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Progetto per la gestione della Terza Area di professionalizzazione ISTITUTO STATALE “LUIGI EINAUDI” Modulo: INTEGRAZIONE SCOLASTICA Anno scolastico 2005/2006

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Progetto per la gestione della Terza Area di professionalizzazione

ISTITUTO STATALE“LUIGI EINAUDI”

Modulo:

INTEGRAZIONESCOLASTICA

Anno scolastico 2005/2006

Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

FINALITA’ ED OBIETTIVI DEL CORSO:

FINALITA’:

L’alunno al termine del V anno deve essere in grado di:

Conoscere e riconoscere i contesti e le motivazioni di difficoltà del minore;

Acquisire nozioni generali su alcune problematiche, quali l’insuccesso scolastico e ledifficoltà di apprendimento.

OBIETTIVI:

Conoscere delle figure che operano nell’ambito dell’integrazione scolastica.

Acquisizione delle modalità e delle tecniche educative di accoglienza, inserimento,integrazione del singolo minore nella comunità allargata.

CONTENUTI:

L’alunno durante il percorso scolastico tra normalità e psicopatologia;

Analisi del concetto di integrazione e di diversità;

Integrazione del malato, del disabile, dell’immigrato, del disadattato, ecc;

Minori che arrivano ai Servizi:

B\ni ed ado. che non vogliono andare a scuola

Bambini e adolescenti “cattivi” e “somari”

Adolescenti “inseguiti dal corpo”

Adolescenti malati “nei” loro genitori

L’intervento dell’insegnante:

Strategie

Intervento integrato

Servizi sociali

Equipe

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Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

L’ADOLESCENZA “RISCHIOSA” E LA RELAZIONE

CON LA SOCIETA’ ADULTA “DIFESA”

FINALITA’:

L’alunno al termine del corso deve essere in grado di:

comprendere il concetto di “adolescenza a rischio” in ambito storico, sociologico e

psicologico tramite le teorie di riferimento presentate;

comprendere la multifattorialità del mondo adolescenziale e del rapporto tra giovani e adulti;

creare e proporre con strumenti specifici modelli di prevenzione e di valutazione suicomportamenti a rischio.

OBIETTIVI:

Capire e trattare i comportamenti a rischio negli adolescenti in un ottica di rete con le

istituzioni scolastiche, i servizi sociali, psicologi, medici e istituzioni in generale.

CONTENUTI:

normalità e patologia nell’età evolutiva:

teorie dello sviluppo : modello psicanalitico, teoria dell’attaccamento, psicologia sistemica,

strutturalismo e altre teorie;

psicopatologie nello sviluppo: sindromi organiche, nevrosi, depressione, psicosi;

esempi di patologie: bambini caratteriali e disadattati, disturbi alimentari, mal di scuola,

dipendenze di varia natura, abusi e maltrattamenti; adolescenti istrionici, borderline,

antisociali, narcisisti ecc.; disturbi della personalità

identità giovanile, beni di consumo e società:

analisi sociologica e storica sul concetto di “adolescenza”

modelli di intervento e multifattorialità

genitorialità

rapporti giovani-adulti

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Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

giovani e utilizzo di sostanze psicotrope

giovani e alcol

giovani e nuove droghe

musica e cultura giovanile

fenomeno del bullismo

suicidio in adolescenza

il sogno blu

disturbi alimentari

adolescenza e sessualità: comportamenti a rischio

minoranze etniche e prevenzione

educazione alla diversità: al disabile, al disadattato, allo straniero, al caratteriale, ecc

internet e mutazioni antropologiche

indicatori del disagio: descrivere e analizzare i vari indicatori per progettare la prevenzione

degli stessi comportamenti a rischio

integrazione tra i servizi dedicati alla salute mentale dell’adolescenza: problemi, punti di

forza, risorse

esperienze di peer education

progetti di intervento a livello locale e il lavoro in strada

descrizione degli enti istituzionali che lavorano con gli adolescenti: scuola, servizi sociali,

strutture residenziali, case di cura, assistenti sociali, ecc.

educazione all’ascolto, alla pace, all’incontro, all’integrazione.

METODOLOGIA:

Lezioni frontali, descrizione ed analisi e di casi a tema, brainstorming, videocassette e filmati,

lavoro su progetti reali di situazioni segnalate ai servizi sociali (fax simile).

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Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

IN SINTESI:

normalità e patologia nell’età evolutiva:

teorie dello sviluppo : modello psicanalitico, teoria dell’attaccamento, psicologia sistemica,

strutturalismo e altre teorie;

psicopatologie nello sviluppo: sindromi organiche, nevrosi, depressione, psicosi;

esempi di patologie: bambini caratteriali e disadattati, disturbi alimentari, mal di scuola,

dipendenze di varia natura, abusi e maltrattamenti; adolescenti istrionici, borderline,

antisociali, narcisisti ecc.; disturbi della personalità

I comportamenti a rischio nell’adolescenza: crescere e rischiare

La psicopedagogia

Sistemi diagnostici

Freud: modello psicanalitico

Winnicott: lo sviluppo affettivo e l’ambiente

Stern: la costruzione precoce del Sé nel bambino

Bowlby: teoria dell’attaccamento

La psicologia relazionale sistemica

Piaget e lo sviluppo cognitivo

Bruner: lo strutturalismo

Analisi di diverse patologie, sindromi o disfunzioni legate all’adolescenza, in particolar

modo quelle riguardanti il maltrattamento e la sfera della personalità

identità giovanile, beni di consumo e società:

analisi sociologica e storica sul concetto di “adolescenza”

modelli di intervento e multifattorialità

genitorialità

rapporti giovani-adulti

L’attrazione per il rischio

Il significato delle azioni a rischio

Comportamenti a rischio e rapporti familiari

Gli adolescenti del terzo millennio tra vecchie e nuove conflittualità

La violenza giornaliera5

Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

Genitorialità: fattori di rischio e patologie

giovani e alcol

La situazione in Italia

Fattori associati all’uso e all’abuso di sostanze psicoattive

Il problema dell’alcol e la sua evoluzione

Caratteristiche del consumo giovanile

La prevenzione

musica e cultura giovanile

La musica come veicolo di trasmissione di significati e stili di vita nei giovani: excursusstorico-critico

fenomeno del bullismo

Definizione di bullismo

Età e diffusione

Cause

Perché il bullismo è un comportamento a rischio?

suicidio in adolescenza

Incidenza del fenomeno

Fattori predisponesti

Trattamenti

disturbi alimentari

Il corpo nei disturbi del comportamento alimentare

Violenza e aggressività sul corpo

I disturbi del comportamento alimentare come comportamento a rischio

adolescenza e sessualità: comportamenti a rischio

La “cultura adolescenziale”

Comportamenti sessuali usuali e a rischio HIV

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Comportamenti devianti, famiglia e sviluppo

esperienze di peer education

Definire la peer education

Composizione del gruppo dei peer

Formazione dei peer

Valutazione

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Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

BIBLIOGRAFIA

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Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

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MILANO. CORTINA.¤ NEGRI, A. E HARDT, M. (2002). IMPERO. MILANO. RIZZOLI.¤ MOORE, S. E ROSENTHAL, D. (1999). ADOLESCENZA E SESSUALITÀ. MILANO.

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TECNICO-PRATICO DI EMPOWERED PEER EDUCATION. TRENTO. ERICKSON.¤ NIZZOLI, U. E COLLI, C. (2004). GIOVANI CHE RISCHIANO LA VITA. CAPIRE E

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Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

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INDIVIDUALIZZATI PER¤ OPERATORI E GENITORI DI BAMBINI CON DISTURBI DELLA COMUNICAZIONE,

1991, MASSON, 1861¤ AA.VV., OLTRE LA DIFFERENZA, 1989, CGIL, 951¤ AA.VV., FORMAZIONE E LAVORO DI HANDICAPPATI, 1987, F. ANGELI, 1428¤ AA.VV., PROGRAMMAZIONE EDUCATIVA INDIVIDUALIZZATA, 1985 (VII RIS. 94,

ERICKSON, 1971¤ AA.VV., PROGETTO UTILITA' RICERCA-INTERVENTO SULL'INSERIMENTO AL

LAVORO DEI SOGGETTI¤ HANDICAPPATI, 1988, F. ANGELI, 1510¤ AA.VV., UNA STRADA NUOVA PER L'INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI

HANDICAPPATI, 1985, ZANCAN,¤ AA.VV., PROGRAMMAZIONE EDUCATIVA INDIVIDUALIZZATA PER L'ALUNNO

HANDICAPPATO, 1988, ERICKSON, 191¤ AA.VV., IL BAMBINO HANDICAPPATO E LA SCUOLA, 1991, BOLLATI BORINGHIERI,

995¤ AA.VV., INFORMATICA E HANDICAP, 1990, ETAS, 205¤ AA.VV., L'HANDICAPPATO E LO SPORT, , REGIONE LOMBARDIA, 800¤ AA.VV., MANUALE DI INSEGNAMENTO DELLE ABILITA' SOCIALI PER L'ALUNNO

CON PROBLEMI DI COMPORTAMENTO O DI HANDICAP MENTALE LIEVE, 1986,ERICKSON, 154

¤ AA.VV., ATTIVITA' LUDICHE E CONDIZIONI DI HANDICAP, 1984, MORELLI EDITORE,1539

¤ AA.VV., HANDICAP PROGETTO EDUCAZIONE ESPERIENZE E TEORIESCIENTIFICHE, 1987, GIUNTI & LISCIANI

¤ AA.VV., L'INTEGRAZIONE DEI RAGAZZI DISABILI NELLA SCUOLA MEDIASUPERIORE, 1991, MCCOLL PUBLISHER, 1835

¤ AA.VV., NON VOGLIO LA LUNA PERCORSI DI INTEGRAZIONE SOCIALE ELAVORATIVA DEI DISABILI, 1994, EDIZIONI DEL CERRO, 1967

¤ AA.VV., L'INTEGRAZIONE SCOLASTICA E SOCIALE DEI BAMBINI MINORATIDELL'UDITO, 1992, UTET, 1603

¤ AA.VV., ATTIVITA' RICREATIVE - MANUALE PER ASSISTENTI E GENITORI, 1966,ARMANDO, 255

¤ AA.VV., IL BAMBINO NON VEDENTE PLURIMINORATO, 1984, BORLA, 1830¤ AA.VV., NON ACCETTARMI COME SONO. UN APPROCCIO NUOVO ALLA SINDROME

DI DOWN, 1995, SANSONI, 1966¤ AA.VV., IL BAMBINO CON DIFFICOLTA' DI APPRENDIMENTO (MANUALE PER LA

VALUTAZIONE E IL RECUPERO), 1986, IST. DE AGOSTINI, 262¤ AA.VV., LA SESSUALITA' DELL'HANDICAPPATO, 1986, IL PENSIERO SCIENTIFICO,

597¤ AA.VV., UNA VITA POSSIBILE HANDICAP MENTALE E FAMIGLIA, 1991, SEI, 987¤ AA.VV., L'INTEGRAZIONE SCOLASTICA E SOCIALE DEI BAMBINI MINORATI DELLA

VISTA, 1990, UTET, 1016¤ AA.VV., PERCORSI D'INTEGRAZIONE PER L'IGIENE MENTALE INFANTILE, 1988,

BORLA, 1461

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Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

¤ AA.VV., HANDICAPPATI E UNITA' LOCALE RISPOSTA AI BISOGNI DI PREVENZIONE,DI RIABILITAZIONE, DI INSERIMENTO SCOLASTICO E LAVORATIVO, 1981,ZANCAN, 1524

¤ AA.VV., HANDICAP, RICERCA E SPERIMENTAZIONE LA REALIZZAZIONE DI UNPROGETTO EDUCATIVO PER L'INTEGRAZIONE, 1988, NIS, 1446

¤ AA.VV., ATTIVITA' DIDATTICHE PER AUTISTICI - VALUTAZIONE E TRATTAMENTO ALIVELLO INDIVIDUALE PER AUTISTICI, 1995, MASSON SPA, 2184

¤ AA.VV., LE FAMIGLIE DEI BAMBINI DOWN - ASPETTI PSICOLOGICI E SOCIALI, 1992,EDIZIONI CENTRO STUDI ERICKSON, 2235

¤ AA.VV., CONOSCERE L'HANDICAP, 1988, IL PENDOLO, 1134¤ AA.VV., MI RIGUARDA, 1994, EDIZIONI E/O, 1841¤ AA.VV., MANUALE PER L'INTEGRAZIONE SOCIALE DELL'HANDICAPPATO, 1988,

ERICKSON, 161¤ AA.VV., CONOSCERE L'HANDICAP, 1989, ISTITUTO DI RICERCA SULLA

COMUNICAZIONE, 957¤ AA.VV., LA SFIDA DELL'HANDICAP E DELLA MALATTIA CRONICA GUIDA

ALL'AUTO AIUTO PER LA¤ FAMIGLIA E GLI OPERATORI PROFESSIONALI, 1990, ERICKSON, 267¤ AA.VV. (CANEVARO-BALZARETTI-RIGON), PEDAGOGIA SPECIALE

DELL'INTEGRAZIONE. HANDICAP:¤ CONOSCERE E ACCOMPAGNARE., 1996, LA NUOVA ITALIA, 2075¤ AA.VV.-USL N.6 LUCCA, L'HANDICAP NELLA LEGISLAZIONE, 1991, DEL CERRO,

1925¤ ALLERUZZO GIANFRANCO (A CURA DI), LA CASA RITROVATA, 1996, MAGMA, 2149¤ ALVIN J., LA TERAPIA MUSICALE PER IL RAGAZZO AUTISTICO, 1981, ARMANDO,

1656¤ ALVIN J., TERAPIA MUSICALE, 1981, ARMANDO, 1332¤ AMMANITI MASSIMO, HANDICAP ASPETTI FISICI MENTALI AFFETTIVI COME

PREVENIRE COME CURARE, 1989, EDITORI RIUNITI, 1609¤ ANDERSON ELISABETH M., L'INSERIMENTO SCOLASTICO DEGLI HANDICAPPATI,

1985, ZANICHELLI, 1599¤ ARZUFFI OLIVIERO, EMARGINAZIONE A-Z GUIDA PRATICA AI PROBLEMI, ALLE

ISTITUZIONI, ALLA LEGISLAZIONE, 1991, PIEMME, 263¤ ASSOCIAZIONE LA NOSTRA FAMIGLIA, 1981: ANNO DELL'HANDICAPPATO PERCHE'

E COME IMPEGNARSI, 1981, ILEP, 861¤ ASSOCIAZIONE LA NOSTRA FAMIGLIA, DISTURBI VISIVI E SVILUPPO PSICO

MENTALE, , REGIONE LOMBARDIA, 862¤ ASTALDI G. - BARBIERO M. C., L'OMINO DI VETRO UN VIAGGIO NEL MONDO

DEGLI HANDICAP, 1990, CORTINA, 649¤ ATTILI GRAZIA/RICCI-BITTI PIO E., I GESTI E I SEGNI -LA COMUNICAZIONE NON

VERBALE IN PSICOLOGIA E NEUROPSICOLOGIA CLINICA E IL LINGUAGGIO DEISEGNI DEI SORDI-, 1983, BULZONI, 1924

¤ AUBIN HENRY, IL DISEGNO DEL BAMBINO DISADATTATO, 1985, PICCIN, 132¤ BARALDI E., PROGRAMMAZIONE VALUTAZIONE INSERIMENTO ALUNNI IN

DIFFICOLTA', 1980, CENTRO PROGRAMMAZIONE EDITORIALE, 45¤ BASANO GIULIA, STORIA DI NICOLA, 1987, ROSENBERG & SELLIER, 947¤ BASSI - NERI - VOLTA, HANDICAP E LAVORO, 1984, NIS, 1487¤ BATTACCHI M. - MANFREDI MONTANINI M., PENSIERO E COMUNICAZIONE NEI

BAMBINI SORDI, 1991, CLUEB, 1546

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Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

¤ BECCEGATO DANTELLI LUISA (A CURA DI), INTEGRAZIONE SCOLASTICA ESOLIDARIETA' SOCIALE, 1984, LA SCUOLA, 457

¤ BECCHI EGLE (A CURA DI), MANUALE DELLA SCUOLA DEL BAMBINO DAI TRE AISEI ANNI, 1995, FRANCOANGELI, 2023

¤ BENINCASA - BENEDETTI, PROGRAMMAZIONE E INTEGRAZIONE SCOLASTICADEGLI HANDICAPPATI, 1981, LA SCUOLA, 456

¤ BENSBERG J. - BRELAND, GUIDA PER L'ASSISTENZA E L'ISTRUZIONE DEISUBNORMALI, 1967, ARMANDO EDITORE, 258

¤ BERNARDI CLAUDIO - CANTARELLI LAURA (A CURA DI) - PROVINCIA DICREMONA, EMOZIONI - RITI TEATRALI NELLE SITUAZIONI DI MARGINE - ATTI DELCONVEGNO, 1995, EURESIS EDIZIONI, 1974

¤ BERNIE WARREN, ARTETERAPIA IN EDUCAZIONE E RIABILITAZIONE, 1993,ERICKSON, 1990

¤ BESIO S. - RONCAROLO F., L'HANDICAP DEI MEDIA - DISABILI E DISABILITA'NELL'OFFERTA TELEVISIVA, 1996, RAI, 2045

¤ BETTASSA MARISA, STORIA DI UN FILO D'ERBA - HANDICAP, AMORE, SOCIETA',1991, TRACCEDIZIONI, 1576

¤ BIANCHI - DI GIOVANNI - GARIBALDI, QUANDO L'HANDICAPPATO AGGREDISCEPARTE 1.UNA TEORIA PRATICA DELL'AGGRESSIVITA', 1986, IL PENDOLO, 1135

¤ BIANCONI RENZO ARTURO, LA LEGGEREZZA DELL'HANDICAP. MUSICA/DANZATERAPIA NELLA DISABILITA', 1995, GUTENBERG, 1939

¤ BIRGER SELLIN, PRIGIONIERO DI ME STESSO - VIAGGIO DENTRO L'AUTISMO, 1995,BOLLATI BORINGHIERI, 1935

¤ BOSI - ZAGNONI (A CURA DI), UNA INTEGRAZIONE POSSIBILE, 1989, IL PENDOLO,181

¤ BRAUNER ALFRED E FRANCOISE, IL BAMBINO MAGICO, 1991, EDB, 1572¤ BREDA M. G. - RAGO M., FORMARE PER L'AUTONOMIA STRUMENTI PER LA

PREPARAZIONE PROFESSIONALE DEGLI HANDICAPPATI INTELLETTIVI, 1991,ROSEMBERG & SOLLIER, 1288

¤ BUFFA G. FRANCO, HANDICAP MINORILE EDUCABILE UNA PRIMA GUIDA ALPROBLEMA, 1982, ED. STRADIVARI, 1427

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EDUCAZIONE, IDENTITA' DELLA PERSONA HANDICAPPATA, 1989, EIT, 179¤ CANEVARO A. - GAUDREAU J., L'EDUCAZIONE DEGLI HANDICAPPATI DAI PRIMI

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CERRO, 1306¤ CARACCIOLO ETTORE - ROVETTO FRANCESCO (A CURA DI), RITARDO MENTALE -

STRATEGIE E TECNICHE D'INTERVENTO, 1995, FRANCOANGELI SRL, 1485

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¤ CARBONETTI DANIELA - CARBONETTI GIANGIACOMO, VIVERE CON UN FIGLIODOWN, 1996, FRANCO ANGELI, 2132

¤ CARR JANET, SE MIO FIGLIO E' HANDICAPPATO, 1992, FRANCO ANGELI, 1574¤ CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE ANFFAS - CREMONA, PERCORSI

FORMATIVI E MODELLI DIDATTICI, 1989, , 1541¤ CICCONE LINO C.M., ANZIANI E HANDICAPPATI DUE SFIDE ALLA SOCIETA' CIVILE

E ALLA COMUNITA' CRISTIANA, 1987, ELLE DI CI, 575¤ CIO' ELENA, AUTISMO INFANTILE - INTERAZIONE COMUNICATIVA E

COMPRENSIONE, 1996, OASI EDITRICE, 2182¤ COMITATO PER L'ABOLIZIONE DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE, COMUNE E

BARRIERE ARCHITETTONICHE, 1995, EDIZIONI JUNIOR, 2229¤ CONTARDI A. - VICARI S. (A CURA DI), LE PERSONE DOWN. ASPETTI

NEUROPSICOLOGICI, EDUCATIVI E SOCIALI., 1995, FRANCO ANGELI, 2049¤ COPPEDE' NUNZIA, AL DI LA DEI GIRASOLI, 1992, SENSIBILI ALLE FOGLIE, 1560¤ COPPOLA ORSOLA, EDUCARE L'INFANZIA. GUIDA ALL'INSEGNAMENTO NELLA

SCUOLA MATERNA, 1995, EDIZIONI SIMONE, 2033¤ CRISPIANI PIERO, PEDAGOGIA SPECIALE E NORMATIVA SULL'HANDICAP, 1995,

ARMANDO ARMANDO SRL, 2183¤ DE BARTOLOMEIS F., LE ATTIVITA' EDUCATIVE, 1983-87, LA NUOVA ITALIA, 420¤ DE RIENZO - SACCOCCIO - BREDA, IL LAVORO CONQUISTATO STORIE DI

INSERIMENTI DI HANDICAPPATI INTELLETTIVI IN AZIENDE PUBBLICHE EPRIVATE, 1991, ROSENBERG & SELLIER, 1548

¤ DIXON HILARY, ANCH'IO ... L'EDUCAZIONE ALLA SESSUALITA'NELL'HANDICAPPATO - GUIDA PRATICA, 1990, CENTRO STUDI M.H. ERICKSON, 268

¤ DOMAN GLENN, CHE COSA FARE PER IL VOSTRO BAMBINO CEREBROLESO, 1993,ARMANDO EDITORE, 1676

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¤ ESPOSITO ANTONIO - IMPARA PAOLO, L'INSEGNANTE SPECIALIZZATO - ASPETTINORMATIVI E DIDATTICO-METODOLOGICI, 1996, ARMANDO ARMANDO SRL, 2264

¤ FERRARO GINO (A CURA DI), PROVVIDENZE LEGISLATIVE A FAVORE DEIMUTILATI ED INVALIDI CIVILI, CIECHI CIVILI E SORDOMUTI TUTELA ECONOMICA,1992, MINISTERO DELL'INTERNO, 1343

¤ FOGLIATO ANNA MARIA, INSEGNARE AI DISABILI. PROGETTO DI INTEGRAZIONEPER LA SCUOLA MEDIA., 1993, GIUNTI, 2079

¤ FORATO - BISLERI, L'OPERATORE SOCIALE - PREPARAZIONE AI CONCORSI EPERCORSI INFORMATIVI NEI SERVIZI SOCIO-SANITARI, ASSISTENZIALI,EDUCATIVI, 1996, MAGGIOLI EDITORE, 2055

¤ GARGIULO M. RICHARD, LAVORARE CON I GENITORI DI BAMBINI HANDICAPPATI,1987, ZANICHELLI, 1375

¤ GAROFALO DIEGO, PREVENZIONE SCUOLA E TERRITORIO L'UOMO E LA SOCIETA',1986, BULZONI, 1079

¤ GELATI MAURA, PEDAGOGIA SPECIALE. PROBLEMI E PROSPETTIVE, 1996, CORSO,2124

¤ GIUSTI MARIANGELA, DISABILITA' E SCUOLA SUPERIORE, 1996, LA NUOVA ITALIA,2270

¤ GUAITA DIANI CLAUDIO (A CURA DI), HANDICAP FORMAZIONE E TERRITORIO,1988, CFP ANFFAS CREMONA, 159

13

Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

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¤ CONSIGLIO DEI MINISTRI - DIPARTIMENTO PER L'INFORMAZIONE E L'EDITORIA -DIPARTIMENTO DEGLI AFFARI SOCIALI, 2097

¤ HANSON MARCI, GUIDA PRATICA PER L'INSEGNAMENTO AL BAMBINO DOWN,1984-88, ERICKSON, 196

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¤ HULL JOHN M., IL DONO OSCURO NEL MONDO DI CHI NON VEDE, 1992, GARZANTI,1030

¤ IAL-CISL PIACENZA, LA SCOMMESSA FORMATIVA L'ESPERIENZA A FAVORE DEIPORTATORI DI HANDICAP, 1993, QUADERNI REGIONALI, 1553

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¤ MOVIMENTO, COMUNICAZIONE NON VERBALE, 1991, ERICKSON, 1871¤ KOZLOFF, IL BAMBINO HANDICAPPATO, 1991, GIUNTI, 1797¤ LELORD GILBERT - SAUVAGE DOMINIQUE, L'AUTISMO INFANTILE, 1994, MASSON

SPA, 2157¤ LEPRI CARLO - MONTOBBIO ENRICO, LAVORO E FASCE DEBOLI - STATEGIE E

METODI PER L'INSERIMENTO LAVORATIVO DI PERSONE CON DIFFICOLTA'CLINICHE E SOCIALI, 1993, FRANCO ANGELI, 1828

¤ LORENZETTI MATTEO L., IL CORPO GIOCO - PRAGMATICA DEL RAPPORTOEDUCAZIONE/RIABILITAZIONE, 1986, ANGELI, 1758

¤ MAGGIAN RAFFAELLO, I SERVIZI SOCIO ASSISTENZIALI, 1992, NIS, 1695¤ MANNONI MAUD, IL BAMBINO RITARDATO E LA MADRE, 1988, BORINGHIERI, 942¤ MARIANI VITTORE, L'HANDICAPPATO MENTALE ADULTO, 1992, ELLE DI CI, 1308¤ MAZZEO MAURO, IL BAMBINO CIECO - INTRODUZIONE ALLO SVILUPPO

COGNITIVO, 1988, ANICIA, 1836¤ MENDOLA LILIANA, DISLESSIA: PREVENZIONE E TRATTAMENTO, 1987, CIDI, 2102¤ MILCENT CATHERINE, A TU PER TU CON L'AUTISMO, 1993, SANSONI, 1682¤ MINISTERO DELL'INTERNO, I CENTRI DI SERVIZI APERTI, 1987, MIN. INTERNO, 1422¤ MINISTERO DELL'INTERNO (A CURA DI), PROVVIDENZE LEGISLATIVE A FAVORE

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¤ MONIGA SILVIA - VIANELLO RENZO, HANDICAP MENTALE. DALLA SCUOLA ALMONDO DEL LAVORO: ESPERIENZE E PROSPETTIVE, 1994, UTET, 1810

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14

Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

¤ MONTOBBIO ENRICO (A CURA DI), HANDICAP E LAVORO (1) - LA FORMAZIONEPROFESSIONALE E L'INSERIMENTO LAVORATIVO DEGLI HANDICAPPATI PARTEPRIMA 'RIFLESSIONI E PROPOSTE', 1982, DEL CERRO, 1304

¤ MONTOBBIO ENRICO (A CURA DI), HANDICAP E LAVORO (3) - LA FORMAZIONEPROFESSIONALE E L'INSERIMENTO LAVORATIVO DEGLI HANDICAPPATI - PARTESECONDA: ESPERIENZE, 1982, DEL CERRO, 1305

¤ MONTOBBIO ENRICO (A CURA DI), HANDICAP E LAVORO - LA FORMAZIONE INSITUAZIONE UNA FORMA ORIGINALE DI ADDESTRAMENTO LAVORATIVO PERHANDICAPPATI PSICHICI - LA STORIA - IL METODO – I RISULTATI, 1985, DEL CERRO,1307

¤ MORETTI GIORGIO, EDUCARE IL BAMBINO DISABILE, 1992, EDITRICE LA SCUOLA,1319

¤ MORETTI GIORGIO - CANNAO MILENA, HANDICAP COMPUTER E RIABILITAZIONE,1993, LIVIANA, 2152

¤ MOSCA SILVANA, QUALE SCUOLA PER TUTTI, 1985, ROSEMBERG-SELLIER, 1514¤ MURET MARC, ARTE-TERAPIA, 1983, RED EDIZIONI, 2135¤ NOCERA S. - COTTONI G. (A CURA DI), HANDICAPPATI GRAVI E GRAVISSIMI: E'

POSSIBILE L'INTEGRAZIONE NELLE SCUOLE PER TUTTI?, 1988, ZANCAN, 949¤ NORDOFF - ROBBINS, MUSICOTERAPIA PER BAMBINI HANDICAPPATI, 1993,

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DISABILITA' E DEGLI SVANTAGGI ESISTENZIALI, 1980, CLES, 77¤ PALMONARI AUGUSTO, GLI HANDICAPPATI MENTALI E IL LAVORO, 1987,

GIUFFRE', 1115¤ PAROLINI MASSIMO, IL LIBRO DEI GIOCHI - MILLE DIVERTENTISSIME IDEE PER

GIOCARE INSIEME IN VACANZA, IN GRUPPO E ALL'ARIA APERTA, 1990, PIEMME,1904

¤ PASOTTI MAURIZIO, L'AUTISMO INFANTILE RIVISITATO, 1994, EDIZIONI DELCERRO, 1984

¤ PAVONE MARISA - TORTELLO MARIO, HANDICAP E SCUOLA MEDIA SUPERIOREUNA LETTURA PEDAGOGICA DELLA NORMATIVA VIGENTE, 1992, UTET, 1578

¤ PETROSINO ANGELO, CI HA CAMBIATI LA SCUOLA - STORIE DI BAMBINI 'DIVERSI'CHE A SCUOLA HANNO INCONTRATO CHI HA SAPUTO ASCOLTARLI, 1993, SONDA,1634

¤ PIANTONI CARLO, ESPRESSIONE COMUNICAZIONE HANDICAP MODELLIPEDAGOGICI E DIDATTICI PER L'INTEGRAZIONE SCOLASTICA, 1994, LA SCUOLA,1827

¤ PIOLI ADA (A CURA DI), EDUCAZIONE DEGLI HANDICAPPATI - TEORIA E PRATICA,1986, F. ANGELI, 1463

¤ POLLETTA GIOVANNI, EDUCAZIONE E ABILITAZIONE DEL BAMBINO A RISCHIO DIHANDICAP, 1982, NIS, 1486

¤ PONZIO G. - GALLI P., MADRE E HANDICAP, 1988, FELTRINELLI, 589¤ PONZIO MARIATERESA, BARRIERE ARCHITETTONICHE, 1988, ROSENBERG &

SELLIER, 945¤ PRESTINENZA PUGLISI LUIGI, LE BARRIERE ARCHITETTONICHE - GUIDA

NORMATIVA AGGIORNATA AL DPR 503/96, 1996, LA¤ NUOVA ITALIA SCIENTIFICA, 2257¤ RANDALL MCCLELLAN, MUSICA PER GUARIRE STORIA, TEORIA E PRATICA DEGLI

USI TERAPEUTICI DEL SUONO E DELLA MUSICA, 1993,¤ FRANCO MUZZIO & C. EDITORE SPA, 1987

15

Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

¤ RAVAZZINI E., BARRIERE DI CARTA L'HANDICAP DELLA SCUOLA, 1987, EDIZIONIGRUPPO ABELE, 552

¤ REGIONE LOMBARDIA / OSSERVATORIO PER IL MERCATO DEL LAVORO, QUALELAVORO PER GLI HANDICAPPATI NEGLI ANNI 90: LE POLITICHE LOCALI E QUELLECOMUNITARIE, , REGIONE LOMBARDIA, 863

¤ ROLLERO PIERO - FALOPPA MARISO (A CURA DI), HANDICAP GRAVE E SCUOLAESPERIENZE E PROPOSTE PER L'INTEGRAZIONE, 1988, ROSEMBERG - SELLIER,1513

¤ RONDINI RENATO, HANDICAP E COMUNITA' CRISTIANA UNA ESPERIENZA: SPUNTIDI PASTORALE PER GLI HANDICAPPATI PSICHICI GRAVI, 1986, ELLE DI CI, 1424

¤ RUTELLI - GORRINI, L'ORGANIZZAZIONE PSICOLOGICA DEL BAMBINO DOWN,1987, VITA E PENSIERO, 571

¤ SCALVINI F. E TAVAZZA L. (A CURA DI), INSERIMENTO LAVORATIVO E SOCIALEDEI GIOVANI HANDICAPPATI: RUOLO DELLA COOPERAZIONE E DELVOLONTARIATO, 1985, ZANCAN, 1525

¤ SCIALLA VITO, I DIRITTI DEGLI HANDICAPPATI. CONOSCERLI, FARLI VALERE,DIFENDERLI, 1988, DE VECCHI, 1780

¤ SCUOLA REGIONALE OPERATORI SOCIALI DEL COMUNE DI MILANO (A CURA DI),OPERATORI EDUCATIVI INDAGINE SU FUNZIONI, COLLOCAZIONE E PERCORSIFORMATIVI DEGLI OPERATORI SOCIO-EDUCATIVI E SOCIO-CULTURALI INLOMBARDIA, 1985, MIN. INTERNI, 1122

¤ SELLAROLI VERONICA, IL PRIMO ANNO DI VITA DEL BAMBINO CIECO, 1990,ARMANDO EDITORE, 1829

¤ SIMPSON R.L. - ZIONTS P., COSA SAPERE SULL'AUTISMO, 1994, ERICKSON, 2106¤ SORRENTINO A. MARIA, HANDICAP E RIABILITAZIONE (BAMBINO

HANDICAPPATO), 1987, NIS, 553¤ STANZIAL V., IL PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO INTEGRATO NELLA

PROGRAMMAZIONE SCOLASTICA E PER L'INSERIMENTO ATTIVO DEGLI ALUNNIHANDICAPPATI, 1990, ED. DEL CERRO, 415

¤ STURIALE ALICE, IL LIBRO DI ALICE, 1997, RIZZOLI, 2144¤ TINGEY MICHAELIS CAROL, L'HANDICAP NELLA PRIMA E NELLA SECONDA

INFANZIA, 1989, ZANICHELLI, 1190¤ TORRESANI P. LUIGI, CONTRIBUTO PER UNA REALE INTEGRAZIONE DELLE

PERSONE IN DIFFICOLTA', , , 870¤ TORTELLO MARIO, INTEGRAZIONE DEGLI HANDICAPPATI, 1996, LA SCUOLA, 2098¤ TORZI ACLER ELISABETTA, LA SCRITTURA PROGRAMMI DI INSEGNAMENTO PER

L'ALUNNO HANDICAPPATO,1988, ERICKSON, 1545¤ TRISCIUZZI LEONARDO, MANUALE DI DIDATTICA PER L'HANDICAP, 1993,

LATERZA, 1683¤ TUSTIN F., STATI AUTISTICI NEI BAMBINI, 1983, ARMANDO, 944¤ VALENTE FRANCO, IO, INVECE, 1987, EDITORI RIUNITI, 955 VAYER PIERRE -

RONCIN CHARLES, L'INTEGRAZIONE DEI BAMBINI HANDICAPPATI NELLA CLASSE,1991, ARMANDO EDITORE, 1543

¤ VICO GIUSEPPE, HANDICAPPATI, 1987, LA SCUOLA, 943¤ ZAPPELLA MICHELE, I BAMBINI AUTISTICI, L'HOLDING E LA FAMIGLIA, 1990,

NUOVA ITALIA SCIENTIFICA, 1877¤ ZUCCHINI GIAN LUIGI, MUSICA E HANDICAP - MUSICOTERAPIA E TECNICHE

PSICOMUSICALI PER L'INTEGRAZIONE DEGLI ALUNNI HANDICAPPATI, 1989, LASCUOLA, 1449

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Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

FILM:

Thirteen

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Pleasentville

Kids

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John Q.

Film consigliati:

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Boys don’t cry Il circolo della fortuna e della felicità Il colore viola Ragazze interrotte Io ballo da sola Ragazze in uniforme Il ragazzo dai capelli verdi Gioventù bruciata La meglio gioventù I quattrocento colpi Anni impossibili Gli anni in tasca Il tempo delle mele Proibito ai minori di 13 anni Morte a Venezia Arancia meccanica Elephant Sweet sixteen Bowling of a Colombine Ricordo di un’estate (stand by me) I bambini ci guardano Io, speriamo che me la cavo L’attimo fuggente Zero in condotta Mignon è partita Amici per sempre L’olio di Lorenzo Ragazzo selvaggio About a boy American beauty David e Lisa Diario di una schizofrenica Forrest gump Trainspotting Jack Frusciante è uscito dal gruppo L’età inquieta Will hunting The million dollar hotel A beautiful mind

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AZIONE DELL’INTEGRARE:

Azione chirurgica: ridona integrità ad un organismo

malato

Azione dell’incollare: riporta all’integrità un oggetto in frammenti.

In pedagogia l’azione dell’integrare è costituita da quell’insieme di atti che “riducono l’asimmetria”

tra una situazione umana disintegrata ed una integrata

restitutio ad integrum

INTEGRARE ha più significati:

1. Rendere integro, cioè sano, completo, pieno, efficiente un organismo, una realtà;

2. Aggiungere ad una realtà o ad una funzione qualcosa che manca, colmare una deficienza,

potenziare un processo.

Integrazione scolastica \\ integrazione armonica della società

La INTEGRITA’ è comunque una nostra proiezione ideale; è un preconcetto.

Ogni concetto, ogni aspettativa cognitiva dipende dalla nostra cultura, dalla nostra personale visione

del mondo, dalla nostra antropologia e metafisica.

Sul piano affettivo l’integrità è la coscienza di una pienezza, di qualcosa che sentiamo che ci sfugge

e che in modo aurorale consideriamo come il COMPLETAMENTO DEL NOSTRO ESSERCI.

Questa coscienza causa ansia, angoscia, vuoto ed insoddisfazione.(si parla di “carenza ontologica”.

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Ogni uomo è un FRAMMENTO

Siamo tutti incompleti e frammentati

Integrazione # inserimento

Utopia e ucronia

Accettazione del diverso e dell’altro

Civiltà della crisi

Civiltà della CRISALIDE

Come “integrare” anche normalità e “normalità” e “sviluppo” sono parole convenzionali, vuote e

senza senso

Occorre RIEMPIRE OGNI PAROLA

In modo autentico e personale per saper essere aperti alla diversità e all’altro.

Ogni parola è ambigua (es: amore, felicità, morte…) all’interno del contesto sociale (due o più

persone); a livello personale bisognerebbe arrivare al “riempimento delle parole”.

Ad esempio cosa si intende per “frammento”? Qui ci si rifà ad un frammento di cosa rotta che rinvia

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Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

ad altro, ad un qualcosa di unito ed integro.

LANORMALITA’

IN ETA’ EVOLUTIVA.

Nell’ambito della clinica medica il soggetto “normale” si identifica con chi è in uno stato di salute,cioè esente da sintomi, e con chi possiede un livello di funzionalità efficiente, non presentandodisfunzioni percepibili e verificabili oggettivamente. Questa definizione è frutto di un approcciomeccanicistico che ignora l’unità psico-fisica del soggetto.La normalità non include solo l’assenza di sintomi, ma fa riferimento alla completa realizzazione dipotenzialità individuali ad ogni livello: fisico, motivazionale, affettivo, creativo, sociale. Nell’etàevolutiva la definizione di normalità, salute e malattia è ancora più complessa a causa dellecaratteristiche biologiche del bambino. Spesso nello sviluppo psicologico e biologico dei bambini sirealizza un’alternanza di malattia e salute, che però, il più delle volte, sfugge all’attenzionedell’adulto.Salute e malattia vengono a delinearsi così non come elementi statici, ma come esito della ricerca direlazioni con l’ambiente (genitori, famiglia, scuola, coetanei) buone e sufficientemente stabili.Soltanto facendo riferimento a quadri teorici precisi, chi opera nella scuola e nell’educazione, puòprogrammare adeguate strategie d’intervento e di pedagogia speciale.Accennerò quindi ad alcune teorie, quelle classiche e più utilizzate.

Freud: il modello psicanaliticoDalla scienza positivistica di Helmholtz, fisico e biologo tedesco, Freud fa derivare le struttureportanti della sua concezione: il principio del determinismo radicale, per cui ogni fenomeno èconsiderato come risultato dei fenomeni precedenti e il principio della minore spesa energeticapossibile, per cui all’interno di ogni sistema l’energia non si perde né si distrugge, bensì si trasformasecondo criteri economici.Il primo principio dell’apparato psichico è quindi l’omeostasi, ovvero la psiche funziona come unsistema chiuso. Il secondo principio dice che lo sviluppo dell’Io del bambino si va evolvendo dalladimensione globale e indifferenziata del neonato. A tale processo di differenziazione corrisponde unaumento del principio di realtà e dei processi secondari, modalità di funzionamento psichicocaratterizzate dalla comparsa graduale di meccanismi di difesa e di controllo, da unaspecializzazione e diversificazione delle relazioni interpersonali, dall’azione sperimentale delpensiero.Secondo Freud ogni persona affronta alcune fasi che si succedono in ordine:

fase orale (1° anno) fase anale (2° anno) fase fallica ed edipica (3°-5° anno) fase di latenza (5-11 anni) pubertà ed adolescenza

Il cammino dell’energia sessuale non è sempre lineare, infatti Freud parla di “fissazione” o di“regressione”.Lo sviluppo infantile è regolato da due processi di maturazione tra loro collegati: lo sviluppocognitivo, connesso alla differenziazione dell’Io, e quello psicosessuale, tramite cui il bambinosviluppa la base della propria personalità. Nella concezione psicoanalitica il bambino è un insiemedisordinato di istinti e pulsioni.

LINEAMENTI DELLE PRINCIPALI TEORIE DELLOSVILUPPO

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Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

La struttura della personalità è formata dall’”Es”,l’”Io” e il “Super-Io”.L’Es ha un funzionamento arcaico e prelogico, governato dal principio del piacere e il suo modellodi funzionamento è detto “primario”. L’Io nasce dall’incapacità dell’Io di considerare altri elementiall’infuori delle proprie pulsioni interne. Esso è regolato dal principio di realtà e, mediando trainterno ed esterno, tra l’istinto dell’organismo e l’ambiente, opera secondo il funzionamento propriodei processi “secondari”. Il Super-Io si costituisce alla fine della fase edipica e trae originedall’avvenuta introiezione del sistema dei premi e punizioni, quindi di norme famigliari, grazieall’identificazione della figura paterna. Con esso si giunge ad un controllo interiorizzato dellepulsioni tramite il sentimento di colpa.La teoria freudiana analizza attentamente le fasi dello sviluppo affettivo del bambino:particolarmente importante è la soluzione del complesso edipico (attaccamento del genitore delsesso opposto, rivalità verso il genitore dello stesso sesso, angoscia di castrazione, identificazione,strutturazione del Super-Io, ecc.Per Freud l’eziologia della psicopatologia va ricercata nell’infanzia, in particolare nelle diversemodalità di maturazione delle fasi psicosessuali.Il disagio mentale appare così come la manifestazione di conflitti intrapsichici irrisolti. Il sintomonon sarebbe altro che l’espressione di una base istintuale troppo esuberante, di un Io troppo fragile odi un Super-Io troppo rigido. La lotta tra queste istanze determina un dispendio di energie tale dasviluppare sofferenza, ansia, stati nevrotici e psicopatologici anche di gravi entità.Dall’approccio psicoanalitico occorre tener presente che alla base di un sano sviluppo è larisoluzione dei conflitti, sia individuali che famigliari. Affinché questo possa verificarsi, èindispensabile da parte degli operatori stessi la disponibilità ad accogliere le problematiche delbambino e la capacità di decodificarle e capirle, per evitare che alcune difficoltà possanocronicizzarsi in quadri patologici sempre più invalidanti.

Winnicott: lo sviluppo affettivo e l’ambienteWinnicott ha tentato di mettere a fuoco le prime fasi di sviluppo che si realizzano attraverso ilrapporto diadico madre-figlio, sottolineando l’importanza ai fini di una crescita sana o patologicadel soggetto. Secondo lui non si può considerare il neonato prescindendo dalle cure materne: solograzie alla madre (ambiente) il bambino può diventare una persona. In un certo senso per divenireautonomi occorre necessariamente passare attraverso la dipendenza assoluta. Attraverso l’holding ilbambino passa dalla dipendenza assoluta a quella relativa per poi giungere all’indipendenza.Durante questi passaggi si può verificare il fenomeno dell’”occultamento del nucleo dellapersonalità”.Per Winnicott il nucleo centrale dell’individuo è il Sé autentico, che equivale ad un potenzialeereditato capace di avvertire la continuità dell’esistere e di acquisire coi propri ritmi e modalità unarealtà psichica ed uno schema corporeo personali. Le cure della madre servono per attutire i colpi,occultando la personalità del figlio. Quando la madre non soddisfa i bisogni del figlio, questoreagisce alle pressioni ambientali. Così egli si crea un “falso Sé”, che occulta quello autentico. Ilfalso Sé causa un senso di instabilità.La madre per il bambino è vista all’inizio come “madre-oggetto”, come quella che ha il seno e loaccudisce; più avanti la madre diventa “madre-ambiente”, cioè la persona che lo cura allontanandoogni elemento imprevedibile.Per Winnicott il ciclo di vita è positivo quando la madre-oggetto e madre-ambiente si riunificatonella mente del bambino, grazie allo sviluppo della capacità di preoccuparsi.Possiamo dire che per questo autore una persona è “sana” quando riesce ad integrarsi con la societàsenza rinunciare troppo alle proprie specifiche pulsioni. La folli viene considerata comel’organizzazione continua di difese, al fine di evitare il ripetersi della disintegrazione.

Stern: la costruzione precoce del Sé nel bambinoStern affianca al bambino “clinico”, proprio dell’approccio psicoanalitico, cioè ricostruito nel corsodella psicoterapia tramite i ricordi, esperienze, vissuti passati e la tecnica interpretativa, il “bambino

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Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

osservato”, di cui si possono facilmente verificare le capacità.Per Daniel Stern il senso del Sé è molto precoce: si svilupperebbe già nelle prime settimane di vita(2-6 mesi).Entro i sei mesi il bambino acquisisce il “senso del Sé nucleare”, intorno al quale si svilupperannopoi gli altri sensi del Sé, più articolati e funzionali, che tuttavia non riusciranno a modificare il Sénucleare (motore nucleare).Per la costruzione del Sé nucleare sono necessari alcuni elementi, tra cui:

sé agente sé coeso senso di continuità sé affettivoIl Sé agente è relativo alla sensazione che ha il soggetto di essere responsabile delle azioni

proprie. Dopo il secondo mese di vita le azioni non sono riflesse, ma caratterizzatedall’intenzionalità. Tutte le azioni condotte dal Sé sul Sé hanno come conseguenza una sensazione.Ne deriva quindi un programma di rinforzo costante: le azioni del Sé sull’Altro, invece, hannoconseguenze meno costanti.

Il Sé coeso consiste nella capacità di sentirsi distinto dall’altro, prima di tutto con la madre.Il senso di continuità consiste invece nella capacità di sentire di continuare ad esistere. Il Sé

nucleare sarebbe effimero qualora mancasse la continuità dell’esperienza. Questa capacitàpresuppone necessariamente la memoria.

Il senso dell’affettività consiste nella capacità di possedere un’affettività propria. Stern sostieneche il bambino sperimenta, in concomitanza di diverse azioni, percezioni ed affetti, un’infinità di“crescendo” che delineano un ventaglio di profili di attivazione analoghi.Schematicamente:Le quattro componenti del Sé nucleare si sviluppano attraverso la relazione madre-bambino ocomunque tramite la relazione tra il bambino e chi svolge nei suoi confronti il maternage. E’necessario che le diverse funzioni di ogni Sé vengano memorizzate in un tempo prestabilito ed èaltrettanto necessario un circuito specifico affinché possano essere decodificate. Il circuito a cui si fariferimento è in sintesi questo:

CIRCUITO MADRE BAMBINO

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Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

Il bambino, nella relazione con la madre, deve verificare che la catena di relazioni del tipo “io sentoche tu (madre) senti ciò che io sto sentendo” è autentica. Se viene danneggiato il senso del Séagente, con molta probabilità si svilupperanno in seguito forme paranoidee, riguardanti il controllodei propri pensieri e delle proprie azioni, con una diffusa vulnerabilità di fondo. Se viene inficiato ilsenso di coesione si avranno patologie di depersonalizzazione, dissociazione o frammentazione,specifiche del disturbo psicotico o della personalità borderline. Un anno al senso di continuità puòcomportare episodi psicotici di scissione della personalità o di fuga. Se viene invalidato il sensodella propria affettività, si può incorrere in disturbi affettivi di varia entità.

Bowbly e la teoria dell’attaccamento:John Bowbly nel 1950 con l’Organizzazione mondiale della sanità fece luce sull’incidenza dellecarenze delle cure materne sullo sviluppo della personalità dei bambini. Lo studio analizzò glieffetti psicopatologici prodotti dalla separazione e dalla perdita della madre, in periodi di estremavulnerabilità. Egli aprì la strada alle ricerche sull’attaccamento, sulla perdita e la separazione,approfondendo le implicazioni e i meccanismi sul rapporto madre-bambino.

Il bambino fin dalla nascita è provvisto di “sistemi comportamentali” pronti ad essere attivati,disattivati o indeboliti. L’”attaccamento” viene attivato da un certo livello ormonale (che definisce ilperiodo di sensibilità) e da particolari stimoli esterni (che costituiscono il reagente bio-psichico).L’attaccamento è quindi il risultato dell’interazione di schemi comportamentali biologicamenteevoluti e gamme di stimoli ambientali specifici.Tali stimoli ambientali sono:

la sensibilità della madre nel rispondere ai segnali del bambino; l’entità e la natura dell’interazione.

Il tragitto di ogni persona va dalla massima dipendenza alla relativa indipendenza attraverso ungraduale aumento di autonomia, autostima e capacità di costruire e mantenere relazioni di intimitàcon gli altri.Bowbly identifica tre tipologie di attaccamento: sicuro, evitante, ambivalente.

Caratteristiche fondamentali dei bambini considerati “sicuramente attaccati alla madre” sono ilmaggior impegno nel gioco, curiosità ed attenzione più strutturata, maggior tolleranza allefrustrazioni, più senso della cooperazione, più capacità di interazione e di preoccupazione per glistati d’animo degli altri.

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I bambini con attaccamento evitante hanno prevalentemente figure genitoriale che non rispondonoalle richieste del figlio, che si rifiutano di aiutarlo e che si irritano quando questi si avvicina loro.Gradualmente il bambino impara ad inibire i propri bisogni, a non chiedere e ad evitare qualsiasidomanda d’aiuto. A scuola questi soggetti sono silenziosi e con un ottimo profitto, pur in presenzadi conflitti psichici di consistente rilevanza.

I bambini “attaccati in modo ambivalente” hanno genitori che spesso non rispondono in modoadeguato alle richieste del figlio, ignorando ripetutamente e imprevedibilmente i suoi bisogni.Questi bambini possono crescere non riuscendo mai a capire cosa debbono fare per guadagnarsil’affetto dei genitori e non sapendo mai quando questi possono essere disponibili con loro. Unadelle conseguenze più patologiche di questo tipo di attaccamento è la strutturazione, in etàadolescenziale, della tossicodipendenza e dell’anoressia.

La psicologia relazionale sistemica:La scuola relazionale sistemica nasce nel 1956 in California, a seguito della pubblicazione di unarticolo di Bateson sulla schizofrenia. Il suo scopo è fornire un modello di lettura e di decodificadella realtà in grado di chiarire e risolvere situazioni di interazione tra sistemi umani normali epatologici.Alla base di questa teoria c’è il concetto di “interazione come sistema”, intendendo per sistemainterattivo due o più comunicanti impegnati nel processo di definire la natura della loro relazione.Un sistema tuttavia non coincide con la somma di tutte le sue parti, ma è più complesso eorganizzato.Qualsiasi intervento, educativo o terapeutico, deve essere indirizzato sul contesto in cui vive ilsoggetto e in cui si è prodotto il disturbo, non sul singolo individuo.Nei sistemi famigliari si verifica molte volte una sorta di meccanismo “omeostatico” che opera perrestituire al sistema disturbato il suo equilibrio precario basato sul mantenimento della malattia diun componente. Ciò fa supporre agli psicologi relazionali che i sintomi di un membro del sistemahanno la funzione di proteggere gli altri membri. Se nessuno riesce a decodificare questi segnali,nell’ambito famigliare il bambino rischia di trovarsi emarginato o isolato.

Lo sviluppo cognitivo in Piaget:Piaget considera lo sviluppo cognitivo in termini dinamici; la condotta intelligente non è consideratané innata né appresa, ma costruita attraverso interazioni con l’ambiente sempre più complesse edelaborate, finalizzate ad un equilibrio soggetto-oggetto che viene continuamente interrotto, secondouna prospettiva evolutiva, da situazioni problematiche.Seguendo il modello biologico per l’autore la condotta intelligente tende ad una continuaequilibrazione. L’intelligenza può essere considerata come la forma superiore di interazioneadattativa fra l’organismo e l’ambiente. Questa ipotesi viene definita “psicogenetica”. Le strutturecognitive si sviluppano tramite due modalità di funzionamento:

assimilazione accomodamento

Per assimilazione si intende il processo in base a cui ogni nuovo dato dell’esperienza vienestrutturato ed incorporato negli schemi stessi. Per accomodamento si intende il processo in base alquale il soggetto, nell’incorporare i dati degli schemi già acquisiti, obbligato da una qualcheirriducibilità dell’oggetto, è costretto ad accomodarsi ad esso.Quando tra accomodamento ed assimilazione si stabilisce un reciproco equilibrio, si verifical’”adattamento intellettivo”.

Lo sviluppo cognitivo procede in modo da conservare e stabilire l’equilibrio tra l’organismo el’ambiente fisico e sociale: si tratta di un meccanismo (equilibrazione) che agisce tramitel’autocorrezione degli errori e finalizzato, appunto, alla ricerca di uno stato di equilibrio con larealtà esterna. Per cui si può affermare che conoscere la realtà significa agire su di essa etrasformarla in funzione di uno stato di equilibrio.

Dapprima il neonato entra in contatto con il reale tramite “innatismi” e riflessi molto elementari: la

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suzione, la prensione, la coordinazione oculo-motrice, etc. Gradualmente il bambino è poi capace di“azioni concrete” (reazioni circolari) che diventano sempre più complesse e adattive con incrementodi indipendenza dai dati immediati, per giungere, in ultimo, ad essere reversibili, astratte e formali.Le modalità di funzionamento (assimilazione ed accomodamento) restano costanti e inalterate,mentre cambiano le strutture con cui si organizza il reale: ciò che cambia è l’operazione, vale a direla modalità di organizzazione dei dati esperienziali.Per “stadio evolutivo” Piaget intende un determinato periodo della vita di un soggetto caratterizzato

da una certa modalità di organizzazione della realtà. Questi stadi sono connessi: ognuno presupponeil precedente e prepara il successivo, integrandosi con esso. Piaget descrive quattro fasi:

1. Fase sensomotoria (0 – 18 mesi): questo livello lo sviluppo intellettivo consiste in granparte in schemi d’azione (logica dell’attuale) e di sensazioni. Verso gli 11 mesi compare la“permanenza dell’oggetto”: l’oggetto diviene persistente anche fuori dall’azione. Indefinitiva si può affermare che in questo stadio l’intelligenza si manifesta attraverso leazioni. Lo schema d’azione è una risposta generalizzata utilizzabile per la risoluzione dimolti problemi.

2. Fase preoperatoria (2 -7 anni): caratterizzata dalla presenza di una struttura mentale ingrado di integrare anche il non attuale. Questo grazie alla “simbolizzazione” o semiotica,momento fondamentale dello sviluppo cognitivo, propria del linguaggio, del gioco,dell’imitazione e del disegno. Il bambino possiede ora la capacità di rappresentare, ovvero disostituire un significato con un significante; diventa in grado di ricostruire azioni passate dianticipare azioni future, di evocare oggetti assenti e situazioni non presenti. Secondo Piagetin questa fase i bambini hanno difficoltà a considerare altri punti di vista oltre al proprio esono capaci di concentrarsi sugli oggetti selezionando una sola qualità alla volta. In questafase si parla di egocentrismo e di animismo (attribuire stati di coscienza agli oggetti), oltreche all’artificialismo (credere che tutto l’universo sia stato fabbricato). Egocentrismo,realismo, animismo ed artificialismo sono complementari fra loro e declinano verso gli 8anni, grazie alla progressiva socializzazione che facilita la presa di coscienza del pensiero ela distinzione tra mondo esterno e mondo interiore.

3. Fase operatorio-concreta (7 - 11 anni): il bambino in questo stadio è in grado di svolgereoperazioni, cioè azioni svolte mentalmente e caratterizzate da trasformazione e reversibilità.Il soggetto acquisisce le forme e le connessioni logiche per cui diviene sensibile allacontraddizione. In questa fase il giudizio morale diventa simile a quello dell’adulto inquanto tiene conto dell’intenzione che guida l’azione.

4. Fase logico-formale (dagli 11 anni in poi): il soggetto è ormai in grado di operare suelementi astratti e su enunciati verbali; raggiunge la capacità di ragionare secondo ipotesi edi formulare deduzioni logiche da dati esperienziali.

Occorre ricordare che per Piaget il pensiero logico-matematico esprime il livello più alto dimaturazione intellettiva. Lo sviluppo delle strutture cognitive necessitano contemporaneamente siadi uno sviluppo biologico, ma anche dall’esperienza e dall’esercizio.

Bruner: lo strutturalismoJerome Bruner si deve contestualizzare nel pensiero della psicologia americana degli anni ’50. Inquesto periodo si introduce il modello cibernetico di feedback (retroazione). L’organismo cominciaad essere inteso come un sistema per elaborare informazioni provenienti dall’esterno e capace dielaborare strategie.

Bruner assume come concetto base la “struttura”, intesa come insieme di elementi interagenti, inmodo da non poter essere percepiti né considerati singolarmente, ma sempre in una totalità. Ilsoggetto organizza e sistema il reale tramite strategie cognitive sempre più complesse, le quali simanifestano attraverso sistemi di rappresentazione mentale gradatamente più sofisticati.

Si passa da:1. rappresentazione esecutiva: propria del primo anno di vita, in cui il pensiero è retto dalla

logica dell’azione;

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2. rappresentazione iconica, caratteristica del secondo anno di vita in cui la rappresentazionedel reale viene attuata attraverso immagini e percezioni;

3. rappresentazione simbolica, per cui la realtà può essere sistemata grazie alla capacità disimbolizzazione.

Questi tre tipi di rappresentazioni sono possibili per l’intersezione di fattori interni (autoplastici)e di fattori ambientali esterno (allo plastici).Mentre per Piaget la struttura è un prodotto mentale,frutto di assimilazione ed accomodamento, per Bruner è il mezzo attraverso cui si comunica:l’apprendimento è possibile solo attraverso le strutture. Ogni ambito del sapere ha una suaorganizzazione logica, in base a cui tutti i suoi soggetti si connettono, fino alla costruzione di unarete di concetti da considerare non tanto singolarmente quanto nella loro relazione reciproca.Lo scambio tra realtà e pensiero viene ad essere il fattore fondamentale dell’evoluzione della speciee dell’ampliamento delle capacità dell’individuo. Bruner focalizza la centralità dell’influenzadell’ambiente, definendo “amplificatori culturali” gli stimoli esterni in grado di potenziare in modoottimale le capacità intellettive dell’individuo.La didattica strutturalistica si configura come epistemocentrica: acquista centralità il modo in cui ilsapere si costruisce, la modalità cioè di organizzare e sistemare in strutture concettuali dei contenutioggettivi relativi ai diversi ambiti scientifici. L’alunno dovrebbe ripercorrere le tappe di costruzionedella disciplina.

Approccio multicontestuale:

La crescita del bambino è caratterizzata a due direttrici parallele di sviluppo:1. la relazione con l’oggetto: la capacità cioè di entrare in contatto con l’altro;2. l’acquisizione dell’oggetto: la capacità di conoscere l’altro e la realtà circostante.

Perché tale sviluppo si verifichi occorre una base biologica un rapporto tra soggetto ed ambienteprimario, un ambiente famigliare e sociale che risponda alle capacità e alle esigenze del soggetto.Ognuno di questi fattori si interseca con gli altri. Anche per i soggetti svantaggiati c’è comunqueun’area di sviluppo da poter potenziare e da valorizzare. Le due direttrici evolutive procedono instretta interazione fra loro: il sistema affettivo-emotivo-motivazionale influenza lo sviluppocognitivo ed ambedue tendono all’equilibrio.

BAMBINI E ADOLESCENTI “CATTIVI” E “SOMARI”:

Il termine “cattivo” designa in genere il bambino con comportamento aggressivo, ma taledesignazione fa comprendere come nel nostro gruppo sociale l’aggressività acquisisca valorenegativo anche quando, come vedremo, per certi bambini essa rappresenta il solo modo diesprimersi e di farci capire i loro bisogni.Aggressività è infatti un termine che deriva da adgregor “vado verso” e, solo per traslato, haacquisito il significato di “vado contro”. L’aggressività contiene in sé sempre questi due aspetti:indica comunque un avvicinamento, anche se sotto segni diversi; nel suo riconoscimento giocanosempre fattori personali e rappresenta una delle istanze fondamentali per la sopravvivenza.Quando si tratta di aggressività si pensa talvolta ad un comportamento, talvolta ad un affetto,un’emozione, più spesso a ciò che suscitano tutti insieme i diversi aspetti dell’aggressività e chedeterminano poi la risposta, in una circolarità che complica il discorso. L’aggressività ci fa paura inogni situazione nuova, come se ci guardassimo allo specchio e vedessimo negli altri tutta quella“buona aggressività”, quella forza di investimento, che desideriamo incanalare in nuovi compiti,cambiata in “cattiva aggressività”.Lo stereotipo collegato all’aggressività è per noi fino ad oggi estremamente negativo!!!

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Per cercare di sistematizzare il discorso cerchiamo di distinguere modalità diverse di aggressivitàsulla base della loro causa e del meccanismo con cui il comportamento di produce.

I bambini che mostrano la propria aggressività verso la scuola, verso di noi e verso se stessi.Ciò avviene attraverso una inibizione rispetto a uno o a molti dei compiti proposti, fino atutte quante le attività proposte in una specie di disorganizzazione costante. Sonobambini che possono “irritare” molto l’adulto. Ci fanno sentire l’aggressivitàtrasmettendola attraverso la identificazione proiettiva. Ciò che irrita, in particolare, èl’enorme richiesta di amore insaziabile, da parte di questi piccoli che rifiutano invecetutto e che possono provenire sia da famiglie maltrattanti, per cui accettare qualcosasignifica poter essere “attaccati”, sia da famiglie “barricate” nella loro persecutorietàinsieme al bambino rispetto al mondo esterno.

I bambini con fobie scolari. La fobia scolare, piuttosto diffusa in passato, con i grandicambiamenti avvenuti negli ultimi anni nella scuola si è ridotta in quantità e qualità.

I bambini con disturbi dell’attenzione e ipercinesie, o MBD o disarmonie evolutive o disturbidel carattere. Definiamo con tutti questi nomi una vasta gamma di disturbi per cuibambini che mantengono integre le capacità intellettive sembrano essere impossibilitati afissarsi in un compito e portarlo a termine, talvolta con un turbinio di agiti, quandovengono fatte richieste specifiche o vengono messi dei limiti. Per tutti gli adulti il rischiomaggiore è quello di entrare nel manicheismo “buono-cattivo” che spesso si crea attornoa questa situazione.

I bambini con comportamenti aggressivi legati a insufficienza mentale o a evoluzionesfavorevole di un autismo infantile precoce, che non permettono di valutare le richiestedel mondo esterno, né di controllare le proprie istanze pulsionali. L’incomprensibilità ela gratuità dell’atto aggressivo sono il nucleo stesso del panico suscitato nei momenti dicrisi, non previsti e talvolta non prevedibili, nei compagni e negli insegnanti.

BAMBINI E ADOLESCENTI CHE NON VOGLIONO ANDARE A SCUOLA:

I bambini che “non vogliono andare a scuola” si definiscono in genere affetti da fobia scolare, anchese talvolta sono bambini che stanno reagendo in modo molto sano ad intollerabili soprusi. Neglianni la fobia scolare è stata considerata come quadro patologico a sé stante, differenti da altre formedi rifiuto della scuola per il carattere di impotenza del soggetto e per la presenza di un grave statod’ansia, sia come sintomo, collegato alle strutture psicopatologiche più diverse come quellaschizofrenica, quella borderline, quella depressiva con tendenza psicopatica ed isterica.Più specifico dell’aspetto “fobico” sembra essere quindi l’aspetto “scuola”, come contenitore didifficoltà di adattamento e di proiezione del bambino e/ della famiglia, anche perché la valenzafobica sembra dell’ordine dell’angoscia pura, inelaborata, e non sembra raggiungere il suo obiettivoeconomico.

Quadri clinici e patogenesi:

La madre agorafobia trasmette al figlio nella fusionalità non toccata dalla presenza del partner,la propria paura verso il mondo esterno, e lo mantiene collusivamente legato proprioattraverso l’impossibilità di avere uno spazio personale.

Il bambino non può percorrere un tragitto che sente pericoloso, né può allontanarsi da unafamiglia incapace di aspettarlo o, peggio, capace di produrre catastrofi in sua assenza.

Il bambino non osa l’ultimo distacco: è molto ambivalente in quanto desidera potersi staccare,ma vorrebbe farlo accompagnato, e con la garanzia del pieno controllo sulla nuova esulla vecchia situazione.

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Più tardi, in preadolescenza e adolescenza, le fobie scolari vengono segnalate dalle scuole inmaggior numero, dati l’aspetto più specifico del compito evolutivo e la conseguente minoretolleranza istituzionale. Queste fobie possono essere la prima spia di un breakdown legato alladifficoltà di risoluzione dei legami primari, oppure manifestazioni nevrotiche.Nelle forme transitorie molto spesso vi è un evento scatenante (malattia, nascita di un fratello, luttofamiliare, ecc) come un campanello d’allarme che scompare in breve tempo e che può avere isignificati più svariati. Il decorso delle forme croniche è collegato invece ad un quadro strutturaledel bambino, ma anche alla rete interattiva e fantasmatica nella sua famiglia e nei suoi insegnanti.

La patogenesi è spesso legata ad una “traumatizzazione insidiosa” che collude con la strutturazioneperversa della triade padre-madre-figlio, che diventa molto difficile mobilizzare quando siconcretizza in modalità interattive di tipo barricato con vissuti paranoidei nei riguardi del mondoesterno.La fobia scolare si presenta quindi come una razionalizzazione che fa da schermo ad altreproblematiche: sempre funzionali al bambino, molto spesso alla famiglia e alla scuola stessa.

Data quindi la patogenesi della fobia scolare nel suo insieme, i nodi fondamentali dell’interventanosembrano essere:

ristabilire i ruoli familiari là dove il figlio usurpa un ruolo genitoriale; permettere la verbalizzazione delle paure e delle aggressività agite, che la scuola non

riesce a gestire; aprire uno spazio di negoziazione dove la scuola e la famiglia si pongono come entità

contrapposte; garantire per il bambino la possibilità di avvalersi dei servizi sanitari per controllare

entro certi limiti quanto gli può venir richiesto a scuola, ad argine di angoscepersecutorie o depressive eccessive e debordanti;

quando c’è la possibilità, svelare le collusioni sempre presenti e i messaggi contraddittorinella commedia delle parti;

in caso di fallimento della funzione chiarificatrice dei messaggi reciproci in casi estremi,prescrivere strategie comportamentistiche come ultima ratio;

proseguire oltre la soluzione del sintomo, la psicoterapia individuale o familiare aseconda del caso.

ADOLESCENTI “INSEGUITI DAL CORPO”:

La parola “adolescenza” deriva dal latino adulescentia, con cui veniva indicato quel periodointermedio tra la puerizia (infanzia) e la iuventus (giovinezza) che va dai 15 ai 30 anni.Etimologicamente il termine deriva a sua volta dal verbo “ad-alere”, cioè “a nutrire”, e designerebbedunque il periodo della vita in cui l’individuo impara ad alimentarsi da sé.Oggi “adolescenza” riassume nel suo campo semantico entrambi i riferimenti. Galimberti mostracome il corpo sia da sempre superficie di scrittura, superficie atta a ricevere il testo visibile dellalegge che la società detta ai propri membri marchiandoli. Ogni cicatrice è una traccia incancellabile,un ostacolo all’oblio, un segno che fa del corpo una memoria.Dunque, nel fenomeno adolescenza esisterebbero due livelli: quello biologico e quello culturale, acui si può aggiungere il livello del soggetto. Il livello biologico, cioè l’intensa emersione dellapulsione sessuale che ora, a differenza dell’infanzia, si presenta in un corpo che ha l’effettivapossibilità di realizzarla con qualcuno esterno al nucleo familiare. Il livello culturale, che èrappresentato da tutte le caratteristiche psicologiche e sociali, da tutte le immagini che una societàfornisce ad un individuo per identificarsi e che cambiano col passare delle epoche storiche: sono i

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valori, i ruoli, i modelli sociali collettivamente ammessi. Il livello del soggetto e delraggiungimento dell’identità: si tratta di un processo che dipende solo parzialmente dai costumi edinclude quella serie di posti e di funzioni tramite cui si entra nel mondo con alcuni aspetti che cipreesistono, come l’essere maschio o femmina.

In adolescenza la salute non esiste, in quanto gli organi non stanno in silenzio, ma parlano. Maparlano a chi? E soprattutto che cosa dicono? Innanzitutto parlano della possibilità di un nuovo tipodi godimento, che non è più il godimento proprio dell’infanzia in cui il partner sessuale è all’internodella famiglia. Ora il corpo dell’adolescente è nella possibilità di godere sessualmente come uomo ocome donna di un partner qualunque; è il suo corpo che glielo domanda o, meglio, glielo impone.La crisi adolescenziale classica è una crisi del rapporto tra genitori e figli, cioè una crisi dell’assettofamiliare creatosi durante l’infanzia del soggetto; ciò che viene messo in crisi è il fantasma delfiglio, cioè il figlio in quanto figlio dei genitori così come essi lo hanno desiderato; con questa crisiegli si sottrae al posto fantasmatico assegnatogli per costituirsi come soggetto indipendente con unapropria sfera privata e segreta. Che ne è di questa crisi nel momento in cui l’altro non è più lafamiglia, ma la società? Succede qualcosa per cui, almeno nel corpo, il soggetto non è più bambino.Ma questo corpo si costituisce come un corpo estraneo all’interno della famiglia, non nominato, edunque senza assunzione di responsabilità.A questo punto la famigli si trova con un corpo che va ricollocato, e che spinge per esserericonosciuto. Se questo non avviene, né dalla parte della famiglia, né da parte dello stessoadolescente, allora accade che il corpo fa sintomo, come nella anoressia, dove la crisi della famigliacon un corpo estraneo si trasforma in crisi aggressiva verso la figlia per quel corpo intollerabile,estraneo, da nascondere. Anoressia deriva dal greco “anorexis”, che letteralmente significa “assenzadi desiderio, di tendenza”.Nella maggior parte dei casi fortunatamente non si tratta di anoressia essenziale, ma di forme miste

tra anoressia e bulimia, in cui qualcosa nel progetto anoressico si rompe. L’attacco bulimicodenuncia una frattura nel progetto anoressico. Il problema non si pone solo a livello della strettaanoressia, ma anche a proposito di alcune forme di disturbi alimentari che nell’anoressiacostituiscono l’altra faccia della medaglia (bulimia), o che comunque mantengono con essa un fortelegame strutturale (Obesità, iperfagia, ecc.).La obesità è tra questi disturbi, uno dei più diffusi.

L’immagine del corpo:

Il concetto di “immagine di sé” nasce dal concetto neurologico di schema corporeo proposto daHead nel 1920, come configurazione centrale necessaria per il mantenimento della postura. Taleschema, secondo l’autore, è inconscio, ma incide sull’esperienza consapevole. L’immagine delcorpo non si esaurisce nel biologico, ma appartiene al sistema simbolico, da un parte, e al registroimmaginario dall’altra.L’immagine del corpo è quindi un processo simbolico di rappresentazione di un confine, che puòavere una funzione stabilizzante e protettiva o profondamente angosciante e destabilizzante: il corpodiventa l’oggetto di investimento e la sua immagine il prodotto dell’investimento, un investimentoche concerne un oggetto non intercambiabile se non nel delirio, un oggetto che deve esseremantenuto integro a qualsiasi prezzo.

ADOLESCENTI MALATI “NEI” LORO GENITORI:

Specificità della relazione genitoriale durante l’adolescenza:

Durante tutta l’infanzia e la latenza i genitori preparano mentalmente un futuro del bambino con

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fantasie di riuscita e fallimenti, identità possibili desiderate o paventate. Quando si chiede aigenitori di bambini molto piccoli quali siano le paure che hanno per il futuro del bambino, larisposta oggi più comune è: “Temo che diventi tossicodipendente, o che possa non farcela a scuola”.In adolescenza il problema scolastico non è più problema di apprendimento ma diventa problema divita.

I nuclei di conflittualizzazione:

Il grande potere dell’adolescente si basa sulla sua possibilità di prendere iniziative che possonorisultare molto minacciosi per i genitori: “me ne vado”, “smetto di studiare”, “resto incinta”,“frequento chi voglio”. Usa questo potere nella contrattazione di ogni giorno, facendo diventare ilcentro dei nuovi nuclei di conflittualità della relazione. Il narcisismo adolescenza può, a seconda delle situazioni, essere elemento del suo potere a diversilivelli, così come nucleo di conflittualizzazione a seconda di come viene manifestato e di comeviene vissuto dai genitori.

Le relazioni psicopatologiche:

I genitori preparano con molto anticipo l’adolescenza del figlio, talora vivendo una intensa relazionecon lui negli anni precedenti sul piano reale e fantasmatico, talora figurandosi invece una relazioneche inizierà solo in quel momento.Nella fantasia della relazione simbiotica è comunque presente un terzo escluso, che all’iniziodell’adolescenza viene fatto irrompere dal figlio, sia con scelte palesi di relazioni privilegiate,vissute come molto aggressive dal genitore simbiotico, sia come agiti che mostrano un pressantebisogno dell’intervento del terzo.Le nuove istanze del minore, i suoi tentativi di costruzione di un Io ideale autonomo e deparassitato,il suo rifiuto di questa preidentità unica o multipla che gli viene attribuita costringono gli adulti aduna lotta per la vittoria della propria rappresentazione e della propria proiezione. E’ evidente cheogni rappresentazione o proiezione implica norme, limiti e modalità di vita e di gestionedell’aggressività fondamentalmente diversi; spesso, se non sempre, vi è da parte dei genitori unarielaborazione di sé stessi come figli che appare quale tappa ultima di un processo di separazione eindividuazione mai compiuto.Altre relazioni sembrano incidere positivamente o negativamente in questi anni, ed in particolare la

scuola. La media secondaria è spesso un sostituto genitoriale che richiede una relazionecompiacente e passiva, pena la perdita del legame di accudimento. Colpisce come in molti casi lascuola non riesca a coniugare una domanda di prestazioni con il riconoscimento dei bisognifondamentali dell’adolescente, richiedendo una estesa rinuncia alla soddisfazione diretta o indirettadegli stessi. Più ancora colpisce la collusione che si crea talvolta tra i genitori e gli insegnanti in unasorta di sospettosità nei riguardi dell’adolescente, se non una vera e propria relazione sadica in cuisembra che gli adulti debbano punire i suoi bisogni.

Vorrei anche focalizzare un fenomeno che sembra essere in aumento e che riguarda le adolescenzanon fatte, o estremamente ritardate. Questo fenomeno si ricollega agli aspetti di conflitto strutturaleche non a caso accomuna tutti gli adolescenti con quelli che presentano un disturbo della personalitàdi tipo borderline, gli uni e gli altri implicati nei processi di separazione-individuazione. Uno deimeccanismi alla base può essere un controedipo genitoriale particolarmente agito e possessivo, unaltro l’organizzazione rigida e ossessiva dell’offerta nei modelli identificatori in cui per il figlioviene prevista solo la funzione “fotocopia”: qualsiasi trasgressione anche solo pensata mobilita dosidi angoscia massicce e insopportabili.Possiamo identificare tre principali tipi di “soluzione” per queste adolescenza mancate:

la fuga; la confusione; il funzionamento a minima o a massima.

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L’oggetto figlio non diventa comunque un oggetto globale, né tanto meno una persona autonoma. Ilgenitore non partecipa attivamente a costruirne l’autonomia ma, come avviene per esempio nellafuga, prima costringe e poi accetta una modificazione dei limiti, ma per forza maggiore e non perpropria volontà. La confusione permette invece al genitore di “essere obbligato” a mantenere latutela del figlio; rappresenta in tal senso uno spazio transizionali di autonomia che coniuga lapossibilità di fare tante cose con la necessità di mantenersi in un legame di tutela. Nelfunzionamento a minima l’adolescente può anche limitare globalmente ogni aspirazione disoddisfazione di qualsiasi bisogno a partire dal momento in cui l’interdizione familiare si fa cosìpesante e senza speranza anche solo in un ambito, riuscendo a percorrere una via depressiva senzaetà adulta. Talvolta questa spinta al successo da parte del genitore ha effetto in un capo, per esempiola performance scolastica, agonistico-sportiva o deduttiva dongiovannesca, che comunqueimpedisce uno sviluppo adulto della persona (funzionamento a massima).

DISTURBI DELLA PERSONALITA’ E DEL COMPORTAMENTO:

Il concetto di disturbo della personalità si applica, secondo la definizione dell’ICD-10 a“modificazioni delle modalità di comportamento profondamente radicate e durature che simanifestano come risposta costante ad una vasta gamma di situazioni e implicano quindi lacognitività, l’affettività, il controllo degli impulsi, la soddisfazione dei bisogni e le modalità di porsiin relazione con gli altri nella gestione delle situazioni interpersonali”.

La principale forma di espressione nei bambini è la instabilità emotiva, con aspetti sia impulsivi(con esplosioni comportamentali imprevedibili, umore instabile) si di tipo borderline (conincertezza relativa all’immagine di sé, sentimenti di vuoto ed abbandono, ecc). Ricordiamo anche gli aspetti schizoidi, con incapacità di provare piacere, freddezza emozionale conlargo spazio dato all’immersione in fantasie, introspezioni e disinteresse per le convenzioni sociali.Aspetti particolari di queste personalità possono essere anche quelli persecutori in struttureparanoici, la drammatizzazione e la suggestionabilità con labilità affettiva e superficialità tipicadella personalità istrionica e di quelle anancastiche, con grandi dubbi, perfezionismo ecoscienziosità, o di personalità dipendente che delega agli altri ogni spazio decisionale oltre che ilproprio senso di sicurezza.Sul piano ezio-patogenetico, esse sono spesso un’evoluzione di attaccamenti gravemente insicuri di

tipo evitante (paranoici e anancastici), ambivalente (istrionici, disturbi della sessualità,cleptomania), disorganizzato (impulsivi, borderline) e misto con o senza disorganizzazione, edeventualmente ambivalenti-evitanti ad alto punteggio (dissociali, psicopatici e tendentiall’autodistruttività). Non rare le situazioni di abbandono o di istituzionalizzazioni ripetute nellastoria dei soggetti più gravi.I disturbi di personalità radicati nell’adulto genitore sono spesso oggetto di segnalazione ai tribunaliper inadeguatezza nella presa in carico dei figli. Non è raro tra i vari comportamenti dissociali ci siaanche quello di utilizzo di sostanze.

DISTURBI SPECIFICI DELLE FUNZIONI:

I disturbi specifici dello sviluppo di funzioni neuropsicologiche riguardano l’eloquio e il linguaggio,le abilità scolastiche, la funzione motoria e la percezione. Essi presentano le seguenti caratteristiche:

la loro insorgenza si colloca nell’infanzia;

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sono strettamente connessi con la maturazione biologica del sistema nervoso centrale; si manifestano con un decorso continuo senza le remissioni e recidive caratteristiche delle

patologie a prevalenza eziologia psicorelazionale.L’ICD colloca le alterazioni di funzioni con minore e “non esclusiva” componente neuropsicologicanella categoria dei disturbi comportamentali ed emozionali con esordio nell’infanzia enell’adolescenza. Nei disturbi specifici dello sviluppo la base neurofisiologica svolge un ruoloprevalente, nonostante l’inevitabile cassa di risonanza costituita da contesti che richiedononecessariamente performance come la scuola, talvolta non cogliendo le difficoltà del bambino emettendolo di fronte a compiti impossibili, a fallimenti ripetuti e a disapprovazione per “scarsoimpegno”.

La eziopatogenesi (cioè i meccanismi attraverso i quali la patologia si realizza) si colloca quasisempre nell’incontro di disfunzioni neurofisiopatologiche con richieste ambientali troppo complesseo troppo facili per il livello a cui il bambino si trova.

L’intervento mirato sul disturbo specifico che spesso ottiene risultati è anche un momento diparticolare attenzione al bambino e al suo contesto: vi è comunque un sistema comportamento-mondo interno-esterno che viene mobilitato, sia che noi agiamo lavorando sul sintomo, sia chelavoriamo sulle componenti relazionali.

I genitori si sentono spesso responsabili di questi problemi, in particolare per quelli riguardantil’alimentazione nel bambino piccolo, per cui ricorrono prevalentemente al pediatra ed accettano, incaso di persistenza del disturbo, di mettersi in gioco anche con servizi psicologici. Non si sentonocolpevoli e sono, a livello conscio, molto più aggressivi nei riguardi del bambino con problemi nellinguaggio o dell’apprendimento.

Disturbi specifici delle attività scolastiche:

Questi disturbi riguardano le competenze messe in campo dal bambino nel momento in cui siconfronta con richieste provenienti dal contesto scolastico. Si tratta di difficoltà che interessanoabilità quali la lettura, la compitazione, le abilità aritmetiche e/o un misto di queste. L’individuazione di queste problematiche è intuitivamente collegata con l’inizio della scuola, masempre più si tende a cercare di accertare anche negli anni precedenti, in particolare quelli dellascuola dell’infanzia, segnali che consentono di effettuare diagnosi ed interventi preventivi eriabilitativi precoci.

Nella lettura sono implicati sia il processamento strettamente visivo sia la codifica fonetica, lamemoria verbale a breve termine e la rapidità di accesso al lessico ortografico. Nella scrittura leinterferenze possono interessare l’analisi fonetica, l’associazione fonema-grafema, il recupero dellaforma ortografica con interessamento di componenti sia neuromotorie che visuospaziali. Nella patologia del sistema numerico e di calcolo si sono individuate difficoltà a carico dellamemoria semantica, di tipo procedurale e visuospaziale. Sebbene il disturbo sia per definizionespecifico, nella maggior parte dei casi le sue diverse forme di espressione si trovano associate, esono presenti problematiche di tipo emozionale e/o relazionale che alcuni ritengono reattive alladifficile situazione del bambino a scuola, e altri considerano concomitanti se non cocausali.In tutti questi casi si possono cogliere elementi salienti che sono spesso associati nelle situazioni didisturbo delle abilità scolastiche:

la compresenza nel bambino di reazioni emozionali che connotano il disturbo, oscillanti trail rifiuto del deficit e i vissuti di inadeguatezza che lo stesso comporta;

atteggiamenti paralleli da parte dei genitori che, se da un lato possono liberare il figliodall’immagine in genere prevalente della svogliatezza, dall’altro lo congelano in un percorsodi apprendimento differenziale che non può essere modificato, se non parzialmente,dall’intervento riabilitativo;

la necessità di una programmazione scolastica individualizzata; l’opportunità di un intervento psicologico che tenga conto di questi diversi aspetti,

inserendosi per accrescere armonicamente il bambino, nelle sue relazioni coi coetanei e la

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famiglia; una consulenza alla scuola per garantire che il deficit non incida troppo pesantemente sui

criteri di valutazione, salvaguardando il bambino dal rischio di essere doppiamentepenalizzato dalla sua difficoltà.

I disturbi evolutivi specifici dell’eloquio e del linguaggio:

Si dividono in disturbi della comprensione del linguaggio e del linguaggio espressivo. Tutti questidisturbi presentano problemi importanti di diagnosi differenziale, sia rispetto alla normalità, sia perla difficoltà di discriminare le diverse componenti nei numerosi appuntamenti evolutivi biologici epsicorelazionali necessari alla produzione linguistica. Tra i disturbi dell’articolazioneparticolarmente frequente in età evolutiva, vi sono la disartria o l’anartria (difficoltà o mancanza diarticolazione) del bambino con paralisi cerebrale infantile, che ha colpito particolarmentel’innervazione bucco-faringea e del mantice respiratorio.

I disturbi possono esprimersi inizialmente nel ritardo e, successivamente, nella limitatezza edistorsione dell’eloquio, fino alle gravissime forme di disfagia, afasia evolutiva di tipo recettivo(psicosi monosintomatica del linguaggio, che può arrivare ad essere completamente incomprensibileper il bambino) e disfagia o afasia recettiva evolutiva o congenita (di Wernicke). Nell’afasiaacquisita con epilessia (sindrome di Landau-Kleffner), l’improvvisa disintegrazione del linguaggionel bambino fra 3 e 7 anni suggerisce la possibilità di un processo encefalico, spesso accompagnatoda crisi epilettiche.

Nei disturbi di comprensione vi è l’impossibilità di rispondere a nomi familiari e di identificarealmeno alcuni oggetti su richiesta dopo i 18 mesi; in seguito, l’incapacità di comprendere ledifferenze di tono della voce, una vera e propria sordità verbale in assenza di sindromidell’alterazione globale dello sviluppo o di ritardo mentale.Fra i disturbi dell’eloquio, abbiamo le numerose dislalie, con difficoltà o impossibilità dipronunciare certi fonemi in certe posizioni della parola, rotacismi, sigmatismi, inversioni di lettere,disturbi fonologici e disartria, senza base neurologica e talvolta in collegamento con disturbidell’udito.Ai fini di una diagnosi differenziale evochiamo qui altri disturbi. Uno di questi è l’esclusione dellinguaggio con valenza simbolica che avviene nel mutismo elettivo, in cui il bambino “sceglie” lepersone e/o l’ambiente con cui comunica verbalmente, non utilizzando mai il linguaggio con altri oaltrove.

Anche le balbuzie sono legate ad una disfunzione nell’utilizzo del linguaggio nel suo aspettosimbolico e collegata con strutture ossessive della personalità: si presenta nella forma tonica(caratterizzata da difficoltà nell’iniziare a pronunciare le parole) e in quella clonica (caratterizzatadalla ripetizione di lettere e sillabe). Le balbuzie del bambino tra i 2 e 3 anni è in genere fisiologica.

Il rischio maggiore è che ai disturbi sopra citati, chiamati specifici soprattutto per il deficit limitatoalla funzione, si sovrappongano ripercussioni per cui viene danneggiato tutto lo sviluppo. Nellescuole questi disturbi sono oggetto di dépistage, vale a dire di ricerca sistematica di un disturbo inuna determinata popolazione. Il dépistage può essere eseguito in diverse modalità, ma vasottolineato che è assai importante fare molta attenzione alla modalità prescelta, perché esso non sitrasformi in situazione patogena.

RITARDI MENTALI:

La categoria diagnostica del ritardo mentale (sostanzialmente equivalente ad altre dizioni:insufficienza mentale, insufficienza intellettiva, oligofrenia) racchiude una varietà di situazioni,anche molto diverse tra loro, ma accomunate dalla presenza di una carenza più o meno marcata di

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competenze cognitive, del linguaggio verbale, delle autonomie personali e sociali, eventualmentedella motricità.La distinzione tra i vari livelli di gravità del disturbo viene effettuata in base al quoziented’intelligenza (Q.I.) e precisamente:

insufficienza mentale profonda: QI minore di 25; insufficienza mentale severa: QI minore di 40; insufficienza mentale moderata: QI inferiore a 55; insufficienza mentale lieve: QI inferiore a 70 insufficienza mentale limite: QI inferiore a 85.

Si possono distinguere tre grossi raggruppamenti con caratteristiche interne significative: leinsufficienze lievi, contraddistinte da un linguaggio povero ma sufficiente alla comprensione e allaproduzione, dall’acquisizione di lettura e scrittura in forma elementare, dal raggiungimento diautonomie che consentono in diversi casi una vita adulta in contesti normali, anche se in alcuni casisono presenti disturbi del comportamento o rischi particolari di alcolismo o di condotte influenzateda altri a livello sessuale o delinquenziale; le insufficienze medie, in cui il linguaggio verbale èprecario e scarsamente comunicativo, non vi è accesso alla lettura e scrittura e non vengono maiacquisite autonomie sufficienti a vivere senza qualche forma di sostegno, istituzionale o meno; leinsufficienze gravi, infine, nelle quali abbiamo una invalidità estesa, non di rado anche nell’ambitoalimentare, del controllo sfinterico e della motricità, che richiede cure continue, a volte in contestiistituzionali.

Discorso a parte merita l’area del livello mentale limite, compresa grosso modo tra 70-85 di QI. Sitratta di soggetti che presentano un profilo omogeneo di ritardo cognitivo, tratti di povertà eimmaturità negli interessi e nelle abilità sociali, ma da considerarsi integrabili nella normale vitaadulta, a patto che ci si renda conto, all’inizio dell’attività scolastica, di questa loro condizione enon si creino situazioni di frustrazione scolastiche costanti per la lentezza e le difficoltà maggioripresentate nelle acquisizioni.

Nel bilancio clinico è sempre fondamentale distinguere tra ritardo mentale come intrinsecamancanza cognitiva, per cui l’intelligenza, quale capacità di stabilire legami tra se stesso, glioggetti, gli altri ed il contesto, è carente a gradi diversi per motivi pre-perinatali, e le altremanifestazioni patologiche quali l’inibizione intellettiva, la disarmonia cognitiva ed ildeterioramento mentale. L’inibizione intellettiva è un meccanismo di difesa di tipo nevrotico etalvolta psicotico, per cui l’intelligenza non viene sfruttata in una o più settori per situazioniconflittuali profonde, ma comunque facenti parte di un quadro secondario a disturbipsicorelazionali. Essa può presentarsi costantemente in situazioni particolari, come ad esempio gliesami, o essere settoriale per aree.

Disarmonia evolutiva a struttura deficitaria è il termine proposto dalla classificazione francese perindicare le forme generalizzate di psicopatologia dello sviluppo in cui è presente una involuzionedelle capacità cognitive che domina il quadro, involuzione spesso limitata a settori specifici, talvoltacon ipersviluppo ed iperutilizzo in altri settori.Il deterioramento mentale o demenza è l’esito di un quadro di tipo psicotico che subentra tra 2 e 3anni, in cui il fattore caratterizzante è quello della perdita rapida delle facoltà intellettive presenti.Deterioramento mentale in seconda infanzia e latenza subentrano lentamente anche in altre forme didisturbo generalizzato dello sviluppo, soprattutto se non vi è comparsa di linguaggio.

La sindrome di Down:

La sindrome di Langdon Down o mongolismo, o trisomia 21, è dovuta alla presenza del cromosoma21 supplementare. Essa costituisce il 19% delle cause del ritardo moderato e severo. La suaincidenza è costante in tutti i continenti e si colloca intorno all’1,5 per mille. Il cromosoma puòessere libero, vale a dire che la citogenetica dei genitori è negativa, o per traslocazione, vale a direche un genitore ha una traslocazione equilibrata o a mosaico, in cui coesistono cellule trisomiche onormali.

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Ci si rende conto quindi dell’importanza della consulenza genetica per individuare i rischi,purtroppo anche dopo il concepimento.

L’iperestensibilità unita ad una ipotonia muscolare delle giunture dà ai soggetti affetti da sindromedi Down una particolare andatura; diverse malformazioni possono essere congenite e tra queste lepiù frequenti sono rappresentate da quelle cardiache e dei grandi vasi. La loro integrazionescolastica si è rivelata facile, quando non sono presenti psicopatologie sovrapposte. Difficilmenterientrano nella filiera lavorativa normale, ma partecipano con ottimi risultati a cooperative di lavoro,raggiungendo un’autonomia piuttosto buona anche se raramente riescono a vivere da soli.

SINDROMI AFFETTIVE:

Le sindromi affettive sono caratterizzate da un cambiamento del tono dell’umore in sensodepressivo o euforico su base talora prevalentemente biologica, talora reattiva. Le forme di episodiomaniacale e la sindrome affettiva bipolare si presentano raramente in età evolutiva ed assumonospesso modalità di espressione particolari che vedono, oltre alle modifiche del tono dell’umore nelsenso della depressione e dell’esaltazione spesso associata con ansia, sintomatologie somatiche,difficoltà cognitive e restrizioni nella vita relazionale che ne mettono in forse spesso il confine conepisodi di tipo schizofeniforme. Ritroviamo più frequentemente episodi depressivi e sindromidepressive ricorrenti.

Gli episodi ricorrenti comportano anche un cambiamento globale dell’attività: in quelli depressivi,oltre al tono dell’umore, vi è perdita degli interessi e della capacità di provare piacere, riduzionedell’energia, dell’autostima e dell’attività, stanchezza marcata dopo ogni minimo sforzo. Anche lecrisi maniacali in adolescenza si mascherano spesso sotto forme bulimiche o di comportamentigrippali, di banda, che sembrano sfuggire completamente al controllo genitoriale e/o scolastico.

Nella discordanza dei dati epidemiologici, possiamo renderci conto dello scarso accordodiagnostico in queste forme. Se parliamo di depressione endogena o bipolare, parte della letteraturaanalitica francese sostiene che il primo episodio non compare prima della fine dell’adolescenza,mentre altri sostengono che già in bambini in età di latenza vi è la presenza di un 2%.In particolare la distimia sarebbe foriera di forme depressive ricorrenti e periodiche nei due annisuccessivi nel 45% dei casi e nel 76% dei casi darebbe luogo a un disturbo depressivo maggiore. Viè invece pieno accordo tra gli autori nell’affermare che sia i sintomi depressivi sia i loro equivalenti,come le depressioni da lutto o da separazione, riguardano, come indice di valida e sana elaborazionedi eventi, per periodi più o meno prolungati, tutti gli individui, minori compresi.

La depressione costituisce pertanto una interfaccia tra normalità e patologia, in cui abbiamo da unlato forme reattive sintomatiche, indice di salute mentale e capacità di elaborazione del lutto, traumao separazione da parte del minore, dall’altro forme con sintomatologie varie e prolungate, espressesul piano inibitorio e sul piano produttivo con agiti, ipercinesi e somatizzazioni, espressioni di gravie persistenti distorsioni strutturali.

Ripercorrendo le forme più comuni dell’età evolutiva, vediamo che la risoluzione della posizionedepressiva come momento di integrazione delle istanze pulsionali libidiche ed aggressive costituiscela base sana del funzionamento intrapsichico. Possono precederla espressioni della depressione che,a seconda della gravità, possono essere inquadrate tra le depressioni vuote del bambino scarsamentein grado di cercare protezione e affetto nel mondo esterno e/o gravemente carenziato pertrascuratezza del caregiver, o tra le depressioni reattive dell’abbandono da parte del caregiver dopoche si è già stabilita, almeno parzialmente, una relazione di attaccamento; tali espressionipresentano i meccanismi eziologici e patogenetici che ritroveremo più tardi. In effetti, nelladepressione vuota il bambino sembra aver perso sia il senso di sé, sia la fiducia di poter ottenere

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aiuto da qualcuno, come avviene nelle forme melanconiche più gravi. Le depressioni reattivepossono arrivare a situazioni gravi come l’ospitalismo segnalato da Spitz, ancora oggi presente inalcuni orfanotrofi particolarmente poveri di personale, e possono portare fino al marasma (gravedisorganizzazione delle funzioni vitali del soggetto) e alla morte, quello stesso lasciarsi morire chetroviamo in forme depressive gravi in cui, alla caduta di ogni investimento sul mondo esterno, siaccompagna un disinvestimento sul proprio corpo che non è più in grado di percepire i bisogni.

Nel primo anno di vita sono presenti anche forme protomaniacali caratterizzate da agitazionemotoria, insonnia agitata persistente, inversione dei ritmi sonno/veglia, che ritroviamo in famigliecon gravi conflittualità coniugali non esplicitate e spesso non riconosciute. Queste modalitàprecocissime, a cui spesso si è trovata una eziopatogenesi sulla base della autoattribuzione dei sensidi colpa per i propri sentimenti aggressivi verso l’oggetto da cui il bambino è stato abbandonato,vanno forse inquadrate più semplicemente in un gioco di affetti ed emozioni, in un registroprotomentale in cui la mancanza dell’affetto desiderato produce all’inizio l’espressione di unaemozione tesa a recuperare quanto manca.

In periodo di latenza si possono individuare bambini che presentano momenti alternati in cuiprevalgono gli aspetti depressivi ed altri in cui prevalgono quelli maniacali, con un disturbodell’umore depressivo o maniacale, persistente o ricorrente, ma comunque difficilmente attaccabile,e con ripercussioni anche sul piano cognitivo. Già in età di latenza, lutti o presenza di familiaridisabili e malati possono incidere pesantemente per periodi più o meno prolungati non solo sul tonodell’umore del bambino, ma su tutto quanto il funzionamento cognitivo e sociale, e la risoluzione diquesti stati depressivi è strettamente correlata con le risorse del nucleo familiare allargato.

Più tardi, in adolescenza, non è raro che vi sia anche molta vergogna nel mostrare i proprisentimenti rispetto alle morti, e che insorgano particolari condotte inadeguate come manifestazionedepressiva. Va ricordato che l’esperienza depressiva è del tutto normale nel corso dell’adolescenza eche, semmai, la grande difficoltà dei genitori sta spesso nel distinguere movimenti di chiusura,caduta dell’umore e ritiri anche insistiti nei propri spazi protetti che rappresentano il bisogno diriservatezza e di autoriflessione, da altre situazioni a rischio di rottura. In questo periodo aumentanoinfatti anche gli episodi suicidari, nelle forme dimostrative o autolesive, e una parte rilevante diqueste condotte è da collegarsi ai vissuti depressivi sottostanti che non sono elaborabili e/oincontrano situazioni contingenti che risultano scatenanti o distruttive.

Nonostante alcuni bambini in latenza e alcuni adolescenti mostrino una ricorrente tendenza a fasidepressive o ad una alternanza di fasi depressive e maniacali, non si pone praticamente mai ladiagnosi di psicosi depressiva o bipolare fino alla fine dell’adolescenza stessa, e si ha in generetendenza a classificare la sintomatologia affettiva come reattiva a situazioni ambientali o collegata adisturbi della personalità.

SINDROMI E DISTURBI COMPORTAMENTALI ASSOCIATI

AD ALTERAZIONI DELLE FUNZIONI

FISIOLOGICHE E A FATTORI SOMATICI:

I disturbi dell’alimentazione:

I disturbi precocissimi possono essere legati inizialmente ad una difficoltà nel raggiungere unaccordo omeostatico tra madre e bambino per una temporanea difficoltà della madre a cogliere isegnali, del bambino a raggiungere una regolazione dei propri ritmi alimentari, o di madre-padre efiglio ad accordarsi. Possono essere anche più gravi e costituire un segno di disturbo

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dell’attaccamento nei casi in cui la sofferenza materna, talvolta depressiva, è molto elevata, e/o ilbambino ha limitate capacità di investire il caregiver. Rientrano tra i disturbi precoci le gravissimeanoressie da ospitalismo, che possono portare a marasma e alla morte quando il bambino vieneseparato dal suo ambiente senza adeguata assistenza sostitutiva. Più tardi, in genere dopo i sei mesi, appaiono le anoressie da opposizione, che producono unmarcato conflitto e una forte aggressività nei genitori. Questa aggressività viene spesso camuffatacon rituali molto complessi al momento dell’alimentazione. Durante l’adolescenza la perversionedella funzione come scollegamento tra bisogno e soddisfazione attraverso il cibo può ripresentarsinella grave forma dell’anoressia mentale, che sempre più implica una perversione delle relazionicon le persone più a stretto contatto, e del disturbo dell’identità, anche di genere.

Le anoressie mentali adolescenziali, prevalentemente femminili, non sono disturbi della funzionespecifica, ma patologie che sono state definite sia come psicosi monosintomatiche, sia come formeisteriche, sia come espressione della fase depressiva di una sindrome bipolare. Il quadro clinico ècaratterizzato da un rifiuto alimentare, da una perdita di peso che è per lo meno del 15%, daun’alterazione dell’immagine corporea, da amenorrea e iperattività. Successivamente è semprepresente l’abuso di lassativi e di diuretici, il vomito autoindotto, in particolare dopo le crisibulimiche ricorrenti e l’instaurarsi di relazioni altamente manipolative rispetto a tutti coloro checercano di opporsi alla emancipazione.

Disturbi del controllo sfinterico:

Si può cominciare a parlare di disturbi del controllo sfinterico, cioè di enuresi, encopresi e stipsipsicogene, solo a partire dall’età di 4 anni, poiché prima di allora la funzione del controllo sfintericoè normalmente in via di maturazione per l’effetto combinato di fattori evolutivi individuali ededucativi.L’enuresi si distingue in diurna e notturna, primaria e secondaria (a seconda che insorga dopo unperiodo di acquisizione del controllo della funzione o che invece prolunghi l’incontinenza dellaprima infanzia). L’enuresi diurna è meno frequente, e più problematica, poiché segnala unadifficoltà del soggetto, in stato di coscienza, a percepire lo stimolo, a trattenere la minzione e aprogrammare le azioni necessarie (interrompere l’attività, andare in bagno). La difficoltà puòtrovarsi a diversi livelli, da quello percettivo-attentivo a quello motorio-muscolare, a quellovolitivo, a quello dell’accettazione delle regole sociali.La stipsi psicogena (da distinguere da quella organica) è caratterizzata dal trattenere per giorno lefeci, come modalità stabile nel tempo, in modo più o meno volontario e cosciente.Più frequente nell’infanzia è l’associazione di stipsi ed encopresi, cioè l’encopresi retentiva, che siha quando un bambino resiste alla funzione, e si sporca ogni volta un po’, per traboccamento(l’encopresi in questi casi si definisce minima). Spesso segnala un conflitto o tra il bambino e ilcaregiver, per opposizione ad un’educazione rigida o incoerente, o interno al bambino, per isignificati inconsci che assumono per lui le feci o l’atto del defecare (forma di conversione), o per lapaura di defecare (forma fobica, spesso secondaria ad esperienze transitorie di dolore a defecare pereventi di tipo pediatrico).

Dopo i 7-8 anni l’encopresi, specialmente quella totale, assume un significato psicopatologico piùgrave: da segnale di carenze socioambientali gravi a sintomo di disturbo del comportamento, o didisturbo emozionale grave, fino al disturbo di personalità e a segnale di iniziali forme psicotiche.

I disturbi del sonno:

Nella classificazione 0-3 sono posti tra le diagnosi primarie del I asse. Infatti sono un motivo tra ipiù frequenti di accesso ai servizi nella prima infanzia, sia perché modalità consona al bambinopiccolo di espressione del disagio, sia perché disturbanti per l’entourage.

La scomparsa del sonno pomeridiano di solito è influenzata dalla scolarità primaria, verso i 3-4anni. La funzione materna di paraeccitazione permette al bambino (ad eccezione del prematuro ed

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immaturo) di prendere sonno anche in situazioni rumorose o stressanti, pur con differenzeindividuali. Poiché la regolazione del sonno nei primi tempi è una funzione omeostatica duale, lostato psichico della madre ha una profonda influenza sul sonno del bambino.

La distinzione tra normalità e patologia è sottile e spesso solo quantitativa; il sonno infatti è unafunzione perturbabile da parte di fattori diversi:

somatici: ipereccitabilità, coliche, dentizione, disturbi fisici; ambientali: eccessi o carenze di stimolazione, cambiamenti di ambiente; psicologico-relazionali: ripresa del lavoro da parte della madre, cambiamenti

nell’accudimento, conflitti familiari.

Premettiamo che severe insonnie nel primo o nel secondo semestre segnala un grave disturbo dellaregolazione e della relazione con il caregiver, talora prodromo di disturbi dello sviluppo estesi adaltre funzioni o di altre patologie, per l’importanza del sonno come organizzatore precoce dellamente, della ritmicità degli scambi, e come segnalatore di alterazioni profonde del benesserepsicosomatico. Disturbi dei ritmi di sonno, come nelle organizzazioni o inversioni giorno-notte (lecosiddette inversioni nictemerali), sono legati a problemi fisici o dell’ambiente primario(trascuratezza o incostanza, carenza o eccesso di stimolazioni, ecc). Distinguiamo disturbi diaddormentamento, disturbi durante il sonno, insonnia e ipersonnia. Certi bambini hanno bisogno per dormire di un aggrappamento fisico al corpo di un genitore, inmancanza di un oggetto transizionali, denotando una lacuna evolutiva del processo di separazione-individuazione.In generale i genitori di bambini con disturbi del sonno sono vittime di circoli viziosi, “circuitiinterattivi sintomatici, per cui spesso perdono la capacità di tranquillizzare il bambino, e cercanonella sostanza calmante la panacea che metta fine alla loro fatica. Disturbi del sonno specifici, cioènon connessi ad altre patologie prevalenti (esordio di patologie d’ansia o psicotiche), in adolescenzasono collegati a periodi di studio, esami, relazioni affettive o altre esperienze ansiogene.

Disfunzioni sessuali non causate da sindromi o malattie organiche:

La sessualità rappresenta un sistema motivazionale di base che si interseca con lo sviluppo di tuttele altre istanze, dando luogo a caratteristiche permanenti del soggetto nel momento della sua entratain età adulta. Molto importante è tutto il mondo fantasmagorico e rappresentativo di un individuorispetto al proprio corpo sessuato, alle proprie capacità di attore della sessualità e di possibiledesiderato oggetto della sessualità altrui.I servizi per l’età evolutiva si trovano ad essere confrontati con problematiche che attinenti alla sferasessuale principalmente riguardano:

disturbi dell’identità di genere: già a partire dai 3-4 anni, in cui il bambino manifestainteressi e scelte del comportamento e abbigliamento opposte a quelle del proprio generefisico;

comportamenti atipici: attinenti a questa sfera quali masturbazione coatta, particolari giochisessuali,ecc. Anche queste manifestazioni fanno in genere la loro pira comparsa nel corsodella scuola materna;

abusi sessuali: commessi o subiti; angosce e paure: legate di volta in volta al corpo, alle proprie capacità di prestazione e

relazione sessuale, all’accesso al rapporto interpersonale, alle conseguenze derivanti dainterventi manipolatori o chirurgici specie se in età particolarmente critiche, come la secondainfanzia e la preadolescenza.

Discorso a parte meritano i disturbi della sessualità: i genitori si preoccupano dell’identità digenere: per anni si arrovellano intorno al problema e arrivano ai servizi spesso alla fine della latenzacon gravissime crisi di angoscia, mentre l’arrivo dell’adolescente ai servizi per un problema

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sessuale è in generale foriero di un esordio di patologie gravi o di scelte di vita irreversibili.Infine gli abusi di sostanze che non provocano dipendenza sono rilevanti in quanto il loro utilizzo èin aumento tra gli adolescenti, e spesso costituiscono un campanello d’allarme rispetto aproblematiche più gravi e ancora sotto controllo.

SINDROMI E DISTURBI COMPORTAMENTALI ED EMOZIONALI

CON ESORDIO NELL’INFANZIA E NELL’ADOLESCENZA:

Le sindromi ipercinetiche (o “deficit dell’attenzione”):

Si tratta di sindromi caratterizzate dalla presenza di un comportamento iperattivo, scarsamentemodulato, con una marcata in attenzione e una mancanza di perseveranza nell’esecuzione di uncompito, la presenza di diverse situazioni e la persistenza nel tempo di queste caratteristichecomportamentali, insorte precocemente. Questa patologia sembra fatta apposta per il DSM:probabili anomalie costituzionali, comportamento osservabile da chiunque ed in particolare dagliinsegnanti, nessuna rispondenza apparente tra comportamento e mondo interno, in quanto, dopoessere stata attribuita a un danno cerebrale minimo (MBD, Minimal Brain Damage) senzasufficienti riscontri strumentali, è stata attribuita a una disfunzione cerebrale minima (MBD,Minimal Brain Disfunction), ancor oggi spesso nominata, per poi essere collegata ad un disturboprimitivo dell’attenzione.

Questi soggetti vivono in una tensione costante inappagabile e in uno stato di carenza internapsicofisica (“cervello stanco” dicono, come se ci fosse un problema di energia a disposizione dellamente). Se si mettono a studiare si sfiniscono e si muovono per alimentarsi. L’azione li contiene, ilmovimento li unifica, in mancanza di un ambiente che riesca a farlo più validamente. Chiedonoattenzione costante, ottengono attenzione distratta e cose concrete.

Se prendiamo la sintomatologia dell’ICD o del DSM, vi sono gli elementi perché possano rientrarenella categoria quei bambini che sopportano male le costrizioni scolastiche, soprattutto se insensate,i bambini sani a cui piace muoversi, visto che la tolleranza al movimento non è particolarmentepraticata nella scuola, e i bambini che si stancano di fronte a compiti noiosi, quali purtroppo siamosempre di più costretti a dare in un mondo sempre più ricco di stimolazioni diverse.Sono presenti due forme di iperattivi:

1. gli iperattivi con disturbo dell’attenzione (DDAI, disturbo da deficit diattenzione/iperattività) fin dalla prima infanzia, che hanno spesso anche evidenti difficoltà acarico di altre funzioni, di volta in volta linguaggio, prassie o gnosie.

2. gli iperattivi che non hanno disturbi specifici o aspecifici di funzione, o comunque non cosìmarcati, più vicini nel decorso al disturbo di condotta, senza che il loro disturbo si esauriscain questo né gli sia sovrapponibile. La base è spesso prevalentemente relazionale; il disturboinfluisce sugli aspetti neurologici e psicologici della regolazione; la mancata latentizzazione,in età scolare, è un equivalente del mancato processo di organizzazione/integrazione dellefunzioni.

La riabilitazione fa leva sul contenimento della motricità e dell’attenzione tramite programmi bendefiniti nel tempo, nelle persone presenti e nella quantità del materiale utilizzato, ma fa levasoprattutto sull’appoggio dato agli adulti che vivono momento per momento col bambino peraiutarli ad assorbire e metabolizzare l’aggressività che nasce dal loro comportamento e che puòscatenare forti reazioni anche nel gruppo dei pari.

Disturbi della condotta:

Secondo l’ICD-10 i disturbi della condotta sono caratterizzati da una modalità ripetitiva epersistente di condotta antisociale aggressiva o provocatoria. Tale comportamento, quando

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raggiunge il suo estremo per quel determinato individuo, deve condurre a rilevanti violazioni delleaspettative sociali in rapporto all’età.

L’emergenza di tali problematiche è spesso legata a una collusione tra un minore che ha difficoltà araggiungere una propria autonomia di regolazione ed un ambiente caratterizzato di volta in volta dadifficoltà nel dare regole e farle osservare in maniera continuativa, da trascuratezza, da intensalitigiosità, da maltrattamenti ed abusi e da discontinuità degli affetti. In molti di questi casi ilbambino ha necessità di assumere comportamenti oppositivi e aggressivi persistenti per difendersi esopravvivere, creandosi una immagine di sé megalomanica fondamentalmente basata su unadepressione latente.Questo disturbo può trovarsi sia in soggetti con un’organizzazione dell’attaccamento sul versantedell’evitamento, sia in altro modo seduttivi ma incapaci di permanere nella relazione positiva.Dobbiamo distinguere il disturbo della condotta sia dal disturbo oppositivo-provocatorio, sia dallainstabilità psicomotoria, sia ancora dai disturbi del comportamento legati a problematichedepressive (disturbo misto della condotta e della sfera emozionale). In particolare questi ultimiricoprono un posto importante in età evolutiva e hanno alla base una paura della perdita edell’abbandono che scatena reattivamente forme aggressive, le quali hanno il valore di una domandaaffettiva. Ne sono un esempio i furti che compaiono quando si instaura un legame affettivoparticolare. Manifestazioni di disturbo della condotta di gruppo sono collegabili al fenomeno dellebande, che ha un valore coesivo e integrativo identitario contro la cultura adulta, o al fenomeno delbullismo.

Evoluzione sintomatica e comportamentale:Nell’età 0-3 anni ritroviamo sintomi che spesso risultano precursori di un ulteriore sviluppo inquesto tipo di sindrome, che possono riguardare soprattutto sonno, organizzazione motoria, disturbodel linguaggio e comportamento oppositivo, in genere una relazione arrabbiata-ostile, spesso manon solo in contesti trascuranti, maltrattanti o di abuso.Nell’età 4-11 anni il quadro presenta sintomatologie più differenziate, tra cui spesso ritroviamodisturbi del controllo sfinterico, comportamenti fortemente oppositivi, disturbo del linguaggio edell’apprendimento, e un permanere della relazione arrabbiata-ostile e maltrattante.Nel periodo 12-18 anni questo tipo di quadro assume caratteristiche definitive e più univoche especializzate, esprimendosi in comportamenti spesso pesantemente dissociali, se non delinquenziali.Dal punto di vista dell’apprendimento, in questa fase ci possono essere recuperi importanti, legati alfatto che la sindrome non compromette i processi cognitivi e di pensiero, i quali possono essere anzimessi utilmente al servizio del raggiungimento di scopi leciti e illeciti.

Nella diagnosi differenziale bisogna distinguere la iperattività dai disturbi della condotta, e tra idisturbi della condotta bisogna distinguere quelli depressivi con prognosi in cui permane il quadrodepressivo da quelli non depressivi con prognosi verso un disturbo antisociale, in quanto sononotevolmente differenti sia l’approccio al paziente, sia soprattutto l’aiuto da dare alla famiglia.

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SINDROMI NEVROTICHE LEGATE A STRESS E SOMATOFORMI:

Un tempo si faceva riferimento alla nevrosi come struttura in cui nel suo sviluppo il bambino ègiunta a una completa individuazione e a un ampia capacità di padroneggiare le esperienze diseparazione, ha per lo meno iniziato il complesso edipico con la capacità di triangolazione, diidentificazione e di elaborazione di conflitti interni, di abbozzo di un Super-Io, presenta distinzionefra fantasia e realtà, angosce focalizzate e difese più evolute (rimozione, formazione reattiva,sublimazione, razionalizzazione, ecc.); oggi le classificazioni ICD-10 fanno piuttosto riferimentoalle sindromi o ai sintomi nevrotici.Esse comprendono le sindromi fobiche e ansiose, le sindromi ossessivo-compulsive, quelledissociative da conversione, le reazioni a gravi stress, le sindromi da disadattamento, le sindromisomatoformi, le sindromi da depersonalizzazione-derealizzazione e le nevrastenie.Prototipo di un meccanismo di difesa indispensabile ai fini dello sviluppo è la inibizione: essenziale

per la regolazione nervosa in quanto contrapposta all’eccitazione, per la selezione deicomportamenti, per lo sviluppo del pensiero.Un’altra importante sottocategoria ricompressa nelle sindromi nevrotiche è quella costituita dallereazioni a eventi traumatici (si definisce “trauma” un evento improvviso, che induce terrore edimpotenza, per cui le normali barriere difensive non sono più efficaci). Si distinguono reazioni acutea stress eccezionali, che durano poche ore e sono immediatamente successive all’evento stesso, eche si esprimono con amnesie circoscritte, obnubilamento della coscienza, fuga, ansia, irritabilità,ecc., e reazioni che hanno durata maggiore, ma che comunque si risolvono entro 6 mesi dalverificarsi del trauma. I traumi singoli, detti traumi di tipo I, si esprimono prevalentemente insintomi di reviviscenza e attivazione; i traumi multipli e/o prolungati (traumi di tipo II) simanifestano invece in modalità in cui dominano i sintomi di evitamento e intorpidimento.Nelle sindromi da disadattamento, invece, l’evento scatenante non è di portata tale da giustificare lareazione del soggetto, che avviene anche in modo non immediato e che si traduce in forme diverse,a versante depressivo, ansioso o comportamentale, ma comunque tali da risolversi nel giro di alcunimesi senza produrre modificazioni significative e stabili della personalità.Oggi ci troviamo ad affrontare situazioni post-traumatiche da stress conseguenti ad eventi collettivi,quali guerre, a fenomeni naturali quali terremoti, ecc., o ad abusi e maltrattamenti con un impattopiù grave se intrafamiliare.Un ulteriore capitolo rientrante in questo gruppo delle sindromi nevrotiche è costituito dallesindromi somatoformi, che si caratterizzano per la presenza prolungata di espressioni di patologie alivello somatico a carico di diversi apparati (gastro-intestinale, cardio-vascolare, genito-urinario,cutaneo), con o senza preoccupazioni associate per il proprio stato di salute che risultano massimenella sindrome ipocondriaca.In adolescenza acquistano importanza marcata anche i disturbi di depersonalizzazione ederealizzazione, non infrequenti nelle crisi evolutive, in cui il rapido abbandono dell’identificazionecon le figure genitoriale in nome di investimenti massicci su figure del mondo esterno o per effettodella mancanza di figure identificatorie sostitutive crea vuoti nella coscienza di sé che si possonomanifestare sia a livello corporeo che nel rapporto col mondo esterno.Per capire il funzionamento psicosomatico dobbiamo guardare il bambino, che è per sua naturapsicosomatico, se intendiamo con questa parola “ciò che attiene al corpo in quanto persona”.Occorre distinguere la patologia funzionale da quella dell’organo. La prima spesso è collegata alsovraccarico di eccitazione, che altera funzioni quali il sonno o la digestione, o allaconflittualizzazione, che porta il bambino ad affermare il proprio controllo su di sé tramiteun’opposizione: pensiamo alle anoressie del secondo semestre o del secondo anno, alle stipsivolontarie, al laringospasmo (nel quale si blocca volontariamente il respiro per perdere coscienza).

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Fra le patologie d’organo troviamo ad esempio la colite ulcerosa, la dermatite atopica, le infezioniripetute, l’asma, ecc.

IL CORPO E LA MENTE TRA VULNERABILITA’, RISCHIO, RESILIENZA E TRAUMA:

Nel processo evolutivo si assiste al passaggio dal corpo come organismo al corpo come schemacorporeo, cioè come funzione-rappresentazione unica ed irripetibile dell’individuo stesso nella suapostura e nel suo movimento. Questa rappresentazione, fin dall’inizio e durante tutta la vita, èbasata su informazioni propriopercettive e cenestesiche che la modificano momento per momento eche permettono alla persona di sentire e di portare allo stato di coscienza, quando lo desidera o neha la necessità.Come tutte le funzioni-rappresentazioni, ed in particolare quelle che riguardano il corpo, essa puòessere distorta nel corso dello sviluppo, non solo per problemi organici ma anche per le alterazionidell’interazione col caregiver o comunque con l’altro, che partecipa nel determinare la completezzae/o l’esclusione di parti, gli spazi attuali e potenziali ed i confini.Ancora di più risentono delle interazioni la rappresentazione e la funzione unificante dell’immaginecorporea, sintesi di vissuti e veicolo di significati e valori, attribuiti al Sé corporeo del soggetto edegli altri nel loro continuo scambio. Durante lo sviluppo, le diverse rappresentazioni siorganizzano nella formazione della mente come insieme delle attività psichiche di una dinamicaaffettivo-relazionale che ne determina contenuti e forma. Il cervello costituisce il supporto biologicodell’organizzazione più complessa della mente.

In realtà mente e corpo sono talmente embricati tra loro durante tutto l’arco della vita che lo studiodella psicopatologia sta sempre più diventando lo studio dell’individuo globale nel suo ambiente.L’inizio, il decorso e la guarigione delle malattie organiche e psichiche costituiscono due facce diuna stessa medaglia che concorrono al livello di benessere fisico-psichico-sociale dell’individuo(termine questo ultimo con cui l’OMS definisce lo stato di salute).

Intorno all’anno di vita si evidenzia la capacità di rendersi conto dello stato della mente dell’altroche si esprime sia nella ricerca di approvazione attraverso il referencing, sia nel coinvolgimento delcaregiver in attività piacevoli come può essere quella dell’alimentazione, cercando di imboccarlo, edando luogo ad una coscienza di sé non solo come agente rispetto al mondo esterno per quanto lodesidera, ma anche come agente di soddisfazione per i bisogni dell’altro e soggetto di un processo diidentificazione.

Più tardi e gradualmente durante tutta l’infanzia vi è il passaggio dal vissuto del corpo che si è alcorpo che si ha. Poi durante l’adolescenza, si arriva alla difficile integrazione di un corpo che siimpara ad usare nelle funzioni che fino a quel momento erano state solo dei genitori, cambiandomisure, forme e tipo di piacere, ed acquisendo la funzione generatrice fondamentale per laconservazione della specie e per la soddisfazione sessuale e genitale.

In tutti questi passaggi tra corpo e mente le diacronie dovute a situazioni organiche subentrate e/orelazioni col contesto sono comuni e possono essere espresse sotto forma di disturbi delle funzioni,o come alterazioni sensoriali (per esempio di tipo ipocondriaco), o con ogni altro tipo dipsicopatologia delle funzioni (alimentari, del sonno, del controllo sfinterico, dell’organizzazionesensomotoria, cognitiva od affettiva, oppure della memoria, del linguaggio, della mentalizzazione,della narrazione, della metacognizione e della coscienza). Alcune distorsioni sono temporanee e spariscono spontaneamente, altre permangono e vanno acostituire i disturbi specifici delle funzioni, in assenza di altri aspetti psicopatologici. Altredistorsioni rappresentano invece disturbi delle funzioni, che talvolta caratterizzano la sindrome: cosìaccade, per esempio con l’alterazione della funzione alimentare nell’anoressia o della bulimia,laddove nella depressione la medesima alterazione diventa sintomo secondario.La relazione mente-corpo è costantemente in cambiamento, condizionata da una base genetica-

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biologica che presenta momento per momento un impatto diverso sullo sviluppo delle funzionidell’individuo a seconda delle condizioni ambientali. Il benessere, lo sviluppo e la psicopatologiasono influenzati dalla dinamica delle diverse componenti. Osserviamo attraverso la clinica e glistudi longitudinali che esistono dei bambini che di fronte alle stesse situazioni ambientali hannocapacità maggiori o minori di sviluppare una psicopatologia: in questo caso si parla di “bambinivulnerabili” o “invulnerabili”.La vulnerabilità come minore resistenza a tutto ciò che può nuocere e alle aggressioni è in continuo

cambiamento ed è un concetto clinico qualitativo: può essere definitiva o temporanea, immediata odifferita, e riguardare tutto l’individuo o solo alcuni suoi aspetti; vi sono una soglia e un livello divulnerabilità che rappresentano la risultante di fattori genetici ed ambientali incorporatinell’individuo che ne costituiscono e competenze. La nozione di invulnerabilità ed i bambiniinvulnerabili fanno pensare a meccanismi più rigidi, che permettono al minore di costruirsi unamuraglia intorno con cui resistere alle avversità, una difesa ad oltranza che è bene metta sempresull’avviso di quali possono essere i bisogni nascosti, non raramente molto importanti e passibili diimprovvisi scompensi.

Si cerca di evitare l’insorgenza della psicopatologia o, per lo meno, di limitarne la gravità,mettendo in atto misure che riducano i fattori di rischio e rilevando gli indicatori precoci dipatologia. I fattori di rischio rispetto al verificarsi di una possibile patologia ci danno la percentualein cui la patologia può presentarsi in una data popolazione. Gli indicatori precoci di patologia inveceimplicano una presa in carico da individuare caso per caso. I fattori di rischio possono esserecollegati al bambino e/o all’ambiente. Tra i fattori legati al bambino si ricordano:

resilienza traumatismo

La resilienza è la capacità di resistere ai fattori negativi e di stress fino a compiere una metamorfosidel dolore fisico e psichico sofferto nei duri percorsi in terapia intensiva neonatale senza supportogenitoriale (si parla di effetto-farfalla). La nascita prematura, al tempo stesso fattore di rischio etrauma per il bambino e per il genitore, può trasformarsi in traumatismo, cioè nel significatopsichico del trauma, nel tempo e nelle relazioni, che dipende dalle risorse precedenti e attuali,interne ed esterne.

Fattori di resilienza propri del bambino o attivati tramite l’aiuto dell’adulto sono: la messa in scena dell’avvenimento traumatico, padroneggiando nel tempo la forma che

può prendere la narrazione; lo sviluppo di senso di colpa e di attività riparative, che ristabiliscono un rapporto più

bilanciato tra attività-passività, potenza-impotenza; le modalità con cui gli altri accolgono l’evento, la sua pensabilità e narrabilità; la capacità di farsi un’idea dell’agente del trauma e la costruzione di una spiegazione; particolari stili di attaccamento; il senso di reintegrazione sociale; tutte le variabili legate all’ambiente, al tipo di trauma alle teorie del mondo presenti nel

bambino e nella famiglia; la condivisione con gli altri se il trauma è collettivo; se il trauma è inferto da cause naturali anziché umane; se la figura di attaccamento è protettiva e non essa stessa colpevole o vittima.

Particolari tipi di trauma sono i maltrattamenti, spesso subiti da parte delle stesse persone chedovrebbero assicurare la protezione del bambino e, come tali, particolarmente incidenti su tuttoquanto l’equilibrio personale e relazionale del minore.Gli indicatori, cioè i segnali per la decodifica del maltrattamento e dell’abuso, spesso tenuti segretiper paura di un peggioramento della situazione, possono essere:

1. fisici: lividi, bruciature, ferite non curate, fratture, segni di stupro, gravi carenzeimmunitarie, malnutrizione, scarsa igiene, incidenti ripetuti, problemi dentari..;

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2. comportamentali-relazionali: compiacenza eccessiva, alterazione della fame in eccesso ocarenza, alterata frequenza scolastica, eccessiva o scarsa preoccupazione per l’ordine e lapulizia, enuresi, negativa immagine di sé, masturbazione compulsava, depressione,isolamento…

L’abuso è stato classificato come: abuso sessuale maltrattamento fisico e psicologico patologia delle cure

L’ultima si differenzia in: incuria (carenza) discuria (cure distorte o inappropriate all’età) ipercura (eccesso o sproporzione)

L’ipercura può essere intesa a sua volta come:1. sindrome di Munchhausen per procura: designa le madri che provocano gravi

malattie al figlio, la descrivono al personale sanitario in modo da indurre unasituazione di allarmatale per cui il bambino riceve quantità inaudite di esami,sino a subire talvolta ripetuti interventi chirurgici;

2. abuso di farmaci;3. doctor shopping: senza simulazione di malattia, ma alla ricerca di un sostegno.

L'educatore speciale nel paese delle meraviglie:

In ambito educativo la nostra società impone dei diritti e doveri da rispettare, che a livellointernazionale dovrebbero essere salvaguardati da enti appositamente creati per la tutela e la

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supervisione degli stessi. Nel caso dei minori si ricordano i diritti all’istruzione, al pieno sviluppo disé, il diritto ad avere un nome, una cittadinanza, ecc.

La società sembra però essere contraddittoria e “schizofrenica” riguardo alle tematichedell’educazione: i diritti delle persone diversamente abili sembrano rientrare in una categoria di“serie B” e in molti casi queste persone si ritrovano sole a combattere contro ciò che spetterebbeloro.

Purtroppo anche la scienza è succube alla cultura globale, per cui sono limitate le ricerche che siinteressano di malattie rare (o “orfane”), soprattutto per interessi economici. L’ottica della scienza èquella di generalizzare: non si è in grado, nel ventunesimo secolo, di accettare l’unicità el’irripetibilità di ogni persona.

Ogni uomo ha sì in comune con gli altri alcuni interessi, alcuni diritti, alcune filosofie di vite ecc.,ma è anche vero che ogni uomo ha delle potenzialità che non si possono equiparare agli altri:qualsiasi confronto sarebbe insensato.

Così è per le persone disabili….il loro mondo è incomprensibile se guardato nell’ottica della societàcontemporanea. Le loro ricchezze si gustano solo avendo il coraggio di chiedere il permesso perentrare nel loro mondo.

L’uomo d’oggi fa esperienza di molte paure, di stress, di fobie, di ansia e solitudine, di nevrosi eossessioni: molti affermano che ciò dipende dalla mancanza di amore. Se così fosse ciò significache il compito dell’educazione consiste nel ridare fiducia e amore alle nuove generazioni. Questoimplica innanzitutto che l’educatore stesso abbia alcune qualità tra cui la generosità disinteressata,la voglia di crescere e vivere serenamente, la capacità di apprendere da tutto e da tutti, l’ottimismograzie al quale si possono vedere aspetti positivi anche in un mondo o in un ambienteprevalentemente negativo.

Anche i soggetti affetti da autismo fanno esperienza di paure, ansie e solitudine; come ogni essereumano riflettono sulla propria persona le singolari potenzialità, qualità e limiti. Nel casodell'autistico la realtà è colta raffinatamente in modo diverso. “Diverso” nel senso che tutto è vistoin prospettiva della propria solitudine, paura, angoscia; sembra che il mondo esterno sia visto perciò che è: un mondo contraddittorio e complesso.

Chi conosce se stesso, dovrebbe conoscere anche i propri difetti, le proprie paure, i ricordi dolorosi,l’odio e il disprezzo verso altre persone ecc. L’uomo “normale” evita questa comunicazione con ilproprio mondo oscuro con tecniche diverse: il tempo libero non coincide mai con una pausa diriflessione; la fretta di sperimentare e comprare le ultime novità sono fughe da sé.

Ma se ci pensate bene tutte le persone si creano un loro mondo. Ci sono azioni inconsce cheamiamo ripetere quotidianamente per evitare di dialogare con la paura e con la nostra interiorità: c’èchi fuma, chi si gratta, chi mangia, chi dorme, chi scrive, chi corre…ogni uomo ha delle coazioni edelle stereotipie. Il diversamente abile manifesta in modo realista alcuni comportamenti che nellasocietà globale viene mascherato con etichette diverse. Uno scrittore non è considerato un folleperché esterna in modo educato i suoi incubi peggiori e le sue paure più profonde e perverse. Unautistico che grida dalla disperazione è considerato un soggetto pericoloso, un pazzo fastidioso.Solo poche persone gridano e piangono quando sono tristi e ridono e saltano quando sono felici. Lepersone “normali” mascherano addirittura i loro sentimenti: i pranzi di natale rendono tutti ifamiliari degli animali travestiti di conformismo e maleodorante educazione; i “buongiorno” falsigettati ogni mattina addosso ai propri colleghi sono esperienze di routine, ecc.

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Come i soggetti disabili ci difendiamo dietro azioni ripetitive che ci rilassano, azioni che ci dannoun senso di sicurezza. Sì, è proprio la sicurezza che manca al disabile. Egli ha paura di vivere nelnostro mondo “normale”; egli rifiuta di mascherare i propri sentimenti; egli rifiuta la routine e icomportamenti insensibili; egli rifiuta la tecnologia e il progresso alienante.

Il disabile, e il soggetto con autismo, è lo specchio della nostra società: in lui vediamo enascondiamo le nostre paure, il nostro orrore per la diversità e l’anticonformismo; in lui proiettiamola compassione e la pietà. Ma loro fanno lo stesso con noi: hanno pietà e compassione per il nostrostile di vita e i nostri comportamenti. Tuttavia è una pietà più rispettosa la loro; essi, infatti, nonaccusano ma si auto-accusano, non aggrediscono ma fa violenza su se stesso, non parlano per nonoffendere, ecc.

Così spesso la persona affetta da autismo è sola a se stesso, è sola con le sue paure e le sue gioie.Essa non riesce a fidarsi di nessuno proprio perché è convinto che nessuno può conoscerlo per ciòche è, nessuno può conoscere in modo perfetto il suo mondo.

Il compito dell’educatore è quello allora di chiedere il permesso al soggetto per entrare nel suo“mondo delle meraviglie”. Come nell’opera Alice nel paese delle meraviglie l’educatore deve avereil coraggio di Alice che, entrando nel mondo dei sogni, riesce a vedere un mondo fantastico dove iprincipi sociali e morali sono diversi. I sentimenti, i personaggi, le paure che governano il mondodel disabile sono creati dallo stesso soggetto proprio per evadere dalla realtà. Essi vivonoperennemente in un mondo onirico: il problema è che spesso non sono coscienti del fatto che quelmondo, visto dall’ottica della normalità, è un universo anticonformista, per cui da condannare e daevitare.

L’educatore professionale ha dunque dei compiti molto difficili se si occupa di disturbi riguardanti ilcomportamento e la compromissione dell’approccio con la realtà: egli deve cercare di entrare nella“visione” del soggetto per poi interagire con i suoi sentimenti. È necessario un carattere aperto allanovità e alla stravaganza per poter accettare, senza mai criticare, tutto ciò che nel mondo dellemeraviglie esiste. L’adulto per prima cosa dovrebbe cercare di entrare in questo mondo fantasticoper prendere atto degli oggetti e dei sentimenti che in esso si muovono. Successivamente dovrebberendere cosciente l’educando di ciò che si è creato per fuggire dalla realtà: occorre dare i nomi atutto ciò che è presente nell’universo. Un passo ulteriore è quello di condividere esperienze esentimenti col soggetto stesso per cercare di creare in lui quel sentimento di socialità che nascesoprattutto dalla fiducia e dall’amore. Il caso della comunicazione assistita parte proprio dalpresupposto della fiducia.

Theo Peeters, un autore che si occupa di autismo infantile, dice che gli educatori con gli autisticispesso agiscono come il mito di Procuste: questi era un ladro che obbligava i viaggiatori a sdraiarsisu un letto e adattandoli ad esso: quindi non adattare il letto a loro ma il contrario”.

È ciò che succede oggi: la “normalità” è messa in discussione dalla normalità degli autistici , deidiversamente abili, dagli artisti, dai poeti, ecc.

Probabilmente la “normalità” è una forma comune di stereotipia!!!!!! Occorre vedere per chi questastereotipia è motivata e valida e per chi invece non è adatta. Gli autistici rifiutano le nostrestereotipie: trovano in altri modi ( e quindi creano diverse vie per fuggire dallo stress, cioè sonocreatori) qualcosa che li faccia sentire più sereni e tranquilli. Le urla sono le loro sigarette; glischiaffi autolesionistici sono il nostro mordersi le unghie; e così via….

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Gli educatori non devono capire né spiegare…devono solo “vivere” in loro!. Con le persone disabilinon si può barare né coi sentimenti né con la professionalità: essi se ne accorgerebbero subito eadotterebbero tutte le loro armi per cercare di distruggerli e allontanarli.

La cosa grave non è essere in un certo modo,

ma essere sempre considerati in quel modo.

(Elias Canetti)

Pregiudizio e discriminazioni del diverso:

Tutta l'esperienza formativa di ciascun essere umano è costantemente attraversata e costellata dacontinue presenze dell'altro.

Le relazioni interpersonali sono di fatto una "galleria di volti" che irrompono nel nostro spaziovitale e ai quali rispondiamo in forme differenti e a ciascuno, a suo modo, in forma singolare.Entrare in relazione con l'altro innegabilmente vuol dire entrare in contatto con un'altra identità, cioècon qualcuno che è "diverso" da me. E attraverso questo gesto, oltre a sviluppare maggiorecoscienza della mia identità, io posso diventare più ricco, grazie all'alterità riconosciuta di fronte ame.

Eppure a volte, a livello sociale (ed anche educativo) si cerca di annullare la "diversità" che ci rendetutti così meravigliosamente unici; si tende a lavorare più sul collettivo che sull'individuo, a creareuniversi omologati, comunità di simili dove il singolo si deve identificare con il gruppo e la pluralitàdei soggetti non sempre viene rispettata. Così l'"alterità" e la "diversità" vengono attribuite non aciascun individuo in quanto essere differente da un altro, ma solo ad alcuni che presentano"particolari caratteristiche" che li rendono dissimili rispetto all'omologazione dei gruppo. Ed èproprio per questo che la presenza dei cosiddetto "diverso" nella società come a scuola generaconflitti, mette in crisi il normale funzionamento dei sistema e condiziona in modo forte laformazione e la crescita dei singoli, tanto più se si tratta di bambini e/o adolescenti.

La "diversità" è cioè spesso vista in chiave negativa, come "minaccia" della propria identità e perquesto la presenza dei "diverso" frequentemente genera sentimenti di paura, ansia, sospetto. Bastipensare a quanto la presenza di alunni stranieri o di portatori di handicap o dei cosiddetti alunnidifficili abbia creato in passato ( e talvolta crei ancora) notevoli timori negli educatori e difficoltàrelazionali all'interno dei gruppo.

Se si riuscisse invece a percepire la "differenza" non come un limite alla comunicazione, ma comeun "valore", una "risorsa", un "diritto", l'incontro con l'altro potrebbe essere in certi casi anchescontro, ma non sarebbe mai discriminazione. E l'educazione diventerebbe scoperta e affermazionedella propria identità e, contemporaneamente, valorizzazione delle differenze.

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Invece è il pregiudizio, inteso proprio come giudizio superficiale non avvallato da fatti, ma daopinioni, il motore che a volte muove un po' le azioni e i comportamenti di tutti noi, condiziona lenostre relazioni sociali, ostacolando a volte appunto le opportunità di contatto, incontro,esplorazione, scoperta che sono i fondamenti dei rapporto con l'altro da sé.

Ma il pregiudizio non è innato, ha piuttosto il suo fondamento nelle influenze familiari, ambientali,sociali, e si struttura già dalla prima infanzia. Pertanto, se crediamo sia giusto cercare di limitare ilpiù possibile l'insorgere di pregiudizi, è fondamentale intervenire a livello scolastico, educativo,familiare per fare della diversità una vera ricchezza, un nuovo paradigma educativo e per stimolare ibambini e i ragazzi a pensare criticamente piuttosto che dir loro quello che devono pensare. Inquest'ottica uno dei compiti della scuola dovrebbe essere quello di educare alla differenza, all'altro,al diverso, per creare i presupposti di una cultura dell'accoglienza e per impedirel'omogeneizzazione culturale. "La nostra ricchezza collettiva è data dalla nostra diversità”. L'altro,come individuo o come gruppo, è prezioso nella misura in cui è dissimile. Oggi più che mai lascuola deve educare gli studenti a considerare il diverso non come un "pericolo" per la propriasicurezza, ma come "risorsa" per la crescita.

Tuttavia una vera pedagogia della differenza si esprime non certo in prediche e indottrinamenti, nécon tecniche di persuasione più o meno sofisticate, ma anzitutto sperimentando quotidianamente larealtà di una scuola come una "comunità di diversi", che non emargina chi non è "uguale" o chi nonè in grado di seguire il ritmo dei migliori.

E' chiaro che, perché tutto ciò avvenga, è necessario porre come elementi centrali della relazioneeducativa l'ascolto, il dialogo, la ricerca comune e l'utilizzo di metodologie attive e di tecniched'animazione in grado di sviluppare le capacità critiche di porsi delle domande, di imparare amettersi nei panni altrui, di attivare delle reti di discussione, di uscire dagli schemi, di essere creativie “divergenti".

All’interno di un discorso di pedagogia speciale si dovrebbe verificare un’apertura completa alladifferenza e all’alterità, proprio per il fatto che la pedagogia stessa è una scienza interdisciplinareaperta al dialogo con le altre discipline con cui opera.

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L’ANELLO DI MOEBIUS: UN ESEMPIO

Uomo: essere unico o duplice? Storia e filosofia (vari dualismi corpo/anima, ragione/fede,bene/male, spirito/corpo, malato/sano, ecc)

Se si guarda come anello di Moebius tutto è linearmente continuo e sullo stesso piano; gioie, dolori,sofferenze e storie di vita sono su un'unica dimensione); ogni colore ha un peso differente, ma ognicosa è sulla stessa superficie.

Perchè distinguere sempre la dimensione pulsionale da quella sistemica?

L'uomo è un unicuum di comportamenti ed emozioni

Anche le persone disabili hanno un filo di Arianna

La persona in educazione ha come finalità lo sviluppo armonico ed integrale....

Se non si vedono alcune “Ombre” non si può comprendere a fondo l'individualità di chi abbiamo difronte

La persona solitamente è vista come “esterno”, come apparenza ed esteriorità: vedi moda e culturadella bellezza

Si fa fatica ad entrare nell'individuo: ognuno ha la sua storia e i suoi vissuti, le sue paure e le suedelusioni

Definizione di “interno” ed “esterno” in educazione: condizioni e variabili infinite..

Qual'è il confine tra interno ed esterno?È necessario avere un confine? Non si può eliminarlo?

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La normalità è data da un sano confine tra interno ed esterno

In educazione il confine è da eliminare: la rappresentazione mentale dell'Altro come Personaimplica un approccio globale senza la differenziazione interno/esterno.

Questo confine è una “illusione cognitiva”, da distruggere

Si lavora in equipe per combattere la settorialità delle conoscenze (vedi luci anello)

ANELLO DI MÖBIUS: ridefinire il confine tra dentro e fuori

ANELLO: ridefinire il confine tra bidimensionale ed unidimensionale

MOEBIUS: un solo lato e un solo bordo, anche se razionalmente sembra un anello bidimensionalestorto.Andare oltre l'apparenza e l'esteriorità!!! tutto è sullo stesso piano: il comportamento è spesso lamaschera di noi stessi

L'interno e l'esterno scompaiono: o meglio, si uniscono e diventano tutt'uno con l'essenza (anello –uomo persona).

ZONE D'OMBRA: date dalla trasformazione (cambiamento culturale) della mezza rotazione delfoglio dell'anello

Differenti colori = diverse discipline

Diversi rettangoli dell'anello = differenti condizioni e/o variabili (umane, psicologiche, sociali, etc)

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IL BESTIA

Quando è nato, sotto una luna capovolta

La civetta ha urlato e la sua mamma è scappata

Mi ricordo che il cielo ha pianto per un mese

E la gente tremava in tutto il paese.

Suo padre era un fantasma e non è mai comparso

Suo zio “polentauncia” era sempre ubriaco fradicio

Suo nonno selvatico l’ha fatto diventare grande

Con in mano un falcetto e senza mutande.

Per tutta la gente normale e anche per i signori

Il suo nome era il Bestia, castigo del signore

Figlio di un temporale e di una stella fatta a pezzi

Ti tagliava il collo come fare uno sputo.

La sua faccia faceva paura ai serpenti

E se lo incrociavi c’era poco da stare allegri

Era come un diavolo venuto dalla montagna

Aveva proprio gli occhi del lupo quando morde.

Viaggiava nella neve sulla faccia dell’inverno

Veniva giù dal monte e portava con sé l’inferno

Era sempre sporco e vestito con un sacco

Era il Bestia, bestia grama il suo falcetto non era mai stanco.

Per tutta la gente….

Un giorno al lavatoio si specchiava in un secchio

E quello che vedeva non era tanto bello

C’era anche una ragazza era bella come il sole

Le ha dato il suo falcetto e nessuno l’ha più visto

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Spiava quella ragazza quando andava giù a lavare

Perché gli piaceva ascoltarla cantare

Sentiva il cuore aprirsi come un fico

Lei era la rosa, lui il mazzo di ortiche

Per tutta la gente…

(Davide Van De Sfroos)

Il Bestia è un personaggio popolare, lo sfigato del paese, il matto….

La sua famiglia è assente; c’è solo il nonno che lo cresce secondo i suoi vecchi valori (pocoapplicabili nel presente).

Il Bestia è visto in modo negativo da tutti; è un castigo, una persona non voluta.

È fisicamente brutto, è visto e descritto come un animale (lupo), fuori dagli schemi sociali.

Un giorno il Bestia si innamora e lascia all’amata tutto ciò che ha; il suo falcetto….

È possibile fare “integrare” il Bestia nella nostra società?

Bisognerebbe cambiare lui o la società?

Oppure accettare le diversità di ogni persona?

Il Bestia cambia se stesso per amore, regalando il suo falcetto

Forse il cambiamento nasce sempre per amore?

Anche quando si è innamorati ognuno cambia qualcosa di sé per essere più accettato….

Nell’innamoramento c’è l’accettazione dell’altro; c’è integrazione tra i due amanti.

Nella quotidianità il Bestia è l’escluso, è lo sfigato del gruppo, è il compagno antipatico, è il“diverso da noi”.

Ma “diverso” da chi? Quale è il metro di giudizio?

Chi è il “normale”? Cosa è la “normalità”? Forse è solo un PREGIUDIZIO!

Ogni uomo ha dei valori che permettono di giudicare se stesso e gli altri; nessuno è normale comenessuno è diverso….

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Come accettare il Bestia? Occorre cambiare il nostro metro di giudizio.

Occorre fare un SALTO DI VALORE per accettare un pazzo, un malato, un disabile, ecc.

È facile aiutare un barbone… ma farlo per lungo tempo è faticoso; la nostra società vede questogesto come pietismo, come volontariato inutile…

Il “salto di valore” è quello di vedere la propria opera fatta esclusivamente per qualcun Altro, nonsolo per sé in modo egoistico.

Come integrare allora il Bestia?

Partendo dalla comunicazione, dall’ascolto della sua storia!

Ogni uomo ha una storia… un racconto da donare al mondo. Ogni storia personale è però solo unframmento della realtà. Probabilmente l’intera realtà è incomprensibile… troppo complicata edampia.

Ogni uomo attua un ascolto parziale della realtà; ognuno vede e descrive il mondo partendo da sé,dalle proprie capacità cognitive e sensoriali.

Chi è limitato nei sensi vede la realtà storpiata, ma è pur sempre la sua realtà, il suo mondo.

EDUCAZIONE= riduzione di asimmetria tra essere e dovere\poter essere.

Massimo sviluppo integrale di sé, delle proprie capacità.

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INTEGRAZIONE SCOLASTICA IN EUROPA:

Il soggetto disabile nella società contemporanea dominata da valori legati ai consumi, al mito delsuccesso, alla cultura del corpo e dell'immagine è una presenza provocatoria e poco rassicurante. Inuno scenario così delineato occorre inserire la tematica dell'integrazione scolastica degli alunnidisabili cercandone le ragioni profonde, quasi non visibili ad una percezione superficiale e che nefanno invece una vera risorsa per la comunità. In questo modo si viene a scoprire che le ragioni chefondono il senso dell'uomo sono le stesse che giustificano l'integrazione. Nell'opinione corrente siha la visione strettamente scolastica, di natura burocratica e tecnicistica, dell'integrazione, chesempre viene riferita al diritto affermato per alcune categorie di persone di frequentare le scuolecomuni. Questa concezione impoverisce fortemente il reale significato del termine integrazione chenel senso più autentico del termine si riferisce ad un processo per cui due o più elementi sicompenetrano o si compensano reciprocamente: si rendono quindi integri, interi e completi.Applicato alle relazioni umane, questo processo presuppone che l'essere umano non è completo insé, non è sufficiente, come un sistema chiuso, ma si realizza nel rapporto con gli altri. Quando siparla di integrazione quindi non possiamo esclusivamente riferirci al soggetto in situazione dihandicap ma tale processo investe l'intera comunità. La buona integrazione è quella che permette dicapire che non stiamo vivendo in presenza di una diversità come un incidente ma come una realtà;se analizziamo le strutture scolastiche sorge lampante agli occhi che la buona integrazione, a più diventi anni dalla Legge che ne stabiliva l'attuazione, non si è ancora completamente realizzata; lebarriere architettoniche nelle scuole hanno spesso uno stato di provvisorietà tale da far pensareancora una volta che l'idea è quella della parentesi, dell'incidente e non dell'integrazione. Daun'analisi superficiale, potrebbe sembrare che il sistema d'integrazione scolastica italiano sia di granlunga migliore rispetto agli altri, e sicuramente esso denota caratteristiche di evoluzione rispetto aglialtri paesi, ma ritengo che in concreto in Italia il cammino dell'integrazione sia solo ad una faseiniziale.

La definizione di handicap

Prima di poter parlare di integrazione è opportuno soffermarsi sulle varie terminologie che spessovengono utilizzate in maniera errata per designare il soggetto disabile. Andrea Canevaro sostieneche "l'uso dell'espressione portatore di handicap è sbagliata in quanto denota una nostraconfusione mentale dovuta a bontà d'animo (...) handicap vuol dire svantaggio, l'individuo nonporta uno svantaggio bensì dei limiti che non saranno rimossi, ma gli handicap, gli svantaggi sonoriducibili; una persona in carrozzina che incontra degli scalini trova degli handicap che non haportato lei; allora "portatore di cosa?" semmai trovatore di un qualcosa (...) l'handicap èrelativamente a ciò che vi è attorno, non è quindi il singolo che porta." Attualmente la terminologiapiù corretta da utilizzare è disabile o soggetto in situazione di handicap. La Legge Quadrosull'handicap n. 104 del 1992 all'art. 3 afferma: "E' persona handicappata colui che presenta unaminorazione fisica, psichica o sensoriale (...) che causa difficoltà (...) tale da determinare unprocesso di svantaggio sociale o di emarginazione." Altro punto fondamentale concerne l'usoindiscriminato e parificato dei due termini deficit ed handicap; la situazione di handicap, causata dauna o più sensibilità, rappresenta l'insieme di tutti gli effetti negativi per la vita di una personainserita in una comunità. Il deficit invece rappresenta l'elemento comune ad una particolaretipologia. Per esempio i soggetti Down hanno caratteristiche fisionomiche in comune (deficit) maogni soggetti Down è diverso da qualsiasi altro affetto dalla stessa malattia genetica (handicap) diconseguenza l'handicap rappresenta una condizione esclusivamente personale e soggettiva.

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La Legge quadro sull'handicap

La legge 104 del 5 febbraio 1992 richiama, riordina e amplia le norme precedenti "per l'assistenza,l'integrazione sociale e i diritti della persona handicappata" I principi della legge, (artt.1 e 2) sonoquelli di garantire i diritti delle persone handicappate e delle loro famiglie, di prevenire e rimuoverele condizioni invalidanti, il recupero funzionale e sociale, il superamento dell'emarginazione. Finoall'entrata in vigore della legge, la normativa sull'handicap e soprattutto quella relativaall'integrazione (a parte la Legge 517) veniva affidata esclusivamente a Circolari Ministeriali espesso la gestione in materia di handicap veniva affidata alla disponibilità e al buon senso delpersonale docente. Tale legge, che presenta numerose chiavi di lettura, parte da ovvie osservazionidi principio fino ad arrivare a fasi puramente operative, su di essa è possibile fare tre osservazioni:

1. essendo una Legge - quadro, enuclea dei principi direttivi in cui dovranno esserecontenute le ulteriori disposizioni legislative ed amministrative.

2. Essa non si limita a prendere in considerazione solamente il piano scolastico ma siimpegna su tutto il piano sociale.

3. Impegna in maniera specifica le amministrazioni locali che divengono i diretti esecutoridella legge stessa e di conseguenza i diretti responsabili

Gli articoli che riguardano direttamente la scuola (12-16) mirano a dare dignità legislativa a moltedisposizioni amministrative introdotte nel passato in maniera disorganica e occasionale. Inoltrel'integrazione scolastica viene supportata da tale legge, fermo restando quanto previsto dalla legge360 dell'11-05-76 e dalla legge 517 del 4-8-77, da una serie di strumenti didattico-organizzativi cheservono a rendere più efficace l'opera della scuola. Una delle più rilevanti innovazioni introdottedella Legge 104 è l'esortazione ad una più stretta collaborazione fra i servizi scolastici, quellisanitari, socio-assistenziali, culturali ricreativi e sportivi per offrire un miglior supporto al processodi integrazione degli alunni disabili; tutto ciò è specificato negli Accordi di Programma cheesamineremo in seguito. Dal punto di vista organizzativo assumono particolare rilevanza ledisposizioni dell'art. 15 sulla costituzione dei gruppi per l'integrazione scolastica. In ultima analisi,per quanto riguarda la scuola, vengono date all'art. 16 disposizioni riguardanti la valutazione delrendimento scolastico e le prove d'esame. Da questa breve analisi, sicuramente superficiale data lacomplessità e l'articolazione della Legge-Quadro, emerge come questa abbia definito in manieramolto precisa i campi d'intervento che si dovranno delineare sotto il profilo didattico eorganizzativo per rendere effettive le innovazioni introdotte.

Gli Accordi di Programma

A partire dagli anni Settanta sono stati effettuati diversi passi in avanti per favorire l'integrazione deidisabili; soprattutto in ambito scolastico. E' cresciuta la sensibilità dell'opinione pubblica, èmigliorata la preparazione specifica degli operatori scolastici e non, sono state varate norme digaranzia e di tutela. E' mancata però un incisiva azione di coordinamento volta a stabilire una rete dicollegamenti, ed i progressi, se pur realizzati in ciascun ambito non hanno garantito una protezioneadeguata alla persona in difficoltà. La costituzione di molteplici gruppi interistituzionali ha favoritola consapevolezza dell'opportunità e della necessità di un raccordo e la Legge-Quadro prevede lastipula di intese o accordi di programma a vari livelli. La nuova fase dovrà essere caratterizzata dalrecupero di un'azione organica che coinvolga in maniera sistematica le famiglie, gli Enti, glioperatori dei vari settori per favorire il benessere complessivo delle persone affette da minorazioni.Si può quindi affermare che l'integrazione del disabile passa per l'interazione dei servizi. Ladisabilità è un problema sociale complesso che può essere correttamente ed efficacemente affrontatosolo con interventi contestuali da parte delle istituzioni che se ne occupano a vario titolo: gli EntiLocali (Comune, Provincia, Regione) per l'aspetto assistenziale, l'ASL per l'aspetto diagnostico eterapeutico, la Scuola per l'aspetto formativo e didattico. La C.M n. 339/92 insiste sulla necessità di

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una "continuità orizzontale" come "ecosistema formativo" tra scuole ed enti territoriali, auspicandola formalizzazione del rapporto tramite la stipula di apposite intese, soprattutto per gli alunni insituazioni di handicap.

Presupposti e considerazioni dell'accordo sono:

1. L'autonomia delle parti contraenti2. La condivisione dello stesso fine3. La definizione dei ruoli e dei compiti4. La complementarità degli interventi

Il fine non è soltanto quello di garantire l'organicità dell'azione, ma anche consentireun'utilizzazione razionale delle risorse ed impegnare formalmente le istituzioni coinvolte. Sarebberonumerosi gli aspetti ancora da definire per quanto concerne l'integrazione degli alunni disabili inItalia, ma la loro analisi comporterebbe l'esposizione di un lavoro lungo ed articolato. E' indubbioche numerosi sono stati i passi fatti in merito all'integrazione, già a partire da una normativa quasiassente o appena accennata sul problema fino ad arrivare alla costituzione di una vasta ed articolatanormativa sui disabili. Si è visto come risulti di fondamentale importanza impostare rapporti dicollaborazione con tutte le istituzioni presenti sul territorio, si sono visti quali sono i compiti dellevarie istituzioni in materia di handicap e sicuramente meriterebbero di essere menzionate altrettanteproblematiche. Comunque sia qui di seguito si accenneranno quali sono le problematiche nondiscusse in tale sede ma che meritano di essere approfondite:

Analisi più amplia della normativa sull'integrazione Definizione specifica dei compiti delle varie istituzioni I rapporti interistituzionali e i vari gruppi di lavoro La documentazione diagnostica e programmatica La modulistica impiegata La valutazione

L'inserimento degli alunni disabili in alcuni paesi europei

Il problema della tutela sociale dei soggetti disabili è ampiamente avvertito a livello dei PaesiComunitari. Significativo è il riconoscimento, sancito nella "Carta dei diritti sociali fondamentalidei lavoratori" (1989), del dovere istituzionale di tutelare le persone disabili e garantire la loropartecipazione a tutti gli aspetti della vita sociale e professionale. In questo ambito rientra il dirittoall'educazione ed all'istruzione che molti Paesi dell'area comunitaria hanno regolamentato con unanormativa specifica fin dagli anni '70 e che ha avuto il suo sviluppo nel decennio successivo. Larisposta, da parte delle pubbliche istituzioni, alle esigenze dell'alunno disabile è relativa a duevariabili: la concezione dell'handicap ed il sistema scolastico.

In genere si può notare che quanto più particolare e specialistica è la considerazione della disabilità,tanto più settoriale e specifico è l'intervento. Inoltre le modalità d'inserimento e/o integrazionedipendono anche dal decentramento delle competenze in materia d'istruzione e dal ruolo dellescuole non statali nel contesto del sistema pubblico. Le minorazioni che danno luogo alle disabilitàe al riconoscimento dell'handicap finalizzato agli interventi di sostegno per l'inserimento scolasticosono sostanzialmente di cinque categorie: fisiche, psichiche, intellettive, comunicazionali,sensoriali. Ciascuna di esse è articolata in difficoltà specifiche che vanno dall'unica denominazioneutilizzata nel Regno Unito alle nove dei Paesi Bassi. Il sistema d'inserimento è molto variegato espesso soluzioni diverse coesistono, anche a titolo sperimentale, nello stesso Paese.

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Esse possono essere così raggruppate:

1. educazione speciale completamente separata.2. educazione speciale separata ma occasionalmente collegata con scuole comuni

(extrascolastiche).3. Classi speciali in scuole comuni.4. Inserimento di alunni disabili in classi comuni.

Premesso che i sistemi non sono assolutamente rigidi, l'educazione speciale separata èprevalentemente praticata in Belgio, con otto tipi di scuole relative ad altrettante tipologie dihandicap, in Germania con dieci tipi di scuole e Paesi Bassi con quindici tipi. Comunque sia inGermania la situazione non è la stessa per i diversi Lander; a Berlino esistono esperienze di alcunidisabili inseriti in classi comuni. Nel Regno Unito, Francia, Danimarca il sistema è di tipo misto:accanto a scuole speciali esistono classi speciali in scuole comuni ed inserimento individuale inclassi normali. La dizione usata in Gran Bretagna per l'individuazione dell'handicap ("specialeducational needs") comprende un'ampia casistica ed è indicativa dell'attenzione che è posta neiconfronti della diversità intesa in senso lato non solo come disabilità ma "espressione di bisogniparticolari". In essa è implicito il concetto della "individualizzazione" dell'insegnamentoriconosciuto anche dalla normativa scolastica italiana. In Danimarca la gestione è municipalizzata e,quindi, localmente diversificata. In Spagna, l'educazione speciale è fortemente ridotta; la normativaspagnola più recente "Ley de integracion social munisvalidos" (1982) prevede, accanto a scuole eclassi speciali, il progressivo inserimento individuale assistito in scuole particolarmente attrezzate.Particolarmente impegnata in questo settore è la regione Basca che ha istituito numerosi "centri dirisorse". In Grecia e Portogallo, l'educazione speciale è molto limitata; l'inserimento individuale inclassi comuni, autorizzato dalla normativa, è largamente praticato, anche se non è adeguatamentesupportato. Ad esempio, in Grecia non sono previsti docenti di sostegno.

In generale si può affermare che l'inserimento dei disabili meno gravi nelle classi comuni si vaprogressivamente affermando in tutti i Paesi dell'Unione in parallelo con una riduzionedell'educazione speciale separata. Quasi tutti i Paesi prevedono la presenza di insegnantispecializzati e/o équipe multidisciplinari. Diversa però è la concezione dell'handicap e la risposta aibisogni espressi dai casi più gravi. La concezione prevalente è quella di offrire risposte diversificatead esigenze particolari da parte della medesima istituzione scolastica. Il che presuppone:

Una considerazione allargata dell'handicap come "espressione dei bisogni speciali" La generalizzazione del principio dell'individualizzazione per tutti gli alunni La convinzione che l'integrazione, come occasione di conoscenza, di confronto e di

rispetto tra "diversi", costituisce un'opportunità educativa per tutti. La convinzione che l'azione pedagogico-didattica non può limitarsi ad analizzare le

difficoltà ma deve individuare e sviluppare le potenzialità.

Da un'analisi storica localizzata sui movimenti e sull'avvio dei processi di integrazione, si nota cheessi sono sfociati in modo molto diversificato nei vari Paesi, in Italia nell'educazione nella scuolaordinaria con lo smantellamento delle scuole speciali e delle classi differenziali, in Belgio nelmantenimento dell'educazione speciale con l'organizzazione di sistemi scolastici paralleli, in Franciasotto forma di integrazione collettiva e classi speciali integrate (CLIS), in Inghilterra con latrasformazione dei Curriculum e la creazione di un codice di pratica, in Spagna in "centros deintegraziòn" e gli adattamenti dei curriculum.

Nell'ambito dei programmi d'azione comunitaria, il Consiglio dell'Unione Europea ha varato, nel1993, un programma quadriennale volto alla promozione e allo sviluppo dell'integrazione dellepersone disabili denominato "Elios II". Il programma prevedeva attività di scambio ed informazioni60

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tra i vari Paesi con l'obiettivo di individuare i modelli di azione più efficaci. I partecipanti alprogetto, divisi per gruppi tematici hanno effettuato numerose visite di studio ed organizzato deiseminari di sintesi nazionale; i gruppi si sono occupati di quattro aspetti;: riabilitazione funzionale,istruzione, integrazione economica, integrazione sociale. Le conclusioni del Programma hannoportato nel 1996 alla redazione della Carta di Lussemburgo che costituisce una summa di quanto èstato elaborato e prodotto nel corso del programma ed al tempo stesso un punto di riferimento perrendere più omogenea, a livello europeo, la normativa e la prassi in materia di integrazionescolastica.

La Carta si basa sulle esperienze condotte nei Paesi membri per cogliere quelle più significative edefficaci, esplicitare i principi su cui si fondano e le strategie d'azione. Questa dimostrazione"esperienziale" conferisce concretezza alla Carta. E' interessante, innanzi tutto, rilevare che ilconcetto di handicap è inteso in senso lato, non come una difficoltà conseguente ad una minorazionema come espressione di "bisogni speciali" a cui rispondere in maniera individualizzata. Il disabile èsoggetto di diritti in quanto persona ma la peculiarità della sua condizione comporta particolaristrategie per assecondarne lo sviluppo. La Carta insiste su un "approccio educativo globale", sullanecessità di coinvolgere i genitori e tutti gli operatori, sollecita il coordinamento delle iniziative. Atale proposito auspica "terminologia comune", importante per favorire l'intesa e l'unitarietà degliinterventi, propone l'istituzione di una figura professionale specifica che funga da coordinatoresoprattutto nelle fasi di passaggio da un grado all'altro dell'istruzione scolastica. Più volte la Cartasottolinea la necessità di inserire gli alunni che presentano bisogni specifici in ambienti ordinari, inscuole comuni ed invita i governi dei Paesi che adottano sistemi educativi speciali separati, aadeguare la legislazione. Ma ciò non basta se non si rendono disponibili adeguate risorse che neconsentono l'applicazione.

E' da rilevare, infine, tra le proposte, la sensibilizzazione dell'opinione pubblica per favorire uncambiamento un cambiamento di mentalità della diversità. Si tratta di un fattore molto importanteper l'abbattimento di tutte le barriere e la creazione di un contesto migliore per l'inserimento.Qualunque intervento sarebbe inefficiente se permane un atteggiamento "separatista"; il che nonequivale ad ignorare o cancellare la diversità ma ad accettarla come una variabile di cui bisognatener conto e che richiede particolari accorgimenti e provvedimenti.

La Dichiarazione di Salamanca

Il primo significativo documento in materia, emanato nel 1997 della Comunità Europea, costituisceun piano d'intervento politico-educativo all'interno del quale viene garantito il diritto allo studio persoggetti in situazioni di handicap. Nel 1981 le Nazioni Unite bandiscono "l'Anno Internazionale delhandicappato". Più tardi il 24 luglio 1986 il Consiglio d'Europa emana un documento in cui siraccomanda che sia assicurato ai disabili il "traitement equitable" ma il quadro di riferimento idealeche ispira e guida attualmente la politica comunitaria in materia di educazione dei soggetti insituazione di handicap è da ricercarsi nella Dichiarazione di Salamanca. Tale documento è nato aseguito della conferenza mondiale sull'educazione e i bisogni educativi speciali, tenutosi aSalamanca nel Giugno del 1984.

Il principio ispiratore di tale documento è: "ad ogni persona deve essere garantito il dirittoall'educazione, abolendo ogni spazio di esclusione e di marginalizzazione"

In questo modo prende forma il concetto di "scuola centrata sui bisogni degli allievi", conprogrammi e percorsi formativi che si adattano all'allievo e non viceversa. Inoltre all'interno delladichiarazione compare la "Cadre d’action" che rappresenta un complesso di orientamenti pratici cherisultano particolarmente preziosi allo scopo di conciliare tra loro le diversità rappresentate daisistemi educativi per soggetti in situazione di handicap messi in atto nei vari Paesi dell'Unione

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Europea. Nella dichiarazione si sostiene che le classi speciali, dove esistono, non devono essereabolite ma trasformate per finalità e ruolo in modo da fornire un valido appoggio professionale allescuole ordinarie. Infine secondo la dichiarazione deve essere potenziato il rapporto tra la scuola e lealtre agenzie formative, in primis la famiglia, che dovrà partecipare alla pianificazione educativa ead ogni decisione.

Conclusioni

Da questa breve analisi emerge che passi in avanti sono stati compiuti, che molto si è fatto per glialunni in situazione di handicap ma spesso la normativa, così ben articolata, non viene poi attuatanella pratica di tutti i giorni. A volte, invece, si assiste a situazioni di "protagonismo" del disabileche ostacolano l’integrazione scolastica nello steso modo delle situazioni di emarginazione. Ilsoggetto svantaggiato è spinto ad avere sempre il ruolo di protagonista, ad essere sempre ascoltato,ad avere sempre ragione, ad essere sempre protetto, ad avere un'attenzione esclusiva da partedell'adulto e ciò può causare notevoli danni anche se tali atteggiamenti sembrano dettati daun'attenzione che sembra giusta, buona ed estremamente amorevole. Bettelheim ha evidenziatoquanto sia fondamentale la presenza di una "madre sufficientemente buona" che sappia accogliere,supportare, proteggere il bambino senza realizzare un maternage iperprotettivo ed asfittico, ma unarelazione tesa al contenimento ed all'autonomia; è questa anche la funzione del personale docente inuna classe dove è presente un soggetto disabile.

E' evidente che per il buon esito di iniziative di integrazione gioca un ruolo fondamentale la culturadella scuola, quel livello impalpabile ma molto potente che regola la vita in una scuola e che nerappresenta l’identità collettiva. La forza di ogni scuola consiste principalmente in questo, nellacostruzione di una solida cultura dell’accoglienza e dell’integrazione che contribuisca a fardiventare la "diversità" una risorsa per tutti e che dia sostegno all’azione dei docenti nella lorodimensione individuale e collettiva.

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ESPERIENZA CON LA SINDROME DI RETT:IntroduzioneNovembre 2001Era un giorno freddo di novembre e le nuvole camuffavano il sole che ormai era quasi impotente. Ne avevo già sentitoparlare di disabilità, handicap e malattie mentali ma, nella pratica, questa era la mia prima esperienza con personediversamente abili.Stavo svolgendo da più di un mese tirocinio in una Scuola Potenziata, “un servizio per alunni in situazione di handicapgrave o gravissimo e per le loro famiglie, in cui si possono sperimentare contesti di vita partecipati e non emarginanti[…]. In questo progetto la finalità da perseguire è data dalla costruzione e dall’espressione di una identità personalemediante proposte più consone alle effettive esigenze degli utenti”1.Questa era la mia ultima mattina di tirocinio insieme ai sei bambini che ormai mi riconoscevano e che svelavano il loroaffetto con baci, sorrisi, carezze e sguardi silenziosi. Mi ero affezionato in modo particolare a due bambini: uno affettoda “autismo infantile” e una bimba, particolarmente allegra e vivace, con “sindrome di Rett”. Entrambi avevanocomportamenti stereotipati e degli sbalzi d’umore improvvisi: il loro sguardo era acceso e dinamico ma, in alcunimomenti, sembrava nascondersi e rifugiarsi in un mondo a parte.Da qualche notte non riuscivo a dormire, perché il mio pensiero era spesso accanto al letto di mia nonna che da anni, acausa di un ictus, era paralizzata. Nelle ultime ore il suo fisico peggiorava a vista d’occhio, e i medici avevano giàriferito a tutti i familiari di starle vicina e “accompagnarla più serenamente possibile alla morte”. La nonna morì venerdìnotte alle tre e, qualche ora più tardi, presi la macchina per andare a scuola. Il sonno non si fece sentire per tutta lagiornata, forse a causa delle continue sollecitazioni emotive che riempivano la mia mente. Durante il viaggio il miopensiero altalenava tra il dolore per la perdita di una persona cara e la voglia di vivere di bambini che lottavano per farsicapire, accettare e comunicare le proprie sensazioni. Arrivato di fronte alla porta dell’istituto scolastico cercai di metterefuori dalla porta la stanchezza e la mia confusione mentale, per lasciare pieno spazio alla bellezza della diversità edell’incontro.Chi lavora nell’ambito sociale sa benissimo che la professionalità va distinta dall’umore. La voglia di combattere esfidare i problemi fisici e psicologici dei bambini che mi si presentarono appena valicata la soglia della porta, mi fecerosubito rendere conto che l’amore e l’affetto sarebbero state le parole d’ordine, quanto meno fino al termine dell’orarioscolastico.

La mattinata era speciale: le insegnanti come “regalo” mi avevano assegnato la referenza di Sara, la bimba con sindromedi Rett. Questo significava da parte mia un segnale di fiducia da parte del team delle educatrici, che si traducevaoperativamente in un’attenzione particolare a quella bambina per tutte le attività che in giornata doveva svolgere.Andai a riguardarmi l’orario settimanale personalizzato di Sara che era suddiviso in due momenti: il primo, dopol’accoglienza, in cui era inserita nella classe di riferimento (prima elementare); il secondo prevedeva una serie di attivitàda svolgere nell’ambiente della Scuola Potenziata. Era programmata un’ora di attività cognitiva e sensoriale; la merendainsieme a tutti gli altri alunni dell’istituto; attività legate allo schema corporeo e alla comunicazione e, per concludere,un momento di rilassamento con sottofondo musicale.Descrizione fisica di SaraSara è una bambina di sei anni che frequenta la prima elementare. È un alunna “speciale”, non solo per il fatto che è lapiù alta della classe, ma perché ha la possibilità di conoscere, oltre ai compagni di classe, anche altri bambini che comelei hanno delle abilità differenti a quelle che noi chiamiamo “normali”. Ha una famiglia che la ama e la coccola e delleinsegnanti che la seguono in tutte le attività che svolge. I suoi compagni l’apprezzano per quello che è, e rispettano lasua diversità che in molte occasioni si traduce in puro divertimento. Sara, spesso senza volere, è al centro dell’attenzioneperché è una bambina che, pur avendo qualche difficoltà nel relazionarsi, sa come farsi accettare e farsi voler bene.Conosce bene sia le sue insegnanti di riferimento, sia le insegnanti della Scuola Potenziata.Apparentemente è una bimba allegra e vivace; anche se non parla si fa capire benissimo. Cammina e corre in modoautonomo, anche se la sua andatura è in alcuni casi goffa. Adora ascoltare musica classica e celtica: qualche voltasembra entrare in una specie di trance e il suo corpo improvvisa una danza articolata che manifesta i suoi umori e la suapersonalità istrionica.I suoi capelli a caschetto risaltano gli occhi lucidi e brillanti che osservano tutto ciò che le sta attorno attraverso unosguardo periferico. Per osservare un oggetto che è davanti a lei si gira leggermente con la testa e osserva tutto ciò che leappare guardando con la coda dell’occhio.Quando è arrabbiata o agitata produce rumori con i denti (bruxismo) e perde un po’ di saliva (scialorrea). Anche le suemani sono sempre in movimento, sfregandosele in continuazione come se si stesse lavando le mani col sapone. Queste sibloccano solo quando la sua attenzione è totalmente assorbita da qualcosa di nuovo che la coinvolge o da attività in cuipartecipa attivamente.

1 Il Progetto Scuola Potenziata. Flessibilità e organizzazione nell’integrazione dell’alunno con handicap grave,Convegno provinciale “Autonomia e successo”, a cura del Provveditorato agli Studi di Bergamo, 2-6 novembre, 1999.

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Rispetto al resto del corpo la sua testa è leggermente piccola (ridotta circonferenza cranica) e i suoi piedi sono piccoli espesso freddi. Per camminare correttamente Sara utilizza dei tutori che le bloccano le caviglie, sia perché la sua schienaè leggermente storta, sia perché senza di questi camminerebbe solo sulla punta dei piedi.La bambina mostra un viso allungato, con padiglioni auricolari bassi e una fronte bassa e sporgente. Sara utilizzaprevalentemente una comunicazione mimico-gestuale e solo quando è irritata utilizza fonemi o parole referenziali permanifestare il suo dispiacere o il suo dolore.

Storia Sara

Sara è nata nel 1995 in un piccolo paese di collina del nord Italia. Fino a diciotto mesi la bimba è cresciuta e si èsviluppata normalmente. Quando aveva un anno e mezzo i genitori verificano i primi sintomi di cambiamento che siriscontrano dopo che la figlia batte la testa. Da questo episodio i genitori riferiscono che giorno dopo giorno la bambinadimenticava tutto quello che prima sapeva.Sara vive in casa con i genitori ed un nonno che convive con loro: in questo ambiente passa il suo tempo libero, fuoridall’orario scolastico, guardando la televisione, ascoltando musica, giocando con le bambole e facendo dellepasseggiate. Durante il periodo scolastico trascorre in media solamente tre ore a casa, spesso in solitudine, poiché nelpaese ci sono poche occasioni di gioco con gli altri bambini. Tuttavia Sara ha occasione di socializzare con altri coetaneidurante il periodo scolastico ed anche durante il centro ricreativo estivo organizzato dalla parrocchia durante il mese diluglio.

Come per molti altri casi di soggetti Rett, anche Sara è stata diagnosticata erroneamente come “soggetto autistico” finoall’età di sei anni, anno in cui da alcuni esami in un centro attrezzato con un laboratorio di analisi chimico-cliniche emicrobiologiche si è evidenziata la presenza in forma eterozigote della mutazione del gene MECP2.

Già all’età di tre anni Sara viene ricoverata in regime di tempo pieno per due settimane presso un centro, peraccertamenti clinici in merito a sospetta sindrome di Rett. Durante questo ricovero si eseguono diversi esami medico-clinici che mettono in evidenza la storia clinica della bambina e definiscono i suoi deficit. Le conclusioni diagnostichesuggeriscono che Sara ha un quadro clinico compatibile con la diagnosi di SR. I medici e gli specialisti consigliano unaconsulenza genetica specialistica, suggerendo di proseguire con gli interventi riabilitativi e psicoeducativi già in attodurante il periodo scolastico.Sara e la scuola maternaSara inizia la sua esperienza scolastica a tre anni, quando viene inserita alla scuola materna. La sua diagnosi la definiscecome “soggetto autistico”. È seguita dalle insegnanti di sezione, da un’insegnante di sostegno e da un’assistenteeducatrice, sempre con un rapporto individualizzato. Le insegnanti riscontrano per la bimba grandi difficoltà diinserimento, evidenziato da continue crisi di pianto e rifiuto di qualsiasi contatto socio-affettivo o fisico, sia con leinsegnanti che coi coetanei. La sua attenzione sembra non essere catturata da nulla e da nessuno e manifesta spesso crisidi pianto improvviso.Su proposta del neuropsichiatria infantile Sara comincia ad utilizzare come metodo di comunicazione il “metodoT.E.A.C.C.H.”2, continuando anche gli interventi di fisioterapia e di logopedia.Alla fine del primo anno scolastico si notano già i primi miglioramenti in quanto Sara sembra accettare il distacco daigenitori, senza manifestare disagio. Inoltre l’introduzione della comunicazione alternativa ha influito sul suo sviluppocomunicazionale.Durante il secondo anno della scuola materna Sara diventa più socievole ed è ben inserita nel gruppo classe, tuttavia hauna capacità di attenzione bassa e come unica forma di comunicazione utilizza il linguaggio mimico-gestuale. Durantel’ultimo anno si riscontrano nuovi atteggiamenti stereotipati, come quello di battere la testa contro le persone o lostrofinarsi ripetutamente il palmo delle mani e si evidenzia anche un aumento della produzione vocale con la comparsadi alcuni vocalizzi e lallazioni.

La diagnosi e l’inserimento alla scuola potenziata

Durante l’estate precedente all’inserimento nella scuola elementare Sara effettua l’esame genetico dove si accerta unamutazione del gene MECP2 e si delinea la diagnosi di SR. Dai vari test effettuati risulta che la bimba ha bisogno dimolto tempo e familiarità per mostrare a pieno le sue potenzialità e capacità; ciò è dato dalle fluttuazioni cheinfluenzano le attività in base al suo stato d’animo interiore. Gli specialisti consigliano ai genitori l’inserimento in unastruttura dove la figlia abbia uno spazio apposito per svolgere attività specifiche in un rapporto individualizzato.Immediatamente i genitori si informano sulla malattia della figlia e cominciano a valutare l’inserimento in una ScuolaPotenziata della provincia di appartenenza. Prima dell’inizio dell’anno scolastico viene organizzato un incontro tra lafamiglia e la scuola: durante questo colloquio la madre descrive alle insegnanti e alle educatrici la specifica malattia diSara, descrivendo in modo approfondito l’evoluzione della sindrome stessa e indicando i problemi associati della figlia,

2 Acronimo di Treatment and Education of Autistic and Communication Handicapped Children. Questo metodo è statoideato da Eric Schopler negli anni ’60 e ha come fine lo sviluppo del miglior grado possibile di autonomia. Questo tipodi trattamento prevede una rigorosa strutturazione dello spazio, del tempo e del materiale di lavoro.

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quali i disturbi del sonno, e i suoi bisogni ed interessi personali. Da questo incontro si delinea l’orario specifico di Saraall’interno della Scuola Potenziata, dove si prevedono attività e laboratori suddivisi nella classe di riferimento dellabimba e all’interno della Scuola Potenziata.Le insegnanti, per una mancata conoscenza specifica della sindrome, ricalcano alcuni obiettivi precedenti, conl’intenzione di definire in itinere obiettivi e finalità più specifiche, dopo un breve periodo di conoscenza della bambina.Durante questa fase si sono tracciati alcuni comportamenti tipici e frequenti di Sara e, continuando l’osservazione, sisono più avanti evidenziati in modo specifico anche gli interessi e i desideri della bimba. Durante l’intero annoscolastico il lavoro dell’equipe scolastica, oltre ad acquisire informazioni specifiche sulla SR, si è centrato sullacreazione di un progetto educativo individualizzato e di un progetto dinamico funzionale: in questi documenti, oltre adun’accurata definizione di obiettivi da raggiungere per ogni area funzionale, sono state inserite le modalità divalutazione e la metodologia utilizzata sia per l’ambito comunicativo che relazionale.

In attesa della seconda elementare…

Alla fine del primo anno della scuola elementare Sara sembra aver incrementato il suo sviluppo, soprattutto grazie allacoerenza e al lavoro continuativo del personale scolastico. Notevoli sono stati i cambiamenti della bimba tra cui, quellipiù visibili, sono determinati da piccole lallazioni e suoni utilizzati come risposte e da un’andatura motoria nongravemente compromessa. La bambina ormai sembra aver interiorizzato il calendario settimanale e riesce a distinguerele diverse attività proposte grazie all’uso di oggetti-simbolo e del “linguaggio PIC”3 che l’accompagnano sia a scuolache nell’ambiente domestico. La collaborazione tra scuola e famiglia si è consolidata e i momenti di incontro ediscussione coi genitori sono giornalieri.Sara non può essere classificata “in toto” in uno dei quattro stadi classici della SR (vedi paragrafi successivi), mapresenta alcuni elementi tipici della fase chiamata “stagnazione precoce” ed altri di quella denominata “regressionerapida”.

A livello comunicativo il soggetto utilizza i fonemi I e O per esprimere scelte e bisogni, per cui non si può definire checi sia una totale mancanza di comunicazione verbale (tipica della prima fase); essa utilizza lo sguardo come mezzo dicomunicazione e con l’esperienza ha appreso nuove tecniche e modalità per esprimersi in modo chiaro ed efficace.A livello motorio-prassico manifesta un’andatura vacillante, oltre ad avere qualche problema ortopedico che la spinge amuoversi sulla punta dei piedi; in questo caso il soggetto rientra nella definizione della terza fase della SR chiamata“pseudostazionaria o di stabilizzazione apparente”. Infatti la bimba riacquista gradualmente alcune delle capacitàprecedentemente perdute e si nota anche un miglioramento del contatto visivo, della capacità di riconoscere, dimemorizzare e di relazione sociale.Dal punto di vista motorio la SR è considerata un “disturbo secondario del movimento”; non si riscontrano danni dellearee motorie primarie della neocorteccia, ma sono presenti deficit del controllo dell’equilibrio, del tono muscolare edella coordinazione dei movimenti. L’aprassia della funzione gesticolatoria, ovvero la perdita della capacità di compiereazioni e gesti finalizzati, è presente in modo vistoso anche in Sara che vive una situazione dicotomica tra ciò chevorrebbe fare e ciò che effettivamente agisce. Un altro elemento evidente è la mancanza del riflesso palmare(“grasping”) e dei movimenti di prensione volontaria delle mani.A livello cognitivo presenta un grave ritardo psicomotorio ed intellettivo che limita in modo tangibile la sua possibilitàdi apprendimento, riconducibile all’intelligenza sensomotoria della teoria piagetiana. Per apprendere nuove conoscenzela bambina deve sperimentare direttamente e molte volte un’esperienza affinché qualcosa venga ricordato.A livello sensoriale la bambina presenta una difficoltà nell’interpretazione dei diversi stimoli sensoriali: pur nonessendoci test che definiscano deficit particolari si riscontra una ipersensibilità ad alcuni rumori che portano il soggettoa cadere in stati di panico quando gli stimoli sono troppo forti e diversificati. È presente anche un utilizzo particolaredegli occhi: esiste una difficoltà ad esaminare attentamente un oggetto o una persona non familiari, preferendo guardarlicon la coda dell’occhio per mezzo di rapide occhiate. Quando l’oggetto è sufficientemente controllato e accettato, lofissa molto attentamente e lo vuole guardare da vicino come per “toccarlo con gli occhi”.Sono presenti altri disturbi quali una forma lieve di bruxismo (digrignare i denti) e di scialorrea (perdita di saliva). Perquanto riguarda le stereotipie delle mani Sara manifesta questo comportamento sia in situazione di stress che insituazioni di noia e di inattività. In alcuni casi si ottiene un controllo o una cessazione delle stereotipie quandol’attenzione della bambina è totalmente assorbita da qualcosa di nuovo che la coinvolge. Durante il sonno non sonopresenti né stereotipie né forme di insonnia.Per ciò che concerne la difficoltà nella coordinazione si nota nel soggetto una difficoltà ad armonizzare gli stimoli cheprovengono dal mondo esterno (input) con l’azione di risposta (output) ed è ancora più difficile coordinare due rispostesimultaneamente, ovvero “fare due cose nello stesso tempo”.A livello psicologico il soggetto preso in considerazione manifesta un aspetto contrastante tra il pensiero consapevole eil sentimento inconscio: essa agisce meglio in situazioni per lei significative e coinvolgenti, nelle quali può parteciparesenza dover “osservare se stessa” e le sue azioni. Non appena inizia a pensare a cosa sta facendo, aumenta il rischio di

3 Il linguaggio PIC è una versione semplificata del “sistema Bliss”, una forma di linguaggio extraverbale che utilizzasimboli grafici per rappresentare parole e concetti generici. La differenza maggiore è che il linguaggio PIC utilizzasimboli meno astratti e quindi più facilmente identificabili e riconoscibili anche per i soggetti con SR.

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bloccarsi. Pensare ed agire sembrano neutralizzarsi a vicenda. Da notare è anche la presenza delle fluttuazioni delcomportamento che sembrano interessare il grado di attenzione, la sensibilità agli stimoli sensoriali e l’apertura verso ilmondo esterno.

Descrizione scuola e interdisciplinarità

Il progetto di “Scuola Potenziata” si pone come ente di promozione al cambiamento degli stati di disagio sociale creatidalla problematica dell’handicap. Le finalità di tale proposta si concretizzano nel trovare delle modalità d’interazione edi contatto adeguate agli utenti, per poter dar loro modo di sperimentare un percorso evolutivo, oltre che ad offrire lapossibilità di compiere scelte e di tutelare i propri diritti. Inoltre la scuola accompagna i genitori valorizzandone la lorocompetenza e tenta di allargare nella comunità sociale una cultura della differenza, permettendo ai bambini normodotatidi scoprire la bellezza di un rapporto e contatto con soggetti diversamente abili.Punto cardine del progetto è l’interdisciplinarità. Il termine “potenziata” si riferisce alla creazione di un pensieroorganizzativo dell’istituzione che mira al consolidamento di vari servizi, quali l’intervento scolastico (garantendo ilrapporto 1/1 tra docenti e alunni), l’intervento assistenziale (garantendo la presenza continua di personale assistente pertutto il tempo dell’anno scolastico), il potenziamento degli aspetti logistici e strumentali (tra cui spazi specificiadeguatamente attrezzati), gli interventi socio-sanitari (con l’intervento di terapisti e neuropsichiatri, supporto allefamiglie e coordinamento degli interventi da parte dell’assistente sociale), la formazione del personale assistente edocente e il coinvolgimento di tutti i docenti della scuola interessata.

L’ambiente della Scuola Potenziata dove ho svolto tirocinio era molto accogliente e si componeva di tre sale: una, vicinoai servizi, utilizzato da un ragazzo autistico; la seconda era la sala in cui i ragazzi facevano merenda e dove erano svoltele attività con Sara; l’ultima era utilizzata dagli altri quattro ragazzi e comprendeva anche uno spazio utilizzato per ilrilassamento e per attività cognitive col computer. La “sala di Sara” era stata attrezzata seguendo le esigenze della bimba: ogni angolo faceva riferimento ad una precisaattività (cognitiva, musicale, manipolativa, ecc.) e ogni parte della stanza era contrassegnata da un simbolo utilizzato perlavorare sulla comunicazione aumentativa e alternativa.Emozioni personaliSuonò la campanella che segnava la fine della settimana scolastica e, oggi, ciò significava per me anche un saluto aibambini della scuola e a tutte le persone che mi avevano aiutato a svolgere il tirocinio. Passai più di mezz’ora a girarel’intero edificio scolastico per ringraziare personalmente tutte le insegnanti che mi avevano coinvolto nel loro lavoro, iltutor che teneva i contatti con l’università, il preside che appoggiò il mio inserimento nella Scuola Potenziata, e tutto ilpersonale extrascolastico con cui avevo legato soprattutto nei momenti di pausa.Durante l’ultima ora di scuola avevo salutato tutti i sei bambini inseriti nella scuola e avevo promesso loro di tornare ditanto in tanto a salutarli. Uscito dal cancello dell’istituto scolastico mi riapparvero subito i sorrisi e i volti di tutte le persone che avevoconosciuto negli ultimi due mesi; tutti mi avevano accolto a braccia aperte e mi avevano accettato per quello che ero,ovvero un giovane tirocinante curioso di scoprire un mondo mai conosciuto prima. Questo mondo “diverso” mi colpì sindal primo giorno e mi diede la forza di mettermi in gioco anche con dei bambini definiti come “gravi e gravissimi”.Una volta accesa la macchina per tornare a casa, mi ritrovavo con un carico emotivo enorme, fluttuante tra l’immensagioia e un profondo dolore.Andai subito a casa di mia nonna, dove vidi i volti frastornati di mio nonno e dei miei parenti. Di fronte al suo corpofreddo e impietrito si riproposero nella mia testa i volti dei bimbi che avevo da poco salutato che sorridevano elottavano per avere maggiore autonomia.Non riuscivo ad esternare un dolore per la morte di una persona cara di fronte a tutti, anche se forse, più di altri, avevocondiviso con lei ore di divertimento e di discussione. Per molti anni ho passato interi pomeriggi a casa sua, doveandavo per giocare e farle compagnia; in cambio lei mi insegnava il mestiere del contadino, un lavoro appassionante edelicato, fatto di amore per gli animali e la natura.Col passare degli anni i nostri incontri si fecero più sporadici, e la sua salute peggiorava lentamente. A ritroso scopriiche la prima persona “malata” di cui sono venuto a contatto fu sicuramente lei, anche se il suo curarsi costantemente nonmi portava ad etichettarla come tale. Fu proprio lei che mi insegnò ad apprezzare la bellezza della diversità, a saperascoltare chi ti sta di fronte anche se non condividi le sue idee, a saper difendere i propri ideali.Potrei dire che fu mia nonna ad aprirmi la porta verso il mondo della diversità. E non so per quale motivo, di fronte allafine della sua vita, mi ritrovavo senza una guida.Tuttavia, negli ultimi mesi, avevo avuto la possibilità di vagare da solo in questo mondo conoscendo dei bambini cheavevano potenzialità incredibili ma che faticavano a manifestarle. E mi ritornò alla mente la promessa che avevofatto….

Preparazione tesi

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Ma cosa potevo fare io per quei bimbi? Ormai vivevo in un'altra città per lavorare e concludere il percorso universitario.Ogni tanto passavo a scuola a salutarli e mi fermavo per qualche ora per vedere i loro progressi, ma in quei momenti misentivo come un visitatore esterno.Mi resi conto che poco potevo fare per la loro vita, perché non potevo assicurare una continuità. L’unica soluzione cheavevo per star loro vicino era quella di recuperare informazioni e materiale utile per le insegnanti. Pensai ai singolibambini e alle loro problematiche e riflettei sulla difficoltà degli interventi su Sara, l’unica bimba di cui si sapeva benpoco della storia personale e diagnostica.Sicuramente la Scuola Potenziata poteva assicurare un ambiente emozionale sicuro per lei, tuttavia la documentazionedidattica sulla sindrome di Rett era molto limitata. Il programma educativo prevedeva un lavoro soprattutto sul pianodella comunicazione e dell’autonomia, partendo dalle abilità, desideri e necessità della bimba stessa. Le insegnantiosservavano ed annotavano costantemente gli atteggiamenti e i comportamenti di Sara per definire gli obiettivi minimida cui partire per poi incrementare il suo sviluppo integrale ed armonico, ma si ritrovavano a vagare solitarie all’internodi un mondo sconosciuto.

Recupero materiale

In quei mesi avevo terminato gli esami universitari e dovevo pensare al lavoro di tesi, senza aver delle idee ben definitesul tema da trattare. Così provai a proporre al professore di Pedagogia Speciale una possibile operazione di ricerca e distudio di caso sulla sindrome rara di cui ero venuto a conoscenza. L’idea piacque subito al professore, che mi invitòinnanzitutto a cercare informazioni generali sulla SR per poi affrontare lo studio di caso.Prima di tutto cercai di stendere un indice degli argomenti da trattare e, fin da quel momento, mi resi conto che il lavoroin cui mi ero affacciato presentava un imponente struttura che immancabilmente, per ragioni di chiarezza e completezza,doveva affrontare tematiche mediche, psicologiche e riabilitative finora per me poco conosciute.Inoltre ero fortemente motivato a scrivere una sorta di “manuale” utile per le insegnanti, per cui dovevo descrivere ilquadro generale della SR, partendo da una chiara definizione diagnostica, per poi discutere e criticare la stessadefinizione, che trovavo molto ambigua e troppo tecnicistica. Successivamente avrei lavorato sulla mia esperienza ditirocinio con Sara cercando di raccontare la sua storia e di definire il concetto di “Scuola Potenziata”, un progettoancora poco noto.Recuperare testi ed informazioni sulla SR fu un lavoro lungo e difficoltoso ma, allo stesso tempo, molto stimolante.Andare a visitare siti internet di medicina e delle varie associazioni europee interessate alla SR portò i suoifrutti,soprattutto per cercare di creare un gruppo di esperti con cui corrispondere in modo telematico, porgendo loroquesiti sulla sindrome e su tutto quanto attorno ad essa si sviluppa. Da parte dei medici e vari professionisti con cui hoavuto modo di dibattere per corrispondenza ho notato un forte interesse e una collaborazione totale, sempreaccompagnata da un interesse per una ricerca che toccasse l’ambito prettamente pedagogico. Anche i genitori con figlieaffette da SR mi hanno sempre spinto ad andare avanti nel mio lavoro, che sempre più si mostrava come un puzzle,poiché i documenti recuperati erano voluminosi ma difficilmente si potevano incastrare tra loro sia per la diversità dellinguaggio utilizzato, sia per rendere comprensibile ai “non esperti” una linea rossa che unisse le varie informazioniaccumulate.

Difficoltà scuola famiglia

All’interno della Scuola Potenziata il lavoro divenne più complicato, poiché dovevo consultare documenti personali diSara senza, per motivi di privacy, parlare direttamente di lei. L’escamotage fu semplice per il lavoro di tesi: sostituendoil nome della bimba con una sigla e richiamando solo la provincia in cui la Scuola Potenziata si trova il problema furisolto, sempre facendo attenzione a non inserire nello scritto particolari riferimenti anagrafici che potessero far risalirelo studio di caso direttamente a Sara.I miei rapporti con le insegnanti che lavoravano all’interno della scuola erano ottimi, soprattutto con la responsabiledella Scuola Potenziata che in più occasioni si rese disponibile per discutere sul mio inserimento nella stessa cometirocinante e più volte mi diede del materiale riguardante i progetti dei singoli bambini che frequentavano questoambiente. Partecipavo regolarmente alle riunioni di programmazione e di verifica e in queste occasioni venivo messo amio agio per discutere ed intervenire su alcune situazioni, come un’occasione per vedere il lavoro da un punto di vistadiverso, da osservatore partecipante. Quando decisi di iniziare il lavoro di tesi dissi alla responsabile della scuola che sarei stato interessato a recuperareinformazioni su Sara; fu entusiasta della mia proposta e subito mi aprì la strada consegnandomi quel poco materiale cheaveva riguardo alla SR. Tuttavia mi raccomandò di fare attenzione per ciò che riguardava la gestione dei dati personalidella bimba, e trasferendo la questione al dirigente scolastico.Durante il primo incontro che feci col dirigente scolastico esposi il mio progetto che includeva, oltre ad una parte storicae medica della sindrome presa in considerazione, una descrizione di Sara all’interno della Scuola Potenziata,analizzando sia il lavoro svolto nell’ambiente scolastico, sia i rapporti tra scuola e famiglia e l’intero territorio. In modo forse troppo burocratico e fiscale il preside, per prevenzione e una maggior sicurezza, decise di creare unprotocollo d’intesa che conteneva un accesso limitato dei documenti. Nel documento stipulato, infatti, si dichiarava chela presa visione dei documenti scolastici e personali di Sara doveva avvenire in presenza dell’insegnante responsabiledella Scuola Potenziata (in funzione di tutor), fuori dall’orario scolastico. Inoltre si negava la possibilità di fare

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fotocopie, ma era possibile solamente prendere appunti e trascrivere solo una minima parte del contenuto degli atti.Infine dovevo assicurare di utilizzare un nome sostitutivo per la tesi di Laurea. Il documento venne firmato dal Presidedi Facoltà di Scienze dell’Educazione, dal relatore della tesi, oltre all’insegnante-tutor e ai genitori.Questo protocollo rese il mio lavoro estremamente limitato per quanto riguardava lo studio di caso su Sara e resedifficoltoso anche il contatto con la famiglia della bimba; inizialmente pensavo di intervistare i familiari e i parenti diSara, ma ciò non fu possibile. Ebbi solamente due occasioni di parlare con la madre per pochi minuti alla fine dellamattinata, quando veniva a prendere la figlia, ma riuscii solamente a presentarmi e ad accennare al lavoro che avevoiniziato a scrivere.La decisione del dirigente scolastico mi rammaricò poiché nel documento si dimostrava poca fiducia riguardo l’accessoad informazioni riservate, e una chiusura precauzionale nei confronti della famiglia e delle insegnanti che lavoravano nelplesso scolastico.

Se con i genitori non ci fu materialmente la possibilità di parlare, con le insegnanti il dialogo fu molto proficuo edarricchente, sia per la descrizione dei comportamenti più frequenti di Sara, sia per discutere sulle sue effettivepotenzialità e capacità. Le insegnanti mostravano serenamente la complessità dell’intervento con una bimba affetta dauna sindrome rara e poco conosciuta, per cui le attività programmate e gli interventi educativi, almeno inizialmente,erano dettate da tentativi per prove ed errori. Sintonia educativa

Il soggetto con SR non è completamente autonomo e ha un continuo bisogno d’appoggio di persone che si occupinodella sua vita. Ciò non significa che esso è dipendente dalle scelte altrui, in quanto può manifestare i propri bisogni, ipropri interessi e il proprio stile di vita. Tuttavia la persona con SR ha a che fare con svariate persone:Innanzitutto i genitori, che vivono quotidianamente a stretto contatto con la malattia del figlio, hanno solitamente unintento di accudimento;Ci sono poi gli insegnanti, spesso di sostegno, che hanno uno scopo di ampliamento della sfera cognitiva del soggetto,oltre che alla finalità di inserire ed integrare la persona diversamente abile coi coetanei ed il gruppo dei pari;È essenziale anche la presenza di specialisti, dai medici ai neuropsichiatri infantili, fisioterapisti, musicoterapisti,ippoterapisti, ecc. che intervengono con finalità prettamente riabilitative e curative;Sono importanti anche le istituzioni, rappresentate dal dirigente scolastico per quanto riguarda la scuola, l’assistentesociale per la “presa in carico” da parte dei servizi sociali, ecc.Un ruolo importante è dato dall’èquipe di specialisti che collaborano con finalità educativa per creare un progettopedagogico che mira al massimo sviluppo delle potenzialità del soggetto con SR. Tra i vari specialisti sopra menzionatiè necessaria la presenza di un pedagogista speciale che, attraverso il metodo clinico-dialogico, sappia formulare unprogetto individualizzato che punti alla riduzione dell’ asimmetria tra essere e dover-poter essere del soggetto. Nel casospecifico il pedagogista speciale svolge il ruolo di osservatore partecipe per definire l’handicap connaturato,distinguendolo dai deficit e dall’handicap eventualmente indotto.

Accanto a queste persone svolgono un’importante funzione anche i parenti, i coetanei, la comunità del paese, leistituzioni ecclesiastiche e i mass media. Un aiuto, purtroppo oggi ancora poco sfruttato, è svolto dalle associazioni,spesso organizzazioni non lucrative di utilità sociale, che si impegnano ad aiutare genitori e persone impegnate nelmondo Rett sia a livello informativo che formativo.

Ignoranza informata

Quando si ha a che fare con la pedagogia speciale, ed in particolar modo con soggetti affetti da sindromi definite rare,qualsiasi tipo di intervento è limitato da una conoscenza imprecisa del deficit stesso. Nel caso della sindrome di Rett leinformazioni sono spesso poco esaustive, poiché i testi in italiano sono pochi e quasi sempre utilizzano un linguaggiotecnico utilizzato da professionisti che lavorano in ambito medico. La difficoltà dell’educatore e di chi vuole cercare dicapire e conoscere a fondo questa sindrome è data dalla possibilità di un’interpretazione parziale e non esaustiva, dovutaad un utilizzo di differente linguaggio e mancanza di conoscenze della terminologia medica.Leggendo i testi sulla SR, spesso legati alla eziologia e al decorso degenerativo della malattia, si nota un utilizzo tecnicoe specifico delle varie disfunzioni che intervengono nelle fasi evolutive. Il lettore si trova in un primo momento quindiignorante, nel senso che non sa come interpretare le parole che si trova di fronte.Il primo lavoro di chi opera con soggetti con SR è quello di crearsi una “ignoranza informata” di quelle discipline chesono strettamente intercorrelate con la pedagogia speciale: non basta quindi conoscere i vari deficit manifestati nella SR,ma bisogna saper adottare un linguaggio comune alle altre scienze per creare una possibile forma di dialogo con glispecialisti con cui si lavoro. Ciò significa, da parte dell’educatore, crearsi uno spazio personale per assumere e farproprio il linguaggio della medicina, della psicologia, della fisioterapia, della genetica ecc.Il termine “ignoranza informata” significa che l’educatore riesce a comprendere e ad utilizzare il linguaggio di altrediscipline per saper dialogare con i vari specialisti con cui, in sede di riunioni d’èquipe e di supervisione, lavora ecollabora. Questo bagaglio culturale di informazioni e professionalità è utile non solo per un confronto alla pari con altrispecialisti, ma anche per una comprensione maggiore della malattia affrontata. L’educatore deve possedere delle qualità,

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quali la flessibilità, la sincerità e la modestia, che si concretizzano in una completa disponibilità nella cooperazione enell’intervento educativo nei confronti dell’educando, senza “invadere” lo spazio d’intervento di altri professionisti.Questo dialogo si può arricchire grazie all’armonizzazione delle conoscenze e competenze di ogni persona che si occupadel soggetto diversamente abile, creando una èquipe di persone che hanno come scopo comune l’incremento di sviluppodel soggetto educando.Esprimere i propri pareri e sensazioni è utile quindi per potenziare non solamente l’intervento educativo e riabilitativo,ma anche per creare un gruppo affiatato che si basi sulla professionalità e non su giochi subdoli di potere e competenze.

Lavorando in vari ambiti del sociale ho sempre avuto modo, in modalità più o meno evidenti, di osservare esperimentare una certa tensione tra le differenti figure che lavorano in una èquipe interdisciplinare. In alcuni casi sigiunge anche ad un abuso di potere per dimostrare, all’interno del gruppo di lavoro, chi ha effettivamente un maggiorpeso nelle decisioni e negli iter burocratici. Spesso la tensione diminuisce e scompare quasi totalmente nei gruppi in cuiil clima è più sereno, ovvero là dove ogni componente è libero di parlare senza paura di ritorsioni o di accuse dirette allasingola persona. Proporre degli interventi, anche solo a livello intuitivo e sperimentale, non è compito specifico né delmedico né dello psicologo, ma è una possibilità aperta ad ogni persona che lavori con un soggetto da educare. Adesempio creare nuovi strumenti di lavoro e di osservazione non deve essere visto come un’accusa e una invasione dicampo (ad esempio in quello riabilitativo), quanto invece come una proposta per migliorare l’intervento stesso, o perconfrontarsi sulla continuità dello stesso.

Testi sconosciuti e agganci con associazioni e specialisti

Come ho già accennato i testi sulla SR pubblicati in lingua italiana sono rarissimi e difficilmente ci si riesce a fare unidea anche solo generale su cosa sia questa sindrome. Iniziai a leggere il manuale di B.Lindberg e la rivista Vivirett(curata dall’associazione AIR) ma le informazioni scientifiche erano limitate all’essenziale, ovvero alla descrizionedell’evoluzione della sindrome e a qualche dato medico.Decisi quindi di contattare direttamente l’associazione “AIR” per recuperare articoli, riviste e testi riguardanti la SR.Tramite e-mail riuscii a rivolgermi ad una psicologa che da anni lavorava con soggetti con sindromi rare e a lei chiesi inparticolar modo qualche informazione sulle modalità d’intervento circa lo sviluppo della comunicazione e sulle diversetipologie di trattamenti più utilizzati per persone affette da SR. Grazie a questa persona iniziai ad interessarmi al metododell’ “eye pointing”, una tecnica che rientra nella cosiddetta “comunicazione alternativa ed aumentativa”. Questastrategia comunicativa tenta di ridurre al minimo i fattori di disturbo che intervengono nella comunicazione, dando lapossibilità alle bambine di comunicare una risposta solo muovendo lo sguardo , eliminando quindi gran parte deglielementi disturbanti derivati da deficit motori e/o sensoriali.Poiché nella SR l’uso limitato o non del tutto funzionale delle mani è una caratteristica costante, lo sguardo diventaspesso uno dei pochi indicatori per esprimere le proprie preferenze; tuttavia i movimenti dello sguardo sono lenti eperiferici, indicando che le bimbe Rett hanno bisogno di un tempo prolungato per ricevere ed elaborare le informazioniin entrate ed in uscita.

Situazione del pedagogista speciale:

Di fronte ad un soggetto con SR cosa serve e cosa può fare un pedagogista? Quali caratteristiche deve possedere e qualidoti dovrebbe avere?Sicuramente la formazione ha un peso elevato, ma è soprattutto con l’esperienza che un buon educatore può diventareun professionista che interviene in un processo educativo e di sviluppo. Il suo compito è quello di incrementare losviluppo armonico, integrale ed integrato della personalità; ciò si può ottenere grazie ad un intervento continuativo ebasato sull’armonia e la coerenza educativa. In situazioni di deficit plurimi è necessario anzitutto capire e definire le cosiddette condizioni accessibili ed inaccessibilisulle quali si decide poi di creare un progetto individualizzato d’intervento, tenendo conto che il lavoro di rete ed’equipe è il primo passo per ottenere dei risultati in più sfere della personalità del soggetto.

Esiste un pericolo, soprattutto in chi non è sufficientemente a conoscenza delle scienze umane, di dare come scontato diaver raggiunto una conoscenza di sé esaustiva. Non bisogna mai dimenticare che una corretta personalità deve prima ditutto “accettarsi nella sua realtà limitata per fare di questo terreno l’ambiente dove sviluppare dei valori, autorealizzarsinell’autotrascendersi e superarsi per vivere pienamente la propria originalità”4.Il pedagogista speciale, attraverso un lungo e continuo lavoro di riflessione, dovrebbe sentire l’esigenza di ricercare edapprofondire le motivazioni che stanno alla base del suo servizio, che lo aiutano a chiarire sempre più la sua scelta dilavoro. Egli deve essere profondamente convinto che la sua azione si caratterizza attraverso il “vivere con” i tempi ed isoggetti cui rivolge la sua attenzione.Fondamentale dunque è la:formazione attitudinale, che si propone di migliorare il rapporto con chi viene accolto;

4 Pighi S. (a cura di), Operare nel sociale, Il Meschino, Verona, 1994, pag. 195

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informazione corretta, avendo una ignoranza informata precisa dell’ambito cui si rivolgono le singole scienze riguardola tematica specifica del soggetto educando;speranza verso il futuro: il compito dell’educatore e del pedagogista speciale è quello di proporre lasciando alla libertàdi ogni singola persona la responsabilità della propria esistenza. Ciò significa rispettare e stimare l’altro nella suadignità.

Il pedagogista speciale è prima di tutto un testimone anche perché l’uomo, ed in particolare il soggetto diversamenteabile, “ascolta più volentieri i testimoni che i maestri e se ascolta i maestri lo fa perché sono testimoni”5.Si potrebbe affermare che la formazione di chi opera nel campo della pedagogia speciale deve orientarsi essenzialmentead essere “esperto in umanità” più che uno specialista di tecniche, pur necessarie come supporto alla finalità ultima cheidentifica il suo ruolo.Nell’ambito specifico di uno studio di caso con un soggetto affetto da SR il pedagogista speciale è da considerarsi comeun evento perturbatore: egli deve “leggere i volti, gli sguardi, le mimiche, le espressioni, gli atteggiamenti, i movimenti ele loro sequenze, le vicinanze, le lontananze, i silenzi e i toni di voce, insomma portare alla luce attraverso lacomunicazione analogica la realtà profonda di un soggetto”6.Larocca tra le qualità del pedagogista speciale sottolinea l’equilibrio della personalità, la flessibilità, la sincerità, lamodestia, oltre che all’umiltà e alla pazienza7. Quando si entra a contatto con un soggetto Rett è proprio quest’ultimaqualità che crea delle problematiche, in quanto i differenti deficit della sindrome mettono alla prova la pazienza di chi hail compito di proporre azioni ed attività con finalità ed intento educativo.

Come si è detto l’esperto di pedagogia speciale tenta di ridurre gli handicap indotti e prende in considerazione i deficitdeterminati dalla sindrome per progettare un intervento educativo volto al raggiungimento, integrato, armonico edintegrale, dell’incremento di sviluppo umano. Nel distinguere tra la sfera medico-sanitaria del deficit e quellapedagogico-educativa dell’handicap connaturato si differenziano anche gli approcci d’intervento.

Nella SR l’handicap connaturato, ovvero ciò che limita l’attività e riduce la partecipazione, è probabilmente dato dallalentezza delle risposte che è determinata da svariati fattori organici (aprassia, mancata coordinazione oculo-manuale,stereotipie), influenzati dall’umore (fluttuazioni del comportamento) e dall’ambiente (disturbi della relazione e dellacomunicazione).

5 Ibidem, pag. 2016 Larocca F., Alberatoli G., Studi di casi. Handicap indotto, Morelli, Verona, 1992, pag. 41.7 Ibidem, pag. 42-44.

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PRESENTAZIONE DELLA SINDROME DI RETT:

Ma allora cosa è la SR? Chi l’ha scoperta? E che si può sapere sull’evoluzione della malattia?Queste sono alcune spontanee domande che prevedono una risposta complessa, legata al mondo medico. Cercheròquindi di ripercorrere la storia della SR partendo dall’analisi dei soggetti descritti dal Dott. Rett fino a giungere allascoperta genetica del 1999. Ho cercato di semplificare alcuni concetti e termini specialistici, ma mi rendo conto chetuttavia la lettura è meno scorrevole per chi si avvicina per la prima volta a tematiche mediche e pluridisciplinari.

PREMESSA STORICALa sindrome di Rett (d’ora in poi SR) prende il nome da un pediatra austriaco che nel 19668 pubblicò un quadro disintomi presenti in alcune sue pazienti caratterizzato da aprassia della marcia, demenza, iperammoniemia,comportamenti autistici, iponimia e stereotipia delle mani nota come “hand-washing”. Inoltre, il volto delle bambine eracontraddistinto da occhi luminosi e spalancati, peculiarità questa che portò a definirle come “bimbe dagli occhi belli”.Il mondo medico solo due decenni più tardi riconobbe ufficialmente questa sindrome, quando Hagberg, Aicardi, Dias eRamos9 pubblicarono uno studio di soggetti di varia nazionalità colpiti dai sintomi descritti da Andreas Rett. Nel 1988 siarrivò a definire i criteri diagnostici di inclusione ed esclusione10 che vennero modificati in futuro poiché si scoprì unacasistica di soggetti con alcune “varianti” rispetto agli standard diagnostici.Nel 1994 la SR compare nel DSM-IV tra i Disturbi Generalizzati dello Sviluppo, differenziandosi in modo netto dalladiagnosi di autismo infantile che spesso veniva contrassegnato alle bimbe dagli occhi belli a causa di errate diagnosi ealla presenza di comportamenti simili ai soggetti autistici. Le ricerche in questi anni si sono moltiplicate e hanno dato rilievo sia alle forme atipiche della sindrome sia allascoperta, nel 1999, della mutazione del gene MECP2 ,situato lungo il cromosoma X, come fattore genetico causante lamalattia. Circa un 80% delle affette di SR classica (e una percentuale minore di forme atipiche) presentano mutazioni11

nella regione codificante del gene MeCP212, il quale si trova nel braccio lungo del cromosoma X (Xq28) come predettoda ricerche precedenti. La regione codificante di un gene é quel frammento del gene che darà luogo alla proteina.Molti studiosi e ricercatori si sono interessati e si interessano di questa sindrome, a partire da punti di vista ed ottichediverse. Oltre alle pubblicazioni riguardanti l’aspetto medico e genetico, negli ultimi anni sono divenute sempre piùnumerose le riviste e gli articoli di carattere terapeutico ed assistenziale, considerati spesso per gli addetti ai lavori comeveri e propri manuali13.

DEFINIZIONE MEDICA

Hagberg e Witt-Engerström14 hanno descritto le linee generali della SR, in base alle quali l’evoluzione della malattiaviene divisa in quattro fasi:Stagnazione precoce: si manifesta fra i sei e i diciotto mesi e si caratterizza da un rallentamento dello sviluppopsicomotorio. Solitamente si presenta ipotonia, un rallentamento della circonferenza cranica, una diminuzionedell’interesse nella socializzazione, oltre al rallentamento dello sviluppo del linguaggio e a quello concernente ilmovimento grosso e fino-motorio.

8 Rett A.,Über ein eigenartiges hirnatrophisches Syndrom bei Hyperammonamie in Kindersalter, Wien. Med. Wochschr,1966, pag.723-726.9 Hagberg B. et al., A progressive syndrome of autism, dementia, ataxia and loss of purposeful hand use in girls: Rett’ssyndrome report of 35 cases, in “Annals of Neurology”, 14, 1983, pag.471-479.10 Haas R.H., The histiry and challange of Rett syndrome, in “Journal of Child Neurology”, 3, 1988, pag.825-830.11 In senso lato, le mutazioni sono un’alterazione stabile nella molecola di DNA. Esse possono essere rappresentate daun’alterazione grossolana della struttura del cromosoma, come una delezione o una traslocazione di una parte di esso,oppure piccoli cambiamenti in una sola delle basi puriniche o pirimidiniche di un gene. Nella maggior parte dei casiqueste mutazioni “puntiformi” consistono in una sostituzione di una base con l’altra, in maniera tale da cambiare ilsignificato del codone che contiene la base mutata, donde la loro denominazione di missense mutations (mutazione consignificato errato). Vedi AA.VV., Principi di medicina interna, (1950), 12° edizione, Guerini e Associati, Milano,1992,pag. 27.12 MeCP2 è l’abbreviazione per Methyl-Cytosin binding Protein “ (proteina 2 legante la metil-citosina). Questo si legaa citosine mutilate ed impedisce la trascrizione di geni mutilati. Poiché le donne hanno bisogno, in ogni cellula, di unosolo dei due cromosomi X, uno di essi è inattivato tramite un processo che viene chiamato “inattivazione dell’X”. Ladistribuzione dell’inattivazione dell’X determina la gravità della malattia. Il gene MeCP2 comprende tre esoni, checodificano una proteina con complessivamente 486 aminoacidi.13 Tra i testi più utilizzati e tradotti ricordo Lindberg B., Capire la sindrome di Rett. Una guida per genitori, educatori eterapisti, Del Cerro, Pisa, 2000 e Hunter K., The Rett sindrome handbook, IRSA Editino, Clinton, 1999.14 Hagberg B., Witt-Engerström I., Rett syndrome: a suggesting staging system for describing impairment profile withincreasing age towards adolescence,American Journal of Medical Genetics, 1986, pag.47-59.

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Regressione rapida o “rapido distruttivo”: si verifica tra il primo ed il terzo anno di vita con una regressione dellosviluppo precedentemente acquisito. Nella maggioranza dei casi si assiste alla perdita dell’uso funzionale delle mani,oltre che ad una regressione del linguaggio e delle abilità motorie. Durante questa fase si manifesta da parte dei soggettiuna maggiore irritabilità e la presenza di sintomi e problematiche legate al sonno e alla respirazione.Pseudo-stazionaria: è la fase in cui lo sviluppo si stabilizza e i comportamenti di tipo autistico diminuiscono dando lapossibilità ai soggetti di recuperare il contatto emotivo con il mondo esterno. Frequentemente si manifestano attacchiepilettici, un aprassia marcata con andatura vacillante, stereotipie delle mani più frequenti e una minore irritabilità.Deterioramento motorio tardivo: si manifesta attorno al decimo anno d’età e prevede la compromissione del quadromotorio, con la comparsa di scoliosi progressiva, aumento della rigidità dei movimenti, presenza di riflessi bruschi etrofismo dei piedi.

La malattia dunque, nella sua forma classica, presenta un corso predeterminato, ma non sempre i sintomi iniziali, oltreche alla velocità e al grado di deterioramento, sono uguali per tutti i soggetti Rett. L’esordio sintomatologico, dopo unperiodo di normale sviluppo nei primi diciotto mesi di vita, si caratterizza per un arresto o un rallentamento dellosviluppo fisico e psicomotorio, con un rallentamento della normale curva di crescita della circonferenza cranica (inquesto caso si parla di “microcefalia acquisita”). In un periodo di tempo variabile compare una regressione delle abilitàprecedentemente acquisite, specialmente per quelle riguardanti la sfera del linguaggio e della funzionalità delle mani.Compaiono successivamente le stereotipie e i movimenti di lavaggio delle mani, che rappresentano un elemento cardineper la diagnosi, poiché tale semeiotica delle mani porta ad una disprassia manuale. L’evoluzione della sindromecomporta un ritardo mentale grave ed anomalie neurologiche, come spasticità degli arti inferiori e un andatura atassica.La regressione determina poi la scomparsa del linguaggio verbale espressivo, mentre la comprensione sembrarelativamente meno compromessa. Nell’80% dei casi insorgono problemi legati all’epilessia, con evidenti anomalieelettriche all’EEG. Spesso si segnalano problemi legati al sonno e alla respirazione (come irregolarità respiratoria,iperventilazione intermittente, apnea, ecc.).

DSM-IV

La sindrome di Rett appare una malattia complessa, sia per l’insieme dei deficit presenti nei soggetti, sia per quantoriguarda la classificazione nosografica. Essa è riconosciuta in modi diversi all’interno della classificazioni nosografichemondiali più utilizzate. Per poter diagnosticare la SR si devono dunque riscontrare insieme una serie di elementi.Universalmente si utilizza il quadro presentato dal DSM-IV, pubblicato nel 1994 dall’American Psychiatrc Association,che definisce così i criteri diagnostici per il “Disturbo di Rett”:

Presenza di tutte le caratteristiche seguenti: Sviluppo prenatale e perinatale apparentemente normale; Sviluppo psicomotorio apparentemente normale durante i primi cinque mesi dopo la nascita; Circonferenza cranica normale alla nascita.

Esordio di tutte le seguenti caratteristiche dopo un periodo di sviluppo normale: Rallentamento della crescita del cranio fra i cinque e i quarantotto mesi; Perdita di capacità finalizzate manuali precedentemente acquisite fra i cinque e trenta mesi con successiva

comparsa di movimenti stereotipati delle mani (come per torcerle o lavarle); Perdita dell’impegno sociale in una fase precoce del decorso (benché spesso l’interazione sociale si sviluppi in

una fase successiva); Grave compromissione dello sviluppo del linguaggio espressivo e ricettivo accompagnata da grave ritardo

psicomotorio.

Si intuisce subito che ormai questa descrizione non corrisponde in modo veritiero alla rappresentazione della SR. I DSMinfatti utilizzano una metodologia diagnostica molto rigida che fa riferimento ad un sistema monogenico, per cui sipresuppone una netta separazione tra un disturbo e l’altro, senza nessuna possibilità di sovrapposizione. Dalla scopertadella mutazione del gene MECP2 le classificazioni non hanno subito molte modifiche anche se sono state avanzateproposte sui criteri di inclusione ed esclusione della sindrome riguardo anche ad una diagnosi differenziale, soprattuttoriguardante l’autismo e altri disturbi (come ad esempio il disturbo disintegrativo dell’infanzia e il disturbo di Asperger),che presentano alcuni comportamenti e deficit simili.

Dalla diagnosi differenziale al Progetto pedagogico:

Se a livello medico si utilizza la diagnosi differenziale per includere un soggetto in un determinato quadro nosografico, ètuttavia necessario in ambito educativo realizzare un progetto pedagogico che parta da una diagnosi funzionale.Secondo Larocca15la presenza di un bambino affetto da handicap si verifica, di solito, in una realtà scolastica quandoquesta ha già un proprio progetto pedagogico, una sua programmazione, e persino una modalità organizzativa più o

15 Larocca F., Handicap indotto e società, “Il Sentiero” CUSL, 1997, Verona, pag. 153-156.

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meno rigida. L’inserimento di un alunno diversamente abile comincia a divenire integrazione solo quando tutti glieducatori della comunità scolastica si preoccupano di rendere il tutto così flessibile da poter accogliere il nuovo venuto.Ciò significa che il Progetto Pedagogico nella scuola, essenzialmente costituito da finalità terminali per un alunno idealemedio di una determinata età, venga ripensato alla luce delle potenzialità effettive del disabile non tanto nelle finalitàterminali, quanto nell’analisi delle implicazioni disposizionali. Una delle condizioni di esercizio indispensabile all’adeguamento del progetto su misura del bambino con handicap ècertamente la possibilità di operare una reale ed approfondita diagnosi funzionale. Essa va intesa come individuazionedelle condizioni rilevanti accessibili immediatamente e persino come attenzione a quelle condizioni rilevantimediatamente accessibili, almeno in termini di lunga supposizione. La diagnosi funzionale è sostanzialmente quella cheriesce a individuare da frammenti di capacità e di dati insignificanti le potenzialità del soggetto16.L’iter da seguire per intervenire in modo educativo è segnato dal passaggio dalla diagnosi medica e l’analisi funzionaleal vero e proprio Progetto Pedagogico che incorpora in sé i risultati espressi sia dalla diagnosi medica che dall’analisifunzionale e, attraverso una specifica diagnosi disposizionale riguardante la condizione specifica di un educando, parteda queste due fasi per ipotizzare un progetto mirato allo sviluppo umano.

La diagnosi medica descrive il soggetto diversamente abile elencando i sintomi patogeni e classifica in aree leproblematiche dei differenti deficit per giungere ad una definizione della specifica problematicità del soggettoesaminato; nel nostro caso i medici descrivono Sara come una bambina affetta da SR poiché manifesta alcuni itemstipici della classificazione proposta nel DSM IV. Dopo aver definito il soggetto in base al suo insieme di sintomi, sipassa alla definizione, attraverso una diagnosi differenziale, delle potenzialità della persona definita a partire dai singolideficit presenti nella diagnosi medica.Nella analisi funzionale lo scopo non è solo dato dalla definizione e dall’analisi dei sintomi, quanto di creare delleipotesi di trattamento. Queste sono spesso limitate all’utilizzo di terapie mediche e farmacologiche che cercano diridurre o modificare solo alcuni aspetti della malattia; in casi di soggetti plurideficitari l’analisi funzionale evidenzia ipropri limiti, poiché la “cura” è ipotizzata dal solo punto di vista medica, tralasciando quello legato alla riabilitazionefunzionale, all’educazione, ecc.Tradizionalmente i rilievi clinici e le ipotesi interpretative vengono elaborati ed integrati dalla “sintesi clinica” la qualeperò, nel caso del grave soggetto disabile e plurideficitario, è spesso intesa come un puro accostamento di datifenomenici, assumendo un carattere più descrittivo che propositivo. Cannao e Moretti17 muovendosi nell’ottica di unacomprensione analitica degli stati di gravità dei soggetti con deficit gravi preferiscono utilizzare il termine di “bilancioclinico” anziché di sintesi, per sottolineare la natura dinamica di una operazione che non può mai considerarsi conclusané definitiva.Nel Progetto Pedagogico l’ottica interdisciplinare prevede l’utilizzo dell’analisi disposizionale: i contenuti di un Ppinfatti non sono le conoscenze ma le abilità, intese come “disposizioni” assunte a finalità. L’analisi disposizionaleindividua quindi quelle capacità e talenti capaci di “offrire al soggetto educando, una volta realizzate, la più ampialibertà di elaborare in proprio il suo progetto storico”18.Fulcro del Progetto Pedagogico è l’individuazione di tutte quelle condizioni (Ce, Cp, Cr, A, Oi) che sono necessarie perpoter portare nel soggetto educando un incremento di sviluppo umano (Oi+1). La difficoltà maggiore nellaprogrammazione con soggetti diversamente abili consiste nella natura stessa del deficit che è da considerarsi come unacondizione rilevante che può essere un ostacolo e una resistenza alla riduzione di asimmetria e al perseguimentodell’incremento di sviluppo. È necessario dunque fare in modo che le condizioni rilevanti inaccessibili possanodiventare accessibili per l’effettiva conquista di autonomia e di crescita.

Nei soggetti con SR si riscontra la presenza contemporanea di più deficit che interagiscono tra loro in modo complessoed imprevedibile. Compito del progetto educativo è anche quello di riscoprire l’unicità di ogni persona, definendoinnanzitutto i deficit presenti, per poi lavorare sulle effettive potenzialità del soggetto stesso. L’educatore deve creare unvero e proprio campo mutuo ed isomorfo per poter riuscire ad analizzare i vari problemi dal punto di vista della personacon SR.

Deficit Lindberg:

Barbro Lindberg19 fece uno studio su un campione di trentanove ragazze svedesi di età compresa tra i due e i ventinoveanni, che presentavano diversi stadi della malattia e diversi livelli di gravità. Attraverso osservazioni ed interviste, nel1986 giunse alla descrizione dei sintomi e dei comportamenti tipici della SR; pur cosciente del fatto che ogni individuoha caratteristiche proprie e, nello stesso tempo, aspetti che lo accomunano agli altri, l’autrice delinea dodici sintomicaratteristici: 1) Difficoltà nella percezione e nella integrazione sensoriale

16 Ibidem, pag. 154.17 Cannao M., Moretti G., Il grave handicappato mentale, Armando Editore, Roma, 1982.18 Lascioli A., op.cit., pag.43.19 Lindberg B., Capire la sindrome di Rett. Una guida per genitori, educatori e terapisti, Del Cerro, Pisa, 2000.

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2) Stereotipie3) Aprassia4) Difficoltà motorie5) Difficoltà nella coordinazione6) Ritardo mentale7) Disturbi della relazione8) Disturbi della comunicazione9) Canali emotivi10) Fluttuazioni del comportamento11) Reazioni emotive alla malattia12) Identità insicura

SPIEGAZIONE DEI DODICI DEFICIT

Difficoltà nella percezione e nella integrazione sensoriale: La maggior parte delle persone affette da SR faticano adinterpretare gli stimoli provenienti dall’esterno, sia dall’esterno che dal proprio corpo. La difficoltà maggiore riguarda lamodulazione dell’intensità dello stimolo: ciò significa che un rumore, una sensazione, un odore e qualsiasi oggettocatturato attraverso i filtri dei sensi viene spesso o amplificato o colto come uno stimolo filtrato dai sensi stessi. Ciòimplica per i soggetti Rett di gestire i vari input sensoriali come un continuo caotico bombardamento di informazioniche si sovrappongono: questo diventa quindi in molti casi un problema di gestione e comprensione del mondo esterno,visto come un caos che provoca stress e paura.Nella maggior parte dei casi i soggetti Rett utilizzano lo “sguardo periferico”, ovvero guardano con la coda dell’occhio,senza osservare direttamente l’oggetto che coglie la loro attenzione. Le persone con SR sono spesso attratte da oggettiluminosi, dalla luce, dagli occhi delle persone, da immagini dove la forma è in netto contrasto con il colore (in questiaspetti la SR ha qualche caratteristica in comune con alcuni interessi tipici dei soggetti autistici).A livello uditivo le bimbe Rett utilizzano questo senso per filtrare ed organizzare gli stimoli esterni, e sembra che sia ilsenso più “emotivo”, nel senso che ogni suono, voce, rumore provoca emozioni di gioia o dolore a secondadell’intensità dello stimolo e della sua durata.

Stereotipie: La stereotipia delle mani è l’elemento più marcato ed evidente nei soggetti con SR. Solitamente nella primafase dell’evoluzione della malattia si evidenziano gesti non specifici delle mani, che potrebbero in futuro coinvolgereanche altre parti del corpo. Con gli anni si nota una diminuzione in ampiezza ed intensità delle stereotipie.Il movimento più ricorrente di stereotipia delle mani è l’hand-washing, cioè un movimento che sembra un continuosfregamento simile al lavaggio delle mani. In altri casi si può notare l’hand-clapping (un battito ripetuto delle manilungo la linea mediana del corpo), l’hand-wringing (torsione delle dita) o l’hand-mouthing (portare ripetutamente lemani verso la bocca).Un dato ricorrente specifica che le stereotipie aumentano in situazioni di forte stress, di inattività o in situazioni di stresspositivo (come la curiosità, l’impazienza, etc.), mentre non si riscontrano movimenti stereotipati durante lo stato disonno. Oltre alle stereotipie delle mani alcuni soggetti Rett manifestano stereotipie che riguardano l’irregolarità respiratoria,con conseguente apnea e/o iperventilazione, o di movimenti strani con gli occhi.Aprassia: L’aprassia consiste nell’incapacità o difficoltà a compiere movimenti intenzionali anche se non si evidenzianoparticolari deficit motori. I soggetti con SR saprebbero eseguire certi movimenti, ma è come se non avessero la capacitàdi capire come muovere le diversi parti del corpo per ottenere un movimento particolare come risultato di una serie diprocedimenti.È come se l’attenzione catturi un solo singolo movimento per volta, per cui spesso ogni movimento complesso richiedetempi lunghi e una capacità attentiva del soggetto molto alta. Ogni movimento è complesso proprio perché richiede unacapacità motoria, una attentava e di concentrazione, oltre che a quella cognitiva che cerca di motivare il movimento invista di un fine o uno scopo.L’aprassia riguarda sia il quadro fino-motorio attraverso la perdita della funzione gesticolatoria, sia a livello grosso-motorio con un andatura vacillante e una atassia del tronco.

Difficoltà motorie: Le capacità motorie delle bimbe Rett sono limitate dalle difficoltà di coordinazione e percettive, oltreche dalle stereotipie, dall’aprassia e dalla difficoltà di coordinazione oculo-manuale.Lindberg differenzia tre tipologie di movimenti, tra cui le stereotipie (per le quali si rinvia al punto 2), i movimentiautomatici e quelli dettati dall’emozione. La motivazione gioca un ruolo centrale per eseguire un movimento motoriocorretto: è come se le mani e i movimenti siano spinti più dal cuore e dalla volontà di riuscire a muoversi più che dallacapacità cognitiva di strutturare un movimento.Per ciò che riguarda la sfera grosso-motoria le persone affette da SR manifestano spesso problemi di scoliosi e un tonomuscolare rigido con problemi di spasticità. Anche l’atassia del tronco è comune a queste persone che dimostrano un

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disturbo della coordinazione del corpo rispetto all’equilibrio, manifestandosi sia nel mantenimento della postura (atassiastatica) sia nella marcia (atassia dinamica).Tra le difficoltà della sfera fino-motoria si evidenzia la perdita dell’uso funzionale delle mani, solitamente ancoratanell’afferrare oggetti tramite una “presa a rastrello” in cui le dita non hanno funzioni specifiche ed attive.

Difficoltà nella coordinazione: Le ragazze con SR hanno difficoltà a compiere due cose contemporaneamente. Lerisposte motorie sono molto lente e sono rese difficoltose dalla scarsa coordinazione oculo-manuale.Per afferrare un oggetto, ad esempio, il soggetto deve compiere una serie di fasi in cui l’attenzione si sofferma su ognisingolo stimolo (sensoriale o motorio): prima si guarda l’oggetto da afferrare attraverso una rapida occhiata,;successivamente si distoglie lo sguardo e ci si avvicina all’oggetto per poi riguardare lo stesso e afferrarlo senza fissarlodirettamente con gli occhi.Il grado di difficoltà della ricezione di qualsiasi stimolo dipende fortemente dal grado di attenzione e di interesse delsoggetto Rett e varia a seconda di queste variabili.Da diversi esperimenti e tests si nota come l’input proveniente da stimoli esterni è sempre maggiore dell’output(risposte): ciò significa che i soggetti Rett manifestano solo una piccola percentuale delle loro capacità e potenzialitàeffettive; il lavoro dell’educatore è quello di cogliere le risorse nascoste del soggetto per ampliarle utilizzando gliinteressi personali e le emozioni.

Ritardo mentale: Generalmente si tende a paragonare il livello d’intelligenza delle bimbe Rett a quello del quarto stadiosenso-motorio definito da Piaget; tuttavia questa teoria valuta i comportamenti tramite le risposte manifeste, per cui nonsi può dire con certezza che i soggetti con SR non abbiano sviluppato ulteriori potenzialità cognitive definite anche neglistati piagettiani successivi a quello indicato.Solitamente con il passare del tempo il Q.I. diminuisce, in quanto il divario tra lo sviluppo mentale e l’età anagraficadiviene maggiore a causa anche delle difficoltà motorie che portano ad un impedimento di risposte chiare edoggettivamente interpretabili.I soggetti Rett comprendono attraverso i processi di associazione e riconoscimento; si nota anche che in situazionifamiliari e strutturate la comprensione è maggiore. Anche per ciò che concerne lo spazio, la familiarità e le propostestrutturate e ripetute , giocano a favore del soggetto con SR che riesce a manifestare le proprie risposte eliminandoalcune delle difficoltà causate dall’aprassia e dalla stereotipia.Nella sfera cognitiva si può dire che le ragazze con SR sono interessate ai disegni, alle immagini e alle fotografie e inmolti casi l’associazione con un oggetto reale rappresentato nell’immagine viene colta in maniera corretta.

Occorre però ricordare che i metodi standard per misurare l’intelligenza non sono adatti a persone con problemi fisico-motori, impedendo di cogliere alcune potenzialità latenti. Attualmente alcuni studiosi20 stanno elaborando tests e grigliedi compilazione per i “profili dinamico funzionali” adatti alle persone affette da SR, valutandone i deficit indicati inquesta paragrafo.

Disturbi della relazione: Nell’ambito relazionale la SR ha caratteristiche simile ai soggetti affetti da autismo: sievidenziano come caratteristiche comuni la mancanza di sorrisi, l’amimia21, l’isolamento e il rifiuto di interazione conl’ambiente esterno, improvvisi pianti e grida e la parziale assenza di intenzionalità comunicativa gestuale e mimica.Tuttavia rispetto agli autistici le persone affette da SR fissano più a lungo gli oggetti e i movimenti stereotipati sonomeno complessi; inoltre i soggetti con SR gradiscono il contatto fisico, mentre gli autistici sono più restii al contattostesso. Solitamente nei primi stadi della patologia il livello relazionale è compromesso solo lievemente, mentresuccessivamente c’è una sorta di deterioramento del contatto relazionale. Nella fase “pseudo-stazionaria” il contatto sistabilizza e l’interesse verso l’esterno migliora e si rende stabile.Come i soggetti autistici, le persone con SR sono molto sensibili a captare attraverso la comunicazione non verbale isegnali provenienti dal mondo esterno.

Disturbi della comunicazione: la comunicazione utilizzata dai soggetti Rett non è sicuramente quella convenzionale,cioè verbale; essi utilizzano prevalentemente i segnali non verbali dando risposte in base a tempi e modalità moltopersonalizzati, tenendo anche conto della forte variabile presente nelle fluttuazioni del comportamento.Il canale non verbale comprende le espressioni del viso, il linguaggio del corpo, le espressioni emotive, i suoni e ibalbettii emessi con intenzionalità, ecc.Occorre sottolineare che attraverso questa forma di comunicazione i soggetti con SR riescono ad esprimere in modosemplice e chiaro i propri bisogni e desideri, oltre che i sentimenti.Tuttavia ogni soggetto adotta delle modalità espressive molto personali; c’è chi comunica attraverso il movimentocorporeo, chi toccando determinato oggetti-simbolo, chi utilizzando la comunicazione aumentativa (eye-pointing,computer, ecc.).

20 Demeter K., Assessing the developmental level in Rett syndrome: an alternative approach?, in “European child andadolescent psychiatry”, 9, pag.227-233, 2000.21 Perdita più o meno completa dell’uso dei gesti. Nella SR si evidenzia una amimia motoria, ovvero un disturbodell’esecuzione dei gesti.

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Canali emotivi: si potrebbe affermare che i sentimenti aiutano a superare le difficoltà legate ai diversi deficit che siaccumulano nelle persone con SR. Appena iniziano a pensare a ciò che stanno facendo queste persone si bloccano acausa di una sorta di “aprassia cognitiva”; agire e pensare contemporaneamente è un impresa ardua, che richiede unaserie di capacità motorie, emotive e cognitive difficilmente gestibili in tempi ridotti.

Fluttuazioni nel comportamento: il comportamento dei soggetti affetti da SR è spesso fluttuante, ovvero si notano deirepentini cambiamenti di umore senza una motivazione chiara e manifesta. Le fluttuazioni influenzano il grado di attenzione e la sensibilità agli stimoli sensoriali, oltre che l’apertura verso ilmondo esterno. Esse provocano nel soggetto una profonda frustrazione, in quanto il comportamento si modificaandando ad influire sul suo stato emotivo.Tali fluttuazioni vengono determinati da svariati fattori tra cui l’epilessia, la temperatura ambientale, la presenza diproblemi fisiologici e psicologici.

Reazioni emotive alla malattia: Le ragazze con sindrome di Rett, indipendentemente dal gruppo a cui appartengono eallo stadio della malattia, sono affette da deficit plurimi: diverse disfunzioni organiche che non si sommanosemplicemente, ma piuttosto interagiscono fra loro in una modalità complessa che rende ciascun deficit più invasivo diquanto lo sarebbe se fosse presente isolatamente. Dal momento che questa situazione impedisce l’espressione dellecapacità, è difficile anche il feed-back da parte dell’ambiente e, dato che le ragazze hanno un grande bisogno diattenzione e di stimoli, la compresenza di deficit riduce la fiducia e rafforza o crea altri handicap detti indotti. Peraiutare i soggetti con SR da un punto di vista educativo non bastano strumenti ed aiuti pratici, ma occorre comprendereprofondamente la loro situazione: l’intervento educativo non si deve limitare all’insegnamento delle abilità, ma devesvolgere anche una funzione terapeutica. Ciò per promuovere nel soggetto una maggiore conoscenza e comprensione delmondo, un uso migliore del proprio corpo, una partecipazione attiva nell’interazione e nel collegamento con l’ambienteesterno.Tra i deficit che alimentano lo “spettro Rett” troviamo:Irregolarità della respirazione (aerofagia e apnea, iperventilazione): spesso le irregolarità cominciano durante l’etàprescolare, in modo più pronunciato durante lo stato di veglia. L’aerofagia consiste nella deglutizione più o menovolontaria di una certa quantità di aria che penetra nell’esofago e nello stomaco, determinando la dilatazione di questiorgani, vomito e l’esacerbazione della dispepsia22. L’apnea consiste invece in un arresto più o meno prolungato della respirazione. Infine, l’iperventilazione polmonare, checonsiste nell’aumento della quantità di aria inspirata, che entra negli alveoli polmonari e che diventa eccessiva inrapporto al consumo di ossigeno nel soggetto; essa provoca una diminuzione del tasso arterioso dell’anidride carbonicaed un’alcalosi respiratoria (rottura dell’equilibrio acido-basico del plasma nel senso dell’alcalinità, con un pH superiorea 7,40). Fratture ossee: dipendono dalla diminuzione della densità ossea, a causa di una bassa presenza di minerali e di calcio.Costipazioni: è uno dei problemi gastrointestinali più comuni, ricorrente nell’85% dei casi con SR. Queste insorgono perla mancanza di attività fisica, l’ipotonia e la dieta scorretta. Causano in molti casi piccole emorragie nell’apparato anale.Anomalie dell’EEGEpilessia: presente nell’80% dei casi analizzati; si manifesta in modo maggiore durante la veglia, quando le ragazzesono sottoposte a stress elevato.Atrofia muscolare progressiva: è una malattia dovuta ad una degenerazione delle corna anteriori del midollo spinale,caratterizzata da un’atrofia muscolare simmetrica, che inizia dai muscoli delle mani. In generale l’atrofia è un difetto dinutrizione dei tessuti e degli organi, caratterizzato da una forte diminuzione del loro volume e del loro peso.Scoliosi: si sviluppa in un numero considerevole di ragazze con SR e può progredire velocemente durante l’etàcompresa tra gli otto e i quattordici anni. Alcuni soggetti manifestano una progressione lenta dei peggioramenti legatialla malformazione scheletrica; altri giungono a dover subire interventi chirurgici per modificare la curvatura dellaschiena. La probabilità di peggioramento della scoliosi è maggiore nelle ragazze che non camminano autonomamente enei soggetti in cui è presente ipotonia della muscolatura o distonia.Ritardo della crescita: si nota soprattutto nella microcefalia, ovvero uno sviluppo ridotto della crescita dellacirconferenza cranica.Disturbi del sonno: in questo ambito si riscontrano terrori notturni con la presenza di incubi, l’apnea notturna e, in pochicasi, dei sintomi di narcolessia.Stipsi.Bruxismo (digrignare i denti).

Nell’evoluzione della SR si nota un peggioramento e un deterioramento delle abilità precedentemente acquisite,soprattutto in ambito motorio. Il soggetto con SR si rende perfettamente conto che man mano perde il controllo dialcune sue funzioni, per cui di conseguenza vengono meno alcuni punti di riferimento che inizialmente sembravano

22 Garnier M., Panzera G., Delamare V., Dizionario dei termini tecnici di medicina, Paolo Gagliardi Editore, Firenze,1988, pag. 19.

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stabili e sicuri. Durante la fase della stagnazione dello sviluppo i soggetti Rett perdono la fiducia nel proprio corpo inquanto non riescono a comandarlo come vorrebbero. In questa situazione le bimbe dagli occhi belli hanno bisogno diessere rassicurate e consolate, puntando sulle abilità acquisite per poter comunicare ed interagire col mondo esterno nonsolo attraverso il corpo, ma con strumenti e tecniche che utilizzano canali diversi da quello fisico-motorio.

Identità instabile: i soggetti affetti da SR mostrano un identità insicura ed instabile; ciò si può verificare sia analizzandola consapevolezza che hanno del proprio corpo, sia sulla consapevolezza e la fiducia di sé.Come già detto i soggetti Rett hanno frequenti sbalzi d’umore e fluttuazioni del comportamento e dell’attenzione. Sonostati evidenziati numerosi casi di disturbi comportamentali con la comparsa di episodi di ansia e autolesionismo, oltreche a modificazione dell’umore.L’identità di queste persone è spesso incerta, sia per la conseguente perdita di funzioni acquisite precedentemente, siaper una scarsa comprensione e concezione del proprio corpo. Su questo argomento, alcuni ricercatori23 stanno lavorandosulla “teoria della mente” anche con soggetti Rett, con notevoli risultati.

TRATTAMENTI

Nella maggioranza dei testi che si occupa di riabilitazione e di interventi terapeutici della SR si sottolinea che le bimbeRett comprendono e rispondono agli stimoli in maniera più attiva e partecipe rispetto a ciò che l’osservatore percepiscee comprende.Anche se la bambina con SR spesso sembra non cooperare e prestare attenzione, in realtà sa bene ciò che vuole fare eciò che vuole comunicare; semplicemente e incapace di farlo a causa della compromissione dello sviluppo motorio e divari problemi, quali l’ipotonia, l’atassia, la perdita della deambulazione, il disorientamento spaziale e la perdita dellefunzioni delle mani.

La grande sfida per chi lavora a contatto con soggetti con SR (ma anche nella maggior parte di soggetti diversamenteabili) si basa sì sul mantenimento e l’aumento delle abilità già acquisite, ma soprattutto è un lavoro di intuizione, chetenta di scoprire le potenzialità nascoste nella persona che ci sta di fronte.Questo è un problema più dell’educatore e dell’operatore, che in alcuni casi si fossilizzano sul lavoro prettamenteassistenziale e di accudimento, perdendo la possibilità di incrementare le potenzialità e le capacità della personadisabile.

Secondo Molinari24 i trattamenti riabilitativi hanno come obiettivo non solo il recupero di una particolare competenzafunzionale, ma anche porre un rallentamento della regressione funzionale e un reperire formule facilitanti alternative.

Nella SR lo sviluppo motorio è compromesso e il ritardo varia considerevolmente in base al decorso della malattia e deidifferenti deficit motori presenti, tra i quali si ricordano la scoliosi, la cifosi, la spasticità, l’aprassia motoria, l’atassia, laperdita della deambulazione e dei movimenti transizionali e l’ipotonia.Dalle ultime ricerche ci si è resi conto che la sindrome di Rett non è degenerante e che le bambine possono continuaread imparare ed acquisire abilità durante tutta la vita. Tutti i trattamenti funzionano meglio quando sono strutturate inmodo positivo e motivante per il paziente, risvegliando in esso un canale sensoriale alla volta per prolungare laconcentrazione.

Nei soggetti con SR i trattamenti più utilizzati sono quelli legati alle disfunzioni motorie. Eccone alcune:Fisioterapia: i traguardi della fisioterapia sono quelli di mantenere e/o aumentare le abilità motorie; sviluppare e/oconservare le abilità transizionali; prevenire o ridurre le deformità; dare sollievo ai disturbi motori migliorandonel’autonomia.Terapia occupazionale: questo trattamento si basa sul concetto di “adattamento” sia per ciò che riguarda l’utilizzo delproprio corpo, sia per affrontare problemi relazionali ed affettivi. Solitamente nella SR questa terapia viene utilizzataper creare una modalità di scelta per il paziente, utilizzando tecniche e strumenti personalizzati in base allo stadio della

23 Antonietti A., Castelli I., Fabio R.A., Marchetti A., Teoria della Mente nella sindrome di Rett: effetti di un training, in“Ciclo evolutivo e disabilità”, IV (2), pag. 301-329, 2001Antonietti A., Castelli I., Fabio R.A., Marchetti A., Variabili individuali nel rapporto tra Teoria della Mente e sindromedi Rett, in “Volume degli abstracts: XI congresso nazionale AIRIPA sui disturbi dell’apprendimento”, Udine, 2002, pag.66.Antonietti A., Castelli I., Fabio R.A., Marchetti A., La comprensione di emozioni fondamentali e complesse nellasindrome di Rett, in “Volume dei riassunti: giornale di studio sulle emozioni. Emozioni: cultura, comunicazione,benessere”, Bari, 2002, pag. 292-293.24 Molinari E., Clinica psicologica in sindromi rare. Aspetti genetici e riabilitativi, Bollati Boringhieri, Torino, 2002.

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malattia. Gli obiettivi riguardano l’autonomia nel lavarsi, nel compiere delle scelte, nel massimizzare l’uso delle mani enel migliorare la capacità di tollerare gli stimoli sensoriali all’interno dell’ambiente scolastico.Logopedia: come si è già accennato in precedenza nei soggetti con SR è maggiormente danneggiato il linguaggioespressivo rispetto a quello recettivo. Il lavoro dei logopedisti parte nella quasi totalità dei casi dalle cosiddette“capacità prelinguistiche”, come ad esempio la capacità ad imitare diversi suoni. La logopedia utilizza strategiecomunicative personalizzate con l’obiettivo di ampliare la comunicazione del soggetto affetto da SR; a tal fine sipossono utilizzare diversi strumenti tra i quali i pannelli di comunicazione con il si/no, gli apparecchi con uscita di voce(comunicatori), i puntatori per la testa (licorni) e vari strumenti adoperati nella comunicazione aumentativa edalternativa.Musicoterapia: secondo Benenzon25”la musicoterapia è il campo della medicina che studia il complesso suono-essereumano-suono per utilizzare il movimento, il suono e la musica con l’obiettivo di aprire canali di osservazione nell’essereumano, per produrre effetti terapeutici, psicoprofilattici e di riabilitazione in lui stesso e nella società”. Nella SRl’intervento mira a far acquisire capacità quali la comunicazione, la socializzazione, la capacità di scelta e una maggiorefluidità nei movimenti motori. La musica utilizza il ritmo e il suono per creare delle “curve di eccitazione” alle qualiogni soggetto risponde con le proprie azioni. Nella SR la musicoterapia è utile per ampliare il tempo di attenzione e diconcentrazione del paziente, per rilassarsi, per migliorare l’immagine di sé e l’autostima, per la stimolazione al contattovisivo intenzionale oltre che all’aumento dell’uso intenzionale delle mani.Idroterapia: questo tipo di intervento mira ad allargare la gamma di movimenti nel paziente e a ridurre la spasticità e ledifficoltà percettive e sensoriali. La temperatura tiepida dell’acqua tende a rilassare il corpo, riducendo i movimentiinvolontari (stereotipie ed irregolarità respiratorie). Ippoterapia: secondo Lago26”Montare a cavallo è divertente per molte bambine. Questa attività aiuta l’equilibrio e daforza al dorso, richiede l’utilizzo delle mani, minimizzando così le stereotipie ed intensificando il suo uso funzionale.Guadagna senso del controllo, il che gli da fiducia e soddisfazione”. Nei soggetti con SR l’ippoterapia mira ad ampliarel’apprendimento oltre che a potenziare la postura e l’equilibrio.Affettoterapia: Lindberg27 utilizza questo termine per indicare la terapia basilare, quella fondata sull’amore. L’autriceafferma che “nessuna delle terapie care e complicate del mondo può avere dei risultati senza amore”. Questa terapiamette al centro il soggetto Rett integrandolo nella famiglia, nella comunità e nel mondo come una persona amatavalorizzando ogni sua capacità e qualità.Terapia farmacologia: le scarse conoscenze sulle basi neurofisiologiche della SR, fanno sì che l’approcciofarmacologico a questa patologia sia principalmente sintomatico, ovvero volto a favorire comportamenti più adeguati esocialmente accettabili, modificandone alcuni particolarmente disfunzionali. Gli psicofarmaci rappresentano perciò, inun piano terapeutico centrato sull’approccio riabilitativo, un elemento di supporto. Solitamente i farmaci vengonosomministrati per alcuni disturbi evidenziati nella SR, quali i disturbi del sonno, i disturbi dell’umore, l’irritabilità e idisturbi dell’attenzione.

Accanto ai trattamenti rivolti al soggetto Rett, vengono utilizzate alcune strategie per ridurre le complesse dinamicheemotive e relazionali che si creano nel sistema familiare. Tra queste ricordo le seguenti:Parent-training: esso riguarda tutti i programmi di intervento a favore dei genitori, nel quale la famiglia divienel’interlocutore centrale del trattamento al fine di una migliore collaborazione con l’equipe che lavora accanto al soggettoRett. Questa strategia è una sorta di formazione del genitore che mira alla sinergia dei differenti interventi specialistici.Programma di Kozloff: questo approccio si basa sul cosiddetto “behavior modification” secondo cui i genitori hanno laduplice capacità di osservare e,d agire identificando i comportamenti del bambino per poter poi programmarel’interventi migliore da attuare nei suoi confronti. Punti cardini di questo programma sono l’osservazione, lamisurazione e la registrazione dei comportamenti ritenuti incrementabili.Programma REPT: ideato da Di Pietro28, acronimo di Rational-Emotive Parent Training. Il programma si rivolge adiversi gruppi di genitori, nel quale si insegna ai genitori l’auto-accettazione, l’autoeducazione razionale ed emotiva, perpoi costruire nel soggetto diversamente abile una maggiore tolleranza alla frustrazione.

Come si può notare gli interventi riabilitativi nella SR sono numerosi; tuttavia ogni intervento mira ad allargare ilpotenziale della persona, incrementando il suo sviluppo in modo armonico. È necessario quindi un approcciomultidisciplinare che parta dalla convinzione che ogni disfunzione o deficit è modificabile. È importante che ognitrattamento sia quotidiano, in modo da automatizzare gli interventi e favorire una risposta migliore da parte del paziente.

La conclusione del tirocinio:

Come già accennato in precedenza conclusi il mio tirocinio un sabato di novembre. Durante quella mattinata ero ilreferente di Sara e con lei passai l’intera giornata scolastica. La aspettai nell’atrio della scuola e la vidi arrivare

25 Benenzon R.O., Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, 1992.26 Lago N., Il cavallo e il suo aiuto nelle terapie riabilitative, in Vivirett n°24, 1999, pag.16.27 op.cit.28 Di Pietro M.(a cura di), La terapia razionale-emotiva, Bulzoni Editore, Roma, 1998.

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puntualissima, come al solito accompagnata dalla madre. Il distacco con la signora non fu traumatico, poiché la bambinaormai mi conosceva e sapeva di potersi fidare.Dopo aver salutato la madre Sara iniziò a correre verso le sale della Scuola Potenziata; cercai di distrarla durante lacorsa per ricordarle di appendere la giacca e la cartella sull’attaccapanni della classe, ma sembrava impaziente didirigersi verso il suo spazio personale. Giunta nella sua stanza, attraverso un immagine-simbolo riuscii a farle capire cheera il momento di dirigersi verso la classe, insieme ai suoi coetanei. Carica di sorrisi ed entusiasmo Sara mi diede lamano per farsi accompagnare in classe: l’andatura era sostenuta, tuttavia la bimba davanti agli scalini si bloccò perqualche secondo e iniziò in modo vistoso ad innervosirsi. Le stereotipie aumentarono e il suo sguardo si perdeva oraverso il soffitto, ora verso le pareti della struttura scolastica. Capii che la sua fatica a salire delle scale era immensa,poiché richiedeva un’insieme di azioni complesse che implicavano l’attivazione di funzioni motorie, cognitive e dicoordinamento in modo sinergico. Tenendole la mano cercai di estraniarla dal problema concreto a cui si trovavainnanzi cercando di non farle pensare a cosa avrebbe dovuto fare: così le dissi di cercare di rincorrermi per il corridoio,mentre con un piede avevo già superato il primo gradino. Iniziai ad allungare le distanze e Sara, guardandomi con unaria di sfida, iniziò a salire le scale urlando di gioia e cercando di prendermi.Arrivammo davanti alla porta della classe. Sara cercò subito lo sguardo dell’insegnante e poi iniziò, a modo suo, asalutare i compagni di classe avvicinandosi ai coetanei più simpatici come per baciarli sulle guance. Sicuramente Saraera una bambina che sapeva farsi accettare, e in alcuni casi ampliava i suoi comportamenti istrionici e da attrice per farsinotare e creare un’atmosfera allegra in cui lei era la protagonista, acclamata ed applaudita dagli altri spettatori dellaclasse.Dopo il momento dell’accoglienza nella classe di riferimento la lezione iniziò: si stavano iniziando ad imparare ascrivere e leggere alcune consonanti. Ogni lettera nuova veniva incollata su un cartellone su cui veniva applicato undisegno di un animale o un oggetto che aveva per iniziale quella lettera. La concentrazione di Sara era fissata più sui movimenti dei compagni che sull’acquisizione di nuove consonanti. Spessogirava la testa in direzione del muro in fondo all’aula, ma il suo sguardo repentinamente scrutava i comportamenti siadell’insegnante che dei compagni di classe. Ogni rumore e suono, sia proveniente dall’interno dell’aula che da fuori,portava Sara a fare degli scatti con le gambe: in più occasioni si alzò dalla sedia e restò immobile con la testa rivoltaverso l’alto, come per sentir meglio i suoni appena percepiti.

Quando il clima generale fu abbastanza tranquillo inizia a togliere dalla cartella di Sara il suo quaderno personale e,dopo aver scritto la data del giorno, tolsi dall’astuccio tutti i pennarelli. La bambina prese un colore, tolse il tappo einiziò faticosamente a fare qualche scarabocchio sulla pagina bianca. Continuò a disegnare per una decina di minuti eogni volta che voleva prendere un nuovo colore gettava per terra quello che aveva in mano per sceglierne uno nuovo.Successivamente mi feci aiutare da Sara a riporre ordinatamente i colori nell’astuccio e a riordinare la cartella.

Una volta sistemata la cartella diedi a Sara l’immagine-simbolo che indicava il ritorno nel suo spazio personale nellaScuola Potenziata: la bambina prese l’immagine e autonomamente si avvicinò all’attaccapanni dove doveva lasciare lacartella, per poi avvicinarsi a me prendendomi per mano. Salutammo i compagni di classe e l’insegnante e ci avviammoverso la sua stanza.

SR e società:

In ambito educativo la nostra società impone dei diritti e doveri da rispettare, che a livello internazionale dovrebberoessere salvaguardati da enti appositamente creati per la tutela e la supervisione degli stessi. Nel caso dei minori siricordano i diritti all’istruzione, al pieno sviluppo di sé, il diritto ad avere un nome, una cittadinanza, ecc.

La società sembra però essere contraddittoria e “schizofrenica” riguardo alle tematiche dell’educazione: i diritti dellepersone diversamente abili sembrano rientrare in una categoria di “serie B” e in molti casi queste persone si ritrovanosole a combattere contro ciò che spetterebbe loro.

Purtroppo anche la scienza è succube alla cultura globale, per cui sono limitate le ricerche che si interessano di malattierare (o “orfane”), soprattutto per interessi economici. L’ottica della scienza è quella di generalizzare: non si è in grado,nel ventunesimo secolo, di accettare l’unicità e l’irripetibilità di ogni persona.Ogni uomo ha sì in comune con gli altri alcuni interessi, alcuni diritti, alcune filosofie di vite ecc., ma è anche vero cheogni uomo ha delle potenzialità che non si possono equiparare agli altri: qualsiasi confronto sarebbe insensato.Così è per le persone disabili….il loro mondo è incomprensibile se guardato nell’ottica della società contemporanea. Leloro ricchezze si gustano solo avendo il coraggio di chiedere il permesso per entrare nel loro mondo.

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L’uomo d’oggi fa esperienza di molte paure, di stress, di fobie, di ansia e solitudine, di nevrosi e ossessioni: moltiaffermano che ciò dipende dalla mancanza di amore. Se così fosse ciò significa che il compito dell’educazione consistenel ridare fiducia e amore alle nuove generazioni. Questo implica innanzitutto che l’educatore stesso abbia alcunequalità tra cui la generosità disinteressata, la voglia di crescere e vivere serenamente, la capacità di apprendere da tutto eda tutti, l’ottimismo grazie al quale si possono vedere aspetti positivi anche in un mondo o in un ambienteprevalentemente negativo.

Anche i soggetti con SR fanno esperienza di paure, ansie e solitudine; come ogni essere umano riflettono sulla propriapersona le singolari potenzialità, qualità e limiti. Nel caso della SR (poiché hanno alcune caratteristiche simile aisoggetti autistici) la realtà è colta raffinatamente in modo diverso. “Diverso” nel senso che tutto è visti in prospettivadella propria solitudine, paura, angoscia; sembra che il mondo esterno sia visto per ciò che è: un mondo contraddittorioe complesso.

Chi conosce se stesso, dovrebbe conoscere anche i propri difetti, le proprie paure, i ricordi dolorosi, l’odio e il disprezzoverso altre persone ecc. l’uomo “normale” evita questa comunicazione con il proprio mondo oscuro con tecnichediverse: il tempo libero non coincide mai con una pausa di riflessione; la fretta di sperimentare e comprare le ultimenovità sono fughe da sé.

Ma se ci pensate bene tutte le persone si creano un loro mondo. Ci sono azioni inconsce che amiamo ripeterequotidianamente per evitare di dialogare con la paura e con la nostra interiorità: c’è chi fuma, chi si gratta, chi mangia,chi dorme, chi scrive, chi corre…ogni uomo ha delle coazioni e delle stereotipie. Il diversamente abile manifesta inmodo realista alcuni comportamenti che nella società globale viene mascherato con etichette diverse. Uno scrittore non èconsiderato un folle perché esterna in modo educato i suoi incubi peggiori e le sue paure più profonde e perverse. Unautistico che grida dalla disperazione è considerato un soggetto pericoloso, un pazzo fastidioso. Solo poche personegridano e piangono quando sono tristi e ridono e saltano quando sono felici. Le persone “normali” mascheranoaddirittura i loro sentimenti: i pranzi di natale rendono tutti i familiari degli animali travestiti di conformismo emaleodorante educazione; i “buongiorno” falsi gettati ogni mattina addosso ai propri colleghi sono esperienze diroutine, ecc.

Come i soggetti disabili ci difendiamo dietro azioni ripetitive che ci rilassano, azioni che ci danno un senso di sicurezza.Sì, è proprio la sicurezza che manca al disabile. Egli ha paura di vivere nel nostro mondo “normale”; egli rifiuta dimascherare i propri sentimenti; egli rifiuta la routine e i comportamenti insensibili; egli rifiuta la tecnologia e ilprogresso alienante.Il disabile, e il soggetto con SR, è lo specchio della nostra società: in lui vediamo e nascondiamo le nostre paure, ilnostro orrore per la diversità e l’anticonformismo; in lui proiettiamo la compassione e la pietà. Ma loro fanno lo stessocon noi: hanno pietà e compassione per il nostro stile di vita e i nostri comportamenti. Tuttavia è una pietà più rispettosala loro; essi, infatti, non accusano ma si auto-accusano, non aggrediscono ma fa violenza su se stesso, non parlano pernon offendere, ecc.

Così spesso la persona affetta da SR è sola a se stesso, è sola con le sue paure e le sue gioie. Essa non riesce a fidarsi dinessuno proprio perché è convinto che nessuno può conoscerlo per ciò che è, nessuno può conoscere in modo perfetto ilsuo mondo. Il compito dell’educatore è quello allora di chiedere il permesso al soggetto per entrare nel suo “mondodelle meraviglie”. Come nell’opera Alice nel paese delle meraviglie l’educatore deve avere il coraggio di Alice che,entrando nel mondo dei sogni, riesce a vedere un mondo fantastico dove i principi sociali e morali sono diversi. Isentimenti, i personaggi, le paure che governano il mondo del disabile sono creati dallo stesso soggetto proprio perevadere dalla realtà. Essi vivono perennemente in un mondo onirico: il problema è che spesso non sono coscienti delfatto che quel mondo, visto dall’ottica della normalità, è un universo anticonformista, per cui da condannare e da evitare.

L’educatore professionale ha dunque dei compiti molto difficili se si occupa di disturbi riguardanti il comportamento ela compromissione dell’approccio con la realtà: egli deve cercare di entrare nella “visione” del soggetto per poiinteragire con i suoi sentimenti. È necessario un carattere aperto alla novità e alla stravaganza per poter accettare, senzamai criticare, tutto ciò che nel mondo delle meraviglie esiste. L’adulto per prima cosa dovrebbe cercare di entrare inquesto mondo fantastico per prendere atto degli oggetti e dei sentimenti che in esso si muovono. Successivamentedovrebbe rendere cosciente l’educando di ciò che si è creato per fuggire dalla realtà: occorre dare i nomi a tutto ciò cheè presente nell’universo. Un passo ulteriore è quello di condividere esperienze e sentimenti col soggetto stesso percercare di creare in lui quel sentimento di socialità che nasce soprattutto dalla fiducia e dall’amore. Il caso dellacomunicazione assistita parte proprio dal presupposto della fiducia.

Theo Peeters, un autore che si occupa di autismo infantile, dice che gli educatori con gli autistici spesso agiscono comeil mito di Procuste: questi era un ladro che obbligava i viaggiatori a sdraiarsi su un letto e adattandoli ad esso: quindinon adattare il letto a loro ma il contrario”.È ciò che succede oggi: la “normalità” è messa in discussione dalla normalità degli autistici , dei diversamente abili,dagli artisti, dai poeti, ecc.

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Probabilmente la “normalità” è una forma comune di stereotipia!!!!!! Occorre vedere per chi questa stereotipia èmotivata e valida e per chi invece non è adatta. Gli autistici rifiutano le nostre stereotipie: trovano in altri modi ( equindi creano diverse vie per fuggire dallo stress, cioè sono creatori) qualcosa che li faccia sentire più sereni e tranquilli.Le urla sono le loro sigarette; gli schiaffi autolesionistici sono il nostro mordersi le unghie; e così via….Gli educatori non devono capire né spiegare…devono solo “vivere” in loro!. Con le persone disabili non si può bararené coi sentimenti né con la professionalità: essi se ne accorgerebbero subito e adotterebbero tutte le loro armi percercare di distruggerli e allontanarli.

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Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

Peeters T., Educazione e guida delle persone affette da autismo, traduzione a cura di alcune maestre della scuolaelementare di Tagliuno, in collaborazione con il dott. Rho M.T. dell’A.O. “Bolognini” di Seriate.Rett A., Ueber ein eigenartiges hirnatrophisches Syndrom bei Hyperammonamie im Kindersalter, Wien. Med. Wochschr,1966.Sorrentino A.M., L’intervento sulla famiglia dello psicotico, in Liverta Semplo, “L’intervento per il bambino psicotico”,Marietti, Milano, 1991.

SITI INTERNET www.airett.itwww.autismo.inews.itwww.alihandicap.orgwww.autismoinfantile.itwww.coenraads.comwww.dreamkeeper.orgwww.educare.itwww.epilepsy.orgwww.genetica.chwww.gli-argonauti.orgwww.irsc.orgwww.iss.itwww.lifespan.itwww.medicoebambino.comwww.rett.eswww.rett.mplwww.rettsyndrome.orgwww.rsrf.orgwww.sanita.itwww.uildm.orgwww.unpassoavanti.it

ALLEGATO 1: Progetto educativo individualizzato

PROGETTO EDUCATIVO INDIVIDUALE

DI

_____________________________________________

Data compilazione P.E.I………………………………………………………………………………EDUCATORI FIRMA

83

Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

DATI PERSONALI DEL MINORE

Cognome e nome……………………………………………………………………..

Luogo e data di nascita………………………………………………………………

Residenza……………………………………………………………………………...

Via…………………………………………………………Tel………………………..

Scuola…………………………………………………Classe………………………..

Centro Sociale…………………………………………………………………………

Assistente Sociale……………………………………………………………………..

Centro Diurno………………………… Coop …..……………………………...

Data Inserimento……………………………………………………………………..

Data Presunta Dimissioni …………………………………………………………..

Data Effettiva Dimissioni…………………………………………………………….

Interventi in atto sul minore e/o sulla famiglia :

Appoggio familiare (semiaffido) Appoggio domiciliare Volontariato Sostegno scolastico Sostegno psicologico Altro

Tipologia di inserimento:

tempo pieno part-time altro

Trasporto

a carico del Centro Diurno autonomo (con mezzi propri) autonomo (con mezzi pubblici) accompagnato dai familiari

84

Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

accompagnato dai genitori altro

Rispetto al progetto di inserimento del minore al centro diurno:

la famiglia:……………………………………………………………………. ………..………………………………………………………………………………………………………………...

il minore:………………………………………………………………………..……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………...

Durante il periodo di osservazione, la frequenza è stata:………………………………………………………………………………………………………………………………

SFERA PERSONALE

Si lava: frequenza: ………………………………………………………………………. autonomia: ……………………………………………………………………… pulizia mani e denti: …………………………………………………………….

Osservazioni:

…………………………………………………………………………...…………………………………………………….…………………………………………………………………………………………………………………………

Gli abiti si presentano: dal punto di vista igienico: ………………………………………………………… dal punto di vista estetico: ………………………………………………………….

Osservazioni

……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

Il vestiario (in riferimento al clima, in riferimento all’attività):Osservazioni………………………………………………………………………………………………………………………………

In presenza di un problema sanitario: come lo percepisce su di sé………………………………………………………… come lo manifesta…………………………………………………………………. come lo affronta…………………………………………………………………….Osservazioni:

…………………………………………………………………………...…………………………………………………

L’alimentazione: Rispetto alla quantità…………………………..…………………………………… Rispetto alla qualità (del cibo)………………………………..…………………….. Rispetto alla modalità (comportamenti,tempi,…)………………………..…………

Osservazioni:…………………………………………………………………………...…………………………………………………

Visione del proprio corpo (oggettiva, soggettiva positiva, soggettiva negativa,…):

85

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………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

Rispetto alla sessualità: Ha nozioni………………………………………………………………………… Ha vissuti…………………………………………………………………………… Si pone………………………………………………………………………………

Osservazioni……………………………………………………………………...………………………………………………………………………………………….…………………………………………………………………………………………

SFERA PERSONALE

Obiettivi a lungo termine Obiettivi a breve termine

1. ………………………………… …………………………………

2. ………………………………… …………………………………

3. ………………………………… …………………………………

1 a) ………………………………………

1 b) ………………………………………

2 a) ………………………………………

2 b) ………………………………………

3 a) ………………………………………

3 b) ………………………………………

86

Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

SFERA FISICO – MOTORIA

Percezione del proprio corpo:

Qualità della conoscenza fisica (es.riconosce le diverse parti)……………………..………………………………………………………………………………………….…………………………………

Consapevolezza del proprio corpo (es: è consapevole dei cambiamenti in atto)………………………………….………………………………………………….

…….……………………………………………………………………………………

Osservazioni:……………………………………………………………………………...……………………………………………………………………………………….……………………………………………………………………………………

Sviluppo motorio generale (coordinamento, posture e andatura)……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….

Sviluppo della manualità fine (disegno, laboratori manuali, produzioni varie)……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

ORIENTAMENTO SPAZIO-TEMPORALE

La sua percezione del tempo è:Osservazioni:

…………………………………………………………………………...…………………………………………………………………………………………

La sua percezione dello spazio è:Osservazioni:

…………………………………………………………………………...…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………...……………

SFERA FISICO - MOTORIA

Obiettivi a lungo termine Obiettivi a breve termine

1. ………………………………… …………………………………

2. ………………………………… …………………………………

3. ………………………………… …………………………………

1 a) ………………………………………

1 b) ………………………………………

2 a) ………………………………………

2 b) ………………………………………

3 a) ………………………………………

3 b) ………………………………………

87

Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

SFERA COGNITIVA

Competenze verbali ( si esprime e comprende correttamente)…………………….………………………………………………………………………………………………………………………………

Competenze linguistiche scritte (legge e scrive correttamente)…………………….………………………………………………………………………………………………………………………………

Competenze lessicali (varietà di vocaboli e uso appropriato)………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

Sviluppo di: Memoria……………………………………………………………………….……

Fantasia e creatività…………………………………………………………………

Capacità risolutiva…………………………………………………………………..

Concentrazione……………………………………………………………………...………………………………………………………

Osservazioni………………………………………………………………………...……………………………………………………

SFERA COGNITIVA

Obiettivi a lungo termine Obiettivi a breve termine

1. ………………………………… …………………………………

2. ………………………………… …………………………………

3. ………………………………… …………………………………

1 a) ………………………………………

1 b) ………………………………………

2 a) ………………………………………

2 b) ………………………………………

3 a) ………………………………………

3 b) ………………………………………

SFERA SCOLASTICA

88

Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

Rispetto alla scuola:

Frequenza…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….………………………………………………………………………………………

Rendimento (valutazione della scuola, libretto personale)………………………….………………………………………………………………………………………….…………………………………

Impegno (valutazione della scuola, libretto personale)……………………………..………………………………………………………………………………………….…………………………………

Rimandi che il minore da sulla scuola, insegnanti, compagni, etc…………………. …..…..………………………………………………………………………………………………………………………

Rimandi che la scuola da sul minore (pagella)……………………………………...…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….………………………………………………………………………

Rispetto al centro diurno:

Impegno nello studio………………………………………………………………..………………………………………………………………………………………….………………………………………………………………………………………….

Concentrazione……………………………………………………………………...………………………………………………………………………………………….………………………………………………………………………………………….

Organizzazione del lavoro…………………………………………………………..………………………………………………………………………………………….………………………………………………………………………………………….

Organizzazione del materiale……………………………………………………….………………………………………………………………………………………….………………………………………………………………………………………….

Autonomia…………………………………………………………………………..………………………………………………………………………………………….………………………………………………………………………………………….

Osservazioni……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….………………………………………………………………………………………….

SFERA SCOLASTICA

Obiettivi a lungo termine Obiettivi a breve termine

89

Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

1. ………………………………… …………………………………

2. ………………………………… …………………………………

3. ………………………………… …………………………………

1 a) ………………………………………

1 b) ………………………………………

2 a) ………………………………………

2 b) ………………………………………

3 a) ………………………………………

3 b) ………………………………………

SFERA AFFETTIVO – EMOTIVA

Capacità di manifestare le emozioni (congruenza tra espressione verbale e comportamento, mimica,…)………………………………………………………………………………………………………………………………………...………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….

Capacità di gestire le emozioni (aggressività fisica e verbale; reazione in caso di sconfitta e rimprovero):

Rispetto a se stesso………………….………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

Rispetto agli altri……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

Consapevolezza delle proprie emozioni (capacità di riconoscere la propria emozione di fronte ad unostimolo interno e/o esterno)………………………………..………………………………………………………………………………………………………………………………

Emotività rispetto a se stesso:

Autostima…………………………………………………………………………...…………………………………………………………………………………………………………

Esternazione delle proprie competenze e abilità………………………………………………………………………………………………………………………………………………

Riconoscimento dei propri limiti……………………………………………………………………………………………………………………………………………….

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Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

SFERA AFFETTIVO-EMOTIVA

Obiettivi a lungo termine Obiettivi a breve termine

1. ………………………………… …………………………………

2. ………………………………… …………………………………

3. ………………………………… …………………………………

1 a) ………………………………………

1 b) ………………………………………

2 a) ………………………………………

2 b) ………………………………………

3 a) ………………………………………

3 b) ………………………………………

SFERA SOCIALE

Con i coetanei al C.D. si relaziona (nel gruppo, nei rapporti a due, …)……………...

………………………………………………………………………………………….

………………………………………………………………………………………….

Con gli educatori al C.D. si relaziona………………………………………………..

………………………………………………………………………………………….

Rispetto alle relazioni esterne al C.D. riferisce che…………………………………

………………………………………………………………………………………….………………………………………………………………………………………….……………………………………………………………………

Eventuali rimandi esterni…………………………………………………………….

Rispetto alle regole (le riconosce, le rispetta, le rifiuta,….)…………………………..

………………………………………………………………………………………….………………………………………………………………………………………….

Nei confronti delle attività proposte al C.D………………………………………….

………………………………………………………………………………………….…………………………………

Nei confronti delle attività esterne al C.D…………………………………………...

………………………………………………………………………………………….…………………………………

91

Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

SFERA SOCIALE

Obiettivi a lungo termine Obiettivi a breve termine

1. ………………………………… …………………………………

2. ………………………………… …………………………………

3. ………………………………… …………………………………

1 a) ………………………………………

1 b) ………………………………………

2 a) ………………………………………

2 b) ………………………………………

3 a) ………………………………………

3 b) ………………………………………

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Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

ALLEGATO 2 : P.E.P.

Piano Educativo Personalizzato (P.E.P.)

SINDROME DI RETT

FASE PRELIMINARE1) Segnalazione dell’alunno2) Consulenza3) Diagnosi clinica4) Diagnosi funzionale5) Profilo dinamico funzionale

FASE I: CONOSCENZA DELL’ALUNNO1) Presentazione della situazione2) Analisi delle abilità acquisite dall’alunno3) Sintesi conoscitiva

FASE II: PROGETTAZIONE1) Determinazione delle disposizioni da assumere a finalità e

costruzione delle mappe disposizionali2) Definizione delle aree di intervento3) Individuazione nella mappa della collocazione dell’alunno

FASE III: PROGRAMMAZIONE1) Esame delle condizioni di esercizio2) Scelta degli obiettivi3) Organizzazione scolastica

FASE IV: AZIONE1) Individuazione delle catene attuative e realizzazione

FASE V: VALUTAZIONE E RIPROGETTAZIONE1) Valutazioni periodiche2) Verifica in itinere3) Sintesi di fine anno/corso

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Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

FASE PRELIMINARE

SEGNALAZIONE DELL'ALUNNO

- da parte di chisegnalazione tramite la collaborazione tra la famiglia e gli insegnanti della scuola materna, oltre che del neuropsichiatria.

- quando durante il corso dell’ultimo anno scolastico della scuolamaterna.

- perché segnalazione dovuta alla recente diagnosi di sindrome di Rett verificata durante l’estate precedente all’inserimento inuna scuola elementare.

CONSULENZA

- da parte di chi neuropsichiatria infantile, logopedisti, fisioterapista, insegnanti della scuola materna, genitori, insegnantidella scuola potenziata, psichiatra e altri esperti (ippoterapista, musicoterapista, ecc.).

- quando e per quanto tempo da definire

- modalità realizzative da definire

DIAGNOSI CLINICA

- data

estate 2001

- rilasciata dalaboratorio di analisi chimico-cliniche e microbiologiche in

un centro di Bosisio Parini

DIAGNOSI FUNZIONALE(vedi modulo allegato)

PROFILO DINAMICO FUNZIONALE(vedi modulo allegato)

SCHEDA INDICATIVA PER LA REDAZIONE DELLA DIAGNOSIFUNZIONALE

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(Scheda redatta dall'unità multidisciplinare composta: dal medico specialista in neuropsichiatria infantile, dal terapistadella riabilitazione, dagli operatori sociali in servizio presso l'unità sanitaria locale o in regime d9i convenzione con lamedesima)

Cognome: xxxxx Nome: M.

ANAMNESI

M. nasce nel 1995 in un piccolo paese della provincia di Bergamo. Entrambi i genitori hanno conseguito la licenza media inferiore e

svolgono l’attività di operaio. Dalla testimonianza dei coniugi la bambina ha avuto uno sviluppo normale fino ai 18 mesi di vita; i

primi sintomi di cambiamento si riscontrano dopo che la figlia batte la testa. Da questo episodio i genitori riferiscono che “giorno dopo

giorno la bambina dimenticava tutto quello che sapeva”.

M. vive in casa coi genitori ed un nonno che convive con loro: in questo ambiente passa il suo tempo libero, fuori dall’orario

scolastico, guardando la televisione, ascoltando la musica e facendo delle passeggiate. Inoltre trascorre molto tempo giocando con le

bambole, spesso alla presenza del nonno. Durante il periodo scolastico trascorre in media tre ore a casa, spesso in solitudine, poiché

nel quartiere ci sono poche occasioni di gioco con gli altri bambini del paese. M. ha occasione di socializzare con altri coetanei durante

il periodo scolastico ed anche durante il C.R.E. organizzato dalla parrocchia durante il mese di luglio.

DIAGNOSI CLINICA(Redatta dal medico specialista nella patologia segnalata: rispettivamente neuropsichiatria infantile,otorinolaringoiatra, oculista,…)

DiagnosiConseguenze funzionali

Sindrome di Rettvedi la descrizione dei dodici deficit descritti da Lindberg

EziologiaPrevisione dell'evoluzione naturale

Mutazione del gene MeCP2decorso della SR nelle quattro classiche fasi

916C®T(R306C)

Espressioni sintetiche di potenzialità maggiormente compromesse e difficoltà registrabili

Qui si dovrebbero inserire, differenziate area per area, le potenzialità del soggetto, valutando anche le problematiche che si riscontrano in ogni areaspecifica. Per non riportare tutti i dati di M. si consiglia di leggere i P.D.F. dei diversi anni riportati nel capitolo dell’anamnesi.

Come si nota i vari documenti sono differenti in quanto inizialmente si è utilizzata la classica forma di P.D.F. suddivisa in differenti aree(cognitiva, relazionale, linguistica, sensoriale, motorio-prassica, neuropsicologica, dell’autonomia, dell’apprendimento), per poi adottareuna griglia specifica per la sindrome di Rett che sostituisce alle aree i deficit classici della sindrome. Quest’ultimo metodo permette, oltread una descrizione puntigliosa dei singoli deficit, di valutare la situazione attuale del soggetto, progettando a lungo termine degliobiettivi in vista delle fasi successive della malattia.

SCHEDA INDICATIVA PER LA REDAZIONE DEL PROFILODINAMICO FUNZIONALE

95

Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

(Scheda redatta dall'unità multidisciplinare della USL, in collaborazione con il personale insegnante ed i familiari o gliesercenti la patria potestà)________________________________________________________________________________________________

Analisi dello sviluppo potenziale dell'alunno secondo i parametri maggiormente compromessi

Schede indicative relative a:- Asse cognitivo

- Asse sensoriale- Asse affettivo-relazionale - Asse motirio-prassico- Asse comunicazionale

- Asse neuropsicologico- Asse linguistico

- Asse dell'autonomia- Asse dell'apprendimento

Profilo dinamico funzionale redatto in forma conclusiva________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

I RedattoriSanitari__________________________________Scolastici________________________________Familiari_________________________________

PIANO EDUCATIVO PERSONALIZZATO

Alunno_____M.______________________________________________________________nato a_________________________________________ il______1995__________________

Padre: nome___________________età_______professione_____operaio_____________________Madre: nome__________________età _______professione_____operaia_____________________Altri componenti del gruppo familiare:nome___________________età _____________professione________________________nome___________________età _____________professione________________________nome___________________età _____________professione________________________nome___________________età _____________professione________________________

Indirizzo: _________________________________________________________________Tel. ___________________________

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Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

Anni scol. CIRCOLO/I SCUOLA/ECLASSI/SEZ

________________ _________________ _________________________________ _________________ _________________________________ _________________ _________________________________ _________________ _________________________________ _________________ _________________

GRUPPO DI LAVORODirig. Scol. ___________________________________________________Operatori ULSS e loro qualifica___________________________________Ins.ti di classe/sez______________________________________________PsicopedagogistaSpecialisti eventuali non dell'ULSS, con i quali l'alunno è in rapporto:Ins.ti di sostegno:

FASE I: CONOSCENZA DELL’ALUNNO

1) Presentazione della situazione- dati anagrafici- contesto socio-familiare

2) Analisi delle abilità acquisite

- area socio-affettiva:autonomiasocializzazioneinteressi

- area psicomotoriaschema corporeo

coordinazionenozioni spaziali

nozioni temporali

- area cognitivacomunicazione

ambito linguisticoambito logico-matematico

3) Sintesi conoscitiva(desunta da incontri operatori ULSS e scuola)

1) PRESENTAZIONE DELLA SITUAZIONE

TIPOLOGIA DEL DEFICIT-HANDICAP

97

Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

aspetti specifici riguardanti le problematiche di disagiovedi i capitoli di questo lavoro riguardanti le fasi classiche della SR, le sue forme varianti oltre che la descrizione dei 12 deficit analizzati dalla Lindberg.Inoltre occorrerebbe analizzare anche il discorso sulle possibili cure, terapie e metodi riabilitativi più utilizzati nei soggetti con SR.

bibliografia di riferimentovedi LINDBERG B., Capire la sindrome di Rett, Del Cerro, Pisa, 2000

CONTESTO SOCIO-FAMILIARE

Analisi di:

- composizione del gruppo familiare e appartenenza dell’alunno ad essa (tempi eluoghi)

- aspetti riguardanti gli spostamenti (in casa, casa-scuola, fuori dalla casa)(tempi e luoghi)

- comportamenti ed abitudini di vita dell’alunno entro il nucleo familiare(atteggiamenti nei confronti dei genitori, dei fratelli, di altri…)

- comportamenti ed aspettative della famiglia (atteggiamenti di genitori, di fratelli,di altri nei confronti dell’alunno, modalità di gestione dell’autorità,….)

- atteggiamenti della famiglia nei confronti della scuola (delega, ostilità,indifferenza, accordo, collaborazione,…)

2) ANALISI DELLE ABILITA’ ACQUISITE DELL’ALUNNO:

Sempre secondo la suddivisione nelle tre aree socio-affettiva, psicomotoria e cognitiva si creano delle griglie in cui sono presentati degliitems proposti in sottoclassi valutabili nella tabella in base alle risposte ottenute durante la presentazione di varie attività osull’ossrvazione dei comportamenti tipici del soggetto preso in esame.

Riporto come esempio l’analisi delle abilità acquisite all’interno dell’area socio-affettiva:

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AREA SOCIO-AFFETTIVAAUTONOMIA

Autonomia motoria- cammina- sale le scale- scende le scale- raggiunge la sua aula- raggiunge altri locali della scuola- sa muoversi fuori dalla scuola- evita gli ostacoli

Cura della persona

- si veste- si sveste- è autonomo ai servizi- è autonomo in mensa- è autonomo nell’igiene personale

Attività scolastica- porta a scuola tutto il materiale- prepara e riordina il materiale- conosce il susseguirsi delle at-tività scolastiche (orario)- sa progettare un lavoro- esegue un compito- porta a termine un lavoro

Altre eventuali rilevazioni________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

SINTESI CONOSCITIVA(desunta dall’incontro operatori ULSS/scuola)

DATA Durante questo incontro i genitori di M. conoscono il personale scolastico che seguirà la figlia all’interno della

Scuola Potenziata. La madre descrive alle insegnati e alle educatrici la specifica malattia della bambina,

descrivendo in modo approfondito anche l’evoluzione della stessa, indicando i problemi associati alla SR, quali i

disturbi del sonno di M. e soprattutto indicando gli interessi ed i bisogni specifici della bimba. Dal verbale

dell’incontro si elencano molti comportamenti tipici delle “bimbe dagli occhi belli”, ma si sottolinea l’interesse di

M. nei confronti della musica, dei cartoni animati e delle riviste. Si annota anche che la bambina ama molto

ascoltare storie e, quando è tranquilla, pronuncia anche “mezze parole”.

dasolo

suindicazione

verbale

guidato,accompagnato,

con ausiliono

XXXXXXX

XXXX

X

XX

XX

XX

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Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

FASE II: PROGETTAZIONE

1) Determinazione delle disposizioni da assumere a finalità e costruzionedelle mappe logico disposizionali

- area socio-affettiva- area psicomotoria- area cognitiva

2) Definizione delle aree di intervento

3) Individuazione sulla mappa logico-disposizionale della situazione disviluppo dell’educando

1) DETERMINAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DA ASSUMERE AFINALITA’ e COSTRUZIONE DELLE MAPPE DISPOSIZIONALI

Come esempio per questo lavoro all’interno delle aree cognitiva e motorio-prassica assumiamo come disposizione assunta a finalità lacapacità del soggetto di rispondere in modo adeguato con risposte si/no alle domande effettuategli per determinare una scelta in baseai suoi bisogni.

2) DEFINIZIONE DELLE AREE DI INTERVENTO(definire in quali aree l’alunno necessita di interventi individualizzati)

L’esempio citato presuppone un lavoro effettuato all’interno dell’area cognitiva, della comunicazione e anche, in parte, di quellamotorio-prassica.

3) INDIVIDUAZIONE SULLA MAPPA LOGICO-DISPOSIZIONALEDELLA SITUAZIONE DI SVILUPPO DELL’EDUCANDO(definire le disposizioni già in possesso dell’alunno- vedi 1°fase)

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Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

La disposizione assunta a finalità in questa mappa logico-disposizionale è data dalla capacità del soggetto con SR di rispondere in

modo adeguato attraverso una scelta determinata dai simboli si/no ad una domanda proposta dalle insegnanti, dai genitori o da altre

persone.

Condizione-base per raggiungere l’obiettivo è la ricezione dell’informazione: il soggetto che non ha deficit uditivi e visivi percepisce la

qualità e l’intensità dello stimolo (domanda) in modo non alterato. Una volta percepito l’input proveniente dall’esterno il soggetto

101

Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

deve comprendere la finalità dello stimolo: in questo caso la domanda è posta in previsione di una risposta, per cui ha un contenuto

informativo e comunicazionale.

Una volta percepito il segnale il soggetto deve comprendere il linguaggio verbale adottato da chi propone la domanda e nello stesso

tempo comprendere i gesti con funzione comunicativa adottati dall’interlocutore. Dopo aver colto un linguaggio compreso da

entrambi i soggetti, la persona con SR elabora l’informazione cogliendo il contenuto della domanda e cogliendo anche la sua

funzionalità, per cui si dispone a dare una risposta.

Così l’informazione e la richiesta esterna si trasforma nella conoscenza interna del soggetto che, attraverso la presenza di un

vocabolario costituito almeno da parole-frasi, si dispone a creare una sua risposta in base ai propri bisogni e alle proprie esigenze.

In questo specifico caso il soggetto potrebbe adottare come forma di risposta il “metodo del si/no”come forma di comunicazione

attraverso l’eye pointing oppure direttamente toccando con la mano il simbolo adottato per esprimere queste due risposte. Una

risposta di tal genere presuppone l’utilizzo di numerose sottodisposizioni, tra cui l’acquisizione delle discriminazioni di base (quali

quelle topologiche, temporali, ecc.), l’interiorizzazione dei simboli utilizzati nella comunicazione e la loro classificazione (il soggetto

deve conoscere la distinzione tra il cerchio rosso che indica il NO e quella del cerchio verde che indica il SI). Inoltre il soggetto

dovrebbe saper cogliere le differenze e le uguaglianze tra due oggetti e dovrebbe anche già aver acquisito lo capacità di usare il segno

di assenso/dissenso in modo pertinente (per cui saper indicare correttamente quale dei due cerchi indicano la sua risposta).

Il passo successivo della mappa prevede la risposta del soggetto attraverso il metodo dell’eye pointing; è innanzitutto importante che

ci sia la volontà del soggetto a compiere azioni o dei movimenti volontari per giungere all’obiettivo ultimo. Tra i numerosi prerequisiti

si accenna ad una corretta tensione della muscolatura, ad un’adeguata capacità di prensione e alle percezioni elementari quali il

movimento del capo e della coordinazione oculo-manuale. Nei soggetti con SR è necessario anche valutare le disposizioni riguardanti

la diminuzione del tempo di reazione e la presenza delle stereotipie, oltre che all’aspetto della propriopercezione (conoscenza del

prorpio corpo, conoscenza dello spazio, ecc.) e della coordinazione tra più movimenti (torsione del collo, focalizzazione dei due cerchi

per la risposta, sguardo indirizzato in modo preciso, ecc.).

Una volta raggiunte queste disposizioni senza blocchi causati dai vari deficit presenti nella SR, il soggetto può ora raggiungere

l’obiettivo programmato indirizzando lo sguardo,o toccarlo con la mano,uno dei due cerchi presentati dall’interlocutore.

FASE III: PROGRAMMAZIONE

1) Esame delle condizioni di esercizio2) Scelta degli obiettivi (lettura psicogenetica della mappa logico-

disposizionale)3) Organizzazione scolastica

1) ESAME DELLE CONDIZIONI DI ESERCIZIOdesunta dall’incontro operatori ULSS/scuola)1) interne al soggetto

M. attualmente ha 8 anni ed è affetta da SR. Il suo Q.I. è inferiore a 50 e si può affermare che il suo livello cognitivo è paragonabileal livello dell’”intelligenza operatorio-concreta” definita da Piaget.

- livello di maturazione globale raggiunto

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Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

Il soggetto ha poca autonomia personale, tuttavia esprime in modo chiaro i suoi bisogni attraverso una comunicazione non verbale,soprattutto attraverso il movimento del corpo e lo sguardo. M. sa camminare autonomamente ed è molto socievole. I suoi interessisono rivolti alla musica celtica e alle canzoncine per i bambini, oltre ad un interesse per le immagini, specialmente quelle raffigurantipersone ed oggetti conosciuti.

2) esterne al soggetto - personale educativo

M. è inserita nella scuola potenziata ed è seguita a rotazione da due insegnanti di sostegno con un rapporto 1:1, e spesso si trova inrelazione anche con le altre insegnanti ed educatrici inserite nella SP. Inoltre collabora con l’insegnante della classe di riferimento inalcuni momenti della giornata scolastica.

- strutturazione degli spazi e dei tempivedi tabella dell’orario scolastico personalizzato.

- scelta dei metodi e contenutiM. segue il metodo T.E.A.C.C.H. per ampliare la sua comunicazione. Altre tecniche utilizzate nella scuola sono finalizzate alladrammatizzazione di alcuni simboli comunicativi, oltre che all’ascolto di musica e ai “massaggi” effettuati una volta a settimana.

- individuazione di mezzi e strumentisi utilizzano materiali presenti nell’ambiente della SP, oltre che agli spazi offerti dal plesso scolastico (palestra, cortile, ecc.).

2) SCELTA DEGLI OBIETTIVI(lettura psicogenetica della mappa logico-disposizionale)

Applicare una lettura psico-genetica di una mappa logico-disposizionale significa riferirsi alle

disposizioni già in possesso del soggetto e risalire, lungo la mappa, verso le disposizioni-

obiettivi che implicano quelle precedentemente considerate.

Nell’esempio sopra riportato si può effettuare questa lettura:

A livello grafico M. si situa, dall’analisi degli obiettivi raggiunti, al centro della mappa proposta precedentemente, collocandosi nel

sott’obiettivo “risponde all’informazione”. Ciò significa che la bambina ha già assimilato la capacità delle discriminazioni di base, la

capacità di usare il segno di assenso e di dissenso in modo pertinente (attraverso i vocalizzi I ed O), oltre a quella di individuare delle

differenze e rassomiglianze tra due o più oggetti (ad esempio se le si presenta un sacchetto di patatine ed un cioccolatino M., sceglie le

patatine, in quanto preferisce i cibi salati rispetto a quelli dolci). Questo presuppone che M. abbia già raggiunto la capacità di

interiorizzare dei simboli, oltre che ad avere assimilato il concetto di classificazione tra oggetti differenti.

Il sott’obiettivo “conosce si/no” implica come sottodisposizione l’aver creato un vocabolario mentale costituito da parole-frasi: ciò è

evidente in M. poiché quando le si propone un’attività che la stimola emotivamente, essa si dispone a prendere la figura che individua

quell’attività specifica dimostrando di saper collegare un simbolo ad un’azione che prevede l’utilizzo di concetti complessi per essere

definita in modo completo. La bambina riconosce anche i suoi bisogni, utilizzando la comunicazione facilitata per esprimerli in modo

manifesto alle educatrici e ai genitori. I due sott’obiettivo “trasforma l’informazione esterna nella conoscenza interna” ed “elabora

l’informazione” sono tra loro molto collegate in quanto implicano la conoscenza della bimba con SR di cogliere il senso della domanda

comprendendo la sua funzionalità comunicativa, per cui essa assimila che deve attivarsi per dare una risposta con un contenuto

significativo. Gli altri sott’obiettivi “percepisce la qualità e l’intensità dello stimolo” e “recepisce l’informazione” sono obiettivi

facilmente raggiungibili in quanto M. non manifesta nessun tipo di deficit di tipo sensoriale e di ricezione di stimoli esterni. Tuttavia

questi presuppongono una comprensione del linguaggio verbale e la comprensione dei gesti che hanno un’evidente funzione

comunicativa.

103

Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

3) ORGANIZZAZIONE SCOLASTICAORARIO dell’ALUNNO (flessibile)

LUNEDI’ MARTEDI’MERCOLEDI

’GIOVEDI’ VENERDI’ SABATO

1

ORA

8.15: accoglienza

nella classe I

9.00: attività

cognitiva…

8.15:

accoglienza

nella classe

I

9.00:

attività

cognitiva…

8.15:

accoglienza

nella classe I

8.25:

laboratorio di

animazione

della lettura

8.15:

accoglienza

nella classe I

9.00: attività

cognitiva…

8.15:

accoglienza

nella classe I

8.15:

accoglienza

nella classe I

oppure attività

al maneggio

2

ORAe/o sensoriale

e/o

sensoriale

9.05: attività

motoria con la

I

e/o

sensoriale

9.10:

laboratorio di

psicomotricità

, gruppo misto

II A/B

Attività

cognitiva e(o

sensoriale

oppure attività

al maneggio

3

ORA

10.15: merenda

10.35: ricreazione

con la I

10.15:

merenda

10.35:

ricreazione

con la I

10.15:

merenda

10.35:

ricreazione con

la I

10.15:

merenda

10.35:

ricreazione

con la I

10.15:

merenda

10.35:

ricreazione

con la I

9.55: attività

musicale con

la classe I

10.15:

merenda

10.35:

ricreazione

con la I

4

ORA

11.00: laboratorio

di

drammatizzazione

, gruppo misto

classi III

11.00:

laboratorio

di

decorazione,

gruppo

potenziata

11.00:

laboratorio di

manipolazione,

gruppo misto

II C/D

11.00:

educazione

all’immagin

e con la

classe I

11.00: attività

cognitiva e/o

sensoriale

11.00: contatto

corporeo e

comunicazione

5

ORA

12.00: musica e

rilassamento

12.00:

musica e

rilassament

o

12.00: musica e

rilassamento

12.00:

musica e

rilassamento

12.00: musica

e rilassamento

12.00: musica

e rilassamento

6

ORA

14.30: attività

sensoriale, piccolo

gruppo nella

classe I e nella

potenziata7

ORAIdem come sopra

MATERIALE / SUSSIDI (indicativo):finalizzata al raggiungimento degli obiettivi dei vari settori

Materiale spontaneo / naturale: (qualsiasi oggetto occasionale, di recupero…)________________________________________________________________________________________________________________________________________

104

Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

Materiale strutturato: (schede correttive, di analisi, blocchi logici, regoli a colore,geopiani, bilance, costruzioni…)________________________________________________________________________________________________________________________________________Materiale programmato dall’insegnante: (schede di osservazione, di verifica, direcupero…)________________________________________________________________________________________________________________________________________

Altri sussidi: (audiovisivi, calcolatrici, macchina da scrivere, registratori, ciclostile, computer…)

FASE IV: AZIONE

INDIVIDUAZIONE DELLE CATENE ATTUATIVEOi ® Oi + 1 Come si è accennato M. ha raggiunto l’obiettivo di “rispondere all’informazione”, acquistando anche tutte le sottodisposizionievidenziate. Attraverso l’utilizzo delle catene attuative occorre che il soggetto raggiunga nuovi obiettivi (graficamente quelli più inbasso nella mappa logico-disposizionale) quali quello di “indicare con lo sguardo la risposta”, per poi giungere all’obiettivo finale di“rispondere in modo pertinente ed adeguato con si/no alla domanda proposta”. Il passaggio da un sott’obiettivo all’altro prevedonol’acquisizione da parte del soggetto di tutti i pre-requisiti necessari per raggiungere un nuovo obiettivo. Nella mappa presa inconsiderazione tra i vari pre-requisiti si evidenziano soprattutto elementi riguardanti il controllo corporeo, sia della muscolatura chedell’articolazione dei movimenti.

NOTE:Nel passaggio all’azione occorre valutare le condizioni rilevanti che sono molteplici nei soggetti con SR. Molte di queste condizionisono determinate dai deficit della sindrome stessa, come le stereotipie delle mani e l’aprassia. Queste sono apparentemente condizioniinaccessibili, ma possono trasformarsi in condizioni accessibili quando si modificano nella loro frequenza e nella modalità. Ilpedagogista speciale deve dunque saper attendere il momento giusto per proporre la domanda e deve saper aspettare il tempo direazione lungo della bambina. Una condizione rilevante importantissima e difficilmente gestibile è data dalle cosiddette“fluttuazioni” del comportamento che sono imprevedibili e volubili nel giro di poche ore o minuti

FASE V: VALUTAZIONE – RIPROGETTAZIONE

1) Valutazioni periodiche incontri scuola-ULSS-famiglia sintesi degli incontri2) Verifica in itinere: area socio-affettiva area psico-motoria area cognitiva verifica dei singoli deficit implicati nella SR3) Sintesi di fine anno / corso

1) VALUTAZIONI PERIODICHEa) incontri scuola- ULSS- famiglia

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Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

Azioni specifiche concordate per raggiungere gli obiettivi definiti nel profilodinamico funzionale

AREE SCUOLA SERV. SOCIO-SANITARI

FAMIGLIA

AUTONOMIA

SOCIALIZZAZIONE

COMUNICAZIONE

APPRENDIMENTO

INTERESSI

DEFICIT DELLA SRb) Sintesi degli incontri(verbali e resoconti degli impegni presi dalle parti interessate)2) VERIFICA IN ITINERE 1° quadrimestreSCHEDA DI VERIFICA 2° quadrimestre

Riprendendo gli obiettivi programmati individuare il grado delle abilità maturate eraggiunte in:

si in parte no

AREA SOCIO-AFFETTIVA

Rafforzare l’identità, la consapevolezza di sé e l’autostimaFavorire le relazioni e la condivisione di esperienzeAttivare processi di integrazioneMantenere vivo il desiderio di relazione e di azione……

AREA PSICOMOTORIA

Migliorare il controllo della motricità globaleFavorire la costruzione del sé corporeoPotenziare l’uso delle mani nei movimenti finiAumentare i tempi di prensione degli oggettiAumentare il più possibile i tempi di attenzioneIntuire l’idea del passare del tempo in rapporto ai cambiamenti cronologici……

AREA COGNITIVA

Espandere gli interessi della bambinaAmpliare il repertorio comportamentale e la comprensione dell’ambiente

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Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

Provocare apprendimento attraverso esperienze concrete e coinvolgentiPotenziare la comprensione delle immagini e del linguaggio verbale……DEFICIENZE NELLE PERCEZIONI E NELLAINTEGRAZIONE SENSORIALERITARDO MENTALEINCAPACITA’ MOTORIACOMPORTAMENTI STEREOTIPATIAPRASSIADIFFICOLTA’ DI COORDINAZIONETEMPI LENTI DI REAZIONEDISTURBI DELLA COMUNICAZIONEDIPENDENZA DALLA MOTIVAZIONE EMOZIONALEFLUTTUAZIONI NEL LIVELLO DI ATTIVITA’IDENTITA’ INSTABILE ED INSICURADISTURBI DELLA RELAZIONE

ALLEGATO 3: legge 104/1992

Legge 5 febbraio 1992, n. 104(in GU del 17 febbraio 1992)

Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate

Art. 1 - Finalità -

1. La Repubblica:

a) garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena integrazionenella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella societàb) previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomiapossibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali;c) persegue il recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali e assicura i servizi e le prestazioni per

107

Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle minorazioni, nonché la tutela giuridica ed economica della persona handicappata;d) predispone interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona handicappata.

Art. 2 - Principi generali -

1. La presente legge detta i principi dell'ordinamento in materia di diritti, integrazione sociale ed assistenza della persona handicappata. Essacostituisce inoltre riforma economico-sociale della repubblica, ai sensi dell'art. 4 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato conlegge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5.

Art. 3 - Soggetti aventi diritto -

1. è persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà diapprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.

2. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacitàcomplessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative.

3. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un interventoassistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Lesituazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.

4. La presente legge si applica anche agli stranieri e agli apolidi, residenti, domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio nazionale. Le relativeprestazioni sono corrisposte nei limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione o da accordi internazionali.

Art. 4 - Accertamento dell'handicap -

1. Gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell'intervento assistenziale permanente e alla capacità complessivaindividuale residua, di cui all'art. 3, sono effettuati dalle unità sanitarie locali mediante le commissioni mediche di cui all'art. 1 della legge 15 ottobre1990, n. 295, che sono integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le unità sanitarie locali.

Art. 5 - Principi generali per i diritti della persona handicappata -

1. La rimozione delle cause invalidanti, la promozione dell'autonomia e la realizzazione dell'integrazione sociale sono perseguite attraverso i seguentiobiettivi:

a) sviluppare la ricerca scientifica, genetica, biomedica, psicopedagogica, sociale e tecnologica anche mediante programmi finalizzati concordati conistituzioni pubbliche e private, in particolare con le sedi universitarie, con il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), con i servizi sanitari e sociali,considerando la persona handicappata e la sua famiglia, se coinvolti, soggetti partecipi e consapevoli della ricerca;b) assicurare la prevenzione, la diagnosi e la terapia prenatale e precoce delle minorazioni e la ricerca sistematica delle loro cause;c) garantire l'intervento tempestivo dei servizi terapeutici e riabilitativi, che assicuri il recupero consentito dalle conoscenze scientifiche e dalletecniche attualmente disponibili, il mantenimento della persona handicappata nell'ambiente familiare e sociale, la sua integrazione e partecipazionealla vita sociale;d) assicurare alla famiglia della persona handicappata un'informazione di carattere sanitario e sociale per facilitare la comprensione dell'evento,anche in relazione alle possibilità di recupero e di integrazione della persona handicappata nella societàe) assicurare nella scelta e nell'attuazione degli interventi socio-sanitari la collaborazione della famiglia, della comunità e della persona handicappata,attivandone le potenziali capacità;f) assicurare la prevenzione primaria e secondaria di tutte le fasi della maturazione e di sviluppo del bambino e del soggetto minore per evitare oconstatare tempestivamente l'insorgenza della minorazione o per ridurre e superare i danni della minorazione sopraggiunta;g) attuare il decentramento territoriale dei servizi e degli interventi rivolti alla prevenzione, al sostegno e al recupero della persona handicappata,assicurando il coordinamento e l'integrazione con gli altri servizi territoriali sulla base degli accordi di programma di cui all'art. 27 della legge 8giugno 1990, n. 142;h) garantire alla persona handicappata e alla famiglia adeguato sostegno psicologico e psicopedagogico, servizi di aiuto personale o familiare,strumenti e sussidi tecnici, prevedendo, nei casi strettamente necessari e per il periodo indispensabile, interventi economici integrativi per il

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Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

raggiungimento degli obiettivi di cui al presente articolo;i) promuovere, anche attraverso l'apporto di enti e di associazioni, iniziative permanenti di informazione e di partecipazione della popolazione, per laprevenzione e la cura degli handicap, la riabilitazione e l'inserimento sociale di chi ne è colpito;l) garantire il diritto alla scelta dei servizi ritenuti più idonei anche al di fuori della circoscrizione territoriale;m) promuovere il superamento di ogni forma di emarginazione e di esclusione sociale anche mediante l'attivazione dei servizi previsti dalla presentelegge.

Art. 6 - Prevenzione e diagnosi precoce -

1. Gli interventi per la prevenzione e la diagnosi prenatale e precoce delle minorazioni si attuano nel quadro della programmazione sanitaria di cuiagli artt. 53 e 55 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni.

2. Le regioni, conformemente alle competenze e alle attribuzioni di cui alla legge 8 giugno 1990, n. 142, e alla legge 23 dicembre 1978, n. 833, esuccessive modificazioni, disciplinano entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge:

a) l'informazione e l'educazione sanitaria della popolazione sulle cause e sulle conseguenze dell'handicap, nonché sulla prevenzione in fasepreconcezionale, durante la gravidanza, il parto, il periodo neonatale e nelle varie fasi di sviluppo della vita, e sui servizi che svolgono tali funzioni;b) l'effettuazione del parto con particolare rispetto dei ritmi e dei bisogni naturali della partoriente e del nascituro;c) l'individuazione e la rimozione, negli ambienti di vita e di lavoro, dei fattori di rischio che possono determinare malformazioni congenite epatologie invalidanti;d) i servizi per la consulenza genetica e la diagnosi prenatale e precoce per la prevenzione delle malattie genetiche che possono essere causa dihandicap fisici, psichici, sensoriali di neuromotulesioni;e) il controllo periodico della gravidanza per la individuazione e la terapia di eventuali patologie complicanti la gravidanza e la prevenzione delle loroconseguenze;f) l'assistenza intensiva per la gravidanza, i parti e le nascite a rischio;g) nel periodo neonatale, gli accertamenti utili alla diagnosi precoce delle malformazioni e l'obbligatorietà del controllo per l'individuazione e iltempestivo trattamento dell'ipotiroidismo congenito, della fenilchetonuria e della fibrosi cistica. Le modalità dei controlli e della loro applicazionesono disciplinate con atti di indirizzo e coordinamento emanati ai sensi dell'art. 5, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Con tali attipossono essere individuate altre forme di endocrinopatie e di errori congeniti del metabolismo alle quali estendere l'indagine per tutta la popolazioneneonatale;h) un'attività di prevenzione permanente che tuteli i bambini fin dalla nascita anche mediante il coordinamento con gli operatori degli asili nido, dellescuole materne e dell'obbligo, per accertare l'inesistenza o l'insorgenza di patologie e di cause invalidanti e con controlli sul bambino entro l'ottavogiorno, al trentesimo giorno, entro il sesto ed il nono mese di vita e ogni due anni dal compimento del primo anno di vita. è istituito a tale fine unlibretto sanitario personale, con le caratteristiche di cui all'art. 27 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, su cui sono riportati i risultati dei suddetticontrolli ed ogni altra notizia sanitaria utile a stabilire lo stato di salute del bambino;i) gli interventi informativi, educativi, di partecipazione e di controllo per eliminare la nocività ambientale e prevenire gli infortuni in ogni ambientedi vita e di lavoro, con particolare riferimento agli incidenti domestici.

3. Lo Stato promuove misure di profilassi atte a prevenire ogni forma di handicap, con particolare riguardo alla vaccinazione contro la rosolia.

Art. 7 - Cura e riabilitazione -

1. La cura e la riabilitazione della persona handicappata si realizzano con programmi che prevedano prestazioni sanitarie e sociali integrate tra loro,che valorizzino le abilità di ogni persona handicappata e agiscano sulla globalità della situazione di handicap, coinvolgendo la famiglia e la comunitàA questo fine il Servizio sanitario nazionale, tramite le strutture proprie o convenzionate, assicura:

a) gli interventi per la cura e la riabilitazione precoce della persona handicappata, nonché gli specifici interventi riabilitativi e ambulatoriali, adomicilio o presso i centri socio-riabilitativi ed educativi a carattere diurno o residenziale di cui all'art. 8, comma 1, lettera l);b) la fornitura e la riparazione di apparecchiature, attrezzature, protesi e sussidi tecnici necessari per il trattamento delle menomazioni.

2. Le regioni assicurano la completa e corretta informazione sui servizi ed ausili presenti sul territorio, in Italia e all'estero.

Art. 8 - Inserimento ed integrazione sociale -

1. L'inserimento e l'integrazione sociale della persona handicappata si realizzano mediante:

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Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

a) interventi di carattere socio-psicopedagogico, di assistenza sociale e sanitaria a domicilio, di aiuto domestico e di tipo economico ai sensi dellanormativa vigente, a sostegno della persona handicappata e del nucleo familiare in cui è inserita;b) servizi di aiuto personale alla persona handicappata in temporanea o permanente grave limitazione dell'autonomia personale;c) interventi diretti ad assicurare l'accesso agli edifici pubblici e privati e ad eliminare o superare le barriere fisiche e architettoniche che ostacolano imovimenti nei luoghi pubblici o aperti al pubblico;d) provvedimenti che rendano effettivi il diritto all'informazione e il diritto allo studio della persona handicappata, con particolare riferimento alledotazioni didattiche e tecniche, ai programmi, a linguaggi specializzati, alle prove di valutazione e alla disponibilità di personale appositamentequalificato, docente e non docente;e) adeguamento delle attrezzature e del personale dei servizi educativi, sportivi, di tempo libero e sociali;f) misure atte a favorire la piena integrazione nel mondo del lavoro, in forma individuale o associata, e la tutela del posto di lavoro anche attraversoincentivi diversificati;g) provvedimenti che assicurino la fruibilità dei mezzi di trasporto pubblico e privato e la organizzazione di trasporti specifici;h) affidamenti e inserimenti presso persone e nuclei familiari;i) organizzazione e sostegno di comunità-alloggio, case-famiglia e analoghi servizi residenziali inseriti nei centri abitati per favorire ladeistituzionalizzazione e per assicurare alla persona handicappata, priva anche temporaneamente di una idonea sistemazione familiare, naturale oaffidataria, un ambiente di vita adeguato;l) istituzione o adattamento di centri socio-riabilitativi ed educativi diurni, a valenza educativa, che perseguano lo scopo di rendere possibile una vitadi relazione a persone temporaneamente o permanentemente handicappate, che abbiano assolto l'obbligo scolastico, e le cui verificate potenzialitàresidue non consentano idonee forme di integrazione lavorativa. Gli standard dei centri socio-riabilitativi sono definiti dal ministro della Sanità, diconcerto con il ministro per gli Affari Sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trentoe di Bolzano di cui all'art. 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400;m) organizzazione di attività extrascolastiche per integrare ed estendere l'attività educativa in continuità ed in coerenza con l'azione della scuola.

Art. 9 - Servizio di aiuto personale -

1. Il servizio di aiuto personale, che può essere istituito dai comuni o dalle unità sanitarie locali nei limiti delle proprie ordinarie risorse di bilancio, èdiretto ai cittadini in temporanea o permanente grave limitazione dell'autonomia personale non superabile attraverso la fornitura di sussidi tecnici,informatici, protesi o altre forme di sostegno rivolte a facilitare l'autosufficienza e le possibilità di integrazione dei cittadini stessi, e comprende ilservizio di interpretariato per i cittadini non udenti.

2. Il servizio di aiuto personale è integrato con gli altri servizi sanitari e socio-assistenziali esistenti sul territorio e può avvalersi dell'opera aggiuntivadi:

a) coloro che hanno ottenuto il riconoscimento dell'obiezione di coscienza ai sensi della normativa vigente, che ne facciano richiesta;b) cittadini di età superiore ai 18 anni che facciano richiesta di prestare attività volontaria;c) organizzazioni di volontariato.

3. Il personale indicato alle lettere a), b), c) del comma 2 deve avere una formazione specifica.

4. Al personale di cui alla lettera b) del comma 2 si estende la disciplina dettata dall'art. 2, comma 2, della legge 11 agosto 1991, n. 266.

Art. 10 - Interventi a favore di persone con handicap in situazione di gravità -

1. I comuni, anche consorziati tra loro o con le province, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali, nell'ambito delle competenzein materia di servizi sociali loro attribuite dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, possono realizzare con le proprie ordinarie risorse di bilancio,assicurando comunque il diritto alla integrazione sociale e scolastica secondo le modalità stabilite dalla presente legge e nel rispetto delle prioritàdegli interventi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, comunità-alloggio e centri socio-riabilitativi per persone con handicap in situazione digravità

2. Le strutture di cui alla lettera l) e le attività di cui alla lettera m) del comma 1 dell'art. 8 sono realizzate d'intesa con il gruppo di lavoro perl'integrazione scolastica di cui all'art. 15 e con gli organi collegiali della scuola.

3. Gli enti di cui al comma 1 possono contribuire, mediante appositi finanziamenti, previo parere della regione sulla congruità dell'iniziativa rispettoai programmi regionali, alla realizzazione e al sostegno di comunità-alloggio e centri socio-riabilitativi per persone handicappate in situazione digravità, promossi da enti, associazioni, fondazioni, istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (IPAB), società cooperative e organizzazioni divolontariato iscritte negli albi regionali.

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Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

4. Gli interventi di cui ai commi 1 e 3 del presente articolo possono essere realizzati anche mediante le convenzioni di cui all'art. 38.

5. Per la collocazione topografica, l'organizzazione e il funzionamento, le comunità-alloggio e i centri socio-riabilitativi devono essere idonei aperseguire una costante socializzazione dei soggetti ospiti, anche mediante iniziative dirette a coinvolgere i servizi pubblici e il volontariato.

6. L'approvazione dei progetti edilizi presentati da soggetti pubblici o privati concernenti immobili da destinare alle comunità-alloggio ed ai centrisocio-riabilitativi di cui ai commi 1 e 3, con vincolo di destinazione almeno ventennale all'uso effettivo dell'immobile per gli scopi di cui allapresente legge, ove localizzati in aree vincolate o a diversa specifica destinazione, fatte salve le norme previste dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497, esuccessive modificazioni, e dal D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, costituisce variante delpiano regolatore. Il venir meno dell'uso effettivo per gli scopi di cui alla presente legge prima del ventesimo anno comporta il ripristino dellaoriginaria destinazione urbanistica dell'area.

Art. 11 - Soggiorno all'estero per cure -

1. Nei casi in cui vengano concesse le deroghe di cui all'art. 7 del decreto del ministro della Sanità 3 novembre 1989, pubblicato nella G.U. n. 273del 22 novembre 1989, ove nel centro di altissima specializzazione estero non sia previsto il ricovero ospedaliero per tutta la durata degli interventiautorizzati, il soggiorno dell'assistito e del suo accompagnatore in albergo o strutture collegate con il centro è equiparato a tutti gli effetti alla degenzaospedaliera ed è rimborsabile nella misura prevista dalla deroga.

2. La commissione centrale presso il Ministero della Sanità di cui all'art. 8 del decreto del ministro della Sanità 3 novembre 1989, pubblicato nellaG.U. n. 273 del 22 novembre 1989, esprime il parere sul rimborso per i soggiorni collegati agli interventi autorizzati delle regioni sulla base di criterifissati con atto di indirizzo e coordinamento emanato ai sensi dell'art. 5, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, con il quale sonodisciplinate anche le modalità della corresponsione di acconti alle famiglie.

Art. 12 - Diritto all'educazione e all'istruzione -

1. Al bambino da 0 a 3 anni handicappato è garantito l'inserimento negli asili nido.

2. è garantito il diritto all'educazione e all'istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioniscolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie.

3. L'integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell'apprendimento, nella comunicazione,nelle relazioni e nella socializzazione.

4. L'esercizio del diritto all'educazione e all'istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalledisabilità connesse all'handicap.

5. All'individuazione dell'alunno come persona handicappata ed all'acquisizione della documentazione risultante dalla diagnosi funzionale, fa seguitoun profilo dinamico-funzionale ai fini della formulazione di un piano educativo individualizzato, alla cui definizione provvedono congiuntamente,con la collaborazione dei genitori della persona handicappata, gli operatori delle unità sanitarie locali e, per ciascun grado di scuola, personaleinsegnante specializzato della scuola, con la partecipazione dell'insegnante operatore psico-pedagogico individuato secondo criteri stabiliti dalministro della P.I. Il profilo indica le caratteristiche fisiche, psichiche e sociali ed affettive dell'alunno e pone in rilievo sia le difficoltà diapprendimento conseguenti alla situazione di handicap e le possibilità di recupero, sia le capacità possedute che devono essere sostenute, sollecitate eprogressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della persona handicappata.

6. Alla elaborazione del profilo dinamico-funzionale iniziale seguono, con il concorso degli operatori delle unità sanitarie locali, della scuola e dellefamiglie, verifiche per controllare gli effetti dei diversi interventi e l'influenza esercitata dall'ambiente scolastico.

7. I compiti attribuiti alle unità sanitarie locali dai commi 5 e 6 sono svolti secondo le modalità indicate con apposito atto di indirizzo ecoordinamento emanato ai sensi dell'art. 5, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

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Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

8. Il profilo dinamico-funzionale è aggiornato a conclusione della scuola materna, della scuola elementare e della scuola media e durante il corso diistruzione secondaria superiore.

9. Ai minori handicappati soggetti all'obbligo scolastico, temporaneamente impediti per motivi di salute a frequentare la scuola, sono comunquegarantite l'educazione e l'istruzione scolastica. A tal fine il provveditore agli studi, d'intesa con le unità sanitarie locali e i centri di recupero e diriabilitazione, pubblici e privati, convenzionati con i Ministeri della Sanità e del Lavoro e della previdenza sociale, provvede alla istituzione, per iminori ricoverati, di classi ordinarie quali sezioni staccate della scuola statale. A tali classi possono essere ammessi anche i minori ricoverati neicentri di degenza, che non versino in situazione di handicap e per i quali sia accertata l'impossibilità della frequenza della scuola dell'obbligo per unperiodo non inferiore a trenta giorni di lezione. La frequenza di tali classi, attestata dall'autorità scolastica mediante una relazione sulle attività svoltedai docenti in servizio presso il centro di degenza, è equiparata ad ogni effetto alla frequenza delle classi alle quali i minori sono iscritti.

10. Negli ospedali, nelle cliniche e nelle divisioni pediatriche gli obiettivi di cui al presente articolo possono essere perseguiti anche mediantel'utilizzazione di personale in possesso di specifica formazione psicopedagogica che abbia una esperienza acquisita presso i nosocomi o segua unperiodo di tirocinio di un anno sotto la guida di personale esperto.

Art. 13 - Integrazione scolastica -

1. L'integrazione scolastica della persona handicappata nelle sezioni e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado e nelle università sirealizza, fermo restando quanto previsto dalle leggi 11 maggio 1976, n. 360, e 4 agosto 1977, n. 517, e successive modificazioni, anche attraverso:

a) la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con altre attività sulterritorio gestite da enti pubblici o privati. A tale scopo gli enti locali, gli organi scolastici e le unità sanitarie locali, nell'ambito delle rispettivecompetenze, stipulano gli accordi di programma di cui all'art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore dellapresente legge, con decreto del ministro della P.I., d'intesa con i ministri degli Affari sociali e della Sanità, sono fissati gli indirizzi per la stipula degliaccordi di programma. Tali accordi di programma sono finalizzati alla predisposizione, attuazione e verifica congiunta di progetti educativi,riabilitativi e di socializzazione individualizzati, nonché a forme di integrazione tra attività scolastiche e attività integrative extrascolastiche. Negliaccordi sono altresì previsti i requisiti che devono essere posseduti dagli enti pubblici e privati ai fini della partecipazione alle attività dicollaborazione coordinate;b) la dotazione alle scuole e alle università di attrezzature tecniche e di sussidi didattici nonché di ogni altra forma di ausilio tecnico, ferma restandola dotazione individuale di ausili e presidi funzionali all'effettivo esercizio del diritto allo studio, anche mediante convenzioni con centri specializzati,aventi funzione di consulenza pedagogica, di produzione e adattamento di specifico materiale didattico;c) la programmazione da parte dell'università di interventi adeguati sia al bisogno della persona sia alla peculiarità del piano di studio individuale;d) l'attribuzione, con decreto del ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata invigore della presente legge, di incarichi professionali ad interpreti da destinare alle università, per facilitare la frequenza e l'apprendimento di studentinon udenti;e) la sperimentazione di cui al D.P.R. 31 maggio 1974, n. 419, da realizzare nelle classi frequentate da alunni con handicap.

2. Per le finalità di cui al comma 1, gli enti locali e le unità sanitarie locali possono altresì prevedere l'adeguamento dell'organizzazione e delfunzionamento degli asili nido alle esigenze dei bambini con handicap, al fine di avviarne precocemente il recupero, la socializzazione el'integrazione, nonché l'assegnazione di personale docente specializzato e di operatori ed assistenti specializzati.

3. Nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai sensi del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni, l'obbligo per gli entilocali di fornire l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività disostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati.

4. I posti di sostegno per la scuola secondaria di secondo grado sono determinati nell'ambito dell'organico del personale in servizio alla data di entratain vigore della presente legge in modo da assicurare un rapporto almeno pari a quello previsto per gli altri gradi di istruzione e comunque entro ilimiti delle disponibilità finanziarie all'uopo preordinate dall'art. 42, comma 6, lettera h).

5. Nella scuola secondaria di primo e secondo grado sono garantite attività didattiche di sostegno, con priorità per le iniziative sperimentali di cui alcomma 1, lettera e), realizzate con docenti di sostegno specializzati, nelle aree disciplinari individuate sulla base del profilo dinamico-funzionale edel conseguente piano educativo individualizzato.

6. Gli insegnanti di sostegno assumono la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui operano, partecipano alla programmazione educativa edidattica e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di interclasse, dei consigli di classe e dei collegi dei docenti.

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Art. 14 - Modalità di attuazione dell'integrazione -

1. Il ministro della P.I. provvede alla formazione e all'aggiornamento del personale docente per l'acquisizione di conoscenze in materia di integrazionescolastica degli studenti handicappati, ai sensi dell'art. 26 del D.P.R. 23 agosto 1988, n. 399, nel rispetto delle modalità di coordinamento con ilMinistero dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica, di cui all'art. 4 della legge 9 maggio 1989, n. 168. Il ministro della P.I. provvedealtresì

a) all'attivazione di forme sistematiche di orientamento, particolarmente qualificate per la persona handicappata, con inizio almeno dalla prima classedella scuola secondaria di primo grado;b) all'organizzazione dell'attività educativa e didattica secondo il criterio della flessibilità nell'articolazione delle sezioni e delle classi, anche aperte,in relazione alla programmazione scolastica individualizzata;c) a garantire la continuità educativa fra i diversi gradi di scuola, prevedendo forme obbligatorie di consultazione tra insegnanti del ciclo inferiore edel ciclo superiore ed il massimo sviluppo dell'esperienza scolastica della persona handicappata in tutti gli ordini e gradi di scuola, consentendo ilcompletamento della scuola dell'obbligo anche sino al compimento del diciottesimo anno di età nell'interesse dell'alunno, con deliberazione delcollegio dei docenti, sentiti gli specialisti di cui all'art. 4, secondo comma, lettera l), del D.P.R. 31 maggio 1974, n. 416, su proposta del consiglio diclasse o di interclasse, può essere consentita una terza ripetenza in singole classi.

2. I piani di studio delle scuole di specializzazione di cui all'art. 4 della legge 19 novembre 1990, n. 341, per il conseguimento del diploma abilitanteall'insegnamento nelle scuole secondarie, comprendono, nei limiti degli stanziamenti già preordinati in base alla legislazione vigente per ladefinizione dei suddetti piani di studio, discipline facoltative, attinenti all'integrazione degli alunni handicappati, determinate ai sensi dell'art. 4,comma 3, della citata legge n. 341 del 1990. Nel diploma di specializzazione conseguito ai sensi del predetto art. 4 deve essere specificato sel'insegnante ha sostenuto gli esami relativi all'attività didattica di sostegno per le discipline cui il diploma stesso si riferisce, nel qual caso laspecializzazione ha valore abilitante anche per l'attività didattica di sostegno.

3. La tabella del corso di laurea definita ai sensi dell'art. 3, comma 3, della citata legge n. 341 del 1990 comprende, nei limiti degli stanziamenti giàpreordinati in base alla legislazione vigente per la definizione delle tabelle dei corsi di laurea, insegnamenti facoltativi attinenti all'integrazionescolastica degli alunni handicappati. Il diploma di laurea per l'insegnamento nelle scuole materne ed elementari di cui all'art. 3, comma 2, della citatalegge n. 341 del 1990 costituisce titolo per l'ammissione ai concorsi per l'attività didattica di sostegno solo se siano stati sostenuti gli esami relativi,individuati come obbligatori per la preparazione all'attività didattica di sostegno, nell'ambito della tabella suddetta definita ai sensi dell'art. 3, comma3, della medesima legge n. 341 del 1990.

4. L'insegnamento delle discipline facoltative previste nei piani di studio delle scuole di specializzazione di cui al comma 2 e dei corsi di laurea di cuial comma 3 può essere impartito anche da enti o istituti specializzati all'uopo convenzionati con le università, le quali disciplinano le modalità diespletamento degli esami e i relativi controlli. I docenti relatori dei corsi di specializzazione devono essere in possesso del diploma di laurea e deldiploma di specializzazione.

5. Fino alla prima applicazione dell'art. 9 della citata legge n. 341 del 1990, relativamente alle scuole di specializzazione si applicano le disposizionidi cui al D.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, e successive modificazioni, al D.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970, e all'art. 65 della legge 20 maggio 1982, n.270.

6. L'utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione è consentita unicamente qualora manchino docenti diruolo o non di ruolo specializzati.

7. Gli accordi di programma di cui all'art. 13, comma 1, lettera a), possono prevedere lo svolgimento di corsi di aggiornamento comuni per ilpersonale delle scuole, delle unità sanitarie locali e degli enti locali, impegnati in piani educativi e di recupero individualizzati.

Art. 15 - Gruppi di lavoro per l'integrazione scolastica -

1. Presso ogni ufficio scolastico provinciale è istituito un gruppo di lavoro composto da: un ispettore tecnico nominato dal provveditore agli studi, unesperto della scuola utilizzato ai sensi dell'art. 14, decimo comma, della legge 20 maggio 1982, n. 270, e successive modificazioni, due espertidesignati dagli enti locali, tre esperti designati dalle associazioni delle persone handicappate maggiormente rappresentative a livello provincialenominati dal provveditore agli studi sulla base dei criteri indicati dal ministro della P.I. entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore dellapresente legge. Il gruppo di lavoro dura in carica tre anni.

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2. Presso ogni circolo didattico ed istituto di scuola secondaria di primo e secondo grado sono costituiti gruppi di studio e di lavoro composti dainsegnanti, operatori dei servizi, familiari e studenti con il compito di collaborare alle iniziative educative e di integrazione predisposte dal pianoeducativo.

3. I gruppi di lavoro di cui al comma 1 hanno compiti di consulenza e proposta al provveditore agli studi, di consulenza alle singole scuole, dicollaborazione con gli enti locali e le unità sanitarie locali per la conclusione e la verifica dell'esecuzione degli accordi di programma di cui agli artt.13, 39 e 40, per l'impostazione e l'attuazione dei piani educativi individualizzati, nonché per qualsiasi altra attività inerente all'integrazione deglialunni in difficoltà di apprendimento.

4. I gruppi di lavoro predispongono annualmente una relazione da inviare al ministro della P.I. ed al presidente della giunta regionale. Il presidentedella giunta regionale può avvalersi della relazione ai fini della verifica dello stato di attuazione degli accordi di programma di cui agli artt. 13, 39 e40.

Art. 16 - Valutazione del rendimento e prove d'esame -

1. Nella valutazione degli alunni handicappati da parte degli insegnanti è indicato, sulla base del piano educativo individualizzato, per qualidiscipline siano stati adottati particolari criteri didattici, quali attività integrative e di sostegno siano state svolte, anche in sostituzione parziale deicontenuti programmatici di alcune discipline.

2. Nella scuola dell'obbligo sono predisposte, sulla base degli elementi conoscitivi di cui al comma 1, prove d'esame corrispondenti agli insegnamentiimpartiti e idonee a valutare il progresso dell'allievo in rapporto alle sue potenzialità e ai livelli di apprendimento iniziali.

3. Nell'ambito della scuola secondaria di secondo grado, per gli alunni handicappati sono consentite prove equipollenti e tempi più lunghi perl'effettuazione delle prove scritte o grafiche e la presenza di assistenti per l'autonomia e la comunicazione.

4. Gli alunni handicappati sostengono le prove finalizzate alla valutazione del rendimento scolastico o allo svolgimento di esami anche universitaricon l'uso degli ausili loro necessari.

5. Il trattamento individualizzato previsto dal comma 4 in favore degli alunni handicappati è consentito per il superamento degli esami universitari,previa intesa con il docente della materia e, occorrendo, con il consiglio di facoltà, sentito eventualmente il consiglio dipartimentale.

Art. 17 - Formazione professionale -

1. Le regioni, in attuazione di quanto previsto dagli artt. 3, primo comma, lettere l) e m), e 8, primo comma, lettere g) e h), della legge 21 dicembre1978, n. 845, realizzano l'inserimento della persona handicappata negli ordinari corsi di formazione professionale dei centri pubblici e privati egarantiscono agli allievi handicappati che non siano in grado di avvalersi dei metodi di apprendimento ordinari l'acquisizione di una qualifica anchemediante attività specifiche nell'ambito delle attività del centro di formazione professionale tenendo conto dell'orientamento emerso dai pianieducativi individualizzati realizzati durante l'iter scolastico. A tal fine forniscono ai centri i sussidi e le attrezzature necessarie.

2. I corsi di formazione professionale tengono conto delle diverse capacità ed esigenze della persona handicappata che, di conseguenza, è inserita inclassi comuni o in corsi specifici o in corsi prelavorativi.

3. Nei centri di formazione professionale sono istituiti corsi per le persone handicappate non in grado di frequentare i corsi normali. I corsi possonoessere realizzati nei centri di riabilitazione, quando vi siano svolti programmi di ergoterapia e programmi finalizzati all'addestramento professionale,ovvero possono essere realizzati dagli enti di cui all'art. 5 della citata legge n. 845 del 1978, nonché da organizzazioni di volontariato e da entiautorizzati da leggi vigenti. Le regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono ad adeguare alle disposizioni dicui al presente comma i programmi pluriennali e i piani annuali di attuazione per le attività di formazione professionali di cui all'art 5 dellamedesima legge n. 845 del 1978.

4. Agli allievi che abbiano frequentato i corsi di cui al comma 2 è rilasciato un attestato di frequenza utile ai fini della graduatoria per il collocamentoobbligatorio nel quadro economico-produttivo territoriale.

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5. Fermo restando quanto previsto in favore delle persone handicappate dalla citata legge n. 845 del 1978, una quota del fondo comune di cui all'art.8 della legge 16 maggio 1970, n. 281, è destinata ad iniziative di formazione e di avviamento al lavoro in forme sperimentali, quali tirocini, contrattidi formazione, iniziative territoriali di lavoro guidato, corsi prelavorativi, sulla base di criteri e procedure fissati con decreto del ministro del Lavoro edella previdenza sociale entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 18 - Integrazione lavorativa -

1. Le regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, disciplinano l'istituzione e la tenuta dell'albo regionale degli enti,istituzioni, cooperative sociali, di lavoro, di servizi, e dei centri di lavoro guidato, associazioni ed organizzazioni di volontariato che svolgono attivitàidonee a favorire l'inserimento e l'integrazione lavorativa di persone handicappate.

2. Requisiti per l'iscrizione all'albo di cui al comma 1, oltre a quelli previsti dalle leggi regionali, sono:

a) avere personalità giuridica di diritto pubblico o privato o natura di associazione, con i requisiti di cui al capo II del titolo II del libro I del codicecivile;b) garantire idonei livelli di prestazioni, di qualificazione del personale e di efficienza operativa.

3. Le regioni disciplinano le modalità di revisione ed aggiornamento biennale all'albo di cui al comma 1.

4. I rapporti dei comuni, dei consorzi tra comuni e tra comuni e province, delle comunità montane e delle unità sanitarie locali con gli organismi dicui al comma 1 sono regolati da convenzioni conformi allo schema tipo approvato con decreto del ministro del Lavoro e della previdenza sociale, diconcerto con il ministro della Sanità e con il ministro per gli Affari sociali, da emanare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presentelegge.

5. L'iscrizione all'albo di cui al comma 1 è condizione necessaria per accedere alle convenzioni di cui all'art. 38.

6. Le regioni possono provvedere con proprie leggi:

a) a disciplinare le agevolazioni alle singole persone handicappate per recarsi al posto di lavoro e per l'avvio e lo svolgimento di attività lavorativeautonome;b) a disciplinare gli incentivi, le agevolazioni e i contributi ai datori di lavoro anche ai fini dell'adattamento del posto di lavoro per l'assunzione dellepersone handicappate.

Art. 19 - Soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio -

1 In attesa dell'entrata in vigore della nuova disciplina del collocamento obbligatorio, le disposizioni di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482, esuccessive modificazioni, devono intendersi applicabili anche a coloro che sono affetti da minorazione psichica, i quali abbiano una capacitàlavorativa che ne consente l'impiego in mansioni compatibili. Ai fini dell'avviamento al lavoro, la valutazione della persona handicappata tiene contodella capacità lavorativa e relazionale dell'individuo e non solo della minorazione fisica o psichica. La capacità lavorativa è accertata dallecommissioni di cui all'art. 4 della presente legge, integrate ai sensi dello stesso articolo da uno specialista nelle discipline neurologiche, psichiatricheo psicologiche.

Art. 20 - Prove d'esame nei concorsi pubblici e per l'abilitazione alle professioni -

1. La persona handicappata sostiene le prove d'esame nei concorsi pubblici e per l'abilitazione alle professioni con l'uso degli ausili necessari e neitempi aggiuntivi eventualmente necessari in relazione allo specifico handicap.

2. Nella domanda di partecipazione al concorso e all'esame per l'abilitazione alle professioni il candidato specifica l'ausilio necessario in relazione alproprio handicap, nonché l'eventuale necessità di tempi aggiuntivi.

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Art. 21 - Precedenza nell'assegnazione di sede -

1. La persona handicappata con un grado di invalidità superiore ai due terzi o con minorazioni iscritte alle categorie prima, seconda e terza dellatabella A annessa alla legge 10 agosto 1950, n. 648, assunta presso gli enti pubblici come vincitrice di concorso o ad altro titolo, ha diritto di sceltaprioritaria tra le sedi disponibili.

2. I soggetti di cui al comma 1 hanno la precedenza in sede di trasferimento a domanda.

Art. 22 - Accertamenti ai fini del lavoro pubblico e privato -

1. Ai fini dell'assunzione al lavoro pubblico e privato non è richiesta la certificazione di sana e robusta costituzione fisica.

Art. 23 - Rimozione di ostacoli per l'esercizio di attività sportive, turistiche e ricreative -

1. L'attività e la pratica delle discipline sportive sono favorite senza limitazione alcuna. Il ministro della Sanità, con proprio decreto da emanare entroun anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce i protocolli per la concessione dell'idoneità alla pratica sportiva agonistica allepersone handicappate.

2. Le regioni e i comuni, i consorzi di comuni ed il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) realizzano, in conformità alle disposizioni vigenti inmateria di eliminazione delle barriere architettoniche, ciascuno per gli impianti di propria competenza, l'accessibilità e la fruibilità delle strutturesportive e dei connessi servizi da parte delle persone handicappate.

3. Le concessioni demaniali per gli impianti di balneazione ed i loro rinnovi sono subordinati alla visitabilità degli impianti ai sensi del decreto delministro dei Lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236, di attuazione della legge 9 gennaio 1989, n. 13, e all'effettiva possibilità di accesso al mare dellepersone handicappate.

4. Le concessioni autostradali ed i loro rinnovi sono subordinati alla visitabilità degli impianti ai sensi del citato decreto del ministro dei Lavoripubblici 14 giugno 1989, n. 236.

5. Chiunque, nell'esercizio delle attività di cui all'art. 5, primo comma, della legge 17 maggio 1983, n. 217, o di altri pubblici esercizi, discriminapersone handicappate è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire dieci milioni e con la chiusuradell'esercizio da uno a sei mesi.

Art. 24 - Eliminazione o superamento delle barriere architettoniche -

1. Tutte le opere edilizie riguardanti edifici pubblici e privati aperti al pubblico che sono suscettibili di limitare l'accessibilità e la visitabilità di cuialla legge 9 gennaio 1989, n. 13, e successive modificazioni, sono eseguite in conformità alle disposizioni di cui alla legge 30 marzo 1971, n. 118, esuccessive modificazioni, al regolamento approvato con D.P.R. 27 aprile 1978, n. 384, alla citata legge n. 13 del 1989, e successive modificazioni, eal citato decreto del ministro dei Lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236.

2. Per gli edifici pubblici e privati aperti al pubblico soggetti ai vincoli di cui alle leggi 1 giugno 1939, n. 1089, e successive modificazioni, e 29giugno 1939, n. 1497, e successive modificazioni, nonché ai vincoli previsti da leggi speciali aventi le medesime finalità, qualora le autorizzazionipreviste dagli artt. 4 e 5 della citata legge n. 13 del 1989 non possano venire concesse, per il mancato rilascio del nulla osta da parte delle autoritàcompetenti alla tutela del vincolo, la conformità alle norme vigenti in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche puòessere realizzata con opere provvisionali, come definite dall'art. 7 del D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164, nei limiti della compatibilità suggerita daivincoli stessi.

3. Alle comunicazioni al comune dei progetti di esecuzione dei lavori riguardanti edifici pubblici e aperti al pubblico, di cui al comma 1, rese ai sensidegli artt. 15, terzo comma, e 26, secondo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, sono allegate una documentazione

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grafica e una dichiarazione di conformità alla normativa vigente in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche, anche aisensi del comma 2 del presente articolo.

4. Il rilascio della concessione o autorizzazione edilizia per le opere di cui al comma 1 è subordinato alla verifica della conformità del progettocompiuta dall'ufficio tecnico o dal tecnico incaricato dal comune. Il sindaco, nel rilasciare il certificato di agibilità e di abitabilità per le opere di cuial comma 1, deve accertare che le opere siano state realizzate nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di eliminazione delle barrierearchitettoniche. A tal fine può richiedere al proprietario dell'immobile o all'intestatario della concessione una dichiarazione resa sotto forma di periziagiurata redatta da un tecnico abilitato.

5. Nel caso di opere pubbliche, fermi restando il divieto di finanziamento di cui all'art. 32, comma 20, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, e l'obbligodella dichiarazione del progettista, l'accertamento di conformità alla normativa vigente in materia di eliminazione delle barriere architettoniche spettaall'amministrazione competente, che ne dà atto in sede di approvazione del progetto.

6. La richiesta di modifica di destinazione d'uso di edifici in luoghi pubblici o aperti al pubblico è accompagnata dalla dichiarazione di cui al comma3. Il rilascio del certificato di agibilità e di abitabilità è condizionato alla verifica tecnica della conformità della dichiarazione allo stato dell'immobile.

7. Tutte le opere realizzate negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico in difformità dalle disposizioni vigenti in materia di accessibilità e dieliminazione delle barriere architettoniche, nelle quali le difformità siano tali da rendere impossibile l'utilizzazione dell'opera da parte delle personehandicappate, sono dichiarate inabitabili e inagibili. Il progettista, il direttore dei lavori, il responsabile tecnico degli accertamenti per l'agibilità ol'abitabilità ed il collaudatore, ciascuno per la propria competenza, sono direttamente responsabili. Essi sono puniti con l'ammenda da lire 10 milionia lire 50 milioni e con la sospensione dai rispettivi albi professionali per un periodo compreso da uno a sei mesi.

8. Il Comitato per l'edilizia residenziale (CER), di cui all'art. 3 della legge 5 agosto 1978, n. 457, fermo restando il divieto di finanziamento di cuiall'art. 32, comma 20, della citata legge n. 41 del 1986, dispone che una quota dei fondi per la realizzazione di opere di urbanizzazione e perinterventi di recupero sia utilizzata per la eliminazione delle barriere architettoniche negli insediamenti di edilizia residenziale pubblica realizzatiprima della data di entrata in vigore della presente legge.

9. I piani di cui all'art. 32, comma 21, della citata legge n. 41 del 1986 sono modificati con integrazioni relative all'accessibilità degli spazi urbani,con particolare riferimento all'individuazione e alla realizzazione di percorsi accessibili, all'installazione di semafori acustici per non vedenti, allarimozione della segnaletica installata in modo da ostacolare la circolazione delle persone handicappate.

10. Nell'ambito della complessiva somma che in ciascun anno la Cassa depositi e prestiti concede agli enti locali per la contrazione di mutui confinalità di investimento, una quota almeno pari al 2 per cento è destinata ai prestiti finalizzati ad interventi di ristrutturazione e recupero in attuazionedelle norme di cui al regolamento approvato con D.P.R. 27 aprile 1978, n. 384.

11. I comuni adeguano i propri regolamenti edilizi alle disposizioni di cui all'art. 27 della citata legge n. 118 del 1971, all'art. 2 del citato regolamentoapprovato con D.P.R. n. 384 del 1978, alla citata legge n. 13 del 1989, e successive modificazioni, e al citato decreto del ministro dei Lavori pubblici14 giugno 1989, n. 236, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Scaduto tale termine, le norme dei regolamenti edilizicomunali contrastanti con le disposizioni del presente articolo perdono efficacia.

Art. 25 - Accesso alla informazione e alla comunicazione -

1. Il ministro delle Poste e delle telecomunicazioni contribuisce alla realizzazione di progetti elaborati dalle concessionarie per i servizi radiotelevisivie telefonici volti a favorire l'accesso all'informazione radiotelevisiva e alla telefonia anche mediante installazione di decodificatori e diapparecchiature complementari, nonché mediante l'adeguamento delle cabine telefoniche.

2. All'atto di rinnovo o in occasione di modifiche delle convenzioni per la concessione di servizi radiotelevisivi o telefonici sono previste iniziativeatte a favorire la ricezione da parte di persone con handicap sensoriali di programmi di informazione, culturali e di svago e la diffusione didecodificatori.

Art. 26 - Mobilità e trasporti collettivi -

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1. Le regioni disciplinano le modalità con le quali i comuni dispongono gli interventi per consentire alle persone handicappate la possibilità dimuoversi liberamente sul territorio, usufruendo, alle stesse condizioni degli altri cittadini, dei servizi di trasporto collettivo appositamente adattati odi servizi alternativi.

2. I comuni assicurano, nell'ambito delle proprie ordinarie risorse di bilancio, modalità di trasporto individuali per le persone handicappate non ingrado di servirsi dei mezzi pubblici.

3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni elaborano, nell'ambito dei piani regionali di trasporto e dei piani diadeguamento delle infrastrutture urbane, piani di mobilità delle persone handicappate da attuare anche mediante la conclusione di accordi diprogramma ai sensi dell'art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142. I suddetti piani prevedono servizi alternativi per le zone non coperte dai servizi ditrasporto collettivo. Fino alla completa attuazione dei piani, le regioni e gli enti locali assicurano i servizi già istituiti. I piani di mobilità delle regionisono coordinati con i piani di trasporto predisposti dai comuni.

4. Una quota non inferiore all'1 per cento dell'ammontare dei mutui autorizzati a favore dell'Ente ferrovie dello Stato è destinata agli interventi perl'eliminazione delle barriere architettoniche nelle strutture edilizie e nel materiale rotabile appartenenti all'Ente medesimo, attraverso capitolatid'appalto formati sulla base dell'art. 20 del D.P.R. 27 aprile 1978, n. 384.

5. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il ministro dei Trasporti provvede alla omologazione di almeno un prototipo diautobus urbano ed extraurbano, di taxi, di vagone ferroviario, conformemente alle finalità della presente legge.

6. Sulla base dei piani regionali e della verifica della funzionalità dei prototipi omologati di cui al comma 5, il ministro dei Trasporti predispone icapitolati d'appalto contenenti prescrizioni per adeguare alle finalità della presente legge i mezzi di trasporto su gomma in corrispondenza con la lorosostituzione.

Art. 27 - Trasporti individuali -

1. A favore dei titolari di patente di guida delle categorie A, B o C speciali, con incapacità motorie permanenti, le unità sanitarie locali contribuisconoalla spesa per la modifica degli strumenti di guida, quale strumento protesico extra-tariffario, nella misura del 20 per cento, a carico del bilancio delloStato.

2. Al comma 1 dell'art. 1 della legge 9 aprile 1986, n. 97, sono soppresse le parole: "titolari di patente F" e dopo le parole: "capacità motorie" sonoaggiunte le seguenti: "anche prodotti in serie"

3. Dopo il comma 2 dell'art. 1 della citata legge n. 97 del 1986, è inserito il seguente:

"2-bis. Il beneficio della riduzione dell'aliquota relativa all'imposta sul valore aggiunto, di cui al comma 1, decade qualora l'invalido non abbiaconseguito la patente di guida della categorie A, B o C speciali, entro un anno dalla data dell'acquisto del veicolo Entro i successivi tre mesi l'invalidoprovvede al versamento della differenza tra l'imposta sul valore aggiunto pagata e l'imposta relativa all'aliquota in vigore per il veicolo acquistato"

4. Il comitato tecnico di cui all'art. 81, comma 9, del testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15giugno 1959, n. 393, come sostituito dall'art 4, comma 1, della legge 18 marzo 1988, n. 111, è integrato da due rappresentanti delle associazioni dellepersone handicappate nominati dal ministro dei Trasporti su proposta del comitato di cui all'art. 41 della presente legge.

5. Le unità sanitarie locali trasmettono le domande presentate dai soggetti di cui al comma 1 ad un apposito fondo, istituito presso il Ministero dellaSanità, che provvede ad erogare i contributi nei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 42.

Art. 28 - Facilitazione per i veicoli delle persone handicappate -

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1. I comuni assicurano appositi spazi riservati ai veicoli delle persone handicappate, sia nei parcheggi gestiti direttamente o dati in concessione, siain quelli realizzati e gestiti da privati.

2. Il contrassegno di cui all'art. 6 del regolamento approvato con D.P.R. 27 aprile 1978, n. 384, che deve essere apposto visibilmente sul parabrezzadel veicolo, è valido per l'utilizzazione dei parcheggi di cui al comma 1.

Art. 29 - Esercizio del diritto di voto -

1. In occasione di consultazioni elettorali, i comuni organizzano i servizi di trasporto pubblico in modo da facilitare agli elettori handicappati ilraggiungimento del seggio elettorale.

2. Per rendere più agevole l'esercizio del diritto di voto, le unità sanitarie locali, nei tre giorni precedenti la consultazione elettorale, garantiscono inogni comune la disponibilità di un adeguato numero di medici autorizzati per il rilascio dei certificati di accompagnamento e dell'attestazione medicadi cui all'art. 1 della legge 15 gennaio 1991, n. 15.

3. Un accompagnatore di fiducia segue in cabina i cittadini handicappati impossibilitati ad esercitare autonomamente il diritto di voto.L'accompagnatore deve essere iscritto nelle liste elettorali Nessun elettore può esercitare la funzione di accompagnatore per più di un handicappato.Sul certificato elettorale dell'accompagnatore è fatta apposita annotazione dal presidente del seggio nel quale egli ha assolto tale compito.

Art. 30 - Partecipazione -

1. Le regioni, per la redazione dei programmi di promozione e di tutela dei diritti della persona handicappata, prevedono forme di consultazione chegarantiscono la partecipazione dei cittadini interessati.

Art. 31 - Riserva di alloggi -

1. All'art. 3, primo comma, della legge 5 agosto 1978, n. 457, e successive modificazioni, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

"r-bis) dispone una riserva di finanziamenti complessivi per la concessione di contributi in conto capitale a comuni, Istituti autonomi case popolari,imprese, cooperative o loro consorzi per la realizzazione con tipologia idonea o per l'adattamento di alloggi di edilizia sovvenzionata e agevolata alleesigenze di assegnatari o acquirenti handicappati ovvero ai nuclei familiari tra i cui componenti figurano persone handicappate in situazione digravità o con ridotte o impedite capacità motorie"

2. Il contributo di cui alla lettera r-bis) del primo comma dell'art. 3 della legge 5 agosto 1978, n. 457, introdotta dal comma 1 del presente articolo, èconcesso dal Comitato esecutivo del CER direttamente ai comuni, agli Istituti autonomi case popolari, alle imprese, alle cooperative o loro consorziindicati dalle regioni sulla base delle assegnazioni e degli acquisti, mediante atto preliminare di vendita di alloggi realizzati con finanziamentipubblici e fruenti di contributo pubblico.

3. Il contributo di cui al comma 2 può essere concesso con le modalità indicate nello stesso comma, direttamente agli enti e istituti statali, assicurativie bancari che realizzano interventi nel campo dell'edilizia abitativa che ne facciano richiesta per l'adattamento di alloggi di loro proprietà daconcedere in locazione a persone handicappate ovvero ai nuclei familiari tra i cui componenti figurano persone handicappate in situazione di gravitào con ridotte o impedite capacità motorie.

4. Le associazioni presenti sul territorio, le regioni, le unità sanitarie locali, i comuni sono tenuti a fornire al CER, entro il 31 dicembre di ogni anno,ogni informazione utile per la determinazione della quota di riserva di cui alla citata lettera r-bis) del primo comma dell'art. 3 della legge 5 agosto1978, n. 457.

Art. 32 - Agevolazioni fiscali -

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1. Le spese mediche e quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità e menomazione, per la parte del loroammontare complessivo che ecceda il 5 o il 10 per cento del reddito complessivo annuo dichiarato a seconda che questo sia o meno superiore a 15milioni di lire, sono deducibili dal reddito complessivo del contribuente che ha sostenuto gli oneri per sé o per le persone indicate nell'art. 433 delcodice civile, purché dalla documentazione risulti chi ha sostenuto effettivamente la spesa, la persona da assistere perché invalida e il domicilio o laresidenza del percipiente.

Art. 33 - Agevolazioni -

1. La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell'art.4, comma 1, hanno diritto al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa dal lavoro di cui all'art. 7 della legge 30 dicembre1971, n. 1204, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati.

2. I soggetti di cui al comma 1 possono chiedere ai rispettivi datori di lavoro di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a tre anni del periododi astensione facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.

3. Successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, diminore con handicap in situazione di gravità nonché colui che assiste una persona con handicap in situazione di gravità parente o affine entro il terzogrado, convivente, hanno diritto a tre giorni di permesso mensile, fruibili anche in maniera continuativa a condizione che la persona con handicap insituazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno.

4. Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano con quelli previsti dall'art. 7 della citata legge n. 1204 del 1971, si applicano le disposizioni dicui all'ultimo comma del medesimo art. 7 della legge n. 1204 del 1971, nonché quelle contenute negli artt. 7 e 8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.

5. Il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo gradohandicappato, con lui convivente, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferitasenza il suo consenso ad altra sede.

6. La persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità può usufruire dei permessi di cui ai commi 2 e 3, ha diritto a scegliere, ovepossibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso.

7. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si applicano anche agli affidatari di persone handicappate in situazione di gravità

Art. 34 - Protesi e ausili tecnici -

1. Con decreto del ministro della Sanità da emanare, sentito il Consiglio sanitario nazionale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dellapresente legge, nella revisione e ridefinizione del nomenclatore-tariffario delle protesi di cui al terzo comma dell'art. 26 della legge 23 dicembre1978, n. 833, vengono inseriti apparecchi e attrezzature elettronici e altri ausili tecnici che permettano di compensare le difficoltà delle persone conhandicap fisico o sensoriale.

Art. 35 - Ricovero del minore handicappato -

1. Nel caso di ricovero di una persona handicappata di minore età presso un istituto anche a carattere sanitario, pubblico o privato, ove dall'istitutosia segnalato l'abbandono del minore, si applicano le norme di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184.

Art. 36 - Aggravamento delle sanzioni penali -

1. Per i reati di cui agli artt. 519, 520, 521, 522, 523, 527 e 628 del codice penale, nonché per i delitti non colposi contro la persona, di cui al titoloXII del libro II del codice penale, e per i reati di cui alla legge 20 febbraio 1958, n. 75, qualora l'offeso sia una persona handicappata la pena èaumentata da un terzo alla metà

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2. Per i procedimenti penali per i reati di cui al comma 1 è ammessa la costituzione di parte civile del difensore civico, nonché dell'associazione allaquale risulti iscritta la persona handicappata o suo familiare.

Art. 37 - Procedimento penale in cui sia interessata una persona handicappata -

1. Il ministro di Grazia e Giustizia, il ministro dell'Interno e il ministro della Difesa, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, disciplinano conproprio decreto le modalità di tutela della persona handicappata, in relazione alle sue esigenze terapeutiche e di comunicazione, all'interno dei localidi sicurezza, nel corso dei procedimenti giudiziari penali e nei luoghi di custodia preventiva e di espiazione della pena.

Art. 38 - Convenzioni -

1. Per fornire i servizi di cui alla presente legge, i comuni, anche consorziati tra loro, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie localiper la parte di loro competenza, si avvalgono delle strutture e dei servizi di cui all'art 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Possono inoltreavvalersi dell'opera di associazioni riconosciute e non riconosciute, di istituzioni private di assistenza non aventi scopo di lucro e di cooperative,sempreché siano idonee per i livelli delle prestazioni, per la qualificazione del personale e per l'efficienza organizzativa ed operativa, mediante laconclusione di apposite convenzioni.

2. I comuni, anche consorziati tra loro, le loro unioni, le comunità montane, rilevata la presenza di associazioni in favore di persone handicappate,che intendano costituire cooperative di servizi o comunità-alloggio o centri socio-riabilitativi senza fini di lucro, possono erogare contributi checonsentano di realizzare tali iniziative per i fini previsti dal comma 1, lettere h), i) e l) dell'art. 8, previo controllo dell'adeguatezza dei progetti e delleiniziative, in rapporto alle necessità dei soggetti ospiti, secondo i principi della presente legge.

Art. 39 - Compiti delle regioni -

1. Le regioni possono provvedere, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio, ad interventi sociali, educativo-formativi e riabilitativi nell'ambitodel piano sanitario nazionale, di cui all'art. 53 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni, e della programmazione regionaledei servizi sanitari, sociali e formativo-culturali.

2. Le regioni possono provvedere, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio:

a) a definire l'organizzazione dei servizi, i livelli qualitativi delle prestazioni, nonché i criteri per l'erogazione dell'assistenza economica integrativa dicompetenza dei comuni;b) a definire, mediante gli accordi di programma di cui all'art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, le modalità di coordinamento e di integrazionedei servizi e delle prestazioni individuali di cui alla presente legge con gli altri servizi sociali, sanitari, educativi, anche d'intesa con gli organiperiferici dell'amministrazione della P.I. e con le strutture prescolastiche o scolastiche e di formazione professionale, anche per la messa adisposizione di attrezzature, operatori o specialisti necessari all'attività di prevenzione, diagnosi e riabilitazione eventualmente svolta al loro interno;c) a definire, in collaborazione con le università e gli istituti di ricerca, i programmi e le modalità organizzative delle iniziative di riqualificazione edaggiornamento del personale impiegato nelle attività di cui alla presente legge;d) a promuovere, tramite le convenzioni con gli enti di cui all'art. 38, le attività di ricerca e di sperimentazione di nuove tecnologie di apprendimentoe di riabilitazione, nonché la produzione di sussidi didattici e tecnici;e) a definire le modalità di intervento nel campo delle attività assistenziali e quelle di accesso ai servizi;f) a disciplinare le modalità del controllo periodico degli interventi di inserimento ed integrazione sociale di cui all'art. 5, per verificarne larispondenza all'effettiva situazione di bisogno;g) a disciplinare con legge, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i criteri relativi all'istituzione e al funzionamento deiservizi di aiuto personale;h) ad effettuare controlli periodici sulle aziende beneficiarie degli incentivi e dei contributi di cui all'art. 18, comma 6, per garantire la loro effettivafinalizzazione all'integrazione lavorativa delle persone handicappate;i) a promuovere programmi di formazione di personale volontario da realizzarsi da parte delle organizzazioni di volontariato;l) ad elaborare un consuntivo annuale analitico delle spese e dei contributi per assistenza erogati sul territorio anche da enti pubblici e enti oassociazioni privati, i quali trasmettono alle regioni i rispettivi bilanci, secondo modalità fissate dalle regioni medesime.

Art. 40 - Compiti dei comuni -

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1. I comuni, anche consorziati tra loro, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali qualora le leggi regionali attribuiscano loro lacompetenza, attuano gli interventi sociali e sanitari previsti dalla presente legge nel quadro della normativa regionale, mediante gli accordi diprogramma di cui all'art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dando priorità agli interventi di riqualificazione, di riordinamento e di potenziamentodei servizi esistenti.

2. Gli statuti comunali di cui all'art. 4 della citata legge n. 142 del 1990 disciplinano le modalità del coordinamento degli interventi di cui al comma1 con i servizi sociali sanitari, educativi e di tempo libero operanti nell'ambito territoriale e l'organizzazione di un servizio di segreteria per i rapporticon gli utenti, da realizzarsi anche nelle forme di decentramento previste dallo status stesso.

Art. 41 - Competenze del ministro per gli Affari sociali e costituzione del Comitato nazionale per le politiche dell'handicap -

1. Il ministro per gli Affari sociali coordina l'attività delle amministrazioni dello Stato competenti a realizzare gli obiettivi della presente legge ed hacompiti di promozione di politiche di sostegno per le persone handicappate e di verifica dell'attuazione della legislazione vigente in materia.

2. I disegni di legge del Governo contenenti disposizioni concernenti la condizione delle persone handicappate sono presentati previo concerto con ilministro per gli Affari sociali. Il concerto con il ministro per gli Affari sociali è obbligatorio per i regolamenti e per gli atti di carattere generaleadottati in materia.

3. Per favorire l'assolvimento dei compiti di cui al comma 1, è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Comitato nazionale per lepolitiche dell'handicap.

4. Il Comitato è composto dal ministro per gli Affari sociali, che lo presiede, dai ministri dell'Interno, del Tesoro, della P.I., della Sanità, del Lavoro edella previdenza sociale, nonché dai ministri per le Riforme istituzionali e gli Affari regionali e per il Coordinamento delle politiche comunitarie. Alleriunioni del comitato possono essere chiamati a partecipare altri ministri in relazione agli argomenti da trattare.

5. Il Comitato è convocato almeno tre volte l'anno, di cui una prima della presentazione al Consiglio dei ministri del disegno di legge finanziaria.

6. Il Comitato si avvale di:

a) tre assessori scelti tra gli assessori regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano designati dalla conferenza dei presidenti delleregioni e delle province autonome ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo 16 dicembre 1989, n. 418;b) tre rappresentanti degli enti locali designati dall'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e un rappresentante degli enti locali designatodalla Lega delle autonomie locali;c) cinque esperti scelti fra i membri degli enti e delle associazioni in possesso dei requisiti di cui agli artt. 1 e 2 della legge 19 novembre 1987, n.476, che svolgano attività di promozione e tutela delle persone handicappate e delle loro famiglie;d) tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

7. Il Comitato si avvale dei sistemi informativi delle amministrazioni in esso rappresentate.

8. Il ministro per gli Affari sociali, entro il 15 aprile di ogni anno, presenta una relazione al Parlamento sui dati relativi allo stato di attuazione dellepolitiche per l'handicap in Italia, nonché sugli indirizzi che saranno seguiti. A tal fine le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamentoautonomo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali trasmettono, entro il 28 febbraio di ciascun anno, alla Presidenzadel Consiglio dei ministri tutti i dati relativi agli interventi di loro competenza disciplinati dalla presente legge. Nel primo anno di applicazione dellapresente legge la relazione è presentata entro il 30 ottobre.

9. Il Comitato, nell'esercizio delle sue funzioni, è coadiuvato da una commissione permanente composta da un rappresentante per ciascuno deiMinisteri dell'Interno, delle Finanze, del Tesoro, della P.I., della Sanità, del Lavoro e della previdenza sociale, dell'Università e della ricerca scientificae tecnologica, nonché da tre rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri di cui uno del Dipartimento per gli Affari sociali, uno delDipartimento per gli Affari regionali, uno del Dipartimento della Funzione pubblica. La commissione è presieduta dal responsabile dell'ufficio per leproblematiche della famiglia, della terza età, dei disabili e degli emarginati, del Dipartimento per gli Affari sociali.

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Art. 42 - Copertura finanziaria -

1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri -Dipartimento per gli Affari sociali, è istituito il fondo per l'integrazione degli interventi regionali edelle province autonome in favore dei cittadini handicappati.

2. Il ministro per gli Affari sociali provvede, sentito il Comitato nazionale per le politiche dell'handicap di cui all'art. 41, alla ripartizione annuale delfondo tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in proporzione al numero degli abitanti.

3. A partire dal terzo anno di applicazione della presente legge, il criterio della proporzionalità di cui al comma 2 può essere integrato da altri criteri,approvati dal Comitato di cui all'art. 41, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e diBolzano di cui all'art. 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400, con riferimento a situazione di particolare concentrazione di persone handicappate e diservizi di alta specializzazione, nonché a situazioni di grave arretratezza di alcune aree.

4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono a ripartire i fondi di loro spettanza tra gli enti competenti a realizzare iservizi, dando priorità agli interventi in favore delle persone handicappate in situazione di gravità e agli interventi per la prevenzione.

5. Per le finalità previste dalla presente legge non possono essere incrementate le dotazioni organiche del personale della scuola di ogni ordine egrado oltre i limiti consentiti dalle disponibilità finanziarie all'uopo preordinate dal comma 6, lettera h).

6 - omissis

7 - omissis

8 - omissis

Art. 43 - Abrogazioni -

1. L'art. 230 del T.U. approvato con R.D. 4 febbraio 1928, n. 577, l'art. 415 del regolamento approvato con R.D 26 aprile 1928, n. 1297 ed i commisecondo e terzo dell'art. 28 della legge 30 marzo 1971, n. 118, sono abrogati.

Art. 44 - Entrata in vigore -

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.

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ALLEGATO 4: AUTISMO

Comprendere l'autismo

Il nostro punto di partenza sarà l’immagine dell’iceberg. Alla parte che emerge dall’acqua corrispondono icomportamenti che possiamo osservare nella persona affetta da autismo: le manifestazioni di autoaggressività, il gettaregli oggetti, i movimenti stereotipati. Ma la parte più grande dell’iceberg è quella sommersa, che corrisponde a ciò chenon vediamo: lo stress cui sono sottoposte le persone affette da autismo. Non possiamo pensare di risolvere i problemidi comportamento delle persone affette da autismo se non conosciamo questa “parte sommersa”. Quando lavoriamo conpersone colpite da handicap mentale senza autismo, normalmente aspettiamo che il problema di comportamento simanifesti e poi lo affrontiamo; nelle persone affette da autismo dobbiamo agire in maniera del tutto differente, dobbiamofare in modo di prevenire i problemi di comportamento.

Penso che affrontare l’autismo da un punto di vista professionale sia una vera sfida, perché non esistono ricette: ilrequisito indispensabile per un professionista che lavora nell’autismo è molta immaginazione, e la capacità di mettersinei panni della persona affetta da autismo, perché le persone affette da autismo hanno un pensiero diverso dal nostro, eun buon professionista deve essere in grado di calarsi nel loro modo di pensare. Quanto più noi riusciamo a metterci neipanni della persona affetta da autismo, tanto più riusciamo a capire i motivi dello stress e dei problemi dicomportamento, e quali sono gli ostacoli che li causano e come rimuovere questi ostacoli: solo facendo così, mettendociil più possibile nei panni della persona affetta da autismo, possiamo fare un piano educativo veramente individualizzatoe su misura. Questa strada è davvero difficile, ma vale la pena di percorrerla.

Noi parliamo generalmente di bambini autistici, ma voi sapete che i bambini autistici diventano adulti autistici, per iquali sono utilizzate grosso modo le stesse strategie che si usano per i bambini. Ora la mia collega Hilde vi parlerà di

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Luca, un bambino affetto da autismo, dei suoi problemi di comportamento e di come vanno affrontati. Poi io vi parleròdi un adulto e dei suoi problemi, facendo riferimento ancora alla figura dell’iceberg.

Luca è un bambino italiano di sei anni che ho conosciuto in uno stage, affetto da autismo e ritardo mentale, non verbalee con molti problemi di comportamento. Quando teniamo gli stages pratici arriviamo sempre due giorni prima per avereinformazioni sul bambino e adattare l’ambiente che frequenterà durante lo stage; dopo avere letto il dossier su Lucascritto dai genitori abbiamo strutturato l’ambiente e preparato le attività, e nonostante questo Luca presentava ancoradiversi problemi di comportamento. Poiché Luca aveva molti problemi di comprensione verbale, il tempo libero e lealtre attività gli erano state presentate in modo visivo attraverso gli oggetti, e questo era effettivamente il suo livello dicomprensione: per spiegargli che era il momento di lavorare gli mostravo il lavoro che avrebbe dovuto fare, perspiegargli che era il momento del riposo gli mostravo la palla, per spiegargli che era il momento del pasto gli mostravoil suo bavaglio, per spiegargli che era il momento di tornare a casa gli mostravo il suo zainetto. In questo modo glicomunicavo le attività che avrebbe intrapreso attraverso un linguaggio adatto al suo livello di comunicazione, cioè unlinguaggio di oggetti.

Alla fine dello stage pratico vengono esaminati dei problemi di comportamento osservati durante lo stage scelti daipartecipanti, e in quel caso vennero scelti i problemi di comportamento di Luca. Luca aveva dei comportamenti diautoaggressività, in particolare si graffiava. Per capire i problemi di comportamento di Luca noi possiamo guardare laparte superiore dell’iceberg e dire “Luca si graffia”; ma possiamo vedere il problema anche in un altro modo, guardandola parte dell’iceberg che sta sotto il pelo dell’acqua, considerando cioè la sua triade di difficoltà, ovvero le difficoltànella comunicazione, nell’interazione sociale e nelle capacità immaginative che caratterizzano le persone affette daautismo.

Invece di intervenire sui sintomi bisogna cercare di capire cosa sta sotto e intervenire sulle cause dei sintomi. Peraffrontare il problema in questo modo, cioè cercando di capire le cause, dobbiamo esaminare i sintomi, e quindiabbiamo chiesto ai partecipanti di fare un’analisi del comportamento di Luca prendendo nota di quando si eranoverificati i problemi di comportamento. Da questa analisi è emerso che i problemi si manifestavano durante le pause, altavolo di lavoro, durante il pasto, e anche quando Luca vedeva la mamma o i suoi insegnanti.

Cercheremo ora di capire i problemi di Luca dal punto di vista di Luca, che è un bambino colpito da autismo.Per cercare di utilizzare delle attività che fossero al livello di comunicazione di Luca e che comunque gli piacesseroabbiamo organizzato delle attività in cui fossero chiaro l’inizio e la fine e in cui ci fosse qualcosa di gradevole per lui,cioè dei suoni, perché a Luca piacciono molto i rumori. Per esempio una delle attività preparate per lui consisteva in unascatola in cui doveva infilare delle palline attraverso un buco, e ogni volta che la pallina cadeva nel buco faceva unrumore per lui piacevole; quando le palline erano finite ed erano scomparse dalla sua vista era chiaro che l’attività erafinita.Abbiamo visto però che nonostante questa e le altre attività fossero adatte al livello di competenza di Luca, Lucapresentava lo stesso dei problemi di comportamento; analizzando meglio l’attività abbiamo scoperto che anche quandoLuca aveva finito di infilare tutte le palline, poteva in effetti vederle attraverso il buco, non capiva che l’attività era finitae cercava di riprendere le palline infilando la mano nel buco. A quel punto i partecipanti cominciavano a dirgli difermarsi e di non riprendere le palline, e questo creava per lui alcuni problemi: il primo era che Luca, al suo livello dicomprensione e comunicazione verbale, non poteva capire queste parole e non poteva neanche dire che non avevacapito e quindi cominciava a manifestare il suo disagio picchiandosi. Inoltre quando questo comportamentoautoaggressivo iniziava a manifestarsi il lavoro veniva interrotto e Luca veniva portato all’angolo del riposo: in questomodo egli capiva che il modo migliore per interrompere il lavoro era cominciare a picchiarsi.

Quando perciò cerchiamo di capire il comportamento considerando la parte superiore e la parte inferiore dell’iceberg, seosserviamo la parte superiore, cioè le manifestazioni, possiamo dedurre che “Luca si oppone al lavoro”. Ma seprendiamo in considerazione la parte inferiore e ci mettiamo nei suoi panni ne deduciamo che siamo noi che nonabbiamo costruito un’attività adatta per lui e siamo noi che dobbiamo modificare il nostro lavoro.

Ora consideriamo i problemi di comportamento di Luca in un’altra situazione: il tempo libero. Nell’angolo del riposoc’erano delle bambole, del Lego e un elastico per saltare. Sfortunatamente Luca, come molti soggetti autistici, ha

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difficoltà nelle capacità immaginative, e quindi ha problemi a giocare con le bambole, e per quanto riguarda il Lego lometteva in bocca e lo tirava.

Luca aveva un interesse suo molto particolare, amava tantissimo le macchine, andare a guardare le macchine, entrarenelle macchine; la mamma non aveva pace perché Luca urlava tutta notte, e la mamma poteva passare una nottetranquilla solo se la passava con lui in macchina: il bambino dormiva solo in macchina e molto spesso mangiava inmacchina. Capirete la difficoltà di avere un bambino così in uno stage pratico, un bambino il cui unico interesse è quellodi andare in macchina.

Ora torniamo all’immagine dell’iceberg: se noi paragoniamo un bambino normale e un bambino affetto da autismo,vediamo che il bambino normale, se non ha problemi nell’attività immaginativa, davanti al Lego inizia subito a costruirequalcosa, ma per un bambino che ha problemi di immaginazione i pezzi di Lego non significano molto; se vogliamo cheli utilizzi per giocare, se ci vogliamo mettere nei suoi panni e cercare di capire i suoi problemi, vediamo che possiamopresentargli questa attività in modo diverso nel suo angolo di lavoro, in modo che per lui sia chiaro quello che deve farecon i pezzi di Lego. Luca, essendo affetto da autismo, ha inoltre problemi di interazione sociale, ma non sembra essernecosì condizionato: è infatti un bambino che ama le coccole, i bacini, e ama stare con le persone.Durante il tempo libero succedeva che lui metteva in bocca i pezzi di Lego e li tirava e noi gli dicevamo “No, Luca, nonfarlo”. Ma lui, con i suoi problemi di comunicazione, non poteva dirci che voleva essere coccolato e che voleva esserepreso in braccio, e allora cominciava a manifestare comportamenti aggressivi magari anche nei confronti di altribambini; a quel punto qualcuno lo prendeva in braccio e gli diceva di non fare così, e anche in questo caso Luca avevacapito che se si comportava in quel modo avrebbe avuto le coccole che desiderava. Inoltre non poteva comunicare chevoleva vedere le macchine, e di nuovo iniziava a presentare dei problemi di comportamento, a graffiarsi e a picchiaredegli altri bambini, e quando la situazione si faceva troppo difficile qualcuno lo prendeva per mano e lo accompagnava avedere le macchine, e ancora una volta aveva capito il modo in cui poteva ottenere quello che voleva.

ll terzo momento in cui abbiamo visto che Luca presentava dei problemi di comportamento è durante il pasto, masolamente durante il pasto del giovedì.Di nuovo dobbiamo metterci nei panni di Luca, e cercare di capire cosasuccedeva di giovedì. ll giovedì i bambini erano incaricati di aiutare a preparare una macedonia di frutta; ma dobbiamoconsiderare che già di per se il pasto era un momento molto difficile per Luca: c’erano cinque o sei bambini, cinque osei operatori, c’eravamo noi, si parlava molto, c’era molto rumore, arrivava una portata dopo l’altra, e Luca non capivamai esattamente quando il pasto era finito. Per giunta sul tavolo era in bella mostra la macedonia di frutta, che a luipiaceva molto, e lui non poteva comunicarci che la voleva, ma ancora una volta, sapendo che gli piaceva, gli veniva dataquando manifestava dei problemi di comportamento.

Durante lo stage, al momento della merenda, ai bambini veniva fatta un’analisi della loro capacità di comunicazione:veniva preparato un tavolo con delle cose buone e che a loro piacevano e veniva chiesto ai bambini di chiedere ciò chedesideravano; ma Luca non chiedeva nulla e si sarebbe potuto pensare che non aveva fame. Durante il momento dellamerenda così organizzato di nuovo si graffiava, e per calmarlo veniva accompagnato a vedere le macchine.

Come compito di apprendimento durante lo stage i partecipanti avevano scelto di insegnare a Luca a chiedere damangiare porgendo il piatto. Luca aveva imparato in fretta questa “parola” alla sua portata, ed è stato commoventedurante lo stage vedere che una volta appreso questo continuava a chiedere da mangiare, per la prima volta con un gransorriso, e che chiedendo col piatto si era mangiato una pagnotta intera.

Era escluso quindi che non avesse fame, ma semplicemente non aveva i mezzi per comunicarci quello che voleva.Quando dico “parola” riferendomi al piatto intendo dire che questo era il suo livello di comprensione, il livelloattraverso il quale ci poteva comunicare quello che voleva.

Ho parlato anche di una situazione in cui si graffiava quando vedeva la sua mamma e la sua maestra: di nuovocerchiamo di capire lo stile cognitivo delle persone affette da autismo per spiegare questo comportamento.Alla fine della giornata quando vedeva sua madre pensava di poter finalmente tornare a casa. Ma i partecipanti volevano

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avere ancora un colloquio ancora con la mamma, e Luca non capiva perché, se la mamma era lì, non poteva tornare acasa, e cominciava a graffiarsi. Così la mamma lo accompagnava alla macchina per portarlo a casa.

C’è anche un’altra componente che spiega questo comportamento: molte persone affette da autismo come Luca hannoproblemi a situare le persone in un contesto diverso dal solito, e forse che Luca si chiedeva che cosa ci facesse lamamma allo stage. Ancora più difficile era capire che cosa ci facesse la maestra, che per Luca era legata solamente allascuola. Chi non conosce l’autismo potrebbe dire che Luca piange quando vede la mamma perché non le vuole bene, machi conosce l’autismo sa che non è così, e che questo fenomeno è probabilmente dovuto al legame che gli autistici fannotra un dettaglio e un contesto.

Quando parliamo di autismo dobbiamo sempre guardare la parte dell’iceberg che sta sotto il pelo dell’acqua e mettercinei panni della persona affetta da autismo per capire le cause dei problemi di comportamento.

Ora Theo vi parlerà di un’altra persona affetta da autismo, Herman, che presenta anch’essa molti problemi dicomportamento. Herman ha quarantacinque anni, è affetto da autismo e da ritardo mentale grave, e nella struttura che loospita è l’unica persona affetta da autismo in mezzo a molte persone colpite da deficit mentale. Il personale prendemolto a cuore la situazione di Herman, ma purtroppo non è preparato specificatamente per l’autismo.

Cercherò di individuare i problemi di Herman come Hilde ha fatto per Luca, cominciando dalla comunicazione.I professionisti del centro pensano che Herman capisca benissimo il linguaggio verbale e la maggior parte dellecomunicazioni sono verbali.

Ora se io mi mettessi a parlare in fiammingo, voi che come Herman siete persone molto gentili, mi lascereste parlare perqualche minuto senza capire nulla, ma penso che se continuassi per molto tempo vi trovereste in una situazione di stress,vi arrabbiereste e così via. Anche Hermann all’inizio non reagisce, ma nel corso della giornata comincia a sviluppareproblemi di comportamento man mano che viene continuamente esposto a un linguaggio che non comprende.

A questo proposito vorrei citare due persone affette da autismo molto dotate. Una di esse, Donna William, nel suo librodice che quando era piccola poteva sopportare il “bla bla” delle persone per cinque secondi: come vedete il deficit dicomunicazione è un fattore di stress molto profondo nelle persone affette da autismo, e altrettanto lo sono i problemi diinterazione sociale. Gunilla Gerland, un’altra persona affetta da autismo, ha scritto un libro intitolato “Una personavera” , pubblicato anche in Italia, in cui descrive quello che per lei era la scuola, dicendo: ”250 voci, e tutte quellebraccia e quelle gambe ...”.

E ora pensiamo alle parole di Gunilla Gerland riferendoci a Hermann: Hermann, nel suo centro viene messo quasisempre in gruppo, perché si pensa che stare in gruppo stimolerà le sue capacità sociali.

Herman vorrebbe isolarsi qualche volta, ma il direttore non glielo permette, perché pensa che se gli sarà permesso diisolarsi diventerà ancora più autistico di quanto non sia già. Hermann nelle situazioni di gruppo si trova in grandidifficoltà, perché non è in grado di capire il modo di comunicare degli altri, e ogni tanto vorrebbe dire “E’ troppodifficile per me, basta”. E allora comincia a sbattere la testa contro il muro, perché sa che in questo modo gli operatoriaccorreranno e sarà accompagnato nella sua camera, dove finalmente avrà un po’ di pace.

Le persone come Hermann, se non sono protette dalle situazioni sociali troppo complesse, sviluppano delle crisi dicomportamento. Hilde vi ha già parlato della difficoltà di Luca a orientarsi nel tempo e comprendere il tempo, dalmomento che le persone affette da autismo hanno problemi di immaginazione e quindi hanno problemi con i concettiastratti , e il tempo è quanto di più astratto si possa immaginare. Immaginate di non poter prevedere quello che visuccederà durante la giornata, ma che quello che farete dipenderà soltanto da coincidenze imposte da altri. Penso chepoter avere un senso della prevedibilità nel tempo sia il primo passo verso l’autonomia e che una vita in cui non si può

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sapere che cosa si farà ma si dipenda sempre dalle decisioni degli altri sia una vita veramente difficile.In un certo senso Hermann è fortunato, perché la vita nel suo centro è molto programmata e c’è una cadenza delleattività piuttosto rigida, eppure qualcosa di imprevedibile accade sempre. Inoltre ci sono i week-end, e nei week endtutto cambia, e questo provoca dei problemi di comportamento. Il periodo migliore per Hermann è il pomeriggio,durante il quale per tre ore ha delle attività più o meno adatte a lui: in questo periodo Herman può lavorare da solo conuna educatrice che si occupa di lui. Fa piacere vederli insieme perché è chiaro che Hermann le vuole molto bene e chelei ha una grande simpatia per Hermann. Ma non è altrettanto gradevole vedere la bizzarra routine che si è venuta acreare: come vi ho già detto Hermann non è verbale, ha scarse capacità ricettive, e prima di cominciare il lavoroHermann guarda la sua educatrice, che gli dice qualcosa, ed Hermann comincia a lavorare. Dopo un po’ si interrompe,guarda l’educatrice, l’educatrice gli dice qualcosa e lui riprende a lavorare, poi di nuovo si interrompe, guarda ancoral’educatrice e di nuovo l’educatrice gli dice qualcosa, e così via. Col tempo questo alternarsi di sguardi e lavoro diventauna sola cosa, una routine in cui i due momenti sono inseparabili. E’ un vero peccato che Hermann non possa usare unoschema visivo per essere autonomo.

Gli operatori che lavorano con Hermann sono molto solleciti nei suoi confronti, e cercano in ogni modo di educarlo allavita quotidiana, chiedendogli per esempio di svolgere un’attività molto semplice, come apparecchiare la tavola.Se analizziamo tutto ciò che occorre fare per apparecchiare la tavola ci accorgiamo che non è affatto un’attivitàsemplice. Se qualcuno mio chiedesse di apparecchiare la tavola, io mi rappresenterei mentalmente una certa scenografia,ponendomi prima una serie di domande inconsce, per esempio “che pasto è, di mezzogiorno, cena o colazione, quantepersone ci sono, se sono tutte presenti, quante portate sono previste”, eccetera, ed è solo in base alle risposte che mi doche riesco a organizzare mentalmente lo scenario per apparecchiare la tavola.

Hermann non solo manca di un linguaggio verbale esteriore ma ha anche dei problemi nella possibilità di organizzare ilsuo scenario mentale interiore per apparecchiare la tavola. Se gli si chiede di apparecchiare la tavola lui capisce chedeve andare verso la tavola, che deve svolgere un’attività che riguarda la tavola, prende qualche piatto, lo appoggia, maben presto non è in grado di proseguire, si blocca, e si trova in una situazione di stress perché non può organizzare nellasua mente tutte le tappe necessaire a svolgere il compito che gli è stato richiesto. Analizzate i vostri comportamenti: iopenso che se ciascuno di voi si trovasse per la maggior parte del tempo della giornata in una condizione di insuccessosarebbe sicuramente in una situazione di stress. Abbiamo invitato da noi Gunilla Gerland a tenere delle conferenze, e ciha parlato dello sviluppo dell’autonomia nelle persone affette da autismo con alto livello di funzionamento. Tutti siaspettavano che ci desse dei suggerimenti pratici, ma invece di parlare di questo non ha fatto che parlare del senso diautostima che solo l’indipendenza può dare e dell’importanza di avere un’immagine positiva di se stessa.

Nell’arco della giornata una persona con handicap si trova ad avere circa sette o otto ore di tempo libero, e chiunqueconosca anche minimamente l’autismo può capire come questo oceano di tempo libero provochi moltissime difficoltà.

Le difficoltà degli autistici dotati (Asperger)

L’espressione “autistici dotati” (o ad alto funzionamento) è un’espressione un po’ ingannevole. Chi conosce l’autismo sache tutti gli autistici presentano un profilo estremamente disarmonico, e questa disarmonia è molto evidente neicosiddetti autistici dotati.

Si tratta di persone che hanno un Q.I. anche superiore a 120; eppure per comprendere le loro difficoltà dobbiamoconsiderare la differenza tra “intelligenza da test” e “intelligenza del mondo”.

I bambini poveri delle favelas brasiliane non hanno una grande intelligenza da test, ma hanno una grande intelligenzadel mondo, e la dimostrano quando vendono le banane ai turisti a prezzi esagerati, perché sono in grado di valutarnel’ingenuità e la scarsa familiarità con la moneta brasiliana; ma questi stessi bambini non sono in grado di eseguiresemplici calcoli su un foglio di carta.

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Nel caso degli autistici dotati avviene l’esatto contrario: sono in grado di eseguire calcoli complicatissimi a menteeppure non hanno alcuna competenza nell’usare i soldi nella vita quotidiana.

Il fenomeno della ipersensibilità

Hilde Declerq, madre di un bambino autistico, descriverà il fenomeno dell’iperselettività partendo dalla propriaesperienza.

“Vi parlerò dell’iperselettivtà delle persone affette da autismo attraverso degli esempi concreti che ho potuto osservarenel corso dello sviluppo di Thomas, mio figlio, che è un bambino affetto da autismo, verbale, di dodici anni con un’etàdi sviluppo normale. L’iperselettività consiste nell’avere un approccio cognitivo legato ai dettagli e non al contestogenerale. Ad esempio, fin da quando era piccolissimo e lo allattavo, mi sono accorta che bastava che cambiassi ilprofumo perché lui non volesse più essere allattato da me, e in seguito che bastava che mettessi degli orecchini diversi omi vestissi con qualche vestito nuovo che non aveva mai visto perché non mi riconoscesse.

Ora ha dodici anni, e come ho detto ha un’età di sviluppo normale e gli si possono insegnare molte cose, però il suomodo di pensare e il suo approccio cognitivo rimangono sempre legati al dettaglio. Per fare un esempio, poco tempo fasuo padre, che portava la barba, si è rasato ed è andato a fare il bagno nella vasca. Thomas è entrato in bagno evedendolo senza barba è corso fuori gridando: ” Mamma, c’è un uomo nella vasca da bagno”. Questo vi fa capire che seThomas seleziona dei dettagli e rimane legato a quei dettagli, pur essendo un bambino molto dotato, gli stessi problemili troviamo in soggetti con un età di sviluppo molto più giovane: lo studio dei soggetti autistici più dotati può esseremolto utile per far luce sui problemi generali di tutte le persone con autismo.

Vi cito un brano tratto da un articolo scritto da una persona affetta da autismo molto dotata, Jim Sinclair:“Ho scoperto nel corso degli anni che il mio modo di percepire le cose differisce da quello dei comuni mortali. Adesempio, quando mi trovo di fronte a un martello, inizialmente non sono assolutamente di fronte a un martello, vedosoltanto un insieme di pezzi che non hanno alcun rapporto fra di loro. Posso notare un pezzo di ferro e nelle vicinanze,per pura coincidenza, una barra di legno; dopodichè rimango colpito dalla coincidenza, e questo sfocia nella percezionedi un martello. Infine la funzione del martello mi viene in mente quando realizzo che questa struttura percettiva che si èpresentata nella mia mente può essere utilizzata per lavori di falegnameria.”

La sensibilità tipica dell’autismo di fronte agli elementi della percezione piuttosto che all’insieme è pubblicamente notae viene chiamata “iperselettività”. Il modo di percepire il martello da parte di Jim Sinclair consiste nel percepire prima ipezzi, poi mettere insieme i pezzi e percepire l’oggetto, e infine percepire la funzione dell’oggetto: il riconoscimentoavviene tappa per tappa.

Bisogna tenere presente che per una persona affetta da autismo il cambiamento di un dettaglio equivale al cambiamentodel tutto. Quando mostrate la foto di un uccello a un bambino normale, egli riconoscerà che è un uccello, e vi dirà chel’ha riconosciuto perché vola. Una volta ho mostrato la fotografia di un uccello a Thomas, che l’ha riconosciuto; maquando gli ho chiesto come aveva fatto a riconoscerlo ha detto che prima ha guardato se era un uomo o un animale, equando aveva stabilito che era un animale, poiché aveva solo due zampe non poteva che essere un uccello.Donna Williams, una persona affetta da autismo molto dotata, ha detto che per riconoscere un foglio di carta deve primaidentificare queste informazioni: che è bianco, che è piatto, che è quadrato e che ha una superficie liscia; una voltaraccolte le informazioni su questi dettagli arriva a stabilire che è un foglio di carta e che può scriverci sopra.

Come vedete si tratta dello stesso processo cognitivo che abbiamo visto nel riconoscimento del martello.

Ora vediamo come il fenomeno dell’iperselettività si può riconoscere nella triade sintomatologica.Quando Thomas era piccolo e non sapeva parlare, sapeva cantare il Requiem di Mozart, e tuttavia non sapeva dire i

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nomi dei fratelli e non sapeva chiedere le cose con il linguaggio. Ma un giorno finalmente, vedendo una mela, pronunciòla parola “mela”. Quel giorno, quando tornò a casa suo padre, gli dissi che Thomas finalmente parlava, mostrai aThomas una mela e gli chiesi di nominarla di nuovo, ma non ci fu verso di farlo parlare.Qualche tempo dopo suo fratello tornò a casa con in mano una mela che gli era stata regalata, e Thomas vedendola dinuovo pronunciò la parola “mela”. Allora capii che Thomas aveva riconosciuto la mela perché si trattava di una melarossa, come quella che aveva visto la prima volta che l’aveva nominata, mentre io gli avevo mostrato delle mele verdi.

In un suo articolo, la psicopedagogista americana Kathy Quill, paragonando lo sviluppo del linguaggio del bambinonormale con quello del bambino affetto da autismo, dice che il bambino normale in una fase dello sviluppocomunicativo ha un periodo di ipergeneralizzazione, ad esempio può chiamare bicchiere tutto quello che gli ricorda unbicchiere e che può avere la stessa funzione, mentre nel bambino affetto da autismo avviene il contrario: ad esempioThomas da’ un nome diverso per ogni bicchiere che vede. Se qualcuno non conoscesse l’autismo, potrebbe dire che è unbambino molto creativo, ma non è così: al contrario è incapace di riconoscere un bicchiere ogni volta che ne vede unocon un dettaglio diverso.

A questo proposito vorrei accennare all’importanza della collaborazione tra genitori e professionisti, perché solo ifamiliari sono in grado di capire l’origine di certe manifestazioni del bambino. Abbiamo visto come le persone affette daautismo abbiano delle difficoltà con il significato: per orientarsi nella confusione che li circonda si attaccano a deidettagli, e associano i dettagli ad un particolare contesto. Per questo la presenza di un dettaglio in un altro contestoprovoca disorientamento, e può dare origine a crisi di comportamento. Ad esempio, se un bambino affetto da autismovede la mamma che lo viene a prendere davanti a scuola può scoppiare in lacrime, e qualcuno che non conoscel’autismo può pensare che non voglia bene alla sua mamma; ma chi conosce l’autismo può capire che per il bambinol’immagine della mamma è legata alla casa, e il vederla al di fuori del suo contesto e in un altro contesto, la scuola, glipuò provocare una crisi di comportamento, e la stessa cosa può accadere nella situazione contraria, se la maestra va atrovare il bambino a casa.

Questo non vuol dire che la mamma non debba andare a prendere il bambino a scuola o che la maestra non debbaandare a trovare il bambino a casa: ci sono molti modi per aiutare il bambino a superare le sue difficoltà, se si riesce amettersi nei panni della persona affetta da autismo e si capisce il suo pensiero, e se si riconosce il legame stretto tra undettaglio e un contesto e la sua difficoltà ad accettare lo stesso dettaglio avulso da quel contesto.E’ possibile che un bambino che sa lavarsi le mani a casa sua non sia in grado di farlo in un’altra casa: non sappiamoquale dettaglio ha selezionato per riconoscere il lavandino, sono tantissimi i possibili dettagli che potrebbe selezionare.Ad esempio ho conosciuto un ragazzo affetto da autismo che durante un periodo di vacanza con degli operatori nonriusciva a usare la toilette; ne abbiamo parlato ai genitori e loro ci hanno subito chiesto di che colore fosse l’asse delwater. Quando abbiamo detto loro che era bianca, ci hanno detto che il ragazzo era abituato all’asse nera, e così abbiamoricoperto l’asse di scotch nero, e il ragazzo ha potuto in questo modo usare regolarmente la toilette.In seguito abbiamo tolto poco alla volta i pezzi di scotch fino a quando il ragazzo è stato in grado di usare la toiletteanche se l’asse era bianca.

E’ quindi necessario aiutare questi ragazzi a generalizzare.

Un altro ragazzo, Fritz, ama le patatine fritte ma le mangia solo da McDonald, non è in grado di riconoscerle se nonsono di McDonald, e non le mangia da nessun altra parte. Una mamma mi ha raccontato che la sua bambina mangia lebanane solo se hanno il bollino blu della marca Chiquita, e quando ha messo dei bollini su altra frutta la bambina hamangiato tutta la frutta con i bollini, perché per lei era fondamentale questo dettaglio. E così via.

Una persona affetta da autismo che comunica attraverso gli oggetti con il suo educatore sarà probabilmente moltodisturbata il giorno in cui il suo educatore, malato, sarà sostituito da un altro, non perché sia diventata dipendente daquell’educatore, ma perché il sostituto, non conoscendo bene i dettagli a cui è legata la persona, potrebbe, ad esempio,mostrargli un piatto diverso da quello a cui è abituata, per dirle che è il momento del pranzo: quindi non è necessarioche l’educatore sia per forza sempre lo stesso, ma è necessario conoscere bene quali sono i dettagli a cui è legata lapersona affetta da autismo.

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Anche nelle strategie educative che prevedono l’uso di fotografie bisogna stare molto attenti alla scelta delle foto,perché in ogni fotografia ci sono moltissimi dettagli, in cui è molto difficile orientarsi, e potrebbero essere selezionatidettagli non attinenti con il significato della foto.

Le caratteristiche cognitive dell'autismo

Se ci rendiamo conto della difficoltà, della fatica della persona affetta da autismo nell’orientarsi in una realtà cosìcomplessa rispetto alle sue possibilità di comprensione, capiamo quanto sia sbagliato dire che il soggetto “non vuole”fare le cose. Temple Grandin, una persona affetta da autismo molto dotata, parlando della sua condizione ha detto disentirsi come “un’antropologa su Marte”.

Quando parliamo di Thomas parliamo di un caso di autismo tipico, ma quando l’autismo è associato ad un’età disviluppo molto bassa è difficile distinguere le manifestazioni legate alla sindrome autistica rispetto a quelle connesse aldeficit mentale.

Hilde mi ha raccontato un aneddoto che spiega bene quanto sia diverso l’autismo. Tutti sanno quanto ai bambini“normali” piaccia il Natale, e quanto siano contenti di ricevere delle sorprese. Ma Thomas, quando riceveva il suopacchettino, iniziava ad urlare, a strappare con violenza la carta da regalo e il giorno di festa si trasformava in unatragedia.

Hilde capì che avrebbe dovuto organizzare un Natale “fuori dall’ordinario” se voleva rendere felice un bambino fuoridall’ordinario come Thomas, e cercò di capire cos’era che gli provocava quei disturbi di comportamento.Tanto per cominciare i bambini come Thomas non amano affatto le sorprese; così, alcune settimane prima di Natale,Hilde mostrava a Thomas un catalogo di giocattoli, e decideva insieme a lui che cosa avrebbe portato Babbo Natale.Una volta scelto il giocattolo, Hilde glie ne mostrava l’immagine sul catalogo ogni giorno, spiegandogli con l’aiuto di uncalendario cui ogni giorno veniva tolto un foglietto, quanto tempo mancava al giorno in cui lo avrebbe ricevuto.Il giorno di Natale Thomas aprì il pacchetto e finalmente per la prima volta fu felicissimo di trovare il suo regalo.

Qualcuno potrebbe dire che in questo modo gli avevano rovinato la sorpresa, ma ora che Thomas sapeva quale sarebbestato il suo regalo e quando l’avrebbe ricevuto, il Natale era diventato una festa anche per lui e quindi per tutta lafamiglia.

Lo psicologo evolutivo Jerome Bruner durante tutta la sua vita ha studiato lo sviluppo comportamentale e cognitivo neibambini normali, e ha pubblicato una raccolta di esperienze su questo argomento il cui titolo è “Al di làdell’informazione data”. E’ proprio questa espressione che ci interessa: con questo titolo Bruner voleva esprimere la suasorpresa di fronte al miracolo dello sviluppo normale. Il bambino normale ha una capacità innata di andare aldilàdell’informazione data, e durante lo sviluppo del linguaggio si orienta subito verso la voce umana piuttosto che versoaltri suoni: soltanto ascoltando questi suoni, senza nessuna conoscenza della grammatica, sviluppa un linguaggiocreativo. Questo è lo sviluppo normale, che ha in realtà qualcosa di straordinario.

ll legame tra oggetto e parola che ne definisce il significato è puramente arbitrario, ed è molto difficile da capire se nonsi sviluppa questa capacità di andare oltre l’informazione data. Per la comprensione da parte di un bambino affetto daautismo il legame tra l’immagine dell’oggetto e l’oggetto stesso è più facile, e ancora più facile è il legame tra l’oggettoe un altro oggetto uguale.

Potremmo dire che l’autismo è una difficoltà ad andare al di là dell’informazione data nello sviluppo del linguaggio eallo stesso tempo, e anche di più, nello sviluppo della comprensione sociale. ll bambino “normale” si orienta subito piùverso le persone che verso le cose, poi inizia a giocare con le bambole, e nel momento in cui vediamo svilupparsi il

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gioco simbolico, capiamo che ha sviluppato spontaneamente una comprensione del mondo sociale, ed è andato al di làdell’informazione letterale.

Non sto dicendo che la persona affetta da autismo non potrà mai arrivare ad avere una comprensione sociale, ma checomprendere le relazioni sociali è ancora più difficile se non si ha la capacità di andare al di là dell’informazioneletterale. Se un bambino normale, in una certa fase dello sviluppo, tenderà a chiamare “bicchiere” tutto quello che serveper bere, per un bambino affetto da autismo è difficile capire che un bicchiere verde e uno rosso possano essere chiamatiallo stesso modo: sono degli iperrealisti, così come noi, per loro, siamo dei surrealisti.

Il fenomeno della ecolalia

Uno dei bambini del nostro centro chiedeva sempre un pezzo di cioccolato dicendo “ la macchinetta non funziona ”. Chi non sa quello che lui intendeva chiedere penserà che sia matto. Ma dal suo punto di vista la richiesta eraperfettamente logica. Sua madre infatti ci ha raccontato che un giorno gli aveva promesso un pezzo di cioccolata daldistributore automatico, che sfortunatamente non funzionava. La madre cercava di spiegarlo al bambino, ma aveva unbel dire “la macchinetta non funziona”: lui vedeva il cioccolato attraverso il vetro e non capiva perché la madre nonglielo desse. E più la madre insisteva e alzava la voce ripetendo “la macchinetta non funziona”, più il bambino siinnervosiva, finché è stato preso da una crisi di collera. Anche la madre diventava sempre più nervosa e urlava semprepiù forte “ La macchinetta non funziona”. E improvvisamente ecco che la macchinetta si sblocca, e il bambino ottiene ilsuo pezzo di cioccolato. Se esaminiamo questo episodio alla luce del suo modo di elaborare le informazioni in sensoletterale, dobbiamo ammettere che la modalità della sua richiesta è perfettamente logica.

L'effetto "eco" nelle interazioni sociali

La difficoltà ad andare oltre la percezione letterale si evidenzia ancora di più nella comprensione sociale. Comeconosciamo l’effetto “eco” nella comunicazione attraverso l’ecolalia, ritroviamo lo stesso effetto eco nella ripetizioneecolalica di situazioni sociali.

Per spiegare la difficoltà nella comprensione sociale uso l’analogia con la partita di calcio. Provate a immaginare ditrovarvi in un campo di gioco, durante una partita di cui non conoscete le regole, ma in cui ci si attende la vostrapartecipazione.

Come reagireste? Alcuni rispondono “scapperei”, altri “starei immobile”, altri “proverei ad adeguarmi imitando gli altrigiocatori”. ll differente tipo di comportamento con cui reagireste ricalca il comportamento sociale dei sottogruppipsicologici delle persone affette da autismo descritti da Lorna Wing. Alcune persone affette da autismo si proteggono datutto ciò che è troppo difficile per loro, e quando sono spinti fisicamente ad affrontare le difficoltà hanno una crisi dicomportamento, o, come una parte di voi farebbe davanti a un gioco di cui non conoscono le regole, scappano.Questo sottogruppo comprende le persone ripiegate su se stesse (aloof). L’assimilazione sociale è troppo difficile, e conquesto atteggiamento le persone affette da autismo si difendono dalle difficoltà.

Ora immaginate di rimanere sul campo di gioco, e che, vinta l’angoscia iniziale, cominciate a osservare un po’ di più, aessere un po’ più curiosi; capite che dovete adeguarvi un pochino al gioco, altrimenti non vi parteciperete mai. Di tantoin tanto arriva qualcuno e vi mette la palla davanti al piede; vi spinge la gamba, in modo che diate un calcio alla palla, equando l’avete colpita vi dice “bravo!”. In questo caso avete partecipato passivamente al gioco.Gli individui affetti da autismo che si comportano così appartengono al sottogruppo psicologico dei cosiddetti “passivi”(passive): se si semplificano le situazioni sociali le accettano in modo passivo.

Torniamo ora alla nostra partita di calcio: a un certo punto alcuni di voi capiscono che nel calcio ci sono due regolefondamentali: la prima è correre, la seconda è dare un calcio al pallone quando capita fra i piedi, e così si buttano nella

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mischia e iniziano a giocare a modo loro. Questo tipo di comportamento rispecchia il terzo sottogruppo psicologico diLorna Wing, quello degli “attivi ma bizzarri” (odd): questo tipo di atteggiamento rispecchia l’effetto “eco” neicomportamenti sociali. Le persone “attive ma bizzarre” sono motivate ad imitare gli altri, ma lo fanno in modo troppoletterale e non comprendono la globalità delle situazioni.

L’effetto eco nelle interazioni sociali è ancora più importante che nel linguaggio: ed è normale che ragazzi autisticidotati che hanno poche difficoltà nel comprendere il linguaggio continuino ad avere difficoltà di comprensione delleinterazioni sociali.

L'eterogeneita' delle manifestazioni dell'autismo

Uno dei grandi problemi dell’autismo è l’eterogeneità delle manifestazioni nello spettro autistico. Se noi prendiamo inconsiderazione i comportamenti esterni, vediamo che questi sono estremamente diversi a seconda dei casi.

In passato si considerava una caratteristica distintiva dell’autismo l’assenza di contatto oculare, ma oggi sappiamo cheesistono molti autistici che guardano negli occhi, così come non tutti camminano in punta di piedi, e così via. Inoltreabbiamo visto che all’autismo sono associati livelli di intelligenza molto diversi.

Un altra caratteristica che crea confusione è la disarmonia nelle capacità delle persone affette da autismo: ci sonopersone affette da autismo molto competenti in un determinato campo che presentano gravi deficit in un altro, e anche sequesto profilo disarmonico è tipico dell’autismo, le competenze e i deficit riguardano aree completamente diversedall’uno all’altro caso.

Ci sono poi le caratteristiche personali delle diverse personalità dei bambini autistici: ricordiamoci che dietro l’autismoc’è un bambino come gli altri, e che non possiamo spiegare con l’autismo il fatto che sia pigro, o testardo: quella è la suapersonalità. Come dice Hilde: dietro il bambino bisogna vedere l’autismo, ma una volta che si è compreso l’autismo,bisogna vedere il bambino dietro l’autismo.

Le divergenze e l’eterogeneità dell’autismo richiedono di identificare la triade sintomatologica di base: le difficoltà nelcampo delle interazioni sociali, della comunicazione e dell’immaginazione. E’ stata studiata la comprensione dei gestida parte di un gruppo di soggetti affetti da autismo, confrontandone le prestazioni con un gruppo di soggetti con ritardomentale e con un gruppo di soggetti normali aventi tutti la stessa età di sviluppo di cinque anni.Da questo studio è emerso che i bambini affetti da autismo non erano in grado di capire alcun gesto simbolico. I gestisimbolici sono assurdi per un soggetto affetto da autismo, perché non hanno un significato in se e vanno al di là dellapercezione letterale.

La mancanza di teoria della mente

Per comprendere le difficoltà delle persone affette da autismo farò un breve cenno alla “Teoria della mente”. Noideduciamo lo stato d’animo delle persone nelle diverse situazioni osservandone l’aspetto, e la prima cosa che cipermette di capirlo sono gli occhi. Tuttavia non possiamo spiegare letteralmente che cosa ci fa capire i sentimenti di unapersona osservandone lo sguardo. Per le persone affette da autismo questo tipo di interpretazione é impossibile.

Mi è capitato di lavorare con una persona affetta da autismo dotata a cui ho chiesto di suddividere delle fotografieseparando quelle che rappresentavano delle persone felici da quelle che rappresentavano persone infelici. Quando ilragazzo ha terminato il lavoro e ho controllato, mi sono accorto che aveva eseguito il compito quasi alla perfezione, mache aveva messo la fotografia di una persona molto infelice tra quelle felici, e glie ne ho chiesta la ragione. La suarisposta è stata: “Ma è chiaro, nelle persone felici si vedono i denti, e qui si vedono i denti”.

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Per le persone affette da autismo è estremamente difficile comprendere le emozioni e le idee degli altri, perché percomprendere le emozioni e le idee bisogna andare di nuovo al di là del letterale. Ma se per loro è così difficilecomprendere noi, allo stesso modo per noi è molto difficile comprendere loro.

Per illustrare lo stesso fenomeno nell’area dell’immaginazione, possiamo immaginare che un giorno, mentre un bambinoaffetto da autismo è a scuola, sua madre decida, per esempio, di spostare il suo letto in un altro punto della camera, e cheil bambino, tornato a casa, vedendo il cambiamento sviluppi una crisi. Se non conoscessimo l’autismo diremmo che lacrisi è inspiegabile, perché abbiamo cambiato solo un dettaglio nella stanza, ma noi siamo in grado di concettualizzarel’idea di stanza indipendentemente dai dettagli, mentre quel bambino si era costruito l’idea di stanza basandosi su undettaglio preciso, e cambiando quel dettaglio, si è ritrovato in una stanza che non era la sua.

Senza l'immaginazione è impossibilità di andare al di là della percezione letterale. Nello sviluppo del gioco, il bambinoaffetto da autismo ha le sue più grandi difficoltà nel gioco simbolico. Facciamo ancora un esempio che riguardaThomas. Un giorno la sorellina di Thomas, alla quale lui vuole molto bene, va da Thomas e gli dice : “ Vieni, giochiamocon le bambole! Facciamo finta che la veranda sia la casa della bambola”. Thomas guarda e dice: “ Ma la veranda èla veranda”. E la sorella: “ Sì, ma adesso facciamo finta che sia la casa della bambola. La scatola delle scarpe invece èil letto della bambola”. Thomas dice che la scatola delle scarpe è la scatola delle scarpe. “Si -riprende la sorella- maadesso sarà il letto della bambola. E il giornale è il lenzuolo del letto”.

Thomas replica che il giornale è il giornale per leggere, ma lei insiste. Thomas è diviso tra la sua forte motivazione agiocare con la sorella e la sua difficoltà a capire il gioco: per lui i simboli sono incomprensibili. A un certo punto va incucina e torna indietro con un mestolo, tutto fiero lo dà a sua sorella e le dice: “ E adesso facciamo finta che il mestolosia ... il mestolo”.

Pensate a quanto era assurda l’interpretazione che veniva data una volta al gioco del bambino affetto da autismo: il fattoche egli prendesse la mano della mamma e la picchiasse contro il tavolo veniva considerato come l’espressione diun’aggressività nascosta del bambino nei confronti della madre; si attribuiva cioè al bambino l’uso di un gestosimbolico.Ma le difficoltà nell’area dell’immaginazione del bambino affetto da autismo consistono proprio nell’incapacità diandare oltre l’informazione letterale, e quindi di comprendere i simboli. Se la persona affetta da autismo elabora leinformazioni in modo diverso, la conseguenza è che noi dobbiamo adattare i nostri programmi educativi al suo modo dielaborare le informazioni.

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Psicologia per la classe:

COMPORTAMENTI CHE GENERANO PROBLEMI: Crescita non armonica Violenza Ipercinesia Ansietà Fobia della scuola Depressione

CAUSE DEI PROBLEMI DI COMPORTAMENTO:fattori collegati a: famiglia

scuolasocietà

CONTROLLO DELL’AGGRESSIVITA’:Cosa può fare l’insegnante?

Esigenza di attenzione Avere fiducia Ambiente familiare Modelli dei coetanei Identificazione con gli adulti Saper distinguere Timidezza

L’intervento dello specialista Identificare il problema Risoluzione del problema Equipe e multidisciplinarità

BUONE PRASSI DI INTEGRAZIONE SCOLASTICA:

1. Forte collaborazione tra insegnanti2. un idea forte, unificante, che caratterizzi la prassi3. apertura all’esterno, e utilizzo delle risorse del territorio4. alunni come soggetti attivi della costruzione della loro conoscenza5. rompere la barriera tra ordini di scuola e tra classi6. le relazioni inclusive e solidali tra i compagni di scuola con le loro varie diversità sono la

trama indispensabile per tessere l’integrazione7. l’apprendimento cooperativo in piccoli gruppi eterogenei8. laboratorio teatrale, espressivo, narrativo9. crescita psicologica di tutti gli alunni10. il PEI si accorda con la programmazione di classe11. coinvolgimento della famiglia12. replicabilità del modello di integrazione13. buona documentazione

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APPUNTI PER FILM:

PLEASENTVILLE

Partire dalla passione del ragazzo

Critica al passato e ai valori ormai superati: città chiusaTutto perfetto (basket)Libri bianchiPompieri e gatti

Protagonista timido ed intelligente; legato ai valori tradizionali

Mondo competitivo… nessuna speranza per il futuro

Protagonisti (Bad e Marysue) figli di una coppia divorziata

Entrare nel film = seguire le proprie passioni

Telecomando = mediatore tra due mondi

Ogni cambiamento rispetto al passato (bianco e nero) porta delle conseguenze per tutti (colori).

Bill il barista sembra un autistico; aspetta stimoli dall’esterno; è creativo se spinto dalle passioni(arte e immagine).

Ogni colore è l’evidenza del potenziale di ogni soggetto.

Medici e genitori alla fine fanno finta di non vedere i cambiamenti e rinnegano l’adolescenza, icolori, il rinnovamento e la novità.

THIRTEEN

pantaloni a vita bassa mamma lavora in casa (parrucchiera e baby sitter) papà divorziato (assegno mensile) “secondo me quella gioca ancora con le bambole” dicono le reginette della scuola Rubare i vestiti Rubare portafogli all’anziana Mamma – taxi Lasciar perdere i vecchi veri amici Spaccio droga Belli = forti (amici vecchi sfigati; profe da prendere in giro; non pagare piercing) Ivy violentata dal ragazzo della sua tutor (violenza in famiglia) Padre con overdose Padre naturale è un uomo di carriera che non vede mai la figlia Tagli sul braccio Mito del sesso libero Alcol Pubblicità e moda Lifting (pericolo per l’orecchio)

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KIDS

Musica Aggressività verbale Senso del confine e forza del gruppo Soldi per signora senza gambe e per telefonare a casa Mamma che fuma mentre allatta Rubare dalla madre Rito del saluto Autista “se vuoi essere felce non pensare” Adulti? = infermiera e taxista “ti importa di me?”

GIOCO

1. genitore difesa2. assistente sociale difesa3. amico difesa4. insegnante difesa5. psicologo difesa6. oratorio difesa7. nonno difesa8. medico difesa9. adolescente difesa10. genitore accusa11. assistente sociale accusa12. amico accusa13. insegnante accusa14. psicologo accusa15. oratorio accusa16. nonno accusa17. medico accusa18. adolescente accusa

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PRESENTAZIONE POWER POINT

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Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

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Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

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Modulo “integrazione scolastica” Istituto “Luigi Einaudi” di Dalmine a.s. 2005/06

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Dispensa per il modulo di integrazione scolastica Barcella Silvano

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