezia – Cortina d’ Ampezzo, con caratteristiche funzionali e paesaggistiche molto affini a quelle della Merano – Malles. 4. La governance integrata per il TPL Il Nordest si caratterizza per un altro paradosso: è il territorio che ha investito di più in Italia per la dotazione di piattaforme tecnologiche informatizzate a supporto dei servizi del trasporto pubblico locale, ma lo ha fatto in una logica non sistemica bensì frazionata e localistica. In questo modo ha finora svalorizzato il rapporto con l’ utenza che si trova tecnologie del tutto sottoutilizzate. La centralità del servizio, invece, precede quella dell’ infrastruttura di trasporto e, quindi, senza dover aspettare la realizzazione di AC/AV e di SFMR si possono finalmente sincronizzare i servizi sovrapposti su ferro e su gomma e integrare orari, tariffe e biglietti con i supporti elettronici.

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5. Una cultura che valorizzi la partecipazione Il problema della partecipazione e della condivisione non è da sottovalutare nella realizzazione di questo parco di infrastrutture. Tutti conosciamo l’ opposizione alla TAV in Val di Susa. Alcune difficoltà dipendono dalla anticipazione della fase della progettazione rispetto a quella della consultazione e informazione. Questa sequenza andrebbe rovesciata: sull’ integrazione funzionale e sulle migliori soluzioni di tracciato e inserimento ambientale le decisioni vengono discusse con gli Enti territoriali, al livello più vicino alla domanda. In Italia il legislatore nazionale non ha ritenuto di dare una forma istituzionale alla gestione dei problemi di impatto sociale, ma sarebbe importante che le Regioni si facessero carico di questo importante snodo del consenso, prevdendo uno strumento di partecipazione delle comunità locali preventiva agli indirizzi di progettazione. Per una candidatura socialmente responsabile A cura di Laboretica

Quando si parla di grandi eventi - e di conseguenza dei progetti e interventi ad essi collegati - non si parla di accadimenti i cui effetti e ricadute saranno visibili solo ed esclusivamente nel periodo di svolgimento. Uno degli aspetti fondamentali di un grande evento è infatti che queste ricadute ed effetti non avranno solamente un impatto legato principalmente alle potenzialità di sviluppo economico- turistico di un territorio, ma avranno anche un impatto in termini di valori, comportamenti sociali ed effetti sulla vita quotidiana del cittadino che abita in quel territorio e del turista che lo visiterà. A maggior ragione, essendo la Cultura, intesa in senso lato, l’elemento motore di questa iniziativa, non si può prescindere dal pensare a come far sì che tali effetti e ricadute siano il più possibile positivi. Proposte operative

Innanzitutto si può pensare ad un sistema di gestione e di organizzazione dell’evento ispirato a principi etici e della Responsabilità Sociale d'Impresa (RSI) basato sui sette principi elaborati dall’International Organization for Standardization con la recente norma - guida ISO 26000. Questi principi costituiscono infatti un sistema di riferimento testato, valido per qualsiasi organizzazione pubblica o privata voglia adottare un comportamento socialmente responsabile, rispondendo alle aspettative economiche, ambientali e sociali di tutti i portatori di interesse. La costituzione di una carta etica che indichi a tutti i soggetti coinvolti nel progetto di candidatura le linee guida da rispettare nella realizzazione del progetto stesso, potrebbe costituire uno strumento concreto, condiviso e condivisibile da tutti i soggetti coinvolti – che dovranno sottoscrivere tale documento - per creare e promuovere atteggiamenti socialmente responsabili a tutti i livelli di progettazione e realizzazione dell’evento.

Questo tipo di approccio consentirebbe di privilegiare scelte che andrebbero ad ottimizzare le ricadute e gli effetti delle azioni intraprese sia nei confronti della popolazione locale che di tutti i soggetti coinvolti, al fine di ridurre al minimo tutti gli impatti negativi legati all’organizzazione

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di un evento di tali dimensioni. Il sistema di gestione proposto rispetta i seguenti principi di comportamento generali:

- Responsabilità L'organizzazione assume la responsabilità del suo impatto sulla società e sullo sviluppo e accetta eventuali controlli: inoltre ha il dovere di risponderne.

- Trasparenza L'organizzazione è trasparente in tutte le sue decisioni ed attività, in particolare in relazione alla sua natura, ai suoi obiettivi, ai risultati in termini di responsabilità sociale ed alla provenienza delle risorse finanziarie.

- Etica L'organizzazione si comporta sempre in modo onesto, equo e moralmente integro. In questo atteggiamento è compreso il rispetto per persone, ambiente e animali ed il rispetto delle esigenze di tutti coloro che in qualche modo sono coinvolti nell’attività dell'azienda.

- Rispetto degli stakeholders L'organizzazione identifica tutti coloro che, direttamente o indirettamente, sono coinvolti nell'attività d'impresa e ha attenzione per le loro necessità.

- Rispetto della legge L'organizzazione richiede obbligatoriamente il rispetto del ruolo della legge e garantisce che nessun individuo o ente sia super partes.

- Rispetto degli standard di comportamento internazionali L'organizzazione aderisce ai principi stabiliti a livello internazionale e li rispetta il più possibile nel caso operi in Nazioni con una legislazione che entri in conflitto con queste norme.

- Rispetto dei diritti umani L'organizzazione riconosce l'importanza e l'universalità dei Diritti Umani ed evita di trarre vantaggio da situazioni in cui tali Diritti non sono rispettati.

La creazione di un sistema di gestione e di organizzazione basato su questi sette consolidati principi comporta che uno degli aspetti di maggiore rilevanza e delicatezza sia quello relativo alla creazione e all’applicazione di un quadro di regole e principi di comportamento finalizzati all’assicurazione della sostenibilità sociale dell’evento e dell’intero percorso fino alla sua realizzazione.

Inoltre sarà fondamentale assumere alcuni modelli di comportamento da adottare durante il percorso di progettazione e realizzazione delle strutture e dell’evento stesso:

� incentivare progetti di realizzazione delle strutture che rispettino l’ambiente, che non alterino i particolari equilibri del nostro territorio dal punto di vista paesaggistico e delle risorse naturali e che tutelino le persone coinvolte nelle diverse fasi di realizzazione, nei loro diritti in qualità di lavoratori ed esseri umani e nella loro dignità

� evitare incrementi di qualsiasi tipo di inquinamento;

� porre estrema attenzione alle esigenze ed ai suggerimenti delle popolazioni locali, incentivando la conoscenza dei progetti e dei programmi in modo da creare condivisione del progetto a diversi livelli e favorirne quindi il sostegno;

� incentivare il dialogo con i residenti e i portatori d’interesse utilizzando forme strutturate (tavoli istituzionali consultivi di discussione) in modo da far percepire a chi poi dovrà convivere quotidianamente con tali strutture la loro utilità

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A tal fine è di fondamentale importanza implementare regole e principi di comportamento che ottimizzino l’efficacia e l’efficienza dell’entità preposta all’organizzazione dell’evento, massimizzando contemporaneamente il rispetto degli interessi di tutti i soggetti coinvolti. Il percorso di implementazione delle regole e dei principi sopracitati esige la creazione dei seguenti strumenti, finalizzati a dare una qualificazione di tutti i soggetti che desidereranno, a qualsiasi titolo, essere coinvolti nell’organizzazione e nella gestione della manifestazione:

Codici etici e di comportamento Hanno lo scopo di tradurre in norme operative i criteri di comportamento generali previsti dalla norma ISO 26000, che saranno adottati dalle varie organizzazioni coinvolte nell’evento e che diventeranno per gli stakeholders un parametro di riferimento sull’affidabilità dell’organizzazione nel suo complesso.

Certificazione etica (Social Accountability SA 8000) Finalizzata a certificare alcuni aspetti della gestione aziendale attinenti al rispetto dei Diritti Umani, dei diritti dei lavoratori, della tutela contro lo sfruttamento dei minori, delle garanzie di sicurezza e salubrità sul posto di lavoro.

Sistemi di gestione per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro (OHSAS 18001, INAIL) Definiscono le modalità per individuare, all’interno della struttura organizzativa aziendale, le responsabilità, le procedure, i processi e le risorse per la realizzazione della politica aziendale di prevenzione, nel rispetto delle norme di salute e sicurezza vigenti.

Sistemi di gestione per la qualità (ISO 9001) Sono progettati per raggiungere gli obiettivi e per migliorare con continuità le prestazioni, in modo da soddisfare le esigenze e le aspettative dei clienti e delle altre parti interessate.

Sistemi di gestione ambientale (ISO 14001 - EMAS) Permettono alle organizzazioni coinvolte di sviluppare una politica ambientale e di fissare degli obiettivi che tengano conto delle prescrizioni legali e delle informazioni riguardanti gli aspetti ambientali significativi.

Strumenti di rendicontazione Strumenti (ad es. il Bilancio Sociale) utili a fornire informazioni sulla quantità e qualità delle relazioni con gli stakeholders rappresentativi dell’intera collettività, al fine di dare visibilità alle domande ed alla necessità di informazione e trasparenza.

Check lists Strumenti per la valutazione della conformità alle norme dei singoli progetti o delle varie fasi dell’iniziativa, finalizzati a favorire la scelta delle alternative che rispettano maggiormente gli interessi dei soggetti coinvolti.

Un ulteriore valore aggiunto potrebbe essere dato dalla creazione di un apposito Comitato Etico Indipendente, formato da professionisti esperti e qualificati in diverse discipline, che garantisca la valutazione ed il monitoraggio della corretta applicazione degli strumenti operativi ai fini del rispetto dei principi ispiratori.

Questa struttura potrebbe operare all’interno della struttura esecutiva del Comitato Promotore prima e del Comitato Organizzatore poi, con una gestione indipendente – in modo da garantire la bontà delle proprie valutazioni - snella e operativa, che non dovrà comportare dilazioni temporali alla macchina organizzativa, ma che dovrà al contempo esprimere valutazioni periodiche riguardo “in primis” i programmi, le attività e i progetti dei Comitati e dei fornitori - in quanto le politiche di gestione delle forniture e del licensing dovranno essere improntate al rispetto di tutte le normative esistenti in materia ambientale e di tutela dei diritti del lavoratore e di alcune linee

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guida di riferimento. Il Comitato Etico realizzerà inoltre una rendicontazione periodica degli esiti dei controlli.

Definiti i principi ed i percorsi, tra gli strumenti operativi sarebbe di importanza strategica l’istituzione di un Business & Ethic Office, con finalità di regia, coordinamento e organizzazione, in grado di gestire a livello strategico ed operativo il percorso di applicazione della RSI e dei suoi vari strumenti e che rappresenti l’interfaccia tra la direzione dei Comitati Promotore e Organizzatore, il Comitato Etico Indipendente ed i diversi stakeholders. Riepilogo: per una candidatura socialmente responsabile Criteri di comportamento generali

- Responsabilità - Trasparenza - Etica - Rispetto degli

stakeholders - Rispetto degli standard di

comportamento - Rispetto dei diritti umani

- Rispetto della legge

Strumenti

- Certificazione etica - Codici etici e

comportamentali - Tutela della salute e

sicurezza - Sistemi di gestione per la

qualità - Sistemi di gestione

ambientale - Strumenti di - rendicontazione - Check list

Strumenti di RSI

- Business & Ethic Office

- Comitato Etico Indipendente

Eredità

- Utilizzo successivo degli impianti

- Rigenerazione urbana

- Marketing territoriale

- Impatto ambientale

- Percorsi di ricollocamento dei lavoratori

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2 PRIME IPOTESI DI RETI

2.1 La valorizzazione del patrimonio museale A cura di Luca Baldin, direttore Fondazione Mazzotti

Premessa

Per avviare una seria riflessione sulle dinamiche evolutive del sistema museale e dei poli espositivi del Nordest è indispensabile partire da un'analisi dei grandi numeri che li riguardano.

Anzitutto parliamo di un'area di quasi 40.000 chilometri quadrati, che si estende dalle cime dolomitiche al mare; quindi estremamente eterogenea, popolata da circa 7 milioni di abitanti, oltre il 50% dei quali concentrati tuttavia in un quarto della superficie complessiva, ovvero nella pianura compresa tra Verona e Venezia. Per quanto il fenomeno dei musei copra tutto il territorio del Nordest - dal Museo della Grande Guerra in Marmolada (il più alto museo d’Europa) ai grandi musei della laguna veneziana – all’area più densamente popolata corrisponde anche la maggior densità di istituti e la presenza della maggior parte di quelli di media-grande dimensione.

Sotto il profilo quantitativo dell’offerta il Triveneto non teme paragoni. Sono oltre 650 le istituzioni museali o affini censite da ISTAT e dal Mibac nel 2006 (ultima rilevazione disponibile), che in quell’anno avevano accolto circa dodici milioni di visitatori e la cui struttura proprietaria vedeva protagonisti anzitutto gli enti locali territoriali. Manca invece una rilevazione attendibile sull’entità e i visitatori delle cosiddette sedi espositive per attività temporanee, ovvero di quelle realtà che non dispongono di una propria collezione (o avendone una, ricopre un ruolo secondario all’interno della mission istituzionale, marcatamente rivolta all’organizzazione di mostre). Realtà queste ultime che nel Veneto mettono in fila istituzioni di grande prestigio, la cui attività è spesso di rilevo internazionale, basti pensare, per fare un unico esempio, al ruolo svolto dalla Biennale di Venezia per la promozione delle arti contemporanee.

Numeri importanti, quindi, che tendono a nascondere tuttavia le inefficienze legate ad una crescita caotica e negli ultimi decenni eccessiva di istituti medio piccoli, che si traduce in una realtà d’insieme estremamente frammentata, con una percentuale ridotta di istituti storici di grande tradizione e dotati di strutture adeguate - in prevalenza originari della metà del XIX secolo – in cui si concentra peraltro la stragrande maggioranza dei visitatori; e una presenza numericamente preponderante di istituti di piccola e piccolissima dimensione, quasi sempre di recente istituzione, non di rado gestiti su basi volontaristiche e legati a dinamiche schiettamente locali. Razionalizzare senza banalizzare

Tentando un ragionamento di tipo strategico, appare ineludibile quindi provvedere anzitutto ad una razionalizzazione del sistema, che sappia per un verso valorizzare e potenziare gli istituti maggiori, rendendoli il più possibile autonomi nella gestione ed integrati nella proposta culturale, in modo tale da andare a costituire la spina dorsale del sistema; e dall’altro salvaguardare, dove possibile, il tessuto di realtà medio-piccole che costituiscono, il più delle volte, elemento di identità locale, favorendo forme di gestione a rete, partecipata e resa sostenibile da un ampio utilizzo di personale volontario. Il tutto evitando accuratamente le derive

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che rischiano, per eccesso di semplificazione, di restituirci una realtà banalizzata e omologata, che poco o nulla ha a che fare con la ricchezza del territorio del Nordest e con la sua storia e che a nulla ci servirebbe al fine irrinunciabile di affermare le peculiarità e l’irripetibilità di questa area geografica. Quattro priorita' condivise

Nel corso della Sesta Conferenza Nazionale dei Musei d’Italia (Milano, novembre 2010), il Presidente di ICOM Italia (International Council of Museums), Alberto Garlandini, ha esposto quattro proposte per orientare l’azione della amministrazioni responsabili dei musei italiani nel prossimo futuro e per rendere sostenibile nel medio-lungo termine la loro gestione. In sintesi i punti erano i seguenti:

1. Difesa del capitale umano, ovvero investimento sulle competenze e le professionalità

2. Concentrare le risorse sugli istituti culturali permanenti, in quanto potenzialmente in grado di operare allo sviluppo della collettività sul lungo periodo

3. Promuovere la cooperazione tra persone, istituti ed enti

4. Rafforzare la sussidiarietà orizzontale favorendo la partecipazione volontaria alla gestione del bene pubblico

Questi quattro punti, dal valore sicuramente strategico, possono costituire anche idonee linee guida per orientare l'azione delle amministrazioni responsabili dei musei del Nordest in chiave 2019.

Ripartire dal patrimonio

È il patrimonio materiale e immateriale di un luogo a motivare quasi sempre la scelta di un viaggio. Esso peraltro incide in modo determinate nella percezione della qualità di un territorio, quindi nella sua attrattività. Ne deriva che l’esaltazione del patrimonio culturale del Nordest e la sua convinta rimessa in gioco è elemento strategicamente fondamentale per la candidatura del 2019.

Negli ultimi vent’anni circa abbiamo assistito ad una crescita esponenziale dell’offerta di eventi espositivi di natura occasionale che, puntando su un sapiente marketing mix, hanno saputo muovere masse sempre più numerose di visitatori, in una logica che, nel migliore dei casi, si ispirava all’edutainment.

Questo fenomeno ha spostato progressivamente l’attenzione dalla gestione e valorizzazione del patrimonio culturale alla sua spettacolarizzazione, capovolgendo paradossalmente lo stesso concetto di spesa e di investimento e dirottando risorse via via sempre più ingenti dall’uno all’altro settore.

Il combinato disposto dei costi elevatissimi delle grandi mostre, insostenibili senza iniezioni di risorse pubbliche sostanziose, e dell’attuale crisi della finanza pubblica, che manifesta aspetti “strutturali” più che congiunturali, impone di rivedere drasticamente tale modello, al fine di rendere l’attività culturale territoriale più sostenibile e soprattutto centrata sul patrimonio esistente: bene non delocalizzabile e identitario per definizione, di livello assolutamente straordinario per quanto concerne l’area triveneta.

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Hugues De Varine e Daniele Jalla hanno parlato in più occasioni dell’esigenza di “ripartire dal patrimonio”, sottolineando che tale ripartenza non significa affatto un ripiegamento, come si potrebbe pensare, anche per gli stessi musei; bensì costituisce un’opportunità e un’apertura, dal momento che ciò dovrà significare un maggiore coinvolgimento delle professionalità e degli istituti del patrimonio nella gestione complessiva del territorio, facendoli uscire dall’attuale situazione di evidente marginalità e ridisegnando gli stessi sistemi di tutela: che da passivi dovranno orientarsi a diventare attivi, per avere reale efficacia, puntando decisamente sull’educazione, la comunicazione, la partecipazione e il controllo sociale (entrambi resi assai più semplici grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie), nonché, e non certo da ultimo, la valorizzazione, anche economica, del patrimonio musealizzato e diffuso.

Il rapporto col territorio è infatti l'altro punto imprescindibile di una politica culturale delle istituzioni museali e dei poli espositivi, al fine di esaltare i punti di forza e le peculiarità di quest'area geografica, sia mediante la produzione di eventi frutto di azioni di sistema, sia mediante l'esaltazione della funzione di hub territoriale che i principali musei e istituzioni culturali posso svolgere a vantaggio sia del cosiddetto “museo diffuso”, che delle istituzioni minori.

I grandi musei quindi dovranno costituire anzitutto delle vere e proprie riserve di competenze a tutto vantaggio della collettività, e ciò sarà possibile a condizione che si agisca in modo determinato per invertire il processo di deprofessionalizzazione attualmente in atto.

Solo la presenza di adeguate competenze potrà consentire la nascita di organismi di coordinamento e di reti professionali in modalità bottom-up, in grado di progettare e realizzare in modo organico le attività su base pluriennale e con attenzione alle esigenze dei diversi territori; puntando anche a processi di specializzazione su base territoriale e tematica (rete dei musei scientifici, dei musei d’arte, dei musei archeologici, dei musei etnogrtafici, dei musei di storia, ecc.) e al coinvolgimento delle risorse disponibili nelle università. Autonomia e reti

Per molti anni il tema dell’autonomia degli istituti museali è stato un cavallo di battaglia delle associazioni professionali, per poi sfumare e infine scomparire. La maggioranza degli istituti museali dell’area triveneta funzionano ancora secondo la logica, amministrativamente e organizzativamente primitiva, del cosiddetto “museo ufficio”, risultando soggetti ai tempi inadeguati della politica e della burocrazia, impossibilitati a progettare con respiro pluriennale e ad aprire a nuove e più moderne forme di gestione. È indispensabile che le maggiori istituzioni (i poli dei capoluoghi e pochissimi altri istituti di dimensione medio-grande) riprendano il cammino verso una piena (e reale) autonomia, che consenta loro di programmare adeguatamente la propria attività senza sottendere alle esigenze di breve e brevissimo termine della politica, ma anche di aprire alla vera partecipazione dei privati, che a tale scopo dovranno essere adeguatamente incentivati.

A tale riguardo sembra indispensabile e strategico un serio e pieno coinvolgimento del governo centrale per avviare una adeguata politica di incentivazione fiscale, ma anche delle associazioni imprenditoriali e delle fondazioni bancarie del territorio triveneto, al fine di condividere obiettivi di sviluppo di medio-lungo termine e per evitare la dispersione delle risorse o la casualità degli interventi (e gli inevitabili sprechi) che hanno caratterizzato gli ultimi decenni.

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Per quanto riguarda gli istituti minori, il principale problema consiste nella generalizzata assenza di competenze adeguate e nella precarietà della gestione. Problemi noti da tempo, a cui, sempre da tempo, si è tentato di offrire una risposta invocando la nascita di reti, sistemi e gestioni associate, cui tuttavia raramente ha fatto seguito una reale e fattiva volontà di collaborazione, frenata da particolarismi e, non di rado, dall’assenza di quelle professionalità che, uniche, possono essere in grado di suggerire forme gestionali alternative e innovative.

Va detto che la dimensione locale, quando non localistica, di numerosi tra questi micromusei e collezioni, impone anche una forte assunzione di responsabilità da parte delle comunità a cui fanno capo, trovando la loro maggiore ragione d’esistere proprio nel riconoscimento a livello locale del loro ruolo identitario e culturale. L’inesistenza o il venire meno di tali motivazioni (talvolta pretestuose e occasionali fin dall’atto fondativo), dovrebbe portare anzitutto a riconsiderare l’esistenza stessa di tali istituzioni e l’opportunità di mettere mano ad altre e meno dispendiose forme di gestione del patrimonio, in una logica di sistema che esca dal particolarismo e dal campanilismo.

La logica, in chiave 2019 e oltre, dovrebbe essere quindi quella di dar vita a processi di riordino, di aggregazione, di razionalizzazione tali da consentire non tanto, o non solo, forme condivise di comunicazione, ma la ben più importante condivisione delle risorse, in primis quelle professionali, puntando con decisione a forme di gestione associata che possano spingersi fino alla riallocazione fisica del patrimonio. Qualità

Il termine qualità costituisce la base stessa della società post moderna, ma anche l’elemento fondante di tutti gli istituti che a vario titolo si occupano di patrimonio culturale. Il processo di decantazione che sottrae i materiali dalla vita e li trasforma in simboli, si basa infatti sulla selezione qualitativa e l’esperienza che si fa in un museo è per definizione connessa ad una percezione di qualità, che dovrebbe essere complessiva, ma spesso non lo è. In Italia, e il Nordest non fa eccezione, l’affermazione di principi di gestione improntati alla qualità sono da sempre ostacolati proprio dalle caratteristiche della rete degli istituti della cultura: numerosissimi, capillarmente distribuiti, ma anche, il più delle volte, di modeste dimensioni e con dotazioni del tutto insufficienti.

La necessità di orientare la gestione museale alla qualità – ben presente in altri paesi europei ed extra europei fin dagli anni Settanta del Novecento - è emersa a livello nazionale prima grazie al dibattito suscitato dalla Legge Ronchey (Leg. n. 4/1993) e poi, con forza, dal 2000, grazie al lavoro svolto dalla commissione che ha licenziato il cosiddetto “documento sugli standard museali” (DM 10 maggio 2001).

Il processo di riaccreditazione cui sottendeva tale documento, da realizzarsi soprattutto su base regionale, vede ancor oggi l’intero Nordest attardato, con normative obsolete, prive di indicazioni cogenti sulle modalità di riconoscimento degli istituti di rilievo regionale improntate su moderni sistemi di controllo della qualità.

In particolare sembra urgente provvedere a migliorare drasticamente la qualità dell'accoglienza dei nostri istituti, non di rado carente, e vincolata a logiche del tutto estranee alla qualità del servizio (dinamiche interne alle amministrazioni, vincoli contrattuali, scarsa qualità del personale, ipersindacalizzazione, mancanza di flessibilità, sono solo alcuni dei problemi da affrontare).

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Un centro servizi e di coordinamento

Pur nel rispetto dell'autonomia dei singoli istituti, i musei certificati dovrebbero mirare alla creazione di un centro servizi condiviso e cogestito, basato sulla cooperazione professionale, in grado di sviluppare politiche di sistema. Tra le azioni auspicabili la condivisione della programmazione e la collaborazione interistituzonale per la progettazione e realizzazione di eventi; le consulenze reciproche; azioni specifiche come la catalogazione, la realizzazione condivisa di strumenti come il booking on line e le card di sistema; l'aggiornamento professionale; la promozione integrata e il fund raising.

Integrazione della produzione culturale nella rete della creatività e della produzione di ricchezza

È indispensabile che l’attività di gestione, manutenzione e valorizzazione del patrimonio, nonché la produzione di eventi culturali basati sul patrimonio, si integri in una visione complessiva della qualità espressa dal territorio. Ciò, ha la sua manifestazione più evidente nell’integrazione turismo-cultura, tanto scontanta quanto oggi ancora assai poco riconosciuta; ma si deve legare più genericamente ad ogni settore della vita e della produzione di valore, facendo leva sulla sua unicità, non replicabilità, non delocalizzabilità, che va a costituire quindi la qualità percepibile di un luogo, la disponibilità di occasioni di crescita e quindi la sua capacità di competere a livello internazionale.

Fondamentale sarà quindi operare anzitutto con l'obiettivo primario di elevare la qualità della vita della popolazione residente (un progetto troppo squilibrato sull'incoming sarebbe a nostro giudizio perdente in partenza), come precondizione indispensabile a migliorare l'attrattività complessiva del territorio (attrattività di idee, di competenze, di capitali, di imprese e, perché no, anche di turisti).

Questa politica inclusiva è anche la precondizione indispensabile allo sviluppo di nuove forme di gestione pubblico-private, centrate sulla condivisione degli obiettivi, sull'interesse reciproco e sulla pari dignità degli apporti.

Tema particolarmente rilevante è la possibilità di sviluppare impresa a partire dal patrimonio, con particolare riferimento alle tecniche di restauro, ma anche allo sviluppo dei new media, campo nel quale sarebbe possibile mirare a una leadership a livello internazionale.

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2.2 La Rete della Pedemontana tra cultura, turismo ed enogastronomia A cura di Sabrina Fantini, direttore generale Frontiere

Sul territorio del Nordest, la Pedemontana è uno degli assi di sviluppo sociale, economico, culturale e turistico della Capitale Europea della Cultura 2019. Un’area con caratteristiche e potenzialità specifiche, anche in relazione alle evoluzioni culturali ed infrastrutturali in atto, tra cui la realizzazione della Superstrada Pedemontana. Il territorio preso in esame può essere considerato uno dei corridoi su cui si muoveranno i flussi della Capitale Europea 2019, un’area compresa tra la Valpolicella e il Collio, su cui sono proposti 7 percorsi che corrispondono ad altrettante grandi motivazioni di visita. La mappa della Pedemontana è un primo censimento del patrimonio territoriale, dal quale la rete di soggetti pubblici e privati attivi nell’area può aprire una riflessione orientata a creare nuovo valore, anche attraverso il “Progetto 2019”. Il territorio La densità è una delle caratteristiche di questo paesaggio, in cui si rileva un forte prossimità, e in molti casi contaminazione, tra impresa, cultura e natura. Il tessuto imprenditoriale, protagonista negli ultimi decenni di un imponente sviluppo, lo straordinario patrimonio storico, artistico e architettonico, come la ricchezza e il valore dell’ambiente naturale, sono la base su cui è

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possibile costruire un percorso di sviluppo collegato al progetto Capitale Europea della Cultura, innescando processi di crescita e di innovazione. Le potenzialità del settore enogastronomico, come la produzione artistica e gli eventi culturali sono un ulteriore punto di forza. L’intero corridoio territoriale può essere considerato un museo diffuso (contemporaneo), per la presenza capillare di punti di valore. La Pedemontana è stata in questi anni periferia generatrice di nuove iniziative e opportunità, spesso punto di riferimento nell’impresa come nella cultura. Oggi è portatrice di un potenziale che ha molti spazi da esplorare nei settori della cultura, del turismo e della produzione enogastronomica, in un’ottica di sostenibilità quale strumento di armonizzazione dello sviluppo, capace di unificare i valori territoriali. Le opportunità - La Regione del Veneto guarda alla Pedemontana come meta turistica, al pari di altre destinazioni oggi maggiormente riconosciute. Il progetto di eccellenza turistica, attivato nel 2008, concepisce il territorio come “paesaggio culturale”, esempio innovativo in regione di una offerta integrata e trasversale al territorio. - La Superstrada Pedemontana, prevista per il 2016, favorisce un importante riposizionamento dell’area rispetto al Veneto, al Nord Italia e allo stesso corridoio Pedemontano preso in esame. Un intervento infrastrutturale che richiama l’attenzione sui temi correlati al “Progetto 2019”, ovvero la tutela e la riorganizzazione del paesaggio, le linee di sviluppo urbano ed economico, la viabilità accessoria e i servizi, che, insieme all’infrastruttura, potranno favorire una migliore accessibilità, una migliore fruibilità interna, ma anche la percezione dell’area Pedemontana come territorio. - Il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali Giancarlo Galan ha proposto di candidare le colline del Prosecco a patrimonio mondiale dell’Unesco. - Eventi come il Centenario dell’Arena di Verona nel 2013, l’Expo di Milano nel 2015 e l’anniversario della Grande Guerra nel 2015/2018 sono ulteriori opportunità per far crescere un’offerta innovativa e accessibile sulla Pedemontana, anche in vista del 2019. - Turismo slow, turismo del gusto ed enoturismo, turismo verde e cicloturismo, turismo dei saperi, cultura ed eventi, sono i segmenti di domanda che identificano il territorio e hanno evidenziato negli ultimi anni le migliori performance di crescita. I Percorsi Sono 7 i temi individuati in questa prima fase di analisi, traiettorie trasversali ad un territorio che si posiziona come cerniera tra grandi luoghi di attrazione: Lago di Garda, Dolomiti, città d’arte e costa adriatica. Sono coinvolti oltre 50 località e più di 100 punti di attrazione, in 3 regioni e 8 province (Trento, Verona, Vicenza, Treviso, Belluno, Pordenone, Udine, Gorizia). Insieme ai luoghi “della Pedemontana” sono state prese in considerazione alcune deviazioni, in cui si rilevano forti elementi di collegamento con i temi portanti. A nord Rovereto e Feltre, a sud, Cittadella, Castelfranco Veneto, Treviso, Palmanova e Monfalcone. Presentiamo in sintesi il senso dei percorsi, si rinvia alla mappa (Allegato 3) per le segnalazioni specifiche.

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1. Natura, sport, benessere La Pedemontana ha uno straordinario profilo paesaggistico e naturalistico, anche se in alcune aree segnato da una intensa urbanizzazione. La fascia collinare è riconosciuta come attrattore, ambiente ideale per attività sportive e legate al benessere, ma anche luogo ottimale per accogliere progetti culturali ed imprenditoriali che si accordino con i “suoi” temi. 2. Artisti I protagonisti della storia artistica di questo territorio costituiscono una intensa motivazione di visita, carica di possibili link con il paesaggio materiale e immateriale. Da Palladio a Tiepolo, passando attraverso Giorgione, Jacopo da Ponte, Antonio Canova, Cima da Conegliano, il Mart di Rovereto, Mario Rigoni Stern e Andrea Zanzotto. 3. Città murate Sotto il profilo architettonico è stato individuato nel tema delle città murate un forte elemento attrattivo, per il numero e il valore delle testimonianze. Non solo vestigia storiche di grande suggestione ma luoghi attorno a cui si è sviluppato nei secoli un fermento culturale, sociale ed economico ancor oggi vivo. 4. Grande Guerra La Pedemontana è intrisa di testimonianze intense della Grande Guerra, nell’ambiente e nelle collezioni museali. Il Monte Grappa, candidato ad essere “Monte della pace dei popoli d’Europa”, Vittorio Veneto e il Piave, il Museo della Grande Guerra del Friuli Collinare, il Sacrario militare di Redipuglia e la deviazione su Caporetto, sono solo alcuni esempi. 5. Eventi In un territorio composto da piccoli centri urbani si registrano eventi, attività e produzioni culturali in grado di richiamare attenzione sul piano nazionale e internazionale. Da Opera Estate Festival fino a Pordenonelegge, da Comodamente al Festival delle Città Impresa, per arrivare al Folkest di Splimbergo, al Mittelfest di Cividale del Friuli, al goriziano E’ Storia. 6. Enogastronomia Amarone della Valpolicella, Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, Ribolla del Collio. Sono sufficienti tre nomi per trasmettere il valore di un sistema enogastronomico riconosciuto a livello globale, assieme alle prestigiose DOC e DOCG, all’importante produzione casearia – Asiago, Montasio e formaggi del Grappa - al prosciutto di San Daniele, fino alla straordinaria varietà di prodotti IGP e DOP. 7. Impresa Il tessuto imprenditoriale della Pedemontana è un riferimento internazionale. L’arte orafa di Vicenza, lo Sportsystem di Montebelluna, la coltelleria di Maniago, il mosaico a Spilimbergo, il distretto della sedia di Manzano e il progetto della manifattura Tabacchi a Rovereto, sono punti cardine di una struttura imprenditoriale diffusa, in grado di dialogare con il sistema turistico e culturale, attraverso gli outlet e i propri spazi industriali, ma anche grazie ai musei d’impresa, ai grandi temi dell’artigianato artistico, del design e della moda.

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Un progetto per un territorio Il progetto Capitale Europea della Cultura è una grande occasione di crescita, soprattutto per l’accelerazione che può innescare nel processo di sviluppo e di innovazione del territorio. Assieme alle opportunità sopra descritte, costituisce un elemento di discontinuità attraverso il quale ri-pensare la Pedemontana e il suo sviluppo. L’integrazione tra turismo, cultura ed altri settori produttivi e sociali è funzionale alla costruzione di un progetto integrato, capace di tenere insieme un disegno coerente di tutela del paesaggio, la valorizzazione delle vocazioni territoriali e la realizzazione di infrastrutture materiali e immateriali. Il luogo Pedemontana è una consapevolezza da costruire tra i potenziali visitatori, ma prima ancora tra cittadini, operatori e imprese che lo abitano, attraverso percorsi di partecipazione, orientamento e formazione, che supportino la logica di rete e il superamento dei vincoli geografici, anche pensando a percorsi transnazionali che guardino in particolare alla Slovenia e all’Austria. La collaborazione tra settore pubblico e privato è, come ovunque, essenziale per la realizzabilità del progetto, in una visione imprenditoriale dello sviluppo che orienti gli investimenti e individui forme condivise di finanziamento, facendo leva sulle risorse europee e su un tessuto imprenditoriale strutturato. Coordinamento Il tema del coordinamento è centrale e percepito come debolezza da superare per la costruzione di una visione condivisa, come di azioni organizzate su vasta scala, con benefici gestionali, di risorse e di immagine. Il collegamento della Pedemontana con il progetto 2019 è un link essenziale, che non può prescindere da una relazione intensa tra gli stakeholder territoriali, orientata a connettere le attività locali con i progetti regionali ed europei, tra cui il riconoscimento della Pedemontana come area ad alta specificità. Reti di comunicazione La superstrada Pedemontana è un intervento di grande rilevanza rispetto alla carenza strutturale in materia di mobilità, ma il territorio ha necessità di sviluppare ulteriori connessioni al suo interno come verso l’esterno, a partire dalla viabilità accessoria alla nuova infrastruttura per arrivare alla mobilità sostenibile, sia in funzione di una migliore offerta turistica che di un miglioramento della qualità della vita. Le tratte ferroviarie già esistenti richiedono un intervento di ammodernamento per essere portate a servizio metropolitano (sfmr), coordinato con gli altri servizi di trasporto pubblico e ciclistico, in modo che l’intera Pedemontana sia frequentabile entro il 2019 anche da un turismo non auto centrico, sul modello delle ferrovie turistiche svizzere o altoatesine. La riflessione vale anche per le reti di comunicazione digitale, da implementare, come per la segnaletica stradale e turistica, per i servizi informativi verso cittadini e visitatori, basti pensare alle 14 nuove porte di ingresso del territorio, definite dai caselli della nuova superstrada. Offerta culturale e turistica Oggi la Pedemontana è meta periferica rispetto alle destinazioni riconosciute a Nordest e la sua emersione è legata ad una nuova offerta, con caratteristiche di qualità e creatività.

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Tra tematiche ed elementi distintivi, è importante definire le priorità e le connessioni da comporre in forma di proposte accessibili a visitatori e cittadini, al tessuto imprenditoriale locale quale opportunità di sviluppo, ai flussi turistici diretti verso i grandi poli di attrazione del Nordest, dell’Italia e dell’Europa. La percezione di un’evoluzione nell’offerta passa attraverso l’idea di un territorio pensato come percorso, con itinerari trasversali all’area e integrati nei contenuti, in cui si individuano anche le peculiarità attrattive per macro-aree. Molti sono i link possibili con i temi di interesse europeo, dagli artisti alla Grande Guerra, dall’enogastronomia alle imprese, da evidenziare nella nuova offerta quanto l’approccio esperienziale, come fattore di conoscenza e coinvolgimento. Il tema di un possibile marchio territoriale richiede una riflessione rispetto all’opportunità di rafforzare l’identità dell’area, che potrebbe fare riferimento alle “Colline di Venezia”. Informazione, comunicazione e promozione necessitano di interventi coordinati, anche in un’ottica di gestione etica delle risorse. In particolare si ravvisa l’opportunità di una piattaforma web in cui veicolare l’intera proposta territoriale, da utilizzare anche quale strumento di coordinamento tra operatori ed enti, attivando, come obiettivo minimo, il censimento dei soggetti attivi, delle iniziative e dei relativi calendari di attività, per arrivare alla concertazione su servizi e politiche commerciali, oltre a iniziative di aggregazione tra operatori. ------------------------------------------- 2.3 Il percorso del turismo religioso A cura di Enrico Albertini , direttore di ReteSicomoro Punti di forza Capitali del turismo: Il territorio del Triveneto è costellato di luoghi che hanno rappresentato, nel corso della storia, centri nevralgici della storia della religione e luoghi di fondamentale importanza per l’evoluzione della Chiesa cattolica. Venezia, Padova, Verona, Trento, Bressanone, Trieste, per non citare che le maggiori, sono state capitali dello spirito, luoghi in cui la religione e la cultura si sono incontrate, per dare origine a grandi esperienze umane, a importanti orizzonti sociali e a un patrimonio artistico di importanza centrale a livello internazionale.

Reti consolidate: Esistono, sul territorio, dei sistemi di relazione tra enti ecclesiastici, fondati su un’esperienza decennale di condivisione delle sfide e delle risorse e su orizzonti comuni di intervento culturale e pastorale. I presupposti istituzionali rappresentano dunque un potenziale punto di forza per il consolidamento di un sistema ad ampio raggio che favorisca la formazione di interventi in sinergia, favorendo la collaborazione tra enti diversi per natura e vocazione. L’esistenza di reti consolidate costituisce quindi un saldo punto di partenza per lo sviluppo di progetti ad ampio raggio e ad attuazione pluriennale.

Grande potenziale di comunicazione: Una delle caratteristiche della religiosità del Triveneto è la tradizionale attenzione per la comunicazione, segnata da una marcata competenza che porta gli enti ecclesiastici a rispondere alle esigenze di adeguamento dei mezzi di trasmissione della sensibilità religiosa ai cambiamenti delle sensibilità e delle percezioni. Religione e marketing,

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dunque, come esperienza basilare nella fondazione e nel consolidamento di una rete di luoghi culturali la cui valorizzazione dipende, prima di ogni altra cosa, da opportune azioni di comunicazione.

Efficienza dei servizi: Un altro degli aspetti caratteristici dell’operatività del Triveneto è la qualità dei servizi offerti, dalla pianificazione assistita all’accoglienza, che garantisce, all’interno di uno scenario tanto ricco quanto difficilmente gestibile, per un turista, la possibilità di non disperdere le risorse e la capacità di intervento sul territorio. A fronte di offerte turistiche dispersive, spesso indebolite da forme di concorrenza interna, il Triveneto può invece comporre forme di proposta turistica che garantiscano efficienza nel servizio e competenza critica nella ripartizione del potenziale di valorizzazione, garantendo così una crescita omogenea del territorio.

Punti da sviluppare

Capillarità: A fronte di un sistema consolidato di “capitali” della cultura religiosa, il Triveneto presenta tuttavia una grandissima ricchezza a livello di tradizioni e di devozione popolare. Uno dei punti che certamente meriteranno attenzione nella fase di predisposizione progettuale sarà la definizione di reti che favoriscano una distribuzione capillare dei turisti. Si dovranno dunque creare percorsi che, a partire dalle capitali, diramino delle strade che consentano una promozione diffusa delle risorse culturali della tradizione e del patrimonio della religiosità del Triveneto.

Interculturalità e interreligiosità: Un altro degli aspetti che meriterebbero potenziamento è invece l’evidenziazione della caratteristica predisposizione alla contaminazione e all’apertura alle altre culture religiose. La storia delle comunità minori che misero radici nei territori del Triveneto, dal Medioevo a oggi, costituisce uno degli elementi di ricchezza culturale e artistica dell’area. Prescindendo da questo elemento, si rischierebbe di produrre un’offerta – turistica e culturale – falsata e privata di alcuni degli elementi di massima importanza, oggetto di studio e di interesse nelle scene accademiche di tutto il mondo.

Triveneto come macrosistema: I due elementi precedenti si coniugano in un’immagine del Triveneto che, anziché essere un territorio frammentato in aree di influenza dei capoluoghi, è un sistema geografico aperto, da cui deriva la ricchezza della storia sociale e della cultura materiale. Si dovrebbe dunque trovare una forma, all’interno del progetto, per valorizzare la specificità del Triveneto come spazio aperto, come luogo di intersezioni di culture e di tradizioni, come punto di contatto tra l’Europa continentale e il Mediterraneo, tra l’Oriente e l’Occidente.

Gli itinerari

Sia dal punto di vista progettuale, sia dal punto di vista operativo, è necessario definire degli itinerari, differenziati in base al tipo di offerta turistica e culturale che si vuole proporre. La struttura proposta da Guido Zovico rappresenta un saldo punto di partenza per la progettazione di un piano pluriennale di sviluppo turistico e di marketing territoriale. La rete dei percorsi, che può essere intesa sia come applicazione ai sistemi già esistenti, sia come potenziale modello per i sistemi da istituire, può rispondere alle differenti esigenze e alle attese dell’utenza potenziale.

Sarà dunque possibile e opportuno tracciare delle linee guida che consentano di individuare i nodi centrali e le potenziali direzioni da seguire per uno sviluppo concertato e omogeneo del territorio e per una promozione efficace del patrimonio:

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- Linea ROSSA i luoghi: si può ipotizzare inoltre un ulteriore sviluppo, distinguendo i percorsi incentrati sulle città, sulla società o sugli eventi storici;

- Linea VERDE le opere: sarà possibile tracciare dei percorsi basandosi sulla natura delle opere, differenziando, ad esempio, per epoche, per influenze, per categoria di beni;

- Linea AZZURRA i significati: si può ipotizzare la produzione di percorsi trasversali il cui elemento comune sia, ad esempio, un concetto, un tema portante, una parola chiave, in modo da produrre occasioni per lo sviluppo di sistemi di promozione molto differenziati;

- Linea ARANCIO le ricorrenze: un elemento di forza nell’intento contemporaneo di promozione del territorio e di costruzione di un percorso di autocoscienza è la produzione di percorsi legati a ricorrenze, anniversari, celebrazioni legati al territorio;

- Linea FUCSIA i personaggi: a sua volta, la categoria può essere suddivisa distinguendo i percorsi legati agli artisti e alle scuole e quelli legati ai committenti e ai mecenati;

- Linea BLU i percorsi: il percorso rende necessaria una definizione del patrimonio in funzione del quale si sviluppa la proposta; sarà dunque possibile, a partire da percorsi costruiti su categorie di beni e di luoghi omogenei, ipotizzare un pubblico ben definito. Pensando alle caratteristiche del territorio, pensiamo, ad esempio a: Santuari e pellegrinaggi, musei di arte sacra, luoghi minori, beni di interesse religioso in musei non ecclesiastici;

- Linea GRIGIA le migrazioni: tracciando una distinzione tra opere provenienti dal Triveneto, successivamente trasferite altrove, e opere provenienti dall’esterno che in Triveneto hanno trovato la destinazione ultima.

Ogni percorso potrà ovviamente comprendere eventi che consentano un maggiore impatto mediatico e che conferiscano alle reti statiche di promozione territoriale e patrimoniale una vitalità altrimenti difficilmente comunicabile all’utenza potenziale. Avvicinandosi al 2019

La conoscenza di ciò che c’è

Un primo, fondamentale passo per la definizione di un piano pluriennale di sviluppo di un sistema di promozione turistica e di creazione di un sistema complesso di sinergie tra enti è il conseguimento di informazioni su ciò che già esiste. Si deve comprendere quali sono gli attori in campo, e quali le forme opportune di coinvolgimento, rispettoso ed efficace:

1. Patrimonio meritorio di valorizzazione;

2. Coinvolgimento dell’ente di riferimento e definizione delle condizioni di condivisione;

3. Individuazione di linee guida comuni, che consentano a enti ecclesiastici, enti civili e attori in campo di sviluppare un piano condiviso di sviluppo;

4. Schedatura delle esperienze preesistenti;

5. Creazione di tavoli di lavoro e sviluppo di protocolli di intesa per la produzione di progetti condivisi

La comprensione di ciò che si vorrebbe

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Il secondo passo sarà inevitabilmente una riflessione seria sulla natura della proposta che si vuole offrire agli utenti potenziali e ai turisti. Occorrerà comprendere quale profilo specifico assegnare ai percorsi e predisporre strumenti che consentano di recepire le attese e le reazioni da parte dei turisti effettivi.

In base al profilo ottenuto, che deve rimanere un profilo dinamico, modificato in base alla modificazione costante dei processi comunicativi e delle sensibilità culturali, si dovranno poi tracciare linee operative modulari, che consentano forme di accesso differenziato:

1. Livelli di accesso differenziato in base alle attese: il turismo del sacro; il turismo dell’interesse religioso; il turismo della ricerca.

2. Livelli di coinvolgimento esperienziale: il turismo umano; il turismo introspettivo.

La produzione di ciò che si vuole

Una volta tracciati i presupposti, sarà dunque necessario predisporre gli strumenti operativi che consentiranno la traduzione in interventi diretti – con il coinvolgimento costante degli attori in campo – sul territorio. Possiamo ipotizzare la modulazione degli interventi sulla base delle esigenze di sollecitazione della società del Triveneto e delle necessità di sollecitazione delle attese dei turisti potenziali:

1. Formazione dei volontari e aggiornamento degli operatori;

2. Predisposizione di piani di priorità da parte di tavoli di discussione;

3. Marketing, brand TRT (Turismo Religioso del Triveneto);

4. Organizzazione di eventi su intervallo cronologico esteso, per preparare il territorio al 2019 e per sedimentare i risultati ottenuti anche negli anni successivi;

5. Organizzazione del sistema di servizi al turista: information point, accoglienza, promozione dell’eccellenza locale e del prodotto territoriale.

In questo modo il percorso di preparazione del dossier per la candidatura costituirà per il Triveneto un’occasione di promozione territoriale nei confronti del resto del mondo, ma rappresenterà, innanzitutto, un’occasione per il territorio di conoscere meglio se stesso, e di ritrovare, nel conoscersi, la grandezza della propria dignità culturale. --------------------------------------------- 2.4 Per una rete dei palcoscenici di eccellenza del Nordest A cura di Pier Giacomo Cirella, segretario generale Fondazione Teatro di Vicenza Premessa

In previsione della presentazione del Dossier di Candidatura di Venezia con il Nordest Capitale Europea della Cultura 2019, il gruppo di lavoro ha inteso contribuire fattivamente alla definizione dei contenuti del progetto e sostenere un modello che nei prossimi 9 anni possa svilupparsi ed estendersi in tutto il Nordest. Il contesto

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Il palcoscenico diffuso del Nordest (2 Regioni, 2 Province Autonome, oltre 250 spazi teatrali coperti nel solo Veneto monitorati e a ulteriori 150 tra sale polivalenti, auditorium e spazi teatrali attrezzati) si caratterizza per un’offerta culturale di ampio respiro, attiva su tutte le direttrici dello spettacolo dal vivo (teatro, danza, arti performative, musica classica, contemporanea, jazz, lirica), produzione che indubbiamente si pone sotto il segno del fermento e della grande varietà. (http://www.youteatro.it/monitoraggi.asp).

Il pubblico risponde e continua a premiare l’offerta di qualità, nonostante il difficile momento economico: l’ingresso ai diversi tipi di attività teatrali, nel solo Veneto riceve un consenso ben più alto della media nazionale, con 45 ingressi per 100 abitanti contro una media nazionale di 37,6 (Elaborazione Regione Veneto – Direzione Sistema Statistico regionale su dati SIAE – anno 2009), con la lirica che ovviamente fa la parte del leone.

Questo significa che la produzione culturale, nonostante le problematiche economiche presenti in tutti i comparti dello spettacolo dal vivo, in questi ultimi cinque anni, ha continuato ad essere un polo di riferimento per il cittadino metropolitano del Nordest, non solo come momento di svago, ma come occasione imprescindibile di crescita culturale e sociale.

I player - I teatri, e con questa parola si intende uno spazio-luogo dove il pubblico riconosce la propria formazione culturale, trova espressione delle proprie tradizioni e al contempo dove ricerca e identifica nuovi percorsi artistici, sono diventati, ognuno con proprie specificità, non più semplici contenitori di eventi ma, grazie ad una diversa modalità di gestione, creatori e distributori di prodotti culturali di cui il pubblico non può più fare a meno. Le strutture di produzione e gestione dello spettacolo dal vivo presenti sul territorio nordestino, come noto, sono differenti per livelli di organizzazione, tradizione, entità del sostegno pubblico: accanto alle grandi Fondazioni Lirico-Sinfoniche, ai teatri stabili e d’innovazione presenti in tutte le città capoluogo, le fondazioni teatrali, gli enti di promozione e i festival, sono numerose le attività musicali, di danza, di prosa promosse dagli enti territoriali. Con il sostegno organizzativo delle strutture pubbliche preposte a diffondere gli eventi culturali e gli spettacoli dal vivo nelle città più piccole (come i circuiti di

promozione e formazione del pubblico per la prosa, la danza e la musica), Comuni, Province, Associazioni, riescono a realizzare sul territorio una serie di interventi diffusi, una sorta di modello reticolare, diventato riferimento ed esempio per altre regioni italiane. Differenti sono anche le modalità di gestione e i budget a disposizione delle singole realtà. Denominatore comune, dopo lunghi anni di “pratica artigianale” e di sperimentazione è, ancora una volta, una gestione sempre più orientata alla managerialità che concepisce il sistema culturale come un’impresa in grado di essere parte attiva nel “motore” dell’economia territoriale e nazionale. E’ diventata così una pratica costante e ormai comune a tutti i teatri l’attività di fund raising, quindi il ricorso a finanziamenti privati per la gestione di stagioni e di singoli eventi. Anche se risulta molto difficile trovare privati investitori che non siano locali e comunque molto legati al territorio, in grado di lavorare ed

attivarsi su territori più ampi come una regione o come tutta l'area del Nordest.

Nel mondo aziendale, di contro, non sembra ancora radicata la consapevolezza di questa necessità di fare rete tra le strutture e di chiudere partnership significative pubblico-privato, anche con sponsorizzazioni estemporanee, ma capaci di connettere più luoghi e teatri, per una migliore comunicazione del proprio brand e quindi per una maggiore efficacia dell'azione di sponsorship.

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Gli obiettivi - L’obiettivo del gruppo di lavoro è quello di individuare i punti di forza e di debolezza nelle diverse modalità di gestione, analizzando la provenienza dei finanziamenti pubblici e quelli privati e soprattutto focalizzarsi nell'individuare i correttivi per superare le criticità esistenti. La analisi fatte dagli operatori del settore in questi anni con l’A.g.i.s.(Associazione Generale dello Spettacolo del Triveneto), con le due Regioni e le due Province Autonome hanno evidenziato come i punti di criticità siano legati principalmente alle modalità dei finanziamenti pubblici: incostanti e incapaci di consentire programmazioni con scadenze temporali oltre i 12 mesi; impossibile recuperare finanziamenti privati adeguati a causa della mancanza di normativa in grado di favorire l’investimento in cultura; dal punto di vista della creazione inoltre, si segnala l’impossibilità di standardizzare al 100% il processo produttivo culturale, poiché indissolubilmente legato all'esperienza personale e all’“artigianalità” di ogni singolo artista. Occorre quindi individuare i correttivi a queste criticità, considerabili come le principali e più evidenti, rappresenta senza dubbio un obiettivo da perseguire nei prossimi anni per migliorare lo stato di fatto del settore dello spettacolo e consentirgli una crescita nella scala dei valori economici, fino a farlo diventare un interlocutore vero e proprio del mondo imprenditoriale.

Le proposte culturali, le programmazioni degli spettacoli, le attività collaterali, la formazione del giovane pubblico, le nuove tipologie di spettacolo applicate ed esaltate dalle reti virtuali, le sconfinate possibilità delle nuove tecnologie, sono punti di forza da indagare nel prossimo futuro, per lavorare in modo coordinato e organico per realizzare una rete di strutture e teatri del Triveneto uniti non solo da un unico progetto, ma da un sistema connettivo già attivo, che consenta scambi di informazioni, pubblico e produzioni culturali, utilizzando tutti i mezzi che tecnologia, scienza e ricerca mettono a disposizione, individuando anche dei significativi supporti nell'attività di studio ed indagine svolta dagli Atenei del Nordest. Per una visione condivisa

Nei prossimi anni è necessario e indispensabile creare ed implementare una rete virtuosa

dei teatri del Nordest, in grado di:

1. valorizzare in un primo livello luoghi di eccellenza nazionale e internazionale. Le eccellenze si costruiscono sulla base di vocazioni territoriali e su investimenti realizzati negli anni dai singoli territori, operando scelte che permettano di evitare duplicazioni. Individuare quindi le vocazioni di ogni singolo teatro e territorio per valorizzarne attraverso i progetti che saranno realizzati, le specificità ed ottimizzare le risorse umane ed economiche. Ogni territorio può e deve sviluppare una sua specifica eccellenza metropolitana e la Capitale (Venezia) nella rete deve cercare di sostenere ed assecondare questi sforzi.

2. scambiare informazioni velocemente e trasmettere al proprio pubblico (abbonati e non) informazioni mirate (per territorio, per genere, per fascia d’età), progettualità e percorsi di ricerca volti ad indagare storia, tradizioni e arte attraverso lo spettacolo.

3. promuovere e movimentare nel territorio gli spettacoli prodotti, ottimizzando energie e risorse in modo da valorizzare gli investimenti effettuati.

4. ridurre i costi, analizzando voce per voce i conti economici e, se necessario, ridurre la quantità dell’offerta culturale, lasciando invariata la qualità del prodotto, evitandone la vita troppo breve e aumentandone la diffusione dello stesso sul territorio.

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5. costruire dei veri e propri percorsi culturali che prendano in esame l’arte e la storia, le tradizioni e le specificità del territorio, veri e propri “itinerari” da inserire nei percorsi turistici per attrarre non solo gli abitanti del luogo, ma tutti coloro che avranno come meta Venezia e il Nordest, provenienti da tutto il mondo. Seguire e affiancare quindi i progetti degli altri comparti produttivi come quelli turistico ed enogastronomico per implementarne la valenza, aumentando il valore aggiunto con proposte culturali che completino l’offerta al futuro visitatore del 2019.

6. far diventare prassi comune la condivisione di un progetto artistico, quindi, individuato un tema, un filone, l’azione e la produzione devono avvenire su piani diversi ma finalizzati ad un unico obiettivo. Emerge anche la necessità di identificare dei grandi temi, radicati con la storia culturale del tessuto che li genera, o totalmente innovativi e proprio per questo da costruire integralmente all’interno della rete.

7. le grandi scelte culturali alla base devono essere condivise e non semplicemente presentate agli attori dello spettacolo dal vivo.

8. realizzare un osservatorio dello spettacolo dal vivo e riprodotto del nordest (o più osservatori uno per ogni Regione o Provincia autonoma), sostenuto e in collaborazione con le Regioni e le Province autonome e gli Enti locali, che monitori il territorio costantemente e fornisca dati al settore da analizzare e verificare, per avviare correttivi dove siano necessari e migliorare l’offerta culturale generale.

9. attivare una percorso-progetto di formazione continua degli addetti del settore per avviare un adeguato ricambio generazionale monitorando anno dopo anno i bisogni e le effettive necessità di ogni comparto dello spettacolo dal vivo e riprodotto. Le Parole Chiave

Collaborazione (delle Regioni e le province autonome) attraverso un percorso legislativo che faciliti le reti e lo spettacolo per una diffusione sul territorio triveneto della cultura teatrale, di danza, musicale e cinematografica, senza barriere e paletti legislativi.

Creazione di un progetto forte che rispecchi un’idea forte da realizzare per il 2019.

Intendere lo spettacolo come patrimonio culturale vivente.

La rete per essere attiva deve essere governata da regole condivise e in questo modo il sistema dei palcoscenici del Nordest può essere equilibrio per l’intero settore culturale.

La rete deve dialogare con l’Europa, non solo con il Nordest.

Il Nordest deve essere considerato come Capitale europea delle culture (perché territori diversi e più lingue parlate).

Occorre favorire il Dialogo intergenerazionale.

Pianificare e progettare un “Piano regolatore della cultura”.

Prestare attenzione ai Nuovi linguaggi delle arti dello spettacolo.

Formare un Consorzio delle competenze del settore istituzionalizzato.

Attivare una Governance che parta dalla base.

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Coinvolgere e promuovere la Cittadinanza attiva, ossia la partecipazione della popolazione al progetto 2019 Capitale Europea della Cultura.

Progetto forte ma innovativo con un deciso approccio contemporaneo frutto dei bisogni del tessuto sociale del Nordest.

Impresa e cultura. Valorizzare il collegamento tra le imprese del territorio e la cultura così presente e forte nel Nordest. I punti di vista

Il tavolo di lavoro ha concordato pienamente sull’idea di rete e sulla necessità di lasciare in secondo piano le individualità, anche forti, ricordando che le collaborazioni nascono prima di tutto tra le persone, ancor prima che tra le Istituzioni.

Dagli operatori deve scaturire una sollecitazione all’Amministrazione Pubblica perché faccia delle scelte per attuare una governance del settore spettacolo con delle prospettive di durata e un’identificazione chiara delle linee guida.

L’idea forte e “visionaria” della Candidatura di Venezia con il Nordest Capitale Europea della Cultura 2019, deve andare oltre il Progetto e generare opportunità di sviluppo creativo e di reperimento dei fondi, con una valenza di durata nel tempo.

La straordinaria opportunità richiede un ripensamento, nella quale il lavoro di rete deve evitare la logica del maxi-contenitore e portare a nuovi contenuti.

Riprendendo il concetto di comunità come utopia e del rapporto dialettico tra centro e periferia, la nuova generazione di senso e significato dovrebbe essere in grado di ridisegnare il territorio: i piccoli luoghi, il “piccolo nordest” portano in scena attraverso la contaminazione dei linguaggi, il nuovo, la grande esperienza. Messi in discussione il modello di Capitale, il modello di Eccellenze, si attua una rete di azione comune, che parte dal basso e concepisce i palcoscenici come luoghi di incontro e di formazione informazione, per costruire un nuovo modello sociale, orientato alla green society.

L’opportunità di creare una nuova geografia culturale invita ad una riflessione sulle diversità presenti all’interno del Nordest e su quanto si conosca e si sappia. La relazione con l’Europa in questo è fondamentale, per costruire un progetto sostenibile, orientato ad una durata oltre il 2019. Verso il domani vuol dire coinvolgere le fasce generazionali più giovani o meglio le “periferie” generazionali (i più giovani, i più vecchi).

La volontà è quella di approcciare il progetto con la logica del “piano regolatore della cultura”, creando un metodo di lavoro condiviso, puntando sul ruolo sociale e formativo dell’arte, creando una sorta di “consorzio istituzionalizzato delle competenze”, competenze che devono essere riconosciute e legittimate, attribuendo il giusto valore alla formazione culturale (dello spettatore) e alla reciprocità delle esperienze.

Attraverso il patrimonio artistico possiamo immaginare di disegnare una nuova società, grazie ai processi di cittadinanza attiva che attuano una governance dal basso. Lo spettacolo diventa quindi produttore di significato e di valore sociale.

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Costruiamo dei valori condivisi per consentire all’interno della rete dei palcoscenici delle modalità di creazione anche molto diverse. Ricordiamo inoltre che nel Nordest, un territorio di grandi paesaggi, di grande tradizione culturale e artistica, non siamo ancora sufficientemente “fruitori” del prodotto di spettacolo. Un progetto di formazione globale può diventare spunto di grande ispirazione: se vogliamo creare una “socializzazione della cultura” devono necessariamente essere creati i presupposti, così come deve essere concepita la cultura come leva produttiva dell’intero sistema. Dobbiamo essere in grado di creare cultura che solleciti la creatività e contribuire ad un’economia orientata in questo senso.

Il gruppo di lavoro è determinato a intraprendere un percorso di ricerca e dialogo finalizzato allo studio e all’elaborazione di un’ipotesi di progetto concretizzando in tempi brevi l’idea di creare una rete istituzionale di professionisti che si dedicheranno allo sviluppo culturale del Nordest-Europa. Il primo incontro si terrà a Treviso il 15 novembre prossimo. --------------------------------------------- 2.5 Storia e memoria: il percorso della Grande Guerra A cura di Dino Casagrande, direttore Museo della Bonifica di San Donà di Piave

Il territorio che consideriamo subì, in modo omogeneo dai monti al mare, le vicende di una tremenda guerra come la Prima Guerra Mondiale. L’approccio con questo unico filo conduttore è certamente diverso da area ad area in quanto i territori interessati un tempo appartenevano a paesi in conflitto tra di loro l’Italia a l’Austria-Ungheria. Ma i giovani di tutta Europa, e anche di altri continenti qui furono inviati per ragioni di offesa o di difesa ed in ogni caso per servire la propria Patria. Certo questo nostro territorio subì immense devastazioni, lutti e privazioni di ogni genere ma alla fine con grande impegno riuscì a risanare le ferite e a ripartire con nuove prospettive di vita e di progresso per le popolazioni. Questo spirito ci deve guidare nel proporre la candidatura di questa nostra città simbolo che unisce un territorio ancora ricco e prospero, capace di svolgere una fondamentale azione per la cultura e per lo sviluppo. E il tema della Grande Guerra è oggi uno dei temi più forti e più sentiti in Europa. Già vari passaggi porteranno alla celebrazione dell’evento, scanditi negli anni dalle date fatidiche dei centenari: 2014, 2015 (inizio della guerra), 2018 (la fine). Queste tematiche troveranno chi opererà già in uno stato di work in progress nel 2019. Il 2019 innanzitutto non si deve percepire come un momento lontano ma è, invece, estremamente vicino in un’ottica organizzativa.

Il 2019, d’altro canto, non dev’essere una mera occasione celebrativa o rievocativa, non si deve ridurre ad un insieme di appuntamenti e di manifestazioni (n.d.r. non si tratta di dare una mano di colore ad una parete scrostata); tutto il periodo che ci porterà verso quella data dev’essere, invece, un progredire di azioni positive (con un insieme di risultati già raggiunti) tendenti verso un obiettivo policentrico che poi lascia nelle nostre regioni benefici effetti moltiplicativi, una serie consolidata di interventi che facciano risaltare in campo internazionale quest’area come area di eccellenza culturale e lo potrà essere così anche di eccellenza economica. La cultura, infatti, non può essere un pretesto o un dettaglio aggiuntivo, la cultura è invece il punto di partenza fondamentale per costruire le basi di uno sviluppo economico generato dai flussi turistici e dai connessi scambi industriali e commerciali. Anche sotto il profilo dei flussi finanziari attraverso i contributi che potranno essere convogliati in questa nostra direzione, le

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regioni devono presentarsi unite per trovare le giuste collaborazioni vincenti; le regioni diventano un’unica macroregione con un ruolo acquisito nella storia e nella cultura per essere stata un fondamentale crocevia delle vicende europee.

Le eccellenze della macroregione.

Si accennava alle diverse esperienze e ai diversi punti di partenza si tratta di coordinare risorse e specializzazioni in modo da esaltare le esperienze e le peculiarità di ognuno dando prova di una rilevante potenzialità complessiva. Nelle varie regioni, prima d’ora non particolarmente motivate a collaborare ad un unico programma, anche se tendenzialmente convergenti su temi e modi di azione, si sono sviluppate delle competenze ed attitudini specialistiche che hanno portato a raggiungere singolari livelli di eccellenza.

Abbiamo constatato, ad esempio, che nell’ambito delle relazioni internazionali, molto è stato fatto nella regione Friuli Venezia Giulia che ha sviluppato dei contatti bilaterali (Italia-Francia), tanto da sviluppare una rete di rapporti arrivando alla firma di un protocollo internazionale che interessa due regioni (Friuli Venezia Giulia e Lorraine), per una comune progettualità. Nell’ambito di questi rapporti internazionali, si è constatata la necessità di una informazione costante, attraverso un forum e lo spazio dedicato in riviste specializzate e con la possibilità di dialogo in più lingue in modo da superare i confini linguistici (non esistendo ormai più quelli politici) che spesso sono di ostacolo alla condivisione di un unico obiettivo culturale. L’informazione, la comunicazione, sono essenziali per dar vita ai luoghi che hanno una forte potenzialità attrattiva (musei, percorsi, edifici, monumenti, aree sacre, ....ecc..) e garantirne la conoscenza, visibilità, l’individuazione, la valorizzazione, fondamentale in questo anche la formazione, attraverso la diffusione della cultura storica.

La regione Trentino- Alto Adige, ci riferiamo in particolare all’esperienza della Provincia Autonoma di Trento, ha sviluppato una forte organizzazione e una notevole capacità di comunicazione. Il Trentino, in particolare ha attivato in vista del centenario ben 8 tavoli di lavoro: 1) manufatti, 2) rete, 3) relazioni interregionali e internazionali, 4) studio, ricerca, 5) formazione, 6) informazione, 7) turismo, 8) eventi. Fondamentale in questo insieme è l’organizzazione di rete. La rete, infatti non è un mero comune indirizzario o un insieme di conoscenze condivise, la rete è organizzazione: individuare dei progetti, organizzare dei percorsi, mettere insieme idee ma anche coordinarle considerando la variegata umanità coinvolta, formata non solo da addetti ai lavori ma anche dalla cospicua comunità di appassionati, di volontari che devono essere indirizzati ad assumere impegni precisi. Attraverso le comunità si costituiscono seri progetti di rete ma è essenziale mettere in campo obiettivi ed impegni organizzativi e finanziari comuni. Sul piano culturale e storico sarà fondamentale sviluppare una narrazione comune che anche con sensibilità diverse perché sono oggettivamente diversi i punti di partenza (tutti combattenti ma sotto una diversa bandiera). Sul piano organizzativo, dato atto che le reti sono diverse e rispondono a meccanismi diversi si tratterà di trovare una omogeneità tra forme di funzionamento differenziate.

Nella regione Veneto, il punto di eccellenza è sicuramente costituito dal recupero delle memorie storiche della Grande Guerra. Si è trattato di un enorme lavoro di indagine seguito da un ingente e diffuso recupero che ha riportato alla luce aree di battaglia con le trincee, i camminamenti, le postazioni di difesa, i luoghi fortificati. E’ stata sviluppata una vera e propria metodologia del

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recupero. Per ogni sito è stato prodotto uno studio specializzato con la rilevazione accurata delle tipologie, delle caratteristiche costruttive, dei materiali utilizzati, dei reperti rinvenuti, degli archivi e delle altre fonti che potevano fornire informazioni; si sono avuti dei contatti e delle sinergie anche tra province delle vicine regioni. Tutte le informazioni trovano condivisione nel sito dell’ecomuseo di guerra, importante realizzazione attivata con il sostegno regionale; è questa una esperienza coagulante che va potenziata. La guerra ha sistematicamente colonizzato il territorio rendendolo percorribile, mettendo in relazione vallate e comunità che fino a quel momento erano isolate dalla mancanza di vie di comunicazione. Ponti, strade, manufatti difensivi quasi sempre costruiti con modalità rispettose dell’ambiente, un insieme immenso di realizzazioni che ancor oggi possono essere sfruttate e percorse da itinerari turistici a piedi, a cavallo, in bicicletta ed anche in auto, unendo idealmente tutto il fronte dai monti al mare. Stretta, pertanto può essere la relazione tra percorsi storici e paesaggistici ognuno con le sue potenzialità da far conoscere e valorizzare.

Ecco quindi che l’intero sistema, con le sue particolarità e le sue eccellenze, può mettere in campo progetti molto ambiziosi, ponendo in relazione soggetti e sistemi e valorizzando le specifiche potenzialità di ognuno ma certamente attraverso una organizzazione efficace, unico vero collante.

Queste sono in modo particolare le ragioni e le motivazioni a sostegno della candidatura: eccellenza e specializzazione sui percorsi della memoria della Prima Guerra Mondiale. Iniziative concrete attuabili.

Partendo da queste premesse si sono andate poi sviluppando una serie di proposte di iniziative concrete. Da tutti è emersa la constatazione che lo strumento fondamentale per costruire le iniziative è la condivisione:

1) Un linguaggio comune sfruttando la tecnologia. Attraverso le nuove tecnologie si potrà, avere un unico canale di comunicazione. Sul piano pratico, ad esempio, si potrà costruire un archivio fotografico informatizzato dove possano confluire i patrimoni fotografici e documentali condivisi, permettendo la odierna riconoscibilità di luoghi ed ambienti nel tempo lontani e per questo radicalmente mutati.

2) Un consesso di regioni accomunate dal tema della Grande Guerra. Dopo gli “Stati Generali” di ogni singola regione si potranno organizzare dei momenti di condivisione complessiva per definire norme legislative comuni, assetti organizzativi, programmi ed iniziative.

3) Un coordinamento comune per la richiesta di fondi e di finanziamenti. La Grande Guerra diventa un progetto comune delle tre regioni e diventa così un progetto di macroregione. La convenzione è lo strumento giuridico appropriato.

4) Valorizzazione dei musei e delle collezioni, della viabilità militare, dei luoghi delle battaglie, dei camminamenti e dei forti. La viabilità è stata costruita per una funzione offensiva e difensiva. Quasi sempre attraversa luoghi e paesaggi splendidi (l’altipiano di Asiago era ad esempio l’area con la più alta densità viaria del mondo). Può diventare una rete di collegamento e di interrelazioni ed essere percorsa con una pluralità di mezzi.

5) I monumenti della Grande Guerra: sono diffusi capillarmente edificati in siti eminenti e dialogano costantemente con le comunità locali, anche le più piccole. Sono un mezzo permanente di trasmissione della memoria.

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6) Formazione storica. La storia non si inventa va conosciuta ed approfondita per evitare di cadere in banalità poco esaltanti in un quadro internazionale dove competenze e specializzazioni sono invece assodate. 2.6 Un percorso per il design della moda Il sistema delle imprese e le necessità competitive

A cura di Michele Bocchese, presidente della Sezione Moda di Confindustria Veneto Il nuovo di domani

Una ricchezza e una varietà di imprese uniche al mondo, la presenza di grandi brand (Benetton, Replay, Diesel, Aeronautica Militare, Marzotto, Bottega Veneta) e di una rete di 7500 imprese piccole e medie imprese (terza regione in Italia per numero di aziende dopo Lombardia e Toscana).

Sono i numeri del Sistema Moda in Veneto, un settore d’eccellenza della nostra regione. Con un limite forte : la grande frammentazione e la mancanza di coordinamento tra le tante imprese del settore. Difficoltà considerata superabile, fin tanto che “il mercato ha tirato”, nascondendo i punti critici e le debolezze di questo sistema produttivo.

Ma la crisi ha cambiato tutto, orizzonti e programmi. Ormai è evidente che quella che il mondo occidentale sta vivendo non è una crisi congiunturale, quanto una crisi di sistema. Sarà inevitabile una riorganizzazione complessiva dell’intero sistema economico e produttivo. Ma riorganizzare il sistema vuol dire cambiare punto di vista. Vuol dire costruire nuove strade. Pensare in modo imprevedibile.Creatività, Talento, Ricerca, Innovazione costituiscono i grandi temi a cui sono connessi i destini della società postindustriale. Dispositivo, capace di tenere insieme ma anche di rendere disciplina e motore produttivo queste sfide è la scuola. Ma ancora inesplorata rimane in Italia la questione del come la scuola possa diventare protagonista capace di indirizzare e di far crescere in modo articolato i processi formativi che deve orientare. Così se la questione scuola è mortificata da una serie di classi politiche incapaci di riconoscerle il suo incredibile valore di motore di sviluppo di un paese, ancora peggiore è lo stato della formazione dei creativi. In particolare quello delle scuole di moda. Nonostante in tutta Italia dal nord al sud sia ormai tutto un fiorire di corsi e di scuole dove si studia il fashion Ma come si studia? A che cosa si preparano gli studenti? I problemi sono diversi: in Italia non c’è una tradizione di studi sulla moda come nei paesi anglosassoni, come non c’è quella tradizione che tiene insieme arti decorative e riflessione sul progetto vestimentario in quel mix ad alto tasso di creatività e personalità che regna per esempio nelle scuole inglesi. Riccardo Tisci,, mente creativa di Givenchy, a 16 anni ottiene una borsa di studio alla Saint Martin’s, già consapevole che, nella sua carriera, quel training avrebbe fatto la differenza.

Partendo da questa consapevolezza il Corso di laurea in design della moda dell'Università Iuav è riuscito a definire un percorso formativo unico nel suo genere in Italia. Attivo dal 2006 è riuscito a raccogliere consensi internazionali fino a dialogare, nel mondo, con le realtà più importanti . Eppure il Corso di laurea non è ancora considerato un'eccellenza condivisa del territorio, luogo dove far confluire energie e strategie per immaginare gli scenari del futuro. Lo stesso avviene per ITS il concorso che si svolge a Trieste e che vede tutte le scuole più importanti del mondo

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confrontarsi sul territorio del talento e della qualità, ottimo punto di osservazione sulle forme della creatività internazionale.

Sembra quasi che ci sia paura di assumersi le proprie responsabilità, paura di investire in quel domani che dobbiamo imparare a guardare con coraggio, altrimenti saremo confinati ai bordi dell'impero. Paese di passaggio e di produzione, non più officina creativa in grado di dare qualità alle forme del nostro quotidiano.

Mai come in questi ultimi anni la moda italiana è stata sottoposta a una serie tanto prolungata e intensa di pressioni concorrenziali e di cambiamenti strutturali, coloro che operano all’interno dell’industria della moda, oggi più che mai, devono essere consapevoli delle complesse trasformazioni in atto, se vogliono lavorare efficacemente nel sistema attuale e prevedere le vie da intraprendere nel futuro. Non si fa ricerca e non si fa cultura senza strumenti necessari. Non si fa formazione (quella che le aziende chiedono) non si radicano studenti e studiosi senza rendere loro disponibile lo strumento che fa avanzare il pensiero e produce conoscenza. Di cultura ha bisogno la società come ne hanno bisogno le aziende e l’Università per non tradire la sua funzione di “plasmatrice di cervelli” deve disporre delle migliori condizioni per preparare personale all’altezza delle ineludibili sfide.

Ed è chiaro che chi si troverà solo a fronteggiare questo enorme cambiamento non ce la farà. E’ impensabile, per chiunque, gestire in solitudine una situazione di tale complessità. Per questo motivo le aggregazioni, le reti, gli accordi di settore diventeranno strumenti sempre più decisivi per rimanere competitivi sul mercato. E in questo senso la crisi potrebbe anche rivelarsi motore di sviluppi positivi per il nostro settore nel Nordest.

Una frammentazione che probabilmente spiega perché, a fronte di un maggior numero di addetti e a numeri migliori nell’export (siamo secondi solo alla Lombardia), il brand del sistema moda del Veneto sia percepito come meno forte di quello Toscano. Perché in Toscana non c'è solo Pitti Immagine che negli anni è cresciuto come polo fieristico di riferimento per la moda e che ha lavorato sulla cultura della moda con mostre funzionali alla creazione di una propria mitologia, ma c'è anche il Polimoda che è stato voluto (e soprattutto finanziato, nonostante sia una scuola privata) da tutte le aziende (Ferruccio Ferragamo è il presidente) dalla Confindustria Toscana, dal Pitti e dalla Regione, Provicia e Comune consapevoli che la formazione è un punto nevralgico. Si è rafforzata quindi un’identità riconoscibile dell’intero settore mondiale del fashion.

Dobbiamo necessariamente sfruttare l’occasione che ci offre la crisi e impegnarci realmente non solo per attivare rapporti e sinergie tra tutte le eccellenze venete, ma anche per dare valore a quelle eccellenze che possono diventare i motori del cambiamento. Un sistema allora che esalti le migliori esperienze educative e di formazione come IUAV, ITS, CUOA, Archivi Vivi, Museo Rossi moda...,e lo metta in relazione alle nostre 7500 imprese, grandi e piccole. Consapevoli che solo affrontando simultaneamente le questioni interne al sistema della moda e le questioni disciplinari, coinvolgendo una pluralità di voci con la consapevolezza che oggi è urgente non isolare la riflessione accademica dalle esigenze creative, progettuali e produttive della moda stessa, si potrà essere ancora protagonisti di quel fashion system che la moda italiana ha contribuito in prima persona a definire. Obiettivo: formare ed attrarre talenti per rilancia re le imprese

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In questo senso particolare attenzione va dedicata alla formazione di talenti. L’esperienza internazionale del corso di laurea in design della Moda di Treviso deve rappresentare un punto di riferimento nel progetto di valorizzazione del rapporto tra cultura, impresa e creatività. Il rafforzamento di questo centro di formazione e creatività, attraverso il pieno coinvolgimento del mondo dell’impresa, delle categorie economiche e degli enti di sviluppo, potrebbe costituire l’elemento coagulante dell’intero settore produttivo. Va quindi costruito un programma di costante crescita nei prossimi anni in modo da collocare il corso di laurea in design della moda come centro attrattivo a livello globale di giovani talenti, come luogo permanente di sperimentazione e come luogo di incontro tra le esigenze delle imprese e della formazione. In questo senso si auspica la costruzione di una compagine di aziende su base nordestina che, assieme agli enti istituzionali preposti di tutto il Nordest, ma in particolare del veneto (cuore dell’industria della moda), definiscano un piano di crescita e sviluppo in questa direzione.

Altro tema ineludibile e non più rinviabile è darsi un luogo riconoscibile e identificativo come sono è appunto l’ente Pitti Immagine per la Toscana. Abbiamo bisogno di luoghi che diventino un simbolo grazie ai progetti e alle idee che contengono, come è successo per Pitti Immagine che da organizzatore di fiere è diventato protagonista nella cultura della moda e nello scouting. Ci sono tantissimi luoghi che potrebbero adempiere a questa necessità, non ultima la Basilica Palladiana di Vicenza, appena restaurata.

Ma, partendo dall’esistente (e rinviando il tema di dove collocare in futuro l’evento), se gli sforzi devono concentrarsi sul far crescere ed attrarre talenti, un complemento necessario può essere Its (INTERNATIONAL TALENT SUPPORTI), la manifestazione che da 10 anni, promossa con il contributo decisivo di aziende leader del Nordest, si svolge a Trieste. Its può rappresentare (ed in parte già rappresenta) la manifestazione riconoscibile ed identificativa a livello internazionale che aiuta il sistema delle imprese ad avere una visione delle tendenze globali e ad attrarre giovani talenti internazionali.

E’ evidente che Its andrebbe a questo punto potenziata, fatta diventare non solo la manifestazione che è attualmente, ma un vero e proprio centro di relazione tra le imprese del territorio ed i giovani del mondo, con il compito di svolgere una attività permanente nella promozione di queste relazioni. Altrettanto evidente è che la scuola di design della moda e Its dovrebbero essere due perni sinergici dello stesso sistema e che va costruita una alleanza tra il sistema delle imprese più sensibili ed interessate alle ricadute specifiche e gli enti istituzionali.

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INDICE

PREMESSA 12

LE LINEE DI FONDO 19

1 FAR CRESCERE IL NORDEST 19

1.1 Report sull’industria culturale e creativa 19

1.2 Imprese ad alto contenuto di tecnologia e di ricerca 22

1.3 La risorsa paesaggio 25

1.4 Un progetto per una offerta turistica integrata 28

1.5 Oltre l’evento per lo sviluppo di un brand territoriale 30

1.6 Le infrastrutture della metropoli. Obiettivi Ta v e Metrò 33

PER UNA CANDIDATURA SOCIALMENTE RESPONSABILE 36

2. PRIME IPOTESI DI RETI 40

2.1 La valorizzazione del patrimonio museale 40

2.2 La Rete della Pedemontana tra cultura, turismo ed enogastronomia 45

2.3 Il percorso del turismo religioso 49

2.4 Per una rete dei palcoscenici di eccellenza del Nordest 52

2.5 Storia e memoria: il percorso della Grande Guerra 57

2.6 Un percorso per il design della moda 60 Il sistema delle imprese e le necessità competitive

Page 64: Proposte elaborate in occasione di - frontiereprogetti.com€¦ · Daniele Lago, designer, ... Giuseppe Mannella, Adacta Studio Associato; Andrea Marella, Università di Padova; ...

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Allegato 1

Mappa del percorso metropolitano della cultura

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Allegato 2