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1 Il progetto Mindfulness, la mente del corpo è stato realizzato dagli studenti e dai docenti del Liceo Classico “J. Stellini” e del Liceo Scientifico “N. Copernico” di Udine. Si ringraziano per il contributo: GruppoZaffiro, Sorelle Ramonda, BCC Friuli Centrale, Ditta Microgate per l’attrezzatura utilizzata nei test.

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Il progetto Mindfulness, la mente del corpo è stato

realizzato dagli studenti e dai docenti del Liceo Classico

“J. Stellini” e del Liceo Scientifico “N. Copernico” di

Udine.

Si ringraziano per il contributo:

GruppoZaffiro, Sorelle Ramonda, BCC Friuli Centrale,

Ditta Microgate per l’attrezzatura utilizzata nei test.

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Indice

Presupposti didattici del progetto: l’Unità di Apprendimento

1. Introduzione 7

1.1 Il Sistema Nervoso 7

1.1.1 Il neurone 7

1.1.2 L’impulso nervoso 8

1. 2 L’apparato locomotore 10

1.2.1 I muscoli 10

1.2.2 La contrazione muscolare 11

1. 3 Il movimento 12

1.3.1 Il sistema motorio 12

1.3.2 Il sistema motorio centrale 14

1.3.3 Modalità operative di controllo del movimento 15

1. 4 L’apprendimento motorio 15

1.4.1 Fase cognitiva 16

1.4.2 Fase associativa 16

1.4.3 Fase dell’automazione 16

1. 5 La mindfulness 18

1.5.1 La mindfulness e l’educazione 19

1.5.2 La mindfulness e l’adolescenza 21

2. Scopo dello studio 22

3. Materiali e metodi 22

3. 1 I soggetti 22

3. 2 Il protocollo sperimentale 22

3.2.1 Test di valutazione 23

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3.2.2 Protocollo di lavoro 25

4. Risultati 26

4.1 Partecipazione 26

4.2 Coordinazione visuo-motoria 27

4.2.1 Test all’ingresso 27

4.2.2 Apprendimento di una nuova modalità coordinativa 29

4.2.3 Passaggio da una modalità coordinativa all’altra 34

4.3 Altri test 38

5. Discussione e conclusioni 40

6. Bibliografia 43

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Presupposti didattici del progetto

UNITA’ DI APPRENDIMENTO Denominazione Mindfulness, la mente del corpo Anno 2015-2016

Prodotti:

• Pubblicazione scientifica dei risultati; • Presentazione multimediale in conferenza; • Redazione di un e-book; • Creazione di una pagina web dedicata.

Competenze mirate:

• Sviluppo di competenze tecnico-scientifiche: uso degli strumenti matematici per l’elaborazione dei dati, uso di un foglio di lavoro, costruzione di grafici adeguati;

• Sviluppo di competenze linguistiche: esposizione di un testo/messaggio in forma scritta e orale, in modo chiaro ed appropriato, variando, a seconda dei contenuti, l’uso della lingua.

Competenze professionali: • Promozione di competenze relative al metodo scientifico; • Valutazione scientifica della velocità e della flessibilità di

apprendimento ad una nuova situazione (motoria e/o cognitiva).

Competenze di

cittadinanza:

• Comunicazione nella madrelingua: Utilizzazione di una terminologia specifica secondo le esigenze comunicative del contesto scientifico;

Redazione di relazioni scientifiche e documentazione delle attività individuali e di gruppo.

• Imparare ad imparare: Organizzazione del proprio apprendimento, individuando ed

utilizzando fonti diverse; Adattamento ad una nuova situazione motoria e/o cognitiva. • Collaborare e partecipare: Interazione all’interno di un gruppo in modo attivo e rispettoso; Inserimento in modo responsabile nelle attività del gruppo per

raggiungere un obiettivo comune. • Individuare collegamenti e relazioni: Individuazione e rielaborazione dei collegamenti e delle relazioni

appartenenti a diversi ambiti disciplinari. • Comunicare: Raggiungimento di conclusioni e applicazioni pratiche dai dati

ricavati.

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Conoscenze Abilità • Conoscere l’anatomia e la fisiologia degli

apparati; • Conoscere le tecniche di base della

meditazione; • Conoscere la neurofisiologia della

percezione applicata al movimento umano; • Conoscere le fasi dell’apprendimento

motorio e della performance; • Apprendere il controllo motorio; • Conoscere i principi di base

dell’informatica; • Conoscere le modalità di un testo

scientifico.

• Saper regolare l’attenzione; • Avere consapevolezza del proprio corpo; • Saper mantenere la concentrazione per 20

minuti; • Saper dare la risposta corretta nel minor

tempo possibile ad uno stimolo; • Utilizzare il mental training, per la

focalizzazione dell’attenzione; • Saper adattare il movimento in funzione

delle variabili dello stimolo; • Produrre testi scritti di vario tipo anche in

un registro formale e utilizzando un lessico specifico;

• Stendere una relazione scientifica.

Esperienze attivate:

• Formazione in aula con i docenti. • Formazione con esperto esterno sull’allenamento mentale. • Esecuzione quotidiana di un protocollo di esercizi di dissociazione

motoria per 6 settimane. • Attuazione di un allenamento all’attenzione (Mindfulness) per 20

minuti al giorno, per un periodo di 6 settimane. • Ascolto di musica classica per 20 minuti al giorno, per un periodo

di 6 settimane. • Test di valutazione pre e post training:

della coordinazione visuo-motoria (mouse modificato); della velocità di cambio programma motorio (Witty Sem, test di reattività su capacità cognitivo-motoria e coordinative); della velocità di decodificazione di sequenze logiche alfa-numeriche.

• Elaborazione di dati.

Metodologie:

• Brain storming; • Lezione frontale; • Lavori di gruppo e individuali; • Ricerca in Internet; • Esercitazioni individuali.

Fase di applicazione: • Dal mese di gennaio al mese di maggio.

Strumenti: • Witty Sem; • Pubblicazioni scientifiche; • PC.

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Dettaglio delle attività e loro ripartizione oraria (gruppi di lavoro coinvolti per attività di ricerca formati

da studenti delle classi III, IV e V del Liceo Classico e del Liceo Scientifico)

Ricerca bibliografica Documentazione degli studi già effettuati e proposta di sintesi agli altri gruppi.

20 h

Raccolta dati Test : pre e post training 20 h

Elaborazione dati Interpretazione dei dati, discussione e rappresentazione grafica dei risultati.

50 h

Produzione di una presentazione multimediale

Produzione di un PowerPoint dei risultati della ricerca da presentare in conferenza.

20 h

Stesura del testo Relazione scientifica nell’ottica di una possibile pubblicazione.

40 h

Organizzazione, comunicazione, realizzazione pagina web

Comunicazione tra i gruppi; organizzazione degli eventi interni o esterni alla scuola; diffusione dei risultati; documentazione fotografica delle fasi salienti del progetto e anche attraverso una pagina web.

30 h

Risorse umane (interne/esterne):

Interne:

Coordinatori: • Docenti di scienze motorie: hanno curato sia la fase progettuale che

operativa; hanno individuato le esperienze motorie. Collaboratori: • Docenti di scienze: hanno curato la preparazione riguardo

all’anatomia e alla fisiologia degli apparati; • Docenti di lingua e letteratura italiana: si sono occupati degli elementi

della comunicazione, nell’ambito dei linguaggi non verbali e verbali; insieme al coordinatore hanno fornito indicazioni per la stesura e la revisione degli elaborati scritti e delle presentazioni verbali;

• Docenti di matematica e fisica: hanno curato l’elaborazione dei test; hanno presentato alcuni principi di statistica, hanno curato l’elaborazione del foglio di lavoro e della rappresentazione dei dati attraverso un grafico;

• Docenti di inglese: si sono occupati della comprensione degli articoli scientifici utilizzati nella ricerca.

Esterne: • Docente Universitario: ha insegnato la mindfulness come sistema di

regolazione delle emozioni e miglioramento dell’attenzione; • Docente Universitario: ha spiegato come la salute sia in rapporto agli

stili di vita.

Valutazione:

• Valutazione del prodotto in base a criteri predefiniti (griglie di osservazione e valutazione).

• Valutazione dei processi: competenze organizzative dei singoli e dei gruppi.

• Autovalutazione del risultato ottenuto.

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MINDFULNESS, LA MENTE DEL CORPO

1. Introduzione

Il progetto Mindfulness, la mente del corpo nasce con l’obiettivo di incrementare la capacità di attenzione, sul piano fisico e mentale. A tale scopo, dodici classi del Liceo Classico J. Stellini e del Liceo Scientifico N. Copernico, in collaborazione con l’Università degli Studi di Udine e con il Comune di Udine, hanno sviluppato una ricerca volta alla valutazione della velocità di apprendimento e della flessibilità, intesa come adattamento ad una nuova situazione motoria e cognitiva.

I 220 studenti delle classi terze, quarte e quinte dei due licei sono stati sottoposti a tre test elaborati per la valutazione delle loro capacità cognitive di partenza. I test hanno stimato la capacità di apprendimento e la flessibilità mentale, attraverso la misurazione del tempo impiegato a risolvere un problema logico-cognitivo, a modificare un programma motorio e a colpire una serie di bersagli sul monitor di un computer con l’utilizzo di un mouse modificato.

Gli studenti sono stati divisi in quattro gruppi. Il primo ha effettuato per venti minuti al giorno e per sei settimane di pratica quotidiana di mental training; il secondo ha svolto nello stesso arco di tempo un’attività basata su una serie di esercizi di dissociazione motoria; il terzo ha ascoltato musica quotidianamente; infine il quarto non è stato impegnato in nessun genere di attività in quanto gruppo di controllo.

Alla fine delle sei settimane sono stati riproposti i test effettuati inizialmente, con l’obiettivo di confrontare, sulla base delle differenze tra la prima e la seconda prova e sull’esame dei risultati del gruppo di controllo, gli eventuali miglioramenti ottenuti dai tre gruppi impegnati nelle diverse attività.

1.1. Il Sistema Nervoso

1.1.1 Il neurone

Il neurone è l’unità funzionale del sistema nervoso e si divide in quattro parti funzionali:

• il corpo cellulare, che contiene il nucleo e gli organuli;

• i dendriti, che trasmettono al corpo cellulare le informazioni provenienti da altri neuroni o da cellule sensoriali;

• l’assone, che trasmette alle cellule-bersaglio i dati in uscita dal corpo cellulare;

• le sinapsi, spazi vuoti tra terminali assonici attraverso i quali l’impulso nervoso passa da una cellula all’altra.

Le proprietà dei neuroni sono le seguenti: l’eccitabilità, ovvero la capacità di generare impulsi, e la conduttività, cioè l’attitudine di un corpo a trasmettere un impulso ad altre cellule. Tali proprietà permettono al neurone la trasmissione, attraverso impulsi elettrici, delle informazioni provenienti dall’ambiente esterno e da quello interno, necessarie al sistema nervoso per l’organizzazione, il coordinamento e il mantenimento degli equilibri dell’organismo.

I neuroni, organizzati in reti neurali, possono essere:

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• neuroni afferenti o sensoriali, se trasmettono all’encefalo e al midollo spinale le informazioni provenienti dai recettori sensoriali;

• neuroni efferenti, se trasportano gli impulsi al sistema nervoso centrale diretti agli effettori (ghiandole o muscoli);

• interneuroni e neuroni di associazione, se integrano le informazioni degli input (dati in ingresso) e degli output (dati in uscita), e ne facilitano la trasmissione.

1.1.2 L’impulso nervoso

L’impulso elettrico trasmesso dai neuroni è detto potenziale d’azione. Esso si genera quando il potenziale a riposo della membrana cellulare viene modificato. Il potenziale di riposo (circa -60mV) è la condizione del neurone, caratterizzata da una carica negativa all’interno della cellula, determinata anche dalla presenza di fosfati legati a molecole organiche (proteine), e una carica positiva nel liquido extracellulare, con elevata concentrazione di ioni sodio (Na+). Tale condizione è definita dall’attività dei canali ionici del sodio della membrana cellulare, che permettono al sodio di penetrare nella cellula attratti dalle cariche negative; dall’attività dei canali ionici del potassio (K+), i quali consentono appunto al potassio, all’interno del neurone, di fuoriuscirne e dall’azione della pompa sodio-potassio, una proteina che trasferisce attivamente fuori dalla cellula il sodio e dentro la stessa il potassio. Il potenziale di riposo si modifica quando giunge presso il neurone uno stimolo che provochi l’apertura di speciali canali deputati allo spostamento del sodio secondo gradiente di concentrazione: i canali voltaggio-dipendenti. Una volta apertisi questi ultimi, il sodio penetrato all’interno della membrana ne modifica il potenziale e, se viene raggiunto il valore soglia (-50mV) dalla membrana ha origine il potenziale d’azione che si propaga lungo il corpo cellulare e l’assone fino a raggiungere il terminale assonico presinaptico. La propagazione, unidirezionale, può essere continua o saltatoria, a seconda che gli assoni siano o meno rivestiti dalla guaina mielinica.

Figura 1. Trasmissione dell’informazione

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Il corpo cellulare del neurone può ricevere contemporaneamente molti stimoli differenti che integra nel cono d’emergenza, la regione alla base dell’assone, per poi fornire loro un’unica risposta che raggiunge la terminazione sinaptica e, di conseguenza, la cellula-bersaglio.

Il neurone che trasmette l’informazione nella sinapsi e quello che la riceve sono detti rispettivamente presinaptico e postsinaptico.

Esistono due tipi di sinapsi: elettrica e chimica. Quest’ultima è deputata alla trasmissione degli impulsi anche delle giunzioni neuromuscolari. Il funzionamento di tale sinapsi è legato alla presenza, nel terminale presinaptico, di vescicole contenenti neurotrasmettitori, come l’acetilcolina. Essi, liberati dalla terminazione presinaptica e legatisi ai canali ionici del sodio della cellula-bersaglio, ne provocano l’apertura dando avvio alla depolarizzazione della membrana cellulare postsinaptica e alla propagazione dell’impulso elettrico.

Figura 2. Modalità di trasmissione dell’impulso nervoso

La membrana, una volta raggiunto un potenziale di +50mV (valore massimo di depolarizzazione), va incontro ad un periodo di iperpolarizzazione durante il quale il potenziale della membrana cellulare si abbassa a valori inferiori rispetto al potenziale di riposo e poi ristabilire tale valore con l’ausilio della proteina pompa sodio potassio.

Le sinapsi sono interessate da un processo detto plasticità, che comporta la modifica delle interazioni tra neuroni. Tale modifica può risolversi in un potenziamento dei meccanismi di comunicazione o in una depressione degli stessi. Potenziamento e depressione sono legati all’attività di particolari recettori detti metabotropici presenti sulla membrana postsinaptica che, attivandosi all’arrivo di un intenso treno di impulsi elettrici, modificano il numero e l’efficienza dei canali ionici postsinaptici.

Le sinapsi più plastiche del corpo umano sono quelle in cui è attivo il neurotrasmettitore glutammato. I recettori per questo neurotrasmettitore sono sia ionotropici (AMPA e NMDA) che metabotropici (mGluR). I primi generano un potenziale eccitatorio tramite i canali ionici, mentre i secondi, rendendo o meno più efficace l’attività dei canali stessi e aumentandone o diminuendone il numero, potenziano le sinapsi, rese così in grado di rispondere meglio a treni intensi di impulsi, o ne determinano la depressione e il silenziamento.

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1.2. L’apparato locomotore

1.2.1 I muscoli Il sistema muscolare comprende tre tipi di muscoli: striati, lisci e cardiaci. Tutti i muscoli sono

interessati dal meccanismo della contrazione, che è involontaria per i muscoli lisci e cardiaci e volontaria per quelli striati.

La muscolatura striata è caratteristica dei muscoli scheletrici responsabili dei movimenti volontari. Essi sono avvolti da uno strato di tessuto connettivo (l’epimisio) e comprendono fasci di fibre circondati a loro volta da una lamina di connettivo (il perimisio) e costituiti da numerose fibre muscolari, le cellule del sistema muscolare.

Le fibre striate sono cellule lunghe (fino a 30 cm), multinucleate, i cui nuclei si trovano addossati alla membrana cellulare (sarcolemma). Il citoplasma delle fibre è occupato da strutture allungate e cilindriche dette miofibrille, costituite da filamenti proteici sottili di actina e filamenti spessi di miosina.

Figura 3. Organizzazione del muscolo scheletrico

In ogni miofibrilla i filamenti proteici sono organizzati a formare unità strutturali chiamate sarcomeri. La miosina presenta una testa globulare rivolta verso l’esterno del sarcomero, che svolge una funzione essenziale nel meccanismo della contrazione, mentre le catene di monomeri di actina formano a due a due strutture ad elica bloccate dall’azione di due proteine regolatrici: la tropomiosina che avvolge le eliche e la troponina che le punteggia a intervalli regolari.

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1.2.2 La contrazione muscolare

La contrazione muscolare è il risultato del processo che porta alla trasformazione dell’energia chimica derivante dall’ATP in energia meccanica.

Il sarcolemma delle fibre muscolari presenta una regione, la placca motrice, che costituisce con i terminali assonici di un motoneurone, una sinapsi detta giunzione neuromuscolare.

L’impulso, giunto presso il motoneurone sotto forma di potenziale d’azione, provoca il rilascio da parte della membrana presinaptica di vescicole contenenti acetilcolina, che penetrano attraverso il sarcolemma.

L’acetilcolina provoca il rilascio degli ioni calcio immagazzinati nel reticolo endoplasmatico delle fibre muscolari che, legatisi alla troponina, permettono l’esposizione dei siti di legame dell’actina, ai quali possono legarsi le teste globulari della miosina che tirano le molecole di actina verso l’interno del sarcomero causandone l’accorciamento.

Figura 4. Unità motoria

Tramite l’idrolisi delle molecole di ATP la miosina modifica la conformazione della testa, scioglie il legame con l’actina e riprende il processo contrattile ripristinando la propria conformazione iniziale.

La contrazione (accorciamento del sarcomero) termina quando gli ioni calcio liberati dall’acetilcolina vengono riassorbiti e la troponina ricopre nuovamente i siti di legame dell’actina.

Le fibre muscolari innervate da un motoneurone sono dette unità motrici. Essa controlla movimenti fini quando è piccola (rapporto motoneurone /fibre muscolari 1: 3 circa), meno precisi quando è grande (rapporto motoneurone / fibre muscolari 1: 150 circa).

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Le informazioni sulla stato dei muscoli vengono trasmesse al sistema nervoso centrale da due recettori sensoriali: i fusi muscolari e l’apparato tendineo del Golgi.

Figura 5. Rappresentazione schematica delle vie di trasmissione degli impulsi

I fusi muscolari segnalano le variazioni di lunghezza delle fibre muscolari durante la contrazione e lo stiramento. Il treno di impulsi rilasciato dai fusi muscolari è più intenso se i muscoli vengono stirati, mentre viene inibito se contratti.

L’apparato tendineo di Golgi invece rileva e trasmette le informazioni riguardanti lo stato di tensione dei muscoli.

1.3. Il movimento

1.3.1 Il sistema motorio

Il sistema nervoso, grazie alla percezione d'impulsi sensoriali, alla loro elaborazione, integrazione e memorizzazione, dispone il movimento.

Questo non può prescindere dalle informazioni derivanti dai recettori sensoriali; è grazie all'integrazione sensomotoria, infatti, che il corpo si muove e si adatta al contesto di riferimento senza un particolare impegno attentivo e cognitivo.

I sistemi sensomotori interagiscono con il mondo esterno attraverso i movimenti riflessi, automatici e volontari.

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Riflessi: Il riflesso è una risposta involontaria, rapida e stereotipata agli stimoli sensoriali che servono per il mantenimento dell'omeostasi e per la prevenzione da eventuali danni.

Figura 6. Modalità di attivazione del riflesso

Riflessi automatici: Tramite il processo di apprendimento motorio un movimento volontario controllato e perfezionato diventa automatico. Azioni complesse vengono compiute con precisione, economicità e bassi livelli d'attenzione anche contemporaneamente. Il feedback sensoriale permette di adattare i programmi motori attinti dalla memoria procedurale rendendo i gesti automatici di volta in volta rispondenti alle richieste.

Riflessi volontari: Per l'esecuzione di un movimento volontario i riflessi spinali e i centri superiori collaborano.

Illustriamo di seguito le fasi di realizzazione:

• l'acquisizione di informazioni ambientali e personali è permessa da esterocettori, enterocettori e propriocettori;

• l'elaborazione dei dati, la loro comparazione e integrazione con le informazioni della memoria è svolta dalla corteccia somatosensoriale primaria e dalla corteccia parietale posteriore;

• la programmazione del movimento e la scelta dello schema motorio avvengono a livello di corteccia (prefrontale, motoria, sensoriale), di gangli della base, di talamo;

• il controllo posturale, il coordinamento e la sincronizzazione dei movimenti è attuato dalla corteccia (prefrontale, motoria, sensoriale) dei nuclei pontini, del cervelletto, del talamo;

• l'inizio dei movimenti è il risultato della corteccia parietale, posteriore e prefrontale;

• l'esecuzione dei movimenti è realizzata dalle vie discendenti (piramidale e extrapiramidale).

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Il sistema motorio periferico esegue il movimento sotto il controllo del sistema motorio centrale. Il sistema motorio centrale progetta, pianifica e controlla il movimento.

1.3.2 Il sistema motorio centrale

Il sistema motorio centrale si compone di diversi elementi: il midollo spinale, il tronco encefalico, il cervelletto e i nuclei della base, il cervello e la corteccia cerebrale:

• Il midollo spinale: contiene i motoneuroni che innervano le zone limitrofe (tronco e arti) e numerosi interneuroni. Grazie alle afferenze sensoriali i circuiti spinali elaborano sia risposte riflesse (vedi i riflessi), sia schemi motori per azioni finalizzate, sotto la direzione di strutture nervose gerarchicamente sovrastanti.

• Il tronco encefalico: agisce sotto il controllo di cervelletto, nuclei della base e corteccia cerebrale e permette tanto attività riflesse quanto movimenti finalizzati. Contiene i nuclei dei nervi cranici.

• Cervelletto e nuclei della base: collaborano all'organizzazione, al controllo e all'esecuzione motoria.

Il cervelletto è adibito alla coordinazione, all'anticipazione e al timing dei movimenti, così come all'apprendimento motorio. I nuclei della base sono coinvolti dai processi motivazionali e partecipano alla selezione dello schema motorio adeguato. Il cervelletto riceve input sensoriali e, attraverso un'operazione di 'comparazione', controlla che i suddetti input (relativi ad un movimento) siano coerenti con le indicazioni impartite dalla corteccia cerebrale e con gli schemi motori precedentemente appresi. Riformula, se necessario, un nuovo comando per i neuroni inviando segnali alla corteccia o direttamente al midollo spinale.

La corteccia cerebrale invia ai motoneuroni del midollo (che attivano la contrazione) segnali di comando motorio e informa il cervelletto dei movimenti previsti. Gli esecutori materiali del movimento (muscoli, tendini, articolazioni) trasmettono input propriopercettivi al cervello sul loro stato.

Figura 7. Organizzazione del sistema nervoso

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Il cervelletto compara il movimento previsto (le informazioni precedentemente ricevute dalla corteccia) con il movimento reale (gli input propriopercettivi) e con le esperienze pregresse archiviate in memoria. Se vi è una difformità del movimento reale, il cervelletto invia nuovi potenziali al midollo spinale e modifica la stimolazione della corteccia. Invia, quindi, alla corteccia impulsi per modificare l'attività e ricalibrare i dati memorizzati.

La corteccia cerebrale è il livello gerarchico più alto. Raccoglie tutti gli input e li elabora, comparandoli anche alle esperienze pregresse memorizzate.

La corteccia, dunque, permette di eseguire movimenti volontari, di rimodulare il movimento adattandolo al contesto, di rappresentare le sequenze motorie complesse in modo astratto, di dirigere la coordinazione oculomotoria, di monitorare e inibire le attività riflesse.

Il cervello, infine, invia impulsi motori ai muscoli tramite vie discendenti (mediale, laterale, corticospinale) che sono integrate a tutti i livelli con interconnessioni e circuiti a feedback

1.3.3 Modalità operative di controllo del movimento

Il sistema nervoso centrale controlla il movimento e i circuiti nervosi verificano il funzionamento delle strutture. Il sistema di controllo, grazie al continuo flusso di informazioni recettoriali, verifica l'efficienza dei processi e la coerenza tra il progetto di movimento e la realizzazione effettiva. Per far ciò si serve di due modalità operative: il feedback e il feedforward.

• Il feedback: è un parametro di controllo a circuito chiuso ed è efficace nei movimenti a bassa velocità. Utilizza i riscontri sensoriali per modificare il movimento. Il feedback può essere a registrazione negativa (la risposta prodotta inibisce l'effetto dello stimolo) o positiva (la risposta prodotta potenzia lo stimolo).

• Il feedforward: verifica con i sensi cosa richiede l'azione e predispone il movimento attingendo ad esperienze pregresse. È fondamentale per lo svolgimento di azioni ad alta velocità e può modificare i movimenti indotti dai meccanismi a feedback.

1.4. L’apprendimento motorio

L’analisi dell’apprendimento motorio è lo studio delle modalità di acquisizione di nuove abilità motorie da parte dei soggetti. È però necessario definire le abilità motorie. Secondo la definizione di Bennet (1910), ci si trova in presenza di un’abilità motoria quando il movimento raggiunge un livello elevato nelle caratteristiche di economicità (cioè minor sforzo) e velocità. Per padroneggiare determinate abilità motorie si ha dunque bisogno di fare pratica, anche per tempi molto lunghi.

Ma se la pratica ha un ruolo così importante, quali sono gli stadi che intervengono nel processo di apprendimento motorio? Fitts (1964) ne identifica tre: la fase cognitiva, quella associativa, infine quella di automazione.

Nella prima fase vengono prese le decisioni che permettono i primi tentativi di esecuzione del movimento, nella seconda i vari movimenti che compongono la prestazione vengono condensati in un’unica azione, mentre nella terza ha luogo l’automazione dei processi cognitivi sottostanti l’attività motoria.

Vediamo ora più in particolare cosa avviene all’interno dei tre stadi di apprendimento.

1.4.1 Fase cognitiva

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Il modo più diretto per insegnare una data attività motoria a chi nono la conosce è la dimostrazione pratica: durante le prime fasi di apprendimento è infatti molto difficile, se non impossibile, insegnare il movimento attraverso la modalità verbale. Quindi per apprendere un movimento per imitazione è necessario che il movimento venga percepito e memorizzato attraverso l’osservazione e l’azione, così colui che apprende deve individuare e isolare le caratteristiche cruciali del movimento osservato. Mimare il gesto da imparare non è il solo modo per trasferire un’abilità motoria ad un altro soggetto: i compiti motori che hanno nel suono la loro caratteristica principale (come l’esecuzione di brani musicali) possono essere appresi più velocemente se chi deve apprendere viene più volte sottoposto all’ascolto del suono prodotto dal movimento.

Un’ulteriore modalità di insegnamento è quella del movimento guidato: chi deve apprendere è passivamente guidato dall’insegnante durante l’esecuzione del movimento. Sembra comunque che questo tipo fornisca risultati piuttosto modesti, forse a causa della passività a cui il soggetto è costretto.

1.4.2 Fase associativa

Nella prima fase dell’apprendimento l’atto motorio è un insieme di più movimenti in successione. Ciò che avviene durante la fase associativa è dunque la fusione di ogni singolo movimento in un unico insieme che costituisce l’abilità motoria.

Questa fase è dunque contraddistinta da un processo di “compattamento” delle attività motorie. Tale compattamento avviene mediante il trasferimento di abilità contenute in movimenti già appresi ad altri movimenti, non ancora appresi, appartenenti a più generali classi di azioni comuni.

1.4.3 Fase dell’automatizzazione

Per poter capire la fase di automatizzazione bisogna partire da una premessa: secondo la definizione di Poulton (1957), i movimenti possono essere suddivisi in movimenti chiusi e movimenti aperti.

Sono definiti chiusi tutti quei movimenti messi in atto all’interno di un ambiente stabile, dove le variabili sono costanti e quindi predicibili, mentre si hanno movimenti aperti quando il contesto ambientale presenta fattori che possono continuamente variare di numero e di valore e l’ambiente risulta turbolento e non predicibile.

Figura 8. Suddivisione delle attività motorie secondo Poulton

Alcuni movimenti possono essere aperti oppure chiusi anche in dipendenza del livello di abilità di chi li esegue. Un dato movimento può essere definito aperto se durante la sua esecuzione non si è in grado di predirne l’andamento e il valore delle variabili presenti; mentre diviene chiuso quando

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l’autore del movimento (a seguito di un periodo di pratica) è in grado di effettuarlo all’interno di un ambiente divenuto per lui completamente predicibile e controllabile. Il passaggio da movimento aperto a quello chiuso rappresenta, dunque, il processo di automazione del movimento stesso, ovvero la possibilità di effettuarlo in maniera automatica e di dislocare così le risorse ad altri processi di elaborazione.

In base al rapporto tra rappresentazione mentale ed esecuzione materiale dell'azione possiamo definire due differenti classi di teorie sull'apprendimento motorio, quelle a circuito chiuso (rapporto "uno a uno") esemplificate dal modello di Adams, e quelle a circuito aperto (rapporto "uno a molti"), derivanti dal modello di Schmidt.

La teoria di Adams si basa essenzialmente su due strutture, ovvero la traccia mnestica e la traccia percettiva. Il ruolo della traccia mnestica sarebbe quello di selezionare e dare avvio al movimento a seguito di un atto di volontà. Il movimento sarebbe poi controllato e modificato tramite la traccia percettiva, che svolgerebbe la funzione di confronto tra il movimento voluto e quello effettuato. Secondo la teoria di Adams, l'apprendimento motorio si compone di due successivi stadi: lo stadio verbale-motorio e quello motorio. Il primo avrebbe luogo durante i primi tentativi di apprendimento: sarebbe, cioè, caratterizzato da un controllo verbale conscio e da un alto numero di errori di esecuzione, poiché il soggetto non ha ancora avuto sufficiente esperienza delle conseguenze del proprio movimento e deve quindi basarsi sulla percezione dei risultati della propria azione. Con l'aumento della pratica la conoscenza del risultato diviene sempre meno necessaria e la traccia percettiva può formarsi esclusivamente sui feedback di tipo cinestetico. Un tennista esperto, ad esempio, basandosi sulla vibrazione trasmessa dalla racchetta alla mano o sul suono emesso dalle corde della racchetta al contatto con la pallina è in grado di valutare l'efficacia del movimento molto prima che il feedback visivo gli trasmetta la traiettoria impressa alla palla. Raggiunto lo stadio motorio, la traccia percettiva aumenta, si consolida e diviene molto resistente al decadimento. La capacità di guidare una bicicletta può richiedere tempo e fatica per essere appresa, ma una volta ottenuta è pressoché impossibile da cancellare, anche dopo periodi molto lunghi di inattività.

Il modello di Adams suscita due perplessità non trascurabili. In primo luogo, è piuttosto difficile ammettere l'esistenza di tante tracce mnestiche quanti sono i movimenti possibili. Inoltre, se la traccia mnestica è necessaria per iniziare il movimento, ma al tempo stesso si è formata mediante un alto numero di ripetizioni di quel movimento, allora il processo sembra obbedire ad un criterio circolare di difficile comprensione. Va poi aggiunto che la ripetizione di un gesto non è mai la copia esatta di un movimento precedente e quindi, agli effetti della categorizzazione, il secondo è un movimento nuovo. Quante specifiche rappresentazioni di programmi motori o di tracce mnestiche di movimenti possono essere immagazzinate nel sistema nervoso centrale? Se ad ogni programma motorio o ad ogni traccia mnestica corrisponde un unico movimento secondo un rapporto di uno a uno, come è possibile per queste strutture generare nuovi movimenti? La risposta a queste domande viene dalla teoria di Schmidt, che ha sostituito il modello di Adams introducendo il concetto di schema.

Lo schema sarebbe formato da un insieme di principi che fungono da istruzioni per la produzione di una popolazione prototipica di movimenti, regolata di volta in volta da quattro tipi di informazioni motorie che il soggetto immagazzina durante l'esecuzione di ogni movimento: le condizioni di partenza, i parametri specifici, le conseguenze sensoriali e il risultato. In questo modo si sviluppa gradualmente lo schema che sarà tanto più completo e articolato quanto maggiore è stata la variabilità nella fase di formazione. Una volta che si è formato lo schema di una data classe di movimenti, le abilità motorie rappresentate nello schema possono essere trasferite a movimenti nuovi favorendo il processo di apprendimento motorio.

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Figura 9. Schema dell’apprendimento secondo Schmidt

1.5. La mindfulness Definire il concetto di mindfulness (o meditazione) non è semplice, infatti è una pratica che, per

essere compresa, necessita di una sperimentazione in prima persona. Nei paragrafi successivi abbiamo cercato di delineare i principali caratteri della meditazione.

Questa pratica è un addestramento attraverso il quale si ottiene la piena padronanza di se stessi, liberi dal flusso turbolento dei pensieri e delle emozioni. Ciò non deve essere perseguito attivamente durante la seduta di meditazione, ma deve avvenire in modo spontaneo come risultato di una concentrazione attenta e profonda.

Nel caso della meditazione focalizzata sul respiro, è necessario portare la consapevolezza sul respiro. Non bisogna cercare di bloccare o scacciare i pensieri, ma, nel caso in cui ci si accorga di aver perso la concentrazione, è importante recuperarla consapevolmente e a tale scopo può essere utile pronunciare il suono “un” durante l’espirazione.

La meditazione va praticata con regolarità e già, dopo pochi giorni di pratica, si iniziano a manifestare i suoi effetti. Questi sono più grandi tanto più tempo si è dedicato alla meditazione, per la quale sono necessari in primo luogo impegno e determinazione.

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È necessario approcciarsi in modo graduale a tale disciplina, dal momento che le difficoltà maggiori si riscontrano solitamente all’inizio dell’attività. È importante che diventi un’abitudine e riservarsi pochi minuti da dedicarle ogni giorno preferibilmente nello stesso momento della giornata.

Pur essendosi sviluppata in ambito religioso e filosofico, la meditazione non richiede la conoscenza di particolari dottrine o filosofie e non è necessariamente uno strumento di sviluppo spirituale. I praticanti sono infatti sia religiosi che laici ed è stato registrato un generale aumento degli interessati ai benefici che essa può portare.

Nel corso dei secoli si sono sviluppati diversi tipi di meditazione, ognuno dei quali permette di perseguire scopi diversi, ma tutti richiedono la medesima consapevolezza e il medesimo stato di attenzione.

Una delle tecniche più studiate e approfondite dal punto di vista scientifico è l’attenzione focalizzata sul respiro, efficace per il raggiungimento di un buon livello di attenzione e l’equilibrio emotivo: lo scopo è infatti raggiungere effetti a lungo termine sulla percezione, l’attenzione, le emozioni e la comprensione.

Il reale obiettivo della meditazione è la trasformazione interiore, che è il processo in sé. Praticando la meditazione, si pratica la trasformazione interiore.

È importante la pratica costante e quotidiana e soprattutto in ore specifiche della giornata, per esempio è sconsigliabile dopo i pasti, dal momento che la risposta di rilassamento evocata dalla pratica potrebbe interferire con i processi digestivi, e viceversa.

Per quanto riguarda il luogo ideale, esso può essere anche in mezzo alla confusione, sebbene nelle fasi iniziali sia consigliabile scegliere un luogo appartato e tranquillo.

La postura da adottare deve essere comoda, deve poter essere mantenuta senza problemi durante tutto il corso della seduta e deve permettere un’agevole respirazione.

1.5.1 La mindfulness e l’educazione

Di che cosa hanno bisogno gli studenti per avere successo nella vita? La risposta è immediata

e spontanea: una buona educazione. Il successo accademico, obiettivo sottolineato dalla riforma dell'istruzione, è attualmente alla base della coscienza pubblica. I più comuni segni di riferimento del successo accademico includono risultati come l'esecuzione di test, progressi attraverso il sistema educativo e la padronanza della conoscenza di contenuti essenziali.

Tuttavia insegnanti e terapisti, che lavorano con i giovani giorno per giorno e che testimoniano i loro progressi e i loro sforzi, sanno che la meditazione permette non solo di raggiungere un successo meramente professionale, ma soprattutto psicologico e interiore.

I meccanismi coinvolti nella regolazione delle emozioni interagiscono con le funzioni esecutive, quali prendere decisioni, pianificare incontri e valutare opzioni, funzioni che sono coinvolte nello sviluppo della capacità di risolvere problemi durante gli anni prescolastici. Le emozioni supportano le funzioni esecutive solo quando sono ben regolate, ma interferiscono con l'attenzione e quando sono controllate male.

Mindfulness è una modalità di prestare attenzione, uno strumento atto a gestire lo stress attraverso diversi meccanismi. Infatti, prestando attenzione ai pensieri, alle emozioni e alle sensazioni fisiche del presente, senza concentrarsi su eventi negativi del passato, come il ricordo di un grave incidente, o del futuro, come l'apprensione per un evento prossimo. In secondo luogo, l'attenzione su un'esperienza presente aumenta e amplia la concentrazione e permette di svolgere nel miglior modo possibile l'attività alla quale ci si sta dedicando. In terzo luogo, la mindfulness permette di osservare la propria esperienza di vita senza alcun giudizio o valutazione soggettiva. Mindfulness è una capacità che può essere affinata con la pratica, infatti può essere diretta e mantenuta, intenzionalmente e con grande stabilità, su oggetti a nostra scelta. Mindfulness è un modo diverso di usare la mente rispetto alle nostre esperienze quotidiane: il più delle volte infatti bambini e adolescenti usano la loro mente per manipolare idee o concetti, per

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richiamare informazioni del passato, per immaginare circostanze future, per progettare, pianificare, calcolare o programmare.

Queste sono solo alcune delle più importanti funzioni della mente che migliorano e aumentano attraverso l'istruzione. Le facoltà intellettive si sviluppano dunque, come detto in precedenza, con la pratica e hanno diretta rilevanza per la consapevolezza di sé, per un grande autocontrollo e per un bilanciamento emotivo, fondamentale per il benessere del nostro organismo.

Alcuni studi recenti affermano che l'allenamento della meditazione può cambiare la morfologia del cervello e migliorare le capacità dello stesso, in particolare nelle aree relative all'attenzione e alla selezione di risposte. La meditazione a lungo termine era un tempo associata con l'aumento dello spessore corticale. Attualmente l'attenzione è associata alla corteccia frontale e alle aree prossime ad essa. Le aree che mostrano un aumento della materia grigia all'interno dell'ippocampo sinistro, della corteccia cingolata posteriore, della giunzione temporo-parietale e del cervelletto, sono identificate in uno studio che analizza gli effetti di mindfulness in un arco di tempo di 8 settimane. Ci sono due categorie nell’ambito delle pratiche meditative: • l'attenzione meditativa messa a fuoco (FA), che comporta la focalizzazione della meditazione

su un oggetto determinato, come la respirazione; • la meditazione aperta (OM), che prevede il monitoraggio dell'esperienza in ogni momento

della giornata. Coloro che praticano la meditazione regolarmente hanno spesso differenti livelli di competenza in entrambe le categorie. Gli studi hanno dimostrato che le pratiche meditative sono fra le più efficienti metodologie

nell’incremento dell’equilibrio emozionale, attraverso la regolazione dell’attenzione su determinate emozioni. L’attenzione è uno fra i più preziosi strumenti di cui ci serviamo, come di un telescopio, per selezionare, richiamare all’attenzione e amplificare gli stimoli provenienti dalla realtà circostante. Senza la capacità di utilizzare l’attenzione come uno strumento per affinare specifici aspetti della nostra esperienza, ci perderemmo fra le innumerevoli informazioni superflue che confluiscono nel nostro cervello. Pertanto, le informazioni sensoriali, emozionali e mentali vengono filtrate e analizzate attraverso i vari processi che coinvolgono l’attenzione, i quali possono essere regolati in modo automatico, ma anche consciamente. L’ambiente in cui viviamo può naturalmente plasmare le nostre esperienze in senso positivo o negativo. Da ciò si deduce che la capacità più o meno sviluppata di un individuo di influenzare i propri processi intellettivi può determinare le sue conseguenti esperienze emotive e le sue linee di comportamento. Chiaramente esistono delle differenze individuali nella capacità di regolare la propria attenzione, ma recenti studi hanno messo in luce come questa possa essere incrementata attraverso la pratica meditativa frequente. Se l’attenzione può essere allenata, dunque essa può guidare attivamente la regolazione dei processi emozionali individuali e di conseguenza il comportamento, promuovendo, in ultima analisi, il benessere psico-fisico di ciascun soggetto. Ciò significa che l’essere umano è in grado di apprendere come selezionare determinati tipi di emozioni, al fine di ottimizzare le loro esperienze emotive. L’obiettivo di tale processo di regolazione è quello, non solo di accrescere le emozioni positive a scapito di quelle negative, ma anche, in base al contesto esterno, di regolare il desiderio di innescare emozioni negative e fermare il flusso di quelle positive. Pertanto, l’oscillazione fra condizioni positive e negative potrebbe essere cruciale nel definire un efficiente controllo emozionale. A sostegno di ciò, diversi studi hanno dimostrato che mantenere un elevato livello di sentimenti positivi rispetto a quelli negativi conduce a un funzionamento ideale del sistema emotivo dell’individuo. Attraverso le pratiche meditative gli individui imparano a concentrarsi selettivamente e per un tempo prolungato su di un dato elemento, come per esempio il loro stesso respiro, o un suono o, ancora, su uno stimolo visivo. Quando l’attenzione si sposta dall’oggetto della concentrazione, l’individuo si libera dalla distrazione presentatagli da un altro corpo esterno e riporta la propria attenzione sull’elemento al centro del processo meditativo. Quest’ultimo insegna, quindi, a dirigere l’attenzione verso determinate emozioni e sugli effetti di dati sentimenti. Per esempio, meditare su esperienze emozionali positive può prolungare gli effettivi benefici delle stesse, provocando benessere nel soggetto. Tuttavia, meditare eccessivamente tanto su sentimenti negativi, quanto su quelli positivi può portare a un

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disquilibrio psico-fisico, perciò anche la pratica meditativa va effettuata con la consapevolezza degli effetti a cui inevitabilmente conduce.

1.5.2 Mindfulness e adolescenza

In seguito al crescente interesse nelle scuole per gli effetti di mindfulness, sono stati effettuati degli studi per verificare eventuali variazioni nel cambio dello sviluppo neuronale attraverso la suddetta pratica. Questo studio è stato condotto fra ragazzi dai 16 ai 18 anni esaminando gli indici di concentrazione dopo l’allenamento con mindfulness a livello scolastico.

Durante l’adolescenza si verifica un intenso sviluppo della parte frontale del cervello, in particolar modo della corteccia prefrontale e della corteccia cingolata anteriore, che hanno un ruolo di spicco nell’elaborazione dell’errore e nei processi di monitoraggio e controllo dell’attenzione. Proprio a ciò è dovuta l’impulsività dei giovani, che è strettamente collegata all’ancora parziale sviluppo delle regioni cerebrali. Un’eccessiva impulsività è, infatti, associata a una carenza di inibizione a livello cerebrale, processo questo che svolge un ruolo fondamentale nella direzione della nostra attenzione, attraverso cui monitoriamo e controlliamo i processi intellettivi. In merito a questo aspetto, mindfulness si è dimostrata una pratica particolarmente efficiente, accrescendo i livelli di inibizione e sviluppando l’attenzione selettiva negli adulti.

Quando ci si approccia a mindfulness, è necessario ricordare un aspetto: è una pratica millenaria, che rispecchia tradizioni antichissime e che ci permette, se svolta consapevolmente, di riscoprire un tesoro a lungo dimenticato. Soprattutto in Occidente, infatti, le persone hanno perso l’originario legame con le pratiche contemplative o meditative, i cui effetti benefici sulla psiche e sul fisico degli individui sono ora come mai prima evidenti, a causa dei ritmi veloci e stressanti a cui la nostra società è sottoposta. Questa progressiva rapidità è stata favorita da diversi fattori, fra cui la moderna tecnologia e il crescente consumismo, e ha avuto i suoi effetti principali sullo stress stesso degli individui, sulla salute mentale, sulle difficoltà nel dirigere la propria attenzione selettivamente e sulle difficoltà riscontrate nell’educazione. Minfulness, diversamente dalle altre pratiche meditative, influisce sulla consapevolezza, da parte dell’individuo, delle proprie potenzialità psico-fisiche, e può perciò essere descritta sia come una forma di meditazione sia come un modo di vivere. Questa è una capacità che, come tutte le altre, deve e può essere imparata e messa in pratica sino dalla giovinezza. L’attitudine a questo tipo di esercizio mentale ha effetti sull’apertura cognitiva dell’individuo, sulla curiosità e sull’accettazione della realtà che ci circonda, capacità fondamentale nel momento in cui sia necessario assumere un atteggiamento meno reattivo e critico verso i fatti spiacevoli che a ciascun soggetto accadono, sia che questi siano di natura esterna sia che coinvolgano attivamente la nostra interiorità.

Con la mindfulness impariamo a essere attenti a tutto ciò che concerne le nostre esperienze interiori e quelle più specificatamente sensoriali, e lo facciamo in modo relativamente tranquilli. Ciò si spiega con il fatto che siamo concentrati e la nostra mente è libera da altri pensieri insistenti. Senza un adeguato allenamento, invece, la mente umana tende a essere occupata disordinatamente da ogni sorta di pensiero, diventando distratta, incapace di rivolgere la propria attenzione a qualcosa di specifico, pigra, concentrata su avvenimenti passati e al contempo preoccupata e angosciata per il futuro, incapace di reagire con un approccio razionale e logico ad avvenimenti di varia natura. Pertanto, è fondamentale sin dalla tenera età riuscire a sviluppare un metodo efficace per tenere a freno il flusso turbolento e incessante dei propri pensieri, selezionando la propria attenzione e raggiungendo, così, uno stato di ordine ed equilibrio mentale, tale da facilitare l’apprendimento di nuove nozioni.

La maggior parte degli studi di neuroscienza e psicologia nell’ambito di mindfulness parte dalla definizione elaborata da Jon Kabat-Zinn, biologo e medico emerito che ebbe un ruolo cruciale nel trasportare i metodi buddisti di approccio all’allenamento mentale nel contesto secolare di programmi di cura della salute e di interventi psicologici. Egli parla di mindfulness come della “consapevolezza

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che emerge dal concentrare la propria attenzione consapevolmente sul momento presente, e acriticamente sul succedersi delle esperienze individuali momento per momento” (Kabat-Zinn, 2003). Molto interessanti, al di là della pratica stessa, sono i processi di selezione dell’attenzione, che costituiscono il suo fondamento. Nel campo della neuroscienza cognitiva, l’attenzione è comunemente pensata sulla base di tre principali funzioni: la modulazione del coinvolgimento degli impulsi, della prontezza a livello neuronale e dell’attenzione medesima; la funzione della selezione degli stimoli e la funzione del processo di controllo dell’attenzione. Queste tre diverse funzioni sono affidate a diversi sistemi neuronali, che tuttavia sono fra loro interconnesse.

Il processo meditativo si ritiene avvenga su tre livelli: l’esperienza fenomenologica di colui che esegue tale pratica; il processo di concentrazione selettiva dell’attenzione e la funzione affidata al cervello, che supporta questo processo. Al livello fenomenologico colui che pratica la meditazione sarà coinvolto nella pratica, concentrandosi sull’oggetto della sua meditazione, per esempio sulla sensazione dell’aria che entra ed esce dal suo stesso corpo nell’azione di respirare. Durante questa fase di mantenimento dell’attenzione, un ruolo di rilievo sarà svolto dal sistema di allerta. Nel momento in cui, poi, la mente perde la concentrazione dall’oggetto in considerazione, diventerà più attivo il sistema per il recupero della stessa. Il conseguente riporto dell’attenzione sul suo oggetto primario viene raggiunto concentrandosi nuovamente su di esso in modo graduale, attraverso il sistema esecutivo. Questo processo può durare solo pochi istanti, o può essere assai prolungato. A misura che ciascun individuo diventa più esperto, il periodo durante il quale è in grado di rimanere concentrato su uno stesso oggetto aumenta. 2. Scopo dello studio

L o s copo di questo studio è di valutare scientificamente la velocità di apprendimento e la flessibilità, intesa come capacità di adattamento, ad una nuova situazione motoria e/o cognitiva.

3. Materiali e metodi

3.1. I soggetti

Nel progetto sono state coinvolte 6 classi del liceo J. Stellini e 6 del liceo N. Copernico, i soggetti avevano un’età compresa tra i 16 e i 19 anni. Il campione sondato è stato preventivamente analizzato nelle sue caratteristiche per avere un’idea chiara della situazione di partenza ed individuare eventuali variabili esterne in grado di influire sui risultati dei test. E’ stato, pertanto, sottoposto a ciascun soggetto un questionario per verificare: la partecipazione ad una attività sportiva, lo studio di uno strumento musicale, la partecipazione a gare di matematica, la pratica della meditazione, le ore trascorse quotidianamente al computer e, infine, l’arto dominante.

3.2. Il protocollo sperimentale Lo studio sperimentale è stato strutturato in tre fasi:

1. Test iniziali per valutare i soggetti alla condizione iniziale, tempo zero, effettuati tra febbraio e marzo 2016;

2. Suddivisione dei gruppi di lavoro e assegnazione del compito ai vari gruppi; Test finali di valutazione a seguito della fase di sperimentazione, eseguiti nel mese di maggio 2016.

3.2.1 Test di valutazione

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I test utilizzati avevano lo scopo di valutare l’apprendimento di un compito visuo-motorio, la flessibilità cognitiva e la rapidità nel gestire l’attenzione. A tale scopo è stata realizzata una batteria di test che prevedevano:

• prova al computer in grado di valutare sia la velocità di apprendimento che la flessibilità; • prova di abilità nella risoluzione, nel minor tempo possibile, di un problema motorio tramite

uno strumento fornito dalla ditta Microgate; • prova di abilità di risoluzione di una sequenza alfa-numerica.

Test al computer

I test di coordinazione motoria svolti al computer sono stati preparati utilizzando il software “R”, un pacchetto di programmi open access di analisi statistica che è stato appositamente programmato per creare una sorta di esercizio “punta e clicca”. Ai soggetti veniva chiesto di cliccare su una sequenza di 30 punti posti alla medesima distanza l’uno dall’altro; venivano misurate la velocità e la precisone con cui veniva effettuato ciascun clic sui “bersagli” del percorso. I bersagli erano costituiti da punti cerchiati posizionati lungo il percorso su cui i ragazzi dovevano cliccare utilizzando il cursore del mouse. Per valutare l’apprendimento, invece, è stato fatto eseguire un primo percorso con un mouse normale e subito dopo è stato proposto un altro tracciato, sempre di 30 punti, ma da portare a termine servendosi di un mouse i cui assi erano stati invertiti.

Nel test d’entrata, momento zero, i soggetti hanno eseguito un primo percorso con un mouse normale seguito da un altro con il mouse alterato.

Dopo il protocollo di lavoro, i soggetti sono stati ritestati in modo simile al test d’entrata, ma al posto di una sola sequenza di punti con il mouse alterato, è stato chiesto loro di portare a termine 12 percorsi con il mouse modificato. E’ stato proposto, dopo aver completato il primo percorso con il mouse normale e i 12 con il mouse alterato, un ultimo tracciato da eseguire con un mouse normale. L’esecuzione dei 12 percorsi con il mouse alterato ha permesso di valutare la velocità di apprendimento del gesto, mentre la somministrazione di un tracciato con un mouse normale dopo i 12 con mouse alterato aveva l’obiettivo di valutare la flessibilità nel passare da uno schema motorio all’altro.

Figura 10. Test visuo motorio al computer

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Test motorio

Il test motorio aveva lo scopo di valutare la capacità di risposta, in modo adeguato, ad uno stimolo visivo nel minor tempo possibile. A tal fine è stata utilizzata un’apparecchiatura, WITTY-SEM, fornita dalla ditta Microgate.

WITTY-SEM è un sistema di cronometraggio costituito da 8 fotocellule e un cronometro/console per l’impostazione e misurazione dei test.

La prova è stata strutturata nel seguente modo: le 8 fotocellule sono state assicurate alla spalliera, per formare due righe da 4 fotocellule ciascuna, di cui la prima aveva un’altezza da terra di un metro, mentre la seconda riga è stata posta a 179 cm da terra. La distanza orizzontale tra la prima e la seconda fotocellula era di 81,5 cm, mentre tra la seconda e la terza c’era una distanza di 114 cm. Infine la terza e la quarta sono state posizionate a una distanza orizzontale di 81,5 cm. Il soggetto partiva da una distanza, segnata sul terreno, di un metro dalla spalliera. Il compito consisteva nell’individuare la fotocellula recante la lettera “F” maiuscola, e di passarvi sopra la mano, senza toccare la fotocellula, in una sequenza casuale per 8 volte. Al termine del test, il cronometro forniva il tempo totale unitamente al lap.

Figura 11. Test motorio con WITTY SEM (Microgate)

Test logico - matematico

Per valutare le abilità logico matematiche è stato adottato un test che consisteva nell’implementare entro un minuto una sequenza numerica basata su una funzione polinomiale.

Figura 12 test matematico basato sulla funzione: y=(x+2) * (x-2)

-4 -3 0 5 ?

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3.2.2 Protocollo di lavoro I soggetti sono stati suddivisi in 4 gruppi:

1. gruppo di meditazione; 2. gruppo allenamento coordinativo dissociato; 3. gruppo di ascolto musica classica; 4. gruppo di controllo.

Al gruppo di controllo non è stata richiesta l’esecuzione di alcun compito, anzi i ragazzi sono stati invitati a continuare le normali attività di ogni giorno, senza in alcun modo interferire con quelle degli altri gruppi di lavoro.

Gruppo Meditazione

Ai soggetti è stato chiesto di praticare le tecnica di meditazione mindfulness per 20 minuti al giorno, per sei settimane. In sostanza questa tecnica di meditazione prevede un focalizzazione dell’attenzione sul respiro, che deve essere mantenuto libero. In questo modo si prende semplicemente atto dei pensieri e dei suoni provenienti dall’esterno, senza considerarli un ostacolo alla meditazione.

La consapevolezza e il mantenimento dello stato di concentrazione sul respiro possono essere mantenuti utilizzando un’ancora vocale, ovvero il pronunciare mentalmente un suono dolce e rilassante – come “uuun” o “uan” – preferibilmente senza significato.

Al termine di ogni seduta di meditazione, è stato chiesto ai soggetti di compilare un diario per tenere memoria dell’attività svolta. Sono stati presi in considerazione i soggetti che avevano praticato più del 70% delle ore totali assegnate.

Gruppo Allenamento coordinativo dissociato

A questo gruppo di lavoro è stata insegnata una sequenza motoria che implicasse l’utilizzo in modo dissociato di lato destro e lato sinistro, e di arti superiori e arti inferiori.

Per gli arti superiori, si iniziava eseguendo prima una flesso/estensione di un arto verso l’alto, in avanti e verso il basso, mentre contemporaneamente l’altro arto veniva ruotato. Con gli arti inferiori è stato chiesto di eseguire un passo in avanti, uno indietro, uno a destra ed uno a sinistra, ove nel mentre venivano mossi gli arti superiori nel modo descritto sopra.

Inizialmente i soggetti iniziavano eseguendo i soli movimenti degli arti superiori, poi si inserivano i movimenti degli arti inferiori; il tutto si componeva in una sequenza ritmica che doveva essere fatta per 20 minuti al giorno, per sei settimane. Al termine di ogni seduta di esercizi, è stato chiesto ai ragazzi di compilare un diario per tenere memoria dell’attività svolta. Sono stati presi in considerazione i soggetti che avevano praticato più del 70% delle ore totali assegnate.

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Gruppo Ascolto musica classica

Ai componenti del gruppo di ascolto di musica classica è stato chiesto di ascoltare per 20 minuti al giorno, per sei settimane, alcuni brani a scelta. L’ascolto della musica implicava la non esecuzione di altri compiti, ma solo la focalizzazione dell’attenzione sulla musica, affinché questa venisse ascoltata in modo consapevole. Al termine di ogni seduta di meditazione, è stato chiesto ai soggetti di compilare un diario per tenere memoria dell’attività svolta. Sono stati presi in considerazione i soggetti che avevano praticato più del 70% delle ore totali assegnate.

4. Risultati

4.1. Partecipazione I soggetti inizialmente coinvolti sono stati 231: 128 studenti del liceo scientifico “N. Copernico”

e 103 del liceo classico “J. Stellini”. I soggetti erano stati suddivisi equamente, e in modo randomizzato, tra i 4 gruppi ma, soprattutto a causa delle assenze, sono stati riassegnati nel momento in cui i gruppi sono stati istruiti sui compiti: essenzialmente gli assenti sono stati spostati nel gruppo di controllo. La tabella 1 riporta il numero di partecipanti totali e divisi nei quattro gruppi, all’inizio del progetto e quelli che hanno portato a termine almeno il 70 % del compito assegnato (da svolgere individualmente per 6 settimane).

Ingresso programmato (n)

Ingresso effettivo (n)

Termine (n)

Termine (%)

Termine L.S.

Termine L.C.

Controlli 57 79 75 95 % 94 % 96 %

Ascolto musica 58 51 30 59 % 33 % 88 %

Meditazione 58 56 26* 46 % 22 % 69 %

Motorio 58 45 26 58 % 27 % 87 %

Totale 231 231 157 68 % 55 % 83 %

Tabella 1. Ingresso programmato: è il numero di soggetti secondo la ripartizione nei gruppi preventivata. Ingresso effettivo: indica il numero di soggetti secondo la ripartizione nei gruppi realizzata. Termine (n): indica il numero di soggetti che sono stati inclusi per le analisi al termine dello studio. Termine (%): indica la percentuale dei soggetti che abbiamo incluso nelle analisi rispetto a quelli che erano stati effettivamente considerati all’ingresso (dunque rispetto ai numeri riportati nella colonna “Ingresso effettivo”). * Nel gruppo meditazione sono stati inclusi 6 soggetti che si sono dichiarati meditatori abituali: nelle analisi di confronto dei test prima e dopo le settimane di meditazione questi soggetti sono stati esclusi. L.S. = liceo scientifico; L.C. = liceo classico.

Abbiamo analizzato i dati relativi ai test di coordinazione visuo-motoria eseguiti con il mouse, alle sequenze motorie eseguite in palestra e alla risoluzione delle sequenze numeriche dei soggetti che hanno portato a termine almeno il 70 % del compito e che sono stati presenti sia ai test valutativi di ingresso che di fine progetto. Dei gruppi attivi (dunque i non controlli) considerati assieme il 54 % dei partecipanti ha completato il compito. Considerando anche l’istituto scolastico, hanno portato a termine il compito l’80 % dei partecipanti del liceo classico e il 28 % di quelli del liceo scientifico.

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In definitiva, l’analisi di confronto tra test prima e dopo le settimane di pratica del compito individuale ha incluso:

1. Controllo: n = 74; 2. ascolto musica: n = 30; 3. meditazione: n = 17; 4. motorio: n = 26.

4.2. Coordinazione visuo-motoria

I risultati principali relativi alla coordinazione visuo-motoria riguardano:

• l’apprendimento della nuova modalità coordinativa. • il passaggio dalla nuova modalità acquisita alla precedente modalità coordinativa.

4.2.1 Test all’ingresso Già in partenza (test all’ingresso, figura 12) nell’uso del mouse normale i soggetti hanno

mostrato un certo grado di variabilità nella velocità e nell’accuratezza di puntamento ai bersagli lungo il tracciato.

Figura 12. Tempo al clic con il mouse normale prima dell’allenamento di 6 settimane. Sono riportati la media e deviazione standard per ciascun bersaglio del tracciato.

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I quattro gruppi mostrano (figura 13) delle differenze, che tuttavia non risultano statisticamente significative.

Figura 13. Tempo al clic con il mouse normale prima dell’allenamento di 6 settimane per ciascun gruppo. Sono riportati la media e deviazione standard per ciascun bersaglio del tracciato (i dati sono stati raccolti prima dell’attribuzione dei soggetti ai gruppi).

Con il mouse alterato le differenze iniziali tra soggetti sono ancora più evidenti (figura 14) e testimoniano della grande eterogeneità di adattamento ad un compito nuovo.

Figura 14. Tempo al clic con il mouse alterato prima dell’allenamento di 6 settimane. Sono riportati la media e deviazione standard per ciascun bersaglio del tracciato. I dati sono scalati rispetto ai tempi impiegati con il mouse normale (MN).

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Nella figura 14 si può apprezzare come già durante questo primo test (1 singolo tracciato con 30 bersagli da raggiungere) ci sia stato apprendimento: all’inizio del tracciato il tempo al bersaglio (tempo al clic) è stato in media più di 10 volte maggiore che con il mouse normale, mentre alla fine si è ridotto di 4 o 5 volte.

Figura 15. Tempo al clic con il mouse alterato prima dell’allenamento di 6 settimane, per ciascun gruppo. Sono riportati la media e deviazione standard per ciascun bersaglio del tracciato (i dati sono stati raccolti prima dell’attribuzione dei soggetti ai gruppi). I dati sono scalati rispetto ai tempi impiegati con il mouse normale (MN).

Anche in questo caso le differenze tra i gruppi (Figura 15) non risultano essere statisticamente significative: i gruppi all’ingresso sono tra di loro paragonabili.

4.2.2 Apprendimento della nuova modalità coordinativa Usare un mouse il cui comportamento segua una nuova regola non è cosa facile. Con la pratica,

però, si arriva a sviluppare un buon grado di controllo. Come si vede nelle figure 16, 17 e 18, durante l’apprendimento non ci sono differenze apprezzabili tra i vari gruppi per quanto riguarda l’andamento del tempo al bersaglio (tempo al clic). Sebbene possa sembrare che il gruppo che si è allenato quotidianamente con i movimenti dissociati sia più lento nelle fasi iniziali del training, la differenza non risulta rilevante quando valutata statisticamente.

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Figura 16. Apprendimento con il mouse alterato: tempo di risposta per il raggiungimento del bersaglio. E’ riportato il fitting polinomiale del tempo di risposta con il mouse alterato scalato, per ogni soggetto, rispetto al tempo medio di risposta con il mouse normale misurato nel test iniziale. Le curve mostrano l’andamento dell’apprendimento durante i 12 blocchi di allenamento (30 clic per blocco) per ciascuno dei quattro gruppi di soggetti.

Figura 17. Apprendimento con il mouse alterato: tempo di risposta per il raggiungimento del bersaglio. Come per la figura 16, è riportato il fitting polinomiale del tempo di risposta con il mouse alterato scalato, per ogni soggetto, rispetto al tempo medio di risposta con il mouse normale misurato nel test iniziale. A differenza della figura 13 qui è stata prima calcolata la media dei dati per ognuno dei 12 blocchi. Oltre al fitting polinomiale sono riportate la media e la deviazione standard del blocco, per ciascun gruppo di soggetti.

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Dal fitting esponenziale della riduzione del tempo di risposta durante l’apprendimento (Figura 18), oltre ad apparire la maggiore lentezza iniziale del gruppo che ha effettuato quotidianamente l’allenamento dei movimenti dissociati (intercetta a 6, rispetto a 5.1, 5 e 4.6 rispettivamente per i gruppi di controllo e di ascolto della musica e di meditazione) si vede come questo gruppo sia poi più veloce ad apprendere (tempo di dimezzamento 55 clic rispetto a 69, 60 e 62 per gli altri gruppi). Come già detto, però, queste differenze non sono statisticamente significative.

Anche l’abilità sviluppata con la nuova modalità di coordinazione visuo-motoria al termine dei 12 blocchi di training è simile tra i gruppi e in media il tempo al clic risulta essere ancora il doppio rispetto a quello ottenuto con il mouse normale.

Figura 18. Fitting esponenziale del tempo al clic con mouse alterato (scalato, per ogni soggetto, alla media del tempo al clic con il mouse normale misurato nel test iniziale). Il tempo alla risposta si riduce esponenzialmente come effetto dell’apprendimento.

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Figura 19. Apprendimento con il mouse alterato: imprecisione nel raggiungimento del bersaglio. E’ riportato il fitting polinomiale dell’imprecisione con il mouse alterato scalato, per ogni soggetto, rispetto all’imprecisione media con il mouse normale misurato nel test iniziale. Le curve mostrano l’andamento dell’apprendimento durante i 12 blocchi di allenamento (30 clic per blocco) per ciascuno dei quattro gruppi di soggetti.

Figura 20. Apprendimento con il mouse alterato: imprecisione nel raggiungimento del bersaglio. Come per la figura 19, è riportato il fitting polinomiale imprecisione con il mouse alterato scalato, per ogni soggetto, rispetto al tempo medio di risposta con il mouse normale misurato nel test iniziale. A differenza della figura 19 qui è stata prima calcolata la media dei dati per ognuno dei 12 blocchi. Oltre al fitting polinomiale sono riportate la media e la deviazione standard del blocco, per ciascun gruppo di soggetti.

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L’altra variabile che abbiamo considerato per valutare l’apprendimento è stata l’imprecisione al clic (scarto tra il centro del bersaglio e il punto cliccato). In questo caso le differenze tra i gruppi sono evidenti (figure 19 e 20). Per il gruppo di controllo e di ascolto musica l’imprecisione è stata in media circa il 40 % maggiore che con il mouse normale, mentre per il gruppo motorio l’imprecisione è stata solo del 15-20 % maggiore che con il mouse normale. Nel gruppo meditazione, invece, l’imprecisione all’inizio del training è paragonabile a quella del gruppo di controllo ma scende rapidamente ai livelli del gruppo motorio.

Inoltre, in tutti i gruppi, a fronte di un miglioramento della precisione, apprezzabile anche nei gruppi di controllo e di ascolto musica (sebbene più lieve che nei meditatori), si riscontra un progressivo peggioramento della precisione, dovuto forse all’affaticamento che si produce durante lo svolgimento dei dodici tracciati di training (che è durato dai 20 ai 50 minuti, a seconda della velocità del soggetto).

Abbiamo stimato la differenza di precisione tra i gruppi nelle fasi iniziali dell’apprendimento.

Figura 21. Accuratezza nel primo blocco di training con mouse alterato. Stima bayesiana della media del gruppo e delle differenze tra gruppi. Il grafico “a violino” rappresenta il grado di probabilità dei valori riportati sull’asse delle ordinate: a larghezza maggiore corrisponde probabilità maggiore. Sono inoltre riportati l’intervallo di massima densità racchiudente il 93 % della probabilità a posteriori e la mediana della densità di probabilità. I valori sulle ordinate riportano la differenza percentuale dai valori misurati al test di ingresso con il mouse normale.

In figura 21, pannello di sinistra, si può vedere come le stime probabilistiche evidenzino, nel

primo blocco di training, una differenza di circa il 40 % rispetto all’accuratezza con il mouse normale in tutti i gruppi tranne che in quello motorio. Nel pannello di destra si può rilevare che il gruppo motorio si discosta dagli altri gruppi, che invece sono tra loro molto simili.

La probabilità che la media dei vari gruppi sia maggiore nel primo blocco di training rispetto al mouse normale è maggiore del 99.9 % nei controlli, del 99.8 % nel gruppo di ascolto musica, del 96.8 % nel gruppo meditazione e solo del 68.4 % nel gruppo motorio (dunque non molto distante dal 50 % che indicherebbe la totale incertezza circa la differenza). La probabilità che il gruppo motorio sia più accurato dei controlli, del gruppo di ascolto musica e dei meditatori è, rispettivamente, del 97.0 %, 95.1 % e 85.8 % (stime bayesiane con simulazioni di Monte Carlo a catene di Markov).

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Figura 22. Accuratezza nel terzo blocco di training con mouse alterato. Stima bayesiana della media del gruppo e delle differenze tra gruppi. Il grafico “a violino” rappresenta il grado di probabilità dei valori riportati sull’asse delle ordinate: a larghezza maggiore corrisponde probabilità maggiore. Sono inoltre riportati l’intervallo di massima densità racchiudente il 93 % della probabilità a posteriori e la mediana della densità di probabilità. I valori sulle ordinate riportano la differenza percentuale dai valori misurati al test di ingresso con il mouse normale.

Già al terzo blocco di training con il mouse alterato, però, le cose sono cambiate: l’inferenza

probabilistica stima che per il gruppo di meditatori, così come per quello motorio, non ci sia differenza rispetto all’accuratezza con il mouse normale, mentre il gruppo di controllo e di ascolto musica rimangono con un’imprecisione superiore del 30 % rispetto al mouse normale (Figura 22), pannello di sinistra). Nel pannello di destra della Figura 22 è riportata la stima per le differenze tra i gruppi al terzo blocco di training. Si può notare come, in quanto a precisione nell’esecuzione del compito, il gruppo di ascolto musica sia simile al gruppo di controllo mentre il gruppo mediazione sia simile al gruppo motorio.

La probabilità che la media dei vari gruppi sia maggiore nel terzo blocco di training rispetto al mouse normale è del 99.8 % nei controlli, del 99.0 % nel gruppo di ascolto musica, del 73.4 % nel gruppo meditazione e solo del 45.3 % nel gruppo motorio. La probabilità che il gruppo motorio sia più accurato dei controlli, del gruppo di ascolto musica è, rispettivamente, del 95.7 %, 95.3 %, mentre è scesa al 60.4 % nei confronti dei meditatori indicando che i due gruppi hanno lo stesso grado di imprecisione (stime bayesiane con simulazioni di Monte Carlo a catene di Markov).

4.2.3 Passaggio da una modalità coordinativa all’altra La nuova modalità coordinativa (mouse alterato) risulta essere in conflitto con quella abituale

(mouse normale), Questo comporta che avere imparato ad usare il mouse alterato interferisce con il controllo del mouse normale che può essere riscontrato nell’aumento dei tempi di raggiungimento dei bersagli. Abbiamo dunque voluto stimare la velocità di recupero dell’uso del mouse normale dopo i 12 blocchi in cui i soggetti avevano imparato a usare il mouse alterato.

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Figura 23. Mouse normale: recupero dall’interferenza. Tempo di risposta per il raggiungimento del bersaglio. E’ riportata la media per ogni bersaglio e il fitting polinomiale del tempo di risposta scalato, per ogni soggetto, rispetto al tempo medio di risposta con il mouse normale misurato nel test iniziale. Le curve mostrano, per ciascuno dei quattro gruppi, l’andamento del recupero durante il tracciato (30 clic) eseguito con il mouse normale dopo il training con il mouse alterato.

Come si può vedere nelle figure 23, 24 e 25, inizialmente, a causa dell’interferenza, il tempo al clic con il mouse normale è aumentato in tutti i gruppi rispetto al test di ingresso. L’incremento stimato più probabile è +29 % per i controlli, +11 % per il gruppo di ascolto della musica, +97 % per i meditatori e +131% per il gruppo motorio (stime bayesiane con simulazioni di Monte Carlo a catene di Markov). Per tutti i gruppi è altamente probabile che il tempo al clic sia superiore rispetto al test di ingresso (probabilità del 99.9 % per i controlli, del 93.7 % per il gruppo musica, del 97.9 % per i meditatori e del 99.5 % per il gruppo motorio).

Figura 24. Mouse normale: recupero dall’interferenza. Tempo di risposta per il raggiungimento del bersaglio. E’ riportata la media per ogni bersaglio, la deviazione standard e il fitting polinomiale del tempo di risposta scalato, per ogni soggetto, rispetto al tempo medio di risposta con il mouse normale misurato nel test iniziale. Le curve mostrano, per ciascuno dei quattro gruppi, l’andamento del recupero durante il tracciato (30 clic) eseguito con il mouse normale dopo il training con il mouse alterato.

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Si notano anche differenze tra i gruppi, sia per quanto riguarda il tempo al clic all’inizio del tracciato (fa meglio il gruppo di ascolto musica, seguito dai controlli, gruppo meditazione e infine gruppo motorio, anche se la dispersione dei dati dei meditatori e del gruppo motorio rende più incerte le stime – si veda la Figura 24) sia per quanto riguarda la velocità di recupero. Il dato sul gruppo motorio è in linea con quanto rilevato all’inizio del training con il mouse alterato: questi soggetti sono inizialmente più lenti rispetto agli altri gruppi. Ma, come nel training con il mouse alterato, sono comunque capaci di apprendere, arrivando alla fine a risultati paragonabili a quelli degli altri gruppi (anche se sono ancora leggermente più lenti), dunque recuperando più rapidamente lo svantaggio iniziale.

L’altro aspetto che emerge (Figure 23, 24 e 25) è che il gruppo che per primo raggiungeva una velocità di esecuzione del compito paragonabile a quella pre-interferenza (test all’ingresso) è quello dei meditatori, mentre il gruppo che ha impiegato più tempo a recuperare è stato quello di controllo, che pur partendo da valori iniziali migliori (maggiore velocità) rispetto ai meditatori e al gruppo motorio migliora più lentamente: il dimezzamento (T½) della velocità avviene in 2.2 clic rispetto a 0.87 nei mediatori e 0.72 nel gruppo motorio. Il gruppo di ascolto musica, come detto, parte da valori di tempo al clic inferiori rispetto agli altri gruppi e mostra una velocità di recupero intermedia (T½ = 1.4) tra i gruppi che imparano velocemente (meditatori e gruppo motorio) e i controlli (Figure 26 e 27).

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Figura 25. Mouse normale: fase di recupero dall’interferenza. Stima bayesiana delle medie dei gruppi (pannelli a sinistra) e delle differenze tra gruppi (pannelli a destra). Il grafico “a violino” rappresenta il grado di probabilità dei valori riportati sull’asse delle ordinate: a larghezza maggiore corrisponde probabilità maggiore. Sono inoltre riportati l’intervallo di massima densità racchiudente il 93 % della probabilità a posteriori e la mediana della densità di probabilità. Nei pannelli a sinistra i valori sulle ordinate riportano la differenza percentuale dai valori misurati al test di ingresso con il mouse normale; nei pannelli a destra i valori sulle ordinate riportano la differenza di punti percentuali tra gruppi. Notare la differenza di scala tra i vari pannelli.

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Nella Figura 26 si può notare la stima del tempo al clic durante varie fasi del percorso di recupero. In particolare possiamo rilevare come ai primi 2 clic meditatori e gruppo motorio fossero nettamente più lenti rispetto ai controlli e al gruppo musica; i dati dei tempi ai bersagli 5, 6 e 7 sono stati mediati tra loro e mostrano come i meditatori, a differenza del gruppo motorio, abbia raggiunto un livello prossimo a quello rilevato durante il test all’ingresso; ai bersagli tra il 10° e il 13° tutti i gruppi hanno raggiunto i tempi che avevano all’ingresso, e i meditatori risultano addirittura più veloci (la stima più probabile è una riduzione del tempo di risposta di circa il 13 %).

Figura 26. Mouse normale, recupero dall’interferenza: fitting esponenziale e suoi parametri per i quattro gruppi.

4.3. Altri test

Per quanto riguarda le sequenze motorie eseguite in palestra e la risoluzione delle sequenze numeriche non si sono evidenziate differenze tra i gruppi rispetto ai controlli prima e dopo le settimane di allenamento.

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Figura 27. Mouse normale, recupero dall’interferenza: fitting esponenziale e suoi parametri per i quattro gruppi. Sono gli stessi dati della figura 26 ma la scala sull’asse delle ordinate è stata espansa per permettere di apprezzare l’andamento della curva di fitting.

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3. Discussione e conclusioni I gruppi all’ingresso erano molto simili (le differenze non sono statisticamente rilevanti); inoltre

i paragoni tra gruppi sono stati fatti sulle differenze post-pre (test finale rispetto a test d’ingresso) di ogni soggetto. Possiamo quindi affermare che i risultati ottenuti sono imputabili agli esercizi assegnati ai vari gruppi e svolti singolarmente per le 6 settimane richieste.

Come abbiamo visto, allenarsi praticando movimenti dissociati, ascoltare musica classica in modo dedicato o praticare la meditazione non sembrano portare vantaggi sulla velocità di apprendimento di un nuovo compito di coordinazione visuo-motoria per quanto riguarda la velocità di esecuzione del compito. Queste pratiche sembrano avere invece effetti diversi sull’accuratezza della coordinazione: coloro che si sono allenati con gli esercizi motori dissociati e coloro che hanno meditato hanno raggiunto risultati migliori nell’accuratezza sia rispetto al gruppo di controllo che rispetto al gruppo che ha ascoltato la musica (ascoltare musica non ha portato vantaggi rispetto al gruppo di controllo). Il gruppo che ha seguito l’allenamento motorio è stato da subito più accurato, il gruppo meditazione lo è diventato rapidamente.

Abbiamo riscontrato effetti sulla velocità di esecuzione del compito nel passaggio al mouse normale dopo che i soggetti avevano appreso ad usare il mouse alterato (fase di recupero). Il nuovo compito appreso è in contrasto con la coordinazione necessaria per il controllo del mouse normale. Quello che si osserva è un peggioramento del controllo motorio con il mouse normale rispetto al test di ingresso. Il gruppo che, all’inizio del recupero, presentava il tempo di risposta minore (dunque la migliore coordinazione) è stato quello di ascolto musica seguito, nell’ordine, dal gruppo di controllo, dai meditatori e dal gruppo motorio. Questo è un dato interessante, anche se di non chiara interpretazione; potrebbe indicare che il gruppo motorio e quello che ha meditato hanno aderito maggiormente alla nuova modalità appresa (mouse alterato) e dunque impiegano più tempo a posizionare correttamente il mouse sui primi bersagli lungo percorso. Tuttavia questi due gruppi sono anche i più veloci a recuperare e, anzi, i meditatori sono i più rapidi a tornare ai livelli pre-interferenza. Interessante è anche notare il recupero dei controlli, che è il più lento tra tutti i gruppi.

Non abbiamo invece rilevato differenze tra i gruppi per quanto riguarda l’accuratezza durante il recupero.

Parimenti, non abbiamo riscontrato differenze tra i gruppi né nel test di risoluzione della sequenza matematica né nel test motorio eseguito in palestra. Le spiegazioni possono essere due: o gli effetti non ci sono stati oppure le misure effettuate o il modo in cui i test sono stati condotti non permettono di rilevare le differenze: potrebbero essere stati test troppo semplici per riuscire a misurare gli effetti eventuali.

Una considerazione da fare riguarda l’impegno dei soggetti nel portare avanti la pratica quotidiano del compito assegnato. La meditazione è stata la pratica con il maggior numero di abbandoni (55 %, che sale al 60 % se si esclude chi già meditava regolarmente). Tuttavia anche per gli altri due gruppi “attivi” il numero di abbandoni è stato alto (superiore al 40 %). Questo mette in evidenza due aspetti: inanzitutto, nonostante la meditazione sia di per sé un compito semplice da svolgere, risulta difficile praticarlo con continuità; in secondo luogo, per ottenere risultati migliori bisogna avere una forte motivazione.

Proprio l’abbandono da parte dei soggetti costituisce un limite di questo studio in quanto la numerosità dei gruppi usati per le stime ed i confronti non è molto alta, come invece il numero di soggetti reclutati faceva sperare.

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Per quanto riguarda gli effetti rilevati nei test sulla coordinazione visuo-motoria (mouse), possiamo notare come la meditazione e l’ascolto della musica siano compiti aspecifici rispetto al controllo del movimento, mentre gli esercizi di movimento dissociato, anche se di tipologia diversa rispetto alle prove effettuate con il mouse nei test, allenano specificamente il controllo e la coordinazione motoria. Anche l’ascolto della musica e la meditazione sembrano aiutare, sebbene in maniera tra loro differenti, la coordinazione visuomotoria.

Questi dati suggeriscono che “la concentrazione” – una pratica che richiede attenzione disgiunta dal fare – aumenta la motivazione, l’attenzione e l’impegno durante i test e che quindi a aiutato i soggetti a “stare sul compito”. Per quanto riguarda la meditazione si sa che la sua pratica sviluppa la mindfulness, cioè la capacità a stare nel momento presente con un atteggiamento non giudicante. D’altra parte si sa che la rigidità nel affrontare un problema o un compito difficoltoso rende più difficile trovare nuove soluzioni, cosa richiesta per passare da una modalità coordinativa ad un’altra. L’ansia e il tentativo di controllo aumentano la rigidità e la meditazione riduce entrambi questi aspetti, aumentando l’adattabilità. Questo è stato dimostrato per compiti cognitivi, ma quelli qui riportati sono i primi dati su compiti motori e di abilità e potrebbero fornire ulteriori indizi sul miglioramento della prestazione in atleti che praticano la meditazione.

I risultati di questa ricerca rinforzano quello che suggeriscono i dati raccolti in diversi studi: l’ascolto della musica e soprattutto la meditazione sembrerebbero fornire delle capacità di base “spendibili” in vari ambiti, grazie all’esercizio dell’attenzione e grazie all’allenamento ad essere nel momento presente, con ricadute sulla gestione delle emozioni e sull’adattabilità.

In definitiva ciò che sembra emergere è che la pratica della meditazione principalmente, ma anche l’allenamento di capacità coordinative complesse e l’ascolto della musica possano aiutare, in misura diversa, ad aumentare la flessibilità nel passare da uno schema coordinativo all’altro. Questo può avere delle ricadute sia in ambito sportivo, soprattutto negli sport di situazione, in cui è determinate adattarsi in modo rapido e fluido al mutare del contesto, ma anche nella vita quotidiana. Gli effetti riguarderebbero sia la gestione dello stress che i risultati scolastici.

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