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ISTITUTO STATALE DI ISTRUZIONE SUPERIORE “Leopoldo II di Lorena” www.isitplorena.eu Via de Barberi - 58 100 Grosseto Tel. 0564/22321 - Fax 0564/ 415389 Via Meda – Giolitti 58100 Grosseto tel e fax 0564-23564 E - mail: [email protected] - PEC: [email protected] ISITP Leopoldo II di Lorena | Dipense progetto biodiversità 1 Progetto coltiva e conserva la biodiversità Dispense didattiche A cura del Prof. Alessandro Cardarelli Introduzione al tema: La minaccia alla biodiversità Gli scienziati stimano che attualmente sulla Terra ci siano 1,4 milioni di specie di piante e di animali. Tuttavia, l'aumento della popolazione mondiale e la crescente richiesta di alimenti per soddisfare le esigenze di cibo costituiscono la maggiore minaccia alla biodiversità, causata dal danneggiamento degli habitat naturali (che vengono distrutti per far posto alle coltivazioni). Le specie selvatiche, infatti, tendono a estinguersi laddove l'ambiente in cui vivono viene sconvolto dall'inquinamento, dall'urbanizzazione, dalla deforestazione, dalla desertificazione e dal prosciugamento di zone paludose, che altera gli equilibri naturali. La cattiva gestione nei settori agricolo, forestale e ittico accelera ulteriormente questo processo distruttivo. Nel XX secolo circa il 75% delle varietà vegetali preesistenti è andato perduto. Attualmente i tre quarti dell'alimentazione mondiale sono sostenuti da appena cinque specie animali, mentre le quattro specie vegetali più coltivate (grano, mais, riso e patata) forniscono all'organismo umano metà della sua energia. Un terzo circa delle specie viventi è a rischio estinzione. Oltre al numero delle specie, è essenziale conservare anche la diversità genetica all'interno di ciascuna specie. L'agricoltura moderna ha puntato a selezionare specie e varietà vegetali e animali uniformi, ad alto rendimento, incoraggiando i produttori alimentari ad abbandonare va- rietà e specie locali: questo processo rischia di far scomparire la diversità genetica propria di colture e di animali. La rapida diminuzione della diversità genetica, che fornisce agli scienziati il materiale di base necessario per ottenere varietà di raccolti e di allevamenti più produttive e resistenti, preoccupa gli esperti, che vedono in ciò una progressiva diminuzione delle capacità di adattamento degli organismi alle mutate condizioni esterne. I Paesi in via di sviluppo non hanno bisogno di una singola varietà ad alto rendimento, ma di colture diversificate, che crescano bene anche in climi avversi, e di animali resistenti alle malattie. Per gli agricoltori dei paesi poveri inoltre, la biodiversità può rappresentare - come sostiene anche la FAO (organizzazione delle nazioni unite per l’agricoltura e l’alimentazione) - la migliore protezione contro la fame. Gli uomini sarebbero avvantaggiati dalla possibilità di un'ampia scelta nel settore vegetale e animale, che consentirebbe una dieta nutritiva particolarmente diversificata per le comunità locali con scarso accesso ai mercati.

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Progetto coltiva e conserva la biodiversità Dispense didattiche A cura del Prof. Alessandro Cardarelli Introduzione al tema: La minaccia alla biodiversità

Gli scienziati stimano che attualmente sulla Terra ci siano 1,4 milioni di specie di piante e di animali. Tuttavia, l'aumento della popolazione mondiale e la crescente richiesta di alimenti per soddisfare le esigenze di cibo costituiscono la maggiore minaccia alla biodiversità, causata dal danneggiamento degli habitat naturali (che vengono distrutti per far posto alle coltivazioni). Le specie selvatiche, infatti, tendono a estinguersi laddove l'ambiente in cui vivono viene sconvolto dall'inquinamento, dall'urbanizzazione, dalla deforestazione, dalla desertificazione e dal prosciugamento di zone paludose, che altera gli equilibri naturali.

La cattiva gestione nei settori agricolo, forestale e ittico accelera ulteriormente questo processo distruttivo. Nel XX secolo circa il 75% delle varietà vegetali preesistenti è andato perduto. Attualmente i tre quarti dell'alimentazione mondiale sono sostenuti da appena cinque specie animali, mentre le quattro specie vegetali più coltivate (grano, mais, riso e patata) forniscono all'organismo umano metà della sua energia. Un terzo circa delle specie viventi è a rischio estinzione. Oltre al numero delle specie, è essenziale conservare anche la diversità genetica

all'interno di ciascuna specie.

L'agricoltura moderna ha puntato a selezionare specie e varietà vegetali e animali uniformi, ad alto rendimento, incoraggiando i produttori alimentari ad abbandonare va-rietà e specie locali: questo processo rischia di far scomparire la diversità genetica propria di colture e di animali.

La rapida diminuzione della diversità genetica, che fornisce agli scienziati il materiale di base necessario per ottenere varietà di raccolti e di allevamenti più produttive e resistenti, preoccupa gli esperti, che vedono in ciò una progressiva

diminuzione delle capacità di adattamento degli organismi alle mutate condizioni esterne. I Paesi in via di sviluppo non hanno bisogno di una singola varietà ad alto rendimento, ma di colture diversificate, che crescano bene anche in climi avversi, e di animali resistenti alle malattie.

Per gli agricoltori dei paesi poveri inoltre, la biodiversità può rappresentare - come sostiene anche la FAO (organizzazione delle nazioni unite per l’agricoltura e l’alimentazione) - la migliore protezione contro la fame. Gli uomini sarebbero avvantaggiati dalla possibilità di un'ampia scelta nel settore vegetale e animale, che consentirebbe una dieta nutritiva particolarmente diversificata per le comunità locali con scarso accesso ai mercati.

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DIVERSITÀ' BIOLOGICADIVERSITÀ' BIOLOGICADIVERSITÀ' BIOLOGICADIVERSITÀ' BIOLOGICA

Con il termine diversità biologica si fa riferimento all'intera varietà delle forme di vita sulla

terra. Essa è causa riflessa della seconda delle tendenze sopra richiamate. Il punto è che nessuno conosce, neppure con un accettabile grado di approssimazione, quante siano le forme di vita con cui l'umanità condivide il nostro pianeta. A tutt'oggi sono state identificate circa un milione e quattrocentomila specie*, ma gli scienziati ritengono che il numero reale oscilli tra i dieci e gli ottanta milioni. Si tratta in massima parte di animali piccoli o microscopici, come insetti e molluschi, che vivono in ambienti poco esplorati quali la foresta tropicale fluviale o il fondo degli oceani. La stessa situazione, si può anche trovare in luoghi a noi più familiari quali i prati incolti di collina o i giardini vicino a casa. E' proprio in questi ambienti conosciuti che è spesso individuata la presenza di specie assolutamente ignote, protagoniste o comprimarie di una realtà che anche solo in termini di numeri ci sfugge.

Nonostante le lacune della scienza in materia, molti studi consentono di affermare che c'è

stata una diminuzione di specie esistenti di tipo vertiginoso. E' stato calcolato, ad esempio, che a causa della scomparsa delle foreste pluviali nel mondo spariscono circa 140 specie di invertebrati al giorno (Wilson 1983).

Questa situazione è generalizzata a tutto il globo: in India 10 varietà di riso occupano il 70% di un territorio dove prima erano coltivavate circa 30.000 diverse specie, mentre in Europa si è estinta circa la metà delle razze di animali che esistevano all'inizio del secolo.

Per le piante, -circa 250.000 specie, di cui molte fanno parte della dieta mediterranea- sia spontanee, sia coltivate, la diminuzione della diversità avviene per più ragioni, alcune inevitabili perché legate ai processi evolutivi agricoli e al mutamento del clima; altre senza dubbio evitabili, come l'eccessivo sfruttamento, il degrado e la distruzione degli habitat naturali o l'inquinamento di varia natura.

Quanto appena affermato si può chiarire ricordando che la scomparsa della specie non è né un fatto recente né una novità: la stessa cosa è accaduta ai dinosauri estintisi nel corso dell'evoluzione geologica. Non possiamo però negare che i processi di trasformazione degli ambienti naturali operati dall'uomo negli ultimi anni hanno raggiunto livelli preoccupanti e la "spinta" data potrebbe essere decisiva.

Da quanto si evince dagli studi effettuati si stima che le specie commestibili sono dalle 10 alle 50 mila. La perdita di questa variabilità alimentare è anch'essa causata dai fattori suddetti. Se valutiamo i dati in nostro possesso, vediamo che gli indiani del Nord dell’America si nutrivano di più di 1100 specie vegetali diverse ed ancor oggi in Sudafrica i boscimani hanno una dieta variata *Ricordiamo che il termine "specie" nella tassonomia è usato per raggruppare un gruppo di organismi così definiti: "Una unità naturale, costituita da un gruppo di individui riproduttivamente isolati, cioè capaci di generare figli fecondi soltanto se accoppiati fra loro".

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che comprende circa 85 tipi di specie vegetali. Nel corso del tempo un diverso uso del territorio rurale, di cui diremo in seguito, ha mutato radicalmente quello stato di cose. Nell'agricoltura "evoluta" attuale, infatti, il numero delle piante che trovano posto nelle coltivazioni arrivano al massimo alle 1500, e ciò non in un territorio ristretto, bensì sull'intero globo.

Il dato diviene ancor più allarmante se consideriamo che circa il 95% del nostro fabbisogno alimentare complessivo è assicurato da 30 specie di piante e almeno i tre quarti della nostra dieta è costituito da solo 10 colture (Mooney 1979). Le specie di piante agrarie in questione sono: grano, riso, mais, sorgo, miglio, patata, patata dolce e igname, canna da zucchero e soia. Scendendo ancora nel dettaglio, tre sole specie - riso, mais e frumento - forniscono quasi il 60 % delle calorie ricavate dalle piante.

La situazione sopra riportata, come abbiamo detto, è purtroppo generalizzata a tutto il globo ed in parte è il risultato di un normale processo evoluzionistico. Principalmente, però, avviene a causa del tipo di uso del territorio e degli ambienti naturali perpetrato dall'umanità: si pensi tra gli altri alla diminuzione della frammentazione degli ambienti naturali.

Nel tempo una reale protezione degli ecosistemi, come strategia volta a salvaguardare l'eredità biologica mondiale, richiederà di per sé profondi cambiamenti nel modo di vedere e di utilizzare il territorio da parte dell'uomo. La scomparsa delle specie di insetti, piante ed altri organismi è un fenomeno rilevante per tutti noi: è quello che cercheremo di dimostrare strada facendo. Per adesso, ricordiamo che ogni specie è il prodotto unico ed insostituibile di circa 3.000 milioni di anni di evoluzione*, e costituisce pertanto un oggetto di valore inestimabile per le indagini scientifiche, per le caratteristiche proprie e per le interazioni cui può dare luogo. La specie umana interagisce ovviamente con le altre specie del sistema e ne dipende strettamente, per cui un corretto approccio con esse risulta nel nostro interesse.

IIIIMPORTANZA DELLA DIVEMPORTANZA DELLA DIVEMPORTANZA DELLA DIVEMPORTANZA DELLA DIVERSITÀ' IN AGRICOLTURRSITÀ' IN AGRICOLTURRSITÀ' IN AGRICOLTURRSITÀ' IN AGRICOLTURAAAA

L'attività umana messa maggiormente a repentaglio dal fenomeno di perdita della

biodiversità è senza dubbio quella agricola. In agricoltura, infatti, la diversità genetica consente alle specie coltivate di adattarsi alle più varie condizioni ed ambienti di crescita: la capacità che alcune varietà possiedono di crescere in condizioni di carenza idrica o di terreni anomali, di resistere alle aggressioni di insetti nocivi e di malattie, di produrre elevate quantità di olio o di proteine, dipende dalle caratteristiche fornite dai geni propri della varietà, della specie o del genere. Tale materiale genetico rappresenta la materia prima che i genetisti, i biotecnologi ed i riproduttori di piante ed animali in generale usano per produrre nuove varietà e razze. Senza variabilità genetica perderemmo, dunque, la possibilità di rispondere alle mutevoli esigenze dell'agricoltura ed alle difficoltà che in generale l'ambiente frappone periodicamente tra l'uomo ed il cibo.

La perdita più elevata di risorse genetiche nelle colture deriva dall'introduzione di moderne e uniformi varietà di piante al posto di un eterogeneo insieme di quelle tradizionali. Quanto

*Per quanto riguarda le piante agrarie, ai 3.000 milioni di anni vanno "aggiunti" 12.000 anni circa di agricoltura e di domesticazione.

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affermato è vero soprattutto nei paesi più poveri dove il controllo della biodiversità da parte della popolazione è meno stretto.

L'uniformità genetica e le alte rese produttive rendono le piante sensibili agli attacchi dei patogeni e dei parassiti e le malattie, in questa situazione, assumono facilmente carattere epidemico data l'uniformità genetica degli ospiti.

Per chiarire meglio tali aspetti e dare una chiara dimostrazione del problema ci avvarremo dell'esempio di alcuni fatti reali (Stowe FAO 1993):

- Negli anni '70 il virus del rachitismo devastò le risaie dall'India all'Indonesia compromettendo la più importante coltura alimentare del mondo. Dopo una lunga ricerca di quattro anni che vide l'esame di circa 17.000 campioni di riso coltivato o selvatico, fu trovato un tipo di riso resistente alla malattia. Solo una varietà della specie "Oryza nivara", che cresce selvatica nel nord dell'India, aveva un gene capace di conferire la resistenza al virus del rachitismo. Mediante il miglioramento genetico tale gene fu introdotto in tutte le varietà coltivate nella zona.

- Nel 1840, in Irlanda, la cui popolazione per l'alimentazione dipendeva in larga misura dalla patata, le poche varietà di questo tubero, introdotte 300 anni prima dal nuovo mondo, risultarono sensibili alla peronospora, un fungo che causò la falcidia delle coltivazioni provocando la morte e l'emigrazione di circa due milioni di persone.

- Nel 1970 negli Stati Uniti le coltivazioni di mais molto uniformi dal punto di vista genetico furono attaccate dal fungo elmintosporium, o nebbia del granoturco, che distrusse mais per un miliardo di dollari e ridusse la resa del 50 %. Alla fine il gene di resistenza a questa malattia fu trovato in una varietà di mais africano, la Mayorbella. Mediante incroci, questa caratteristica fu introdotta nelle varietà commerciali.

L'origine delle piante coltivate.

Tra le moltissime specie vegetali, sono relativamente poche quelle che sono state introdotte in un ciclo produttivo, cioè che vengano deliberatamente riprodotte a scopo alimentare. L'uomo tende a spendere energie per moltiplicare quelle che gli danno un ritorno interessante, cioè le specie che accumulano riserve (amidi, grassi) interessanti per l'alimentazione. Considerando le caratteristiche della fisiologia dei vegetali, solo le piante esposte a stress climatici hanno la tendenza ad accumulare riserve durante un periodo della loro esistenza, perché questo costituisce un vantaggio evolutivo. Le piante di climi senza variazioni brusche non hanno necessità di accumulare, mentre quelle che sono soggette a forti e rapide variazioni stagionali di clima (clima monsonico, per eccezione) sono avvantaggiate se si presentano al momento della ripresa vegetativa con riserve utili da spendere per sopravanzare le altre concorrenti.

L'identificazione delle zone di origine delle piante coltivate è stata iniziata da un botanico russo, Vavilov, con il cui nome vengono spesso definite delle zone geografiche che corrispondono ai centri di diffusione delle piante alimentari. In ciascuna di queste aree si presenta la maggior diversità di quelle specie e si rileva la presenza di specie ancestrali selvatiche. Vavilov,

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contrariamente a quanto si pensa a volte, non ha ricercato i centri di diversità delle specie vegetali in genere, ma di quelle che avevano un interesse produttivo; non va quindi inteso erroneamente che una regione di estesa diversificazione come la foresta amazzonica non ospiti il centro di origine di alcuna pianta. Al contrario, sono moltissime, e molte ancora non classificate, ma non erano considerate interessanti ai tempi di Vavilov. Il lavoro di Vavilov non ha potuto essere terminato da lui stesso, ma l'Istituto di Leningrado che ancora porta il suo nome, ha continuato l'indagine. Secondo quanto elaborato dai suoi successori nel 1969, ci sono 5 regioni di sviluppo storico della flora delle piante coltivate, divise a loro volta in alcune sottoregioni.

La ricerca di Vavilov Alla base delle teorie di Vavilov vi era l'idea, fondata sull'applicazione delle leggi di Mendel, che il patrimonio genetico di una pianta permetta di trasmettere i caratteri da una generazione all'altra per mezzo dei geni. Vavilov, per migliorare i raccolti, propose di utilizzare tutta la variabilità di caratteristiche morfo-fisiologiche presenti sia nelle piante domesticate dall'uomo nei millenni da generazioni di agricoltori, sia nelle forme selvatiche, progenitrici delle attuali colture, ancora disponibili in natura. Vavilov si propose di raccogliere nel suo Paese tutto il germoplasma mondiale, contenuto nei semi delle principali specie coltivate, e per questo creò il VIRV (Istituto pansovietico di coltivazione delle piante), dove coltivò per anni le varietà di foraggi, di ortaggi, di cereali e di frutta tratti da questa ampia raccolta. Nel 1925 iniziò le prime spedizioni in tutte le aree della Russia, e successivamente in tutte le aree agricole del mondo: in pochi anni si organizzarono 200 spedizioni, in 65 Paesi, per portare nell'allora Unione Sovietica oltre 150.000 varietà. Nel corso di queste spedizioni Vavilov scoprì l'esistenza dei centri geografici di variabilità delle piante coltivate e il parallelismo delle variazioni nelle specie e nelle famiglie affini (legge delle serie omologhe di variabilità). Egli individuò i centri nelle aree in cui riusciva a riscontrare la massima variabilità della specie.

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A. La regione antico-mediterranea comprende i paesi situati intorno al Mediterraneo in Europa, Africa e Asia, i paesi del Vicino e Medio Oriente e dell'Asia centrale. La regione è divisa in tre sottoregioni: A.1 - Anteroasiatica. E' la zona più antica di introduzione dell'agricoltura, da cui hanno avuto origine alcune tra le specie più importanti e diffuse oggi in tutto il mondo. Frumento, orzo, segale, alcune varietà di avena, lenticchie, cece, pisello, lino, erba medica, alcuni trifogli, vite, melograno, fico, mandorlo, olivo, susino, visciola, alcuni meli e peri, ciliegio, cotogno, palma da dattero. Altre specie sono di importanza più limitata, ma in totale si calcola che siano circa 70 le specie che hanno avuto origine primaria o secondaria in questa sottoregione. In essa è avvenuto il domesticamento delle capre, delle pecore e dei bovini. A.2 - Mediterranea. Possiede solo poche specie autoctone, come il lupino, alcune vecce e trifogli, alcuni cavoli, rape e insalate, carciofo, lavanda. E' stato piuttosto un centro secondario di miglioramento e diffusione in Europa delle specie arrivate dal Vicino Oriente. A.3 - Centroasiatica. Comprende l'Afghanistan, l'India sud-occidentale, l'Asia centrale cinese ed ex-sovietica (Turkmenistan, Tagikistan, Kazakhstan, Kirghisiztan e Uzbekistan). Anche in tale sottoregione le specie originate sono state relativamente poche, tra cui alcune di frumento, di lino e di canapa. La sua importanza, ancora una volta, è dovuta all'azione di diffusione verso il settentrione e l'oriente delle specie di origine anteroasiatica. B. La regione est-asiatica comprende i territori orientali della Cina, la penisola coreana, il Giappone e i territori limitrofi della Russia. E' la zona di origine di alcune specie di orzo e miglio, del panico, di alcuni fagioli come l'azuki e alcuni Dolichus, del cerfoglio, della lespeza, la perilla, la senape, la colza, il tung, la ramia, il gelso e molte piante coloranti e verdure a noi sconosciute. Tra gli alberi, alcuni generi di pero, melo, susino, visciola, ciliegio, il pesco, l'albicocco, il caco, e alcune specie di agrumi come il mandarino e la limetta. C. La regione sud-asiatica si estende sulle penisole indiana, indocinese e malese, l'arcipelago indonesiano e la Cina meridionale. Da questa regione provengono specie di grandissima importanza quali il riso, alcuni generi di miglio, il grano saraceno, il fagiolo giallo, la Canavalia, l'azuki verde, il Cajanus, la soia, molti tuberi come il taro, il migo, lo yam, la colocasia, la canna, le melanzane, lo zenzero, il pepe, la cannella, la noce moscata, la canna da zucchero, il tè, alcuni lini, il cotone, la canapa indiana, la juta, il kapok, il kenaf, l'abaka, molti alberi da frutto quali l'arancio, alcuni mandarini, i limoni, alcuni cachi, il banano, il mango, il mangostino, il durian, la carambola, la palme da cocco e quella del sagù, dello zucchero, del vino e altre meno conosciute. D. La regione africana è quella meno studiata. L'ipotesi iniziale di Vavilov considerava l'altopiano etiopico un punto importante di differenziazione, ma questo si è rivelato piuttosto un punto di diffusione secondario di specie mediterranee e vicino-orientali. Sicuramente originarie sono, invece, il caffè e il teff, il sorgo, il miglio africano, il fagiolo cinese, il lablab, alcuni yam, il cocomero, le zucchine allungate, il cavolo abissino, il sesamo, il ricino, il nug, la canapa gigante, la palma da olio e la cola.

“La tutela della biodiversità delle piante e degli animali per l’agricoltura e l’alimentazione è diventato uno dei più urgenti bisogni del pianeta. La rapida scomparsa nel mondo di numerosissime razze animali e varietà vegetali ha sollevato all’attenzione di tutti l’importanza della tutela della diversità biologica per il sano perpetuarsi della vita sulla Terra. Questo è uno degli obiettivi più importanti che la comunità internazionale si è posta in tempi relativamente recenti.” In: La tutela e la valorizzazione del patrimonio di razze e varietà locali in Toscana. M.Bartoli, F.Longhi, R.Turchi edizioni Regione Toscana 2010

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Figura Figura Figura Figura AAAA: Centri di origine delle specie coltivate.: Centri di origine delle specie coltivate.: Centri di origine delle specie coltivate.: Centri di origine delle specie coltivate.

E. La regione americana si divide in tre sottoE.1 - Centroamericana-messicanapomidoro, le patate dolci, la paprica, il girasole, alcuni cotoni, l'agave fibrosa, il tabacco di machorka, il cacao, la papaia, l'avocado, il sapote e altri alberi da frutto.E.2 - Sudamericana montuosa. Da qui sono origil'olluco, l'agnu, l'oca, la quinua, il tabacco.E.3 - Sudamericana pianeggiantemalinga, la maranta, il mate e l'albero del caucciù.

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: Centri di origine delle specie coltivate.: Centri di origine delle specie coltivate.: Centri di origine delle specie coltivate.: Centri di origine delle specie coltivate.

si divide in tre sotto-regioni: messicana. Da qui provengono il mais, il fagiolo comune, le zucche, alcuni

pomidoro, le patate dolci, la paprica, il girasole, alcuni cotoni, l'agave fibrosa, il tabacco di machorka, il cacao, la papaia, l'avocado, il sapote e altri alberi da frutto.

. Da qui sono originate le patate, i pomidoro, alcune papriche, l'olluco, l'agnu, l'oca, la quinua, il tabacco.

Sudamericana pianeggiante. Vi sono state domesticate la manioca, l'arachide, l'ananas, la malinga, la maranta, il mate e l'albero del caucciù.

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fagiolo comune, le zucche, alcuni pomidoro, le patate dolci, la paprica, il girasole, alcuni cotoni, l'agave fibrosa, il tabacco di

nate le patate, i pomidoro, alcune papriche,

. Vi sono state domesticate la manioca, l'arachide, l'ananas, la

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Cronistoria dei fatti salienti a livello internazionale e locale.

: Il problema della tutela della biodiversità è stato ufficialmente sollevato all’attenzione della

comunità internazionale nel 1992 con la Convenzione sulla Biodiversità (Cbd - http://www.biodiv.org) ottenuta, dopo difficili negoziati, nell’ambito della Conferenza ONU su “Ambiente e sviluppo” tenutasi a Rio de Janeiro. Essa rappresenta il primo atto di impegno formale da parte dei Paesi firmatari per la tutela della biodiversità sul proprio territorio.

Gli obiettivi principali della Convenzione si possono sintetizzare in tre punti: conservazione della biodiversità; uso sostenibile delle risorse genetiche; ripartizione dei benefici derivanti dalla sua utilizzazione. In estrema sintesi: “La conservazione della biodiversità è responsabilità dei Paesi in cui essa sussiste;

La Convenzione sottolinea l’importanza della diversità biologica per la sopravvivenza dell’uomo e individua nell’uso durevole dei suoi componenti uno degli obiettivi principali su cui ogni Stato membro firmatario si impegna a volgere le proprie politiche interne di sviluppo.

La Convenzione sulla Biodiversità è stata firmata da 168 Paesi e di questi, a oggi, 158 la hanno ratificata; tra questi l’Italia, con la Legge 124 del 14 febbraio 1994. Alla Convenzione sulla Biodiversità è seguito un altro documento internazionale di grande importanza sia in termini di principi enunciati che in termini di ricadute sui Paesi firmatari, il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura, adottato dalla trentunesima riunione della Conferenza della Fao , tenutasi a Roma il 3 novembre 2001. Ratificato dallo Stato Italiano con la Legge 101 del 6 aprile 2004, questo documento approfondisce il contenuto della Convenzione sulla Biodiversità di Rio de Janeiro del 1992, e tratta in modo specifico solo le risorse genetiche vegetali utilizzate per l’alimentazione e l’agricoltura.

La Regione Toscana è da tempo impegnata in materia di tutela della biodiversità in campo

agrario, zootecnico e forestale. Nel 1997 ha emanato quella che sarebbe stata la prima legge in Italia sul tema: la LR 50 del 16 luglio 1997 “Tutela delle risorse genetiche autoctone”

Il primo passo per avviare un processo di tutela della biodiversità è quello di conoscere le

varietà e razze locali della propria regione, ecco perché sono stati istituiti i Repertori regionali. Le varietà e razze locali catalogate e descritte nei Repertori sono state iscritte da Università,

Istituti di ricerca, associazioni di agricoltori, singoli cittadini, liberi professionisti, hobbisti e dall’ARSIA (ente abolito nel 2011).

La legge della Regione Toscana del 1997 è stata in seguito modificata e ampliata dalla

Legge Regionale 64/2004 che individua strumenti ancora più incisivi per la conservazione e la valorizzazione di razze e varietà locali, affidandone la gestione all’Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel settore Agricolo-forestale. La metodologia utilizzata è stata quella di lavorare contemporaneamente sia sulla tutela che sulla valorizzazione, integrando le conoscenze scientifiche con le conoscenze tradizionali, attraverso il coinvolgimento sia dei coltivatori ‘custodi’, sia dei ricercatori. Infatti, la tutela della biodiversità avviene attraverso l’individuazione della risorsa genetica da parte delle Commissioni tecnico-scientifiche, la sua caratterizzazione e iscrizione al Repertorio regionale, la conservazione e infine la valorizzazione sul mercato dei prodotti costituiti od ottenuti dalle varietà locali, con il contributo dei coltivatori ‘custodi’ e delle comunità locali, mirando a una gestione aziendale e territoriale che preveda la reintroduzione di sistemi di produzione sostenibili.

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Molte sono le varietà e razze locali fino a oggi individuate e più di 700 quelle già iscritte nel Repertorio regionale della Toscana.

I Repertori regionali Toscani riguardano:

2 2 2 2 ---- RISORSE GENETICHE AURISORSE GENETICHE AURISORSE GENETICHE AURISORSE GENETICHE AUTOCTONE ANIMALITOCTONE ANIMALITOCTONE ANIMALITOCTONE ANIMALI

3 3 3 3 ---- SPECIE LEGNOSE DA FRSPECIE LEGNOSE DA FRSPECIE LEGNOSE DA FRSPECIE LEGNOSE DA FRUTTOUTTOUTTOUTTO

4 4 4 4 ---- SPECIE ERBACEESPECIE ERBACEESPECIE ERBACEESPECIE ERBACEE

5 5 5 5 ---- SPECIE SPECIE SPECIE SPECIE ORNAMENTALI E DA FIOORNAMENTALI E DA FIOORNAMENTALI E DA FIOORNAMENTALI E DA FIORERERERE

6 6 6 6 ---- SPECIE DI INTERESSE SPECIE DI INTERESSE SPECIE DI INTERESSE SPECIE DI INTERESSE FORESTALE.FORESTALE.FORESTALE.FORESTALE.

L’elenco delle varietà e delle razze locali della Toscana Dal 1997 a oggi sono state iscritte nei Repertori 743 varietà e razze locali, 620 delle quali

sono a rischio di estinzione. Sono numeri considerevoli e acquistano maggiore significato se distinti per repertorio .

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Tab. 1 - Repertori regionali: il totale delle accessioni per repertorio

Repertori Accessioni

A rischio Non a rischio Totale

Risorse genetiche autoctone animali 17 3 20

Specie legnose da frutto 443 63 506

Specie erbacee 71 7 78

Specie ornamentali e da fiore 64 50 114

Specie di interesse forestale 25 0 25

Totali 620 123 743

Tab. 2 - Repertorio regionale delle specie legnose da frutto Species Accessioni

A rischio Non a rischio Total 1. Albicocco 21 6 27 2. Castagno europeo 12 7 19 3. Ciliegio 39 1 40 4. Cotogno 14 0 14 5. Fico 0 3 3 6. Mandorlo 2 0 2 7. Melo 40 3 43 8. Melograno 0 1 1 9. Olivo 78 9 87 10. Pero 36 4 40 11. Pesco 78 20 98 12. Susino europeo 3 0 3 13. Vitigni ad uva bianca 39 4 43 14. Vitigni ad uva nera 79 4 83 15. Vitigni ad uva rosa 2 1 3 Totali 443 63 506

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Tab. 3 - Repertorio regionale delle specie erbacee

Specie Accessioni

A rischio Non a rischio Totale 1. Aglio 1 0 1 2. Bietola 2 0 2 3. Cardo 1 0 1 4. Carota 1 0 1 5. Cavolo 4 0 4 6. Cece 1 1 2 7. Cipolla 5 0 5 8. Cocomero 1 0 1 9. Fagiolo 28 2 30 10. Foraggere 1 0 1 11. Frumento tenero 2 0 2 12. Lattuga 1 1 2 13. Mais 4 0 4 14. Melanzana 0 1 1 15. Melone 0 1 1 16. Orzo 1 0 1 17. Patata 2 0 2 18. Peperone 1 0 1 19. Piante tintoree 1 0 1 20. Pisello 1 0 1 21. Pomodoro 6 0 6 22. Radicchio 2 0 2 23. Zafferano 1 0 1 24. Zucca 1 0 1 25. Zucchina 3 1 4 Totali 71 7 78

Tab. 4 - Repertorio regionale delle specie ornamentali da fiore

Species Accessioni

A rischio No a rischio Totali 1. Anemone 0 5 5 2. Calla 0 3 3 3. Camelia 40 0 40 4. Iris 15 0 15 5. Oleandro 0 23 23 6. Ranuncolo 0 14 14 7. Rosa 9 5 14 Totali 64 50 114

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La conservazione delle varietà e delle razze locali a rischio di estinzione

La conservazione delle varietà vegetali locali può essere ottenuta attraverso due strategie: la conservazione in situ e quella ex situ. La conservazione ex situ prevede il mantenimento delle popolazioni in banche del germoplasma e si prefigura come una conservazione statica: “Nella conservazione ex situ si cerca infatti di mantenere costanti le frequenze geniche che caratterizzano le popolazioni o l’identità genotipica dei singoli cloni che vengono conservati”1. La conservazione in situ, a differenza di quella ex situ, “realizza il mantenimento delle varietà locali laddove hanno sviluppato le loro caratteristiche distintive, cioè nell’ambiente di adattamento. Conservare in situ le varietà locali significa quindi mantenerle nei campi degli agricoltori che le hanno selezionate (on farm). Si tratta di una conservazione dinamica: le popolazioni vegetali tendono continuamente a un equilibrio con l’ambiente”. Il sistema regionale della Toscana istituito con la LR 64/2004 prevede una Rete di conservazione e sicurezza delle risorse genetiche regionali, all’interno della quale si trovano la Banca regionale del Germoplasma per la conservazione ex situ e i Coltivatori Custodi per la conservazione in situ. I due soggetti devono operare in stretta collaborazione e, all’interno della Rete, è ammesso lo scambio (☞ LR 64/2004, art. 8 “Circolazione del materiale genetico”) di modiche quantità di materiale di moltiplicazione (pertanto anche di semi), svolto in ambito locale e senza scopo di lucro. Questo è ammesso al solo fine di recuperare, mantenere e riprodurre le varietà locali a rischio di estinzione, quindi al solo scopo della conservazione (uso durevole della risorsa).

La Banca regionale del Germoplasma:

la conservazione ex situ

La Banca regionale del Germoplasma, secondo l’art. 6 della LR 64/2004, è il sistema preposto alla conservazione ex situ delle razze e varietà locali a rischio di estinzione della Toscana (☞ Repertori regionali). A differenza della precedente concezione basata sulla LR 50/97, non si tratta più di un unico centro nel quale è possibile conservare solo semi di specie erbacee, ma di un insieme di soggetti presenti sul territorio (Sezioni della Banca) che hanno come finalità istitutiva la conservazione del germoplasma e che annoverano, tra le proprie accessioni, le varietà locali a rischio di estinzione iscritte nel Repertorio regionale. I soggetti o Sezioni della Banca regionale del Germoplasma, devono lavorare in rete tra di loro e con i Coltivatori Custodi, responsabili a loro volta della conservazione in situ delle stesse varietà locali a rischio di estinzione.

Delle Sezioni della Banca possono far parte i soggetti scientifici e non, pubblici e privati, le varie banche dei semi e le collezioni presenti sia sul territorio regionale che extraregionale, purché conservino germoplasma di varietà locali iscritte nel Repertorio regionale toscano. La Banca regionale del Germoplasma è nata in seno a un progetto avviato sul finire degli anni ottanta.

Custodi: la conservazione in situ

I Coltivatori Custodi, la cui attività è strettamente legata alla Banca regionale del Germoplasma, sono stati individuati in Toscana grazie a due bandi pubblici dell'ARSIA (Bollettino Ufficiale della Regione Toscana n. 38 del 22 settembre 1999 e n. 8 del 21 febbraio 2001), basati su criteri che hanno tentato di facilitare chi da sempre ha effettivamente “custodito” delle vecchie varietà toscane. I coltivatori iscritti in un Elenco tenuto dall’ARSIA (oggi Regione Toscana) erano preposti ad assolvere un triplice compito:

• riprodurre in situ i semi conservati presso la Banca regionale del Germoplasma a scopo di “rinnovo” del seme conservato (perdita di germinabilità);

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• avviare un sistema di conservazione in situ delle varietà locali a rischio di estinzione iscritte nei Repertori regionali e conservate nella Banca;

• permettere il rilievo dei caratteri morfologici principali (attività svolta da personale specializzato e incaricato dall’ARSIA). L’Elenco era costituito da 58 coltivatori custodi, dislocati su tutto il territorio regionale; la loro attività era costantemente seguita da tecnici incaricati.

Negli anni di attività hanno mantenuto in vita i campioni di seme conservati nella Banca e alcuni di loro hanno avviato una vera conservazione on farm limitata, però, alle sole specie erbacee. Nel nuovo sistema di conservazione e tutela istituito dalla LR 64/2004 il Coltivatore Custode si occupa di conservare le varietà locali a rischio di estinzione di tutte le specie iscritte nei Repertori regionali.

Produzione sementi di piccola scala

Le sementi che possono essere riprodotte con successo dagli agricoltori, specialmente se queste risultano varietà ad impollinazione libera, cioè provenienti da piante portaseme non sottoposte alle particolari tecniche di incrocio utilizzate per ottenere sementi cosiddette "ibride". Le cultivar "ibride" di solito si ottengono dall'incrocio di varietà (linee) sottoposte usualmente ad autoincrocio. I semi riprodotti da cultivar ibride producono piante con caratteristiche molto diverse da quelle tipiche della varietà originaria.

Richiami di Agronomia generale (fisiologia): i fattori ambientali che influenzano la fioritura delle piante

Molte specie vegetali possono passare dalla fase vegetativa a quella riproduttiva senza la necessità che particolari stimoli inducano cambiamenti fisiologici, altre invece li esigono in particolar modo sono soggetti al fotoperiodo (lunghezza del giorno) o alla vernalizzazione (periodo di freddo).

fotoperiodismo

Le piante possono essere classificate in tre gruppi in relazione alle loro esigenze del periodo di luce e di buio giornaliero necessario per iniziare lo sviluppo fiorale:

• piante longidiurne (piante che fioriscono in periodi dell'anno in cui le ore di luce superano quelle di buio)

• brevidiurne (piante che fioriscono in periodi dell'anno in cui il periodo di buio supera quello di luce)

• neutrodiume (piante la cui fioritura è indipendente dal numero di ore di luce).

vernalizzazione

Diverse specie di piante non sviluppano organi fiorali a meno che non siano state esposte a temperature relativamente basse. Queste specie vengono deno-minate biennali (sedano, prezzemolo, alcuni cavoli, ecc.). In alcune piante la vernalizzazione può già operare uno stimolo florigeno a livello di prime fasi germinative del seme, mentre in altre necessita di uno sviluppo più avanzato della vegetazione per poter esplicare la sua azione.

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Il mantenimento della purezza varietale

Per non perdere le caratteristiche varietali occorre che genitori e discendenti abbiano caratteristiche fenotipiche corrispondenti. Per ottenere ciò occorre evitare che sulla coltura portaseme giunga polline di altre varietà, fatto che causerebbe un incrocio di caratteri e la conseguente perdita delle caratteristiche peculiari della varietà.

Per scongiurare fenomeni di ibridazione in relazione anche alle caratteristiche fiorali possono essere adottate

tecniche opportune:

□ isolamento nello spazio

Incroci tra varietà possono essere evitati mantenendo queste separate da una distanza abbastanza elevata e tale da prevenire contaminazioni dovute all'attività impollinatrice degli insetti o del vento. La distanza da adottare varia da specie a specie. Naturalmente quando si parla di isolamento spaziale bisognerebbe tener conto anche delle varietà coltivate negli orti o nei giardini dei vicini. Occorre essere certi che nella zona, almeno entro un certo raggio, sia scongiurata la presenza di varietà o specie non desiderate. La distanza di isolamento risulta strettamente dipendente dalla tipologia della zona di riproduzione ed è in relazione a molti elementi quali la dimensione della popolazione di piante porta-seme, la densità di impollinatori, la presenza di fonti alternative di risorse alimentari per gli impollinatori, l'esistenza di barriere geografiche e vegetazionali oltre all'incidenza di agenti ambientali.

La distanza tra differenti varietà deve tener conto di diverse componenti come il tipo di impollinazione delle piante (autogama o eterogama), il vettore del polline (insetti o vento). Inoltre per varietà che hanno caratteristiche morfologiche diverse (es.: fagioli con fiori bianchi e fagioli con fiori viola, peperoni dolci e piccanti) la distanza deve essere maggiore di quella richiesta per varietà simili (due varietà di fagioli a fiori bianchi, due varietà di peperoni dolci). Mentre nel caso in cui si raccolgano i semi sviluppati in frutti di piante poste al centro e non ai margini della coltura, la distanza può essere ridotta.

□ isolamento nel tempo

Molto spesso varietà della medesima specie possono fiorire in epoche leggermente spostate nel tempo. Tale situazione può essere dovuta a fattori genetici (cavolo fiore primaticcio e tardivo, differenti tipi di cipolla) oppure può essere ottenuta anticipando o posticipando epoche di semina o di trapianto in modo tale che cultivar della medesima specie, pur essendo coltivate vicine una all'altra, raggiungano la fase riproduttiva non in sincronia così da scongiurare gli scambi di polline tra varietà diverse.

Tra le specie che possono essere isolate nel tempo possiamo ricordare il mais, il girasole e le insalate.

Naturalmente la separazione temporale delle varietà ha maggiore efficacia quando due varietà hanno epoche di fioritura nettamente differenti. Due varietà con epoche di fioritura vicine o sovrapposte possono essere isolate nel tempo con successo quando la stagione e il clima della zona permettono le semine con almeno quattro settimane di intervallo.

Condizioni climatiche avverse nel periodo primaverile-autunnale possono causare disformità nei periodi di crescita e di fioritura di diverse varietà, cosicché l'intervallo tra le epoche di semina può anche venire annullato e le fioriture arrivare a sovrapporsi.

Poiché molti semi, specialmente se conservati in modo idoneo rimangono vitali per diversi anni, la riproduzione varietale può essere eseguita a rotazione nel corso degli anni, in modo da evitare la riproduzione contemporanea di varietà differenti e scongiurare possibili incroci.

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□ la forma della parcella che ospita le piante portasemi

Se si verificano delle contaminazioni di polline estraneo per l'azione del vento o degli insetti, è più probabile che questo avvenga lungo il perimetro della particella. Quindi, se a una parcella di piante madri si cerca di dare una forma quadrata, si riduce considerevolmente la possibilità che la parte più interna della parcella venga raggiunta da polline estraneo.

□ isolamento meccanico

L'isolamento meccanico si basa sull'adozione di barriere artificiali (serre, tunnel, reti) o di isolatori per singole piante di materiale idoneo (tessuto non tessuto, garza, sacchetti di carta ecc.) che scongiurano l'accesso ai fiori di polline proveniente dall'esterno.

□ isolamento di singole piante

Con questa tecnica si tende a confinare gli organi sessuali della pianta. Solitamente questa tecnica viene utilizzata con piante autogame per evitare eventuali incroci con pollini estranei, per eseguire incroci, nel caso del mais, o per evitare ibridazioni.

Questo tipo di operazione può essere svolta ricorrendo a buste di carta, tessuto non tessuto, tela grezza ecc. Da evitare buste di nylon e altro materiale che non consenta la traspirazione delle piante.

□ isolamento di un gruppo di piante

Per effettuare un simile isolamento occorre costruire un telaio in metallo, legno o plastica, rivestito di rete bianca, anche di materiale sintetico chiaro, che non consenta il passaggio degli insetti o del polline trasportato dal vento e non riduca eccessivamente la luminosità all'interno della struttura, pur consentendo il passaggio dell'aria, dell'acqua e della luce. Gli isolatori per singole piante o per gruppi di piante devono essere spostati appena possibile (a fecondazione avvenuta) per consentire la maturazione all'aperto dei frutti allegati.

L'isolatore può essere fisso o mobile. Si ricorre alla struttura mobile quando si devono isolare due varietà a fioritura contemporanea che necessitano dell'azione dei pronubi per l'impollinazione e la si utilizza a giorni alterni sulle singole varietà. Questo sistema causa una riduzione nella produzione di seme, in quanto l'impollinazione non avviene in modo costante. L'alternanza degli isolatori deve proseguire fino a che non si è formato un sufficiente numero di frutti o fino alla fine della fioritura. Questo sistema può essere usato anche con tre, quattro varietà. In questo caso l'impollinazione di ogni varietà avviene un giorno su tre o su quattro. Poiché con questa tecnica la produzione di seme può risultare scarsa, è opportuno valutare attentamente se sia il caso di adottarla.

□ isolamento con introduzione di insetti impollinatori

In situazione di piccole aziende o di giardinaggio questa tecnica è abbastanza difficile da realizzare e necessita di una grande esperienza nel settore della riproduzione delle sementi.

I migliori insetti impollinatori sono le api o i bombi, ma per situazioni di confinamento in volumi ridotti si può ricorrere con minor problemi e egregi risultati ai mosconi, che sono disponibili e facilmente manipolabili. Possono essere acquistati allo stato larvale come esche per i pescatori. Nell'isolatore vanno introdotti già i

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mosconi adulti che possono essere anche catturati attraendoli con pezzetti di carne avariata. I mosconi adulti, a differenza della larve che si nutrono di carne, sono glicifaghi, si alimentano infatti di sostanze zuccherine che possono trovare nei fiori e questo favorisce l'impollinazione. La loro vita è piuttosto breve e ogni 3-4 giorni devono essere sostituiti. Per un isolatore di 0,5 me contenente 1-2 piante di carota si possono consigliare 10-12 mosconi.

Anche i bombi possono essere acquistati in quanto utilizzati per l'impollinazione delle colture in serra. Tuttavia, al pari delle api, per sopravvivere essi hanno bisogno della presenza dell'intera colonia di appartenenza, completa di regina, e di adeguate scorte di polline e miele; per questa ragione mal si adattano alle ridotte dimensioni degli isolatori, mentre esplicano ottimamente la loro azione in presenza di volumi notevolmente maggiori.

□ tecniche di impollinazione manuale

Oltre all'isolamento temporale o spaziale, l'impollinazione manuale è il me-todo da usare con più facilità per la produzione di semi a livello di orto familiare o di piccola azienda agricola. Le tecniche di impollinazione manuale vengono usate principalmente per specie ad impollinazione entomofila, ma possono essere anche usate per specie ad impollinazione anemofila, come ad esempio il mais. Tutte le diverse tecniche prevedono il trasporto di polline incontaminato da un fiore maschile ad uno stimma recettivo di fiore femminile, precedentemente isolato. Dopo che l'impollinazione manuale è stata effettuata, il fiore va protetto da possibili contaminazioni di pollini esterni. Le possibili tecniche specifiche di impollinazione manuale verranno descritte successivamente per le diverse specie.

□ selezione e dimensione della popolazione

La selezione delle piante operata dall'uomo dipende da molti fattori legati alle condizioni ambientali o sociali. Comunque in generale la selezione deve favorire quelle piante che presentano maggior vigore germinativo e vegetativo, produttività, resistenza alle malattie e agli stress ambientali (siccità, freddo, terreni salsi ecc). Inoltre è importante favorire quelle piante che tendono a ritardare la messa a fiore. La fioritura tardiva è da ricercare ad esempio nelle insalate, il ritardo sullo sviluppo vegetativo è invece importante per cipolle o agli. Questo tipo di selezione però, pur essendo stata la più comunemente applicata alle specie coltivate, nel corso del tempo porta a una perdita di determinati geni. Geni spesso associati a caratteristiche non idonee all'agricoltura e al mercato, ma la cui importanza per l'uomo e l'ambiente è comunque impossibile da definire in termini assoluti. Selezionare significa scegliere, quindi scartare: i geni perduti lo sono per sempre.

Il recupero di germoplasma significa mettere un freno a questa emorragia. Recuperare una certa varietà vuol dire conservare un pool genetico di una determinata specie. Tale struttura genetica è giunta fino a noi attraverso la selezione eseguita da agricoltori per decenni o per secoli, favorendo i geni più idonei a determinate condizioni ambientali e sociali. Questa varietà se viene ancora coltivata andrà probabilmente incontro ad una ulteriore selezione genetica, utile dal punto di vista sociale e ambientale. Nella banca del germoplasma invece questa varietà avrà valore in quanto pool genetico recuperato e nel momento in cui verrà riprodotta si cercherà, nell'ambito ovviamente della caratteristica varietale, di conservare tutti i geni che caratterizzano le diverse espressioni fisiologiche della pianta, eliminando o conservando a parte quelle che sono le più evidenti variazioni dalle caratteristiche della varietà tipo.

In generale è difficile rispondere in maniera specifica al problema del mantenimento della diversità genetica nelle colture agricole. Per quanto riguarda il numero delle piante portaseme, si può affermare che per specie diploidi (organismo con corredo cromosomico delle cellule costituito da coppie di cromosomi omologhi) con cellule ad impollinazione incrociata (entomofila o anemofila) come carote, cipolla, cetriolo, cocomero zucca ecc., un campione di 40 piante conserva tutti quei geni che risultano presenti in una percentuale maggiore del 10%. Per conservare invece geni presenti in percentuale più bassa si dovrebbero coltivare almeno 100

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individui. Per una buona conservazione dei geni sarebbe opportuno partire da 100 piante madri per poi lasciarne riprodurre non meno di 65 scartando eventualmente quelle che mostrano caratteristiche difformi; con questi numeri è possibile salvaguardare anche geni presenti ad un livello molto basso. Se la frequenza dei geni arriva invece a livelli compresi tra l'1 e il 5% è difficile mantenerli se non aumentando di molto il numero degli individui che si riproducono.

Per la maggior parte delle colture agricole la selezione nel corso degli anni ha favorito caratteri quali sapore, consistenza, colore, forma ecc., e i geni che contraddistinguono queste caratteristiche sono generalmente presenti con una frequenza superiore al 10%. Ovviamente se si desidera mantenere il tipo specifico ed una elevata qualità occorre selezionare e riprodurre un grande numero di individui.

Per specie poliploidi (organismi con cellule che presentano più di due corredi cromosomici completi) ad impollinazione incrociata basta riprodurre poche piante anche per salvare geni rari, ma in tale caso risulta anche più difficile mantenere la qualità e il tipo specifico. Per esempio per piante tetraploidi (erba medica) bastano pochi individui (16) per mantenere la variabilità genetica.

Invece specie autogame come pomodoro, peperone, fagioli, fave, pisello, ecc., sono in massima parte omozigoti (organismi che presentano geni di origine materna e paterna identici), quindi la raccolta del seme da pochi individui è sufficiente a mantenere le caratteristiche genetiche.

In conclusione un riproduttore di sementi deve mantenere un equilibrio tra tipo e qualità con l'obiettivo di conservare la diversità genetica.

□ epurazione

Le piante con caratteristiche fenotipiche non corrispondenti ai caratteri varietali devono essere eliminate o separate dalle altre in modo che non possano impollinare gli altri fiori. Individui morfologicamente diversi possono essere stati oggetto di mutazioni genetiche tali da portare a caratteristiche favorevoli, cioè indurre caratteri migliorativi; quindi, se possibile, tali soggetti dovrebbero essere riprodotti isolatamente e le sementi tenute separate. Le piante ammalate, colpite da insetti, funghi, virus devono essere eradicate. L'epurazione può essere eseguita in diversi momenti dalla fase di germinazione, trapianto, sviluppo vegetativo, fioritura, fruttificazione, oppure può essere eseguita nei momenti di conservazione (bulbi di cipolla, aglio) a favore degli individui che mostrano un ritardo di vegetazione ed una conservabilità maggiore.

Fra gli agricoltori è consuetudine scegliere per la produzione di semi i frutti che si formano sul primo palco di fruttificazione delle piante, specialmente per pisello, fava, pomodoro, melanzana e peperone. In questi casi si ritiene, spesso a ragione, che il primo palco produca semi con maggior energia germinativa e con minore tendenza all'ibridazione rispetto ai palchi più alti.

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metodi di raccolta e pulizia dei semi

I metodi per la raccolta e la pulizia dei semi possono essere principalmente di due tipi a seconda che i semi siano secchi o siano racchiusi in frutti carnosi.

□ semi ricavati da frutti umidi

II processo prevede una prima fase dove i semi vengono asportati e successivamente lasciati fermentare insieme ad una parte del succo prodotto dalla polpa del frutto. Tale processo fermentativo può essere utile alla distruzione di agenti patogeni che possono essere trasmessi nelle successive fasi vegetative della pianta. I semi poi vanno lavati e separati dai residui di polpa. Lavando i semi semplicemente con acqua è possibile anche eliminare i semi non vitali in quanto tendono a galleggiare. Il processo finale prevede l'essiccazione ed è importante che ciò avvenga velocemente in modo da impedire eventuali germinazioni. I semi vanno distesi su una superficie idonea (ceramica, vetro, ecc.) evitando l'uso di carta, tessuti, plastica non rigida, perché in questi casi è estremamente difficile rimuovere i semi, e questi vanno rigirati più volte al giorno. I semi devono essere asciugati all'aria, evitando l'essicazione nel forno di casa, poiché possono essere arrecati danni da temperature superiori ai 36° C. Anche un'esposizione diretta al sole può causare danni qualora la temperatura dei semi superi 36°C.

□ semi ricavati da frutti secchi

I semi delle leguminose (fagioli, ceci, piselli ecc.), delle apiacee (carote, prezzemolo, sedano ecc.), delle crucifere (rape, cavoli, ravanelli ecc.) vengono lasciati seccare in campo se le condizioni climatiche lo consentono. Quando i frutti sono maturi, le piante, i singoli frutti o le infruttescenze possono essere raccolti e posti definitivamente a seccare in luoghi riparati prima di procedere alla estrazione del seme. Per separare i semi dalle altre parti vegetali secche, si può ricorrere a strumenti di legno (correggiato), all'azione delle ruote gommate di una macchina o trattore, o più semplicemente utilizzare mani o piedi. Successivamente le parti più fini possono essere separate dai semi attraverso la vagliatura e la ventilazione.

□ trattamenti di disinfezione

La disinfezione delle sementi è una pratica importante per evitare di trasmettere e diffondere patogeni come funghi, batteri e virus.

II sistema di disinfezione con l'acqua calda era quello comunemente usato dalle imprese sementiere prima dell'introduzione dell'uso di sostanze chimiche. Questa tecnica, efficiente e priva di rischi, è oggigiorno caduta in disuso, ma rimane comunque una soluzione valida per persone appassionate di agricoltura biologica o che non vogliono utilizzare sostanze chimiche pericolose. Questo sistema di disinfezione richiede però un minimo di attrezzatura come un termometro preciso, una friggitrice elettrica, una pentola e un setaccio da cucina.

Il processo è quello tipico del bagnomaria. L'acqua va riscaldata a 50°C nella pentola, che viene poi messa nella friggitrice elettrica calda riempita per i 2/3. Quindi la pentola, con sufficiente acqua da ricoprire i semi, va messa a bagnomaria nella friggitrice. La temperatura nella pentola si può regolare alzando la temperatura della friggitrice o estraendo la pentola per il tempo necessario. Una volta raggiunta e stabilizzata la temperatura desiderata, i semi vanno posti a bagno e rigirati delicatamente per tutto il processo. Successivamente i semi vanno recuperati e messi ad asciugare.

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semi di tempo di immersione minuti °C

cavoli 20 50

melanzane e spinaci 25 50

sedano e peperoni 30 50

cavolfiore 25 52

cavoli 30 52

pomodori 25 55

□ longevità e conservazione dei semi

La longevità dei semi dipende in primo luogo dalle caratteristiche intrinseche della specie, infatti la cipolla o il porro hanno una vita relativamente corta, granturco e fagioli una vita intermedia, mentre alcuni semi di molti generi delle cucurbitacee o crucifere hanno una vita più lunga. Inoltre anche tra varietà della medesima specie la durata della vita dei semi può cambiare in maniera considerevole.

Comunque lo stesso ambiente di coltivazione può influire sulla longevità delle sementi. Il deterioramento dei semi può già avvenire in campo a causa dell'alta umidità dell'aria, delle eccessive piogge, dell'alta temperatura o per la combinazione di questi fattori.

I semi riprodotti a livello familiare conservano maggiormente la loro germinabilità se ben asciutti e conservati in un contenitore a tenuta. I due più grandi nemici della conservazione delle sementi sono e il calore e l'umidità. Semi che vengono conservati in ambienti dove temperature e umidità sono molto fluttuanti perdono le loro proprietà germinative in breve tempo.

I contenitori migliori per la conservazione delle sementi sono quelli di vetro o i sacchetti usati per confezionare il caffè che contengono una lamina metallica all'interno per preservare il prodotto dall'umidità e possono essere sigillati sottovuoto. Una volta riposti i semi nel contenitore, è importante applicare un'etichetta indicante la specie, la varietà riprodotta, nonché l'anno di produzione.

Approfondimento: produzione seme pomodoro

Biologia fiorale e possibilità di incrocio.

Nel pomodoro i fiori sono raccolti in infiorescenze che possono essere, secondo la loro conformazione, semplici, biforcute e ramificate.

Il numero dei fiori che compongono una infiorescenza può variare da 4 a 12 e anche più. Non avviene quasi mai che più di 2 fiori di uno stesso racemo si aprano contemporaneamente; a causa di questo sviluppo progressivo si possono avere sulla stessa infiorescenza a partire dalla base verso l'apice, piccoli frutti, fiori aperti e fiori ancora in boccio.

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I fiori sono ermafroditi: hanno calice persistente formato da un breve tubo che termina in 5 o più lobi (calice gamosepalo). La corolla (gamopetala) è formata anch'essa da un breve tubo che si inserisce alle altre parti fiorali sotto l'ovario e termina in 5 o più lobi. La corolla è giallo-verdastra all'inizio e diventa giallo-vivo quando il fiore è completamente sviluppato ed i lobi incurvati. L'androceo è formato da 5 o più stami parzialmente uniti alla base al tubo della corolla. I filamenti sono corti e le antere sono unite fra loro lateralmente tanto da formare un cono vuoto attorno al pistillo. Il pistillo è formato da 2 o più carpelli ed il suo stilo allungato termina con una stigma a capocchia di spillo che si allunga nel cono staminale e talvolta lo supera.

La formula pentamera del fiore non è esente da eccezioni: molte varietà commerciali presentano infatti fiori esameri. Inoltre si possono notare in molte varietà parti florali in soprannumero.

All'apertura della corolla corrisponde l'inizio del periodo di ricettività degli stigmi e solo dopo 24-48 ore inizia la deiscenza delle antere. Queste, che come si è detto serrano il pistillo, deiscono dalla parte interna. Data la maggiore precocità dello stigma può avvenire che polline estraneo provochi la fecondazione, per quanto tale caso ha maggiori probabilità di verificarsi nelle varietà a lungo stilo, nelle quali lo stigma si prolunga oltre il cono staminale. Nei tipi longistili il polline ha inoltre maggiore difficoltà di raggiungere lo stigma del suo stesso fiore.

La lunghezza dello stilo subisce l'influenza della lunghezza del giorno.

Nell'ambito della varietà i fiori che si formano quando il giorno è breve hanno stili più corti, viceversa quando il giorno è lungo. Pertanto' vi sono minori possibilità che si verifichi la fecondazione incrociata nelle prime fioriture che in quelle successive.

L'ibridazione può aver luogo anche nei fiorì brevistili. Vi sono infatti anomalie fiorali che la favoriscono quale la « fasciazione » che non permette al cono staminale di recingere completamente lo stilo per cui lo stigma resta allo scoperto. I fiori fasciati si presentano con petali, sepali e stami in soprannumero e pistilli composti, fusi fra loro. Anche se di varietà tondo liscia questi fiorì danno origine a frutti notevolmente costoluti.

// fiore è formato da 5 pelali /usi fra loro e da 5 stami serrati attorno al pistillo. Vi sono tuttavia fiori nei quali le diverse parti sono in soprannumero.

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Vi sono fiorì con le antere non completamente serrate fra loro e che lasciano intravedere lo stigma. Ciò può essere dovuto all'azione di insetti predatori di polline oppure ad una vera e propria anomalia morfologica.

Epurazione in campo.

L'epurazione in campo consiste nell'eliminare mediante estirpazione o taglio al piede della pianta i tipi diversi. Le condizioni migliori per l'esame delle caratteristiche si hanno all'inizio della maturazione del primo grappolo. I caratteri più indicativi da prendersi in esame sono i seguenti :

Taglia della pianta. - È caratteristica di particolare interesse soprattutto per le varietà nane. In ogni caso bisogna sempre rendersi conto se la disformità di taglia è imputabile alla costituzione genetica o a cause esterne quali la fertilità del terreno o un diverso grado di sviluppo della pianta.

Foglie. - Il colore e .il portamento delle foglie, le dimensioni e la forma del margine dei segmenti fogliari possono essere alquanto diversi a seconda della varietà. Pertanto essi costituiscono ottimi elementi di individuazione. Tuttavia il loro aspetto è soggetto a notevoli fluttuazioni che solo una persona esperta può giudicare.

Infiorescenze. - Come si è detto le infiorescenze possono essere di forma semplice, biforcuta e ramificata. Certe varietà presentano infiorescenze in racemi semplici alla base e in racemi ramificati alla sommità, altre esattamente il contrario. Tuttavia vi è sempre la tendenza in seno alla varietà a modificare un'infiorescenza semplice in biforcuta e una biforcuta in ramificata o viceversa.

Fiori . - Le dimensioni e la forma dei fiorì sono caratteristiche proprie della varietà e pertanto da esaminarsi durante il lavoro di epurazione. Si tenga presente che qualche fiore può avere forma diversa come ad esempio quelli fasciati senza che per questo la pianta debba essere considerata di altro tipo.

Frutto. - L'esame del frutto è senza dubbio il più importante per la identificazione della varietà. La forma, il colore, la pezzatura debbono essere osservati con molta attenzione. Il primo e secondo grappolo sono quelli che mostrano con maggiore evidenza le tipiche caratteristiche varietali; nei palchi superiori invece vi è quasi sempre un poliformismo più accentuato. Il pomodoro infatti presenta di frequente frutti di forma diversa sulla stessa pianta; tale fenomeno si manifesta più facilmente nelle varietà a frutti tondo appiattiti che in quelle a frutti perfettamente sferici. Le varietà a frutto tondo liscio presentano frequentemente frutti fasciati.

Da sinistra a destra: fiore c fasciato », fiore a lungo stilo, antere aperte lateralmente.

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Precocità. - La precocità è caratteristica da considerarsi nelle varietà che interessano l'esportazione. L'operatore non deve però farsi trarre in inganno da piante a vegetazione ritardata per ragioni colturali o dalla mancata formazione della prima infiorescenza o dall'aborto della stessa. A tal proposito è bene ricordare che talvolta, al posto della prima infiorescenza, si forma una gemma che dividendosi dà origine a due apici organograficamente equivalenti. Tale comportamento è del tutto accidentale e non è ereditario.

Le piante che non corrispondono alle varietà possono essere di due tipi:

• inquinanti, cioè riferibili ad altre varietà; • disgiuntive, prodotto di ibridazioni recenti o remote.

Per quanto riguarda l'ibridazione vi è da tenere presente che il carattere meno complesso è di regola dominante: così la forma semplice domina su quella fasciata, quella rotonda sulle altre e i frutti piccoli su quelli grossi. L'incrocio fra varietà a frutto allungato e a frutto rotondo dà origine a tipi intermedi.

Estrazione del seme.

L'estrazione del seme per quantitativi modesti può essere fatta a mano. Le bacche vanno tagliate a metà e semi e placenta vengono espulsi mediante una leggera pressione della polpa. I semi si racchiudono poi in una tela di mussola e si sfregano energicamente in immersione; così i residui della placenta vengono facilmente allontanati. Successivamente si procede alla loro essiccazione. Si può anche procedere alla fermentazione della polpa con i semi per due massimo tre giorni come indicato precedentemente.

La produzione del seme su scala industriale richiede invece la collaborazione di una fabbrica o almeno la concessione da parte di essa di una linea di lavorazione. L'estrazione del seme mediante separasemi aziendali non è con-veniente perché i frutti passati al trituratore difficilmente vengono accettati dagli stabilimenti di lavorazione.

L'estrazione del seme è affidata ati una macchina detta « separasemi ».

Disposizione dei semi nel frullo. 1 semi sono immersi nella muciltagìnc placentare.

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Il separasemi è inserito fra la vasca di lavaggio e l'apparecchio preriscaldatore detto anche brovatrice. Con riferimento al separasemi mod. G 1 della Ditta Tito Manzini e Figli di Parma (vedi illustrazione) il funzionamento del gruppo è il seguente:

Le bacche vengono prese e schiacciate da due rulli (B) in rotazione opportunamente sagomati. Le bacche schiacciate, il succo che ne fuoriesce ed i semi cadono su un piano inclinato che convoglia il tutto verso rimboccatura di un setaccio conico ad asse orizzontale, formato da una lamiera forata (fori 0 mm. 10) ed animato da moto rotatorio. L'immissione del prodotto nel setaccio

conico è favorita dalla presenza di una paletta elicoidale ruotante. Il pomodoro schiacciato, procedendo in avanti per effetto della conicità del setaccio e del suo movimento di rotazione, viene liberato dal seme. Questo ultimo, insieme al succo e a parte della polpa, è avviato ad un separatore centrifugo (E) dove si verifica la separazione finale delle parti liquide e polpose del seme. I semi vengono scaricati all'esterno mediante un tubo (F). Il separatore centrifugo è formato da un setaccio cilindrico fisso (fori 0 1,2 mm.), nel cui interno girano rapidamente delle spatole i cui bordi estremi sono in gomma per evitare che i semi vengano schiacciati contro il setaccio. Il resto della polpa e delle bucce, che rimangono nell' interno del setaccio conico, passano in un trituratore (D), dopodiché vengono immesse nella brovatrice, unitamente al succo proveniente dal separatore centrifugo mediante un tubo (G).

Il seme così estratto si presenta avvolto dalla mucillagine placentare. Se il seme viene essiccato con la mucillagine, forma grumi compattissimi che debbono necessariamente essere frantumati. Per disgregarli è perciò indispensabile grattugiarli contro la maglia di un setaccio o batterli energicamente con un legno. Simili interventi non giovano certamente all'integrità del seme.

Separatemi Mod. Gl della Dilla Tito Manzini e figli di Parma. (La descrizione è nel testo).

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Si preferisce perciò eliminare la mucillagine quando il seme è ancora umido, mediante lavaggio in acqua. Per facilitare questa operazione esistono diversi sistemi. Il più semplice è quello di lasciare il seme appena estratto per 3-4 giorni dentro una botte. Durante la fermentazione la parte più densa e qualche seme più leggero vengono innalzati fino all'orlo della botte mentre il seme si deposita in fondo, immerso in un liquido chiaro. Il seme lavato viene poi essiccato in strato sottile al sole, se la temperatura non è eccessiva, all'ombra in caso contrario.

La separazione del seme dalla placenta si ottiene anche impiegando acidi instabili quali cloridrico e solforico. Con tale trattamento il sacco colloidale si disperde rapidamente ed il seme, dopo essere stato lavato, viene essiccato.

Questo sistema però non è molto consigliabile dato che o per eccessiva concentrazione o per prolungato trattamento, il seme può perdere la germinabilità o comunque subire una menomazione nell'energia germinativa.

La resa in seme secco varia, a seconda della varietà, da Kg. 0,5 a 1 per quintale di bacche. In un grammo vi sono 300-400 semi i quali pesano 300 grammi per litro. La facoltà germinativa, qualora il seme venga convenientemente conservato, dura circa 4 anni.

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“coltiva e conserva la biodiversità” dell’ISIS Leopoldo II di Lorena

Divulgare le attuali conoscenze sull’argomento agro biodiversità sia presso gli studenti e le

loro famiglie sia presso i tecnici del settore le attuali le implicazioni e gli incentivi pubblici per la tutela della biodiversità agricola.

Permettere la coltivazione, riproduzione e diffusione di specie e varietà a rischio di estinzione di particolare valore in tosc

1. riprodurre in situ i semi conser

“rinnovo” del seme conservato (perdita di germinabilità);2. riprodurre in situ altre specie di interesse di concerto con l’università e a scopo

di messa a punto di tecniche agronomiche;3. avviare un sistema di conserva

nei Repertori regionali e conservate nella banca; 4. permettere il rilievo dei caratteri mor

Realizzazione di eventi divulgativi, giornate dimostrative e di studio sull’importanza della

conservazione della biodiversità agricola;Redazione e stampa di materiale illustrativo specifico;Verifica ed eventuale iscrizione dell’azienda agricola dell’ISITP nell’elenco degli agricoltori

custodi Predisposizione di una collezione di specie e varietà per gli scopi del progetto, ossia studio e

didattico: piante a rischio di estinzione o di particolare pregio (specie sotdovrà essere definito con i partner del progetto ma ne citiamo a titolo di esempio alcune, già iscritte o meno al repertorio regionale: Aglio Rosso MaremmanoCiavattone di Sorano, Fagiolo Cannellino di SoranoMaremmano Ecotipo Pari, Zucca dei PescatoriAsparago selvatico, Cocomero Maremmano, melone invernale ////;

Realizzazione di incontri tecnici allo scopo di illustrareestinzione o di particolare pregio (specie sottoutilizzate con probabilità di diffusione di mercato);

Raccolta di sementi di varietà/specie di uso marginale e comunque conservate dalle famiglie degli studenti della scuola;

Realizzazione di stage degli alunni nell’impiego specifico del progetto;Messa a coltura su scala più ampia di alcune piante promettenti in termini di sviluppo del

mercato, per lo studio delle tecniche agronomiche adeguate;Incontri tecnici sulle tecniche agronomiche di coltivazione;Analisi chimiche dei prodotti ottenuti e/o dei possibili prodotti trasformati.

La strategia del progetto è volta a comunicare e promuovere l'uso sostenibile e la

conservazione della biodiversità. Quprendono coscienza del suo valore, del legame che hanno con essa, degli effetti causati dai loro

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OBBIETTIVI DEL PROGETTO

“coltiva e conserva la biodiversità” dell’ISIS Leopoldo II di Lorena

Divulgare le attuali conoscenze sull’argomento agro biodiversità sia presso gli studenti e le loro famiglie sia presso i tecnici del settore le attuali conoscenze e la legislazione vigente, nonché le implicazioni e gli incentivi pubblici per la tutela della biodiversità agricola.

Permettere la coltivazione, riproduzione e diffusione di specie e varietà a rischio di estinzione di particolare valore in toscana ed in particolare:

riprodurre in situ i semi conservati presso la Banca regionale del Germoplasma a scopo di “rinnovo” del seme conservato (perdita di germinabilità); riprodurre in situ altre specie di interesse di concerto con l’università e a scopodi messa a punto di tecniche agronomiche; avviare un sistema di conservazione in situ delle varietà locali a rischio di estinzione iscritte nei Repertori regionali e conservate nella banca; permettere il rilievo dei caratteri morfologici principali

AZIONI DA INTRAPRENDERE

Realizzazione di eventi divulgativi, giornate dimostrative e di studio sull’importanza della conservazione della biodiversità agricola;

Redazione e stampa di materiale illustrativo specifico; iscrizione dell’azienda agricola dell’ISITP nell’elenco degli agricoltori

Predisposizione di una collezione di specie e varietà per gli scopi del progetto, ossia studio e didattico: piante a rischio di estinzione o di particolare pregio (specie sotdovrà essere definito con i partner del progetto ma ne citiamo a titolo di esempio alcune, già iscritte

Aglio Rosso Maremmano, Cece Rugoso della MaremmaFagiolo Cannellino di Sorano, Fagiolo di Roccalbegna,

Zucca dei Pescatori, Elicriso, Pancrazio, Melograno ////, Ortica ////, Asparago selvatico, Cocomero Maremmano, melone invernale ////;

Realizzazione di incontri tecnici allo scopo di illustrare specie e varietà coltivate a rischio di estinzione o di particolare pregio (specie sottoutilizzate con probabilità di diffusione di mercato);

Raccolta di sementi di varietà/specie di uso marginale e comunque conservate dalle famiglie

Realizzazione di stage degli alunni nell’impiego specifico del progetto;Messa a coltura su scala più ampia di alcune piante promettenti in termini di sviluppo del

mercato, per lo studio delle tecniche agronomiche adeguate; ecniche agronomiche di coltivazione;

Analisi chimiche dei prodotti ottenuti e/o dei possibili prodotti trasformati.

RISULTATI ATTESI

La strategia del progetto è volta a comunicare e promuovere l'uso sostenibile e la conservazione della biodiversità. Questo non è attuabile se le comunità e i singoli individui non prendono coscienza del suo valore, del legame che hanno con essa, degli effetti causati dai loro

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OBBIETTIVI DEL PROGETTO

“coltiva e conserva la biodiversità” dell’ISIS Leopoldo II di Lorena

Divulgare le attuali conoscenze sull’argomento agro biodiversità sia presso gli studenti e le conoscenze e la legislazione vigente, nonché

Permettere la coltivazione, riproduzione e diffusione di specie e varietà a rischio di

vati presso la Banca regionale del Germoplasma a scopo di

riprodurre in situ altre specie di interesse di concerto con l’università e a scopo di ricerca e

zione in situ delle varietà locali a rischio di estinzione iscritte

AZIONI DA INTRAPRENDERE

Realizzazione di eventi divulgativi, giornate dimostrative e di studio sull’importanza della

iscrizione dell’azienda agricola dell’ISITP nell’elenco degli agricoltori

Predisposizione di una collezione di specie e varietà per gli scopi del progetto, ossia studio e didattico: piante a rischio di estinzione o di particolare pregio (specie sottoutilizzate). L’elenco dovrà essere definito con i partner del progetto ma ne citiamo a titolo di esempio alcune, già iscritte

Cece Rugoso della Maremma, Fagiolo , Fagiolo di Roccalbegna, Zafferano

, Elicriso, Pancrazio, Melograno ////, Ortica ////,

specie e varietà coltivate a rischio di estinzione o di particolare pregio (specie sottoutilizzate con probabilità di diffusione di mercato);

Raccolta di sementi di varietà/specie di uso marginale e comunque conservate dalle famiglie

Realizzazione di stage degli alunni nell’impiego specifico del progetto; Messa a coltura su scala più ampia di alcune piante promettenti in termini di sviluppo del

Analisi chimiche dei prodotti ottenuti e/o dei possibili prodotti trasformati.

RISULTATI ATTESI

La strategia del progetto è volta a comunicare e promuovere l'uso sostenibile e la esto non è attuabile se le comunità e i singoli individui non

prendono coscienza del suo valore, del legame che hanno con essa, degli effetti causati dai loro

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comportamenti sulle varie componenti della diversità biologica (naturalistica, economica, sociale e culturale) e delle soluzioni possibili. La biodiversità per essere opportunamente preservata deve divenire “rappresentante territoriale” e comunicare il territorio di origine nei consumatori informati. Accanto a una più decisa azione delle istituzioni nazionali, regionali e internazionali è necessaria, pertanto, una grande azione culturale, di formazione, informazione e sensibilizzazione. Come sostegno a questa strategia, dal punto di vista agricolo occorre determinare meglio le tecniche produttive e di marketing di questi prodotti particolari che si inseriscono a pieno titolo nello sviluppo economico e nella caratterizzazione territoriale. Si cita solamente in chiusura il distretto rurale della maremma che di queste componenti si fregia quali singolarità importanti.

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