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Progetto di cultura sarda Progetto di cultura sarda Progetto di cultura sarda Progetto di cultura sarda Istituto Magistrale “Benedetto Croce”, Oristano Istituto Magistrale “Benedetto Croce”, Oristano Istituto Magistrale “Benedetto Croce”, Oristano Istituto Magistrale “Benedetto Croce”, Oristano Coordinamento della prof.ssa Putzolu Maria Rita Coordinamento della prof.ssa Putzolu Maria Rita Coordinamento della prof.ssa Putzolu Maria Rita Coordinamento della prof.ssa Putzolu Maria Rita Classi 3 Classi 3 Classi 3 Classi 3 a a a a A, 4 A, 4 A, 4 A, 4 a A, 4 A, 4 A, 4 A, 4 a B, 5 B, 5 B, 5 B, 5 a A, 5 A, 5 A, 5 A, 5 a B del corso linguistico B del corso linguistico B del corso linguistico B del corso linguistico Anno scolastico 2008/2009 Anno scolastico 2008/2009 Anno scolastico 2008/2009 Anno scolastico 2008/2009

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Classi 3Classi 3Classi 3Classi 3a a a a A, 4A, 4A, 4A, 4aaaaA, 4A, 4A, 4A, 4aaaaB, 5B, 5B, 5B, 5aaaaA, 5A, 5A, 5A, 5aaaaB del corso linguisticoB del corso linguisticoB del corso linguisticoB del corso linguisticoAnno scolastico 2008/2009Anno scolastico 2008/2009Anno scolastico 2008/2009Anno scolastico 2008/2009

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"Influenza catalano-aragonese

nella lingua e nella cultura sarda"

Il progetto”Influenza catalano-aragonese nella lingua e nella cultura sarda” ha avuto comescopo principale quello di stimolare negli alunni la riflessione sulla propria identità culturale elinguistica e la conoscenza dei valori della propria tradizione.Il lavoro svolto in due mesi e mezzo, ha coinvolto, con grande interesse, tre gruppi di alunnidel Liceo Linguistico, la III A, la IV A, tre alunni della IV B e otto alunni della V B. Abbiamo iniziato il progetto partendo dall’analisi storica della dominazione catalano-aragonesein tutta la Sardegna, in particolare di Cagliari e di Alghero, proseguendo poi con un accuratostudio ed una analisi puntuale di numerose parole sarde (specialmente le campidanesi) chehanno un’origine catalana o spagnola.Infine abbiamo analizzato, con particolare interesse, tutto ciò che è rimasto di taledominazione nei monumenti, nelle case, nelle chiese, nella cucina, nei canti, nei riti religiosi enelle tradizioni popolari sarde.La realizzazione del progetto ha avuto inizio con una ricerca in rete di documenti e immagini,seguita da uno studio approfondito di testi di Linguistica Sarda ed è terminata con lo sviluppodi una serie di fotografie di chiese, monumenti e palazzi scattate durante le visite guidate alcentro storico di Alghero, di Cagliari e all’Archivio Storico di Studi Sardi di Cagliari.Numerose , infatti, sono le testimonianze risalenti alla dominazione catalano-aragonesepresenti in queste città.Ad Alghero abbiamo ammirato il Palazzo d’Albis, il Palazzo Machin, la Cattedrale, la Chiesa diS. Francesco, le mura e le varie Torri.A Cagliari abbiamo visitato il Castello con la Torre dell’Elefante, il Palazzo Vicergio, la Chiesadella Speranza, il Bastione e il ghetto degli Ebrei.Particolarmente interessante è stata la visita guidata all’Archivio Storico di Studi Sardi, dovele archiviste dopo averci fatto una vera e propria lezione di storia, di arte e di cultura sarda,ci hanno consentito di fotografare preziosi sigilli e documenti antichi scritti in catalano.Tutto il materiale raccolto ed elaborato ha consentito la realizzazione di questa tesina.

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Nel 1323 inizia l’occupazione Aragonese della Sardegna

La conquista Aragonese della Sardegna parte da lontano. Nel 1282 Pietro III d’Aragona vienechiamato, dopo i Vespri, in aiuto dai Siciliani che si erano ribellati al regime tirrenico di CarloII d’Angiò. Gli Aragona assumono il controllo della Sicilia, che mantengono fino al 1295 quandopapa Bonifacio VIII ottiene la firma del trattato di Anagni, in base al quale Giacomo IId’Aragona cede la Sicilia a Carlo II d’Angiò e ne ottiene in cambio i feudi di Sardegna e diCorsica. I siciliani si sentono traditi e, non volendo rinunciare alla loro autonomia, dichiaranodecaduto Giacomo II ed eleggono al trono il fratello Federico che assume il nome di FedericoII di Sicilia, con grande smacco per Bonifacio VIII che, l’anno successivo, crea il RegnumSardiniae Corsicae e lo concede in feudo a Giacomo II sperando che questi ne prendapossesso e possa, partendo da qui, riprendere anche la Sicilia. La Chiesa Romana esercitava il diritto di istituire regni sostenendo che tale facoltà gliderivasse dalla donazione di Costantino che, morendo, avrebbe lasciato alla Chiesa la città diRoma e le province occidentali. Questo diritto fu chiamato “Costitutum Costantini”, si rivelòun falso storico e fu applicato a prescindere dalla realtà Sarda, che forse non interessava allaChiesa.

L’arrivo in Sardegna degli Aragonesi

Il regno degli Aragona occupava i territori della Spagna Orientale, che comprendono leattuali province di Aragona, Catalogna e Valencia. I Catalano Aragonesi sbarcano in Sardegnaa Palmas, a sud di San Giovanni Suergiu, al commando dell’infante Alfonso, primogenito del ReGiacomo II, dichiarando lo scopo di liberare l’Isola dall’opprimente presenza Pisana.Il 30 maggio 1323, Alfonso si unisce alle truppe di Ugone II di Arborea ed insieme assedianoIglesias, controllata da Ugolino della Gherardesca a cui era stata asegnata dopo losmembramento del Giudicato di Cagliari. Presa la città occupano il Campidano e si avvicino aCagliari, ponendo il quartier generale sul colle di Bonaria, schierando l’esercita in linea versoQuartu.I Pisani, quasi di sorpresa, fecero sbarcare un esercito nei pressi della spiaggia prospicientel’abitato di Capoterra, che a tappe forzate di diresse verso Calari, costeggiando lo stagno diS.Gilla. L’esercito Aragonese si mosse andando in contro a quello Pisano. Lo scontro, in campo aperto,avvenne presso l’odierno abitato di Elmas, in località Autocisterna e finì con la vittoria degliAragonesi che nello stesso tempo avevano distrutto le navi Pisane nelle acque prospicienti ilCastello di Calari. Ai Pisani non rimase altro che firmare una pace con la quale cedevano tutti iterritori del Cagliaritano e della Gallura tenendo solo Castrum Calari. Era il 17 giugno 1324 e ilRegno di Sardegna prendeva corpo. Il Regno era formato dei territori dell’ex Giudicato diCalari e di Gallura e dell’enclave del comune di Sassari. Gli Aragonesi concludono l’occupazionedel resto dell’Isola, che vedrà diversi tentativi di ribellione guidati dai Doria e dai Malaspinanel nord e dai Pisani nel sud. L’infante Alfonso torna in patria dalla Sardegna vittorioso, ma lebasi su cui si fonda il suo successo non sono molto solide data l’ambiguità dei rapporti con ilGiudicato di Arborea e a nord con i Doria e i Malaspina. Nel 1325 la ribellione di Sassari,controllato da Genova e dai Doria e Malaspina, convince Pisa a riprendere le armi e conquista ilCastello di Cagliari che dovrà abbandonare nel 1326 per concederla agli Aragonesi che vi si

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insediano e cercano di Iberizzare al massimo le istituzioni. Dal 1330 al 1335 assistiamo allaguerra tra Aragona e Genova per il controllo del Mediterraneo Occidentale. Gli Aragonesi nonriescono a controllare l’Isola nella quale invece aumenta l’opposizione dei Doria e deiMalaspina, quindi si vedendo ad affidare la difesa del territorio ai Giudici di Arborea, primaPietro III, poi Mariano III. Negli anni che seguono assistiamo ad una nuova ribellione deiDoria nel 1347 domata con l’aiuto di Mariano IV d’Arborea.

Il Mediterraneo occidentale in una carta del celebre Atlas Català del 1375

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Regno di Sardegna 1692 (Frederic de Wit)

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Mariano IV inizia lo scontro con gli Aragonesi

Mariano IV inizia ad estendere il suo controllo diretto sui territori Sardi ed arriva adoccupare un terzo dell’Isola, con la sola eccezione dei territori di Cagliari e Alghero. Quandola rocca di Cagliari, dopo lungo assedio, è ormai prossima alla resa, il Conte Catalano BernardoCabrera e riesce a bloccare le truppe del Giudicato di Arborea a Quartu. Nel 1354 Re PietroIV il Cerimonioso sbarca in Sardegna con un ingente corpo di spedizione, piega Alghero dopouna sanguinosa ribellione, scaccia tutti gli abitanti e li sostituisce con coloni Catalani. GliArborea, sconfitti i Pisani e dichiaratisi vassalli di Aragona, per 25 anni accettarono lasituazione per poi passare allo stato di guerra, decisa regolarmente dalla “Corona de Logu”(Parlamento).Era il 1353 e Mariano IV, a capo di un esercito mosse verso il sud dell’Isola, sconfiggendoverso Decimo Gherardo della Gherardesca, vassallo del re d’Aragona e puntando versoCastrum Calari dove però fu fermato e costretto a ritirarsi verso Sanluri. A Nord Mariano IValleato ai Doria conquistò Alghero per poi porre l’assedio a Sassari. Dopo l’intervento di unaspedizione Aragonese, si giunse alla pace di Sanluri, l’11 luglio 1355 e la Sardegna ebbe unperiodo di pace. La partita si riaprirà più tardi, per giungere al 1392 quando tutta laSardegna, ad accezione di Alghero e Castel di Cagliari, passò sotto il Giudicato di Arborea.

Lo scontro prosegue con Eleonora d’ Arborea

Mariano IV muore nella grande pestilenza del 1376, gli succede il fratello Ugone III checontinua la guerra contro i Catalani Aragonesi i cui domini sono ormai ridotti alle sole città diCagliari e Alghero, fino a che viene assassinato con l’unica figlia Benedetta in una congiura nel1383. Il titolo passa a Federico, figlio minorenne di Eleonora d’Arborea, sorella di Ugone e diBrancaleone Doria. Inizia la lunga reggenza di Eleonora d’Arborea, il principale personaggio del Medioevo sardo,nota come la Giudicessa. Brancaleone Doria, che si trova in Catalogna alla morte di Ugone, viene imprigionato perindurre la moglie a restituire alla corona i territori Sardi occupati e portato prigioniero aCagliari. Invece di pianificare un’offensiva contro l’alleato, Eleonora si dedica a rafforzare lapropria autorità nel Giudicato non con la forza ma con una ferma politica di resistenza allaCorona di Aragona. Nel 1387 muoiono Federico d’Arborea e Pietro IV. Al primo succede ilfratello minore Mariano V, sempre sotto la reggenza della madre Eleonora, al secondo il figlioGiovanni I che nel 1388 firma la seconda pace di Sanluri, con la quale Arborea deve rientrarenei confini del 1355 in cambio della libertà di Brancaleone Doria. Arborea rientra nei confininaturali ma la libertà non viene concessa. Liberato nel 1390, Brancaleone Doria, che finoall’incarcerazione aveva mantenuto un atteggiamento di relativa compiacenza verso la coronadi Aragona, si mette al comando dell’esercito di Eleonora. Nel 1391 il malcontento dellapopolazione per il governo degli Aragonesi gli permette di riunire uno smisurato esercito,riuscendo a riconquistare in pochi mesi tutti i territori che Arborea aveva conquistato primadella pace. Gli Aragonesi sono nuovamente ridotti sotto Cagliari, Alghero, Longosardo (dovepoi sorgerà Santa Teresa di Gallura), ai castelli di Quirra e Acquafreadda e alle zonecircostanti. Nel 1392 Eleonora d’Arborea, promulga la Carta de Logu. Nel 1396 muore GiovanniI d’Aragona e le succede il fratello Martino Duca di Montotblanc, nel 1402 muore ancheEleonora d’Arborea, anch’essa a causa della peste.

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Le succede Mariano V mentre Brancaleone Doria prosegue nella guerra occupando nel 1406anche il castello di Quirra. Si arrivò così al 1409 quando i catalani, sconfitta una flottiglia dinavi Generosi che portavo aiuto al Giudicato di Arborea, distrussero l’esercito Giudicalepresso Sanluri e più tardi conquistarono Oristano che, arrendendosi, consegnòautomaticamente nelle mani degli Iberici tutti i territori giudicali tradizionali intorno adOristano; era il 29 marzo 1410.Guglielmo III di Narbona-Bas barattò, col Re d’Aragona Ferdinado I, la cessione venale deisuoi diritti di Giudice e conseguentemente dei territori già arborensi.La somma pattuita di 100.000 fiorino fu versata e così finì ingloriosamente il Giudicato diArborea e con esso la speranza di libertà di tutti i Sardi che definitivamente furono soggettiagli Aragonesi.

Matrimonio di Eleonora

La madre Eleonora divenne la reggente. Il padre, Brancaleone Doria, nel tentativo di allearsicon gli Aragonesi, a causa delle lotte tra i giudicati, mentre si trovava a Barcellona, vennecatturato e inviato a Cagliari nelle carceri di San Pancrazio. Eleonora cercò di trattare pertre anni e, quando ottenne la liberazione del marito, riprese le lotte contro gli Aragonesi.Seguirono 20 anni di lunghe lotte per espugnare le fortezze di Alghero e di Cagliari in manoagli Iberici. Nel frattempo Eleonora cercò di amministrare saggiamente il suo popolo, infattifece promulgare la Carta de Logu. Morì nel 1402 a causa di un’ epidemia di peste.

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La Carta de Logu

Per la Carta de Logu, non si può negare l'apertura alla modernità di talune norme e la saggezzagiuridica che contiene elementi della tradizione romano-canonica, di quella bizantina, dellagiurisprudenza bolognese e del pensiero dei glossatori della stessa cultura curiale catalana,soprattutto dell'elaborazione giuridica locale delle consuetudini sarde compiute dal dirittosardo di tipo municipale. I sovrani di Arborea, nel reagire ai tentativi di infeudazionearagonese, emanarono una nuova disciplina giuridica nei loro territori, che pure erano in unostato di perenne agitazione politica. Tale legislazione si segnalò come la componente di una piùvasta politica tesa allo sviluppo dello stato arborense e fu nettamente avanzata rispetto allelegislazioni giuridiche ed amministrative del tempo. Eleonora dimostrò con la sua reggenza divoler uscire dal medioevo puntando anche sulla liberazione dei servi, "i lieros", e di voleradibire alla propria lotta di tipo nazionale, oltre alle truppe mercenarie, quelle costituite daisuoi concittadini. Si tratta del periodo in cui dalla storia antica si passa a quella medievale e incui il concetto di Sardegna territoriale sta per mutare in quello statuale, con l'Isola divisa invarie entità politiche sovrane. I quattro regni giudicali di Càlari, Torres, Gallura e Arborea,sono complesse singolari costruzioni istituzionali, insolite nell'Europa del Mille. Piuttosto cheda elementi preesistenti, essi sembrano avere origine dalla "capacità dei Sardi, liberi dadominazioni straniere ad autogestirsi" mediante forme complesse quali quelle del sistemacuratoriale, l'amministrazione assembleare delle "coronas de logu". Le prerogative regiegiudicali, che non sono riscontrabili in nessun territorio continentale di formazione bizantina obarbarica, hanno una connotazione tale da togliere importanza alla matrice di provenienza ene fa una originale organizzazione di governo. Tra i giudicati sardi, solo quello di Arborea sipropose di costruire una nazione tutta sarda. Come tutti gli stati centrali, l'Arborea dovettesempre combattere per non soccombere alle pressioni degli stati confinanti. Uno dei caratteridella sua guerra fu quello di essere di preferenza offensiva, piuttosto che difensiva, e diconcepire una politica di conquista cercando di svolgere un ruolo propulsivo che riuscisse adaggregare intorno a sé anche le energie locali degli altri giudicati. Gli altri giudicati nonseppero recepire quelle istanze e le compresero solo quando le popolazioni che eranodiventate suddite del Regno di Sardegna e Corsica dei Catalano-Aragonesi si resero conto deldisagio provocato dal loro dominio e si unirono all'Arborea per realizzare per la prima voltanella storia dell'Isola, uno Stato tutto Sardo basato sulla volontà del Popolo, ovverodell'antica Nazione Sarda, sotto le insegne dell'albero deradicato (stemma arborense).

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Una conquista difficile

Quando Giacomo II di Catalogna- Aragona intraprese la conquista della Sardegna lo fece conla convinzione che l’isola sarebbe stata una fonte di ricchezza per la sua corona. Essacostituiva una tappa determinante nella realizzazione di una politica di espansionemediterranea verso il vicino oriente. Furono valutate in maniera eccessiva ,forse,le risorsesarde e le rendite che Pisa ne traeva. Fu realtà la guerra per ottenere la sottomissione totaledell’isola durarono quasi un secolo e costarono molte vite e molto denaro. Allo stesso tempo lerendite che l’isola doveva produrre svanirono a causa dei costi della guerra. Ma sicuramente ilcosto diretto delle operazioni militari,anche se alto,non è commisurabile a quello indiretto.Infatti l’instabilità politica dell’isola provocò l’insicurezza delle rotte marittime di tutto ilMediterraneo occidentale e quindi danni incalcolabili al commercio catalano,che in teoriaavrebbe dovuto trarre beneficio dalla conquista di un isola così ben situata dal punto di vistastrategico. La scoperta poi delle nuove terre occidentali oltre il mare,chiamate prima Indiepoi Americhe,tolsero all’isola ogni importanza.

Il consolidamento della presenza nell’isola

L’amministrazione della Sardegna è affidata a un Governatore generale.Vengono nominati prelati spagnoli limitando la presenza degli ordini religiosi italiani.Nei territori sottratti alla repubblica di Pisa viene instaurato un regime feudale, affidandopiccoli feudi agli Aragonesi che avevano appoggiato l’infante Alfonso,con l’obbligo di risiedercie di difendere il territorio in nome del re di Aragona,e con successione ereditaria per lineamaschile; obbligo al quale molti verranno meno rientrando in patria ed affidando il feudo ailoro procuratori.Nel castello di Cagliari,e successivamente anche a Sassari,vengono trasferite famiglieAragonesi, catalane e valenzane con diritto di eleggere un consiglio ed una giunta inrappresentanza delle diverse classi sociali viene imposto un controllo diretto sull’attivitàeconomica. Le miniere dell’iglesiente dipendono direttamente dal re e ad Iglesias viene aperta una zeccadove confluisce tutta la produzione argentiera. Le saline dipendono anch’esse dal re i cui appaltatori sfruttano pesantemente la popolazionelocale. Tutto il commercio del grano converge su Cagliari ed è controllato dalle famiglie majorchine ecatalane Canjelles, Tomich, Aymerich. Gli Aragona inseriscono nel loro stemma l’effige deiquattro mori a rappresentare il loro dominio sulla Sardegna.

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1. Sigillo re Giacomo II, seduto in trono con in mano i simboli del potere.2. Sigillo re Alfonso il Benigno3. Sigillo raffigurante il re Pietro il Cerimonioso 4. Pietro il Cerimonioso raffigurato su un cavallo al galoppo

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Dagli Aragona alla dominazione Spagnola

Nel 1469, Isabella di Castiglia sposa Ferdinando d’Aragona iniziando l’unificazione del regno diAragona con quello di Castiglia che verrà condotta a termine dieci anni dopo da parte diFerdinando il Cattolico, con la nascita del regno di Spagna. La Sardegna passa sotto il dominoSpagnolo e vi resta, con alterne vicende, sino al 1708.

L’ultimo tentativo di indipendenza condotto da Leonardo de Alagon

Leonardo de Alagon, quarto e ultimo marchese di Oristano, nasce nel 1436 da Don ArtaldoAlagon y Luna e da Donna Benedetta Cubello, discendente dal marchese di Oristano LeonardoCubello. Nel 1470 eredita i feudi e il titolo dello zio materno Salvatore Cubello, morto senzaeredi diretti. Leonardo Alagon, forte della discendenza dai giudici di Arborea, si ribella al vicerè NicolòCarroz, si mette alla testa di un esercito di oristanesi e riaccendendo lo spirito nazionalistamai completamente sopito ed i sogni di un isola sotto l’egida arborense. Lo scontro avviene nel1470 ad Uras e vede l’esercito del vicerè costretto a rifugiarsi a Cagliari.Nel 1474 si raggiunge ad Urgelles una pace vantaggiosa per l’Alagon, ma successivamente reFerdinando I d’Aragona accoglie le recriminazioni del Carroz e nell’ottobre del 1477 emanauna sentenza di morte per l’intera famiglia Argon.Ne nasce una nuova rivolta che sfocia nella sanguinosa battaglia di Macomer nel 1478, nellaquale i sardi ribelli vengono sconfitti e tra i molto muore anche Artale de Alagon, figliomaggiore del marchese, che mentre tenta la fuga per mare verso Genova viene tradito econsegnato agli Aragonesi che lo conducono in catene a Valenza dove muore nel 1494. Dopo la sconfitta del marchese Leonardo de Alagon nella battaglia di Macomer, il marchesatodi Arborea e la contea del Goceano passano sotto il dominio Aragonese e vengono incorporatinel patrimonio regio. È la fine dell’indipendenza della Sardegna.

La dominazione Spagnola

La Sardegna costituisce una zona periferica dell’impero, segue quindi un periodo di forteabbandono da parte della corona Spagnola, più interessata alle vicende del Nuovo Mondo edisinteressata a quelle del Mediterraneo. Le lotte feudali tra gli eredi dei Giudicati e l’incuriadei vicerè Spagnoli indeboliscono fortemente l’isola. Il catalano e il castigliano diventano lelingue ufficiali, mentre nelle campagne si continua a parlare il sardo.

I tentativi di sbarco francesi

Il periodo di relativa pace viene turbato, durante la guerra tra Carlo V di Spagna e FrancescoI di Francia, quando nel 1527 l’isola subisce addirittura l’incursione delle truppe francesi conl’assedio di Castelsardo e l’occupazione ed il saccheggio di Sassari. Cagliari viene trasformatain una piazzaforte dalla quale partono le spedizione di Carlo V nel 1535 contro Tunisi e nel1541 conto Algeri. Nel corso della guerra dei trent’anni si assiste a un secondo tentativo disbarco francese nel 1637 a Oristano, contrastato dalla popolazione locale.

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1. Copia sigillo maggiore dei consiglieri del Castello di Cagliari (epoca catalana)2. Capolettera di una pergamena di uno stemma della città di Cagliari3. Rappresentazione settecentesca dello stemma di Cagliari4. Stemma di Cagliari inciso nella chiave della città offerta a Carlo V nel 1535

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Il sistema difensivo delle 105 torri costiere

In questi anni la Sardegna viene fatta oggetto di nuove e frequenti incursione barbaresche,tanto che nel 1571 Filippo II ordina che sui litorali venga costruita una cinta di torri diguardia, dislocate strategicamente a vista tra loro per consentire un sistema di avvistamentoe segnalazione contro le incursioni barbaresche, ma la soluzione si dimostra poco efficace. Ne furono costruite un centinaio, in posizione elevata sui promontori e in vista l’una dell’altraper poter trasmettere i segnali e controllare il litorale. Le torri più piccole servivano per lesegnalazioni, le più grandi erano munite di cannoni e servivano anche per la difesa si accedevaalla torre tramite una scala retrattile di cordame, attraverso un'unica apertura situata adalcuni metri da terra. Attualmente ne restano un ottantina, alcune delle quali adibite a sedi dimostre temporanee e a luoghi di riunione.

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Quartiere Castello

Castello (Castéddu 'e susu in lingua sarda) è il principale dei quattro quartieri storici dellacittà di Cagliari. Sorge in posizione preminente, su un colle calcareo, a circa cento metri sul

livello del mare. I Pisanifondarono questoquartiere nel XIII secolo,lo fortificarono, dotandolodi mura, torri e bastioni evi trasferirono le sedi delpotere civile, militare ereligioso dalla decadutacapitale giudicale di SantaIgia. Nel 1327 venneoccupato dagli Aragonesi,di conseguenza ai Pisani sisostituirono man manoufficiali di governo,feudatari, mercanti edartigiani iberici. Tra lafine del 500 e l’inizio del600, gli Spagnoli fecero

perfezionare le mura, mediante baluardi e bastioni, adeguati alle nuove tecniche belliche.Catello divenne, in tale periodo la sede dei più importanti uffici e delle più alte magistraturedel regno di Sardegna, che faceva parte della Corona di Spagna. Vi si svilupparono iniziativeculturali, come la prima tipografia, aperta a metà del secolo XVI e nel XVIII la fonazione delcollegio degli Scolopi e l’istituzione dell’università.

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La villa di Bonaria

Se la città di Cagliari, uno dei primi e principali obbiettivi della conquista, ebbe nel 1327 il suostatuto municipale pressoché simile a quello di Barcellona analogo riconoscimento ebbe dueanni prima il borgo di Bonaria. Sulla collina che ancora oggi porta questo nome, si eranoattestati fin dal 1323 gli assedianti di Cagliari. Venuta a mancare, infatti, ogni possibilità diattacco frontale in tempi brevi alle imprendibili fortificazioni della città pisana sita nelcastello, nacque a Bonaria un’ insediamento stabile protetto da muraglie e apprestamenti vari,proprio di fronte all’ imponente mole del Castello. Era , quello, il primo nucleo di una comunitàdestinata ben presto ad assumere il carattere di vera e propria città, soprattutto perché,dopo i soldati, non erano tardati ad arrivare artigiani e modesti mercanti iberici. Durante iprimi tre anni dell’ assedio, quel centro assunse una importanza sempre maggiore. La realtàdella situazione che non faceva presumere mutamenti immediati, suggerì a Giacomo II diriconoscere ufficialmente la villa di Bonaria come territorio aragonese a tutti gli effetti e aconcederle, il 1°Agosto del 1325, uno speciale statuto municipale, che ricalcava quello in vigorea Barcellona, perciò per la prima volta istituzioni catalano-aragonesi venivano introdotte inSardegna, dando in tal modo inizio alla sostituzione di quelle precedenti.

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L’occupazione Catalana nella città di Alghero

La città fu fondata nel XII secolo dalla famiglia genovese dei Doria, espugnata dai Pisani nel1283, e riconquistata, con la battaglia di Meloria del 6 agosto 1284, poi cedutadefinitivamente agli Aragonesi nel 1354. Le continue insurrezione ed i tumulti fomentati dallafamiglia dei Doria, che non si rassegnavano alla perdita del dominio, ostacolavano la completaespansione spagnola.Nel 1336 successe al trono d’Aragona Pietro IV al quale fu subito chiaro come l’occupazionedella città fosse strategicamente indispensabile per il dominio su tutta l’isola. Intorno allametà del 1300 decise perciò di intraprendere una spedizione per conquistare definitivamenteAlghero. Lo scontro avvenne il 26 agosto a Porto Ponte, contro la flotta Genovese, grazie alleforze Veneziane, che si erano alleate con gli Aragonesi, i Genovesi furono sconfitti. Lepossenti fortificazioni protessero comunque la città per quattro giorni fino a quando ilParlamento Aragonese decise di proporre che, in cambio della resa, fosse concesso il rispettodella popolazione, gli usi e le franchigie, e che i Doria potessero abbandonare incolumi la città,appena entrato in città, però, Bernardo Cabrera occupò le fortificazioni e diede avvio ad unapolitica di soprusi e di violenze, sicuro di avere definitivamente sconfitto il nemico partì perCagliari, ma gli Algheresi riuscirono a sopraffare i soldati rimasti a presidiare la guarnigione,avendo la meglio. Contemporaneamente altre città Sarde insorsero perché i delegati reali,opprimevano le popolazioni con pesanti tasse.Bernardo Cabrera fu costretto a rientrare in Catalogna; il re decise, di guidarepersonalmente una flotta, l’esercito Aragonese si trovò così in difficoltà sia per la scarsità diviveri sia per le malattie che colpirono i soldati. Allora si decise di stipulare un patto nel qualeera previsto che gli antichi abitanti, lasciassero la città con tutti i loro averi. Anche in questacircostanza, però, appena entrati in città gli Aragonesi portarono desolazione e morte. Furonoperciò, predisposte nuove fortificazioni in modo tale da rendere la città il più importanteriferimento militare per li Spagnoli in Sardegna. Due anni più tardi i Genovesi tentaronoinutilmente, la riconquista della città, ma la compattezza della popolazione, ormaicompletamente Catalana, quindi fedele alla patria ed al re Pietro, contribuì al fallimentodell’impresa. Nel 1372 il re Aragonese, temendo nuove ribellioni causate dal malcontento dellapopolazione, ordinò l’esclusione da Alghero di tutta la popolazione originaria, con l’obbligo divendere i propri beni e di lasciare la città. Il provvedimento, mantenuto sino al regno di CarloV stabiliva che in città fossero ammessi solo catalani e Aragonesi; e per chi si trovasse li peraffari, c’era l’obbligo di abbandonarla al tramonto in tal modo essa restò abitata quasiesclusivamente da immigrati Catalani. Nel 1479 successe al trono di Aragona Ferdinando II,che sposando Isabella di Pastiglia riunificò i due domini: la Pastiglia e l’Aragona. In tal modo laSardegna divenne Spagnola, passando poi al dominio Austriaco. Il trattato di Londra del 1718,la fece diventare infine possedimento Sabaudo dal 1720.

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Torre degli ebrei eretta nel sec. XIV

Resti della loggia o del mercato dove si svolgevano i traffici tra la cittàe la terraferma catalana

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Alghero

Ad Alghero numerose sono le testimonianze risalenti alla dominazione catalana-aragoneseprima e spagnola poi.

Il Palazzo D’Albis è un esempio di architetturacatalano-aragonese del ‘500, con bifore emonofore. Nell’ottobre del 1514 il palazzo ospitòl’imperatore Carlo V con le sue “masnade”. Sembrache dal balcone del palazzo l’imperatore abbiasalutato gli algheresi con la frase “Estode todoscaballeros”.

Lo storico Palazzo De Ferrera, passato poi alla famiglia D’Albis, fu sede stabile delgovernatore della città e residenza provvisoria dei vicerè di Sardegna, i quali, prima diinsediarsi a Cagliari, prestavano giuramento nella Cattedrale di Alghero.

Palazzo d'Albis

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Il Palazzo Machin fu costruito dalvescovo algherese Ambrogio Machin,per la sua famiglia, nella prima metà del‘600. Ancora intatto nel suo aspettooriginario, si può ammirare il bel portalerinascimentale e le finestre in stilegotico-aragonese.

La Torre de L’Esperò Reial

Costruita nella prima metà del secolo XVI, forse sul luogo di un’altra torre quattrocentesca,pure a pianta circolare. Costituiva uno dei baluardi della cinta di Alghero. Misura un’altezza di

30 metri sul livello del mare dicui 23 metri partono da terra.Anche la larghezza esternamisura 23 metri. Nellospessore delle mura di ben 5.5metri, è ricavata la scalaelicoidale che permettel’accesso all’ambientesuperiore. La sala terrena è unbell’esempio di architetturacatalano-aragonese del ‘500.

Palazzo Machin

La torre de L'Espeirò Reial

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La Torre di Sant Joan

Già denominata “Torre di Mezzo”, rispondeva ad unarilevante funzione strategico-militare e difensiva,permettendo un rapido collegamento, tramite cortine,con la Torre del Portal e con quella de L’Esperò Reial.Situata a ridosso dell’imponente avamposto diMontalban, la massiccia costruzione presenta unavolta con nervature a raggiera. La torre furidimensionata con molta probabilità nel terzodecennio del ‘700: la sua porta d’ingresso eraoriginaria alla base del piano superiore, al quale siaccedeva per mezzo di una galleria, che attraversavail muro della cortina.

La Torre del Portal venne costruita a spese della ricchissima Aljama di Alghero (comunitàebraica). Lo Portal Reial era uno dei due ingressi della cinta muraria. Munita di ponte levatoio,la torre sorgeva davanti ad un medievale fossato artificiale, nel pian terreno è rimarcabile lavolta a pietra squadrata ed il rilievo dello stemma catalano.

Il Palazzo de Carcassona

Eretto verso la fine del XV secolo, fu abitato dalla facoltosa famiglia ebraica dei Carcassona,originaria della Linguadoca, che espresse personaggi di rilievo tra i quali Antonio Angelo,considerato, nel ‘500, uno dei più importanti giusperiti del suo tempo.Uniche presenze delle antiche origini catalane sono il portale con lunghi conci a ventaglio(dovelles) che si dipartono da una cornice continua, e i resti di tre bifore gotico-catalanearchiacute con cortina traforata.

Chiesa della Misericordia

Costruita nel 1662 per opera della confraternita Gonfalone. I recenti lavori di restauro nonhanno modificato le strutture architettoniche primitive, di cui il campanile, in stile colonialespagnolo, è un interessante esempio. In questa chiesa vi è un prezioso Cristo in legno delsecolo XVI e alcuni quadri di scuola fiamminga.

Chiesa San Michele

Edificata nel 1612, in stile barocco, grazie a Gilbert Ferret, un capitano algheresedell’esercito spagnolo, si possono ammirare altari del 1678.

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Cagliari

La Chiesa di Nostra Signora della Speranza,comunemente nota come Chiesa dellaSperanza, si trova a Cagliari, nello storicoquartiere Castello, in via Duomo.

Cenni storici

La piccola chiesa, adiacente al Duomo, è lacappella gentilizia della nobile famigliaAymerich, Marchesi di Laconi, il cui palazzo,poco distante, venne devastato daibombardamenti del 1943, che ne lasciarono inpiedi solo le mura perimetrali, ancoraesistenti.Non si conosce la data precisa di edificazionedella chiesa, comunque avvenuta tra il XV e ilXVI secolo. Una indicazione preziosa ci vienedallo stemma degli Aymerich, scolpito sopra ilportale, recante l'aquila bicipite, concessaalla famiglia solo nel 1535 da Carlo V; iltempio quindi potrebbe essere stato edificatoo restaurato posteriormente a tale data.

La chiesa della Speranza è anche legata alla storia del parlamento sardo nel periodo delladominazione spagnola, infatti proprio in questo edificio si riuniva uno dei tre Stamenti(bracci) del parlamento, lo Stamento militare o nobiliare.

Anticamente e sino alla metà del XX secolo, dal 16 dicembre di ogni anno, gli esponenti dellefamiglie nobili di Castello si riunivano nella cappella degli Aymerich per celebrare la novena diNatale.Inoltre, il 18 dicembre, nella chiesa ancora oggi si venera una statua seicentesca di NostraSignora della Speranza, anch'essa proprietà degli Aymerich, raffigurante la Madonna incinta,in attesa di Gesù (esperanza, in spagnolo, significa anche attesa). Si tratta di un culto portatoa Cagliari appunto dagli spagnoli, anticamente tanto sentito in città, al punto che la Carrer dela Seu (via della Sede, la Cattedrale), l'odierna via Duomo, dove sorge la chiesa, era nota aicagliaritani come sa ruga de sa Speranza, la via della Speranza.Fatta eccezione per il giorno in cui si festeggia la titolare, il già citato 18 dicembre, e altresporadiche occasioni, la chiesa della Speranza è di norma chiusa (sorte che la accomuna allealtre chiese di Castello, esclusa la Cattedrale).

Chiesa di Nostra Signora della Speranza

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L'edificio è in stile gotico - catalano,abbastanza semplice ma con alcunielementi di interesse. Il prospettoprincipale della chiesa è a terminalepiatto, con un piccolo campanile a velasul lato sinistro. Il portale è strombatoverso l'interno, sovrastato da un arcogotico con modanatura liscia. Poco sopra si aprono due finestrellequadrangolari, al centro delle quali sitrova lo stemma in pietra del casatodegli Aymerich. L'interno presentaun'unica aula rettangolare senza abside,con tre cappelle sul lato destro. La voltadell'aula è costituita da una crocieracompleta al centro e da due mezzecrociere agli estremi, con costoloni. Levolte delle cappelle laterali, a piantarettangolare, sono a crociere complete,sempre costolonate. Proprio queste volteogivali conferiscono grande suggestioneall'interno del piccolo edificio.

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Santuario di Bonaria

Il colle di Bonaria è situato a sud-est di Cagliari. Nel 1324 il re Alfonso di Aragona vi pose ilsuo accampamento per conquistare la città di Cagliari e vi fece costruire un castellofortificato e una chiesa. Nel 1335 il re fece donazione della chiesa ai frati dell'Ordine diNostra Signora della Mercede per costruirvi un convento, che ancora abitano. L'Ordine diN.S. della Mercede fu fondato in Spagna, a Barcellona, nel 1218 da S.Pietro Nolasco perliberare i cristiani schiavi. Tanti sventurati furono così liberati e restituiti alle loro famiglie.In seguito l'apostolato dei Mercedari si sviluppò secondo le esigenze dei tempi ma sempre inlinea col suo impegno di liberazione integrale dell'uomo dalle schiavitù fisiche espirituali.Anche i religiosi di Bonaria, aiutati dai volontari e benefattori dell'epoca,effettuarono varie redenzioni di schiavi. Nel 1370 un veliero partito dalla Spagna è sorpresoda una furiosa tempesta. Tutto il carico viene gettato in mare, tra cui una pesante cassa, maappena questa tocca le acque, miracolosamente il mare si calma e torna la bonaccia.La cassa si dirige verso il porto di Bonaria, dove viene aperta dai religiosi: contiene unameravigliosa statua della Madonna, in legno di carrubo, che sorregge il bambino nella manosinistra e nella mano destra ha una candela accesa. Subito la devozione della Madonna diBonaria si diffonde nell'isola e nel mondo, specie tra i marinai che la invocano come loroprotettrice. Per devozione alla Vergine di Bonaria i conquistadores diedero il nome allacapitale dell'Argentina: Buenos Aires. S. Pio X, il 13 settembre 1907, proclamò la Madonna diBonaria Patrona Massima della Sardegna. Il Papa Paolo VI onorò con la sua presenza lecelebrazioni del sesto centenario, il 24 aprile 1970. Il Papa Giovanni Paolo II venne pellegrinoa Bonaria il 20 ottobre 1985.

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Lo Scudo dei quattro mori

Stemma Regnum Sardiniae 1620 nel quale sono presenti lo scudo deiquattro mori e quello della città di Cagliari

Una delle più significative testimonianze culturali della presenza iberica in terra sarda ècostituita dallo scudo dei quattro mori, oggi stemma officiale della Regione autonoma dellaSardegna che l’ha adottato il 19 giugno 1950. L’adozione è stata sancita con decreto delPresidente della Repubblica italiana nel 1952. Lo scudo, di forma ovale, è cosi composto:crocerossa di S. Giorgio in campo bianco o argento, avente nei cantoni quattro teste nere di mori,rivolte a sinistra di chi guarda, con gl’occhi coperti da bende bianche legate agli occipiti. Lostemma comparve nell’isola sullo scorcio del XVI secolo; la sua prima attestazione finora notaè rilevabile nel frontespizio dei Capitols de Cort del Stament militar de Sardenya, pubblicatia Cagliari nel 1590 da Perre Joan Arquer come riedizione dell’omonima opera curata daFrancesc Bellit nel 1571. Lo scudo qui presente raffigura le teste dei mori con gli occhi liberied aperti mentre le bende sono disegnate sulla fronte, mentre la variante della benda sugliocchi comparve soltanto in epoca sabauda, nella seconda metà del settecento. Lo scudo sardotradizionale raffigurava, dunque, i mori con le bende sulla fronte (sinonimo di corone secondola simbologia araldica) ed era del tutto identico allo scudo che, nella stessa epoca, venivaattribuito al regno d’Aragona. Giova subito precisare che lo scudo dei quattro mori comparveper la prima volta, in assoluto, all’ epoca del re catalano-aragonese Pietro il Grande (1276-85).Circa la sua origine, fu avanzata, sullo scorcio del XV secolo, una teoria in base alla quale lostemma sarebbe stato creato dal re Pietro I d’Aragona (1094-1104)per celebrare lasmagliante vittoria riportata sui mori ad Alcoraz (1096) , in conseguenza della quale furiconquistata la città di Huesca. Nell’ ottocento, sotto l’ influenza del romanticismo, la teoriasubì un’ evoluzione e si vollero identificare nei mori i quattro giudicati sardi vittoriosi sugl’arabi. Lo stemma assunse, così, il valore ideale di simbolo tutto sardo, nato in dei pochi periodistorici in cui la Sardegna non fu soggetta a dominazioni straniere. La variante della bendasugl’occhi, che si era intanto affermata, ben si adattava alla nuova ipotesi, in quanto pareva

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voler mettere in evidenza lo stato schiavitù degli arabi sconfitti. Sulla base di questa teoria,ancora ufficialmente seguita nell’ isola, lo stemma è stato adottato dal Partito Sardo d’Azione(1920) e dalla Regione Autonoma della Sardegna.

I quattro mori con la benda sulla fronte XVII sec. del cartografo Frederick de Wit

Stemma Regnum Sardiniae epoca sabauda (i mori compaiono con gli occhi bendati)

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Le grandi dinastie sardo-catalane

La presenza di famiglie catalane in Sardegna, inizia nel XII secolo, in particolare nei secoli incui la Sardegna apparteneva ai Re d’Aragona e poi ai Re di Spagna. Ci furono diverse famiglienobili, di mercanti e artigiani che si stabilirono nelle città sarde in particolare a Cagliari e adAlghero. Questa emigrazione è ancora oggi testimoniata dai diversi cognomi di originecatalana presenti nell’isola come ad esempio Roich, Garau, Pons, Cardona, Cervera, Simon,Brau, Masia, Pau ecc.ecc.Anche i nomi di santi e culti mariani popolari in Catalogna sono usati dal popolo sardo, a voltenella forma derivata direttamente da quella catalana: Aleixi (Aleix), Bardili (Baldiri), ecc. perdi più, alcuni di questi santi e di questi culti entrano a far parte della devozione e perfinodella toponimia sarda maggiore e minore: Monserrato, La Mercede, ecc.Un’importante famiglia catalana che raggiunse le massime cariche politiche in Sardegna fuquella dei Cervellò, imparentata con i conti di Barcellona. Altre famiglie importanti comequella di Cervellò fu quella dei Cervera, Centelles discendente dai primi conquistatori dellacatalogna. Anche il casato catalano degli Eril ebbe la sua importanza acquistando i feudi diGesico, Goni, Samassi, Samatzai, Ussana. Infine tra le grandi famiglie, ci fu anche quella deiFolch de Cardona che si riteneva discendente dal conte d’Anjou; Ramon de Cardona preseparte alla spedizione in Sardigna nel 1323 fu governatore generale della Sardegna dal 1329 al1336 e feudatario di Asuni, Nureci ed Ossi.

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Scudo della famiglia sardo-catalana Satrilla

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Elementi linguistici catalani e spagnoli nella lingua sarda

La Sardegna pone da sempre numerosi interrogativi al visitatore. Il suo isolamento geograficoin mezzo al Mediterraneo occidentale è certamente all'origine della sua peculiaritànaturalistica e culturale. In quest' ultima rientra certamente la lingua, uno dei primi elementicaratteristici di differenza che il visitatore coglie dopo aver messo piede in Sardegna. Lalingua sarda è ancora di uso corrente nell'isola, per quanto i sardi parlino generalmente unitaliano corretto.

Il sardo non ha una stretta parentela con alcun dialetto della penisola italiana e conservacaratteristiche di grande originalità tra gli idiomi neolatini. Esiste inoltre una tradizionescritta documentale che risale all'epoca giudicale, dopo la fine dell'influenza bizantina. Ciòinduce gli studiosi a considerare il sardo una lingua.

L'analisi del lessico sardo rivela le stratificazioni linguistiche che si sono succedute nell'isolae fornisce una misura di quali tra esse abbiano lasciato l'impronta più forte. Il fondo latino èprevalente rispetto a tutti, tant'è che il sardo è considerato una delle lingue romanze piùfedeli all'origine comune latina. Scarsi appaiono invece gli apporti che possono essere fattirisalire al punico, al greco e al bizantino, al germanico, all'arabo.

Le altre lingue dalle quali il sardo ha attinto abbondantemente sono il catalano, lo spagnolo el'italiano. L'elemento catalano-spagnolo deve essere fatto risalire alla lunga dominazionespagnola della Sardegna, durata cinque secoli dal XIV al XVIII secolo. I conquistatori ibericierano aragonesi, la cui lingua ufficiale fu fino al XV secolo il catalano. Quando le corone diAragona e di Castiglia si riunirono nel 1479, la lingua ufficiale del nuovo regno divenne lospagnolo. Nell'isola sarda, tuttavia, l'uso del catalano continuò e solo nel XVII secolo lospagnolo cominciò a diffondersi, ciò per il particolare conservatorismo linguistico dellaSardegna, dovuto certamente al suo isolamento geografico.

La lingua catalana si diffuse presto nelle città,soprattutto a Cagliari,dove prima insieme aldialetto indigeno mai completamente spodestato, si parlava l’italiano introdotto daipisani,come attestano le numerose voci dell’antico toscano che esistono tuttora in sardo. Giànel 1337 si pubblicavano in catalano i decreti del governatore(veguer) diretti ai funzionariamministratori. Il catalano si parlava soprattutto nelle città, mentre nei villaggi si continuavaa parlare il sardo,come ce lo attesta Sigismondo Arquer nella sua “Sardiniae brevis istoria etdescriptio”. Nel 1565 “ Estamentos ”, riuniti a Cagliari chiesero che gli statuti diIglesias,Bosa e Sassari fino ad ora arredati in italiano si traducessero al “Sardo o Catàlan” eil vice re D. Alvaro de madrigal propose la traduzione in catalano che fu autorizzata con undecreto reale di Filippo II in data 22 giugno 1565.L’uso del catalano non cessò neanche dopola riunione delle due corone di Aragona e di Castiglia (1469). Il vice re da questa data in poitranne in pochi casi non erano catalani,continuarono a pubblicare i “ pregones” come prima inlingua catalana.

I catalanismi e spagnolismi del sardo sono ancora abbastanza numerosi e, se se ne volessestendere un elenco, questo riuscirebbe assai lungo. Molti,specialmente quelli che designanooggetti concreti, sono talmente radicati che difficilmente spariranno. Nomi come “ventàna”,“bartsòlu”, “bardùffula”, non si considerano più nomi forestieri. Se la sedia si chiama in tuttoil campidano e nelle Barbagie “kadìra” =cat. cadira, per un sardo questa è semplicemente unavariante del log. “kadrèa”, superstite del lat. “cathedra”.

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Arte del fabbro e del magnano

Ferréri, camp. (fabbro) = cat. ferrerMariskalì, camp. (maniscalco)= spagn. cat. mariscal (oggi per lo più maniskalku)Mànca, camp. (mantice) = arag. mancha, cat. manxaTuvéra, camp. (tubo del mantice) = cat. tobera (de la manxa del fornal)Karagòlu , camp. (morsa, strettoio) = cat. caragolMol’a , camp. (molla) = cat. mollaKlavéra , camp. (chiodaia, strumento per fare la capocchia ai chiodi) = spagn. cat. claveraFiléra , camp. (trafila) = cat. filera “hilera para estirar en hilos los metales”Frontissa, camp. (cerniera, cardine) = cat. frontissa Groffali, camp. (arpione, cardine), dal cat. golf(o)Cernera, camp. (cerniera) = cat. xarneraArrebrois , camp. rust. (i chiodi delle ruote piene) = cat. reblò Passadore , -i , camp. (paletto, stanghetta) = spagn. cat. passadorArremaccai, camp. (ribadire) = spagn. remacharKardiggai, camp. (arroventare il ferro) = spagn. caldear (una “herradura”);Impavonai, impobonai, camp. (imbrunire il ferro, damaschinare) = spagn. pavonar, empavonar“dar pavon al hierro o al acero”Intusai , camp. (rivoltare il taglio ai ferri delle forbici) = cat. Entorxar

L’arte del falegname

Fusteri, camp. (falegname)= cat. FusterPrana, camp. (pialla)= cat. planaPiga, camp. (bietta che preme sulla pialla e la sicura) cat.= PitjaAppiggai, camp. (unire), cat.= PitjarBurrumballa, camp. (truciolo), cat.= BurumballaBiga, camp. (trave)= cat.= BigaCapai, camp. (segare legname sottilmente)= cat. XaparInkasai, camp. (combaciare)= cat.= Encaixar, encajarLaurai, camp. (appianare) spagn.= LabrarIntriskiai, camp. (torcere i denti alla sega), cat.= EntrascarBurdugil’u, cagl. (sega lunga), spagn.= verduguillo

L’ arte del calzolaio

Sabatteri, camp. (calzolaio)= cat. SabaterSabbatta, camp. (scarpa)= cat. SabataSapatas, cagl. (scarpa)= spagn. ZapataKrapittas, ital. (scarpa)Botta, camp. (stivale)= cat.-spagn. BotaSandalia, camp. (sandalo)=cat.-spagn. SandaliaTiga, camp. (gambale dello stivale)= cat. TijaSkembellu, camp. (pedana del calzolaio)= cat. EscambellTrapanti, camp. (strumento per fare i buchi nelle scarpe)= cat. TrepantRemuntare, ai. camp. (rimontare le scarpe)= cat.-spagn. Remontar

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Mollu, camp. (modello di scarpa dei calzolai)= cat. MolloKordoneras, camp. (lacci delle scarpe)= cat. CordonerasTakkone, camp. (tacco)= spagn. Tacon

Arte muratoria

Pikkaberdéri, camp. (muratore) = cat. PicapedrerManòbra, manorba, camp.(manovale del muratore) = cat. Spagn. ManovreArregòla, camp. (quadrello, mattone) = cat. Rajola (rrezòle) Argàmassa, camp. (malta, calce macerata) = cat. Spagn. ArgamassaGìsu, camp. (gesso) = cat. Guix Bròssa, camp. (calcinaccio) = cat. Brossa , spagn. Broza Cimbria , camp. (centinia) = spagn. Ant. Cimbria spagn. Mod. cimbra; cat. CindriaBoveda, bovida, camp. ( volta) = spagn. Boveda Tsimbòriu , camp (cupola) =spagn. Cimborio , cat. CimboriTapiu, camp.(muro di terra) = spagn. cat. Tapiar, tapia.Gurnìsa, grunisa, camp.(“cornice del tetto) spagn. cat. CornisaPan’àda, camp. (t. de piccaperderi) (pendio del tetto) dal cat. Pany “en front , parte de unedifici”Inkroamentu, camp. “architrave” ; incroadu “architravato” dal cat. Croar, encrohar Frisu camp. (fregio) = spagn. Friso; cat. FrisGuttas, camp. (campanelle, gocciole) = spagn. Gotas “pequeno adorno conico de bajo detriglifo”Fusellu “ camp. (str de piccaperderi ) ( grua) = cat. FusellGavetta camp. ( vassoio del muratore) = cat. Gavetta, gabetta “ receptacle de fusta per aportar guix, argamassa etc.”Skùda, camp. (t. de piccaperderi) (martello dentato) = spagn. cat. Escoda “esp. De martillo concorte en ambos lados”Tsivéra, camp. (barella per portar pietre) = cat.civera Arrebussai, camp. –are (intonacare), = cat. arrebossar

Arte del sarto e della sarta

Drappéri, log. (sarto) = cat. Draper.Plànca, pranca, camp. (ferro da stiro) = spagn. Plancha, cat. PlanxaPrencai, camp. (stirare) = spagn. Planchar, cat. PlanxarReputai, camp. (impuntire) = cat. RepuntarSkottai, camp. (scollare un vestito) = cat. EscotarTrapai, camp. (straforare la tela) = spagn. TreparKossu dess’ agu, camp. (cruna) = spagn. Ojo de la aguja

Capi vestiario e oggetti di moda

Miga, camp. (calza)= cat. MitjaPeunku, piunku, camp. (calzettino)= cat. PehucKambusu, camp. (cuffia dei bimbi)= cat. CambuixKaretta, log. (cuffia)= spagn. CaretaBonnettu, camp. (berretto)= cat. Bonet

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Montera, log. (berretto di pelle)= spagn. MonteraBarritta, berretta, camp. (berretto)= cat. BarrettaBarriola, camp. (berretto tondo)= cat. barriola Sombreri, camp. ( cappello)= spagn. SombreroKottil’a, camp. (busto)= spagn. CotillaLongarina, log. (tabarro con maniche lunghe)= spagn. AnguarinaSobretodo, camp. (palandrano)= spagn. SobretodoTorcigil’a, camp. (colletto alto della camicia del costume da uomo)= cat. LeciuguillaKorbata, camp. (cravatta)= cat.- spagn. CorbataMukadore, i camp. (fazzoletto)= cat. MocadorDevantali, davantali, camp. (grembuile)= spagn. DevantalPolanias, camp. (pizzi dei polsi del costume da donna)= cat. PolaynaRanda, camp. (merletto)= spagn. RandaTrinca, camp. (cintura dei calzoni)= spagn. trinchaVetta, camp. (nastro)=spagn. VetaAfforru, camp. (fodera)= cat.-spagn. AborroTavellas, camp. (pieghe delle gonne)= cat. TavellaVora, camp. (orlo)= cat. VoraTrau, camp. (occhiello)= cat. TrauTraseris, camp. (falde di dietro di una veste)= cat. Traser

Vocaboli che designano panni e stoffe

Brokkadil’u, camp. (qualità di broccato)= spagn. BrocadilloKadissu, camp. (drappo di lana)= spagn. CadizKappiccola, camp. (stoffa di seta)= spagn. CapicholaIspolinu, log. (tela di seta tessuta di fili d’oro o d’agento)= spagn. EspolinPanna, camp. (velluto di cotone)= cat. PannaPelfa, camp. (felpa)= cat. PelfaTanau, camp. (vestito di mezzo lutto)= cat. TanatTertsiupelu, camp. (velluto)=spagn. TerciopeloMatalaffu, camp. (materasso)= cat. MatalafFrassada, camp. (coperta di lana)= cat. FlassadaKrocca, camp. (trapunta)= spagn. ColtaManta, camp. (coperta di lana pesante)= cat.-spagn. Manta.Tappissu, camp. (tappeto)= cat.-spagn. tapizTravesseri, camp. (guanciale lungo)= cat. TraverserKosinera, camp. (federa)= cat. Coixinera

Termini relativi all’ acconciatura dei capelli e della barba

Afaitai, camp. (fare la barba)=spagn. afeitarArrullai, camp. (arricciare i capelli)= cat. RullarBigotis, camp. (baffi)= spagn. bigotesKabeliera, camp. (chioma)=spagn. cabeleraRepilai, camp. (fare il contrappelo)= cat. Repelar

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Termini catalani e spagnoli di uso quotidiano

Suttea, camp. (terrazza)= spagn. azoteaIs bassus, camp. (sotterranei delle case)= spagn. bajosStankus, camp. (tabacchino)=spagn. estancoParadas, camp. (banchi nelle strade dove si vendono dolci)= cat. ParadaKarapigna, camp. (sorbetto)= spagn. garapinaIskorkas, camp. (dolce di mandorle)= spagn. alcorzaGueffus, camp. (dolce di mandorle)= spagn. huevosMantegada, camp. (focaccia)= spagn. mantecadaIs pirikkittus, camp. (dolci rotondi)= spagn. periquilloArrialis, camp. (monete di due cent.)=spagn. realPettas, camp. (monete di cinquanta cent.)= cat. PessaDurus, camp. (moneta di cinque lire)= spagn. duroMertsei, samartsei, camp. (voi-lei)= spagn. sumercedMissen’ori, camp. (signore)= spagn. mi senorMissen’ora, camp. (signora)= spagn. mi senoraVustei, fustei, camp. (voi-lei)= spagn. vuestra mercedAdiosu, camp. (arrivederci)= spagn. adiòsPesame, i, camp. (condoglianze)= spagn. pesame

Casa e cucina

Kapponada, camp. (manicaretto con pesce,olive e capperi)= cat. CaponadaKassola, camp. (piatto con carne e pesce)=cat. CassolaKaldu, camp. (brodo)= spagn.-cat. CaldoLepudrida, camp. (minestra di carne con prosciutto e legumi)= cat.-spagn. olla podridaAndarinos,us, camp. (gnoccherelli tortigliati)= spagn. andarinesFindeos, camp.(fidelini)=spagn. fideosImpanada, camp. (pasticcio di anguille o carne e patate)= spagn. empanadaArrosu, camp. (riso)= spagn. arrozFiambre, camp. (arrosto freddo)= spagn. fiambreFlan, cagl. (crema solida)= spagn. flanMokka, camp. (intestini)=cat. MocaSkabeccu, camp. (pesce marinato)=spagn. escabecheLeu, camp. (polmine del bue)= cat. LleuPostri, camp. (dolci o frutta)= spagn. postre

Utensili di cucina e da tavola

Saffatta, camp. (vassoio)= cat. SafataCalderone, camp. (paiolo)= spagn. calderonVinagrera, binagrera, camp. (acetoliera)=spagn. vinagreraTassa, camp. (bicchiere)= cat. TassaKuccerinu, camp. (cucchiaino)= spagn. cucharonKuccaroni, camp. (cucchiaio)= spagn. cucharonKullera, camp. (cucchiaio)= cat. CulleraPittseri, camp. (brocca)= cat. Pitser

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Oggetti della vita domestica

Kuppa, camp. (braciere)= spagn.-cat. CopaStufil’a, camp. (scaldapiedi)= spagn. estufillaLantja, camp. (lampada per l’olio)= cat. LlantiaTestu, camp. (vaso da fiori)= cat. TestKalasu, camp. (cassetto)=cat. CalaisParastaggu, camp. (scaffale)= cat. ParastatgeTrastos, camp. (masserizia di casa)= spagn. trastos

Parti della casa

Aposentu, camp. (camera, stanza)= spagn. aposentoDesvanu, camp. (camera, soffitta)= spagn. desvanPatiu, camp. (cortile delle case)= spagn. patioReplanu, camp. (pianerottolo)= cat. ReplaSu porcu, camp. (portico)= spagn. porche

Nomi di pesci e di frutti di mare

Ancova, camp. (acciuga)=spagn. anchovaArana, camp. (pesce ragno)=cat. AranyaArengo, camp. (aringa)=cat. ArenchBakkaliari, camp. (baccalà)= cat. BacallàBasuku, camp. (pagello)= cat. BesucKalamari, camp. (calamari, seppia)= spagn. calamarLissa, camp. (muggine)= cat. LlissaMacconi, camp. (ghiozzo)=cat. MaxonMussola, camp. (palombo)= cat. MussolaMudzulu, camp. (capitone)= spagn. mujolOrinel’a, camp. (razza grande)= cat. OrenellaPagellu, camp. (pagello)= cat. PagellPalaya, camp. (sogliola)=cat. PelaiaPiskau, camp. (muggine)=spagn. pescadoSurellu, camp. (specie di sgombro)= cat. SurellOstioni, camp. (ostrica)=spagn. ostinon

Piante ornamentali e erbe per la cucina

Affrabika, Frabika, camp. (basilico) = cat. AlfàbregaDondiegu, camp. ( specie di gelsomino) = spagn. DondiegoDoradil’a, log. (specie di felce) = spagn. DoradillaFartsia, camp. (capelvenere) = cat. Falsia Gravellu, camp. (garofano) = cat. Clavell, spagn. ClavelGassintu, camp. (giacinto) = spagn. JacintoRomaninu, camp. (rosmarino) = cat. RomanìTulipani, camp. (tulipano) = spagn. TulipànMattafaluga, camp. (anice) = cat. MatafalugaKarabassa, log. (zucca) = cat. CarabassaSindria, camp. (cocomero) = cat. Sindria

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Nomi di uccelli

Kardanera, camp. (cardellino) = cat. CardaneraPassarellu, camp. (fanello) = cat. PassarellVartsia, camp. (rondone) = cat. FarziaVerdarolu, camp. (verdone) = cat. VerderolGavina, camp. (gabbiano) = cat. Gavina

Termini riferiti alla medicina

Kallentura camp. (febbre) = spagn. CalenturaL’aga, camp. (ulcera) = spagn. LlagaAmorranas, camp. (emorroidi) = spagn. AlmorranasKimbaras, camp (dissenteria) = cat. Cambras, spagn. ant. CamarasPigotta, camp. (vaiuolo) = cat. Pigota Porceddanas, camp. (scrofole) = cat. PorcellanasPoaga, camp. (podagra) = cat. PoagraRegla, camp. ( mestruo) = cat. ReglaKutis, camp. (epidermide) = spagn. CutisGala, camp. (supposta) = spagn. CalaBassinu, camp. ( cantaro) = spagn. BacinSangria, camp. (salasso) = spagn/ cat. Sangria(Ar)resfriau,camp. ( raffreddore) = spagn. Resfriar, ResfrioBardaisi, camp. ( paralizzarsi) = spagn/ cat.BaldarRekkrakkaisi, camp. ( storcersi un piede) = cat. RecalcarseIntelai, camp. ( offuscarsi gli occhi) = cat. EntelarseLacinu, camp. ( garza) = spagn. LechinoLevadora, camp. ( levatrice) = cat. Llevadora

Pronomi e avverbi

Kini?, camp. ( chi) = cat. QuinAici, camp. (così) = cat. AixiAundi, camp. ( dove) = cat. AhontPropiu, camp. ( stesso, medesimo) = spagn. Proprio

Modi di dire

Gettai una kucarada, camp. (mettere il suo parere in una cosa) = spagn. Meter una cucharadaTokkai sa borta, camp. (bussare alla porta) = spagn. Tocar a la puertaTokkai sa campana, camp. (suonare la campana) = spagn. Tocar a la campanaPigai grokkoriga, camp. (avere un rifiuto in amore, essere bocciati all’esame) = spagn. Llevar CalabazasSegai sa gonka, camp. ( dar fastidio) = spagn. Romper la cabeza a alguienNon donainci, camp. ( non badarci) = spagn. No he dado en estoDonai korda, camp. ( caricare l’orologio) = spagn. Dar cuerdaSonaisi su nasu, camp. ( soffiarsi il naso) = spagn. SonarseGei ddu greu, camp. (naturalmente) = spagn. Ya lo creoKantu barbaridadi, camp. (ma è incredibile) = spagn. Que barbaridad!Essiri di malu sanguini, camp. ( essere senza grazia) = spagn. Tener mala sangre

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Stai, camp. (essere del parere) = spagn. Estoy queSettsiri,camp. (parlando di vestiti) = spagn. SentarseKustu bistiri ddi settsiri beni, camp.( questo vestito gli sta bene) = spagn. Este vestido lesienta bienProvai beni o mali, camp.( far bene o male) = spagn. Probar bien

Con l’amministrazione catalana e spagnola furono introdotti in Sardegna anche i termini adessa attinenti. I documenti dell’epoca contengono termini che, cessate le istituzioni spagnole,sono andati in disuso.

Termini Amministrativi

“sìndiku”, log. camp. (sindaco) = spagn. sìndico, cat. sìndic;“abogau”, camp. (avvocato) = spagn. abogado;“albasea”, camp. (esecutore testamentario) = spagn. albacea;“arguttsinu”, log. camp. (aguzzino, custode degli ergastoli) = spagn. alguacil, cat. Algotzil;“eréu”, log., camp. (erede) = spagn. heredero, cat. hereu;“reggidore”, (consigliere municipale) = spagn. regidor;“visurrei”, log., cmp. (vicerè) = spagn. ant. visorrey;“buttsinu, boccinu”, log.; “bugginu” camp. (boia,carnefice) = cat. Botxi, butxi (a Cagliari si usaoggi anche per diavolo)“magestade”, log; camp. “magestadi” (re, maestà) = spagn. majestad;“autu” log. camp. (atto pubblico) = spagn. auto;“finka” log. camp. (ipoteca, beni) = spagn. cat. finca;“imbarcare, imbarcai” log. camp. (sequestrare) = spagn. embargar;“mota”, camp. (rata, quota) = cat. Mota;“pletare, poetai” (litigare) = spagn. pleito, pleitar; cat. plet;“renda” camp. (rendita) = spagn. renta; cat. renda;“sikutai” camp; “sukutai” camp. Oristano (sequestrare) = spagn ejecutar;“tacca” cam. (tassa, dazio) = spagn. talla; cat. tatxa;“duana” log. camp. (tariffa doganale) = spagn. cat. Aduana, duana.

Termini ecclesiastici

“s’inkontru” camp. (incontro) = spagn. el encuentro;“is germendadis” camp. (le confraternite) = cat. germandat;“obispu” camp. (vescovo) = spagn. obispo;“mongu” camp. (monaco) = spagn. monje; cat. monxe;“monga” camp. (monaca) = cat. monxe;“para” camp. (frate) = cat. para;“arrettori” camp. (parroco) = cat. rector;“novissiu” camp. (novizio) = spagn. novicio;“is filigresus” camp. (parrocchiani) = spagn. cat. feligrès;“guventu” camp. (convento) = cat. covent“monasteriu” camp. (monastero) = spagn. monasterio;“arba” camp. (camice dei sacerdoti) = spagn. alba;

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“arminu” log., “arminiu” camp. (pelle di ermellino) = deriva dallo spagnolo arminio;“tokka” log. camp. (velo delle monache) = spagn. toca;“trona” log. camp. (pulpito) = cat. trona;“dosel” log., “doseliu” camp. (baldacchino) = spagn. dosel;“retaulu” camp. (tavola dipinta dell’altare) = spagn. retablo;“niccu” log. camp. (nicchia) = spagn. nicha;“skaparatu” camp. (piccola nicchia contenente reliquie) = spagn. escaparate;“umíl’ adéri” log. (genuflessorio) = spagn. Umilladero;“krisméra” (vasetto per olii sacri) = spagn. cat. crismera;“pikka” camp. ( vasetto d’ acqua benedetta) = cat. pica d’ aigua beneita;“isópu” camp. (aspersorio) = spagn. hisopo;“arroséri” cagl. (rosario) = cat. roser; “matrákka” log. Camp. (le tabelle che si suonano nelle chiese durante la settimanasanta) = spagn. cat. matraca;“baúllu” camp. ( feretro, cassa da morto) = spagn. cat. baúl;“lósa” log. camp. ( lastra, lapide della tomba) = spagn. losa, cat. llosa;“ciriu, siriu” log. camp. (cero, grossa candela di cera) = spagn. cirio;“tsiríl’a” log. (cerino, stoppino, cera filata che si usa nelle chiese) = spagn. cerilla;“aráña” camp. (lampadario delle chiese) = spagn. araña, cat. aranya;“resare, rasare,” log. ; “arresai” camp. (pregare) = spagn. rezar;“oliare” nuor. , log. ; “ oliai” camp. ( ungere con l’olio santo) = cat. oliar; nello stesso senso siusa “pernuliai” camp. (olio santo, estrema unzione) = cat. pernoliar;“nasiméntu” camp. ( presepe di Natale) = spagn. nacimiento;“konfirmatsióne,-i” log. camp. (conferma Cresima) = spagn. confirmación, cat. -ó;“gósos” log. ( composizione metrica in onore della Vergine e dei Santi) = spagn. gozos; cat.goigs;“sepultai” camp. ( seppellire) = spagn. cat. sepultar; “kalavéra” camp. (teschio di morto) = spagn. calavera;“sa dì de is fináus” camp. (il giorno dei morti) = spagn. dia de los finados;“interramortos” log. (becchino) = cat. enterramorts;“kandelera” camp. (candelora) = cat. candelera;“luttsiférru” camp. (Lucifero) = spagn. cat. Lucifer;“Belléi” camp. (Betlemme) = spagn. Belén;“fillóru” camp. (figlioccio) = cat. fillol “hijo de pila, ahijado”.

Nomi di battesimo di origine catalana

“Alési” (Alessio) = cat. Aleix;“Badili” (Baldirio) = cat. Bartomeo;“Brai” (Biaggio) = cat. Blai;“Gordi” (Giorgio) = cat. Jordi;“Pirikku” (Pietrino) = spagn. Perico;“Luisu” (Luigi) = cat. spagn. Luis;“Milanu” (Emilio) = spagn. Millan;“Eloy, Loy” (Eligio) = cat. Eloy;“Vissente” (Vincenzo) = spagn. Vicente.

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Nomi di uso comune“Ventànas” (finestra) = spagn.ventana“fastiggai” (fare all’amore) = cat.festejar“istimare,stimai (amare) = cat.estimar“su lasu” (collana) = spagn.lazo

Il catalano di Alghero

L’algherese è riconosciuto come uno dei dialetti della lingua catalana,a sua volta appartenente,come lo spagnolo e l’italiano,alle lingue romanze;continua ad essere utilizzato come parlatacorrente,anche se l’emigrazione e lo sviluppo del turismo hanno contribuito a romperel’isolamento e a destinarlo alla comunicazione famigliare.Pur non essendo codificata,la variante algherese prende a modello la grafia catalana.La fine del dominio spagnolo sulla Sardegna,nei primi anni del XVIII secolo,non ha impedito adAlghero di mantenere i contatti con la Catatonia; tanto che la lingua minoritaria è statautilizzata in città anche quando in Spagna l’unità politica aveva elevato il casigliano a linguaufficiale,considerando il catalano un dialetto.Il catalano ad Alghero è parlato approssimativamente da 20.000 persone,su un totale di40.000 abitanti,ha ottenuto il riconoscimento di lingua minoritaria dello Stato italiano con laLegge 15/10/ 1999, n.482. La legislazione regionale della Sardegna(L.R. 15/10/1999,n.26“Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna”) prevede forme ditutela linguistica che tuttavia non si sono ancora concretizzate.Non esiste un regolare insegnamento della lingua catalana ad Alghero; Alcune iniziativesperimentali sono state intraprese nell’ambito dell’educazione primaria e secondaria (al difuori del regolare orario di lezione).Esistono,invece,specifici corsi destinati agli adulti.Nella pubblica amministrazione il suo utilizzo è attualmente scarso,mentre nella produzioneletteraria,nella toponomastica e nella vita culturale locale è sicuramente notevole; moltodiffusa è la rivista bimestrale “L’Alguer”, interamente redatta in catalano,alcuni altriperiodici e qualche stazione radio sono bilingui.La Chiesa cattolica,sino alla fine del 1700, ha redatto in catalano la documentazione d’archiviodell’amministrazione episcopale e del capitolo della Cattedrale,quando successivamente vennevietata fu sostituita con il latino da un decreto vescovile. La storia della minoranza catalanaconferma che è stata la Chiesa ad aver contribuito in modo importante alla conservazionedella lingua,anche in ambito non strettamente religioso,infatti fino ai primi anni di questosecolo,tra le condizioni che permettevano di operare come titolare della parrocchia,diAlghero, vi era quella della buona conoscenza della lingua minoritaria,anche il catechismoveniva insegnato in algherese. Attualmente la lingua è utilizzata in occasione di cerimonie religiose solenni. Alcuni sacerdoti,dal 1980,hanno ottenuto dal vescovo di celebrare una messa domenicale in catalano.La regione Sardegna ha previsto inoltre la possibilità dell’insegnamento nelle scuoleelementari,sia pure a titolo sperimentale;il comune di Alghero,avvalendosi di giovaniprofessori di lingua catalana,organizza corsi per lo studio della lingua.

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Caratteristiche del catalano algherese

Rispetto al catalano “standard” si rivelano alcune differenze nel lessico e nella pronunciadovute alla sua arcaicità o alle differenti influenze esterne:- Gli articoli in Lo/Los (pron. lu/lus) e La/Les ( pron.la/las) per il catalano El/Els, La/Les;- Sostituzione di L in R( port=polt, sard=sald, persona= palsona, corda= colda, portal= pultal,

Sardenya= Saldenya), fenomeno comune nel Nord Sardegna al sardo logudoresesettentrionale, al sassarese e al gallurese;

- La sostituzione di RL in L (parlar= palà);- Rotacismo L in R (blanc=branc, plana = prana, clau=crau, vular= vurà, placa=praca,

ungla=ungra, plena=prena, Barceloneta= Balzaruneta, vila= vira, escola= ascora), comeanche in sassarese;

- Sostituzione anche della D in R (cada=cara, vida=vira, bleda=brera, roda=rora;- ә әPronuncia in - - della atona( persona=p lzona) fenomeno comune al dominio catalano

orientale; anche in posizione finale, dove per esempio dà luogo al cambio RE=RA(escriure=escriura);

- Pronuncia in U della O atona (portal= pultal);- R muta in posizione finale (saber=sabè, L’Alguer=L’Alguè) come nei dialetti catalani

orientali;- La conservazione della V come fonema distinto da B, similmente al catalano delle Baleari e

al valenciano;- La trasformazione della E in I( estiu=istiu, vestir=vistì;- La semplificazione dell’esito finale NY in N e LL/LY in L (any=an, cavall=caval);- Arcaismo in alcune parole ( “espada” per “espasa” “pareixer” per “semblar”);- Utilizzo di termini differenti dal catalano standard anche per influenza castigliana, sarda

e italiana: “iglesia” al posto di “esglesia”,”eba” per “egua”, “fortuna “ per “sort”, “lletra” per“carta”, “fatxa” per “cara”.

La maggior parte di queste particolarità di pronuncia dialettale non viene convenzionalmenteriportata nella lingua scritta, che adotta spesso le regole di trascrizione del catalanoufficiale.

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Libro degli statuti del 1674, redatto in catalano del gremio dei conciatori di Cagliari

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Una carta della rubrica del Llibre vert, libro degli statuti seicenteschi del gremio dei bottai

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I Retabli

Retablo è una parola di origine catalana derivante, a sua volta, dal latino “retrotabula altaris,”cioè tavola sistemata dietro l’altare.Si tratta di opere pittoriche a più scomparti raccordati da cornici e dipinti a tempera, spessocon fondi d’oro, che raffigurano le storie del santo a cui è dedicato.La loro diffusione in Sardegna è conseguente alla conquista catalano-aragonese (XIV sec.).In Sardegna ne vennero dipinti più di cento e nel ‘500 a Cagliari nacque perfino la scuola diStampace, appartenente a una famiglia intera, quella dei Cavaro.Queste pale d’altare inizialmente venivano inviate dalla Spagna o realizzate da artisti ibericiresidenti nell’isola, ma in un secondo momento, specie nel XVI secolo, uscirono dalle botteghedi pittori sardi, che seppero dare vita ad uno stile eclettico e affascinante.

Il retablo del Presepio, opera di pittore anonimo

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Poesia e canti popolari

La passione per la poesia ha in Sardegna una diffusione e un peso antropologico paragonabile apochi altri ambiti dell’attività umana nell’isola.Per un verso parlare di poesia per musica in Sardegna significa parlare di tutte le forme dicanto tradizionale.I testi verbali che vengono intonati nell’ambito di generi come il canto achitarra logudorese e gallurese o nel canto a tenore, ad esempio, appartengono al patrimoniodi poesia concepita dal Settecento in poi.Ma parlare di poesia cantata significa anche parlare delle tradizioni di poesiad’improvvisazione come i diversi tipi di “canzonis”diffusi nell’area meridionale dell’isola, conscopi satirici o diffamatori.Ad esse aggiungiamo i “goccius,” cantati in occasione di solennità sacre; le “Anninnias,”cantiper addormentare i bambini; gli “attittidos,”canti di lamentazione funebre; i “cantus a s’opu e i“lairellellara,”cantati durante il lavoro; i “trallallera” cantati in occasione delle feste; infine lapoesia improvvisata e cantata come gara poetica ad opera di professionisti nelle festereligiose, considerata la punta di diamante della poesia sarda.

I Goigs

I goigs costituiscono il genere più caratteristico del repertorio di canti popolari catalani.Sono canti religiosi che tessono le lodi di Gesù Cristo, della Vergine e dei Santi, allo stessotempo chiedono, quasi sempre in forma di evocazione, tutta una serie di favori, che vannodalla protezione per le persone o per il bestiame al buon esito dei raccolti.Di solito si cantano collettivamente in occasione di pellegrinaggi, processioni, novene, festedel santo Patrono. Si tratta di un genere semi popolare, pervenuto a noi per tradizione oraleed anche, fin dal Cinquecento, attraverso la stampa.Così, nei secoli di decadenza del catalano, i goigs rappresentarono per una buona par dellapopolazione l’unica occasione di leggere in catalano, anche se alcuni esemplari conservati sonoscritti in castigliano o in una lingua ibrida.Dall’inizio del XVIII secolo e con la sola eccezione degli algheresi, i goigs sardi sono scrittinella lingua dell’isola. Si tratta di goigs che, accanto alle invocazioni comuni a tutto il mondocristiano, hanno anche invocazioni importate dai Paesi catalani; è il caso della Madonna dellaMercede:A sa terra ses benìa/ Po portai sa libertari/Consola s’umanidadi/De sa MercedeMaria/Raimundu de Pennaforti,/Splendri de Barcellona/Giacu Rei de Aragona,/De is morusnemigu forti;/Tent’hanti puru la sorti/De ddis cumparri Maria.

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Feste religioso-folkloristiche

Evidenti tracce della dominazione spagnola si riscontrano soprattutto nelle feste religioso-folkloristiche come quella di Sant’Efisio, della Cavalcata di Sassari e del Redentore di Nuoro.

La Sagra di Sant’EfisioLa Sagra di Sant’Efisio che rappresenta la più grande e colorata processione del mondo,richiama ogni anno a Cagliari migliaia di turisti.All’inizio la sagra era una piccola processione che accompagnava il santo, compostaesclusivamente dai confratelli dell’arciconfraternita, da alcuni miliziani a cavallo e, sempre acavallo, dall’Alter Nos rappresentante del Sindaco e dal delegato dell’Arcivescovo.Con il passare degli anni, la sagra si è sempre più arricchita. Sono state inserite le traccas,carri da lavoro trainati da buoi, splendidamente addobbati, con i prodotti della terra, gliutensili della casa e i prodotti tipici della gastronomia.In seguito sono stati aggiunti i cavalieri, i gruppi in costume provenienti da tutta la Sardegna,che recitano e cantano le preghiere della tradizione, creando un clima veramente suggestivo.Tutto intorno il suono delle “Launeddas”, tipico strumento a fiato, che precede il passaggio delSanto, tra due ali di folla.A piedi da Cagliari, attraverso Sarroch, Villa San Pietro, Pula il cocchio con il Santo raggiungeNora (30km).Il 4 maggio a tarda sera, in una festa allietata dai fuochi artificiali, il Santo rientra nellachiesetta di Santapace.

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La Cavalcata di Sassari

La penultima domenica di maggio, a Sassari, è il giorno del grande appuntamento con il folkloresardo, si svolge infatti “La Cavalcata Sarda”.“La Cavalcata” è una splendida vetrina di costumi sardi, un vero e percorso attraverso l’isola,

alla scoperta delle suetradizioni. La Festariunisce circa tremilapartecipanti che sfilano apiedi e a cavallo per le viedella città, con gli antichicostumi (straordinari perbellezza, ricchezza,varietà di fogge, tessuti egioielli).La manifestazioneprevede esibizioni ippichedi grandi abilità equestre:pariglie, parezzas e ardia.La sera, e sino a notteinoltrata, si susseguono le

gare tra i vari gruppi paesani, per i concorsi di canti, di suoni e di danze. In un solo giorno sipossono così ammirare le tradizioni e i costumi dell’intera Sardegna.

La sagra del Redentore

La sagra del Redentore si tiene a Nuoro, sul monte Ortobene. Quest’ultimo fu uno tra i 20monti scelti dal Vaticano per far erigere da Papa Leone III, in occasione del Giubileo del1900, il monumento dedicato a Cristo Redentore.La statua in bronzo, alta circa 7 mt., fu inaugurata il 29 agosto del 1.901, e proprio in ricordodi questo evento, si celebra ogni anno quella considerata la “festa grande” dei nuoresi: Lasagra del Redentore.Negli ultimi anni le manifestazioni civili sono state separate da quelle religiose, pertanto, ladomenica che precede il 29 agosto ha luogo una grande sfilata di costumi tradizionaliprovenienti da tutta l’isola.La sfilata raggiunge il campo sportivo nel quale si festeggia e dove una giuria seleziona igruppi folkloristici migliori, che prenderanno parte alla competizione finale della domenicasuccessiva. La mattina del 29 agosto si celebra la vera e propria cerimonia religiosa. I fedelisi radunano di fronte alla Cattedrale per recarsi in pellegrinaggio fino alla statua delRedentore. Qui, sull’altare in granito, si celebra, poco prima di mezzogiorno, la Messa solenne.

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La cucina sarda

La cucina sarda è figlia della storia dell’isola, posta al centro del Mediterraneo e crocevia deimaggiori traffici commerciali dal medioevo sino all’età moderna. Dapprima sotto il controllo di Genova e Pisa (soprattutto un controllo circoscritto delle cittàcostiere) e poi a partire dalla prima metà del XIV secolo fino a tutto il XVI secolo, ilMediterraneo era ancora al centro del mondo e il controllo Aragonese prima e spagnolo poifecero si che la Sardegna diventasse la tappa intermedia di tutte le rotte più importanti. Un grande crogiuolo di popoli e di merci che transitavano per i maggiori porti della Sardegna eche si fondevano con i prodotti locali, dando origine a interessanti e durature commistioni.I prodotti dell’entroterra erano tipicamente grano e formaggio, questo ultimo grazieall’abbondanza di sale (prodotto costosissimo a quel tempo) poteva essere commercializzato inabbondanza in mezza Europa proprio come succedaneo del sale. Nel campo gastronomico, la cucina sarda, influenzata dalla cucina spagnola e genovese, metteil pane al centro della tradizione culinaria.Lo si ritrova in tavola con nomi, forme e gusti diversi come il “pani tunnu”; oppure la “pizzuda”barbaricina, una focaccia triangolare, come il “tanconi”, pane smerlettato , e lo “zicchi” o pane“scaddatu”, rotondo e schiacciato, privo di mollica; il “carasau” o “carta da musica”, secco,sottilissimo che spesso è possibile ritrovare anche nei supermercati del continente.Di origine spagnola sono una zuppa di pesce tipica della zona di Cagliari, chiamata la “cassola”,e un'altra zuppa a base di pane raffermo che un tempo era il piatto dei galeotti dellamarineria spagnola il “mazzamorru”, anche lo “scabecciu” la marinatura nell’aceto che siriserva di solito ai muggini, viene dal catalano “escabet”.Agli spagnoli, ad esempio, si deve l’introduzione nell’isola dell’olio prodotto nella penisolaIberica, quello che oggi viene chiamato “ollu armanu”, nome dialettale che derivaprobabilmente dallo spagnolo “hermano”, fratello. Sempre dagli spagnoli si fa derivare la ricetta delle “tacculas”, tordi che dopo essere statibolliti vengono avvolti in foglie di mirto e chiusi in piccoli sacchetti di tela. Citiamo ancora la“cordula cun pisciuri”, dallo spagnolo corsero, agnello, e dal sardo pisciuri, cioè piselli.I “piricchitus” sono una delle testimonianze della dominazione Spagnola in Sardegna; sono,infatti, dei dolci di origine spagnola ma ormai talmente diffusi e presenti da tanto temponell’Isola (specialmente nella nostra zona, il Campidano, che più ha risentito dell’occupazione)che possono a buon diritto essere considerati come tipici sardi. Per quanto riguarda i vinipossiamo menzionare il Torbato, assai pregiato e di origine Catalana, prodotto oggi nella zonadi Alghero; il Vermentino, importato dalla Spagna, ha trovato la sua collocazione geograficanella zona della Gallura. Del Vermentino DOC, ne esistono due versioni: il Vermentino diGallura, dal colore giallo paglierino, vino secco, con una gradazione che può essere di 12 o 14gradi, a seconda che si tratti della versione normale o superiore; il Vermentino di Sardegna,più leggero del primo con un tasso d’alcool di 10,5 gradi; il Cannonau, vino più conosciuto dellaSardegna, è ottenuto da un vitigno di probabile origine spagnola, maggiormente prodotto nellaparte orientale dell’isola. Vino DOC, dal colore rosso rubino e dal sapore caldo, pieno e secco.

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I riti religiosi

I riti della Settimana Santa in Sardegna

La settimana santa inSardegna è un’esperienzaunica ed emozionante.Secolari tradizioni di originespagnola si fondono conantichissime usanze mistico-religiose locali.Nella Sardegna tradizionale lafesta della Pasqua (sa PascaManna) supera per importanzae solennità lo stesso Natale.Tradizioni molto antiche,campidanesi, logudoresi ebarbaricine e forti influenzeiberiche sono alla base di riti,processioni e momenti coraliparticolarmente sentiti, cherichiamano fedeli e turisti invarie parti dell’isola. Risaltanosoprattutto le processioni deimisteri e i riti des’Iscravamentu e des’Incontru. Un ruoloparticolare svolgono leconfraternite, che curano lesacre rappresentazioni,sfilano nei loro costumi edeseguono i canti religiosi,spesso in latino e anche insardo. Sono particolarmenteimportanti i riti che si

svolgono a Cagliari, Iglesias, Bortigali, Bosa, Desulo, Dorgali, Laconi, Mamoiada, Oliena,Cuglieri, Santu Lussurgiu, Santa Giusta, Alghero, Castelsardo.

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Su Scravamentu-s’Iscravamentu

Deposizione della croce di Cristo. Successivamente il simulacro viene portato in processionenel letto di morte seguito dalla Madonna Addolorata.

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S’Incontru

Ha luogo il giorno di Pasqua, conl’incontro di due processionirecanti l’una il Cristo Risorto el’altra la Madonna.

I riti della Settimana Santa di Alghero

Le manifestazioni della Settimana Santa algherese (Setmana Santa de l’Alguer) sono tra lepiù suggestive della Sardegna, per l’affascinante scenario del centro storico cittadino e per laforte impronta catalana dei riti che si ripetono immutati da secoli. Un ruolo centrale hanno iGermans Blancs (confraternita di N.S. della Misericordia) che dal XVII secolo organizzano lesacre rappresentazioni della passione. Ad essi la leggenda attribuisce il prodigioso recupero,nelle acque del porto cittadino, del bellissimo Cristo ligneo di fattura spagnola, checostituisce l’elemento centrale dei riti. La notte del Venerdì Santo, il Cristo morto, dopo ilrito del Desclavament (discendimento) in Cattedrale è seguito per le vie della città dal grandecorteo notturno dei confratelli, dalla folla dei fedeli che reggono i farols e dai cantori cheintonano preghiere e musica, con antichi canti catalani e gosos in lingua sarda.

Desclavament

Il Desclavament (discendimento) del venerdì Santo è una cerimonia di grande impatto e conforti influenze catalane. Ha luogo nella Cattedrale. Quattro baroni in costume chiedono ilpermesso a Maria di avvicinarsi al Cristo. Portano guanti bianchi e con bende bianche,lentamente, saliti sulle scale poggiate alla croce, levano la corona di spine e i chiodi. Il Cristoviene poggiato delicatamente nella cassa (bressol, culla) e viene accompagnato in processioneper le vie della città.

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Cristo ligneo

Il recupero del Cristo fu nella realtà davvero avventuroso. Come risulta da documentid’archivio, il 18 gennaio del 1606 il veliero Santa Maria di Montenero, con a bordo nobili,

religiosi, militari emercanti, salpò daAlicante diretto aGenova. In vista delgolfo di Portoconte,l’imbarcazione,travolta da unfortunale, naufragò.Faceva parte delcarico della nave unagrande cassacontenente ilcrocefisso, che ilproprietario, NicolaBusso di Varazze, nonriuscì a salvare. Lacassa fu recuperata

per interessamento dell’arciprete Munoz ed il crocefisso fu trasferito ad Alghero, nelconvento di S. Maria della Pietà dei Frati Minori Osservanti. Questi, trasferitisi in città nellaChiesa della Misericordia, lasciarono il crocefisso alla confraternita dopo la loro soppressionenel 1855.

La Madonna di Monserrat

La Madonna di Monserrat viene festeggiata la prima domenica dopo l’Ascensione. Non solo inSpagna, ma anche in Sardegna: a Tratalias, piccolo paese del Sulcis. Un paese con una storiarecente molto particolare. Infatti, quasi trent’anni dopo la costruzione, negli anni ’50, delladiga di Monte Pranu, il paese è stato costretto a migrare su un colle ricostruito dal nulla. Avederlo oggi sembra un paese senza storia, ma la realtà è un’ altra. Infatti, poco più a valle,ecco ancora in piedi le case del vecchio paese, ormai fantasma. Ma che custodisce un grandetesoro: la Cattedrale romanico-pisana dedicata alla Madonna di Monserrat.

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La Chiesa di Santa Maria

La Chiesa di Santa Maria in Donigala è un edificio con forme gotiche costruito probabilmentesu un anteriore impianto di una chiesa paleocristiana o bizantina. La Chiesa risulta ricostruita

intorno al 1550 con le due antiche cappelle lateraliin stile gotico-aragonese con crociere nervateattigue all’ abside, tre finestre, un portale ogivaledecorato con capitelli di buona fattura artisticacoronato da merlature aragonesi e da una torrecampanaria di poco posteriore all’ edificio principale.La lunetta posta sulla sommità dell’ ogiva contiene l’epigrafe attestante l’ ultimazione dei lavori nel1642, durante il regno di Filippo IV di Spagna, sottoil pontificato di papa urbano VIII mentre eracanonico a Donigala Luxorio Roger. La Chiesa diSanta Maria, rivolta ad oriente, ha l’ interno anavata unica con volta a botte e cappelle laterali edè decorata con numerosi affreschi di pregevolefattura; interessante l’ altare ligneo in stile barocco

ed il coro, sempre in legno risalente al XVIII secolo. Donigala e la festività di Santa Mariadell’otto settembre sono conosciute in tutta la Sardegna per la processione con i secolariceri, che richiama un gran numero di fedeli in pellegrinaggio provenienti da Nurri e Dolianova.La festività è una delle più conosciute dell’ intera isola e i ceri sono il simbolo e il sinonimo diDonigala e di Santa Maria di Monserrat. Per questa particolarità unica alla delegazione delpaese durante la festività di Sant’ Efisio viene riservato l’ onore di precedereimmediatamente il santo.

La Chiesa di San Teodoro

La Chiesa di San Teodoro in Siurgus è stata edificata tra il XVI e il XVII secolo su unpreesistente edificio bizantino. La Chiesa, rivolta ad oriente, è in stile gotico-catalano con unasingola navata, volta a sesto acuto e archi trasversali che danno accesso a sei cappellelaterali, tre per parte. La navata è separata con una balaustra in marmo dal presbiterio,caratterizzato da una volta a crociera a costolonatura con gemma a pendula e da un altarepolicromo risalente al XVIII secolo. Nel basamento del campanile accanto all’edificio èricavato il battistero, mentre il pulpito in marmo è di fattura recente. La facciata dell’edificiopresenta pochi elementi decorativi, con un coronamento merlato, un rosone centrale e ilportale incorniciato e ornato; nel sagrato invece è presente un monolite intarsiato risalente alperiodo bizantino. La pianta del fabbricato rispetta le antiche regole che volevano le Chieseorientate verso Gerusalemme così che, entrando da ovest, simbolo del buio e del peccato, eprocedendo attraverso la navata verso l’altare maggiore, l’uomo si avvicina alla luce dellaverità. Il culto del Santo si diffuse a partire dal VI secolo dopo il crollo del dominio vandalicoad opera dei bizantini. La tradizione popolare racconta che nel territorio ci fosse uninsediamento di monaci ai quali si deve il culto del Santo a Siurgus.

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La casa aragonese

Fu costruita alla fine del XVI sec. Ed abitata fino al 1978. Fu poi venduta dalla famiglia Sannadi Ghilarza al Comune di Fordongianus che ne curò il restauro, ultimato nel 1983. Essa ècostituita da un corpo doppio, con quattro stanze posteriori, di cui una da sul cortile, e di treanteriori, di cui da sul loggiato esterno.Il quale è stato creato come area ombreggiata per prendere il fresco nei mesi estivi ed èdotato di sedili in pietra. Il tetto è costruito da un’intelaiatura di legno, poi coperto da canneintrecciate. Sono caratteristici all’interno gli armadi a muro.Il cortile si trova sul retro ed è diviso da muretti in vari settori, come l’orto e la stalla, unambiente ancora oggi coperto, dove si trova il portale che si apre su una strada secondaria eche veniva usato per far sostare i cavalli e i carri. L’altro ambiente, che oggi è scoperto, eraprobabilmente usato come fienile. La casa prende nome dagli elementi architettonici in stilegotico-aragonese che decorano porte e finestre, come la colonnine sottili e affiancati, icapitelli di forme cilindriche e l’arco inflesso .Il tipico materiale usato è la trachite rossa,grigia, o verde di cui Fordongianus è ricca e con cui viene costruita la maggior parte dellaabitazioni.

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La Sartiglia e la Sortilla

Diffusa a partire dalla metà del Cinquecento in tutta Europa, ma diversamente attestata inItalia, in Spagna e in Francia, la «corsa degli anelli», detta in francese course de bagues, inspagnolo sortilla e in catalano sortija, pone il problema delle origini incerte della Sartiglia diOristano.

Una delle tante interpretazioni, avvalorata a partire dalla metà dell’Ottocento (ma maidiscussa a fondo) vuole che la corsa degli anelli fosse un gioco equestre tradizionalmentepraticato dai mori ed ereditato dagli spagnoli.

Secondo alcuni studiosi la giostra sarebbe giunta in Sardegna in epoca giudicale tramite idonnicelli di Arborea educati alla Corte Aragonese.

È sicuramente chiara però l’etimologia del nome: Sartigliaderiva appunto dallo spagnolo Sortija, che a sua volta haorigine dal latino Sorticula, che significa anello, ma ancheSors, fortuna. Infatti la gara è si una corsa all’anello, maanche una festa dal profondo significato rituale neiconfronti della sorte, con antiche reminiscenze di un anticorito agrario attraverso il quale i popoli del bacinoMediterraneo chiedevano agli dei la fertilità della terra el’abbondanza del raccolto.

Lo stesso termine Componidori trae origine dallo spagnoloComponedor, che designa il maestro di campo della corsa.

Ciò nonostante alcuni studiosi non sono completamenteconvinti dell’origine spagnola della giostra; le loro tesi sibasano su determinati documenti, questi sono in sintesi i

riferimenti storici di particolare interesse:

• Nei poemi medievali non esiste alcuna traccia della corsa degli anelli;

• In Italia la corsa degli anelli è documentata sin dalla seconda metà del Trecento,precisamente dal 1370;

• In Spagna le fonti storiche attestano la «Sortija» soloa partire dal 1460;

• In Francia il primo riferimento esplicito a questo tipo dicorse risale al 1547.

Alla luce di questi dati, questi studiosi affermano che ilradicarsi della corsa degli anelli, documentata ormai in tuttaEuropa nella metà del XVI secolo, è stato il risultato di unadiffusione a partire dall’Italia, che oltre ad esserne la culla nesarebbe anche il centro di irradiazione.

La tesi più avvalorata resta comunque quella di un’importazionedella giostra equestre dalla Spagna. Se infatti scaviamo tra le tante tradizioni spagnole, sinota sicuramente la notevole somiglianza della nostra Sartiglia con un’altra giostra equestre,che si corre nell’isola di Minorca, in Spagna: la Sortilla.

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Le somiglianze tra queste due giostre sono ancora oggi oggetto di appassionata riflessione eanalisi storiografica e antropologica.

È con il 1479 – anno della battaglia di Macomer che segna la caduta del Marchesato diOristano e la conseguente annessione alla corona di Spagna – che probabilmente le due feste,già tanto simili nei processi rituali, si incontrano e si condizionano ulteriormente.

Sartiglia e Sortilla sono come due gemelle:

identica l’età, le motivazioni, l’anello, ilcavallo, i cavalieri e la folla; inoltre sialaSortilla che la Sartiglia, organizzatadal Gremio dei Contadini, sono dedicatea San Giovanni.

Ad Oristano la Sartiglia che si corre ilMartedì, organizzata dal Gremio deiFalegnami, è dedicata a San Giuseppe.

Osservando lo svolgimento dellaSortilla, sono principalmente due le coseche riportano alla mente la Sartiglia diOristano: la presenza di un «capocorsa», chiamato Caixier Senior, e diuna «colonna sonora», tenuta da unpersonaggio chiamato Fabioler.

Il Caixier Senior viene scelto solamente tra i nobili dellacittà (come veniva fatto in passato per il Componidori) edinveste nella manifestazione una ingente somma di denaroproprio.

Il suo abito costa una fortuna e può essere utilizzato soloper due volte consecutive.

Il Fabioler è, come detto, una specie di colonna sonora.Egli batte su un rudimentale tamburo e soffia su unostridente piffero per tutta la durata dellamanifestazione,potrebbe essere definito quasi unassemblato tra i tamburini e i trombettieri della Sartiglia.

Una dovuta citazione merita il rito dell’uomo pecora: s’homo de bè.

Egli è scelto tra una lista di candidati, tutti braccianti agricoli, che presentano la propriacandidatura per onorare un voto.

Il suo compito è quello di portare, per un’intera giornata, la domenica che precede il 24giugno, un montone al quale sono dedicate tantissime cure.

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Il vello bianco del montone forma untutt’uno con la mastruca (il mantello)dell’uomo, che lo porta sulle spalle, a piedinudi. Questo rito si rivela quasi semprefatale per l’animale che, dopo esserestato portato di casa in casa, come unsanto in processione, tra spinte, toccate,sbalzi e sussulti, talvolta spira sulle spallede s’homo de bè.

Se però, oltre ai personaggi, andiamo adanalizzare tutti i riti e tutte le azioni cheessi compiono, noteremo sicuramentemolte altre analogie. Per esempio, su 120cavalieri che possono correre, il CaixerSenior ne sceglie 13 che dovranno poipercorrere al galoppo la via per tre volteciascuno, armati di un lungo stocco, inmezzo alla folla che si apre al loropassaggio, ma che subito si richiude allespalle dell’uomo e del cavallo. Questi 120cavalieri stanno in groppa ai propri cavalli dalle 2 del pomeriggio alle 4 del mattino, senzapoter mai scendere dal proprio cavallo (nella Sartiglia quest’obbligo è imposto solo alComponidori).

Ogni qualvolta un cavaliere coglie l’ambito anello, unabanda musicale empieza a tocar (comincia a suonare)un brano assai gioioso detto Jaleo, tra gli incitamentidella folla tutta. Ma ciò che colpisce di più una personaestranea alla giostra, ciò che affascina di più, è ilmomento in cui il cavaliere si esibisce sul cavalloimpennatosi, mentre la folla lo incita, lo sprona, loprovoca, lo tocca quasi fosse un portafortuna.A contifatti però rimane sempre una differenzafondamentale tra le due giostre: la Sartiglia diOristano appare meglio organizzata, mentre la Sortilladi Ciutadella rimane più religiosa e genuina.Mancanoinfatti transenne, tribune, addetti e rappresentanti diassociazioni, cioè tutti quei personaggi che adOristano affollano la via Duomo.

È probabilmente a causa del dominio spagnolo, oggettodi rancore e di sotterranea rivolta, che gli oristanesitrasformano la Sartiglia in festa popolare,

affiancandola al Carnevale; per conservare alla memoria collettiva i fasti del Giudicato diArborea. E con il carnevale appare ad Oristano la maschera: elemento ambiguo e surreale che,se da una parte distingue più di ogni altro la Sartiglia dalla festa minorchina, dall’altra neevidenzia la dimensione di messa in scena laica, di teatro della storia.

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Hanno partecipato alla stesura di questo documento i seguenti alunni:

CLASSE IVA, VA Casu Jessica Piras Anna Cominu Francesca Piras Michela Floridia Francesca Podda Laura Loddo Valeria Scanu Susanna Meli Giulia Spanu Eleonora Melis Federica Spanu Silvia Meloni Laura Soddu Marta Ortu Silvia Soru Egidio Passiu Paola Uras MonicaPiano Francesca

CLASSE IVB, VBBella CarlottaCadeddu LucaCarta GiuliaDeonette GiorgiaGraniti GiacomoLoi LauraMarcias MarziaMelis FedericaOrrù DenisePuggioni GiuliaSanna Marilisa

CLASSE IIIAArmas Sara Marongiu PatriziaAtzori Valentina Pala ValentinaCasu Roberta Pau RobertaDeias Daniela Perre NoemiFloris Flavia Pisu AlessiaGarau Melania Porcu FrancescoMacis Daniel Schirru PaolaManunta Daniela Scintu ValentinaMarongiu Laura Sireus Claudia