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REGIONE TOSCANA ALLEGATO 1 Programma regionale di sviluppo 2003-2005 Vivere bene in Toscana

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REGIONE TOSCANA

ALLEGATO 1

Programma regionale di sviluppo 2003-2005

Vivere bene in Toscana

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INDICE PERCHE’ UN NUOVO PRS 1. La Toscana una regione della nuova Europa pag. 5 2. C’è un nuovo assetto istituzionale pag. 8 3. C’è un nuovo governo nazionale impegnato in una profonda modifica degli assetti

politici, economici e sociali del paese pag. 9 4. C’è una nuova, incerta e per alcuni versi imprevedibile, congiuntura economica

internazionale pag. 10 5. Dare un nuovo, e più forte, impulso alle politiche per lo sviluppo della qualità

economica, sociale e territoriale della Toscana pag. 12 L’ANALISI pag. 14 LO SCHEMA pag. 15 L’APPROCCIO: La Toscana di fronte alla globalizzazione 1. Prima di tutto vivere bene in Toscana pag. 17 2. Più libertà e cultura nel modello di vita dei toscani pag. 18 3. Più sicurezza e serenità alle famiglie e alle persone pag. 20 4. Diffondere la qualità della vita nei diversi territori e fra i diversi gruppi sociali

pag. 21 5. La qualità della vita si sviluppa con l’innovazione pag. 23 6. Un fattore determinante per l’innovazione: la conoscenza pag. 26 7. Uno strumento determinante per l’innovazione: il rapporto fra pubblico e privato

pag. 28 8. Un’occasione per una innovazione di qualità: la responsabilità sociale delle

imprese pag. 30

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LE STRATEGIE L’organizzazione delle azioni in Programmi integrati e Progetti pilota integrati pag. 32 Le azioni strategiche per l’innovazione Diritti di cittadinanza, coesione sociale e qualità della vita

1. L’innovazione nella sanità: dal piano dell’offerta al piano per la salute dei toscani pag. 40

2. L’innovazione nel welfare pag. 42 3. L’innovazione nella tutela dei beni culturali, nella promozione ed organizzazione

della cultura, nella promozione delle attività sportive pag. 45 4. La sicurezza come fattore di base per una migliore qualità della vita pag. 48 Competenze e occupabilità

5. L’innovazione nell’istruzione, nella formazione e nel lavoro: una politica integrata per l’allargamento delle opportunità degli uomini e delle donne nel mondo del lavoro pag. 51

Competitività dei territori e delle imprese

6. L’innovazione nell’economia: un sostegno mirato al rafforzamento delle imprese e alla qualificazione del contesto locale come fattore competitivo a scala globale pag. 55

7. L’innovazione nel sistema regionale della mobilità pag. 59 Governo delle risorse naturali e tutela della sostenibilità del modello di sviluppo

8. L’innovazione nel governo del territorio: la filosofia del Procedimento Unificato come strumento per garantire snellezza delle procedure e attenzione alla sostenibilità nell’uso delle risorse naturali e del paesaggio pag. 62

9. Un nuovo approccio alle politiche ambientali pag. 67 E-Government, innovazione istituzionale e amministrativa, modello di governance

10. L’innovazione istituzionale: il federalismo in Toscana come elemento strategico della competitività del territorio pag. 70

11. Una condizione per il sostegno all’innovazione: il ruolo del credito e delle risorse finanziarie pag. 72

12. La sostenibilità come vincolo strategico per le politiche regionali e come occasione di innovazione pag. 75

13. Gli strumenti per il governo e la programmazione pag. 79

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GLI STRUMENTI: L’innovazione nel Governo regionale 1. Il procedimento di programmazione come strumento di trasparenza del processo

decisionale e di indirizzo degli interventi pag. 80 1.1 Il riordino degli strumenti di programmazione: Prs, Dpef, Piani settoriali

pag. 80 1.2 Una maggiore integrazione fra gli strumenti di programmazione socio-economica e

gli strumenti di programmazione e pianificazione territoriale pag. 85 1.3 Programmazione locale e regionale: lo snodo della Provincia e la programmazione

negoziata pag. 86 1.4 La programmazione a geometria territoriale variabile e le aree vaste: evitare nuove

“istituzioni” pag. 89 1.5 Il sistema di monitoraggio e di valutazione come supporto alla verifica di

efficienza dei processi e di efficacia degli interventi pag. 90 1.6 Revisione degli strumenti di incentivazione: intervenire flessibilmente secondo gli

obiettivi, evitare di incentivare le attività “spontanee” e privilegiare gli interventi sul sistema pag. 92

2. La macchina regionale e la pubblica amministrazione regionale al servizio degli

obiettivi strategici pag. 93 2.1 La macchina regionale: più flessibilità ed intersettorialità dell’organizzazione

rispetto agli indirizzi di governo, nuove competenze critiche e maggior controllo sui risultati pag. 95

2.2 Motivazioni, incentivazioni e carriere nella macchina regionale pag. 96 2.3 Più efficienza ed integrazione nel sistema della PA allargata pag. 96 2.4 Più e-government, nel quadro di uno sviluppo territoriale della società dell’informazione pag. 97 APPENDICE

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PERCHE’ UN NUOVO PRS 1. La Toscana una regione della nuova Europa L’Europa non è un modello esterno con cui confrontarsi e una istituzione da cui si aspetta una qualche forma di contributo: è, e sarà sempre di più, lo spazio di relazioni privilegiato in cui si inseriscono le scelte fondamentali dello stato italiano e delle diverse realtà regionali.

Appare infatti sempre più chiaro ed evidente come il futuro dell'Italia e delle diverse articolazioni territoriali dello Stato sia legato a doppio filo ai processi di integrazione politica ed istituzionale che dovranno seguire all'avvio del lavoro di integrazione finanziaria e monetaria, che ha trovato nel primo gennaio 2002, con l’avvio dell’Euro, la data simbolica e paradigmatica. Questo stato delle cose prelude alla profonda trasformazione dell’Unione Europea che, nei prossimi anni, si amplierà progressivamente verso i paesi dell’Europa Centrale ed Orientale e verso il Sud (Malta e Cipro). Da questo punto di vista, l'approvazione della Carta dei diritti fondamentali di cittadinanza europea e l'avvio del lavoro per la elaborazione di una vera e propria Costituzione europea rappresentano le sfide del prossimo futuro.

L'interesse delle Regioni per l'Europa è di tutta evidenza ed appare notevolmente rafforzato dalla recente riforma del Titolo V, parte seconda, della Costituzione, che amplia in maniera significativa il quadro delle competenze regionali sul terreno della partecipazione alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e su quello dell'attuazione e dell'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione Europea.

In questa fase l’Europa, con il vertice di Lisbona, ha posto al centro del proprio asse strategico tre obiettivi fondamentali:

a) l’affermazione della società della conoscenza; b) lo sviluppo di un sistema economico innovativo che crea buoni posti di lavoro c) il rafforzamento e la qualificazione del modello europeo di coesione soc iale.

Il tutto, come ribadito nel recente vertice di Goteborg, all’interno di un processo che deve puntare alla sostenibilità :

a) ambientale (mantenimento delle risorse per soddisfare i bisogni delle prossime generazioni),

b) sociale (allargamento del consenso e della partecipazione della popolazione e riconoscimento dei diritti di base)

c) economica (sviluppo economico duraturo e copertura del sistema di welfare nel lungo periodo ).

La Regione Toscana vuole contribuire al raggiungimento degli obiettivi europei a partire dalle proprie caratteristiche e specifiche risorse locali, con l’attivazione di processi di innovazione che sappiano interessare in ampiezza e in profondità l’intero sistema regionale e con l’affermazione di quei principi di coesione e cooperazione sociale e di sostenibilità ambientale che caratterizzano il sistema regione e che sempre di più dovranno caratterizzare il contesto europeo.

Questo processo è coerente con un modello di costruzione “dal basso” dell’Unione Europea che punta al coinvolgimento e alla responsabilizzazione delle Regioni e dei sistemi locali, per la definizione prima e per il raggiungimento poi degli obiettivi a scala continentale, anche attraverso un rafforzamento dei poteri del Comitato delle Regioni. Un modello che si avvale della democrazia delle Regioni e delle istituzioni locali, come riconosce il recente libro bianco sulla governance europea, per avvicinare i cittadini all’Europa e per rafforzare il livello di partecipazione della società civile e dei

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gruppi dirigenti locali alle scelte comunitarie ed evitare così il crescente distacco dalle scelte strategiche che assumono un’importanza centrale per il futuro del continente e dell’intero contesto mondiale. In questa direzione le Regioni si attendono nuovi risultati dalla stessa Convenzione Europea, istituita dal Vertice di Laeken (dicembre 2001), che dovrà proporre le nuove regole di funzionamento dell’Unione Europea.

L’adozione dell’Euro nella vita quotidiana dei cittadini rappresenta già, non solo dal punto di vista economico ma anche come fattore di costruzione di una identità politica, un forte elemento di spinta verso la costruzione politica e sociale dell’Europa e potrà aprire una fase più partecipata alla definizione delle scelte strategiche dell’Unione.

La Toscana, come le altre Regioni europee, deve adeguare al proprio interno gli strumenti di intervento finalizzati a rafforzare il sistema sociale regionale, aumentando l’orientamento di fondo alle linee di azione della programmazione comunitaria, adeguando il proprio sistema di obiettivi, rafforzando la propria capacità di governo, aumentando l’orientamento alla governance in una ottica di cooperazione attiva fra i diversi componenti del sistema sociale e istituzionale toscano.

In questa ottica, la programmazione non potrà più essere intesa come la modalità di agire solo per la spesa delle risorse che sono governate direttamente dall’Ente Regione ma, in un’ottica di collaborazione fra livelli istituzionali e tramite adesione volontaria e concertazione con le diverse parti della società toscana, potrà diventare programmazione del sistema regione, determinando l’orientamento al raggiungimento dei risultati condivisi. Le potenzialità di questo orientamento, oltre che dall’esperienza degli ultimi anni di programmazione comunitaria, si riesce a percepire anche se si guarda allo sbocco in termini di autonomia e decentramento dell’attuale assetto istituzionale e anche al tradizionale orientamento alla partecipazione competitiva e dinamica della Toscana nel contesto comunitario.

La Toscana intende rafforzare il proprio profilo di regione d’Europa con un ruolo attivo nella costruzione di una comunità aperta agli scambi commerciali, demografici e culturali in particolar modo nell’area mediterranea, in rapporto a quei paesi in via di sviluppo che cercano in Europa punti di riferimento per una cooperazione più avanzata. Questa politica è resa possibile ancor di più nel nuovo contesto istituzionale laddove si riconosce che le Regioni, nelle materie di loro competenza, possono partecipare alla formazione e all’attuazione degli atti comunitarie e possono concludere accordi ed intese internazionali.

Tale impostazione è uscita rafforzata dal Summit mondiale per lo sviluppo sostenibile 2002 di Johannesburg che ha aperto anche ai soggetti sub-nazionali, come le Regioni, la possibilità di proporre e di attivare progetti di cooperazione internazionale.

La Toscana è sempre stata una regione aperta al mondo, in termini di relazioni e scambi economici e culturali e di cooperazione internazionale con particolare riferimento ai paesi in via di sviluppo e alle aree di crisi. La Toscana è una terra che accoglie tutti coloro che intendono stabilirvisi per costruire un nuovo futuro, sia che provengano dalle regioni più sviluppate del mondo, sia che fuggano da fame, guerra, violenza e discriminazione, sempre nel rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri, su cui si fonda la possibilità di convivenza delle diverse realtà culturali, razziali e sociali, con la piena consapevolezza che il contributo dell’immigrazione deve essere considerato un fattore importante per lo sviluppo economico, sociale e culturale della regione. La Toscana è anche terra aperta al confronto ed al dialogo fra esperienze, proposte, idealità del mondo contemporaneo presenti anche in altri paesi; vanno in questa direzione gli appuntamenti promossi ogni anno nella nostra regione.

Contemporaneamente, la Toscana intende sviluppare i progetti di cooperazione e di aiuto verso i paesi del Sud del mondo, puntando ad un loro ulteriore potenziamento,

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nella consapevolezza che la cooperazione internazionale è e sarà sempre più importante per lo sviluppo di un sistema mondiale maggiormente coeso e meno minacciato così da azioni terroristiche e da eventi di guerra. Va in questa direzione la progressiva costruzione di un sistema regionale della cooperazione internazionale, capace di mettere assieme, intorno a specifici progetti, gli enti locali, le associazioni di categoria, le organizzazioni non governative, l’associazionismo laico e religioso, il volontariato ed il mondo della ricerca.

Il bacino del Mediterraneo è un’area di primario intervento da parte della Regione, nell’ambito del partenariato mediterraneo promosso dall’Unione Europea, che punta allo sviluppo della cooperazione decentrata e autonoma da parte delle singole collettività regionali e locali. La vocazione mediterranea della Toscana, infatti, affonda le sue radici nella storia della nostra regione, ed è una vocazione alla pace, al dialogo e alla fraternità tra la riva sud e la riva nord del nostro mare.

Da sempre le migrazioni dei popoli in quest’area hanno determinato processi di confronto e contaminazione; da sempre il confronto e lo scambio tra culture diverse hanno rappresentato per la Toscana risorse positive, fattori di crescita culturale ed economica. Nell'epoca della globalizzazione e della comunicazione questo processo si sta rapidamente accentuando. Forte del suo passato multiculturale, come possibilità di apertura ed arricchimento, la Toscana, anche su questo versante, vuole continuare ad essere un importante laboratorio di integrazione sociale e di coabitazione di culture e tradizioni diverse, un ponte tra l’Europa e il Mediterraneo.

Proprio nell’ambito di questo impegno, la Regione Toscana ha avviato l’esperienza del Meeting di San Rossore “From Global to glocial”, per proporre un confronto e una discussione tra istituzioni e movimenti sociali, con il fine condiviso di lavorare per un governo più democratico ed equo del processo di globalizzazione.

Alla base di questo progetto, vi è la convinzione che la spinta etica e di giustizia dei movimenti possa unirsi alla responsabilità e alla concretezza delle istituzioni locali, le quali possono avere un ruolo significativo in quanto più vicine alle esigenze e ai bisogni espressi dai cittadini.

Al riguardo è necessario evitare le schematiche contrapposizioni tra fautori e detrattori della globalizzazione: l’obiettivo deve essere quello di governare la globalizzazione, non lasciarla a se stessa, introdurre criteri democratici capaci di condizionare e regolamentare il libero mercato, che tengano nella giusta considerazione le esigenze dei paesi poveri e quelle della salvaguardia dell’ambiente. La globalizzazione che vogliamo non deve generare paura ma deve garantire la possibilità di vivere in armonia e sicurezza.

La Toscana deve saper stare dentro la globalizzazione con le sue istituzioni della conoscenza, le sue imprese e il suo mondo delle competenze, attraverso uno sviluppo fondato sulla qualità e sui diritti. In questo contesto, la Regione si impegna a sviluppare, d’intesa con i soggetti della concertazione, un “progetto globalizzazione”, che sia modulato sulle caratteristiche del sistema economico e sociale regionale, per cogliere le opportunità che si presentano nel nuovo scenario internazionale.

L’impegno per la cooperazione internazionale della nostra regione è, come detto, determinato e costante, ma oggi la Toscana avverte la necessità di una più incisiva azione politica e di dialogo con gli Stati e le altre Regioni, per utiliz zare la risorsa della cooperazione come strumento privilegiato per una politica di dialogo, di democrazia e di pace.

Pertanto, cogliendo l’occasione eccezionale della sua partecipazione diretta al Summit di Johannesburg, la Regione Toscana ha collaborato attivamente alla costituzione della rete internazionale “The Gauteng declaration – Regional government network” che raggruppa governi regionali di tutti i continenti, ed ha avviato contatti

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con nuovi partners per realizzare insieme progetti sostenibili di cooperazione internazionale, per definire collaborazioni sia nei paesi sviluppati sia nei paesi in via di sviluppo, per verificare le opportunità offerte dagli strumenti multilaterali e bilaterali di partenariato che possono essere sviluppati a tale scopo.

La Regione intende riaffermare un proprio ruolo di promozione dei principi di solidarietà, difesa dei diritti umani, non violenza e civile convivenza, che caratterizzano i tratti fondamentali del sistema di valori e di principi che stanno alla base del modello di società della Toscana. Il Programma regionale di sviluppo (Prs) rafforza il ruolo della Toscana nella costruzione di un sistema di rapporti internazionali più coesi e più improntati alla cooperazione economica e culturale. Inoltre deve essere pensato come il contributo toscano allo sviluppo economico e alla qualificazione sociale e ambientale dell’Europa nella nuova fase, che è caratterizzata dal necessario rafforzamento dei legami politici ed economici dei paesi originari e dall’allargamento e dall’ispessimento delle relazioni con l’est europeo, con i paesi dell’area mediterranea e con il medio oriente.

In questa fase di allargamento la Regione, come soggetto autonomo costituzionalmente riconosciuto, intende giocare un ruolo attivo e intende partecipare a questa impresa per contribuire a definire i caratteri e la direzione del processo. 2. C’è un nuovo assetto istituzionale Alla fine dell’ultima legislatura sono state introdotte importanti modifiche nell’assetto istituzionale delle Regioni verso un impianto decisamente federalista. Con la conferma referendaria della legge costituzionale di modifica del Titolo V, della parte seconda della Costituzione, le Regioni si troveranno a svolgere un ruolo non solo quantitativamente ma anche qualitativamente più importante.

Il ruolo della Regione non si definisce più solo in riferimento alle funzioni assegnate, che peraltro risulteranno sempre più ampie e autonome, ma anche come risultante di un processo di costruzione di una identità regionale da parte di una comunità che chiede, oltre che di essere ben amministrata, anche di essere rappresentata nel contesto dell’evoluzione di una economia e di una società globale.

Per questo occorre sempre di più una rappresentanza politica vicina alle singole comunità locali e allo stesso tempo con caratteri generali in grado di evitare le chiusure campanilistiche che diventano se non pericolose, certamente inconcludenti, rispetto alla scala dei problemi da affrontare.

L’identità che vogliamo rappresentare e difendere di fronte alle tendenze omogenizzanti della globalizzazione non fa riferimento ad un modello toscano chiuso ed autarchico, magari fondato su presunte caratteristiche strutturali di una popolazione toscana definita in qualche modo dal punto di vista antropologic o o, peggio ancora, etnico. Questa sarebbe una impostazione infondata, pericolosa e che non presenta alcuna via di sbocco di fronte ad un mondo che si sta integrando sempre di più. L’identità da rafforzare e sostenere è un concetto dinamico che si arricchisce degli apporti culturali e sociali di chi viene dall’esterno a vivere nella regione e che guarda con interesse e rispetto al di fuori per individuare gli elementi positivi con cui interagire. E’ una identità che si basa su valori e su obiettivi di qualità della vita, storicamente consolidatisi e affermatisi nella regione, ma che non considera l’esterno come una minaccia ma piuttosto come una opportunità di sviluppo e di qualificazione.

La scelta di un federalismo europeistico, cooperativo e solidale definisce le coordinate politiche entro cui la Regione intende operare nei rapporti con le istituzioni nazionali e comunitarie e con le altre Regioni del Paese.

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La Regione sta diventando, per via istituzionale e per via politica, sulla base delle scelte e degli obiettivi che è in grado di porre all’attenzione dell’agenda politica nazionale ed europea, il punto di riferimento della comunità regionale: occorre, anche con il nuovo Prs, rafforzare questo ruolo rendendo espliciti gli strumenti che si intende mettere in atto per il raggiungimento di questo obiettivo.

In altre parole, quello che il nuovo quadro di riferimento istituzionale ed il nuovo Prs determinano è un riposizionamento strategico della Regione. Nel quadro del nuovo pluralismo istituzionale paritario, la Regione diventa un punto di riferimento decisivo per i cittadini e per le comunità locali, per l’ampio spettro dei poteri regolativi, programmatori e di indirizzo che le sono attribuiti, e per le modalità innovative con le quali è chiamata ad organizzare e ad esercitare questi poteri, in attuazione della sussidiarietà. Sempre più essa dovrà volgersi alla realizzazione di un compiuto ed efficace sistema di relazioni a rete, alla elaborazione e alla costruzione di una nuova governance su scala regionale, che possa contribuire in maniera decisiva al funzionamento complessivo del sistema che emerge dalla riforma costituzionale, nel quale assume un ruolo centrale la cooperazione istituzionale tra la Regione e gli enti locali.

In questa ottica diventa rilevante, per migliorare e qualificare il rapporto con i cittadini, i soggetti economici e l’opinione pubblica e per consentire una maggiore partecipazione della comunità alla vita pubblica, puntare su una profonda riforma del proprio apparato amministrativo e su una efficace attività di informazione e di comunicazione istituzionale che si deve avvalere dei più moderni strumenti e servizi basati sullo sviluppo delle tecnologie digitali.

Sono questi i presupposti necessari per occupare, in modo coerente con l'impianto federalistico della Toscana, tutti gli spazi di iniziativa politica ed istituzionale aperti dalla riforma della Costituzione. 3. C’è un nuovo governo nazionale impegnato in una profonda modifica degli assetti politici, economici e sociali del paese Il precedente Prs è stato redatto a pochi mesi dall’insediamento della nuova Giunta regionale in un quadro di governo nazionale politicamente omogeneo, all’interno di un contesto di forte impegno per mantenere il paese dentro il Patto di stabilità per l’ingresso nell’Euro e di deciso impegno riformista sulle grandi tematiche relative al sistema del welfare e del ruolo dello Stato nell’economia e nella società.

La situazione oggi è profondamente cambiata e necessita, da parte del governo regionale, di un cambio di velocità e di indirizzo strategico nell’azione politica e amministrativa. Si tratta di confrontarsi con il governo nazionale mantenendo un atteggiamento di cooperazione istituzionale ma nello stesso tempo sviluppando una corretta autonomia e indip endenza di giudizio e di azione rispetto alle linee di programma e di intervento da questo proposte.

L’attuale governo nazionale sta imprimendo alla società italiana una direzione centrata su un complesso di azioni strategiche che rischiano di incrinare quei necessari compromessi fra le diverse realtà sociali e territoriali su cui si è fondata la coesione del paese, e su valori collegati al desiderio di affermazione e di successo individuale che, in quanto slegati da valori di solidarietà sociale e da attenzione al bene collettivo, rischiano di provocare un abbassamento della qualità della vita e una diminuzione della coesione sociale e della forza dei valori civici diffusi nelle diverse comunità locali.

Si tratta di indirizzi che tendono a far aumentare la distanza economica e sociale fra le classi e a rendere più difficile, non solo dal punto di vista della ricchezza ma anche

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da quello della capacità sociale, il continuo e benefico ricambio fra gruppi e individui nella scala dei ruoli e dei poteri della società.

La Regione Toscana deve dare un impulso maggiore, sia reale che in termini di comunicazione, alla propria azione programmatica perché è diventata nel panorama nazionale un punto di riferimento per le forze economiche e sociali che si sentono ancora impegnate in una coerente e avanzata azione di riforma. Una azione in grado di rafforzare, nell’ambito del necessario processo di modernizzazione del sistema, i connotati caratteristici di un modello di società cooperativa e solidale. Si tratta di valorizzare un modello di società, che tiene insieme affermazione individuale e sviluppo della collettività, che sta alla base dell’identità regionale così come si è venuta costruendo nel corso dello sviluppo più recente, anche attraverso la concertazione, e che rappresenta oggi il tratto specifico della regione di fronte ai rischi di omologazione culturale che sono associati all’attuale processo di globalizzazione.

La Regione punta al rafforzamento di una società aperta e in continuo movimento, dove i ruoli e i poteri siano il più possibile dinamici. Il tutto all’interno di un contesto politico e sociale che, puntando sulla coesione sociale e sulla affermazione piena dei diritti collettivi e individuali, favorisca lo sviluppo dei meriti e delle soggettività, rendendo meno determinante il naturale vantaggio originario di quanti provengono da famiglie e da aree sociali più avvantaggiate. Questo obiettivo richiede, fra l’altro, la messa a disposizione di tutti i cittadini dei principali beni collettivi a sostegno dello sviluppo di propri autonomi progetti di vita e di propri percorsi di crescita professionale (educazione, salute, formazione, assicurazione per eventi anormali, etc).

Occorre puntare ad una società dove le spinte private, necessarie anche se espresse in forme disordinate e non sempre coerenti, trovino nella presenza pubblica, che vogliamo sempre più efficiente ed efficace, un punto di riferimento e di regolazione per evitare la perdita di coesione sociale e lo snaturamento del senso collettivo del vivere in società.

Questo “salto di continuità” rispetto al modello amministrativo più tradizionale della Regione richiede, oltre ad un forte e convergente impulso politico, una capacità di funzionamento della macchina regionale che deve essere sempre di più chiamata a rispondere ad obiettivi di tipo strategico, conformando a questi il modello organizzativo, piuttosto che a procedure di gestione amministrativa. 4. C’è una nuova, incerta e per alcuni versi imprevedibile, congiuntura economica internazionale Il precedente Prs, in linea con le previsioni formulate dalla gran parte degli Istituti di ricerca nazionali e regionali, prevedeva con il 2000 l’inizio di una fase di crescita economica relativamente sostenuta (intorno al 2.5/3.0%) e continua per l’intero quinquennio di durata della legislazione regionale.

Si trattava di una condizione ottimale per trattare dei problemi e delle opportunità di sviluppo economico e occupazionale della regione e per affrontare alcuni dei nodi strutturali dello sviluppo (infrastrutture, interventi per l’ambiente, etc).

La fase attuale è, come tutti sappiamo, modificata non tanto in quanto si annullino le possibilità di una crescita sostenuta e continua nei prossimi anni, cosa che viene considerata ancora possibile (si prevede infatti, nonostante le turbolenze internazionali finanziarie e politiche, una crescita oltre il 2% a partire dal 2003), quanto perché si è notevolmente accresciuto il senso di incertezza e di imprevedibilità sulle tendenze di sviluppo a livello globale. I drammatici fatti dell’11 settembre 2001, oltre al senso di dolore e di paura che hanno prodotto nell’opinione pubblica mondiale, hanno

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certamente rafforzato il senso di incertezza sulle sorti, purtroppo non solo economiche, del sistema internazionale.

Siamo di fronte non solo e non tanto ad una nuova congiuntura economica ma anche, e forse per un lungo periodo, allo stabilirsi di un nuovo ordinamento economico e degli scambi nello scacchiere internazionale.

Questa nuova incertezza, mista allo svilupparsi di nuove opportunità (basti pensare, anche solo come fatto emblematico all’ingresso della Cina nel Wto), deve trovare una risposta adeguata in Toscana: le istituzioni, le imprese e le forze sociali devono saper imprimere al sistema un forte e qualificato impulso all’innovazione che consenta un elevato processo di cooperazione e di collaborazione intorno ad obiettivi condivisi per attenuare gli effetti depressivi e dissuasivi del clima di incertezza internazionale.

Il nuovo Prs vuole essere in questo senso un documento di risposta al clima di incertezza attraverso la messa a punto di strumenti di concertazione e di cooperazione a livello regionale e locale. La Toscana sceglie così di affrontare i nodi strutturali di lungo periodo come risposta principale all’incerto e turbolento alternarsi delle diverse congiunture economiche e finanziarie internazionali.

La caratteristica fondamentale degli strumenti da sperimentare e sviluppare in questo periodo di programmazione è l’efficacia nel raggiungere obiettivi condivisi tramite l’apporto cooperativo, volontario e responsabile dei diversi soggetti sociali e istituzionali coinvolti. Ovvero, la loro efficacia sarà valutata nella loro capacità di superare le secche della inconcludenza e della indeterminatezza di molti dei programmi che, sia a livello nazionale che locale, hanno tentato di affrontare processi di modernizzazione e sviluppo strutturale. Occorre avviarsi verso modelli avanzati di progettazione integrata che consentano la confluenza fra diversi soggetti e fra diverse risorse finanziarie e umane intorno a obiettivi condivisi; che superino inoltre gli ostacoli amministrativi, settoriali, localistici e culturali tramite gli strumenti del partenariato, della qualità della programmazione, della buona amministrazione e della responsabilità sociale.

Dalla domanda internazionale sicuramente verranno opportunità e impulsi per il sistema produttivo regionale (sia per i beni industriali che per i servizi avanzati e il turismo) che andranno colti e trasformati in ricchezza e sostegno ad uno sviluppo duraturo, ma occorre sempre di più entrare nella logica della cooperazione e della progettazione a scala locale come forma forte e stabile di risposta alle turbolenze che provengono dai processi di globalizzazione in atto.

Il profilo instabile dei cicli economici di questi anni sta evidenziando la difficoltà da parte delle Pmi toscane ad adattarsi ai nuovi contesti competitivi disegnati dalla globalizzazione dei mercati. Su questo fenomeno occorre definire una progettualità sul tema della globalizzazione finalizzata a sostenere la rimodulazione delle strategie delle imprese e a rafforzare gli elementi di competitività dei territori.

La crescita economica è un bene collettivo a cui tutti devono e possono contribuire: si tratta di sviluppare tutte le possibili sinergie locali per affrontare con maggiori opportunità la sfida competitiva nel nuovo scenario globale che non può essere lasciata solo alla capacità e alla efficienza interna delle singole imprese ma che deve essere sempre di più affrontata in una logica complessiva di sistema.

Una crescita che deve essere sempre di più caratterizzata dall’immissione di forti elementi di conoscenza, di tecnologia e di professionalità avanzate in grado di contribuire a migliorare il rapporto fra l’incremento del reddito e l’andamento degli indicatori di pressione e di inquinamento ambientale.

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5. Dare un nuovo, e più forte, impulso alle politiche per lo sviluppo della qualità economica, sociale e territoriale della Toscana La Toscana è governata, in una linea di continuità politico programmatica, da forze che si richiamano ai valori della solidarietà, dello sviluppo equilibrato e del senso civico individuale e collettivo della comunità regionale.

Le tematiche dello sviluppo economico, pur importanti e centrali per la tenuta di lungo periodo del sistema nel suo complesso, non hanno mai fatto perdere di vista gli obiettivi legati alla qualità della vita della popolazione e al governo sostenibile delle risorse naturali e territoriali della regione.

Nell’area produttiva, in particolare nel mondo dell’agricoltura e dei beni naturali e culturali ma anche in molti specifici settori industriali e terziari, l’indirizzo politico e gli strumenti attivati a sostegno dell’innovazione dei processi e dei prodotti si sono ben integrati con la naturale spinta dei soggetti economici a rendere riconoscibile il modello toscano per la qualità intrinseca dei prodotti e a fondare su questo “marchio di origine” una parte rilevante (e tendenzialmente crescente nel contesto dell’economia e della società globale) della competitività della Toscana.

Si tratta di rendere questo modello produttivo, sociale e culturale meno legato alla spontaneità dei singoli processi in atto (sia pubblici che privati) e di renderlo, in maniera trasparente e coerente in tutte le sedi, una scelta strategica per la regione.

Per far questo occorre passare dalla logica della qualità come elemento isolato di un segmento produttivo, di un’area di servizi o di un presidio culturale (quel prodotto, quella componente, quell’istituzione pubblica o privata, quel centro di ricerca, etc), alla logica della qualità come prodotto complessivo, congiunto e non separabile, di una serie diversificata e articolata di atti, procedure, comportamenti, conoscenze e tecnologie applicate nei vari segmenti dell’economia e della società regionale.

Un impulso a questo processo può essere dato dal passaggio da modelli di politiche settoriali a modelli di politiche integrate che facciano perno sulla intersettorialità, sul partenariato e sul radicamento con le specificità dei singoli territori della regione (le “Toscane della Toscana”).

Nel campo dell’agricoltura e dello sviluppo rurale una particolare occasione può essere rappresentata dalla revisione, in corso di discussione, della politica agricola comunitaria con il passaggio dalle politiche di sostegno alla produzione e al reddito alle politiche di intervento integrato sui sistemi rurali.

In questa strategia la Regione come istituzione si presenta come uno dei soggetti in campo: non la guida - burocraticamente definita e autoreferente - ma piuttosto il punto di riferimento informato, cosciente e coerente (e quindi legittimato) per un insieme di soggetti pubblici e privati che sviluppano in maniera diffusa e decentrata (e quindi a forte grado di autonomia) innovazione e qualità a tutti i livelli e in tutte le sedi.

La scommessa della Toscana è quella di continuare ad essere un efficace meccanismo di produzione, capace di esportare nel mondo qualità e creatività, ma legando a questo, in un contesto reso sempre più difficile dalla globalizzazione e dai sempre più alti livelli di competitività internazionale, una forte attenzione alla tenuta dell’ambiente e alla qualificazione del lavoro e del sistema sociale.

Il Prs è l’occasione e la sede per questa chiamata collettiva dei soggetti e delle istituzioni che, se portate a sviluppare cooperazione e integrazione da politiche e indirizzi coerenti, possono rafforzare in maniera strategica, cioè al di fuori dell’approssimazione e dello spontaneismo, il modello della competizione di qualità.

Si tratta di un compito non facile: non basta indicare la qualità come obiettivo e produrre, in qualche parte del sistema, fatti ed eventi di eccellenza. Occorre andare più avanti e diffondere in ampiezza ed in profondità questo obiettivo ed i relativi messaggi

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e strumenti operativi. Ed occorre, cosa questa ancora più complessa, non solo innalzare il livello di singoli campioni o di segmenti specializzati nel campo naturalmente più avanzato dell’economia e della ric erca (cosa questa necessaria anche se non sufficiente), ma anche far seguire pratiche che portano a standard di qualità accettabili nelle aree meno avanzate dell’economia e del sistema delle istituzioni e dei servizi sociali (fra i più rilevanti la scuola, l’assistenza sanitaria e sociale, la formazione, la cultura, etc).

Questo nuovo Prs deve essere inteso come una spinta in più, sia all’interno della Regione che all’esterno, verso l’area dei soggetti pubblici, privati e associativi, per il rafforzamento e lo sviluppo dei processi di qualità in atto in singole parti e in specifiche, delimitate, aree produttive, sociali e istituzionali del sistema regionale.

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L’ANALISI Il Programma regionale di sviluppo assume l’analisi del contesto socio-economico toscano contenuta nei seguenti documenti: • La situazione economica della Toscana Consuntivo anno 2000 Previsioni 2001-

2002 - Irpet • L’economia toscana nel prossimo biennio Conferenza di fine anno (21.12.2001) –

Irpet • Rapporto sul benessere e le condizioni di vita in Toscana (11.2.2002) – Irpet • Segnali ambientali in Toscana 2001 Il Prs inoltre considera i contenuti analitici e le proposte di politica formulate nella ricerca su La situazione sociale in Toscana Rapporto 2000, realizzata dal Censis per conto della Regione Toscana.

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LO SCHEMA

Vivere bene in Toscana

Il meta-obiettivo posto dal Governo regionale

Si realizzaattraversol’assunzionedegliobiettividel vertice diLisbona

Coesione socialee pari opportunità

Sviluppo innovativo e

buoni posti di lavoro

Società della conoscenza

Presupponeil criteriodirettoreposto dalverticedi Goteborg

Sostenibilità

Pone alla basedell’attivitàdel governo regionale il principio

Federalismo, governance cooperativa e concertazione

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Struttura e definizione degli obiettivi della Programma Regionale di Sviluppo

Coesione socialee

pari opportunità

Federalismogovernance cooperativa

e concertazione

Sostenibilità

Società della conoscenza

Sviluppo innovativoe

buoni posti di lavoro

Favorire le politiche di inclusione dei soggetti più svantaggiati, sostenerei processi di convergenza sullo sviluppo e la qualità della vita delle diverserealtà territoriali e garantire pari opportunità di classe, di genere, di età e dirazza nell’accesso ai servizi, al lavoro e alla cultura e formazione

Aumentare il ruolo della conoscenza nella vita quotidiana dei cittadini e nelle attività produttive e organizzative delle imprese e delle istituzionie favorire la diffusione della cultura e dell’utilizzo delle nuove tecnologie digitali e della comunicazione

Rafforzare l’innovazione nei sistemi produttivi locali e nelle imprese,sia nelle funzioni gestionali che in quelle imprenditoriali, per consentireil posizionamento competitivo sulla fascia alta della qualità e garantirecosì la creazione e la diffusione di buoni posti di lavoro (orario, carriera,sicurezza, stabilità, formazione, relazioni industriali, partecipazione etc)

Garantire la sostenibilità ambientale, sociale ed economica allo sviluppo della regione così da consentire una stabilità e una continuità nello sviluppo di lungo periodo tale da non compromettere le possibilità delle prossime generazioni in termini di risorse ambientali, finanziarie e di tenuta sociale

Qualificare l’impianto federalistico della Regione, sulla base del processoavviato con la modifica del titolo V della Costituzione, puntando a sviluppare il principio di governance cooperativa con le altre istituzioni, con gli enti pubblici e con il mondo privato attraverso la pratica della concertazione

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L’APPROCCIO:

La Toscana di fronte alla globalizzazione 1. Prima di tutto vivere bene in Toscana In Toscana si vive bene: questo è documentato sia da indicatori di tipo oggettivo (indicatori di benessere, speranza media di vita, indici di povertà, etc) sia da valutazioni soggettive riscontrabili nelle numerose e qualificate ricerche realizzate sulla popolazione residente e sui turisti effettivamente presenti o potenzialmente interessati a visitare la regione.

In questa affermazione, che non tende ovviamente a nascondere i fenomeni di degrado sociale e ambientale che vanno affrontati con sempre maggiore impegno, sono riscontrabili elementi reali, che possono in qualche modo essere registrati e misurati, ma anche elementi simbolici ed estetici, con un rapporto meno immediato con la realtà fattuale, che hanno comunque un ruolo importante nel definire il modello e la qualità della vita in Toscana.

E’ compito delle istituzioni cercare di migliorare gli aspetti “misurabili” del benessere individuale e collettivo dei toscani, investendo sempre di più nella qualificazione dei servizi, nelle politiche di contrasto ai fenomeni di nuova povertà ed esclusione sociale e nella lotta contro gli eventi ambientali e sociali che deteriorano la qualità della vita, e d’altra parte rafforzare gli elementi simbolici rendendoli il più possibile legati a fatti e comportamenti strutturali (difesa e qualificazione del paesaggio, produzione e valorizzazione culturale, qualità dell’ambiente e degli alimenti, etc) piuttosto che a fattori effimeri legati al ciclico alternarsi delle mode culturali.

Ma non tutto dipende dalle istituzioni; le forze economiche e sociali, le comunità locali e le singole persone sono a diversi livelli di responsabilità e di possibilità artefici del livello e del modello di vita che si è venuto realizzando e che si affermerà nel futuro in Toscana.

Ognuno è chiamato a svolgere la propria parte per mantenere elevato il livello di benessere e la qualità del vivere quotidiano e magari per qualificarlo ed innalzarlo ulteriormente in relazione alle altre realtà territoriali dell’Europa. Non c’è e non ci deve essere, rispetto a questo tema, una divisione di ruoli e un contrasto di obiettivi fra i vari soggetti della comunità regionale. Si può sostenere che negli ultimi anni si sta riducendo, anche grazie all’attuazione del metodo e della cultura della concertazione, la divisione fra chi si pone obiettivi economici e di produzione della ricchezza regionale e chi, invece, si pone l’obiettivo della redistribuzione di questa ricchezza e del mantenimento di una qualità ambientale e sociale del sistema regionale. La crescita della ricchezza della comunità, delle famiglie e delle persone è un elemento intrinseco del livello del benessere dei toscani e nello stesso tempo è uno strumento indispensabile per la diffusione, la qualificazione e il rafforzamento di interventi in campo sociale ed ambientale fortemente connessi alla qualità della vita. Ma la ricchezza non esaurisce in sé l’intera dimensione del benessere: esistono elementi importanti legati al modo in cui questa viene prodotta (la qualità e la sicurezza dei lavori, la qualità degli ambienti, la partecipazione e la cooperazione fra i diversi soggetti dell’impresa, lo sviluppo dei diritti fondamentali ovunque e per tutti, etc), al modo in cui viene distribuita (universalità del welfare, coesione sociale, etc) ed infine agli effetti che produce nell’ambiente sia nella fase della produzione che in quella del

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consumo (inquinamento, distruzione del paesaggio, traffico, etc) che hanno un rilievo non secondario nel definire gli aspetti essenziali del modello di vita di una comunità.

Per questo l’obiettivo di un sempre più elevato e diffuso benessere di chi vive in Toscana non è perseguibile da una azione isolata delle istituzioni o da progetti parziali e settoriali che incidono solo su pezzi e su alcune fasi (magari, come spesso avviene, su quelle finali) del processo economico e sociale. Si tratta di un obiettivo che deve investire in maniera globale l’intero contesto regionale secondo l’approccio che, nella terminologia delle imprese, è stato definito della ”qualità totale”. E’ da questo approccio e dall’impegno continuo dei diversi soggetti che operano e vivono nella regione che può scaturire un sostegno non episodico e non casuale all’innalzamento del benessere in Toscana come frutto, certo, di azioni separate delle singole componenti del sistema, ma all’interno di uno sforzo unitario che deve spingere alla collaborazione e alla cooperazione, piuttosto che alla divisione e alla contrapposizione, le forze economiche e sociali e le diverse rappresentanze di interessi collettivi della regione. 2. Più libertà e cultura nel modello di vita dei toscani Le dimensioni del benessere sono tante e di diversa origine: economiche, sociali e ambientali. Ma di fronte all’incalzare dei nuovi processi di globalizzazione e ai contraddittori, anche se necessari, processi di modernizzazione della società sembra utile confermare che la libertà, la cultura e la conoscenza sono componenti fondanti del modello di benessere che si intende rafforzare in Toscana.

Un sistema capace di produrre cultura, di conservare e valorizzare il patrimonio esistente e di consumare, a tutti i livelli e con le diverse modalità di connessione (teatro, cinema, internet, libri, etc), prodotti culturali è certamente un elemento di forza per lo sviluppo economico. Ma è anche, e forse come dato più importante, il segnale di una società che punta ad un benessere di qualità non esclusivamente fondato sul consumo esasperato di beni materiali.

Il consumo di beni materiali e la ricchezza crescente della popolazione toscana sono senz’altro elementi positivi legati all’intenso sviluppo economico che si è venuto realizzando in questi anni grazie all’impegno di tanti imprenditori e lavoratori nelle diverse realtà territoriali e nei diversi settori dell’economia.

Quella che però non deve essere dimenticata è la necessità di un impegno altrettanto forte delle istituzioni e dei soggetti privati per far crescere con la ricchezza anche la capacità delle persone di comprendere il contesto in cui si svolge la dinamica economica e sociale (anche attraverso l’appropriazione dei nuovi linguaggi della conoscenza) e quindi di godere maggiormente delle opportunità offerte dallo sviluppo e determinare in maniera più autonoma il proprio progetto di vita.

L’investimento in cultura ha quindi una duplice funzione: sviluppare qualità nelle risorse umane per corrispondere alla sfide economiche della globalizzazione ma anche contribuire a sostenere nelle singole persone e nelle comunità locali la capacità di comprensione critica dell’attuale, complessa e per alcuni versi turbolenta, vicenda storica.

Su questa immagine positiva della regione, che si riallaccia alla ricca tradizione che si è venuta affermando nel corso dei secoli lasciandoci in eredità un esteso patrimonio di beni culturali e una naturale propensione della popolazione e delle istituzioni a lavorare con la cultura, si può fondare un progetto di sviluppo della Toscana come luogo privilegiato per la formazione e l’apprendimento. Questo progetto può essere favorito da alcune delle caratteristiche peculiari del sistema ambientale e scientif ico-culturale della regione che sono note in tutto il mondo e che rappresentano un punto di

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forza di rilevante importanza (amenità dei luoghi, cultura del restauro, importanti sedi scientifiche e di ricerca, alcune punte avanzate nella produzione, etc).

Ma, oltre alla cultura ed anzi a questa connesse, occorre sempre di più anche in Toscana investire nello sviluppo e nella qualificazione delle libertà: molti sono i campi e i settori critici sui quali può essere importante l’intervento, anche se non esclusivo, delle istituzioni. Occorre sostenere con impegno e con azioni mirate l’affermazione, in un panorama sociale mutato rispetto a quello tradizionalmente affermatosi nella regione, di nuovi referenti sociali (nuove figure professionali, nuove soggettività fra cui quelle che si richiamano al variegato universo femminile e giovanile, etc) e di nuove forme di partecipazione alla vita collettiva (nuove famiglie, nuove aggregazioni, nuove comunità, etc).

In primo luogo occorre ridare alle famiglie e alle persone singole (con particolare attenzione al mondo delle donne e dei giovani che tradizionalmente subiscono un maggior condizionamento sociale) la possibilità di esercitare delle scelte sempre più libere nei propri percorsi di vita, contribuendo ad eliminare o perlomeno ad attenuare le difficoltà economiche, sociali o gestionali che vincolano la scelta delle alternative.

Pensiamo alla scelta delle famiglie di avere dei figli (sempre più vincolata da problemi di organizzazione dei tempi e dalla insicurezza economica), alla scelta dei giovani di uscire di casa e di formare una famiglia autonoma, alla scelta di mobilità nel lavoro e nella residenza che è fortemente vincolata dalle rigidità nel mercato del lavoro e della casa, alla scelta dei servizi pubblici vincolata ancora troppo a rigide esigenze di gestione da parte dei soggetti produttori.

La difficoltà a conciliare i tempi di vita e di lavoro, resa ancor di più acuta da una organizzazione delle città e delle imprese non pensata in funzione delle esigenze quotid iane della popolazione, pesa in particolare sulle donne che vogliono essere autonome senza rinunciare a compiti derivanti dalla cura di sé e degli altri. Per questo diventa difficile svolgere il proprio lavoro, in particolare dopo la nascita di un figlio o in concomitanza all’assistenza di anziani e disabili, così come resta problematico percorrere una carriera fino ad assumere responsabilità dirigenziali o sviluppare un’attività imprenditoriale o professionale di alto profilo. Una risposta adeguata richiede un forte impegno culturale, che sia in grado anche di modificare il rapporto interno alle coppie sulla divisione del carico di lavoro domestico, ma richiede anche una diversa organizzazione dei luoghi di lavoro e delle città. Il tema di una diversa organizzazione dei tempi e dei modi in ci si svolge la vita quotidiana in tutte le sue sfaccettature, compreso il lavoro, è da tempo all’attenzione delle Istituzioni pubbliche. La Regione Toscana ha proposto, con la L.R. 38 del 22.7.98, una serie di iniziative tese ad affrontare il problema, anche con misure di natura sperimentale ed in accordo con gli enti locali: si tratta di dare maggiore impulso agli interventi e di sostenere con più sforza e creatività le iniziative che possono emergere dalle diverse realtà locali della regione.

Si tratta di una vasta area di interesse che può essere migliorata con una serie di interventi, ad esempio di valorizzazione delle reti familiari e affettive esistenti, di sostegno all’autonomia dei soggetti deboli della società, che abbiano come obiettivo prioritario l’innalzamento del livello di libertà della popolazione e la promozione della cittadinanza sociale, per favorire le opportunità individuali e l’integrazione sociale e culturale delle persone a rischio di emarginazione, e non solo l’innalzamento del livello di consumo o di prestazione di un servizio.

Il secondo campo da affrontare è quello relativo all’espressione di libertà come difesa dei diritti fondamentali che ogni cittadino, lavoratore o persona, deve sentire supportata dalle istituzioni in ogni settore di attività o di vita comunitaria.

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Si va dalle aree di lavoro nero e mal pagato, alle discriminazione sui lavoratori e sulle famiglie degli immigrati fino ad arrivare, anche in realtà evolute come la Toscana, alla difficoltà di espressione del dissenso e di forme, corrette e democratiche, di contestazione. Si tratta di un’area certamente non diffusa, dove la Toscana registra fenomeni relativamente limitati, ma dove è giusto e opportuno intervenire.

L’ultimo campo di intervento fa riferimento alla libertà intesa come capacità di partecipare e di contribuire alle scelte fondamentali della propria comunità: molto può essere fatto dalle organizzazioni della politica nella misura in cui sapranno ritrovare un rapporto più diretto e più continuo con la popolazione. Ma altrettanto può essere fatto dalla presenza e dallo sviluppo dei corpi intermedi della partecipazione (associazioni di vario tipo, che rappresentano una realtà particolarmente significativa in Toscana), a cui le istituzioni e la Regione assegnano, e assegneranno sempre di più, supporto e legittimazione attraverso reali momenti di consultazione, di concertazione e di cooperazione nelle aree di comune interesse. 3. Più sicurezza e serenità alle famiglie e alle persone Fra gli elementi costitutivi del modello di società che si è venuto affermando in Toscana nel corso dello sviluppo più recente, quello più apprezzato dalla popolazione, tale da essere considerato come base irrinunciabile per l’affermazione di un buono stato di vita, è quello relativo alla sicurezza.

Il termine sicurezza può essere declinato in tanti modi e con riferimento ai più diversi campi e momenti della vita quotidiana. In linea generale si può dire che il concetto di sicurezza ha a che fare con due tipi di esigenza: a) la prima è quella di poter seguire un proprio progetto di vita, potendo contare su

una rete di protezione nei momenti di difficoltà e potendo scommettere anche su percorsi e attività incerte e rischiose dal punto di vista dell’esito finale, con la consapevolezza che, in caso di caduta o di insuccesso, non viene intaccata comunque la possibilità di mantenimento di una vita dignitosa e la capacità di rimettersi alla prova con ulteriori sfide;

b) la seconda è quella di poter vivere la propria quotidianità senza eccessivi rischi di subire violazioni o violenze, sia psicologiche che materiali, per effetto di incidenti (sul lavoro, sulla strada, etc) o per effetto di eventi criminali (furti, aggressioni, attentati, etc);

Si tratta di due concetti di sicurezza importanti a cui sono stati dati, nel corso del tempo, diversi tipi di risposta col raggiungimento di diversi livelli di soddisfazione. Sul primo aspetto possiamo ricordare tutte le politiche di welfare che hanno da sempre cercato di sviluppare in Toscana il massimo di diffusione sia in termini di campi di applicazione, sia in termini di soggetti interessati agli interventi.

In questa fase c’è nella popolazione un senso di smarrimento di fronte alle azioni (o alle proposte di azione) tendenti a riformare, sopprimere o ridefinire le tipologie di intervento fino ad oggi ritenute acquisite. I cittadini sentono che si sta ridisegnando un patto fra Stato e cittadini di cui però non è ancora chiaro l’esito finale. Questo produce insicurezza e paura del futuro. Occorre ridefinire i parametri del nuovo welfare, ribadendo le caratteristiche di universalità e solidarietà, e ristabilire in maniera certa e duratura (rispetto al progetto di vita delle famiglie e delle persone singole) il rapporto di dare e avere fra cittadini e Stato.

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Sul secondo aspetto c’è invece una maggiore difficoltà di risposta da parte delle istituzioni sia per la crescita esponenziale di comportamenti a rischio (incidenti sulla strada), sia per il rilievo assunto da fenomeni di microcriminalità diffusa, sia, infine, per la crescita di ruolo delle organizzazioni criminali di livello nazionale e internazionale.

Quantunque complessivamente in diminuzione, permane ancora elevato il numero dei reati “predatori”; inoltre permangono tracce significative di tentativi di infiltrazione nel tessuto sociale ed economico di organizzazioni criminali di livello nazionale e internazionale.

Occorre essere consapevoli che l’aumento del benessere diffuso, non solo economico, rende più forte la sensibilità nei confronti dei cosiddetti reati predatori che possono colpire chiunque creando forti disagi sia di natura economica che psicologica. Questi reati aumentano il senso di insicurezza. Resta il fatto che nel triennio 1998 – 2000 in Toscana il numero dei reati denunciati dalle forze di polizia all’autorità giudiziaria è costantemente sceso di diecimila unità all’anno (pur in presenza di realtà nelle quali si è variamente registrato un aumento: Province di Lucca, Livorno, Siena e Grosseto). Se perciò non vi sono in Toscana motivi di particolare allarme nei confronti di altre realtà regionali, si conferma tuttavia l’importanza di un’azione corale delle istituzioni per promuovere condizioni di sicurezza attraverso una rete di azioni in grado di aumentare la prevenzione dei fenomeni di microcriminalità e di ridurre le aree di emarginazione che oggettivamente favoriscono la crescita di questi fenomeni. Recentemente la Regione Toscana ha sviluppato un piano per affrontare in maniera organica il problema della sic urezza dei cittadini sostenendo e promuovendo l’attività degli enti locali toscani in materia di prevenzione sociale, di promozione di politiche di inclusione, di aiuto alle vittime, di potenziamento delle polizie municipali. La Regione e gli enti locali sono inoltre impegnati a promuovere forme di coordinamento e di collaborazione con gli organi dello Stato preposti all’ordine pubblico e alla sicurezza. L’obiettivo è quello di rafforzare la sicurezza dei cittadini, anche intervenendo come punto di riferimento rassicurante nei confronti di paure immotivate, e di contribuire in questo modo a riportare serenità, senso di apertura nelle relazioni quotidiane e fondata fiducia nel futuro da parte della popolazione. 4. Diffondere la qualità della vita nei diversi territori e fra i diversi gruppi sociali In Toscana è possibile misurare, come si è soliti fare nelle indagini, il tasso di sviluppo, gli indici di ricchezza e gli indici di dotazione infrastrutturale e sociale a livello regionale. Si tratta di una media significativa che serve a collocare la regione come unità territoriale ed amministrativa nel panorama delle Regioni italiane ed europee e che dà quindi una prima, generale, informazione sul livello di benessere (inteso come sintesi dell’insieme degli indicatori settoriali) della comunità regionale.

Ma, senza entrare nel complesso problema tecnico di come passare dagli indicatori settoriali misurabili e di quelli non misurabili ad una valutazione sintetica di benessere, occorre rilevare che il compito della politica regionale non è solo quello dell’innalzamento dell’indicatore medio regionale ma è anche quello di diffondere in maniera orizzontale (fra i diversi territori) e in maniera verticale (all’interno dei diversi gruppi sociali) gli elementi e le dotazioni costitutive del livello di benessere mediamente realizzato a scala regionale.

Si tratta di un obiettivo ambizioso e per certi versi più complesso della diffusione dello sviluppo intesa, di solito, come convergenza negli indicatori del Pil per abitante o

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del consumo per abitante. Infatti dal momento che la qualità della vita è un concetto che si riferisce ad una realtà multivariata, con componenti a volte addirittura contradditorie fra di loro (è ricchezza ma anche ambiente pulito, è ampiezza di alternative ma anche minor livello di stress, etc), una sua diffusione richiede interventi correttivi da parte delle istituzioni sull’intero territorio e su tutte le componenti della società e richiede una azione non settoriale in grado di governare gli aspetti contraddittori del sistema.

Mentre è infatti chiara la gerarchia della ricchezza disponibile nei diversi territori e nei diversi raggruppamenti sociali della regione, è invece più complessa la definizione dei livelli di benessere e quindi delle diverse tipologie di intervento che devono essere adottate per puntare ad obiettivi di convergenza.

Se, per fare un esempio, è chiaro e stabilito da diversi indicatori economici il posizionamento di un centro urbano o metropolitano rispetto ai livelli di ricchezza per abitante nel proprio contesto regionale, è invece più complessa la collocazione in termini di benessere della popolazione. L’elevato livello di inquinamento delle aree fortemente urbanizzate, il traffico generato da un eccesso di accentramento di funzioni e altri problemi legati al ruolo di attrazione per motivi di studio e di lavoro, sono tutti elementi che concorrono a rendere meno scontata la definizione di benessere e che richiamano una capacità di intervento locale e regionale più elevata in grado di tenere assieme gli aspetti economici con quelli ambientali e sociali che hanno profonde ricadute sulla qualità della vita della popolazione.

Lavorare sulla qualità della vita e non solo sull’aumento del reddito e della ricchezza della popolazione è un’operazione più complessa sia dal punto di vista dell’approccio metodologico sia dal punto di vista della natura e dell’articolazione degli interventi: ogni area richiede una propria specifica modalità di azione che è diversa per natura, per obiettivi e per articolazione degli strumenti utilizzati (in qualche area prevarranno gli strumenti di incentivazione economica, in qualche altra quelli di intervento ambientale e sociale, in altre prevarranno gli strumenti regolativi mentre in altre ancora l’azione di investimento infrastrutturale, e così via). Tutto il territorio merita e richiede una attenzione particolare da parte della Regione: in termini prioritari, pur se con motivazioni ed obiettivi diversi, sembra comunque opportuno indicare le aree isolate e a forte rarefazione demografica ed economica (aree montane e insulari in testa), le aree urbane e metropolitane a forte conurbazione ed infine le aree costiere per il delicato equilibrio ambientale e per il sistema di opportunità da queste rappresentato in termini di nuovo sviluppo della Toscana.

Di particolare interesse sembra essere, in questo quadro, l’esperienza del Piano strategico fiorentino in un quadro di intesa e di cooperazione con i comuni del sistema metropolitano, con la Provincia e con la Regione.

Il Piano strategico fiorentino interpreta, in coerenza con le linee programmatiche del Prs regionale, un sistema di interventi fortemente innovativo, uniformato al modello operativo adottato a livello europeo da altre importanti esperienze, mediante il quale si rende possibile la organizzazione dell’intervento sui diversi motori dello sviluppo locale e il graduale passaggio da politiche di tipo settoriale a tipologie mirate su potenzialità od esigenze specifiche in ambiti territoriali omogenei, in grado di innescare meccanismi di sviluppo sostenibile.

L’obiettivo fondamentale del Piano strategico è quello di coordinare, integrare e porre in sinergia l’attuazione delle diverse politiche e di assicurare la migliore finalizzazione delle risorse finanziarie disponibili, oltre che la attivazione di ulteriori risorse di compartecipazione, su obiettivi e misure correlate alle esigenze dei diversi sistemi economici, sociali, culturali ed in ultima analisi territoriali, per finalità

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preventivamente individuate con il concorso diretto dei cittadini e correlate ai diversi motori dello sviluppo.

Lo stesso discorso vale per gli interventi tesi alla convergenza sociale dei livelli di benessere: non si tratta solo di far convergere redditi e occupabilità ma occorre puntare ad affrontare i problemi che emergono dalle singole comunità o dai singoli raggruppamenti sociali all’interno di un modello che tiene assieme, sia in termini di analisi che di politiche di intervento, la diversità degli stili di vita e la complessità degli elementi che concorrono a definire il livello del benessere.

Passare da un approccio che puntava alla convergenza dei tassi di sviluppo ad un approccio che punta alla convergenza dei livelli di benessere della popolazione e delle singole componenti sociali non è solo un cambiamento di indicatori di riferimento ma è piuttosto un cambiamento di metodologia di analisi complessiva e di strategia di intervento.

Significa passare da una visione principalmente economica, e quindi settoriale dell’intervento, ad una visione più unitaria e più integrata fra i diversi settori di intervento con l’obiettivo di governare la complessità e la contraddittorietà, spesso ineliminabile, dei fenomeni sociali.

Il nuovo ciclo, presumibilmente l’ultimo, dei fondi strutturali dell’ob.2 rappresenterà una occasione per sperimentare politiche di convergenza improntate alla filosofia dell’integrazione fra aspetti economici, sociali e ambientali dello sviluppo e per calibrare un modello di programmazione e di intervento adeguato a realizzare obiettivi di innalzamento del benessere della popolazione. Questo anche in considerazione del fatto che l’ob.2 opera prevalentemente in un contesto territoriale, come quello costiero, che dà interessanti segnali di innovazione legati all’area dei trasporti e dell’applicazione della ricerca al mondo della produzione e dove non è rinviabile il recupero dei ritardi strutturali ancora esistenti nella gestione delle risorse naturali. 5. La qualità della vita si sviluppa con l’innovazione La qualità delle risorse ambientali, culturali e paesaggistiche della Toscana ha determinato nel tempo un naturale e giustificato atteggiamento di prudenza e di attenzione da parte delle istituzioni locali e della popolazione nei confronti dei cambiamenti che implicano effetti visibili e duraturi sul territorio. Si tratta di un atteggiamento che connota la cultura sociale della regione e che è stato alla base di un modello di intervento sul territorio che, anche negli anni della crescita senza qualità come può esser definita quella degli anni ‘60/70, ha risparmiato alla Toscana, pur con deplorevoli eccezioni e sempre relativamente rispetto ad altre realtà geografiche, eccessivi costi in termini di distruzione del paesaggio e di scempio ambientale.

In questo senso la scelta della Regione di innovare i modelli di intervento per il governo del territorio rendendoli più flessibili e meno vincolistici (con il percorso avviato dalla L.R. 5/1995), senza ovviamente annullare la necessità della pianificazione territoriale, appare in linea con questa buona tradizione amministrativa delle istituzioni locali della Toscana.

Il modello di sviluppo economico, fondato, in gran parte del territorio, sulla presenza di piccole e medie imprese e su alcune, poche, grandi imprese per lo più legate a proprietà pubblica, ha consentito un discreto ritmo di crescita e di diffusione della ricchezza privata e collettiva e l’affermazione di un sistema di relazioni industriali a forte contenuto di partecipazione individuale e collettiva dei lavoratori e di cooperazione fra imprese e istituzioni locali.

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In Toscana non si è verificata una rottura forte degli equilibri sociali e lo sviluppo si è, in qualche modo, uniformato e adeguato, più che in altre parti del Paese e di fronte ad altri modelli produttivi, alla cultura sociale della popolazione. Una cultura che si è, ovviamente, evoluta e modificata nel corso dello sviluppo ma seguendo percorsi incrementali di più facile metabolizzazione sociale rispetto a possibili rotture e disallineamenti con i ritmi e le modalità imposte dall’intensità dello sviluppo e dalla profondità dei cambiamenti tecnologici.

La comunità regionale, nelle sue ricche e differenziate articolazioni locali ma all’interno di un approccio tendenzialmente omogeneo, si è organizzata seguendo un modello di coesione sociale e di cooperazione attiva che richiama i principi dell’eguaglianza delle opportunità e della solidarietà fra territori, classi e persone singole.

Nel tempo si è affermato in Toscana un sistema di welfare universalistico fondato su una offerta pubblica di qualità e legittimato da una domanda diffusa fra le diverse classi e tipologie sociali di utenza e relativamente soddisfatta dei risultati. Si tratta di un punto di forza e di stabilità all’interno di un sistema economico che, a fronte di una forte mobilità e flessibilità legata al prevalere della piccola dimensione di impresa, avrebbe potuto generare incertezza e insicurezza nei lavoratori e nelle relative famiglie con evidente danno in termini di tenuta sociale e quindi di tasso di sviluppo.

Il sistema di welfare forte e diffuso che si è venuto sviluppando nella regione ha contribuito al mantenimento della stabilità sociale, pur a fronte di meccanismi e processi economici particolarmente dinamici e flessibili, e ha contribuito a sostenere una cultura solidale e cooperativa che è oggi alla base dei principali caratteri distintivi del modello sociale della Toscana.

Oggi, però, questo sistema di welfare mostra delle difficoltà ad adeguarsi alle tendenze demografiche in atto, caratterizzate soprattutto dall’accentuarsi del processo di invecchiamento della popolazione (anche se parzialmente corretto dall’ingresso di immigrati prevalentemente giovani), e alla trasformazione dei bisogni da collettivi e generali ad individuali e personalizzati, in una società in cui i diritti sono vissuti sempre più come elementi costitutivi delle aspirazioni sociali e richiedono modalità di intervento diverse dal passato, con una logica non più assistenziale ma di promozione e prevenzione.

In questo contesto assume un rilievo particolare la questione demografica: la Toscana presenta nel panorama mondiale i più bassi tassi di natalità e, a questo connesso, uno dei più forti processi di invecchiamento e di declino demografico della componente naturale della popolazione (con evidenti ricadute nel medio periodo sull’offerta di forza lavoro interna). Occorre innovare nel campo delle politiche di sostegno alla famiglia e alla maternità affinchè, senza intaccare e invadere l’area della libertà dei singoli ed in particolare delle donne, si possa recuperare il differenziale di natalità nei confronti delle aree più sviluppate del nord Europa.

L’equilibrio fra uomo e ambiente, un sistema di relazioni industriali a misura d’uomo e una coesione sociale fondata sulla solidarietà e le pari opportunità rappresentano, insieme ad un livello e a una dinamica dello sviluppo economico significativi, gli ingredienti fondamentali della qualità della vita dei toscani. Questi elementi, che rappresentano la tradizione più profonda e più duratura della regione, non devono essere considerati però in maniera statica, nella loro specifica e localizzata determinazione storica, ma piuttosto devono costituire la base per una evoluzione dinamica e per l’applicazione di un intenso processo di innovazione.

La tradizione e l’identità della Toscana, nelle sue diverse sfaccettature territoriali e socio-culturali, non possono essere affermate come delle entità da riproporre in maniera immutabile e velleitaria di fronte ad un mondo che si evolve e che cambia

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continuamente le condizioni di riproduzione economica e sociale e degli equilibri ambientali. Il rischio è allora quello della omologazione strisciante: cioè di un processo che, pur trovando opposizione di principio e non accettazione a livello locale, si impone ugualmente nel sistema reale per la forza delle dinamiche economiche e delle tendenze culturali globali.

Il benessere individuale e collettivo raggiunto, nel suo livello e nella sua connotazione tradizionale, si difende in maniera dinamica attraverso lo sviluppo di processi di innovazione capaci di tenere insieme i caratteri specifici del sistema ma anche le possibili evoluzioni in grado di rispondere alle sfide dell’attuale fase dell’economia, della tecnologia e del cambiamento sociale.

Il cambiamento possibile, cioè alla portata del sistema, richiede un impegno mirato delle istituzioni e delle forze economiche sociali per superare le difficoltà emergenti in un contesto di concertazione e di condivisione generale degli obiettivi.

L’aumento della qualità della vita, che in qualche caso sarà solo il mantenimento su certi livelli ed in altri sarà invece un miglioramento netto (dato per scontato che i peggioramenti dovranno essere limitati a “casi isolati” e il più possibile scongiurati), presuppone l’applicazione diffusa e profonda di processi innovativi.

La possibile contraddizione fra crescita e qualità della vita, così come si evidenzia in alcuni degli aspetti dell’attuale processo economico, non si supera scegliendo uno dei corni della contraddizione ma piuttosto attraverso l’applicazione di processi di innovazione in grado di evitare, o almeno di alleviare in maniera significativa, gli effetti indesiderati.

Occorre ribadire, per evitare di perseguire in maniera velleitaria gli obiettiv i ambiziosi che questo Prs si propone e propone alla comunità regionale, che solo all’interno di uno sviluppo elevato e duraturo, e quindi fondato su forti dosi di immissione di innovazione nei processi, nei prodotti e nelle organizzazioni e, non ultimo, nei comportamenti degli agenti, è possibile passare dal libro dei desideri alla realtà delle realizzazioni.

Ogni parte della Toscana è chiamata a dare il proprio contributo di innovazione al processo di cambiamento necessario per il raggiungimento di standard più elevati, sia in termini di quantità che di qualità, nei diversi campi dell’economia, della società e del territorio regionale. Ma in primo luogo occorre fare appello ai soggetti più dinamici, alle punte di eccellenza e alle aree più innovative della regione siano queste imprese o centri di ricerca, professionalità o esperienze lavorative di punta, città o aree metropolitane dove è più naturale che si addensino processi di innovazione e di sperimentazione avanzata nei vari campi dell’attività umana. Si tratta di rafforzare queste realtà, di assecondare processi e dinamiche in atto, di sollecitare più sperimentazione e creatività coscienti del fatto che lo sviluppo, specialmente in una fase così caotica e così intensa dal punto di vista delle conoscenze come quella attuale, non procede necessariamente secondo un equilibrio stabile ma produce rotture e salti non sempre programmabili e prevedibili. L’importante è che i punti di forza della regione non sviluppino una logica di isolamento e di autoreferenzialità rispetto alle logiche più complessive dell’intera comunità regionale, in una sorta di disinteresse e di distacco dalle problematiche del proprio territorio, ma piuttosto producano azioni di sollecitazione e di attivazione di comportamenti innovativi nelle aree meno avanzate del sistema regionale.

La Regione svilupperà strumenti di intervento adeguati, tesi a rafforzare le azioni di integrazione e di interscambio fra le aree di eccellenza, nei diversi campi e settori di attività, con le aree di minore innovazione e di minore dinamicità nel panorama regionale.

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6. Un fattore determinante per l’innovazione: la conoscenza I processi di innovazione non nascono dal nulla: emergono, si sviluppano e si rafforzano all’interno di un clima favorevole che è dato da condizioni politiche, economiche e culturali in grado di sollecitare i soggetti del cambiamento e di costruire il necessario consenso.

Il clima politico e il ruolo svolto dai gruppi dirigenti di una comunità è quindi un elemento essenziale per immettere dinamicità al sistema e per supportare, con spinte motivazionali, i principali agenti dell’innovazione.

Ma l’elemento culturale e politico da solo non basta: la spinta delle istituzioni rischia di trasformarsi in sterile volontarismo se contemporaneamente non si affermano nella comunità comportamenti adeguati e se non si accresce e si qualifica, nel sistema, la materia di base per il cambiamento e cioè la conoscenza.

Di pari passo deve andare inoltre lo sviluppo delle infrastrutture e del sistema di servizi per l’acquisizione, il trattamento e la diffusione della conoscenza che oggi non può che richiamare i grandi cambiamenti in corso nelle filosofie e nelle tecnologie della comunicazione e dell’informazione (telefonia, tecnologie digitali, Internet, convergenza multimediale, etc).

La conoscenza è oggi centrale nello sviluppo dei processi economici e sociali non tanto e non solo per gestire il sistema (economia fondata sulla conoscenza) ma anche, e ancor di più, per governare il cambiamento (economia guidata dalla conoscenza).

A livello comunitario, questo concetto è alla base sia della creazione dello Spazio Europeo della Ricerca, nel quale per la prima volta si riconosce l’esigenza di una stretta interrelazione con le Regioni Europee, sia della struttura del Sesto Programma Quadro di ricerca e sviluppo tecnologico, attraverso il quale la Comunità punta a migliorare il coordinamento delle attività e delle politiche di ricerca e innovazione sia nazionali che regionali. In tal contesto la Toscana intende cogliere le opportunità offerte dal Sesto Programma per il quinquennio 2002-2006, al fine di contribuire a costituire la base di informazioni, conoscenza e analisi indispensabili per migliorare la competitività delle imprese innanzitutto toscane e rafforzare il grado di coesione tra ricerca e società.

La conoscenza non è un patrimonio di alcune, isolate, sedi di ricerca e neppure di selezionate e ben professionalizzate fasce di lavoratori intellettuali. L’intera società, e quindi l’intero sistema economico, è portatore di patrimoni di conoscenza: è attraverso questa ricchezza e varietà che si sviluppano quegli approcci teorici e quelle esperienze operative che contribuiscono a determinare il livello e la qualità dello sviluppo delle diverse realtà territoriali.

La conoscenza non è quindi appannaggio esclusivo delle fasce alte del sapere e della ricerca scientifica ma anche di quelle aree operative, fra cui assume sempre più un ruolo particolare in Toscana quella del lavoro autonomo e delle figure professionali, che sviluppano una esperienza più direttamente legata ai processi materiali e gestionali del mondo delle imprese nell’area dei beni e dei servizi.

I punti rilevanti per lo sviluppo e la qualificazione del livello cognitivo di un sistema locale sono rappresentati da questi elementi costitutivi: a) un patrimonio di conoscenze astratte (scientifiche, teoriche, etc) consolidate nelle

organizzazioni e nelle risorse umane; b) un patrimonio di conoscenze contestuali (esperienze, competenze professionali,

etc) consolidate nelle organizzazioni e nelle risorse umane; c) un sistema di raccordo per l’immissione di flussi continui di conoscenza astratta

dall’esterno verso l’interno del territorio (soggetti leader scientifici, produttivi, culturali, etc);

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d) un sistema di raccordo fra le aree della conoscenza astratta consolidata a livello locale e la conoscenza contestuale delle organizzazioni e delle risorse umane.

La Toscana è ricca sia in termini di patrimonio di conoscenza astratta (centri scientifici, università, centri culturali, professionisti, etc) che in termini di conoscenza contestuale (piccole e medie imprese, lavoratori professionalizzati, lavoratori esperti, etc). Anzi, in particolare nel caso della conoscenza contestuale, si può dire che grazie alla presenza di una fitta rete di piccole imprese e di lavoro autonomo si è sviluppata nel tempo una ampia e articolata varietà e variabilità su cui si fonda gran parte del livello di competitività dell’industria regionale. Le piccole imprese toscane rappresentano infatti tante “prove ripetute” di applicazione di approcci e conoscenze tecnologiche e produttive che contribuiscono al mantenimento di quella vitalità, di quella flessibilità e di quella versatilità del lavoro caratteristiche del modello produttivo toscano.

In Toscana funziona anche il raccordo con la conoscenza astratta sviluppata all’esterno: molto più attraverso sedi di ricerca e centri culturali che attraverso sedi produttive (le grandi imprese, i leader tecnologici, etc), ma è indubbio il buon livello di apertura della società intellettuale e tecnica toscana verso la ricerca e le acquisizioni scientifiche realizzate nel resto del mondo.

Il punto più critico del sistema toscano è rappresentato dal raccordo fra le sedi dello sviluppo teorico e dell’acquisizione delle conoscenze tecniche e scientifiche (generalmente i centri di ricerca) e le sedi della conoscenza contestuale (generalmente le imprese). Salvo i casi, relativamente isolati, dove le sedi coincidono (le grandi imprese con centri di ricerca e sviluppo interni), in Toscana il rapporto è reso difficile dall’esistenza di due realtà difficilmente connettibili, come le Università e le piccole imprese, per cultura, interessi e modalità di governo del processo cognitivo.

Alcune esperienze di raccordo sviluppate dalle istituzioni, dai centri di ricerca e dalle imprese hanno dato risultati soddisfacenti, altre hanno invece dato esiti più discutibili.

Occorre affrontare il tema che resta centrale per lo sviluppo della Toscana. Le linee di intervento dovrebbero assumere, sulla base dei caratteri specifici del modello produttivo della regione, i seguenti elementi: a) la selezione dei centri di servizio di eccellenza per il raccordo con il mondo della

ricerca e per il trasferimento tecnologico e scientifico verso il mondo delle imprese favorendo in primo luogo la capacità delle imprese di sviluppare progetti innovativi (sostegno alla domanda di innovazione);

b) la costituzione di una rete conoscitiva dei centri di eccellenza per favorire la cooperazione e l’integrazione fra le diverse tipologie di servizio e le diverse aree scientifico-tecnologiche;

c) lo sviluppo di pratiche di trasferimento fondate sulla mobilità della risorsa umana (dalla ricerca all’impresa e viceversa) anche attraverso lo sviluppo di spin-off universitari;

d) la formazione e l’inserimento nelle piccole imprese di soggetti capaci di dialogare con il mondo esterno anche attraverso i nuovi strumenti dell’ITC e, in particolare, di interagire con il mondo della ricerca.

Deve comunque essere ribadito, per evitare eccessive semplificazioni nel campo scientifico e culturale, che la conoscenza, anche solo nell’ottica dello sviluppo che richiederà saperi sempre più aperti non esclusivamente settoriali, deve essere vista in un’ottica ampia di arricchimento culturale, cioè di strumento essenziale per l’inclusione nella cittadinanza e per la partecipazione sociale, e non solo di acquisizione strumentale di competenze tecniche immediatamente utilizzabili a fini professionali.

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7. Uno strumento determinante per l’innovazione: il rapporto fra pubblico e privato La Regione fa del rapporto fra pubblico e privato un asse strategico della propria azione nel campo delle infrastrutture, della gestione dei servizi pubblici di rete e dei servizi alla persona e nel campo degli interventi di sostegno allo sviluppo economico.

Nel riaffermare questi principi occorre ribadire che tale rapporto, fortemente contrassegnato da anni di dibattito ideologico tesi a forzare i toni e i temi in discussione, deve essere reso trasparente e privo di quei condizionamenti che lo rendono inefficace dal punto di vista delle soluzioni operative e distorcente dal punto di vista della concorrenza.

In linea generale si può dire che in Toscana il sistema pubblico punta a mantenere il governo del processo (cioè le fasi di programmazione, controllo e valutazione delle prestazioni o degli interventi) ma all’interno di un contesto nel quale i soggetti privati, siano essi imprese, associazioni o utenti, possono essere chiamati a finanziare, gestire o distribuire una parte o il complesso di un settore che produce beni o servizi pubblici.

La prima grande area di collaborazione, prevista anche in recenti documenti di programmazione, è quella relativa al rafforzamento del sistema infrastrutturale e alla qualificazione del sistema economico, territoriale ed ambientale della regione. Esistono molte aree di intervento a cui si possono affiancare, per una parte più o meno cospicua, al tradizionale intervento di spesa pubblica anche quote di risorse di natura collettiva di specifiche comunità locali (allorquando l’intervento tende a beneficiare comunità riconoscibili) oppure quote di finanziamento privato attraverso modelli di project financing (allorquando un’opera può avere un ritorno nel tempo per mezzo dell’applicazione di tariffe, pur sempre concordate con le istituzioni, agli utenti finali).

Si tratta di un’area da sviluppare intensificando i rapporti con i privati imprenditoriali e con il mondo privato bancario e delle fondazioni, con cui è possibile individuare aree interessanti di cooperazione nelle singole realtà territoriali della regione.

La seconda area di collaborazione è quella, recentemente affrontata anche nella legge regionale di supporto ai processi di liberalizzazione nel sistema dei servizi a rete, della gestione di componenti, più o meno estese e diffuse, di welfare pubblico locale.

Si tratta di un’area particolarmente interessata a processi di ristrutturazione negli ultimi anni, a fronte di istituzioni locali strette da una domanda in cerca di una sempre più elevata qualità nei servizi pubblici e da vincoli nei bilanci che rendono impossibile l’ampliamento del sistema se non attraverso spazi ricavati da una maggiore efficienza gestionale.

Una prospettiva interessante è quella che emerge dal dibattito sulla ristrutturazione dei servizi pubblici laddove si prevede la possibilità per gli enti locali di procedere alla separazione della responsabilità di gestione e di erogazione del servizio da quella di gestione e manutenzione della rete per i servizi a rilevanza industriale.

In questa area, oltre all’ormai tradizionale ricorso al mondo privato e cooperativo per la gestione dei processi produttivi attraverso modelli di convenzione fra gli enti e l’imprenditoria dei servizi, potrà essere ampliata la sperimentazione di modelli di intervento pubblico sulla domanda a fronte dello sviluppo di un’offerta sottoposta a regole e controlli e alla selezione della concorrenza di mercato (voucher formativi, contributi familiari per l’affitto, reddito di accompagnamento alle famiglie che assistono persone non autosufficienti, etc). Si tratta di un modello di intervento pubblico innovativo che, se ben governato e controllato dalle istituzioni e a fronte dello sviluppo di reali meccanismi di concorrenza laddove sono tecnicamente ed

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economicamente possibili, favorisce la qualità delle prestazione, l’efficienza gestionale e la libertà di scelta da parte degli utenti. Esistono meccanismi tecnici per evitare che l’applicazione degli interventi sulla domanda contribuisca a creare la marginalizzazione e la dequalificazione delle componenti più deboli dell’utenza: si tratta di lavorare su questi strumenti per raggiungere, anche attraverso questo modello, gli obiettivi di universalità e di solidarietà tipici del modello di intervento tradizionale.

La terza area di collaborazione è quella relativa ai processi di outsourcing del sistema allargato della macchina amministrativa regionale (Regione, Agenzie, etc). Si tratta di puntare a sviluppare anche nella Pa efficienza, flessibilità e ingresso di competenze innovative e creative. Due sono in particolare le aree di interesse: quella elevata di tipo tecnico, dove necessitano professionalità e competenze da immettere nei processi amministrativi e gestionali, e quella dei servizi di minor livello di competenza, dove necessitano gradi di maggiore flessibilità operativa (che non è necessariamente legata ad una maggiore flessibilità individuale). Nei due casi, ed in particolare nel secondo dove si possono creare vantaggi operativi e finanziari per il solo effetto di abbattimento dei costi del lavoro, la Regione si impegna a ricercare vantaggi che derivano da modelli di efficienza organizzativa a fronte del pieno riconoscimento del costo del lavoro previsto dai contratti di lavoro (contratti nazionali di comparto, contrattazione integrativa, tutele previdenziali e sicurezza sul lavoro) e adeguato al riconoscimento della qualità del servizio realizzato.

La scelta dell’outsourcing deve essere principalmente una scelta di strategia organizzativa (flessibilità e apertura a competenze ed esperienze esterne) ed invece meno una scelta di contenimento dei costi della macchina regionale.

Un’area su cui è possibile sviluppare un rapporto di collaborazione è quella relativa al ruolo pubblico di sollecitatore di azioni imprenditoriali e di segnalatore di opportunità di intervento verso i soggetti privati. Questa politica può essere svolta sia attraverso attività di supporto alla nascita o all’ingresso di nuova imprenditorialità nell’economia regionale, sia attraverso la predisposizione di pacchetti di domanda innovativa su cui chiamare il mondo privato ad una competizione di qualità.

A prescindere dal rapporto con i soggetti privati, la Regione tende ad affermare con forza e con determinazione l’applicazione del principio della liberalizzazione dei mercati, e quindi il prevalere delle buone pratiche di concorrenza fra soggetti pubblici, anche nelle tipologie di servizio che, in maniera strutturale o in una determinata fase di sviluppo e ristrutturazione, non consentono o non prevedono l’apertura a imprese private o del terzo settore.

La liberalizzazione dei mercati è un principio economico che può portare nell’area dei servizi, se inserita in un contesto di regolazione, di mantenimento dei diritti e dei livelli di contrattazione e di controllo pubblico, un significativo aumento dell’efficienza gestionale (minori costi di gestione) e dell’efficacia operativa che si accompagna fra l’altro ad una maggiore libertà di scelta da parte degli utenti (migliore soddisfazione per gli utenti a fronte di minori tariffe).

Una ulteriore area di collaborazione è rappresentata dall’innovazione dell’intervento pubblico nel campo delle politiche ambientali e della sostenibilità. In una prospettiva di governance cooperativa, diventa indispensabile la condiv isione delle analisi, degli obiettivi e delle strategie fra PA e soggetti privati. E’ questo il senso della Agenda 21 e dello sviluppo dell’impiego della adesione volontaria, delle intese ambientali e degli accordi di programma. I livelli di maturità e di consapevolezza del mondo imprenditoriale e della rappresentanza sociale sono oramai da considerarsi una risorsa essenziale per il raggiungimento degli obiettivi della politica ambientale e della sostenibilità.

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8. Un’occasione per una innovazione di qualità: la responsabilità sociale delle imprese Con il libro verde di iniziativa europea, la Commissione ha inteso lanciare un ampio dibattito sulle tematiche, fortemente innovative per il tipo di approccio, della responsabilità sociale delle imprese.

Il taglio con cui si affronta il tema è chiaro e non presenta elementi di ambiguità: nessun apparato di tipo vincolistico che si aggiunge alle normali e già consolidate regole sul lavoro e sull’ambiente, ma piuttosto una occasione per le imprese al fine di perseguire, insieme ai propri fini organizzativi, obiettivi di miglioramento della qualità della vita nel proprio contesto sociale.

Il concetto di responsabilità sociale, come propone il libro verde, “significa essenzialmente che le imprese decidono di propria iniziativa di contribuire a migliorare la società e rendere più pulito l’ambiente. Tale responsabilità si esprime nei confronti dei dipendenti e, più in generale, di tutte le parti interessate all’attività dell’impresa, ma che possono a loro volta influire sulla sua riuscita”.

La responsabilità sociale delle imprese non deve essere considerata come un sostituto alla regolamentazione riguardante i diritti sociali o le norme ambientali.

Quella che si presenta con la proposta del libro verde non è una ulteriore, e mal sopportata, imposizione al mondo delle imprese per costringerle ad una socialità che potrebbe rivelarsi in contrasto con l’obiettivo principale, che è quello di generare profitti, ma piuttosto deve essere vista come una occasione, specialmente per le imprese più innovative e che operano su mercato più avanzati in termini di tecnologia e di marketing, per aumentare nello stesso tempo competitività e responsabilità sociale nei confronti dell’ambiente interno ed esterno dell’impresa (sia nel contesto locale che in quello globale).

La dimensione interna della responsabilità sociale delle imprese ha riflessi in primo luogo sui dipendenti, in termini di investimenti nel capitale umano, nel rispetto dei contratti, nella salute, nella sicurezza, nella partecipazione, nell’adattamento alle trasformazioni, e sulla gestione delle risorse naturali utilizzate nella produzione.

La partecipazione deve essere intesa come possibilità per i rappresentanti dei lavoratori di una società europea di esercitare un ruolo attivo nella gestione come previsto dalla direttiva europea n. 86 dell’8/10/2001.

La responsabilità sociale ha anche una dimensione esterna, che coinvolge comunità locali, partner commerciali e fornitori, consumatori, amministrazioni pubbliche, terzo settore, andando anche al di là della regione e delle frontiere nazionali (ad esempio, per le condizioni di lavoro dei subappaltatori e per le ripercussioni transfrontaliere dei problemi ecologici).

L’investimento in responsabilità sociale da parte delle imprese può avere un rendimento diretto, cioè sull’aumento della produttività del fattore lavoro e sulla riduzione di certi costi (ad esempio, spese per rifiuti e riduzione dell’inquinamento), e un rendimento indiretto, cioè dovuto alla maggiore reputazione dell’impresa sul mercato di produzione locale e sui mercati di sbocco dei prodotti (certificazioni etiche, ecolabel, consumo etico, Emas, Iso14001, etc.).

A questi vantaggi potrebbero aggiungersi, nell’ambito di una politica per la promozione di buone prassi in questo campo, quelli derivanti da una più attenta considerazione da parte dell’amministrazione pubblica nell’ambito delle diverse tipologie di intervento (finanziarie, urbanistiche, formative, etc.) e quelli che potrebbero derivare da un rapporto privilegiato con il sistema degli operatori privati e associativi con cui l’impresa entra in relazione per la gestione della propria attività

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(banche e investitori finanziari, anche in relazione ai fondi d’investimento socialmente responsabile; sindacati, etc.).

In una regione come la Toscana, dove risulta particolarmente importante l’affermazione di una sostenibilità ambientale e sociale dei processi produttivi, l’idea di un ambiente pulito a cui contribuiscono le strategie e le azioni delle singole imprese e di un ambiente aziendale fondato sulla partecipazione dei lavoratori e sulla cultura della cooperazione diventa centrale rispetto all’asse strategico di puntare all’innalzamento della qualità della vita della popolazione.

In questo contesto risulta importante rafforzare il sostegno a tipologie di impresa che, come è il caso della cooperazione da una parte e del volontariato e delle imprese non profit dall’altra, già perseguono, per fini statutari e per prassi consolidata nello sviluppo regionale, fini di responsabilità sociale sia verso l’interno (rapporti con i soci e con i lavoratori) sia verso l’esterno, attraverso le varie forme di bilancio sociale e di attenzione ai bisogni della comunità locale.

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LE STRATEGIE L’organizzazione delle azioni in Programmi integrati e Progetti pilota integrati

Il processo di riordino degli strumenti di programmazione sarà progressivo e seguirà il metodo della sperimentazione e dell’adesione istituzionale volontaria. Questo approccio richiede comunque la modifica della strumentazione programmatoria, al fine di adeguare il modello per strategie settoriali alla metodologia della programmazione integrata e orientata agli obiettivi.

Inoltre, l’adozione del metodo della integrazione necessita che la discussione sugli elementi di fondo e le linee strategiche di intervento, compiuto nel Tavolo di concertazione e nei rapporti con la società toscana per giungere a questa elaborazione, sia rafforzato con una concertazione di tipo operativo finalizzata ad attivare il partenariato a livello provinciale e subprovinciale e a trovare elementi di cooperazione con il mondo privato e associativo.

Il Prs deve essere sempre più visto non tanto come un elemento che conclude un processo, e pertanto stabilisce punti fermi in termini di obiettivi, strumenti e azioni, ma piuttosto uno “snodo” che definisce gli indirizzi e gli approcci con cui la Regione agisce per raggiungere, in cooperazione e con il supporto degli altri attori, gli obiettivi condivisi.

In questa ottica questo Prs dovrà essere uno strumento aperto ai contributi delle istituzioni locali e dei diversi attori regionali con i quali sarà possibile, entro un percorso strategico tracciato nelle sue linee principali, progettare interventi e azioni per lo sviluppo e per la qualificazione del sistema regionale.

Il Prs va visto quindi come un “cantiere aperto” che fissa paletti e confini, che stabilisce alcuni punti fermi e definisce alcune parti del disegno ma che lascia in parte al processo successivo la specificazione e l’articolazione del progetto nel suo complesso. In questo senso anche la struttura rappresenta una indicazione di lavoro: saranno poi gli atti successivi, sia legislativi che di programmazione, a definire in maniera più specifica le procedure di attuazione previste dal modello di programmazione che qui viene proposto.

La struttura delle azioni del Prs è organizzata per programmi integrati e mette in evidenza, attraverso un’opportuna sperimentazione di strumenti gestionali e programmatori innovativi, alcuni interventi integrati, che assumeranno la caratteristica di progetti pilota.

Il Prs è strumento per rafforzare strutturalmente il modello sociale e istituzionale toscano attraverso un progressivo riorientamento della metodologia di programmazione verso il modello comunitario e degli obiettivi della programmazione verso le linee di sviluppo europeo tracciate nei recenti vertici europei da Lisbona in poi.

Trasferendo e accettando questi obiettivi di innovazione il Prs orienta la programmazione regionale verso politiche strutturali, finalizzate a fare della Toscana una protagonista del modello di sviluppo europeo, coerentemente alla sua vocazione e tradizione. Questo orientamento comporta:

• l’accettazione della competizione con sistemi locali e regioni d’Europa sulla qualità (della vita, del governo locale, della amministrazione, dell’ambiente, delle produzioni ecc.) forti delle potenzialità del sistema toscano ma anche coscienti della sua collocazione geoeconomica e di alcuni elementi di criticità strutturali (demografia, sistema delle imprese e posizionamento settoriale, sistema della mobilità, etc);

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• l’attivazione di azioni strategiche e strutturali che sappiano superare alcuni elementi di spontaneismo e di incoerenza nel modello di programmazione e nell’azione di governo degli interventi per lo sviluppo.

In questo senso, attraverso il Prs la Regione sceglie di spingere maggiormente la propria azione verso obiettivi e un modello di programmazione tendenzialmente omogenei a quelli europei anche facendo tesoro dell’esperienza condotta nella gestione dei Fondi strutturali. Questo modello di azione, frutto di sperimentazione in tutti i contesti nazionali e regionali europei, di adeguamenti e di progressive innovazioni, potrà essere applicato progressivamente nella programmazione toscana, adeguandolo alla realtà e all’esperienza regionale.

In prima approssimazione, le caratteristiche principali di questo adattamento possono essere così riassunte:

• obiettivo della programmazione sarà il sistema regionale nel suo complesso in quanto l’azione del solo ente Regione e delle sue risorse non è sufficiente per raggiungere gli obiettivi di innovazione, competitività, valorizzazione delle risorse e di qualità della vita. Compito della Regione è quello di essere animatore e punto di riferimento per il sistema in cooperazione con le azioni degli altri soggetti sociali e istituzionali;

• la programmazione tenderà a riferirsi progressivamente alle metodologie della politica regionale e di coesione economico sociale dell’UE, in ragione della sua efficacia e anche perché tutto il sistema regionale e nazionale europeo fa riferimento a quel modello e si uniforma ad esso in termini di tempi, riferimenti generali e obiettivi finali di innovazione e standard sociali e istituzionali;

• faranno maggiormente parte della programmazione toscana alcuni principi della programmazione comunitaria, da applicare congiuntamente e, progressivamente, nel complesso della azione della Regione, ovvero: 1. il partenariato (una azione finalizzata a raggiungere un obiettivo è tanto più

efficace quanto maggiore è l’adesione dei soggetti sociali che sono coinvolti dai suoi effetti; per questo, nella definizione degli obiettivi e delle specifiche di attuazione, ci si deve orientare a favorire e sostenere un intenso dialogo sociale e istituzionale, che porti ad una reciproca responsabilizzazione e impegno per il raggiungimento degli obiettivi condivisi)

2. la programmazione (necessità culturale nella azione di governo a tutti i livelli, caratterizzata da adeguata qualità e coerenza interna);

3. l’addizionalità (le risorse dei diversi soggetti coinvolti non possono agire incoerentemente fra loro rispetto agli obiettivi e queste azioni possono essere attivate solo con l’apporto di risorse esterne al sistema sociale e istituzionale che le promuove come priorità)

4. il cofinanziamento (ogni azione finalizzata a raggiungere obiettivi condivisi deve essere caratterizzata dalla partecipazione finanziaria significativa dei diversi soggetti che la patrocinano).

Le innovazioni del sistema di programmazione toscano potranno essere profonde (tecniche, amministrative, gestionali, anche in termini di immagine e comunicazione), anche se attuate progressivamente e seguendo il metodo della sperimentazione e della progressiva adesione volontaria dei soggetti coinvolti.

L’esperienza italiana e regionale della programmazione negoziata, della programmazione dei Fondi Strutturali e della riforma amministrativa (decentramento, semplificazione amministrativa e riforma degli enti e dei servizi locali) ha permesso di sperimentare strumenti, iniziare percorsi di innovazione, avviare riordino di modelli di azione istituzionale, integrare l’azione pubblica e quella dei soggetti privati. Questa

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esperienza potrà essere raccolta, studiata, sperimentata, al fine di sviluppare gli strumenti e la cultura della programmazione (della sua qualità) e della concertazione (in un percorso di decentramento, federalismo e governance) che permetta di gestire al meglio le risorse disponibili (nel complesso del sistema regione) per raggiungere gli obiettivi condivisi con la massima efficacia possibile.

Coerentemente, attraverso l’azione innovatrice che parte, anche se non in maniera esclusiva, dalla Regione (coinvolgendo progressivamente, intorno agli obiettivi da raggiungere, il sistema sociale, produttivo e istituzionale regionale) si potranno definire e diffondere gli strumenti delle politiche strutturali finalizzati a raggiungere con maggiore efficacia possibile gli obiettivi condivisi all’interno dei diversi sistemi locali regionali.

Questo percorso non si attiva soltanto con modifiche di norme o con l’elaborazione di meccanismi di intervento innovativi. Occorre affiancare il processo con: a) una maggiore diffusione della cultura della buona programmazione all’interno

dell’intero sistema toscano e ai diversi livelli istituzionali b) la affermazione del principio del partenariato e della concertazione in tutte le fasi

del processo e in tutti i luoghi della programmazione; c) la contemporanea diffusione del principio del cofinanziamento e dell’addizionalità

come modalità standard di funzionamento della programmazione regionale; d) la coerente redistribuzione delle competenze e delle funzioni all’interno dell’intero

sistema regionale di amministrazione, coerentemente ai principi di sussidiarietà, adeguatezza e in coerenza con le innovazione collegate alla riforma costituzionale del Titolo V.

L’inizio di questo percorso viene assunto come compito da questo Prs tramite l’attivazione di quattro proposte metodologiche e programmatiche:

a) I programmi integrati b) I progetti pilota integrati c) La programmazione negoziata regionalizzata (Il patto per lo sviluppo locale) d) Il riordino della struttura degli strumenti di programmazione finanziaria e di

Bilancio collegati alla attuazione della programmazione regionale (raccordo fra Prs, Dpef e Bilancio).

I programmi integrati

I programmi integrati nascono dalla esperienza dei programmi operativi tipici della

metodologia europea delle azioni strutturali e puntano, in questa prima elaborazione, a perseguire efficacemente risultati di valenza generale tramite: • l’orientamento per obiettivi a cascata • l’integrazione fra diversi strumenti di intervento • l’azione in diversi settori • l’attivazione di diverse fonti di finanziamento.

Non sono dei veri e propri programmi operativi e non hanno ancora una programmazione unitaria (cioè la gestione operativa del programma continuerà ad essere realizzata attraverso i singoli programmi di indirizzo di tipo settoriale o intersettoriale attualmente vigenti). L’integrazione, in questo quadro inizialmente invariato di programmazione settoriale, sarà demandata a comportamenti e procedure di integrazione fra le diverse strutture regionali e fra queste e il sistema dei soggetti, istituzionali e privati, esterni e troverà un momento di coordinamento negli strumenti di programmazione generale di livello regionale e locale (Prs, Dpef, Pls).

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Un programma integrato, dunque, è un contenitore di azioni utili a raggiungere obiettivi condivisi che potranno essere attuate tramite la programmazione ordinaria regionale, progetti e azioni a gestione principalmente regionale oppure tramite la programmazione negoziata, ovvero tramite un accordo fra la Regione e una entità territoriale omogenea che coincida o sia coordinata programmaticamente con la Provincia (o le Province se riguarda entità territoriali di area vasta).

Che cosa sono i

programmi integrati

I programmi integrati (PI) sono “contenitori” costruiti per raggiungere alcuni macro-obiettivi (derivanti dagli obiettivi del vertice di Lisbona) della programmazione regionale inserita nel Prs, con caratteristiche di omogeneità e coerenza rispetto agli strumenti e alle azioni che si possono attivare in funzione del raggiungimento degli obiettivi previsti.

Come sono costruiti

Sono costruiti seguendo l’esempio dei programmi operativi dell’Unione Europea, ovvero sono articolati in azioni e sub-obiettivi, identificati con le funzioni obiettivo, che si raccordano alla struttura del bilancio regionale, la cui realizzazione è presupposto per il raggiungimento del macro - obiettivo principale. Hanno una struttura molto schematica, che deve evidenziare la correlazione fra le funzioni obiettivo, le azioni attivate, gli obiettivi da raggiungere

Che livello di concertazione è

necessaria

La concertazione è a due livelli: - a livello regionale: per quanto riguarda l’individuazione del macro-

obiettivo principale, delle funzioni obiettivo e dei progetti pilota (definita con il Prs);

- a livello locale: all’interno di ogni PI potrebbe essere prevista una sorta di regola di premialità, destinato a quei partenariati locali coordinati a livello provinciale che, attraverso l’attivazione di cofinanziamento aggiuntivo (locale, pubblico o privato) e la costruzione di una iniziativa particolarmente efficace per raggiungere alcuni degli obiettivi del PI, potranno intervenire nella sua attuazione (anche attraverso accordi di programma Regione - enti locali).

Come sono finanziati

I programmi integrati sono finanziati dalla Regione attraverso le funzioni obiettivo del bilancio (corrispondenti tendenzialmente ai sub-obiettivi specifici dei PI). Inoltre, sono aperti al cofinanziamento volontario dei sistemi locali (sulla base della concertazione) che vogliano impegnare le proprie risorse a supporto del raggiungimento degli obiettivi dei PI, come declinati a livello locale, sulla base di specifici accordi negoziali. Quanto maggiore sarà il livello di integrazione fra risorse regionali e risorse locali, tanto maggiore sarà il decentramento e l’utilizzo di strumenti di programmazione negoziata. Tanto minore sarà il livello di integrazione fra risorse regionali e risorse locali, tanto maggiore sarà la gestione incentrata sulla Regione stessa e sulla metodologia tradizionale.

La programmazione negoziata, per la attuazione dei programmi integrati,

permetterà di defin ire al meglio il percorso per raggiungere (e interpretare) gli obiettivi di programma a livello territoriale tramite un accordo fra la Regione, la Provincia di riferimento e le istituzioni locali, secondo quei criteri precedentemente illustrati e cioè

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la coerenza con gli obiettivi regionali, la qualità della programmazione, il cofinanziamento, l’addizionalità e il partenariato locale.

La strumentazione di programmazione negoziata potrà essere attivata su base volontaria e non prevederà la preventiva costruzione di uno specifico fondo di finanziamento (assimilabile al fondo nazionale per le aree depresse) né avrà limiti territoriali alle aree attualmente inserite nell’obiettivo 2. Potrà essere attivata in tutto il territorio regionale, potrà adottare gli strumenti di intervento possibili (rispettando i vincoli derivanti dalle singole politiche regionali di settore) e potrà progressivamente diventare il metodo ordinario della programmazione regionale. Struttura dei Programmi integrati e delle azioni (fra parentesi sono indicati i principali “soggetti” referenti) Diritti di cittadinanza, coesione sociale e qualità della vita (Cittadini)

Azione 1 L’innovazione nella sanità: dal piano dell’offerta al piano per la salute dei toscani

Azione 2 L’innovazione nel welfare Azione 3 L’innovazione nella tutela dei beni culturali, nella promozione ed

organizzazione della cultura, nella promozione delle attività sportive Azione 4 La sicurezza come fattore di base per una migliore qualità della vita Competenze e occupabilità (Lavoratori e imprenditori)

Azione 5 L’innovazione nell’istruzione, nella formazione e nel lavoro: una politica integrata per l’allargamento delle opportunità degli uomini e delle donne nel mondo del lavoro

Competitività dei territori e delle imprese (Imprese e sistemi locali)

Azione 6 L’innovazione nell’economia: un sostegno mirato al rafforzamento delle imprese e alla qualificazione del contesto locale come fattore competitivo a scala globale

Azione 7 L’innovazione nel sistema regionale della mobilità Governo delle risorse naturali e tutela della sostenibilità del modello di sviluppo (Territorio)

Azione 8 L’innovazione nel governo del territorio: la filosofia del Procedimento Unificato come strumento per garantire snellezza delle procedure e attenzione alla sostenibilità nell’uso delle risorse naturali e del paesaggio

Azione 9 Un nuovo approccio alle politiche ambientali E-Government, innovazione istituzionale e amministrativa, modello di governance. (Pubblica Amministrazione)

Azione 10 L’innovazione istituzionale: il federalismo in Toscana come elemento strategico della competitività del territorio

Azione 11 Una condizione per il sostegno all’innovazione: il ruolo del credito e delle risorse finanziarie

Azione 12 La sostenibilità come vincolo strategico per le politiche regionali e come occasione di innovazione

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Azione 13 Gli strumenti per il governo e la programmazione I progetti pilota integrati

I progetti pilota integrati (PPI) nascono dalla esperienza dei progetti integrati tipici della metodologia europea delle azioni di innovazione inserite nei programmi operativi regionali e nazionali per la programmazione obiettivo 1, nella esperienza dei PIC e nella esperienza delle azioni innovative comunitarie.

I PPI hanno come obiettivo quello di sperimentare un modello di azione che possa preludere al modello gestionale futuro del complesso della programmazione regionale, agendo su progetti di iniziativa regionale particolarmente innovativi e a forte livello di integrazione settoriale o di soggetti.

I PPI, comunque, mutuano dalla programmazione operativa di tipo europeo, alcuni principi come l’orientamento per obiettivi a cascata, la integrazione fra diversi strumenti di intervento, l’azione in diversi settori e in riferimento a diverse azioni del Prs e l’attivazione di diverse fonti di finanziamento.

I PPI, come obiettivi strategici, si inseriscono all’interno di programmi integrati ma, per loro stessa natura, sono difficilmente incasellabili in un ambito definito e puntano a integrare tutti gli strumenti utili a raggiungere gli scopi del programma in collegamento potenziale con tutti i dipartimenti e settori regionali.

Che cosa sono i

progetti pilota integrati

I PPI sono azioni operative pluristrumenti e multisettoriali costruiti per raggiungere alcuni obiettivi (coerenti e collegati agli obiettivi delle azioni dei Programmi Integrati) della programmazione regionale inserita nel Prs.

Come sono costruiti

Sono costruiti seguendo l’esempio dei progetti integrati e delle azioni innovative dell’Unione Europea, ovvero sono articolati in azioni, che si raccordano alla struttura del bilancio regionale tramite una o più funzione obiettivo, e si riferiscono trasversalmente a tutti i settori di intervento regionale. Hanno una struttura molto schematica, che deve evidenziare la correlazione fra le funzioni obiettivo, le azioni attivate, l’obiettivo da raggiungere. I PPI sono direttamente operativi e trasversali anche a più di una azione, hanno carattere particolarmente innovativo e sono legati a temi di rilevante interesse per l’amministrazione regionale. Possono anche essere progetti di approfondimento e di sviluppo normativo o regolativo in riferimento ad ambiti di interesse regionale di particolare innovatività o che richiedono un forte livello di integrazione con soggetti esterni alla Regione.

Che livello di concertazione è

necessaria

La concertazione è a due livelli: - a livello regionale: per quanto riguarda l’individuazione degli obiettivi

principali (definita con il Prs); - a livello locale: attraverso l’attivazione di cofinanziamento aggiuntivo

(locale, pubblico o privato) e la costruzione di una iniziativa particolarmente efficace per raggiungere alcuni degli obiettivi del PPI, i livelli locali saranno coinvolti nella sua attuazione (anche attraverso accordi di programma Regione - enti locali), e potranno sperimentare la metodologia della programmazione negoziata, attivare azioni aggiuntive coerenti, etc.

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Come sono gestiti I PPI sperimenteranno una modalità di gestione innovativa e trasversale alla

tradizionale organizzazione a dipartimenti settoriali della Regione. Per ogni PPI potrà essere individuato un responsabile (Project Manager) che avrà a disposizione un budget (in co-responsabilità con i responsabili di settore da cui dipendono le risorse) e sarà incaricato di attuare gli obiettivi del progetto. Sulla base del budget e degli obiettivi da raggiungere, il PM predisporrà un programma di attuazione che potrà utilizzare gli strumenti di tutti i dipartimenti regionali, sulla base delle esigenze, o di altri enti e istituzioni regionali, tramite un coordinamento organizzativo, dotando gli uffici coinvolti di un budget aggiuntivo. A livello locale, sulla base della metodologia della programmazione negoziata, del cofinanziamento e del partenariato, potranno essere sviluppate azioni specificamente indirizzate alle esigenze territoriali e strettamente coerenti con gli obiettivi del PPI.

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PROGRAMMI INTEGRATI e PROGETTI PILOTA INTEGRATI

Immigrati Anziani non autosufficienti

Inquinamento aree urbane

Strumenti per lo sviluppo locale

integrato

Strumenti di finanza

innovativa

Procedimento unificato per il

governo del territorio

Toscana meno burocratica e più

efficiente

La società e l’economia

digitale

ALTRI…

Diritti di cittadinanza, coesione sociale e qualità della vita

X X X X X

Competenze e occupabilità

X X X X X

Competitività dei territori e delle imprese

X X X X X X

Governo delle risorse naturali e tutela della sostenibilità del modello di sviluppo

X X X X X X

E-Government, innovazione istituzionale e amministrativa, modello di governance

X X X X X X X

Sono emersi altri, possibili, progetti pilota, che saranno valutati nel loro grado di fattibilità: fra gli altri ricordiamo il progetto sulla montagna, il progetto sul sistema moda, il progetto sul sistema della piccola e media impresa toscana, il progetto sulle povertà estreme, il progetto sulla comunicazione in Toscana, il progetto sport e scienze motorie.

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Le azioni strategiche per l’innovazione Diritti di cittadina nza, coesione sociale e qualità della vita 1 L’innovazione nella sanità: dal piano dell’offerta al piano per la salute dei toscani Con il recente Piano sanitario regionale, la Regione pone le basi per una organizzazione sanitaria che si pone i seguenti obiettivi: il miglioramento della salute e del benessere della popolazione, la soddisfazione e la partecipazione del cittadino e l’efficienza e sostenibilità del sistema.

Come si può comprendere, anche dalla graduatoria degli obiettivi, il piano pone al centro dell’attenzione gli elementi oggettivi (salute) e soggettivi (soddisfazione) che determinano il benessere dei cittadini e quindi, in maniera strumentale, gli elementi che si riferiscono alla struttura dell’offerta (efficienza, organizzazione, etc).

Da questo approccio deriva una conseguenza di particolare importanza nella politica sanitaria della Regione: gli obiettivi di benessere non sono esclusivamente delegati alla struttura dei servizi ma sono raggiungibili attraverso strumenti e politiche integrate che si indirizzano in tutte le aree di vita quotidiana della popolazione (mobilità, comportamenti alimentari e sociali, qualità dell’ambiente di vita e di lavoro, etc).

La salute diventa così un obiettivo complesso e si trasforma in un programma integrato che necessita di una attenzione orizzontale ai singoli settori di intervento pubblico, sia regionale che locale, non più governabile con i soli strumenti della politica sanitaria in senso stretto.

Questi elementi incidono non solo sugli strumenti di governo e di programmazione, che devono puntare sempre di più alla intersettorialità, ma anche sulle scelte di merito e sulle priorità di intervento che non sono più confinate strettamente nell’ambito delle tematiche sanitarie. Può essere che, per fare un esempio, il raggiungimento di una salute migliore si possa raggiungere prioritariamente e più efficacemente con interventi nell’area della mobilità (viaggiare più sicuri) piuttosto che con interventi nell’area della cura successiva del danno.

Questo modello di intervento richiede la messa a punto di strumenti di valutazione delle politiche e delle singole azioni, per indirizzare sempre di più le risorse umane e finanziarie verso le aree che rendono di più in termini di salute e di benessere dei cittadini e non solo in termini di efficienza strettamente aziendale.

L’efficienza aziendale resta comunque, anche se con un valore strumentale, un elemento rilevante della politica regionale ed è elemento per la sostenibilità economica degli obiettivi di qualità del Piano. L’impegno verso tale razionalizzazione, assunto con il patto di stabilità fra Stato e Regioni e sancito con l’accordo tra organizzazioni sindacali e assessorato alla sanità, deve realizzarsi attraverso una verifica delle spese delle aziende sanitarie per centri di costo e della effettiva economicità degli appalti.

Le risorse vanno indirizzate dove hanno più effetto sugli obiettivi di salute ma devono essere utilizzate, nelle singole funzioni realizzate, nel modo migliore dal punto di vista della efficienza aziendale. L’efficienza è in questo caso non un fattore che indirizza le scelte ma piuttosto un elemento per la sostenibilità economica degli obiettivi prefissati dal piano.

La Regione intende inoltre puntare su due elementi importanti per un recupero di efficienza delle strutture. Il primo, definito come la seconda fase dell’aziendalizzazione, punta allo sfruttamento delle economie di scala derivanti dalla

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aggregazione di alcune funzioni operative delle Asl in società che, all’interno o all’esterno della struttura pubblica, possano raggiungere un livello di efficienza più elevato. Si fa riferimento in particolare a quelle funzioni che hanno visto nel mondo produttivo privato processi di riaggregazione e specializzazione finalizzati ad innalzare il livello di efficienza del sistema, in primo luogo nell’area degli acquisti e della gestione logistica dei materiali.

Il secondo elemento fa riferimento alla programmazione ospedaliera di area vasta che può superare quei comportamenti delle direzioni ospedaliere che, in contrasto con la logica a rete di sistema, tendono piuttosto ad una autosufficienza aziendale con un aggravio di costi rispetto al livello e alla qualità dei servizi resi ai cittadini. Nella consapevolezza che per l’attività specialistica la dimensione aziendale è spesso insufficiente a garantire gli obiettivi di efficacia e di efficienza, viene introdotto nella normativa regionale il livello interaziendale di concertazione di area vasta.

Un piano che punta alla salute e al benessere non può sottovalutare il tema della soddisfazione dei cittadini, che dipende da elementi legati alla natura specifica delle prestazioni e dei servizi resi ma anche dalle problematiche relative all’accesso ai servizi e alla vicinanza (legittimazione, rappresentanza, riconoscibilità ed accesso alle sedi di direzione, etc) dell’ente che realizza la gestione del sistema.

Nella sanità toscana spesso i cittadini hanno problemi di accesso alle prestazioni, e questo diminuisce la percezione di qualità del sistema, e hanno problemi di eccessiva distanza con le aziende sanitarie che risultano ai loro occhi come enti al di fuori del sistema della rappresentanza locale.

Per favorire l’integrazione dei servizi territoriali a scala locale oggi divisi fra la responsabilità dei Comuni e quella delle Aziende sanitarie, la Regione intende realizzare, attraverso la reale funzionalità della zona e del distretto, una forte integrazione far il sociale e il sanitario. Intende altresì promuovere, in via sperimentale, delle Società della salute fondate sulla partecipazione dei Comuni e delle Aziende sanitarie. In questo ambito dovranno essere individuate le modalità di partecipazione dei rappresentanti delle associazioni degli utenti e le modalità di rapporto con i soggetti del non profit e del volontariato. ed eventualmente di rappresentanze del terzo settore. Dovranno inoltre essere definite le modalità di rapporto convenzionale con gli erogatori privati dei servizi sociosanitari.

La piena realizzazione del modello di programmazione incentrato sullo snodo della zona e del distretto, con la definizione dei piani di salute territoriali in raccordo con i piani sociali di zona e la sperimentazione gestionale della Società della salute, si propone il raggiungimento dei seguenti obiettivi: a) il miglioramento della qualità dei servizi erogati e l’aumento della loro

produttività, attraverso il riordino e la razionalizzazione della rete ed il potenziamento delle professionalità e delle competenze;

b) lo sviluppo di centri di eccellenza e di un sistema di servizi regionali in rete, per rispondere con la migliore efficacia alle esigenze dei malati;

c) il coinvolgimento dei privati, ed in particolare del privato non profit, su progetti strategici per la crescita dei servizi regionali, così da cogliere l’opportunità del coinvolgimento delle comunità e per promuovere la raccolta di capitali e capacità professionali per lo sviluppo dei servizi;

d) la partecipazione del cittadino-utente alle scelte che riguardano la tutela della salute, attraverso un più alto livello di partecipazione delle istituzioni rappresentative e delle associazioni, migliorando al contempo il livello di soddisfazione della popolazione;

e) un più alto livello di partecipazione delle istituzioni rappresentative dei cittadini;

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f) un maggiore coinvolgimento e soddisfazione degli operatori anche attraverso la loro partecipazione agli organi di governo delle Società;

g) l’attenzione sui temi dell’appropriatezza attraverso il governo della domanda, basato sullo sviluppo dei sistemi di responsabilità e sull'uso efficiente delle risorse. Il modello organizzativo della Società della Salute, se sarà confermato nei suoi

elementi innovativi e positivi dagli esiti della sperimentazione, potrà dare un contributo agli obiettivi di miglioramento dei servizi e di legittimazione delle strutture a fronte di una crescente domanda di qualità e di partecipazione da parte dei cittadini della regione. 2. L’innovazione nel welfare Il nuovo welfare regionale è chiamato a supportare i diritti di cittadinanza in una società complessa e articolata e in un contesto di forte personalizzazione dei percorsi di vita. Il termine cittadinanza si collega strettamente al diritto ad essere accompagnato con interventi mirati nella vita quotidiana e nelle situazioni di bisogno. Questo riconoscimento deve avvenire all’interno della comunità di appartenenza laddove è più elevato il rapporto fra legami e opportunità. In Toscana il pieno sviluppo di una moderna concezione di cittadinanza sociale punta a: • stabilire e mantenere il regime di sicurezza sociale ad un livello soddisfacente, non

inferiore al livello standard in ambito europeo; • elevare progressivamente il livello quali-quantitativo delle prestazioni di sicurezza

sociale; • prevedere che ciascuno possa ottenere, mediante servizi adeguati ed appropriati di

carattere pubblico o privato, ogni tipo di consulenza e di aiuto personale necessario per prevenire, eliminare o alleviare lo stato di bisogno personale e familiare.

Il sistema di welfare regionale si indirizza universalisticamente allo sviluppo della persona e al raggiungimento di opportunità da parte di tutti i cittadini che, per un qualche motivo o in qualunque momento della propria vita, evidenziano una qualche difficoltà nella realizzazione di un proprio specifico progetto di vita. In linea prioritaria l’azione si rivolge: • alle famiglie, con una tutela sociale giuridica ed economica, utilizzando in

particolare prestazioni sociali, disposizioni fiscali, incentivi per la riduzione del disagio abitativo, interventi di aiuto alle giovani coppie;

• alle persone disabili, con l’esercizio effettivo del diritto all’autonomia, all'integrazione sociale ed alla partecipazione alla vita della comunità;

• ai bambini ed agli adolescenti, con l'effettivo esercizio del diritto di crescere in un ambiente favorevole allo sviluppo della loro personalità e delle loro attitudini fisiche e mentali, ponendo in essere servizi adeguati e sufficienti e avendo particolare attenzione a proteggere i bambini e gli adolescenti dalla negligenza, dalla violenza o dallo sfruttamento;

• agli immigrati, regolarmente soggiornanti sul territorio, con specifiche misure per favorirne l’inclusione sociale e con particolare riferimento agli interventi diretti ad affrontare le problematiche legate alla tutela dei diritti, alla condizione abitativa ed all’accesso ai servizi alla persona;

• alle persone anziane, con una adeguata protezione sociale basata sul potenziamento dei servizi di assistenza domiciliare e sullo sviluppo dell’offerta di servizi di sollievo anche per consentirne la permanenza più a lungo possibile nel nucleo

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familiare e per condurre un'esistenza tale da consentire loro di partecipare attivamente alla vita pubblica, sociale e culturale. • Alle persone in stato di povertà estrema, con interventi e servizi specifici da

prevedere. Deve, inoltre, essere ribadito il diritto alla parità di opportunità e di trattamento in materia di lavoro, di professione, di accesso ai servizi, senza discriminazioni di sorta.

Per quanto riguarda gli interventi pubblici nel settore delle politiche abitative, costituisce valore fondamentale la promozione e l'attuazione di piani e progetti che abbiano una stretta integrazione con l'insieme delle politiche sociali. Favorire la disponibilità della casa infatti è essenziale per il benessere, l'integrazione sociale ed il miglioramento delle condizioni di vita degli individui e della famiglia.

Gli elementi qualificanti per la costruzione complessiva del sistema saranno: • il principio di esigibilità delle prestazioni indicate quali essenziali, sulla base di

criteri che disciplinano le modalità di accesso alle prestazioni, e in base alla valutazione del bisogno determinato per la costruzione del percorso assistenziale;

• le modalità di accesso alle prestazioni socio-sanitarie integrate e alle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi, secondo il principio di equità e di libera scelta dei cittadini alla fruizione delle prestazioni e dei servizi;

• l’affermazione del principio della sussidiarietà nella organizzazione e gestione dei servizi sociali.

• la partecipazione alla individuazione dei livelli essenziali di assistenza, propri della competenza statale, assicurandone la loro attuazione e individuando le modalità di determinazione di livelli ulteriori in ambito comunale/zonale, secondo una priorità per i soggetti “deboli” del sistema (come previsto dall’art. 2 della Legge 328/2000).

• le forme di compartecipazione alla spesa da parte degli utenti, sulla base di accertamento della condizione economica del richiedente (secondo le disposizioni ISEE).

Le politiche sociali perseguono obiettivi di ben-essere sociale: l'obiettivo ultimo

degli interventi che gli enti locali, le Regioni e lo Stato programmano e realizzano è la promozione delle possibilità di sviluppo della persona umana, e non l'erogazione di prestazioni e servizi.

Le politiche sociali tutelano il diritto a stare bene, a sviluppare e conservare le proprie capacità fisiche, a svolgere una soddisfacente vita di relazione, a riconoscere e coltivare le risorse personali, a essere membri attivi della società, ad affrontare positivamente le responsabilità quotidiane.

Lo sviluppo delle politiche sociali nella nostra Regione promuove un welfare delle responsabilità, ovvero un welfare plurale, costruito e sorretto da responsabilità condivise, in una logica di sistema allargato di governo che valorizza il federalismo solidale.

Il diritto ad usufruire degli interventi e dei servizi del sistema integrato è riconosciuto a tutti i cittadini italiani e, nel rispetto degli accordi internazionali e con le modalità e i limiti definiti dalle leggi vigenti, ai cittadini dell’Unione Europea ed ai loro familiari, nonché ai cittadini non comunitari con regolare permesso di soggiorno. A tutti sono garantiti interventi essenziali per la sussistenza e nel rispetto della dignità della persona.

Il criterio di accesso al sistema integrato di interventi e servizi sociali è il bisogno. Affinché le politiche sociali siano veramente universalistiche, è necessario che le persone e le famiglie con situazioni di bisogno più acuto o in condizioni di maggiore

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fragilità siano messe in grado di poter accedere ai servizi rivolti a tutti, oltre che eventualmente a misure e servizi specificamente dedicati.

Le Regioni e gli enti locali sviluppano specifiche azioni affinché coloro che hanno più bisogno e perciò più titolo ad accedere al sistema integrato dei servizi non vengano esclusi o, comunque, non siano ostacolati nell'acceso da barriere informative, culturali o fisiche. Particolare attenzione sarà riservata agli interventi a favore dei soggetti che risiedono nelle zone svantaggiate, nelle aree rurali e nei piccoli centri.

Le persone e le famiglie possono essere chiamate a concorrere al costo dei servizi universali in base alla loro condizione economica, per salvaguardare il criterio dell’equità.

La definiz ione di un sistema integrato di servizi sociali deve basarsi sul pieno rispetto del principio della sussidiarietà verticale, fra le istituzioni pubbliche (articolo 4 della Carta europea).

Risulta fondamentale che l’ente locale, titolare di competenze sociali, svolga pienamente le funzioni di lettura dei bisogni, di pianificazione e programmazione dei servizi e degli interventi, di definizione dei livelli di esigibilità, di valutazione della qualità e dei risultati.

La sussidiarietà orizzontale, posta anch’essa a base del sistema, non può essere intesa quale semplice supplenza delle istituzioni pubbliche alle carenze della società civile, ma quale strumento di promozione, coordinamento e sostegno che permette alle formazioni sociali (famiglie, associazioni, volontariato, organizzazioni non profit in genere, aziende, ecc.) di esprimere al meglio, e con la piena garanzia di libertà di iniziativa, le diverse e specifiche potenzialità, restando in capo alle istituzioni il ruolo fondamentale di garanzia della risposta (accessibilità, qualità).

Una particolare attenzione sarà rivolta al tema dell’assistenza agli anziani non autosufficienti che già fin da ora lascia intravedere per la rilevanza delle risorse da investire e per la qualità, l’articolazione e la personalizzazione delle prestazioni l’esigenza di una progettualità innovativa e di strumenti di intervento adeguati a sviluppare sinergie fra il mondo pubblico e il mondo privato e associativo in tutte le sue articolazioni.

In un quadro solidaristico che preservi le fondamentali funzioni dello stato sociale, la corretta applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale deve conservare e rafforzare il ruolo delle istituzioni pubbliche in due direzioni:

a) sostegno costante all’azione della società civile e allo sviluppo di legami solidaristici,

b) sorveglianza sul sistema di offerta complessivo e attenzione alle garanzie di imparzialità e di completezza della rete degli interventi e dei servizi presenti nel territorio.

L’impegno rivolto alla realizzazione di un nuovo sistema regionale per le politiche sociali sarà fondato sui diversi ruoli e sui nuovi rapporti tra i livelli istituzionali, basati sul pieno riconoscimento del principio di sussidiarietà, del principio di concertazione e del principio di integrazione.

Il riferimento culturale è un modello di welfare community, che indirizza gli interventi nel tessuto sociale per ricostruire e rafforzare i meccanismi di solidarietà, di relazionalità e di socialità, in un progetto complessivo che include le azioni sui soggetti svantaggiati e che riconosce nelle famiglie un soggetto attivo e collaborativo, determinante e fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi delle politiche sociali.

La Toscana è attualmente impegnata nell’adeguamento della propria normativ a in materia di politiche sociali, dopo aver definito lo strumento di programmazione di settore a valenza triennale (Pisr 2002-2004), integrato con il Piano sanitario regionale e

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attuativo del Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali, del quale sta attuando le previsioni assunte.

L’importanza di tale quadro è evidente se si considera come, a seguito delle modifiche del Titolo V della Costituzione, la potestà legislativa regionale si è notevolmente ampliata: il settore dei servizi sociali e quello dei servizi alla persona, così come individuato e definito dall’art. 128 del T.U degli enti locali, risulta tra le materie riservate alla legislazione esclusiva della Regione, essendo riservata allo Stato la sola “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (articolo 117, lettera m della Costituzione)”.

Inoltre la Regione, secondo il nuovo quadro costituzionale, partecipa alla formazione degli atti normativi comunitari per le materie di propria competenza, ed ha competenza per dare attuazione ed esecuzione agli atti dell’Unione Europea, contribuendo al raggiungimento dei traguardi fissati dalla Carta sociale europea (ratificata con Legge 9 febbraio 1999, n. 30). Questo obiettivo è raggiunto tramite lo sviluppo di interventi di integrazione del sistema, di sostegno al reddito per le categorie e i soggetti più vulnerabili, di promozione della partecipazione dei cittadini alle risorse, ai beni, ai servizi, di sviluppo della informazione e della comunicazione, di mobilitazione degli attori del territorio.

Nel modello di programmazione integrata viene confermato e aggiornato un sistema di programmazione diffusa e di ambito zonale e distrettuale per il quale saranno indicate le modalità organizzative e l’individuazione di funzioni di supporto per la costruzione della programmazione del sistema.

Tra i diversi soggetti interessati (Regione, Comuni, Province, Aziende USL) gli esiti della programmazione locale (zonale e distrettuale) saranno assunti tramite la definizione di accordi o patti per l’attuazione dello stesso Piano zonale, prevedendo anche le forme di partecipazione e di adesione dei soggetti del terzo settore. 3. L’innovazione nella tutela dei beni culturali, nella promozione ed organizzazione

della cultura, nella promozione delle attività sportive A tutti risulta evidente il grande ruolo che la cultura riveste nella vita di una regione come la Toscana: la stessa immagine che la Toscana proietta di sé appare fortemente segnata dal legame profondo tra l’identità della regione e il suo patrimonio culturale. Un patrimonio, peraltro, costituito non solo dalle testimonianze più alte della creatività artistica e intellettuale del passato, ma da un intreccio diffuso tra l’eredità della storia, del lavoro e della cultura, e le risorse naturali, il paesaggio, il territorio. Proprio per questo, si tratta di un’identità che si lega radicalmente ai tratti costitutivi dello sviluppo economico e sociale della regione.

E’ un dato oramai largamente acquisito che l’insieme dei beni e delle attività culturali rappresenta un campo cruciale che contribuisce a determinare, attraverso una molteplicità di canali, la qualità complessiva dello sviluppo di un territorio. Tuttavia, tale legame non si crea spontaneamente: obiettivo delle politiche regionali per la cultura è appunto quello di creare e allargare le condizioni affinché le risorse culturali possano, in modo sempre più efficace, arricchire il profilo della Toscana: non solo attraverso una corretta valorizzazione del patrimonio ereditato dal passato, ma anche attraverso scelte e politiche innovative, che immettano la Toscana nel circuito della produzione intellettuale ed artistica contemporanea.

Il legame tra patrimonio, risorse e attività culturali, da un lato, e qualità dello sviluppo regionale, dall’altro lato, non si costruisce solo attraverso gli effetti, diretti e

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indiretti, che dal campo culturale si proiettano sull’intero sistema economico; vi è anche un’altra dimensione della vita culturale che concorre a definire la ricchezza e il benessere della regione: la cultura come fattore di identità e di coesione sociale, come espressione di una ricca tradizione civica, come fattore di crescita della coscienza critica collettiva.

E’ possibile costruire uno schema delle relazioni che legano i beni e le attività culturali di una regione come la Toscana alla più ampia logica che ne caratterizza, (o che, in chiave politica e progettuale, potrebbe caratterizzarne) il modello di sviluppo.

Da un lato, dunque, abbiamo i fattori “immateriali” del sistema toscano: identità collettive, tradizioni civiche, memoria dei luoghi; dall’altro, una ricca “dotazione” di risorse ambientali e territoriali: dentro questa cornice, si individuano strategie e politiche di un processo di valorizzazione che trasforma, propriamente, un patrimonio in risorsa dello sviluppo regionale, lo immette in un circuito di legami e di connessioni con l’intero sistema economico regionale.

Legami e connessioni, a loro volta, si producono sia su un piano più strettamente materiale, con effetti sul reddito, input di domanda alle imprese della “filiera”, ecc.; ciò che va sottolineato, in particolare, per la Toscana, è che questa concatenazione produttiva non si limita ad attivare i settori tradizionalmente o immediatamente più legati al mondo dei beni culturali. Novità ed esperienze significative, grazie anche alle scelte della Regione, cominciano ad emergere anche nel campo delle nuove tecnologie e del rapporto tra la ricerca scientifica condotta nelle università toscane, e le possibili applicazioni tecnologiche che possono rivolgersi, ad esempio, alle stesse attività di prevenzione dei rischi, conservazione, fino anche alla tutela delle opere stesse. Un rapporto tra ricerca scientifica e tecnologica che sembra abbia concorso alla nascita e allo sviluppo di imprese hi-tech, soprattutto nel campo della meccanica strumentale.

E’ da sottolineare che le modalità attraverso cui uno o più elementi del patrimonio culturale possono entrare in un circuito di valorizzazione delle proprie potenzialità economiche e di integrazione con altri segmenti di un sistema economico regionale o locale dipendono da alcuni fattori di dotazione infrastrutturale - il grado di tutela e protezione del contesto ambientale, la dotazione di servizi per l’accoglienza e la ricettività, il grado di accessibilità territoriale – condizioni contestuali che permettono di integrare l’offerta culturale ad altre fondamentali dimensioni di un realtà sociale e territoriale regionale.

Legami e connessioni del patrimonio culturale toscano si producono anche su un piano “immateriale”, molto più mediato, ma non meno rilevante: il patrimonio culturale come capitale sociale e, quindi, come dotazione sociale di saper i e di conoscenze, di risorse cognitive e normative che interagiscono, per mille vie, con la sfera della produzione e del consumo.

Nel caso della Toscana, possiamo ben dirlo, il patrimonio culturale è componente costitutiva di forti identità collettive, di una tradizione civica diffusa e radicata nella storia, di un livello di coesione sociale e comunitaria che rimane elevato (per quanto sottoposto a tensioni e non ovunque presente nella stessa misura). I beni culturali della Toscana non sono solo un retaggio del passato: sono anche un insieme di beni che gli attori sociali e istituzionali valutano oggi come beni collettivi, beni a cui le comunità locali attribuiscono un valore in quanto beni pubblici. Questo riconoscersi nelle testimonianze del passato è di per sé un elemento costitutivo di quella civicness, di quello “spirito civico” diffuso che, come è stato analizzato e ricostruito dagli studi sull’argomento, non è una dotazione omogeneamente distribuita nello spazio e nel tempo: e la Toscana, tra le Regioni italiane, si colloca appunto tra quelle in cui più alta è la densità di questo peculiare “capitale sociale”.

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A questo proposito, l'ampia accezione assunta dal termine "libertà" consente di inserire tra i suoi fondamenti anche le politiche per la cultura. Questa estensione è emblematica della "nuova" politica sociale da attuare a livello regionale, in quanto può essere concepita come uno strumento per perseguire livelli più elevati di libertà positiva e quindi acquisire la "capacità" di realizzare il proprio piano di vita. Più si dispone di offerta culturale più si arricchisce il proprio campo di scelte e più si è in grado di valorizzare gli elementi naturali e storici dell'ambiente in cui viviamo. Inoltre, gli investimenti nel campo della cultura, avendo natura prevalentemente immateriale, accrescono le possibilità di crescita economica come gli investimenti materiali in capitale fisico, ma risultando più resource-saving e meno inquinanti di questi. La valorizzazione della cultura e del relativo patrimonio è quindi di rilievo per assicurare forme di crescita più sensibili agli aspetti qualitativi e di sostenibilità. Perciò, l’efficacia delle politiche regionali in campo culturale non può essere misurata solo attraverso le “ricadute” immediate che possono prodursi sul piano economico e produttivo, ma deve essere anche valutata, su una scala temporale di medio-lungo periodo, sulla base della loro capacità di costruire e rafforzare un elevato ed originale profilo qualitativo della vita nella regione. E del resto, difendere e costruire un’originale identità regionale appare un “vantaggio competitivo” di non poco conto, all’interno dello scenario della nostra epoca: e la cultura, specie per la Toscana, non può che essere un tassello decisivo di tale identità.

Infatti, in un’epoca in cui i “prodotti ad alto valore aggiunto” sono tali anche perché incorporano un elevato tasso di “immagine”, di contenuti simbolici, l’identificazione “toscana” di un bene di consumo rappresenta proprio una sorta di “vantaggio comparato”, una chance che ne accresce la capacità concorrenziale nei confronti di segmenti di mercato che proprio a questi contenuti simbolici si rivelano sensibili. E il “marchio Toscana”, lo sappiamo, si costruisce, in larga parte, anche sulla forza evocativa che si sprigiona dal patrimonio storico-culturale della regione e dal suo patrimonio ambientale.

La forza e la completezza di queste relazioni tra patrimonio culturale e sviluppo regionale caratterizza in modo particolare una regione come la Toscana, contribuisce a creare in larga misura la sua identità, ne definisce la posizione autonoma e originale nel contesto dello sviluppo globale. E ciò, in un duplice senso: sul piano culturale, per i tratti distintivi che il patrimonio e le risorse culturali le conferiscono, ma anche sul piano economico, per i “vantaggi competitivi”, per le specificità concorrenziali, che ne derivano. In quest’ottica, la dimensione globale non appare come una minaccia, a cui contrapporre una chiusa identità localistica, ma un’arena in cui far valere e pesare la forza della propria originalità.

Le attività di conservazione e recupero, di consumo e fruizione, possono essere lette come attività volte a preservare e riprodurre il “valore” del patrimonio, ad alimentarne la presenza vitale nella contemporaneità: ma un patrimonio può anche essere allargato e arricchito, nuovi beni possono essere prodotti, e nuovi beni possono entrarne a “far parte”, grazie alla ricerca storica e scientifica o ad una mutata coscienza critica collettiva, o grazie anche alle politiche innovative che possono arricchire e articolare l’”offerta” di cultura della regione. Occorre dunque richiamarsi ad una visione dinamica del concetto stesso di patrimonio, comprendendo in esso anche i risultati di una produzione intellettuale e artistica innovativa, quando essa riesca ad emergere e a trovare anche le sue forme istituzionali, i suoi luoghi di espressione.

Questa analisi determina tre linee di sviluppo della politica culturale regionale. La prima impone di investire nella cultura: l’impegno va in tre direzioni:

• gli interventi per la conservazione e fruizione dei beni culturali: rientrano in quest’ambito le quote di finanziamento del Fesr 2000/2006 e l’autonomo

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intervento interamente finanziato dalla Regione nel piano degli investimenti 2003/2005;

• la capacità di programmazione, affinché i settori dei beni culturali, librari, archivistici, dei musei e delle biblioteche, delle attività culturali, dello spettacolo e dei rapporti inter- e multi-culturali siano oggetto di una politica di programmazione unitaria, che, valorizzando l’intera rete delle strutture, dei servizi e delle attività, possa sviluppare processi di sperimentazione e di qualificazione dell’offerta culturale toscana;

• la crescita di personale altamente professionalizzato in tutto il sistema, superando le attuali gravi carenze che sono sia di ordine qualitativo, che quantitativo.

La seconda linea di sviluppo della politica culturale regionale riguarda il progetto di autonomia speciale della Toscana nel campo dei beni culturali, che viene sviluppato in tre direzioni: • l’oggetto di una intesa con il Governo per competenze legislative ulteriori, ex art.

116.3 della Costituzione; • la posizione della Regione per l’esercizio delle funzioni amministrative, ex art.

117.1 della Costituzione; • le possibili forme di coordinamento, ex art. 118.3 della Costituzione.

La terza linea di sviluppo riguarda il settore dello spettacolo, anch’esso soggetto, in forza della riforma del Titolo V della Costituzione, ad un processo rilevante di trasferimento di competenze normative ed amministrative alle Regioni.

L’intreccio inscindibile delle politiche culturali con il complesso delle politiche regionali (per tutti i profili dell’economia, del territorio e dei servizi alla persona) motivano la forza di questo progetto nell’ambito del presente Programma di sviluppo regionale.

Infine, nel settore dell’attività motoria e dello sport, la Regione Toscana intende sviluppare una politica di interventi secondo direttive ben precise: a) promozione ed incremento della cultura dello sport per tutti, quale fattore di

benessere e coesione sociale, anche fra diverse etnie, e di prevenzione sanitaria; b) attuazione di programmi concordati per il recupero sociale attraverso la pratica

dell’attività motoria; c) messa a norma e pieno utilizzo di impianti sportivi esistenti; realizzazione di nuovi

impianti a carattere polivalente; realizzazione di spazi gioco-sport a libera fruizione per i giovani;

d) interventi programmati con gli EE.LL. e l’associazionismo per l’attuazione di uno sport sano e senza violenza.

La Regione riconosce, infatti, nelle attività motorie un complesso di attività miranti al benessere fisico e psichico, alla socializzazione e alla formazione culturale dell’individuo, a questo fine valorizzando e promuovendo specifiche nuove professionalità emergenti nel settore, anche tramite il ruolo centrale dell’Università come centro di eccellenza della formazione. 4 La sicurezza come fattore di base per una migliore qualità della vita La fase di inizio dell'attuale legislatura è stata caratterizzata da una significativa attenzione che il governo regionale ha riservato al tema della sicurezza, inteso in un senso che progressivamente ha assunto un carattere integrato e interdisciplinare. Il focus si è perciò dilatato per passare dalla messa a punto di politiche finalizzate a garantire alle famiglie, alle imprese ed alle singole persone la possibilità di vivere la propria quotidianità senza eccessivi rischi di subire violazioni e violenze derivanti da

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fenomeni di illegalità o da eventi di carattere criminale, a politiche orientate a ridurre i rischi derivanti da incidenti (soprattutto sulla strada e sul lavoro) o da eventi di carattere calamitoso (soprattutto per quanto riguarda il rischio idraulico e quello derivante dalla presenza in Toscana di imprese a rischio di incidente rilevanti), a politiche finalizzate a favorire la sicurezza alimentare, fino ad arrivare ad una idea della sicurezza che investe la stesso quadro del welfare regionale, concepito come una vera e propria rete di protezione che garantisce "sicurezza" in via ordinaria (attraverso, per esempio, l'efficienza del sistema sanitario) e nei momenti o periodi di difficoltà e di bisogno (attraverso la rete dei servizi sociali e delle politiche di inclusione).

La messa a punto di una politica sistemica della sicurezza, capace di tenere insieme i suoi molteplici aspetti, rappresenta perciò uno dei filoni di lavoro più importanti della fase centrale e conclusiva della legislatura ed uno dei pilastri del miglioramento e della diffusione del "benessere" complessivo della popolazione, obiettivo di fondo dell'attività del governo regionale.

Sotto il primo versante (quello della sicurezza rispetto ai fenomeni di illegalità o agli eventi criminali), in Toscana si registra, per il terzo anno consecutivo, una diminuzione progressiva dei reati denunciati dalle forze di polizia all’autorità giudiziaria. Questa diminuzione, pur importante, non è omogenea su tutto il territorio e nel corso degli anni diverse realtà territoriali si sono alternate al di sopra e al di sotto dell’indice medio di delittuosità regionale. In Toscana non si vive con paura, ma proprio per questo occorre che le istituzioni si adoperino per salvaguardare le comunità locali da fenomeni patologici che, se trascurati, sono destinati a limitare le libertà dei singoli, ad insidiare la qualità della vita, a generare insicurezza.

La Regione Toscana non intende forzare il quadro delle competenze e delle responsabilità delle diverse istituzioni preposte alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica, alle azioni di prevenzione sociale, alle politiche territoriali, quanto, piuttosto, favorire la cooperazione e la collaborazione di queste istituzioni.

Il progetto speciale "Una Toscana più sicura", la legge regionale 16 agosto 2001, n. 38 recante "Interventi regionali a favore delle politiche locali per la sicurezza della comunità toscana" e i provvedimenti di attuazione si muovono all’interno di un quadro istituzionale che occorre confermare, fondato sulla distinzione delle competenze e delle responsabilità tra lo Stato (ordine pubblico e sicurezza pubblica), la Regione e gli enti locali (politiche di prevenzione sociale, di organizzazione del territorio, di tutela dalle illegalità), ma anche sulla decisa collaborazione e cooperazione tra Stato, Regione e enti locali, e sulla centralità per il sistema locale del ruolo dei Comuni.

Tra gli obiettivi che la Regione si pone ci sono il sostegno agli enti locali nelle attività di integrazione sociale, lotta all’emarginazione, tutela della fruibilità degli spazi pubblici e promozione della cultura della legalità; la costruzione di una rete diffusa di aiuto e sostegno alle vittime e ai soggetti più deboli; il miglioramento dell’efficacia delle polizie municipali, realizzando modelli organizzativi di prossimità con i cittadini che ne valorizzino il ruolo essenziale di tramite con i servizi comunali; la promozione di intese tra Regione e Stato (Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza) allo scopo di realizzare efficaci flussi informativi, coordinare la presenza delle diverse polizie sul territorio migliorandone l’efficacia, promuovere e sviluppare nuovi e più impegnativi accordi locali. La Regione deve inoltre affinare, attraverso il proprio osservatorio sulle politiche integrate per la sicurezza, la capacità di lettura dei fenomeni di grande e piccola criminalità presenti in Toscana, di cui occorre realizzare un monitoraggio costante, utile a sostenere la programmazione delle attività dei Comuni e a favorire lo sviluppo di politiche di area indispensabili per affrontare i problemi emergenti e più significativi.

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Per quanto riguarda il problema della sicurezza della circolazione su strade di interesse regionale, c’è da rilevare che gli incidenti stradali rappresentano in Toscana la causa di morte più importante per la fascia di età giovanile (15-24 anni) ed oltre a costituire una causa di sofferenza individuale indicano un elevato costo, in termini di risorse dirette ed indirette, per l'intera società. E' importante sottolineare che si tratta di eventi spesso evitabili con misure e provvedimenti mirati e di semplice attuazione.

La Commissione Europea indica l'obiettivo di ridurre, entro il 2010, del 40% il numero dei morti e dei feriti in conseguenza di incidenti stradali. In questo quadro di riferimento, le azioni regionali si muovono lungo una direttrice che mette in campo due atti di programmazione, a partire dal Piano regionale della mobilità e della logistica, di cui uno dei principi ispiratori è proprio quello della sicurezza, intesa come ricerca delle azioni con cui ogni sistema di trasporto può minimizzare i danni delle persone. Essa passa attraverso un riequilibrio modale e la realizzazione di un sistema informativo adeguato che consenta di evidenziare i punti critici e gli interventi prioritari. Sul versante del governo dell'offerta, ciò significa in primo luogo realizzare tutte le infrastrutture che servono.

Ma la sicurezza stradale non consiste solo in interventi infrastrutturali; risulta necessaria anche tutta un'altra serie di azioni coordinate e basate su una strategia multisettoriale (misure di regolamentazione, di informazione all'utenza, etc.). Gli interventi del Piano regionale della mobilità e della logistica si coniugano perciò con quelli del Piano sanitario regionale 2002-2004 (dispositivi di sicurezza, condizioni di viaggio, campagne di prevenzione rispetto all'assunzione di sostanze pericolose, potenziamento dei servizi di emergenza, cura e riabilitazione, etc.).

In materia di sicurezza del lavoro, i profondi cambiamenti in atto nel sistema produttivo toscano, caratterizzati da marcati processi di delocalizzazione, di ricorso ai sub appalti, di esternalizzazione delle fasi di lavorazione meno gestibili dal punto di vista della sicurezza, insieme all'affermarsi di forme di rapporto di lavoro sempre più flessibili (part-time, contratti a termine, lavoro parasubordinato), richiedono un approccio più organico ai problemi della sicurezza nei luoghi di lavoro, all'interno di un quadro di riferimento che cerchi di coniugare un più alto livello di sviluppo economico con una migliore qualità del lavoro e dell'occupazione e con la tutela della salute dei lavoratori.

La questione investe anche l'assetto delle competenze legislative definito dalla modifica del Titolo V della Costituzione, in base al quale la sicurezza del lavoro è diventata materia di potestà legislativa concorrente ed ha cominciato ad investire il terreno di tutte le politiche settoriali interessate (come risulta, ad esempio dal Docup obiettivo 2).

La Toscana intende operare, nell’ambito dell'attuazione del "Piano straordinario sul lavoro", sottoscritto dal Governo e dalle Regioni nel dicembre 2000, in particolare sugli aspetti più direttamente connessi agli infortuni ed alle malattie professionali, assumendo un ruolo incisivo per l'emersione delle imprese irregolari e nella lotta al lavoro nero e sommerso, valorizzando il metodo della concertazione con tutti i soggetti interessati a promuovere interventi e programma innovativi.

La Regione Toscana ha sempre posto una particolare attenzione alla attività di prevenzione dei rischi e in particolare di quello idrogeologico e di quello sismico, che interessano la gran parte del territorio toscano. Negli anni precedenti, le attività di prevenzione della Regione sono state indirizzate prevalentemente agli interventi di carattere strutturale, tramite la realizzazione delle opere necessarie a mettere in sicurezza il territorio o a incentivare il miglioramento sismico degli edifici.

La Regione rileva l’esigenza di avviare un riordino normativo in materia di difesa del suolo, mediante la predisposizione di un testo unico.

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Sulla base delle nuove competenze istituzionali che attengono anche alla fase dell’emergenza, la Regione ha avviato un percorso per migliorare le condizioni di sicurezza della collettività, nelle more della conclusione del lungo processo di messa in sicurezza del territorio ed in rapporto a quei rischi che nessuna opera di prevenzione strutturale può annullare, come appunto il rischio sismico o quello industriale. Tale percorso si qualifica nella messa a punto di un sistema integrato di protezione civile, che coniughi il principio della sussidiarietà con quello della adeguatezza, quello della responsabilità con quello della collaborazione.

L’azione regionale sarà prevalentemente orientata a sostenere il processo di pianificazione locale, che costituisce lo strumento fondamentale per realizzare efficienza e tempestività delle azioni di protezione civile in vista della salvaguardia dell’incolumità pubblica, anche attraverso la definizione di procedure di informazione della popolazione coinvolta, affinché possano essere messi in atto comportamenti di autoprotezione congruenti con gli interventi pubblici.

In materia di sicurezza alimentare, il Regolamento n. 178/2002 dell’Unione europea stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare e costituisce la base per garantire un livello elevato di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori in rela zione agli alimenti, garantendo al contempo l’efficace funzionamento del mercato.

La Regione Toscana si è da tempo attivata in questo campo, emanando normative per la produzione di alimenti con un elevato livello di tutela per la vita e la salute umana (L.R. n. 54/1995 che disciplina la zootecnia biologica, la L.R. n. 25/1999 per la valorizzazione dei prodotti agricoli ed alimentari ottenuti con tecniche di produzione integrata e per la tutela contro la pubblicità ingannevole, L.R. n. 18/2002 per l’introduzione dei prodotti biologici, tipici e tradizionali nelle mense pubbliche e per programmi di educazione alimentare) e attivando programmi regionali per il controllo dei mangimi impiegati negli allevamenti zootecnici e, in collaborazione con l’Arsia, progetti per assicurare la completa tracciabilità dei prodotti alimentari di origine zootecnica. L’iniziativa regionale si svilupperà anche con campagne di informazione dei soggetti operanti nella filiera alimentare e soprattutto dei consumatori, in modo da fornir loro gli strumenti indispensabili di conoscenza sulla qualità dei prodotti, per consentire di riacquistare la piena fiducia nel mondo della produzione alimentare.

Competenze e occupabilità 5 L’innovazione nell’istruzione, nella formazione e nel lavoro: una politica integrata per l’allargamento delle opportunità degli uomini e delle donne nel mondo del lavoro La società dell’informazione e l’economia guidata dalla conoscenza richiamano l’esigenza, sempre più pressante in particolare per le aree più avanzate del mondo, di una elevata qualità educativa e formativa a sostegno dei processi di sviluppo economico e di innalzamento della qualità della vita.

Vivere bene nella società del futuro significa riuscire a usufruire a pieno titolo di tutta la gamma delle opportunità e delle potenzialità che sono a disposizione della collettività e dei singoli grazie allo sviluppo delle tecnologie e alla diffusione della cultura e del sapere scientifico applicato alla produzione di beni e servizi per la vita quotidiana.

Diffondere il sapere e l’informazione a livello sociale non è quindi solo uno strumento di supporto allo sviluppo dell’economia ma è, in primo luogo, un’azione tesa

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a rendere più equo il modello di distribuzione delle opportunità fra le diverse aree territoriali e sociali della regione. Infatti, come dimostrano anche recenti ricerche, le aree dell’emarginazione sociale e del disagio giovanile coincidono sempre più, anche nella nostra regione, con quelle dell’insuccesso scolastico e dell’esclusione dai percorsi educativi di profilo medio-alto.

Anche l’economia, nel suo obiettivo di maggiore competitività a livello globale, richiede uno sviluppo intenso e diffuso del livello delle conoscenze e delle competenze delle risorse umane della regione.

In un sistema produttivo avanzato, come quello della Toscana, la conoscenza è diffusa in tutte le aree professionali e in tutti i settori produttivi: si tratta di innalzare e qualificare questo patrimonio sfruttando appieno ed in maniera integrata gli strumenti e le risorse esistenti nel mondo dell’istruzione, in quello della formazione professionale e, quindi, nel variegato e articolato mondo delle imprese e del lavoro autonomo.

Il problema non si risolve, come già da tempo testimonia l’esperienza della Regione nella gestione dei fondi strutturali del Fse, investendo risorse in maniera separata e parziale sulle singole componenti del sistema. In questo modo al massimo si possono innalzare i livelli di istruzione della popolazione, oppure il livello di formazione professionale dei disoccupati e dei lavoratori dentro o fuori delle aziende ma senza aumentare il grado di integrazione fra i momenti dell’istruzione, della formazione e del lavoro nel sistema regionale.

L’obiettivo è invece quello di disegnare una architettura organizzativa complessiva che, partendo dall’esigenza di integrare non solo strutture ma anche ed in primo luogo linguaggi, culture e pratiche formative, sappia corrispondere in maniera adeguata alle esigenze di conoscenza della società e dell’economia regionale.

Nella realtà economica e sociale attuale non è più possibile pensare ad una sequenza cronologica e lineare fra il momento dell’istruzione, quello della formazione e quello del lavoro: si tratta di tre modi di partecipare alla acquisizione e allo sviluppo delle conoscenze e delle competenze che non sono più alternativi ma che, pur mantenendo specificità e autonomie, rimandano ad un processo unitario logicamente non separabile. E’ per questo che fra i tre mondi deve, e dovrà sempre di più, realizzarsi permeabilità di esperienze e di attività di cooperazione e dovrà svilupparsi una possibilità di accesso e di interscambio in qualunque fase della vita produttiva delle persone.

La formazione lungo tutto l’arco della vita (all’interno della quale deve essere prevista la possibilità del reingresso “facile” nel mondo dell’istruzione sia superiore che universitaria) è un obiettivo possibile e realizzabile da parte della collettività regionale ed è lo strumento principale per il rafforzamento delle basi strutturali dell’economia toscana.

Ma la formazione lungo tutto l’arco della vita non richiede solo buona volontà (da parte dei lavoratori e delle imprese) e una buona organizzazione (da parte del sistema formativo), ma richiede in primo luogo la predisposizione di strumenti di governo in grado di rafforzare e ampliare l’integrazione e di una cultura unificante che riesca ad evitare le chiusure settoriali e gli eccessi di autoreferenzialità.

La modifica costituzionale, con i prevedibili processi di riorganizzazione e decentramento istituzionale nel campo dell’istruzione, può essere una occasione importante per lo sviluppo, a scala regionale, di un sistema avanzato dei processi educativi e formativi e per l’integrazione con il contesto economico e produttivo della regione.

La riproposizione sterile della importanza del mondo dell’impresa nei confronti del governo dei processi formativi o, in maniera alternativa, della assoluta autonomia (che diventa poi isolamento) del momento educativo rispetto ai processi produttivi apre un dibattito oramai privo di rilevanza. Le autonomie culturali e organizzative dei diversi

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momenti della produzione e della applicazione della conoscenza non si definiscono più in assoluto, al di fuori di un contesto economico e sociale di riferimento, ma piuttosto in una interazione continua che è fatta di scambio culturale e di passaggio di esperienze da una parte all’altra del sistema.

Solo in questo modo è possibile rispondere in maniera adeguata alle sfide della competizione economica, che affondano sempre di più nella qualità dei processi cognitivi in atto nelle singole realtà locali, e a quelle della società dell’informazione che richiede una organizzazione dei sistemi educativi e formativi sempre più aperti e sempre più disponibili per la totalità della popolazione nell’intero arco della vita e nelle diverse modalità di accesso (formazione a distanza, part time, periodi sabbatici, etc).

In particolare deve essere sottolineata l’importanza, già definita nelle scelte della Regione nei precedenti periodi di programmazione del Fse e ulteriormente rafforzata in quello attualmente vigente, dello sviluppo della formazione a distanza e dei servizi culturali in rete in tutte le modalità e in tutti i contesti organizzativi che sono consentiti dalle moderne tecnologie digitali.

La Regione, per facilitare e supportare in termini organizzativi e regolamentari, la formazione di una cultura unitaria dei processi formativi e per indirizzare le strutture verso un approccio integrato ai temi dell’educazione, della formazione e del lavoro, ha realizzato un testo di riordino sistematico delle leggi regionali in materia di istruzione, formazione e lavoro:

Si tratta di uno strumento che si pone i seguenti obiettivi: • assicurare la crescita, la qualificazione e la diffusione territoriale dell’insieme

dell’offerta di attività e di servizi per i cittadini; • avvicinare le sedi di decisione ai destinatari finali portatori della domanda di

formazione e di servizi. La Regione interviene per assicurare al sistema la disponibilità di servizi e infrastrutture a dimensione regionale;

• favorire lo sviluppo e la promozione delle politiche attive del lavoro per agevolare l’occupabilità dei soggetti in età lavorativa; combattere e prevenire la disoccupazione incentivando intese ed accordi tra soggetti pubblici e privati sul territorio per la realizzazione di iniziative locali per l’occupazione (occupabilità);

• favorire azioni di pari opportunità volte a migliorare l’accesso e la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, con interventi specifici per sostenere l’occupazione femminile, eliminare la disparità nell’accesso al lavoro e conciliare la vita familiare con quella professionale (pari opportunità);

• promuovere l’integrazione nel mercato del lavoro delle persone esposte al rischio di esclusione sociale, attraverso percorsi di sostegno per garantire l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro mediante l’accesso alle misure di politica attiva del lavoro (pari opportunità sociale);

• favorire per tutti i cittadini la possibilità di formarsi in ogni campo e lungo l’intero arco della vita, unitamente alla possibilità per ciascuno di avviare o sviluppare propri percorsi professionali o imprenditoriali onde incrementare la propria occupabilità e mobilità nel mondo del lavoro e delle professioni (imprenditorialità);

• favorire l’ammodernamento dell’organizzazione del lavoro e delle sue forme, sviluppando con le parti sociali i necessari accordi ai livelli appropriati, al fine di elevare la sicurezza e la qualità del lavoro contribuendo in tal modo alla produttività e alla competitività delle imprese (adattabilità).

Si tratta di un progetto ambizioso che punta a mettere al centro delle politiche regionali la persona in tutte le possibili collocazioni sociali e a fronte delle diverse esigenze di formazione. Punta inoltre a fornire un supporto adeguato e personalizzato

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all’attività di ricerca di un lavoro e di definizione di un ruolo professionale nel contesto produttivo regionale.

Si tratta di un pezzo importante, a cui dovrebbe affiancarsi anche l’altro pezzo relativo ai nuovi ammortizzatori sociali che troverà una appropriata definizione nel rapporto fra il governo e le parti sociali, per sviluppare nel nuovo contesto economico una forte e diffusa politica di difesa dei diritti dei singoli lavoratori e di supporto alla definizione di appropriati percorsi professionali.

Nel dibattito attuale la Regione intende intervenire con il peso delle proprie scelte in tutti i campi di propria competenza per sostenere un forte sistema di supporto personalizzato ai processi di formazione e di accompagnamento al lavoro. Questo per evitare che la flessibilità operativa di sistema, necessaria in alcune aree e funzioni produttive per raggiungere adeguati livelli di competitività a scala globale, si trasformi in precarietà e in depauperamento del potenziale umano della regione.

Nel contesto di uno sviluppo di qualità deve essere chiaro che la flessibilità e le necessarie esigenze di competitività delle imprese non possono entrare in contraddizione con il sostegno e la garanzia, che deve essere sempre più diffusa a tutti i livelli, dei diritti fondamentali sanciti dalle norme e dai contratti vigenti e delle aspettative di crescita professionale e di ruolo sociale dei lavoratori.

La qualificazione dei servizi all’impiego, che devono integrarsi sempre di più con le strutture private e associative esterne e che devono sviluppare una forte capacità di sinergia fra le funzioni tipiche dell’incontro fra domanda e offerta di lavoro e quelle della formazione, della consulenza alla mobilità nel lavoro e nelle carriere e del supporto alla costituzione di nuova imprenditorialità, è un elemento centrale delle politiche per il lavoro della Regione.

L’analisi dei fabbisogni del sistema economico e della qualità effettiva delle offerte formative deve essere potenziata e valorizzata come strumento fondamentale della bilateralità. Questo è un terreno sul quale occorre superare la dispersione di energie recuperando una visione sistemica che sola può portare a risultati di eccellenza.

Inoltre è necessaria per consentire, all’interno di un obiettivo di innalzamento complessivo del benessere e della sicurezza delle persone, una adeguata difesa dei diritti fondamentali di tutti i lavoratori nei confronti del proprio percorso professionale (diritto alla formazione e alla carriera) e della propria posizione sociale (diritto ad un reddito di disoccupazione e a misure concrete di sostegno e di rafforzamento dei caratteri personali di occupabilità). Il passaggio concettuale, in linea con le indicazioni comunitarie, che porta dalla sicurezza del posto del lavoro alla tutela sul mercato, deve sostanziarsi in Toscana in una reale difesa dei diritti (anche attraverso una lotta al lavoro sommerso e irregolare), in un ampliamento delle opportunità e nel recupero di una sicurezza di reddito e di percorso di carriera per gli uomini e per le donne.

Si tratta di temi non completamente nell’area di competenza della Regione ma in qualche caso di competenza statale o di tipo contrattuale fra le parti sociali. La Regione si impegna a sostenere nelle diverse sedi, sulla base di un accordo con le parti sociali nell’ambito del tavolo di concertazione, da realizzare attraverso la sottoscrizione di un nuovo Patto per lo sviluppo e per l’occupazione, i principi e gli indirizzi previsti in questo Prs e a sviluppare tutte gli strumenti necessari per l’attuazione degli obiettivi prefissati.

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Competitività dei territori e delle imprese 6. L’innovazione nell’economia: un sostegno mirato al rafforzamento delle imprese e alla qualificazione del contesto locale come fattore competitivo a scala globale L’economia regionale è percorsa da tempo da intensi fenomeni di ristrutturazione e, dopo almeno un decennio di trasformazioni, risulta oggi caratterizzata dalle seguenti componenti: a) un sistema tradizionale, anche se in forte cambiamento, di distretti industriali e

artigianali del made in Italy che si sviluppa lungo tutta la valle dell’Arno a partire dalla Provincia di Arezzo fino alla parte interna della Provincia di Pisa;

b) un nucleo industriale di alta tecnologia centrato su poche, ma significative, presenze imprenditoriali prevalentemente di proprietà e di cultura industriale esterne alla regione e su un complesso di ricerca scientifica e tecnologica di livello internazionale;

c) un sistema terziario ampio e variegato, fortemente radicato sulle risorse paesaggistiche e ambientali della regione (turismo, consumo, beni culturali), rivolto in prevalenza ad una domanda dei consumatori piuttosto che di servizio alle imprese;

d) un’area di produzione agro-alimentare di qualità fondata su elementi della tradizione toscana ma anche sull’innesto con elementi di innovazione provenienti da culture e tecnologie esterne alla regione che determinano un sistema che si fonda su tre specifici punti di forza: la qualità, la sostenibilità ambientale e la sicurezza alimentare.

Si tratta di quattro aree produttive che presentano, pur con caratteri propri e specifici di ogni settore e di ogni realtà locale, problemi comuni di fronte alla sfida del processo di globalizzazione in atto.

Il primo, particolarmente rilevante in Toscana, è relativo al necessario rafforzamento del modello di impresa che si è venuto consolidando nella regione nel corso dello sviluppo.

Il modello della piccola impresa autonoma sia industriale che artigianale, con un basso livello di capitalizzazione strutturale, sorretto però da una base societaria familiare facoltosa (famiglia ricca e impresa povera), e con una struttura occupazionale più indirizzata alla gestione delle componenti material-produttive del processo piuttosto che a quelle organizzative dell’impresa (finanza, marketing, ricerca e sviluppo, etc), è a tutti gli effetti il punto di partenza obbligato per qualunque progetto di innalzamento del livello di competitività della regione.

Si tratta di passare da una acquisizione conoscitiva, che oramai si fonda in Toscana su una pluralità di studi e ricerche sulle varie realtà territoriali e settoriali della regione, ad un sistema di interventi che affrontino alcune delle debolezze strutturali di questo modello di impresa per rafforzare nello stesso tempo le singole imprese e i sistemi produttivi territoriali di cui si compone in prevalenza l’economia regionale.

I punti di applicazione più rilevanti riguardano in particolare: a) la struttura professionale dei lavoratori, degli artigiani e degli imprenditori

impegnati nei processi: occorre innalzare il livello di istruzione all’ingresso, il contenuto di formazione acquisito nel corso dell’esperienza lavorativa ed infine il patrimonio di conoscenze da immettere dall’esterno attraverso processi di cooperazione a livello di reti di conoscenza (consulenze, rapporti con centri di servizi, immissione temporanee di ricercatori e di professionalità tecniche, etc.). Un’area di particolare importanza per i riflessi che può avere su un sistema

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produttivo fatto di piccole imprese è la preparazione culturale e tecnica del mondo delle professioni e il ruolo che questo può avere nel funzionare da volano di immissione di nuova e buona conoscenza nei processi aziendali (sia tecnici, che organizzativi, economici ed amministrativi);

b) la struttura finanziaria delle imprese: si tratta di passare, in linea con gli attuali processi di disintermediazione bancaria che stanno caratterizzando il mondo della finanza, dal prevalente contributo del credito bancario a breve termine a forme di immissione di capitale di rischio che possono dare una maggiore stabilità alle imprese e un maggiore impulso ai processi di crescita e di sviluppo di nuove opportunità produttive;

c) la struttura tecnologica delle imprese: si tratta di immettere contenuti maggiori di sapere scientifico e tecnologico non solo attraverso l’immissione di strumenti, materiali e macchinari ma anche, e sempre di più, attraverso flussi di conoscenza incorporata in brevetti, persone e procedure che sappiano essere da supporto all’innovazione dei prodotti;

d) il modello organizzativo delle imprese: si tratta di passare dal modello tradizionale dell’imprenditore capo ad un modello più manageriale in grado di assecondare processi di delega interni all’azienda e di disporre l’impresa allo sfruttamento delle economie da cooperazione che possono venire dalla appartenenza a reti conoscitive, produttive e distributive esterne che necessitano, per essere realizzate, di risorse umane dedicate in grado di prendere decisioni autonome e di percorrere strade non sempre prevedibili e coordinabili da una direzione centralizzata. L’organizzazione manageriale delle imprese, anche delle più piccole, risulta particolarmente importante nell’area delle imprese toscane che producono qualità (industria, agricoltura e servizi). E’ infatti sempre più evidente che nel mercato globale la produzione di qualità ha forti e ampie possibilità di sbocco e di accoglienza da parte dei consumatori. Questi sbocchi devono essere però presidiati e governati da imprese in grado di vendere la qualità al giusto prezzo (con azioni di marketing strategico e di appartenenza a reti avanzate di distribuzione), altrimenti questo elemento costitutivo dei prodotti toscani può risolversi in un elemento negativo per il livello di redditività delle imprese;

e) il fattore ambientale. E’ oramai indispensabile per il sistema delle imprese superare quegli aspetti delle problematiche ambientali che ancora vengono vissuti come un vincolo e che non vengono invece trasformati in una opportunità decisiva, nella logica della qualità totale e in una prospettiva di lungo periodo, per rafforzare il posizionamento competitivo sui mercati.

Tutti questi elementi richiamano, per l’avvio di una soluzione, il problema dimensionale delle imprese toscane. Le istituzioni non devono proporre strategie e modelli alle imprese ma, nel caso che i processi economici spingano i soggetti economici ad intraprendere questi percorsi di trasformazione, è necessario predisporre gli strumenti e le risorse adeguate a sostenere queste scelte. In questo senso la Regione promuove strumenti di intervento e sollecita il sistema produttivo regionale ad un impegno nella direzione del rafforzamento strutturale delle imprese industriali e artigiane.

Occorre puntare allo sviluppo di un tessuto robusto di imprese dinamiche, impegnate in percorsi di crescita e capaci di conferire solidità al posizionamento dei prodotti toscani sui mercati globali. Occorre eliminare il più possibile gli ostacoli, normativi, finanziari, cognitivi e di altra natura, che scoraggiano la crescita per vie interne ed esterne delle imprese.

Ma le imprese più forti non bastano da sole, in un contesto come quello toscano, a rendere più competitivo il modello produttivo. La forza delle imprese toscane sta anche

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nella forza del sistema regionale nel suo complesso (infrastrutture della mobilità e della conoscenza in primo luogo) e nella forza dei tanti, e diversificati, sistemi territoriali locali di cui si compone il variegato puzzle produttivo e sociale della regione.

L’innovazione deve essere rivolta a rafforzare gli elementi competitivi a livello di sistema, con uno sguardo ampio non solo alle infrastrutture strettamene economiche ma anche a quelle sociali e ambientali che devono rappresentare una risorsa per lo sviluppo e la qualificazione del modello toscano.

In questo ambito una particolare attenzione deve essere indirizzata al miglioramento economico e sociale e al rafforzamento istituzionale delle comunità della montagna e delle isole della Toscana che rappresentano una risorsa significativa, da valorizzare attraverso strumenti e risorse specificamente indirizzati, per lo sviluppo di qualità e per la sua diffusione nel contesto regionale.

In particolare, è prevista l’elaborazione di un piano regionale d’intervento per la montagna toscana, mirato al coordinamento delle politiche settoriali, all’elaborazione di nuove politiche territoriali e alla revisione del quadro normativo.

Nel delineare un completo panorama produttivo, è necessario ricordare la complementarietà tra le aree rurali e quelle urbane, che costituisce una delle peculiarità della Toscana, caratterizzata com’è da una popolazione distribuita prevalentemente in piccoli centri e in case sparse. Il “modello toscano” è fortemente connotato attraverso l’integrazione del mondo rurale all’interno dei vari sistemi locali, offrendo un insieme di relazioni tra paesaggio, risorse ambientali, tradizioni culturali e civiche.

Perfino le tematiche di sviluppo economico, pur importanti e centrali per la tenuta di lungo periodo del sistema nel suo complesso, non hanno mai fatto perdere di vista gli obiettivi legati alla qualità della vita della popolazione e al governo sostenibile delle risorse naturali e territoriali della regione. Nell’area produttiva, infatti, e in particolare nel mondo dell’agricoltura e dei beni naturali e culturali, l’indirizzo politico e gli strumenti attivati a sostegno dell’innovazione dei processi e dei prodotti si sono ben integrati con la naturale spinta dei soggetti economici a rendere riconoscibile il modello toscano per la qualità intrinseca dei prodotti e a fondare su questo “marchio di origine” una parte rilevante della competitività della Toscana, nel contesto dell’economia e della società globale.

Per rispondere quindi alla necessità di affrontare iniziative e interventi in maniera sempre più integrata, la politica agricola della Regione si indirizzerà sempre di più verso il sostegno dello sviluppo rurale, dal momento che asse di questa politica è la valorizzazione delle risorse endogene, a loro volta elemento trainante di uno sviluppo che intenda essere duraturo.

Una attenzione particolare deve essere rivolta al rafforzamento a livello locale non solo di nodi avanzati della conoscenza (centri servizi, imprese leader, università, etc) ma anche alle interconnessioni che legano questi nodi alle reti locali e alle reti nazionali e internazionali dove si sviluppano intensi processi di ampliamento e di approfondimento della conoscenza.

La presenza a livello territoriale di nodi avanzati è importante e va supportata, non solo come obiettivo in sé, ma anche come mezzo per sostenere l’innovazione in aree meno avanzate e in contesti di piccola e piccolissima impresa, tipici della realtà economica della Toscana, attraverso modelli di interazione sia di tipo produttivo (subfornitura, cooperazione progettuale, etc) sia di tipo formativo che di ricerca applicata.

Rafforzare le imprese e i sistemi non è un obiettivo settoriale: ogni settore e area produttiva della regione presenta, pur se con specifiche caratteristiche, problemi simili.

In ogni settore si tratta di passare (senza abbandonare ovviamente nessuna funzione ma solo in termini di spostamento relativo) dalle funzioni, più tradizionali, legate

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direttamente alla fase produttiva a quelle, più qualificate, legate alla progettazione, al supporto finanziario e organizzativo e alla distribuzione. Questo processo risulta particolarmente accentuato nel sistema della moda e in quello della meccanica di qualità.

Solo in un caso si può parlare di problema settoriale: nel caso dell’alta tecnologia e dei nuovi settori connessi ad Internet e all’ITC. La Toscana presenta una debolezza strutturale in quest’area che è tradizionale per il tipo di modello produttivo che si è sviluppato nella regione nel corso del processo di industrializzazione. Oggi, di fronte alle profonde innovazioni economiche e tecnologiche a scala globale e agli intensi processi di ridislocazione produttiva delle fasi e dei settori a più basso valore aggiunto verso i paesi meno avanzati, la presenza in settori avanzati, fortemente legati al sapere scientifico e in grado di produrre posti di lavoro di qualità, è destinata a crescere di importanza. Occorre puntare a rafforzare la presenza di questi nuclei di industria e di terziario avanzato, concentrando le risorse sui nodi di eccellenza (imprese produttive e centri di ricerca e di servizio) e sulle reti di interconnessione che possono produrre cooperazione e sinergia fra i diversi soggetti a scala locale.

La presenza della Toscana sull’alta tecnologia (distretto fiorentino in primo luogo) e sulla net economy (Arno valley) è limitata a poche, rarefatte, realtà produttive di rilievo nazionale ed internazionale, a luoghi di produzione e di diffusione scientifica avanzati e a una ampia e diffusa realtà di piccole e piccolissime imprese autonome. Si tratta di superare questa rarefazione per sviluppare, all’interno di questi distretti di livello regionale, il massimo di cooperazione e di interazione fra i diversi soggetti e le diverse aree di competenza scientifica e tecnologica e il più forte processo di immissione di nuova imprenditorialità, magari proveniente da esperienze realizzate nei centri di ricerca e nelle grandi imprese, per rendere il sistema più competitivo e più vitale.

In questo contesto deve essere valorizzato, anche per l’impulso che potrà dare allo sviluppo di esperienze nell’area delle nuove tecnologie e al diffondersi della cultura della rete nel mondo delle imprese e fra i cittadini, il progetto del Portale della Toscana come strumento di promozione e di informazione a livello internazionale e nazionale sulla realtà produttiva, culturale e istituzionale della regione.

L’intervento regionale si avvale del complesso di norme che regolano gli incentivi alle imprese, all’innovazione e alla infrastrutturazione dei territori, nonché delle agenzie specializzate che operano in questo ambito.

A questo proposito, è opportuna una collaborazione della Regione con Sviluppo Italia S.p.A., Agenzia del Ministero dell’Economia che ha come compito lo sviluppo locale e la nascita di nuove imprese, partecipando al processo di riorganizzazione da questa avviato e che coinvolge le società regionali.

Ai fini di tale cooperazione e per l’attivazione degli interventi e delle risorse a disposizione di Sviluppo Italia, si procederà al rafforzamento della presenza regionale nella società mista Bic -Toscana, con la sua trasformazione in Sviluppo Italia Toscana e la ridefinizione delle missioni operative in accordo con l’agenzia nazionale.

Infine, gli strumenti di intervento regionale nel campo delle attività produttive saranno perfezionati e rafforzati, alla luce della riforma costituzionale del Titolo V, attraverso la revisione delle leggi e quindi l’elaborazione di testi di riordino sistematico nei settori del commercio, dell’agricoltura, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi pubblici locali.

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7. L’innovazione nel sistema regionale della mobilità Per quanto concerne le politiche per la mobilità delle persone e delle merci sono maturi i tempi per un aggiornamento complessivo che prenda atto dei mutamenti, profondi e recenti, dello scenario in cui queste politiche si inscrivono.

Si tratta di mutamenti non soltanto quantitativi (+30% di mobilità, nel corso dell’ultimo decennio, come media delle diverse mobilità), ma anche qualitativi: dalla realizzazione dello spazio comune europeo (con evidenti effetti sulla crescita della mobilità degli uomini e delle merci e sullo sviluppo della concorrenza fra operatori della logistica) alla riforma, questa volta sostanziale, del trasporto pubblico locale, dalla riforma delle gestioni portuali alla deregolamentazione e privatizzazione del settore del trasporto aereo, dal trasferimento alle Regioni di competenze statali significative, a partire da quelle su una parte rilevante di viabilità statale, allo sviluppo della nuova economia e delle reti che la supportano e che, nel lungo periodo, avrà sicuramente effetti sul contesto governato dalla politiche della mobilità.

Rispetto a questo contesto si ritiene di dover individuare le seguenti opzioni politiche fondamentali: • la sostenibilità ambientale: significa che i sistemi e le infrastrutture di trasporto

dovranno minimizzare l’incidenza sul consumo di risorse naturali – energia ed ecosistemi – e sulla salute dei cittadini, muovendosi, fra l’altro, in coerenza con quanto è stato sottoscritto dagli Stati membri della UE nel protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni globali: riduzione del 6,5% delle emissioni di CO2 nel 2010 rispetto a quelle del 1990, aumento dei rendimenti compensato dall’aumento di potenza. In questa ottica la Regione punta a privilegiare il trasporto ferroviario rispetto al trasporto su gomma, in particolare alla sua componente privata;

• l’accessibilità, che è un modo di definire l’efficacia in queste politiche: è la ricerca delle condizioni per assicurare collegamenti adeguati con le residenze, con le aree produttive, con i servizi pubblici e con i poli d’attrazione applicando il principio della mobilità sostenibile;

• la minimizzazione del costo generalizzato del trasporto, che non significa contenere la mobilità (se non attraverso gli strumenti propri della pianificazione territoriale, evitando la dispersione di poli attrattori sul territorio) ma avere chiaro che la mobilità prima di essere un diritto è un costo: quello direttamente percepito da chi si sposta (in termini monetari e in termini di tempo speso per spostarsi) e quello non percepito e costituito dai cosiddetti costi esterni: il rumore, la congestione, l’inquinamento atmosferico ecc. Se la mobilità è un costo è dunque corretto perseguire l’obiettivo di minimizzarlo. Sono da considerare connesse a questo obiettivo le politiche destinate a promuovere l’efficienza del settore. Sarebbe erroneo ritenere che il problema dell’efficienza sia estraneo alla pubblica amministrazione e che si collochi solo sul versante imprenditoriale. Infatti in qualunque subsettore (infrastrutture, trasporto locale, gestioni aeroportuali, ecc.) il livello di efficienza è funzione delle risorse assorbite (in larga parte pubbliche) per unità di prodotto/servizio fornito;

• la sicurezza, intesa come ricerca delle azioni con cui ogni sistema di trasporto può minimizzare i danni alle persone. Passa attraverso un riequilibrio modale e la realizzazione di un sistema informativo adeguato che consenta di evidenziare i punti critici e di dettare gli interventi prioritari (che non consistono soltanto in interventi infrastrutturali, ma anche in misure di regolamentazione, di informazione all’utenza, di educazione, di efficientamento dei servizi di intervento e soccorso in un’ottica di qualità globale del servizio);

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• l’accettabilità sociale, intesa come orientamento strategico per garantire che le modificazioni nel sistema della mobilità risultino coerenti con le aspettative dei cittadini e con la tutela dei soggetti più deboli, mettendo comunque in conto alcuni conflitti. A questo riguardo acquistano rilievo le tecniche di negoziazione finalizzate a definire modifiche progettuali o misure compensative tali da minimizzare i contrasti; fermo restando che hanno un ruolo decisivo, più che gli strumenti di partecipazione (uno dei problemi è proprio, in questo settore, l’eccessiva frammentazione dei centri decisionali), gli strumenti di comunicazione con i cittadini necessari ad assicurare una corretta informazione.

A partire da queste opzioni, nel corso del 2002 è prevista l’elaborazione del nuovo Piano regionale della mobilità e della logistica (da sottoporre all’approvazione nel 2003), del quale il Programma di interventi sulla viabilità di interesse regionale, per circa 775 milioni di Euro, costituisce uno stralcio funzionale cui si è riservata una corsia prioritaria per l’urgenza di avviare l’adeguamento della rete.

E’ evidente che alcune delle opzioni sopraelencate possono essere conflittuali: nel caso del trasporto privato, un esempio è il conflitto fra esigenze ambientali e esigenze di sicurezza (che porterebbero a realizzare infrastrutture più pesanti). Da questo punto di vista il piano dovrà offrire regole operative più che porgere soluzioni specifiche.

In termini di strategie di intervento (e anche di successione delle aree tematiche da trattare nel Piano), dovranno in primo luogo essere considerate le politiche di orientamento della domanda.

Questo vale in particolare per le mobilità delle persone, settore in cui le politiche pubbliche si sono tradizionalmente concentrate sull’offerta (in passato nella forma di sussidi alle imprese, di contributi a ripiano di disavanzi, di estensione dei servizi, di contenimento delle tariffe).

In realtà, poiché una delle prime criticità è costituita dalla debolezza o addirittura dal declino della domanda di trasporto pubblico, è proprio su questo versante che parrebbe doversi intervenire in maniera prioritaria, indicando degli obiettivi quantitativi in termini di ripartizione modale, articolati per ambiti territoriali e/o tipologie di relazioni: uno strumento tradizionale, che opera in negativo alla scala urbana, è legato alle politiche della sosta e di organizzazione della circolazione. In positivo sarebbe da valutare la possibilità, a fronte di liberalizzazioni tariffarie, di intervenire con effettivi trasferimenti di risorse a sostegno della domanda.

A questo proposito. si dovrebbe considerare che all’origine dei trasferimenti pubblici in questo settore (che come è noto coprono 2/3 dei costi e che nell’ipotesi più ottimistica di efficientamento potranno ridursi al 50%) c’è la volontà di attuare politiche di tipo redistributivo, tenuto conto della socialità del servizio.

In realtà i dati di cui si dispone dimostrano che gli effetti redistributivi sono molto deboli: gli utenti dei mezzi pubblici non sono necessariamente le categorie più svantaggiate. Ne consegue che fra le politiche di orientamento a sostegno della domanda potrebbero considerarsi forme di sussidi diretti all’utenza a protezione delle categorie sociali più deboli, o comunque a sostegno della domanda in ambiti in cui le diseconomie esterne generate dalla mobilità privata sono particolarmente elevate.

Fra gli strumenti di questo tipo c’è l’inserimento dei costi sostenuti per il trasporto pubblico fra gli oneri deducibili dai redditi ai fini della determinazione dell’Irpef. Questa misura richiede evidentemente una disciplina statale. Analogamente, nell’ambito dei contratti di lavoro, anche a livello di contrattazione aziendale, potrebbe ipotizzarsi l’assunzione a carico dell’impresa di quote della spesa sostenuta dai dipendenti per l’utilizzazione dei mezzi pubblici, che entrerebbe fra le voci di costo aziendali e sarebbe dunque deducibile per l’azienda.

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Anche in questo caso occorre un’integrazione della normativa statale (in particolare all’art. 48 del DPR 917/86, il testo unico delle imposte sui redditi. che dovrebbe prevedere la deducibilità di questi costi così come è prevista la detrazione dei costi relativi alla ristorazione). Ipotesi di questo tipo potrebbero divenire più concrete con la progressiva attuazione del federalismo fiscale (a valere sulle addizionali regionali dell’Irpef e sull’Irap).

Sul versante dell’offerta gli obiettivi devono essere articolati distintamente fra servizi e infrastrutture, tenendo presente che la realizzazione o l’adeguamento delle infrastrutture si pone in termini strumentali rispetto al livello di mobilità da garantire.

Nell’ambito delle opzioni di intervento per aree tematiche, un’ulteriore linea di iniziative attiene all’integrazione. Gli aspetti significativi riguardano la riduzione complessiva dei tempi di viaggio, ponendo particolare attenzione all’interscambio nelle stazioni ferroviarie e all’integrazione tariffaria.

Per quanto riguarda l’offerta di infrastrutture l’obiettivo può essere sintetizzato nell’espressione seguente: “tutte le infrastrutture che servono, solo quelle che servono”.

Occorre tener conto che si ha alle spalle un accordo quadro sulle infrastrutture per circa 6 miliardi di euro (comprensivo dell’Alta velocità), e che in primo luogo occorrerà vigilare sulla sua attuazione. L’accordo non è peraltro la risposta a tutti i problemi (basti pensare alla direttrice stradale tirrenica, al completamento della trasversale due mari, al corridoio tirrenico-brennero). In termini generali la strategia dovrà essere quella di valorizzare prima di tutto le infrastrutture esistenti, ammodernandole, ottimizzandole, ove è possibile gerarchizzandole.

La realizzazione di nuove infrastrutture dovrà essere orientata alla complementarietà ed al completamento della rete esistente. Più che elaborare “liste spesa” dovranno mettersi a punto le basi di conoscenza e gli strumenti per effettuare nel tempo le scelte realizzative, in particolare, per quanto concerne gli interventi di competenza regionale, gli studi di fattiblità. Tutto ciò nella consapevolezza, peraltro, che non ha senso gestire la spesa di investimento come spesa corrente. Un’infrastruttura ha una vita economica utile di diversi decenni. Rinviare un investimento necessario, se ci sono le condizioni finanziarie e tecniche per realizzarlo da un punto di vista economico, non sarebbe una buona scelta. Coerentemente con questa impostazione, fra il 2003 e il 2007 dovrà attuarsi un programma di interventi sulla viabilità regionale (per circa 750 milioni di euro) fondato, in primo luogo, sul recupero di condizioni di sicurezza, sul decongestionamento dei centri urbani attraverso opportune varianti, sulla sinergia delle risorse, privilegiando interventi con diverse fonti di finanziamento.

Per quanto concerne i porti, ne è evidente il rilievo, sia nel contesto di politiche di settore finalizzate ad un riequilibrio modale, sia al fine di favorire lo sviluppo di un anello importante nella catena logistica in cui tende a dislocarsi valore aggiunto in misura crescente. Per quanto riguarda i tre porti sedi di autorità portuale si tratta di completare gli interventi di grande infrastrutturazione, comprensivi dell’escavo dei fondali, al di là di quanto già previsto nell’accordo di programma quadro, e di rafforzare il coordinamento tra la pianificazione portuale e quella esterna al porto (sia con riferimento ai Piani strutturali che ai Piani territoriali di coordinamento) curando in particolare l’adeguamento dei collegamenti, ferroviari in primo luogo.

Dovrà essere affrontato anche il problema (che non riguarda ovviamente solo la Toscana) del riassetto gestionale della manovra ferroviaria nei porti, garantendo che il servizio possa essere offerto alle migliori condizioni di mercato.

Anche per quanto riguarda gli altri porti regionali, dovranno valutarsi le necessità di adeguamento infrastrutturale, considerando l’opportunità di coinvolgimento di capitali privati (es. Viareggio).

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In particolare, nella prospettiva di favorire una crescita della modalità di trasporto merci più sostenibile quale il cabotaggio, si assume ogni iniziativa utile a favorire uno sviluppo delle opportunità offerte dalla Toscana sotto questo profilo.

Una specifica attenzione dovrà essere dedicata al tema dei porti turistici; in questo caso fornendo più regole di valutazione e modelli di decisione che localizzazioni puntuali.

Per quanto riguarda gli aeroporti, la questione è da tempo dibattuta e le strategie sono ormai chiare: promuovere l’efficienza delle società di gestione per attrarre nuovi servizi (strategia che passa attraverso la privatizzazione della gestione degli scali), tenuto conto che l’offerta presente in Toscana è di gran lunga inferiore alla domanda relativa a questa modalità.

Una specifica area tematica da considerare nell’ambito delle strategie per la mobilità è quella della logistica. Il tema della logistica va al di là dei confini delle politiche dei trasporti in senso stretto per l’intreccio evidente con le politiche economiche. Attiene infatti ad una ristrutturazione delle filiere produttive, con quote crescenti di attività non strettamente legate alla fabbricazione che vengono esternalizzate, con l’obiettivo di ottimizzare costi, tempi e qualità del servizio. La domanda di trasporto, e la connessa intermodalità funzionale a tale ottimizzazione, va vista dunque come una componente della domanda di servizi logistici che comprende un sistema integrato di servizi e infrastrutture per il trasporto, la manipolazione, il deposito, la gestione degli stock e degli ordini.

I paesi sede di grandi porti (Francia, Olanda, Belgio, Germania) puntano giustamente su un nuovo vantaggio competitivo e cioè l’installazione di piattaforme logistiche in prossimità di porti, aeroporti, snodi viari e ferroviari. Le merci arrivano su unità di carico standard ed escono avviate direttamente al cliente.

E’ evidente come la logistica sia un fattore potente di organizzazione del territorio, con il potere di promuovere o declassare infrastrutture già esistenti, di promuovere o declassare un territorio, far diventare una regione centro di attività creatrici di valore.

La Regione Toscana presenta a questo riguardo, punti di forza ed elementi di debolezza. Fra le opportunità da cogliere si deve ricordare la potenzialità di sviluppo dei due interporti di Livorno-Guasticce e di Prato-Gonfienti, la prospettiva di recuperare capacità sulla tratta ferroviaria Firenze-Prato-Bologna (una volta realizzata l’AV), le grandi potenzialità dell’aeroporto di Pisa per i traffici cargo. Fra le criticità, a titolo di esempio, si può citare la carenza di raccordi ferroviari con aree produttive.

Per quanto riguarda l’autotrasporto, che è destinato a mantenere uno spessore rilevante sia dal punto di vista sociale che economico, ci si limita a citare due tematiche cui è necessario dedicare attenzione: quella della messa in rete delle piccole imprese e quelle del trasporto delle merci all’interno delle aree urbane. Governo delle risorse naturali e tutela della sostenibilità del modello di sviluppo 8. L’innovazione nel governo del territorio: la filosofia del Procedimento Unificato come strumento per garantire snellezza delle procedure e attenzione alla sostenibilità nell’uso delle risorse naturali e del paesaggio Il governo del territorio necessita di un profondo processo di revisione per consentire il raggiungimento di due obiettivi prioritari: lo snellimento delle procedure di attuazione degli interventi e il rispetto dei principi di sostenibilità ambientale fin dalle prime fasi della progettazione degli stessi. La Regione intende affrontare questo problema

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attraverso la messa a punto di un procedimento unificato in grado di riportare a sintesi i diversi obiettivi del governo del territorio. Tale procedimento deve necessariamente prevedere l’avvio della Valutazione ambientale strategica (VAS).

La filosofia di approccio dovrà tenere in considerazione i seguenti elementi: • riconsiderare il processo di formazione dei piani e programmi regionali che

determinano uso e trasformazione della risorsa territorio riportandoli in sintonia con il procedimento di valutazione preventiva degli effetti territoriali ed ambientali previsto dalla LR 5/95 e dal Piano di indirizzo territoriale. Tale processo si dovrà adeguare ai principi della VAS ed alle disposizioni della nuova direttiva europea per migliorare sia l'efficacia che l'efficienza dell'insieme degli strumenti di valutazione di piani, programmi e progetti;

• superare il principio di autoreferenzialità che genera diseconomie, al fine di riuscire ad integrare la dimensione ambientale nelle decisioni, fin dalle prime fasi della loro elaborazione;

• rendere, possibile l’individuazione di obiettivi concretamente definiti e di azioni sincronizzate di sviluppo sostenibile, riferiti ad ambiti territoriali idonei a promuovere, valorizzare e sostenere le risorse locali;

• trovare procedure idonee a garantire l’integrazione e la sinergia delle azioni settoriali rispetto a più generali obiettivi di sviluppo territoriale, valorizzando il forte tasso di specializzazione e di efficienza procedurale che dovrebbe caratterizzare i settori;

• superare le criticità e le separatezze che rendono difficile la gestione dei rapporti fra le norme generali di governo del territorio e quelle di settore che determinano tempi decisionali eccessivamente lunghi e onerosi;

• rendere compatibile con l'attività regionale le iniziative statali che, privilegiando l'iniziativa per progetti attraverso i Programmi complessi, rischiano di entrare in conflitto con l'azione di governo del territorio;

• rimuovere gli effetti negativi che queste situazioni di incertezza e di scollamento riversano sugli strumenti di governo del territorio a scala provinciale (Piani territoriali di coordinamento) e a scala comunale (Piani strutturali) a causa del mancato controllo degli effetti dei rispettivi piani di settore.

Questo punto riguarda anche il tema della co-pianificazione e cioè dei rapporti fra la pianificazione del territorio di competenza regionale, provinciale e comunale e le misure di tutela in materia di risorse paesaggistiche, architettoniche ed archeologiche di competenza dello Stato che, pur avendo uno strumento di frontiera costituito dal Piano paesistico, generano effetti territoriali attualmente non correlati con la pianificazione del territorio.

Analoghe considerazioni possono essere fatte per quanto riguarda le esigenze di sicurezza del territorio, che hanno imposto l'emanazione di norme speciali relative alla formazione dei Piani di bacino, anch'esse da correlare con la pianificazione territoriale.

La norma regionale non potrà incidere sulle competenze statali, tuttavia è necessario e possibile far sì che essa individui nei suoi procedimenti forme e momenti di concertazione operativa da offrire alla volontà di collaborazione che sembra ormai affermata ai diversi livelli.

Attualmente la L.R. 5/95 prevede procedure differenziate per i diversi strumenti di pianificazione e programmazione del territorio, in particolare per il livello comunale sono previsti procedimenti diversi a secondo del tipo di piano vigente mentre i Piani di settore regionali hanno ciascuno un proprio procedimento con contenuti, passaggi, verifiche e ruoli dei soggetti estremamente diversificati.

Questa situazione, per quanto riguarda gli strumenti urbanistici, discende in buona misura dal fatto che la L.R. 5/95, anticipando per molti aspetti la recente riforma

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costituzionale in termini di sussidiarietà istituzionale, ha necessariamente dovuto prevedere una fase transitoria di doppio regime. In questo periodo, mentre si formavano i piani di nuova generazione, sopravvivevano quelli della fase precedente.

Le procedure ispirate ai piani di vecchio tipo sono quelle che hanno manifestato forti difficoltà nella puntuale applicazione da parte dei Comuni dei principi di sostenibilità dello sviluppo, di attenzione verso le risorse del territorio e di integrazione fra i diversi livelli di pianificazione (e fra questi e i piani di settore).

Questa situazione transitoria e la non applicabilità alle varianti di vecchio tipo delle verifiche degli effetti ambientali previste dall’art. 32 della L.R. 5/95, hanno concorso a far si che, in alcuni casi, i Comuni apprezzassero più gli effetti di snellimento delle procedure che non gli obblighi di verifica ed i principi fondamentali da rispettare.

La nuova legge quadro per il governo del territorio, che si fonderà sui principi ed i contenuti innovativi della L.R. 5/95, supererà la fase transitoria, essendo ormai determinati per ciascun Comune i tempi di avvio della nuova generazione di piani.

Il processo di elaborazione e di formazione dei piani sarà condizionato: a) dal rafforzamento e dall’integrazione delle valutazioni di sostenibilità

ambientale, sociale ed economica che caratterizzano il procedimento unificato di formazione dei piano

b) dalla definizione di nuovi parametri di qualità per gli insediamenti ed il territorio, specifici per i diversi contesti e per le diverse funzioni, in sostituzione degli attuali indifferenziati standard urbanistici ministeriali.

Questa procedura imporrà in maniera sostanziale, fino dall’avvio, il rispetto dei principi dello sviluppo sostenibile.

In questo modo assumerà una importanza determinante l’acquisizione delle conoscenze relative al rischio idrogeologico che si produrrà nella fase di avvio con l’inserimento nel quadro conoscitivo di partenza. Si modificherà così, con un effetto positivo in termini di sostenibilità e di rispetto del territorio, l’attuale situazione che vede gli accertamenti geologici collocati in una fase finale del procedimento di formazione del piano.

L'obiettivo è riuscire ad incorporare la dimensione ambientale nel processo decisionale pubblico e di migliorare l'efficacia e l'efficienza degli strumenti regionali di valutazione di piani, programmi e progetti, cioè fare in modo che le valutazioni ex ante incidano effettivamente sulla qualità della pianificazione e della progettazione, ma che allo stesso tempo intervengano in maniera coordinata col processo di formazione degli strumenti di programmazione, senza provocare l'allungamento dei tempi del processo decisionale o la duplicazione di alcune fasi.

Per rendere possibile questo risultato l'orientamento è quello di definire, con la legge regionale per il governo del territorio un procedimento unificato, che ponga le problematiche ambientali al centro dell'attenzione già nel momento di avvio del processo di elaborazione.

Lo schema individuerà i capisaldi e gli snodi del procedimento (avvio, formazione del progetto del piano o programma per fasi progressive di approfondimento, passaggi di verifica fra le varie fasi, consultazioni, adozione, approvazione, evidenza pubblica, etc) definendo, per ciascuno, le funzioni da svolgere e le prestazioni qualitative da assicurare per conseguire i competenti obiettivi.

Nella fase di avvio sarà organizzata anche la valutazione degli effetti ambientali, che dovrà svilupparsi in affiancamento alla formazione del piano o programma, con un processo di cooperazione - nei passaggi di maggiore rilevanza "strategica" - con i soggetti che hanno la responsabilità dello stesso piano o programma.

Particolare attenzione sarà posta a fare dell'avvio del procedimento il momento di incontro e di sinergia di tutti i soggetti individuati:

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• come titolari di un sostanziale apporto in termini di qualità e di definizione del quadro delle conoscenze, delle regole e degli obiettivi, da "iniettare" direttamente alle successive fasi di progettazione;

• come titolari di pareri da esprimere in sede di approvazione, o come soggetti da consultare obbligatoriamente, per definire a priori le regole ed i contenuti secondo i quali sarà valutato il piano.

I soggetti interessati all'avvio non saranno solo i livelli istituzionali, ma tutti quei soggetti che, per loro funzione e ruolo specifico, sono accertati come effettivi portatori di conoscenza, gestori di regole formalmente espresse ed incidenti sul procedimento e dotati di un potere di controllo finale loro assegnato dalla legge.

Nella norma saranno fissati i principi per individuare e definire il ruolo dei soggetti interessati, le modalità di espletamento delle funzioni, di collaborazione, di interazione e di eventuale surroga, le modalità per la consultazione del pubblico.

Saranno previsti momenti formali di controllo e di verifica, in coincidenza delle fasi di progettazione del piano o programma (analisi di fattibilità, proposta preliminare e definitiva), per verificare e garantire la correttezza del procedimento e portare tempestivamente gli eventuali correttivi, evitando pesanti interventi nella fase terminale del procedimento.

Questo non significa ovviamente che il responsabile del piano o del programma "lo auto-valuti", cioè provveda da sé anche alla valutazione ambientale; sarà anzi necessario che i valutatori degli effetti ambientali siano soggetti distinti ed autonomi. Per il processo di formazione e di valutazione del piano o programma, l'importante è “partire insieme e arrivare insieme" e che i tempi dei diversi procedimenti non si sommino se non quando è reso indispensabile da evidenti motivi tecnici.

In relazione alla definizione del Procedimento Unificato, sarà necessario rivedere anche la L.R. 76/95, da tempo divergente rispetto alla stessa L.R. 5/95 ed alle sopravvenute modifiche statali in materia di conferenze dei servizi.

Il Procedimento Unificato sarà definito dalla nuova legge per il governo del territorio come schema generale che fissa gli snodi, i capisaldi e le loro prestazioni, i criteri per individuare i soggetti da coinvolgere, le prestazioni da ottenere, gli obblighi da adempiere.

Le specificazioni operative, i soggetti, i tempi e modi necessari per "personalizzare" il procedimento alle esigenze e situazioni diverse per le diverse tipologie di piano, saranno determinati attraverso Regolamenti applicativi approvati dalla Giunta regionale.

Questo schema presenta evidenti agganci concettuali e funzionali con i temi operativi della programmazione ma evidenzia la necessità di trovare forti ancoraggi fra gli atti di programmazione dello sviluppo economico e di sviluppo territoriale ai diversi livelli.

Alla scala regionale i rapporti fra Prs e Pit sono assicurati dalla L.R. 49/99, mentre a livello locale occorre affermare il rapporto fra Programmi di sviluppo e Ptc provinciali e fra Piani strutturali comunali e piani di settore comunali.

L’adozione di uno schema unificato del tipo sopra indicato ha come possibile successiva evoluzione alcuni importanti obiettivi: • la certificazione formale dei procedimenti, in quanto dotati di idonee e preordinate

garanzie di qualità e di rispondenza agli obiettivi dello sviluppo. Ciò permetterebbe in molti casi di semplificare il rapporto con i cittadini eliminando una serie di certificazioni a cui oggi è assoggettato;

• la certificazione formale delle strutture che gestiscono il procedimento spingendo al potenziamento e alla aggregazione delle strutture tecniche per il governo del territorio;

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• la riconsiderazione dell'insieme degli strumenti di valutazione ambientale applicati ai diversi momenti del processo decisionale (piani, programmi, progetti), che realizzi, in una completa applicazione delle norme europee, un sistema coordinato di valutazioni e di autorizzazioni ambientali.

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9. Un nuovo approccio alle politiche ambientali La scala dei problemi che condizionano lo stato dell'ambiente in Toscana e la molteplicità di variabili decisionali esterne alle tradizionali politiche ambientali fanno sì che, anche nella nostra regione, i segnali positivi non sopravanzino, in maniera significativa, per qualità e quantità, quelli negativi.

Ciò in una situazione in cui, peraltro, la Regione Toscana ha coperto con puntualità, e spesso con anticipo rispetto al resto del paese, gli spazi regolamentari che la normativa ambientale vigente ha offerto. Rimane tuttavia la valutazione che, ad una produzione legislativa e programmatoria copiosa, non hanno corrisposto risultati di pari intensità sul versante della messa in opera.

Nasce da qui la necessità di un ripensamento complessivo delle politiche in campo ambientale, superando la separatezza, che in qualche caso può essere stata indotta dalla spiccata tecnicità delle tematiche affrontate, e integrando la prassi di intervento con strumenti di tipo prescrittivo (peraltro con limitata copertura sanzionatoria) con strumenti di tipo economico di natura volontaria (orientamento del mercato, etc)..

Il ripensamento delle politiche ambientali regionali poggia sulla presa d'atto che una strategia efficace deve riuscire ad includere l'ambiente anche nelle decisioni degli operatori economici e dei consumatori. Si tratta cioè di integrare il mercato utilizzando, in maniera premiale o disincentivante, i sussidi, la fiscalità, le tariffe in funzione dell'incorporazione della dimensione ambientale.

Accanto all'integrazione del mercato, che deve permettere la percezione di segnali di prezzo e di costo corretti, tenendo conto delle diseconomie (o delle economie) esterne prodotte sull'ambiente, è necessario anche favorire un'integrazione delle gestioni, finalizzata a migliorare la qualità dei processi produttivi e dei consumi. Gli strumenti possono essere costituiti dalle politiche integrate di prodotto che comprendono anche le certificazioni, gli accordi volontari, gli "acquisti ecologici", ecc. L'opportunità da cogliere, non solo per il sistema industriale, ma anche per quello dei servizi, è nel nesso fra qualità ambientale e competitività: potenziare la domanda di tecnologie e di prodotti "puliti" significa creare nuove possibilità di mercato, con vantaggi accentuati per le imprese più innovative.

Un terzo livello di innovazione delle politiche ambientali regionali attiene all'effettiva integrazione con le altre politiche della Regione. Occorre superare le enunciazioni di principio incorporando la dimensione ambientale nelle scelte concrete operate dai diversi settori regionali: ciò non solo per il bene dell'ambiente, ma anche, e soprattutto, per il progresso degli altri settori.

Una ulteriore e significativa linea di sviluppo della politica ambientale regionale riguarda il progetto di autonomia speciale della Toscana in materia di tutela dell’ambiente, che si propone, come obiettivo finale, di formulare una proposta di intesa Stato – Regione Toscana per il riconoscimento a quest’ultima di forme e condizioni particolari di autonomia concernenti la materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, secondo quanto previsto dall’art. 116, comma 3, della Costituzione.

Infine un'ultima opzione strategica. L'esperienza, in alcuni casi gli insuccessi, delle politiche ambientali evidenziano come il perseguimento degli obiettivi, molto più di quanto non avvenga per le altre politiche pubbliche, richiede un forte livello di conoscenza, di concertazione e di consenso.

Il confronto con la globalizzazione ci deve consentire di superare il terreno circoscritto agli aspetti economic i e finanziari e includere quello delle culture e dei rapporti sociali: la presa di coscienza del rischio ecologico che corre la biosfera è una delle prime espressioni di tale evoluzione culturale (il mondo come casa di tutti, come sistema sempre più interdipendente). L'acquisizione di tale consapevolezza non passa

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necessariamente attraverso un conflitto fra globale e locale, fra omologazione e inadeguatezza: piuttosto lo sviluppo di una cultura ambientale può contribuire alla crescita di una nuova identità che è fatta di tutela delle proprie radici e di coscienza planetaria.

La Regione Toscana è fortemente impegnata nella realizzazione di concrete iniziative di sviluppo sostenibile e si riconosce nei principi e negli obiettivi indicati, a livello globale, dai programmi comunitari, dalle indicazioni delle Nazioni Unite e dagli accordi internazionali; la Toscana è impegnata ad agire in coerenza con tali riferimenti, nella convinzione che anche le azioni di livello regionale richiedano una visione di livello globale; la partecipazione diretta al Summit per lo sviluppo sostenibile 2002 di Johannesburg ha consentito alla Regione Toscana di acquisire le nuove indicazioni di livello internazionale e la consapevolezza per sviluppare strumenti e comportamenti operativ i di livello regionale, garantendo metodi e livelli di qualità adeguati agli standard internazionali.

In questo scenario, la riflessione e il lavoro su indicatori ambientali e politiche pubbliche sono soprattutto punti di riferimento che guideranno la ridefinizione delle politiche ambientali da parte della Giunta regionale.

Le politiche pubbliche indicano le politiche ambientali e tutte le altre (economiche, territoriali, per la salute,…) che sono rilevanti per raggiungere gli obiettivi di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, andando oltre un modello organizzativo verticale fondato su settori e approcci specialistici, affiancando a questi una filosofia d’intervento organizzativo-orizzontale, fondata su un forte orientamento all’obiettivo e sulla conoscenza delle relazioni con il sistema degli strumenti e delle risorse disponibili attivabili, in grado di fornire un governo intersettoriale e integrato dell’intervento pubblico in campo ambientale.

Gli indicatori ambientali sono un modo per rendere più concreti e verificabili gli obiettivi ambientali delle politiche pubbliche. L’uso sistematico di indicatori ambientali non è alternativo o sostitutivo all’analisi complessiva dello stato di salute degli ecosistemi e dei loro equilibri, analisi che rimane uno strumento conoscitivo indispensabile per l’efficacia delle politiche ambientali.

Con lo sviluppo di un set significativo di indicatori ambientali, aggiornabili nel tempo, si arricchirà la capacità di valutazione sullo stato di salute degli ecosistemi della nostra regione, ma sarà possibile al contempo avere dei parametri con cui definire gli obiettivi dell’intervento pubblico, valutare la capacità della comunità regionale di raggiungerli e meglio analizzare i fattori critici che condizionano l’efficacia dell’intervento. Questo anche al fine di realizzare nuovi parametri di confronto per una valutazione non parziale degli aspetti economici (pil) e di quelli sociali (welfare).

Il rapporto sugli indicatori ambientali della Toscana (Segnali ambientali) e la sesta conferenza regionale sullo stato dell’ambiente costituiscono premesse fondamentali per un salto di qualità nella definizione delle politiche ambientali e per l’affermazione della sostenibilità all’interno delle innovazioni che la Giunta regionale sta introducendo nel proprio approccio alla programmazione.

In questa prospettiva sono ormai mature le condizioni per il varo di un vero e proprio programma regionale di azione ambientale della Toscana, coerente con quello dell’Unione europea e con le impostazioni definite dal Summit di Johannesburg.

E’ ormai indispensabile un atto di indirizzo complessivo in questo ambito che, sulla base di una chiara definizione della logica dell’intervento pubblico, di un bilancio sulla capacità d’intervento che le istituzioni regionali e la comunità regionale hanno avuto in questi anni e sulla base di un quadro conoscitivo come quello rappresentato dal rapporto citato, possa definire con chiarezza gli obiettivi delle politiche ambientali regionali.

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E’ necessario disporre di un documento che valuti globalmente l’efficacia e le necessità di aggiustamento o di innovazione nell’uso dei diversi strumenti disponibili per l’intervento pubblico: regolazione, controllo, spesa pubblica, strumenti istituzionali, strumenti ad adesione volontaria, comunicazione, fiscalità ambientale, innovazione tecnologica a fini ambientali.

Un particolare campo di applicazione è rappresentato dal settore energetico per i forti riflessi che la produzione in questo campo genera sul sistema ambientale.

Il nuovo quadro normativo che ha avviato il processo di liberalizzazione del mercato dell’energia, il nuovo assetto costituzionale che attribuisce alle Regioni nuove competenze che le collocano strategicamente nel governo del settore e gli impegni internazionali assunti per la riduzione delle emissioni climalteranti in attuazione del protocollo di Kyoto consentono di proseguire con ancora maggiore incisività nelle politiche avviate per l’attuazione del Piano Energetico Regionale. Con queste favorevoli condizioni in premessa è assolutamente necessario: - realizzare un sistema di produzione più efficiente per consentire la riduzione dei

costi dell’energia (attualmente quelli italiani sono i più alti in Europa), che penalizzano soprattutto le Pmi;

- realizzare un sistema di produzione meno inquinante sviluppando le fonti rinnovabili di energia ad emissione zero;

- intervenire sui consumi energetici introducendo tecnologie e interventi innovativi tesi a ridurre le inefficienze nel sistema abitativo, nel terziario, nelle attività produttive e nel sistema dei trasporti e della mobilità urbana.

Deve quindi essere messo a punto un approccio che, nella logica dell’evoluzione della programmazione regionale, sappia definire le strategie oggi indispensabili in qualsiasi settore d’intervento pubblico: • strategie di integrazione interna o verticale delle diverse politiche ambientali

settoriali (rifiuti, acqua, qualità dell’aria,...); • strategie di integrazione orizzontale o esterna della politica ambientale con le altre

politiche (economiche, per la salute, territoriali,…) indispensabili nella logica della sostenibilità;

• strategie istituzionali che sappiano individuare il ruolo dei diversi attori pubblici in una logica di sussidiarietà verticale e concertazione istituzionale;

• strategie di governance necessarie per conseguire gli obiettivi ambientali delle politiche pubbliche, in cui si possa valorizzare il ruolo indispensabile degli attori economici, sociali, delle comunità locali dei cittadini, in una logica più generale di concertazione, trasparenza e informazione.

Su queste linee dovrà concentrarsi il programma regionale di azione ambientale che l'amministrazione ha in programma di elaborare nel corso del 2002 con riferimento al triennio 2003-2005.

Un terreno di sperimentazione di questo nuovo approccio integrato alle politiche pubbliche è dato dal tema del degrado nelle grandi e medie aree urbane dovuto al traffico, alla presenza di auto e motoveicoli negli spazi pubblici e all’inquinamento, causato dalle emissioni sia dei veicoli a motore che degli impianti di riscaldamento, tema che deve essere affrontato non più con logiche emergenziali e di breve periodo, ma con una visione prospettica e integrata tra le varie politiche interessate. La Regione intende sviluppare in questo ambito un progetto integrato in grado di coinvolgere diversi attori nazionali, regionali e locali e diversi strumenti di intervento settoriale.

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E-Government, innovazione istituzionale e amministrativa, modello di governance. 10. L’innovazione istituzionale: il federalismo in Toscana come elemento strategico della competitività del territorio La sfida dell'innovazione è imposta prima di tutto dai nuovi scenari di carattere istituzionale. Al processo di costruzione dell'Europa, con la conseguente "cessione" da parte degli Stati nazionali di significative quote di potere ad enti ed istituzioni sovranazionali, si accompagnano percorsi di ridefinizione del quadro delle competenze all'interno dei singoli Stati dei quali l'Italia offre un esempio paradigmatico. Il paese è stato infatti investito negli ultimi anni da un profondo processo di revisione degli assetti istituzionali che ha coinvolto i livelli locali e regionali (elezione diretta dei Sindaci e dei Presidenti della Regione e delle Province, decentramento amministrativo a Costituzione invariata), i livelli statali (riorganizzazione di Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei Ministri) e che è sfociato, dopo il fallimento della "Commissione Bicamerale per le riforme istituzionali", nell'approvazione e nell'entrata in vigore (in seguito all'esito positivo del referendum del 7 ottobre 2001) della legge costituzionale di modifica del Titolo V, parte seconda, della Costituzione. L'elaborazione e l'approvazione del nuovo Statuto della Regione completa il quadro delle novità che il nuovo Prs deve considerare, nella piena consapevolezza che un assetto istituzionale coeso ed efficiente rappresenta sempre di più un importante fattore di competitività del territorio ed uno dei presupposti fondamentali per il raggiungimento dei macro obiettivi individuati dalla programmazione regionale.

In questo nuovo quadro di riferimento la Regione intende rilanciare i caratteri fondamentali della propria scelta federalista ispirata ai principi della cooperazione istituzionale (nel rapporto con lo Stato ed il sistema delle autonomie) dell'europeismo (nel rapporto con l'Unione Europea e con le Regioni d'Europa) e della solidarietà (nel rapporto con le Regioni italiane in ritardo di sviluppo). La riforma del Titolo V, parte seconda, della Costituzione offre la possibilità di lavorare in questa direzione. La Costituzione riformata consente fin d'ora alla Regione di sviluppare in maniera radicale i processi di innovazione istituzionale avviati nel recente passato. Può infatti legiferare in via esclusiva su molte importanti materie; può legiferare in concorrenza con lo Stato in relazione ad un altro corposo pacchetto di materie (quelle del terzo comma dell'articolo 117); può attivare in tutte le materie oggetto di legislazione concorrente con lo Stato e su alcune materie di esclusiva competenza legislativa statale le procedure per ottenere le speciali forme di autonomia previste dal nuovo articolo 116 della Costituzione. Il settore della tutela e della valorizzazione dei beni culturali e quello relativo alla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema costituiscono i primi, significativi banchi di prova in questa direzione.

Il Prs dovrà inoltre confermare in modo esplicito la coerente applicazione in Toscana del principio della sussidiarietà istituzionale, del resto costituzionalizzato (superando i residui ambiti di gestione diretta di funzioni da attribuire più coerentemente al sistema degli enti locali).

Il nuovo testo della Costituzione opera una chiara scelta in favore di un pluralismo istituzionale paritario, in un rapporto tra livelli istituzionali non più gerarchico e discendente, ma di integrazione e coordinamento. In questo quadro alla Regione spetta, il ruolo di sede delle scelte ordinamentali e programmatorie dell’intero sistema di governo regionale, nell’ambito di una collaborazione tra soggetti pubblici basata su forme negoziali, modalità pattizie e principi chiari e condivisi. La Regione Toscana è

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impegnata nella piena attuazione dei principi e delle norme del nuovo Titolo V, nel quadro della collaborazione istituzionale con gli enti locali.

Il nuovo Titolo V delinea un sistema amministrativo tendenzialmente concentrato in ambito locale, con l’attribuzione, prevista in termini di principio dall’art. 118, delle funzioni amministrative a livello comunale. L’allocazione delle funzioni, sia di gestione che di amministrazione, presso altri livelli di governo può essere consentita per assicurare esigenze di carattere unitario, quindi sulla base della flessibilità intrinseca nei principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, con una valutazione circostanziata dei diversi ambiti territoriali che può portare anche a soluzioni fortemente differenziate, settore per settore, del ruolo svolto dai diversi enti. Infatti, regolare e organizzare in modo diverso l’esercizio delle varie funzioni amministrative è funzionale ad una P.A. orientata al risultato e alla trasparenza dell’agire, che voglia rapportarsi nel modo più efficace con il contesto socio-economico in cui si trova ad operare.

In questo ambito rientra la possibilità di attribuire ai Comuni la titolarità di certe funzioni amministrative che richiedano una adeguata dimensione sovracomunale, a condizione che vengano esercitate in forma associata, secondo la linea che la Regione Toscana ha già intrapreso con la L.R. 40/2001 in tema di riordino territoriale ed incentivazione delle forme associative. Questa legge prevede, tra l’altro, che l’esercizio associato mediante fusione e incorporazione di comuni sia particolarmente incentivato, con il raddoppio dei contributi forfetari e annuali concessi. Lo sviluppo dell’esercizio associato delle funzioni è infatti uno dei nodi cruciali per l’effettiva attuazione del processo di conferimento in direzione delle istituzioni più vicine ai cittadini, e rappresenta una leva importante per valorizzare e migliorare la qualità complessiva del sistema locale, per gestire in modo efficiente le funzioni, per estendere e migliorare i servizi alle persone, per sviluppare la cooperazione istituzionale sul territorio e l’integrazione delle politiche locali.

I processi di innovazione istituzionale già positivamente sperimentati in Toscana rendono credibile l'obiettivo di dare coerente applicazione al nuovo articolo 118 della Costituzione, in un rapporto positivo con il sistema regionale degli enti locali.

Il Prs punta anche a rafforzare il principio della sussidiarietà funzionale nell'ambito di un corretto rapporto fra i pubblici poteri e l'iniziativa privata. Sotto questo profilo, un importante banco di prova dell'avvio dei processi di sussidiarietà funzionale sarà quello della liberalizzazione del settore dei servizi pubblici locali.

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11. Una condizione per il sostegno all’innovazione: il ruolo del credito e delle risorse finanziarie Al momento in cui, nella primavera del 2000, fu redatto il Prs precedente, il quadro delle risorse regionali non poteva tenere conto di alcuni importanti eventi che modificano in prospettiva il contesto finanziario delle regioni tutte.

Non si tratta solo di valutare i futuri effetti che si produrranno a seguito del pieno dispiegarsi dei meccanismi del cosiddetto “federalismo fiscale” (copertura della spesa sanitaria, risorse aggiuntive realmente a disposizione della Regione, valore della solidarietà interregionale, etc), ma soprattutto di comprendere appieno l’impatto che avranno le recenti modifiche al Titolo V della Costituzione sull’assetto finanziario e tributario della Regione.

Su quest’ultimo punto, il nuovo testo degli articoli 117 e 119 della Costituzione ben evidenzia il potenziale innovativo sul tema della finanza delle Regioni: • tra le materie a legislazione concorrente si legge “armonizzazione di bilanci

pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”; • nell’ambito del proprio assetto finanziario, le Regioni “… stabiliscono ed

applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio”.

Sul fronte delle risorse proprie, le possibilità di autonomia regionale risultano decisamente ampliate, mentre sul versante delle competenze potrebbe configurarsi addirittura una funzione di coordinamento regionale nei confronti dell’intero sistema di finanza degli enti locali, decisamente bisognosi di una diversa prospettiva finanziaria in senso federalista. In altre parole, gli assetti finanziari complessivi, ove collocare gli obiettivi della programmazione, si aprono ad una fase di profonda rivisitazione.

Si è consapevoli che il pieno dispiegarsi dell’autonomia finanziaria di entrata e di spesa delle Regioni necessiti di quei principi fondamentali di coordinamento previsti dall’art. 119 della Costituzione, ma essi, in attesa della futura produzione normativa statale, sono da rilevarsi dall’ordinamento esistente. Non si può pertanto tralasciare la possibilità che la Regione eserciti legittimamente la propria capacità di imposizione fiscale. Questa facoltà deve essere considerata nella sua accezione positiva, quale ulteriore tassello per nuove forme di “ingegneria finanziaria”, in grado di convogliare verso investimenti di valore strategico per l’intero territorio sia risorse pubbliche che risorse private, anche attivando forme di Project financing.

Tuttavia, il processo di sviluppo dell’autonomia finanziaria regionale deve superare ancora molti ostacoli. L’assetto attuale che vede il netto prevalere delle entrate tributarie su quelle “da trasferimento”, risente ancora di molti vincoli e di incertezze prospettiche. Il tributo principale, l’Irap, che rappresenta uno dei maggiori strumenti di intervento fiscale delle Regioni, è oggetto di ripetuti interventi normativi statali, che alterano le aspettative di gettito regionali. Non solo: oggi il Governo esprime la volontà di “tendenzialmente sopprimerla” e manifesta forti perplessità sul suo ruolo di imposta cardine della finanza regionale. Viene criticata anche la modalità di decentramento della compartecipazione all’Iva, che parallelamente è però valutata suscettibile di fungere, con criteri rivisti, da imposta di riferimento per la finanza regionale. In sintesi, la Regione si trova oggi a dover affrontare un rinnovato impegno di sviluppo e di sostegno economico-sociale in un quadro di iniziativa tributaria statale purtroppo non definitivo. Forti dei principi affermati dal nuovo assetto costituzionale, le Regioni sosterranno comunque l’inderogabile necessità di poter attuare la loro piena autonomia impositiva al fine di realizzare le proprie politiche di sostegno e sviluppo economico.

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In altri termini, a prescindere da quelle che sono (o saranno) le imposte a titolarità regionale, la Regione Toscana ritiene necessario che esse: • siano riconducibili al territorio regionale ed alla capacità contributiva che ne

discende; • consentano quei margini di manovrabilità e di intervento di politica tributaria

connessi alle politiche di sostegno e di sviluppo perseguite dalla programmazione regionale;

• realizzino il pieno dispiegarsi del meccanismo di federalismo fiscale “solidale” che da sempre la Toscana sostiene.

Ma l’opportunità di ridisegnare il contesto delle risorse regionali di riferimento risiede anche in altri eventi di particolare portata: • il completamento del processo di trasferimento di funzioni “ex decreti Bassanini”; • le nuove opportunità di finanziamento del programma di investimenti strategici

della Regione. Per ciò che concerne il processo di trasferimento delle funzioni, è importante

ricordare che - da un lato - esso non ha ancora completato l’attribuzione alla Regione delle risorse (non solo finanziarie) spettanti; d’altro lato, dette risorse, due anni dopo la loro attribuzione, diventeranno entrate tributarie a tutti gli effetti. Quest’ultima circostanza produrrà – tra gli altri - l’effetto di un quanto mai utile aumento della capacità giuridica di indebitamento della Regione, indispensabile per consentire la sostenibilità della spesa di investimento che si profila per il triennio 2003-2005.

La capacità della Regione di sostenere la spesa di investimento registra, in prospettiva, un deciso ampliamento anche perché nel 2002 si completa l’importante operazione di ristrutturazione del debito regionale attualmente in essere: questa operazione consentirà alla Regione di ridurre gli oneri di ammortamento in corso e di liberare risorse per ricorrere a nuovo indebitamento. Esso sarà contratto anche con forme innovative rispetto al tradizionale mutuo e con modalità che tengano conto delle potenziali sinergie tra risorse pubbliche e risorse private già ricordate.

Pertanto, con la concomitanza di tutte le circostanze ricordate, la Regione sarà in grado di sostenere gli importanti obiettivi di investimento strategico che la Giunta ha definito, i quali consentiranno nei prossimi anni di adeguare l’offerta di servizi e di infrastrutture alle nuove esigenze espresse dal territorio, nonché di creare un volume di circa 32 mila unità di lavoro nell’intero periodo di realizzazione degli interventi (stime modello Irpet-Ufficio Programmazione Regione Toscana).

Più in dettaglio, l’articolazione settoriale degli investimenti straordinari 2003-2005 prevede i seguenti interventi:

a) nell’ambiente, per la difesa delle coste dall’erosione marina e per contrastare il “cuneo salino”,

b) nelle infrastrutture viarie, con particolare attenzione ai collegamenti tra distretti industriali e zone rurali

c) nello sviluppo e qualificazione dei poli espositivi e congressuali (Firenze, Arezzo e Prato, Carrara, Chianciano e Montecatini),

d) nell’edilizia abitativa per studenti universitari, e) nei beni culturali (Toscana museo diffuso), f) nell’innovazione tecnologica della pubblica amministrazione, g) nel campo sociosanitario (accreditamento delle strutture), h) nell’area della qualità della vita (ambiente, mobilità, etc) dell’area urbana

fiorentina, i) nel sistema dell’irrigazione secondaria connesso alla diga di Montedoglio. Lo sforzo straordinario che si prospetta comporterà la necessità di approcci

inevitabilmente innovativi sul fronte finanziario. La Regione sta già operando in questo

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senso: la recente diversificazione avviata nei confronti dei mercati di approvvigionamento dei capitali (emissione di bonds regionali) renderà più agevole, flessibile e vantaggioso il ricorso al credito finalizzato alla spesa di investimento. Inoltre, per alcuni degli investimenti sopra ricordati, si sta già ipotizzando il ricorso a forme di project financing, laddove la redditività dell’iniziativa lo consenta. Per quest’ultimo strumento, che notoriamente incontra in Italia difficoltà di applicazione, la Regione intende utilizzare gli spazi legislativi ora creati dalle recenti modifiche costituzionali, in modo da apportare alla normativa in materia di lavori pubblici quei correttivi indispensabili ad una effettiva realizzazione delle sinergie tra pubblico e privato.

Un’ultima riflessione sul tema delle risorse finanziarie della Regione per i prossimi anni deve essere dedicata al momento di incertezza economica, conseguente al quadro internazionale in atto, con il quale deve fare i conti - ovviamente - anche la finanza pubblica. L’aspetto più evidente è che la parte di entrate tributarie, il cui gettito è legato all’andamento della ricchezza nazionale, risentirà di un tasso di evoluzione del Pil inferiore alle attese, per lo meno per ciò che concerne l’anno 2002. Questa considerazione non fa altro che giustificare ulteriormente l’opportunità di una rivisitazione del Prs.

Da ciò discende anche l’esigenza di consolidare il rapporto della Regione con il sistema bancario per rendere ancor più efficaci, ed adeguati alle mutate esigenze, gli strumenti di intervento di cui la Regione dispone per sostenere i processi congiunturali e strutturali dell’economia toscana.

A questo proposito, va ricordata l’idea di stabilizzare e formalizzare i rapporti tra Regione e sistema bancario maggiormente operativo in Toscana mediante lo strumento formale del Protocollo di Intesa, sottoscritto nel novembre del 1999 e recentemente modificato per adeguarlo alle nuove esigenze espresse dal sistema economico toscano in materia di credito e di finanza.

Il Protocollo di Intesa delinea una serie di strumenti, alcuni tradizionali, altri più innovativi, che il sistema bancario è impegnato a mettere a disposizione, a condizioni di tasso definite, a favore della piccola e media impresa, dell’artigianato e degli enti locali. Particolarmente importante, in questo quadro di interventi, è il ruolo di Fidi Toscana e di Artigiancredito Toscano per l’attuazione degli strumenti finanziari previsti dal Protocollo di Intesa e, in specie, di quelli maggiormente innovativi, rivolti all’irrobustimento patrimoniale ed al “tutoraggio” di imprese capaci di apprezzarsi in settori innovativi. Si ricordano, in proposito: - prestiti partecipativi nel capitale sociale di piccole e medie imprese, a fronte di

progetti di sviluppo aziendale; - partecipazione al capitale di rischio di società, con riferimento a nuove iniziative

imprenditoriali; - internazionalizzazione e settori avanzati; - consulenza ed assistenza alle piccole e medie imprese ed agli enti locali, allo scopo

di sostenere le necessità di investimento degli enti nelle forme del project financing o, comunque, con partecipazione di capitali privati alla realizzazione delle opere pubbliche.

In definitiva, lo strumento convenzionale, rappresentato dal Protocollo di Intesa è significativo di una politica di attenzione ai rapporti con il sistema bancario ed ai temi del credito caratteristici della Regione Toscana. La Regione non solo conferma questa politica, in quanto idonea a sviluppare tutte le sinergie utili al perseguimento dello sviluppo economico territoriale, ma intende cogliere le opportunità che ora si aprono per effetto delle nuove competenze regionali in materia di banche e credito attribuite a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione. A questo proposito, non si può

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negare che, rispetto ad altre materie di legislazione concorrente -per così dire- più tradizionali, si sia in presenza di campi ad oggi assolutamente inesplorati dalle Regioni e di filoni di politiche tutte da def inire, ma che richiedono invece di essere ben conosciuti, sia per occupare in maniera oculata gli spazi aperti dalla riforma costituzionale, sia per costituire terreno di incisivi interventi regionali.

Da qui l’esigenza di pervenire rapidamente ad una conoscenza specifica e dettagliata di questo settore ed alla necessità di definire l’ambito di intervento normativo regionale, sia con riferimento all’oggetto (struttura, organizzazione e vicende dei soggetti bancari) sia riguardo al significato che si intende attribuire al concetto di “carattere regionale” della banca, che potrebbe (ad esempio) essere individuato con riferimento alla prevalenza degli impieghi nel territorio della regione.

Tra le nuove competenze normative in materia bancaria, non possono essere tralasciate quelle che attengono alle Fondazioni Bancarie ed ai loro settori di intervento. Il ruolo svolto sul territorio da questi soggetti è di notevole portata ed incide in larga misura su settori di competenza, spesso esclusiva, della Regione. Ciò impone la ricerca di reciproci punti di contatto, in grado di sostenere le migliori sinergie tra gli interventi della Regione e degli enti locali, con le iniziative assunte dalle Fondazioni Bancarie.

Altro tema che la Regione intende affrontare in un prossimo futuro è quello inerente le problematiche di rapporto tra sistema bancario e sistema economico che discenderanno, a partire dal 2006, dall’attuazione del documento noto come “Basilea 2” e che riguardano le condizioni di accesso al credito da parte delle imprese.

Le nuove regole, infatti, prevedono l’applicazione di ratings per la valutazione del merito di credito di tutti i soggetti da finanziare, con evidenti conseguenze sulle disponibilità di credito e sui livelli di tassi applicati. In questa prospettiva, al fine di favorire la concessione del prestito e di mitigare il tasso, assumerà un rilievo determinante l'effetto "garanzia" ed è facile immaginare uno scenario in cui le imprese più fragili e finanziariamente meno attrezzate, come quelle che caratterizzano ancora il sistema produttivo toscano, costituiranno il fronte più bisognoso di sostegno al cambiamento, con strumenti in grado di promuovere il loro potenziamento ed il loro merito creditizio.

12. La sostenibilità come vincolo strategico per le politiche regionali e come occasione di innovazione La sostenibilità dello sviluppo rappresenta una delle condizioni necessarie per il raggiungimento di un benessere completo in ogni suo aspetto e durevole nel tempo; possiamo affermare che tale nozione di benessere non può esistere se non in una prospettiva di sviluppo sostenibile; la sostenibilità, ed in particolare la sostenibilità ambientale, rappresenta pertanto un vincolo di carattere strategico per tutte le politiche regionali (ed in quanto tale una opportunità di innovazione), se si vogliono realizzare risultati durevoli e coerenti con gli obiettivi complessivi della programmazione regionale.

Come noto, l’espressione “sviluppo sostenibile” è diventata molto popolare sul finire degli anni ’80; ha avuto giustamente molta fortuna, e continua ad avere un importante ruolo di stimolo e discussione, la definizione del Rapporto Brundtland, pubblicato nel 1987 da una commissione di studio delle Nazioni Unite. Nel documento viene data questa definizione: lo sviluppo è sostenibile se soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri bisogni; la definizione prosegue precisando che si tratta di un

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processo nel quale lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico ed il cambiamento istituzionale sono tutti in armonia, ed accrescono le potenzialità presenti e future per il soddisfacimento delle aspirazioni e dei bisogni umani.

Dal documento Brundtland, dalla Dichiarazione di Rio de Janeiro su ambiente e sviluppo del 1992 e dall’Agenda XXI discendono quei principi fondanti delle strategie comunitarie di sviluppo sostenibile che indirizzano anche la programmazione regionale verso la sostenibilità ambientale (mantenimento delle risorse per le prossime generazioni), la sostenibilità sociale (allargamento del consenso e della partecipazione della popolazione e riconoscimento dei diritti fondamentali, lotta alla povertà), la sostenibilità economica (sviluppo economico e copertura del sistema di welfare nel lungo periodo).

I principi e gli strumenti definiti a Rio sono risultati confermati dalle conclusioni del Summit mondiale per lo sviluppo sostenibile 2002, organizzato dalle Nazioni Unite a Johannesburg.

Il concetto di vincolo strategico sottolinea come, sia a livello internazionale e comunitario sia a livello regionale, le politiche volte allo sviluppo e alla crescita economica debbano essere riconsiderate - ed eventualmente limitate nei loro obiettivi – per consentire loro di conseguire finalità di benessere che includano la tutela ambientale e l’equità sociale; ma l’analisi economica suggerisce come tale vincolo rappresenti anche l’occasione per stimolare e sviluppare processi di innovazione, che assumono a loro volta un ruolo determinante come elementi di sostegno alla crescita economica.

La considerazione della sostenibilità come vincolo strategico ha quindi una influenza decisiva nella definizione di alcune delle scelte strategiche della programmazione regionale e nella generazione di nuove opportunità, quali l’attivazione dei processi di innovazione ed il mantenimento dei principi di coesione, di cooperazione sociale e di sostenibilità ambientale che caratterizzano la nostra regione; sarà inoltre determinante per la individuazione dei modelli e degli strumenti che dovranno essere messi in atto per sostenere le strategie regionali.

Sul piano concettuale è importante evitare di fare confusione tra tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile, capire gli elementi di differenza di questi concetti, per delineare le caratteristiche degli strumenti che li connotano.

In estrema sintesi il percorso concettuale che lega ambiente e sviluppo sostenibile può essere il seguente: un ambiente pulito, l’uso corretto delle risorse naturali, la salvaguardia dell’ecosistema globale sono parti essenziali dello sviluppo sostenibile, ma rappresentano soltanto una delle dimensioni; devono ogni volta combinarsi con le altre dimensioni della sostenibilità, cioè la ricerca della prosperità economica e l’equità sociale, per garantire decisioni a supporto di politiche sostenibili (e durevoli nel tempo).

Ma quale strumento consente di passare da una politica ad una sola dimensione (e quindi non sostenibile) ad una politica più decisamente complessa, a più dimensioni (e forse sostenibile)?

L’elemento strategico in grado di compiere tale trasformazione è il principio di integrazione che si realizza integrando insieme gli obiettivi propri delle diverse dimensioni della sostenibilità, e consente quindi di prendere decisioni valutando contemporaneamente e conciliando insieme le esigenze, gli obiettivi di ogni singola dimensione.

L’integrazione degli obiettivi di tutela e di miglioramento dei livelli di protezione ambientale in tutte le politiche di settore costituisce l’elemento strategico di snodo tra ambiente e sostenibilità dello sviluppo. Il principio comunitario, sancito dal 1998 nel

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Trattato dell’Unione Europea (art.6) ed attuato attraverso il cosiddetto “processo” di Cardiff, ha lo scopo di far sì che tutte le politiche settoriali portino il loro contributo alla realizzazione di condizioni di sostenibilità dello sviluppo.

Il VI Programma di azione ambientale impegna inoltre la Commissione Europea ad istituire, ove necessario, meccanismi interni di integrazione che garantiscano che la tutela ambientale sia pienamente considerata già nelle prime fasi di preparazione di tutte le iniziative politiche della Commissione, attraverso una efficace valutazione di tutte le nuove proposte; ciò presuppone l’integrazione degli obiettivi ambientali sin dalla fase embrionale del processo decisionale e la capacità di valutare ed operare scelte applicate ad orizzonti temporali molto più ampi.

E’ ormai vigente la direttiva europea per la valutazione ambientale di piani e di programmi, una disposizione chiave per realizzare il principio di integrazione e per mettere in atto le indicazioni del VI Programma di azione ambientale; la Regione Toscana ne considera il pieno recepimento come uno dei suoi obiettivi prioritari, per assicurare quanto prima, in sintonia con gli indirizzi europei, l’integrazione dell’ambiente in tutte le proprie politiche, fin dalle prime fasi della loro elaborazione.

E’ importante che la valutazione ambientale strategica sia applicata a tutti i piani ed i programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente, a partire da quelli dei settori economici e dagli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica; ma il campo di applicazione della direttiva è assai esteso: i piani ed i programmi che riguardano agricoltura, foreste, pesca, energia, industria, trasporti, rifiuti ed acque, telecomunicazioni, turismo saranno oggetto di valutazione ambientale strategica.

Il processo di valutazione è delineato in modo abbastanza generale dalle norme europee, salvo alcuni caratteri vincolanti, da recepire comunque, sia pure tenendo conto dell'esperienza toscana: i contenuti intersettoriali dello studio ambientale; la individuazione delle “autorità ambientali” come presidio del punto di vista specifico dell’ambiente; la rilevanza data alla consultazione dei cittadini e delle organizzazioni non governative; la esplicita distinzione di funzioni tra VIA e VAS, per evitare inutili duplicazioni, ma anche sovrapposizioni di carattere improprio.

Alla luce delle disposizioni europee e dell’esperienza dei Fondi strutturali, il processo di valutazione strategica dovrà essere caratterizzato da alcuni requisiti ben definiti: • l’informazione ambientale deve garantire la conoscenza dei problemi; la

preventiva descrizione degli impatti sarà la base per la definizione degli obiettivi ambientali; le analisi SWOT possono suggerire anche ipotesi di soluzione;

• la disciplina della valutazione strategica deve riguardare sia il processo (a supporto delle decisioni pubbliche), sia il prodotto della valutazione (comunicabile, sintetico, descrittivo del processo di partenariato svolto);

• le attività di supporto alla valutazione sono affidate agli organismi individuati come autorità ambientali, che hanno il compito esplicito di presidiare, con ampie garanzie di autonomia, il punto di vista della sostenibilità ambientale, collaborando con i responsabili di settore per affermare il principio di integrazione fin dalle prime fasi di elaborazione delle decisioni;

• la scelta degli obiettivi ambientali e dei conseguenti criteri di selezione delle azioni e degli interventi rappresenta il cuore del processo di valutazione e di integrazione; consente di orientare gli esiti del processo di integrazione settoriale; costituisce il riferimento per le valutazioni di coerenza interna ed esterna delle politiche, sia in fase ex ante, in itinere ed ex post; presuppone un sistema basato sulla proposta di più alternative valide, da selezionare;

• gli indicatori rappresentano gli strumenti di controllo e di valutazione dei risultati raggiunti dalla politica e dal processo di integrazione; dovrebbero essere

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individuati in relazione agli impatti ambientali preventivati, agli obiettivi ambientali, ai criteri di selezione,

• la redazione dei piani e dei programmi deve essere di conseguenza riorganizzata in modo da garantire la presenza (e l'evidenza) di tutti i contenuti necessari a supportare la valutazione ambientale strategica.

Per rafforzare il processo in atto ed il rinnovato impegno per la sostenibilità, le parole d'ordine per il nuovo Prs sono dunque “integrazione” ed “intersettorialità”; il loro significato innovativo è teso a segnalare non solo la necessità di investire gli aspetti economici e sociali dei problemi ambientali, ma anche l’esigenza di coordinare i diversi strumenti disponibili, a partire dal sistema delle valutazioni ambientali.

Il nuovo Prs deve inoltre essere in grado di trasformare la sostenibilità da vincolo strategico in occasione di innovazione, e quindi di ulteriore sviluppo, avviando un flusso costante e duraturo in ogni settore e nel rapporto tra pubblico e privato; la strategia del nuovo Prs per la sostenibilità potrebbe essere concentrata su tre linee di azione prioritarie: • la diffusione di occasioni e di strumenti caratterizzati in modo integrato e

intersettoriale per il governo del territorio e delle politiche di settore (Agende 21 locali; Agenda 21 regionale; «buone pratiche» sostenibili);

• il rafforzamento degli strumenti di valutazione ambientale in ogni momento del processo decisionale (piani, programmi e progetti), a supporto della sostenibilità ambientale dello sviluppo regionale ed in applicazione delle norme europee; in particolare il recepimento in Toscana della valutazione ambientale strategica dovrà essere associato ad un percorso di riordino normativo che realizzi un sistema coordinato di valutazioni e di autorizzazioni ambientali (VAS, VIA, IPPC1) ; é necessario inoltre avviare la sperimentazione di nuovi strumenti conoscitivi e di contabilità ambientale, funzionali alla realizzazione di politiche sostenibili;

• la promozione di iniziative per favorire l’adesione delle imprese toscane agli strumenti di certificazione ed ai sistemi di gestione ambientale, soprattutto in direzione delle Pmi; per rendere operative le indicazioni comunitarie sull’attuazione delle Politiche Integrate relative ai Prodotti (IPP2) e per realizzare un vero e continuo miglioramento delle prestazioni ambientali occorre agire in almeno tre direzioni: realizzare un approccio globale, focalizzato sul territorio e non sulla singola impresa; rafforzare l'integrazione fra gestione di processo e gestione di prodotto; aumentare la sensibilità dei consumatori alla qualità ecologica dei processi e dei prodotti.

Lo sviluppo operativo del quadro programmatico così delineato dovrà rendere esplicito il contributo richiesto al sistema degli Enti e delle Agenzie regionali.

In particolare ARPAT, per competenza e per esperienza consolidata per tutti gli aspetti ambientali, potrà svolgere una importante funzione di elaborazione e di supporto non solo nell’ambito del nuovo sistema coordinato di valutazioni e di autorizzazioni ambientali, ma anche nella promozione dei processi di Agenda 21 locale e regionale e di certificazione ambientale delle imprese e dei prodotti.

Per analoghe funzioni, ma per i profili complementari a quelli ambientali, comunque necessari per supportare la strategia del PRS per la sostenibilità, si potrà contare sulla collaborazione metodologica con IRPET.

Nel quadro di un nuovo disegno della fiscalità regionale, una attenzione specifica dovrà essere dedicata alla messa in opera di forme di fiscalità ambientale con il duplice

1 Autorizzazione ambientale integrata (Direttiva 9661 CE) 2 Libro verde della Commissione Europea sulla Politica Integrata relativa ai Prodotti (COM/2001/68)

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obiettivo di incorporare nei costi le esternalità ambientali attualmente non contabilizzate dal sistema delle imprese e di incentivare comportamenti, tecnologie e prodotti più “sostenibili”. 13. Gli strumenti per il governo e la programmazione

Questi strumenti vengono presentati, data l’ampia articolazione delle proposte, nel successivo capitolo.

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GLI STRUMENTI: L’innovazione nel Governo regionale 1. Il procedimento di programmazione come strumento di trasparenza del processo decisionale e di indirizzo degli interventi 1.1. Il riordino degli strumenti di programmazione: Prs, Dpef, Piani settoriali Il procedimento di programmazione in Toscana, ispirato ai criteri e alle procedure previste dalla legge regionale 49/99 (per la quale è da valutare la necessità di un adeguamento al nuovo ruolo istituzionale assunto dalla Regione), prevede tre strumenti fondamentali: a) il Programma regionale di sviluppo ha un orizzonte temporale di legislatura e

fissa gli assi strategici a cui la Regione si richiama per indirizzare la propria attività di governo e il sistema dei rapporti con gli interlocutori privati e pubblici comunitari, nazionali, regionali e locali;

b) il Documento di programmazione economica e finanziaria, ha un orizzonte annuale, aggiorna e calibra gli indirizzi strategici del Prs e collega, a grandi linee e con un forte anticipo rispetto alla predisposizione del Bilancio, le scelte programmatiche della Regione con il sistema delle risorse finanziarie disponibili (disponibili sia per effetto di trascinamento del sistema delle entrate strutturali sia per effetto della “eventuale manovra” regionale che può essere in aumento - tassazione - o in diminuzione - detassazione). Il Dpef produce anche una ricognizione dei rapporti attivati o attivabili e delle risorse disponibili, non necessariamente di pertinenza dell’ente, che la Regione può intercettare nella propria attività per mezzo di relazioni cooperative e di partenariato con enti, soggetti ed istituzioni esterne ai diversi livelli territoriali (comunitarie, nazionali, regionali e locali).

c) I Piani e Programmi settoriali (intersettoriali o integrati) non sono omogenei nell’approccio, nei tempi e nell’articolazione dei contenuti. Derivano da leggi specifiche e rispondono a obiettivi diversi: in generale si può dire che i piani e programmi settoriali sono nello stesso tempo, e pur con pesi diversificati caso per caso, un’articolazione del Prs (in quanto contengono le principali opzioni strategiche di legislatura), una articolazione del Dpef (in quanto contengono l’aggiornamento degli assi strategici e il collegamento con gli impegni di Bilancio) ed infine una articolazione operativa e regolamentare di riferimento per l’azione amministrativa.

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STRUMENTI DELLA PROGRAMMAZIONE REGIONALE

Legenda: GR=Giunta C=Concertazione CR= Consiglio

Al fine di rendere più trasparente e ordinata la programmazione regionale si suggeriscono le seguenti azioni e correzioni: a) per il Prs si suggerisce un legame più lineare fra analisi del contesto socio

economico, obiettivi strategici e strumenti di intervento (fra cui anche le modifiche da apportare alla macchina organizzativa) con un più netto orientamento ad una programmazione per obiettivi intersettoriali supportati da programmi integrati. Il Prs definisce la struttura delle strategie di intervento regionale e, attraverso la definizione delle funzioni obiettivo comprese nei singoli programmi integrati, collega queste alla struttura del Bilancio regionale.

b) per il Dpef occorre definire in maniera più precisa il suo ruolo all’interno della programmazione regionale. La sua funzione di strumento di previsione e di analisi riferita all’anno successivo non dovrebbe portare, salvo i necessari aggiustamenti nell’impostazione di lungo periodo, a rifare un doppione del Prs creando così incertezza e confusione nei riferimenti programmatori. Dati i tempi di redazione del documento (che forse potrebbero essere modificati spostando in avanti almeno di un mese l’adozione da parte della Giunta) il riferimento alle variabili finanziarie non può che essere di tipo macroeconomico, triennale, e il suo ruolo deve essere quello di definire la manovra da apportare a sostegno degli obiettivi prefissati. Nel Dpef non è possibile determinare l’articolazione finanziaria per funzioni obiettivo e per unità previsionale di base, in relazione al bilancio annuale, ma è necessario prevedere una segnalazione quantitativa della dinamica da apportare (per esempio

PRSMetaobiettivoObiettivi strategiciIndicazione Programmi integrati e Funzioni obiettivo

GR/C/CRLegislatura

DPEF

Revisione obiettivi strategici“Pesatura obiettivi”Manovra finanziariaIndicazione azioni principali

GR/C/CRAnnuale

BilancioStruttura finanziaria degli obiettivi (Fo), delle azioni (Upb) e dei singoli capitoli

GR/C/CRAnnuale

Piano di indirizzo settoriale Articolazione settoriale del Prs GR/C/CRLegislatura

Piano operativo settoriale Articolazione settoriale del Dpef GR/CAnnuale

Documento di monitoraggio e valutazione (Rapporto di gestione)

Verifica dellepolitiche settoriali

GR/C/CRAnnuale

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quali sono le voci da rafforzare e quali sono invece le voci da contenere). Il Dpef può essere anche la sede in cui vengono aggiornate le determinazioni finanziarie pluriennali previste nei piani di indirizzo sulla base delle variazioni di contesto.

c) Per i piani e i programmi settoriali occorre introdurre una maggiore omogeneità di approccio. I piani potrebbero essere divisi in tre elementi: un piano di indirizzo (da sottoporre al CR), un piano operativo (di responsabilità esclusiva della GR) e un documento annuale di monitoraggio-valutazione dei risultati raggiunti (da sottoporre al CR) che si può aggiungere, per una maggiore e più articolata analisi dei risultati raggiunti nei singoli settori, al già previsto Rapporto di gestione. Il Piano di indirizzo rappresenta l’articolazione e la specificazione settoriale (in

qualche caso intersettoriale) del Prs e, pur successivo in ordine di tempo, dovrebbe avere lo stesso riferimento di lungo periodo del Prs (piano di legislatura, con possibilità di aggiornamento). Nel Piano indirizzo possono essere incluse articolazioni finanziarie di lungo periodo che servono come base per le determinazioni del Bilancio pluriennale successivo.

Il Piano operativo rappresenta la definizione annuale del Piano di indirizzo sviluppato e si situa, dopo la presentazione del Dpef, pressoché in contemporanea con la presentazione del Bilancio di previsione da cui assume le variabili finanziarie che devono essere articolate, anche attraverso stime, nelle diverse azioni e nei diversi progetti del piano.

Il documento di monitoraggio e valutazione riporta, ogni anno all’interno del Rapporto di gestione o, in caso di approfondimento, in forma autonoma, i risultati dell’azione del governo regionale sia in termini di effetti di breve (monitoraggio) sia effetti di lungo periodo (valutazione). E’ il documento attraverso il quale il CR controlla il rispetto degli obiettivi strategici posti con il Piano di indirizzo di legislatura e con gli eventuali aggiornamenti annuali.

La funzione autorizzativa pluriennale dei piani e programmi regionali, prevista dalla L.R. 36/2001, sarebbe esercitata attraverso gli stanziamenti dei piani di indirizzo, eventualmente aggiornati nel Dpef e successivamente precisati nel prospetto dimostrativo allegato alla legge di bilancio.

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CICLO PROGRAMMAZIONE-BILANCIO

ATTO CONTENUTO TEMPIProgrammaregionale disviluppo (artt. 6-7-8 L.R. 49/1999)

Individua gli obiettivi generali, gli assi strategici e i programmi integrati Ha validità per l’intera legislatura, con possibilità diaggiornamenti straordinari; la GR lo adotta entro tremesi dal suo insediamento e lo trasmetto al CR chelo approva con risoluzione

Piani e programmiregionali diattuazione (art. 10L.R. 49/1999)

Rappresentano l’articolazione e la specificazione dei contenuti del PRS.Hanno natura settoriale o intersettoriale e integrataSono elaborati sulla base del modello analiticoPossono indicare le quote annuali di finanziamento per gli anni di validità,in modo da consentire l’assunzione di impegni a carico degli esercizisuccessivi per importi predeterminati, nei limiti delle previsioni delbilancio pluriennale a legislazione vigente (art. 31 L.R. 36/2001)Rinviano, per la definizione di procedure e modalità di gestione, al pianooperativo della GR

Hanno lo stesso riferimento temporale del PRS(legislatura) e vengono approvati con deliberazionedel CR su proposta della GR, nella prima fase dellalegislatura, con possibilità di aggiornamentistraordinari

Documento diprogrammazioneeconomica efinanziaria (art. 9L.R. 49/1999)

Documento annuale (con proiezione triennale) che aggiorna e specifica gliobiettivi strategici del PRS e fornisce gli indirizzi per l’elaborazione delbilancioConferma o modifica le determinazioni finanziarie pluriennali (triennali)dei piani e programmi di attuazione

Viene adottato dalla GR entro il 30/4 di ogni anno etrasmesso al CR che lo approva con risoluzioneSi propone di spostare in avanti almeno di un meseil termine di adozione da parte della GR

Rapporto digestione (art. 44L.R. 36/2001)

Rapporti settoriali

Espone, con riferimento agli atti di programmazione regionale, ilmonitoraggio e la valutazione delle politiche regionaliPermette al CR di controllare il rispetto degli obiettivi strategici contenutinei piani e programmi di attuazione del PRSEventuali rapporti settoriali possono ampliare il monitoraggio eapprofondire le valutazioni generali del rapporto di gestione

Viene presentato dalla GR al CR, entro il 30/4 diogni anno, insieme al rendiconto; l’approvazionespetta al CR

Vengono presentati contemporaneamente al rapportodi gestione, oppure con i tempi previsti nelle leggi disettore

Piani operativi Rappresentano lo strumento di gestione annuale, da parte della GR, deipiani e programmi pluriennali approvati dal Consiglio: definisconoprocedure, tempi e modalità

Vengono approvati ogni anno con delibera dalla GRentro il 31/12

Bilancio annuale epluriennale (artt.17-18 L.R.36/2001)

Sono redatti in conformità alle previsioni degli atti di programmazione, deicui indirizzi forniscono la proiezione finanziariaIn un allegato alla legge di bilancio, sono previsti gli eventuali scostamentirispetto al quadro finanziario del DPEF e le correzioni alle previsionifinanziarie dei piani e programmi pluriennali (art. 15 L.R. 36/2001)

Vengono presentati annualmente, entro il 31/10,dalla GR al CR, a cui spetta l’approvazione

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RACCORDO PROGRAMMAZIONE-BILANCIO Programmi integrati e funzioni obiettivo

Il raccordo tra la programmazione e il bilancio regionale si esprime attraverso la coerenza delle

disposizioni degli atti contabili alle indicazioni del Programma regionale di sviluppo, anche in termini di struttura degli obiettivi e delle priorità.

L’attuale Prs avvia il processo di progressivo superamento dell’articolazione della programmazione regionale per strategie settoriali, adottando una struttura per programmi integrati, nei termini di “contenitori” costruiti per raggiungere alcuni macro-obiettivi, con caratteristiche di coerenza e di integrazione in relazione agli strumenti e alle azioni che si possono attivare in funzione del raggiungimento degli obiettivi previsti.

Anche i bilanci regionali, articolati in termini di funzioni-obiettivo, come macro-aree di intervento, e di unità previsionali di base, come aree funzionali omogenee di intervento o di attività, dovranno permettere, attraverso opportune classificazioni, di fornire informazioni relative ai contenuti dei nuovi programmi integrati per il periodo di programmazione 2003-2005. Tali informazioni saranno completate anche con i flussi informativi prodotti dagli altri enti che contribuiranno alla realizzazione dei programmi integrati.

Proprio in relazione alle funzioni-obiettivo, si propone la seguente articolazione, legata ai contenuti dei nuovi programmi integrati per il periodo di programmazione 2003-2005. Diritti di cittadinanza, coesione sociale e qualità della vita Interventi per una migliore qualità della vita dei cittadini Prevenzione sanitaria Assistenza sanitaria ospedaliera Assistenza sanitaria territoriale Assistenza sanitaria farmaceutica Azioni sul sistema aziendale socio-sanitario

Assistenza sociale alle disabilità e alle dipendenze Sostegno alle difficoltà economiche e sociali delle famiglie e delle persone Sostegno alle difficoltà abitative delle famiglie e delle persone

Sicurezza da eventi malavitosi e da fenomeni di microcriminalità Sicurezza da incidenti e da eventi calamitosi Promozione della cultura e dell’attività sportiva Competenze e occupabilità Crescita e qualità dell’occupazione Istruzione Formazione per tutta la vita Competitività dei territori e delle imprese Sviluppo e rafforzamento delle imprese Sostegno al sistema agricolo e agroindustriale e alla sicurezza alimentare Sostegno al miglioramento dell’ambiente rurale Infrastrutture economiche a sostegno dei sistemi locali Servizi per la mobilità Logistica e infrastrutture per la mobilità Governo delle risorse naturali e tutela della sostenibilità del modello di sviluppo Strumenti e azioni per il governo del territorio Difesa, conservazione e valorizzazione delle risorse naturali Gestione dei rifiuti e dei processi di inquinamento E-Government, innovazione istituzionale e amministrativa, modello di governance. Sviluppo dell’impianto federale regionale e locale Proiezione e cooperazione internazionale della Toscana Qualificazione dell’organizzazione della macchina regionale E-government, consulenze, ricerca, servizi avanzati e tecnologie

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1.2 Una maggiore integrazione fra gli strumenti di programmazione socio-economica e gli strumenti di programmazione e pianificazione territoriale

Uno dei temi centrali del nuovo assetto della programmazione regionale è legato all’integrazione fra gli strumenti della programmazione economica, sociale e finanziaria (in primo luogo il Prs a scala regionale e il Piano provinciale di sviluppo a scala locale) e gli strumenti della programmazione e pianificazione territoriale (in primo luogo il Piano di indirizzo territoriale e quindi il Piano territoriale di coordinamento a scala locale). Si tratta di strumenti che sono normati in maniera diversa, che si inseriscono in maniera diversa nelle modalità di intervento operativo della Regione e degli enti locali, ma che non ha oramai più senso mantenere in una sorta di isolamento reciproco sia in termini di procedure che in termini di sistema informativo di riferimento.

(nota :Programmazione territoriale = PIT e PTC; Pianificazione = PS, Regolamento Urbanistico comunale e Piani Attuativi)

Il collegamento fra il Pit e il Prs sarà reso più agevole dalle modifiche che si prevede di apportare al Pit con la prossima legge quadro per il governo del territorio, con la quale si articolerà il Piano in due parti: a) una di competenza del Consiglio, con valore di Statuto del territorio che dettaglierà

i principi contenuti nella legge e quindi con riferimenti sia generali sia specifici alle diverse azioni settoriali ed ai diversi ambiti (sistemi) regionali;

b) una seconda di competenza della Giunta, per definire gli aspetti gestionali ed operativi dello Statuto del territorio e della legge quadro, che riassorbirà sia le attuali direttive tecniche della L.R. 5/1995 sia gli aspetti regolamentari espressi dai diversi settori.

PRS PITProgrammadi indirizzo

settoriale integrato

Livello regionale

PLS PTCLivello provincialeProgramma di indirizzo

settoriale integrato

Livello di

sistema locale

Atti diprogrammazione

strategica

Livello comunale Piano strutturale.Reg. urbanistico

Pianosettoriale

La struttura degli strumenti di programmazione regionale

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Gli atti di programmazione strategica dovrebbero rappresentare e consolidare la lettura integrata, a livello locale, fra gli aspetti economici, sociali e finanziari e gli aspetti di governo del territorio individuati come strategici. Dovrebbero inoltre svilupparsi ad un livello territoriale di sistema, cioè un’area che supera i confini strettamente comunali e che individua, in qualche modo e senza rigidità definitorie, ambiti funzionali ad affrontare i temi alla scala territoriale adeguata. Questi atti rappresentano lo snodo fra gli strumenti di programmazione e di pianificazione generale e gli strumenti di attuazione progettuale ed operativa a scala locale.

Questo modello logico richiede una riorganizzazione del quadro normativo che consenta di definire univocamente e senza ambiguità i comportamenti della Regione, delle Province e dei Comuni rispetto al complesso tema dei piani e programmi gerarchicamente organizzati e delle valutazioni da effettuare su di essi, anche secondo i principi espressi dalla direttiva 42/2001/CE. 1.3. Programmazione locale e regionale: lo snodo della Provincia e la programmazione negoziata La programmazione decentrata è un momento essenziale del processo di programmazione regionale. Una regione articolata e diversificata come la Toscana richiede la messa a punto di un sistema integrato su due tipi di approccio: a) top-down, inteso come stimolo della Regione al sistema delle realtà territoriali,

economiche e sociali b) bottom-up, inteso come capacità dei soggetti a scala locale di proporre azioni e

interventi in grado di contribuire al raggiungimento degli obiettivi del Prs Nell’attuale situazione due sono gli elementi caratteristici del processo di

programmazione regionale nei rapporti con il livello locale: a) il primo è l’individuazione della Provincia come snodo intermedio, sede di

coordinamento e di concertazione a scala locale, del processo; b) il secondo è l’individuazione del metodo della concertazione, a scala regionale e

locale, come metodo essenziale per l’individuazione dei progetti che contribuiscono agli obiettivi, per la composizione dei diversi interessi in campo e per lo sviluppo della cooperazione su progetti e azioni condivise.

Questi due elementi debbono essere rafforzati e devono diventare, più di quanto accade in questa fase di sperimentazione, gli assi portanti del processo di attuazione della programmazione regionale.

Un ulteriore impegno deve essere quello di riportare tendenzialmente ad unità il sistema degli strumenti di intervento nella realtà locale e il processo di costruzione degli obiettivi e delle priorità locali cercando di evidenziare gli elementi di coerenza con il sistema regionale degli obiettivi.

La programmazione negoziata è un elemento fondamentale della nuova programmazione e non in quanto generica priorità, bensì in quanto l’elemento potenzialmente più efficace per il raggiungimento dei risultati attesi in termini di sviluppo del sistema Toscana e dei sistemi locali regionali. In questo ambito la Regione intende rifarsi più all’esperienza dei patti territoriali per l’occupazione di derivazione comunitaria piuttosto che alle esperienze, non sempre positive, della programmazione negoziata di derivazione statale. L’articolazione degli strumenti potrebbe essere integrata con eventuali modifiche della L.R. 49/1999.

Oggi esistono diversi strumenti attraverso i quali la Regione interviene nella programmazione a scala locale ed esistono diversi momenti di rapporto fra Regione e sistema dei soggetti locali all’interno dei quali si sollecitano progetti e si selezionano priorità di intervento e di cooperazione.

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Le priorità individuate all’interno di un patto, legittimate da un sempre più coinvolgente e diffuso processo di concertazione in sede provinciale, potrebbero dar luogo ad elementi di premialità, da verificare tramite i criteri tipici della programmazione comunitaria (programmazione, cofinanziamento, addizionalità, partenariato) e da misurare valutando il contributi che queste scelte progettuali e di priorità danno al raggiungimento degli obiettivi del Prs.

La concertazione a scala provinciale potrebbe definire le priorità e disegnare il complesso dell’intervento a livello provinciale, mentre il sistema di valutazione regionale potrebbe definire, sulla base dei criteri ricordati e della coalizione di risorse locali e regionali, la ammissibilità al finanziamento dei diversi pacchetti provinciali: in questo modo si promuoverebbe il metodo della concertazione e si manterrebbe alta la tensione ad una concorrenza fra gli interventi provinciali fondata soprattutto sulla qualità e adeguatezza rispetto agli obiettivi del Prs. E’ possibile prevedere anche la presenza di progetti che si situano fuori del “pacchetto provinciale”, cioè proposti da soggetti che restano fuori dalle procedure concertative locali, al fine di favorire elementi di concorrenzialità sulla qualità e di evitare che lo strumento della concertazione venga visto dalle forze locali come elemento burocratico-autorizzativo e non come elemento per migliorare la capacità progettuale del territorio.

La concertazione, in linea con quanto affermato, dovrebbe sempre di più

caratterizzarsi come un processo che favorisce la cooperazione e l’interazione fra soggetti diversi su obiettivi condivisi di interesse collettivo coerenti con gli obiettivi del Prs, piuttosto che un modo per perpetuare la logica della consultazione sui documenti e gli atti di programmazione delle istituzioni pubbliche, oppure la logica della semplice attribuzione di risorse esterne al sistema locale.

Gli attuali protocolli di intesa, che tendono a rappresentare sempre di più nella nuova fase di realizzazione l’individuazione di priorità e le aree di cooperazione interistituzionale di Regione, Provincia e Comune capoluogo, potrebbero confluire in

Lo schema della programmazione regionale

Regione

Provincee circondariprogrammi locali di sviluppocome base per larealizzazione di un patto perlo sviluppo locale

Area Vastaprogrammazionedi funzionie programmisovraprovinciali

Comuni capoluogoaltri ComuniComunità montaneCamere di commercioaltri Enti pubblicifunzionali

AssociazionismoRappresentanzeOrdini professionaliSoggetti privati

PATTO

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uno strumento più organico, fondato su criteri di tipo contrattualistico, per dar luogo ad un Patto per lo sviluppo locale.

Il Patto dovrebbe fondarsi sui seguenti principi: a) non si deve “aggiungere” alle politiche settoriali ma “integrarle”; b) deve essere “additivo” rispetto alle tendenze locali e deve essere “cofinanziato” da

tutti i soggetti del patto. Per questo le risorse non devono essere riferite solo alla “spesa pubblica” tradizionale ma anche alle “risorse innovative” (tasse di scopo, project financing, etc);

c) deve puntare ad “innovare”. Pertanto non deve valere solo la “concertazione”che mira al consenso (schierarsi con i più) ma, pur puntando su elementi di condivisione e di partecipazione dei soggetti locali, deve riuscire a sollecitare i soggetti che sappiano innovare;

d) la gestione “tecnica” del Patto e quindi dei Progetti non è un elemento secondario. Per questo occorre formare “tecnici” per lo sviluppo e l’innovazione a tutti i livelli territoriali e istituzionali;

e) deve riuscire a coinvolgere oltre a soggetti interni anche soggetti esterni al sistema locale: non si fa “tutto in casa” in una sorta di autarchia localistica;

f) la logica di partecipazione al Patto è politica, mentre la partecipazione al Progetto è di tipo contrattuale (occorrono quindi forme diverse di concertazione).

Il Patto dovrebbe essere collegato ad un programma locale di sviluppo di livello provinciale da prevedere, in sintonia al Prs, come documento pluriennale, o di legislatura, e da un Dpef su base annuale (che dovrebbe rappresentare il documento di aggiornamento delle opzioni strategiche di medio periodo e la sede in cui si definiscono le priorità annuali di intervento per lo sviluppo a scala locale).

Il programma locale di sviluppo e il Patto per lo sviluppo puntano a valorizzare le aggregazioni dei comuni che esprimono, in maniera più o meno istituzionalizzata, la soggettività e le diverse caratteristiche socio economiche del territorio (Comunità montane, distretti, etc) e a sostenere il processo di riconoscimento identitario dei sistemi territoriali come fondamento per un processo di programmazione concertato e partecipato dalle comunità locali. Puntano inoltre a sostenere la creazione di relazioni sovralocali (regionali, nazionali e internazionali) delle singole aggregazioni locali come strumento per l’innovazione sui temi di rilevanza economica, sociale e territoriale.

In particolare, il programma locale di sviluppo e il Patto per lo sviluppo tengono conto e valorizzano la programmazione delle Comunità montane, che si esprime attraverso il piano pluriennale di sviluppo socioeconomico e i programmi annuali di attuazione, previsti dalla L.R. 82/2000.

Il Dpef provinciale, ancor di più di quello regionale, dovrebbe rappresentare il documento su cui confluiscono le capacità progettuali e le risorse per lo sviluppo dei principali soggetti pubblici e privati della Provincia e dovrebbe essere il riferimento privilegiato per la elaborazione della progettazione integrata (progetti integrati territoriali). E’ evidente che i patti potrebbero coprire l’intero territorio regionale e non solo le aree interessate da interventi specifici o da fondi speciali (aree depresse, fondi comunitari, eccetera).

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1.4. La programmazione a geometria territoriale variabile e le aree vaste: evitare nuove “istituzioni” La Regione promuove, per il raggiungimento degli obiettivi del Prs, l’articolazione del processo di programmazione a geometria territoriale variabile. Si tratta di sostenere strumenti e pratiche che, secondo geometrie geografiche e istituzionali non predefinite in maniera rigida e burocratica, garantiscano lo sviluppo di relazioni fra le diverse entità territoriali della regione tese al raggiungimento di economie di scala, di scopo e di varietà nel processo di programmazione e di gestione di determinate funzioni, strumenti e azioni di intervento locale.

Nel processo di programmazione a scala locale e in alcuni piani settoriali di livello regionale (vedi, per esempio, il Piano sanitario regionale) sta emergendo l’esigenza di far riferimento al concetto di area vasta per la definizione di priorità e obiettivi che superano il livello provinciale. Si tratta di un elemento che può risultare utile sia nel processo top-down (quando la Regione si trova ad articolare gli obiettivi a scala locale) sia nel processo bottom-up (quando i livelli territoriali propongono azioni e obiettivi di interesse locale).

Le aree vaste non sono da considerare come aree sistema da “riconoscere” (anche se in qualche caso è possibile individuare alcuni legami forti di tipo economico, sociale o territoriale) ma piuttosto come aree programma da “costruire”. In questa ottica deve essere considerata come superabile la debolezza di alcuni legami attuali, in particolare nella cosiddetta area meridionale (che potrebbe essere chiamata l’area “verde” per la grossa quota di superficie a foreste che la contraddistingue), che sono il frutto di un sistema di interdipendenze non rilevante e di un progetto di costruzione ancora in fase di riflessione da parte delle diverse componenti dell’area vasta. L’approccio alle aree vaste, che si basa su elementi oggettivi come le interdipendenze economiche, sociali e territoriali e su elementi soggettivi come la volontà delle istituzioni e delle forze locali di cooperazione a scala ampia, non deve comunque puntare a soluzioni necessariamente simmetriche nelle tre realtà della regione. A diversi livelli e tipologie di sviluppo possono corrispondere ambiti territoriali disomogenei sia dal punto di vista della dimensione territoriale e demografica sia dal punto di vista della complessità del modello cooperativo.

Il sistema di aree vaste della Toscana non deve dar luogo, almeno in questa fase, ad alcun processo di istituzionalizzazione ma deve semmai essere uno strumento, relativamente flessibile e rimodulabile, per sostenere l’azione di programmazione sia a livello regionale che a livello locale con particolare riferimento alle tematiche connesse alla definizione e alla localizzazione di servizi rari.

Il ruolo riconosciuto nel recente Piano sanitario regionale può essere una occasione di rafforzamento di alcuni legami, anche politico-istituzionali, ancora deboli fra le aree e può rappresentare un esempio significativo di utilizzo a fini di programmazione dello strumento dell’area vasta.

In questo quadro risulta di particolare interesse la recente intesa di area vasta costiera che ha interessato le Province della costa nord occidentale della Toscana (Ms, Pi, Lu, Li). Si tratta di una esperienza in corso che ha cercato di selezionare obiettivi e strumenti di intervento su temi ben definiti e rilevanti a livello di area vasta e che non vuol sostituire il normale livello di programmazione locale nell’ambito dei singoli territori provinciali.

A livello di prima approssimazione è stato possibile individuare le seguenti aree di intervento che possono trovare nel nuovo livello di programmazione un forte elemento di qualificazione e di cooperazione interistituzionale:

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a) l’area dei servizi “rari” nel campo della sanità (vedi il nuovo Piano sanitario regionale);

b) l’area dei servizi “rari” di rilevanza pubblica o mista (pubblico-privata) nell’area economica (poli espositivi, centri servizi, ricerca e sviluppo, etc);

c) l’area dei servizi “rari” nel campo della cultura, della istruzione e della formazione;

d) l’area delle infrastrutture e delle opere pubbliche di carattere regionale o sovraprovinciale;

e) l’area delle politiche di cooperazione fra territori all’interno della comunità europea e nel contesto dei paesi mediterranei.

1.5. Il sistema di monitoraggio e di valutazione come supporto alla verifica di efficienza dei processi e di efficacia degli interventi Un buon sistema di programmazione necessita, per raggiungere obiettivi sempre più complessi in termini di integrazione degli strumenti e dei soggetti coinvolti, di un adeguato sistema di monitoraggio e di valutazione che sia in grado di favorire una partecipazione informata al processo decisionale. E’ sempre più difficile interagire fra soggetti - che spesso peraltro condividono interessi e culture politiche e gestionali diverse - per convergere su obiettivi comuni, se questo processo non si accompagna ad una informazione diffusa e condivisa e ad una verifica continua dell’andamento degli interventi in atto e ad una valutazione degli effetti realizzati.

E’ possibile adottare un modello di governance cooperativa solo se le informazioni e la conoscenza del sistema in cui si opera sono disponibili e trasparenti per tutti i soggetti coinvolti e se è possibile fondare il processo decisionale (e la continua, necessaria, revisione) sulla verifica di “ciò che realmente si sta producendo nel sistema in seguito agli interventi realizzati ed in corso di realizzazione”.

E’ ovvio che il grado di analisi sugli effetti prodotti sarà diversificato sia in considerazione della natura degli effetti - è più difficile misurare le variabili qualitative che quelle quantitative -, sia in considerazione della durata e della scala degli interventi sia, infine, del tempo trascorso dalla realizzazione - spesso un effetto richiede tempo per rendersi visibile. Ma queste difficoltà non possono essere un ostacolo, o tantomeno una sottovalutazione, alla buona pratica di fondare il processo decisionale su basi informative ampie, diffuse e condivise.

La Regione è impegnata per questo a realizzare un sistema informativo regionale (Sir) che sia in grado di raggiungere i seguenti obiettivi: a) rendere coerenti dal punto di vista metodologico e classificatorio tutti i sistemi

informativi settoriali attualmente presenti all’interno della Regione, ed in prospettiva, all’interno della pubblica amministrazione regionale;

b) sulla base della coerenza metodologica e classificatoria, sviluppare la possibilità di interazione fra le diverse fonti informative;

c) consentire, attraverso una moderna ed efficace strumentazione tecnologica e adeguati programmi di accesso, di rendere disponibile l’informazione in maniera diffusa sia dentro la macchina regionale sia, anche se a livelli diversi, nel contesto più ampio dei soggetti pubblici e privati del sistema regionale.

Un processo partecipato ed efficace richiede quindi un sistema di monitoraggio e di valutazione in grado di interagire con i momenti della decisione.

Diversi sono gli strumenti di supporto al modello della programmazione regionale: a) il rapporto di gestione, che è teso ad evidenziare, con riferimento all’attività interna

all’ente e alle risultanze di breve periodo, i principali indicatori e i principali eventi di natura gestionale. In questo caso si tratta di ampliare lo strumento di verifica sia

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in termini istituzionali - dall’interno della Regione agli enti che fanno parte del gruppo regionale e della pubblica amministrazione regionale - sia in termini di natura degli eventi: per esempio dall’analisi dei flussi finanziari o degli atti realizzati all’analisi dei soggetti coinvolti in una azione, delle azioni realizzate e così via;

b) il rapporto strategico, che cerca di sviluppare, sempre nell’ambito delle metodologie di monitoraggio di breve periodo, una attenzione più focalizzata sugli aspetti strategici dell’azione regionale, con una considerazione ampliata degli esiti degli interventi all’esterno dell’Ente Regione (non solo nell’area pubblica) e agli aspetti non esclusivamente di natura gestionale. Questo strumento deve ricevere una sempre maggiore attenzione e deve cominciare a produrre risultati operativi a partire dal periodo di realizzazione di questo Prs;

c) le ricerche valutative, tese a verificare, in termini di lungo periodo, l’efficacia degli interventi in relazione agli obiettivi posti dalla programmazione regionale. In questo caso l’analisi scende in maggiore profondità e punta a verificare il grado di rispondenza delle politiche e degli strumenti attivati rispetto alla natura e alla scala degli obiettivi prefissati. Data la lunghezza e il costo di questo tipo di metodologia, l’applicazione di questo metodo di controllo verrà indirizzato, in una attività che vede la collaborazione metodologica fra Uffici della Giunta regionale, del Consiglio regionale e dell’Irpet, soltanto ad alcune, selezionate, politiche regionali;

d) il Programma statistico regionale, volto a produrre, attraverso rilevazioni ed elaborazioni statistiche di interesse regionale, informazioni statistiche ufficiali che forniscano alla Regione e agli altri soggetti della pubblica amministrazione regionale un adeguato supporto conoscitivo al processo di programmazione, monitoraggio e valutazione degli interventi definiti dal Prs e consentano, inoltre, un controllo diffuso degli effetti delle politiche e dell’attività delle amministrazioni. Particolarmente rilevante appare la prospettiva, da perseguire anche attraverso convenzioni fra i soggetti interessati, di un Programma statistico che faccia riferimento alle esigenze informative e alle attività statistiche non solo della Regione Toscana, ma degli enti e degli uffici del Sistema statistico nazionale sul territorio regionale.

A supporto di questo approccio informativo e di controllo dell’attività regionale, il Prs propone per la messa a punto di un’attività di monitoraggio del Programma due gruppi di indicatori (vedi Appendice): a) il primo gruppo consiste in una serie di selezionati indicatori significativi, relativi

al singolo programma integrato, tesi a rappresentare gli esiti realizzati nel breve periodo in seguito alle azioni e agli strumenti attivati (per esempio il numero di allievi formati, dei corsi realizzati, etc.);

b) il secondo gruppo si riferisce invece ad un serie di selezionati indicatori significativi, relativi all’area degli obiettivi strategici posti dal Programma, che dovrebbe far emergere la dinamica temporale del sistema regionale nella sua evoluzione sociale, territoriale ed economica (per esempio il tasso di disoccupazione, la qualità dell’ambiente, etc.).

L’aggiornamento di questa duplice serie di indicatori dovrebbe rappresentare un elemento rilevante del rapporto strategico annuale della Regione e un’indicazione di priorità per lo sviluppo del Programma statistico regionale.

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1.6. Revisione degli strumenti di incentivazione: intervenire flessibilmente secondo gli obiettivi, evitare di incentivare le attività “spontanee” e privilegiare gli interventi sul sistema Le filosofie di approccio e gli strumenti dell’intervento pubblico nell’economia e nella società sono frutto di una serie di “sedimentazioni” storiche che si sono accumulate nel corso degli anni e che rappresentano, allo stato attuale, il patrimonio di esperienza di una istituzione. Sono il modo di essere dell’istituzione nei rapporto con la società e con le altre istituzioni “esterne”.

Anche se teoricamente gli obiettivi, le filosofie di approccio e gli strumenti sono sottoposti a revisione ad ogni legislatura (e potenzialmente anche più volte nel corso di una legislatura) esiste una certa tendenza alla conservazione che è tipica delle organizzazioni.

Occorre essere coscienti di questa tendenza e, senza voler forzare oltremisura i processi, cercare di introdurre gradualmente una modalità di cambiamento che renda gli strumenti meno “autonomi” e più “dipendenti” dagli obiettivi del governo e dalle relative filosofie di approccio.

La flessibilità degli strumenti (fra cui va annoverata anche la macchina regionale come modello e prassi organizzativa) è una condizione necessaria, anche se non sufficiente, per la riuscita di un programma di governo.

E’ un tema che dovrà essere approfondito attraverso un’analisi attenta delle procedure e degli strumenti esistenti e che necessita, per essere trattato, del contributo di esperienze e competenze esterne alla cultura dell’organizzazione. La Regione è orientata a tale scopo ad avvalersi di consulenze esterne per l’analisi del sistema e per la proposizione di indirizzi per la revisione degli strumenti di intervento e dell’organizzazione della macchina amministrativa.

In questa sede, per quanto riguarda la revisione delle modalità di intervento regionale, è possibile ricordare i seguenti indirizzi: a) il primo è quello dell’integrazione. Gli strumenti devono puntare al massimo di

integrazione delle politiche, dei settori di intervento, delle istituzioni coinvolte e delle fonti di finanziamento. In questo modo è possibile superare i difetti della parzialità e della settorialità ed è possibile coinvolgere nell’innovazione un largo spettro di soggetti e di risorse locali ed esterne;

b) il secondo è quello dell’effetto moltiplicativo. Ogni intervento ha un effetto diretto, uno indiretto (a questo legato) ed uno indotto (legato da una serie di passaggi non immediati). Occorre privilegiare quegli interventi che, a parità di costo, hanno un effetto moltiplicativo superiore. Per esempio nella sanità investire in prevenzione in un’area a più alto risultato complessivo atteso, in economia privilegiare gli interventi di sistema rispetto a progetti singoli, nelle infrastrutture privilegiare il project financing o la cooperazione con altre istituzioni rispetto all’intervento isolato, etc;

c) il terzo è quello dell’additività. Occorre cioè intervenire per produrre nel sistema un effetto in più, non previsto nel trend naturale o normale del processo in atto. L’intervento pubblico deve puntare a sostenere azioni, comportamenti e atti che sarebbero realizzati con difficoltà in mancanza dell’intervento stesso (per disinteresse, eccesso di rischio, non abitudine, difficoltà oggettiva, etc). Per esempio, in economia, occorre premiare gli investimenti più innovativi, i comportamenti virtuosi e le iniziative a maggiore valore aggiunto e a maggiore diffusione sull’intero territorio regionale. Nelle Pmi il processo di innovazione, che rimane difficile e rischioso, deve essere supportato con strumenti mirati e con interventi adeguati ad incontrare le esigenze, organizzative e culturali, di questa

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specifica tipologia di impresa. Questa ricerca di “punti critici” su cui intervenire non deve portare ad un comportamento standard da parte della Regione (un solo strumento ed un solo tipo di intervento per tutti ed ovunque) ma deve sviluppare una capacità della istituzione di rapportarsi in maniera diversificata e flessibile nei confronti delle diverse aree economiche, sociali e territoriali della regione;

d) il quarto è quello dell’efficacia. Un intervento viene ipotizzato efficace ex ante sulla base di analisi accurate e delle possibili risposte del sistema ma deve poi essere verificato come efficace ex post sulla base di analisi valutative da realizzare sui singoli strumenti di intervento utilizzati. Si tratta di una valutazione difficile (deve passare un certo lasso di tempo per dare segnali significativi) e costosa (richiede un tipo di ricerca non banale o superficiale). La Giunta regionale sta portando avanti, d’intesa con il Consiglio regionale e con l’Irpet per la parte tecnica, un sistema di valutazione di efficacia in grado di mettere sotto controllo singoli strumenti e politiche regionali che rappresentano una parte del complesso dell’attività ma che possono essere utili a dare elementi di riflessioni sia per l’attività di controllo (CR) che per quella di rimodulazione degli strumenti e delle politiche (GR);

e) l’ultimo è quello della semplificazione e della valutazione dell’effetto della norma sulla vita dei cittadini e delle imprese e sul funzionamento della macchina amministrativa. Si tratta di due obiettivi centrali nell’azione della Regione (strumenti semplificati e con basso impatto burocratico nella vita della comunità locale) che ha predisposto a tal scopo uno dei progetti speciali (Una Toscana più efficiente e meno burocratica) e che ha costituito un nucleo di valutazione chiamato ad analizzare l’effetto del peso burocratico sulla società di ogni legge e atto rilevante del governo regionale.

2. La macchina regionale e la pubblica amministrazione regionale al servizio degli obiettivi strategici Nel momento in cui il nuovo Prs ridefinisce le strategie ed i grandi obiettivi della programmazione regionale, è necessario assumere fino in fondo la consapevolezza che il loro raggiungimento è strettamente correlato al buon funzionamento della pubblica amministrazione regionale nel suo complesso.

I processi di unificazione europea e di ridefinizione dell'assetto delle competenze all'interno degli Stati nazionali accentuano infatti una nuova competizione fra regioni, città, aree sistema ed è ormai chiaro che le condizioni del successo dei sistemi locali sono determinate da una serie di fattori costituiti dalle risorse presenti nel territorio (naturali, culturali, di aziende, di capitali, etc), dalle infrastrutture (trasporti, viabilità, traffico, ricettività, etc), dalla qualità e dall'economicità dei servizi di pubblica utilità (acqua, luce, gas, comunicazione, etc), dalla qualità del welfare, dalla vivibilità dell'ambiente, dalle condizioni di accesso al credito, etc.

Si tratta di ambiti che il nuovo quadro normativo attribuisce in gran parte o alla competenza legislativa esclusiva della Regione o alla competenza legislativa concorrente fra Regione e Stato. Si tratta di ambiti nei quali l'applicazione del principio della sussidiarietà istituzionale fa si che le condizioni del successo dipendano in larga misura anche dalle buone performance del sistema degli enti locali. In questo scenario il nuovo Prs deve perciò porsi l'obiettivo di un profondo ripensamento dell'intero sistema della pubblica amministrazione, a cominciare dal necessario cambiamento organizzativo, tecnologico e culturale della macchina regionale. E' infatti del tutto evidente che gli scenari del nuovo Programma regionale di sviluppo pongono un

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problema rilevantissimo di riposizionamento strategico della Regione nel contesto istituzionale, economico e sociale del proprio territorio. Essa infatti non è e non potrà più essere un ente che eroga direttamente prestazioni e servizi.

Al contrario la Regione sarà chiamata (in Toscana ciò è già stato fatto in modo significativo, anche se non ancora completo) a trasferire funzioni agli enti locali, ovvero, nei casi in cui sia necessario l’esercizio unitario a livello regionale, ad assicurarne la gestione da parte di enti ed aziende dotate di compiti e caratteristiche operative. Il ruolo della Regione si caratterizzerà perciò sempre di più come quello di una istituzione capogruppo, capace di governare secondo una logica unitaria gli enti e le agenzie controllate direttamente (le aziende sanitarie ed ospedaliere, le agenzie strumentali), o quelle in cui esiste una signific ativa partecipazione (per esempio le aziende partecipate). In questo modo sarà più agevole e più efficace l’interazione e la cooperazione, nella piena autonomia dei ruoli e degli interessi ma in un contesto di condivisione di obiettivi, con l’ampio e variegato mondo delle istituzioni pubbliche locali e del privato che va dalle imprese non profit e del volontariato fino ai soggetti dell’economia di mercato.

In questo ambito un elemento di particolare rilievo può essere quello del rapporto fra la Regione e le Fondazioni bancarie per il rafforzamento, nel rispetto della più ampia autonomia dei soggetti, di pratiche di cooperazione e coprogettualità nei settori e nelle tematiche di interesse comune per lo sviluppo locale.

Il riposizionamento strategico della Regione richiede un salto di qualità della macchina regionale sia in termini di cultura e professionalità sia in termini di autorevolezza politico istituzionale sia, infine, in termini di capacità di innovazione e di sperimentazione di best pratice.

Richiede inoltre, specialmente con riferimento alla componente del gruppo regionale che può essere considerata a qualche titolo “dipendente” dalla Regione (le aziende, le agenzie, gli enti strumentali, le partecipate), una continua revisione della

Apertura

Coerenza

Efficacia

Partecipazione

Responsabilità

Le istituzioni devono operare in modo più aperto e trasparente, con unlinguaggio chiaro e comprensibile, per accrescere la fiducia dei cittadini

Le istituzioni devono assicurare la partecipazione dei soggetti pubblici eprivati, lungo tutto il percorso che va dall’elaborazione all’attuazionedelle politiche, per assicurare una loro maggiore qualità ed efficacia

Tutti i soggetti che partecipano ai processi legislativi ed esecutivi devonoavere ruoli e responsabilità definiti con chiarezza

Le politiche pubbliche devono essere efficaci e tempestive, definendogli obiettivi sulla base dell’analisi e del feedback dei cicli precedenti,individuando risultati attesi e valutando gli esiti dell’intervento

Le politiche pubbliche devono essere coerenti all’interno di un sistemacomplesso, che va dal livello comunitario a quello locale

I PRINCIPI DELLA BUONA GOVERNANCE(Libro bianco Commissione U.E.)

L’applicazione di questi cinque punti va a sostegno dei principi di:

Proporzionalitàe sussidiarietà

Quando si avvia una iniziativa è fondamentale verificare se un’azionepubblica è necessaria, se il livello di intervento è quello più opportunoe se le misure proposte sono proporzionate agli interventi

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struttura degli enti e delle imprese tesa a verificare la missione assegnata, lo stato dell’efficienza dei processi e dell’efficacia dei risultati, la natura delle relazioni realizzate e realizzabili al fine di evitare sprechi di risorse e sovrapposizioni di compiti. Questo anche al fine di sfruttare, in una logica sempre più forte di gruppo, le possibili sinergie operative che possono scaturire dalla interazione informativa, funzionale e professionale fra le diverse realtà “esterne” di cui si compone l’attuale gruppo pubblico regionale. 2.1. La macchina regionale: più flessibilità ed intersettorialità dell’organizzazione rispetto agli indirizzi di governo, nuove competenze critiche e maggior controllo sui risultati Con l'applicazione della legislazione regionale attuativa del decentramento amministrativo disciplinato dalle cosiddette "leggi Bassanini", si è conclusa una fase della vita dell'organizzazione amministrativa della Regione. Adesso se ne apre un'altra, completamente diversa, caratterizzata da un impianto di stampo federalistico, da un federalismo che in Toscana si vuol qualificare con tre aggettivi: cooperativo (nel rapporto con lo Stato e le autonomie locali), europeista (nel rapporto con l'Unione Europea e le Regioni d'Europa) e solidale (nel rapporto con le Regioni italiane in ritardo di sviluppo).

Il Prs ridefinisce inoltre i caratteri fondanti delle strategie e delle politiche pubbliche regionali, identificando nella intersettorialità, nella trasversalità e nell'integrazione delle azioni e dei progetti uno dei più rilevanti fili conduttori del processo di innovazione che caratterizza il nuovo atto di programmazione. Deriva da ciò, e dal conseguente riposizionamento strategico della Regione, la necessità di procedere rapidamente ad un profondo ripensamento organizzativo della macchina regionale. Essa ha prodotto finora buone prestazioni, soprattutto se paragonate a quelle medie della pubblica amministrazione nazionale.

L'attuale modello organizzativo è tuttavia basato su un assetto istituzionale fondato su una concezione della Regione come ente titolare di funzioni decentrate dallo Stato, con la conseguenza che, malgrado l'originalità delle scelte organizzative della Toscana nel panorama nazionale, si sono dimostrati insufficienti gli elementi di intersettoria lità e trasversalità nel modo di operare delle strutture regionali e, soprattutto, non si è lavorato a sufficienza nella logica di governance sopra descritta. Si registra ancora la presenza di strutture troppo frammentate e rigide, la carenza di ruoli e competenze critiche, accompagnata da forti problemi di integrazione e da un debole controllo sui risultati. Si è posta perciò l'esigenza di una profonda revisione del modello organizzativo dell'ente per rendere la macchina amministrativa coerente rispetto agli indirizzi dell'organo di direzione politica ed ai nuovi scenari.

Il nuovo Prs deve definire il codice genetico della nuova organizzazione regionale: una macchina in grado di programmare le politiche pubbliche, di produrre, sulla base del nuovo assetto costituzionale delle competenze, la regolazione dei processi (ispirata ai principi della semplificazione e della sburocratizzazione), di valutare l'impatto della regolazione sugli enti locali, sui cittadini, sulle imprese, sulle articolazioni sociali, etc. Una macchina capace di valutare gli effetti delle politiche pubbliche in termini di efficacia, di supportare il sistema degli enti locali nell'esercizio delle funzioni amministrative loro conferite ed in grado di esercitare i poteri sostitutivi qualora necessario. Una macchina, infine, capace di lavorare in modo diverso superando le barriere verticali (per assessori, per materie, per strategie, etc) e di valorizzare invece i modelli organizzativi, gli strumenti e le metodologie di lavoro fondati sulla intersettorialità e la trasversalità.

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Quello che appare necessario è insomma un grande sforzo di innovazione culturale ed organizzativa, per un graduale passaggio da una organizzazione burocratica, fondata su strutture, ruoli, gerarchie e regole, ad un'organizzazione di tipo professionale, fondata su team multiprofessionali e interfunzionali, sul decentramento decisionale, sulla responsabilizzazione per processi e risultati, sulla logica di rete, su un forte controllo dei risultati. Ciò presuppone un graduale passaggio da figure professionali caratterizzate dai tratti tipici del funzionario pubblico classico (esecutore specializzato e garante dell'applicazione del quadro delle regole, con scarsa autonomia decisionale e di gestione) a figure di veri e propri professionisti del pubblico impiego, caratterizzati da alta specializzazione e correlata autonomia professionale, capacità progettuale e propositiva, propensione al rischio e all'assunzione di responsabilità, forte orientamento agli obiettivi, tensione innovativa e creativa, capacità di gestire un quadro articolato di relazioni. 2.2. Motivazioni, incentivazioni e carriere nella macchina regionale Sul piano culturale è indispensabile assumere la piena consapevolezza dell'importanza strategica delle risorse umane. Il processo di riprogettazione organizzativa deve essere perciò accompagnato da un parallelo percorso di valorizzazione dei lavoratori della Regione, con i connessi processi di formazione, di definizione di coerenti sistemi premiali (tesi a premiare il raggiungimento dei risultati e lo sviluppo di comportamenti cooperativi), di definizione di percorsi di carriera, etc.

La sensibilità e l'attenzione che il governo regionale ha finora dedicato al tema della valorizzazione delle proprie risorse umane appare complessivamente positiva, anche se i nuovi scenari rendono necessario un deciso salto di qualità con una serie di azioni in grado di far percepire concretamente ai lavoratori l'importanza ed il rilievo che si intende attribuire alla loro valorizzazione. Azioni che dovranno necessariamente investire gli aspetti economici del rapporto di lavoro, quelli connessi con le prospettive di carriera all'interno dell'ente (chi produce buone prestazioni deve poter contare sul tali prospettive), quelli legati all'organizzazione del lavoro che, senza rimettere in discussione la gerarchia delle responsabilità, favorisca la diffusione di prassi e stili dirigenziali in grado di coinvolgere e motivare i lavoratori, quella, infine, connessa con i processi di accompagnamento formativo necessari per sostenere il percorso della riorganizzazione dell'ente, dei nuovi stili intersettoriali di lavoro, dei processi motivazionali, etc.

E' abbastanza plausibile che tale percorso determini la diffusione di un più solido senso di "appartenenza" dei lavoratori al proprio ente. Che non significa necessariamente adesione "politica", ma il sentirsi parte di un percorso di cui il dipendente è, ai vari livelli di responsabilità, reso consapevole protagonista e valorizzato, nei limiti massim i consentiti dall'ordinamento e dal quadro delle compatibilità generali, sotto il profilo economico, professionale, delle prospettive di carriera, etc.

2.3. Più efficienza ed integrazione nel sistema della PA allargata Il disegno istituzionale della Regione ha fra i suoi presupposti fondamentali quello della sussidiarietà istituzionale, principio recentemente costituzionalizzato ed applicato in Toscana in largo anticipo attraverso un massiccio processo di conferimento di funzioni amministrative agli enti locali.

Il federalismo cooperativo nei confronti del sistema delle autonomie è stato inoltre praticato con coerenza attivando prassi e strumenti (dalla pratica della concertazione

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con le rappresentanze regionali dei Comuni, delle Province e delle Comunità montane alla istituzione del Consiglio regionale delle autonomie in largo anticipo rispetto alla recente riforma costituzionale) finalizzati a garantire la partecipazione degli enti locali al processo decisionale riguardante atti di loro interesse istituzionale di competenza della Giunta e del Consiglio regionale.

I meccanismi della programmazione regionale, infine, conferiscono un ruolo di forte protagonismo ai territori ed ai relativi livelli istituzionali. Tutto il quadro di riferimento sopra delineato porta ad una sola ed inequivoca conclusione: che attiene alla necessità di operare perché in Toscana migliori il livello di efficienza dell'intero sistema della pubblica amministrazione e si sviluppino i processi di integrazione fra i vari livelli delle strutture amministrative. In questa direzione il nuovo Prs deve sviluppare ed implementare le linee di lavoro contenute negli attuali atti di programmazione (ed in particolare nel progetto speciale "Una Toscana più efficiente e meno burocratica”). 2.4. Più e-government, nel quadro di uno sviluppo territoriale della società dell’informazione Lo sviluppo della società regionale dell’informazione e della conoscenza e l’attuazione dei piani di e-government investono nel suo complesso la pubblica amministrazione, nel suo rinnovato ruolo, nella strumentazione, nell’assetto organizzativo ed operativo.

Questi processi si attuano in un contesto già caratterizzato da profondi interventi di riforma, sia sul piano delle architetture istituzionali, sia su quello delle procedure, della semplificazione e della riorganizzazione. Ed è proprio sulla qualità di tali processi di decentramento dello Stato che si fonda anche gran parte degli interventi per la riallocazione di funzioni, la strutturazione e la integrazione dei sistemi informativi, nell’ottica di nuovi servizi ai cittadini e alle imprese.

In un quadro di riferimento positivo a livello nazionale ed europeo, la Regione Toscana, sviluppando le intese già definite nella passata legislatura, intende conseguire i vantaggi di scala coordinando la propria iniziativa con quella delle altre Regioni sul piano dello sviluppo della società dell’informazione e della conoscenza, anche con riferimento a rapporti di partenariato a livello europeo.

Le azioni di intervento a sostegno dell’affermarsi della società regionale dell’informazione possono essere individuate, programmate ed attuate per il raggiungimento dei seguenti macro obiettivi: 1) Potenziare e qualificare le infrastrutture per il trasporto delle informazioni;

migliorare le condizioni generali d’accesso e qualificare i servizi telematici. 2) Realizzare le condizioni per fare delle diverse pubbliche amministrazioni un

sistema a rete finalizzato al miglioramento dell’efficienza interna e alla semplificazione dei rapporti con i cittadini e le imprese (e-government).

3) Garantire e favorire la partecipazione dei cittadini, delle imprese, delle associazioni di categorie, delle libere professioni alla costruzione della società dell’informazione nella regione Toscana.

Il potenziamento e la qualificazione delle infrastrutture per il trasporto delle informazioni costituisce l’elemento strategico per lo sviluppo della società dell’informazione e per “fare sistema in rete”, in modo da garantire a tutta l’utenza, sia essa rappresentata dalle imprese, dalla pubblica amministrazione, dai cittadini, pari condizioni di accesso, di costo e di qualità ai servizi di rete. In tale contesto, rappresentano un preciso impegno le azioni di sostegno per assicurare la connettività anche nelle zone attualmente più marginali, negoziando a livello regionale i necessari

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investimenti e in ciò tenendo conto degli allargamenti di mercato indotti dall’azione regionale.

Occorre inoltre intervenire con adeguate politiche al fine di evitare che l’affermarsi della società dell’informazione rappresenti un ulteriore elemento di emarginazione di quei soggetti che non sanno o non possono utilizzare in maniera finalizzata ai loro bisogni e necessità gli strumenti messi a disposizione dalla rete e che costituiscono elementi indispensabili per l’accesso alle conoscenze, per la comunicazione su scala mondiale, per la partecipazione al formarsi delle decisioni, per competere nel nuovo mercato.

Il sistema della pubblica amministrazione toscana è in grado, sostenuto da appositi e finalizzati interventi finanziari, di accompagnare e sostenere lo sviluppo dei territori ed essere esso stesso fattore di competitività cogliendo pienamente le sfide delle riforme istituzionali, continuando nella innovazione delle forme di governo, individuando elementi di semplificazione e sburocratizzazione riducendo così i tempi ed i costi indotti per le imprese. Più efficienza, certezza degli interlocutori, procedure chiare e rapide, momenti organizzativi unici in cui sia garantito il principio della competenza e della conoscenza, sono solo alcuni degli obiettivi tesi a ridurre i vincoli e ad aumentare la competitività indispensabile a cogliere le nuove opportunità di sviluppo.

Uno sviluppo equilibrato della società dell’informazione richiede inoltre una particolare attenzione alla necessità di avvicinare la pubblica amministrazione, il governo della cosa pubblica, non solo alle imprese ed ai soggetti forti della società ma anche al cittadino che rappresenta il suo principale azionista. Tale vicinanza si deve maggiormente far sentire nei momenti e nelle situazioni di bisogno o disagio: nel momento della ricerca di servizi sanitari o sociali, nei momenti di ricerca di una occupazione o di una nuova professionalità, in occasione di difficoltà finanziarie, in momenti successivi ad aver subito dei danni dall’azione della microcriminalità, etc.

Il piano di azione regionale denominato e-Toscana, definito nell’ambito di una stretta collaborazione fra Comuni, Province, Comunità montane e Regione (in una logica di sistema aperto che interagisce, fra gli altri, con il mondo dell’Università, delle Camere di Commercio, etc), rappresenta sia la capacità progettuale della pubblica amministrazione toscana, che la risposta della Toscana al piano nazionale e-government e al piano e-europe. Tale piano di azione rappresenta quindi un adeguato livello di progettazione di interventi che intendono raggiungere gli obiettivi di miglioramento e diffusione delle infrastrutture telematiche della Toscana ricercando e definendo un corretto rapporto di collaborazione con gli operatori privati e mantenendo una stretta collaborazione con le altre Regioni e con gli organi centrali.

Il Piano e-Toscana definisce gli interventi idonei alla realizzazione di un sistema regionale per la comunicazione e la cooperazione fra i diversi soggetti della pubblica amministrazione ed aperto alla interazione con le altre componenti organizzative della società. Tale sistema di comunicazione e cooperazione costituisce inoltre il contesto nell’ambito del quale vengono realizzati tutti quegli interventi per la semplificazione e la sburocratizzazione dei procedimenti amministrativi e delle modalità di accesso da parte dei cittadini ai servizi della pubblica amministrazione.

L’azione della Regione nel settore dello sviluppo della società dell’informazione e della conoscenza incassa i vantaggi derivanti dal disporre ad oggi della rete telematica regionale toscana, quale contesto organizzativo di confronto fra i diversi soggetti della pubblica amministrazione toscana e ambiente tecnologico a supporto delle esigenze di innovazione.

La programmazione regionale nel settore dello sviluppo della società dell’informazione e della conoscenza è finalizzata alla individuazione delle adeguate risorse finanziarie:

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• per investimenti da parte della Regione e con il concorso degli enti locali per l’attuazione del piano regionale e-Toscana;

• per investimenti a sostegno dell’inserimento in rete delle associazioni di categoria e dei rappresentanti del mondo delle professioni attraverso forme di cofinanziamento delle iniziative ed utilizzo dei fondi strutturali europei;

• per investimenti a sostegno dell’utilizzo della rete e dei servizi su di essa da parte delle famiglie e dei cittadini, individuando e definendo forme che prevedano la compartecipazione delle imprese di settore anche nella distribuzione di carte digitali per i servizi (Carta dei Servizi) a garanzia delle sicurezza e della confidenzialità delle informazioni scambiate.

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REGIONE TOSCANA

Programma regionale di sviluppo 2003-2005

Appendice

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Lo schema dei programmi integrati e delle azioni del Prs

Obiettivi del Prs

L'innovazione nella sanità

L'innovazione nelwelfare

L'innovazione nella culturae nello sport

La sicurezza

Diritti di cittadinanza, coesionesociale e qualità della vita

L'innovazione nell'istruzione,nella formazione e nel lavoro

Competenze eoccupabilità

L'innovazione nell'economia L'innovazione nel sistemaregionale di mobilità

Competitività deiterritori e imprese

L'innovazione nel governodel territorio

Un nuovo nuovo approccioalle politiche ambientali

Governo delle risorse edel territorio e tutela

della sostenibilità dello sviluppo

Il ruolo del credito edelle risorse finanziarie

La sostenibilità comevincolo strategico

Gli strumenti per il governoe la programmazione

L'innovazione istituzionale

E-Government, innovazioneistituzionale e amministrativa

modello di Governance

PRS 2003 - 2005

Programmi Integrati

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APPENDICE

Indice degliINDICATORI PER ILPROGRAMMA REGIONALE DI SVILUPPO 2003-2005

È stato evidenziato da varie strutture (sanità, ambiente) che le fonti regionali gestite dai Dipartimenti, per la ricchezza delleinformazioni e il maggior dettaglio, riescono a descrivere meglio i fenomeni del settore, rispetto alle fonti nazionali; le fontiregionali però non consentono quasi mai un confronto con le altre Regioni ed è stato quindi indispensabile ricorrere al dato ISTAT.Lo sviluppo delle informazioni necessarie alla costruzione e all’aggiornamento degli indicatori di monitoraggio costituisce una lineadi priorità per il Programma Statistico Regionale.

DIRITTI DI CITTADINANZA, COESIONE SOCIALE E QUALITÀ DELLA VITA

Sanità

Tabella 1POPOLAZIONE PER CONDIZIONI DI SALUTE PERCEPITA, NUMERO DI MALATTIE CRONICHE, SESSO E REGIONEAnno 1999 (Quozienti per 100 persone)

Tabella 2INDICATORI SINTETICI: NUMERO MEDIO DI FIGLI PER DONNA, SPERANZA DI VITA ALLA NASCITA, TASSO DINUZIALITÀ TOTALE

Tabella 3INDICATORI DEMOGRAFICI: TASSI GENERICI PER 1.000 ABITANTI

Tabella 4MORTI A MENO DI UN ANNO DI VITA PER SESSO E REGIONE DI RESIDENZA. 1997

Tabella 5FUMATORI DI 15 ANNI E PIÙ PER SESSO, CLASSE DI ETÀ E REGIONEAnno 1998 (Quozienti per 100 persone)

Tabella 6FUMATORI DI 15 ANNI E PIÙ PER SESSO, CLASSE DI ETÀ E REGIONEAnno 1999 (Quozienti per 100 persone)

Tabella 7INDICATORI DI STRUTTURA DELLA POPOLAZIONE E INDICI DI VECCHIAIA E DIPENDENZA STRUTTURALE AL 31DICEMBRE

Tabella 8POSTI LETTO IN REGIME DI DAY-HOSPITAL PER REGIONE - ANNO 1998

Tabella 9INDICATORI SULLA FARMACEUTICA CONVENZIONATA PER USL TOSCANE E ITALIA. ANNO 2001

Tabella 10COMPOSIZIONE DELL'ATTIVITÀ PER REGIONE E PER REGIME DI RICOVERO

Tabella 11INDICATORI DI EFFICIENZA PER REGIONE

Tabella 12TASSI DI OSPEDALIZZAZIONE PER I RICOVERI ENTRO REGIONE E FUORI REGIONE (x 1.000 ABITANTI)

Tabella 13PERSONE MOLTO SODDISFATTE DEI SERVIZI OSPEDALIERI PER SESSO E REGIONEAnno 1999 (Quozienti per 100 persone)

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Welfare

Tabella 14COEFFICIENTE DI VARIAZIONE (TRA PROVINCE) DEL TASSO DI DISOCCUPAZIONE

Tabella 15I QUINTILE DELLA SPESA MEDIA MENSILE FAMILIAREEuro correnti

Tabella 16TASSO DI POVERTÀ RELATIVA% famiglie sotto linea di povertà relativa (1999)

Tabella 17DISTRIBUZIONE DELLE FAMIGLIE SECONDO LA VALUTAZIONE DELLE RISORSEECONOMICHE POSSEDUTE 1998

Tabella 18DATI UTENTI DELLE VARIE REGIONI RICAVATI DA "RELAZIONE AL PARLAMENTO SULLE TOSSICODIPENDENZEANNO 2000 E 2001"

Tabella 19DATI SERT DELLE VARIE REGIONI RICAVATI DA "RELAZIONE AL PARLAMENTO SULLE TOSSICODIPENDENZE -ANNO 2000 E 2001"

Tabella 20INDICE ASSISTENZA DOMICILIARE ANZIANI - ANNO 2000Beneficiari per assistenza domiciliare sociale, integrata indiretta e diretta/popolazione ultra 65enne x 1000 abitanti

Tabella 21INDICE POSTI LETTO RESIDENZIALI PER ANZIANI - ANNO 2000Posti residenziali per non autosufficienti/popolazione ultra 65enne x 1000 abitanti

Tabella 22INDICATORI SULL'ASSISTENZA AI SOGGETTI PORTATORI DI HANDICAP - ANNO 2001

Tabella 23NUMERO DELLE PRESTAZIONI PER RECUPERO E RIABILITAZIONE FUNZIONALE PER 10.000 RESIDENTI E PERREGIONE. ANNO 1998

Tabella 24INDICE DI CRIMINALITÀ MINORILE (%)

Tabella 25NUMERO DELLE ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO ISCRITTE AL REGISTRO REGIONALE, SUDDIVISE PERSETTORE E REGIONE X 100.000 ABITANTI. ANNO 2001

Cultura

Tabella 26SERVIZI EDUCATIVI PUBBLICI E PRIVATI PER PROVINCE TOSCANE. ANNO 2000

Tabella 27SPESA MEDIA PRO-CAPITE DEL PUBBLICO PER ATTIVITÀ TEATRALI E MUSICALIMigliaia di lire costanti 1999

Tabella 28BIGLIETTI VENDUTI PER ATTIVITÀ TEATRALI E MUSICALI PER 100 ABITANTI

Tabella 29PERCENTUALI DI CONSUMI INTERNI (DEI RESIDENTI E NON) PER "RICREAZIONE E CULTURA" SUL TOTALE DEICONSUMI INTERNI

Tabella 30PERCENTUALI DI ULA DEL SETTORE "RICREAZIONE E CULTURA" SUL TOTALE

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Sicurezza

Tabella 31NUMERO DI AZIENDE A RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTEAggiornamento dati al 2001

Tabella 32INCIDENTI STRADALI E PERSONE INFORTUNATE PER REGIONE. ANNO 1999Indice per 1.000 abitanti residenti a fine anno

Tabella 33DELITTI DENUNCIATI DALLE FORZE DELL'ORDINE PER 100.000 ABITANTI PER REGIONIAnni 1991, 1995 e 2000 (Graduatoria)

Tabella 34INDICE DI CRIMINALITÀ VIOLENTA (CRIMINI VIOLENTI PER 10.000 ABITANTI)

Tabella 35INDICE DI CRIMINALITA' DIFFUSAFurti e rapine meno gravi sul totale dei delitti

Tabella 36INFORTUNI SUL LAVORO. EVENTI INDENNIZZATI PER TIPO DI CONSEGUENZA

Tabella 37FREQUENZA RELATIVA (x 1000 ADDETTI)Rapporto tra eventi lesivi indennizzati (integrati per tenere conto dei casi non ancora liquidati) e numero degli esposti. Mediatriennio 1997/99

Tabella 38RAPPORTO DI GRAVITA' (GIORNATE PERDUTE x ADDETTO)Rapporto tra le conseguenze degli eventi lesivi indennizzati (integrati per tenere conto dei casi non ancora liquidati) e numero degliesposti. Media triennio 1997/99

Tabella 39RISCHIO SISMICO: NUMERO COMUNI CLASSIFICATI A RISCHIO SISMICO/POPOLAZIONE RESIDENTE TOSCANAAggiornamento dati al 1991

Tabella 40RISCHIO SISMICO: % COMUNI CLASSIFICATI A RISCHIO SISMICODATI REGIONALI/ITALIA

Tabella 41RISCHIO SISMICO: COMUNI CLASSIFICATI A RISCHIO SISMICO/POPOLAZIONE RESIDENTE ITALIAAggiornamento dati al 1991

COMPETENZE E OCCUPABILITÀ

Occupazione

Tabella 42QUOTA DI PERSONE IN CERCA DI OCCUPAZIONE DA OLTRE 12 MESI SUL TOTALE DELLE PERSONE IN CERCA DIOCCUPAZIONE

Tabella 43TASSO DI DISOCCUPAZIONE PER SESSO

Tabella 44TASSO DI DISOCCUPAZIONE GIOVANILE 15-24 ANNI

Tabella 45TASSO DI OCCUPAZIONE 15-64 ANNI PER SESSO

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Tabella 46TASSO DI OCCUPAZIONE 55-64 ANNI

Tabella 47DISTRIBUZIONE % DEGLI OCCUPATI PER TITOLO DI STUDIOAnni 1995 e 2001

Tabella 48COMPOSIZIONE ASSUNZIONI PREVISTE PER TITOLO DI STUDIOAssunzioni previste per il 2001. Distribuzione % per titolo di studio

Tabella 49COMPOSIZIONE ASSUNZIONI PREVISTE PER TITOLO DI STUDIOQuota % di assunzioni con necessità di formazione post-assunzioneQuota % di assunzioni di Extra-Comunitari

Tabella 50QUOTA % OCCUPATI DIPENDENTI A TEMPO DETERMINATO SU TOTALE

Tabella 51QUOTA % OCCUPATI A PART-TIME SU TOTALE

Tabella 52PESO % CONTRIBUENTI "COCOCO" SU TOTALE OCCUPATI 1999

Tabella 53DIVARIO RETRIBUTIVO TRA I SESSIRapporto tra retribuzione media maschi e retribuzione media femmine

Tabella 54UNITA' DI LAVORO IRREGOLARI SUL TOTALE DELLE UNITA' DI LAVOROValori %

Formazione

Tabella 55ADULTI OCCUPATI NELLA CLASSE D'ETÀ 25-64 ANNI CHE PARTECIPANO AD ATTIVITA' FORMATIVE E DIISTRUZIONE PER 100 ADULTI OCCUPATI NELLA CLASSE D'ETÀ CORRISPONDENTEValori %

Tabella 56ADULTI INOCCUPATI (DISOCCUPATI+NON FORZE DI LAVORO) NELLA CLASSE D'ETÀ 25-64 ANNI CHEPARTECIPANO AD ATTIVITÀ FORMATIVE E DI ISTRUZIONE PER 100 ADULTI INOCCUPATI NELLA CLASSE D'ETÀCORRISPONDENTEValori %

Istruzione

Tabella 57POPOLAZIONE RESIDENTE DI ETÀ SUPERIORE A 6 ANNI PER GRADO DI ISTRUZIONE, SESSO E REGIONE DIRESIDENZAMedia 1998. Valori assoluti (dati in migliaia) e valori %

Tabella 58POPOLAZIONE RESIDENTE DI ETÀ SUPERIORE A 6 ANNI PER GRADO DI ISTRUZIONE, SESSO E REGIONE DIRESIDENZAMedia 1999. Valori assoluti (dati in migliaia) e valori %

Tabella 59QUOTA DELLA POPOLAZIONE DI 15-19 ANNI IN POSSESSO ALMENO DELLA LICENZA MEDIA INFERIOREValori %

Tabella 60TASSO DI PARTECIPAZIONE LORDO NELL'ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIOREValori %

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Tabella 61LAUREATI IN DISCIPLINE TECNICO-SCENTIFICIHE SUL TOTALE DEI LAUREATIValori %

COMPETITIVITÀ DEI TERRITORI E DELLE IMPRESE

Fattori competitivi

Tabella 62PRODOTTO INTERNO LORDO. VALORI ASSOLUTI E PER ABITANTEValori in Euro Correnti e Variazione % in termini reali

Tabella 63PRODUTTIVITA' DEL LAVORO. VALORE AGGIUNTO A PREZZI BASE PER UNITA' DI LAVOROValori in Euro Correnti e a Prezzi 1995 e Variazione %

Tabella 64COSTO DEL LAVORO - REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE PER UNITA' DI LAVORO DIPENDENTIValori in Euro Correnti e Variazione % reale (2000 deflazionato)

Tabella 65INDICATORI DI REDDITIVITA' E COMPETITIVITA' DELLE IMPRESEMedia triennale imprese industriali < 250 addetti

Tabella 66ADDETTI ALLA R&S PER 1.000 ABITANTI E SPESE PER R&S DELLA PA E DELLE IMPRESE PUBBLICHE E PRIVATEIN PERCENTUALE DEL PIL

Tabella 67ESPORTAZIONI "PRODOTTI AVANZATI"% sul totale esportazioni

Tabella 68IMPRESE ATTIVE NELLA K 72 INFORMATIVA E ATTIVITÀ CONNESSE

Toscana-Europa

Tabella 69PILValori espressi in milioni di PPS (Purchasing power parities)

Tabella 70TASSO DI OCCUPAZIONE 15-64 ANNI PER SESSO

Tabella 71TASSO DI ATTIVITÀ 55-64 ANNI

Tabella 72TASSO DI ATTIVITÀ 55-64 ANNI - PER SESSO

Tabella 73TASSO DI DISOCCUPAZIONE PER SESSO

Tabella 74TASSO DI DISOCCUPAZIONE PER SESSO NELLE PROVINCE TOSCANE - ANNI 2000 E 2001

Tabella 75TASSO DI DISOCCUPAZIONE GIOVANILE 15-24 ANNI

Tabella 76PESO % DISOCCUPATI DA PIU' DI UN ANNO SU TOTALE

Tabella 77PERCENTUALE DELLA SPESA PER R&S SUL PIL NAZIONALE - TOTALE SETTORI

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Mobilità

Tabella 78PARCO VEICOLARE AL 21.12.2000

Tabella 79RIPARTIZIONE MODALE DEL TRASPORTO PASSEGGERI (SU BASE PARCO AUTO)Aggiornamento dati al 2000

Tabella 80RIPARTIZIONE MODALE DEL TRASPORTO MERCIAggiornamento dati al 1999

Tabella 81INDICATORI DELLE INFRASTRUTTURE VIARIE. ANNO 1999

GOVERNO DELLE RISORSE NATURALI E TUTELA DELLA SOSTENIBILITÀ DEL MODELLO DI SVILUPPO

Ambiente

Tabella 82CONSUMI FINALI PER FONTE: CONFRONTO 1997-1998 IN TOSCANA E IN ITALIAAggiornamento dati al 1998

Tabella 83INCIDENZA DELLE FONTI RINNOVABILI NELLA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICAIN TOSCANAAggiornamento dati al 1999

Tabella 84INTENSITÀ ENERGETICHE SETTORIALI NEGLI USI FINALI DI ENERGIA

Tabella 85APPLICAZIONE DI TECNICHE DI COLTIVAZIONE A BASSO IMPATTO AMBIENTALE IN TOSCANAAggiornamento dati al 2001

Tabella 86AZIENDE AD AGRICOLTURA BIOLOGICAAggiornamento dati al 1999-2000

Tabella 87PRODUZIONE DI RIFIUTI SPECIALIAggiornamento dati al 1998-1999

Tabella 88REGISTRAZIONI EMAS E ISO 14000Aggiornamento dati al 2000-2001

Tabella 89STIMA EMISSIONI DI NOX PER IL PROBLEMA DELL'ACIDIFICAZIONE (INDICATORE DI PRESSIONE). PROVINCETOSCANEEmissioni espresse in tonnellate/anno. Aggiornamento dati al 1995

Tabella 90STIMA EMISSIONI DI SOX PER IL PROBLEMA DELL'ACIDIFICAZIONE (INDICATORE DI PRESSIONE). PROVINCETOSCANEEmissioni espresse in tonnellate/anno. Aggiornamento dati al 1995

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Tabella 91STIMA EMISSIONI DI NH3 PER IL PROBLEMA DELL'ACIDIFICAZIONE (INDICATORE DI PRESSIONE). PROVINCETOSCANEEmissioni espresse in tonnellate/anno. Aggiornamento dati al 1995

Tabella 92LIVELLI DI CO PER I PROBLEMI DELLE AREE URBANE (INDICATORE DI STATO: "NUMERO COMUNIAPPARTENENTI ALLE ZONE A, B, C, D")Toscana. Aggiornamento dati al 1995

Tabella 93LIVELLI DI PM10 PER I PROBLEMI DELLE AREE URBANE (INDICATORE DI STATO: "NUMERO COMUNIAPPARTENENTI ALLE ZONE A, B, C, D")Toscana. Aggiornamento dati al 1995

Tabella 94LIVELLI DI BENZENE PER I PROBLEMI DELLE AREE URBANE (INDICATORE DI STATO: "NUMERO COMUNIAPPARTENENTI ALLE ZONE A, B, C, D")Toscana. Aggiornamento dati al 1995

Tabella 95LIVELLI DI PIOMBO PER I PROBLEMI DELLE AREE URBANE (INDICATORE DI STATO: "NUMERO COMUNIAPPARTENENTI ALLE ZONE A, B, C, D")Toscana. Aggiornamento dati al 1995

Tabella 96INQUINAMENTO AREE URBANENumero di stazioni di monitoraggio presenti per area. Aggiornamento dati al 2001

Tabella 97STATO DI APPROVAZIONE DEI PIANI DI CLASSIFICAZIONE ACUSTICA DEL TERRITORIONumero dei comuni che hanno approvato i piani. Aggiornamento dati al 2000

Tabella 98PRODUZIONE DI RIFIUTI URBANIAggiornamento dati al 1999-2000

Tabella 99RACCOLTA DIFFERENZIATAAggiornamento dati al 1998-2000

Tabella 100PRODUZIONE DI RIFIUTI SPECIALIAggiornamento dati al 1998-1999

Tabella 101NUMERO SITI INQUINATI PER TIPOLOGIAAggiornamento dati al 2001

Tabella 102SITI POTENZIALMENTE CONTAMINATIAggiornamento dati al 1999

Tabella 103COSTE NON BALNEABILI PER INQUINAMENTOAggiornamento dati al 2000

Tabella 104PERCENTUALE DI COSTA BALNEABILE (SU QUELLA CONTROLLATA) E DI COSTA VIETATA (SUL TOTALE)DELLE PROVINCE ITALIANE NEL 1999 E VARIAZIONE % TRA IL 1995 E IL 1999Aggiornamento dati al 1999

Tabella 105PRELIEVO DI ACQUA AD USO POTABILE SUDDIVISA A LIVELLO REGIONALE RIFERITA ALL'ANNO 1998Valori espressi in mc

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Tabella 106CARICO ORGANICO POTENZIALE. ABITANTI EQUIVALENTIAggiornamento dati al 1990-1996-1998

Tabella 107SUPERFICIE DELLE AREE TERRESTRI PROTETTE SUDDIVISE PER REGIONE E TIPOLOGIAAggiornamento dati al 2001

Tabella 108CONCESSIONI RITIRATE PER FABBRICATI RESIDENZIALI E NON RESIDENZIALIVolume in m3 vuoto per pieno

Tabella 109CONCESSIONI RITIRATE PER COSTRUZIONE DI NUOVE ABITAZIONI

Tabella 110CONTROLLI, SUPERAMENTI E RISANAMENTI PER GLI IMPIANTI RADIOTELEVISIVI (RTV) E LE STAZIONIRADIOBASE (SRB) NEL PERIODO 1999-PRIMO SETTEMBRE 2000

Tabella 111NUMERO DI IMPIANTI PER STAZIONI RADIOBASE (SRB) (IN VALORE ASSOLUTO E CON NORMALIZZAZIONEALLA POPOLAZIONE) E POTENZA COMPLESSIVA ASSOCIATAAggiornamento dati al 1999

E-GOVERNMENT, INNOVAZIONE ISTITUZIONALE E AMMINISTRATIVA, MODELLO DI GOVERNANCE

Tabella 112GRADO DI DIFFUSIONE DI INTERNET: % FAMIGLIE CHE DICHIARANO DI POSSEDERE L'ABBONAMENTO AINTERNET

Tabella 113PRESENZA DI SITI WEB NEI COMUNI PER CLASSE DI AMPIEZZA DEMOGRAFICA

Tabella 114RATING DEI SITI DELLE REGIONI

Tabella 115L’ERARIO IN RETEGli invii ondine per l’agenzia delle Entrate. Indici sulla popolazione x100.000 abitanti

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Tabella 1POPOLAZIONE PER CONDIZIONI DI SALUTE PERCEPITA, NUMERO DI MALATTIE CRONICHE, SESSO E REGIONEAnno 1999 (Quozienti per 100 persone)

Valutazione buona proprio stato di

salute

Valutazione discreta proprio

stato di salute

Valutazione cattiva proprio stato di salute

Con una malattia cronica o più

Con due malattie croniche o più

Cronici in buona salute

Lombardia 79,6 13,3 5,8 26,3 12,8 49,0Veneto 79,6 14,2 5,7 30,3 13,5 56,5Emilia-Romagna 76,8 14,5 7,3 30,6 15,0 51,8Toscana 78,1 14,5 6,6 30,6 14,5 48,5ITALIA 78,8 13,6 6,2 27,9 13,8 49,8

Lombardia 72,6 16,7 9,7 32,3 19,2 43,7Veneto 72,9 18,0 8,5 35,1 18,5 44,9Emilia-Romagna 68,6 20,2 9,7 37,1 21,1 42,6Toscana 70,5 18,6 9,3 35,6 19,7 40,6ITALIA 72,4 17,3 8,9 33,2 19,6 42,6

Lombardia 76,0 15,1 7,8 29,4 16,1 46,0Veneto 76,2 16,1 7,2 32,7 16,1 50,1Emilia-Romagna 72,6 17,5 8,5 33,9 18,2 46,6Toscana 74,2 16,7 8,0 33,2 17,2 44,1ITALIA 75,5 15,5 7,6 30,6 16,8 45,8Fonte: ISTAT - Servizio "Struttura e dinamica sociale"

FEMMINE

TOTALE

MASCHI

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Tabella 2INDICATORI SINTETICI: NUMERO MEDIO DI FIGLI PER DONNA, SPERANZA DI VITA ALLA NASCITA, TASSO DI NUZIALITÀ TOTALE

1999* 2000** 2001**M F M F M F M F M F M F

Lombardia 1,15 1,20 1,22 75,0 81,8 75,9 82,7 76,3 83,1 522 585 542 610 526 598Veneto 1,16 1,21 1,21 75,6 82,7 76,4 83,2 76,9 83,7 575 641 571 641 544 618Emilia-Romagna 1,09 1,16 1,17 76,0 82,3 76,7 83,0 77,2 83,4 495 553 525 584 498 560Toscana 1,05 1,10 1,14 76,5 82,4 77,0 83,0 77,3 83,3 586 642 636 693 599 659ITALIA 1,22 1,24 1,25 75,5 81,8 76,3 82,4 76,7 82,9 597 646 626 677 607 661* Dati osservati** Stime

Tabella 3INDICATORI DEMOGRAFICI: TASSI GENERICI PER 1.000 ABITANTI

2000* 2001** 2001** 2000* 2001** 2000* 2001** 2000* 2001** 2000* 2001**

Lombardia 9,4 9,4 9,4 9,1 0,0 0,3 6,2 6,6 6,2 6,8 4,4 4,3Veneto 9,6 9,4 9,3 9,0 0,3 0,5 6,2 6,3 6,4 6,8 4,7 4,5Emilia-Romagna 8,5 8,6 11,4 11,0 -2,9 -2,4 9,8 10,3 6,9 7,8 4,1 3,9Toscana 8,0 8,2 11,6 11,4 -3,6 -3,1 6,7 6,8 3,2 3,7 4,8 4,5ITALIA 9,4 9,4 9,7 9,4 -0,3 0,0 3,1 2,9 2,8 2,9 4,9 4,7* Dati osservati** Stime

Tabella 4MORTI A MENO DI UN ANNO DI VITA PER SESSO E REGIONE DI RESIDENZA. 1997

M Totale M F

Lombardia 187 318 4,6 3,4 4,0Veneto 92 155 4,4 3,2 3,8Emilia-Romagna 76 147 5,0 5,0 5,0Toscana 66 127 4,9 4,8 4,9ITALIA 1.614 2.928 6,0 5,2 5,6(a) I dati relativi ai nati vivi sono stimatiFonte: ISTAT - Servizio "Sanità e assistenza"

N. medio di figli per donna1998* 2001**2000** 2001** 1998* 2000**

Speranza di vita alla nascita Tasso di nuzialità totale

Crescita totale NuzialitàNatalità Mortalità Crescita naturale Migratorio netto2000*

Totale

Tassi di mortalità infantile (per 1.000 nati vivi)(a)

F

1.314

131637161

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Tabella 5FUMATORI DI 15 ANNI E PIÙ PER SESSO, CLASSE DI ETÀ E REGIONEAnno 1998 (Quozienti per 100 persone)

15-24 25-34 35-44 45-54 55-64 65 e oltre Totale

Lombardia 36,1 36,4 35,3 32,9 27,6 17,3 31,2Veneto 34,8 34,6 34,9 32,9 28,3 13,4 30,2Emilia-Romagna 30,6 37,8 37,0 34,1 21,9 16,3 29,5Toscana 30,2 38,2 45,3 38,4 32,9 16,0 32,9ITALIA 28,9 38,7 40,5 37,5 30,2 18,2 32,6

Lombardia 20,9 25,4 25,6 23,6 12,7 7,7 18,7Veneto 21,7 18,2 27,4 21,5 15,4 4,9 17,3Emilia-Romagna 24,4 24,1 34,2 31,2 19,1 7,8 21,7Toscana 23,4 29,7 31,9 27,6 15,4 6,0 20,5ITALIA 16,9 23,1 27,8 22,4 13,1 5,3 17,5

Lombardia 28,5 31,2 30,4 28,3 19,9 11,5 24,7Veneto 28,4 26,7 31,3 27,5 21,4 8,3 23,5Emilia-Romagna 27,5 30,9 35,6 32,7 20,5 11,3 25,4Toscana 26,8 34,2 38,4 32,8 24,0 10,2 26,4ITALIA 23,0 31,0 34,1 29,8 21,4 10,6 24,7Fonte: ISTAT - Servizio "Struttura e dinamica sociale"

Tabella 6FUMATORI DI 15 ANNI E PIÙ PER SESSO, CLASSE DI ETÀ E REGIONEAnno 1999 (Quozienti per 100 persone)

15-24 25-34 35-44 45-54 55-64 65 e oltre Totale

Lombardia 33,7 42,6 34,6 42,1 26,9 17,4 33,4Veneto 31,5 36,4 30,9 32,8 27,9 14,5 29,3Emilia-Romagna 25,5 33,7 36,3 26,3 26,6 20,1 28,2Toscana 32,7 34,8 35,6 35,7 32,2 11,3 29,4ITALIA 29,7 39,8 38,7 39,1 30,9 17,3 32,8

Lombardia 17,2 19,7 24,0 19,4 17,8 6,2 16,7Veneto 22,2 20,6 27,9 20,5 16,4 6,7 18,3Emilia-Romagna 15,3 23,3 30,4 23,0 16,3 10,2 19,0Toscana 17,6 27,9 25,7 23,2 16,8 5,2 17,9ITALIA 16,5 20,8 28,0 21,2 15,1 5,9 17,3

Lombardia 25,6 31,6 29,3 30,6 22,3 10,6 24,8Veneto 27,0 29,0 29,4 26,3 22,4 9,8 23,7Emilia-Romagna 20,7 28,5 33,5 24,7 21,1 14,3 23,4Toscana 25,1 31,3 30,8 29,4 24,1 7,7 23,4ITALIA 23,2 30,4 33,4 30,0 22,8 10,6 24,7Fonte: ISTAT - Servizio "Struttura e dinamica sociale"

CLASSI DI ETÀ

CLASSI DI ETÀ

FEMMINE

TOTALE

MASCHI

FEMMINE

TOTALE

MASCHI

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Tabella 7INDICATORI DI STRUTTURA DELLA POPOLAZIONE E INDICI DI VECCHIAIA E DIPENDENZA STRUTTURALE AL 31 DICEMBRE

0-14 anni

15-64 anni

65 anni e oltre

0-14 anni

15-64 anni

65 anni e oltre

VecchiaiaDipendenza

strutturale

Dipendenza strutturale

degli anzianiEtà media Vecchiaia

Dipendenza strutturale

Dipendenza strutturale

degli anzianiEtà media

Lombardia 13,1 69,1 17,8 13,2 68,7 18,0 135,5 44,7 25,7 41,7 136,2 45,5 26,2 41,8Veneto 13,4 68,7 18,0 13,5 68,3 18,2 134,6 45,6 26,2 41,5 135,2 46,3 26,6 41,7Emilia-Romagna 11,4 66,4 22,2 11,6 66,0 22,3 194,4 50,7 33,4 44,2 191,9 51,4 33,8 44,3Toscana 11,6 66,3 22,1 11,7 66,0 22,2 190,3 50,8 33,3 44,2 189,8 51,4 33,7 44,3ITALIA 14,4 67,4 18,2 14,3 67,2 18,5 127,0 48,4 27,1 41,1 129,0 48,9 27,6 41,3* Dati osservati** Stime

Tabella 8POSTI LETTO IN REGIME DI DAY-HOSPITAL PER REGIONE - ANNO 1998

LombardiaVenetoEmilia-RomagnaToscanaITALIA(a) I posti letto standard per acuti sono i posti letto previsti dalla normativa vigente pari a 4,5 ogni 1.000 abitantiFonte: Elaborazioni ISTAT su dati del Ministero della Sanità

2000 * 2001**COMPOSIZIONE PERCENTUALE INDICI

2000* 2001**

1.56326.808

Numero

7,610,611,8

3.7712.5012.540

% sui posti letto standard per acuti (a)

9,08,8

9,312,414,3

9,810,3

% sui posti letto ordinari

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Tabella 9INDICATORI SULLA FARMACEUTICA CONVENZIONATA PER USL TOSCANE E ITALIA. ANNO 2001

Numero pezziNumero

prescrizioniPrescrizioni

x 1000 abitantiValore SSN x 1000 abitanti

DDD x 1000 abitanti

Massa Carrara 2.959.746 1.704.638 8.543,1 189.759,3 8.229,0Lucca 3.455.224 2.036.451 9.404,2 202.852,1 8.841,1Pistoia 4.005.709 2.336.428 8.677,1 192.743,3 8.170,2Prato 3.046.319 1.715.639 7.523,8 180.514,7 7.355,2Pisa 4.722.416 2.775.916 8.732,1 196.417,8 8.257,7Livorno 5.693.376 3.443.829 10.039,2 218.896,1 9.310,8Siena 3.850.211 2.190.565 8.665,2 211.417,0 8.553,2Arezzo 4.533.831 2.613.304 8.122,8 181.330,4 7.739,2Grosseto 3.499.782 2.029.810 9.421,5 215.487,5 9.237,1Firenze 11.563.774 6.460.888 8.105,7 195.657,9 8.119,6Empoli 3.150.283 1.872.856 8.650,6 185.387,7 7.993,0Versilia 2.572.051 1.488.897 9.390,3 215.732,2 9.077,0Toscana 53.052.722 30.669.221 8.672,4 198.191,8 8.352,1ITALIA 836.071.448 468.036.912 8.114,4 205.962,9 7.869,6DDD è l'acronimo di Defined Daily Dose, in pratica è la dose di mantenimento assunta per giorno di terapia, in soggetti adulti, relativamente all'indicazione terapeutica principale della sostanza è l'unità che consente il confronto tra specialità contenenti la sostanza a diversi dosaggi. L'indicatore DDD x 1000 ab. è costruito come di seguito specificato: il numero di DDD consumate viene rapportato a 1.000 ab. per ciascun giorno del periodo temporale considerato (mese, anno, etc.); es.: in un mese vengono vendute 3.000.000 DDD di una sostanza in una regione con 1.000.000di abitanti DDD X 1.000 ab. = 3.000.000/1.000.000/30x1.000 = 100 DDD x 1.000 ab. al giorno. Valore SSN è la spesa farmaceutica, al netto del ticket corrisposto dall'utente, per 1000 ab.Fonte: Ministero della Salute, elaborazioni dati SFERA

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Tabella 10COMPOSIZIONE DELL'ATTIVITA' PER REGIONE E PER REGIME DI RICOVERO

Regime ordinario

% Day Hospital % Regime

ordinario % Day Hospital %

Lombardia 1.533.889 77,1 455.630 22,9 11.076.484 92,4 905.345 7,6Veneto 720.156 75,5 233.865 24,5 5.878.386 87,9 811.502 12,1Emilia Romagna 683.783 74,5 233.532 25,5 4.716.531 82,7 984.429 17,3Toscana 550.928 78,8 147.867 21,2 4.146.571 89,7 474.390 10,3ITALIA 9.626.154 79,6 2.461.532 20,4 67.411.805 90,7 6.927.794 9,3

Lombardia 1.509.208 76,6 461.559 23,4 10.625.420 91,9 938.973 8,1Veneto 673.112 74,8 226.300 25,2 5.470.807 88,4 717.977 11,6Emilia Romagna 637.107 72,2 245.224 27,8 4.481.814 81,4 1.021.317 18,6Toscana 538.882 76,9 161.723 23,1 4.029.482 88,8 508.652 11,2ITALIA 9.299.266 77,7 2.627.610 22,3 64.444.167 89,4 7.604.263 10,6Fonte: Sistema Informativo Sanitario - Ministero della Sanità

Tabella 11INDICATORI DI EFFICIENZA PER REGIONE

Lombardia 7,2Veneto 8,2Emilia Romagna 6,9Toscana 7,5ITALIA 7,0

Lombardia 7,0Veneto 8,1Emilia Romagna 7,0Toscana 7,5ITALIA 6,9Fonte: Sistema Informativo Sanitario - Ministero della Sanità

NUMERO DI DIMISSIONI GIORNATE DI RICOVERO

2,3

Degenza media

Anno 2000 - Ricoveri per acuti

Anno 1999 - Ricoveri per acuti

Degenza media Indice comparativo

2,02,4

1,0

2,12,22,22,2

1,0

1,01,10,9

Anno 1999 - Ricoveri per acuti - Regime ordinario

Anno 2000 - Ricoveri per acuti - Regime ordinario

1,0

2,32,2

2,3

1,01,10,91,0

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Tabella 12TASSI DI OSPEDALIZZAZIONE PER I RICOVERI ENTRO REGIONE E FUORI REGIONE (x 1.000 ABITANTI)

Ricoveri entro regione

Ricoveri fuori regione

TotaleRicoveri

entro regioneRicoveri fuori

regioneTotale

Lombardia 154,4 6,5 160,9 46,9 1,6 48,4Veneto 147,0 6,5 153,5 48,7 1,9 50,6Emilia-Romagna 149,2 8,8 158,0 54,0 2,4 56,3Toscana 139,2 7,5 146,6 37,6 2,3 40,0ITALIA 153,0 10,9 163,9 39,8 2,6 42,4

Lombardia 151,5 6,0 157,5 47,1 1,6 48,7Veneto 137,8 6,4 144,2 47,1 2,1 49,1Emilia-Romagna 139,6 8,6 148,2 56,3 2,4 58,7Toscana 135,9 7,3 143,2 41,1 2,5 43,5ITALIA 148,1 10,8 158,9 43,1 2,8 45,9(1) Non sono state considerate le schede in cui non è presente la regione di provenienza del pazienteFonte: Sistema Informativo Sanitario - Ministero della Sanità

Anno 1999 - Ricoveri per acuti (1)

Anno 2000 - Ricoveri per acuti (1)

REGIME ORDINARIO DAY HOSPITAL

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Tabella 13PERSONE MOLTO SODDISFATTE DEI SERVIZI OSPEDALIERI PER SESSO E REGIONEAnno 1999 (Quozienti per 100 persone)

Assistenza infermieristica

Servizi igienici

Assistenza medica

Assistenza infermieristica

Servizi igienici

Assistenza medica

Assistenza infermieristica

Servizi igienici

Lombardia 41,7 49,8 45,7 55,0 47,4 40,8 48,5 48,6 43,1Veneto 38,5 45,4 40,1 52,0 54,8 46,1 44,6 49,7 42,8Emilia-Romagna 37,4 34,6 34,3 45,8 39,7 30,1 41,8 37,3 32,1Toscana 54,8 47,3 26,4 45,6 33,5 35,2 50,1 40,2 30,9ITALIA 36,7 36,8 29,2 40,2 37,2 31,1 38,5 37,0 30,2Fonte: ISTAT - Servizio "Struttura e dinamica sociale"

Tabella 14COEFFICIENTE DI VARIAZIONE (TRA PROVINCE) DEL TASSO DI DISOCCUPAZIONE

1995 2001 1995 2001 C.V. tasso dis. Tasso dis.

Lombardia 77,0 46,3 6,1 3,7 -39,9 -39,3Veneto 95,7 63,5 5,6 3,5 -33,6 -37,1Emilia-Romagna 84,9 61,6 5,9 3,8 -27,5 -35,0Toscana 104,0 50,9 8,3 5,1 -51,1 -38,3ITALIA 11,6 9,5Fonte: Istat

Femmine Totale

C.V. del tasso di disoc. Tasso di disocc. Variazione % 2001-1995

Maschi Assistenza

medica

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Tabella 15I QUINTILE* DELLA SPESA MEDIA MENSILE FAMILIAREEuro correnti

1995 1999

Lombardia 672,3 829,5Veneto 681,4 830,1Emilia-Romagna 661,9 818,6Toscana 635,9 788,3ITALIA 537,3 656,5* Il quintile del reddito è quel valore tale per cui un quinto (20%) dellefamiglie detiene redditi minori o uguali ad essoN.B. Non disponendo della distribuzione del reddito abbiamo utilizzatoil consumo come migliore Proxy del redditoFonte: Elaborazioni IRPET su dati Banca d'Italia 1996

Tabella 16TASSO DI POVERTA' RELATIVA% famiglie sotto linea di povertà relativa (1999)

Lombardia 4,4Veneto 5,9Emilia-Romagna 5,0Toscana 7,8ITALIA 12,7Fonte: Stime Irpet 2001

Tabella 17DISTRIBUZIONE DELLE FAMIGLIE SECONDO LA VALUTAZIONE DELLE RISORSEECONOMICHE POSSEDUTE 1998

Ottime Adeguate Scarse Insufficienti Totale

Lombardia 2,4 70,1 25,7 1,9 100,0Veneto 2,1 66,8 28,6 2,5 100,0Emilia-Romagna 2,7 71,1 24,9 1,3 100,0Toscana 1,5 63,3 32,8 2,4 100,0ITALIA 1,6 63,3 31,3 3,7 100,0Fonte: Dati individuali Indagine Multiscopo sulle famiglie

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Tabella 18DATI UTENTI DELLE VARIE REGIONI RICAVATI DA "RELAZIONE AL PARLAMENTO SULLE TOSSICODIPENDENZE ANNO 2000 E 2001"

N° utenti Popolazione fascia

di età 14-44 anni (2000)N° utenti ogni 1000

residenti fascia di età 14-44 anni

Anno 2000

Lombardia 21.730 3.958.244 5,5Veneto 12.143 1.989.998 6,1Emilia-Romagna 9.747 1.634.873 6,0Toscana 11.165 1.433.871 7,8

Anno 2001

Lombardia 22.862 3.958.244 5,8Veneto 13.123 1.989.998 6,6Emilia-Romagna 10.010 1.634.873 6,1Toscana 11.326 1.433.871 7,9Fonte: Dati ISTAT popolazione per fasce di età anno 2000

Tabella 19DATI SERT DELLE VARIE REGIONI RICAVATI DA "RELAZIONE AL PARLAMENTO SULLE TOSSICODIPENDENZE - ANNO 2000 E 2001"

Regione N° SertPopolazione fascia

di età 14-44 anniN° Sert ogni 100.000

residenti fascia di età 14-44 anni

Anno 2000

Lombardia 72 3.958.244 1,8Veneto 38 1.989.998 1,9Emilia-Romagna 44 1.634.873 2,7Toscana 40 1.433.871 2,8

Anno 2001

Lombardia 72 3.958.244 1,8Veneto 38 1.989.998 1,9Emilia-Romagna 44 1.634.873 2,7Toscana 40 1.433.871 2,8Fonte: Dati ISTAT popolazione per fasce di età anno 2000

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Tabella 20INDICE ASSISTENZA DOMICILIARE ANZIANI - ANNO 2000Beneficiari per assistenza domiciliare sociale, integrata indiretta e diretta/popolazione ultra 65enne x 1000 abitanti

ADI ADI ADI TOTALESociale Indiretta Diretta Assistiti

MASSA Lunigiana 55 35 76 166 14.949 11,1Apuane 74 125 119 318 30.113 10,6

LUCCA Valle del Serchio 153 0 698 851 14.452 58,9Piana di Lucca 161 49 79 289 33.701 8,6

PISTOIA Val di Nievole 192 29 26 247 23.235 10,6Pistoiese 258 124 91 473 34.285 13,8

PRATO Pratese 209 0 201 410 42.576 9,6PISA Alta Val di Cecina 199 8 8 215 6.079 35,4

Val d'Era 115 71 118 304 22.269 13,7Pisana 98 103 122 323 40.138 8,0

LIVORNO Bassa Val di Cecina 79 69 229 377 17.876 21,1Val di Cornia 89 0 303 392 14.236 27,5Elba 66 3 47 116 6.316 18,4Livornese 141 156 77 374 38.714 9,7

SIENA Alta Val d'Elsa 129 8 120 257 12.580 20,4Val di Chiana Senese 210 0 7 217 15.991 13,6Amiata Senese 72 0 43 115 4.121 27,9Senese 304 3 233 540 30.602 17,6

AREZZO Casentino 105 0 3 108 8.474 12,7Val Tiberina 25 0 42 67 7.862 8,5Valdarno 133 8 0 141 18.826 7,5Val di Chiana Aretina 104 19 18 141 11.120 12,7Aretina 92 15 46 153 25.408 6,0

GROSSETO Colline Metallifere 103 0 92 195 10.921 17,9Colline dell'Albegna 71 0 73 144 12.232 11,8Amiata Grossetana 104 0 77 181 6.116 29,6Grossetana 210 0 243 453 21.775 20,8

FIRENZE Firenze 674 23 358 1.055 92.292 11,4Fiorentina Nord-Ovest 214 0 33 247 39.768 6,2Fiorentina Sud-Est 30 2 153 185 33.495 5,5Mugello 57 2 140 199 13.142 15,1

EMPOLI Empolese 145 160 312 617 29.770 20,7Valdarno Inferiore 15 78 55 148 16.325 9,1

VIAREGGIO Versilia 364 148 39 551 32.957 16,7TOTALE 5.050 1.238 4.281 10.569 782.716 13,5N.B. I dati non comprendono l'assistenza domiciliare solo sanitariaFonti: Dipartimento Diritto alla salute e politiche di solidarietà - Regione Toscana; Istat

Tabella 21INDICE POSTI LETTO RESIDENZIALI PER ANZIANI - ANNO 2000Posti residenziali per non autosufficienti/popolazione ultra 65enne x 1000 abitanti

Aziende USL Indice

USL 1 di Massa e Carrara 407 45.062 9,0USL 2 di Lucca 391 48.153 8,1USL 3 di Pistoia 592 57.520 10,3USL 4 di Prato 360 42.576 8,5USL 5 di Pisa 705 68.486 10,3USL 6 di Livorno 654 77.142 8,5USL 7 di Siena 828 63.294 13,1USL 8 di Arezzo 724 71.690 10,1USL 9 di Grosseto 369 51.044 7,2USL 10 di Firenze 2.808 178.697 15,7USL 11 di Empoli 430 46.095 9,3USL 12 di Viareggio 245 32.957 7,4TOTALE TOSCANA 8.513 782.716 10,9Fonti: Dipartimento Diritto alla salute e politiche di solidarietà - Regione Toscana; Istat

INDICEPopolazione oltre 65 anni

Az.USL ZONA

Posti residenziali per non autosufficienti

Popolazione ultra 65

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Tabella 22INDICATORI SULL'ASSISTENZA AI SOGGETTI PORTATORI DI HANDICAP - ANNO 2001

Azienda USL Zona Soggetti0-64 anni

Accertati art. 4 L.104/92

Accertati in gravità

n. PARGpredisposti

Soggetti in gravità/soggetti con

handicap

Soggetti accertati/totale

handicap

PARG/totalehandicap

n. 1 MASSA E Lunigiana 299 218 131 158 60,1 72,9 52,8 CARRARA Apuane 831 680 392 415 57,6 81,8 49,9

Valle del Serchio 552 286 200 390 69,9 51,8 70,7Piana di Lucca 1.267 921 733 545 79,6 72,7 43,0Val di Nievole 558 522 297 347 56,9 93,5 62,2Pistoiese 890 747 575 799 77,0 83,9 89,8

n. 4 PRATO Pratese 1.250 1.198 724 795 60,4 95,8 63,6Alta V.di Cecina 162 116 57 113 49,1 71,6 69,8Valdera 497 495 252 295 50,9 99,6 59,4Pisana 1.511 1.418 680 872 48,0 93,8 57,7Bassa V.di Cecina 510 421 233 284 55,3 82,5 55,7Val di Cornia 476 360 208 272 57,8 75,6 57,1Elba 308 235 109 118 46,4 76,3 38,3Livornese 1.078 954 455 950 47,7 88,5 88,1Alta V.d'Elsa 332 314 189 250 60,2 94,6 75,3Val Chiana Senese 313 301 123 202 40,9 96,2 64,5Amiata Senese 129 126 53 92 42,1 97,7 71,3Senese 548 375 279 405 74,4 68,4 73,9Casentino 319 277 143 146 51,6 86,8 45,8Valtiberina 190 178 112 99 62,9 93,7 52,1Valdarno 470 440 300 170 68,2 93,6 36,2Val Chiana Aretina 349 338 201 183 59,5 96,8 52,4Aretina 817 663 448 359 67,6 81,2 43,9Coll.Metallifere 327 22 11 10 50,0 6,7 3,1Coll.Albegna 285 201 100 114 49,8 70,5 40,0Amiata Grossetana 197 92 44 35 47,8 46,7 17,8Grossetana 674 570 316 55,4 84,6 0,0Firenze 3.443 3.315 1.799 1.650 54,3 96,3 47,9FI Nord-Ovest 1.270 1.635 562 469 34,4 128,7 36,9FI Sud-Est 811 792 511 359 64,5 97,7 44,3Mugello 432 313 202 54 64,5 72,5 12,5Empolese 913 667 365 452 54,7 73,1 49,5Valdarno Inferiore 402 319 122 298 38,2 79,4 74,1

n. 12 VIAREGGIO Versilia 1045 152 75 246 49,3 14,5 23,5TOTALI GENERALI 23.455 19.661 11.001 11.946 56,0 83,8 50,9PARG= Piani abilitativi e riabilitativi generaliIl dato “0” può indicare sia una mancata risposta che un dato realeFonte: Regione Toscana Dipartimento Diritto alla salute e politiche di solidarietà

n. 11 EMPOLI

n. 6 LIVORNO

n. 7 SIENA

n. 8 AREZZO

n. 9 GROSSETO

n. 2 LUCCA

n. 3 PISTOIA

n. 5 PISA

n. 10 FIRENZE

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Tabella 23NUMERO DELLE PRESTAZIONI PER RECUPERO E RIABILITAZIONE FUNZIONALE PER 10.000 RESIDENTI E PER REGIONE. ANNO 1998

N° di utenti Tasso N° di utenti Tasso N° di accessi Tasso

Lombardia 17.443 194,0 6.351 70,7 590.106 6.564,8Veneto 149 3,3 481 10,8 153.593 3.436,7Emilia-Romagna 2.623 66,5 475 12,0 30.527 773,4Toscana 4.308 122,1 2.055 58,3 256.631 7.275,6ITALIA 47.093 83,2 24.542 43,4 4.780.122 8.443,7Fonte: ISTAT

Tabella 24INDICE DI CRIMINALITÀ MINORILE (%) (a)

1995 1996 1997 1998 1999 2000

Lombardia 4,1 3,8 3,4 3,8 3,2 2,9Veneto 4,9 4,1 3,3 2,8 3,2 2,5Emilia-Romagna 3,0 3,1 2,8 2,9 2,7 2,4Toscana 4,1 4,2 5,3 4,5 3,6 2,9ITALIA 3,1 3,0 2,9 2,9 2,8 2,6(a) Totale dei minori denunciati per ogni tipologia di delitto sul totale delle persone denunciate

Tabella 25NUMERO DELLE ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO ISCRITTE AL REGISTRO REGIONALE, SUDDIVISE PER SETTORE E REGIONE X 100.000 ABITANTI. ANNO 2001

Sanitario SocialeSocio-

SanitarioProtezione

CivileBeni Culturali

Beni Ambientali

Volontariato Internazionale

Totale

Lombardia 9,0 8,9 4,9 1,3 0,4 0,6 0,2 25,2Veneto 11,8 10,9 7,6 2,1 1,1 1,1 0,1 34,7Emilia-Romagna 14,8 13,3 8,5 3,3 1,6 3,4 1,0 46,0Toscana 28,3 12,9 4,6 2,6 3,2 2,5 0,6 54,6N.B. Una organizzazione di volontariato che opera in più settori viene conteggiata solo nel settore in cui opera prevalentementeFonte: Centro nazionale per il volontariato; Istat

Assistenza ambulatorialeAssistenza residenziale Assistenza

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Tabella 26SERVIZI EDUCATIVI PUBBLICI E PRIVATI PER PROVINCE TOSCANE. ANNO 2000

Rapporto Rapporto Rapporto Rapporto Incidenza dei Incidenza della Incidenza della Rapporto Rapportopopolaz. popolaz. extracomunitari extracomunitari frequentanti lista di attesa lista di attesa educatori- educatori-

provincia 0-3 provincia 0-3 su popolaz. su iscritti sugli iscritti sulla popolaz. sugli iscritti bambini iscritti bambinisugli iscritti sui frequentanti residente residente frequentanti

Arezzo 13,8 11,7 0,8 5,7 84,9 3,7 26,5 6,3 5,3Firenze 20,8 15,8 0,8 4,0 76,0 24,2 116,5 6,0 4,5Grosseto 9,3 8,3 0,1 0,7 89,0 5,9 62,8 5,8 5,1Livorno 14,0 11,6 0,3 2,0 82,8 6,5 46,3 6,3 5,2Lucca 6,7 4,7 0,1 1,9 70,0 3,4 50,7 6,1 4,3Massa Carrara 11,2 9,2 0,4 3,5 82,1 3,2 29,0 5,4 4,4Pisa 16,2 12,3 0,3 1,5 76,1 8,2 50,3 5,7 4,3Prato 12,1 10,6 0,4 3,3 87,6 8,6 71,3 6,2 5,4Pistoia 20,0 15,6 0,5 2,6 77,6 9,8 48,9 8,0 6,2Siena 13,5 12,0 0,6 4,3 88,3 3,9 28,6 6,6 5,9TOTALE Servizi 15,4 12,2 0,5 3,3 79,3 11,2 72,7 6,2 4,9Fonte: Regione Toscana - Dipartimento Politiche formative e beni culturali

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Tabella 27SPESA MEDIA PRO-CAPITE DEL PUBBLICO PER ATTIVITÀ TEATRALI E MUSICALI Migliaia di lire costanti 1999 (a)

1995 1996 1997 1998 1999

Lombardia 17,8 17,9 17,0 17,2 18,3Veneto 19,4 20,3 18,7 18,9 20,4Emilia-Romagna 18,4 19,0 20,3 18,3 17,7Toscana 15,1 14,2 14,0 14,3 16,1ITALIA 12,5 13,1 12,5 12,7 13,5(a) I valori sono stati deflazionati utilizzando l'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegatiFonte: Elaborazioni Istat su dati Siae

Tabella 28BIGLIETTI VENDUTI PER ATTIVITÀ TEATRALI E MUSICALI PER 100 ABITANTI

1995 1996 1997 1998 1999

Lombardia 68,0 71,6 63,4 62,3 66,2Veneto 62,7 62,2 58,8 58,0 60,1Emilia-Romagna 77,7 91,8 79,1 77,5 73,7Toscana 65,7 63,4 61,3 65,4 65,4ITALIA 53,5 56,3 53,2 53,5 56,0Fonte: Elaborazioni Istat su dati Siae

Tabella 29PERCENTUALI DI CONSUMI INTERNI (DEI RESIDENTI E NON) PER "RICREAZIONE E CULTURA" SUL TOTALE DEI CONSUMI INTERNI

1995 1996 1997 1998 1999

Lombardia 7,6 7,8 7,6 7,6 7,7Veneto 7,5 7,7 7,7 7,8 7,8Emilia-Romagna 7,6 7,7 7,7 7,9 8,2Toscana 7,6 7,8 7,8 7,8 7,9ITALIA 7,3 7,4 7,4 7,5 7,7Fonte: Istat, Conti economici territoriali

Tabella 30PERCENTUALI DI ULA DEL SETTORE "RICREAZIONE E CULTURA" SUL TOTALE

1995 1996 1997 1998 1999

Lombardia 1,2 1,3 1,3 1,3 1,4Veneto 0,9 0,9 0,9 0,9 1,0Emilia - Romagna 1,3 1,4 1,4 1,4 1,5Toscana 1,4 1,4 1,4 1,4 1,6ITALIA 1,3 1,3 1,3 1,4 1,4Fonte: Istat, Conti economici territoriali

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Tabella 31NUMERO DI AZIENDE A RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTEAggiornamento dati al 2001

Articolo 6 Articolo 8 Totale

Lombardia 146 111 257Veneto 54 34 88Emilia-Romagna 72 45 117Toscana 47 20 67ITALIA 671 457 1.128Nota: Articolo 6 D.Lgs. 334/1999 = notifica; articolo 8 D.Lgs. 334/1999 = rapportodi sicurezzaFonte: ANPA

Tabella 32INCIDENTI STRADALI E PERSONE INFORTUNATE PER REGIONE. ANNO 1999Indice per 1.000 abitanti residenti a fine anno

N. Incidenti PopolazioneTotale Morte (a) Ferite al 31.12

1995 3,19 0,11 4,531996 3,31 0,11 4,741997 3,30 0,11 4,711998 3,55 0,10 5,10

Lombardia 5,18 0,12 7,51Veneto 4,23 0,19 6,00Emilia-Romagna 6,52 0,20 9,07Toscana 4,77 0,11 6,38ITALIA 3,80 0,11 5,49(a) Decessi verificatisi entro il 30° giornoFonte: ISTAT - Rilevazione dell'incidentalità stradale ®

57.679.895

9.065.4404.511.7143.981.1463.536.392

1999 - Regione

Persone infortunate

57.332.99657.460.97757.563.35457.612.615

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Tabella 33DELITTI DENUNCIATI DALLE FORZE DELL'ORDINE PER 100.000 ABITANTI PER REGIONI Anni 1991, 1995 e 2000 (Graduatoria)

1991 1995 2000

Lombardia 4.755,5 Lombardia 4.606,3 Emilia-Romagna 4.528,5Toscana 4.293,7 Emilia-Romagna 4.110,9 Lombardia 3.895,1Emilia-Romagna 3.895,7 Toscana 3.445,0 Toscana 3.637,1Veneto 3.297,2 Veneto 3.369,6 Veneto 3.436,2ITALIA 4.665,0 ITALIA 3.954,9 ITALIA 3.818,7Fonte: Istat

Tabella 34INDICE DI CRIMINALITÀ VIOLENTA (CRIMINI VIOLENTI PER 10.000 ABITANTI) (a)

1995 1996 1997 1998 1999 2000

Lombardia 9,8 10,5 11,0 12,0 13,7 12,3Veneto 6,5 6,8 6,7 8,4 9,4 8,4Emilia-Romagna 8,2 9,2 10,1 11,3 11,7 13,2Toscana 5,9 6,9 7,1 8,0 9,0 10,2ITALIA 9,8 10,6 11,2 12,4 13,2 12,9(a) La definizione di delitto "violento" è stata rivista e attualmente comprende: i delitti per strage, gli omicidi dolosi,gli infanticidi, gli omicidi preterintenzionali, i tentati omicidi, le lesioni dolose, le violenze sessuali, i sequestri di persona,lgli attentati dinamitardi e/o incendiari, le rapine (gravi e meno gravi)Fonte: Istat, Statistiche giudiziarie penali

Tabella 35INDICE DI CRIMINALITA' DIFFUSAFurti e rapine meno gravi (a) sul totale dei delitti

1995 1996 1997 1998 1999 2000

Lombardia 64,2 58,9 60,3 69,0 66,5 67,3Veneto 63,8 59,1 63,7 62,8 63,7 69,7Emilia-Romagna 61,5 58,5 57,1 63,1 65,3 68,0Toscana 64,6 59,6 60,3 59,9 62,0 62,3ITALIA 60,1 58,6 58,6 62,3 63,8 63,5(a) Comprendono: abigeato, borseggio, scippo, furti in uffici pubblici, in negozi, in appartamenti, su auto in sosta, in ferrovia, di opere d'arte e materiale archeologico, di merci su automezzi pesanti, di autoveicoli, altri furti, furti in dannodi coppie o prostitute, altre rapineFonte: Istat, Statistiche giudiziarie penali

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Tabella 36INFORTUNI SUL LAVORO. EVENTI INDENNIZZATI PER TIPO DI CONSEGUENZA

Inabilità Temporanea

Inabilità Permanente

Morte Totale% inab. perm. e morte sul totale

Lombardia 90.174 1.577 117 91.868 1,8Veneto 59496 750 90 60336 1,4Emilia-Romagna 59462 1163 106 60731 2,1Toscana 40521 911 64 41496 2,3ITALIA 467.214 9.762 789 477.765 2,2

Lombardia 101.836 3.816 163 105.815 3,8Veneto 67.442 2.099 126 69.667 3,2Emilia-Romagna 68.739 2.884 128 71.751 4,2Toscana 45.140 2.378 67 47.585 5,1ITALIA 528.801 24.884 1.076 554.761 4,7Fonte: Inail

Tabella 37FREQUENZA RELATIVA (x 1000 ADDETTI)Rapporto tra eventi lesivi indennizzati (integrati per tenere conto dei casi non ancora liquidati) e numero degli esposti. Media triennio 1997/99

(Per 1000 addettiInabilità

TemporaneaInabilità

PermanenteMorte Totale

Lombardia 33,07 1,40 0,06 34,53Veneto 47,90 1,60 0,09 49,60Emilia-Romagna 49,63 2,21 0,09 51,94Toscana 41,53 2,44 0,08 44,05ITALIA 37,99 1,90 0,09 39,98

Tabella 38RAPPORTO DI GRAVITA' (GIORNATE PERDUTE x ADDETTO)Rapporto tra le conseguenze degli eventi lesivi indennizzati (**) (integrati per tenere conto dei casi non ancora liquidati) e numero degli esposti (*)Media triennio 1997/99

Per addettoInabilità

TemporaneaInabilità

PermanenteMorte Totale

Lombardia 0,7 2,1 0,5 3,3Veneto 1,0 2,6 0,7 4,3Emilia-Romagna 1,0 3,1 0,7 4,8Toscana 0,9 3,1 0,6 4,6ITALIA 0,8 2,7 0,7 4,2(*) Gli esposti sono rappresentati dagli addetti riportati nella I Area tematica (lavoratori dipendenti e autonomi)(**) Tutte le tipologie di conseguenze sono espresse in giornate perdute, quantificate sulla base di convenzioni internazionali recepite dall'U.N.I. (Ente Nazionale Italiano di Unificazione): - INABILITA' TEMPORANEA: giornate effettivamente perdute, compresi i giorni di carenza; - INABILITA' PERMANENTE: ogni grado di inabilità equivale a 75 giornate perdute; - MORTE: ogni caso equivale a 7500 giornate perdute.

Anno 1996

Anno 2000

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Tabella 39RISCHIO SISMICO: NUMERO COMUNI CLASSIFICATI A RISCHIO SISMICO/POPOLAZIONERESIDENTE TOSCANAAggiornamento dati al 1991

Provincia In zona Non in zona Totalesismica sismica

Arezzo 218.488 69,5% 96.076 30,5% 314.564Firenze 967.437 100,0% 0 0,0% 967.437Grosseto 23.227 10,8% 192.788 89,2% 216.015Livorno 248.305 73,8% 88.321 26,2% 336.626Lucca 41.929 11,1% 335.172 88,9% 377.101Massa-Carrara 200.312 100,0% 0 0,0% 200.312Pisa 321.077 83,3% 64.208 16,7% 385.285Pistoia 155.026 58,6% 109.596 41,4% 264.622Prato 217.244 100,0% 0 0,0% 217.244Siena 180.778 72,1% 69.962 27,9% 250.740TOSCANA 2.573.823 72,9% 956.123 27,1% 3.529.946Fonte: Censimento ISTAT 1991

Tabella 40RISCHIO SISMICO: % COMUNI CLASSIFICATI A RISCHIO SISMICODATI REGIONALI/ITALIA

Regione N° N° comuni complessivo a rischio

comuni sismico

Lombardia 1.546 41 2,7Veneto 582 86 14,8Emilia-Romagna 341 89 26,1Toscana 287 182 63,4ITALIA 8.086 2.960 36,6Fonte: Censimento ISTAT 1991

Tabella 41RISCHIO SISMICO: COMUNI CLASSIFICATI A RISCHIO SISMICO/POPOLAZIONE RESIDENTE ITALIAAggiornamento dati al 1991

In zona % Non in zona % Totalesismica sismica

Lombardia 133.380 1,5% 8.758.620 98,5% 8.892.000Veneto 464.915 10,7% 3.880.085 89,3% 4.345.000Emilia-Romagna 930.130 23,5% 3.027.870 76,5% 3.958.000Toscana 2.573.823 72,9% 956.123 27,1% 3.529.946ITALIA 22.509.651 39,8% 34.047.260 60,2% 56.556.911

Popolazione residente

Popolazione residente

% %

% comuni a rischio

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Tabella 42QUOTA DI PERSONE IN CERCA DI OCCUPAZIONE DA OLTRE 12 MESI SUL TOTALE DELLE PERSONE IN CERCA DI OCCUPAZIONE

1995 2001 1995 2001 % lunga Tax Dis

Lombardia 39,1 40,0 6,1 3,7 2,2 -39,3Veneto 37,4 26,1 5,6 3,5 -30,1 -37,1Emilia-Romagna 27,8 28,7 5,9 3,8 3,3 -35,0Toscana 49,9 39,3 8,3 5,1 -21,4 -38,3ITALIA 53,6 61,6 11,6 9,5 15,0 -18,4Fonte: Istat, Indagine trimestrale sulle forze di lavoro

Tabella 43TASSO DI DISOCCUPAZIONE PER SESSO

1995 2001 1995 2001 1995 2001

Lombardia 4,1 2,5 9,2 5,5 6,1 3,7Veneto 3,6 2,1 8,9 5,5 5,6 3,5Emilia-Romagna 3,4 2,6 9,3 5,3 5,9 3,8Toscana 5,0 3,0 13,1 8,0 8,3 5,1ITALIA 9,0 7,3 16,2 13,0 11,6 9,5Fonte: Indagine ISTAT sulle Forze di Lavoro

Tabella 44TASSO DI DISOCCUPAZIONE GIOVANILE 15-24 ANNI

1995 2001

Lombardia 18,8 10,0Veneto 13,6 8,7Emilia-Romagna 17,2 10,4Toscana 25,3 16,9ITALIA 33,8 28,2Fonte: Indagine ISTAT sulle Forze di Lavoro

Tabella 45TASSO DI OCCUPAZIONE 15-64 ANNI PER SESSO

1995 2001 1995 2001 1995 2001 1995 2001

Lombardia 71,3 73,7 43,9 50,5 57,7 62,2 57,7 62,2Veneto 72,9 74,9 42,3 50,1 57,7 62,7 57,7 62,7Emilia-Romagna 72,6 75,3 50,0 57,4 61,3 66,4 61,3 66,4Toscana 69,8 72,2 42,7 50,1 56,2 61,1 56,2 61,1ITALIA 66,0 68,1 35,4 41,1 50,6 54,6 50,6 54,6Fonte: Indagine ISTAT sulle Forze di Lavoro

Tabella 46TASSO DI OCCUPAZIONE 55-64 ANNI

1995 2001

Lombardia 24,0 22,6Veneto 25,2 24,9Emilia-Romagna 28,6 28,1Toscana 29,9 28,9ITALIA 28,5 28,0Fonte: Indagine ISTAT sulle Forze di Lavoro

% lunga durata Tasso disocc. Variazione %

Unità di Lavoro su

Maschi Femmine Totale

TotaleFemmineMaschi Pop. 15-64 (Totale)

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Tabella 47DISTRIBUZIONE % DEGLI OCCUPATI PER TITOLO DI STUDIOAnni 1995 e 2001

Università Maturità Qualifica senza Media Elementareaccesso Univ. Inferiore No titolo TOTALE

Lombardia 9,7 26,6 8,4 39,3 16,0 100,0Veneto 7,2 23,5 10,3 40,7 18,3 100,0Emilia-Romagna 8,9 26,5 8,6 35,9 20,1 100,0Toscana 8,6 26,7 6,4 37,1 21,2 100,0ITALIA 9,7 26,5 6,9 38,0 19,0 100,0

Lombardia 12,3 31,9 11,3 34,6 9,9 100,0Veneto 10,2 29,6 12,0 37,1 11,1 100,0Emilia-Romagna 12,3 32,1 9,8 33,4 12,6 100,0Toscana 11,5 32,1 6,1 37,0 13,3 100,0ITALIA 12,4 32,2 8,0 35,5 11,9 100,0Fonte: Indagine ISTAT sulle Forze di Lavoro

2001

1995

Titolo di Studio

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Tabella 48COMPOSIZIONE ASSUNZIONI PREVISTE PER TITOLO DI STUDIOAssunzioni previste per il 2001. Distribuzione % per titolo di studio

Media Inferiore

Professionale Maturità UniversitàMaturità + Università

Totale Assunzioni

Media Inferiore V.A.

Professionale V.A.

Maturità V.A.

Università V.A.

Maturità + Università V.A.

Lombardia 30,9 23,8 34,9 10,5 45,4 153.238 47.301 36.418 53.495 16.024 69.519Veneto 39,3 22,8 33,2 4,7 37,9 82.337 32.355 18.806 27.333 3.843 31.176Emilia-Romagna 38,7 20,9 34,2 6,2 40,4 69.947 27.097 14.597 23.912 4.341 28.253Toscana 44,6 18,7 31,4 5,3 36,7 42.209 18.813 7.896 13.274 2.226 15.500ITALIA 39,9 20,9 32,0 7,2 39,2 713.558 284.782 148.931 228.590 51.255 279.845

Tabella 49COMPOSIZIONE ASSUNZIONI PREVISTE PER TITOLO DI STUDIO

Media Inferiore

Professionale Maturità UniversitàMaturità+ Università

Totale Valori assoluti

% sul Totale Assunzioni

Lombardia 32,0 46,5 52,5 70,1 56,5 71.372 46,6Veneto 28,1 40,3 52,5 64,5 53,9 33.490 40,7Emilia-Romagna 35,4 44,2 56,6 67,4 58,2 32.490 46,4Toscana 21,1 27,2 43,8 82,8 49,4 13.785 32,7ITALIA 26,1 39,7 49,4 67,7 52,7 280.904 39,4

Lombardia 31,6 24,8 13,6 12,9 13,4 33.294 21,7Veneto 34,5 26,3 17,2 11,4 16,5 21.234 25,8Emilia-Romagna 39,8 31,2 17,6 8,6 16,2 19.923 28,5Toscana 25,4 20,5 13,7 5,8 12,6 8.349 19,8ITALIA 27,4 24,0 13,1 11,0 12,7 149.468 20,9Fonte: Indagine Excelsior

Assunzioni previste per il 2001 per titolo di studioQuota % di assunzioni di Extra-Comunitari

Assunzioni previste per il 2001 per titolo di studioQuota % di assunzioni con necessità di formazione Post-Assunzione

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Tabella 50QUOTA % OCCUPATI DIPENDENTI A TEMPO DETERMINATO SU TOTALE

1995 2001

Lombardia 4,9 6,4 Veneto 6,6 7,5 Emilia-Romagna 7,4 9,9 Toscana 5,9 8,7 ITALIA 7,3 9,8 Fonte: Istat

Tabella 51QUOTA % OCCUPATI A PART-TIME SU TOTALE

1995 2001

Lombardia 7,0 8,8 Veneto 7,2 9,8 Emilia-Romagna 6,7 8,8 Toscana 7,3 9,4 ITALIA 6,3 8,4 Fonte: Istat

Tabella 52PESO % CONTRIBUENTI "COCOCO" SU TOTALE OCCUPATI 1999

Territorio Maschi Femmine Totale

Lombardia 8,5 9,3 8,8 Veneto 6,2 9,2 7,3 Emilia-Romagna 6,8 5,2 6,1 Toscana 6,5 5,3 6,0 ITALIA 5,2 6,1 5,5 Fonte: Inps

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Tabella 53DIVARIO RETRIBUTIVO TRA I SESSIRapporto tra retribuzione media maschi e retribuzione media femmine

Media Media Media Media Media Media Media Media91-93 95-97 91-93 95-97 91-93 95-97 91-93 95-97

Lombardia 120,6 116,9 141,8 141,1 123,7 123,2 130,1 129,2Veneto 118,3 122,7 144,8 145,3 122,4 120,7 127,4 125,6Emilia-Romagna 121,9 119,7 142,7 143,7 120,7 120,3 126,5 125,5Toscana 126,5 118,7 142,6 141,7 123,6 121,6 126,4 124,4ITALIA 123,7 120,5 142,3 141,2 123,6 121,9 127,4 125,6Fonte: INPS

Tabella 54UNITA' DI LAVORO IRREGOLARI (a) SUL TOTALE DELLEUNITA' DI LAVOROValori %

1999

Lombardia 10,9Veneto 11,0Emilia-Romagna 10,4Toscana 12,8ITALIA 15,1(a) Le unità di lavoro irregolari comprendono le seguenti tipologie di attività lavorative: - continuative svolte senza il rispetto della normativa vigente; - occasionali svolte da persone che si dichiarano non attive in quanto studenti, casalinghe o pensionati; - degli stranieri residenti e non regolari; - plurime non dichiarate alle istituzioni fiscali.Fonte: ISTAT Conti Territoriali

Tabella 55ADULTI OCCUPATI NELLA CLASSE D'ETÀ 25-64 ANNI CHE PARTECIPANO AD ATTIVITA' FORMATIVE E DI ISTRUZIONE PER 100 ADULTI OCCUPATI NELLA CLASSE D'ETÀ CORRISPONDENTEValori %

1995 2001

Lombardia 3,6 4,2Veneto 3,8 5,8Emilia-Romagna 4,3 6,0Toscana 3,7 5,4ITALIA 2,9 4,0Fonte: Indagine ISTAT sulle Forze di Lavoro

Tabella 56ADULTI INOCCUPATI (DISOCCUPATI+NON FORZE DI LAVORO) NELLA CLASSE D'ETÀ 25-64 ANNI CHE PARTECIPANO AD ATTIVITÀ FORMATIVE E DI ISTRUZIONE PER 100 ADULTI INOCCUPATI NELLA CLASSE D'ETÀ CORRISPONDENTE Valori %

1995 2001

Lombardia 4,6 5,4Veneto 5,3 7,0Emilia-Romagna 5,2 6,0Toscana 4,7 8,1ITALIA 5,1 6,6Fonte: Indagine ISTAT sulle Forze di Lavoro

10,711,914,5

TOTALE

1995

11,411,2

Dirigenti OperaiImpiegati

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Tabella 57POPOLAZIONE RESIDENTE DI ETÀ SUPERIORE A 6 ANNI PER GRADO DI ISTRUZIONE, SESSO E REGIONE DI RESIDENZAMedia 1998. Valori assoluti (dati in migliaia) e valori %

Val.ass. Val. % Val.ass. Val. % Val.ass. Val. % Val.ass. Val. % Val.ass. Val. % Val.ass. Val. % Val.ass. Val. %

Lombardia 1.223 30,0 1.400 34,3 215 5,3 899 22,0 14 0,3 331 8,1 4.083 100,0Veneto 667 32,8 677 33,3 157 7,7 394 19,4 5 0,2 130 6,4 2.031 100,0Emilia-Romagna 638 35,3 559 30,9 103 5,7 372 20,6 6 0,3 129 7,1 1.808 100,0Toscana 578 36,1 527 32,9 66 4,1 323 20,1 5 0,3 104 6,5 1.603 100,0ITALIA 8.788 33,7 8.814 33,8 1.108 4,3 5.493 21,1 83 0,3 1.747 6,7 26.042 100,0

Lombardia 1.682 38,5 1.270 29,1 314 7,2 842 19,3 26 0,6 230 5,3 4.365 100,0Veneto 916 42,6 622 28,9 153 7,1 360 16,7 14 0,7 86 4,0 2.150 100,0Emilia-Romagna 834 43,2 473 24,5 116 6,0 388 20,1 13 0,7 108 5,6 1.931 100,0Toscana 800 46,1 431 24,8 79 4,5 340 19,6 11 0,6 77 4,4 1.737 100,0ITALIA 11.658 42,0 7.099 28,2 1.309 4,7 5.492 19,8 148 0,5 1.329 4,8 27.036 100,0

Lombardia 2.905 34,4 2.671 31,6 529 6,3 1.742 20,6 40 0,5 561 6,6 8.448 100,0Veneto 1.583 37,9 1.299 31,1 310 7,4 754 18,0 19 0,5 216 5,2 4.181 100,0Emilia-Romagna 1.472 39,4 1.032 27,6 219 5,9 760 20,3 19 0,5 237 6,3 3.739 100,0Toscana 1.378 41,3 957 28,7 145 4,3 662 19,8 15 0,4 181 5,4 3.340 100,0ITALIA 20.443 38,0 16.622 30,9 2.417 4,5 10.985 20,4 231 0,4 3.074 5,7 53.781 100,0(a) Il totale della popolazione differisce da quello della tavola 9.1 perché in questo caso si tratta della popolazione stimata con l'indagine sulle "Forze di lavoro"Fonte: ISTAT - Servizio "Formazione e lavoro"

Totale (a)

GRADO DI ISTRUZIONE

MASCHI

Licenza scuola elementare o Nessun titolo

Licenza scuola media inferiore

Qualifica professionaleDiploma scuola media

superioreDiploma universitario Laurea e Dottorato

FEMMINE

TOTALE

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Tabella 58POPOLAZIONE RESIDENTE DI ETÀ SUPERIORE A 6 ANNI PER GRADO DI ISTRUZIONE, SESSO E REGIONE DI RESIDENZAMedia 1999. Valori assoluti (dati in migliaia) e valori %

Val.ass. Val. % Val.ass. Val. % Val.ass. Val. % Val.ass. Val. % Val.ass. Val. % Val.ass. Val. % Val.ass. Val. %

MASCHI

Lombardia 1.479 34,0 1.377 31,7 252 5,8 941 21,6 24 0,6 275 6,3 4.347 100,0Veneto 798 36,9 670 31,0 161 7,4 401 18,5 9 0,4 124 5,7 2.164 100,0Emilia-Romagna 723 38,0 556 29,2 108 5,7 382 20,1 10 0,5 122 6,4 1.901 100,0Toscana 647 38,4 518 30,8 72 4,3 347 20,6 8 0,5 92 5,5 1.683 100,0ITALIA 10.343 37,3 8.730 31,5 1.209 4,4 5.724 20,6 131 0,5 1.605 5,8 27.739 100,0

Lombardia 1.921 41,8 1.233 26,8 337 7,3 846 18,4 33 0,7 226 4,9 4.597 100,0Veneto 1.050 46,3 597 26,3 157 6,9 362 16,0 19 0,8 83 3,7 2.267 100,0Emilia-Romagna 929 45,9 466 23,0 110 5,4 397 19,6 15 0,7 106 5,2 2.023 100,0Toscana 862 47,7 428 23,7 81 4,5 346 19,1 13 0,7 79 4,4 1.809 100,0ITALIA 13.257 45,2 7.675 26,2 1.346 4,6 5.530 18,8 191 0,7 1.342 4,6 29.339 100,0

Lombardia 3.400 38,0 2.609 29,2 589 6,6 1.787 20,0 57 0,6 502 5,6 8.944 100,0Veneto 1.848 41,7 1.267 28,6 318 7,2 763 17,2 28 0,6 207 4,7 4.431 100,0Emilia-Romagna 1.652 42,1 1.022 26,1 218 5,6 779 19,9 25 0,6 227 5,8 3.923 100,0Toscana 1.509 43,2 946 27,1 153 4,4 692 19,8 21 0,6 172 4,9 3.492 100,0ITALIA 23.598 41,3 16.404 28,7 2.554 4,5 11.255 19,7 320 0,6 2.947 5,2 57.078 100,0(a) Il totale della popolazione differisce da quello della tavola 9.1 perché in questo caso si tratta della popolazione stimata con l'indagine sulle "Forze di lavoro"Fonte: ISTAT - Servizio "Formazione e lavoro"

Licenza scuola elementare o Licenza scuola media Qualifica professionale Diploma scuola media Diploma universitario Laurea e Dottorato Totale (a)

FEMMINE

TOTALE

GRADO DI ISTRUZIONE

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Tabella 59QUOTA DELLA POPOLAZIONE DI 15-19 ANNI IN POSSESSO ALMENO DELLA LICENZA MEDIA INFERIOREValori %

1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

Lombardia 96,4 95,9 96,2 96,0 95,3 96,4 96,1Veneto 96,9 96,7 97,2 97,3 96,8 97,0 97,1Emilia-Romagna 95,0 95,5 96,0 96,0 95,2 96,2 95,4Toscana 96,5 96,2 95,0 95,1 95,8 95,2 95,4ITALIA 95,0 95,2 95,1 95,1 95,4 95,6 95,4N.B. Oltre a coloro che hanno conseguito il diploma di scuola media inferiore sono conteggiati anche coloro che hanno conseguito la qualifica professionale e il diploma di scuola media superiore, nella fascia di età 15-19 anniFonte: Istat, Indagine trimestrale sulle forze di lavoro

Tabella 60TASSO DI PARTECIPAZIONE LORDO NELL'ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE (a)Valori %

1994/95 1995/96 1996/97 1997/98

Lombardia 73,8 75,4 76,9 77,9Veneto 75,9 77,8 79,0 80,0Emilia-Romagna 82,5 85,1 86,7 88,2Toscana 84,6 87,1 87,8 88,1ITALIA 76,4 78,5 79,7 80,5(a) Il tasso è calcolato rapportando il totale degli iscritti alle scuole superiori, sulla popolazione residente nella classe d'età 14-18 anni Fonte: Istat, Statistiche sull'istruzione - Miur

Tabella 61LAUREATI IN DISCIPLINE TECNICO-SCENTIFICIHE (a) SUL TOTALE DEI LAUREATIValori %

Regioni A. solare 1999

Lombardia 31,8Veneto 29,4Emilia-Romagna 33,2Toscana 31,6ITALIA 30,0(a) Sono stati considerati i seguenti corsi di laurea: Ingegneria, Medicina eVeterinaria, Agraria, Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, Farmacia(b) A partire dall'A.A. 1997/98 la rilevazione è di competenza del MiurFonte: Elaborazioni ISTAT su dati Miur

35,732,0

A. solare 1995

35,328,334,9

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Tabella 62PRODOTTO INTERNO LORDO. VALORI ASSOLUTI E PER ABITANTEValori in Euro Correnti e Variazione % in termini reali

1995 2000 1995 euro 2000 euro 2000-1995 Media per anno

Lombardia 189.934 241.680 21.299 26.405 10,0 1,66Veneto 83.953 107.220 18.961 23.533 13,1 2,19Emilia-Romagna 80.829 103.513 20.601 25.721 11,9 1,99Toscana 62.062 78.289 17.608 22.027 9,9 1,65ITALIA 923.052 1.165.677 16.109 20.123 9,8 1,64

Tabella 63PRODUTTIVITA' DEL LAVORO. VALORE AGGIUNTO A PREZZI BASE PER UNITA' DI LAVOROValori in Euro Correnti e a Prezzi 1995 e Variazione %

1995 2000 1995 euro 2000 euro 2000-1995 Media per anno

Lombardia 43.711 52.160 43.711 46.141 5,6 0,9Veneto 38.734 45.576 38.734 40.620 4,9 0,8Emilia-Romagna 39.928 47.309 39.928 42.069 5,4 0,9Toscana 37.479 44.919 37.479 39.647 5,8 1,0ITALIA 38.558 45.977 38.558 40.502 5,0 0,8

Tabella 64COSTO DEL LAVORO - REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE PER UNITA'DI LAVORO DIPENDENTIValori in Euro Correnti e Variazione % reale (2000 deflazionato)

1995 2000 2000-1995 Media per anno

Lombardia 27.446 31.315 1,8 0,3Veneto 24.555 28.016 1,8 0,3Emilia-Romagna 26.050 29.777 2,0 0,3Toscana 24.838 28.266 1,5 0,3ITALIA 25.148 28.810 2,2 0,4Fonti: Istat, Irpet

Variazione % realeCosto Lavoro

per Dip. in Euro

Variazione % realePIL/Ab. in EuroPIL in milioni di Euro

VA/UL in Euro VA/UL in Euro prezzi 1995 Variazione % reale

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Tabella 65INDICATORI DI REDDITIVITA' E COMPETITIVITA' DELLE IMPRESEMedia triennale imprese industriali < 250 addetti

Roe al lordo Roe al netto Debiti fin. bancari Debiti fin. entro Passivo corrente Debiti fin. bancari Debiti finanziari imposte imposte entro esercizio su esercizio su su totale passivo entro esercizio su entro esercizio su

patrimonio netto patrimonio netto totale passivo totale passivo

Media 1992-1994

Lombardia 10,4 2,6 77,3 93,7 58,3 19 23,1Veneto 14,6 5,0 95,2 104,6 60,7 22,1 24,2Emilia-Romagna 12,7 4,6 86,2 100,1 59,4 20,6 23,9Toscana 12,4 5,4 113,0 122,5 63,7 24,4 26,5ITALIA 10,2 3,1 83,1 97,5 58,4 20,1 23,6

Media 1998-2000

Lombardia 21,8 10,2 68,7 85,4 56,7 17,5 21,8Veneto 21,0 9,0 86,0 95,8 58,9 21,1 23,5Emilia-Romagna 19,5 9,2 73,0 86,8 56,8 18,8 22,4Toscana 17,5 8,4 96,3 102,0 59,8 22,7 24,1ITALIA 18,9 8,8 72,8 86,7 57,0 18,8 22,3

Differenze

Lombardia 11,5 7,6 -8,6 -8,4 -1,6 -1,5 -1,3Veneto 6,3 4,0 -9,2 -8,8 -1,8 -1,0 -0,7Emilia-Romagna 6,8 4,6 -13,1 -13,3 -2,5 -1,8 -1,5Toscana 5,1 3,0 -16,7 -20,4 -3,9 -1,7 -2,4ITALIA 8,7 5,7 -10,2 -10,9 -1,4 -1,3 -1,3

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Tabella 66ADDETTI ALLA R&S PER 1.000 ABITANTI (A) E SPESE PER R&S DELLA PAE DELLE IMPRESE PUBBLICHE E PRIVATE IN PERCENTUALE DEL PIL

1995 19 1995 1999 1995 1999

Lombardia 3,4 3,4 0,3 0,2 0,9 0,5Veneto 1,5 1,5 0,3 0,2 0,2 0,1Emilia-Romagna 2,8 3,1 0,4 0,3 0,4 0,3Toscana 2,6 2,5 0,6 0,4 0,3 0,2ITALIA 2,5 2,5 0,5 0,3 0,5 0,3Fonte: ISTAT Statistiche sulla ricerca scientifica(a) Comprende ricercatori, tecnici e altro personale addetto alla ricerca; il numero è espresso in unità equivalenti tempo pieno

Tabella 67ESPORTAZIONI "PRODOTTI AVANZATI"% sul PIL regionale

1995 2001

Lombardia 7,8% 8,4% 0,6%Veneto 4,5% 5,3% 0,8%Emilia-Romagna 4,5% 5,6% 1,1%Toscana 2,7% 3,6% 0,9%

ITALIA 4,0% 4,5% 0,5%

Sono state selezionate le seguenti voci:

Ateco91 Descrizione

221 Editoria244 Fabbric. prodotti farmaceutici, chimici e botanici per usi medicinali291 Fabbric. macchine e appar. per energia meccan., escluso motori per veicoli295 Fabbricazione di altre macchine per impieghi speciali300 Fabbricazione di macchine per ufficio, di elaboratori e sistemi informatici321 Fabbric. di tubi e valvole elettronici e di altri componenti elettronici322 Fabbric. apparecchi trasmittenti per radiodiffus., televisione e telefonia323 Fabbric. apparec. riceventi per radiodiff., televisione e prod. connessi331 Fabbricazione di apparecchi medicali, chirurgici e ortopedici332 Fabbric. di strumenti e apparec. di misurazione, controllo, prova e simili334 Fabbricazione di strumenti ottici e di attrezzature fotografiche335 Fabbricazione di orologi722 Fornitura di software e consulenza in materia di informatica921 Produzioni e distribuzioni cinematografiche e di video923 Altre attività dello spettacoloFonte: ISTAT Statistiche sul Commercio Estero

Tabella 68IMPRESE ATTIVE NELLA K 72 INFORMATIVA E ATTIVITA' CONNESSE

2001 1995 2001 1995 2001

Lombardia 1,8 2,7 4,0 7,4 9,6Veneto 1,4 2,2 3,1 6,4 7,9Emilia-Romagna 1,3 2,0 2,8 5,3 6,9Toscana 1,4 2,5 3,3 6,6 7,6ITALIA 1,2 1,9 2,9 4,9 6,7Fonte: UnionCamere - MOVIMPRESE

18,824,6

7,1

Addetti Spesa PA Spesa Imprese

Diff. Assoluta

Diff. %

Per 1.000 occupati nel terziario (escluso

commercio)Per 1.000 abitanti

1995

1,2

Per 1.000 attivi

0,90,9

0,7

34,112,2

1,0

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Tabella 69TOSCANA-EUROPA: PILValori espressi in milioni di PPS (Purchasing power parities)

ordine geo 1995 1999

1 eu15 European Union (15 countries) 6.581.431 8.003.8113 eurozone Euro-zone (EUR-11 up to 31.12.2000 / EUR-12 from 1.1.2001) 5.200.399 6.229.8134 be Belgium 200.858 238.7795 dk Denmark 108.854 134.4606 de Federal Republic of Germany (including ex-GDR from 1991) 1.585.880 1.844.8987 gr Greece 121.681 150.4888 es Spain 541.393 673.1339 fr France 1.088.835 1.267.473

10 ie Ireland 59.197 88.32111 it Italy 1.046.024 1.256.53712 it2 Lombardia 216.686 260.16013 it32 Veneto 95.268 115.09014 it4 Emilia-Romagna 91.821 110.13715 it51 Toscana 70.084 84.45216 lu Luxembourg 12.568 16.70917 nl Netherlands 298.069 387.86618 at Austria 156.634 188.71719 pt Portugal 123.548 156.70920 fi Finland 87.393 110.67221 se Sweden 159.800 191.81622 uk United Kingdom 990.697 1.297.234

1 eu15 European Union (15 countries) 100,0 100,03 eurozone Euro-zone (EUR-11 up to 31.12.2000 / EUR-12 from 1.1.2001) 101,6 100,24 be Belgium 112,4 110,05 dk Denmark 118,2 119,06 de Federal Republic of Germany (including ex-GDR from 1991) 110,1 105,87 gr Greece 66,0 67,38 es Spain 78,3 80,49 fr France 104,1 99,2

10 ie Ireland 93,2 111,111 it Italy 103,5 102,612 it2 Lombardia 137,8 135,413 it32 Veneto 122,0 120,414 it4 Emilia-Romagna 132,7 130,615 it51 Toscana 112,8 112,616 lu Luxembourg 172,6 180,517 nl Netherlands 109,4 115,518 at Austria 110,4 109,819 pt Portugal 70,7 73,920 fi Finland 97,0 100,921 se Sweden 102,7 102,022 uk United Kingdom 95,9 102,8Fonte: EUROSTAT

VALORI ASSOLUTI

PROCAPITE

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Tabella 70TASSO DI OCCUPAZIONE 15-64 ANNI PER SESSO

ordine geo F M TOT F M TOT F M TOT F M TOT

1 eu15 Union européenne (15 pays) 50,2 71,1 60,6 54,3 73,4 63,8 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,02 eurozone Zone euro (EUR-11 jusqu'au 31.12.2000 / EUR-12 à partir du 1.1.2001) 47,3 69,6 58,4 51,6 71,8 61,7 94,2 97,9 96,4 95,0 97,8 96,73 be Belgique 45,7 67,4 56,6 52,2 70,3 61,3 91,0 94,8 93,4 96,1 95,8 96,14 dk Danemark 67,2 81,7 74,5 72,2 80,9 76,6 133,9 114,9 122,9 133,0 110,2 120,15 de République fédérale d'Allemagne (incluant l'ex-RDA à partir de 1991) 55,8 74,7 65,3 58,2 73,6 66,0 111,2 105,1 107,8 107,2 100,3 103,46 gr Grèce 39,0 75,1 56,4 42,1 73,6 57,4 77,7 105,6 93,1 77,5 100,3 90,07 es Espagne 31,6 61,4 46,4 40,6 70,2 55,2 62,9 86,4 76,6 74,8 95,6 86,58 fr France 52,3 67,7 59,8 55,0 69,1 61,9 104,2 95,2 98,7 101,3 94,1 97,09 ie Irlande 41,9 69,1 55,5 53,3 77,0 65,2 83,5 97,2 91,6 98,2 104,9 102,2

10 it Italie 36,0 66,8 51,2 39,7 68,8 54,2 71,7 94,0 84,5 73,1 93,7 85,011 it2 Lombardia 44,3 72,2 58,2 48,4 74,6 61,5 88,2 101,5 96,0 89,1 101,6 96,412 it32 Veneto 41,5 74,3 57,9 48,8 75,6 62,3 82,7 104,5 95,5 89,9 103,0 97,613 it4 Emilia-Romagna 49,5 73,9 61,6 56,0 76,0 66,0 98,6 103,9 101,7 103,1 103,5 103,414 it51 Toscana 43,7 71,2 57,3 48,5 72,4 60,4 87,1 100,1 94,6 89,3 98,6 94,715 lu Luxembourg 42,5 74,7 58,9 50,2 75,2 62,9 84,7 105,1 97,2 92,4 102,5 98,616 nl Pays-Bas 53,4 75,8 64,8 58,8 77,9 68,5 106,4 106,6 106,9 108,3 106,1 107,417 at Autriche 59,9 78,5 69,2 60,2 77,0 68,6 119,3 110,4 114,2 110,9 104,9 107,518 pt1 Portugal (Continent) 57,1 75,2 65,8 64,6 81,2 72,7 113,7 105,8 108,6 119,0 110,6 113,919 fi Finlande 58,6 62,2 60,4 65,3 71,5 68,4 116,7 87,5 99,7 120,3 97,4 107,220 se Suède 73,1 76,5 74,8 68,3 73,2 70,8 145,6 107,6 123,4 125,8 99,7 111,021 uk Royaume-Uni 62,3 76,3 69,3 65,2 79,1 72,2 124,1 107,3 114,4 120,1 107,8 113,2

Fonte: EUROSTAT

1995 2000 1995 2000

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Tabella 71TASSO DI ATTIVITA' 55-64 ANNI

ordine geo 1995 2000 1995 2000

1 eu15 European Union (15 countries) 38,9 40,6 100,0 100,03 eurozone Euro-zone (EUR-11 up to 31.12.2000 / EUR-12 from 1.1.2001) - - - -4 be Belgium 24,2 25,9 62,2 63,85 dk Denmark 53,6 56,9 137,8 140,16 de Federal Republic of Germany (including ex-GDR from 1991) 42,8 42,9 110,0 105,77 gr Greece 41,9 40,6 107,7 100,08 es Spain 36,3 40,7 93,3 100,29 fr France 31,4 31,6 80,7 77,8

10 ie Ireland 43,0 46,3 110,5 114,011 it Italy 28,3 28,6 72,8 70,412 it2 Lombardia 22,6 22,7 58,1 55,913 it32 Veneto 25,8 25,6 66,3 63,114 it4 Emilia-Romagna 28,2 28,8 72,5 70,915 it51 Toscana 28,5 28,5 73,3 70,216 lu Luxembourg 24,0 27,6 61,7 68,017 nl Netherlands 29,9 38,6 76,9 95,118 at Austria 30,2 31,4 77,6 77,319 pt Portugal 47,4 53,5 121,9 131,820 fi Finland 39,6 45,5 101,8 112,121 se Sweden 68,1 68,4 175,1 168,522 uk United Kingdom 51,5 52,8 132,4 130,0

Fonte: EUROSTAT

1995 1999 1995 1999

27,4 29,5 38,9 40,324,0 26,3 35,6 37,113,3 16,1 24,2 26,240,1 50,6 53,6 56,631,3 33,8 42,8 44,124,5 24,4 41,9 40,219,7 21,5 36,3 38,527,1 27,0 31,4 30,821,0 26,9 43,0 45,713,8 15,9 28,3 28,910,4 13,4 22,6 24,610,5 13,6 25,8 25,317,9 20,1 28,2 29,716,5 18,9 28,5 27,813,3 17,7 24,0 26,518,6 22,8 29,9 36,318,8 18,3 30,2 30,734,5 42,8 47,4 53,237,7 42,2 39,6 43,864,0 65,8 68,1 69,440,9 41,1 51,5 52,1

Femmine Totale

eu15 European Union (15 countries)eurozone Euro-zone (EUR-11 up to 31.12.2000 / EUR-12 from 1.1.2001)

Tabella 72TASSO DI ATTIVITA' 55-64 ANNI - PER SESSO

be Belgiumdk Denmarkde Federal Republic of Germany (including ex-GDR from 1991)gr Greecees Spainfr Franceie Irelandit Italyit2 Lombardiait32 Venetoit4 Emilia-Romagnait51 Toscanalu Luxembourgnl Netherlandsat Austriapt Portugalfi Finlandse Swedenuk United KingdomFonte: EUROSTAT

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Tabella 73TASSO DI DISOCCUPAZIONE PER SESSO

ordine geo F M TOT F M TOT F M TOT F M TOT

1 eu15 Union européenne (15 pays) 12,4 9,4 10,7 9,9 7,2 8,4 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,02 eurozone Zone euro (EUR-11 jusqu'au 31.12.2000 / EUR-12 à partir du 1.1.2001) 13,9 9,4 11,3 11,1 7,5 9,1 112,1 100,0 105,6 112,1 104,2 108,33 be Belgique 12,3 7,4 9,4 8,4 5,4 6,7 99,2 78,7 87,9 84,8 75,0 79,84 dk Danemark 8,9 6,2 7,4 5,1 4,4 4,7 71,8 66,0 69,2 51,5 61,1 56,05 de République fédérale d'Allemagne (incluant l'ex-RDA à partir de 1991) 8,9 7,8 8,2 8,5 7,9 8,1 71,5 82,8 76,6 85,9 109,7 96,46 gr Grèce 13,8 6,2 9,1 16,7 7,3 11,1 111,3 66,0 85,0 168,7 101,4 132,17 es Espagne 30,8 18,3 23,1 21,0 10,0 14,4 248,4 194,7 215,9 212,1 138,9 171,48 fr France 13,5 9,5 11,3 11,5 8,0 9,6 108,9 101,1 105,6 116,2 111,1 114,39 ie Irlande 12,3 12,2 12,2 4,3 4,4 4,4 99,2 129,8 114,0 43,4 61,1 52,4

10 it Italie 16,4 9,2 11,9 14,8 8,3 10,8 132,3 97,9 111,2 149,5 115,3 128,611 it2 Lombardia 9,4 3,5 6,1 6,9 2,9 4,5 75,8 37,2 57,0 69,7 40,3 53,612 it32 Veneto 8,9 3,1 5,6 6,6 2,6 4,2 71,8 33,0 52,3 66,7 36,1 50,013 it4 Emilia-Romagna 8,5 3,7 6,1 6,5 3,4 4,7 68,5 39,4 57,0 65,7 47,2 56,014 it51 Toscana 12,5 4,8 8,4 9,3 4,9 6,7 100,8 51,1 78,5 93,9 68,1 79,815 lu Luxembourg 4,2 2,0 2,8 3,2 1,9 2,4 33,9 21,3 26,2 32,3 26,4 28,616 nl Pays-Bas 8,5 6,0 7,0 3,8 2,1 2,8 68,5 63,8 65,4 38,4 29,2 33,317 at Autriche 5,2 2,8 3,9 4,4 3,5 3,9 41,9 29,8 36,4 44,4 48,6 46,418 pt1 Portugal (Continent) 8,1 6,7 7,3 5,1 3,4 4,2 65,3 71,3 68,2 51,5 47,2 50,019 fi Finlande 15,3 16,9 16,2 10,6 11,4 11,0 123,4 179,8 151,4 107,1 158,3 131,020 se Suède 7,6 9,7 8,7 6,0 6,4 6,2 61,3 103,2 81,3 60,6 88,9 73,821 uk Royaume-Uni 6,7 10,3 8,7 4,9 6,1 5,6 53,9 109,5 81,3 49,5 84,7 66,7

Fonte: EUROSTAT

1995 2000 1995 2000

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Tabella 74TASSO DI DISOCCUPAZIONE PER SESSO NELLE PROVINCE TOSCANE - ANNI 2000 E 2001

Femmine Maschi Maschi e Femmine

Massa 17,3 8,5 11,9Lucca 5,8 4,2 4,8Pistoia 8,5 3,6 5,6Firenze 7,6 4,1 5,6Livorno 12,0 5,7 8,4Pisa 8,4 2,3 4,8Arezzo 10,3 3,7 6,5Siena 5,3 1,8 3,4Grosseto 14,9 4,5 8,8Prato 8,0 3,1 5,2TOSCANA 9,0 4,0 6,1

Massa 11,9 3,4 6,8Lucca 7,9 2,5 4,5Pistoia 8,5 2,9 5,4Firenze 5,5 3,2 4,2Livorno 13,6 4,8 8,5Pisa 5,8 2,8 4,0Arezzo 8,0 2,1 4,7Siena 4,9 1,6 3,0Grosseto 12,1 3,7 7,2Prato 9,7 3,0 5,9TOSCANA 8,0 3,0 5,1

Anno 2000

Anno 2001

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Tabella 75TASSO DI DISOCCUPAZIONE GIOVANILE 15-24 ANNI

ordine geo 1995 2000 1995 2000

1 eu15 Union européenne (15 pays) 21,1 16,1 100,0 100,02 eurozone Zone euro (EUR-11 jusqu'au 31.12.2000 / EUR-12 à partir du 1.1.2001) 22,8 17,1 108,1 106,23 be Belgique 21,9 16,0 103,8 99,44 dk Danemark 10,8 7,4 51,2 46,05 de République fédérale d'Allemagne (incluant l'ex-RDA à partir de 1991) 8,5 8,9 40,3 55,36 gr Grèce 27,9 29,5 132,2 183,27 es Espagne 42,6 26,4 201,9 164,08 fr France 25,0 18,8 118,5 116,89 ie Irlande 19,5 6,6 92,4 41,0

10 it Italie 33,3 31,5 157,8 195,711 it2 Lombardia 18,4 13,4 87,2 83,212 it32 Veneto 13,3 9,1 63,0 56,513 it4 Emilia-Romagna 17,5 13,0 82,9 80,714 it51 Toscana 24,8 17,7 117,5 109,915 lu Luxembourg 6,5 7,0 30,8 43,516 nl Pays-Bas 11,5 5,1 54,5 31,717 at Autriche 5,6 5,2 26,5 32,318 pt1 Portugal (Continent) 16,5 9,1 78,2 56,519 fi Finlande 39,6 29,6 187,7 183,920 se Suède 19,8 14,2 93,8 88,221 uk Royaume-Uni 14,9 12,1 70,6 75,2

Fonte: EUROSTAT

Tabella 76PESO % DISOCCUPATI DA PIU' DI UN ANNO SU TOTALE

ordine geo 1995 2000

1 eu15 Union européenne (15 pays) 48,8 -2 eurozone Zone euro (EUR-11 jusqu'au 31.12.2000 / EUR-12 à partir du 1.1.2001) 50,0 -3 be Belgique 61,8 55,04 dk Danemark 26,2 18,95 de République fédérale d'Allemagne (incluant l'ex-RDA à partir de 1991) 48,1 48,96 gr Grèce 50,9 56,47 es Espagne 53,7 41,08 fr France 42,3 42,69 ie Irlande 58,9 -

10 it Italie 62,3 61,111 it2 Lombardia 50,8 40,112 it32 Veneto 47,0 30,713 it4 Emilia-Romagna 35,6 19,114 it51 Toscana 64,7 43,115 lu Luxembourg 23,8 21,416 nl Pays-Bas 44,7 26,517 at Autriche 30,6 34,318 pt1 Portugal (Continent) 47,0 39,919 fi Finlande 32,7 25,120 se Suède 18,9 26,721 uk Royaume-Uni 43,5 27,9

Fonte: EUROSTAT

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Tabella 77PERCENTUALE DELLA SPESA PER R&S SUL PIL NAZIONALE - TOTALE SETTORI

Spesa totale in R&S % sul Pil

Spesa totale in R&S % sul Pil

Spesa PA in R&S % sul

Pil

Spesa PA in R&S % sul

Pil

Spesa PA in R&S Millions of Purchasing Power

Parities

Spesa PA in R&S Millions of Purchasing Power

Paritiesordine geo 1999 1995 1999 1995 1999 1995

1 eu15 Union européenne (15 pays) 1,9 1,9 0,3 0,3 2.401.143,4 1.974.429,2 2 eurozone Zone euro (EUR-11 jusqu'au 31.12.2000/EUR-12 à partir du 1.1.2001) - - - -3 be Belgique 2,0 1,7 0,1 0,1 14.183,5 20.085,8 4 dk Danemark 2,0 1,8 0,3 0,3 43.027,0 32.656,3 5 de République fédérale d'Allemagne (incluant l'ex-RDA à partir de 1991) 2,4 2,3 0,3 0,4 630.217,1 634.352,0 6 gr Grèce 0,5* 0,5 0,1 0,1 18.419,8 12.168,1 7 es Espagne 0,9 0,8 0,2 0,2 101.845,1 108.278,6 8 fr France 2,2 2,3 0,4 0,5 499.637,7 544.417,3 9 ie Irlande 1,4* 1,4 0,1 0,1 8.593,6 5.919,7

10 it Italie 1,0 1,0 0,2 0,2 274.427,7 209.204,8 11 it2 Lombardia 1,2 1,2 0,1 0,1 24.339,7 21.668,6 12 it32 Veneto 0,5 0,5 0,1 0,1 15.885,1 9.526,8 13 it4 Emilia-Romagna 0,9 0,8 0,1 0,1 12.037,6 9.182,1 14 it51 Toscana 1,0 1,0 0,2 0,2 16.140,3 14.016,8 15 lu Luxembourg - - - -16 nl Pays-Bas 1,9* 2,0 0,4 0,4 142.967,5 119.227,6 17 at Autriche 1,8 1,6 - -18 pt1 Portugal (Continent) 0,8 0,6 0,2 0,2 36.920,5 24.709,7 19 fi Finlande 3,2 2,3 0,4 0,4 42.365,2 34.957,2 20 se Suède 3,8 3,5 0,1 0,1 21.867,0 15.980,0 21 uk Royaume-Uni 1,9 2,0 0,2 0,3 266.841,1 297.209,0

* Dati al 1998Fonte: EUROSTAT

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Tabella 78PARCO VEICOLARE AL 21.12.2000

Autovetture Autocarri Motocicli Autobus Motocarri Trattori Altri Totale Popolazione/trasporto motoveicoli stradali veicoli Autovetture

merci quadricicli o motrici

Lombardia 5.285.721 551.328 563.635 10.258 21.068 17.412 145.980 6.595.402Veneto 2.607.903 295.474 243.637 6.932 8.725 12.656 89.172 3.264.499Emilia-Romagna 2.447.258 295.751 279.494 6.118 12.051 11.367 81.490 3.133.529Toscana 2.128.194 237.977 279.997 5.458 35.892 6.048 65.099 2.758.665 1,7ITALIA 32.583.815 3.377.573 3.375.782 87.956 390.097 115.958 812.596 40.743.777 1,8Fonte: ACI

CATEGORIA VEICOLI A MOTORE

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Tabella 79RIPARTIZIONE MODALE DEL TRASPORTO PASSEGGERI (SU BASE PARCO AUTO)Aggiornamento dati al 2000

Autobus Autovetture Motocicli Autobus Autovetture Motocicli

Lombardia 10.258 5.285.721 563.635 11 5.822 621Veneto 6.932 2.607.903 243.637 15 5.771 539Emilia-Romagna 6.118 2.447.258 279.494 15 6.139 701Toscana 5.458 2.128.194 279.997 15 6.018 792ITALIA 87.956 35.583.815 3.375.782 15 6.168 585Rif.: "Segnali ambientali in Toscana 2001", pag. 25 Fonte: ACI - Parco veicolare per categoria

Tabella 80RIPARTIZIONE MODALE DEL TRASPORTO MERCIAggiornamento dati al 1999

1995 1996 1997 1998 1999

Lombardia 45,2 44,0 46,6 53,2 -Veneto 49,2 50,1 58,0 57,2 -Emilia-Romagna 67,4 73,2 74,8 87,1 -Toscana 79,2 76,8 78,4 75,9 -ITALIA 47,8 47,0 50,6 52,4 -

Lombardia 2.901,9 2.752,4 2.674,1 2.900,6 2.911,8 Veneto 2.984,9 2.862,8 3.195,1 3.604,8 3.539,5 Emilia-Romagna 4.201,6 3.779,1 3.842,1 4.010,2 3.588,1 Toscana 2.063,6 1.896,1 1.961,6 2.227,7 2.335,1 ITALIA 2.130,7 1.945,8 1.966,4 2.106,6 2.072,2

Lombardia - - - - - Veneto 76,9 73,8 71,8 67,4 73,1 Emilia-Romagna 50,9 47,9 54,2 56,5 56,4 Toscana 193,8 201,1 183,7 173,8 185,2 ITALIA 105,2 118,5 130,1 119,5 114,8 Fonte: ISTAT

Tonnellate merci in ingresso e in uscita in navigazione di cabotaggio per 100 ab.

N. totale di vetture N. vetture per 10.000 abitanti

Tonnellate merci in ingresso e in uscita per ferrovia per 100 ab.

Tonnellate merci in ingresso e in uscita su strada per 100 ab.

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Tabella 81INDICATORI DELLE INFRASTRUTTURE VIARIE. ANNO 1999

autostrade statali provinciali autostrade statali provinciali

Lombardia 0,6 3,8 9,5 0,9 5,3 13,3Veneto 1 5,3 15,6 1,4 7,5 22,1Emilia-Romagna 1,6 7,3 18,1 2,1 9,5 23,6Toscana 1,2 10,4 20,8 1,5 13,7 27,4ITALIA 1,1 8,1 20 1,6 11,7 29,1Fonte: Conto Nazionale Trasporti 1999

Km. strade per 10.000 abitanti Km. strade per 10.000 veicoli circolanti

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Tabella 82CONSUMI FINALI PER FONTE: CONFRONTO 1997-1998 IN TOSCANA E IN ITALIAAggiornamento dati al 1998

(kTep) 1997 1998 1997 1998 1997 1998 1997 1998 1997 1998 1997 1998

Toscana 264 108 3.314 3.505 2.515 2.600 111 92 1.438 1.468 7.642 7.773% 3,5 1,4 43,4 45,1 32,9 33,4 1,5 1,2 18,8 18,9 100,0 100,0ITALIA 4.331 3.311 54.590 55.639 34.878 36.527 1.131 1.137 21.324 21.907 116.254 118.521% 3,7 2,8 47,0 46,9 30,0 30,8 1,0 1,0 18,3 18,5 100,0 100,0Fonte: ENEA

Tabella 83INCIDENZA DELLE FONTI RINNOVABILI NELLA PRODUZIONE DI ENERGIAELETTRICA IN TOSCANAAggiornamento dati al 1999

Geo Idro Totale % Termo Totalerinnovabili rinnovabili

1996 3.533 826 4.359 27,0 12.074 16.4331997 3.672 587 4.259 23,0 14.156 18.4151998 3.958 645 4.603 23,0 15.341 19.9441999 4.121 782 4.903 29,0 12.236 17.139Fonte: Enel

GWh

Rinnov. E.E. Tot.Solidi P. Petroliferi Gas naturale

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Tabella 84INTENSITA' ENERGETICHE SETTORIALI NEGLI USI FINALI DI ENERGIA

Tipologia di consumo1995 1996 1997 1998

LOMBARDIAIntensità energetica finale del PIL 61,8 62,2 59,9 61,2Intensità elettrica del PIL 11,7 11,5 11,7 11,9Intensità energetica, del valore aggiunto, dell'industria 56,6 55,8 55,2 55,8Intensità energetica, del valore aggiunto, del terziario 10,6 10,7 11,1 11,7Intensità energetica, del valore aggiunto, dell'agricoltura 99,9 91,8 70,8 69,4

VENETOIntensità energetica finale del PIL 65,6 65,3 63,5 65,4Intensità elettrica del PIL 12,1 12,2 12,2 12,6Intensità energetica, del valore aggiunto, dell'industria 63,2 62,9 62,3 64,3Intensità energetica, del valore aggiunto, del terziario 11,5 11,6 11,9 12,7Intensità energetica, del valore aggiunto, dell'agricoltura 51,2 45,3 48,7 49,4

EMILIA ROMAGNAIntensità energetica finale del PIL 71,7 72,3 73,4 73,1Intensità elettrica del PIL 10,6 10,8 10,9 11,2Intensità energetica, del valore aggiunto, dell'industria 77,5 80,2 79,3 79,8Intensità energetica, del valore aggiunto, del terziario 13,1 13,3 13,8 13,4Intensità energetica, del valore aggiunto, dell'agricoltura 59,2 51,5 76,8 67,5

TOSCANAIntensità energetica finale del PIL 66,5 64,6 62,7 62,0Intensità elettrica del PIL 11,4 11,3 11,7 11,7Intensità energetica, del valore aggiunto, dell'industria 89,8 87,2 79,7 72,2Intensità energetica, del valore aggiunto, del terziario 9,5 9,7 9,7 10,4Intensità energetica, del valore aggiunto, dell'agricoltura 57,6 61,7 64,5 66,7

ITALIAIntensità energetica finale del PIL 63,2 63,8 63,4 63,5Intensità elettrica del PIL 11,4 11,4 11,6 11,7Intensità energetica, del valore aggiunto, dell'industria 87,7 89,9 80,4 77,6Intensità energetica, del valore aggiunto, del terziario 9,0 9,2 9,5 9,8Intensità energetica, del valore aggiunto, dell'agricoltura 59,6 59,3 57,0 56,2Tep/mld.Lit 95 = Tonnellate equivalenti di petrolio su miliardi di lire 1995Fonte: Enea Rapporto Energia e ambiente 2001

Tep\mld.Lit 95

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Tabella 85APPLICAZIONE DI TECNICHE DI COLTIVAZIONE A BASSO IMPATTO AMBIENTALE IN TOSCANAAggiornamento dati al 2001

Operatori biologici 1997 1998 1999 2000 2001

Sez. 1. Produttori agricoli 615 805 1.054 1.350 1.597 1.1 Aziende in conversione 178 310 502 592 1.2 Aziende miste 19 21 36 36 45 1.3 Aziende biologiche 418 474 516 721 823Sez. 2 Preparatori 143 178 217 347 421Sez. 3 Raccoglitori 3 3 4 4 4TOTALE 761 986 1.275 1.700 1.293Rif.: Tab. 1, pag. 34 da "Segnali ambientali in Toscana 2001"Fonte: ARSIA U.O.O. Controlli di qualità

Tabella 86AZIENDE AD AGRICOLTURA BIOLOGICAAggiornamento dati al 1999-2000

(a) b(9) (c)Totale aziende Sau Bio Sau Bio 1999

1.999 1999 (ha) su Sau Reg.le %

Lombardia 1.037 13.769 1,3%Veneto 1.016 6.732 0,8%Emilia-Romagna 3.870 82.222 6,7%Toscana 1.223 36.887 3,9%ITALIA 49.188 953.057 6,5%

(a) b(9) (c) Totale aziende Sau Bio Sau Bio 2000

2.000 2000 (ha) su Sau Reg.le %

Lombardia 1.253 17.658 1,6%Veneto 1.270 13.092 1,5%Emilia-Romagna 4.870 101.777 8,3%Toscana 1.641 55.752 5,9%ITALIA 51.552 1.069.339 7,2%Fonte: ARSIA

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Tabella 87PRODUZIONE DI RIFIUTI SPECIALIAggiornamento dati al 1998-1999

RS RP Totale RP (%)

Arezzo 400.402 11.321 411.723 2,7%Firenze 937.783 35.150 972.933 3,6%Grosseto 533.830 3.675 537.505 0,7%Livorno 458.958 29.597 488.555 6,1%Lucca 837.968 7.832 845.800 0,9%Massa-Carrara 716.067 22.883 738.950 3,1%Pisa 1.062.836 103.094 1.165.930 8,8%Prato 176.074 7.248 183.322 4,0%Pistoia 205.532 5.044 210.576 2,4%Siena 196.587 4.449 201.036 2,2%Toscana 5.526.037 230.293 5.756.330 4,0%

Lombardia 9.556.566 1.236.704 10.793.270 11,5%Veneto 6.581.114 383.566 6.964.680 5,5%Emilia-Romagna 6.709.184 430.350 7.139.534 6,0%Toscana 5.583.641 222.773 5.806.414 3,8%ITALIA 47.976.915 4.057.673 52.034.588 7,8%RS = Rifiuti speciali; RP = Rifiuti Speciali PericolosiTabella 10 pag. 91 "Segnali ambientali in Toscana" e tabella 7.7 pag. 408 "ANPA"Fonte: ARRR/ANPA

Tabella 88REGISTRAZIONI EMAS E ISO 14000Aggiornamento dati al 2000-2001

ISO 14001 EMAS ISO 14001 EMAS

Lombardia 219 12 254 23Veneto 2 6 103 7Emilia-Romagna 45 11 87 19Toscana 25 1 44 1ITALIA 644 42 1.037 68Rif.: Tabella 3.39 pag. 251 "ANPA"Fonte: ANPA

Anno 2001 Anno 2000

Dato MUD 2000

Produzione 1998 t/anno

Produzione 1999 t/anno

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Tabella 89STIMA EMISSIONI DI NOX PER IL PROBLEMA DELL'ACIDIFICAZIONE (INDICATORE DI PRESSIONE). PROVINCE TOSCANEEmissioni espresse in tonnellate/anno. Aggiornamento dati al 1995

Macrosettore MS LU PT FI LI PI AR SI GR PO TOTALE

Centrali elettriche pubbliche, Cogenerazione, Teleriscaldamento 0 0 0 0 11.422 0 2.017 0 0 0 13.439Combustione - Terziario e Agricoltura 174 382 309 1.235 448 461 339 272 106 254 3.980Combustione - Industria 431 3.405 1.225 7.016 6.941 2.300 2.935 800 350 630 26.032Processi Produttivi 0 0 0 121 15 0 4 0 15 0 155Trasporti stradali 2.805 7.207 4.485 16.361 4.957 6.100 6.771 4.880 2.547 3.068 59.179Altre Sorgenti Mobili 455 1.017 679 1.448 5.225 927 1.276 1.237 1.554 154 13.973Trattamento e smaltimento rifiuti 0 0 30 63 59 37 35 0 20 0 243Agricoltura 3 5 3 19 5 15 16 26 28 1 122TOTALE 3.868 12.015 6.731 26.264 29.071 9.841 13.393 7.216 4.620 4.108 117.126Fonte: Regione Toscana I.R.S.E.

Tabella 90STIMA EMISSIONI DI SOX PER IL PROBLEMA DELL'ACIDIFICAZIONE (INDICATORE DI PRESSIONE). PROVINCE TOSCANEEmissioni espresse in tonnellate/anno. Aggiornamento dati al 1995

Macrosettore MS LU PT FI LI PI AR SI GR PO TOTALE

Centrali elettriche pubbliche, Cogenerazione, Teleriscaldamento 0 0 0 0 55.474 0 7.590 0 0 0 63.064Combustione - Terziario e Agricoltura 6 55 93 387 306 32 26 50 16 90 1.061Combustione - Industria 27 811 405 2.122 15.749 510 1000 204 103 55 20.986Processi Produttivi 0 28 0 6 1.076 0 90 0 652 0 1.852Trasporti stradali 201 494 314 1.158 351 427 470 342 189 221 4.167Altre Sorgenti Mobili 69 132 54 120 1.159 79 102 101 191 13 2.020Trattamento e smaltimento rifiuti 0 0 8 23 11 11 6 0 30 0 89TOTALE 303 1.520 874 3.816 74.126 1.059 9.284 697 1.181 379 93.239Fonte: Regione Toscana I.R.S.E.

Tabella 91STIMA EMISSIONI DI NH3 PER IL PROBLEMA DELL'ACIDIFICAZIONE (INDICATORE DI PRESSIONE). PROVINCE TOSCANEEmissioni espresse in tonnellate/anno. Aggiornamento dati al 1995

Macrosettore MS LU PT FI LI PI AR SI GR PO TOTALE

Combustione - Industria 7 4 0 0 1 0 0 0 0 0 12Processi Produttivi 0 14 0 1 43 0 0 0 0 0 58Trasporti stradali 20 46 30 105 35 41 40 30 20 22 389Trattamento e smaltimento rifiuti 11 0 14 138 175 289 89 169 54 4 943Agricoltura 493 606 509 1.448 573 1.519 2.425 2.354 3.875 96 13.898TOTALE 532 670 553 1.692 827 1.849 2.554 2.553 3.949 122 15.301Fonte: Regione Toscana I.R.S.E.

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Tabella 92LIVELLI DI CO PER I PROBLEMI DELLE AREE URBANE (INDICATORE DI STATO: "NUMERO COMUNI APPARTENENTI ALLE ZONE A, B, C, D")Toscana. Aggiornamento dati al 1995

Zone N° comuni Superficie Kmq % regionale Popolazione % regionaleresidente

Monossido di carbonio A 266 20.365 89% 1.863.912 53%(tonn./anno) B 21 2.632 11% 1.672.480 47%Fonte: Regione Toscana

Tabella 93LIVELLI DI PM10 PER I PROBLEMI DELLE AREE URBANE (INDICATORE DI STATO: "NUMERO COMUNI APPARTENENTI ALLE ZONE A, B, C, D")Toscana. Aggiornamento dati al 1995

Zone N° comuni Superficie Kmq % regionale Popolazione % regionaleresidente

PM10 (tonn./anno) B 273 21.505 94% 2.477.209 69%C+D 14 1.493 6% 1.059.183 31%

Fonte: Regione Toscana

Tabella 94LIVELLI DI BENZENE PER I PROBLEMI DELLE AREE URBANE (INDICATORE DI STATO: "NUMERO COMUNI APPARTENENTI ALLE ZONE A, B, C, D")Toscana. Aggiornamento dati al 1995

Zone N° comuni Superficie Kmq % regionale Popolazione % regionaleresidente

Benzene (tonn./anno) A 244 18.329 80% 1.402.208 40%B 30 2.519 11% 698.623 20%

C+D 13 2.147 9% 1.435.561 40%Fonte: Regione Toscana

Tabella 95LIVELLI DI PIOMBO PER I PROBLEMI DELLE AREE URBANE (INDICATORE DI STATO: "NUMERO COMUNI APPARTENENTI ALLE ZONE A, B, C, D")Toscana. Aggiornamento dati al 1995

Zone N° comuni Superficie Kmq % regionale Popolazione % regionaleresidente

Piombo (tonn./anno) A 287 22.997 100% 3.536.392 100%Fonte: Regione Toscana

LEGENDAZona A livelli inferiori ai valori limite: assenza rischio di superamentoZona B livelli prossimi ai valori limite: rischio di superamentoZona C livelli superiori ai valori limite ma inferiori ai margini di superamento/tolleranza temporaneiZona D livelli superiori ai margini di superamento/tolleranza temporanei

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Tabella 96INQUINAMENTO AREE URBANENumero di stazioni di monitoraggio presenti per area. Aggiornamento dati al 2001

Suburbano Urbano Rurale Totale

Lombardia 45 97 34 176Veneto 19 46 - 65Emilia Romagna 12 77 12 101Toscana 17 41 6 64ITALIA 235 474 97 806Fonte: Regione Toscana - ANPARif.: Tabella 1.14 pag. 40 "ANPA"

Tabella 97STATO DI APPROVAZIONE DEI PIANI DI CLASSIFICAZIONE ACUSTICA DEL TERRITORIONumero dei comuni che hanno approvato i piani. Aggiornamento dati al 2000

Numero Percentuale

Lombardia 194 12,5Veneto 43 7,4Emilia-Romagna 28 8,2Toscana 46 16,0ITALIA 593 7,3Fonte: ANPA/CTN_AGFRif.: pagg. 361-362 "ANPA"

Tabella 98PRODUZIONE DI RIFIUTI URBANIAggiornamento dati al 1999-2000

RU Totale Produzione RU Totale ProduzioneProdotto Procapite Prodotto Procapite

1998 1998 1999 1999t/anno Kg/ab x anno t/anno Kg/ab x anno

Lombardia 4.057.272 449 4.279.974 472Veneto 2.024.520 451 2.112.601 468Emilia-Romagna 2.267.077 573 2.413.949 606Toscana 1.965.043 557 2.105.665 595ITALIA 26.846.726 466 28.363.914 492Fonte: ARRR Spa / ANPARif.: Tab. 1, pag. 84 da "Segnali ambientali in Toscana 2001", Tab. 7.7, pag. 408 ANPA

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Tabella 99RACCOLTA DIFFERENZIATAAggiornamento dati al 1998-2000

R.D. R.D. R.D.Totale 1998 R.D (%) Procapite 1998 Totale 1999 R.D (%)

t/anno Kg/ab x anno t/anno

Lombardia 1.250.468 30,8 - 1.422.981 33,2*Veneto 395.589 19,5 - 503.888 23,9*Emilia-Romagna 335.619 14,8 - 460.629 19,1*Toscana 258.006 13,1 - 353.673 16,8*ITALIA 3.007.310 11,2 - 3.707.564 13,1* Dati relativi alle Regioni che hanno raggiunto nel 1999 l'obiettivo fissato al 15%Rif.: Tab.2, pag. 85 da "Segnali ambientali in Toscana", Tab. 7.28, pag. 434 da ANPAda verificare con Barca, DPTAFonte: ARRR/ANPA

Tabella 100PRODUZIONE DI RIFIUTI SPECIALIAggiornamento dati al 1998-1999

RS RP Totale RP (%)

Arezzo 400.402 11.321 411.723 2,7%Firenze 937.783 35.150 972.933 3,6%Grosseto 533.830 3.675 537.505 0,7%Livorno 458.958 29.597 488.555 6,1%Lucca 837.968 7.832 845.800 0,9%Massa-Carrara 716.067 22.883 738.950 3,1%Pisa 1.062.836 103.094 1.165.930 8,8%Prato 176.074 7.248 183.322 4,0%Pistoia 205.532 5.044 210.576 2,4%Siena 196.587 4.449 201.036 2,2%Toscana 5.526.037 230.293 5.756.330 4,0%

Lombardia 9.556.566 1.236.704 10.793.270 11,5%Veneto 6.581.114 383.566 6.964.680 5,5%Emilia-Romagna 6.709.184 430.350 7.139.534 6,0%Toscana 5.583.641 222.773 5.806.414 3,8%ITALIA 47.976.915 4.057.673 52.034.588 7,8%RS = Rifiuti speciali; RP = Rifiuti Speciali PericolosiTabella 10 pag. 91 "Segnali ambientali in Toscana" e tabella 7.7 pag. 408 "ANPA"Fonte: ARRR/ANPA

Tabella 101NUMERO SITI INQUINATI PER TIPOLOGIAAggiornamento dati al 2001

Breve Medio Appr. Ripristino Totale siti % perambientale con necessità provincia

di bonifica

Arezzo 3 9 2 4 0,0%Firenze 14 56 12 12 94 24,5%Grosseto 36 22 4 6 68 17,7%Livorno 10 6 3 2 21 5,5%Lucca 15 10 4 20 49 12,8%Massa Carrara 6 12 8 16 42 10,9%Pisa 20 12 10 8 50 13,0%Pistoia 3 10 3 6 22 5,7%Prato 1 4 0 1 6 1,6%Siena 11 5 14 2 32 8,3%TOTALE REGIONE 119 146 60 77 384 100,0%Fonte: Regione Toscana/ARPATRif.: Tab. 1, pag. 98 da "Segnali ambientali in Toscana"

Produzione 1998 t/anno

Dato MUD 2000

Produzione 1999 t/anno

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Tabella 102SITI POTENZIALMENTE CONTAMINATIAggiornamento dati al 1999

Interventi Interventi Totale sitia breve a medio con necessitàtermine termine di bonifica

Lombardia 968 - 2.544Veneto 66 - 139Emilia-Romagna 123 - 3.182Toscana 63 165 557ITALIA 1.893 1.207 10.553Fonte: ANPA

Tabella 103COSTE NON BALNEABILI PER INQUINAMENTOAggiornamento dati al 2000

Zona Costa (Km) Numero Km/n.o divieti Numero Costa vietata Km/n.o divieti

Provincia di Massa 13,6 5 2,7 4 3% 3,4Provincia di Lucca 23,3 1 23,3 0 0% -Provincia di Pisa 27,8 3 9,3 3 12% 9,3Costa livornese 150,0 23 6,5 6 2% 25,0Costa grossetana 161,2 11 14,7 4 3% 40,3Arcipelago Toscano 278,5 8 34,8 0 0% -Fonte: ARPAT CTN_AIM

Divieti permanenti Divieti permanenti per inquinamento

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Tabella 104PERCENTUALE DI COSTA BALNEABILE (SU QUELLA CONTROLLATA) E DI COSTA VIETATA (SUL TOTALE) DELLE PROVINCE ITALIANE NEL 1999 E VARIAZIONE %TRA IL 1995 E IL 1999Aggiornamento dati al 1999

1999 Var. 1995-99 1999 Var. 1995-99

Toscana Massa 100,0 5,7 21,5 -1,5 Lucca 100,0 1,0 3,4 -1,0 Pisa 100,0 22,0 10,2 -11,9 Livorno 99,7 0,5 7,7 0,1 Grosseto 98,9 0,8 5,3 0,3Emilia-Romagna Rimini 99,1 -0,3 4,5 1,2 Forlì - Cesena 100,0 0,0 3,3 -2,2 Ravenna 100,0 0,0 22,4 0,0 Ferrara 100,0 0,0 47,3 0,0Veneto Rovigo 100,0 14,6 75,6 -3,4 Venezia 94,0 -0,2 15,3 0,2Fonte: Ministero della Salute (ANPA)Rif: Tab. 4.3, pag. 270 da ANPA

Tabella 105PRELIEVO DI ACQUA AD USO POTABILE SUDDIVISA A LIVELLO REGIONALE RIFERITA ALL'ANNO 1998Valori espressi in mc

Acque Acquesuperficiali sotterranee

Lombardia 10.527 854.960Veneto 62.537 456.780Emilia-Romagna 142.000 238.000Toscana 130.810 275.870ITALIA 1.022.470 5.646.038Fonte: dati ANPA su dati del Ministero della Salute, Dipartimento PrevenzioneRif.: Fig. 4.19, pag. 317 da ANPA

Costa balneabile/controllata (%) Costa vietata/totale (%)

Totale

865.487519.317380.000406.680

6.668.508

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Tabella 106CARICO ORGANICO POTENZIALE.ABITANTI EQUIVALENTIAggiornamento dati al 1990-1996-1998

Carico org. pot.Abitanti equivalenti

AR 1.596.713FI 3.077.216GR 1.776.665LI 804.317LU 1.741.029MS 484.780PI 1.481.510PT 987.755PO 856.229SI 1.388.359Totale 14.194.573Lombardia 55.958.623Veneto 33.827.009Emilia-Romagna 29.316.109ITALIA 272.567.158Fonte: Elaborazione ANPA/CTN_AIM su dati ISTAT* Il Carico Organico Potenziale è ricavato utilizzando i dati relativi al censimento intermedio delle imprese del 1996, al movimento anagrafico del 1998 e al censimento dell' agricoltura del 1990.Indicatore: Stima dei carichi totali da sottoporre a depurazione nell'area di interesse e può servire a valutare la pressione esercitata sulla qualità della risorsa idrica dai carichi inquinanti cheteoricamente giungono ad essa

Tabella 107SUPERFICIE DELLE AREE TERRESTRI PROTETTE SUDDIVISE PER REGIONE E TIPOLOGIA (ha)Aggiornamento dati al 2001

Parco Riserva naturale Parco naturale Riserva Naturale Altre aree Totale sup. % sup. prot.Nazionale Statale Regionale Regionale protette protetta su totale

Lombardia 59.597 244 62.862 9.203 0 131.906 5,5Veneto 15.132 19.460 56.666 2.119 0 93.377 5,1Emilia-Romagna 15.618 8.203 56.700 1.682 142 82.345 3,7Toscana 32.416 11.083 50.427 30.161 30.646 154.733 6,7ITALIA 1.255.995 113.773 1.187.139 140.930 55.115 2.752.952 9,1Fonte: Ministero dell' Ambiente-Servizio Conservazione Natura, EUAP, 2001

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Tabella 108CONCESSIONI RITIRATE PER FABBRICATI RESIDENZIALI E NON RESIDENZIALIVolume in m3 vuoto per pieno

Ampliamenti AmpliamentiNumero Volume Volume Numero Volume Volume

1997 1.214 2.374.207 433.728 788 4.369.743 1.587.8971998 1.213 2.743.353 324.985 744 3.785.654 1.618.2901999 1.269 3.102.594 310.574 822 3.937.867 1.501.982

1997 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,01998 99,9 115,5 74,9 94,4 86,6 101,91999 104,5 130,7 71,6 104,3 90,1 94,6

Lombardia 5.388 13.993.011 1.641.544 2.345 20.060.720 6.095.103Veneto 4.586 9.341.384 1.577.422 2.364 15.507.793 6.885.295Emilia-Romagna 3.121 8.371.602 1.000.865 1.680 11.209.978 5.572.977Toscana 1.269 3.102.594 310.574 822 3.937.867 1.501.982ITALIA 31.980 66.427.705 10.029.204 18.308 86.420.622 35.154.188Fonte: ISTAT

Tabella 109 CONCESSIONI RITIRATE PER COSTRUZIONE DI NUOVE ABITAZIONI

ConcessioniResidenziali Non residenziali Totale Stanze Accessori per 1.000 abit.

1997 6.604 114 6.718 27.049 22.1831998 7.141 139 7.280 29.146 23.025

Lombardia 34.065 475 34.540 126.290 115.562 3,8Veneto 22.044 538 22.582 84.451 81.623 5,0Emilia-Romagna 20.347 462 20.809 75.882 67.312 5,2Toscana 8.578 135 8.713 33.043 26.073 2,5ITALIA 157.529 4.505 162.034 617.408 534.638 2,8Fonte: ISTAT

FABBRICATI RESIDENZIALI FABBRICATI NON RESIDENZIALI

ABITAZIONI IN FABBRICATI VANI DI ABITAZIONE

Nuova costruzione Nuova costruzione

Numero indice 1997=100

Toscana

Toscana

Anno 1999

Anno 1999

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Tabella 110CONTROLLI, SUPERAMENTI E RISANAMENTI PER GLI IMPIANTI RADIOTELEVISIVI (RTV) E LE STAZIONI RADIOBASE (SRB) NEL PERIODO 1999-PRIMO SETTEMBRE 20001

RTV SRB Totali RTV1 SRB Totali RTV SRB Totali

LombardiaVeneto 130 243 373 40 1 41 0 1 1Emilia-Romagna 64 408 472 24 3 27 1 1 2Toscana 8 111 119 4 1 5 0 1 1ITALIA1 La sigla RTV indica gli impianti radiotelevisivi; la sigla SRB indica le stazioni radio-base per telefonia mobileFonte: ANPA/CTN_AGF

Tabella 111NUMERO DI IMPIANTI PER STAZIONI RADIOBASE (SRB) (IN VALORE ASSOLUTO E CON NORMALIZZAZIONE ALLA POPOLAZIONE) E POTENZA COMPLESSIVA ASSOCIATAAggiornamento dati al 1999

N° di impianti dichiarato Impianti SRB per abitante2

dai gestori1 (per 10.000)

Lombardia 1,5Veneto 830 1,8Emilia-Romagna 937 2,4Toscana 794 2,2ITALIA 1,91 Dati forniti dai gestori nazionali della telefonia mobile (TIM, Omnitel, Wind). Il dato si riferisce al 19992 Il dato sugli abitanti è di fonte ISTAT (aggiornamento al 1999). Il dato sugli impianti è quello dei gestoriFonte: ANPARif.: Tab. 6.17, pag. 384 da ANPA

Tabella 112GRADO DI DIFFUSIONE DI INTERNET: % FAMIGLIE CHE DICHIARANODI POSSEDERE L'ABBONAMENTO A INTERNET

1997 1998 1999 2000

Lombardia 2,8 3,9 8,4 18,7Veneto 1,8 3,6 8,6 15,5Emilia-Romagna 3,5 5,0 8,4 18,3Toscana 3,0 4,2 9,8 16,5ITALIA 2,3 3,5 7,6 15,4Fonte: Istat, Indagine Multiscopo

11.129

RisanamentiControlli Superamenti

1.387

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Tabella 113PRESENZA DI SITI WEB NEI COMUNI PER CLASSE DI AMPIEZZA DEMOGRAFICA

REGIONI fino a 1.000 ab.

da 1.000 a 3.000 ab.

da 3.000 a 5.000 ab.

da 5.000 a 10.000 ab.

da 10.000 a 20.000 ab.

da 20.000 a 30.000 ab.

da 30.000 a 50.000 ab.

da 50.000 a 100.000 ab.

oltre 100.000 ab.

Totale

Lombardia 362 531 270 225 99 22 23 10 4 1.546Veneto 40 174 116 147 75 15 7 3 4 581Emilia-Romagna 16 79 74 95 46 14 4 5 8 341Toscana 20 73 48 66 44 15 8 10 3 287ITALIA 1.967 2.681 1.192 1.174 611 185 150 99 41 8.100

Lombardia 17 80 65 83 66 21 23 10 4 369Veneto 4 22 25 63 55 15 7 3 4 198Emilia-Romagna 0 11 22 45 40 14 4 5 8 149Toscana 3 18 23 33 43 14 8 10 3 155ITALIA 127 387 326 443 454 166 141 98 41 2.183

Lombardia 4,7 15,1 24,1 36,9 66,7 95,5 100,0 100,0 100,0 23,9Veneto 10,0 12,6 21,6 42,9 73,3 100,0 100,0 100,0 100,0 34,1Emilia-Romagna 0,0 13,9 29,7 47,4 87,0 100,0 100,0 100,0 100,0 43,7Toscana 15,0 24,7 47,9 50,0 97,7 93,3 100,0 100,0 100,0 54,0ITALIA 6,5 14,4 27,3 37,7 74,3 89,7 94,0 99,0 100,0 27,0Fonte: ANCITEL, giugno 2002

Tabella 114RATING DEI SITI DELLE REGIONI

2001 2000Contenuti

istituzionaliQualità dei

serviziUsabilità e

accessibilitàCooperazioni e

relazionalitàMarketing territoriale

Qualità tecnologica

Lombardia 55 56 45 53 43 69 38 83Veneto 54 40 54 46 60 49 51 64Emilia-Romagna 77 60 100 65 66 81 74 75Toscana 75 59 84 70 83 81 62 71Fonte: Indagine Rur, Formez e Censis, 2001

Comuni

Valore indice sintetico Valore indice settoriale

N. Comuni

N. Comuni con sito web

Rapporto %

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Tabella 115L'ERARIO IN RETEGli invii online per l'agenzia delle Entrate. Indici sulla popolazione x 100.000 abitanti

Dichiarazioni inviate Dichiarazioni inviate Contratti di dagli uffici dai contribuenti locazione*

Lombardia 492,5 156,4 60,8Veneto 377,6 106,6 37,0Emilia-Romagna 347,1 90,6 49,4Toscana 291,3 95,1 48,8ITALIA 522,9 97,0 36,2* Dati al 27 agosto 2002Fonte: Il Sole 24 Ore