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Ministero delle PoliticheAgricole e Forestali

Comune diBenevento

PROGRAMMA DI RIQUALIFICAZIONE URBANA E SVILUPPO SOSTENIBILE DEL TERRITORIO

progetto pilota per l’implementazione di filiere agroalimentari

P.R.U.S.S.T - CALIDONE

2^ annualità

In copertina : Arcangelo, 2004, Ortofrutta, 40x30, tecnica mista su tela

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Accordo Quadro PRUSST Calidone (BURC n. 33 del 15.07.2002) Pagina 1 di 17 Allegato 16 Ministero delle Politiche Agricole e Forestali

SOMMARIO 1. LA PRODUZIONE DI CARCIOFO IN PROVINCIA DI BENEVENTO ...............................................2 2. IL CARCIOFO DI PIETRELCINA .................................................................................6 3. LA TECNICA PRODUTTIVA STANDARD ED IL REDDITO LORDO ................................................9 4. ESAME DELLA POSSIBILITÀ DI TRASFORMAZIONE DEL PRODOTTO ........................................ 14 BIBLIOGRAFIA ................................................................................................ 17

INDICE DELLE TABELLE Tabella 1- Sup. e prod.nelle regioni italiane nel 1987 e 2005 2 Tabella 2- Sup. e prod. del carciofo in Campania e per provincia dal 1999 al 2005 5 Tabella 3- Costi variabili ed annualità media per la coltivazione di un ha di carciofo 10 Tabella 4- Fabbisogno di lavoro "uomo" per ettaro di carciofo 11 Tabella 5- Fabbisogno di lavoro macchine per ettaro di carciofo 11 Tabella 6- PLV di un ha di carciofo ed annualità media 12 Tabella 7- Valori assunti dagli indicatori in corrispondenza dei diversi tassi 16 Tabella 8- Analisi SWOT 16 INDICE DELLE FIGURE Figura 1 - Carciofo “Romanesco” 3 Figura 2- Carciofo di Pietrelcina 3

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1. La produzione di carciofo in Provincia di Benevento

Prima di analizzare il dato a livello locale è opportuno presentare una breve

panoramica sulla diffusione ed importanza della coltura a livello generale.

La coltivazione del carciofo interessa principalmente i Paesi del Bacino del

Mediterraneo, Italia in testa con circa 50.000 ha, seguita dalla Spagna (poco più di 25.000 ha) e

dalla Francia (circa 15.000 ha).

Fuori dal Bacino del Mediterraneo, il carciofo è coltivato in misura apprezzabile solo

negli USA, Argentina e Cile, mentre in molti altri Paesi è presente in modeste coltivazioni

attuate a livello amatoriale (orti familiari) e quasi sempre da emigranti originari dei paesi del

bacino.

Se si eccettua una leggera flessione dell’estensione delle superfici, determinata dalla

riduzione di circa 1000 ha di coltivazione in Puglia nel 1987, si può affermare che

fondamentalmente la superficie coltivata a carciofo in Italia, nell’arco del ventennio 1985-

2005, è rimasta praticamente invariata attestandosi stabilmente sui 50.000 ha circa, così come

la produzione complessiva che si aggira tutt’oggi sui 4.700.000 quintali di prodotto raccolto,

come si evince dalla seguente Tabella 1.

Tabella 1- Sup. e prod.nelle regioni italiane nel 1987 e 2005

Regione Superficie Produzione

( ha ) q.li/ha Totale q.li Raccolta q.li

1987 2005 1987 2005 1987 2005 1987 2005 PUGLIA 17.000 16.540 104 97,7 1.768.000 1.616.550 1.521.000 1.555.900 SICILIA 13.815 15.300 127 105 1.754.505 1.606.950 1.686.000 1.493.518 SARDEGNA 11.226 12.902 53 82,6 594.978 1.066.127 589.000 1.063.689 LAZIO 2.106 1.042 163 163,5 343.278 277.320 332.000 201.489 CAMPANIA 1.778 1.696 162 183,2 288.036 190.900 284.000 167.080 TOSCANA 1460 754 90 87 131.400 65.627 126.000 57.657 ABRUZZO 521 431 91 65,7 47.411 31.065 46.000 29.211 MARCHE 408 473 62 82,5 25.296 35.565 25.000 35.565 BASILICATA 352 400 80 100 28.160 40.000 28.000 40.000 ALTRE REGIONI 589 452 56.618

55.645 ITALIA 49.113 50.127

102 99,5

4.981.064 4.986.722

4.896.000 4.699.754

Fonte: Istat La produzione è assorbita quasi totalmente dal mercato interno poiché l’esportazione,

diretta soprattutto verso la Francia, interessa poco più del 2% dell’intera produzione.

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Quanto all’importazione si segnalano modesti quantitativi provenienti dalla Spagna.

Le regioni che maggiormente concorrono all’export sono la Campania e la Puglia,

quest’ultima prima produttrice di carciofo in Italia.

La produzione campana, molto apprezzata, è basata quasi esclusivamente sulla

coltivazione del tipo “Romanesco”, ricercato per la presenza di brattee inermi sul capolino e

per le sue pregevoli caratteristiche organolettiche (foto 1).

Figura 1 - Carciofo “Romanesco”

Questa cultivar si è diffusa ed affermata da tempo nelle diverse aree di coltivazione

campane, dove si rinviene con biotipi più o meno differenziati e ben adattati ai diversi

ambienti pedoclimatici locali.

Il carciofo di Pietrelcina (foto 2) sembra potersi annoverare appunto tra i biotipi del

“Romanesco”, un dato quest’ultimo, incoraggiante e promettente in previsione di uno

sviluppo futuro della coltura, che tra l’altro è una di quelle poche che potrebbe svolgere un

ruolo di rilievo come valida alternativa al tabacco in taluni areali produttivi.

Figura 2- Carciofo di Pietrelcina

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Dalla tabella 1 si può osservare che la Puglia si conferma quale regione italiana

maggiore produttrice di carciofo, seguita dalla Sicilia e dalla Sardegna.

La Campania ed il Lazio destinano a carciofo superfici di gran lunga inferiori ma fanno

registrare le rese più alte.

La tabella evidenzia, inoltre, che la produzione di carciofo è quasi esclusiva

competenza dell’agricoltura meridionale e insulare con oltre 4,4 milioni di quintali raccolti.

In realtà, come si evince dalla successiva Tab. 2, tra il 1999 ed il 2002 la superficie

regionale coltivata a carciofo si attestava su una media di circa 2.500 ha, con un picco di 2.945

ha nell’anno 2001; successivamente, a partire dal 2002, si è nuovamente ridimensionata fino a

ritornare, nel 2005, all’originaria quota di ha 1.700 circa, a causa della drastica contrazione di

superficie coltivata a carciofo nell’area salernitana, dove la superficie si è ridotta di circa 1000

ha dal 1999 ad oggi.

Per quanto attiene alla provincia di Benevento la superficie coltivata a carciofo si è

sempre attestata su una media di circa 25 ettari con una punta di 33 ettari rilevata nel 2005.

All’attualità non sono disponibili dati che possano relazionare tale incremento di

superficie provinciale ad un parallelo aumento di superficie nel comune di Pietrelcina, tuttavia

è notevole che, anche sulla sola base del dato 2000, che attribuisce al comune di Pietrelcina

una superficie coltivata a carciofo pari a circa 17 ha, questa rappresenti da sola il 50%

dell’attuale superficie provinciale complessiva.

Un altro dato interessante che si può rilevare dalla tabella 2 è che mentre nelle altre

province campane la produzione media per ettaro è comparabile e si attesta tra 190 e 210

q.li/ha, in provincia di Benevento la produzione media per ettaro è di gran lunga inferiore

attestandosi sui 100 q.li/ha circa a causa del regime di coltivazione prevalentemente in asciutta

ed al modesto uso di fertilizzanti chimici.

A livello regionale, è la provincia di Salerno a fornire le maggiori produzioni

complessive, seguita da Napoli, Caserta, Benevento ed Avellino, in accordo con l’estensione

delle relative superfici coltivate.

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Tabella 2- Sup. e prod. del carciofo in Campania e per provincia dal 1999 al 2005

Provincia Superficie Produzione

(ha) q.li/ha Totale q.li Raccolta q.li SALERNO 2.325 219,7 510.875 510.875 NAPOLI 172 199 34.220 31.728 CASERTA 70 207,8 14.545 14.545 BENEVENTO 22 103,2 2.270 2.270 AVELLINO 0 0 0 0

REGIONE 2.589 217 561.910 559.418 SALERNO 2.155 179,7 387.200 385.000 NAPOLI 182 196,8 35.820 33.650 CASERTA 66 214,5 14.160 14.160 BENEVENTO 26 87,3 2.270 2.270 AVELLINO 0 0 0 0

REGIONE 2.429 181 439.450 435.080 SALERNO 2.675 217,6 582.200 582.200 NAPOLI 172 200,1 34.420 32.700 CASERTA 70 219 15.330 15.330 BENEVENTO 28 92,9 2.600 2.600 AVELLINO 0 0 0 0

REGIONE 2.945 215,5 634.550 632.830 SALERNO 2.056 197 405.120 405.032 NAPOLI 190 194,7 37.000 34.100 CASERTA 74 187,5 13.875 13.095 BENEVENTO 29 67,6 1.960 1.960 AVELLINO 0 0 0 0

REGIONE 2.349 195 457.955 454.187 SALERNO 1.673 55 92.015 92.015 NAPOLI 188 193,8 36.440 33.100 CASERTA 74 178 13.170 13.095 BENEVENTO 29 100 2.900 2.900 AVELLINO 0 0 0 0

REGIONE 1.964 73,6 144.525 141.110 SALERNO 1.556 160 248.960 248.960 NAPOLI 191 192,7 36.805 33.200 CASERTA 74 186,8 13.820 13.191 BENEVENTO 29 100 2.900 2.900 AVELLINO 0 0 0 0

REGIONE 1.850 163,5 302.485 298.251 SALERNO 1.383 160 221.280 150.000 NAPOLI 208 193,1 40.160 36.250 CASERTA 69 195,2 13.470 12.829 BENEVENTO 33 55,8 1.840 1.840 AVELLINO 3 190 570 570

REGIONE 1.696 163,5 277.320 201.489 Fonte: Istat

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2. Il carciofo di Pietrelcina

Il carciofo appartiene alla famiglia delle Asteraceae (Composite), sottofamiglia

Tubiflorale, Tribù Cynareae, genere Cynara.

Il nome dato da Linneo nel 1953 è Cynara scolymus L., tuttavia, per il fatto che non si

ritrova allo stato selvatico alcuni autori preferiscono considerarlo una sottospecie del C.

cardunculus L. (il cardo), pertanto il nome botanico diventa C. cardunculus L. subsp. scolymus L.

È una specie poliennale; l’impianto della coltura può essere effettuato o mediante la

semina primaverile degli acheni, ovvero i piccoli frutti maturi (sistema poco diffuso), o più

comunemente attraverso i carducci e gli ovoli, germogli che si differenziano alla base delle

piante nel corso della vegetazione.

In particolare, i carducci sono germogli radicati provenienti da gemme basali ipogee e

si impiegano per l’impianto nel periodo autunno-primaverile, mentre gli ovoli sono rami

quiescenti ipogei, muniti di gemma apicale e gemme laterali, che si formano nel periodo estivo

dai carducci a seguito della morte della parte epigea degli stessi, causata dalla siccità e dalle

temperature elevate.

Gli ovoli sono utilizzati per l’impianto della coltura nel periodo estivo.

La pianta del carciofo ha fusto eretto, solcato, alto da 50 a 150 cm, più o meno

ramificato, e foglie oblunghe, pennatopartite, di colore verde di diversa tonalità, tendente al

grigiastro anche in dipendenza dalla tomentosità che è maggiormente accentuata sulla pagina

inferiore, inermi o spinose ai margini.

I fiori sono tubulosi, di color azzurro-violetto, raccolti in grossi capolini (fino a 10 cm

di diametro) e circondati da brattee verdi o violacee, carnose alla base e coriacee nel resto,

inermi o con spine apicali, le quali, con il ricettacolo dell'infiorescenza ancora immatura,

costituiscono la parte edule della pianta, anch'essa chiamata carciofo.

Il frutto è un achenio munito di pappo.

La letteratura internazionale sul carciofo riporta oltre 400 fra cultivar e popolazioni,

tuttavia in moltissimi casi si tratta di sinonimi. In Italia, i tipi più diffusi sono il “Catanese”

(coltivato principalmente in Puglia, Sicilia, Basilicata), il “Romanesco” o di “Castellammare”

(coltivato principalmente in Campania e Lazio), “Violetto di Palermo” (coltivato

principalmente in Sicilia), “Violetto di Toscana” (coltivato principalmente in Toscana),

“Masedu” (coltivato principalmente in Sardegna), seguiti da altri tipi minori che interessano

modeste superfici.

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Il carciofo di Pietrelcina, come già accennato, sembrerebbe rientrare in uno dei detti

casi di sinonimia, in quanto verosimilmente si tratta di un biotipo locale del “Romanesco”,

così come dimostrerebbero alcuni caratteri della pianta e del capolino in particolare.

Confrontando le precedenti foto 1 e 2, relative rispettivamente al carciofo

“Romanesco” ed al “Carciofo di Pietrelcina”, infatti, si può osservare la netta somiglianza tra i

tipi in questione in relazione ad alcuni caratteri morfologici principali. In particolare la forma

globosa e compatta del capolino, la presenza del foro centrale alla sommità dello stesso, la

forma a “V” aperta dell’apice delle brattee, che sono altresì inermi, la colorazione verde alla

base delle stesse con sfumature violacee lungo i bordi, ecc…

Nel carciofo di Pietrelcina in particolare, le brattee sono di colore verde chiaro che

sfuma in una tinta tra il violetto e il rosa nella parte superiore del capolino. Ogni pianta

produce mediamente 10 carciofi.

La raccolta del capolino centrale e quelli della prima corona avviene, in genere, nella

prima metà del mese di maggio, circa un mese dopo la raccolta del "Romanesco" (tale tardività

da alcuni viene imputata alla coltivazione in asciutta ed all’uso quasi esclusivo di larghe

letamazioni invece che di concimazione chimica); le infiorescenze apicali sono grosse e

globose; le brattee sono tenere alla base ed inermi; il ricettacolo floreale è ben sviluppato,

compatto, carnoso e molto morbido.

Pare che ad introdurre questa coltura a Pietrelcina sia stato il Prefetto di Bari Ing.

Cardona intorno al 1840.

La coltivazione attualmente si estende su appezzamenti di modeste dimensioni, che nel

2000 costituivano complessivamente circa 17 ha, distribuiti tra una ventina di produttori circa,

ed è concentrata in alcune contrade a cui le popolazioni locali attribuiscono particolari qualità

pedoclimatiche che giustificherebbero le pregiate caratteristiche organolettiche del prodotto

locale.

Ed è proprio grazie a queste sue peculiari caratteristiche organolettiche, diffusamente

riconosciute, che si è ritenuto esistessero i requisiti per conseguire il riconoscimento di una

specifica IGP per il carciofo di Pietrelcina -così come vi è stato il riconoscimento per il

carciofo di Paestum- e pertanto, di recente, la Valisannio (C.C.I.A.A. di Benevento) ha dato il

via alla preparazione di tutta la documentazione necessaria per attivare l’iter burocratico

finalizzato appunto al detto riconoscimento.

Il territorio di coltivazione è principalmente quello del comune di Pietrelcina, a ridosso

dell'area fluviale del fiume Tammaro, affluente del Calore, ma si estende anche ai limitrofi

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territori di Paduli, Pesco Sannita e Pago Veiano, anche se Pietrelcina rimane il comune dove la

coltura è maggiormente rappresentativa.

La raccolta, scalare, comincia nel mese di maggio e termina a giugno con la raccolta dei

capolini di terza scelta usati per la preparazione di conserve, in genere solo per uso familiare

(soprattutto carciofini sott’olio e creme di carciofi per cucina).

Già dal 1976, a Pietrelcina, il carciofo è oggetto di valorizzazione e diffusione

attraverso una sagra che si tiene ogni anno a maggio, dove il prodotto trova una sua

collocazione commerciale sia allo stato fresco che trasformato.

Il carciofo di Pietrelcina è molto apprezzato anche sul locale mercato di Benevento,

dove arriva legato con giunchi, in caratteristici mazzi composti da quattro "mammarelle" o

capolini centrali, detti anche cimaroli.

Anche i carducci, che si sviluppano alla base della pianta di carciofo, trovano una loro

collocazione sul mercato locale. Infatti, previamente piegati, legati e ricoperti con terra, e

crescendo pertanto in assenza di luce, sviluppano dei tessuti di colorazione biancastra,

consistenza carnosa e tenera con assenza di fibre coriacee.

A Benevento questa verdura, conosciuta con il nome di “cardone”, è molto richiesta

nel periodo natalizio ed utilizzata come ingrediente fondamentale in alcune minestre dal

sapore molto delicato che ricorda quello dei carciofi.

Infine un breve cenno meritano le note proprietà terapeutiche del carciofo che è molto

indicato nella terapia delle disfunzioni metaboliche lievi e medie dei lipidi e dei glucidi.

Particolarmente indicato nelle situazioni di lenta digestione, di ingorgo epatico, di eccesso di

colesterolo e di arteriosclerosi.

Ne traggono giovamento anche le malattie della pelle per le capacità antitossiche degli

elementi contenuti nel carciofo.

La presenza del tannino, poi, ne permette un uso terapeutico nelle diarree. Ovviamente

l'uso del carciofo nella dieta giornaliera produce un effetto positivo estetico sulla pelle.

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3. La tecnica produttiva standard ed il reddito lordo

Data l’importanza che la coltura del carciofo, in un futuro anche abbastanza prossimo,

potrebbe rivestire nell’area dell’interland beneventano, sia in un’ottica di miglioramento ed

ottimizzazione del contributo economico fornito dalla coltura stessa all’azienda agricola sia in

previsione dell’imminente necessità di riconversione della coltura del tabacco.

Appare quanto mai opportuno,completare questa sintetica monografia sul carciofo di

Pietrelcina con una breve analisi economica-estimativa tesa ad indagare i costi ed i redditi

lordi, afferenti attualmente alla coltura del carciofo in provincia di Benevento ed in particolare

nell’area pietrelcinese.

All’uopo, tenendo presente lo schema operativo approntato dal Prof. P. Lombardi

(Facoltà di Agraria di Portici - NA) nella “Relazione di Studio sul Carciofo di Pietrelcina”

promossa dall’azienda Valisannio della C.C.I.A.A. di Benevento nell’anno 2000, e previa

verifica presso gli operatori agricoli che non vi è stata variazione nella tecnica colturale, si è

ritenuto opportuno procedere semplicemente alla rielaborazione del detto schema mediante

l’aggiornamento dei dati economici sulla base delle modificazioni intervenute nel frattempo nei

costi dei mezzi tecnici e della manodopera anche a seguito del passaggio dalla Lira all’Euro, e

tanto anche al fine di avere un utile termine di confronto col passato prossimo.

L’analisi economica in esame prevede preliminarmente la definizione della tecnica

colturale standard, ovvero quella tecnica che, stabilite le condizioni socioeconomiche e

strutturali della zona, un imprenditore locale di medie capacità dovrebbe adottare per condurre

la coltivazione in maniera ordinaria.

Quindi, essendo il carciofo una coltura poliennale, e considerando un’occupazione

quadriennale del suolo, si ipotizza la gestione di un ettaro composito, ovvero suddiviso in

quattro parti di uguale superficie, ciascuna riferita ad un anno di coltivazione.

Per l’analisi dei costi si assume che vengano messe a dimora 8.000 piante/ha, per una

densità di 0,8 piante /mq, e che la coltura sia condotta in asciutta.

Per quanto riguarda i mezzi tecnici, la tecnica colturale standard prevede

essenzialmente una abbondante letamazione preimpianto ed una concimazione annuale di

sostegno.

Normalmente non vi è ricorso ad alcun trattamento antiparassitario.

Sulla base dei detti parametri, si procede al calcolo dei costi variabili per ciascuno dei

quattro anni di durata della coltivazione, i cui risultati sono riassunti nella seguente tabella 3.

Poiché l’obiettivo è quello di calcolare il costo medio annuo di produzione, si

provvede a posticipare al quarto anno gli importi annuali, a mezzo di un opportuno

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coefficiente di posticipazione determinato considerando un tasso medio annuo di interesse

pari al 5%.

L’annualità media riferita ai costi risulta pari a circa 6.100,00 Euro ed è strutturata

secondo le seguenti incidenze:

Spese di concimazione 4,00 %

Spese per lavoro uomo 64,30 %

Spese per lavoro macchine 17,60 %

Spese per piantine (€. 0,47cadauna) 14,10 %

Tabella 3- Costi variabili ed annualità media per la coltivazione di un ha di carciofo

Anno Lavoro U.M. Q.tà Costo unitario Totale Coeff. di

post.ne Valori

posticipati al 4° anno

Annualità media

Lavoro uomo ore 416,00 6,00 2.496,00 1,157625 2.889,43 Lavoro macchine ore 99,00 18,00 1.782,00 1,157625 2.062,89 Letamazione 300,00 1,157625 347,29 Piantine n° 8.000,00 0,40 3.200,00 1,157625 3.704,40

Totale 7.778,00 1,157625 9.004,01

Lavoro uomo ore 715,00 6,00 4.290,00 1,102500 4.729,73 Lavoro macchine ore 45,00 18,00 810,00 1,102500 893,03 Concimazione q.li 8,00 28,00 224,00 1,102500 246,96

Totale 5.324,00 1,102500 5.869,71

Lavoro uomo ore 740,00 6,00 4.440,00 1,050000 4.662,00 Lavoro macchine ore 45,00 18,00 810,00 1,050000 850,50 Concimazione q.li 8,00 28,00 224,00 1,050000 235,20

Totale 5.474,00 1,050000 5.747,70

Lavoro uomo ore 770,00 6,00 4.620,00 1,000000 4.620,00 Lavoro macchine ore 45,00 18,00 810,00 1,000000 810,00 4° Concimazione q.li 8,00 28,00 224,00 1,000000 224,00

Totale 5.654,00 1,000000 5.654,00 Totale 26.275,42 6.096,24 Fonte:ns elaborazione

I fabbisogni di lavoro sono specificati nelle successive Tabelle 4 e 5 dove sono

riportate in dettaglio, per mese di impiego, entrambe le tipologie di lavoro, uomo e macchina.

Dall’analisi risulta che l’ettaro composito richiede 669 ore di lavoro uomo e 61 ore di

lavoro macchine.

PPRRUUSSSSTT CCaalliiddoonnee ““PPrrooggeettttoo ppiilloottaa ppeerr ll’’iimmpplleemmeennttaazziioonnee ddii ffiilliieerree aaggrrooaalliimmeennttaarrii””

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Anche per la stima della PLV si è fatto riferimento all’ettaro composito, prevedendo

tre classi di qualità per il prodotto raccolto ed ovviamente tre distinti prezzi per ogni classe,

come di seguito indicato (per motivi prudenziali ed anche in considerazione dell’estrema

instabilità dei prezzi di mercato che sta caratterizzando gli ultimi due anni, si è ritenuto

opportuno adottare i medesimi prezzi stimati nell’anno 2000):

I classe €. 0,65

II classe €. 0,45

III classe €. 0,20

Tabella 4- Fabbisogno di lavoro "uomo" per ettaro di carciofo

Lavoro uomo Lavoro uomo per ettaro compositoEpoca di esecuz. 1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° Totale Operazione

Mese Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Aratura profonda Agosto 20 5 0 0 0 5 Letamazione Settembre 20 5 0 0 0 5 Fresatura Ottobre 8 15 15 15 2 4 4 4 14 Assolcatura Novembre 8 2 0 0 0 2 Impianto Novembre 250 63 0 0 0 63 Scarducciatura Nov./Dic 150 150 150 0 38 38 38 114 Raccolta cardi Dicembre 20 25 25 0 5 6 6 17 Fresatura Gennaio 15 15 15 15 4 4 4 4 16 Concimazione Febbraio 10 10 10 0 3 3 3 9 Fresatura Marzo 15 15 15 15 4 4 4 4 16 Rincalzatura e legatura Marzo 40 40 40 0 10 10 10 30 Sarchiatura e scarducc. Aprile 30 100 100 100 8 25 25 38 96 Raccolta Maggio 10 300 320 300 3 75 80 75 233 Taglio steli Lug./Ago 40 50 50 50 10 13 13 13 49

Totale 416 715 740 720 106 181 187 195 669

Costo lavoro uomo €.6,00/h 2.496 4.290 4.440 4.320 636 1.086 1.122 1.170 4.014

Tabella 5- Fabbisogno di lavoro macchine per ettaro di carciofo

Lavoro uomo Lavoro uomo per ettaro composito Epoca di esecuzione

1° 2° 3° 4° 1° 2° 3° 4° Totale Operazione

Mese Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Aratura profonda Agosto 20 0 0 0 5 0 0 0 5 Letamazione Settembre 20 0 0 0 5 0 0 0 5 Fresatura Ottobre 8 15 15 15 2 4 4 4 14 Assolcatura Novembre 8 0 0 0 2 0 0 0 2 Fresatura Gennaio 15 15 15 15 4 4 4 4 16 Fresatura Marzo 15 15 15 15 4 4 4 4 16 Sarchiatura e scarducc. Aprile 13 0 0 0 3 0 0 0 3

Totale 99 45 45 45 25 12 12 12 61 Costo lavoro macchine €.18,00/h 1.782 810 810 810 450 216 216 216 1.098 Fonte:ns elaborazione

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Al primo anno si è ipotizzata una produzione di circa 1600 capolini di seconda classe

ritenendo che almeno un 20% delle piante riescano a portare a maturazione merceologica il

capolino centrale.

Per i successivi tre anni, sono state considerate le seguenti produzioni:

I classe 8000 capolini

II classe 16000 capolini

III classe 31000 capolini

Sulla base di queste ipotesi i valori della PLV posticipati al 4° anno sono risultati essere

di circa Euro 1.203,93 al primo anno; di circa Euro 20.506,50 al secondo anno; di circa Euro

19.530,00 al terzo anno; di circa Euro 18.600,00 al quarto anno, per un’annualità media pari ad

Euro 13.883,76 (tab.6).

Detratti i costi variabili complessivi, pari ad Euro 6096,24, ne deriva un reddito lordo

medio annuo di circa Euro 7.787,52 per ettaro di superficie coltivata a carciofo, risultato che

depone senz’altro a favore di uno sforzo per la promozione e valorizzazione della coltura a

livello locale, anche e soprattutto in considerazione della conclamata crisi del settore tabacco e

la conseguente necessità di riconversione delle relative superfici.

Tabella 6- PLV di un ha di carciofo ed annualità media

Anno Qualità Capolini N. Prezzo unitario

PLV Coeff. di post.ne

Valori posticipati al 4° anno

Annualità media

II 1.600 0,65 1.040,00 1° Totale 1.040,00 1,157625 1.203,93

I 8.000 0,65 5.200,00 II 16.000 0,45 7.200,00 III 31.000 0,20 6.200,00

Cardoni 0 0,00 0,00

Totale 18600,00 1,102500 20.506,50 I 8.000 0,65 5.200,00

II 16.000 0,45 7.200,00 III 31.000 0,20 6.200,00

Cardoni 0 0,00 0,00

Totale 18.600,00 1,050000 19.530,00 I 8.000 0,65 5.200,00

II 16.000 0,45 7.200,00 III 31.000 0,20 6.200,00

Cardoni 0 0,00 0,00

Totale 18.600,00 1,000000 18.600,00 Totale 59.840,43 13.883,76Fonte:ns elaborazione

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Infine, a conclusione della presente disamina, appare opportuno rilevare alcuni aspetti

molto interessanti emersi sempre dallo studio condotto dal Prof. LOMBARDI per la

Valisannio, ovvero che:

le valutazioni di scenari alternativi, in cui le superfici attualmente impegnate da

altri seminativi -tra cui anche il tabacco- vengono sostituite da nuove carciofaie

con relativo incremento di superficie, hanno evidenziato in tutti i casi un

considerevole miglioramento del reddito lordo sia delle singole aziende

esaminate che delle aziende considerate nel complesso;

con l’incremento delle superfici a carciofaia si consegue una razionalizzazione

ed ottimizzazione dell’impiego della forza lavoro preesistente nelle aziende ed

attualmente sottoutilizzata. (L’analisi ha evidenziato, ad esempio, che nel solo

comune di Pietrelcina, facendo affidamento sulla sola forza lavoro preesistente,

la superficie a carciofaie potrebbe essere portata fino a 58 ettari, mentre col

ricorso al mercato del lavoro, nei mesi di maggio, novembre e dicembre la

SAU a carciofo potrebbe tranquillamente essere estesa fino ad 88 ettari);

il test di sensitività alle variazioni di prezzo ha evidenziato che la convenienza

alla coltivazione del carciofo persiste fino ad una una riduzione del prezzo di

circa il 40%.

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4. Esame della possibilità di trasformazione del prodotto

Nell’ipotesi di un approccio di filiera, oltre alla produzione e commercializzazione del

prodotto fresco diviene fondamentale considerare, ove possibile, anche l’eventualità di

produzione e commercializzazione di prodotto trasformato.

Nel caso di specie, poiché esiste una produzione ragguardevole di capolini di terza e

quarta scelta che difficilmente trovano collocazione sul mercato del fresco a prezzo

conveniente, si profila la possibilità di avviare utilmente tale prodotto alla trasformazione per

la produzione di conserve alimentari costituite da cuori di carciofi sott’olio e paté di carciofi,

eventualmente mediante l’utilizzo in abbinamento con altri prodotti tipici locali per una

migliore ricaduta d’immagine sul mercato (ad esempio per i cuori di carciofo sott’olio

l’abbinamento con l’olio extravergine di oliva DOP “Colline Beneventane” in corso di

riconoscimento).

Pertanto, a completamento e perfezionamento del lavoro condotto nel 2000, la

Valisannio (C.C.I.A.A. di Benevento) è opportunamente intervenuta promuovendo uno studio

di fattibilità sull’ipotesi di trasformazione del carciofo di Pietrelcina, redatto nuovamente al

Prof. P LOMBARDI (Facoltà di Agraria di Portici - NA), dove è stato accuratamente

analizzata la fattibilità economica di un impianto di trasformazione per la produzione di cuori

di carciofi sott’olio e paté di carciofi.

In sintesi, lo studio di fattibilità, sulla base dei dati acquisiti nel 2000 e delle relative

elaborazioni, ha preso in considerazione la trasformazione di circa 1.300 quintali di materia

prima costituita da capolini di terza e quarta scelta, partendo dall’ipotesi realistica della

produzione di circa 20 quintali per ettaro dei detti capolini, e considerando un verosimile

incremento della superficie a carciofaia a circa 65 ettari, stimolato sia dalla detta necessità di

riconversione delle superfici a tabacco e sia dalla realizzazione dell’impianto di trasformazione,

garanzia di ritiro del prodotto.

Gli altri parametri a base dell’analisi economica sono stati il prezzo della materia prima,

stimato in 300 Euro per quintale, la produzione di 100.000 Kg di cuori di carciofo

confezionati in vasetti da 300 e 500 grammi e 23.000 Kg di paté confezionato in vasetti da 300

grammi, con uno sfrido per perdite e scarti stimato nell’ordine del 5%.

Il costo complessivamente stimato per la realizzazione della detta produzione, che

include oltre alla materia prima il costo per vasetti, tappo, etichette, sale, aceto e lavoro,

ammonta ad Euro 776.228,00 mentre i ricavi sono stati stimati in Euro 860.037,00.

Il costo complessivo per la realizzazione dell’impianto di trasformazione, concepito nei

suoi elementi fondamentali, è stato stimato pari ad Euro 630.000,00.

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Stabiliti i detti parametri e considerando una durata utile dell’impianto pari a 20 anni,

l’analisi è stata basata sulla valutazione di tre importanti indicatori, ovvero il VAN (Valore

Attuale Netto), il TIR (Tasso di Rendimento Interno) ed il Rapporto Benefici/Costi, stimati in

corrispondenza di vari tassi di attualizzazione fino al tasso limite rappresentato appunto dal

TIR.

Tali indicatori, che in genere sono impiegati per indirizzare le scelte nel caso di più

investimenti a confronto, sono molto utili anche per la valutazione della convenienza

economica alla realizzazione di un singolo investimento in quanto restituiscono comunque dei

parametri che consentono di valutare la rispondenza dell’investimento alle attese di chi lo deve

realizzare.

In particolare, il VAN, calcolato in corrispondenza di un determinato tasso di

attualizzazione, fornisce una stima della somma di tutti i benefici netti, opportunamente

attualizzati all’anno di realizzazione dell’investimento (accumulazione iniziale), che

l’investimento stesso andrà a produrre nel corso degli anni di tutta la sua durata.

Ovviamente, quanto maggiore sarà il VAN, o quanto più si avvicina al valore atteso,

tanto più l’investimento risulta conveniente.

Il Rapporto B/C, invece, rappresenta il rapporto fra la somma di tutti i benefici lordi

prodotti nel corso degli anni di tutta la sua durata e la somma di tutti i costi sostenuti nel corso

degli anni di tutta la sua durata, rispettivamente attualizzati all’anno di realizzazione

dell’investimento ad un dato tasso di interesse.

Quanto maggiore risulta il rapporto tanto maggiore sarà la convenienza ad effettuare

l’investimento.

Il TIR rappresenta la redditività dell’investimento nell’arco di vita prevista per lo

stesso; maggiore è il TIR maggiore è la convenienza ad effettuare l’investimento.

Il TIR rappresenta altresì il tasso di interesse in corrispondenza del quale la somma dei

benefici netti attualizzati eguaglia il costo iniziale dell’investimento, oppure il tasso di interesse

in corrispondenza del quale la somma dei benefici lordi attualizzati eguaglia la somma dei costi

attualizzati, rendendo il RB/C uguale all’unità ed il VAN uguale a zero.

In ogni caso, per quanto riguarda l’investimento in esame, tutti e tre gli indicatori

calcolati hanno fornito risultati favorevoli alla realizzazione dell’impianto ipotizzato, così come

si evince dalla tabella 7, sia nell’ipotesi di realizzazione dell’impianto da parte di privati, sia

nell’ipotesi di realizzazione dell’impianto da parte di una eventuale cooperativa di

trasformazione costituita da parte degli stessi coltivatori di carciofi.

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Tabella 7- Valori assunti dagli indicatori in corrispondenza dei diversi tassi

Tasso VAN TIR B/C 5,00% 1.012,90 0,117 1,61 7,00% 866,20 0,117 1,37 9,00% 750,00 0,117 1,19 11,00% 657,00 0,117 1,04 11,70% 628,80 0,117 1,00

Fonte: ns elaborazione

Per concludere, alla luce di quanto analizzato e in considerazione dell'attuale

congiuntura economica, l'investimento relativo alla costruzione di un impianto di

trasformazione del carciofo di Pietrelcina in cuori di carciofo sott'olio e paté di carciofo, risulta

decisamente conveniente sia da un punto di vista meramente finanziario sia sotto l'aspetto

economico.

Va infatti tenuto conto che il progetto prevede, oltre la occupazione della fase di

cantiere, un impegno di circa 520 giornate lavorative per ogni ciclo di lavorazione.

A queste considerazioni ne va aggiunta ancora una, tutt'altra che marginale dal punto

di vista socio-economico.

Essa riguarda la sicurezza dello sbocco commerciale che l'impianto di trasformazione

assicura ad una categoria di prodotto (carciofi di terza e quarta classe) alla quale non sempre

(e/o comunque con difficoltà) può essere garantita una soddisfacente collocazione sul mercato

del fresco.

E’ possibile sintetizzare tale operazioni nella seguente analisi SWOT:

Tabella 8- Analisi SWOT

PUNTI DI FORZA PUNTI DI DEBOLEZZA

Facilità di caratterizzazione organolettica e

qualitativa.

Scarsa presenza negli ordinamenti produttivi.

OPPORTUNITA’ RISCHI

Ottime prospettive di mercato in funzione

anche del turismo religioso.

Concorrenza di altri prodotti.

Concorrenza di altri biotipi in mancanza di

caratterizzazione.

Fonte: ns elaborazione

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BIBLIOGRAFIA

V.V. BIANCO, F. PIMPINI, “Orticoltura”, Patron Editore, 1987.

Prof. P. LOMBARDI (Facoltà di Agraria di Portici – NA), “Il carciofo di Pietrelcina - Relazione di

Studio”, Valisannio 2000.

Prof. P. LOMBARDI (Facoltà di Agraria di Portici – NA)., “Il carciofo di Pietrelcina - Relazione di

Studio di Fattibilità economica”, Valisannio febbraio 2004.

SITI INTERNET CONSULTATI http://europa.eu.int - (Il Portale dell’Unione Europea)

http://europa.eu.int/pol/agr/index_it.htm

http://www.politicheagricole.it - (Ministero delle Politiche Agricole e Forestali)

http://www.ismea.it/ - (Servizi per il mercato agricolo alimentare)

http://www.regione.campania.it/ - (Portale della Regione Campania)

http://www.istat.it/

http://www.inea.it/ - (Istituto Nazionale di Economia Agraria)

PROGRAMMA DI RIQUALIFICAZIONE URBANA E SVILUPPO SOSTENIBILE DEL TERRITORIO“CALIDONE”

ACCORDO QUADRO DEL 31.05.2002 - PUBBLICATO SUL BURC 15.07.2002 N.33

documento n. 11 attuazione

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

Ministero delle Politiche Agricole e Forestali

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Ministero delle Attività Produttive

Provincia di Benevento

CASSA DD. PP.

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio

Regione Campania

progetto pilota per l’implementazione di filiere agroalimentari

Comune diBenevento

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