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Analisi del rischio e Controllo dell’Affidabilità Laboratorio sperimentale per l’analisi della vulnerabilità sismica del patrimonio edilizio storico del Cilento DP_02 PROPOSTA OPERATIVA PER LA CREAZIONE DI UNA PIATTAFORMA DI LAVORO CONDIVISA | Documento a cura di: Oliver Rizzo, ingegnere edile |

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Analisi del rischio e Controllo dell’Affidabilità

Laboratorio sperimentale per l’analisi della vulnerabilità sismica del patrimonio edilizio storico del Cilento

DP_02

PROPOSTA OPERATIVA

PER LA CREAZIONE DI UNA PIATTAFORMA DI LAVORO CONDIVISA

| Documento a cura di: Oliver Rizzo, ingegnere edile |

2 Progetto ARCA | LAB Cilento

DP_02 · PROPOSTA OPERATIVA PER LA CREAZIONE DI UNA PIATTAFORMA DI LAVORO CONDIVISA

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SOMMARIO 1. INQUADRAMENTO GENERALE: FINALITÀ, OGGETTI, STRATEGI E ..................... 3

2. SCHEMA METODOLOGICO ........................................................................................ 6

2.1 DATI .......................................................................................................................... 7

2.2 MODELLI ................................................................................................................... 8

2.3 METODI .................................................................................................................... 9

2.4 STRUMENTI ............................................................................................................. 9

2.5 ELENCO ELABORATI ................................................................................................. 10

2.6 RIFERIMENTI NORMATIVI ......................................................................................... 11

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1. INQUADRAMENTO GENERALE: FINALITÀ, OGGETTI, STRATEGIE

Con la Circolare n. 26 del 2010 (c.d. Direttiva Beni Culturali), avente ad oggetto

Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale allineate alle nuove Norme tecniche per le costruzioni (d.m. 14 gennaio 2008), il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha fornito indicazioni per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale tutelato , con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni vigenti. I manufatti a cui la Direttiva rivolge in particolare la sua attenzione sono quelli in consegna al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n.42 “Codice dei beni culturali”. Si tratta di edifici dotati di speciali caratteristiche tipologiche e morfologiche, che conferiscono loro notevole dignità storico-artistica, e tali da determinare l’opportunità di una tutela diretta da parte dello Stato.

Il campo di validità della Direttiva, almeno per ciò che concerne il quadro degli

obblighi e delle azioni volte alla prevenzione, non è esteso quindi a tutto il costruito storico, ma solo agli edifici sottoposti a tutela. Ovvero a quegli edifici (palazzi, chiese, biblioteche, musei) che identificheremo qui come edifici speciali. A queste tipologie edilizie è dedicato anche il SIVARS (Sistema per la Valutazione del Rischio Sismico), che rappresenta lo strumento informativo predisposto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali al fine di favorire l’applicazione delle sue Linee Guida. Mentre gli edifici ordinari, che costituiscono il tessuto urbanistico di base dei centri storici , non sono oggetto di specifica trattazione, né per essi è previsto un quadro di azioni conoscitive e/o di interventi volto a migliorarne le prestazioni sotto carico sismico e a prevenire i meccanismi di danno da cui possono essere interessati in occasione di un terremoto.

È a questi edifici ordinari che il progetto ARCA | LABCilento rivolge principalmente la

sua attenzione, ponendosi come obiettivo la loro salvaguardia e la riduzione del rischio sismico negli ambiti territoriali in cui essi sorgono.

Partendo da un laboratorio sperimentale per l’analisi della vulner abilità sismica del patrimonio edilizio storico , il progetto mira a generare un processo partecipativo, basato sulla conoscenza e improntato alla proposta di soluzioni sostenibili, che coinvolga tutti i portatori di interesse (cittadini, istituzioni, professionisti, imprese, commercianti, associazioni, comitati …) e si sviluppi verso la creazione di un organismo permanente – un osservatorio sull’edilizia storica – che guidi i soggetti coinvolti e sostenga l’adozione di buone pratiche.

Il progetto vuole inoltre contribuire alla definizione di una piattaforma culturale e professionale condivisa, così come definita dal Reframe Workgroup, la quale, inserendosi nei percorsi già tracciati dalle nuove politiche per la rigenerazione dei centri storici , consenta di formulare strategie e di implementare azioni concrete per la tutela del patrimonio edilizio esistente, tenendo espressamente conto delle esigenze di ri-funzionalizzazione connesse all’inserimento di nuove attività.

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Il 100% degli edifici che il progetto ARCA | LABCilento inquadra tra i suoi obiettivi di studio è in muratura portante. Nella provincia di Salerno (fonte: dati Istat) poco meno del 50% degli edifici in muratura, ovvero oltre 25.000 edifici, versa in condizioni di mediocre o pessimo stato di conservazione.

La situazione del costruito storico nel Cilento è allineata con il dato provinciale, ma

la gravità di questo stato di cose è esasperata da fenomeni di spopolamento dei centri minori delle aree interne , che espongono le strutture ai rischi dell’abbandono totale. E questo accade in un territorio che ha ottenuto il riconoscimento Unesco (soprattutto) in virtù dei valori del suo paesaggio, di cui il costruito storico è parte certamente non secondaria.

Si tratta in maggioranza di organismi edilizi destinati a civile abitazione, sovente disabitati, che per anni non hanno ricevuto cure manutentive adeguate e sui quali si è intervenuto in passato in maniera pressoché incontrollata. Non di rado aggravandone le criticità o introducendone di nuove.

Tenuto conto del coinvolgimento dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, la data a

cui si possono far risalire queste strutture è in genere anteriore al 1940. Ciò colloca la gran parte di esse nel novero delle strutture costruite prima dell’emanazione del Regio Decreto Legge 22 novembre 1937 n. 2105, Norme tecniche di edilizia con speciali prescrizioni per le località colpite dai terremoti, ovvero della normativa che introdusse l’obbligo di realizzare edifici in muratura (in zona sismica) con impalcati in cemento armato e cordoli interposti tra un ordine e l’altro delle pareti murarie (l’unica tipologia edilizia in muratura portante ancora consentita dalle norme e l’unica che, in occasione del terremoto de L’Aquila, per riportare un esempio a noi vicino temporalmente, non ha fatto registrare crolli).

Il Regio Decreto Legge 22 novembre 1937 n. 2105 prescriveva per le (allora) nuove

costruzioni in muratura in zona sismica impalcati e cordoli in cemento armato, giacché era stata riconosciuta l’importanza prioritaria di disporre di un collegamento efficace tra le membrature resistenti ai fini della risposta al sisma. Il fenomeno di danno più frequentemente osservato a seguito di eventi sismici precedenti (tra cui il devastante terremoto di Messina del 1908), negli edifici con orizzontamenti voltati e/o con solai in ferro o in legno semplicemente appoggiati, era stato il ribaltamento delle pareti perimetrali fuori dal loro piano.

La carenza di opportuni collegamenti orizzontali è probabilmente la più diffusa, ma

certamente non l’unica causa della fragilità del patrimonio edilizio esistente in muratura. Numerose sono le carenze e le difformità generate da fenomeni di degrado capaci di innescare danni molto seri in caso di sisma. A queste si sommano le criticità introdotte per mano dell’uomo in interventi successivi (quali l’inserimento di impianti o la realizzazione di pesanti coperture in cemento armato), che meritano un esame attento, quando non addirittura specifiche valutazioni.

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Sono le stesse norme tecniche, la cui evoluzione ha seguito come è noto il verificarsi degli eventi sismici più gravi, a dettare le modalità e a specificare i metodi con cui vanno fatte queste valutazioni. Oggi possiamo rileggere, nel cammino compiuto dalle norme, la storia dei terremoti più disastrosi che hanno colpito il territorio italiano. Il Decreto Ministeriale 20 Novembre 1987 contenente Norme tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici in muratura e per il loro consolidamento (il cui contenuto, sia in termini di principi che di regole applicative, sopravvive anche nelle norme tecniche vigenti) fu emanato 7 anni dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980.

La lentezza del cammino normativo (che ha già compiuto un secolo) trova parziale

giustificazione nell’oggettiva difficoltà di studiare il “materiale muratura” e nella tardiva (rispetto all’acciaio e al cemento armato) disponibilità di modelli di calcolo adeguati. Il panorama della ricerca è del resto ancora in piena evoluzione, e tuttavia offre già sufficienti certezze al riguardo della fragilità del costruito storico. (La sintesi più aggiornata delle conoscenze e delle metodologie di analisi della vulnerabilità sismica dell’edilizia esistente è fornita dal documento CNR-DT 212/2013, pubblicato il 14 maggio 2014 e recante Istruzioni per la Valutazione Affidabilistica della Sicurezza Sismica di Edifici Esistenti). D’altro canto, il panorama sostanziale – quello relativo al reale stato di conservazione delle strutture in oggetto – è composto da un numero spaventosamente alto di edifici in muratura che soffrono ancora di carenze potenzialmente distruttive, dell’assenza di opportuni rimedi migliorativi e, in casi non rari, dell’esecuzione di interventi sbagliati.

Un simile stato di cose chiede risposte integrate, se si vuole scongiurare il pericolo

di una progressiva sostituzione del costruito storico con interventi in stile new town. Risposte che possono arrivare solo dall’attivazione di politiche di rigenerazione urbana dei centri storici che riconoscano la necessità di collegare efficacemente la pianificazione delle nuove trasformazioni al recupero dell’esistente, attraverso strumenti legislativi capaci di vincere le inerzie e attivare pratiche virtuose.

Una risposta in tale direzione è stata elaborata in Campania dal Reframe Workgroup, costituito dagli architetti Francesco Ruocco, Franca Maria Bello e Massimiliano Ruggiero, il cui lavoro ha portato alla proposta di Legge Regionale della Campania n°478 dell’11.09.2013 a cura degli on.li D onato Pica, Rosa D’Amelio, Giulia Abbate. Tale proposta ha appunto ad oggetto la rigenerazione urbana dei centri storici dei comuni minori , ed è ben descritta dalla premessa allo schema metodologico per la sperimentazione operativa della legge elaborata dal gruppo citato, di cui si riporta l’incipit.

“Con il termine RIGENERAZIONE URBANA si può intendere un processo e/o una politica di governo del territorio , attivati o supportati da processi partecipativi e di partenariato pubblico/privato, con oggetto il patrimonio edilizio ed urbanistico esistente , finalizzati a garantire la permanenza, il ripristino o il rinnovamento delle condizioni di vitalità e sostenibilità socio-economica, culturale ed ambientale, di qualità urbana, funzionale e prestazionale, in

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particolare in termini di dotazione di attrezzature, servizi e infrastrutture, di risparmio energetico e sicurezza dalla vulnerabilità sismica ed idrogeologica. La rigenerazione urbana, attraverso azioni materiali ed immateriali, mira all’ottimizzazione del consumo di suolo , comprendendo interventi di completamento ed anche di trasformazione urbana qualora correlati con gli interventi di recupero e riqualificazione del patrimonio esistente e prioritariamente del centro storico e delle aree urbane dismesse. Gli incentivi o la correlazione tra interventi possono tradursi nel ricorso a misure premiali composte (oneri concessori, consistenze volumetriche e di superficie, destinazioni d’uso, oneri fiscali e finanziari). Nel centro storico la politica di rigenerazione urbana si traduce nella combinazione opportuna delle categorie di intervento della manutenzione ordinaria e straordinaria, del restauro e del risanamento conservativo, della ristrutturazione edilizia ed urbanistica, nella compatibilità con il quadro generale delle tutele, con l’obiettivo della valorizzazione del patrimonio culturale, della fruizione compatibile, del riuso prioritario e della messa a norma del patrimonio edilizio esistente, della rivitalizzazione urbana, culturale e socio-economica (effetto città ed effetto comunità ).” (Reframe workgroup, 2013)

Nella direzione indicata da questa proposta riteniamo debbano svolgersi azioni mirate alla tutela del patrimonio edilizio esistente. Tra queste, l’analisi della vulnerabilità sismica dell’edilizia storica (in muratura) è tra le più urgenti.

2. SCHEMA METODOLOGICO La presente PROPOSTA OPERATIVA si basa sull’avvio di una sperimentazione

iniziale finalizzata all’analisi del rischio sismico in alcuni ambiti territoriali e al controllo dell’affidabilità strutturale di un numero limitato di edifici. Lo scopo di queste limitazioni è quello di consentire un progressivo ampliamento della piattaforma di lavoro, senza pregiudicare la possibilità, fin dall’inizio, di acquisire dati relativi al comportamento delle strutture in siti diversi tra loro quanto a conformazione geologica del suolo, meccanismi di propagazione del segnale sismico e connotati salienti delle costruzioni.

La Relazione Introduttiva del progetto indica quali sono gli ambiti territoriali di

riferimento . Essi sono da intendersi parte viva della PROPOSTA OPERATIVA, il cui schema metodologico e le relative operazioni possono utilmente venire estese ad altri ambiti territoriali, in funzione dell’efficienza del processo partecipativo che si vuole innescare.

In ciascuno di questi ambiti, un numero minimo di due unità strutturali (v.

Relazione Introduttiva) andrà sottoposto ad analisi della vulnerabilità sismica. Preliminari all’avvio della sperimentazione in ciascuna località sono da considerare: - un tavolo di concertazione tecnica con i professionisti interessati, al fine di

individuare opportune sinergie e programmare correttamente le attività da effettuare sul campo;

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- uno o più incontri pubblici con le istituzioni locali, le associazioni, i comitati, le imprese, gli istituti di credito, per coinvolgere e rendere partecipi, in particolare attraverso le loro rappresentanze, tutti i portatori di interesse.

Con l’avvio delle indagini e la produzione delle relative analisi, si procederà quindi ad alimentare il processo partecipativo mediante seminari tecnici, incontri con la cittadinanza e pubblicazioni a carattere divulgativo. Queste ultime saranno rese disponibili in formato digitale e opportunamente diffuse in rete (anche su questo sito).

La gestione della partecipazione sarà garantita da una apposita compagine

incaricata di organizzare i flussi di comunicazione, di accogliere le proposte in ingresso e di mettere a sistema le ipotesi di lavoro, soprattutto con riferimento alle trasformazioni future del costruito storico e delle funzioni in esso innestabili, rispetto alle quali dovesse emergere un solido interesse da parte delle comunità coinvolte (contenitore civico).

Tutte le elaborazioni effettuate daranno vita fin da subito ad una banca dati , su cui

si potrà basare la costruzione di un sistema informativo locale sull’edilizia storica , prologo (e futuro strumento operativo) di quell’osservatorio sull’edilizia storica di cui si auspica la creazione.

Fondamentale, per la crescita di questa banca dati, sarà la condivisione e la collaborazione tra professionisti, che è sicuramente tra le risorse principali a cui può attingere questo progetto.

Di altre risorse si sceglie volutamente di non discutere in questo documento, rinviando a documenti di prossima pubblicazione per maggiori chiarimenti.

2.1 DATI Si richiamano in questo paragrafo le osservazioni già riportate nella Relazione

Introduttiva. Per cui si specifica che come dati di input vanno intesi, oltre alla geometria della struttura e al suo stato di conservazione, anche i parametri meccanici dei materiali e del suolo. A tal proposito va detto che, mentre sono possibili indagini sul suolo di fondazione in grado di fornire notizie attendibili sui diversi parametri utili allo studio (coesione non drenata, grado di consolidazione, modulo di taglio, velocità di propagazione delle onde di taglio), le prove eseguibili in sito sulla muratura (quando eseguibili senza pregiudizio) possono dare risultati il cui impiego non necessariamente conduce ad una attendibilità dei calcoli maggiore di quella che possono garantire le tabelle già disponibili in normativa o in letteratura.

D’altro canto, le stesse prove geotecniche comportano oneri importanti. Per cui saranno da privilegiare i casi studio che consentano l’impiego di dati geotecnici reperibili in relazioni specialistiche redatte nel corso di interventi precedenti. Le stesse relazioni geologiche a corredo degli strumenti urbanistici, ove presenti, possono rappresentare un utile supporto scientifico.

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Per quanto riguarda i dati di output , poiché le elaborazioni si baseranno sull’analisi cinematica della struttura, esse condurranno alla definizione della capacità di spostamento della stessa e, quindi, alla definizione della sua capacità di sopportare un sisma. Questo modo di procedere permetterà in un certo senso di prescindere dalla definizione del sisma atteso. Pertanto, anche laddove non fosse possibile, in un primo momento, definire i parametri per una microzonazione sismica del sito, si potrà comunque dare una risposta chiara in merito alla sicurezza della struttura in termini di accelerazione massima al suolo che questa può tollerare. Il confronto tra l’accelerazione sopportabile e quella massima attesa offre già un validissimo aiuto. E anzi, nell’ottica di rendere tra loro paragonabili le analisi effettuate in siti diversi (per una comparazione della qualità del costruito), attenersi alla sola accelerazione permetterà di esprimere i risultati in modo più omogeneo.

2.2 MODELLI La modellazione delle strutture in muratura portante presenta numerose difficoltà.

Innanzitutto a causa della natura del “materiale”, che rende avventurosa la trattazione mediante modelli basati sulla teoria del continuo matematico. La forte irregolarità e variabilità della tessitura non ha ancora permesso, se non in alcuni casi particolari (ad esempio per la muratura di mattoni a una testa) di applicare convenientemente tecniche di omogeneizzazione per la definizione di modelli in grado di cogliere i vari aspetti del comportamento del “materiale muratura”. Le difficoltà maggiori risiedono nell’anisotropia, nella disuguaglianza del legame elastico e in una spiccata non linearità. La stessa fase post-elastica è di difficile interpretazione e, allo stato attuale, può essere colta convenientemente solo a fronte di opportune semplificazioni.

I modelli utilizzabili, comprovati dallo stato di avanzamento della ricerca e suggeriti

dalle norme tecniche vigenti, sono quelli che fanno riferimento all’impiego di elementi finiti non lineari , a macroelementi strutturali o alla definizione di un telaio equivalente . Degli elementi finiti non lineari, solo alcuni codici di calcolo sono in grado di garantire un impiego affidabile, peraltro sconsigliabile in ambito applicativo, a causa di un onere computazionale non giustificabile se non per speciali casi di studio. Si ritiene pertanto preferibile basare le analisi sulla scelta degli altri due modelli. Di questi, il modello a telaio equivalente, in virtù della facilità di lettura dei risultati (in termini di spostamenti e di sollecitazioni) e del maggiore controllo che su di essi si può esercitare, è di grande aiuto nella valutazione del comportamento e della capacità di risposta globali. Per cogliere il comportamento inelastico e non lineare, la modellazione a telaio può avvalersi di elementi a plasticità concentrata (cerniere puntuali) ovvero di elementi a plasticità diffusa (conci).

La modellazione a macroelementi si presta invece ad una migliore lettura storico-

critica dei meccanismi di collasso delle singole parti della struttura e ad una più immediata descrizione dei provvedimenti migliorativi. Quando sia conveniente studiare

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un intero manufatto come aggregazione di macro-elementi strutturali, i meccanismi di collasso dell’intero aggregato possono essere definiti a partire dai meccanismi propri del singolo macro-elemento, nonché dai meccanismi di disaggregazione dei macro-elementi tra di loro.

Una modellazione agli elementi finiti (lineare) può infine essere d’aiuto nell’individuazione dei cinematismi di collasso più probabili.

2.3 METODI

La sicurezza rispetto allo stato limite ultimo e allo stato limite di danno deve avvalersi dell’individuazione di opportuni moltiplicatori dei carichi.

Nei modelli globali a telaio equivalente, attesa la difficoltà di utilizzare analisi dinamiche (sia lineari che non lineari), la capacità della struttura di rispondere al sisma può essere esaminata convenientemente mediante una analisi statica non lineare , detta anche analisi push-over. Attraverso questo tipo di analisi è possibile ricavare una curva “taglio alla base – spostamento” che mette in relazione l’incremento dei carichi sismici con lo spostamento di un punto di controllo. Da questa elaborazione è quindi possibile risalire ad un oscillatore elasto-plastico equivalente alla struttura esaminata. La comparazione della risposta sismica di questo oscillatore con la domanda espressa dallo spettro elastico di normativa permetterà di esprimere un giudizio sulla sicurezza al sisma della struttura, che viene espressa appunto dalla condizione C / D > 1.

Sui macro-elementi (ovvero, nei casi più comuni, sui singoli pannelli murari) è da

applicare il metodo dell’analisi limite , allo scopo di valutare i probabili meccanismi di danno (sia nel piano che fuori dal piano), con riferimento ai cinematismi compatibili con la reale configurazione della struttura.

L’analisi limite su macro-elementi potrà fornire un coefficiente α =a/g (dove a è l'accelerazione del suolo e g l'accelerazione di gravità), che rappresenta il moltiplicatore delle masse sismiche che caratterizza le condizioni di equilibrio limite per l'elemento considerato.

In tutte le elaborazioni, sarà da tenere debitamente in conto un opportuno criterio di

fascia di comportamento, al fine di definire un intervallo probabilisticamente significativo entro il quale si possa collocare la risposta strutturale.

2.4 STRUMENTI Più che fornire un elenco esaustivo di tutti gli strumenti che possono trovare utile

impiego nel corso delle attività previste, si preferisce fornire alcune indicazioni generali. In particolare, vista la varietà di software commerciali per il calcolo strutturale disponibili sul mercato, si ritiene utile suggerire che le analisi vengano effettuate mediante l’impiego di non più di due codici di calcolo diversi, accordando la preferenza

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a quei programmi che, identificati come generalisti, non permettono livelli di automazione spinta (per intendersi, quei tools che promettono di fare, e magari fanno, le analisi più complesse premendo un pulsante).

L’uso di almeno due codici permetterà d’altro canto di effettuare un utile confronto dei risultati numerici.

Nello spirito di favorire una validazione degli output numerici, un altro strumento di grande utilità è rappresentato dalla modellazione manuale, intesa qui genericamente come definizione di modelli semplificati, la cui soluzione sia basata su tecniche implementabili senza l’ausilio di programmi avanzati, come il calcolo iterativo.

2.5 ELENCO ELABORATI Il seguente è un elenco delle attività da svolgere e degli elaborati con cui fissare su

carta i risultati di tali attività. Esso è ripreso in buona parte dallo Schema di capitolato prestazionale delle verifiche sismiche allegato alla Circ. 26/2010, a cui si rinvia per le specifiche necessarie.

a) Caratterizzazione geologica del sito, geotecnica e sismica dei terreni b) Analisi storico critica (e individuazione delle unità strutturali)

c) Documentazione fotografica

d) Rilievo geometrico dei manufatti

e) Diagnosi sul campo e in laboratorio (queste ultime limitate a pochi casi studio)

f) Analisi dello stato di fatto e del comportamento strutturale con indicazione dei

danni

g) Valutazione dell’impatto degli impianti tecnologici sulle strutture

h) Valutazione dell’impatto di modifiche strutturali apportate nel tempo

i) Valutazione finale della vulnerabilità al sisma

j) Individuazione e stima sommaria degli interventi più urgenti per la messa in sicurezza dei manufatti

k) Relazione finale (con report sintetico dei risultati fondamentali)

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2.6 RIFERIMENTI NORMATIVI Per l’esecuzione delle attività sopra elencate, si dovrà fare riferimento alle seguenti

normative e ai relativi allegati per le specifiche prestazionali. - Norme Tecniche per le Costruzioni emanate con Decreto del Ministero delle

Infrastrutture e dei Trasporti il 14/01/2008; - Circolare 2 febbraio 2009, n. 617 del Ministero delle Infrastrutture e dei

Trasporti approvata dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici recante Istruzioni per l’applicazione delle Norme tecniche per le Costruzioni di cui al D.M. 14/01/2008;

- Circolare n. 26 del 2010 del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, avente ad oggetto Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale allineate alle nuove Norme tecniche per le costruzioni (d.m. 14 gennaio 2008);

- Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 09/02/2011, Valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle Norme Tecniche per le Costruzioni di cui al D.M. 14/01/2008;

- Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni, 12 ottobre 2007;

- CNR-DT 212/2013, Istruzioni per la Valutazione Affidabilistica della Sicurezza Sismica di Edifici Esistenti, messe a punto dalla Commissione di studio per la predisposizione e l'analisi di norme tecniche relative alle costruzioni del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma – CNR 14/05/2014

L’elenco sopra riportato è da considerarsi non esaustivo, essendo consentito dalle

stesse norme tecniche (ex d.m. 14/01/2008) il ricorso, per tutto quanto in esse non espressamente specificato, a norme di comprovata validità.