Programma V ITC Geografia Economica - nuovescuole.com · Modulo n° 3: Il settore primario Modulo...

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Classe V Istituto Tecnico Commerciale Materia: Geografia Generale ed Economica PROGRAMMA: Modulo n° 1: Il sistema mondo e la globalizzazione Modulo n° 2: Il Geosistema e le risorse minerarie ed energetiche Modulo n° 3: Il settore primario Modulo n° 4: Il settore secondario Modulo n° 5: Il settore terziario

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Classe V Istituto Tecnico Commerciale

Materia: Geografia Generale ed Economica

PROGRAMMA:

Modulo n° 1: Il sistema mondo e la globalizzazione

Modulo n° 2: Il Geosistema e le risorse minerarie ed

energetiche

Modulo n° 3: Il settore primario

Modulo n° 4: Il settore secondario

Modulo n° 5: Il settore terziario

Modulo n° 1: Il sistema mondo e la globalizzazione

Contenuti del modulo:

U.D.1: La globalizzazione; Internet e la new economy; La genesi del mondo

attuale

U.D.2: Le organizzazioni internazionali e le organizzazioni europee

U.D.3: La globalizzazione dei problemi ambientali

Modulo n° 2: Il Geosistema e la geografia delle risorse minerarie ed

energetiche

Contenuti del modulo: U.D.1: Il sistema Terra; Cicli della materia; L'uomo nel geosistema; Ecosistema

e sistema economico

U.D.2: Le alterazioni dell'ecosistema e gli squilibri ambientali

U.D.3: Inquinamenti

U.D.4: Verso uno sviluppo sostenibile

U.D.5: I concetti di risorse, riserve e giacimenti

U.D.6: Esaurimento e risparmio delle risorse minerarie

U.D.7: Le regioni di produzione e di consumo

U.D.8: Fonti di energia e consumi energetici; Le varie forme di produzione

energetica: idroelettrica, da carbone, da idrocarburi, nucleare

U.D.9: Le fonti energetiche alternative

Modulo n° 3: Il settore primario Contenuti del modulo:

U.D.1: Origine ed evoluzione dell'agricoltura

U.D.2: Agricoltura intensiva ed estensiva

U.D.3: I condizionamenti naturali e le condizioni tecnologiche

U.D.4: Le nuove frontiere tecnologiche

U.D.5: L'agricoltura di sussistenza

U.D.6: L'agricoltura di piantagione e speculativa nei paesi sottosviluppati

U.D.7: L'agricoltura capitalistica dei grandi spazi

U.D.8: L'agricoltura commerciale contadina

Modulo n° 4: Il settore secondario

Contenuti del modulo: U.D.1: Le attività manifatturiere; La formazione delle prime aree industriali

U.D.2: Aree industriali e processi agglomerativi; Concentrazione e diffusione

industriale

U.D.3: Decentramento produttivo e rilocazione

U.D.4: Grandi e piccole imprese; Le imprese industriali multinazionali e le

imprese globali

Modulo n° 5: Il settore terziario

Contenuti del modulo: U.D.1: Il settore terziario nell'economia

U.D.2: Classificazione delle attività terziarie; Le attività quaternarie

U.D.3: La distribuzione dei servizi sul territorio

U.D.4: Scambi internazionali e apertura commerciale; Le due tendenze recenti:

globalizzazione e regionalizzazione

U.D.5: Dal GATT al WTO

U.D.6: La circolazione dei capitali

Modulo n° 1: il sistema mondo e la globalizzazione

U.D.1: La globalizzazione, Internet e la new economy; la genesi del mondo attuale L’espressione globalizzazione definisce l’integrazione di tutti i paesi in un unico sistema planetario, caratterizzato dall’interdipendenza degli stessi sul piano economico, tecnologico, culturale e politico. Non c’è fenomeno che si verifichi in un luogo e non generi conseguenze sul resto del pianeta. La globalizzazione è un processo storico che ha origini lontane, ma sono stati gli europei dalla conquista del Nuovo Mondo in poi ad intensificare la sua affermazione, propagando ovunque il modello economico-politico dell’occidente. La globalizzazione oggi esprime un’inedita dinamicità, frutto della liberazione dei mercati e della rivoluzione tecnologica delle comunicazioni. Il mondo si presenta oggi come un insieme di elementi strettamente interconnessi che si condizionano a vicenda. Tutti i Paesi del pianeta sono legati da una fitta rete di relazioni culturali ed economiche (flussi di persone, merci, idee, notizie), ma anche da alleanze a vari livelli che mirano ad una crescita di tutte le entità nazionali. Anche se a volte si creano forme di dominio, diretto o indiretto, che generano profonde differenze e ingiustizie sociali, ogni Stato non può più comunque prescindere dagli altri protagonisti della scena politica ed economica (Paesi, regioni, istituzioni, imprese multinazionali). A partire dagli ultimi decenni, per indicare tutti quei fenomeni e quelle relazioni che si estendono a scala planetaria, viene utilizzato il termine globalizzazione o uno dei suoi sinonimi, mondializzazione e planetarizzazione. L'emergere di una economia globale è stata favorita dall'evoluzione dei mezzi di trasporto, che ha facilitato enormemente la circolazione delle persone e delle merci, dalla rivoluzione delle telecomunicazioni e dall'avvento della telematica, che hanno intensificato i flussi di immagini e di informazioni. In seguito a questi cambiamenti

l'organizzazione delle imprese è divenuta più flessibile: le unità produttive si sono distribuite in punti delle spazio anche molto distanti fisicamente, scorporate dalla direzione aziendale che assicura il loro collegamento grazie alla telematica e alle telecomunicazioni (la globalizzazione dell'economia attraverso le reti telematiche, e in particolare Internet, viene comunemente indicata col nome di new economy). In tal senso, le principali protagoniste del processo di mondializzazione dell'economia, sono state le grandi imprese multinazionali, che operano a scala mondiale. Nel corso di circa cinquant'anni, il pianeta ha conosciuto due diversi modelli economico-politici che hanno dato vita a distinte strategie produttive e a circuiti commerciali in gran parte differenziati. Alla fine degli anni Ottanta, però, con la dissoluzione dell'URSS si sono create nuovamente le condizioni per l'affermarsi di una globale dimensione del mercato: sono cadute le barriere ideologiche e, progressivamente, si è affermato un unico modello economico, quello di mercato; via via inoltre, si sono liberalizzate, in tutto o in parte, la condizioni normative e doganali che regolano gli scambi commerciali e finanziari internazionali. Comunque, anche se nuovi protagonisti, si affacciano sulla scena produttiva planetaria, la globalizzazione dell'economia, vede il predominio mondiale del capitalismo industriale avanzato degli Stati Uniti, del Giappone e dell'Europa occidentale.

U.D.2: Le organizzazioni internazionali ed europee L'enorme aumento degli scambi internazionali, ha reso sempre più importante il ruolo degli organismi internazionali (e in primo luogo l'ONU) che sono stati chiamati a stabilire le regole di comportamento dei vari operatori economici. Fra gli organismi di collaborazione mondiale abbiamo: l'ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), fondata nel 1945 da 51 rappresentanze della Nazioni alleate impegnate nella seconda guerra mondiale; è un'organizzazione di carattere universale fondata sul principio

dell’uguaglianza di tutti i suoi membri, in linea di principio aperta a tutti gli stati, creata per mantenere la pace e la sicurezza e promuovere la cooperazione internazionale nei settori economico, sociale e culturale; comprende quasi tutti gli stati del mondo (compresi la Svizzera e Timor Est, che sono entrati a farne parte nel 2002), meno la Città del Vaticano, Monaco, Taiwan e pochi stati dell’Oceania. All’interno dell’ONU il ruolo geopolitico principale è svolto dal Consiglio di sicurezza, che ha come scopo il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali. Interviene in situazioni critiche, che minacciano la pace del mondo, con truppe formate da militari appartenenti ai paesi membri (“caschi blu”). La FAO, Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura; l'UNESCO, Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura; il GATT Accordo Generale sulle Tariffe e sul Commercio che risale al 1947 e da allora ha condotto una politica di liberalizzazione degli scambi a livello mondiale attraverso la riduzione delle barriere tariffarie doganali. E’ stato sostituito nel 1995 dal WTO ( Organizzazione mondiale del Commercio), un organismo che persegue le stesse finalità ma a cui è stato attribuito un potere maggiore in fatto di amministrazione degli accordi commerciali. Fra le organizzazioni politico-militari abbiamo: la NATO, o Patto Atlantico, istituito a Washington nel 1949 ed è un organismo politico-militare di difesa. Fra le organizzazioni economiche abbiamo la Banca Mondiale, istituita nella conferenza di Bretton Woods nel 1944 a Washington. La sua funzione è quella di concedere prestiti a privati e Paesi in via di sviluppo, per finanziare interventi che stimolino la crescita economica; il Fondo Monetario Internazionale (FMI) istituito sempre nella conferenza di Bretton Woods, ha come funzioni l’assistenza finanziaria a paesi con problemi nella bilancia dei pagamenti, con lo scopo di consigliare i governi in campo finanziario; Il NAFTA, Accordo di libero scambio dell'America settentrionale che ha lo scopo di istituire un'area di libero scambio eliminando gradualmente le barriere doganali fra gli stati membri; ne fanno parte gli Stati Uniti, il Canada ed il Messico. Il G8, gruppo degli otto paesi più industrializzati: USA, Giappone, Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Canada e dal 1997 la Russia. Fra le organizzazioni europee la più importante è l'UE (Unione Europea): fu istituita nel 1992 con il Trattato di Maastricht (dal nome della città in cui è stato siglato l'accordo) e prese avvio nel 1993. I paesi membri sono : Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna,

Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia. Il suo peso nel sistema mondo è oggi di livello mondiale.

U.D.3: La globalizzazione dei problemi ambientali Quando i danni ecologici non si limitano a certe località o regioni o gruppi sociali, ma hanno effetti che minacciano la vita dell'intero pianeta, dagli squilibri locali, che potevano essere ignorati o sottovalutati, si passa agli squilibri globali, indicati con l'espressione global change, di fronte ai quali anche i soggetti in posizione dominante sono costretti a correre ai ripari. L'economia mondiale negli ultimi vent'anni, è ormai entrata in questa fase. Di conseguenza quello ecologico è diventato uno degli aspetti più rilevanti e inquietanti della globalizzazione. Esempi del global change, sono l'effetto serra e il buco nell'ozono, la cui soluzione dipende ormai non solo da politiche locali o statali, più o meno avanzate, ma soprattutto da accordi internazionali, che assicurano il rispetto di certe norme da parte di tutti i paesi. Per questo sono state organizzate già due Conferenze mondiali, per giungere a un accordo tra i vari paesi, e prendere provvedimenti. Nel 1992 a Rio de Janeiro fu stesa l'Agenda 21, documento che illustra i principali problemi per i quali è necessaria un'azione comune e contiene il programma d'azione per il XXI secolo.

Modulo n° 2: Il Geosistema e la geografia delle risorse minerarie e d energetiche

U.D.1: Il sistema Terra; Cicli della materia; L'uomo nel geosistema; Ecosistema e

sistema economico

La Terra funziona come un sistema (geosistema) formato da diverse parti che interagiscono (grazie all'energia solare ed all'energia endogena) provocando una serie di processi fisici, chimici e biologici. Il geosistema è quindi in continua evoluzione. I vari involucri di cui il geosistema è formato sono: l'atmosfera, che è l'involucro gassoso che rende possibile la vita; la litosfera, che comprende le terre emerse e il fondo degli oceani e che è costituita da rocce e minerali; l'idrosfera, che comprende l'insieme delle acque dolci e salate, continentali e sotterranee del pianeta; la biosfera termine con il quale si intende il complesso di organismi viventi animali e vegetali. I componenti biotici (cioè organici, viventi) e abiotici (cioè inorganici, non viventi), interagendo tra foro, innescano una serie di processi biochimici che si ripetono ciclicamente (cicli biogeochimici: i principali sono i cicli dell'acqua, dei carbonio e dell'azoto) e che forniscono le risorse rínnovabili, alla base dell'economia umana. Qualsiasi mutamento avvenga in uno dei sopradetti cicli, influisce sull'intero geosistema, spezzando le condizioni di equilibrio. Un sott'insieme dei geosistema è l'ecosistema, costituito da vegetali e animali, legati tra di loro e al loro ambiente da una serie di relazioni. L'uomo fa parte sia dell'ecosistema che del geosistema e interagisce con essi. Dal punto di vista ecologico, il sistema economico, alimenta una circolazione (di materia, energia e informazioni) che tende a modificare l’ambiente, cioè il resto dell’ecosistema, secondo modalità diverse da quelle dell’agire naturale dell’ecosistema stesso. Il sistema economico agisce dunque in modo

diverso rispetto al sistema di cui fa parte. Da questa contraddizione non risolta né del tutto risolvibile, nasce il problema ecologico.

U.D.2: Le alterazioni dell'ecosistema e gli squilibri ambientali

Mentre l'azione dell'uomo primitivo sull'ecosistema era minima, l'odierna società, che dispone di tecnologie avanzate, può influire notevolmente sull'ambiente e sui suoi componenti, producendo alterazioni, a volte reversibili, ossia riassorbite e riportate all'equilibrio, a volte irreversibili, che si allontanano definitivamente dall'equilibrio. Il sistema economico, inteso come insieme di elementi materiali e di relazioni per la produzione e lo scambio di beni, è un sott'insieme dell'ecosistema.

U.D.3 Inquinamenti

Tra i mutamenti portati dall'uomo all'ambiente, gli inquinamenti sono quelli più evidenti e che maggiormente colpiscono l'opinione pubblica. Ai giorni nostri, l'aumento della popolazione e lo sviluppo industriale hanno provocato la dispersione nell'ambiente di una tale quantità di materiali inquinanti che il sistema ecologico (ecosistema) non sembra più in grado di smaltirli. Si tratta di rifiuti urbani, metalli tossici e residui delle lavorazioni industriali, scorie radioattive prodotte dalle centrali nucleari, acque reflue dell'agricoltura e della zootecnia, arricchite di pesticidi e fosfati, emissioni gassose provenienti dagli scarichi dei veicoli e degli impianti industriali.

Nelle sue varie forme (atmosferico, acustico, idrico, del suolo ecc.), l'inquinamento colpisce sopratutto le aree più intensamente industrializzate e urbanizzate, ma spesso i suoi effetti si fanno sentire anche a centinaia di chilometri di distanza. In realtà l'inquinamento sta provocando alterazioni ambientati e climatiche su scala globale: lo dimostrano fenomeni come le piogge acide, l'effetto serra, il buco nell'ozono. Le piogge acide sono una forma di alterazione connessa con l’inquinamento dell’aria. Sappiamo già che l’acqua delle precipitazioni non è pura: essa contiene le sostanze presenti in sospensione nell’aria che sidisciolgono nelle gocce e con esse precipitano al suolo. In particolare l’anidride solforica, gli ossidi di azoto e l’anidride carbonica reagiscono con l’acqua di pioggia formando rispettivamente acido solforico, nitrico e carbonico. Le goccioline che

compongono le nubi incorporano così le componenti acide che verranno depositate sulla superficie terrestre sottoforma di pioggia o di neve.

Gli effetti delle piogge acide si rilevano sulla vegetazione, sugli ecosistemi idrici: scomparsa di pesci, anfibi, molluschi e piccoli crostacei. Anche il patrimonio storico-culturale subisce conseguenze: opere d’arte all’aperto, edifici di valore artistico e storico, invecchiano precocemente fino ad assumere un deterioramento molto rapido (croste nere). Anche l’effetto serra è un’alterazione dell’atmosfera; quest’ultima si comporta come un vetro che lascia passare la radiazione luminosa, ma trattiene una parte del calore prodotto grazie a gas serra come l’anidride carbonica ed il vapore acqueo. Per questa ragione la temperatura media del nostro pianeta è superiore a quella che avrebbe considerando la sua distanza dal Sole. L’effetto serra è quindi un fenomeno essenziale per l’equilibrio termico della Terra.

Le attività umane, quindi, non creano il fenomeno, ma lo accentuano, provocando un’ulteriore concentrazione di gas, soprattutto anidride carbonica, che determina l’innalzamento artificiale della temperatura oltre i valori naturali, e quindi, una variazione del clima del pianeta. La maggiore responsabilità va imputata a tre attività umane: la deforestazione, l’impiego di combustibili fossili e i cambiamenti nell’uso dei suoli. L’ozono è l’unico gas capace di schermare le radiazioni ultraviolette che raggiungono il nostro pianeta. Numerose ricerche hanno confermato che nella medio-alta stratosfera la rarefazione dello strato ozonosferico (buco nell’ozono) , va imputata all’uso di clorofluorocarburi in concentrazioni crescenti. Le sostanze inquinanti versate nei fiumi e nei laghi possono dare origine al problema dell’eutrofizzazione, che consiste nella crescita disordinata ed eccessiva di alcune piante acquatiche, le quali si moltiplicano rapidamente, per l’eccessiva presenza di sostanze organiche, per cui nelle zone con poca acqua, questi organismi fotosintetici, impoveriscono il bacino di ossigeno e muoiono, si depositano sul fondo e vengono decomposti dai batteri, creando un ambiente euxinico (privo di ossigeno). In questa condizione il bacino idrico può perdere gran parte delle specie animali.

U.D.4: Verso uno sviluppo sostenibile

Il termine “sviluppo sostenibile” è entrato nell’uso comune solo recentemente da quando una Commissione, nominata dalle Nazioni Unite e presieduta dall’allora primo ministro norvegese signora Brundtland, ha condotto uno studio sull’uso delle risorse della Terra. La relazione conclusiva, presentata dalla Commissione nel 1988, ha definito sostenibile uno sviluppo che “soddisfi i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la capacità di quelle future di rispondere ai loro”. Infatti, una società che soddisfa i suoi bisogni senza pregiudicare il patrimonio naturale della Terra e le prospettive delle generazioni future realizza uno sviluppo economico sostenibile. Ciò significa impegnarsi nella ricerca per individuare nuove vie che consentano di continuare a realizzare la crescita del benessere e della qualità della vita, consumando meno risorse naturali o, meglio, razionalizzandone l'utilizzo. Solo se gli sforzi avverranno a livello mondiale, potranno avere effetti duraturi: progetti di studio e attuazione a livello nazionale, non sono sufficienti a risolvere i problemi degli squilibri ambientali del sistema mondo. Le leggi della natura indicano inesorabilmente che una crescita dei consumi e del reddito pro capite rappresenta una perdita netta per il nostro pianeta poiché, oltre alla diminuzione di risorse, la perdita viene accresciuta dalla dissipazione e dalla degradazione dell’energia e della materia. Bisogna interrogarsi sui bisogni, sulle merci necessarie per soddisfare tali bisogni e sugli inquinamenti associati a tali merci. Obiettivo comune dovrebbe essere quello di ridurre al minimo l’impoverimento del nostro pianeta. A questo proposito, nel 1992 si tenne a Rio de Janeiro la “Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo” nota come Vertice della Terra, in cui vennero elaborato quattro documenti: La Carta di Rio, un codice di condotta etico-ambientale che pone l’uomo al centro dello sviluppo; L’Agenda 21, l’insieme delle strategie da mettere in atto per ridurre l’inquinamento ambientale e realizzare uno sviluppo sostenibile; La Convenzione sul clima, un impegno per controllare le emissioni nell’atmosfera di gas serra, primo fra tutti l’anidride carbonica; la Convenzione sulle biodiversità, un documento per salvaguardare le diverse forme di vita del pianeta. Nel 1997 seguì la Conferenza sul clima a Kyoto, che impegnò con un Protocollo i 159 paesi firmatari a contenere entro i limiti prefissati, l’emissioni nell’atmosfera dei gas serra entro il 2012. Infine nel 2002 a Johannesburg

fu tenuta un’altra Conferenza mondiale sull’ambiente, finalizzata a valutare i progressi compiuti nella direzione di uno sviluppo sostenibile.

U.D.6: Esaurimento e risparmio delle risorse minerarie

Il concetto di esauribilità delle risorse, si è sviluppato in seguito alla Rivoluzione Industriale, quando la domanda di materie prime e di risorse energetiche si fece molto consistente. Da quel momento è cresciuta sempre più fino a costituire, ai giorni nostri, un problema di notevole entità. Oggi si sa bene che lo sviluppo tecnologico e industriale non può essere illimitato, ma deve essere sostenibile, ovvero adeguato alla disponibilità di risorse e alla salvaguardia dell'ambiente. Oggi il concetto di esauribilità, è inteso come quantità di tempo necessario per consumare una quota notevole di un dato materiale, di solito 80%. Per coerenza a questo concetto, sono ormai ritenute essenziali, per ogni paese avanzato, le politiche di risparmio energetico e i nuovi sistemi di produzione, come sostituzione o riciclaggio delle risorse minerarie e la ricerca di energie e risorse alternative.

U.D.7: Le regioni di produzione e di consumo

Le risorse minerarie esistenti sulla Terra sono enormi e molte di esse sono sfruttabili. La loro distribuzione, tuttavia, non è affatto omogenea. Molti paesi del Terzo Mondo, ricchissimi di minerali, non hanno i mezzi e le capacità di utilizzarli, cosicché li esportano grezzi ai paesi avanzati, che al contrario sono spesso carenti di materie prime, ma sono in grado di elaborarle e ne fanno un uso cospicuo. Le zone più ricche di giacimenti minerari sono: l'Africa centro-meridionale; l'America settentrionale; la Russia; l'Europa occidentale e il Giappone. I Paesi più industrializzati sono forti importatori di risorse minerarie, ma mentre alcuni di loro, come il Giappone e i paesi dell'Unione Europea, sono obbligati ad acquistare minerali che non posseggono, altri, come gli Stati Uniti, acquistano anche i minerali di cui sono provvisti per conservare le proprie riserve.

U.D.8: Fonti di energia e consumi energetici; le varie forme di produzione energetica:

idroelettrica, da carbone, da idrocarburi, nucleare.

Le fonti energetiche alla base delle moderne attività economiche e sociali sono di natura diversa: carbonifera, petrolifera, gassosa, nucleare. Lo sfruttamento e l'utilizzo di queste fonti, essendo non rinnovabili, si ripercuotono sulla riduzione delle risorse disponibili e sull'inquinamento dell'ambiente naturale. A queste si devono aggiungere le cosiddette "fonti alternative", o rinnovabili, il cui utilizzo, non altera direttamente l'equilibrio ambientale (fra queste rientrano l'energia idrica, solare, geotermica, eolica).

Le fonti di energia a cui l'uomo attinge maggiormente sono, il carbone, il petrolio, il gas naturale e l'uranio.

Il carbone ha rappresentato la più importante fonte di energia fino alla prima guerra mondiale, sostituito poi dal gas naturale e dal petrolio. I consumi di quest'ultimo sono andati poi aumentando sempre più, fino alla crisi energetica del 1973, che stimolò la ricerca e l'attuazione di politiche di risparmio energetico anche attraverso un più esteso utilizzo di fonti di energia alternativa. Il carbone è il residuo della combustione di sostanze organiche vegetali e animali, combustibile a sua volta, e contiene soprattutto carbonio. E' ben distribuito nel mondo ed è a basso costo, ma ha lo svantaggio di essere molto inquinante, fattore in parte risolto dalla distillazione, che permette di ottenere un gas, che è più facile da trasportare e meno inquinante.

Il petrolio è un combustibile liquido naturale, estratto greggio e successivamente raffinato.

Le maggiori riserve si trovano in Medio Oriente, nell'America meridionale e nei paesi dell'Est europeo; di minori riserve dispone il mondo industrializzato, che ne fa però il maggior uso. Dagli anni Settanta, sono state messe a punto tecniche per la scoperta di nuovi giacimenti e per migliorare lo sfruttamento di quelli già noti, cosicché le riserve petrolifere mondiali sono aumentate.

Il gas naturale si distingue in gas associato e in gas non associato, cioè che non si trova a contatto con il petrolio. I maggiori produttori sono i paesi dell'Est, seguiti dagli Stati Uniti e dall'Europa occidentale. Il gas naturale è utilizzato per la produzione di energia elettrica nelle centrali termiche, come materia chimica nell'industria petrolchimica e come combustibile per usi civili e domestici. Le sue riserve sono assai cospicue e il suo consumo mondiale è in costante aumento.

L'energia nucleare è quell'energia che si libera dalla materia come reazione tra le particelle (atomi) che la costituiscono, per scissione o fissione dei nuclei di elementi pesanti (uranio, torio) o per unione o fusione di nuclei di elementi leggeri (idrogeno, elio). Questa forma di energia, cominciò ad essere utilizzata nel dopoguerra, nata dalla riconversione civile delle conoscenze dell'industria militare produttrice delle armi atomiche. La costruzione di centrali nucleari, iniziata negli anni Cinquanta, fu salutata come la soluzione definitiva a tutti i problemi di approvvigionamento energetico, soprattutto in quei paesi industrializzati che non disponevano di fonti energetiche fossili. In tale settore furono, quindi, convogliati ingenti investimenti fino a quando, negli anni Settanta e Ottanta, la pericolosità degli impianti e la difficoltà di eliminazione delle scorie radioattive ne hanno messo in discussione l'uso. Nel complesso oggi l'energia nucleare contribuisce in misura ridotta alla produzione energetica totale, benché, in alcuni paesi come la Francia, rivesta tuttora un ruolo molto importante.

Se è vero che le risorse rinnovabili (acqua, Sole, vento, maree, energia geotermica e biomasse) non vengono definitivamente distrutte dall'uso, ma appunto, si rinnovano, è anche vero però che occorre rispettare i tempi di rigenerazione di tali risorse: quindi è essenziale che l'uso di qualsiasi risorsa sulla Terra, sia oculato e controllato.

U.D.9: Le fonti energetiche alternative

Negli anni Settanta e Ottanta del Novecento, la preoccupazione per il futuro della situazione energetica mondiale determinò un crescente interesse per le tecnologie di produzione dell’energia da fonti rinnovabili. Oggi le cosiddette fonti alternative corrispondono solo ad una piccola frazione della produzione mondiale di energia, ma in alcune regioni e mercati hanno acquisito maggiore importanza.

L'energia idrica è l'unica fonte rinnovabile in uso da molti decenni che copra una quota rilevante delle richieste energetiche. E' una forma di energia "pulita", non emette cioè sostanze inquinanti ai danni dell'ambiente. Praticamente tutti i Paesi, con l'eccezione di quelli desertici e perciò privi d'acqua, si sono dotati di centrali idroelettriche. Nei Paesi in via di sviluppo, esistono ancora notevoli potenzialità che però, per essere sviluppate, richiedono l'investimento di grandi capitali.

La restante quota del fabbisogno energetico mondiale è coperta 1) dall'energia solare, il Sole è la fonte diretta delle principali fonti di energia utilizzate dall’uomo. L’energia derivante dall’irraggiamento al suolo costituisce un serbatoio immenso di energia pulita, rinnovabile e a costo zero come materia prima. Ma non tutta la superficie terrestre risulta omogeneamente irraggiata dal Sole; da questo punto di vista la fascia intertropicale risulta avvantaggiata rispetto alle regioni collocate a latitudini medio-alte. Lo sfruttamento dell’energia solare si basa su due procedimento tecnologici. Quello solare termico a bassa temperatura, un sistema basato su collettori impiegati per lo più per la produzione di acqua calda, e la conversione fotovoltaica, in cui l’energia solare viene assorbita da particolari materiale, i semiconduttori di silicio, che generano energia senza produrre alcun inquinamento nè rumore. 2) dall'energia eolica, ovvero energia fornita dal vento¸tre elementi giocano a favore di questo tipo di energia: è assolutamente pulita, è rinnovabile, la materia prima (vento) è a costo zero. Di contro tre fattori sembrano contrastare il massiccio ricorso all’energia eolica: uno geografico e gli altri due tecnologici. Non tutti i luoghi del pianeta terra risultano idonei all’installazione di impianti eolici, per l’irregolarità che caratterizza la circolazione dell’aria atmosferica in certe regioni o per la debolezza dei venti.

A volte invece, zone potenzialmente favorevoli dal punto di vista dell’abbondanza e della regolarità della risorsa vento, non rivestono alcun interesse economico, infine la tecnologia sinora elaborata non consente di creare stazioni eoliche in grado di fornire grandi quantitatici di energia a meno di non coprire con gli impianti aree eccessivamente vaste; 3) dall'energia maremotrice sfruttata soprattutto dai paesi che si affacciano sul mare (Francia) generata dalle forze gravitazionali e rotazionali che agiscono sul nostro pianeta; 4) dall'energia geotermica, che sfrutta il calore interno della Terra, per cui le arre più favorevoli sono quelle di natura vulcanica, con vulcanismo attuale o recente; nelle sue possibilità di sviluppo l’energia geotermica è condizionata da vincoli geografici, sia in termini di localizzazione degli impianti (arre geologicamente attive), sia perché occorrono temperature abbastanza elevate, per rendere economicamente conveniente lo sfruttamento ai fini della produzione di energia elettrica. 5) dell'energia della biomassa, prodotta dalla combustione o fermentazione di residui organici. La biomassa si ricava: - da residui inutilizzabili di produzioni destinate all’alimentazione umana o animale; - da piante coltivate proprio per scopi sia energetici che alimentari; - da materiale legnoso di scarto

U. D.5 I concetti di risorse, riserve e giacimenti

Le risorse naturali sono molto varie e hanno qualità assai diverse fra loro. In generale le risorse si differenziano per accessibilità: alcune sono fruibili con facilità, altre no, oppure la stessa risorsa può esserlo in misura differente in luoghi diversi della Terra; durata: alcune risorse sono rinnovabili e quindi disponibili nel tempo; altre, invece sono esauribili (non rinnovabili) a breve, medio o lungo termine. Per esempio l'acqua e la vegetazione sono rinnovabili, i combustibili fossili sono considerati esauribili, perché il loro tempo di ricostituzione è superiore alla scala di vita dell'uomo; possibilità di riutilizzo: alcune risorse sono riciclabili, altre no. Esistono numerose classificazioni delle risorse, per esempio se si considera il rapporto con l'attività produttiva dell'uomo, le risorse possono essere distinte in: materie prime o stock che indicano la totalità di tutti i materiali esistenti sulla Terra (organismi biologici, corpi inanimati), anche quando non vengono utilizzati dall'uomo; risorse, qualunque prodotto o mezzo che possa soddisfare un bisogno, necessario o meno, dell'uomo; le riserve invece sono quella parte delle risorse che sono effettivamente disponibili e per le quali esistono le condizioni tecnologiche, economiche e politiche per il foro sfruttamento in un determinato periodo storico. Le riserve costituiscono pertanto solo una parte delle risorse. La stessa risorsa può diventare una riserva nel momento in cui viene scoperto un nuovo modo per ottenerla o di utilizzarla. E' il caso dei petrolio, conosciuto già dagli antichi romani, che però, non sapendo come utilizzarlo, lo consideravano inutile. In seguito fu usato soltanto in piccole dosi come combustibile, giacché non si conosceva il modo di procurarsene grandi quantitativi, fatto che si realizzò alla metà dei XIX secolo a seguito delle prime trivellazioni di pozzi petroliferi, che portò il petrolio a diventare uno dei prodotti fondamentali dei mondo industrializzato. Se consideriamo le risorse in funzione della loro provenienza e dei loro impiego, esse possono essere distinte in: risorse ambientali e sono l'acqua, il suolo, il clima e la vegetazione; risorse energetiche che comprendono tutte le fonti di energia, dai combustibili fossili, all'uranio, dall'energia solare all'energia geotermica,

dalla biomassa ai rifiuti; risorse minerarie che comprendono tutti i prodotti del sottosuolo e dei fondali marini.

In particolare in questo corso di Geografia Economica Generale, ci occuperemo delle risorse minerarie ed energetiche.

Le risorse minerarie sfruttate a fini economici, si presentano sotto forma di giacimenti, cioè accumuli di materiali utili, di dimensioni e forme diverse. I giacimenti possono essere di superficie, più facilmente sfruttabili e l'estrazione è definita in questo caso a cielo aperto, o in profondità, e l'estrazione consiste nella costruzione di tunnel sotterranei da cui si dipartono gallerie e condotte che seguono la disposizione delle vene.

Dall'attività mineraria si ricava il minerale grezzo, che viene, in seguito, valorizzato e trasformato in prodotto commerciabile in impianti situati presso le miniere.

Modulo n° 3: Il settore primario

U.D.1: Origine ed evoluzione dell'agricoltura Con l'espressione settore primario si intendono tutte quelle attività che sono state organizzate per prime dall'uomo nel corso della sua storia, ovvero le attività forestali, la pesca, l'allevamento, e in particolar modo l'agricoltura. Il settore primario fornisce anche le materie prime indispensabili per il nutrimento di tutti i viventi. L'agricoltura è stata per moltissimi secoli la più importante attività economica. Dalla sua scoperta, nel Neolitico, fino alla "Rivoluzione industriale", ha rappresentato il settore trainante dello sviluppo economico e il principale ambito di occupazione. Oggi l'importanza dell'agricoltura è diversa a seconda dei grado di sviluppo dei Paesi: in quelli ricchi l'agricoltura contribuisce in misura ridotta alla formazione dei Prodotto interno tordo (PIL) e dà lavoro a un numero limitato di persone. Nei Paesi in via di sviluppo, invece, il settore agricolo, contribuisce ancora in misura determinante alla formazione del reddito nazionale e occupa numerosi addetti.

U.D.2 :Agricoltura intensiva ed estensiva In base a diversi fattori di carattere tecnico ed economico si possono distinguere due forme fondamentali di agricoltura: estensiva e intensiva. L'agricoltura estensiva è caratteristica di regioni poco popolate, come gli Stati Uniti centrali, il Canada o le praterie argentine. Essa viene praticata su superfici vastissime, destinate soprattutto al pascolo o alla cerealicoltura, con scarsi investimenti di capitali, tecnologie e lavoro umano, e conseguentemente con ricavi limitati per unità di superficie, tuttavia il profitto è assicurato dalla vastità dei terreni messi a coltura. L'agricoltura intensiva, invece, è un sistema che tende a sfruttare al massimo le capacità produttive dei suolo, ed è tipica di zone densamente popolate, come i Paesi

Bassi o le riviere italiane. Caratterizzata da forti investimenti di capitali e di lavoro e dall'adozione di tecniche avanzate, è strettamente legata alle industrie di trasformazione dei prodotti agricoli.

U.D.3: I condizionamenti naturali e le condizioni tecnologiche La principale caratteristica dei settore primario è la sua stretta dipendenza dai fattori naturali e dall'ambiente. Questo vale in particolar modo per l'agricoltura, le cui caratteristiche sono strettamente determinate dai fattori climatici (temperatura, umidità, insolazione ecc.), dal rilievo (altitudine, pendenza del terreno) e dai tipi di suolo. Il peso dei condizionamenti naturali in agricoltura è però gradualmente diminuito, nel corso della storia, grazie ai progressi tecnologici, che hanno avuto l'importante funzione di estendere i coltivi e, soprattutto, di accrescerne la produttività, dapprima con i sistemi di rotazione delle colture, poi con l'introduzione dei foraggi, con l'uso dei fertilizzanti chimici e con la pratica della coltivazione meccanizzata che ha accresciuto di molto la produttività dei lavoro.

U.D.4: Le nuove frontiere tecnologiche Negli ultimi decenni, una rivoluzione nelle tecniche agricole, è stata prodotta dallo sviluppo delle biotecnologie. Con questo termine si comprendono tutte le tecnologie che permettono di trasferire geni da una specie all'altra e creare nuovi organismi viventi; questi rispetto agli organismi di partenza, presentano una serie dì vantaggi: una maggiore resistenza agli agenti patogeni (batteri e parassiti) o agli sbalzi climatici, una elevata capacità dì adattamento a terreni particolarmente ricchi di sali; una produttività più abbondante e di migliore qualità; un ciclo vegetativo più breve che consente più raccolti l'anno.

U.D.5: L'agricoltura di sussistenza L'attività agricola contemporanea, si svolge nel mondo in forme diverse che dipendono non solo da fattori fisici e tecnici, ma soprattutto dalle caratteristiche dei sistemi economici in cui l'agricoltura è inserita. Infatti l'organizzazione territoriale degli spazi agricoli, può essere conseguenza dei diverso grado di meccanizzazione, dell'organizzazione delle società rurali, degli obiettivi che si prefiggono gli stessi produttori (per esempio l'autoconsumo oppure la vendita dei prodotti della terra sui mercati). Per semplificare, è opportuno raggruppare le numerose forme di agricoltura presenti sul pianeta in quattro grandi tipologie, ciascuna delle quali presenta specifici caratteri tecnici, organizzativi e geografici: l'agricoltura di sussistenza, e quella speculativa di piantagione, diffuse essenzialmente nei paesi sottosviluppati; l'agricoltura capitalistica dei grandi spazi e l'agricoltura commerciale contadina, caratteristiche dei paesi sviluppati a economia di mercato. L'agricoltura di sussistenza, che in senso stretto è la forma originaria assunta dall'attività, è caratterizzata in primo luogo dal fatto di non essere orientata verso il mercato, quindi non produce alcuno scambio di carattere monetario. Essa infatti è destinata al soddisfacimento dei bisogni alimentari delle famiglie dei coltivatori e comprende le attività praticate sia da società tribali sia da strati più o meno larghi dì popolazione in paesi in via di sviluppo. Comune è la bassa produttività e per converso l'elevato apporto di lavoro umano; vi predomina l'associazione di più colture (policolturale), benché dominanti siano quelle cerealicole (grano, mais e cereali minori). Gli strumenti di lavoro sono molto semplici e mossi ancora dall'uomo o dalla forza animale.

U.D.6: L'agricoltura di piantagione e speculativa nei paesi sottosviluppati L'agricoltura di piantagione (chiamata anche speculativa), di tipo monocolturale è diffusa nella fascia tropicale, quindi prevalentemente in paesi in via di sviluppo (America centrale e insulare, il Sud-Est dei Brasile, la vasta regione prospiciente il Golfo di Guinea; l'Asia sud-orientale, Malaysia e Indonesia). Basata su aziende dì considerevole estensione,

l'agricoltura di piantagione trova la propria origine nelle vicende della colonizzazione europea e risulta tuttora caratterizzata dalla sensibile incidenza della proprietà straniera, spesso concentrata nelle mani di poche multinazionali europee o statunitensi che hanno trovato vantaggioso investire i propri capitali nelle agricolture dei Paesi poveri o di quelli in via di sviluppo, attirate sia dal basso costo della terra sia da quello ancor più basso dei lavoro. In quanto fornitrice esclusivamente di prodotti tropicali (caucciù, cotone) e di frutti tropicali (banane, ananas, cocco, caffè, tè, cacao, arachidi, canna da zucchero), in parte di scarso valore nutritivo, essa non risponde alle esigenze alimentari locali ma viene esercitata solo in funzione dei mercati esteri.

U.D.7: L'agricoltura capitalistica dei grandi spazi Agricoltura capitalistica dei grandi spazi. In alcune realtà territoriali, individuabili nelle aree più avanzate dei paesi europei, nell'America dei Nord e in Australia, l'agricoltura assume caratteristiche organizzative e di integrazione con le attività di trasformazione dei prodotti tale da farne quasi un'attività industriale. La differenza fondamentale rispetto alla forma più comune di agricoltura commerciale è rappresentata dalla dimensione delle aziende, ma il tratto più caratteristico é però il rapporto di questo tipo di agricoltura con il settore industriale; essa infatti é soprattutto fornitrice di materie prime per società agro-alimentari che costituiscono talvolta gruppi finanziari di dimensioni sovranazionali. All'interno dei sistemi agro-industriali perdono importanza 1 confini regionali e le operazioni si allargano a scala mondiale. Il dominio del11ndustria sull'agricoltura è totale e si esprime sia nella fase iniziale della produzione, sia nella fase finale quando provvede ad assorbire il raccolto, a immagazzinarlo, a trasformarlo e a collocarlo sul mercato distribuendo ai consumatori i prodotti finali. Fra le principali imprese agro-industriali del mondo vi sono l'anglo-olandese Unilever, la svizzera Nestlé, la statunitense Philips Morris (che opera con la Kraft General Foods) e, nel campo dei surgelati, la Findus.

U.D.8: L'agricoltura commerciale contadina L'agricoltura commerciale contadina, coinvolge oggi praticamente tutta l'attività primaria dei paesi industrializzati, dal momento che almeno il 50% dei foro prodotti è rivolto alla vendita. Infatti, sebbene uno dei suoi elementi caratterizzanti è la conduzIone familiare, da parte sia degli stessi proprietari, sia di terzi, rispetto all'agricoltura tradizionale più arretrata, si distingue per il suo orientamento al mercato, per il livello di meccanizzazione e l'ampio ricorso ai prodotti della ricerca scientifica (sementi, fitofarmaci, fertilizzanti) che hanno permesso un notevole incremento della produttività, a fronte di un accentuato calo degli addetti. Si tratta di un'attività che spesso gode di generosi sussidi o forme varie di protezione da parte di Stati più avanzati; gli esempi più significativi sono quelli dei paesi aderenti all'Unione europea e il Giappone. Per quanto detto si tratta di un'agricoltura decisamente intensiva, od alto investimento di capitali e capace di alta produttività.

Modulo n° 4: Il settore secondario

U. D.1 Le attività manifatturiere; la formazione delle prime aree industriali Con la Rivoluzione Industriale, dopo le grandi scoperte scientifiche dei secoli XVII e XVIII, i sistemi produttivi si trasformarono: i beni di consumo non vennero più prodotti manualmente nei laboratori artigianali ma con l'aiuto dei macchinari nelle fabbriche, costruite con lo scopo di riunire e ottimizzare le fasi produttive. La Rivoluzione Industriale può essere suddivisa in varie fasi. Una prima fase vide l'avvio in Inghilterra, dove, grazie alle scoperte scientifiche e all'invenzione di nuovi macchinari agricoli, molta manodopera impiegata per il lavoro nei campi si rese disponibile per il lavoro nelle industrie, presso i centri minerari (di carbone, principale fonte energetica della nascente industria). Molteplici furono le conseguenze per la nascita del capitalismo e le più importanti furono: l'estensione dei mercati, la creazione di nuove città industriali e la nascita della classe operaia.

Si avvantaggiarono della nuova situazione soprattutto i settori tessile e estrattivo. Anche l'organizzazione del territorio subì una profonda trasformazione a causa dell'abbandono delle campagne e dell'insediamento di nuove realtà urbane. Una seconda fase della Rivoluzione industriale, iniziata alla fine del XIX secolo e caratterizzata dall'utilizzo di nuove fonti energetiche (petrolio, ecc.), vide l'affermazione definitiva delle nuove tecniche produttive anche in altri paesi europei (Germania, Francia, Russia, Svezia, Italia) ed extraeuropei (Stati Uniti e Giappone). La terza fase infine, iniziata dopo la seconda guerra mondiale, ha visto nascere nuovi poli industriali localizzati in regioni geografiche fino ad allora marginali (fenomeno della localizzazione). Tra i paesi di nuova industrializzazione ricordiamo l'India, il Brasile, e i paesi dell'ex Unione Sovietica. Attualmente si assiste a una nuova fase dell'industrializzazione (terza fase), caratterizzata da una vera e propria globalizzazione dell'economia. Le attività industriali (o manifatturiere) si possono distinguere in: - le industrie di base, tra le quali ricordiamo l'industria siderurgica, metallurgica, e chimica primaria; - L'industria manifatturiera, che comprende l'industria dei beni strumentali (tra cui quella meccanica, elettrotecnica ed elettronica); - l'industria dei beni di consumo durevoli (tra cui l'industria tessile, meccanica, per la costruzione di elettrodomestici; -l'industria dei beni di consumo immediato (tra cui l'industria alimentare, farmaceutica e dei tabacchi).

U.D.2: Aree industriali e processi agglomerativi; Concentrazione e diffusione industriale I principali fattori che hanno influito sulla localizzazione industriale sono sostanzialmente tre: naturali, dovuti alla vicinanza alle fonti energetiche o alle zone di approvvigionamento di materie prime, alla presenza di acqua,

alla disponibilità di abbondante manodopera; economici, dovuti alla presenza di infrastrutture e servizi, di reti di comunicazione, di condizioni ambientali idonee; alle richieste di mercato, all'accoglienza favorevole da parte delle popolazioni locali; politici, dovuti alle scelte governative favorevoli all'insediamento industriale, come per esempio, le politiche degli sgravi fiscali, delle facilitazioni finanziarie, ecc. Lo sviluppo e la localizzazione industriale, invece, in quest'ultima fase dell'industrializzazione, avvengono a causa di altri fattori; tra i più importanti si ricordano: la realizzazione delle economie di scala cioè l'abbassamento dei costi di produzione attraverso la standardizzazione del processo lavorativo e l'ampliamento degli impianti. Allo scopo di ridurre i costi di produzione dei manufatti, può accadere che una determinata area geografica si specializzi in uno o più settori produttivi. Si creano così una serie di industrie e di servizi strettamente collegati (stesse infrastrutture, strade, ferrovie, impianti elettrici, banche, centri finanziari, uffici marketing, pubblicità). In Italia si hanno molti esempi di aree di agglomerazione specializzate in uno o più prodotti: l'industria dell'arredamento in Brianza, quella degli occhiali in Cadore, delle piastrelle a Sassuolo, dei tessuti a Carpi, dell'automobile a Torino ecc.

U.D.3: Decentramento produttivo e rilocalizzazione Con il passare del tempo, a causa di fattori diversi, come l'aumento dei costi dei terreni, delle materie prime, dei salari, la progressiva perdita di funzionalità dei servizi (per congestione), l'inquinamento atmosferico e così via, la concentrazione delle attività produttive in aree specializzate può non offrire più i vantaggi iniziali. Si avviano perciò quei processi di deglomerazione ovvero di decentramento degli impianti produttivi. I primi settori industriali ad attuare la deglomerazione furono, quello elettronico e delle telecomunicazioni, oltre a quello tessile e dell'abbigliamento. Lo smantellamento del vecchio apparato industriale ha così favorito, oltre l'industrializzazione di zone economicamente depresse, anche la creazione sul territorio originario di piccole e medie aziende, generalmente specializzate in una o più fasi produttive. Così, per esempio, in Italia, un processo di decentramento è stato attuato dalla FIAT, che ha impiantato stabilimenti lontano da Torino, nel sud dell'Italia.

U.D.4: Grandi e piccole imprese; Le imprese industriali multinazionali e le imprese globali La prima fondamentale distinzione fra grandi e piccole imprese è la capacità di questi due gruppi di organizzare il proprio ciclo di produzione e quindi di incidere sull’organizzazione del sistema economico-sociale nel suo complesso. Di regola, le imprese operanti nel mercato vengono distinte dimensionalmente in rapporto al numero di occupati: fra le grandi rientrerebbero le imprese con oltre 500 addetti, quelle con occupazione compresa fra i 50 e i 500 addetti sono classificate come medie imprese, mentre rientrerebbero fra le piccole imprese le unità con meno di 50 occupati. Si tratta comunque di una distinzione molto generale, in quanto non tiene conto dei caratteri intrinseci delle varie imprese: per esempio, una piccola o media impresa altamente meccanizzata può realizzare volumi produttivi e fatturati superiori a una grande impresa, operante nello stesso settore ma basata essenzialmente sul lavoro manuale (paesi sottosviluppati). Importanza fondamentale in questa fase, hanno assunto, e andranno sempre più assumendo in futuro, le multinazionali. Sono aziende di grandi dimensioni con sedi e stabilimenti in vari paesi. Il successo di un'azienda, conduce, inevitabilmente, all'espansione dell'azienda stessa, che tende a imporre i propri prodotti su mercati sempre più vasti, al fine di consolidare le proprie posizioni di oligopolio e sfruttare al meglio le differenti condizioni in grado di favorire la produzione (regimi fiscali favorevoli, basso costo della manodopera, disponibilità di materie prime): nascono così appunto le multinazionali, che assorbono aziende concorrenti e ne creano altre simili. Le multinazionali, soprattutto quelle statunitensi, fanno sentire il loro peso nell'economia mondiale. I settori più importanti in cui operano le multinazionali statunitensi sono quello elettronico-informatico (IBM), automobilistico (General Motors, Ford, Chrysler), petrolifero (Exxon, Mobil) e alimentare (Coca-Cola, Kraft). Nel settore della lavorazione dei prodotti agricoli per l'alimentazione e della produzione di saponi e detersivi, un esempio europeo, è rappresentato dalla Unilever, gigante a livello mondiale di origine anglo-olandese. In Italia la più importante multinazionale è la FIAT, azienda che produce non solo autovetture (anche con i marchi Lancia, Alfa Romeo, Innocenti, Ferrari) e veicoli industriali (IVECO, FIAT Trattori), ma è anche presente in

alcuni comparti del settore dei servizi, come quello assicurativo (Toro, Augusta), della grande distribuzione (Rinascente) e dell'informazione (La Stampa).

Modulo n. 5: Il settore terziario

U.D.1: Il settore terziario nell’economia Si definiscono terziarie quelle attività che, a differenza di quelle riferibili ai settori primario e secondario, non producono direttamente beni materiali, ma si pongono al loro servizio. Esse hanno conosciuto uno sviluppo sempre più impetuoso solo recentemente, nelle società più avanzate, che sono state proprio per questa ragione definite società postindustriali. La caratteristica di queste attività, infatti, oltre a essere quella di fornire servizi alle attività primarie e alla vita sociale in genere, è quella di avere come base non la manualità, bensì gli aspetti organizzativi, il progresso tecnologico e, soprattutto, l'intelligenza dell'uomo.

U.D.2: Classificazione delle attività terziarie; Le attività quaternarie Risulta difficile una classificazione delle attività terziarie, che può in genere basarsi sulla individuazione di rapporti oppositivi tra le varie componenti. Si suole distinguere comunque, un terziario tradizionale, caratterizzato da attività sempre esistite nel corso della storia, come il commercio, i trasporti, l'istruzione, il servizio militare, lo spettacolo e la ristorazione, e un terziario moderno, caratterizzato invece dalla presenza della tecnologia avanzata, in particolare computer e televisione. Altra classificazione di base è quella

tra terziario pubblico (collettivo, sociale e non concorrenziale) e terziario privato (economico e concorrenziale). Il terziario ha poi varie funzioni: di distribuzione, di circolazione e di riproduzione. A partire dagli anni Settanta è stato individuato un nuovo settore all'interno delle attività terziarie, il quaternario. Si tratta di attività particolarmente complesse e strategiche, tipiche delle metropoli, che hanno la capacità di gestire e condizionare lo sviluppo economico-sociale: si tratta di tutti quei compiti di ideazione, di controllo e di organizzazione dei circuiti di produzione, che implicano analisi, decisionalità e servizi rari (come per esempio l'istruzione superiore). E' definito anche terziario di comando o superiore. Il terziario si è accresciuto notevolmente a partire dal secondo dopoguerra, soprattutto grazie all'espansione della pubblica amministrazione, ovvero del complesso degli enti a cui lo Stato affida compiti d'interesse generale. Normalmente lo Stato, nei paesi avanzati, promuove il terziario con il sistema assistenziale, con il sistema sanitario, con la pubblica istruzione e con vari interventi nel settore secondario (in Italia, per esempio, con le partecipazioni statali). Ma lo sviluppo del terziario è stato promosso, oltre che dai servizi collettivi, anche dai servizi alle imprese, ovvero ausiliari alle attività produttive, che supportano la produzione industriale.

U.D.3: La distribuzione dei servizi sul territorio La localizzazione delle attività terziarie si ha tradizionalmente nella città. Anzi, si può dire che tali attività siano i fattori caratterizzanti dell'ambiente cittadino, dove si concentrano tutte quelle attività terziarie "rare" dette di base. La concentrazione più o meno intensa di queste attività in un centro cittadino determina la posizione di quest'ultimo a un certo livello della scala gerarchica dei centri urbani, che va dalle località centrali alle località che invece subiscono l'attrazione di quest'ultime e che sono da esse dipendenti. U.D.4: Scambi internazionali e apertura commerciale; Le due tendenze recenti: globalizzazione e regionalizzazione

Soprattutto dopo la Rivoluzione industriale, con l'avvento del motore applicato ai mezzi di locomozione, il sistema delle comunicazioni si è sempre più articolato perché alle vie d'acqua fluviali e marittime e alle strade adatte a un traffico limitato si sono a mano a mano aggiunte le linee ferroviarie, le autostrade e più tardi le infrastrutture richieste dal traffico aereo, creando un sistema interconnesso che ha una sempre più intensa funzione di scambio e di relazione. Tra i fattori di crescita del commercio i più importanti sono: a) l'aumento della capacità produttiva dei paesi industrializzati; b) la riduzione dei costi di trasporto sulle lunghe distanze; c) le facilitazioni derivanti dagli accordi economici tra i gruppi di Stati; d) l'affermazione di imprese private multinazionali che operano su scala mondiale. Le associazioni e i trattati commerciali internazionali nel corso degli anni si sono moltiplicati e hanno svolto ruoli importanti inizialmente soprattutto a livello regionale, poi a livello mondiale. Una tra le più note e importanti associazioni commerciali è stata la CEE (Comunità Economica Europea), evoluzione dell'originario MEC (Mercato Europeo Comune), che partendo da accordi commerciali ed economici fra gli Stati membri (che all'origine erano 6 e dal 1995 sono 15), si è trasformata in UE (Unione Europea). Altre associazioni internazionali fondate su basi economico-commerciali sono: il NAFTA (North American Free Trade Agreement), costituito da Canada, Stati Uniti e Messico; il MERCOSUR (Mercato Comune del Cono Sud), cui partecipano Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. U.D.4: Scambi internazionali e apertura commerciale; Le due tendenze recenti: globalizzazione e regionalizzazione Soprattutto dopo la Rivoluzione industriale, con l'avvento del motore applicato ai mezzi di locomozione, il sistema delle comunicazioni si è sempre più articolato perché alle vie d'acqua fluviali e marittime e alle strade adatte a un traffico limitato si sono a mano a mano aggiunte le linee ferroviarie, le autostrade e più tardi le infrastrutture richieste dal traffico aereo, creando un sistema interconnesso che ha una sempre più intensa funzione di scambio e di relazione. Tra i fattori di crescita del commercio i più importanti sono: a) l'aumento della capacità produttiva dei paesi industrializzati; b) la riduzione dei costi di trasporto sulle lunghe distanze; c) le facilitazioni derivanti dagli accordi economici tra i gruppi di Stati; d)

l'affermazione di imprese private multinazionali che operano su scala mondiale. Le associazioni e i trattati commerciali internazionali nel corso degli anni si sono moltiplicati e hanno svolto ruoli importanti inizialmente soprattutto a livello regionale, poi a livello mondiale. Una tra le più note e importanti associazioni commerciali è stata la CEE (Comunità Economica Europea), evoluzione dell'originario MEC (Mercato Europeo Comune), che partendo da accordi commerciali ed economici fra gli Stati membri (che all'origine erano 6 e dal 1995 sono 15), si è trasformata in UE (Unione Europea). Altre associazioni internazionali fondate su basi economico-commerciali sono: il NAFTA (North American Free Trade Agreement), costituito da Canada, Stati Uniti e Messico; il MERCOSUR (Mercato Comune del Cono Sud), cui partecipano Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay.

U.D.6: La circolazione dei capitali Gli scambi mercantili hanno sempre "mosso" merci e denaro fin dall'antichità. Solo di recente, tuttavia, i flussi di denaro per la complessità dei rapporti politici ed economici instauratasi fra i vari paesi e i vari settori produttivi hanno dato origine a un settore finanziario internazionale. Fra gli anni Ottanta e Novanta si è assistito a una finanziarizzazione dell'economia (il potere delle decisioni economiche viene gestito da chi detiene i capitali più che da chi produce i beni di consumo). La deregolamentazione (la cosiddetta deregulation), che è stato un fattore fondamentale per l'instaurarsi di tale fenomeno, ha permesso la crescita, aiutata anche dai rapidi progressi tecnologici nel settore delle comunicazioni e dell'informatica, dei mercati valutari e di conseguenza dell'attività finanziaria delle borse valori e delle banche. L'attività finanziaria negli anni Novanta è stata notevole: le borse valori, che trattano titoli e determinano le quotazioni di tali titoli, attraverso anche l'evoluzione di nuovi strumenti finanziari, quali OPA (offerta a prezzo prefissato) e joint-ventures, hanno assunto importanza sempre maggiore fino a diventare uno fra i principali organi di raccolta del risparmio verso gli investimenti di capitale pubblici e privati. Anche gli istituti di credito hanno visto crescere nel decennio passato e vedono crescere attualmente la loro attività. Sono nate così le banche multinazionali, che operano quasi esclusivamente nei paesi industrializzati, e le banche sopranazionali di settore, come la Banca Mondiale, che invece operano nei paesi in via di sviluppo.