Progetto 'Panathlon'- Storia dello Sport 2^A · LO SPORT NELL’ANTICA ROMA A Roma gli spettacoli...

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2017/2018 ITA “G. Garibaldi” di Roma Classe 2° A LA STORIA DELLO SPORT Ripercorriamo la storia dello sport dalla sua nascita definitiva nell’Antica Grecia, passando per Roma, durante il Medioevo e nel Rinascimento fino ai nostri giorni.

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2017/2018ITA “G. Garibaldi” di Roma

Classe 2° A

LA STORIA DELLO SPORTRipercorriamo la storia dello sport dalla sua nascita definitiva nell’Antica Grecia, passando per Roma, durante il Medioevo e nel Rinascimento fino ai nostri giorni.

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Sommario Introduzione 2

Lo sport nell’Antica Grecia 3

Lo sport a Roma 7

Lo sport nel Medioevo 17

La nascita e l’affermarsi dello sport moderno

(Storia dello sport dal 1400 al 1800) 19

I Giochi Olimpici moderni 23

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INTRODUZIONE

Noi studenti della classe 2^ A dell'I.T.A. “G. Garibaldi” di Roma abbiamo partecipato al Progetto “Panathlon International”.

E' stata un'esperienza interessante perchè ci ha aiutato a riflettere sull'importanza dello Sport.

Le origini dello Sport possono essere attribuite ai Greci che nel 776 a.C. istituirono le prime Olimpiadi; in occasioni di queste ogni conflitto o guerra era sospeso.

Da allora lo Sport ha sempre cercato di promuovere i valori morali della lealtà e della fratellanza sportiva, oltre che contribuire ad un armonico e sereno sviluppo psico-fisico della persona.

La nostra classe ha voluto verificare come lo sport si sia manifestato nel corso della storia, dai tempi dell'antica Grecia ai giorni nostri; pertanto, ci siamo divisi in gruppi di lavoro e, raccogliendo informazioni, documenti ed immagini, abbiamo elaborato una Breve Storia dello Sport.

La Classe 2^ A

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LE OLIMPIADI ANTICHE

L’origine delle Olimpiadi antiche si fa risalire al 776 a.C. Dedicate

agli Dei dell’Olimpo, si tenevano nella vecchia città di Olimpia. Lo

svolgimento dei giochi era collegato ai riti religiosi che si svolgevano

per la celebrazione del culto di Zeus, ma sin da subito rivelarono una

delle loro caratteristiche principali, ovvero quella di mostrare le

qualità sportive dei giovani greci provenienti da ogni parte del paese

incoraggiando le buone relazioni tra di essi.

Senza telefono, televisione, né telegrafo per comunicare la notizia di

una vittoria al proprio paese d’origine, agli atleti veniva

raccomandato di portare con sé ai giochi un piccione viaggiatore; in

caso di vittoria il piccione veniva liberato con un messaggio

attaccato alla zampa; più rapido di qualsiasi altro metodo dell’epoca,

il volatile recapitava la lieta notizia in una città lontana dove tutti

attendevano impazienti il suo arrivo.

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Omero nei suoi poemi, L’Iliade e L’ Odissea, riesce a raccontare

molto degli sport e della loro importanza nel mondo greco:

nell’Iliade ci parla di competizioni sportive in onore di Patroclo,

amico fraterno di Achille; nell’Odissea una delle vicende vede Ulisse

incontrare una principessa dopo aver vinto alcuni giochi.

Le competizioni sportive erano di varia natura; in particolare se ne

distinguevano quattro: gli Olimpici, dedicati a Zeus/Giove , i Pitici o

Delfici, dedicati ad Apollo, i Nemei, dedicati anche essi a Zeus, e gli

Istmici dedicati a Poseidone /Nettuno. I più importanti di tutti erano

i Giochi Olimpici e acquisirono rilevanza a tal punto che gli anni

cominciarono a contarsi a partire dalle Olimpiadi (il 776 a.c. era

chiamato il primo anno dei giochi olimpici e così via): inoltre durante

gli anni delle competizioni venne istituita la cosiddetta “Tregua

Sacra” con cui venivano sospese anche le guerre. Fino al 684 a.C. i

giochi si svolgevano in un unico giorno nell’antico

stadio di Olimpia che poteva accogliere fino a 40.000 spettatori. Nel

corso del tempo le competizioni arrivarono ad estendersi su più

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giornate. Ogni quattro anni il rito si ripeteva e rinnovava: solo nel

65 d.C. le Olimpiadi furono ritardate di due anni per consentire la

presenza dell’Imperatore Nerone.

I Giochi Olimpici persero progressivamente importanza con

l’aumentare del potere dell’Impero Romano e continuarono finché

l’imperatore Teodosio nel 393 d.c. le decretò come “riti pagani” in

contrasto con la religione cattolica mettendoli al bando.

Le discipline sportive dei giochi antichi erano la corsa, il salto, il

lancio del disco, la lotta, il pugilato, la pancrazione e le

gareequestri. La corsa era una gara di velocità: ci si confrontava

sulla lunghezza dello stadio, su un percorso costituito dalla sola

andata o andata e ritorno. I giochi antichi infatti ancora non

includevano la disciplina della maratona. Dal 708 a.C. il Penthatlon

(salto in lungo, lancio del giavellotto, corsa, lancio del disco, lotta)

entra a far parte delle discipline dei

Giochi. I partecipanti che si affrontavano erano giovani ed adulti greci

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appartenenti alle fila aristocratiche del popolo. Con lo sport si

rafforzava corpo e spirito (mens sana in corpore sano!).

La vittoria nella competizione aveva un valore simbolico, veniva

premiata con una corona di olivo ma soprattutto i vincitori

arrivavano ad avere accesso a cariche importanti nella città di

provenienza grazie alla gloria acquistata ai Giochi. In loro onore

venivano anche erette delle statue a cui si attribuivano poteri

miracolosi nelle guarigioni delle malattie.

Una curiosità: già allora esistevano le "sponsorizzazioni", nella

forma di premi in denaro per l'atleta e questo perché accaparrarsi

l'atleta migliore voleva dire maggiore prestigio per la propria città.

Potevano partecipare alle Olimpiadi solamente gli uomini liberi che

parlavano greco ed erano, quindi, esclusi gli schiavi e le donne che

non erano ammesse né a partecipare né ad assistere alle

competizioni: i gareggianti erano completamente nudi per evitare le

prese tra i rivali. Ci fu una caso di una madre che tentò di assistere

all'impresa del figlio travestendosi da uomo. La sua scoperta portò

all'adozione di un provvedimento per il quale tutti gli spettatori

avrebbero dovuto denudarsi all'inizio delle competizioni. Nel corso

del tempo questa usanza venne abbandonata ma rimase comunque

l'intolleranza verso le donne; fu Cinisca, la sorella di Agesilao re di

Sparta, ad accedere per la prima volta ai Giochi nel 376 a.c. in

occasione della centesima Olimpiade: partecipò alla gara di corsa coi

carri a quattro cavalli vincendo.

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LO SPORT NELL’ANTICA ROMA

A Roma gli spettacoli sportivi più praticati erano le corse dei cavalli, che si tenevano al Circo Massimo, che sorgeva tra il colle Palatino e l’Aventino. Si diceva che essi avessero avuto luogo fin dall’epoca monarchica, visto che, proprio in occasione di giochi organizzati al circo, Romolo fece rapire le donne sabine che poi furono invitate insieme ai loro uomini ad assistervi.

Lo sport romano ebbe un carattere molto differente da quello praticato in Grecia, dove gli era riconosciuto un ruolo ben definito, come manifestazione del collettivo. A Roma, infatti, i giochi erano uno spettacolo allestito per il popolo, non uno spettacolo del popolo romano, che,

mai, sarà chiamato a parteciparvi, come avveniva, invece, nelle gare panelleniche. Secondo testimonianze dello storico Tito Livio fu Tarquinio Prisco, uno dei sette re, a istituire i LUDI ROMANI, cioè grandi giochi permanenti, durante i quali venivano presentati spettacoli equestri e gare di pugili, per lo più fatti venire dall' Etruria. Anche in questo Roma si differenziava dalla Grecia, che escludeva dai giochi chi non era pienamente greco, perché, nella concezione ellenica, l’atleta doveva vincere. Per i Romani invece, i giochi erano semplicemente uno spettacolo sportivo, una gara, non un agone per auto-affermarsi o raggiungere un Determinato riconoscimento sociale. Nel lungo processo di ellenizzazione della società romana si diffusero oltre ai ludi teatrali, in cui avvenivano vere e proprie

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rappresentazioni sceniche, anche ludi atletici, cioè gare ippiche e atletiche alla greca, quali pugilato, lancio del disco e salto in lungo. I pugili utilizzavano strisce di cuoio avvolgenti sulle mani e braccia, poi dotate di rinforzi in metallo. l disco da lanciare era in pietra o metallo e veniva cosparso di sabbia per rendere più facile la presa.

Queste forme di agonismo greco erano le più aderenti all’antica tradizione centro-italica, ma ebbero successo limitato rispetto all’attrazione esercitata sulla popolazione dai LUDI CIRCENSES, i giochi del circo, soprattutto corse dei carri e combattimenti con i gladiatori.

Le corse di cavalli si svolgevano con carri, bighe, trighe, quadrighe a seconda del numero dei cavalli che componevano le mute. Le corse avvenivano in grandiose costruzioni, a pianta rettangolare, coi lati inferiori curvati ad emiciclo. La gara terminava dopo che ogni concorrente aveva percorso sette giri (indicati da delfini che venivano fatti scorrere a giro compiuto) e raggiunto il traguardo. Riguardo agli spettacoli gladiatori, all’origine si trattava di Sacrifici umani di prigionieri di guerra, immolati durante il funerale di un eroe. Dal 105 a.C. I gladiatori si scontravano a coppie, combattendo e difendendosi lealmente, tanto che un gladiatore vinto, ma che si era battuto con onore, veniva graziato dal pubblico, attratto soprattutto dall’aspetto sportivo. Dal II secolo a.C., si cominciarono a vedere spettacoli con belve feroci, a cui erano a volte opposti gli uomini. Il popolo amava questi

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giochi sanguinosi al punto che Giovenale, nel I secolo d.C., con disprezzo, scrive che i Romani, un tempo fieri e orgogliosi, desideravano solo “panem et circenses”, pane e spettacoli del circo. Importante era anche il tifo che, in epoca imperiale, divenne un fenomeno di grande rilevanza sociale, come testimonia Plinio il Giovane. Egli parla di gare in cui si fronteggiavano quattro FACTIONES, squadre, per ciascuna delle quali correvano uno o più carri. Le squadre si distinguevano per il colore delle tuniche indossate dagli aurighi, e il tifo era rivolto, come sottolinea Plinio, più al colore di esse che ai reali valori agonistici.

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I GLADIATORI

Il nome deriva da “Gladio” la spada corta usata generalmente nei combattimenti e in battaglia dalle legioni. L’origine etrusca di questa usanza la ritroviamo in molte pitture tombali, in particolare a Tarquinia.

Il primo spettacolo con gladiatori si svolse probabilmente nel 264 a.C., mentre solo nel 105 a.C. i giochi divennero pubblici, giochi che, come testimoniato dal monumento più famoso della Capitale, il Colosseo, divennero sempre più numerosi e celebri fra la popolazione. Ma chi erano i gladiatori? Semplicemente potevano essere dei veri professionisti, oppure nuovi gladiatori inesperti, ma potevano essere anche criminali, schiavi, galeotti, prigionieri di guerra, più avanti anche cristiani, oppure anche uomini liberi, senza distinzioni di razza. In particolare i prigionieri di guerra o i criminali erano i più ricercati, in quanto particolarmente agguerriti per essere sopravvissuti ad anni di lotte e di sofferenze. Molto spesso i gladiatori erano originari di terre lontane come la Numidia, la Tracia o la Germania, essi si proponevano volentieri, così da poter progredire in questo tipo di carriera.

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I gladiatori venivano addestrati in scuole specializzate chiamate “ludi” e venivano gestite da un proprietario chiamato lanista, che affittava i gladiatori al l ’organizzatore degli spettacoli gladiatori, traendone il proprio profitto che non veniva meno neppure se il gladiatore fosse morto durante il combattimento; in questo caso infatti l’organizzatore, oltre a pagare il prezzo d’ingaggio, risarciva al lanista anche il valore del gladiatore, una sorta di indennizzo per i suoi mancati guadagni futuri. L’attività del lanista era generalmente poco stimata nel mondo romano e anzi veniva considerata di livello veramente infimo. Solitamente il lanista era un ex gladiatore che, conclusa l’attività, era stato insignito del rudis (la spada di legno simbolo del proprio affrancamento).

La prima scuola di gladiatori di cui si ha notizia è quella di Caio Aurelio Scauro a Capua che si occupava verso il 105 a.C. dell’addestramento dei gladiatori impiegati dallo Stato come

addestrator i de i leg ionar i . Cost ret t i ad un dur iss imo a l l enamento quo t i d i ano e all’osservanza di una disciplina ferrea, i gladiatori venivano introdotti gradualmente all’arte del duello, prima contro sagome umane (palum) e poi contro veri avversar i ma usando armi fittizie, fino ad ottenerne dei validi combattenti.

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La più grande e famosa scuola gladiatoria si trovava a Roma, il “ludus magnus”, proprio adiacente all’Anfiteatro Flavio, ma prestigiose erano anche le scuole di Ravenna, di Pompei e di Capua. Secondo la cultura popolare prima del combattimento i combattenti si recavano sotto la tribuna dell’Imperatore, quando questi era presente, e urlavano: “ Ave Caesar, morituri te salutant”, cioè “Ave Cesare, coloro che si apprestano a morire ti salutano”. Sembra invece che la moderna storiografia abbia confermato l’infondatezza di questa versione. Si ritiene infatti che la frase sia stata pronunciata da un gruppo di condannati a morte che, tentando di ingraziarselo, la scandirono prima di iniziare a combattere per l’imperatore Claudio. Nei duelli venivano sempre opposte coppie di gladiatori diversi fra loro, ognuno dei quali armato con equipaggiamento differente, ciascuno con le proprie particolarità. Reziari, Secutores, Mirmilloni, Traci, Dimachaeri, ogni categoria di gladiatori aveva dei vantaggi e degli svantaggi. Cercando di rendere pari le opportunità di ogni combattente, i Romani dosavano questi vantaggi e questi svantaggi per favorirne lo spettacolo.Le credenze secondo le quali un duello terminasse con la morte di uno dei due combattenti sono oggi state smentite, non che non potesse succedere, ma accadeva assai di rado, in quanto un gladiatore aveva un costo molto elevato per mantenimento e addestramento, inoltre se si trattava di gladiatori affermati, il pubblico avrebbe certamente voluto rivederli combattere. L’organizzatore degli spettacoli, imperatore compreso, doveva pagare una cifra molto alta per ogni gladiatore ucciso. Non era perciò molto favorevole a chiedere spesso la morte e del resto se il gladiatore fosse stato ferito, poteva in qualsiasi momento interrompere il combattimento. I Romani conservavano cimeli della carriera di alcuni gladiatori e le statistiche relative ai giochi che attestassero, quante volte i lottatori nel circo fossero stati ad esempio “graziati” o avessero vinto. Viceversa, quando accadeva che un gladiatore venisse ucciso dal suo avversario, dopo che un addetto ai giochi verificava che fosse effettivamente morto toccandolo con un ferro rovente, altri inservienti, mascherati da Caronte o Mercurio, trascinavano il corpo attraverso la porta libitina portandolo nello spoliarum dove il gladiatore veniva spogliato dell’armatura e delle armi e, se fosse moribondo, gli si dava il colpo di grazia.

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Vi è poi l’equivoco sul famoso “pollice verso” su cui le fonti sono poche e discordanti tra di loro, sembra comunque certo che il po l l i c e r i vo l t o i n basso non significasse l’uccisione del gladiatore ma a decretarne la morte era proprio il pollice rivolto verso l’alto o

disposto orizzontalmente. Nel corso della storia, specialmente in età imperiale i cruenti duelli, e i grandi spargimenti di sangue, iniziarono a contrariare la parte più moderata della città, e vennero così introdotti, specialmente con Traiano e Marco Aurelio, duelli simultanei con armi adattate per non causare ferite, anche se la maggior parte dei romani continuava a preferire i veri combattimenti.

LA CORSA CON LE BIGHE

I Romani mutuarono l’usanza di organizzare corse dei carri dagli Etruschi, che a loro volta le organizzavano prendendo ispirazione dai

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Greci. Le abitudini romane furono comunque molto influenzate dai Greci in modo diretto, soprattutto dopo che, nel 146 a.C., venne conquistata l’intera penisola ellenica. Questa antichissima usanza trova riferimenti in ambito romano fin dai tempi di Romolo. Il primo Re di Roma secondo la leggenda, istituì una corsa di carri per distrarre i Sabini, mentre i Romani, approfittando dei giochi, rapirono le loro donne e l'episodio passo alla storia come “Ratto delle Sabine”.

Nella Roma antica, il luogo per antonomasia dove avvenivano queste competizioni era il Circo Massimo: situato nella valle tra il Palatino e l’Aventino, era in grado di ospitare fino a 250.000 spettatori. La prima struttura venne probabilmente costruita in epoca etrusca, per poi essere interamente ricostruito nel 50 a.C. per volere di Giulio Cesare, il circo raggiungeva così dimensioni considerevoli: una lunghezza di circa 600 metri per un’ampiezza di circa 225 metri. Per organizzare le partenze dei carri i Romani si ispiravano ai Greci e come loro, si servivano di una serie di barriere posizionate a scalare, chiamate “carceres”, con alcune differenze però, i Romani infatti posizionavano una linea mediana di separazione nella pista, la famosa spina centrale.

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Le “carceres” erano sistemate in uno dei vertici del percorso e i carri si posizionavano dietro a queste barriere fissate con un sistema a scatto. Quando tutti i carri erano pronti, l’imperatore, o l’organizzatore delle corse se queste non si svolgevano a Roma, lasciava cadere un panno, conosciuto con il nome di mappa dando cos ì i l v ia a l la corsa. Le barr iere a l lo ra s i apr ivano contemporaneamente consentendo una partenza alla pari per tutti i contendenti. Una volta partita la corsa, i carri avevano ogni libertà di movimento o di traiettoria per la pista nel tentativo di provocare un inc idente a i propr i avversar i spingendoli contro la barriera che separava la pista. Sulle spine centrali si trovavano le cosiddette “uova”, grossi segnali simili ai “delfini” che erano usati nelle corse greche, che venivano fatti cadere in una canaletta di acqua che scorreva al centro della spina per segnalare il numero di giri che mancavano alla conclusione. La spina, nel tempo, finì per diventare

una costruzione molto elaborata decorata con statue, obelischi ed altre opere d’arte a tal punto che gli spettatori spesso non riuscivano a seguire i carri quando si trovavano dal lato opposto, circostanza molto spesso gradita al pubblico che vedeva aumentare l’adrenalina per vedere chi sarebbe stato il primo auriga a spuntare dalla curva. Ai due capi della spina si

trovavano le due curve del percorso , chiamate “metae” e in quel punto, come nelle corse greche, avvenivano le più spettacolari collisioni ed i più grossi incidenti. Le collisioni tra i carri ne provocavano la distruzione con gravi infortuni a cavalli ed aurighi. In ogni giornata potevano tenersi dozzine di corse, e le manifestazioni si dilungavano talvolta per centinaia di giorni consecutivamente. Una singola gara però si svolgeva sulla distanza di soli 7 giri (e in epoca più tarda di 5, per poter svolgere un maggior numero di corse nello stesso giorno). I carri in gara potevano essere trainati da quattro

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cavalli (quadrighe), da tre cavalli (trighe) o da due cavalli (bighe), ma le corse tra quelli a quattro cavalli erano decisamente più importanti.

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LO SPORT NEL MEDIOEVO Quali sport venivano praticati ?

• Gli sport medievali, generalmente violenti, erano un modo di allenarsi alla guerra. I figli dei nobili imparavano a cavalcare e praticavano il tiro con l’arco. I re e le loro corti, oltre ad assistere ai tornei partecipavano a frequenti battute di caccia.Molte persone amavano sport attualmente ritenuti crudeli, come i combattimenti dei galli e la lotta tra i cani e un orso (incatenato). I proprietari pagavano per far partecipare i loro cani al combattimento e se l’orso guaiva, il padrone del cane vinceva un premio in denaro.

• C’erano anche giochi che possono essere considerati gli antenati di alcuni sport moderni, come l’hockey o il baseball.Le palle utilizzate per tali giochi erano fatte di legno, oppure ricavate dalla vescica o dallo stomaco di un animale o di cuoio riempito di stoffa.

LA LOTTA

Perché l’uomo medievale gareggiava?

• L'uomo medievale col pretesto della gara si accostava all'attività sportiva e al gioco, attraverso il quale vuole allargare la propria a di superiorità e affermare il proprio ruolo di vincitore, inoltre per vincere servivano intelligenza, forza e scaltrezza. L'obiettivo principale di chi gareggiava era un simbolo che lo gratificasse e non necessariamente un premio di valore: in poche parole gli atleti misuravano il proprio valore tramite l'incertezza del risultato finale e la tensione alla vittoria

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e quindi non si aspettavano un salario dovuto invece dalla fatica e dal lavoro.

LA PALLA

Uno sport per tutti?

• Anche i contadini, i borghesi e gli artigiani si divertivano,sebbene in modo diverso, nelle numerose feste religiose in cui non si lavorava e ci si abbandonava a bevute, scherzi e balli. Non mancavano i giochi di società o i classici scacchi e i dadi,così come erano diffusi sport di gruppo quali la soule,antenata del nostro calcio, giocata fra squadre di villaggi vicini o fra scapoli e ammogliati.

LA CACCIA

La caccia al cinghiale

• Durante il Medioevo, la caccia al cinghiale assunse i connotati di semplice passatempo, attuabile però solo dalla nobiltà. Il signore locale era solito lasciare alla servitù ed ai cani il compito di stanare l'animale e di fiaccarlo: a questo punto, egli smontava da cavallo, si avvicinava

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all'animale inerme e lo finiva con un affondo di spada. Per un maggiore divertimento, la caccia si concentrava durante il periodo degli amori, sì da trovare animali più aggressivi.

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STORIA DELLO SPORT:DAL 1400 AL 1800

Nel Rinascimento l’uomo rivaluta il valore educativo del corpo. Lo sport infatti non è più legato allo spettacolo, come nel medioevo, ma ci si focalizza sull’importanza dell’aspetto esteriore e interiore: l’uomo che nella sua interezza è costituito da anima e corpo, deve educare quest’ultimo nel movimento ma nello stesso tempo riuscire a superare i limiti imposti dalla mente rendendosi così libero da entrambi. Importante è anche la “bellezza” che in questo periodo ricopre grande importanza grazie alla riscoperta della cultura classica. Nascono le prime scuole specializzate nella preparazione fisica e si scrivono le prime tesi su questo argomento, inoltre nelle scuole (sia cattoliche che protestanti) si dedica del tempo alla ginnastica e ai giochi. Lo sport diventa importante anche per l’igiene fisica, per il ruolo svolto nella medicina e la salute. Sotto la dinastia dei Gonzaga, nobile famiglia principesca stabilitasi a Mantova, viene fondata una scuola in cui si insegnava l’attività fisica all’aperto. I giochi più praticati in Italia erano il Palio di Siena e di Asti (corse equestri), la Festa del mare di Venezia (gara di barche a remi), la Corsa del Fiore di Verona (gara di corsa a piedi) importante era anche il Calcio Fiorentino (torneo cittadino tra i vari quartieri a squadre).

Festa del mare di Venezia

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Palio di Siena e di Asti

Calcio Fiorentino

Altri erano: Pallone a bracciale, Pallacorda, Pallamaglio, Tamburello e Biliardo. Oltre ai giochi venivano praticate altre specialità sportive (non solo in Italia) come la corsa, il lancio del disco, il salto in alto, il pugilato, la lotta, la scherma e l’acrobatica. Inizialmente le donne non prendendo parte alle manifestazioni perciò si dedicavano alla Danza che era considerata l’unica attività sportiva per

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l’educazione delle ragazze.

Durante il XXVII e il XXVIII secolo le attività sportive e i giochi subirono un decadimento a causa delle continue guerre e ribellioni. Vi era comunque un movimento che comprendeva letterati, medici e filosofi che continuavano a divulgare l ’ i m p o r t a n z a d e l l o s p o r t e

dell’attività fisica. I giochi e le manifestazioni scomparvero lasciando spazio ad attività al chiuso (e di maggiore apprezzamento da parte dell’aristocrazia) come la Danza, la Scherma e la pallacorda che però potevano praticare soltanto i nobili e i ricchi lasciando attività più semplici e di intrattenimento (come quella dei Saltimbanchi, attraverso recite e giochi di abilità) al popolo costituito dalle classi sociali più basse. La Danza veniva praticata non più solo dalle ragazze ma anche dai ragazzi (soprattutto in Francia) in veri e propri teatri: i balli

seguivano una coreografia studiata nei minimi dettagli, i vestiti erano lussuosi e sfarzosi e il tutto veniva seguito dalla musica. La scherma si sviluppò grazie alla necessità della difesa personale. Per i nobili di quell’epoca era importante frequentare le scuole di scherma, diventate ormai un vero e proprio “status sociale”.

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Esse si differenziavano per il tipo di arma usata: fioretto, spada, sciabola. La Pallacorda era un gioco nel quale bisognava respingere nel campo avversario diviso con una rete, una palla ricoperta di stoffa usando inizialmente le mani e in seguito una racchetta (l’antenato del futuro tennis). Verso la fine del Settecento inizio

Ottocento l’idea dell’uomo cost i tu i to da corpo e pensiero si concretizzò g r a z i e a g l i i d e a l i illuministici del tempo. L’ i d e a d e l l ’ e f f i c i e n z a dell’individuo si rafforzò e si diffuse nella società del tempo mod i f i cando la . L’educazione non era più

concentrata solo sulla morale e sul pensiero ma anche del corpo ormai parte fondamentale di ogni soggetto della società e di ogni classe sociale. I college inglesi divennero lo spazio privilegiato per la completa affermazione di questa nuova dimensione educativa. Il pugilato, il nuoto, il canottaggio, le gare equestri, che derivano dalle diverse tradizioni popolari, furono regolamentati sulla base del fair play (gioco corretto) inoltre si riteneva che fossero necessarie identiche condizioni di gara per tutti, in modo da rendere possibile il confronto tra gli atleti, non differenziando più quest’ultimi in base alla propria classe sociale . Nacquero, inoltre, i giochi di squadra, come il calcio e il rugby, mentre nei lanci, i salti, le corse, si stabilirono con precisione le misure, le distanze, i pesi, le tecniche di esecuzione. Man mano che si affermava la pratica di sport e giochi codificati in regole condivise, lo sport assumeva una propria dignità facendo parte della società in ogni suo aspetto.

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PIERRE DE COUBERTIN

Pierre de Frèdy, barone di Coubertin, meglio noto come Pierre de Coubertin nasce a Parigi il 1° Gennaio del 1863.

Pedegogista e storico francese, è passato alla storia per aver riproposto, in chiave moderna, i Giochi Olimpici, fondandoli in tutto e per tutto.

Sin dalle sue prime attività in ambito educativo, è sempre stato tra i sostenitori di una corretta disciplina sportina, infatti, al suo nome è legata una famosissima frase:’'L'importante non è vincere, ma partecipare''. Questa frase è stata enunciata in realtà da de Coubertin, ma appartiene al vescovo Talbot.

Fino al 1880, anno del suo diploma, de Coubertin trascorre un'infanzia e un’adolescenza felici; sia nella sua casa parigina, che nel castello familiare situato a Marville (Normandia), dove trascorre molto tempo all'aria aperta e si appassiona allo sport, all'arte e alla musica. Successivamente al completamento del periodo scolastico Pierre sceglie studi politici anzichè la carriera militare (1880). Studia legge nella capitale francese, ma dal 1883 fino al 1890, si dedica perlopiù ad attività legate ai problemi sociali della Francia, riflettendo su una vera e propria riforma dell'educazione in una chiave pedagogica moderna.

IL 23 Giugno del 1894 il barone annuncia per la prima volta alla Sorbona di Parigi l'idea di recuperare gli antichi Giochi Olimpici e rimodernizzarli.

Nel 1895 Pierre sposa Marie Rotham, con la quale ha un figlio esattamente l'anno succesivo.

Nel 1897 il barone, impegantissimo in viaggi presso gli U.S.A e l'Inghilterra, tiene ul suo primo congresso olimpico a Le Havre, e dal momento che i Giuochi Olimpici il precedente anno avevano riscosso un gran successo, si prese la decisione di replicarli ogni quattro anni.

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Purtroppo però nel 1900 l'evento delle Olimpiadi viene posto in secondo piano a causa della Fiera Internazionale. La medesima cosa accade quattro anni dopo, a St.Louis.

Nel 1902 nasce la su secondogenita, Renèe. Fino al 1912 il nobile francese si batte per diffondere nuove idee in ambito sportivo. A Stoccolma nel 1912 in occasione delle Olimpiadi istituisce il pentathlon moderno. Nel 1915 trasferisce il Comitato Olimpico a Losanna e mantiene la presidenza fino alle Olimpiadi del 1924, tenute a Parigi.

A succedere alla sua presidenza è il belga Henry de Baillet-Latour, tuttavia il francese resta membro onorario del CIO e fonda l'unione Pedagogica Universale. Tra il 1926 e il 1927 pubblica la sua opera di storia universale concentrata il 4 volumi.

Ritiratosi a vita privata in Svizzera, dedica le sue ultime energie, per diffondere idee sporrive e pedagogiche.

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IL MESSAGGIO DEL GIOCO

Lo sport pensato dal barone de Coubertin era uno sport dilettantistico, cioè praticato per passione e amore, lontano da qualsiasi forma finanziaria legata al denaro, alle Olimpiadi erano ammessi solo ed esclusivamente dilettanti; infatti, coloro che ne prendevano parte erano studenti, marinai, impiehati e semplici cittadini. Le donne non erano ammesse inquanto de Coubertin voleva rispettare la tradizione classica.

Ai vincitori non veniva assegnato alcun premio, solo una sorta di riconoscimento, il vincitore riceveva una corona di ulivo ed una medaglia di argento, mentre il secondo classificato riceveva una corona di alloro e una medaglia di bronzo.

Oggi invece dietro lo sport vi è un immenso giro di denaro che a volte compromette la disciplina sportiva e il giusto spirito di agonismo pensato dal barone, infatti in molti casi si sente parlare addirittura di doping.

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LA BANDIERA OLIMPICA

La bandiera olimpica presentata da Pierre de Coubertin fu adottata al Congresso Olimpico di Parigi del 1914, è composta da cinque cerchi che si intersecano fra di loro e simboleggiano l’unione dei cinque continenti e l’incontro degli atleti di tutto il mondo ai Giochi Olimpici. Sul manuale olimpico ufficiale fino al 1951 era riportata un’associazione tra i colori dei cerchi e i continenti: l’Africa è rappresentata dal nero, l’America dal rosso, l’Europa dal verde, l’Oceania dal blu e l’Asia dal giallo. Tale associazione è stata in seguito ritirata dal CIO (Comitato olimpico internazionale) e dunque non è più ufficiale, anche se ancora molto diffusa nel sentire comune. Fu Pierre de Cuobertin a scegliere i cerchi, i loro cinque colori e anche il bianco come sfondo. A quei tempi, in effetti, almeno uno di quei colori era presente nella bandiera di ogni nazione che partecipava alle Olimpiadi.

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I cerchi apparvero la prima volta nel 1913 in una lettera scritta da De Coubertin, ma la bandiera Olimpica fu presentata ufficialmente a Parigi l’anno successivo per celebrare il ventesimo anniversario della rinascita dei Giochi. Pochi mesi scoppio la prima guerra mondiale. Il conflitto impedì lo svolgimento delle olimpiadi del 1916, si dovette quindi aspettare fino al 1920 per vedere per la prima volta sventolare la bandiera con i cinque cerchi in uno stadio olimpico.

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Il simbolo delle Olimpiadi comparve per la prima volta sulle medaglie olimpiche nelle Olimpiadi del1924 a Parigi, ma ciò non divenne ufficiale fino al 1976 a Montreal. Nella storia dei Giochi olimpici invernali, invece, le medaglie hanno sempre avuto l’immagine dei cinque cerchi. Alla fine dei Giochi la bandiera viene ammainata, avvolta e consegnata dal sindaco della città che ha appena ospitato i Giochi Olimpici al presidente del CIO, che la consegna al primo cittadino della sede successiva. Verrà conservata nel municipio della città fino all’apertura della nuova Olimpiade.

La cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici

La cerimonia di apertura delle Olimpiadi è il momento in cui vengono ufficialmente dichiarati aperti i Giochi Olimpici. La cerimonia segue un rigido protocollo, scritto nella carta Olimpica (regolamento del CIO che è divenuto la costituzione del comitato internazionale e fissa norme e principi che regolano le Olimpiadi). Tutte le parti previste dal protocollo nonché i nomi delle nazione partecipanti sono annunciate prima in francese (in onore del fondatore de Coubertin) poi in inglese ed infine nella lingua del paese ospitante. La prima parte della cerimonia è un vero e proprio spettacolo preparato dal paese ospitante che prevede danze, canti e coreografie ispirate al folklore e alla storia del paese.

Terminata l’esibizione i paesi partecipanti sfilano raggruppati per stato di appartenenza. Queste nazioni si susseguono con un rigoroso ordine alfabetico, facendo riferimento al nome dello stato; fanno eccezione la Grecia, che tradizionalmente è il primo stato a sfilare poiché è la patria della città in cui sono nate le prime Olimpiadi e la squadra del paese ospitante che sfila per ultima. Ad Atene nel 2004 il portabandiera greco entrò per primo e la sfilata fu conclusa dal

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resto della squadra. Ogni nazione è preceduta da un alfiere; tale ruolo è molto ambito poiché solitamente si tratta di un’onorificenza che riceve l’atleta più rappresentativo della nazione in gara. Terminata questa parte la cerimonia di apertura prevede che venga suonato l’inno ufficiale, un brano musicale composto da Spiro Samara, con parole tratte da un poema dello scrittore greco Kostis Palamas. Viene eseguito per la prima volta in occasione della cerimonia d’apertura della prima edizione dei giochi olimpici d’Atene (1896). Negli anni successivi ogni nazione ospitante commissionò a vari musicisti la composizione di un inno olimpico specifico per la propria edizione dei giochi. Questo avvenne fino all’edizione di Roma 1960.

L’inno di Samara e Palamas verrà dichiarato inno olimpico ufficiale dal CIO nel 1958 e reintrodotto a partire dalle elezioni di Tokyo 1964. Terminato l’inno viene issata la bandiera olimpica di fianco a quella del paese ospitante; in seguito tutti i portabandiera devono radunarsi intorno ad un apposito podio dove, insieme ad u rappresentante degli atleti e ad un giudice di gara del paese ospitante, viene pronunciato il giuramento olimpico: -Giuramento dell’atleta: A nome di tutti i concorrenti, prometto che prenderò parte a questi Giochi Olimpici rispettando e osservando le regole che li governano, impegnandoci nel vero spirito della sportività, per uno sport senza doping e senza droga, per la gloria dello sport e l’onore della mia squadra. -Giuramento del giudice: A nome di tutti i giudici ed ufficiali di gara, prometto che adempiremo alle nostre funzione, in questi Giochi Olimpici con una completa imparzialità, rispettando ed osservando le regole che li governano, nel vero spirito della sportività. L’ultima fase riguarda l’accensione della torcia olimpica, che è uno dei simboli più importanti delle olimpiadi. Le sue origini risalgono all’antica Grecia,

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quando un fuoco veniva tenuto acceso tutto il periodo dei giochi. Il fuoco venne reintrodotto nelle olimpiadi nel 1928, ed allora fa parte della cerimonia delle olimpiadi moderne.

Dal 1960 la fiamma olimpica viene accesa prima della cerimonia di apertura dei giochi, nei luoghi delle Olimpiadi (Olimpia,Grecia): undici sacerdotesse (interpretate da attrici) accendono il fuoco ponendolo in una torcia. Quest’ultima viene trasportata fino alla città dove si svolgono le Olimpiadi per mezzo di una staffetta di “tedofori”(atleti vincitori di edizioni precedenti),tradizionalmente il primo atleta è greco e spesso l’ultimo è un campione o un personaggio famoso del paese ospitante. Questa suggestiva staffetta in passato fu criticata poiché fu introdotta da Hitler nel 1936 in occasione delle olimpiadi di Berlino per celebrare i terzo Reich. Dal 1952 la staffetta è in uso anche per le Olimpiadi invernai. Tale operazione, dal 1920, viene accompagnata da un lancio di colombe.

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La storia delle Olimpiadi dal 1894 ai giorni nostri

Il barone de Coubertin, un pedagogo francese propose una versione moderna dei Giochi dell’antica Grecia nel 1894. Molti archeologi francesi e tedeschi, lavorando intorno alle rovine greche riportarono alla luce numerose rovine e fu così che il vecchio stadio ed i luoghi sacri vennero ripristinati per le gare sportive.

Il 23 giugno 1894 trentanove delegati provenienti da 12 Paesi approvarono lo svolgersi dei Giochi Olimpici fissando la data e la loro cadenza ogni 4 anni.

Fu nominato un Comitato Olimpico Internazionale e come prima sede fu scelta Atene.

Atene 1896: nella preparazione ci furono molti problemi economici, finché intervenne un ricco greco che versò una somma ingente, con la quale organizzarono e costruirono lo stadio.

Parigi 1900: seconda edizione, fu un fallimento in quanto gli organizzatori non prepararono ambienti per lo svolgimento delle gare. Ricordiamo,però la partecipazione delle donne atlete.

Saint Louis 1904: ci fu scarsa partecipazione in quanto la traversata dell’Atlantico scoraggiò i partecipanti.

Londra 1908: fu costruito uno stadio con all’interno piste per atletica, ciclabile e al centro del prato messe le pedane per il salti e i lanci. Crearono un villaggio olimpico. Furono istituite nuove leggi per dare delle norme anche se non mancarono incidenti tra le Nazioni.

Stoccolma 1912: si ricorda per la sua organizzazione efficiente e furono introdotti nuove attività come il pentathlon e il decathlon. Questa manifestazione chiuse in attivo.

Passarono circa otto anni prima di riprendere le manifestazioni olimpiche a causa della prima guerra mondiale che distrusse molti Paesi e morirono molti uomini.

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Anversa 1920: gli strascichi della guerra si rifletterono nello svolgimento dei Giochi, alcuni Paesi non parteciparono.

Parigi 1924: dopo i giochi olimpici invernali da Chamonix, fu costruito un villaggio, uno stadio e la prima piscina olimpica.

Amsterdam 1928: fu organizzata in seguito ad una sottoscrizione pubblica e per la prima volta la fiamma olimpica rimase accesa giorno e notte. I tedeschi parteciparono all’evento.

Los Angeles 1932: nonostante la crisi economica americana si svolsero con successo. Si ricordano esponenti come Charlie Chaplin e Gary Cooper tra gli spettatori.

Per la prima volta partecipa anche la Cina.

Berlino 1936: per la prima volta la torcia fu portata da Olimpia alle sede dei Giochi.

Adolf Hitler sfrutta le olimpiadi per dimostrare le capacità organizzative e il loro benessere.

Un anno dopo muore de Coubertin a Losanna, sede del Comitato Olimpico Internazionale, e viene sepolto sul monte Olimpo.

Nel 1946 a Losanna il COI si riunì per decidere se svolgere i Giochi, in quanto la popolazione era scoraggiata per i troppi morti in guerra e per la troppa miseria.

Londra 1948: sono esclusi la Germania e il Giappone e le Olimpiadi si svolgono in un clima austero.

Helsinki 1952: gli USA e l’URSS si misurano nello sport. Ottima organizzazione a dimostrazione che il popolo finlandese è culturalmente un popolo sportivo.

Melbourne 1956: si arriva in Australia,ma ancora problemi politici e la crisi di Suez e l’invasione dell’Ungheria rischia di far fallire i giochi.

Roma 1960: è la prima volta che i giochi vengono trasmessi in eurovisione. Si ricordano nomi che fanno parte della leggenda dello

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sport come Cassis Clay e Nino Benvenuti nel pugilato. Con la celebrazione dei giochi a Roma vengono rivalutati i monumenti e le sue bellezze:vedi la lotta nella basilica di Massenzio ecc.

Tokyo 1964: è la prima volta che si svolgono in Asia e vengono introdotte due nuove attività: judo e pallavolo. Non partecipano i sudafricani. Citta’ del Messico 1968: anno di turbolenza di assassini e di guerra del Vietnam. Nonostante ciò, i giochi si svolgono ugualmente con la presenza dell’esercito. Si fa uso del cronometraggio elettronico e delle piste in tartan. Furono battuti molti record ed insieme allo sport si respira un’aria di libertà e di ribellione. Monaco 1972: purtroppo si ricorda per il triste avvenimento del blitz avvenuto nel villaggio olimpico per opera dei Palestinesi che prendono in ostaggio israeliani, chiedendo la liberazione di alcuni loro prigionieri. Le gare sono interrotte in segno di lutto. Non mancano tuttavia degli atleti che faranno la storia dello sport: Pietro Mennea, Novella Calligaris ecc.

Montreal 1976: i paesi africani si ritirano per protesta contro la tournee in Sudafrica del rugby neozelandese.

Mosca 1980: si ricorda per l’invasione russa in Afghanistan.

Los Angeles 1984: non partecipano l’URSS e il blocco dell’EST Seul 1988: è ricordata come l’olimpiade del doping, infatti in seguito a dei controlli medici vengono squalificati per uso di steroidi.

Barcellona 1992: è l’edizione del boom perché curato nei dettagli e soprattutto redditizio sul piano televisivo.

Atlanta 1996: è il centenario della proclamazione delle Olimpiadi.

Il via viene dato da Muhammed Alì, ultimo tedoforo incaricato di accendere il braciere olimpico. Purtroppo anche in questa edizione si

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ricorda un episodio triste:un attentato, esplode una bomba nel villaggio olimpico:un morto e 110 feriti.

Sydney 2000: si torna in Australia. In questa edizione hanno un ruolo importante le donne che vincono numerose medaglie d’oro.

Atene 2004: tornano dopo 108 anni.

Pechino 2008: la fiaccola arriva in Cina anche se numerose sono le polemiche per la questione del Tibet che rivendica la propria indipendenza. L’eroe di questo avvenimento è Usain Bolt, atleta di 100-200-4x100 metri.

Londra 2012: è la città in cui si sono svolti giochi per tre volte.

Rio de Janeiro 2016: furono costruite numerose strutture e ripristinato quelle esistenti. L’economia del Brasile ha riportato con questo evento un bilancio positivo. La prossima edizione si svolgerà a Tokyo nel 2020.

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I giochi Paraolimpici

I Giochi paraolimpici sono l'equivalente dei giochi Olimpici per atleti con disabilità fisiche.

Storia

Ludwig Guttmann medico britannico fu il primo ad organizzare una competizione sportiva nel 1948 per veterani della seconda guerra mondiale con danni fisici. Pochi anni dopo nel 1960 il medico italiano Antonio Maglio, direttore di un centro per paraplegici, propose a Guttmann di disputare l’edizione di quell’anno a Roma, qui presero il nome di “giochi internazionali per paraplegici”. I giochi sono ormai collegati ai Giochi olimpici veri e propri dal 19 giugno 2001, quando fu siglato un accordo tra il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) ed il Comitato Paraolimpico Internazionale (IPC), il quale garantisce che la città candidata ad ospitare le Olimpiadi deve organizzare sia i Giochi olimpici sia i Giochi paraolimpici.

Gli Sport Paraolimpici

Con sport paraolimpici si intendono tutte le competizioni sportive previste nei giochi paraolimpici estivi e invernali. Gli atleti che partecipano ai Giochi paraolimpici sono divisi in dieci categorie, in base al tipo didisabilità:

per la disabilità fisica ci sono otto differenti categorie: • potenza muscolare - la forza generata da un muscolo, dai muscoli di un arto o di una parte del corpo è ridotta, per esempio a causa di una ferita spinale. • Movimento ridotto - il range del movimento di uno o più giunti articolari è ridotto in modo sistematico.

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• Perdita o deficit di un arto - totale o parziale, assenza di ossa o articolazioni dovuta a parziale o totale amputazione, causata da malattie, traumi o deficit congeniti. • Differenza di lunghezza delle gambe - lunghezza differente significativa di un osso di una gamba dovuta a deficit o trauma. • Statura bassa - statura ridotta a causa delle gambe, delle braccia o del tronco più corti a causa di deficit muscolo-scheletrici o relativi alle strutture ossee o cartilaginee. • Ipertonia - l'ipertonia è una crescita abnorme nella tensione muscolare e una capacità ridotta del muscolo di distendersi. L'ipertonia può essere provocata da ferite, malattie o condizioni relative a danni al sistema nervoso centrale come una paralisi cerebrale. • Atassia - l'atassia consiste nella mancanza di coordinazione del movimento muscolare dovuta per esempio ad una paralisi cerebrale. • Atetosi - l'atetosi è caratterizzata generalmente da un movimento non bilanciato, involontario, e al mantenimento difficoltoso di una postura simmetrica dovute per esempio ad una paralisi cerebrale. • Disabilità visive - gli atleti appartenenti a questa categoria soffrono di disabilità visive parziali, ma sufficienti da essere considerati legalmente ciechi. Le guide per atleti con disabilità visive sono una parte essenziale della competizione, tanto che atleta e guida sono considerati una squadra. • Disabilità intellettive - alla categoria appartengono atleti con significativi deficit nelle funzioni intellettive e limitazioni associate. Il Comitato Paraolimpico Internazionale si occupa prevalentemente di disabilità fisiche, ma ad alcuni Giochi Paraolimpici vi sono stati eventi per atleti con disabilità intellettive.

La categoria di appartenenza determina contro quali atleti si compete e a quali sport si partecipa. Alcuni sport sono aperti a più categorie, come il ciclismo, mentre altre sono ristrette ad una sola.

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Una componente primaria degli sport paraolimpici è la classificazione. Essa da una struttura alle competizioni che permette agli atleti di competere contro altri aventi similari disabilità o livello di funzionalità fisica. Questa classificazione è del tutto simile alle categorie, per esempio di peso, tipiche degli sport per normodotati.

La classificazione avviene attraverso vari processi che dipende dal gruppo a cui appartiene la disabilità e dallo sport a cui partecipano. La valutazione può includere un esame fisico o medico, una valutazione tecnica di come l'atleta esegue determinate funzioni fisiche relative allo sport, oltre ad un'osservazione della performance dell'atleta in competizione e fuori competizione. Ogni sport ha il suo sistema specifico di classificazione che fa parte delle regole dello sport stesso

Sport paraolimpici estivi

Atletica leggera paralimpica Boccia Calcio a 5-un-lato Calcio a 7-un-lato Canoa paralimpica Canottaggio paralimpico Ciclismo paralimpico (su strada e su pista) Equitazione paralimpica Goalball Judo paralimpico Nuoto paralimpico Pallacanestro in carrozzina Pallavolo paralimpica Pesistica paralimpica Rugby in carrozzina Scherma in carrozzina Tennis in carrozzina

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Tennistavolo paralimpico Tiro paralimpico Tiro con l'arco paralimpico Triathlon paralimpico Vela paralimpica

Il doping

Lo spirito sportivo autentico si basa sull’esercizio della volontà, sul sacrificio e sulla costanza dell’allenamento.

La causa principale della diffusione del doping è l’esasperazione della competizione; esso va combattuto per impedire che si diffonda tra i giovani che a sua volta si diffonda ancora di più. Ma cosa è il doping?

È la somministrazione di sostanze proibite con lo scopo di aumentare il rendimento sportivo.

Ogni sport impone, infatti oltre alle regole di gioco, norme sul divieto di queste sostanze. Il rispetto di quest’ultime serve a garantire a tutti i partecipanti uguali condizioni di partenza. Le infrazioni vengono punite con la squalificazione o con la sospensione della gara.

L’uso di farmaci provoca danni spesso irreversibili, e dopo una esposizione prolungata può provocare la morte.

I giovani sportivi devono crescere con la consapevolezza che il vero confronto con l’avversario deve rimanere tra atleti e non tra farmaci, e ricordarsi che la sconfitta fa parte del gioco.

La storia del doping

La pratica del doping ha origini molto antiche, anche se il termine inglese to dope ovvero drogarsi, compare solo alle fine dell’800. Già i Greci e i Romani facevano, infatti uso di sostanze estratte da piante, funghi o semi ritenute capaci di migliorare le prestazioni agonistiche non solo degli uomini ma anche degli animali, come i cavalli da corsa durante le gare. Nel ventesimo secolo gli interessi

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economici legati allo sport diventarono sempre più esasperati: lo sport risultò un vero affare per chi lo gestiva e per chi lo praticava con successo. Il primo caso accertato di morte per doping risale, addirittura al 1886 con la morte per overdose di droga del ciclista Artur Lington. Negli anni '50 il fenomeno si diffuse tramite le anfetamine e negli anni '70 iniziarono a diffondersi le prime malattie derivate dal doping. Ai Giochi Olimpici di Roma morirono due atleti: il ciclista danese Knutiensen stroncato da un collasso per eccesso di anfetamine e l’ostacolista Dick Howard, trovato morto per overdose di eroina. Nel 1960 venne mosso il primo passo significativo nella lotta contro il doping. Furono introdotti i primi test antidoping e il concilio europeo, comprendente 20 nazioni, stilò un documento di condanna dell’uso di sostanza dopanti nello sport.

Nel 1968 alle Olimpiadi di città del Messico il CIO (Comitato olimpico internazionale) rese ufficiale la prima lista di sostanze proibite. Nel 1971 il CIO pubblicò una lista dettagliata dei farmaci e delle sostanze non utilizzabili dagli atleti, che è tuttora in vigore. Negli anni ottanta lo sviluppo delle tecniche di laboratorio contribuì a incrementare i tipi e la frequenza dei test antidoping. Ma queste provvedimenti non furono incisivi poiché le sostanza venivano assunte durante la gara.

Gli effetti

Una politica antidoping basata solo sul fondamento della tutela della salute non è più sufficiente. Bisogna agire in modo incisivo per mezzo della prevenzione e della perseguibilità penale. Le sostanze vietate sono: - gli stimolanti; - i narcotici e gli analgesici; - i diuretici; - gli steroidi anabolizzanti.

Questi ultimi sono sostanze sintetiche con composizione e azione simile al testosterone, ovvero un ormone sessuale maschile prodotto nei testicoli e responsabile dello sviluppo dei tessuti nell’adolescenza e nell’età adulta del maschio. Sono stati riconosciuti 80 tipi di steroidi, assunti a fini non terapeutici; aumentano inoltre la massa muscolare e la forza, accrescendo l'aggressività e la sicurezza di sé.

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Tra gli effetti collaterali possiamo notare: -nei maschi: danni all’apparato genitale, problemi psicologici, tumori al fegato e possibilità di infarto e trombosi. -nelle donne: virilizzazione, alterazione ciclo mestruale, perdita capelli, cambiamento della voce.