Prof. Faccincani Giorgio Unità Didattica: disegno e storia ... · cui spigoli convergono in uno...

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Prof. Faccincani Giorgio Unità Didattica: disegno e storia dell’arte – discipline geometriche e architettoniche. TITOLO: POLIEDRI E CUPOLE RETICOLARI Scheda didattica. Prerequisiti Obiettivi Metodologia operativa - Conoscenza e uso delle strutture di base nel campo tridimensionale - Aver acquisito i concetti di spazio-volume- forma - Aver disponibilità di materiali e attrezzi necessari - Acquisire le conoscenze delle possibilità compositive modulari - Arricchire le capacità espressive - Saper individuare un iter progettuale - Partire dai contenuti e definire l’argomento - Verificare le abilità e le capacità espressive dei singoli - Verificare le capacità progettuali - Programmare i materiali per le realizzazioni degli obiettivi - Verificare le congruenze di progetto con l’ambiente Attività docente Attività alunno Attività della classe - Introdurre il lavoro - Percezioni e strutture ambientali - Spazio fisico e spazio progettuale - Metodologia della progettazione - Caratteristiche dei materiali - Organizzazione del lavoro - Verifica - Scelta del tema progettuale - Analisi e sviluppo - Indagine conoscitiva - Stesura definitiva progetto - Tavole grafiche - Tavole fotografiche - Modello tridimensionale - Relazione - Interventi - Discussione - Richiede spiegazioni - Prende appunti

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Prof. Faccincani Giorgio Unità Didattica: disegno e storia dell’arte – discipline geometriche e architettoniche.

TITOLO: POLIEDRI E CUPOLE RETICOLARI

Scheda didattica.

Prerequisiti Obiettivi Metodologia operativa

- Conoscenza e uso delle strutture di base nel campo tridimensionale

- Aver acquisito i concetti di spazio-volume-forma

- Aver disponibilità di materiali e attrezzi necessari

- Acquisire le conoscenze delle possibilità compositive modulari

- Arricchire le capacità espressive

- Saper individuare un iter progettuale

- Partire dai contenuti e definire l’argomento

- Verificare le abilità e le capacità espressive dei singoli

- Verificare le capacità progettuali

- Programmare i materiali per le realizzazioni degli obiettivi

- Verificare le congruenze di progetto con l’ambiente

Attività docente Attività alunno Attività della classe

- Introdurre il lavoro

- Percezioni e strutture ambientali

- Spazio fisico e spazio progettuale

- Metodologia della progettazione

- Caratteristiche dei materiali

- Organizzazione del lavoro

- Verifica

- Scelta del tema progettuale

- Analisi e sviluppo

- Indagine conoscitiva

- Stesura definitiva progetto

- Tavole grafiche - Tavole

fotografiche - Modello

tridimensionale - Relazione

- Interventi - Discussione - Richiede

spiegazioni - Prende appunti

Verifica progetto

- Verifica del lavoro svolto individualmente - Verifica della possibile realizzazione - Qualità della ricerca - Qualità delle tecniche di

rappresentazione - Qualità del modello tridimensionale - Congruenza progettuale

1. Definizione di poliedro. Il termine “poliedro” deriva dal greco πολυσ (molto) e εδρα (sedile, base) e quindi significa “dalle molte basi”.

Ricordiamo che il nostro ambiente è lo spazio ordinario della geometria euclidea e proponiamo la seguente definizione di superficie poliedrica.

Una superficie poliedrica è un sistema costituito da un numero finito di poligoni convessi (che ne costituiscono le facce) tali che:

due poligoni qualsiasi non hanno alcun punto interno in comune. Per ognuno dei lati di ciascun poligono esistono due e due soli

poligoni aventi questo lato in comune (spigoli del poliedro). Dati due poligoni qualsiasi della superficie si può passare dall’uno

all’altro attraverso una successione di poligoni, appartenenti alla superficie, tali che ciascuno di essi abbia uno spigolo comune con il successivo.

Nella nostra trattazione useremo il termine poliedro per indicare la

regione di spazio limitata, chiusa, individuata da una superficie poliedrica. Ci occuperemo, in particolare, di poliedri semplici, cioè di poliedri omeomorfi alla sfera. Per questi è valida la formula di Descartes-Eulero; indicando con V il numero dei vertici, S il numero degli spigoli, F il numero delle facce, tale formula stabilisce tra tali elementi la seguente relazione:

V + F = S + 2 Ovvero il numero dei vertici più il numero delle facce è uguale al

numero degli spigoli aumentato di 2 unità. 2. Poliedri regolari.

Un poliedro regolare convesso o più semplicemente regolare è un poliedro semplice in cui tutte le facce sono uguali ad uno stesso poligono regolare convesso i cui angoloidi sono uguali tra loro (ovvero ogni vertice converge sempre lo stesso numero di facce).

Inoltre con il termine “angoloide convesso” o più semplicemente “angoloide” intendiamo la figura dello spazio individuata nel modo che descriveremo qui di seguito.

Date, in un certo ordine, n semirette (con n > 2, n intero) aventi

l’origine in comune a 3 a 3 non complanari e tali che il piano individuato da due consecutive di esse lasci tutte le altre da una stessa parte, si dice angoloide l’intersezione degli n semispazi che hanno per origini quei piani e che contengono le n-2 semirette rimanenti (quindi, in un poliedro, le facce i cui spigoli convergono in uno stesso vertice individuano un angoloide).

Un poliedro regolare convesso è inscrittibile in una sfera ed è

circoscrittibile ad un’altra sfera (le due sfere hanno lo stesso centro). Si dimostra che i poliedri regolari convessi sono cinque e sono i

seguenti: - Tetraedro : 4 facce costituite da triangoli equilateri. - Esaedro (o Cubo) : 6 facce costituite da quadrati. - Ottaedro : 8 facce costituite da triangoli equilateri. - Dodecaedro : 12 facce costituite da pentagoni regolari. - Icosaedro : 20 facce costituite da triangoli equilateri.

Essi sono detti anche CORPI PLATONICI perché di essi parla esplicitamente il filosofo Platone (429-348 a.C.) nella sua opera “Timeo”.

Secondo la teoria pitagorica (VI secolo a.C.) a ciascun poliedro regolare corrispondevano i vari elementi fondamentali della natura: al Tetraedro il Fuoco, al Cubo la Terra, all’Ottaedro l’Aria, all’Icosaedro l’Acqua, al Dodecaedro l’Armonia Universale (oppure un quinto elemento della Natura, il cosiddetto Etere). 1

Ai cinque poliedri regolari, associati all’intero universo, fu pertanto dato il nome di “corpi cosmici”.

Se accettiamo anche il caso di non convessità giungiamo alla

nozione di poliedro regolare stellato (o concavo). Si dimostra che ci sono solo 4 poliedri regolari stellati e questi si possono derivare da dodecaedro e dall’icosaedro regolare.

Essi sono stati scoperti da Keplero, Poinsot e Cauchy in tempi più moderni e sono:

- Grande Icosaedro : 20 triangoli equilateri. - Grande Dodecaedro : 12 pentagoni regolari convessi. - Piccolo Dodecaedro Stellato : 12 pentagoni stellati regolari. - Grande Dodecaedro Stellato : 12 pentagoni regolari stellati.

3. Poliedri semiregolari. Sono poliedri aventi facce regolari, ma non tutte dello stesso numero

di lati, e aventi angoloidi uguali. Tali poliedri sono detti anche semiregolari e sono inscrittibili in una

sfera, ma non circoscrittibili ad una sfera. È stato Archimede a scoprire i primi 13 poliedri semiregolari, che

successivamente sono stati studiati anche da Keplero e da E. Catalan; ed è proprio quest’ultimo che ne segnala altri 2 tipi (il prisma e l’antiprisma): è il motivo per cui sono noti anche con il nome di “poliedri archimedei”.

In totale i poliedri semiregolari sono: - i 13 archimedei; - la famiglia infinita dei prismi; - la famiglia infinita degli antiprismi. Tali poliedri vengono detti anche a facce regolari; questo vuol dire

che ogni faccia è un poligono regolare, ma le facce non sono tutte dello stesso tipo. Tuttavia le facce devono essere disposte nello stesso attorno a ciascun vertice.

I poliedri semiregolari sono: - Tetraedro Tronco : 4 esagoni e 4 triangoli. - Cubo Tronco : 6 ottagoni e 8 triangoli. - Cubottaedro : 6 quadrati e 8 triangoli. - Cubo Simo : 6 quadrati e 32 triangoli. - Cubottaedro Tronco (o Grande Rombicubottaedro) : 12

quadrati, 8 esagoni e 6 ottagoni. - Rombicubottaedro : 18 quadrati e 8 triangoli. - Ottaedro Tronco : 6 quadrati e 8 esagoni - Icosaedro Tronco : 12 pentagoni e 20 esagoni. - Icosidodecaedro : 12 pentagoni e 20 triangoli. - Docecaedro tronco : 12 decagoni e 20 triangoli. - Dodecaedro Simo : 12 pentagoni e 80 triangoli. - Icosidodecaedro Tronco (o Grande Rombicosidodecaedro) :

30 quadrati, 20 esagoni e 12 decagoni. - Rombicosidodecaedro : 30 quadrati, 12 pentagoni e 20 triangoli. - Prisma : famiglia infinita a facce quadrangolari. - Antiprisma (o Prisma Storto) : famiglia infinita a facce

triangolari. Solo 2 tra i solidi archimedei esistono in due forme, sono i 2 “simi” e

le due forme sono enantiomorfe (cioè stanno tra loro come un guanto sinistro e uno destro).

4. Poliedri duali. Applicando la legge di dualità nello spazio, che permette di sostituire

i punti con i piani, lasciando invariate le rette, possiamo, a partire da uno qualsiasi dei poliedri regolari o semiregolari precedentemente visti costruire

un nuovo poliedro nel seguente modo: se per ogni vertice del poliedro si traccia il piano tangente in esso alla sfera circoscritta, attraverso l’intersezione di tali piani si individua un nuovo poliedro chiamato “duale” del precedente; è un poliedro con lineamenti “regolari” analoghi.

Il duale di un poliedro regolare costruito in tale modo è regolare. Mentre i solidi archimedei hanno una sfera circoscritta, i

corrispondenti duali hanno una sfera inscritta. Tutti hanno una sfera tangente ai loro spigoli, detta intersfera.

I rapporti di dualità tra i poliedri platonici e quelli stellati sono i seguenti:

- Tetraedro ⇔ Tetraedro - Esaedro ⇔ Ottaedro - Dodecaedro ⇔ Icosaedro - Grande Dodecaedro Stellato ⇔ Grande Icosaedro - Piccolo Dodecaedro Stellato ⇔ Grande Dodecaedro I poliedri duali degli archimedei si trovano elencati in E. Catalan con

la denominazione di poliedri semiregolari di secondo genere. Afferma E. Catalan: “Io chiamo poliedro semiregolare, sia quello le cui facce sono

poligoni regolari e i cui angoloidi sono uguali (o simmetrici), sia quello le cui facce sono uguali e i cui angoloidi sono regolari (ma non tutti con lo stesso numero di spigoli)”.

Ciascuno di tali poliedri è circoscrittibile ad una sfera, ma non inscrittibile.

I loro rapporti di dualità sono i seguenti: - Triachistetraedro ⇔ Tetraedro tronco - Dodecaedro Rombico ⇔ Cubottaedro - Tetrachisesaedro ⇔ Ottaedro Tronco - Triachisottaedro ⇔ Cubo Tronco - Icositetraedro Trapezoidale ⇔ Rombicubottaedro - Esachisottaedro ⇔ Cubottaedro Tronco - Icositetraedro Pentagonale ⇔ Cubo Simo - Triacontaedro Rombico ⇔ Icosidodecaedro - Pentachisdodecaedro ⇔ Icosaedro Tronco - Triachisicosaedro ⇔ Dodecaedro Tronco - Esacontaedro Pentagonale ⇔ Dodecaedro Simo - Dipiramide ⇔ Prisma - Trapezoedro ⇔ Antiprisma

5. Definizione di cupola. La forma più semplice di cupola è quella sferica. La sfera ha

proprietà particolari, tra le quali: 1. i punti della sfera sono equidistanti da un punto fisso, detto

centro; 2. i profili e le sezioni piane sono cerchi; 3. le linee geodetiche sono curve chiuse, esse sono linee di minima

curvatura, quindi, sulla sfera, sono i suoi cerchi massimi; 4. la sfera ha la minore area fra i solidi di uguale volume e il

massimo volume tra i solidi di uguale area; 5. la sfera possiede curvatura media costante. I Romani furono i primi a costruire delle cupole vere e proprie, tra le

quali spicca quella del Pantheon di Adriano a Roma, realizzata nel 120 d.C. ca., avente una luce di m. 43.

Le cupole sono state spesso pensate e costruite come strutture reticolari (cupole a nervatura o cupole reticolari).

6. Le cupole reticolari (o geodetiche). Le cupole reticolari sono strutture poliedriche le cui facce sono

generalmente dei triangoli o degli esagoni. Le cupole reticolari più note si devono all’architetto americano R.

Buckminster Fuller, tra le quali è importante menzionare quella realizzata per l’Expo di Montreal nel 1967, che è costituita da un reticolo di esagoni; per ogni esagono da ciascun vertice parte un’asta, si hanno così 6 aste che si collegano in un punto sull’asse azimutale dell’esagono.

In questi punti si forma un nodo; l’insieme di questi nodi forma un secondo reticolo di triangoli.

Fuller perviene così alla cupola reticolare partendo da un metodo basato sulla formazione di triangolazioni spaziali sferiche continue: la cupola reticolare è dunque la conseguenza logica di una progettazione che muove da un principio formale.

È importante comunque sottolineare che la ricerca geodetica non si

sviluppi e non sia identificabile esclusivamente con Fuller; la prima cupola geodetica costruita è quella eretta nel 1922 a Jena, in Germania, da Walter Bauerfeld, per conto della ditta Zeiss.

Nella tipologia delle cupole esiste anche la cosiddetta cupola

Schwedler, costituita, sulla base di una semisfera, da una struttura di meridiani e paralleli, ai quali si aggiungono una serie di diagonali (rispetto ai trapezi che vengono a crearsi attraverso l’intersezione di meridiani e paralleli) univocamente orientate, con movimento a spirale, allo scopo di ottenere delle controventature attraverso la definizione di triangolazioni reticolari.2

7. Geometria delle cupole reticolari. Le cupole possono definirsi reticolari se si considera che sono

formate da un reticolo di poligoni regolari, semiregolari, irregolari; possono definirsi geodetiche se si considera che per i vertici dei poligoni passano i cerchi massimi della sfera, che sono curve geodetiche.

I poliedri che si approssimano alla sfera, tali che ogni faccia sia perpendicolare all’asse che unisce il centro della stessa con il centro della sfera (asse azimutale) e che i loro vertici siano tangenti alla sfera, sono detti geodi.

Nello studio della geometria delle cupole i reticoli più interessanti

sono quelli triangolari o esagonali. I poliedri dunque più utilizzati per tali cupole sono l’icosaedro, il

triacontaedro rombico (duale dell’icosidodecaedro) e l’icosaedro tronco.

Nella costruzione delle cupole geodetiche si può comunque ricorrere a qualunque solido platonico o archimedeo, in quanto si tratta di solidi inscrivibili nella sfera.

Il poliedro regolare massimo che possiamo inscrivere in una sfera è,

per il teorema di Eulero, l’icosaedro, formato da 20 facce uguali (triangoli equilateri).

In questo caso il lato del triangolo dell’icosaedro ha una lunghezza non molto diversa dal raggio della sfera circoscritta. La proporzione tra il lato dell’icosaedro e il lato della circumsfera è di 1 : 1,051.

Per ottenere una cupola avente maggiore luce è quindi necessario procedere ad una suddivisione dell’icosaedro (o degli altri poliedri) in modo da ottenere un numero maggiore di facce.

La frequenza della suddivisione di ogni faccia può essere di ordine

pari o di ordine dispari. Uno dei metodi utilizzati per passare da un poliedro a una cupola

reticolare consiste nella suddivisione delle facce dei poliedri in triangoli (che saranno equilateri per quei poliedri formati da triangoli o esagoni) e nella

proiezione, dal centro della sfera circoscritta, sulla superficie della stessa dei punti ottenuti per suddivisione (nodi).

A proiezione eseguita, ad esempio di un icosaedro, i triangoli ottenuti (triangoli sferici) non saranno più solo equilateri, ma avremo spigoli diversi, come diversi saranno i nodi, poiché varieranno gli angoli interni dei triangoli.

In una suddivisione di ordine pari, per esempio di ordine 2, la stessa

individua 3 nuovi vertici, (oltre ad A, B, C) che chiameremo D, E, F, che uniti fra loro con i vertici A,B,C, determinano 4 triangoli, di cui quello centrale D, E, F, è equilatero, mentre gli altri tre sono isosceli e uguali tra loro.

La differenza delle lunghezze degli spigoli (aste) è determinata dalle differenti distanze dei vertici (nodi) dal centro della sfera; il triangolo D, E, F, ha infatti i vertici equidistanti dal centro della sfera, pertanto il triangolo sferico resta equilatero. Gli altri triangoli A, D, E – D, B, F, - F, E, C, hanno distanze differenti dal centro della sfera (due uguali e una diversa), pertanto i triangoli sferici saranno isosceli.

Una successiva suddivisione delle facce, ad esempio di ordine 4, dà

una divisione simile alla precedente per il triangolo D, E, F, e cioè un triangolo equilatero e tre isosceli. Per gli altri tre D, A, E, - D, B, F, - F, E, C, avremo due triangoli isosceli e due scaleni ciascuno.

I metodi di suddivisione delle facce triangolari di un poliedro sono

due: ripartizione alternata, secondo la modularità e ripartizione triacon, secondo gli assi di simmetria.

La ripartizione alternata determina: - minima variazione della lunghezza degli spigoli (aste); - individuazione della cupola come semisfera; - frequenza sia pari che dispari; - crescente differenza di triangoli tra loro diversi in funzione

dell’aumentare della suddivisione del triangolo base.

La ripartizione triacon determina: - minima differenza tra i triangoli ottenuti per suddivisione del

triangolo base; - simmetria delle facce adiacenti che possono essere combinate in

rombi;

- differenza marcata di lunghezza degli spigoli (aste); - impossibilità di individuazione della cupola come semisfera, con

conseguente determinazione di porzioni diverse di sfera; - ripartizioni solo di ordine pari.

8. Icosaedro – Triacontaedro Rombico – Icosaedro Tronco.

Come abbiamo precedentemente detto, questi tre poliedri sono i più

utilizzati per la costruzione di cupole geodetiche, la ragione di questa scelta sta nel fatto che il loro sviluppo in geoidi porta alla costituzione di cupole tra loro assimilabili.

Se prendiamo un icosaedro e applichiamo ai suoi triangoli una suddivisione di ordine 4, otterremo un poliedro i cui vertici di un triangolo sferico concludono al centro di un pentagono.

Se si considera un triacontaedro rombico e applichiamo ad esso la stessa suddivisione utilizzata per l’icosaedro, otterremo un poliedro nel quale i vertici delle diagonali maggiori di ogni rombo conducono al centro di un pentagono.

In entrambi i casi si ottiene un poliedro formato da nuclei pentagonali circondati da esagoni (o triangoli), ottenendo una configurazione simile o uguale all’icosaedro tronco.

Il pentagono diventa dunque l’elemento protagonista, il poligono che

permette il passaggio dalle strutture modulari piane (trame, pavimentazioni, ecc.) a quelle spaziali sferiche (cupole reticolari o geodetiche).

9. Cupole a doppio reticolo. Le cupole viste finora sono del tipo monostrato, ad un solo reticolo. Tali tipi di reticoli si possono però utilizzare solo fino a un certo grado

di suddivisione, perché con l’aumentare di tali suddivisioni diminuiscono gli angoli fra le aste, che tendono perciò alla complanarità.

Per aumentare la resistenza del reticolo non è opportuno dunque suddividere il poliedro di base oltre un certo grado, ma formare un nuovo reticolo, interno rispetto a quello primario (che appartiene alla sfera circoscritta), ottenendo così le cupole a doppio reticolo.

Quando Fuller ha realizzato la cupola di Baton Rouge, nel 1959, ha

irrigidito un traliccio esagonale, collegandolo nei vertici con puntoni distanziatori a un altro traliccio, realizzato con piramidi esagonali e aggiungendo tiranti tra i vertici dell’esagono esterno e i vertici delle piramidi.

In una cupola geodetica realizzata a Wood River nell’Illinois, avente m. 114 di diametro, composta da 804 pannelli esagonali di acciaio a forma di piramide con la base di m. 4,50, i vertici delle piramidi sono stati collegati da aste che formano un reticolo esterno a 3 direzioni, mentre le basi delle piramidi formavano un reticolo interno esagonale.

Dato dunque che oltre a una certa dimensione si rende necessaria l’adozione di una struttura a doppio reticolo, che può essere a 2, 3 o 4 direzioni, si possono avere vari tipi di questi reticoli doppi:

- con il reticolo superiore diverso da quello inferiore; - con il reticolo superiore uguale a quello inferiore; - con il reticolo superiore e quello inferiore sfalsati; - con i reticoli aventi densità diversa (come nel caso del reticolo

romboedrico). Le superfici delle facce possono essere piane, oppure al posto di

due facce può essere inserita una superficie a doppia curvatura, cioè una rigata limitata da 4 spigoli sghembi (settore di paraboloide iperbolico).

10. Le ricerche geodetiche. Abbiamo detto di Fuller, il quale ha costruito una serie estremamente

variabile di cupole, le più note, oltre a quella già citata per l’Expo di Montreal, sono quelle realizzate in leghe di alluminio o in acciaio, ma ne sono state realizzate anche con pannelli di poliestere, rinforzati con fibre di lana di vetro, in resine poliesteri, con nervature in cartone, in cartone e alluminio, in fogli di legno compensato, in fogli di alluminio corrugato e totalmente in cartone, come le due cupole erette alla Triennale di Milano nel 1954.

Negli Stati Uniti, tra gli anni sessanta e settanta, sono state le

comunità hippy ad appropriarsi in modo particolare di queste tecniche costruttive, coniando il neologismo go zone (che ricalca il più noto motto go home), formato dalla fusione delle parole Dome, Zone, Home.

Ciò avviene soprattutto nel Colorado, dove fioriscono le cosiddette Drop City, costituite da villaggi geodesici.

Si tratta di comunità formate prevalentemente da studenti, i quali usano, per costruire, soprattutto lamiere recuperate dai cimiteri delle auto.

In queste comunità non mancano i teorici di questo tipo di costruzioni, come, per esempio, Steve Bear , il quale, attraverso un opuscolo, il Dome Cook Book, descrive, avvalendosi di disegni esplicativi in stile pop art, le varie tecniche geometriche e meccaniche necessarie alla costruzione di tali cupole.

In questi villaggi si svolge un tipo di vita comunitaria, che riprende, da un lato i metodi di vita delle tribù indiane e, dall’altro, le teorie utopiche di Owen e Fourier.

Il critico d’arte Achille Bonito Oliva ebbe a scrivere, nel 1974, a proposito di queste comunità, che il fenomeno andava inquadrato nel fenomeno più generale della land art, un’arte che, come la body art, si contrapponeva al mondo tecnologico.

L’insieme delle correnti artistiche dell’epoca: arte concettuale, arte povera, land art, earth art, arte situazionale, arte del comportamento, body art, ecc., rappresentavano l’espressione di un momento di crisi e di ripensamento nei confronti degli oggetti industriali e del design, prodotti con fini meramente speculativi e utilitaristici, nel quale era coinvolto anche l’oggetto – casa. In questi movimenti, come ricorda A. B. Oliva, si ricompone anche un aspetto dadaista, evidenziato dal concetto dell’anti – oggettualità.

11. Tavola sinottica relativa ai personaggi che hanno

contribuito allo sviluppo del concetto di poliedro, cupola geodetica e cellula spaziale.

Pitagora (VI sec. a.. C.) Relazione tra i numeri e la realtà fisica.

Numeri triangolari e quadrati, Progressioni (p. aritmetiche = armoniche)

Democrito (tra il V e IV sec. a. C.) Universo modulare, composto di “atomi” o “cellule”

Platone (tra il V e IV sec. a. C.) Studia le cellule geometriche regolari, dette poliedri o solidi platonici. Descrizioni matematiche della forma

Euclide (tra il IV e III sec. a. C.) Introduzione alle 5 cellule geometriche regolari.

Archimede (III sec. a. C.) Studi e descrizioni delle 13 cellule geometriche semiregolari, dette poliedri o solidi di Archimede

Fibonacci (tra il XII E XIII sec.) I numeri di Fibonacci, o serie che descrivono i modelli di crescita proporzionale negli organismi viventi

Leonardo da Vinci

(1452- 1519) Riscoperta e studi delle cellule geometriche, i poliedri. Studi di biotecnica

Keplero (1571 – 1630) Studi delle cellule poliedriche dei favi. Scoperta del dodecaedro stellato

R. Hooke (1635 – 1703) Fu il primo a osservare la struttura cellulare dei tessuti delle piante al microscopio

G. W. von Leibnitz

(1646 – 1716) Concetto modulare della materia. Teoria delle “monadi”

Eulero (1707 – 1783) Classificazione e studio delle cellule geometriche. Teorema sui poliedri

L. Poin sot (1777 – 1859) I poliedri stellati di Poinsot. Teorema sul movimento di solidi liberi

A. F. Möbius (1790 – 1868) Ipercelle a 4 dimensioni. Il nastro di Möbius

Catalan Nel 1852 ipotizza i poliedri catalani Lord Kelvin (1824 – 1907) Forma della cellula della pianta basata

sulla minima area di ripartizione per la suddivisione dello spazio (ottaedro tronco)

E. H. Haeckel (1834 – 1919) Studi sugli esoscheletri poliedrici dei radiolari

A. G. Bell (1847 – 1922) Strutture cellulari tetraedriche J. S. Flodorov (1853 – 1919) Dimostrazione che sono soltanto 5 le

configurazioni di cellule poliedriche con il medesimo orientamento che si aggregano in modo da riempire lo spazio, e che la disposizione degli atomi in ogni struttura cristallina regolare possiede la simmetria di uno dei 230 gruppi spaziali della simmetria

D’Arcy Thompson

(1860 – 1948) Studi di biotecnica, comprendenti la struttura delle cellule e delle aggregazioni cellulari e il confronto tra strutture naturali e artificiali

R. Francé (1874 – 1943) Studi di biotecnica, in particolare sulla forma e la struttura in natura. Interesse nell’applicazione di queste informazioni alla progettazione di strutture per l’uomo

R. B. Fuller (n. 1895) studi di biotecnica e studi sulla geometria naturale finalizzati alla progettazione di strutture cellulari: ossature spaziali, strutture a tensione ottimale (tensostrutture), sfere e cupole geodetiche

Max Bill (n. 1908) Progetto di componenti cellulari costruttivi per l’edilizia

Frei Otto (n. 1925) Studi di biotecnica. Progetti di strutture cellulari spaziali

B. V. Doshi (n. 1927) Architettura cellulare Note. 1 Nella simbologia dei colori, ai 5 elementi sono associati 5 colori: il

rosso rappresenta il fuoco, l’azzurro l’aria, il verde l’acqua, il nero la terra e il bianco l’universo (o Dio).

La terra rappresentava il caos e le tenebre dei profani; l’acqua, ovvero il battesimo, era l’emblema della rigenerazione esteriore mediante il trionfo sulle tentazioni; l’aria designava la verità divina che illumina l’intelletto del neofita, così come il fuoco, o grado supremo, apriva il cuore all’amore divino.

Questi passaggi simboleggiavano le quattro sfere materiali che il neofita doveva percorrere prima di innalzarsi a Dio.

La terra (rappresentata dal nero) è il luogo tenebroso dell’uomo non purificato, non illuminato dalla conoscenza divina, è luogo delle acque primordiali e del caos.

Ad essa segue l’acqua (rappresentata dal verde), che simboleggia il primo grado dell’iniziazione, conferito mediante il battesimo, che consente di varcare la porta della morte spirituale (il nero).

Il battesimo era il simbolo del mistero della creazione; il profano rappresentava la materia inerte e tenebrosa; le acque versate sulla sua testa simboleggiavano il principio fecondativo che doveva rigenerarlo, farlo nascere a nuova vita.

Il secondo grado di iniziazione, simboleggiato dal blu dell’aria, indicava la rigenerazione spirituale; il neofita riceveva il battesimo dello Spirito Santo.

Il terzo grado era raggiunto attraverso il battesimo di fuoco (il rosso). Nel Vangelo si ritrova questo triplice battesimo: “Io – dice San

Giovanni Battista – vi battezzo con l’acqua, per portarvi al pentimento, ma

Colui che viene dopo di me è più potente di me; è Lui che vi battezzerà collo Spirito Santo e col fuoco”.

Il bianco rappresenta l’ultimo grado della purificazione, la riunione del corpo immondo con il proprio creatore, la ricongiunzione con Dio.

Il bianco, luogo di tutti i colori, opposto al nero, simbolo dell’impuro, rappresenta il grado finale dell’iniziazione, che riconduce l’uomo alla luce divina.

2 Fu in questa direzione che operò Filippo Brunelleschi (1377 –

1446) per la realizzazione della cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze, impostata su una pianta a struttura ottagonale.

È una cupola a costoloni che possiede importanti caratteristiche: innanzi tutto si tratta di una cupola a doppia sezione, caratteristica questa fondamentale sia nelle strutture piane reticolari spaziali, sia nelle strutture sferiche, come nelle cupole geodetiche di Fuller; in secondo luogo la struttura a doppia sezione riproduce quasi perfettamente quella di una cupola Schweder, in quanto la cupola interna è caratterizzata da maglie reticolari di tamponamento del tipo “meridiani – paralleli”, mentre la cupola esterna presenta tamponamenti in mattoni con andamento in diagonale, quasi si trattasse di una serie di spirali, formanti delle vere e proprie triangolazioni.

Bibliografia. - Louis Joly: “Les polyèdres” ed. Blanchard, Parigi 1979 - H. M. Cundy e A. P. Rollett: “I modelli matematici” ed. Feltrinelli,

Milano 1974 - R. Corazzi: “La geometria delle forme” ed. Alinea, Firenze 1984 - K. Critchlow “Order in space” ed. Thames & Hudson, Londra

1969 - R. B. Fuller “Synergetics” ed. Macmillan Publishing Co. Inc. - Attilio Marcolli: “Teoria del campo” ed. Sansoni, Firenze 1971 - Attilio Marcolli: “Teoria del campo 2” ed. Sansoni, Firenze 1978 - Frédéric Portal: “Sui colori simbolici” Luni Editrice, Milano 1997