Progetto EDUCARE ALLA SCIENZA 2009/2010 · insegnanti hanno partecipato a una visita dedicata...

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Associazione Didattica Museale c/o Museo Civico di Storia Naturale - Corso Venezia, 55 20121 Milano Tel. 02 884 63 289/293 Fax 02 7602 2101 www.assodidatticamuseale.it [email protected] Progetto EDUCARE ALLA SCIENZA 2009/2010 Restituzione del lavoro svolto durante la seconda giornata del corso di formazione per i docenti che partecipano al Progetto EDUCARE ALLA SCIENZA presso il Museo di Storia Naturale di Milano nell’anno scolastico 2009/2010. SECONDA GIORNATA 22 marzo 2010 _ ore 9:30-16:30 _ al Biolab e/o Paleolab SINTESI DELL’INCONTRO Durante la seconda giornata di formazione gli insegnanti hanno lavorato suddivisi nei tre gruppi tematici, al Biolab e/o al Paleolab, svolgendo esperimenti e attività ludico-didattiche inerenti al percorso scelto. Segue la restituzione delle attività svolte da ciascun gruppo. Gruppo ANATOMIA E FISIOLOGIA COMPARATA DEI VERTEBRATI Le attività della mattinata si sono svolte al Biolab. Dopo una breve presentazione del laboratorio, gli insegnanti hanno partecipato a una visita dedicata all’anatomia comparata dei vertebrati. I docenti, seguiti da tutor, hanno utilizzato gli exhibit, sperimentato e, in alcuni casi, giocato. Molti sono stati gli argomenti affrontati: apparato circolatorio, respiratorio, digerente; la frequenza del battito cardiaco legata al metabolismo, argomento approfondito con l’utilizzo della termo-camera; l’anatomia dell’occhio e la visione dei colori. La termo-camera, così come gli exhibit che indagano il processo della visione, i colori e i fenomeni luminosi, fanno parte dei nuovi allestimenti del Biolab, rappresentano un arricchimento rispetto alle passate edizioni di EST e sono stati progettati e realizzati appositamente per i progetti educativi 2009/2010. Alla fine del percorso, durato circa due ore, i docenti insieme ad un esperto hanno potuto osservare l’utilizzo della lavagna interattiva multimediale e verificare come questa tecnologia possa essere di aiuto nella didattica. Il pomeriggio al Paleolab è stato dedicato ad una serie di esperienze che i docenti potranno ripetere in classe, utilizzando le schede contenute del quaderno che verrà dato in dotazione ad ogni classe. Gli insegnanti si sono divisi in gruppi di 4-5 attorno ai tavoli, su cui venivano posizionati di volta in volta, a seconda dell’esperienza da condurre, alcuni strumenti e materiali. Nessun esperimento è stato spiegato prima di essere effettuato , ma si è sempre partiti dall’osservazione, sollecitando in tal modo le domande e il dibattito su quanto stava avvenendo. Come abbiamo ripetuto molte volte, infatti, nella sperimentazione scientifica non è fondamentale che le cose accadano come ci aspettiamo, anzi, a volte riflettere e discutere insieme ai ragazzi sulle cause per cui un esperimento non è riuscito, o meglio non si è svolto come previsto, può portare ad una comprensione molto più profonda e radicata del fenomeno. In ogni caso, l’esperimento non deve essere “letto” prima di essere “fatto”, perché in questo caso l’alunno si aspetterà, e darà per scontato, che le cose succedano esattamente come’è scritto sul libro di testo o sulla scheda e, se ciò avviene, non ne sarà particolarmente colpito, mentre se non avviene penserà solo che non si sono seguite bene le istruzioni, perdendo di vista il vero scopo della sperimentazione, che è capire perché e come si verifica un fenomeno, che sia quello “previsto” o meno.

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Associazione Didattica Museale c/o Museo Civico di Storia Naturale - Corso Venezia, 55 20121 Milano Tel. 02 884 63 289/293 Fax 02 7602 2101 www.assodidatticamuseale.it [email protected]

Progetto EDUCARE ALLA SCIENZA 2009/2010

Restituzione del lavoro svolto durante la seconda giornata del corso di formazione per i docenti che partecipano al Progetto EDUCARE ALLA SCIENZA presso il Museo di Storia Naturale di Milano nell’anno scolastico 2009/2010.

SECONDA GIORNATA 22 marzo 2010 _ ore 9:30-16:30 _ al Biolab e/o Paleolab SINTESI DELL’INCONTRO Durante la seconda giornata di formazione gli insegnanti hanno lavorato suddivisi nei tre gruppi tematici, al Biolab e/o al Paleolab, svolgendo esperimenti e attività ludico-didattiche inerenti al percorso scelto. Segue la restituzione delle attività svolte da ciascun gruppo. Gruppo ANATOMIA E FISIOLOGIA COMPARATA DEI VERTEBRATI

Le attività della mattinata si sono svolte al Biolab. Dopo una breve presentazione del laboratorio, gli insegnanti hanno partecipato a una visita dedicata all’anatomia comparata dei vertebrati. I docenti, seguiti da tutor, hanno utilizzato gli exhibit, sperimentato e, in alcuni casi, giocato. Molti sono stati gli argomenti affrontati: apparato circolatorio, respiratorio, digerente; la frequenza del battito cardiaco legata al metabolismo, argomento approfondito con l’utilizzo della termo-camera; l’anatomia dell’occhio e la visione dei colori. La termo-camera, così come gli exhibit che indagano il processo della visione, i colori e i fenomeni luminosi, fanno parte dei nuovi allestimenti del Biolab, rappresentano un arricchimento rispetto alle passate edizioni di EST e sono stati progettati e realizzati appositamente per i progetti educativi 2009/2010. Alla fine del percorso, durato circa due ore, i docenti insieme ad un esperto hanno potuto osservare l’utilizzo della lavagna interattiva multimediale e verificare come questa tecnologia possa essere di aiuto nella didattica. Il pomeriggio al Paleolab è stato dedicato ad una serie di esperienze che i docenti potranno ripetere in classe, utilizzando le schede contenute del quaderno che verrà dato in dotazione ad ogni classe. Gli insegnanti si sono divisi in gruppi di 4-5 attorno ai tavoli, su cui venivano posizionati di volta in volta, a seconda dell’esperienza da condurre, alcuni strumenti e materiali. Nessun esperimento è stato spiegato prima di essere effettuato, ma si è sempre partiti dall’osservazione, sollecitando in tal modo le domande e il dibattito su quanto stava avvenendo. Come abbiamo ripetuto molte volte, infatti, nella sperimentazione scientifica non è fondamentale che le cose accadano come ci aspettiamo, anzi, a volte riflettere e discutere insieme ai ragazzi sulle cause per cui un esperimento non è riuscito, o meglio non si è svolto come previsto, può portare ad una comprensione molto più profonda e radicata del fenomeno. In ogni caso, l’esperimento non deve essere “letto” prima di essere “fatto”, perché in questo caso l’alunno si aspetterà, e darà per scontato, che le cose succedano esattamente come’è scritto sul libro di testo o sulla scheda e, se ciò avviene, non ne sarà particolarmente colpito, mentre se non avviene penserà solo che non si sono seguite bene le istruzioni, perdendo di vista il vero scopo della sperimentazione, che è capire perché e come si verifica un fenomeno, che sia quello “previsto” o meno.

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Le esperienze compiute sono state di due tipi: 1. esperimenti per riprodurre e comprendere alcuni fenomeni fisiologici 2. costruzione di semplici modelli di organi o di strumenti

Gli operatori/tutor, hanno condotto le attività mostrando visivamente le varie fasi di preparazione. Le attività hanno riguardato principalmente l’apparato respiratorio e il circolatorio, e in un caso anche l’apparato scheletrico. Gli insegnanti hanno interagito positivamente, riflettendo e confrontandosi sui possibili spunti per ampliare in classe le attività proposte. Nel complesso è stato un pomeriggio intenso, che ha richiesto il massimo impegno da parte di tutti. Riportiamo di seguito i contenuti delle schede distribuite al gruppo di anatomia, per chi, degli altri due gruppi, desiderasse usufruirne. Di che cosa sono composte le mie ossa? ESPERIENZA: Analizziamo la composizione delle ossa CHE COSA SERVE: � 2 ossa di coniglio � acido muriatico � 1 barattolo da conserva con tappo � 1 capsula petri � pinzetta � pinza lunga � cucchiaino in metallo � candela scaldavivande � accendino � guanti in lattice COME PROCEDERE: Dopo aver indossato i guanti immergere, utilizzando la pinzetta, un osso di coniglio nel barattolo contenente una soluzione concentrata di acido muriatico. Lasciarvelo immerso per mezz'ora e poi estrarlo. Nello stesso tempo porre l'altro osso sulla fiamma della candela tenendolo con una pinza lunga. Lasciare l'osso sulla fiamma finché scomparirà lo sgradevole odore di corno bruciato. Appoggiare sulla capsula petri le due ossa sottoposte ai due diversi trattamenti e confrontarne la consistenza al tatto; provare infine a percuoterle con un cucchiaino. RISULTATI ATTESI: L'osso estratto dal bagno di acido muriatico ha una consistenza “gommosa” e sembra infrangibile, l’osso posto sulla fiamma ha una consistenza rigida ma tanto fragile da rompersi se percosso dal cucchiaino. SPIEGAZIONE: Le ossa sono composte da proteine e sali minerali. Ponendo l’osso in acido muriatico i sali minerali vengono sciolti ma rimangono integre le proteine quali l’osteina, prima responsabile dell’elasticità delle ossa scheletriche. Sottoponendo l’osso a combustione, vengono bruciate le parti proteiche e l’osteina, mentre rimangono integri i sali minerali che conferiscono alla struttura rigidità ma scarsa coesione. Come diffonde l’acqua? ESPERIENZA: Dimostriamo il fenomeno dell’osmosi CHE COSA SERVE: � due fette di patata � sale � acqua � due vaschette

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COME PROCEDERE: Riempire di acqua le vaschette e immergere in ognuna una fetta di patata. In una delle due vaschette aggiungere due cucchiai di sale e attendere per circa trenta minuti. RISULTATI ATTESI: Nella vaschetta contenente sale la fetta di patata risulta aver perso la sua consistenza, mentre la fetta di patata immersa in acqua semplice risulta turgida. SPIEGAZIONE: L’osmosi, dimostrata da questo esperimento, è un fenomeno fisico per cui due liquidi che hanno concentrazioni diverse e sono separati da una membrana semipermeabile tendono a equilibrare le proprie concentrazioni: l’acqua attraversa quindi nei due sensi la membrana semipermeabile, qui rappresentata dalle cellule della patata, andando a diluire la soluzione più concentrata. Che cosa contengono i polmoni? ESPERIENZA: Dimostriamo la presenza di aria nei polmoni CHE COSA SERVE:un piccolo pezzo di polmone di manzo � un piccolo pezzo di muscolo di manzo � acqua di rubinetto � 1 becher � pinzetta � capsula petri � guanti in lattice COME PROCEDERE: Immergere il pezzo di polmone e il pezzo di muscolo di manzo in un becher con acqua e osservarne il comportamento. RISULTATI ATTESI: Il frammento di polmone galleggia nell'acqua perché contiene aria ed ha quindi un peso specifico inferiore a quello dell'acqua. SPIEGAZIONE: La superficie respiratoria è la zona dove avviene lo scambio gassoso tra l'aria (che fornisce l'ossigeno e recupera l'anidride carbonica) e i capillari (che acquistano l'ossigeno e cedono l'anidride carbonica). I polmoni dei mammiferi hanno una superficie respiratoria amplissima, data dalla presenza di miliardi di alveoli che contengono aria. Quanta aria sta nei miei polmoni? ESPERIENZA: Misuriamo la nostra capacità polmonare CHE COSA SERVE: � 1 grossa bacinella � 1 bottiglia di plastica da 2 l � 1 cannuccia grossa con snodo � pennarello indelebile � acqua di rubinetto COME PROCEDERE: Riempire la bacinella d’acqua. Riempire completamente d'acqua la bottiglia e capovolgerla rapidamente nella bacinella. Segnare con il pennarello indelebile il livello iniziale dell'acqua nella bottiglia.

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Infilare l'estremità curva della cannuccia nella bottiglia. Tappare il naso, inspirare a pieni polmoni e poi, sempre con il naso tappato, soffiare nella cannuccia con la massima forza possibile. RISULTATI ATTESI: La bottiglia si riempie in parte di aria e il livello dell'acqua in essa contenuta scende, mentre si alza quello della bacinella. Ognuno di noi farà scendere il livello in modo diverso. SPIEGAZIONE: Questa esperienza permette di misurare la capacità polmonare. L'aria che esce dai nostri polmoni entra nella bottiglia attraverso la cannuccia, ed essendo più leggera dell'acqua sale, spingendo al di fuori della bottiglia la stessa quantità d'acqua. Che cosa c’è nell'aria che espiro? ESPERIENZA: Rileviamo l'anidride carbonica nell'aria espirata CHE COSA SERVE: � blu di bromotimolo (BBT) � contagocce � 1 cannuccia con snodo � 1 cannuccia corta � 2 becher � acqua gasata � acqua di rubinetto � pompa per gonfiare palloncini COME PROCEDERE: In un becher contenente acqua del rubinetto aggiungere qualche goccia di blu di bromotimolo; fare il confronto con un secondo becher contenente acqua gasata. Soffiare aria atmosferica, utilizzando la pompa e la cannuccia corta, nel becher contenente acqua di rubinetto facendola gorgogliare. Ora nello stesso becher far gorgogliare l'acqua soffiando direttamente con la bocca nella cannuccia con lo snodo e osservare. RISULTATI ATTESI: Aggiungendo blu di bromotimolo l'acqua che riceve solo aria atmosferica si tingerà di blu. L'acqua che riceve aria espirata diventerà progressivamente gialla. SPIEGAZIONE: Il blu di bromotimolo è un indicatore di pH: in ambiente acido vira al giallo. Nell'aria che espiriamo, l'anidride carbonica reagisce con le molecole d'acqua, formando acido carbonico, che abbassa il pH della soluzione. Come respiro? ESPERIENZA: Costruiamo un polmone funzionante CHE COSA SERVE: � 2 palloncini piccoli � 1 palloncino più grande � una bottiglietta di plastica con il tappo forato � 1 snodo triplo a Y (diam. 0,6 cm) � 1 tubo in plastica di 20 cm (diam 0,8 cm) � scotch � forbici con la punta COME PROCEDERE:

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Gonfiare i palloncini una volta per renderli più morbidi. Attaccare allo snodo triplo due palloncini fissandoli con lo scotch. Tagliare il fondo della bottiglia di plastica, e inserire un pezzo di tubo di plastica nel tappo forato. Collegare l'estremità libera dello snodo al tubo in plastica. Con il palloncino più grande tagliato a metà chiudere il fondo della bottiglia e fissare con lo scotch. RISULTATI ATTESI: I palloncini rappresentano i polmoni, la bottiglia rappresenta la cassa toracica e il palloncino più grande è il diaframma. Una volta costruita la nostra cassa toracica con i due polmoni proviamo a premere il "diaframma": i palloncini si schiacciano. Al contrario, se tiriamo in basso il "diaframma" i palloncini si gonfiano. SPIEGAZIONE: Durante l'inspirazione (immissione di aria) i "polmoni" si riempiono di aria perché, abbassandosi il diaframma, diminuisce la pressione all'interno della cassa toracica, i polmoni si dilatano, attirando aria dall'esterno. Come funziona il mio sistema circolatorio? ESPERIENZA: Costruiamo il cuore di un mammifero CHE COSA SERVE: � bicchierini di plastica � pennarello indelebile � fili di colore blu e rosso � frecce plastificate con fori � forbici � pinzatrice COME PROCEDERE: Utilizzare due coppie di portauova e forarne le estremità. Dai fori della coppia di sinistra far passare il filo blu, da quelli della coppia di destra il filo rosso e fissare poi la parte superiore del portauovo con quella inferiore utilizzando la pinzatrice. Annodare alla freccia “POLMONI” il capo del filo blu che esce da sotto il suo portauovo e il capo del filo rosso che esce da sopra l'altro portauovo; allo stesso modo annodare gli altri due capi dei fili blu e rosso alla freccia “TESSUTI”. Segnare con il pennarello “destra” e “sinistra” sulle due coppie di portauova ricordando che il modello deve essere osservato frontalmente. RISULTATI ATTESI: Ecco costruito un semplice modello della circolazione doppia e completa, posseduta da uccelli e mammiferi. SPIEGAZIONE: I due portauova rappresentano rispettivamente la parte destra e la parte sinistra del cuore: le metà superiori corrispondono ai due atrii e quelle inferiori ai due ventricoli. Il filo blu rappresenta il sangue povero di ossigeno, quello rosso il sangue ricco di ossigeno. Il filo blu proviene dai tessuti di tutto il corpo e, dopo aver attraversato il cuore, va nei polmoni ad ossigenarsi. Da lì parte il filo rosso, che riattraversa il cuore per venire pompato verso i tessuti di tutto il corpo.

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Come posso sentire il mio battito amplificato? ESPERIENZA: Costruiamo un semplice stetoscopio CHE COSA SERVE: � 3 pezzi di tubo di gomma da 20 cm � 1 raccordo di plastica a "Y" � 3 imbutini di metallo COME PROCEDERE: Collegare i tubi di gomma alle tre estremità del raccordo a Y ed inserire alle estremità libere di ciascuno di essi gli imbutini di metallo. Portare alle orecchie i due imbuti collegati alla V dello snodo ed appoggiare l'altro al proprio torace, nella zona del cuore, senza muoverlo troppo e senza parlare. RISULTATI ATTESI: I battiti del cuore risulteranno amplificati SPIEGAZIONE: Qualsiasi modalità attraverso la quale i suoni vengano convogliati in un percorso stabilito (imbuti e tubi) è utile per amplificare i suoni stessi. Questa attività permette sia di ascoltare il battito del proprio cuore sia di comprendere come alcuni strumenti costosi e complessi, come uno stetoscopio ad uso medico, abbiano un principio di base riproducibile in modo semplice. Come funzionano i nostri occhi? ESPERIENZA: costruiamo un modello di occhio CHE COSA SERVE: � Bicchiere di carta � Tempera nera � Ago � Carta da lucido � Nastro adesivo � Candela COME PROCEDERE: Dipingere l’interno del bicchiere con la tempera nera e praticare con l’ago un piccolo foro centrale sul fondo del bicchiere. Prendere della carta da lucido e fissarla ben tesa con nastro adesivo sull’apertura del bicchiere. Accendere una candela e oscurare la stanza. Porre il bicchiere in orizzontale di fronte all’osservatore, in modo che il foro sul fondo del bicchiere sia rivolto verso la candela. RISULTATI ATTESI: Sulla carta da lucido si forma l’immagine rovesciata della candela. SPIEGAZIONE: I raggi di luce emanati dalla candela penetrano nel foro e si arrestano sul tappo del bicchiere dove ricostruiscono l’immagine della candela stessa. Questa appare rovesciata perché i raggi di luce si propagano in linea retta.

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GRUPPO “ATMOSFERA INQUIETA” La mattina si è svolta al Paleolab, laboratorio didattico di paleontologia, che per sue caratteristiche si presta a rappresentare un’aula scolastica. Infatti tutte le attività effettuate dovranno essere svolte autonomamente dall’insegnante nell’abituale ambiente di lavoro. Come momento introduttivo, il coordinatore ha presentato il percorso, illustrandone le finalità e le collaborazioni in atto con l’Osservatorio Meteorologico Milano Duomo e l’Associazione CHIAMAMILANO, attiva sul territorio milanese per il problema inquinamento atmosferico. Il coordinatore ha inoltre motivato le scelte metodologiche anche in funzione di quanto sperimentato nella precedente edizione. Gli insegnanti presenti sono stati suddivisi in due gruppi di lavoro, cui è stato distribuito, di volta in volta, il materiale necessario alla specifica esperienza presentata. Ogni gruppo ha potuto lavorare in modo autonomo, e ciascuno è stato spronato a trovare alternative alle modalità operative suggerite, in modo confrontare i risultati ottenuti e condividere con tutti gli altri e riflessioni su quanto osservato. Grazie anche alla professionalità degli operatori, il tutto si è svolto in un piacevole clima di collaborazione dove ciascuno ha potuto operare serenamente e a proprio agio. Attività sulla chimica e la fisica dell’aria

1. L’ ARIA C’È E NON SI VEDE • Che cosa c’è attorno a noi? Possiamo dimostrare che esiste qualcosa che non vediamo?

Abbiamo consegnato due siringhe e un tubicino flessibile, lungo circa 20 cm, per collegare le due siringhe. Abbiamo lasciato che gli insegnanti sperimentassero dei possibili usi per rispondere alle domande poste. Sunto dei risultati: In partenza uno stantuffo deve essere premuto, mentre l’altro deve essere posizionato circa a metà siringa.

Si preme lo stantuffo alzato lasciando l’altro libero: lo vedremo alzarsi immediatamente, sotto l’azione della spinta dell’aria che passa da una siringa all’altra.

• Possiamo vedere l’aria? Abbiamo preso le due siringhe, la prima piena d’acqua, la seconda semplicemente con lo stantuffo tirato indietro. L’acqua della prima siringa deve essere ben visibile, quindi è opportuno che sia presente anche un po' di aria. Se chiediamo Che cosa contengono? per la prima, la risposta è acqua, mentre per la seconda potremmo sentirci dire che è “vuota”. A questo punto si può stabilire che effettivamente la siringa contiene aria, ponendo però l’ulteriore domanda: È visibile l’aria contenuta nella siringa? Esiste un modo renderla visibile? Abbiamo fatto uso di una bacinella per raccogliere l’acqua fatta uscire dalla siringa e abbiamo fatto un confronto con quella che conteneva aria. Abbiamo ripetuto l’esperienza sott’acqua, registrando le differenze.

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Conclusione: è innegabile che normalmente l’aria non si vede, ma abbiamo dimostrato che possiamo allestire una situazione nella quale l’aria diventa perfettamente visibile e, guarda caso, il materiale che costituisce il mezzo nel quale ci si muove (l’acqua) diventa invisibile.

• È possibile toccare l’aria? Con procedimento analogo abbiamo dimostrato di sì. Partendo dalle due siringhe, una con acqua, l’altra con aria. Abbiamo premuto piano lo stantuffo della siringa piena d’acqua facendo cadere le gocce sui palmo della mano (si avvertono le gocce d’acqua); abbiamo fatto la stessa cosa con la siringa piena d’aria (e non si avverte nulla). Lavorando sott’acqua con la mano posizionata sopra la siringa otteniamo l’effetto capovolto: non si avverte nulla con la siringa piena d’acqua, mentre con l’altra si avvertono distintamente le bollicine d’aria.

2. L’ARIA OCCUPA UNO SPAZIO • Possiamo svuotare una bottiglia d’acqua soffiando all’interno dell’aria?

Abbiamo usato una bottiglietta di plastica e dopo averla riempita con acqua colorata, l’abbiamo velocemente capovolta in un contenitore di vetro contenente anch’esso dell’acqua. Sollevando l’apertura della bottiglia, sotto il livello dell’acqua, il livello dell’acqua colorata non variava. Soffiando dell’aria attraverso una cannuccia inserita nell’apertura della bottiglietta, abbiamo aumentato il volume d’aria intrappolata all’interno. L’aria con forza ha spinto l’acqua colorata nel contenitore. Per verificare lo stesso concetto abbiamo suggerito l’impiego del classico imbuto: l’acqua versata velocemente in un imbuto non può scendere in una bottiglia sottostante perché all’interno di questa lo spazio è occupato da aria. Inserendo una cannuccia nel collo dell’imbuto, offriamo all’aria una via di fuga, permettendo finalmente all’acqua di entrare nella bottiglia.

3. L’ARIA CHE BRUCIA Abbiamo posto una candela in una bacinella di vetro, issandola alla base con poca cera. Abbiamo versato dell’acqua colorandola con poco colorante alimentare. Dopo aver acceso la candela abbiamo capovolto sopra di essa una bottiglia da 1l. Abbiamo osservato che l’acqua sale nella bottiglia fino allo spegnimento della fiamma. Spunti di riflessione

• La fiamma ha bisogno di aria perché “respira” e consuma • La dilatazione dell’aria riscaldata dalla fiamma contribuisce a far risalire l’acqua

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4. CHE FORZA L’ARIA Possiamo vincere contro la forza di gravità? Da una bottiglia col fondo bucato immersa in una bacinella entra dell’acqua. Avvitando il tappo e sollevando la bottiglia l’acqua non scende. Svitando il tappo l’acqua scende. Che cosa impedisce la discesa dell’acqua?

5. GIOCHI SOTTO VUOTO Che casa succede quando la forza della pressione non c’è? Con un coperchio e una pompa adeguati all’uso, abbiamo creato il vuoto dentro un frigoverre, avendovi precedentemente posizionato un gavettone contenente aria. Varianti effettuate: con gavettone d’acqua e caramella gommosa. L’aria contenuta nel primo gavettone e nella la caramella gommosa si è dilatata, non trovando più opposizione dall’esterno, ed entrambi gli oggetti si sono gonfiati,, mentre il gavettone con l’acqua non ha subito modifiche. Perché? Abbiamo lasciato libertà per provare con altre idee.

6. ACCENDI FIAMMIFERI Per questa esperienza abbiamo utilizzato un piccolo oggetto in legno appositamente costruito, su cui sono presenti una fila verticale di fori entro i quali vanno collocati dei fiammiferi Quale fiammifero è più a rischio di incendiarsi, quello vicino alla fiamma o quello più in alto? Ha preso fuoco il fiammifero più distante. Visto che la fiamma non ha toccato il fiammifero che cosa ha provocato l’accensione? L’aria calda che si è diretta verso l’alto. Dopo aver indagato la fisica dell’aria, abbiamo proposta attività inerenti la meteorologia e i fenomeni atmosferici

7. LA NUVOLA IN BOTTIGLIA Dopo una breve introduzione alla meteorologia, abbiamo effettuato insieme un’esperienza stimolante: creare una nuvola in bottiglia Riempita una bottiglia di plastica da 1l con acqua calda per circa 1/3, l’abbiamo tappata e osservato il vapore acqueo che si è depositato sulle pareti interne. Questo è stato il primo ingrediente per fare una nuvola. Abbiamo osservato che schiacciando e rilasciando la bottiglia non accadeva nulla. Abbiamo notato che così facendo compivamo una variazione di pressione e che lo schiacciamento rappresentava il riscaldamento dell’atmosfera, mentre il rilascio ne rappresentava il raffreddamento. Tolto il tappo abbiamo acceso un fiammifero tenendolo per qualche secondo vicino all’apertura. Lasciato cadere il fiammifero all’interno abbiamo ritappato velocemente la bottiglia. Cenere e piccole particelle sono state il secondo ingrediente per fare una nuvola. Variando la pressione abbiamo visto questa volta apparire e scomparire una nuvola. Riflettendo su quanto siano importanti per noi le nuvole, siamo passati poi a fare considerazione sul ciclo dell’acqua.

8. IL CICLO DELL’ACQUA IN SCATOLA Questa semplice esperienza ci ha consentito di riprodurre le diverse fasi del ciclo dell’acqua in un recipiente di vetro. Abbiamo versato acqua bollente in un frigoverre, che è stato poi chiuso ermeticamente con della pellicola da cucina, intrappolando all’interno il vapore. Dopo qualche minuto

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abbiamo appoggiato un panetto refrigerante da picnic e osservato le conseguenze. Dopo pochi minuti, a causa della bassa temperatura provocata, il vapore accumulatosi dentro il recipiente ha iniziato la sua fase di condensazione arrivando quindi a cadere in gocce di un vera e propria “pioggia”. L’esperienza è stata giudicata all’unanimità di forte impatto perché, nonostante ci si attendesse i risultati ottenuti, la loro visualizzazione era del tutto inaspettata. Abbiamo quindi dato inizio ad uno scambio di opinioni che riguardavano la natura della goccia di pioggia e gli errori comuni o le misconoscenze riguardanti la sua forma (comunemente ritenuta a “lacrima”, mentre in realtà è più simile ad una “pagnotta”) e il suo colore (la pioggia si può presentare di molti colori, dal nero al rosso al giallo…). Abbiamo quindi mostrato dei semplici strumenti “fai da te” per l’allestimento di una piccola stazione-meteo. Abbiamo visionato uno psicrometro, un pluviometro, un barometro e una manica del vento dando le informazioni necessarie per una loro realizzazione in classe. Attività sull’inquinamento Nell’ultima parte della mattinata abbiamo affrontato il tema inquinamento, che rappresenta un approfondimento all’interno del percorso didattico. Abbiamo suggerito una semplice attività da svolgere facilmente: con un pezzo di stoffa bianca lasciata per qualche giorno fuori dalla finestra è possibile verificare che nell’aria (specie nelle città) c’è qualcosa che la “sporca”. Si fa notare che ciò può essere del tutto naturale (granelli di terra, pulviscolo, ecc.), ma spesso c’è qualcosa che è stato immesso nell’aria dall’uomo. I nostri sensi non ci permettono di stabilire la pericolosità di queste sostanze, ma dobbiamo affidarci agli strumenti di rilevamento che calcolano la quantità e il livello di pericolosità.

9. LE ALTE CIMINIERE Abbiamo effettuato una dimostrazione di semplice realizzazione, ma di grande impatto scenico: con due rotoli di cartone di diversa altezza abbiamo costruito ciminiere e, dopo aver tappato con della carta alluminio l’apertura superiore, vi abbiamo appoggiato della farina. Abbiamo disteso un pezzo di stoffa scura e chiesto ad un insegnante di soffiare in modo da distribuire sulla stoffa la farina. Abbiamo constatato che la “ciminiera”più alta ha consentito una distribuzione più a lungo raggio. Riflettiamo considerando a ciò che accade per l’inquinamento. Nel pomeriggio i docenti sono stati accolti al Biolab, per un approfondimento dei nuovi temi previsti in questo corso. Prima di iniziare l’attività, il Dott. Scala ha fatto una breve presentazione delle potenzialità didattiche della lavagna didattica interattiva (Smart Board) presente nel laboratorio, fornendo semplici istruzioni di utilizzo. La lezione ha visto i docenti molto coinvolti e interessati e molte sono state le domande in merito alla possibilità di acquisto da parta della scuola. Il pomeriggio è proseguito con la partecipazione ad una visita agli exhibit, finalizzata ad approfondite i temi del percorso “atmosfera”, anche con modalità pratiche. Nell’occasione sono stati presentati alcuni dei nuovi exhibit del Biolab relativi alla conoscenza dei colori e alla loro visione. Per concludere sono state proposte due nuove attività relative alla trasmissione della luce attraverso l’atmosfera.

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10. L’ARCOBALENO IN UNA GOCCIA

Utilizzando materiali semplici come un coperchio di contenitore per cd e una torcia, un foglio bianco e dell’acqua, abbiamo ricreato un arcobaleno. La sfida è stata trovare la giusta inclinazione del fascio di luce prodotto dalla torcia, che andava a colpire l’acqua contenuta nel contenitore per far apparire l’arcobaleno sul foglio posto a fianco del coperchio. Che cosa succede in natura? I raggi di sole colpiscono le gocce di pioggia con una certa inclinazione e vengono prima deviati e poi rifratti tanto da far comparire questo bellissimo fenomeno.

11. ALBA E TRAMONTO Per spiegare un fenomeno come quello della rifrazione dei raggi solari che ci permette di osservare il Sole pochi minuti prima che sorga dall’orizzonte o ancora per pochi minuti dopo che è effettivamente tramontato, è stato proposto un veloce esperimento che comporta l’utilizzo di materiali di facile reperimento: una lampada da tavolo, una doppia pila di libri e una bottiglia di vetro piena d’acqua chiusa da un tappo. Come mai pur essendo schermata la luce della lampada dalla prima pila di libri riusciamo a vedere la luce sulla superficie della bottiglia? Perché la luce viene deviata dalla superficie curva della bottiglia che si comporta come l’atmosfera terrestre la quale devia la traiettoria dei raggi solari. Abbiamo infine realizzato un “pallido cielo azzurro” aggiungendo all’acqua qualche goccia di emulsione acrilica e puntando direttamente la luce sulla bottiglia: abbiamo così riprodotto ciò che avviene durante il giorno ai raggi solari che attraversano l’atmosfera rifrangendo la lunghezza dell’onda luminosa corrispondente al colore azzurro. GRUPPO EVOLUZIONE E BIODIVERSITÀ Gli insegnanti sono stati accolti nella “sala verde” del Biolab: dopo un breve momento introduttivo sulla struttura, sono iniziate le attività. L’evoluzione a matita e l’evoluzione a matita colorata Per questa esperienza i docenti sono stati divisi in 2 gruppi ed a ogni insegnante sono stati distribuiti fogli di carta numerati e pennarelli. I docenti hanno osservato per qualche minuto la rappresentazione di un “pesce-campione” (un gruppo aveva il pesce in bianco e nero e l’altro con 2 righe ed 1 macchia colorata), cercando poi di disegnare, sul primo foglio di carta, un pesce il più possibile simile al pesce-campione. L’operatore doveva poi scegliere una caratteristica (es. “lunghezza delle pinne”, “macchia colorata”) e, confrontando i disegni in base a questo parametro, bisognava selezionare il pesce che meglio esprimeva quella caratteristica (nel nostro esempio, quello con le pinne più lunghe). Il pesce selezionato diventava i nuovo pesce-campione, che bisognava riprodurre sul foglio n°2.

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Ancora una volta l’operatore sceglieva una nuova caratteristica, in base alla quale andava individuato, tra i pesci disegnati sui fogli n°2, un nuovo pesce-campione. Si è proceduto in questo modo per un certo numero di volte, scegliendo caratteristiche sempre diverse. Confrontando i pesci delle “ultime generazioni” con i due pesci campione pesce-campione originari, abbiamo osservato differenze davvero notevoli, come pure confrontando i pesci di una stessa generazione disegnati da gruppi diversi. Questa attività ci ha permesso di simulare l’effetto della selezione nel determinare le modificazioni delle specie nel tempo, cioè l’evoluzione dei viventi. La caratteristica “vantaggiosa” veniva scelta dopo avere eseguito i disegni, non prima. Lo stesso avviene in natura: le differenze tra un organismo e un altro compaiono casualmente, e possono rivelarsi vantaggiose, svantaggiose o indifferenti a seconda dell’ambiente in cui vive l’organismo considerato. Prendi la palla al balzo Questo gioco si è svolto nella sala del prato. Gli insegnanti hanno lavorato a coppie. Ad ogni coppia è stata data una pallina da ping-pong con cui compiere dei lanci: 1° lancio:far rotolare la pallina in modo che faccia rumore. Il ricevente deve cercare di prenderla ad occhi chiusi. 2° lancio:lanciare la pallina. Il ricevente dovrà cercare di prenderla tenendo un occhio chiuso. 3°lancio:lanciare la pallina. Il ricevente dovrà cercare di prenderla tenendo entrambi gli occhi aperti. 4°lancio:lanciare la pallina. Il ricevente dovrà cercare di prenderla stando seduto lateralmente rispetto al lanciatore con gli occhi aperti, ma senza ruotare la testa. Entrambi i componenti della coppia hanno dovuto realizzare i lanci e segnare i risultati dei lanci andati a buon fine su una semplice tabella. La riflessione e il dibattito sull’attività svolta hanno chiarito come il gioco permetta di sperimentare diverse situazioni legate alle visioni che si possono trovare in natura e che variano a seconda degli adattamenti degli animali all’ambiente in cui vivono. Ambiente che vai animale che trovi Per questa attività gli operatori hanno diviso gli insegnanti in 4 gruppi. Ad ogni gruppo è stata affidata l’immagine di un ambiente (deserto, Isole Galapagos, foresta pluviale, bosco di conifere) privo di animali. Gli esseri viventi sono stati posizionati, tutti insieme e mescolati, su un tavolino a parte. Gli insegnanti, a turno, dovevano arrivare al tavolo, scegliere 1 animale che meglio si adattava al loro ambiente e ritornare al posto. Hanno avuto poco tempo per poter scegliere ogni singolo animale. L’obiettivo dell’attività, che è emerso nella discussione sui risultati del gioco, è verificare se organismi provenienti da diverse parti del mondo hanno evoluto adattamenti simili nella stessa tipologia ambientale. Infatti l’evoluzione ha fatto sì che ogni essere vivente possieda delle caratteristiche che lo rendono adatto a svolgere un ruolo ben preciso all’interno di un certo ambiente. Predatori di colori Gli operatori hanno disposto su un tavolo una tovaglia di stoffa verde, (ambiente) e, sopra a questo, un numero di cartoncini colorati pari a 4 volte il numero dei partecipanti. Ogni colore rappresentava individui di specie diverse e per semplificare, a ciascuna specie, è stato attribuito un ugual numero di individui. Gli insegnanti hanno iniziato a girare intorno al tavolo a tempo di musica. Quando la musica si interrompeva dovevano “catturare” 1 cartoncino a testa per poi ricominciare a girare. Queste “predazioni” sono state ripetute per 3 volte. Gli operatori, a questo punto, hanno suddiviso i cartoncini “sopravvissuti” per colore, li hanno contati e hanno deciso che ogni “sopravvissuto” si poteva riprodurre, generando 3 figli. Pertanto per ogni cartoncino rimasto, ve ne sono stati aggiunti 3 dello stesso colore. Tutta la procedura è stata ripetuta per 3 volte.

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Alla fine è stato compreso che, in questo caso, chi ha maggiori probabilità di “sopravvivere” è perché era riuscito a confondersi meglio con l’ambiente: la stessa cosa avviene in natura per gli individui dotati di colori mimetici. Invece gli individui troppo vistosi, o troppo facili da catturare (ad esempio quelli capitati verso il bordo del tavolo nel gioco proposto) difficilmente riusciranno a sopravvivere e a riprodursi. Di conseguenza, le caratteristiche vantaggiose saranno presenti nella generazione successiva con maggiore frequenza rispetto a quelle non vantaggiose. Al termine della mattinata gli insegnanti hanno partecipato alla presentazione della lavagna interattiva multimediale (Smart Board) del Biolab, condotta da un esperto (dott. Scala). Successivamente gli operatori hanno guidato gli insegnanti alla scoperta della Stanza degli animali. Qui è stato proposto un semplice gioco di osservazione: in base a determinati indizi, gli insegnanti, divisi in gruppetti, dovevano individuare uno degli animali presenti nella stanza. Dopo la pausa pranzo le attività sono riprese con una visita guidata del nel Biolab, in cui gli insegnanti hanno potuto utilizzare gli exhibit relativi al percorso “evoluzione e biodiversità”. Punti di attenzione che sono emersi da parte dei docenti durante l’attività: • il percorso di biodiversità ed evoluzione rappresenta un

argomento vastissimo che abbraccia tutto il programma di scienze del percorso scolastico dello studente. Anche se per una scelta strutturale al Biolab non sono state inserite la paleontologia e la paleoantropologia (ampiamente sviluppate presso il Paleolab), attraverso il percorso verde è possibile spaziare in tutto il mondo dei viventi;

• ogni termine utilizzato rappresenta in modo schematico un concetto. Non tutti i termini saranno necessariamente utilizzati con le scolaresche, saranno i ragazzi stessi, in base all’osservazione e a un processo metacognitivo, ad estrapolare determinati concetti, differenti in base alle diverse età;

• il percorso “Diversi ma uguali”, proprio per la sua vastità, si avvale di un numero elevato di exhibit: sarà pertanto necessario fare una cernita sia in base all’età dei ragazzi sia in base a particolari richieste dell’insegnante;

• l’utilizzo degli exhibit da parte dei ragazzi non sarà autonomo;

• i docenti si sono mostrati molto interessati al Nautilus e all’exhibit di Embriologia e all’Insetto componibile.

• È stata aggiunta una tappa ulteriore, quella dei “Testoni” per poter completare alcuni discorsi sorti in precedenza sull’adattamento e per parlare ancora una volta di strutture vestigiali.

A ciascuno il suo nome Durante la visita, alla tappa “delle conchiglie” è stata proposta un’attività di osservazione e classificazione di reperti animali (echinodermi, artropodi, spugne coralli, molluschi), con l’ausilio di schede di determinazione appositamente preparate. I docenti dovevano osservare attentamente gli esemplari, raggruppandoli, sulla base di caratteri comuni, in insiemi e sottoinsiemi. Nella seconda fase di lavoro è stata distribuita una chiave di determinazione, da utilizzare per procedere al riconoscimento e alla classificazione dell’esemplare.