Progetto ristrutturazione vigneto storico di · PDF fileannessa vi è una vasca di...
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Introduzione:
Il paesaggio della vallata del fiume Adige nella zona compresa tra la Valdadige veronese e
la piana rotaliana è da sempre contraddistinto dalla costante presenza delle viti, oggi viticoltura
specializzata condotta con tecniche moderne, ma in passato viticoltura promiscua associata a
coltivazioni più vicine alle necessità di sopravvivenza e/o di diversificazione dei prodotti offerti
dall’azienda agricola.
Un ruolo importante è legato alla forte presenza dei contratti di mezzadria dove esisteva un
rapporto asimmetrico tra i grandi proprietari terrieri interessati alla rendita fondiaria ed i mezzadri
che con il loro lavoro nei fondi dovevano soddisfare le esigenze della propria famiglia.
Le operazioni agronomiche,le scelte varietali, le rotazioni presenti sono tutte collegate in un
unico sistema che comprende anche l’allevamento delle vacche con la transumanza estiva verso gli
alpeggi, e l’allevamento di altri animali come il maiale, il cavallo, le capre o gli animali di corte.
Su questa base si fonda l’antica tradizione della coltivazione della vite consociata con altre
colture ad uso zootecnico o alimentare fino ad introduzione di colture proto-industriali legate
all’industria serica o al tabacco allargando il quadro ed aggiungendo attività in un’azienda agricola
sempre più diversificata.
I confini nazionali, o meglio imperiali, e le leggi sui dazi incidono notevolmente nelle
aperture date dai mercati di vendita e non va dimenticata la piena dell’Adige del 1882 che se ha
sconvolto il territorio atesino ha anche prodotto la necessità di consolidare gli argini del fiume
Adige rendendo disponibili nuove superfici per la coltivazione
Ma è soprattutto l’arrivo delle parassitosi della vite di origine americana a provocare un
profondo sconvolgimento partendo dagli ultimi anni dell’ottocento e terminando nei primi del
novecento quando, appena conclusa la prima guerra mondiale, la viticoltura rinasce capace di
difendersi dalla fillossera all’introduzione dei portainnesti di origine americana e lo sviluppo del
vivaismo.
Ma la tradizione di coltivazione rimane ancorata agli anni precedenti con poche modifiche
sostanziali, la viticoltura rimane promiscua e l’azienda agricola è sempre di stampo zootecnico con
annesse altre coltivazioni tra cui la vite.
Sarà con l’avvento dell’industrializzazione degli anni 1950-1960 che la viticoltura subirà
profonde nuove trasformazioni, l’arrivo del trattore e della meccanizzazione, le nuove possibilità
offerte dalla chimica per la concimazione e per la protezione delle piante, accanto all’uscita
dall’agricoltura di molta manodopera con la possibilità di nuove entrate economiche nel bilancio
familiare permettono di uscire dalla necessità di molte coltivazioni annuali.
L’industria serica è già scomparsa da tempo, il tabacco vive i suoi ultimi momenti ela
mezzadria viene sostituita da contratti di affitto che permettono la nascita di molti piccoli proprietari
che investono nei fondi aziendali portandoli verso una viticoltura specializzata.
In questo contesto il paesaggio cambia, scopa ionio lentamente i vigneti promiscui
piantumati in legno a favore di vigneti specializzati piantumati in cemento, spariscono i gelsi, le
strade interpoderali vengono asfaltate, le capezzagne inerbite e poi tutta la superficie viene inerbita.
Gli esempi di una viticoltura arcaica e tradizionale sono sempre più rari e le motivazioni che
hanno spinto al loro mantenimento sono sempre più originali e casuali.
In questo contesto è da esempio un vigneto condotto da un fratello ed una sorella mai sposati
che lo hanno condotto per tutto il novecento con tecniche tradizionali perché per molto tempo i due
si sono accontentati della rendita del vigneto e poi ad un certo punto della loro vita non hanno
trovato le motivazioni e la forza per pensare ad un rinnovo del vigneto con sistemi più moderni.
Solo nei primi anni del 2000 viene osservato dai tecnici dell’Istituo Agrario di San Michele
all’Adige che in effetti è uno degli ultimi esempi di una viticoltura scomparsa, se è vero che molti
viticoltori possono vantare delle viti antiche anche più di cento anni in questo caso è tutta la
struttura ad essere originale del tempo.
Un cristallo di viticoltura arcaica, per questo viene inserito in un progetto qualità promosso
dalla cantina Viticoltori in Avio che ne paga maggiormente le uve rendendo di fatto conveniente la
sua coltivazione nello stato in cui si trova.
Si pensa ad una sua valorizzazione anche con il contributo prezioso del consorzio Terra dei
Forti che tutela e valorizza la varietà Enantio di cui è costituito, nel frattempo un passaggio di
proprietà e l’arrivo di una profonda crisi di mercato rallenta lo sviluppo di un progetto di recupero e
valorizzazione del vigneto.
Nel 2009 viene coinvolto anche il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di san
Michele all’Adige per cercare di capire l’effettivo valore culturale del sito.
Nel 2010 il vigneto viene preso in affitto dal consorzio I Dolomiti liberi vignaioli trentini,
con il quale viene steso un primo progetto di recupero e valorizzazione che ha come obbiettivi la
coltivazione del vigneto in forma promiscua riproponendo un paesaggio ed una viticoltura
scomparsi ma mantenendo una sostenibilità economica al netto della possibile visibilità che un
progetto di questo tipo può dare.
Localizzazione del vigneto
Il vigneto:
Localizzato in località Ischia di Mama d’Avio il vigneto si estende per circa 6000mq ed è
accessibile percorrendo la provinciale 90 fino all’altezza della località Dazio per poi indirizzarsi
verso l’autostrada immettendosi su una strada asfaltata privata (diritto di passo) e transitandola per
circa 50 mt.
Composto da 4 filari a pergola
doppia lunghi circa 150 mt e
distanti tra loro circa 10 metri è
costituito da 727 ceppi in gran
parte originarie dell’epoca di
impianto e tuttora in vita o
riprodotte tramite pollone o
propaggine conservando intatto
l’assetto del vigneto e il
patrimonio genetico originale.
Alcune viti dimostrano un’età
minore e derivano dalla
moltiplicazione di una delle viti vicine con la tecnica della propaggine oppure sono frutto
dell’allevamento di un pollone con lo scopo di rinnovare la parte aerea della pianta. Solo alcuni
ceppi denunciano evidentemente la presenza del portainnesto, segno di un rimpiazzo avvenuto in
epoca discretamente recente
Originale è la palificazione del vigneto, totalmente in legno, con una struttura composta da
singoli filari non concatenati con una palificazione anche a sostegno delle ali delle pergole.
Le viti non presentano portainnesto americano porta e ciò porta a datare l’anno di impianto
in un momento precedente l’arrivo della fillossera in Trentino, cioè attorno agli anni 1920, ma
successivamente alla piena dell’Adige del 1882.
La collocazione del vigneto a ridosso di un confine teatro della prima guerra mondiale porta
a considerare l’anno di impianto prossimo ai primi anni del 1900, dato confermato anche dalla
strutturazione tipica di una viticoltura promiscua diffusa in tutto il fondovalle.
Da colloqui personali con il vecchio proprietario si fa risalire l’anno di impianto negli anni
di costruzione degli argini dell’Adige appena dopo la piena del 1882, la difesa dalla fillossera
avveniva mediante allagamento del vigneto durante l’epoca tardo autunnale.
Figura 1: Avio (immagine da Google Heart)
In effetti in passato il vigneto confinava con il fiume Adige ed è a causa della realizzazione
dell’autostrada A22 che ha ridotto la dimensione del fondo portandola a quelle attuali.
Questo dato è confortato dalla posizione di un pozzo in sasso con annessa vasca in cemento
che veniva utilizzato per pescare l’acqua necessaria all’esecuzione dei trattamenti fitosanitari. In
genere si collocavano a metà del campo per avere un’uguale necessità di miscela irrorante e non
dover percorre strada a vuoto. Oggi il pozzo si trova spostato ben oltre la metà della lunghezza dei
filari e proprio in vicinanza dell’autostrada ma, immaginando la lunghezza dei filari fino al fiume
Adige risulterebbe circa a metà della lunghezza del campo.
Il pozzo citato è in sasso, tuttora attivo pesca direttamente dalla falda sottostante e vi è
annessa vi è una vasca di cemento grezzo dove si possono riscontrare i segni della preparazione
della poltiglia bordolese.
.Nel vigneto sono presenti
anche una baracca in lamiera
metallica, del tipo usato in
passato nei cantieri edili o per
le postazioni dei cannoni
antigrandine, adibita a
deposito attrezzi ed una pianta
di prugne e un fico posti a
ridosso della baracca, accanto
ad un’area dedicata ad orto
con un’aiola di fiori, segno di
una realtà vissuta non
esclusivamente come unità produttiva, ma anche come luogo di esistenza.
Il vigneto di trova in vicinanza di una fermata delle corriere e di una pista ciclabile
garantendo così una discreta visibilità oltre al già accennato facile accesso.
Obiettivi del progetto:
Il progetto di ristrutturazione e conservazione di questo vigneto è volto a cercare di
mantenere vivo un esempio di quale fosse la viticoltura presente nel fondovalle atesino fino ai primi
decenni successivi il dopoguerra rendendolo un documento vivente del passato e della civiltà
contadina. In questo modo sarà così possibile conservare e studiare un serbatoio genetico per la
varietà Enantio valutando la possibile individuazione di presunti cloni.
SCHEMA DEL VIGNETO
Vasca e pozzo
Filari di vite
10m 10m 10m
Baracca
150 metri40 metri
Figura 2: mappa del vigneto
Questo vigneto presenta alcune caratteristiche che prese nel loro insieme lo rendono unico e
degno di una valorizzazione.
La completezza di elementi presenti (il pozzo con la vasca in cemento per la preparazione
della poltiglia bordolese e la baracca utilizzata come deposito attrezzi accanto ad alcuni alberi da
frutto ed un piccolo orto sono degli esempi) può essere considerata la più importante accanto alla
vetusta dei materiali presenti altrimenti non riscontrabili.
L’età delle viti è altrettanto importante, così come la dimensione non irrisoria tale da
permettere sia la ricreazione di un paesaggio in cui poter immergersi e vivere un’esperienza
particolare, sia la produzione di una quantità di uva e di vino tale da immaginare una sostenibilità
economica della conduzione viticolo-enologica del vigneto.
Importante è la localizzazione, in un territorio da sempre vissuto come luogo di frontiera,
oggi tra le province di Trento e Verona, nel passato tra l’impero asburgico e il regno d’Italia, ma
anche luogo di sovrapposizione, come tra due strade dei sapori (della Vallagarina e della Terra dei
Forti), nel centro di una DOC (Terra dei Forti) che ricomprende il territorio della Valdadige
Veronese e della Bassa Vallagarina.
La storia di questo vigneto nasce in Austra e passa in Italia, attraversa due guerre mondiali e
vede le proprie uve commercializzate con tre monete nazionali diverse (corone, lire, euro), accanto
una storia più quotidiana vissuta nel passaggio da una viticoltura quasi di sopravvivenza fino ad una
viticoltura specializzata e industriale.
Infine la possibilità di conservare in loco un serbatoio genetico importante per una varietà
minore in termini di diffusione. Le varietà di uva che si sono diffuse nel passato in epoca
prefilloserica hanno consentito un trasferimento di popolazioni geneticamente diverse in diversi
luoghi del pianeta garantendo nel tempo una sufficiente variabilità tale da evitare un’erosione
genetica.
Per le varietà considerate minori, almeno in termini di diffusione, il rischio di erosione è
legato all’introduzione di pochi cloni derivanti da un solo ceppo di vite (nel vivaismo la
riproduzione delle viti è agamica attraverso la tecnica dell’innesto) che con il tempo vanno a
sostituire i vecchi vigenti spesso costituiti da popolazioni o tribù di piante diverse.
Il risultato può essere negativo, perdendo la variabilità si possono perdere caratteristiche
interessanti che non si sono selezionate all’epoca della scelta del materiali da cui far derivare i
cloni. Se per le varietà diffuse in tutto il pianeta è possibile tentare di ricostruire una variabilità
partendo da materiale genetico proveniente dalle diverse aree viticole mondiali, per le varietà
minori questa possibilità è esclusa ed un eventuale erosione genetica diventa un danno permanete
nella popolazione.
Localizzazione del vigneto
Località Dazio
SP 90
Fermata corriere
Vigneto
A22
Adige
Infine un’ ubicazione in
prossimità di strade e pista
ciclabile che possono rendere
visibile e facilmente
accessibile il vigneto anche a
comitive o gruppi interessati
agli argomenti proposti.
La valorizzazione del sito:
La semplice conservazione del vigneto, per quanto auspicabile, porterebbe ad una
cristallizzazione del sito mantenendolo di fatto nel suo stato senza però arrivare ad una sua
valorizzazione, come del resto già successo con le utili iniziative sostenute nel passato dalla cantina
Viticoltori in Avio.
Un’ipotesi di valorizzazione passa dalla possibilità di rendere il vigneto un documento
vivente di viticoltura arcaica da poter visitare e vivere immergendosi nel suo completo paesaggio.
Sono gli elementi culturali legati alla storia del vigneto, la sua ubicazione in una terra di
confine, le grandi trasformazioni di cui è stato testimone e che possono essere comprese
utilizzandolo come termine di paragone rispetto alla realtà attuale che lo rendono un’occasione da
sviluppare.
Sarà necessario coinvolgere altri attori nella valorizzazione del vigneto e nello sviluppo del
progetto, accanto all’appoggio del Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di San Michele
all’Adige è auspicabile incontrare l’appoggio degli uffici competenti della PAT, del comnue di
Avio e delle realtà che si occupano di cultura e turismo.
La visibilità di cui potranno godere i due consorzi (I Dolomitici e Terra dei Forti) e gli altri
enti coinvolti nel progetto di recupero e valorizzazione è la moneta con la quale si paga il progetto.
La conservazione in loco della varietà Enantio attraverso la coltivazione dei vecchi ceppi
diventa quasi un prodotto secondario dell’operazione culturale in atto così come il vino che si
produrrà sarà la testimonianza fedele dell’impegno nella salvaguardia dei valori portati dal vigneto.
Figura 3: foto aerea del vigneto (da Google Haert)
Linee di sviluppo del progetto
La ristrutturazione del vigneto deve mantenere la massima fedeltà alla storia del luogo e del
vigneto stesso, i materiali e le tecniche devono essere il più aderenti possibile alla visione che si può
avere di un piccolo lembo di civiltà contadina del primo dopoguerra.
Per questo è necessario riportare a coltivazione le aree degli interfilari con colture annuali
applicando le rotazioni in uso nel passato e dettate dalle necessità delle aziende agricole vitcolo-
zootecniche.
L’area del vigneto deve essere resa visitabile ponendo in sicurezza tutti gli elementi di
possibile pericolo limitando al massimo i rischi connessi. La tecnica di coltivazione e la conduzione
agronomica del vigneto devono tenere conto delle richieste e delle necessità dei possibili visitatori e
per questo va adottato il principio di massima naturalità nella scelte operative.
La vinificazione delle uve dovrà rispettare i principi del progetto cercando di ottenere un
vino che rispecchi e rispetti la fedeltà al territorio da dove proviene mantenendo alto l’onore del
viticoltore che ha prodotto le uve e dell’enologo che le ha trasformate.
La produzione di circa 4500-5000 bottiglie annue può essere la garanzia per una buona
visibilità ed identificabilità del progetto oltre ad essere un entrata economica che ci si auspica
sufficiente almeno a sostenere le spese di conduzione del vigneto e di vinificazione compresa la
commercializzazione.
La situazione attuale del vigneto:
La struttura dell’impianto è composta da una palificazione in legno realizzata con diverse
essenze, principalmente castagno acacia, robinia e raramente gelso, mentre le testate sono in
cemento.
All’esterno del vigneto e passante sulle testate corre una cordina di treccia di filo di ferro
ancorata a dei pilastri a rendere più stabile e concatenata la struttura legandola a quelle dei vigneti
limitrofi.
I fori, cioè la distanza tra i pali sulla fila, misurano circa 4-5 metri, ad ogni palo di sostegno
sono collegate due cantinelle poste a sostenere le due ali delle pergole, la maggior parte si presenta
a sezione rotonda in maggiociondolo o castagno, alcune sono a sezione quadrata in larice, tutte
comunque lunghe approssimativamente 5 metri circa.
Le cantinelle non sono concatenate tra loro ma sono sostenute, nella parte più esterna
dell’ala della pergola, da una
coppia di pali di legno piantati
nel terreno. In questo caso le
essenze utilizzate sono castagno,
robinia, acacia e
maggiociondolo.
Per ogni ala della
pergola sono posizionati 10 fili
di ferro, probabilmente a tripla
zincatura, che corrono paralleli
alla direzione del filare e vanno
a costituire la struttura dove
poggia la vegetazione della zona produttiva.
I tendifilo sono costituiti da una coppia di paletti di legno duro (carpino, maggiociondolo,
ecc.) lunghi circa 50 cm disposti a croce dove uno dei due diventa l’asse su cui si avvolge il filo e
l’altro è la maniglia per permettere la torsione. Questo sistema è ancora abbastanza in suo nella
zona e viene comunemente indicato con il nome di “torcolini”.
Al centro dell’interfila corre uno spazio libero della misura di circa 3-3,5 metri che
corrisponde idealmente alla zona che in passato era dedicata alle coltivazioni annuali.
La sistemazione fin qui descritta deriva dalla sovrapposizione delle risposte alle diverse
necessità nate durante la vita del vigneto; nato per la coltivazione promiscua dove la corsia centrale
raggiungeva una dimensione più vicina ai 4 metri che non agli attuali 2,5, il vigneto si presentava
come una serie di 4 filari di vite dove le ali delle pergole erano sostenute da una palificazione
esterna che, di fatto, delimitava la zona dedicata alle coltivazioni annuali indicata con il termine
dialettale di “vaneza”.
Con il tempo le coltivazioni annuali si sono ridotte e si è cercato di aumentare le rese in uva
coprendo una superficie maggiore con vigneto, per questo si sono allungate e sostituite le cantinelle
e si sono aggiunti dei fili portando il numero agli dieci attuali per ala.
L’eccessivo carico di vegetazione e produzione, accanto all’impossibilità di concatenare le
cantinelle consolidando la struttura, ha creato il bisogno di inserire una ulteriore palificazione di
sostegno alle cantinelle stesse riducendo la corsia centrale fino agli attuali 2,5m circa, spazio
minimo necessario per poter transitare con un trattore.
SITUAZIONE ATTUALEVista frontale
10 METRIFilari di viti
Pali di sostegnodelle ali delle pergole
Figura 4: prospetto del vigneto
Tutto il materiale ligneo presente nell’impianto è in uno stato di grave deperimento a causa
della mancata sostituzione e manutenzione nell’ultimo decennio almeno.
Questo ha portato anche ad un abbassamento dell’altezza delle ali delle pergole rendendo
difficoltoso, se non addirittura impossibile, il passaggio con un trattore, passaggio necessario alle
diverse lavorazioni del vigneto.
Possono essere recuperati solo alcuni dei pali di sostegno dei filari e delle cantinelle; di
queste ultime un discreto numero può essere conservato, ma va prevista una manutenzione ed una
sostituzione costante negli anni.
I fili di ferro sono ormai arrugginiti e spesso rotti in più punti. Non è possibile prevedere un
loro recupero.
I “torcolini” possono essere in parte riutilizzati, ma una parte deve essere necessariamente
sostituita.
Il mancato rimpiazzo delle viti morte negli ultimi anni ha portato il vigneto a presentare un
discreto numero di fallanze con fori che presentano poche viti ch, comunque, in alcuni casi riescono
a coprire l’ala della pergola, ma rendono sempre molto difficoltose le operazioni di coltivazione.
Ristrutturazione: consolidamento e conservazione di quanto presente
premessa:
Da molti anni nel vigneto non sono eseguiti lavori di manutenzione straordinaria e ordinaria
e per questo oggi versa in una condizione di difficile coltivazione.
Un primo passo è il ripristino delle normali condizioni di coltivazione attraverso il
consolidamento di quanto è possibile recuperare e la sostituzione dei materiali fatiscenti e non
utilizzabili.
Vanno previsti degli interventi straordinari per cercare di ripristinare le condizioni adatte alla
coltivazione delle viti e delle colture annuali negli spazi centrali dell’interfila mantenendo un
corretto equilibrio tra le esigenze di coltivazione con l’uso del trattore ed il rispetto degli aspetti
culturali.
A questo scopo si suggerisce di mantenere un contatto con gli esperti del Museo degli Usi e
Costumi della Gente Trentina di San Michele all’Adige per cercare di ottenere indicazioni sui criteri
da adottare per le scelte tecniche.
La linea di condotta deve essere aderente agli obiettivi di valorizzazione del progetto e per
questo le scelte dei materiali e la loro messa in opera deve rispettare il più possibile le
caratteristiche storiche e etnografiche del sito.
In questa fase si rende necessario un intervento di manutenzione straordinaria degli impianti
e del vigneto con la messa in sicurezza del pozzo e della baracca, e successivamente vanno previsti
degli interventi ordinari di manutenzione con cadenza abbastanza stretta (annuale o biennale).
Vigneto:
Il rimpiazzo delle viti
è necessario al fine di
conservare la completezza
dell’impianto; per lo scopo si
propone di adottare il metodo
della propaggine, in uso fino
dal tempo della nascita del
vigneto. La scelta della
densità di piantagione sulla
fila deve tenere conto della
densità presente nei fori attualmente completi (circa 5 per foro)
E’ auspicabile che per la conduzione del vigneto vengano adottati criteri di naturalità e di
basso impatto ambientale e per questo si propone di adottare il metodo di produzione biologico.
Con questo metodo di produzione ci si avvicina molto al tipo di difesa antiparassitaria in uso
prima dell’avvento della chimica di sintesi, anni 60 e successivi, ed è possibile considerarla molto
aderente agli obiettivi del progetto.
In ogni caso i principi del rispetto ambientale, della conservazione della biodiversità e della
massima naturalità vanno tenuti presenti e usati come guida nella conduzione delle pratiche
agronomiche e della protezione delle piante di tutte le colture presenti.
Per la gestione delle malerbe e delle superfici dell’interfilare si dovrà cercare di evitare l’uso
di diserbanti o disseccanti preferendo il taglio del’erba o la coltivazione di essenze erbacee poco
competitive o interventi meccanici di pulizia come aratura e sarchiatura anche alla luce della
realizzazione di particolari importanti nella visione d’insieme di un vigneto che ripresenta le
caratteristiche della coltivazione del passato.
Figura 5: vecchio ceppo con pollone
La conduzione agronomica deve tenere conto delle necessità produttive delle coltivazioni
erbacee poste nelle “vaneze”, la concimazione in primo luogo e tutte le altre operazioni saranno
condotte in modo da conservare il più possibile gli aspetti peculiari della coltivazione promiscua in
uso un tempo.
Viene suggerita la letamazione come intervento preferito per mantenere e migliorare la
fertilità del terreno, da eseguire successivamente la vendemmia e prima dell’inverno per permettere
una sua completa umificazione nel terreno.
La quantità da distribuire sarà tarata in funzione delle necessità delle colture erbacee e dalle
asportazioni legate alla produzione di uva.
In alternativa si può considerare l’impiego di compost già umificato, di derivazione diversa
ma con un’attenzione alla presenza di eventuali inquinanti non desiderati (es. metalli pesanti).
Il sovescio è un’altra delle alternative possibile, ma si devono tenere conto le difficoltà di
applicazione di questa tecnica di fertilizzazione anche in ragione della presenza delle colture
annuali.
La pratica della concimazione (cioè il ripristino della sola asportazione degli elementi
nutritivi diversa dal concetto di fertilità con il quale si considera la capacita del terreno di essere
produttivo) può essere effettuata con il semplice impiego di concimi chimici semplici o complessi.
La conservazione e il miglioramento della fertilità del terreno è il principio a cui ci si deve
ispirare e per questo tutti gli interventi di concimazione a terra o fogliare adottati in funzione delle
effettive necessità, ma devono essere considerati nell’ottica più ampia della conservazione e
miglioramento della fertilità del vigneto nel suo complesso e per questo adottati solo in caso di
effettiva necessità o in assenza di alternative.
Impianto:
La struttura necessita urgentemente
di un intervento straordinario di
manutenzione e non è in grado di
sopportare il normale carico di
produzione e vegetazione
In via breve si può
puntellare i sostegni utilizzando dei
pali di diverso materiale, come il
corten, materiale leggero, di facile
trasporto e applicazione che ben si Figura 6:struttura dell'impianto
maschera nel vigneto grazie al colore marrone scuro.
Questa sistemazione deve essere temporanea in attesa di un intervento sostanziale di
ristrutturazione con il quale si sostituisce buona parte della palificazione dei filari, delle cantinelle e
dei loro sostegni cercando nel contempo di rendere il fondo più agibile al trattore.
Per questo si consiglia di sostituire completamente la palificazione di sostegno delle
cantinelle riportando il vigneto alla situazione originale con una sola fila di pali a sostegno, a 3
metri circa di distanza dal centro del filare di viti. Le essenze da preferire sono il castagno, la
robinia, l’acacia,.
Importante è la
lunghezza dei pali di sostegno
delle cantinelle che dovrebbero
superare l’altezza fuori terra dei
pali di sostegno del centro del
filare delle viti, riportando un
elemento costitutivo del
paesaggio come nel passato.
La motivazione risiede
nella possibilità di ripristinare la
stabilità del palo quando la sua
base diventa marcescente e per
questo veniva tagliato appena sopra terra e poi reimpiantato sfruttando la sua lunghezza. Solo
raramente veniva completamente sostituito, solo nel caso la sua altezza totale non fosse sufficiente,
ma ancora si tentava un reimpiego come palo di sostegno del filare, sempre che la sua dimensione e
resistenza lo permetteva.
Le cantinelle vanno in gran parte sostituite, è da preferire come essenza il maggiociondolo,
ma di difficile reperibilità, in alternativa possono essere impiegati castagno o robinia o il larice. Va
osservato il particolare della sezione rotonda rispetto alla sezione quadrata, e per questo il larice è il
materiale più difficilmente reperibile. La dimensione della lunghezza deve permettere una facile
agibilità della corsia centrale e la sezione deve essere solo sufficiente a sopportare il peso della
vegetazione e della produzione.
In generale la dimensione dei pali e delle cantinelle dovrebbe rispettare le dimensioni della
palificazione attuale mantenendo costante l’impatto visivo e paesaggistico del vigneto.
SITUAZIONE FUTURAVista frontale
10 METRI
Filari di viti
Pali di sostegnodelle ali delle pergole
3 METRI
Coltura
annuale
Figura 7: prospetto frontale
L’inclinazione delle ali delle cantinelle come il punto di attacco sul calcagno della pergola e
l’altezza che raggiungono nel punto di legatura con i pali di sostegno deve essere compatibili con il
passaggio del trattore e permettere una corretta disposizione del fogliame e dell’uva nello spazio.
I filari delle viti attualmente son costituiti da pali in legno lungo la fila e testate in cemento
legate con delle cordine di treccia di fili ferro a dei pilastri che concatenano vigneti di più
proprietari.
I pali al’interno delle file devono essere in gran parte
sostituiti, l’antico uso del gelso è praticamente impossibile
data la rarità di questa specie legnosa, d’altra parte
attualmente solo pochi pali sono in questa essenza mentre la
maggior parte è realizzata in castagno. In alternativa al
castagno possono essere adottate altre essenza come la
robinia.
Le testate in cemento sono state realizzate negli anni
50-60 e rappresentano un elemento che potrebbe indicare la
vita vissuta del vigneto, una innovazione che si è affermata,
ma che mantiene e sottolinea la storicità del luogo.
La possibilità di sostituirle con delle testate in legno
va valutata anche alla luce delle difficoltà presenti, della
necessità di slegarsi dalla cordina in treccia di filo di ferro e,
non ultimo, dalla necessità di conservare la stabilità dell’impianto.
Nel caso si voglia procedere è importante posizionare nella buca alla base del palo una pietra
piatta o un masso per evitare lo sfondamento della testata nel terreno, va aggiunta una freccia di
sostegno infissa nel terreno sul lato del filare per contrastare la tensione dei fili verso il centro del
filare stesso. Anche per la freccia va prevista la posa di una pietra o di un masso alla sua base.
Oggi nel vigneto sono presenti dei sassi usati come contrappeso sulle testate a sud in
prossimità dell’autostrada, è possibile che siano stati utilizzati in passato come base per le frecce o
per i pali e poi dissotterrati dal terreno nel momento in cui si ridotta la lunghezza delle file a causa
dei lavori di costruzione dell’ A22. Il motivo per cui non sarebbero stati più utilizzati è legato
all’introduzione dell’uso dei pilastri in cemento e delle cordine in treccia di filo di ferro che
permettevano una migliore stabilità delle testate e dell’impianto rispetto alle frecce.
Tutti i fili di ferro vanno sostituiti perché ormai non garantiscono nessuna tenuta e non ha
senso recuperare degli elementi poco appariscenti ma estremante utili nella coltivazione del vigento.
Figura 8:palo in gelso
I filo di ferro a tripla zincatura è il materiale che meglio si adatta ad un resturo conservativo,
ma anche il crapal può essere adottato vista la poca differenza che visivamente portano ad aver ei
due materiali.
Come tendifilo vanno mantenuti i
“torcolini” sostituendo quelli non più
utilizzabili, per la loro realizzazione ex novo è
sufficiente procurarsi degli spezzoni di pali di
legno duro (es.: frassino, corniolo). La tecnica
di uso prevede di disporli a croce dove uno
inanella il filo di fero e diventa l’asse su cui si
avvolge il filo, mentre l’altro, legato al primo, è
la manovella con la quale si tende e si avvolge il
filo.
Altri elementi (pozzo, vasca in cemento, baracca,)
Il pozzo si presenta in uno stato di conservazione buono, non necessita di particolari opere di
manutenzione almeno per la parte in muratura. Nei mesi estivi è ancora funzionante pescando nella
falda a circa 2-3m di profondità, si propone una
pulizia dell’esterno dai residui di calce e
dall’eccesso di muschio utilizzando della malta
grezza. In ogni caso va prevista una protezione
mobile alla sua bocca per garantire maggiore
sicurezza nei momenti in cui non è presente
nessuno.
Si suggerisce di costruire una struttura
sovrastante la bocca ad uso del secchio per la pesca
dell’acqua, oggi è presente una struttura di fortuna
costruita con materiali di recupero inadatta alla
conservazione mancando di tutti i requisiti di
sicurezza, storicità e praticità.
La possibilità di pescare acqua è
fondamentale per rendere complete le possibile
Figura 9: torcolini
Figura 10:pozzo
l’eventuale dimostrazione della preparazione della poltiglia bordolese partendo dai cristalli di sali di
rame. L’acqua del pozzo è sempre stata usata anche per la coltivazione del piccolo orto-aiuola
presente in prossimità della baracca metallica, di certo non sarà possibile irrigare le coltivazioni
annuali che verranno ad essere coltivate
negli spazi al centro dell’interfilare.
La vasca in cemento si presenta in
parte scrostata nel suo interno e si
consiglia una sua riparazione mantenendo
il più possibile le parti originarie ed
impiegando materiali il più possibile
simili agli originari come il semplice
cemento.
La baracca metallica presente nel campo
oggi utilizzata come deposito attrezzi era in origine una baracca utilizzata deposito dei razzi
antigrandine in una delle tante postazioni presenti in tutte le campagne fino alla fine degli anni 60.
Anche se esteticamente non risulta piacevole all’impatto, e potrebbe essere sostituita con
una casetta per attrezzi in legno che meglio si associ agli elementi paesaggistici attorno, si consiglia
di mantenere questo manufatto come segno di un momento della storia dell’agricoltura locale
trasformatosi poi in segno della storia di chi ha coltivato questo vigneto.
Se recuperata nel
suo interno potrebbe
essere la sede ideale per
una piccola esposizione
permanente di poster,
pannelli esplicativi o di
fotografie a corredo e
completamento del luogo.
Gli alberi (fico e pruno)
nelle sue vicinanze e
l’orto-aiuola limitrofi
vanno conservati il più
possibile per mantenere il
senso di luogo entropicamente vissuto e conservato. Per quanto riguarda l’orto-aiuola con
l’introduzione delle colture annuali è pensabile lasciare solo la parte di aiuola con fiori decidui
Figura 11: vasca
Figura 12: baracca
semplici come gladioli, peonie,rose o simili che non necessitino di cure particolari, ma che
mantengano vivo il senso del luogo.
La coltivazione promiscua
Il ripristino delle coltivazioni annuali negli spazi centrali degli interfilari è il punto centrale
del progetto di recupero e valorizzazione; il senso e la valenza storico-etnografica passa da questo
intervento di ripristino che prevede il ritorno di un tipo di coltivazioni e di operazioni agronomiche
praticamente scomparso nell’agricoltura trentina.
Rispetto all’epoca passata in cui
è nato il vigneto va tenuta
presente la necessità
dell’impiego del trattore per la
coltivazione e per questo alcune
operazioni e tecniche dovranno
essere necessariamente più
moderne, ma non per questo
viene intaccato il valore
culturale del sito costituendo
alla fine un paesaggio unico nel
suo genere, ricco di spunti e
notizie interessanti.
La pratica delle coltivazioni annuali per le aziende agricole del passato era la centralità della
coltivazione in quanto permetteva la sopravvivenza della famiglia e degli animali da cui poi
ricavano latte e altri prodotti.
Tutta la gestione degli spazi era centrata sui principi di non sprecare spazio coltivando
quanto necessario senza avere poi il bisogno di acquistare beni di prima necessità per se stessi o per
gli animali.
L’uva era vista prevalentemente come entrata in denaro, così come lo erano altre
coltivazioni del tempo come gelso e relativi bachi da seta, tabacco ed in parte mais da granella o
frumento per farina.
Mais, patate, erbai, zucche e altre coltivazioni andavano a riempiere i magazzini per resistere
agli inverni freddi e improduttivi per poter nutrire bovini, cavalli o ingrassare maiali.
10 metri
3 metri3,5 metri
Distanze dell’interfila:Spazio per la consociazione
Figura 13: impianto attuale e distanze future
Le rotazioni presenti erano basate sia su principi agronomici di conservazione della fertilità
dei suoli, tenendo presente anche l’opera costante di apporto di letame e sostanza organica in
genere, che sulle necessità delle singole famiglie tarate poi con le opportunità commerciali che
potevano presentarsi. (vedi coltivazione dei gelsi, del tabacco, ecc.)
Quella che si propone è una rotazione possibile e risulta dall’interpolazione delle
informazioni raccolte nel corso di alcuni incontri con i sig. Giorgio Rudari, Corrado Cristofretti e
Dario Cristoforetti durante l’estate 2010.
La proposta va adatta alle esigenze di gestione e coltivazione attuali e va valutata come una
solida base con cui cominciare a lavorare nella realizzazione delle coltivazioni promiscue che nel
tempo possono variare in numero e qualità.
Lo spazio dedicato alle coltivazioni annuali è la corsia centrale dell’interfilare e viene
delimitata dalle due linee parallele dei pali di sostegno delle pergole, area che può essere defnita
con il termine dialettale “vaneza”.
In passato tutta la superficie del
fondo agricolo era sottoposta a
lavorazione del terreno, ma solo le
vaneze erano soggette ad una
fertilizzazione con apporto di
letame per favorire la crescita e lo
sviluppo delle colture annuali.
Sotto le viti si procedeva a
continue e ripetute erpicature per
estirpare l’erba, in prossimità della
capezzagna si rifiniva con una
vangatura così da delimitare
perfettamente l’area a vigneto.
Oggi l’inerbimento della zona sotto le pergole si rende necessario per consentire il passaggio
con il trattore e per facilitare tutte le operazioni agronomiche di gestione del vigneto, per questo va
prevista una fertilizzazione anche su queste superfici. .
La rotazione generalmente è basata su tre tipologie di coltivazioni, leguminose, cereali, altra
coltivazione, ed il ciclo può essere di 3 o 4 anni a seconda se si ripetano le leguminose. Le epoche
di semina e raccolto variano e l’ordine delle coltivazioni è fisso per permettere un ottimale
sfruttamento delle stagioni senza mai lasciare il terreno nudo.
Coltivazione promiscua: vista frontale
“vaneza”
Ceppi di vite
Figura 14: prospetto futuro
Alcune colture, che possiamo definire come minori per la bassa incidenza di superficie
occupata, venivano posizionate negli interstizi tra la zona dedicata alla coltivazione annuale e lo
spazio dedicato al vigneto. Si cercava di sfruttare la disponibilità di luce nei primi mesi di
primavera, quando i germogli delle viti ancora non si sono ancora sviluppati, piantando a ridosso
dei pali di sostegno delle pergole. Queste coltivazioni non sono inserite nella rotazione e vengono
indicate a parte.
Ipotesi di rotazione:
I° anno semina/allevamento primaverile di trifoglio ladino o perenne (oppure erbaio di prato
stabile con loietto e trifoglio, oppure prato di erba medica).
II°anno mais da granella (oppure patata, oppure barbabietola oppure tabacco) e semina
autunnale di frumento od orzo.
III° anno frumento oppure orzo (entrambi con raccolta estiva e semina di mais cinquantino)
oppure mais da granella (se non coltivato l’anno precedente) e semina
autunnale dell’erbaio o preparazione dei terreni per la semina primaverile.
Tutti gli anni vengono coltivati fagioli, zucche, barbabietole, verze, cavoli.
Ipotesi futura (la palificazione va semplificata)
Figura 15: impianto nel 2009
Breve note sulle colture annuali:
Frumento: semina autunnale e raccolta estiva. Assieme al frumento può essere seminato
del trifoglio o dell’erba medica che cresce dopo la mietitura e può essere sfalciata già una prima
volta in autunno. Rimane come coltura per l’anno successivo.
Orzo: vedi frumento
Mais da granella: seminato in primavera viene diradato in primavera, cimato in luglio e
raccolto in autunno.
Mais cinquantino: seminato in estate dopo la mietitura o dopo la raccolta delle patata
(rotazione del II° anno), ad uso alimentazione animale occupava uno spazio (superficie e tempo)
altrimenti non utilizzabile.
Patata: seminata in file e destinata all’alimentazione umana o animale, prevalentemente dle
maiale.
Tabacco: trapiantato in file in primavera coltivato sfeminellando le piante, coltura da
reddito.
Erbaio: semina di trifogli (ladino, perenne) o erba medica o misto trifoglio e loietto. Primo
sflacio in tarda primavera (maggengo) e poi durante l’estate fino all’autunno inoltrato.
Fagioli: se rampicanti seminati a poste vicino ai pali di sostegno delle pergole, o in
associazione con mais. Se bassi a file per la raccolta e l’essicazione o il consumo fresco (tegoline)
Zucca: seminata a poste vicino ai pali di sostegno delle pergole, oppure a tra le patate (dove
muore una pianta o c’è dello spazio) oppure a spaglio al posto del mais cinquantino. Prevalente
l’uso per alimentazione animale, ma considerato anche per l’alimentazione umana.
Barbabietola: seminata a file accanto alla coltura annuale principale sul limitare delle ali
delle pergole. Uso quasi esclusivamente per alimentazione animale.
Verze e cavoli: destinati al consumo umano in epoca invernale e trapiantati in epoca estiva
andavano a riempire spazi scoperti a causa della fallanza di qualche altra coltura (es: patata,
barbabietole, ecc.)
Come fertilizzazione si adottava la letamazione autunnale o primaverile, da eseguire in
precedenza alla coltivazione di mais, patata, tabacco e dove era possibile eseguire la lavorazione del
terreno in epoca primaverile.
Note conclusive:
Nel 2010 è stata iniziata un’opera di recupero del vigneto che ha portato ad un ripristino
parziale della palificazione che necessità però di un sempre più urgente intervento di recupero
sostanziale sostituendo tutti i materiali lignei ormai non più recuperabili e utili.
Confortati dal consulto
degli esperti del Museo
degli Usi e Costumi della
Gente Trentina di San
Michele all’Adige si sono
gettate le basi per stilare
questo progetto e si sono
adottate le linee di
principio già elencate
all’inizio.
Proprio questo
progetto ha avuto spazio
per essere presentato nel
corso della sessione annuale del seminario permanente di etnografia alpina (SPEA), convegno che
aveva come titolo “le frontiere nascoste della coltura del vino).
Nel corso del 2010 si è organizzata un momento di presentazione dell’iniziativa in occasione
della potatura delle viti e, presenti molte autorità, ha avuto un buon riscontro di spazio sui mezzi di
informazione.
Anche il momento della vendemmia ha permesso di rendere una discreta visibilità almeno
sulla stampa locale.
La conduzione del vigneto ha visto l’introduzione del metodo di coltivazione biologico
delle uve che sono state vendemmiate nell’ottobre del 2010 ed avviate alla vinificazione. Il vino
prodotto ed in questo momento sta maturando la sua necessaria evoluzione. Sarà presentato solo
quando considerato pronto, probabilmente già nel corso del 2011.
Si è piantata una siepe di separazione con l’A22 e si sono impostati i criteri di conduzione
del vigneto per il 2011.
Tra gli sviluppi del progetto si cerca di arrivare a definire una gestione economica
dell’iniziativa e per questo di stanno raccogliendo i valori per impostare una valutazione dle flusso
di casso.
Situazione futura
Vasca e pozzo
Filari di vite
Baracca
Siepe di separazione con A22
10m10m10m
Zone a colture
annuali
Figura 16: prospetto futuro
CantinaViticoltori
in Avio
MuseoSan
MicheleAll’Adige
Luigi Spagnolli, Elisabetta
Foradori e tutti gli aderenti al Consorzio I Dolomitici
NatasciaLorenzi, Stefano Libera e tutto il
Consorzio Terra dei
Forti
Grazie per il sostegno……
CTT- FEMIstitutoAgrario
S. Michele a/A
Rimane aperto il fruttuoso dialogo con il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di
San Michele all’Adige e si cerca di stabilire un altrettanto fruttuoso dialogo con le istituzioni,
comune di Avio, Assessorato alla cultura, assessorato all’agricoltura, ecc.
Nel corso del 2011 verranno messe a coltura le “vaneze” e questo porterà a concludere
questa prima fase del progetto auspicando una giusta ricaduta in termini di visibilità dell’iniziativa e
dei suoi realizzatori.
Francesco Penner
Unità Viticoltura Centro Trasferimento Tecnologico FEM IASMA