PROGETTO UNA OSA SERIA GIOO ED...
Transcript of PROGETTO UNA OSA SERIA GIOO ED...
PROGETTO “I FEEL GOOD” Pag. 3
IL GIOCO DELLA LIPPA Pag. 4
IL GIOCO E’ UNA COSA SERIA Pag. 6
GIOCO ED APPRENDIMENTO DELLA MATEMATICA Pag. 9
CALENDARIO CASA KALEIDOS Pag. 14
ATTIVITA’ CASA KALEIDOS Pag. 15
IL MANIFESTO DELLE CITTA’ IN GIOCO Pag. 16
MARRAFFONE Pag. 18
"I Feel Good” è il frutto del dialogo e
confronto tra soggetti pubblici e privati
operanti nel mondo dell'educazione e
del sociale,
promosso
dalle assessore
Gatta (politiche
sociali) e Sangiorgi
(politiche
educative) del
Comune di Faenza.
Si tratta di una
guida rivolta alle scuole di ogni ordine e
grado, agli insegnanti, agli studenti e ai
genitori, per diffondere l’esistenza di
proposte di attività di educazione al
benessere e ad un sano stile di vita da
poter inserire nel PTOF delle scuole.
Contiene progetti educativi
extracurricolari dedicati
all'alimentazione, alla salute,
all’affettività, alla
violenza di genere,
al bullismo, ad
internet, alla
sessualità, alla lotta
contro il fumo e
alle dipendenze e a
molti altri
argomenti,
formulati Specificamente sulla base
della fascia d'età a cui si rivolgono, dalle
scuole per l’infanzia alle superiori. Una
guida disponibile anche sul sito del
Comune di Faenza al link indicato in
basso.
Per maggiori info
http://www.comune.faenza.ra.it/Guida-ai-servizi/Servizi-per-l-istruzione/Proposte-didattiche-per-le-
scuole/I-feel-good-attivita-di-educazione-al-benessere-e-ad-un-sano-stile-di-vita-per-bambini-e-ragazzi
Chi può dire, tra coloro che hanno
meno di vent'anni, di avere visto almeno
una volta giocare alla lippa? Forse la
stragrande maggioranza non sa
nemmeno cos'è e mai ne ha sentito
parlare. Ed allora eccoci qua: lo facciamo
noi, ripresentando il "grande,
meraviglioso, dinamico, salutare, Gioco
della Lippa".
Come tanti giochi di cinquant'anni fa,
anche per la lippa le regole si basano su
di un canovaccio più o meno preciso, sul
quale si innestavano varianti che
modificavano, anche sensibilmente, le
regole di dettaglio, tanto che accadeva di
veder giocare in modo diverso nei diversi
rioni del paese.
Regolamento in breve
Il gioco consiste nel colpire la punta (con
il pezzo a terra) e colpirlo nuovamente al
volo cercando di lanciarlo più lontano
possibile. In genere si sceglieva una
strada non molto trafficata ed i monelli
dovevano mandarla più lontano
possibile dopo 5 o 10 colpi. Ovviamente
come tutti i giochi hanno molte varianti,
la più simpatica è quello del cappello: si
giocava in due, il secondo monello si
piazzava a circa 20 mt. e cercava di
raccogliere la lippa al volo fermandosi
però entro 3 passi dalla presa. Un altro
modo molto diffuso è quello di tracciare
3 grandi cerchi (10 mt. diametro) distanti
fra di loro 30 mt. Il lanciatore doveva
mandare la lippa nel centro sperando
che il difensore avversario piazzato al
centro di esso non riuscisse a rilanciarla
in quello di partenza. In tal caso il
lanciatore era eliminato. Vinceva chi
riusciva a completare indenne il
tracciato completo.
www.associazionegiochiantichi.it
http://www.agaverona.it/s-cianco/lippa.php
Vi consiglio vivamente una visita ai link
suggeriti poco sopra; sappiate però una
cosa importante, ovvero che il gioco
della lippa dà dipendenza: se si inizia a
giocare è difficile smettere perché è
un'attività appassionante, che si fa con
niente (due pezzi di legno) e in qualsiasi
posto si voglia giocare (i campi di gioco
sono sempre improvvisati).
Sinteticamente lo scopo della sfida tra
due squadre è quello di colpire un pezzo
di legno corto con un pezzo di legno
lungo, farlo alzare in verticale per poi
colpirlo di nuovo e mandarlo lontano,
anzi, il più lontano possibile... E chi va più
lontano vince, facile no? Beh, non così
facile come sembra. Direi innanzitutto di
iniziare ad analizzare gli strumenti di
gioco dal punto di vista tecnico: abbiamo
un bastone lungo 50 centimetri e del
diametro di 4 (detto generalmente
“manico”) e un pezzo più corto, lungo
circa 15 centimetri, stesso diametro
(detto lippa), quest'ultimo assimilabile
(come forma) a quella di due coni
attaccati per la loro base (le misure sono
indicative). La lippa è generalmente
posizionata a terra e viene colpita ad una
delle sue estremità in modo da farla
alzare in verticale (il movimento in
verticale è accompagnato da un
movimento rotatorio della lippa stessa).
Il nome lippa, che distingue questo gioco
nella lingua italiana, denomina
contemporaneamente il più corto dei
due attrezzi che servono per giocare. Il
gioco della lippa era conosciuto e
praticato nell’antichità da molte
popolazioni medio-orientali. Il termine
“halip” dal caldeo significa “lancio,
getto”. Questa origine orientale del gioco
è una tesi che viene rafforzata dalla
diffusissima pratica, che viene fatto in
India, di un gioco simile detto
“Gillidanda”, regolato da comportamenti
molto vicini a quelli della lippa, giocato
con due pezzi di legno, il “danda” e il
“gilli” del tutto identici ai corrispondenti
occidentali: mazza e lippa. Al Petrie
Museum di Londra (museo di
archeologia egizia), tra i tantissimi
reperti sono conservati dei bastoncini di
legno, alcuni dei quali appuntiti alle
estremità e catalogate come lippe.
Questa scoperta ci porta a collocare la
nascita del gioco a circa 3500 anni.
Numerose le pitture rinvenute all’interno
di costruzioni e sepolture etrusche e
romane, nelle quali il gioco stesso risulta
variamente rappresentato. In Italia il
gioco aveva portata nazionale e veniva
praticato in tutto il territorio. A Trieste si
chiama “el pendolo”, a Milano ”la
rella”, in Piemonte “a ciremela”, a
Firenze “arè busè, a Roma “nizza” a
Napoli “mazza e pivezo”, a Palermo “a
manciugghia”. La popolarità di questo
gioco era tanto grande da finire in alcuni
film che sono divenuti pietre miliari della
cinematografia italiana e mondiale. Tra
questi ricordiamo: "Guardie e ladri", con
Totò e A. Fabrizi (IT. 1950), "I soliti
ignoti" con Totò, M. Mastroianni, V.
Gasman (IT. 1958), "Stanlio ed Onlio nel
paese della meraviglie" (USA 1934),
"Altrimenti ci arrabbiamo" con Bud
Spencer e Terence Hill (USA 1974)
“Non c'è niente di più serio e più coinvolgente del gioco per un bambino. E in questa sua serietà è molto simile ad un artista intento al suo lavoro. Come l'artista, anche il bambino giocando trasforma la realtà, la reinventa, la rappresenta in modo simbolico, creando un mondo immaginario che riflette i suoi sogni a occhi aperti aperti, le sue fantasie, i suoi desideri” (Silvia Vegetti Finzi, A piccoli passi, Mondadori).
A partire dall'Ottocento, gli studiosi
dell'infanzia hanno iniziato a indagare
sul valore dell'attività ludica mettendo
l'accento su aspetti diversi. Ecco una
panoramica storica dei principali
contributi sul gioco. Già nelle primissime
settimane di vita, il bebè afferma
allegramente la sua esistenza nel mondo
giocando. Gioca con il volto e i capelli
della mamma (e anche mentre si nutre
con il latte materno), i sonagli della culla
e scopre, con magico stupore, se stesso
e il suo corpo. All'inizio, muove i piedini,
scalcia e poi, piano piano, cerca di
seguire con lo sguardo gli oggetti in
movimento e afferrarli. Un'attività
questa che lo impegna completamente
senza mai stancarlo, come ogni genitore
ha ben presente . “Per i più piccoli,
dunque, il gioco è funzionale allo
sviluppo sensoriale e motorio che nasce
dal piacere di esercitare liberamente le
proprie capacità fisiche ancora
rudimentali man mano che emergono”,
(Silvia Vegetti Finzi, A piccoli passi,
Mondadori). In ogni epoca, l'infanzia si è
'misurata' con la realtà attraverso il
gioco: un mezzo indispensabile per
acquisire nuove competenze ed entrare
in relazione con il mondo circostante in
modo diverso a ogni fase della crescita.
Ma è davvero sempre 'utile' tutto questo
giocare? Forse a qualche genitore viene
spontaneo chiederselo osservando
l'attività libera e, apparentemente, poco
produttiva e non finalizzata di suo figlio.
E proprio questo dubbio potrebbe
portarlo a sommergere il piccolo con i
cosiddetti 'giocattoli intelligenti' che
dovrebbero stimolare le capacità
manuali e logiche. Ma non lasciano
spazio alla fantasia e alla
sperimentazione libera. Ai più
grandicelli, invece, il genitore potrebbe
pensare di offrire 'qualcosa in più'
organizzando un'agenda stracolma di
tanti corsi 'educativi' (pittura, musica,
inglese...).
A tale proposito, l'American Academy of
Pedriatrics nelle sue linee guida ai
pediatri sull'importanza dell'attività
ludica (2007), mette in risalto il valore
del gioco libero come un alleato
essenziale per la salute e il benessere
dell'infanzia. E raccomanda ai genitori,
pur monitorando la sicurezza dei figli, di
non diventare invadenti perché nel gioco
spontaneo il bambino è protagonista
attivo. Anche per questo, i giocattoli
semplici (e non quelli che fanno tutto da
soli) sono molto più stimolanti. Sul
versante delle attività extracurricolari -
avvisa la prestigiosa Associazione -
nonostante le buone intenzioni della
famiglia, non è bene esagerare: tutto ciò
non garantirà un futuro migliore al
bimbo che ha bisogno invece di 'tempo
di qualità' per giocare, da solo e con
mamma e papà. Con la complicità di un
ambiente amorevole, figure adulte
presenti, disposte ad ascoltare,
condividere e ad agire come modello
positivo e guida.
Giocare? Aiuta i bambini a crescere
L'American Academy of
Pedriatrics ricorda anche che il gioco è
così importante per lo sviluppo ottimale
dei più piccoli da essere riconosciuto
dalle Nazioni Unite come un diritto
fondamentale di ogni bimbo. In uno
studio promosso dalla Bernard van Leer
Foundation (Children's right to
play, 2010), gli autori, Wendy Russell e
Stuart Lester, ricercatori presso
l'Università del Gloucestershire
® 2006 Coop. GRANFRUTTAZANI - Via Monte Sant’Andrea, 4 48019 Granarolo Faentino (RA) - Italy
Tel. 0546.695211 (10 linee r.a.) - Fax. 0546.41775/41079
(Inghilterra) affermano che il gioco
appartiene ai bambini. Gli adulti non
devono essere invasivi e imporre al
tempo del gioco una rigida
programmazione. E nemmeno
organizzare e proporre luoghi e attività
che segregano i
bimbi controllando il
gioco. Il gioco non è
un 'mero
passatempo' perché
contribuisce al
benessere di ogni
bambino (e
ragazzino), da un punto di vista fisico,
cognitivo, sociale ed emotivo-affettivo.
Giocare, infatti, permette ai bimbi di
esprimere la loro creatività,
l'immaginazione e di cimentarsi in nuove
conquiste, alimentando l'autostima (e
vincendo così ansie e paure). Oggi,
dunque, l'importanza del gioco per
l'infanzia non è messa in discussione,
anche quello più spensierato, non è mai
solo divertimento fine a se stesso, aiuta i
bimbi a crescere sotto tanti
aspetti (fisico, cognitivo, relazionale,
sociale, affettivo). Ma questa
convinzione, ora comune tra gli esperti e
studiosi dell'infanzia pur se con accenti
diversi, non ha sempre avuto lo stesso
peso e valore. Al concetto di gioco e alle
sue funzioni per lo sviluppo del bimbo è
attribuito un
significato diverso in
base al contesto
storico e culturale.
E questo vale, a
partire
dall'Ottocento,
quando il bimbo
diventa 'degno soggetto' di studio, fino
alle teorie più recenti che si focalizzano
su risvolti diversi dell'attività ludica in
relazione allo sviluppo infantile.
Il gioco esiste dalla notte dei tempi
(come testimoniano reperti di scavi
archeologici) ma il bambino stesso non
ha sempre goduto dell'attenzione che
consideriamo 'normale' assegnarli oggi.
Per questo, solo con il nuovo interesse
verso l'infanzia, che si diffonde a partire
Ottocento, si inizia a indagare sulla
valenza del gioco per la crescita.
L’inserimento di attività ludiche nel
normale percorso didattico delle
discipline ha un positivo effetto
sull’apprendimento, in particolare per la
matematica, spesso poco amata dai
ragazzi ed accompagnata da risultati non
sempre soddisfacenti. Attraverso il gioco
si può potenziare l’interesse e la
partecipazione degli alunni e favorire
l’acquisizione di competenze,
introducendo o recuperando concetti,
proprietà e abilità in un modo più
accattivante.
Il gioco, uno strumento per crescere
Il valore del gioco nella crescita e nello
sviluppo della persona, soprattutto nel
periodo della vita che va fino
all’adolescenza, è da tutti riconosciuto e
recentemente è stato rivalutato anche in
ambito didattico. Secondo Piaget, il
bambino inizia a giocare poco dopo la
nascita, rispondendo ad uno stimolo
motorio o sensoriale, e il suo modo di
giocare evolve gradualmente fino a
quando il bambino diviene consapevole
della necessità di avere delle regole;
attraverso il gioco riesce a stabilire
relazioni e a comunicare più facilmente
con gli altri.
«Il gioco è una sorgente di motivazione e
perciò sarebbe inimmaginabile un’infanzia
senza giochi. Un bambino che non sa giocare
è “in fieri” un adulto non solo incapace di
pensare e ragionare, ma anche di agire
responsabilmente» (Claparède).
L’uomo adulto continua a giocare, anche
se saltuariamente, a scacchi, dama,
carte, oppure a calcio, tennis,
pallacanestro; gioca, inoltre, in tutti i
momenti in cui si permette di “non fare
sul serio” o di prendere in giro se stesso
o gli altri.
L’importanza essenziale del gioco nella
vita umana, soprattutto nella fase che
precede l’adolescenza, ne suggerisce un
possibile uso in ambito didattico, per
rendere più naturale ad agevole
l’apprendimento.
La frase giocando s’impara non è, quindi,
solo un modo di dire, ma va intesa con
un significato più ampio in quanto tiene
conto del coinvolgimento di vari aspetti
mentali e cognitivi nell’attività ludica. Il
gioco è, infatti, uno strumento per
raggiungere importanti obiettivi
cognitivi, sociali, affettivi, psicomotori…
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Il gioco dal punto di vista:
• cognitivo, facilita l’acquisizione di
regole, la memorizzazione e la
comprensione di concetti;
• affettivo, favorisce il rapporto con gli
altri, il riconoscimento dei propri limiti e
delle proprie capacità;
• psicomotorio sviluppa le abilità
manuali e il coordinamento oculo-
motorio.
Nel gioco, inoltre, è possibile osservare il
comportamento di un alunno in una
situazione in cui è più libero di esprimere
quegli atteggiamenti che normalmente
sfuggono all’attenzione dell’insegnante.
Il gioco nella didattica della
matematica
La matematica, per le sue peculiari
caratteristiche (usa numeri e ed è basata
su regole), si è sempre prestata in modo
particolare ad essere insegnata con
l’aiuto del gioco.
Hanno giocato anche i Pitagorici, quando
fondarono una scuola di matematica:
essi rappresentarono i numeri con forme
geometriche (triangolari, quadrati),
scoprirono relazioni curiose (numeri
amicali, palindromici) e scelsero quale
simbolo della loro scuola la stella a
cinque punte (ottenuta dall’intreccio di
tre triangoli), iscritta in un pentagono,
che può essere rimpicciolita all’infinito
costruendo successivi pentagoni uno
interno all’altro (Figura 1).
Il ricorso al gioco, come supporto alla
didattica della matematica, è stato
suggerito e propugnato nel XX secolo da
insigni matematici, come Peano, così
come da educatori e pedagoghi, come
Lombardo Radice.
«La differenza fra noi e gli allevi affidati alle
nostre cure sta solo in ciò, che noi abbiamo
percorso un più lungo tratto della parabola
della vita. Se gli allievi non capiscono, il torto
è dell’insegnante che non sa spiegare. Né vale
addossare la responsabilità alle scuole
inferiori, e richiamare ciò che essi hanno
dimenticato, o studiato sotto altra
nomenclatura. Se l’insegnante tormenta i
suoi alunni, e invece di cattivarsi il loro
amore, eccita odio contro sé e la scienza che
insegna, non solo il suo insegnamento sarà
negativo, ma il dover convivere con tanti
piccoli nemici sarà per lui un continuo
tormento» (Giuseppe Peano).
«Perché, per controllare quello che gli allievi
hanno imparato, non fate in classe un’ora di
giochi (invece di interrogare)? Giocare bene
significa avere gusto per la precisione, amore
per la lingua, capacità di esprimersi con
linguaggi non verbali; significa acquisire
insieme intuizione e razionalità, abitudine alla
lealtà e alla collaborazione» (Lucio Lombardo
Radice).
L’importanza assunta negli ultimi anni
dalla didattica laboratoriale, che richiede
un ruolo attivo dello studente nella
costruzione della propria conoscenza, ha
favorito l’ideazione di situazioni
didattiche legate al gioco. Si sono
moltiplicati, perciò, i progetti di ricerca:
– Polymath
– Pristem
– Iprase
– Olimpiadi della matematica
avviati da docenti di diverse Università
(Torino, Bologna, Milano/Bocconi,
Trento, Pavia) e di scuole secondarie
inferiori e superiori per diffondere
materiali opportunamente strutturati,
come pure i concorsi riservati agli
studenti. I risultati delle ricerche e delle
applicazioni sono stati comunicati in
alcuni congressi – a Castel San Pietro
(Bologna), Corinaldo (Senigallia),
Milazzo, Pavia… – e pubblicati in libri e
rassegne da diversi autori (Emma
Castelnuovo, Bruno d’Amore, Mario
Ferrari, Federico Peiretti).
Tra i consigli della prof.ssa Castelnuovo
sul rapporto tra docente e alunni
particolarmente significativo è quello di
«mettersi allo stesso livello, cioè
suscitare interesse e quindi discussioni,
accettare delle domande a cui, là per là,
non si sa rispondere e non avere scrupolo
di dire: guardate non lo so. Questa è la
cosa fondamentale indipendentemente
dalla materia che si insegna».
Oltre alle numerose pubblicazioni
dedicate ai giochi matematici, più volte
ristampate, è sempre più facile trovare
siti sui quali interagire liberamente in
attività ludiche per testare le proprie
capacità e conoscenze o per costruire
gradualmente le idee fondanti della
disciplina.
Un percorso didattico di matematica
centrato sul gioco
Se si vogliono progettare Unità di
apprendimento di matematica centrate
sul gioco, è necessario che
la realizzazione di attività ludiche sia
parte integrante del percorso didattico e
coinvolga tutta la classe. L’idea del gioco
non dovrebbe partire dall’insegnante,
ma scaturire da una esigenza della classe
(eventualmente sollecitata con
opportuni interventi).
La costruzione del gioco richiede, in
genere, varie fasi (esecuzione dei
disegni, uso del computer, elaborazione
del regolamento, determinazione delle
caratteristiche grafiche, costruzione e
decorazione della scatola per contenere
il gioco, …), che possono essere
assegnate ai diversi alunni, compresi
quelli comunque svantaggiati, sfruttando
le abilità e le attitudini individuali.
I momenti essenziali del percorso di
lavoro sono:
• la progettazione, in cui si definiscono
gli scopi e i contenuti del gioco, i
materiali da usare e i tempi; richiede
capacità di fare previsioni, di formulare
ipotesi e di proporre soluzioni;
• la realizzazione concreta, che sviluppa
le abilità manuali, abitua all’uso di
strumenti, affina il senso estetico, il
riconoscimento di forme, l’acquisizione
del senso spaziale e abitua a lavorare
con gli altri;
• la sperimentazione che permette agli
alunni di testare quanto prodotto,
trovando eventuali difetti e proponendo
soluzioni;
• la partecipazione al gioco vero e
proprio, in cui gli alunni sperimentano le
proprie capacità di stare con gli altri, di
rispettare le regole, di esprimere le
proprie opinioni.
Molteplici sono le possibilità di
inserimento di attività ludiche nella
progettazione annuale di matematica; è
opportuno, perciò, prevedere fin
dall’inizio uno spazio riservato al gioco
per introdurre o integrare la trattazione
di alcuni contenuti disciplinari.
Nella tabella seguente è proposto un
elenco di possibili giochi, suddivisi per
classe, frutto di un’esperienza più che
decennale nella scuola. Si tratta di giochi
“collaudati” da un gran numero di alunni
che si possono costruire con materiali
semplici e di facile reperibilità (carta,
cartoncino, colla, …).
CLASSE ARITMETICA GEOMETRIA ALGEBRA
1
• Pitagora e i numeri • Le carte dei numeri • I quadrati magici • L’abaco • La tombola delle potenze • Le carte con le frazioni • Tabelline della divisione • Matematica curiosa • Matematica con i fiammiferi
• Il Tangram • Origami e geometria/I • Le tassellazioni del piano • I pentamini
2 • I numeri di Fibonacci • Il triangolo di Tartaglia
• L’anello di Moebius • Il gioco del teorema di Pitagora • Origami e geometria/II
3 • Il gioco del Nim • La torre di Hanoi • Probabilità e gioco dei dadi
• Il Trigon • Le sezioni del cubo • I poliedri regolari • Giochi con gli specchi • Le figure impossibili • I ponti di Königsberg
• Il regolo dei numeri • Il quadrato del binomio • Il cubo del binomio
Naturalmente si tratta solo di
suggerimenti; ogni insegnante, in base al
tempo e al materiale a disposizione e
soprattutto alle caratteristiche della
classe, sceglierà i giochi che riterrà più
opportuni.
Con opportuni accorgimenti alcune
attività possono essere utilizzate anche
da ragazzi con difficoltà che potranno
essere aiutati nella costruzione del gioco
o dall’insegnante di sostegno, se
disponibile, o da un compagno. Il gioco
ovviamente non pretende sostituire
l’insegnante di sostegno, ma fornisce al
docente di matematica il materiale
adatto per tenere attivamente impegnato
l’alunno con difficoltà mentre il resto
della classe svolge altre attività o le stesse
ma ad un differente livello di difficoltà.
Via Proventa, 274, 48018 Faenza RA Tel. 0546 622200
Ecco alcune delle nostre proposte per
l’inverno 2016. Una serie di
appuntamenti ed eventi a cui
partecipare insieme ai propri amici, per
trovarne dei nuovi e anche per
sperimentarsi in qualche nuovo gioco o
laboratorio divertente.
Vi aspettiamo numerosi!!!
Domenica 6 Novembre
SAN ROCCO
P.za della Penna dalle 11 alle 18,30
Giochi di legno, giochi d’ingegno e tanta
creatività per bambini, ragazzi e famiglie
Lunedì 21 Novembre
FESTA DEI BAMBINI
dalle 16,45 alle 18,30 .
Giochi e lab. a tema “La torta dei diritti”.
La partecipazione è gratuita, per bimbi
della scuola primaria.
Vacanze di Natale 2016 a Casa Kaleidos
dal 27 al 30 dicembre e dal 2 al 5 gennaio
TUTTI A KASA dalle 9 alle 14 per
bambini di scuola primaria.
Il servizio si effettua solo al
raggiungimento di 10 bambini/ max 25
INFO ED ISCRIZIONI
Le attività necessitano di iscrizione Rif. Emanuela 331 4570049 Barbara 333 1554718 [email protected] http://cooperativa-kaleidos.myblog.it/
Le attività TUTTI A KASA saranno consultabili nel blog a partire da dicembre
OFFICINA DEL GIOCO
Costruzione guidata di giochi e piccoli arredi:
cavallo, cornice, elaborazioni con carta riciclata,
pupazzi con calzino, sonaglini con scatole
riciclate, contenitore a tasche…
Ci troviamo tutti i martedì dall’8 novembre dalle
10 alle 11,30. Per mamme in attesa e bambini
accompagnati di un anno e mezzo/tre anni.
IL NARRAGIOCO
Lettura animata seguita da un
laboratorio o un gioco a tema
Tutti i giovedì dal 10 novembre dalle 10
alle 11,30, per bimbi accompagnati di un
anno e mezzo/tre.
ROSSOGIALLOBLU
Uno spazio dove i bambini possono
sperimentare e conoscere, senza aver paura di
provare, nuove modalità espressive. Verranno
proposte attività grafiche, pittoriche, plastiche e
costruttive organizzate servendosi di molteplici
linguaggi dell’espressione e della
comunicazione.
Tutti i giovedì pomeriggio a partire dal 10
novembre dalle 17/18,30 per bambini della
scuola dell’infanzia e prime classi primaria.
INFO ED ISCRIZIONI
Le attività necessitano di iscrizione - Numero minimo 5 bambini Emanuela 331 4570049 Barbara 333 [email protected] http://cooperativa-kaleidos.myblog.it/
Il gioco è una qualità degli esseri umani .
Il gioco è un’attività naturale delle donne e degli uomini, preziosissima e
insostituibile a qualsiasi età…
Un bel gioco dura tutto l’anno.
Quando si gioca, si deve poter rigiocare. Ogni giorno è buono per provare
un gioco nuovo, non solo il periodo natalizio, le vacanze. Serve più tempo
reso libero per il gioco…
Il gioco è un oggetto a sé, con una sua dignità e una sua cultura.
Il gioco è una delle pratiche e dei prodotti più antichi delle culture umane…
Non c’è il gioco, ci sono i giochi: ogni gioco ha delle caratteristiche
proprie.
Ogni età si riconosce in giochi diversi, e con essi cresce. Ogni cultura
sviluppa e coltiva giochi coerenti con il proprio ambiente e la propria
visione della vita. Ogni persona con le sue particolari abilità trova giochi
diversamente interessanti. Il gioco è plurale…
Il gioco è di per sé un luogo di incontro
Il gioco educa alla convivenza, alla differenza, alla curiosità. Il gioco fa
capire il significato del rischio, fa imparare a vincer e a perdere, ma anche a
cooperare…
Il gioco ha bisogno anche di spazi propri; il gioco libera gli spazi.
I divieti di gioco sono antichi quanto il gioco stesso, ma, il gioco, per nostra
fortuna, invade tutti i margini della nostra vita …
Il gioco è un mondo di libertà.
Il gioco è un sistema di regole che chiede di essere rispettato, in cui è lecito
anche sbagliare…
Il gioco è un luogo di esplorazione e scoperta, è un ambiente di
apprendimento.
Il gioco permette di esplorare il mondo e le sue possibilità… Il gioco aiuta a
scoprire il bello.
Il gioco ha bisogno anche di professionisti.
Il gioco spesso è semplice: non richiede esperti o animatori. E' utile però che
ci sia chi studia, chi conosce i meccanismi del gioco…
Il gioco non è sempre buono.
Se non esistono dei giochi cattivi, esistono dei cattivi giocatori. Proprio per
questo è importante pretendere la qualità del gioco…
Il gioco è un piacere.
Maraffone, con doppia “effe”, è la
traduzione italiana della parola dialettale
“marafon”. Si tratta di un gioco a
carte diffusissimo in Romagna. La
tradizione vuole che si giochi
a maraffone con le carte romagnole e
dice che il questo gioco abbia avuto
origine in un’area geografica compresa
tra Forlì, Cesena, San Pietro in Vincoli,
Russi e Faenza, prima di superare
abbondantemente i confini della regione
Emilia Romagna. Infatti, grazie all’apporto
dei turisti che hanno conosciuto e
‘sperimentato’
il maraffone in riviera, questo si è
notevolmente diffuso, ed oggi ai suoi
tornei partecipano numerosi, agguerriti,
giocatori dalla provenienza più disparata.
Il maraffone ha origine in Romagna nelle
serate al bar o all’osteria, dove i nostri
nonni si recavano dopo una dura giornata
di lavoro e veniva giocato tra le astuzie,
gli ammiccamenti, il gergo colorito e le
bevute di buon vino. Giocavano con
mazzi di carte logore dal tanto uso e
mentre giocavano si inumidivano le dita
per poter distribuire meglio le carte, per
non sbagliarsi a “darle”….
Quando è nato il maraffone? Il dizionario
romagnolo del 1863 del faentino Morri, e
quello del Mattioli del 1879 non riportano
la voce “marafon”, ma ciò non significa
che allora il gioco non venisse già
praticato. La diffusione puramente orale
del maraffone in settori “chiusi” e
circoscritti, può darsi che ne abbia
impedito la cognizione negli ambienti
socialmente e culturalmente più “elevati”
di lingua italiana, che costituivano, a loro
volta, un sistema chiuso.
Certamente il maraffone è da lungo
tempo il gioco “nazionale” della
Romagna, gioco nel quale il romagnolo
DOC esprime meglio le sue peculiarità:
egli è cocciuto e caparbio, tracotante e
determinato, ma tuttavia estremamente
generoso ed entusiasta, alza la voce
facilmente, sia per arrabbiarsi ed
offendere sia per gioire e compiacersi. Il
tutto succede, ovviamente, in
un’atmosfera di amicizia e di
competizione più o meno sportiva….
Fino a pochi anni fa il maraffone era un
gioco tipicamente maschile, ‘da uomini’,
insomma, perché sanguigno e immediato,
oggi però anche le donne amano
giocare e dare del filo da torcere ad amici,
fidanzati e mariti. I premi in palio, al
termine dei moderni tornei, sono vari, ma
tra i più apprezzati e diffusi rimangono i
vini e le bontà gastronomiche del
territorio emiliano romagnolo. Ecco allora
che tra la posta in gioco si trovano
prosciutti, formaggi, salami, mortadelle,
pezzi di parmigiano e bottiglie di Albana
e sangiovese, per citare alcuni dei
favoriti….
Il maraffone di Forlì e Cesena cambia
nome nelle zone di Ravenna e Faenza,
diventando il Beccaccino o Tressette con
taglio. Del Marafon o beccaccino o
anche ‘tri sett con e taj’ esiste
esclusivamente, come si diceva, una
tradizione orale, che spiega la gran
quantità di piccole varianti che
compaiono non solo da città a città, ma
anche da centro a periferia, e addirittura
da bar a bar.
Eccovi, per finire, alcune parole chiave, per
i novizi che vogliono avvicinarsi al tavolo
del maraffone: “Böss, strèss, vòl” (busso,
voglio la migliore, striscio, ne ho ancora,
volo, non ne ho più) si tratta, ovviamente,
di parole del dialetto romagnolo.
Buon divertimento!