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VS La rivista Quindicinale di politica scolastica e cultura professionale Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 17260 del 09.05.1978 Valore Scuola coop. a r.l. via Leopoldo Serra, 31 00153 Roma Tel. 06.5813173 - 06.5885355 Fax 06.5813118 www.valorescuola.it [email protected] Direttore Enrico Panini Direttore responsabile Ermanno Detti In redazione Alberto Alberti, David Baldini, Omer Bonezzi, Paolo Cardoni, Loredana Fasciolo, Simonetta Fasoli, Marilena Menicucci, Paolo Raponi, Paolo Serreri, Gianfranco Staccioli, Ivo Vacca, Anna M. Villari Progetto grafico Luciano Vagaggini Impaginazione Alisia Stasi Hanno collaborato a questo numero Eleonora Amelio, Gastone Ciacci, Ludovico Gatto, Sergio La Salvia, Giuseppe Talamo, Lucio Villari Abbonamento annuale euro 67,00 - estero euro 129,00 Per gli iscritti CGIL e le RSU euro 52,00 - Una copia euro 3,00 Versamento su c/cp n. 63611008 o trami- te vaglia postale o assegno bancario, en- trambi non trasferibili, intestati a Valore Scuola coop. a.r.l. Stampato in Roma presso la tipografia CSR, via di Pietralata, 157 Tiratura n. 7/8 (15/30.04.2005): 6.000 copie In base alla normativa vigente è vietata la riproduzione anche parziale degli articoli sia in stampa che in fotocopia. Eventuali riproduzioni dovranno essere autorizzate dal direttore responsabile Le foto all’interno sono di Nito Contreras presentazione Giuseppe Mazzini a 200 anni dalla nascita Enrico Panini 2 Il 25 aprile e Giuseppe Mazzini 5 Mazzini ieri Introduzione L’Italia tra un “Risorgimento” e l’altro David Baldini 6 Il discorso del centenario Il poliedro mazziniano Napoleone Colajanni 8 La “primavera dei popoli” La Costituzione della Repubblica romana e le radici della democrazia Eleonora Amelio 14 Cronaca di un esilio Londra, sulle orme di Mazzini Gastone Ciacci 18 Dalla “tempesta del dubbio” all’impegno sociale Gli anni dell’Apostolato popolare Giuseppe Talamo 20 Gli scritti e le lettere Il connubio tra arte e vita David Baldini 22 Testo integrale La Costituzione della Repubblica Romana, 1849 26 Mazzini oggi Formazione e identità nazionale L’Educazione di un popolo Ermanno Detti 30 Una rilettura “da sinistra” Apostolo e rivoluzionario Intervista a Lucio Villari 32 Europa e federalismo Contemporaneo della posterità Ludovico Gatto 37 Il Risorgimento dimenticato Il rinnovamento della politica e dello Stato Intervista a Sergio La Salvia 41 biografia Tra cultura, rigore e passione politica Una vita per l’Italia 49 antologia Brani mazziniani Un programma per l’Italia 53 L’Italia è una 53 Visione dell’Italia risorta 54 La missione dell’Italia in Europa 54 La città eterna 56 Libertà per noi e per i popoli oppressi 57 Pensiero e azione 59 Giovani d’Italia, sorgete! 60 Le prime prove nelle lettere 61 Il carcere di Savona e la concezione della Giovine Italia 62 sommario In copertina Nito Contreras Aluminio, 2000 Profilo dell’artista a pag. 4 Giuseppe Mazzini genovese, italiano, europeo Numero monografico

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VS La rivista

Quindicinale di politicascolastica e cultura

professionale

Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 17260 del 09.05.1978

Valore Scuola coop. a r.l.via Leopoldo Serra, 31

00153 RomaTel. 06.5813173 - 06.5885355

Fax 06.5813118www.valorescuola.it

[email protected]

DirettoreEnrico Panini

Direttore responsabileErmanno Detti

In redazione Alberto Alberti, David Baldini,Omer Bonezzi, Paolo Cardoni,

Loredana Fasciolo, Simonetta Fasoli, Marilena Menicucci, Paolo Raponi, Paolo Serreri, Gianfranco Staccioli,

Ivo Vacca, Anna M. VillariProgetto graficoLuciano Vagaggini

ImpaginazioneAlisia Stasi

Hanno collaborato a questo numeroEleonora Amelio, Gastone Ciacci,Ludovico Gatto, Sergio La Salvia, Giuseppe Talamo, Lucio Villari

Abbonamento annuale euro 67,00 - estero euro 129,00

Per gli iscritti CGIL e le RSU euro 52,00 -Una copia euro 3,00

Versamento su c/cp n. 63611008 o trami-te vaglia postale o assegno bancario, en-

trambi non trasferibili, intestati a Valore Scuola coop. a.r.l.

Stampato in Roma presso la tipografiaCSR, via di Pietralata, 157

Tiratura n. 7/8 (15/30.04.2005): 6.000 copie

In base alla normativa vigente è vietata lariproduzione anche parziale degli articoli

sia in stampa che in fotocopia.Eventuali riproduzioni dovranno essereautorizzate dal direttore responsabile

Le foto all’interno sono di Nito Contreras

presentazioneGiuseppe Mazzini a 200 anni dalla nascitaEnrico Panini 2

Il 25 aprile e Giuseppe Mazzini 5

Mazzini ieriIntroduzioneL’Italia tra un “Risorgimento”e l’altro David Baldini 6

Il discorso del centenarioIl poliedro mazzinianoNapoleone Colajanni 8

La “primavera dei popoli”La Costituzione della Repubblicaromana e le radici della democraziaEleonora Amelio 14

Cronaca di un esilioLondra, sulle orme di MazziniGastone Ciacci 18

Dalla “tempesta del dubbio” all’impegno sociale Gli anni dell’Apostolato popolare Giuseppe Talamo 20

Gli scritti e le lettereIl connubio tra arte e vitaDavid Baldini 22

Testo integraleLa Costituzione della Repubblica Romana, 1849 26

Mazzini oggiFormazione e identità nazionaleL’Educazione di un popoloErmanno Detti 30

Una rilettura “da sinistra”Apostolo e rivoluzionarioIntervista a Lucio Villari 32

Europa e federalismoContemporaneo della posteritàLudovico Gatto 37

Il Risorgimento dimenticatoIl rinnovamento della politica e dello StatoIntervista a Sergio La Salvia 41

biografiaTra cultura, rigore e passione politicaUna vita per l’Italia 49

antologiaBrani mazzinianiUn programma per l’Italia 53L’Italia è una 53Visione dell’Italia risorta 54La missione dell’Italia in Europa 54La città eterna 56Libertà per noi e per i popoli oppressi 57Pensiero e azione 59Giovani d’Italia, sorgete! 60Le prime prove nelle lettere 61Il carcere di Savona e la concezione della Giovine Italia 62

sommario

In copertinaNito ContrerasAluminio, 2000

Profilo dell’artista a pag. 4

Giuseppe Mazzinigenovese, italiano, europeoNumero monografico

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questo non fu solo profetico, ma lavorò siste-maticamente per forme di difesa e di emancipa-zione della classe lavoratrice con grande sensi-bilità sociale e pedagogica. Sì, pedagogica: co-me non ricordare, infatti, l’importanza che egliattribuiva all’educazione e alla formazione del

popolo affinché acquisissecoscienza di sé e identità?Le righe che seguono of-frono uno spaccato chiarodel pensiero di Mazzini alriguardo.

L’educazione, pane dell’anima

“ (…) Voi dunque avete do-vere di educarvi per quantoè in voi, e diritto a che lasocietà alla quale apparte-nete non vi impedisca nellavostra opera educatrice, viaiuti in essa e vi supplisca

quando i mezzi di educazione vi manchino.La vostra libertà, i vostri diritti, la vostra e-mancipazione da condizioni sociali ingiuste, lamissione che ciascun di voi deve compiere quisulla terra, dipendono dal grado di educazioneche vi è dato raggiungere. Senza educazionevoi non potete scegliere giustamente fra il benee il male; non potete acquistar coscienza deivostri diritti; non potete ottenere quella parte-cipazione nella vita politica senza la quale nonriuscirete ad emanciparvi; non potete definirea voi stessi la vostra missione.L’educazione è il pane delle anime vostre. Sen-za essa, le vostre facoltà dormono assiderate,infeconde, come la potenza di vita che cova nelgerme dorme isterilita, se esso è cacciato interreno non dissodato, senza benefizio d’irriga-

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Tutte le nostre città dedicano un monumento aGiuseppe Mazzini, ma al di fuori delle pochepagine studiate a scuola sulla sua figura nonc’è una grande attenzione. Si sa che è stato unpadre della patria, ma di certo egli non ha avu-to la stessa fortuna di Garibaldi e di Cavour. Giuseppe Mazzini è statoperò a torto dimenticato.Ecco perché abbiamo volu-to dedicargli questo numerodella nostra rivista nell’an-no in cui ricorre il bicente-nario della sua nascita. Troverete in queste pagineinterventi autorevoli che ciaiutano a capire di più diuna figura complessa comequella di Mazzini sia inrapporto con il suo tempoed i suoi contemporanei,sia per quanto del suo lavo-ro e del suo pensiero puòessere considerato attuale eancora stimolante nella no-stra vita e nel nostro lavoro. Infine troverete unrepertorio scelto di alcuni suoi scritti, dai qualitrabocca quella passione civile, morale e (lai-camente) religiosa che permeò i protagonistidel nostro Risorgimento nazionale.Mazzini è stato un rivoluzionario, una rivolu-zione repubblicana era per lui, infatti, la lottaper l’indipendenza nazionale. Ma non è soloquesto il lato che affascina un sindacalista.Mazzini per primo, tra gli italiani, si occupòdelle condizioni dei lavoratori e degli immigra-ti, denunciò con forza la tratta dei piccolischiavi italiani che chiedevano l’elemosinanelle vie di Londra. Si preoccupò delle ingiu-stizie e delle disuguaglianze che il nascente si-stema capitalistico andava consolidando. In

Giuseppe Mazzini a 200 anni dalla nascita

Enrico Panini

Mazzini è stato unrivoluzionario, unarivoluzione repubblicanaera per lui, infatti, lalotta per l’indipendenzanazionale. Ma non è soloquesto il lato cheaffascina un sindacalista

presentazione

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zione e cure dell’assiduo coltivatore.Oggi voi o non avete educazione o l’avete dauomini e da poteri che nulla rappresentanofuorché se stessi e, non servendo a un principioregolatore, sono condannati essenzialmente amutilarla o falsarla. (…)” (G.Mazzini, L’edu-cazione in Doveri dell’uomo, 23 aprile 1860). Una importante novità è stata rappresentata nelpensiero mazziniano dal concetto di “associa-zione”, peraltro, inteso come l’unico mezzo da-to all’umanità per conoscere e realizzare la sualegge di vita e attuare il “progresso continuo”,che è anche alla base dei principi costitutivi la“Giovine Europa”, per la quale il patriota ligureaveva redatto non solo l’Atto di fratellanza, maanche lo Statuto.

Alle origini del movimento operaio

Non poca influenza esercita nel suo pensiero,negli anni di esilio londinese, la conoscenza delcartismo e del movimento associativo degli o-perai inglesi. Ne è una sicura riprova la vera epropria “svolta” attuata da Mazzini negli anni1838-‘39 nei confronti del mondo del lavoro,quando promuove un’opera sistematica di ini-ziazione in seno all’emigrazione artigiana ita-liana dell’Inghilterra e della Francia, così da e-ducare in senso nazionale e democratico gli uo-mini del lavoro. Sulla base di queste idee, eglifondò l’Unione degli operai italiani (1840), so-stenuta dalla pubblicazione dell’“Apostolatopopolare”, un periodico destinato soprattutto ailavoratori. Questo lavoro darà i suoi frutti dopo il 1848quando associazioni e gruppi a base operaia,che si ispiravano alle dottrine mazziniane, co-minceranno a prendere piede, sia in forma pub-blica (negli Stati sardi) che clandestinamente(Milano, Parma, Livorno). Anche se l’Unioneavrà vita grama e stentata, “la sua fondazione -come scrive Franco Della Peruta (Scrittori poli-tici dell’Ottocento, tomo I, Giuseppe Mazzini ei democratici, a cura di F. Della Peruta, Ricciar-di, Milano-Napoli 1969) - segna pur sempre unmomento di rilievo nella storia delle classi la-voratrici italiane; essa fu infatti la prima asso-ciazione di lavoratori che, allargando i suoi o-rizzonti al di là della previdenza e del mutuo

soccorso, fece dell’attività politica, orientata insenso democratico e nazionale, una delle sue ra-gioni di vita, prefigurando così le tendenze lun-go le quali si sarebbe sviluppato, soprattutto ne-gli anni tra il 1860 ed il 1871, un settore cospi-cuo del movimento operaio del nostro paese”.

Repubblicanesimo e associazionismo

Io vengo da una regione, l’Emilia Romagna, diantiche tradizioni repubblicane, dove è semprestato particolarmente forte il principio di asso-ciazionismo. Basti pensare - come scrive M.Ridolfi in Il partito della repubblica. I repub-blicani in Romagna e le origini del Pri nell’Ita-lia liberale (1872-1895), Milano 1989 - chenella seconda metà dell’Ottocento ben trentaassociazioni facevano capo alla consociazionedi Forlì. Non a caso questa, roccaforte delleforze repubblicane in Romagna, fu la città doveoperò Aurelio Saffi - triumviro con Mazzinidella Repubblica Romana -, eletto nel consigliocomunale della città fin dal 1867 insieme conAlessandro Fortis. Sotto la presidenza di Saffi,i repubblicani avevano dato vita, nel 1872, an-che ad una banca popolare a struttura coopera-tiva. Certo, essi non furono i primi, ma è diffu-sa la convinzione che il movimento cooperati-vo affondi le sue radici nel repubblicanesimomazziniano. Ne fu convinto assertore GiovanniSpadolini che scrisse: “E’ dal tronco del repub-blicanesimo che sorgerà anni più tardi, nel1886, la Lega nazionale delle cooperative”.

L’emancipazione delle donne

Ma c’è un altro aspetto dell’associazionismomazziniano che mi piace sottolineare e che ci fasentire Mazzini più vicino: esso fu contrasse-gnato, fin dalle origini, da una forte attenzionealla condizione delle donne. Ad esempio, nelnumero del 25 febbraio 1873 de “La donna”(una rivista nata a Padova nel 1868 e diretta daGualberta Beccari, mazziniana convinta ed an-tesignana del movimento di emancipazionefemminile in Italia) compare un articolo diGiorgina Crauford Saffi sulla Società artigianafemminile, nel quale educazione popolare eruolo della donna vengono fatti dipendere dauna più generale riforma della vita della nazio-

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ne. L’idea di far nascere una società femminileautonoma era sicuramente innovativa: la pre-senza delle donne nelle società di mutuo soc-corso, fondate da uomini, veniva infatti a talpunto osteggiata “… che quelle che le ammet-tevano, le cosiddette società promiscue o mi-ste, non esitavano a far pagare loro quote as-sociative superiori a quelle pagate dagli uomi-ni, con una logi perciò attenta soprattutto al-l’equilibrio finanziario tra rischi ed entrate, inuna prospettiva più assicurativa che solidari-stica” (A. Gigli Marchetti, Associazionismo o-peraio e associazionismo femminile alle origi-ni delle ideologie cooperative.1854-1886, cit.in Liviana Gazzetta, Giorgina Saffi, Angeli,Milano 2003).Noi non amiamo le celebrazioni fini a se stesse,ma in un momento così grave di calo dei valoriforti e identitari della nostra storia ci è piaciutoricordare Giuseppe Mazzini per il suo contribu-to di idee e di fatti alla cultura politica e civiledel nostro paese. Quelle idee e quei fatti di cuigli italiani e gli europei gli sono debitori.

Nasce nel 1947 in Galizia (Spagna). Nel 1972 sitrasferisce in Italia. La scultura di questo periodoè realizzata prevalentemente con materiali direcupero, dal cartone al rame, al ferro dellegrondaie. Nel 1982 fa parte del movimento“Trattista” e realizza una serie di interventiurbani tra Roma e Salerno. Nel 1985 dipingemurales con gli studenti della Ciba-Geigy diBasilea.Fa parte del nucleo costitutivo di artisti edintellettuali che ruotano attorno alla rivista“Altrimmagine” (Bari, 1985/87).Dagli anni ‘90 la ricerca di Contreras affronta i temidell’iconografia contemporanea con uno studiodelle stratificazioni urbane fino ad arrivareall’origine del reperto urbano. Nel 1994 aderisce algruppo tedesco Volkenwanderung (Migrazione deiPopoli).Queste esperienze condurranno l’artista ad unariflessione sulle qualità di uno spazio sociale ementale: approfondisce la ricerca su una“mappatura” fisica e mentale del territorio, dellacittà, individuando una rete stratificata econnessa di forze e flussi basi di una “topografia”dell’arte: ogni lavoro diventa il luogod’osservazione, un punto di mira, una bussolad’orientamento.Nel 1995 la geografia rabdomantica di Contreras siincrocia nelle pieghe frattali di Luther Blissett.Egli teorizza una concezione ed uso della sculturacome strumento di rilevamento metropolitano.Sempre nel 1995 segna il primo rilevamentoestetico del/a città di Roma creando unamappatura geo-simbolica degli allineamentiscultorei ed architettonici esistenti. Nel 1996compie il secondo rilevamento estetico della cittàdi Roma, nel Centro Storico.Realizza nel 2000 il primo rilevamento all’aperto inGalizia, incidendo nei suoi caratteristici grandiblocchi di granito dei segni a testimoniare i legamicon la tradizione dei petroglifi.

ARTISTI PER LA SCUoLA / IN CoPERTINA

I reperti urbani diNito Contreras

Per questo numero siamoparticolarmente grati ai professori

Ludovico Gatto, ordinario di StoriaMedievale presso la Facoltà di ScienzeUmanistiche dell’Università di Roma LaSapienzaSergio La Salvia, Segretario Generaledell’Istituto per la Storia delRisorgimento italiano e docente allaFacoltà di Lettere del Dipartimento diStudi Storici, Geografici e Antropologicidell’Università RomaTreGiuseppe Talamo, Presidentedell’Istituto per la Storia delRisorgimento italianoLucio Villari, professore di StoriaContemporanea all’Università LaSapienza di Romaper i loro qualificatissimi contributi.Di ciò sentitamente li ringraziamo.

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Questo numero monograficosu Giuseppe Mazzini esce volu-tamente in concomitanza con lacelebrazione del 25 aprile, que-st'anno coincidente con il 60°anniversario della Liberazione.A ben vedere, i due eventi, secomparati, non sono affatto tradi loro lontani e peregrini. Essi,al contrario, sono contigui ed o-mogenei, in quanto identico ful'amore per la libertà e l'anelitoall'indipendenza nazionale. Adimostrarlo, riportiamo il mes-saggio rivolto dal Presidentedel Consiglio Ivanoe Bonomi al-le truppe combattenti e a tutti ipartigiani che, su indicazionedel CLNAI, si accingevano a pro-clamare l'insurrezione nelleprincipali città dell'Alta Italia.Bonomi, capo di un Governoformato da tutte le forze antifa-sciste, il 25 aprile del 1945 (dalpalazzo del Viminale, alle ore9,30), così infatti ebbe a dire:

“Il Consiglio dei ministri, adu-nato mentre stanno per crollaregli ultimi resti della dominazionefascista sostenuta dalle baionettetedesche, saluta gli Eserciti vitto-riosi che hanno varcato il Po e vi-brano l'estremo colpo al nemicoin ritirata. Il Consiglio è lieto diconstatare che tra le truppe chemarciano alla liberazione del ter-ritorio nazionale sono le bandieree gli animi degli italiani che han-no spontaneamente preso il loroposto naturale nel grande campodi battaglia in cui è trasformato,per follia di due uomini, il mon-do civile.

Il pensiero riconoscente delGoverno va in quest'ora storica,alle Divisioni ‘Cremona’, ‘Friu-li’, ‘Folgore’ e ‘Legnano’ chesul fronte di combattimentohanno cooperato all'irresistibileavanzata; va a tutti i soldati chenelle retrovie hanno compiuto insilenzio un lavoro immane emolto spesso rischioso; va agli

aviatori che hanno, fra difficoltàgrandi superate con tenacia econ fede, mantenuto alto l'onoredell'ala italiana; va alla nostraMarina che sui campi vicini elontani ha collaborato, senzatregue e senza riposi, alla meri-tata vittoria.

Il Consiglio dei Ministri è or-goglioso di additare al mondo cheil crollo di quel fantasma di go-verno che ancora usurpava il no-me di Italia, recando così l'ultimodanno alla Patria, è stato operanon solo delle Truppe vittoriose,ma anche della occulta, pertinace,inflessibile, eroica opera dei no-stri Patrioti che ovunque, nellecittà e nei villaggi, nelle monta-gne e nelle pianure, non hannodato sosta al nemico, lo hannotormentato, danneggiato, esauri-to, contribuendo così alla sua de-finitiva disfatta.

A tutti i Patrioti che, senza di-stinzioni politiche, ed in perfettaconcordia di spiriti, hanno impu-gnato le armi per insorgere controil nemico interno ed esterno, l'Ita-lia rivolge un pensiero di profon-da e commossa gratitudine. Que-sti nostri Patrioti, ripetendo le ge-sta gloriose del nostro risorgi-mento nazionale, hanno affrettatoil giorno in cui il mondo, final-mente persuaso che il fascismonon fu che una triste mascheraimposta sul volto di un paese incatene, farà piena giustizia all'Ita-lia rinnovata nell'ideale della de-mocrazia e della pace.

Nell'iniziare il suo lavoro, ilConsiglio dei Ministri esprimela speranza che presto le popola-zioni dell'Alta Italia - in cui ildolore di una più lunga oppres-sione ha acuito la brama della li-bertà - siano poste in grado dicollaborare alla grande opera diricostruzione morale, economi-ca e politica dell'Italia la quale èdecisa a riprendere con la suadura fatica, il suo posto nelmondo”.

Componenti del Governo:Prof. Avv. Ivanoe Bonomi, Pre-

sidente e Ministro dell'interno ead interim per l'Africa Italiana;On. Avv. Giulio Rodinò, Ministrosenza portafoglio con le funzionidi Vice Presidente del Consigliodei Ministri; Dott. Palmiro To-gliatti, Ministro senza portafogliocon le funzioni di Vice Presidentedel Consiglio dei Ministri; Avv.Manlio Brosio, Ministro senzaportafoglio; On. Dott. Alcide DeGasperi, Ministro per gli AffariEsteri; On. Avv. Umberto Tupini,Ministro per la Grazia e la Giu-stizia; Prof. Antonio Pesenti, Mi-nistro per le Finanze; Sen. ConteAlessandro Casati, Ministro perla Guerra; Avv. Raffaele DeCourten, Ministro per la Marina;Avv. Luigi Gasparotto, Ministroper l'Aeronautica; Prof. Vincen-zo Arangio Ruiz, Ministro per laPubblica Istruzione; On. Avv.Meuccio Ruini, Ministro per iLavori Pubblici; Avv. Fausto Gul-lo, Ministro per l'Agricoltura e leForeste; On. Avv. Francesco Ce-rabona, Ministro per i Trasporti;Avv. Mario Cevolotto, Ministroper le Poste e le Telecomunica-zioni; On. Prof. Giovanni Gron-chi, Ministro per l'Industria, ilCommercio e il Lavoro; Dott.Mauro Scoccimarro, Ministro perl'Italia Occupata. È assente ilMinistro del Tesoro, On. Soleri,perché indisposto. Esercita lefunzioni di Segretario l'Avv. Giu-seppe Spataro, Sottosegretario diStato alla Presidenza del Consi-glio dei Ministri.

(dai Verbali del consiglio deiMinistri, luglio 1943 - maggio1948, edizione critica, vol. IV,Presidenza del Consiglio dei Mi-nistri Dipartimento per l'infor-mazione e l'editoria, Istituto Poli-grafico e Zecca dello Stato, Roma1995).

25 aprile 1945 - 25 aprile 2005Un giorno lungo sessant’anni

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L e ricorrenze storiche, ivicomprese quelle a cifratonda, poco o nulla ci di-

cono sul commemorato - od an-che sull'evento “storico” - di tur-no, a meno di soddisfare due esi-genze. La prima riguarda la necessità dievitare ogni forma di eccessoapologetico, dal momento che illibero appassionato sfogo delsentimento, in generenaturalmente inclinato verso losfoggio oratorio, se lasciato a sestesso finisce per risultarecontingente ed effimero, se nonaddirittura dannoso. E lo è nonsolo per quanto attiene allarappresentazione dell'evento insé, ma anche per quantoconcerne quella parte di “verità”storica in esso contenuta che,come ogni “verità”, richiede perl'appunto senso della misura esobrietà. La seconda investe il ritualismosoft e di maniera, che, se nonsostenuto da una adeguatapolitica culturale, sembraegualmente destinato a rifluire inun vacuo e sterile esercizioretorico-formale. E così, costretti a navigare traScilla e Cariddi, ci siamopremuniti, nella celebrazione diquesto bicentenario mazziniano,

prendendo alcune precauzioni. Ad esempio, onde ricercare lachiave di volta sulla qualeimpostare il rapporto giusto chelega chi si assume l'onere diofficiare il rito della memoria(noi) al personaggio officiato(Mazzini), abbiamo scelto distrutturare questo numeromonografico con un occhiorivolto al milieu, consapevoli,come non mai, che nel nostrocaso la forma finisce percoincidere con la sostanza.Dovendo sceverare all'interno delpensiero e dell'opera di un tanto“padre della patria”, come sisarebbe potuto ignorare lo sfondostorico nel quale egli operò(l'intero Risorgimento nazionale),o trascurare il patrimonio politico,morale ed ideale a lui legato e che- quasi senza soluzione dicontinuità - in qualche modo ègiunto fino ai nostri giorni? Avendo tenuto presenti taliproblematiche, ci auguriamo chequesto monografico corrispondaalle attese dei lettori. I contributipervenutici infatti, evitato ognirischio del passatismo, ci offronouna lettura di Mazzini il piùpossibile puntuale, soprattuttoattenta a cogliere gli elementi dicontinuità all'interno della nostrastoria nazionale. Lì dove è stato

L’italia tra un “Risorgimento” e l’altro

David Baldini

Riparlare di Mazzini va oltre le celebrazioni del bicentenario. è ripercorrere le tappe di un’identitàe un’unità nazionali fondate su moderni concetti di democrazia, libertà, senso etico e senso civico. E a forte ispirazione repubblicana

INTRoDUzIoNE

mazzini ieri

possibile, essi si spingono “oltre”il personaggio, il quale, daelemento d'occasione, finisce pertramutarsi in pasta e lievito nonsolo per uno stimolo intellettualepiù “alto”, ma anche per unaproposta - se non proprio rivoltaa sollecitare nuove “scelte divita” - di certo atta acorrispondere al bisogno diindividuare modelli diriferimento morali e civiliadeguati, tali insomma da nonrisultare rétro (o peggio ancoraostici) alle giovani generazioni. E così, “ripensare” oggi ilRisorgimento a partire daMazzini, lungi dall'essereun'operazione archeologica, hafinito per rappresentare - per noi- un momento di scelta militante,tanto attuale quanto urgente,soprattutto in riferimento allaparticolare fase storica chestiamo attraversando. Aricordarcelo, basterebbe lasciagurata revisionecostituzionale oggi in corso, veroe proprio grimaldello usato dalladestra per forzare e distruggere, acolpi di maggioranza, la nostrastessa unità nazionale. Bastileggere il Titolo V (Le Regioni,Le Province, I Comuni), il quale,all'Art. 17, recita: “Spetta alleRegioni la potestà legislativaesclusiva nelle seguenti materie:a) assistenza e organizzazionesanitaria; b) organizzazionescolastica, gestione degli istitutiscolastici e di formazione, salval'autonomia delle istituzioniscolastiche; c) definizione dellaparte dei programmi scolastici eformativi di interesse specificodella Regione; d) polizia locale”.

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Come si vede, non è possibile“ripensare” a fondo il processounitario del nostro paese, senzain qualche modo riferirlo alleproblematiche connesse all'oggi.Onde però rendere produttivotale “ripensamento”, è necessarioliberarsi, ed anche al più presto,di lacci e lacciuoli quali ciprovengono dal nostro passatoprossimo e recente, tali dacontinuare a condizionare,ancora, anche il nostro presente. I primi sono quelli rappresentatida residui e cascami legati al“Ventennio”. Essi si sonosedimentati anche sulla nostrasuccessiva storia civile, a causadell'azione egemonica esercitatadal fascismo sul Risorgimento,piegato a fini puramente politici epropagandistici. Usando l'armadella bolsa retorica, patriottarda enazionalistica, il regimemussoliniano ha finito persnaturare i tratti più autentici delnostro processo unitario, quali, findalle origini, sono sempre statiquelli dell'aspirazione allademocrazia, della ricerca dellaconcordia tra i popoli, dell'anelitoalla libertà e alla pace. I secondi sono al contrariorappresentati da reticenze eluoghi comuni, pregiudizi edincomprensioni, adesioni tiepidee rifiuti radicali quali - dasempre - hanno albergato (spessocon toni anche eccessivamentepolemici) tra le forze politiche esociali della sinistra e che oggi, anostro avviso, non hanno piùragione di essere. Crediamoinfatti che su tutto sia lecitopraticare l'esercizio del dubbiotranne che su di un punto: cioèsul fatto che le nostre radici dipopolo e di nazione abbiano laloro sede nel Risorgimentonazionale, depositario e tutoredelle nostre prime forme dimoderna democraziaparlamentare. L'unità del paese,giunta a coronamento di unlungo e doloroso travaglio,contrassegnato dalla schiavitù e

dalla dipendenza dallo straniero,fu infatti preparata con ilpensiero e con l'azione, maanche con le lacrime e con ilsangue di molte generazioni dinostri connazionali, alcuni deiquali non hanno esitato asacrificare la loro vita anche ingiovanissima età. Accettare questo dato di fattonon vuol dire affattodisconoscerne le ombre e leinevitabili incongruenze. Vuoldire, più semplicemente,condividerne il valore essenziale,quello di evento fondante dellanostra unità nazionale, come delresto non mancarono di fare - nelmomento più acuto e difficiledella lotta antifascista - gliuomini della Resistenza. Questi,alla ricerca di ideali diriferimento, nonché di unaragione per vivere e morire, nonesitarono un attimo, nellabattaglia condotta perl'indipendenza, a richiamarsi allatradizione e agli ideali del“Primo Risorgimento”, ondedare vita ad un “SecondoRisorgimento” nazionale sullalinea di una sostanzialecontinuità. Tale identificazione sembra darragione al celebre detto di Croce,secondo il quale “ogni storia èstoria contemporanea”. Neaccettiamo lo spirito, nellaconsapevolezza però che ognigenerazione scrive la propriastoria sempre daccapo, sullascorta di principi e modelli dipensiero sempre cangianti. Edoggi i modelli cangianti cidicono che dobbiamourgentemente riappropriarci dellanostra storia unitaria, come delresto le discussioni oggi in vogasul tema dell’“identità” stannoeloquentemente ad indicare. Per parte nostra, tornando albicentenario della nascita diGiuseppe Mazzini, ci auguriamoche dalle prevedibili pubblichecelebrazioni storici edintellettuali rispondano a quella

stessa domanda che a suo tempoGeorge Lefebvre - con uncandore in verità un po' sospetto- pose pubblicamente a propositodi Robespierre: “Mazziniani,antimazzinani, per favore: ditecisemplicemente chi era GiuseppeMazzini!”. Questa domanda,posta in termini “aperti”, e fuordi ogni polemica, potrebbecostituire l'ideale viatico per ladifesa, la tutela ed il verorinnovamento della nostraRepubblica nata dallaResistenza. Entro questi limiti,un cammino a ritroso nella storianon solo risulterà proficuo, masarà sicuramente foriero disperanza per l'avvenire. Non sitratta infatti di tornare adialogare con “eroi” esemplari, ocon icone ormai esangui edisincarnate dai processi dellastoria, quali ci sono stateconsegnate da una certatradizione storica; si tratta alcontrario di riscoprire uomini edonne in carne ed ossa,attivamente partecipi delprocesso di liberazione e diunificazione del nostro paese. Infine (last, but non least), aspingerci in direzione delmonografico ci sono state,almeno, altre due ragioni: laprima, di natura pedagogico-didattica, riguarda la convinzioneche gli insegnanti non possanonon dedicare (al di là dei“programmi”) almeno unaminima riflessione all'evento; ilsecondo, di natura storico-politica, investe la convinzioneche Mazzini, e con lui il “Primo”(ma anche il “SecondoRisorgimento”), debbano esserestudiati, tutelati e difesi - oggicome non mai - nelle nostrepubbliche scuole. Solo cosìsaremo forse in grado di porre unargine alla montante crisi politicae morale (oltre che economica)quale è quella che oggi attanagliail nostro paese. E questa,francamente, non ci sembraimpresa da poco.

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R iportiamo di seguito,con pochi tagli, laconferenza tenuta dal-

l’On. Napoleone Colajanni nelTeatro Nazionale di Genova il23 giugno 1905, nell’ambitodelle celebrazioni del centena-rio della nascita di GiuseppeMazzini. Essa ci sembra parti-colarmente significativa alme-no per due ragioni: da unaparte per il tentativo compiutodall’oratore, di fede mazzinia-na (fu garibaldino, sociologoe meridionalista, nonché de-putato del partito repubblica-no e in tale veste, nel 1892,denuncerà lo scandalo dellaBanca Romana) di toccare tut-ti gli aspetti salienti relativi aMazzini; dall’altra per l’ana-lisi onesta e diligente, anchese non scevra di una fortissi-ma polemica antimonarchica,delle sue argomentazioni, dia-letticamente aperte a coglierein estrema sintesi - senza for-zature attualizzanti o, al con-trario, rigurgiti passatisti - ilsignificato della figura e del-l’opera del grande patriota li-gure. Dal brano sono state e-spunte, per quanto stato possi-bile, le parti riguardanti i rife-rimenti e richiami alla strettaattualità politica, in quantotendono ad esulare dalla spe-cificità del tema.

Una questione dimetodo: Pensiero e Azione, attualità o superamento

Cittadini! Repubblicani! Amici!Imprendo a parlare di GiuseppeMazzini nell’ora presente, congrande titubanza e vorrei direcon timore. […] Se, pursentendomi tanto inferiore alcompito di parlarne degnamente,oso presentarmi a voi, ciò facciocontando sulla benevolenzavostra; sperando che voiindulgerete verso chi fudiscepolo ed amico del Grande,che osa parlarne solo perchésente e sa di non essere a niunosecondo nell’amore,nell’ammirazione, nelladevozione verso il Maestro. Ionon posseggo come vorrei, laqualità eccellente della sintesi; laquale s’impone nel dire diGiuseppe Mazzini, perché Eglivolle colla sua vita e colle sueopere rappresentare la sintesiideale e reale più magnifica, eche si riassume nella sua formulaprediletta: Pensiero e Azione. Losguardo sintetico è necessarioperché non sfugga all’esamealcuna delle faccette smagliantidi questo meraviglioso poliedro,personificato nel Sommo cheriposa a Staglieno, e se ne

Il poliedro mazziniano

Napoleone Colajanni

Pensiero e azione; Dio e Popolo; l’arte e la parola;l’azione politica rivoluzionaria; la scelta repubblicana e l’internazionalismo... Questi i punti salienti del pensiero mazziniano ripercorsi nella loro attualitàda un discorso celebrativo di cento anni fa

IL DISCoRSo DEL CENTENARIo

possono mettere in evidenza irapporti reciproci, che vanno acostituire una meravigliosaarmonia. Ciascuna di quellefaccette del poliedro equivale aduna lato della vita e del pensieroreligioso, artistico, letterario,politico, morale, sociale di Lui.L’analisi onesta e diligente diciascuno di questi aspetti, diqueste faccette del poliedro,induce poi a conchiudere che innessun campo Egli è stato sinorasorpassato. Egli non è un grandefaro, ma spento; Egli vivesempre e può essere indicatotuttora a guida dei Popoli sullavia dell’avvenire. Sì, Eglirappresenta ancora l’avvenire enon il passato!Lo studio su Giuseppe Mazzini,intanto, imporrebbe una rispostapreliminare a queste domande:esiste un criterio assoluto, unmetro infallibile del bene e delmale, del vero e del falso, delprogresso e del regresso? Eun’altra domanda: ci sono ricorsinella storia, che ci fanno assisterealla rinascita come di cose e diistituzioni nuove, di altre ch’eranostate giudicate morte, seppellite esorpassate? Si comprende che ionon posso ora e qui trattare diquesti ardui problemi di filosofiadella storia, la cui soluzionedovrebbe precedere per decidereinappellabilmente se Mazzini oqualunque altro sommo pensatoresia stato sorpassatodefinitivamente nella sua opera enel suo pensiero. Ma senzaassurgere a queste vettedell’analisi filosofica esociologica, esaminiamo concriteri comparativi modesti, tratti

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dalla vita contemporanea, lesingole faccette del poliedromazziniano, per vedere se equanto esse siano state sorpassate.

L’aspetto religioso. Dio e popolo

Comincio dal lato piùcontroverso e per meparticolarmente scabroso: quelloreligioso. Confesso che non misento molto adatto adintrattenermi della famosaformola, del binomio di Mazzini:Dio e popolo, che nella vita realeitaliana rappresenta una parteimportante come l’altra: Pensieroe Azione. Mi sento disadatto adiscutere della formula Dio ePopolo, come un cieco dev’esseredisadatto a descrivere il colore, labellezza di un panorama. Infatti,io sono un povero cieco in fattodi religione, perché non neconosco alcuna, non sento agitarein me alcun sentimento religioso.Ma, quantunque cieco, su questoprofesso sempre per Luivenerazione immensa eindiscutibile. E mi pare cheerrino moltissimo quei faciliscienziati, quei socialisti chevanno gridando che ilpositivismo e la scienzacontemporanea mal si concilianocon la idea di Dio. Lasciaterispondere a me, che non ho lafortuna di conoscere… il PadreEterno, che sommi scienziati esommi positivisti hanno avutoforte il sentimento religioso. […]Si potrebbe dire che Mazziniproclamava la sua fede in Diocome Napoleone I, e come tantialtri, per tattica politica, senzache avessero la credenzanell’interno della loro coscienza.Ma nessuno dubitò mai dellasincerità delle convinzioni diMazzini. Con quali risultatiMazzini abbia posto Dio accantoal Popolo, lo lascerò dire aGaetano Salvemini, un socialistache non crede in Dio, che in una

occasione solenne e facendoun’analisi serena, elevata,esauriente del pensiero edell’azione del grande Genovese,così concluse: “Inaccettabileapparirà a molti di noi la federeligiosa di Mazzini; mapossiamo noi affermare chel’agitatore genovese, se non fossestato sorretto da quellaincrollabile fede, avrebbededicato alla questione nazionaleitaliana quarant’anni di lavorodisinteressato, vegliando quandogli altri dormivano, rinunziandoalle gioie dell’amore,disperdendo gli averi familiari,immergendosi nella miseria e neidebiti, rassegnandosi ai piùingrati e più umilianti lavori,sfidando molte volte la morte,rifiutando come tentazioniimmorali i dolci allettamentidell’arte, esponendosi senzaesitare alle calunnie degliavversari, all’abbandono degliamici, allo scherno degli scettici,alla ferocia dei potenti? Se anchedi quella fede non rimanesse,intorno a noi e fausta per noi,l’unità politica d’Italia, resterebbesempre il grande insegnamentomorale contenuto nello spettacoloeroico di una lunga vita dedicatatutta a una grande causa,attraverso patimenti infiniti”. Sì, o Signori, inchiniamocisempre a Mazzini che invocaDio, poiché l’invocazione suanon serve per inculcare larassegnazione che serve tantobene alla tirannide; ma Egliinvoca Dio per farsene un’armeper le sante rivendicazioniumane.

L’arte comemiglioramento morale e politico

Sarò più breve nell’esame diGiuseppe Mazzini comeletterato, come artista e comecritico letterario ed artistico. Sì,tutto questo io lo riassumerò in

un modo rapido, cominciandodalla riforma che condannaval’arte per l’arte.Ed anche qui diciamo il vero: chioserebbe considerareoltrepassato Mazzini? Chidirebbe che il trionfo dell’arteper l’arte sia definitivo, chioserebbe affermare, chidimostrare potrebbe che unamaggior parte anche degli artistipiù grandi non si prefiggonoaltra finalità che il godimentoestetico?Voi certamente, o miei cariuditori, ben ricordate, senzabisogno di lunga dimostrazione,che tra i più grandi artisti che siebbero nell’Italia delRisorgimento, quelli chepoterono riuscire a compierequalche cosa di non pocaimportanza colla loro arte,furono pochi, ma pochi davvero,ma questi pochi non furono pernulla soddisfatti della semplicearte e si spinsero arditamente aldi là delle sole finalità estetiche.Che sia scopo dell’arte ilcontribuire a formare ilmiglioramento morale e politico,è cosa dimostratissima, perchéormai tutta quell’arte che nonmira a questo fine, non potrebbepiù essere tenuta inconsiderazione, perché si è certiche quell’arte che pone soltantoogni sua cura nella semplicerappresentazione estetica, senzaaltri fini inver più elevati, ècertamente arte che nonsopravvive all’urto dei secoli, èarte che passa e non dura. Poteva Mazzini, dati i tempi neiquali Egli scriveva, rinunziare aivantaggi che potevano venirealla sua causa dalla strettaconnessione tra l’arte, la politicae la morale?L’arte gli serviva come gliserviva Dio.[…]Ma se noi possiamo dubitaredell’esattezza e della bontà dialcuni punti dei criteri estetici diMazzini, dobbiamo però tuttiriconoscere che Mazzini, come

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scrittore, fu sempre sommo; sepoteva sbagliare il Mazzini -perché uomo e quindi per nullainfallibile - nelle applicazionipratiche di alcune delle sueteorie, fu però sempre sommonelle pubblicazioni letterarie cheper anni e anni Ei fece inInghilterra su Shakespeare, suByron, su Foscolo; in quellelettere tanto potenti che Eidiresse ai Sovrani ed agli uominipolitici più eminenti della suaepoca; in tutti i suoi epistolari; intutti quei manifesti meravigliosiche nessuno ha mai superato edei quali ben pochi, ancor oggi,comprendono la poderosa azioneche esercitavano sui Popoli, iquali sempre si entusiasmaronoal sentire la sua meravigliosaparola. Sì, Mazzini era sommo; eraveramente grande comescrittore, perché sapeva col suoscritto raggiungere tutto quantosi proponeva; era veramentesommo, perché sapevainfervorare gli animi e riscaldarei figli del Popolo del grande, del

santo amore verso la Patria!Ed è infatti in seguito alle suelettere ed alla pubblicazione deisuoi manifesti così preziosi, chenoi vediamo sorgere in tuttaquanta l’Italia tutte quellecospirazioni, tutti quei tentativiche la storia registra a grandicaratteri; tutte quellecospirazioni e tutti quei tentativi,che scavarono le basi, chescossero le fondamenta di tantiodiati regimi che tormentaronol’Italia e ne segnaronoinesorabilmente la non lontanacaduta.

L’azione politica

Veniamo ora all’azione politicadel nostro Giuseppe Mazzini.Miei cari, quando noi citroviamo di fronte all’azionepolitica di Giuseppe Mazzini,possiamo asserire che Mazzininon fu mai sorpassato, sebbeneuna parte degli scopi che Lui siprefisse siano raggiunti e chetutto ciò che è raggiunto non

abbia piùbisogno diessereconseguito.Sì, di fronte alproblemapolitico, iocredo chenessuno vorràpensare cheMazzini siasorpassato,sebbene i suoimetodiabbianoaccettato tantecospirazioni etante rivolte lequali hannopur troppocausato tantesentenze dimorte.Forse talunipotrebberoosservare:

ecco i metodi di GiuseppeMazzini a che cosa conducono!Ma a questi tali - se pur vifossero - si potrebbe rispondere:ecco quei metodi che portaronoal conseguimento dellaunificazione della grandeFamiglia italiana; ecco queimetodi che talora i Popoli nonvorranno seguire e che - purtroppo! spesse volte nonpotranno seguire, tanto più inquesti momenti, perché -diciamolo francamente - laefficacia dei metodi repressividell’oggi è veramente notevole,perché la potente parola deipotentissimi cannoni coi quali igoverni oggi decretano, è molto,ma molto più eloquente davverodi quella dei miserabili moschettiche la vostra Genova nel 1849 haconosciuto pur troppo![…] Sì, vi fu un tempo in Italiain cui l’unico mezzo perl’educazione non fu - pur troppo!- che la rivoluzione, lacospirazione a la rivolta ed è inquesto tempo che la rivoluzione,la cospirazione e la rivoltafurono accettate e consigliate dalnostro sommo GiuseppeMazzini.Ma come si poteva, come sipoteva fare dell’evoluzione -dell’evoluzione, dico - sotto ilregime di Re Bomba; sotto ilregime del Papa; sotto il regimetanto paterno dell’augusta CasaSavoia?Procediamo per paragone.Ditemi, o miei cari uditori,ditemi se dopo i recentiavvenimenti di Russia[rivoluzione del 1905, n.d.r.], inuna inchiesta, in un referendumfoste voi interrogati, se sarebbepossibile di attenersi alla solaevoluzione e rinunziare affattoalla rivoluzione…; ditemi chi divoi crederebbe possibile laeducazione verso la libertà, collasola evoluzione a Pietroburgo, aLodz, a Mosca, a Varsavia, intutto quanto l’immenso Imperodel Piccolo Padre, dello Czar

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Nicola II?Ah!, miei cari, in tali condizionidi cose, non vi è che un solomezzo per tentare l’educazioned’un Popolo ed è quello diabbandonare la evoluzione epreparare debitamente larivoluzione!La figura di questi due paesi dicui ora ho parlato, l’Italia e laRussia, si rispecchia in dueuomini sommi: Leone Tolstoi eGiuseppe Mazzini; grande,grandissimo sognatore Tolstoi;grande, superbo, sommo artistaMazzini.Il primo condanna sempre laviolenza, perché secondo lui laviolenza non è che unoistrumento che l’incoscienza dàalla tirannide. Mazzini invecenon condanna la violenzaquand’essa è inevitabile ma, bendiversamente da quanto taluniaffermano, non è cospiratoresistematico, come lo rileva coifatti degli ultimi anni della suavita, quella storia che, a chi saintenderla, dice che l’Italia non ècerto quale la sognò GiuseppeMazzini - l’Italia come deveessere - l’Italia che consentirpossa di erigere il dovutomonumento alla Libertà; l’Italiache possa permettere a tuttiquanti i suoi figli di vivere,lavorare, educarsi; l’Italiaveramente libera e unita, nellaquale il pensiero di qualunquesuo figlio possa essereliberamente tradotto in parola![…]Sì, adoperiamo, adoperiamo, omiei cari, le parole esatte: Eglinon fu mai sorpassato, ma fubensì, pur troppo sfruttato!I discendenti di quel CarloAlberto che per due volte fece suLui pesare la condanna di morteed i discendenti di quel Cavour,ricordato ancora ieri aMontecitorio con molto nondovuto ossequio; di quel Cavourche tanto temeva i disordiniprovocati dal nostro Mazzini; diquel Cavour che chiedeva

all’Imperatore dei Francesi dellespie onde poter afferrare questocapo assassino - lo chiamavacosì, capite, nel 1857; idiscendenti di Casa Savoia e diquel Cavour che scriveva aiFrancesi che avrebbe fatto tuttoil possibile per neutralizzarel’opera infame di GiuseppeMazzini; i discendenti di quei Ree di quei ministri che segnarono,per ben due volte, la condanna dimorte al Mazzini, che furevocata per opera di quellaMessina, che lo rielesse deputatotre volte di seguito e che formal’orgoglio della mia isola; idiscendenti di quei Re e di queiministri che pur anche ierinegarono la commemorazionedel Vostro Grande, pensarono disfruttare e pur troppo sfruttarono,anzi rubarono, l’opera diGiuseppe Mazzini,proclamandosi solennemente Redell’Italia Unita per grazia di Dioe per volontà della Nazione.

L’unione el’indipendenza di tutte leNazioni

Mazzini fu invero a buon dirittoriconosciuto grande perché nonsi contentò di essere soltanto unodei massimi fattori dell’UnitàItaliana; Mazzini fu ancora piùgrande perché non seppecontentarsi di conseguiresoltanto l’Unità dell’Italia; Egliera un sognatore ancora piùelevato; Egli andava un poco piùin là del paese natio; Egli volevala libertà, l’unione,l’indipendenza di tutte leNazioni. Sì, Mazzini percorsel’internazionalismo nel sensoch’Egli voleva la libertà, l’unità,l’indipendenza non solo della suaItalia, ma di tutte quante leNazioni del mondo.Su questo punto qualcunoafferma che Giuseppe Mazzini fusorpassato. Ma come mai si potràdire che Mazzini fu sorpassato,

se le sue aspirazioni per lacostituzione della GiovineEuropa non sono ancorarealizzate? Forse potrebbe esseresorpassato se le idee che Egliespone fossero state almenoraggiunte, ma da questo siamopurtroppo ancora molto lontani,molto lontani davvero!Giuseppe Mazzini preconizzòl’avvento del Popolo; GiuseppeMazzini intravide la sommanecessità di combattere ildispotismo; e Giuseppe Mazzini,dotato di una grande animacosmopolita, condannò il miseroe funesto campanilismo delleNazioni.Ed è per questo che GiuseppeMazzini, con grande scandalo ditutti i suoi contemporanei, furitenuto più avanzato di CarloMarx, in quanto, in nome dellasolidarietà umana, chiedeva lateoria dell’intervento; teoria cheda lui era considerata come unodei mezzi più efficaci perdifendere la causa dei giusti, deideboli e degli oppressi.

La repubblica secondoMazzini

Ma che cosa rappresenta larepubblica secondo il concetto diGiuseppe Mazzini? Non più tardid’ieri, un mio amico, AndreaCosta, affermava a Montecitorioche Giuseppe Mazzini avevalegato ai posteri il concetto dellarepubblica ed aggiungeva: “Noiintegreremo questo; noi diremo:repubblica sociale!”.Ebbene, miei cari, egli avevatorto! Sì, egli aveva torto e nondoveva dimenticare che anni orsono - nel 1891 - egliacconsentiva con me, nella cittàdi Forlì, ove mi occupai diGiuseppe Mazzini, riguardo alconcetto della sua repubblica.Ebbene, io potei dimostrare esostener fin da allora che larepubblica di Giuseppe Mazziniera una repubblica essenzialmente

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sociale, perché è evidente che sipuò con piena certezza asserireche siano in errore tutti coloro iquali affermano che Mazzinicercava soltanto il bene delleNazioni, mentre invece, secondoGiuseppe Mazzini, le Nazioninon sono fine a se stesse, bensìun mezzo potente per conseguirela libertà; le Nazioni non sonoche un mezzo potente perraggiungere il progresso verace;il progresso economico, ilprogresso politico, il progressosociale. Si dice da alcuni cheMazzini non ha detto tutto sullatrasformazione economica e sullatrasformazione sociale, non solodelle popolazioni d’Italia, maanche dei lavoratori di tutto ilmondo. Ma allora GiuseppeMazzini avrebbe dovuto averenon una ma cento vite, perconsacrarle tutte quante allaredenzione dei Popoli. La legge della divisione dellavoro come sta di fronteall’individuo, sta pur anche difronte alla collettività; e questalegge fa sì che tutti gli individui,quanto i Popoli, non possanospendere tutti i loro sforzi, tuttele loro energie per moltissimiscopi, tutti fra loro diversi, nellostesso tempo.Mazzini non potevaesclusivamente studiare tutti isistemi dell’economia socialecome fece poi Carlo Marx,perché doveva prima di tuttoconsacrare la sua vita all’Italia;doveva pensar primaall’esistenza del proprio paesenatio. E voi tutti sapete che iprincipi internazionali sipresentano dopo delle idee dilibertà e d’unità del propriopaese, e tutti sono convinti cheben molto di rado si sia trovatoun Popolo che non abbia primadi tutto consacrati tutti i suoisforzi all’acquisto, allaformazione della sua integritànazionale; al conseguimentodella sua esistenza comeindividualità collettiva. […]

Giuseppe Mazzini non ci potevalasciare un intero sistema dieconomia sociale come talunipretenderebbero; ma, ciò nonostante, si occupò non poco discienze sociali ed economiche, enei suoi scritti infatti troviamoquasi tutti i postulati delsocialismo moderno, postulatienunciati da Lui molto prima chei maggiori edifizi socialistifossero stati elevati.Se noi facciamo poi un confrontodi date, vediamo che quanto èscritto nel Manifesto deiComunisti del 1848 - il qualeparla di bisogni e di

trasformazioni del capitale chenon si sono sentiti che molti annidopo - era in certo qual modo giàpensato da Giuseppe Mazzini,perché infatti scorgiamo che ipostulati del Mazzini venneroesaminati e meditati da CarloMarx.Mazzini, infatti, affermainnanzitutto che il fine dellarepubblica deve essere ilbenessere economico,intellettuale e morale d’unPopolo; nella sua memorabilelettera a re Carlo Alberto diceche l’epoca degli individui èterminata con il Bonaparte; nel

1832 afferma che comincial’epoca sociale; nel 1841dimostra l’importanza di questanuova epoca sociale e studia inuovi problemi ad essa inerenti;nel 1851 afferma che laRivoluzione o sarà sociale o saràinutile - avete capito: o socialeod inutile -; nel 1856 soggiungeche i rapporti tra i padroni ed isalariati sono veramentetirannici, perché, in talicondizioni di cose, manca lapossibilità della libera scelta ed ilsalariato è costretto ad accettare -qualunque esse siano - lecondizioni del padrone, perchése non le accetta, non romaneper lui che la fame o la morte;nel 1840 dimostra che un uomodi ferro, la macchina, fa unaterribile, spietata concorrenzaall’uomo di carne, che colle sueferree braccia molto più di granlunga produce, e solleva a questoriguardo la questione poi tantotrattata dal Marx; nel 1841 e ’49reclama ed insiste sulla necessitàdi distribuire i frutti del lavorosecondo i bisogni, i mezzi e leesigenze del lavoro stesso, eposcia dimostra che laproduzione attuale è anarchica eche le conseguenze di questaanarchia si ripercuotono suilavoratori, e nel 1842 desiderache il capitale ed il lavoro siaccordino, si armonizzino inmodo che il lavoratore, chedapprima era schiavo e chedivenne quindi salariato, possa inun giorno non molto lontanodivenire associato.Alcuni poi dicono che GiuseppeMazzini ha peccato, perché hadifeso la proprietà. Ah! Sì, suquesto punto Mazzini ha peccatoed è reo confesso. Mazzini hadifeso la proprietà! Ma,domando io, qual è la proprietàche ha difeso Giuseppe Mazzini?La proprietà difesa da Mazzini èforse la proprietà del principebrigante che colla sua masnadava a conquistare le cose altrui?[…]

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Giuseppe Mazzini,diciamo il vero, hasubito anche Eglidell’influenza di altripensatori, filosofi esociologi, poiché nullaal mondo può in uncerto qual modosottrarsi all’influenzadell’ambiente che locirconda e nulla è maiinteramente dovuto alsolo individuo.Giuseppe Mazzini, èvero, aveva sentito lainfluenza di Fourier e diSaint-Simon e di tutti gli scrittoridel XIX secolo, i quali avevanofatto del socialismo prima delMarx.

Appello alla vigilanza:Mazzini è dellaRepubblica e del Popolo!

Signori! Io vi ringraziodall’intimo del mio cuore dellabenevola attenzione che aveteprestato al mio dire, al qualormai pongo termine. Ma primaperò di congedarmi da voi, mipermetto di esprimervi ancorauna volta, compendiato in unasola parola, un mio pensiero che- fermamente lo spero - saràanche vostro. Ed è un pensierolimpido il mio; un pensiero chesi sprigiona dalla mia menteserena: Mazzini non fu unsorpassato né in religione, né inarte, né in politica, né ineconomia. No, Mazzini è nostroed a Mazzini dobbiamo guardaretutti come ad un faro radioso,come ad una lanterna destinata arischiararci le vie che ciadducono alle grandi battagliedella vita, alle tremende lottepresenti e future che tentano etenteranno di impedirci la liberaesplicazione delle nostre libereazioni.Ma più di tutto, o Signori,pensate, e seriamente, a quanto èavvenuto ieri e vigilate, vigilate

attentamente su questo Mazziniche è vostro.Poniamo mente, o miei cari,poniamo mente a quanto èavvenuto ieri; ieri un Potentedella terra [il re d’Italia VittorioEmanuele III, n.d.r.] è sceso dalsuo superbo palazzo, seguito daisuoi armigeri cogli elmi dorati ecolle criniere svolazzanti alvento, ed è andato, questoPotente signore, è andato allaconferenza di Ernesto Nathan[mazziniano poi divenutosindaco di Roma, n.d.r.] suGiuseppe Mazzini; è andato allasua Canossa e la sua Canossa -capite - la sua Canossa è dove sionora l’Uomo del vostroStaglieno.Ma ditemi, è egli andato per fareun’opera veramente sincera; peronorare come si merita questoGrande, questo SommoGiuseppe Mazzini che tanto feceper condurre i Popoli alconseguimento della vera libertà,della vera uguaglianza, dellavera giustizia?Chi di voi oserebbe asserirlo?Nessuno, tra voi - io credo -nessuno. Perché soltanto da queitali che fanno l’arte per l’arte, sioserebbe affermare che questoviaggio, che tanto ha colpito eche a lui certamente è sembratocosparso di triboli e spine, siastato sincero!Ma voi, o miei uditori, voi non locredete! Non lo credete perché

questo potente,questo Signore, èandato a questaCanossa, non peronoraci, bensì persottrarciquest’Uomo! Statevigili! State vigili! ocittadini!State vigili in vero,perché non è puntoimprobabile chedomani un altroPotente, armato diaspersorio e di stola -armi non meno

pericolose delle sciabole e deifucili - non penetri nel sacrariodel vostro Staglieno ad arrecareil supremo oltraggio all’Uomo, arubarvi l’Uomo, che ben aragione ha diritto al posto fra ipiù Grandi dell’Umanità tuttaintera! Mazzini è vostro, o mieicari; Mazzini è della repubblica;Mazzini è del Popolo! Ebbene, osignori, o cittadini, orepubblicani, vigilate, vigilateattentamente, affinché il sommoUomo che ora riposa sotto lezolle di Staglieno, resti vostro -ora e sempre - resti dellarepubblica, resti del Popolo;vigilate, vigilate attentamentecontro chi avesse ancora ilcoraggio di tentare l’assalto erespingetelo!Per parte mia compio il miodovere di sentinella vigilante,gridando: al ladro! al ladro! alladro!

(Napoleone Colajanni, Mazzininon fu mai sorpassato, inMazzini, Conferenze tenute inGenova Maggio-Giugno 1905,Libreria Federico Chiesa,Genova 1906).

il discorso del centenario | mazzini ieri

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Si dice che “ogni Costitu-zione è figlia del suotempo”1. La Costituzione

della Repubblica romana fu ilprodotto di quel grande motorivoluzionario che investì l’Eu-ropa nel 1848 e che la storio-grafia indica con l’espressione“primavera dei popoli”. Ma fuanche figlia delle grandi espe-rienze rivoluzionarie dell’89francese e delle repubblichegiacobine del 1798-99. La suacarica rivoluzionaria e il conte-nuto repubblicano, così netta-mente democratico, nascevanodall’essere ispirata a quei prin-cipi, dichiarati fondamentali, diuguaglianza e di sovranità po-polare che avrebbero dovuto i-naugurare, secondo gli intentidei protagonisti, una nuova e-poca di libertà e di fratellanza.In particolare, Mazzini, interve-nendo all’Assemblea Costituen-te nei primi giorni di marzo, ri-volse ai presenti parole che si i-spiravano al suo ideale di unitànazionale che assegnava a Ro-ma il ruolo di irradiazione diuna più generale spinta versol’emancipazione morale e so-ciale di tutti i popoli: “Noi vo-gliamo fondare la Repubblica eper Repubblica […] intendiamoil sistema che deve svilupparela libertà, l’eguaglianza, l’asso-

ciazione; la libertà e per conse-guenza ogni pacifico sviluppodi idee; l’eguaglianza, e perònon possiamo ammettere castepolitiche da sostituirsi alle vec-chie […] l’associazione e cioèun pieno consenso di tutte leforze vitali della nazione”. LaRepubblica romana non sarebbestata un vago sogno ma, conti-nuava, il mondo avrebbe vistoche essa era “una luce di stellaeterna, splendida e pura”. De-mocrazia, libertà di stampa, diparola e associazione, autono-mia locale, libertà d’insegna-mento: le parole dell’uomo ge-novese contenevano i nodi fon-damentale intorno ai quali a-vrebbero ruotato i principi dellaCostituzione romana. Essa rap-presentò, infatti, la forma più a-vanzata, in senso democratico,fra tutte le costituzioni del Ri-sorgimento italiano. Fu l’unica,insieme a quella siciliana, a es-sere preparata e discussa daun’assemblea democraticamen-te eletta. (Il testo della Costitu-zione è pubblicato a pag. 20,n.d.r.)In particolare, tre elementisembrano evidenziare in modoinequivocabile il suo valoredemocratico tale da attribuirle ilcarattere di “esemplarità” per laCostituzione italiana del 1948:

La Costituzione della RepubblicaRomana e le radici della democrazia

Eleonora Amelio

Fu, insieme a quella siciliana, l’unica Costituzione ad essere preparata e discussa da un’assembleademocraticamente eletta. Un esempio per la Costituzione del 1948, in particolare per l’indipendenza del potere giudiziario e i forti contenuti sociali

LA “PRIMAVERA DEI PoPoLI”

la modalità con cui si procedetteall’elaborazione del testo e,connessa a questa, l’opzione peruna costituzione rigida;l’indipendenza del poteregiudiziario; la presenza, al suointerno, di contenuti sociali. Ilprimo aspetto che emerge dallostudio sulla Repubblica romanae sulla sua Costituzione, infatti,è la scelta, adottata dagli uominipolitici repubblicani emazziniani, di affidarel’elaborazione di una nuovacostituzione ad un’assembleaeletta, il 21 gennaio 1849, con ilsuffragio universale maschile.Tale scelta incise su quegliaspetti che definiamo“sostanziali” del testocostituzionale e che sirichiamano al principio in baseal quale la sovranità risiede nelpopolo. Nel primo degli ottoPrincipi fondamentali siaffermava, infatti che “Lasovranità è per diritto eterno nelpopolo. Il popolo dello statoromano è costituito inrepubblica democratica”, mentreall’articolo 15 del Titolo II,riguardante l’ordinamentopolitico, venivano indicati gliorgani deputati ad esercitarla:l’Assemblea, il Consolato,l’Ordine giudiziario. Il secondo dato, strettamentelegato al primo, riguarda ladecisione, presa durante i lavoridell’Assemblea Costituente, diadottare una costituzione rigidache fosse in grado di garantirela solidità e la durevolezza delnuovo Stato. Optare per unacostituzione rigida, ossiamodificabile soltanto attraverso

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un procedimento di revisionecostituzionale assai complesso,significò nel 1849 - come nel1948 - garantire forme di tuteladella minoranza rispetto allamaggioranza. Significòdefinire, per la prima volta, inmodo chiaro i rapporti tradiritto e politica2. Per gliuomini repubblicani, il criteriodi rigidità e di controllo dicostituzionalità delle leggidoveva essere garantito da unorgano che fosse autonomo. Alriguardo, la Carta, seppure informa embrionale, prevedevaun organo di controllo creatoallo scopo, il Consiglio di Stato(articoli 46-48), mentre leregole di modificacostituzionale erano dettate daun procedimento piuttostocomplesso esplicitato negliarticoli 63-65. Lo scopo deicostituenti romani, con tuttaevidenza, era quello di produrreuna netta cesura con il passato.La possibilità di un ritorno adun regime monarchico venivainfatti definitivamente esclusa.La scelta, dunque, di eleggeredemocraticamenteun’Assemblea costituzionale equella di optare per unacostituzione rigidaerano strettamenteconnesse. Sirichiamavano entrambeal principio delpluralismo politico, percui ad ogni individuoveniva riconosciuto nonsolo il diritto diesprimere il propriopunto di vista, ma diconcorrere allaformazione dello Stato,trasformandosi insoggetto attivo e nonpiù passivo della vitapolitica. Il secondo aspettoconcerne il temadell’indipendenza degliorgani giudiziaririntracciabile all’interno

della Carta negli articoli 49 eseguenti, in base ai quali sidichiarava che i giudici,nell’esercizio delle loro funzioni,non dipendevano da altro poteredello Stato, erano inamovibili,non potevano essere trasferiti senon con il loro consenso, nésospesi, degradati o destituiti “senon dopo regolare procedura esentenza”. Ne derivava, comecorollario, il principio dellatutela dell’indipendenzaamministrativa e disciplinare delgiudice stesso. Anche in questocaso, siamo di fronte ad uno deiprincipi-cardine di una modernademocrazia: l’indipendenza delpotere giudiziario. Un principiobasilare che si richiama all’idealedemocratico della separazionedei poteri enunciata dal grandeteorico politico franceseMontesquieu. Infine, una notevole attenzionefu dedicata dai costituenti allaquestione sociale. L’irromperedel “quarto stato” sulla scenapolitica comportò, per i deputatidell’assemblea, la necessità diaffrontare tutti quei problemiche più direttamenteinteressavano quella parte della

società che fino a quel momentoera rimasta esclusa dalgodimento dei diritti civili,politici e sociali. I precedenti acui l’ordinamento dello statoromano si richiamò li troviamoancora una volta nella Cartadella Repubblica francese del1791 e 1793 ma, in particolarmodo, nella Costituzione dellarepubblica giacobina del 1798 edella Seconda Repubblicafrancese del 1848. Se si leggonogli Atti dell’AssembleaCostituente si rimane colpitidalla vivacità e dalla lunghezzadelle discussioni cheaccompagnarono l’elaborazionedegli articoli che affrontavano iltema. Ancora una volta lo scopoera quello di apportare uncambiamento significativorispetto al passato cercando dirispondere alle nuove tendenzee ai nuovi bisogni della societàromana. Al riguardo sarebbeinteressante rileggere ildibattito, a volte molto acceso,che si svolse sulla formulazionedel terzo degli otto Principifondamentali che così recita:“La Repubblica colle leggi ecolle istituzioni promuove il

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mazzini ieri| la “primavera dei popoli”

1805, 22 giugno: nasce a Genovada Giacomo (medico eprofessore) e da MariaDrago.

1819, dopo la prima educazione,ricevuta in famiglia, seguedapprima il corso difilosofia e lettereall’Università di Genova,quindi i corsi di medicina.

1821, dopo aver preso parte adalcune manifestazionistudentesche, assiste inaprile allo spettacolodesolante dei “proscrittid’Italia” che, sul molo delcapoluogo ligure,attendono di partire per laSpagna, dopo gli sfortunatimoti di quell’anno. Daallora, sceglie di vestiresempre di nero, in segno dilutto per l’assenza di unapatria italiana.

1827, 6 aprile: si laurea in legge,ma, alla pratica forense,preferisce gli studi letterari.

1830, dopo aver collaborato avari giornali (liguri etoscani), è arrestato aGenova con altri carbonarie ristretto in carcere - perdue anni - nel forte diSavona.

1831, 10 febbraio: parte perl’esilio. Dapprima si recain Svizzera, poi in Francia.A Marsiglia fonda la

Giovine Italia. 1833, a seguito del fallimento

dei moti di Genova(l’amico fraterno IacopoRufini si suiciderà incarcere, per non rivelare inomi degli altricomponenti l’associazione),Mazzini è costretto adallontanarsi da Marsiglia.Di lì a poco, fallirà anche iltentativo di invadere laSavoia, da lui appoggiato.

1834, riparato in Svizzera, vifonda la Giovine Europa.Ben presto però è di nuovocostretto ad allontanarsi.

1837, 13 gennaio: raggiungeLondra, dove si dedicheràad una intensa attivitàgiornalistica (scrivendoarticoli politici, storici eletterari). Fatti salvi breviperiodi, rimarrà molto alungo nella capitale inglese.

1844, viene accusato,ingiustamente, di averorganizzato lo sfortunatotentativo dei fratelliBandiera, entrambi fucilati,con i loro compagni, nelVallone di Rovito.

1848, dopo le eroiche “cinquegiornate” di rivolta controgli austriaci, il 17 aprilegiunge a Milano. Tornatiperò in città i vecchioccupanti, è costretto a

riparare di nuovo inSvizzera.

1849, giunto a Roma il 5 marzo,dopo la proclamazionedella Repubblica, il 29 èeletto triumviro insieme aSaffi ed Armellini. Cadutala Repubblica (3 luglio),tornerà di nuovo a Londra.

1853, 6 febbraio: ripresa l’azione,appoggia i moti di Milano,che però finisconotragicamente, conl’impiccagione di sedicipopolani. Da questomomento in poi, inizierà laparabola discendente dellaleadership politicamazziniana all’interno delmovimento democratico.

1857, fallimento, nel sanguedell’impresa di CarloPisacane. Mazzini, che neera stato l’organizzatoreinsieme a Nicola Fabrizi,viene condannato a mortein contumacia. Ripara dinuovo a Londra.

1860, collabora alla preparazionedell’impresa dei Mille diGaribaldi, ma non necondivide lo sboccopolitico (annessionesabauda dei territoriconquistati).

1866, protesta per la pace“umiliante” con la qualel’Italia aveva siglato la finedella terza guerra diIndipendenza.

1870, è arrestato a Palermo, dovesi era recato per dar vita anuovi moti. Può fruiredell’amnistia, concessaglidopo l’annessione di Romaal regno d’Italia.

1872, trascorre gli ultimi mesidella sua vita a Pisa, ospitenella casa della famigliaNathan Rosselli, dovemorrà sotto falso nome il10 marzo.

Giuseppe MazziniBreve biografia

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ideali di democrazia laica, cosìall’avanguardia rispetto ai tempiin cui furono formulati,sopravvissero fino ai nostrigiorni. Non a caso la Cartaromana costituirà il punto diriferimento ideale per molti degliuomini politici italiani che, dopol’infausta avventura fascista, sitroveranno a pensare e aprogettare il futuro assettopolitico istituzionale del nuovoStato democratico5.

Note

1 T. Martines, Diritto Costituzionale,Giuffrè, Milano 1992, p. 225.2 Cfr. G. Di Cosimo, La Costituzionedella Repubblica romana del 1849, inM. Severini (a cura di), Studi sullaRepubblica romana del 1849, AffinitàElettive, Ancona 2002.3 N. Bobbio, Sui diritti sociali, in G.Neppi Modena (a cura di)Cinquant’anni di Repubblica italiana,Einaudi, Torino 1996, p. 118.4 P. Scoppola, La Costituzione italianatra democrazia e diritti sociali, ivi, p.125.5 Cfr. I. Manzi, La Costituzione dellaRepubblica Romana del 1849, AffinitàElettive, Ancona 2003.

la “primavera dei popoli” | mazzini ieri

miglioramento delle condizionimorali e materiali di tutti icittadini”. Sebbene taleprincipio non sia così avanzatocome quello che ritroviamonella nostra Costituzione, percui lo Stato è riconosciuto comeelemento propulsivo neiconfronti della società e attoredel progresso delle classiinferiori, tuttavia esso manifestal’intento di superarel’individualismo liberale dimolte costituzioni coeverichiamando da vicino l’idealemazziniano che contrapponevaal singolo la comunità, di cuil’individuo era parteindissolubile. Lo Statoassumeva, dunque, la funzionedi strumento indispensabile peril conseguimento di quello chel’uomo genovese indicava comefine ultimo: il progresso dellasocietà. Gli stessi principi diuguaglianza e libertà, sanciti nelsecondo dei Principifondamentali e nella parteriguardante i Diritti e Doveri deicittadini, dovevano essere intesicome le premesse indispensabiliall’associazione. E’ possibilerinvenire, anche in questo caso,quel concetto di società inteso,secondo quanto scrisse NorbertoBobbio nel ’96, come “nonsoltanto un insieme di individui,uno più uno, secondo laconcezione individualisticadella società, ma un insieme incui le varie componenti sonointerdipendenti, come accade inun organismo in cui la partemalata mette in pericolo iltutto”3. Pietro Scoppola in un saggioscritto in occasione delcinquantenario dellaCostituzione italiana haaffermato che nelle costituzioniliberali ottocentesche, inparticolare nello StatutoAlbertino, sono presenti i diritticivili e i diritti politici mentrerimangono del tutto assenti idiritti sociali4. Se tra i diritti

sociali, oltre l’istruzione e lasalute pubblica, annoveriamoanche il diritto al lavoro come ilprimo e fondamentale, allora èpossibile affermare che laCostituzione romana, sebbenein forma ancora embrionale,abbia anticipato quello che unsecolo dopo diverrà il principiofondante la nostra Cartacostituzionale.Non c’è dubbio, dunque, che laCostituzione della Repubblicaromana rappresentò unsignificativo momento dirottura con il passato.Promulgata il 3 luglio del 1849mentre le truppe francesientravano in città, può essereconsiderata come l’esempio piùalto del pensiero democraticodell’Ottocento. Essarappresenta la felice sintesi trale diverse correnti di pensierodegli uomini politici eintellettuali che concorsero allasua elaborazione. Qui, per laprima volta, le diverse animedella democrazia siincontrarono, si confrontaronoin una dialettica a volte accesama sempre rispettosa delpensiero altrui. Se il breve capitolo dellaRepubblica romana si chiuse congli eventi militari che nedecretarono la fine, tuttavia gli

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1837. All’età di 31 anniGiuseppe Mazzini per la primavolta arriva a Londra via mare.E’ accompagnato dai fratelliGiovanni e Agostino Rosselli edal fedele Angelo Usiglio.Entrano dal Tamigi alle 3 p.m.passando l’Arsenale, Greenwiche la zona portuale di Londra.

1837. Hotel La SaboniereLeicester Square (ora unristorante caffè) una volta sullaparte ad est, a sud della piazza.L’albergo, sebbene troppo caroper i nostri esuli, ospitavasoprattutto europei ed era a pocadistanza da Soho, al tempo unricettacolo di artigiani, artisti erifugiati politici, come KarlMarx. Mazzini e Marx siconosceranno nella Sala diLettura del British Museum, orasplendidamente restaurata, ma leloro posizioni ideologicherimarranno completamenteopposte, così come opposto era ilvero motivo di frequentarla:Marx per scrivere il suo Capitale,Mazzini per potersi scaldare!Erano state appena sistematePiccadilly Circus e TrafalgarSquare, la piazza dove si fletteràper la prima volta il muscolodelle prime forze operaieorganizzate contro lo Stato. Dopo alcuni giorni, Mazzini eUsiglio si mossero al 24 diGoodge Street Tottenham CourtRoad, una zona di Londra che,nei primi dell’ ’800, eradiventata un’area di transito e dialloggi poco costosi. Laconvenienza dei costi era dovutasia all’insediamento diistituzioni come l’Università di

Londra ed il British Museum, siaalla nascita delle stazioniferroviarie lungo Maryleboneroad..

1838 - 1849. Il nostro esule, isuoi fedeli Rosselli e Usigliosono al 9 George Street, oraconosciuta come 183/7 NorthGower Street. Qui si trovaancora una placcacommemorativa. Siamo vicinialla stazione di Euston, che erastata appena costruita, con unenorme danno sociale arrecatoalla fabbrica della zona e senzatenere conto alcuno dellecondizioni degli sfollati. Di quiGiuseppe Mazzini si recavareligiosamente, una volta allasettimana e a piedi, a trovare iCarlyles a Chelsea. ThomasCarlyle, detto il “Saggio diChelsea”, lo introdusse poi ai piùgrandi intellettuali del tempo. Diquel periodo, a Mazzini rimarràimpresso “l’umidiccio che fa’appiccicare i vestiti alla pelle”.A Gower Street completerà ilcommentario dell’Inferno diDante, iniziato ma non finito dalFoscolo: il grande poeta eravenuto a passare gli ultimi annidella sua vita a Londra, abitandoin una località non lontanadall’alloggio del Mazzini. Per l’esule risorgimentale larichiesta di collaborazioni erapoca; quindi, con i suoicompagni d’esilio, si diede alcommercio importando salsicce,olio e vino, ma con scarsosuccesso: i prodotti richiesti gliarrivarono in ritardo, quando ilmercato era già saturo.Subito dopo si trasferisce, per

Londra, sulle orme di Mazzini

Gastone Ciacci

CRoNACA DI UN ESILIo

poco tempo, dall’altra parte dellastazione di Euston ClarendonSquare, Somers Town, dove siera concentrato uno degliagglomerati urbanistici piùfatiscenti e malsani di Londra.La zona era stata costruitafrettolosamente tra stazione estazione, per consentire rapidiarricchimenti agli speculatoriedilizi. Non era insolito che, inuna stanza, convivessero fino a11-12 persone, che poiandavano a distrarsi nelle famosePublic Houses (PUBs). Sarannoqueste le aree di Londra piùcolpite dalle varie epidemie, inprimo luogo di colera. Sonoqueste anche le zone preferite daivari filantropi e riformatorisociali di Londra, molti dei qualiappoggeranno poi la causamazziniana.

1841-45. Hatton Gardens: quiMazzini fonda la scuola perragazzi italiani e per le loromogli inglesi. Questo è il centrodegli Italiani, la “Little Italy”dove, ancora oggi, la chiesa StPeters dei padri Scalabrini è ilfulcro delle festività religiose.Il padre di Dante GabrieleRossetti insegnava italianoall’Università di Londra e siprendeva la briga di officiare allepremiazioni, istituita ad hoc.Lord Shaftsbury, il grandefilantropo, era attivo nella zona,dove combatteva lo sfruttamentodel bambini. Lo stesso Dickens,che aveva ambientato il suo libroOliver Twist proprio in quellestradine (quelle di Holborn, poidistrutte dai bombardamentidella II Guerra Mondiale) piene

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di bambini italiani mandati per lestrade a rubare o a suonarel’organetto, vi aiutava ogni tanto.

1846. Per stare più vicino allascuola, che diventava sempre piùimpegnativa, Mazzini si spostò aCropley st. at New North Road,ora non più esistente. Questo fuuno dei momenti finanziari piùdifficili per Mazzini che, nonsapendo negare l’aiuto a chiglielo chiedeva, per sopravviveree comprare i suoi Toscani - cheerano l’ unica cosa di cui nonsapeva privarsi - spesso sidovette rivolgere anche a deiprestasoldi londinesi, ipawnbrokers. Una volta siimpegnò il cappotto, l’anellodella madre, le carte geografichee perfino i libri!

1847. All’85 di Hatton Gardensdove abitava Linton, siorganizzava allora la Societàdella “Giovane Europa LegaInternazionale dei Popoli”, il cuiprimo ed ultimo comizio si tenneal Wittington Club, che era unodegli unici club cheammettessero le donne e di cuiMazzini e Dickens, promotoridei diritti delle donne, eranosoci. Mazzini era Vice Presidentee Dickens membro del comitato.Fu questa la primaorganizzazione a promuoverel’unità d’Europa, traguardoultimo del sogno mazziniano.Non distante, e a vista, oggitroviamo la statua del laburista esimpatizzante della CausaItaliana Gladstone, uno delgrandi Primi Ministri vittoriani.Durante questo periodo Mazziniconobbe due famiglie che gliresteranno fedeli per tutta lavita: gli Ashurst ed i Nathan.

1948. Republica Romana.Mazzini lascia Londra.

1851. Al suo ritorno Mazzini ètrattato da eroe e rispettato datutti. Si recò dai suoi buoni amici

Carlyle e Jane, la moglie, siprodigò a trovargli unasistemazione a Chelsea (2 SidneyPlace, Brompton, che ora non c’èpiù), lungo la Fulham Road.

1854-55. Per poco tempoMazzini alloggiò a RadnorStreet, una stradina vicino allaora famosa Kings Road. LordRadnor era un suo protettore.

1857. Lord Palmerston, PrimoMinistro della Regina Vittoria -sebbene suocero del Lordfilantropo liberale e laburistaShaftesbury, di cui solitamenteascoltava i consigli con rispetto -non simpatizzò mai con la causaitaliana. Chiese perciòl’espulsione di Mazzini, che sirifugiò in Svizzera. A Londra,questi lasciò, a seguire le suecose, i Nathan e gli Ashurst.

1857-63. Mazzini torna, in Italia,ad interessarsi dell’unificazionedel paese.

1863. Di nuovo a Londra, trovòuna stanza in 18 Fulham Road,conosciuta anche come 18Onslow Terrace. Rivelatricedella mitezza dell’animo diGiuseppe Mazzini, questastanzetta, piccola e piena di libri,era proprio come piaceva a lui.Vi teneva i suoi “amici” uccelliniliberi di svolazzare a piacere e,soprattutto e come sempre, la suaamata chitarra. Questo, fu forseil luogo più amato da Mazzini.Oggi, sfortunatamente, cometanti altri luoghi, non esiste più.A seguito dell’attentato di Orsinicontro Napoleone III, Mazzini fuaccusato di esserne il mandante.Lo difese Gladstone, il deputatodel Parlamento Stanfield, la cuimoglie apparteneva alla famigliaAshhurs, vicinissima a Mazzini.La posizione di Mazzini divenneinsostenibile, dato che furonoscoperte lettere a lui dirette:erano in realtà indirizzate ad un

certo Mr Flower, 35 ThurloeSquare, abitante proprio nellacasa di Stanfield. Essa è ancoraoggi vicina al Museo Victoriaand Albert, allora appenacostruita. Questa storia fecequasi cadere il governoPalmerston. Per salvarlo,Satnfeld si dimise e Mazzini,dopo aver inutilmente cercato didifendersi anche scrivendo a varimembri del Parlamento, lasciòl’Inghilterra.

1867. Scelse come sede Lugano,alloggiando presso i Nathan.Tornò tuttavia a Londra, semprenella sua stanzetta di Fulahm, siapure per brevi tempi.

1870. Mazzini tentò di recarsi inSicilia. Per paura che vi facessescoppiare delle insurrezionirepubblicane, venne fattoarrestare e portare a Gaeta. FuEmilia Venturi (Ashurst) che,conoscendo personalmente ilgovernatore di Palermo, gliconsentì di avere tutte lecomodità possibili, inclusi isigari. In seguito, riuscì anche afarlo rilasciare.

1871. Mazzini tornò a Londra, aFulham, ma solo per portarsi viai suoi libri. Sarà l’ ultimo viaggiofatto nella capitale inglese.

1872. Pisa. Siamo all’ultimocapitolo della vita di GiuseppeMazzini. Malato e debole sinascose sotto il nome di MrBrown, gentiluomo Inglese, perevitare i curiosi e la polizia chelo controllava. Sempre inpericolo di essere arrestato, fu incasa di Janet Rosselli (Nathan)che, tra le sue braccia, egli esalòl’ultimo respiro. Aveva 68 anni.

cronaca di un esilio | mazzini ieri

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Gli anni dell’Apostolato popolare

DALLA “TEMPESTA DEL DUBBIo” ALL’IMPEGNo SoCIALE

Giuseppe Talamo

I l 10 novembre 1840 usciva aLondra, al modico prezzo di3 pence, il primo numero

dell’Apostolato popolare, il pe-riodico mazziniano di cui appar-vero in poco meno di tre anni(finì nel settembre 1843) dodicinumeri, di cui 10 vennero stam-pati a Londra e gli ultimi due aParigi. Nell’azione politica mazzinianail periodico si colloca in unmomento particolarmentesignificativo. I processiconclusisi nel giugno del 1833 eil fallimento della spedizionenella Savoia aveva gettatoMazzini in una vasta crisi chetoccava, per la prima volta, imotivi di fondo della sua azione.Fu la “tempesta del dubbio”,come egli stesso la definì nella drammatica descrizionepubblicata una trentina di annipiù tardi nelle Noteautobiografiche: “Forse io erravae il mondo aveva ragione. Forsel’idea ch’io seguiva era sogno. Efors’io non seguiva una idea, mala mia idea, l’orgoglio del mioconcetto, il desiderio dellavittoria più che l’intento dellavittoria, l’egoismo della mente ei freddi calcoli d’un intellettoambizioso [...]. E se questa Patrianon fosse che un’illusione? Sel’Italia, esaurita da due epoche di

civiltà, fosse oggi condannatadalla Provvidenza a giaceresenza nome e missione propria,aggiogata a nazioni più giovani erigogliose di vita? D’onde traevoio il diritto di decideresull’avvenire e trascinarecentinaia, migliaia di uomini alsacrificio di sé e di ogni cosa piùcara?” Mazzini superò la crisimediante una approfonditaconsapevolezza della religiositàdella vita, guidata dalla supremalegge del Dovere, alla quale innessun caso ci si poteva sottrarre,ma non riprese subito la suaattivitàpoliticanellapenisola. Incompagniadi Giovannied AgostinoRuffini e

Gli anni dell’esilio a Londra dopo i processi del 1833.La crisi e il ritorno all’impegno politico. Il periodico “L’Apostolato popolare”, primo giornale operaio. Una particolare sensibilità al problema sociale

Angelo Usiglio giungeva il 12gennaio 1837 a Londra. Lo statod’animo con cui pose piede inInghilterra era assai diverso daquello di quanti, provenendo dapaesi nei quali non c’era libertàpolitica, una volta giunti in GranBretagna pensavano di porre finead ogni attività politica militante.Mazzini non intendeva, invece,godere i frutti della libertàinglese, dedicandosi, cometalvolta gli suggeriva il padre, adattività intellettuali, ma volevaproseguire la sua opera diproselitismo politico, creare unacorrente di simpatia per l’Italiafacendo conoscere le tristicondizioni in cui si trovava. I lunghi anni trascorsi inInghilterra furono fondamentaliper la vita del grande agitatore,sia che ci si fermi a considerarecome vennero giudicatidall’esule i contrasti politici, le

istituzioni, lastrutturaeconomico-

sociale del regnovittoriano, sia che siindaghi sulla

trasformazionesubìta da Mazzini

nel nuovo

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dalla “tempesta del dubbio” all’impegno sociale | mazzini

ambiente. Nella seconda metàdel 1839 Mazzini decise ditornare alla politica militante: siinizia così quella che si è solitichiamare la “seconda GiovineItalia”. Nel 1840 con una piùferma volontà che non subiràinterruzioni per tutta la vita,Mazzini ritorna alla lotta politicasorretto non soltanto da unaferrea fede nel finale inevitabiletrionfo del suo programma, maanche e soprattutto dallaineluttabile impossibilità disottrarsi al compito cui si eravotato. “Ho pensato, ripensato,tornato a pensare alla vita, allasua missione, ai doveri ch’essaci impone, allo stato del nostropaese, agli obblighi ch’io m’erain un con gli altri assunti infaccia a Dio, all’Italia, a mestesso, all’assoluta necessitàd’incarnar questa fede non incinque o sei anni di vita, ma intutta la vita, e d’andare oltrerappresentandola, propagandola,promuovendola cogli atti, cogliscritti, coll’associazione, collaparola, in tutti i modi possibili,senza lasciarsi dominare dallecircostanze, senza ridurla ne’termini di un risultatoimmediato”, così leggiamo inuna lettera a Giuseppe EliaBenza da Londra, del 19 maggio1840. La novità di maggiorrilievo, rispetto alla primaGiovine Italia, consisteva in unamaggiore attenzione volta alproblema sociale o, per dire piùesattamente, nel riconoscimentodell’insufficienza del lavoropolitico svolto fino ad allora neiconfronti della classe operaia: siera lavorato sempre per ilpopolo, ora bisognava lavorarecon il popolo. L’Apostolatopopolare fu indubbiamente unodei mezzi più efficaci di questapenetrazione mazziniana nei cetipiù umili. Ai tradizionali mottidella Giovine Italia del 1831 -libertà, eguaglianza, umanità,indipendenza, unità - è aggiuntonella testata del periodico il

nuovo motto Lavoro e fruttoproporzionato, che indica conchiarezza l’obbiettivo politicoche si intendeva perseguire. Fu ilprimo giornale operaio - scrisseGiuseppe Tramarollo,appassionato cultore di studimazziniani, curatore di unaristampa anastaticadell’Apostolalo popolare,apparsa nel 1972, nel centenariodella morte di Mazzini, per le“Edizioni della Voce”- ; la suadiffusione superava le duemilacopie, una cifra assairagguardevole per quei tempi, epermetteva di raggiungere anchegli emigrati italiani in America ein Africa; i collaboratoriandavano da Berchet aGuerrazzi. Il disegno politico mazzinianoera di allargare la base delmovimento nazionale fino acomprendervi l’intera classeoperaia per non rischiare dicostruire uno Stato in cui lalibertà fosse “libertà d’unaclasse”, la potenza fosse ristrettaad “un piccolo numero di individui”, l’accrescimento dellaricchezza giovasse unicamente “ad un piccolo numero difamiglie, la scoperta di nuovemacchine e il relativo sviluppodell’industria fruttasse soltanto aipochi che fanno lavorare, e nonai moltissimi che lavorano”.C’era in quest’articolo diapertura del primo numero delperiodico - dal significativotitolo Agli Italiani, especialmente agli operai italiani -una esplicita e netta condannadella società ottocentesca, deisuoi limiti e delle suecontraddizioni, delle sue interne lacerazioni e dei suoiinsanabili contrasti, ma c’eraanche l’esclusione, altrettantonetta e decisa, dei “sistemi dicomunione dei beni,d’Owenismo, di leggi agrarie,d’abolizione di proprietà”,perché “funesti, assurdi econtrari al progresso o alla virtù

della specie umana”. Mazzini combatte così fin daglianni ’40 la sua lunga battagliacontro la società capitalistica dicui aveva avuto occasione inInghilterra di vedere i risvoltitragici, senza accettare però né lesoluzioni socialistiche, nellequali l’individuo rischiava diessere stritolato da una astratta giustizia livellatrice, né iltradizionale paternalismo deimoderati, incapace di mutarel’assetto della società.

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R iguardo a Mazzini scrit-tore, su un punto il giu-dizio della critica quasi

unanimemente converge: sull’in-dubbio valore da assegnare alsuo vastissimo epistolario. Tra lelettere da lui scritte ve ne sonoinfatti di bellissime. Appassiona-te e disperate, semplici e profeti-che, esse riempiono - fatto salvoil periodo giovanile - l’intero ar-co della sua esistenza. Per il re-sto, come aveva già a suo tempoosservato Guido Mazzoni, l’esi-stenza di Giuseppe Mazzini “ap-partiene alla storia; e le sue scrit-ture più alla storia politica che al-la letteraria, non essendosi egliproposto quasi mai un intentoche fosse arte” (AA.VV., Storialetteraria italiana, L’Ottocento, acura di Guido Mazzoni, Vallardi,Milano 1944). Per il grande patriota ligure,come sappiamo, l’arte nonpoteva - né doveva - essereautoreferenziale, secondo laformula, in voga ai suoi tempi,dell’”arte per l’arte”: questadoveva porsi al servizio,dell’etica e della politica, in luiassolutamente coincidenti. E tuttavia questa dipendenza nonvoleva affatto dire mancanza dilibertà creativa o aridità diispirazione: tutt’altro. Egligiungeva perfino a vagheggiaree delineare “generi letterarinuovi, e perfino la musica

dell’avvenire, come strumento,per il popolo, del rinnovarsi, e aglorificazione del rinnovamento”(Mazzoni, op. cit.). Alla ricchezzadell’immaginazione, insomma, ilpatriota ligure sembrava preferirela realtà “effettuale” dellapolitica. Di qui la duplicepeculiarità del suo pensiero: dauna parte c’è l’idea che l’arteservisse a ricongiungere gliintellettuali alla tradizione di unanazione; dall’altra, una voltadefinitivamente conseguita erealizzata l’unità, essa dovevaavviarli ad un ideale ancora piùalto e di dimensione europea. Diconseguenza, sarebbe vanoricercare in Mazzini singolecategorie, tra di loro separate: unasostanziale unità di fondosorregge il suo pensiero, quale siviene a determinare a seguito diuna sintesi delle sue proprieidealità. Notava a tale propositoFrancesco Flora: “Le paroletematiche del Mazzini: Dio,popolo, dovere, sacrificio, fede,religione, creare, [...] sitraducono l’una nell’altra comenell’unità cosmica di una perennemetamorfosi. E sopra ognunad’esse e nell’alone della loroindefinita e pur concreta essenza,s’apre una fantasia commossa ecanora. Questa virtùd’immaginazione non è ancoral’arte: le manca appunto la

Il connubio tra arte e vita

David Baldini

“La mia vita non è opera di scrittore;è missione severa e franca di apostolato”

Giuseppe Mazzini

GLI SCRITTI E LE LETTERE

coscienza dell’arte; ma viveessenzialmente nella favola dellaparola, in cui talora si riposa laveemenza del sentire”. (FrancescoFlora e Luciano Nicastro, Storiadella letteratura italiana, vol. III,Mondadori, Milano 1940).

Mazzini critico letterario

Quanto si è detto a proposito diMazzini scrittore vale anche, anzia maggior ragione, per il Mazzinicritico letterario. In lui, infatti,l’esercizio della critica coincidecon quello della filosofia e dellapolitica. Questo intreccio diposizioni, al quale rimarrà semprelegato, ha ascendenze lontane,tanto lontane da coincidere con leradici stesse della nostra storialetteraria. La lezione mazzinianaera stata appresa alla scuola diDante e di Machiavelli, di Alfierie di Foscolo. In particolare conquest’ultimo, il feeling saràparticolarmente forte. Mazzinifinirà per condividere con luiimpegno nella lotta edintransigenza morale, valori idealie partecipazione alle vicende delproprio tempo. “Filosofo,politico, giurisperito, critico,poeta, Foscolo - come suggerisceDella Peruta - gli apparve comel’esempio tipico del letterato chesi fonde intimamente con la vitastorica del suo tempo e che senteprofondamente l’esigenza dellalibertà”. Se una lezione decisiva dovevaprovenirgli, sul pianodell’educazione sentimentale,dalla lettura giovanile de Le ultimelettere di Jacopo Ortis (“l’Ortis

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che mi capitò allora fra le mani, -egli disse - mi infanatichì: loimparai a memoria”), un’altralezione non meno duratura dovevaegli ricavare dalle opere teoriche ecritiche del grande Ugo. Unariprova di tale influenza ècontenuta negli appunti giovanili,dai quali è possibile dimostrarecome egli rimanesse colpito daalcune espressioni contenute nelDiscorso sul testo della“Commedia” di Dante. Sullascorta di esse egli venneattribuendo al poeta fiorentino lafunzione di “profeta e legislatoreispirato e guidatore a vita menoferoce”. In questo però sidifferenzia dall’amato Foscolo,per il quale “una simile figura dipoeta-vate era propria solo di certe‘epoche singolari insieme ebrevissime [...] nelle quali ifantasmi dell’immaginazioneerano immedesimati nelle anime,nella religione, nella storia, e intutte le imprese, e per lo più nellavita giornaliera dei popoli. Oggi lafinzione poetica, e le dottrinefilosofiche e religiose, e la praticadella vita, e finanche le piùgenerose tra le passioni del cuore,sembrano non pure dissimili, maseparate nella mente d’ogni uomoda lunghi intervalli” (cit. inGiovanni Pirodda, Mazzini e gliscrittori democratici, Laterza,Bari 1984). Per Mazzini, insomma, Danterimaneva la sintesi ideale tra artee vita. A confermarlo nell’ideacontribuirà il suo primo esilio aLondra, nel 1837, ovvero diecianni dopo che Foscolo vi eramorto.

Sulle tracce di Foscolo (e di Dante)

Il 13 gennaio 1837 Mazzinigiunge nella capitale inglese esubito si dedica ad una febbrileattività giornalistica. Frutto diquesto impegno sono i dueperiodici “L’apostolato

popolare” e “Il pellegrino”,divenuto poi “L’educatore”.L’attività politica, ancora unavolta, non oscura tuttavia in luil’interesse letterario. Anzi,proprio l’esilio londinese dovevatrasmettergli nuova linfa, questavolta per via della forza dellasuggestione, per altro sollecitatadalla presenza sullo stesso suolo(circa un decennio prima) di unaltro illustre esule: l’amatissimoFoscolo. Lo studio di questi,coltivato con l’affetto di unalunga fedeltà (lo avevacommemorato a Genova, ma neaveva anche curato il commentoall’orazione A Bonaparteliberatore), prende ora stradenuove ed originali. Mazzini simette subito alla ricerca degliscritti inediti di Foscolo, volendotrasformarsi in editore. In realtàl’intenzione era antecedenteall’esilio londinese, comedimostra la seguente lettera (del1835) scritta a Rosales erisalente al periodo dell’esiliosvizzero: “ Vorrei certoun’edizione intera delle opere diFoscolo, ma degna di lui e taleda rimpiazzare in faccia a tutti ilmonumento che l’Italia gli deve.Vi porrei tutta la cura possibileperché con Foscolo è l’Italia; manon conosco in Svizzera enell’emigrazione chi sia degnoper ingegno e per l’amore diFoscolo di presiederla: io lo fareinon per ingegno mio, ma perchél’amo molto. [...] Dov’è ilcommento a Dante? Dove sonole lettere inedite?” (cit. in Scrittiscelti di Giuseppe Mazzini, connote e cenni biografici di JessieWhite Mario, Sansoni, Firenze1900).A parte le “lettere inedite” diFoscolo, sarà proprio ilcommento a Dante da lui scrittoad interessarlo. Nel 1836, ancoraesule in Svizzera, avevacomposto per l’“Italiano” unarticolo intitolato Foscolo.Finalmente a Londra, dopo unaavventurosa ricerca (troverà

fortunosamente il manoscrittofoscoliano “giacente da quindicianni nella polvere d’un libraioinglese”), può mettersi al lavoroper annunciare tutto lieto ilgiorno 18 aprile: “Il Dante sistampa e comincio acorreggere”. Occorrerà tuttaviaattendere ancora alcuni anni. LaPrefazione all’Edizione de LaDivina Commedia, illustrata daU. Foscolo, diretta da GiuseppeMazzini, porta la data del 1842.In tale Prefazione, possonoagevolmente essere individuatedue parti. La prima riguarda ilparticolare rapporto tra Dante eMazzini, il secondo le riflessionicritiche di Mazzini rispettoall’interpretazione di Dante daparte di Foscolo.Per quanto lo riguarda, il patriotagenovese guarda Dante comefondamento morale e sintesi diarte e vita: “Dante è tal uomo icui libri studiati in un colla vitasarebbero da tanto da ritempraretutta una generazione e riscattarladall’infiacchimento che tre secolid’inezie o di servilità hannogenerato e mantengono”. Mal’azione del poeta fiorentino nonvale solo per il presente: essavale anche, e soprattutto, per ilfuturo: “Le molte terzine e gliinfiniti versi sublimi d’immaginie d’armonia” “raccomandano ilPoema all’orecchio e allafantasia, ma con l’animo volto alfuturo”.Tale capacità propulsiva facevatutt’uno con “il segreto dell’Ideache Dante adorava”; questa - che“lo innalzava, al di sopra di quantiGrandi ha l’Italia, e lo confortònella povertà, nella solitudine,nell’esilio”, non conoscesoluzione di continuità. Partedalle opere minori, perconchiudersi nella DivinaCommedia, “coronadell’edifizio”. “Perché Dante èuna tremenda Unità: individuoche racchiude, siccome in germe,l’unità e l’individualità nazionale;e la sua vita, i suoi detti, i suoi

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scritti s’incatenano in un’Idea, etutto Dante è un pensiero unico,seguìto, sviluppato, predicato neicinquantasei anni della suaesistenza terrestre con tale unacostanza superiore alle paure ealle seduzioni mondane, chebasterebbe a consecrarlo Genio,dov’anche quel pensiero fosseutopia non verificabile mai: or diqual nome onorarlo, quando fosseil pensiero fremente nella vita dicento inconscie generazioni,misura del nostro progresso,segno della nostra missione?Ed è. La Patria s’è incarnata inDante. La grande anima sua hapresentito, più di cinque secoliaddietro e tra le zuffe impotentidi Guelfi e de’ Ghibellini, l’Italia:l’Italia iniziatrice perenne d’unitàreligiosa e sociale all’Europa,l’Italia angiolo di civiltà allenazioni, l’Italia come un giornol’avremo”.Arrivati a queste profetichealtezze, la conclusionedell’analisi si ricongiunge allalezione foscoliana de “le urne deiforti”: “Oggi, pigmei, nonintendiamo di Dante che il versoe la prepotente immaginazione;

ma un giorno, quando saremofatti più degni di lui, guardandoindietro all’orme giganteschech’egli stampò sulle vie delpensiero sociale, andremo tutti inpellegrinaggio a Ravenna, a trarredalla terra ove dormono le sueossa gli auspicj delle sorti future,e le foze necessarie a mantenercisu quell’altezza ch’egli, fin daldecimoquarto secolo, additava a’suoi fratelli di patria”.Profetica, augurale, altamentecivilizzatrice la conclusione: “Equando saremo fatti degni diDante, troveremo oltre a quelsegreto, nelle pagine ch’ei cilasciava, una lingua, [...]troveremo una Filosofia,nazionale davvero [....]:troveremo le basi di una Poesia,vincolo fra il reale e l’ideale, frala terra e il cielo, che l’Europa,incadaverita nello scetticismo enell’egoismo, ha perduto:troveremo i germi d’unacredenza che tutte l’animeinvocano senza raggiungerla”.La seconda parte dellaPrefazione, invece, riguarda lacritica alle interpretazioni diFoscolo, di cui mette in luce i

limiti e i pregi.I primi vengono così riassunti:“Foscolo non fu sacerdote diDante, né le sue mani potevanoardere incenso al suo santuario.Troppe delle vecchie credenze[...] combattevano nell’anima suai nuovissimi presentimenti.Troppi errori accumulati dasecoli si stavano fra Dante e lui,perch’ei potesse contemplare ilDio nello splendore del primitivoconcetto. [Egli] imparò da Dantel’energia delle passioni,l’indipendenza negli studj, lasantità delle lettere, gli sdegnisanti contro chi le contamina[....]. Ma vide, se non quanto erain Dante, quanto almeno inDante non era, e innestatovinondimeno dalla malizia o dallacrudeltà dei commentatori nedeformava le sembianze e la vita.Si armò di flagello contro aiprofanatori del tempio. Si levò adistruggere - e distrusse”.I meriti di Foscolo,singolarmente, vengono così acoincidere con i suoi demeriti.Essi consistono proprio nelladistruzione dei cascami sopraelencati, ovvero dei vari idola

mazzini ieri| gli scritti e le lettere

Mazzini e il valore della memoria“O Italiani! Studiate Dante; non su’ commenti,non sulle glosse; ma nella storia del secolo, inch’egli visse, nella sua vita, e nelle sue opere. -Ma badate! V’ha più che il verso nel suo poema;e per questo non vi fidate ai grammatici, e Agliinterpreti: essi sono come la gente, che disseccacadaveri; voi vedete le ossa, i muscoli, le veneche formavano il corpo; ma dov’è la scintilla chel’animò? - Ricordatevi, che Socrate disse ilmigliore interprete d’Omero essere l’ingegno piùaltamente spirato dalle muse. Avete voi un’animadi fuoco? - Avete mai provato il sublime fremito,che destano l’antiche memorie? - Avete maiabbracciate le tombe de’ pochi grandi, chespesero per la patria la vita, e l’intelletto? - Avetevoi versata mai una lacrima sulla bella contrada,che gli odi, i partiti, le dissensioni, e laprepotenza straniera ridussero al nulla? - Se talisiete, studiate Dante; da quelle pagineprofondamente energiche, succhiate quello

sdegno magnanimo, onde l’esule illustre nutrival’anima; ché l’ira contro i vizi e le corruttele èvirtù. - La forza delle cose molto ci ha tolto; manessuno può torci i nostri grandi; né l’invidia, nél’indifferenza della servitù poté struggerne inomi, ed i monumenti; ed ora stanno come quellecolonne, che s’affacciano al pellegrino nelle mutesolitudini dell’Egitto, e gli additano, che in que’luoghi fu possente città. - Ogni fronda del lauroimmortale, che i secoli posarono su’ loro sepolcri,è pegno di gloria per noi; né potete appressare aquella corona una mano sacrilega, che nonfacciate piaga profonda nell’onore della terra, chevi diè vita. - O Italiani! - non obbliate giammai,che il primo passo a produrre uomini grandi stanello onorare i già spenti.”

(Giuseppe Mazzini, Dell’amor patrio di Dante, inOpere, a cura di Luigi Salvatorelli, vol. II, Rizzoli,Milano1967)

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tribus (rispetto dellecongetture avventate,degli anacronismi eruditi,degli errori accettati senzaesame, della cieca fiducianei codici, dei sistemioriginati da meschinevanità e spirito dicompiacimento,dell’abitudine ad accettareil predominio dell’esteticasul pensiero, della formasull’idea, dello studio deimezzi sulla ricerca delfine). “Condusse la criticasulle vie della storia.Cercò in Dante nonsolamente il poeta, nonsolamente il padre dellalingua nostra, ma ilcittadino, il riformatore,l’apostolo religioso, ilprofeta della nazione.Schiuse a noi tutti la via,che i tempi, l’educazione,la via infelicissima ealcuni errori della menteda’ quali egli non potéemanciparsi vietarono alui di correre intera”.Mazzini dunque, con le suecritiche al Foscolo e conl’identificazione del poetafiorentino con il riformatore,sembra quasi ravvisare in Dantese stesso. Di qui il giudizio piùche giustificato di LuigiSalvatorelli, il quale scrive:“Non possiamo qualificareMazzini come scrittore politico,e metterlo con Machiavelli eGuicciardini: la politica inquanto arte e tecnica gliripugnava profondamente. Nonpossiamo neppure dire che la suagrande coscienza morale abbiaprodotto uno scrittore moralista:nulla, anzi, è tanto lontano da luiquanto l’osservazione pacata,obiettiva, spregiudicata sullanatura umana. Egli non è unosservatore dell’umanitàpresente, ma un lottatore perl’umanità futura. Né possiamometterlo con i filosofi: delfilosofo gli manca l’attitudine al

ragionamento sistematico, allaspeculazione astratta, l’interesseper la verità teoretica, per la‘ragion pura’, rivolto tutto com’èall’azione per il cambiamentodella realtà umana. La categoriapiù adatta per lui è quella delloscrittore religioso, del profeta.Dopo Dante, Mazzini è lamaggior manifestazioneprofetica della letteraturaitaliana. A Dante richiama in lui,al di là da ogni differenza dipensiero e di linguaggio, lasicurezza oracolare dellesentenze […], l’invettivainfiammata, la previsioneapodittica del futuro dettata dauna fede incrollabile, lo zeloinfiammato per la giustizia”(Introduzione a GiuseppeMazzini, Opere, a cura di LuigiSalvatorelli, vol. II, Rizzoli,Milano 1967).E tuttavia, non si può al tempostesso ignorare l’avvertenza del

Mazzoni, il quale notava che lostile di Mazzini “è propriol’opposto a quello di Dante.Ascolti in lui, nella sonoritàarmonica del periodare fluente,un oratore che esercita la formafrettolosa come fosse la lingua inun fervente comizio, volgendosial popolo con altezza di tono equasi da ispirato”.E tuttavia, a spiegarci quantoprofonda e radicata fosse ormail’identificazione del grandepatriota ligure con Dante bastaun semplicissimo dato: ilprefatore (Giuseppe Mazzini)all’edizione del 1842 si firmeràsemplicemente come UNITALIANO. Seppure lo stile lodifferenziava senza alcun dubbiodal grande fiorentino, loaccomunava il senso diappartenenza e l’amore per lapatria italiana. Ed in questo, egli, era con luitutt’uno.

gli scritti e le lettere | mazzini ieri

“Foscolo fu uno dei primi affetti dellamia vita. Fin dagli anni più giovanili,quand’io mi affacciai agli studi esentii balzarmi dentro l’orgoglio delnome italiano, le sue parole furonoper me oggetto di lettura assidua,ripetuta, perenne: m’affratellaicoll’anima sua; e senza argomento diprove indovinai ciò che fu poiconfermato da documenti, che la dilui vita era fraintesa dai più, che leaccuse addensate su molte delle di luiazioni erano calunnie di pedanti chenon potevano intenderlo, di letteratigelosi, stizzosi, rissosi, che nonvolevano internarlo, d’uomini diparte intolleranti o d’avversi aquell’indipendenza d’Italia che fu lastella e la sciagura della sua vita. Piùdopo, esule in Londra, m’affrettai acercar di raccogliere ogni neglettasmarrita reliquia di Foscolo edissotterrai ciò ch’egli avevapreparato dell’edizione di Dante eparte della Lettera Apologetica. Mamentr’io m’adoperava a risuscitarnella gioventù d’Italia il culto

illanguidito di Foscolo e invocava ilgiorno in cui la Patria ch’egli amòavrebbe fatto solenne espiazione dellungo obblio, io intravedeva presso alsorgere una Italia ch’oggi non è:ideava una Patria che potesserichiamare a sé le stanche ossa de’suoi Martiri del Pensiero edell’Azione senza timore che quelleossa fremessero sdegno e le animedei generosi desiderassero per esserela solitaria sepoltura straniera. Quelleanime invocano da noi non la tombama la degna tomba. E per esserecapaci di darla, è necessario chegl’Italiani incarnino in sé il pensierodi quelle grandi e forti anime epossano dir loro: ecco: il vostroideale si riflette in ciascun di noi: lavostra Terra è fatta Tempio di verità edi giustizia: venite e siate i Santi delTempio: le vostre urne lo serberannoper lunghi anni incontaminato”.

(Giuseppe Mazzini, Ugo Foscolo, inOpere, a cura di Luigi Salvatorelli,vol. II, Rizzoli, Milano1967)

Mazzini a Ugo Foscolo:da esule ad esule

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PRINCIPII FONDAMENTALI

I. La sovranità è per dirittoeterno nel popolo. Il popolodello Stato Romano è costituitoin repubblica democratica.

II. Il regime democratico haper regola l’eguaglianza, lalibertà, la fraternità. Nonriconosce titoli di nobiltà, néprivilegi di nascita o casta.

III. La Repubblica colle leggi ecolle istituzioni promuove ilmiglioramento delle condizionimorali e materiali di tutti icittadini.

IV. La Repubblica riguardatutti i popoli come fratelli:rispetta ogni nazionalità:propugna l’italiana.

V.I. Municipii hanno tuttieguali diritti: la loroindipendenza non è limitatache dalle leggi di utilitàgenerale dello Stato.

VI. La più equa distribuzionepossibile degli interessi locali,in armonia coll’interessepolitico dello Stato è la normadel riparto territoriale dellaRepubblica.

VII. Dalla credenza religiosanon dipende l’esercizio deidiritti civili e politici.

VIII. Il Capo della ChiesaCattolica avrà dalla Repubblicatutte le guarentigie necessarieper l’esercizio indipendente delpotere spirituale.

TITOLO IDEI DIRITTI E DEI DOVERIDEI CITTADINI

ART. 1. - Sono cittadini dellaRepubblica:Gli originarii della Repubblica;Coloro che hanno acquistata lacittadinanza per effetto delleleggi precedenti;Gli altri Italiani col domiciliodi sei mesi;Gli stranieri col domicilio didieci anni;I naturalizzati con decreto delpotere legislativo.

ART. 2. - Si perde lacittadinanza:- Per naturalizzazione, o perdimora in paese straniero conanimo di non piú tornare;- Per l’abbandono della patriain caso di guerra, o quando èdichiarata in pericolo;- Per accettazione di titoliconferiti dallo straniero;- Per accettazione di gradi ecariche, e per servizio militarepresso lo straniero, senzaautorizzazione del governodella Repubblica;l’autorizzazione è semprepresunta quando si combatteper la libertà d’un popolo;- Per condanna giudiziale.

ART. 3. - Le persone e leproprietà sono inviolabili.

ART. 4. - Nessuno può esserearrestato che in flagrantedelitto, o per mandato digiudice, né essere distolto daisuoi giudici naturali. NessunaCorte o Commissioneeccezionale può istituirsi sotto

qualsiasi titolo o nome.Nessuno può essere carceratoper debiti.

ART. 5. - Le pene di morte e diconfisca sono proscritte.

ART. 6. - Il domicilio è sacro:non è permesso penetrarvi chenei casi e modi determinatidalla legge.

ART. 7. - La manifestazione delpensiero è libera; la legge nepunisce l’abuso senza alcunacensura preventiva.

ART. 8. - L’insegnamento èlibero.Le condizioni di moralità ecapacità, per chi intendeprofessarlo, sono determinatedalla legge.

ART. 9. - Il segreto delle lettereè inviolabile.

ART. 10. - Il diritto di petizionepuò esercitarsi individualmentee collettivamente.

ART. 11. - L’associazionesenz’armi e senza scopo didelitto, è libera.

ART. 12. - Tutti i cittadiniappartengono alla guardianazionale nei modi e colleeccezioni fissate dalla legge.

ART. 13. - Nessuno può essereastretto a perdere la proprietàdelle cose, se non in causapubblica, e previa giustaindennità.

Testo Integrale della Costituzione della Repubblica Romana

1 luglio 1849

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ART. 14. - La legge determinale spese della Repubblica, e ilmodo di contribuirvi.Nessuna tassa può essereimposta se non per legge, nèpercetta per tempo maggiore diquello dalla legge determinato.

TITOLO IIDELL’ORDINAMENTO POLITICO

ART. 15. - Ogni potere vienedal popolo. Si esercitadall’Assemblea, dal Consolato,dall’Ordine giudiziario.

TITOLO IIIDELL’ASSEMBLEA

ART. 16. - L’Assemblea ècostituita da Rappresentanti delpopolo.

ART. 17. - Ogni cittadino chegode i diritti civili e politici a21 anno è elettore, a 25 èeleggibile.

ART. 18. - Non può essererappresentante del popolo unpubblico funzionario nominatodai consoli o dai ministri.

ART. 19. - Il numero deirappresentanti è determinato inproporzione di uno ogniventimila abitanti.

ART. 20. - I Comizi generali siradunano ogni tre anni nel 21aprile.Il popolo vi elegge i suoirappresentanti con votouniversale, diretto e pubblico.

ART. 21. - L’Assemblea siriunisce il 15 maggiosuccessivamente all’elezione.Si rinnova ogni tre anni.

ART. 22. - L’Assemblea siriunisce in Roma, ove nondetermini altrimenti, e disponedella forza armata di cuicrederà aver bisogno.

ART. 23. - L’Assemblea èindissolubile e permanente,salvo il diritto di aggiornarsiper quel tempo che crederà.Nell’intervallo può essereconvocata ad urgenzasull’invito del presidente co’segretari, di trenta membri, odel Consolato.

ART. 24. - Non è legale se nonriunisce la metà, piú uno deisuoi rappresentanti.Il numero qualunque de’presenti decreta iprovvedimenti per richiamaregli assenti.

ART. 25. - Le sedutedell’Assemblea sonopubbliche.Può costituirsi in comitatosegreto.

ART. 26. - I rappresentanti delpopolo sono inviolabili per leopinioni emessenell’Assemblea, restandoinerdetta qualunqueinquisizione.

ART. 27. - Ogni arresto oinquisizione contro unrappresentante è vietato senzapermesso dell’Assemblea,salvo il caso di delittoflagrante.Nel caso di arresto in flagranzadi delitto, l’Assemblea, che nesarà immediatamenteinformata, determina lacontinuazione o cessazione delprocesso.Questa disposizione si applicaal caso in cui un cittadinocarcerato fosse elettorappresentante.

ART. 28. - Ciascunrappresentante del popoloriceve un indennizzo cui nonpuò rinunziare.

ART. 29. - L’Assemblea ha ilpotere legislativo: decide dellapace, della guerra, e dei trattati.

ART. 30. - La proposta delleleggi appartiene airappresentanti e al Consolato.

ART. 31. - Nessuna proposta haforza di legge, se non dopoadottata con due deliberazioniprese all’intervallo non minoredi otto giorni, salvoall’Assemblea di abbreviarlo incaso d’urgenza.

ART. 32. - Le leggi adottatedall’Assemblea vengono senzaritardo promulgate dalConsolato in nome di Dio e delpopolo. Se il Consolatoindugia, il presidentedell’Assemblea fa lapromulgazione.

TITOLO IVDEL CONSOLATOE DEL MINISTERO

ART. 33. - Tre sono i consoli.Vengono nominatidall’Assemblea a maggioranzadi due terzi di suffragi.Debbono essere cittadini dellarepubblica, e dell’età di 30 annicompiti.

ART. 34. - L’ufficio dei consolidura tre anni. Ogni anno unodei consoli esce d’ufficio. Ledue prime volte decide la sortefra i tre primi eletti.Niun console può essererieletto se non dopo trascorsitre anni dacché uscí di carica.

ART. 35. - Vi sono sette ministri

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di nomina del Consolato:1. Degli affari interni;2. Degli affari esteri;3. Di guerra e marina;4. Di finanze;5. Di grazia e giustizia;6. Di agricoltura, commercio,industria e lavori pubblici;7. Del culto, istruzionepubblica, belle arti ebeneficenza.

ART. 36. - Ai consoli sonocommesse l’esecuzione delleleggi, e le relazioniinternazionali.

ART. 37. - Ai consoli spetta lanomina e revocazione di quegliimpieghi che la legge nonriserva ad altra autorità; maogni nomina e revocazionedeve esser fatta in consiglio de’ministri.

ART. 38. - Gli atti dei consoli,finché non sieno contrassegnatidal ministro incaricatodell’esecuzione, restano senzaeffetto. Basta la sola firma deiconsoli per la nomina erevocazione dei ministri.

ART. 39. - Ogni anno, ed a

qualunque richiestadell’Assemblea, i consoliespongono lo stato degli affaridella Repubblica.

ART. 40. - I ministri hanno ildiritto di parlare all’Assembleasugli affari che li riguardano.

ART. 41. - I consoli risiedononel luogo ove si convocal’Assemblea, né possono esciredal territorio della Repubblicasenza una risoluzionedell’Assemblea sotto pena didecadenza.

ART. 42. - Sono alloggiati aspese della Repubblica, eciascuno riceve unappuntamento di scudi tremilae seicento.

ART. 43. - I consoli e i ministrisono responsabili.

ART. 44. - I consoli e i ministripossono essere posti in statod’accusa dall’Assemblea sullaproposta di diecirappresentanti. La dimandadeve essere discussa come unalegge.

ART. 45. - Ammessa l’accusa, ilconsole è sospeso dalle suefunzioni. Se assoluto, ritornaall’esercizio della sua carica, secondannato, passa a nuovaelezione.

TITOLO VDEL CONSIGLIO DI STATO

ART. 46. - Vi è un consiglio distato, composto da quindiciconsiglieri nominatidall’Assemblea.

ART. 47. - Esso deve essereconsultato dai Consoli, e daiministri sulle leggi da proporsi,

sui regolamenti e sulleordinanze esecutive; puòesserlo sulle realzioni politiche.

ART. 48. - Esso emana que’regolamenti pei qualil’Assemblea gli ha dato unaspeciale delegazione. Le altrefunzioni sono determinate dauna legge particolare.

TITOLO VIDEL POTERE GIUDIZIARIO

ART. 49. - I giudicinell’esercizio delle lorofunzioni non dipendono daaltro potere dello Stato.

ART. 50. - Nominati dai consolied in consiglio de’ ministrisono inamovibili, non possonoessere promossi, né traslocatiche con proprio consenso, nésospesi, degradati, o destituitise non dopo regolare procedurae sentenza.

ART. 51. - Per le contese civilivi è una magistratura di pace.

ART. 52. - La giustizia èamministrata in nome delpopolo pubblicamente; ma iltribunale, a causa di moralità,può ordinare che la discussionesia fatta a porte chiuse.

ART. 53. - Nelle cause criminalial popolo appartiene il giudiziodel fatto, ai tribunalil’applicazione della legge. Laistituzione dei giudici del fattoè determinata da legge relativa.

ART. 54. - Vi è un pubblicoministero presso i tribunalidella Repubblica.

ART. 55. - Un tribunalesupremo di giustizia giudica,senza che siavi luogo a

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gravame, i consoli ed i ministrimessi in istato di accusa. Iltribunale supremo si componedel presidente, di quattrogiudici piú anziani dellacassazione, e di giudici delfatto, tratti a sorte dalle listeannuali, tre per ciascunaprovincia.L’Assemblea designa ilmagistrato che deve esercitarele funzioni di pubblicoministero presso il tribunalesupremo.É d’uopo della maggioranza didue terzi di suffragi per lacondanna.

TITOLO VIIDELLA FORZA PUBBLICA

ART. 56. - L’ammontare dellaforza stipendiata di terra e dimare è determinato da unalegge, e solo per una legge puòessere aumentato o diminuito.

ART. 57. - L’esercito si formaper arruolamento volontario, onel modo che la leggedetermina.

ART. 58. - Nessuna truppastraniera può essere assoldata,né introdotta nel territorio dellaRepubblica, senza decretodell’Assemblea.

ART. 59. - I generali sononominati dall’Assemblea sopraproposta del Consolato.

ART. 60. - La distribuzione deicorpi di linea e la forza delleinterne guarnigioni sonodeterminate dall’Assemblea, népossono subire variazioni, otraslocamento anchemomentaneo, senza di leiconsenso.

ART. 61. - Nella guardia

nazionale ogni grado èconferito per elezione.

ART. 62. - Alla guardianazionale è affidatoprincipalmente ilmantenimento dell’ordineinterno e della costituzione.

TITOLO VIIIDELLA REVISIONEDELLA COSTITUZIONE

ART. 63. - Qualunque riformadi costituzione può essere solodomandata nell’ultimo annodella legislatura da un terzoalmeno dei rappresentanti.

ART. 64. - L’Assembleadelibera per due volte sulladomanda all’intervallo di duemesi. Opinando l’Assembleaper la riforma alla maggioranzadi due terzi, vengono convocatii comizii generali, ondeeleggere i rappresentanti per lacostituente, in ragione di unoogni 15 mila abitanti.

ART. 65. - L’Assemblea direvisione è ancora assemblealegislativa per tutto il tempo incui siede, da non eccedere tremesi.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

ART. 66. - Le operazioni dellacostituente attuale sarannospecialmente dirette allaformazione della leggeelettorale, e delle altre leggiorganiche necessarieall’attuazione dellacostituzione.

ART. 67. - Coll’aperturadell’Assemblea legislativacessa il mandato dellacostituente.

ART. 68. - Le leggi e iregolamenti esistenti restano invigore in quanto non sioppongono alla costituzione, efinché non sieno abrogati.

ART. 69. - Tutti gli attualiimpiegati hanno bisogno diconferma.

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mazzini oggi

L’educazione di un popolo

Ermanno Detti

F orse non è male rivederealcuni concettifondamentali della

pedagogia mazziniana non tantoper considerare la loro attualità omeno, ma per ritrovare alcunefondamenta sulle quali troppospesso noi modernisuperficialmente scivoliamo. E ilprimo concetto fondamentale èche le proposte educative diMazzini non riguardano tanto lascuola, della quale egli si occupòsolo per un breve periodo,riguardano la formazione, anzi lavita e il destino di un interopopolo. È vero che Mazzini sirivolge principalmente aigiovani, ma il suo sguardo è piùampio e nel suo pensiero c’èsempre, secondo una visioneromantica, il popolo con le suecredenze, le sue tradizioni eanche le sue contraddizioni. Unapedagogia di tal genere nonpoteva che basarsi sulla propostadi grandi ideali e di utopie capacidi diventare la base di unaformazione politica, di creare ipresupposti di una coscienza dicittadino, di sviluppare in un“popolo disperso” una forteidentità nazionale. Si spiegano così i suoi studi suDante e l’esaltazione del poeta.Si spiega così anche

l’importanza attribuita allalingua italiana come elemento diunità nazionale. Si spiega così lasua opera di educatore di giovanidurante il suo esilio londinese.Mazzini considerava lapedagogia come strumento per laformazione di un popolo chesappia, unito, comprenderel’importanza dell’unità nazionalee combattere per ottenerla. E, perquesta unità, bisogna agiresubito, sebbene sia ormai chiaroa tutti che l’elaborazione teoricasia la forza della propostamazziniana. Soprattutto nella suagioventù, egli insiste molto sullanazione e sull’unità italiana; lasua tuttavia non è una visionenazionalistica: moltomodernamente l’unità nazionaleva inserita a pieno titolonell’Europa e nel mondo. Tuttoquesto è soffuso da una grandereligiosità non confessionale, conalla base il popolo e le sueaspirazioni, nelle quali, inparticolare, troviamo Dio e il suoanelito.Mazzini ha un’idea ben chiara dicosa si intenda per unitànazionale e per Stato, tant’è veroche proprio questa chiarezza loporterà a prendere le distanzedallo stesso sistema (quellomonarchico e moderato) che

Il ruolo della Repubblica e della scuola pubblica nella pedagogia mazziniana. Non c’è unità nazionale senza popolo, non c’è popolo senza la formazione del cittadino.La sua polemica contro l’uso della verga. La concezione democratica del fare scuola

porterà concretamente allaformazione dello Stato italiano.E la sua scelta cade non a casosulla Repubblica: solo la formarepubblicana, al contrario dellamonarchia e della dittatura,permette di esprimere le istanzepopolari più profonde. È ilconcetto base, contenenteimplicitamente i valori dellademocrazia, rifluito poinell’articolo 1 della nostraCostituzione soltanto dopo laseconda guerra mondiale.Anche quando si occupa diquestioni particolari come lediscipline scolastiche, Mazziniha sempre in mente la scuolapubblica, l’unica capace di faruscire tutti dall’oscurità edall’analfabetismo, e laformazione dell’uomo-cittadino.Ancora giovane, nel 1928,nell’articolo Alcuni perché sullascuola pubblica, si lamentavache la scuola non desse aigiovani “un’idea adeguata dilingua Italiana, di Geografia, diStoria Patria, di Storia Naturale,almeno attinta nei suoielementi… Perché nella luce delsecolo XIX molti precettorituttavia si dilettano nelmaneggiare la sferza e la verga,facendo urlare sotto ai loro colpila prole di liberi genitori, comegià nel tempo si adoprava cogliIloti, e co’ servi più vili, nonavvisando, imprudenti!, che ilcastigo che avvilisce deprava?Perché insomma nelle scuole sitende unicamente a formare loscrittorello vanaglorioso, ilsonettista, il sofista, il pedante enon l’Uomo, non l’utileCittadino, l’autore modesto e

FoRMAzIoNE E IDENTITà NAzIoNALE

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formazione e identità nazionale | mazzini oggi

filantropo, il provvido padre difamiglia?”.Si noti la concezionedemocratica del fare scuola: ilcastigo che avvilisce deprava,corrompe le persone. Non servela verga, anzi va bandita, sevogliamo formare il cittadinocon una dignità, se vogliamoinsegnargli i principi elementaridel rispetto per il prossimo.L’educazione deve formare unacoscienza pulita, non contorta:via dunque ogni punizioneinsieme a ogni pedanteria, ognisofisma, ogni ambizione. Lascuola deve formare “l’autoremodesto”, colui che haequilibrio, che diviene padre difamiglia e trova nei suoi similigli ideali del vero Uomo.Uomo dunque con la letteramaiuscola. Ma non c’è niente disuperomismo in tutto questo; c’èanzi la modestia cheaccompagna le azioni dei grandi.L’Uomo a cui pensa Mazzini èin parte quello del Rinascimento,cioè l’Uomo integrale, visto nel

suo insieme, formato nel suoinsieme, con una visioneculturale complessiva, capace diessere poi anche uno specialista:uno scienziato, un geografo o unbiologo, un poeta. Ma mai unospecialista che non abbia primauna formazione d’insieme, maila parcellizzazione culturaledello scrittorello vanaglorioso.La concezione dell’Uomointegrale sarà alla base di tantapedagogia del Novecento; si èandata poi disperdendo negliultimi tempi, si è completamentefrantumata oggi quando ci sipreoccupa in primo luogo di unaformazione informatica olinguistica fine a se stessa.Sono noti i dissidi di Mazzinicon Marx e il marxismo. PerMarx la lotta di classe era di perse stessa formativa, perchépermetteva alle masse diprendere coscienza del loro statoe di acquisire una loro identità.La lotta di classe insomma è“scuola di massa” capace perfinodi cambiare la coscienza

dell’uomo (nel Manifesto delpartito comunista diceesplicitamente che il proletariatoche lotterà per la presa del poteremuterà profondamente la suacoscienza e diverrà vero uomo eun vero cittadino). Per Mazzinila formazione è invece strumentoper acquisire coscienza,conoscenza e identità, per laformazione insomma di uncittadino con i cittadini, in modoche insieme tutti abbiano chiari icompiti che spettano a unpopolo: la libertà,l’indipendenza, lo sviluppo, ilprogresso sociale.

Mazzini e i ragazzi “di strada” italiani a Londra

“Affiatandomi, sulle vie della vasta città, con talunidi quei giovani che vanno attorno coll’organino,imparai, con vero stupore e dolore profondo, lecondizioni di quel traffico, condotto da pochispeculatori, ch’io non saprei additare con altronome che con quello di tratta dei bianchi:vergogna d’Italia, di chi siede a governo e del cleroche potrebbe, volendo, impedirlo. Cinque o seiuomini italiani stabiliti a Londra, rottigeneralmente ad ogni mal fare e non curantifuorché di lucro, si recano di tempo in tempo inItalia. Là, percorrendo i distretti agricoli dellaLiguria e delle terre parmensi, s’introducono nellefamiglie dei montagnoli, e dove trovano i giovanifigli più numerosi, propongono i più seducenti pattipossibili: vitto abbondante, vestire, alloggiosalubre, cure paterne al giovine che s’affiderebbead essi: una certa somma, dopo trenta mesi, perritorno e per compenso dell’opera prestata. È stesoun contratto; se non che i poveri montagnoli nonsanno che i contratti stesi sul continente non hanno,se non convalidati dai consoli inglesi, valore alcunoin Inghilterra. Intanto, i giovani raccolti a quel

modo seguono lo speculatore a Londra: ivi giunti,si trovano schiavi. Alloggiati, quali soldati, in unastanza comune, ricevono, i giovani, un organino, ifanciulli uno scoiattolo o un topo bianco, gli uni egli altri ingiunzione di portare, la sera, al padrone,una somma determinata.. […] Io li vedeva, la serain inverno, tremanti per freddo e digiuno, chiedenti,quando la giornata era stata - come in quellastagione è sovente - poco proficua, l’elemosinad’un soldo o di mezzo soldo agli affrettati pedoni,onde raggiungere la somma senza la quale nons’attentano di tornare a casa. […]Tentai dunque d’alleviare in altro modo quei mali eistituii a un tempo un’associazione per proteggerequei giovani abbandonati, e una scuola gratuita perilluminarli sui loro doveri e sui loro diritti, onderimpatriando ispirassero i migliori consigli aicompaesani. Più volte trassi i padroni, rei diviolenza, davanti alle corti di giustizia.”

(Giuseppe Mazzini, Note autobiografiche, inOpere, a cura di Luigi Salvatorelli, vol. II, Rizzoli,Milano1967)

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Professor Villari, forse, perrendere non ambigua una“rilettura”, oggi, di Mazzini dasinistra, occorre partire dalontano. E’ d’accordo secominciamo a ricordare, sia purin modo succinto, il contrastoche contrappose l’“apostolo”idealista Mazzini al“rivoluzionario” materialistaMarx?Per quanto riguarda l’apostolato,direi che tutte e due si sono postiil compito di una trasformazioneradicale della società del lorotempo, e quindi anche Marx puòessere considerato un “apostolo”del proletariato. Ma capisco che,nel caso di Mazzini, “apostolo”voglia significare idealista,ovvero un uomo che carica lapropria visione del mondo disignificati spiritualistici ereligiosi. Allora, in questo caso,certo, il contrasto con Marx, cheera un laico razionalista, appareevidente. Però, per quantoriguarda la spinta rivoluzionaria,Mazzini era altrettantorivoluzionario di Marx. Quindi,la prima distinzione che si puòfare è fra i referenti ideali delloro spirito rivoluzionario, cheerano diversi rispetto ai referentimateriali e reali cui essifacevano capo.

I referenti materiali e reali eranogli stessi: i popoli che sidovevano svegliare alla libertà,alla democrazia e anche alsocialismo; i lavoratori chedovevano riscattarsi dalla lorocondizione spesso di miseria. Per quanto riguarda invece ireferenti ideali, è chiaro che iparametri differiscono: Marxaveva una concezione della lottapolitica e della necessità dellatrasformazione socialeimprontata a rapporti di forzareali, all’economia comeorganizzazione di una societàche era da modificare, al nessopolitica-economia visto comeuna delle condizioni necessarieda dover rinnovare, rispetto allestrutture sociali e storichetradizionali.Anche in Mazzini erano presentiquesti elementi. Essi erano peròaccompagnati da una caricaspiritualistico-religiosa checontemplava che i cambiamentiavvenissero non solo attraversoun’opera di educazione delpopolo, ma anche per il tramitedi un’opera di spiritualizzazione,rispetto a valori fondamentali,del popolo stesso. Si può direche i valori di libertà e didemocrazia si caricavano di unsignificato particolare nel

Apostolo e rivoluzionario

Intervista a Lucio Villari

L’attualità del pensiero mazziniano è da ricercaresull’equilibrio tra diritti e doveri, sulla riformabilità del sistema economico capitalistico, sull’etica della responsabilità. Lo scontro con Marx. L’interesse di Gramsci per il Mazzini pedagogo

momento stesso in cui essi siarricchivano di una dimensionereligiosa. Ed è proprio questareligiosità che Marx rifiutava.

Marx si rivolge a Mazzini intermini solitamente irridenti: lochiamava Teopompo, “padreMazzini” etc. Per altro,rileggendo alcune lettere scrittedi Marx indirizzate ad Engels(contenute nel celebreEpistolario), ho notato che c’erain lui un’incomprensioneprofonda del Risorgimentoitaliano. Ad esempio, egli non sirendeva affatto conto di quantola questione cattolica fosseimportante per il nostro paese.Marx non ha capito quasi nulladel nostro Risorgimento. E cosìanche Engels, che si limitava avedere in Garibaldi l’uomocapace - con l’esperienza diguerrigliero fatta in AmericaLatina - di suscitare forze, diorganizzare militarmente lemasse popolari. Ma non più diquesto. Entrambi non avevanocapito nulla né del liberalismoitaliano, né di Mazzini stesso.Ma io ho un’altra idea: Marxtemeva Mazzini. Temeva le sueidee, all’internodell’Internazionale annunciata.

Al di là degli schematismi e dellecontrapposizioni anche radicali,è troppo forzato se diciamo che,in fondo, c’è qualcosa di“mazziniano” in Marx e di“marxiano” in Mazzini?No, non è forzato, nel senso cheMazzini e Marx avevanoun’esatta percezione della lottadi classe e dello scontro,

mazzini oggi| una rilettura “da sinistra”

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fondamentale e inevitabile, fra ilcapitale e il lavoro. Solo cheMarx riteneva che questo scontronon potesse mai passareattraverso forme di mediazionefra le due realtà, mentre Mazzinicredeva nell’opportunità dellamediazione. Questa, secondo lui,andava tutta a vantaggio dellaclasse operaia, attraversol’inserimento - nella strutturaproduttiva del sistemacapitalistico - di forme diassociazionismo, dicooperazione; cioè di tutte quelleforme non rivoluzionarie, maassolutamente innovative delsistema capitalistico in fase dievoluzione industriale, che allalunga si sono rivelate le piùgiuste.

Merito di Mazzini è stato, senzadubbio, quello di aver tenuto alta- con riconosciuta fedeltà edintransigenza - la fiaccola degliideali repubblicani di libertà e diindipendenza. E tuttavia, questaintransigenza (con relativadisillusione per come l’Italia erastata fatta) non finì percontribuire - ancheinvolontariamente - allasuccessiva involuzioneantidemocratica edantiparlamentare del post-risorgimento? Penso alla Roma“bizantina” di Carducci, agliattacchi antidemocratici diD’Annunzio, per giungere infinealla politica di potenza di Crispi,egli stesso democratico emazziniano.E’ certo che, quella di Mazzini,fu un’ intransigenza radicale.Egli infatti non ha mai cessato diimmaginare come possibileun’Italia repubblicana, anchequando la monarchia, “facendol’Italia”, in qualche modo avevaanche realizzato il sogno diMazzini stesso. Questi, però, nonaveva mai abbandonato l’ideadella repubblica. Diconseguenza, questaintransigenza poteva prestarsi a

diventare un boomerang, ocomunque poteva essere usata inmodo strumentale da coloro chegli rimproveravano chel’intrasigenza moralistico-politica non solo potevadanneggiare la società nellaquale pretendeva di operare, mapoteva anche provocareconseguenze opposte rispettoalle intenzioni, e quindigiustificare anche atti autoritariquali quelli accennati nelladomanda. Ma, in verità, l’intransigenza diMazzini è quella che hapermesso che venisse compiutoil Risorgimento italiano, perchéquesto è avvenuto sulla basedell’idea mazziniana, non sullabase di una visione moderatadella politica. Intendiamoci: allafine ha vinto il liberalismocavourianno, apparentementemoderato (anche se molto piùavanzato di quanto allora non siriuscisse ad immaginare); però,nella sostanza, è stata proprio laspinta mazziniana, o l’immaginemazziniana di indipendenza e diunità nazionale da conquistareattraverso la lotta, a vincere e apermettere all’Italia di diventareun paese libero e unitario. Tuttoè infatti avvenuto esattamentecome Mazzini avevaimmaginato: ciò è tanto piùvalido se pensiamo, soprattutto,alla spedizione dei Mille diGaribaldi. Questi è riuscito aliberare una parte fondamentaledella nostra penisola; senza lasua azione militare, popolare edemocratica l’unità non cisarebbe stata. Ma nello stessotempo Cavour ha usato glistrumenti mazzinianidell’azione militare, peraccompagnare dal basso ilprocesso suscitato da Garibaldi,permettendo così che sirealizzasse il sogno mazzinianodi unità italiana. C’è stata una specie dieterogenesi dei fini nell’azione diMazzini. Egli ha operato per

raggiungere certi suoi obiettivicui teneva, ma nello stessotempo ha ottenuto dei risultatiche erano andati al di là delle suestesse previsioni. Non haottenuto la repubblica, ma haottenuto l’indipendenza dallostraniero e l’unità della nazione:l’unità della nazione, dunque, enon solo lo Stato unitario.Questo è il vero problema. SiaGaribaldi che Cavour non siponevano tanto il problema del“fare gli italiani”, come poi diràD’Azeglio. Per loro la conquistadell’unità statuale era già unobiettivo importantissimo per lacostruzione di un’Italia nuova ediversa. In Mazzini, invece, c’erala preoccupazione che la pura esemplice unificazione politico-giuridica-istituzionale del paesenon fosse sufficiente a garantirela costruzione di questa Italianuova. Ad essa non si sarebbepervenuti fin quando il popoloitaliano, cioè la nazione italiana,non avesse maturato dentro di sé,in questo processo evolutivo -ecco l’aspetto pedagogicodell’opera politica di Mazzini! -,l’idea che la conquistadell’indipendenza devecoincidere con la conquista diuna identità nazionale. Non è uncaso, ad esempio, che un artistacome Giuseppe Verdi sia stato unmazziniano convinto; eglirimarrà tale, però, solo fino aglisfortunati moti insurrezionali delfebbraio 1853. Dopo di che,prese le distanze. Mazzini, insomma, si pose deiproblemi che gli altri, coloro cheavevano realizzato l’unitàd’Italia, non si erano posti con lastessa precisa e drammaticavisione delle cose. Un giudiziosu Mazzini non è dunque cosaagevole, in quanto egli finirà peressere un vincitore e, nello stessotempo, uno sconfitto.

Tralasciando modelli stranieri,tedeschi o francesi, quale postooccupa Mazzini nel pensiero di

una rilettura “da sinistra” | mazzini oggi

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Gramsci? Ed è possibilerinvenire tra i due una qualcheaffinità, magari individuandolain quella componente“volontaristica”, in certo sensocomune ad entrambi?

C’è molta affinità tra i due, siaper quanto riguarda questacomponente volontaristica, siasoprattutto - a mio parere - perquanto riguarda questo datopedagogico cui accennavoprima.Quando leggiamo i Quaderni delcarcere - soprattutto Letteraturae vita nazionale, ne Gliintellettuali e l’organizzazionedella cultura, Note sulMachiavelli sulla politica e sulloStato moderno -, vediamo chein Gramsci è presente questanecessità della educazionenazionale di un popolo, di unprocesso culturale che deveessere alla base anche della suatrasformazione sociale.E questa è un’ idea mazziniana.Essa, nell’Italia del primoNovecento, filtra per moltirivoli, fino ad influenzare varisettori della cultura italiana. Erapresente ad esempio più inGentile che in Croce. Non a casoGramsci è stato inizialmentegentiliano, e non caso Gentile sirichiamava spesso all’esperienzadi Mazzini, anzi lo riteneva unodei suoi punti di riferimento.Dico, tra parentesi, che, nel lassodi tempo intercorso tra lafondazione della repubblicasociale in Italia (settembre del1943) e l’uccisione di GiovanniGentile (marzo 1944), l’impegnodi quest’ultimo fu tutto volto afornire, comunque, a questoStato fantoccio, dei fondamenticulturali e nazionali. Egli nonfaceva che richiamarsiall’esperienza non solo diMazzini, ma anche dei fratelliBandiera. Voglio fare unesempio: la repubblica socialestampò dei francobolli su di loro.L’intento era quello da una parte

di richiamarsi al Mazzinirepubblicano - in quanto,trattandosi di “repubblicasociale” italiana, essa venivaconcepita in funzioneantimonarchica -, dall’altra diriproporre alla gioventù fascistal’eroico esempio dei fratelliBandiera, mazziniani, dei quali,caduti nella famosa spedizioneinsurrezionale del 1844 inCalabria, si volle celebrare ilcentenario. Ma torniamo a Gramsci. Eglicoglieva questi elementi culturalie di pedagogia nazionale comeun passaggio necessario perl’avanzata dell’Italia verso lademocrazia e verso il socialismo.C’è poi naturalmente in Gramsciun rapporto con il marxismo, losappiamo bene. Però, pensandoall’esperienza italiana, epensando alle sue riflessioni sulRisorgimento, l’esperienzamazziniana non è resa esplicitacome invece viene reso esplicitoil suo discorso sul moderatismoitaliano (Cavour etc.). E tuttaviaessa è presente, sostanzialmente,nel tessuto stesso della suaricerca.

Se i problemi di compatibilità traGramsci e Mazzini sono molti,non così sembrerebbe, invece,nel rapporto tra Mazzini eTogliatti, come lei non hamancato di sottolinearerecentemente, nel corso delseminario di studi tenuto nellaUniversità di Roma Tre, neigiorni 9-11 dicembre 2004. Civorrebbe gentilmente riassumerei punti salienti della sua analisi?L’affinità tra Mazzini e Gramscinon la si ritrova infatti nelrapporto tra Mazzini e Togliatti.Il riferimento è il discorso cheTogliatti tenne, nel 1946, aglistudenti della Normale di Pisa, incui disse: “La figura di Mazzinigiganteggia perché la suaintuizione riformatrice e le sueidee riformatrici sono inserite inuna concezione generale del

mondo e della vita dalla qualeegli ricava una direttiva perl’azione. Per questo egli è grandee lo riconoscono grande tutti gliitaliani, anche noi che non siamod’accordo con la sua posizioneideologica di partenza. Loriconoscono grande tutti gliitaliani, i quali sanno come, conla sua azione, con il suo sforzo dilotta, egli abbia dato un validocontributo alla redenzione delnostro paese”. Ebbene, questo riferimento aMazzini è veramente un unicum;è un punto che poi è quasisempre stato obliato e nascosto,tanto che - devo dire la verità -quel discorso da me riportato hasuscitato un’enorme impressionein tutti coloro che l’hanno letta(il mio intervento sull’argomentoè stato pubblicato anche da “LaRepubblica” dell’8 dicembre2004), i quali si sono dichiaraticompletamente all’oscurorispetto alla sua esistenza. Lostesso Togliatti, eravamo nel1946, volle infatti che questacosa venisse occultata. Era ilTogliatti che aveva letto conattenzione i Quaderni delcarcere prima di pubblicarli. Edunque la sua riflessione,secondo me, fu fatta sottol’influenza della lettura diGramsci. E poi ha capito che ilrichiamo a Mazzini potevaessergli utile nel momento in cuiegli impostava una politica, unastrategia del PCI in funzione dellafondazione di una democraziaprogressiva e repubblicana.Quindi il richiamo a Mazzini erain qualche modo inevitabile. Edallora ecco l’attualità di Mazzini:dopo la Resistenza, e con lanascita dell’Italia repubblicana,non solo il sogno di Mazzini siera avverato, ma il richiamo a luiserviva per definire anche unmodello di democrazia nuova inItalia, che non fosse una copiadel socialismo di tipo sovietico,ma fosse una democrazia sociale,e quindi socialista, radicata nella

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storia italiana e quindi anche conradici risorgimentali.

Attraverso quale via Mazzinipotrebbe tornare ad essere (alcontrario di Garibaldi, che lo èsempre stato) un punto diriferimento per la sinistra?Forse attraverso l’ideale direpubblica?No, non direi questo, perchél’idea di repubblica credo chesia ormai abbastanza assimilata.Un riferimento possibile, piùprofondo e più serio, può essereindividuato nellariorganizzazione del sistemaeconomico capitalistico.Mazzini conosceva bene la fasedi evoluzione del capitalismo,quale fu quella di metàdell’Ottocento, che fu poi la fasepiù visibile e più drammatica diquesto sistema produttivo. Essafu così visibile e cosìdrammatica da indurre lo stessoMarx (che proveniva da studifilosofici) a dedicarsi agli studidi economia, proprio partendodalle stesse ragioni da cui partìMazzini, che erano poi quelle diconoscere la realtà economicanella quale ci si muoveva, anchedal punto di vista politico.Quando Marx pubblicò ilCapitale (1867) la “Primainternazionale” (1864) era giàstata fondata. Ebbene la “PrimaInternazionale”, al contrario diquanto si pensa, nasceprevalentemente sulle idee diMazzini, non di Marx. Questifece in modo, organizzandobene le cose, da espellere questainfluenza mazziniana, ma la“prima” organizzazione deilavoratori di tutto il mondoindustriale rischiò di essere una“internazionale mazziniana”.Mazzini aveva infatti analizzatoil modo di produzionecapitalistico, soprattutto inriferimento al rapido processo ditrasformazione industriale qualesi era delineato soprattutto inInghilterra e in Germania, con

molta serietà. Del resto, Mazziniera esule a Londra, come Marx,e nello stesso periodo. E dunqueconoscevano e leggevano lestesse cose su quel mondo inpiena e rapida trasformazione. Edunque avevano del capitalismo,più o meno, la stessa visione.Solo che Marx (il quale avevaforse una “attrezzatura” anchetecnica, ad esempio dal punto divista del linguaggio economico,più accurata di Mazzini)riteneva che il capitalismodovesse essere abbattuto,Mazzini, al contrario, ritenevache il capitalismo dovesse essereriformato dall’interno per poterarrivare a delle soluzionipacifiche e più rapide. Da questopunto di vista, la sua è -diremmo oggi - una visionesocialdemocratica. Insomma, quando si parla del

“rivoluzionario” Mazzini si devedistinguere fra quello che eglidiceva a proposito della lotta perl’indipendenza e per la libertàdell’Italia, per cui era necessariala rivoluzione, e quello chediceva a proposito dell’economiae del capitale e del lavoro, percui non aveva una idearivoluzionaria come l’avevaMarx. Aveva l’idea che ilcapitalismo andasse piegato dalleriforme, che era poi l’idea dellasocialdemocrazia e che è l’ideavincente oggi. L’idea di Marx èperdente, oggi, quella di Mazziniè vincente; solo che Mazziniparlava di Dio e popolo, mentreMarx parlava di proletariato elotta di classe.

Dopo la cosiddetta “morte delleideologie”, ideali quali quelli

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mazziniani di solidarismo e difratellanza - da intendersiovviamente tanto in senso laicoquanto in senso religioso -possono tornare ad essereattuali?

Non solo possono, debbono.Però, mentre a metà Ottocentoera facile immaginare unsolidarismo e una visioneegualitaria come qualcosa, più omeno, di facilmente realizzabilesoprattutto in aree ristrette, incomunità nazionali piccole,oggi, pensare in grande ad unapossibile realizzazione di questidue valori è certamente unpo’più problematico. Direi che èun po’più profetico di quantonon fosse allora. Allora erapossibile immaginare che, peresempio, in paesi come laGermania e come la Francia(Mazzini seguiva ad esempio leidee politiche di Proudhon edegli esponenti del primosocialismo) si potesse realizzarequesto spirito di solidarietà e difratellanza, sia pure coninevitabili difficoltà... Oggi,porre questi valori all’interno delsistema globale in cui viviamosignifica affrontare questioni dicomplessità enorme. Nel sistemaglobale, e a differenza dei tempidi Marx e di Mazzini, gli aspettiper così dire economico-organizzativi prevalgono di granlunga sui problemi culturali espirituali. E dunque la situazioneappare ben più complessa.

Pensa che un ritorno ai“doveri” (a quella che oggidefiniamo etica dellaresponsabilità) possa coniugarsicon la difesa dei “diritti”, qualeoggi si impone nei modellidominanti della societàglobalizzata?

Guardi, il tormentone delpensiero politico europeo dallaRivoluzione francese in poi è

stato sempre quello di farcoincidere, possibilmente, idiritti con i doveri. Il problema sipose già a partire dallaRivoluzione dell’’89, fondatasulla Dichiarazione dei dirittidell’uomo e del cittadino. Ilproblema fu sempre presente giànei dibattiti dell’AssembleaCostituente prima, e allaConvenzione poi. Aleggiavainfatti una domanda: ma, oltrealla Dichiarazione dei diritti,perché non si parla della“dichiarazione dei doveri”? Irivoluzionari tuttavia allorapensavano che fosse prioritarioprima conquistare i diritti, poipensare ai doveri. Ebbene, Mazzini attinse le sueidee proprio da quel dibattito, cuiera stata messa la sordina nelperiodo della Rivoluzionefrancese e soprattutto nel periododel governo e del “terrore”giacobino. Richiamarsi ai doveriera infatti un valore importante, enon a caso Mazzini scrisse Idoveri dell’uomo. Con taleopera, egli pose il problema -anche in questo caso in anticiposui tempi - che non fosseaccettabile un sistemademocratico in cui siaffermassero solo diritti e non siesercitassero anche i doveri daparte dei cittadini. L’esercizio deidoveri dei cittadini riequilibra isistemi sociali ed economici;cittadino è anche il capitalista,non solo l’operaio. Quindi ancheil capitalista deve avere il sensodel dovere; questo, trasferito sulpiano economico, si traduce inetica della responsabilità, cheinteressa anche i gestori delpotere economico. Anche inquesto caso, Mazzini haanticipato di un secolo il nessodel necessario equilibrio tradiritti e doveri. La societàdemocratica si evolve eraggiunge la migliore (non lamassima) condizione diequilibrio quando i diritti edoveri vengono posti sullo stesso

piano. E noi ci scontriamo ognigiorno con questo problema.Anche per errori ideologici epolitici della sinistra si sente che,sul piatto della bilancia, ildiscorso sui diritti prevalesempre su quello dei doveri. Lacosa trova riscontri anche nellabanale vita quotidiana: chiposteggia la macchina in secondafila non sente il dovere dicittadino di rispettare il diritto dicolui al quale impedisce dimuoversi liberamente. Parlando dei “doveri dell’uomo”,Mazzini ha dunque posto unproblema di grandissimo rilievo,in quanto esso è al tempo stessoculturale e politico. Siccome poinel suo pensiero è presente ancheil problema di Dio e dellaspiritualità religiosa, molti nehanno tratto la convinzione chele sue siano sciocchezze. Ma iocredo che il Dio mazziniano nonsia il Dio dei preti: tuttosommato, è qualcosa che puòdiventare un punto diriferimento, un valore laicoimportantissimo, anzifondamentale. Per di più, perquella via, non si giunge a quelproblema che Max Weber pose,ovvero che esiste l’etica dellaresponsabilità e l’etica delleconvinzioni. La prima è piùimportante della seconda, perchél’etica delle convinzioni è quellache ti viene imposta appuntoanche dall’esercizio esclusivodei diritti. Mentre invece èproprio dall’equilibrio tra diritti edoveri che viene a crearsi l’eticadella responsabilità, sia essaindividuale che collettiva.

a cura di David Baldini

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Contemporaneo dei posteri

EURoPA E FEUDALESIMo

Ludovico Gatto

A due secoli dalla nascita- le celebrazioni chevanno organizzandosi

in questi primi mesi del 2005 loattestano - il pensiero di Giusep-pe Mazzini, nato a Genova il 10marzo 1805, mostra ancora e piùche mai la sua modernità, per cuituttora possiamo a buon dirittodefinire il fondatore della Giovi-ne Italia “contemporaneo dellaposterità”. Peraltro fra gli aspetti della suadiscettazione politico-socialeancora adesso meritevoli dimaggiore attenzione eapprofondimento non v’è dubbioche deve collocarsi quello legatoall’Europeismo e al Federalismo,anche per il fatto che molti, cheoggi parlano di pensierosovranazionale e di poteri locali,mancano spesso delle piùelementari premesse culturalivolte a consentire un discorsocorretto e coerente.Il primo punto in proposito dasostenere con chiarezza è chenell’Ottocento si costituirono inItalia due correnti politichesovranazionali: una democratico-repubblicana che fece capo aGiuseppe Mazzini, CarloCattaneo, Giuseppe Ferrari eGiuseppe Montanelli (quindi fraMazzini da una parte, Cattaneo eFerrari dall’altra possonorinvenirsi diversificazioni manon frontali divaricazioni);l’altra invece fu appannaggio di

Cesare Balbo, MassimoD’Azeglio, Vincenzo Gioberti eAntonio Rosmini.Le opere di Mazzini sonotraboccanti di europeismo. Egliragiona e scrive generalmente intermini d’Europa: “La vecchiaEuropa è morente. Le vecchiecose accennano adileguarsi.Tutte quelle grandiistituzioni politiche e religiose,giganti dell’Evo medio, che perlo spazio di sei o otto secoli, sicontesero la dominazione delmondo, minacciano visibilmenterovina: il tempo della loro vita èconsunto”. Così si inizia un suoscritto sulla crisi europea. Allo stesso modo torna aesprimersi più innanzi semprepreso dal proposito diconfrontarsi con una situazioneche non può restringersi entro iconfini angusti della nazione:“Noi guardammo all’Europa.Dappertutto è sorto un grido dinuove cose, un appello allenuove passioni, una chiamata ainuovi elementi, che il secolo haposto in fermento. Dappertuttodue bandiere hanno diviso icombattenti per una medesimacausa; e la guerra oggimai nonriconosce altro arbitro che lavittoria, però che gli unicontendono per arrestarsi aiprimi sviluppi dell’idearigeneratrice, gli altri perinoltrarsi a spingere i principialle legittime conseguenze; i

Europa e municipalità, il meglio della tradizionedemocratica italiana, nel pensiero mazziniano.L’autonomia locale nella Costituzione del 1849

primi avvalorati dal silenziodelle moltitudini, naturalmentecieche, naturalmente inertimagnificano il riposo, supremodei beni, non avvertendo cheanche la morte è riposo; isecondi, forti di logica e di fedenegli umani destini, intimano ilmoto come legge, necessità, vitadelle nazioni. La guerra èimplacabile, perchè tra il sistemache da noi s’intitola vecchio e lanuova generazione, sta come unpegno d’eterno divorzio, unarivoluzione portentosa edeuropea”.Nel Manifesto della GiovineEuropa del 1834, la primaconcreta manifestazione dellavolontà sopranazionalemazziniana, si affermò:“L’Europa di domani sarà unaConfederazione Repubblicana ditutti i popoli”, “l’Europa deipopoli sarà una”. Parlando dellafunzione della nazionalitàMazzini asserì fra l’altro: “Senzariconoscimento di nazionalitàliberamente e spontaneamentecostituite, non avremo mai gliStati Uniti d’Europa”. NellaSanta Alleanza dei Popoli egliscrisse ancora: “... tendenzainnegabile dell’epoca che ors’inizia è quella di costruirel’Europa ordinandovi, a secondadelle vocazioni nazionali uncerto numero di Stati equilibratipossibilmente per estensione epopolazione”.Va tuttavia qui notato che ilGenovese, nel suo generososlancio, non affrontò sempre ilproblema europeo in manierapoliticamente concreta e che lasua fu una visione “aperta” e

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realizzabile in un futuropiuttosto imprecisato, pur sedisse con chiarezza che lasoluzione del problemanazionale era per lui “il mezzo”per condurre all’ “Europa una” ealla “Santa Alleanza dei popolirepubblicani del mondo” . Maproprio questa concezionedialettica secondo cui la nazionediviene “mezzo” per giungereall’Europa e l’Europa stessa lodiventa per condurci versoun’alleanza universale,conferisce al pensieromazziniano una carica“dinamica” di base che ciconsente immediatamente dicollocarlo nell’ambito delleideologie di sinistra, basate perl’appunto sul concetto dimovimento che è fondamentodel progresso e negazione diogni principio di conservazione.Comunque se il suddettoeuropeismo va letto nel quadrodi un complesso pensierostorico-politico e non può esserescisso dal proposito di realizzareil Risorgimento di un’Italiademocratica e repubblicana, ciònon significa che, oltre aun’istanza di carattereunificatore, il nostro non neabbia articolata anche una dicarattere essenzialmente locale.E’ quindi profondamente errato efuorviante, come spesso si fa,contrapporre Giuseppe Mazzinia Carlo Cattaneo, quasi che ilprimo fosse contrassegnato daun rigido unitarismo e l’altro

solo invece venisse acontraddistinguersi per il suospirito integralmenteautonomistico e federalista.In proposito il pensieromazziniano sarà sempre netto ecoerente: “Questo simbolodell’unità - così è specificato -giova ripeterlo, non sarà maicome in Francia simbolod’oppressione amministrativa;non soffocherà nelle spire d’unfunesto concentramentol’elemento eterno della italianavitalità, il Municipio. Noicerchiamo un’armonia chesciolga in modo italiano ilproblema di un comportamentofra il collettivo e l’individuale, ilNazionale e il locale,l’associazione e la libertà. Lavita ordinata politicamente inRoma, si spanderà allora nellesue manifestazioni militari,giudiziarie, scientifiche,amministrative, per le diverseProvince. Le università. gliarsenali, i cantieri, i consiglisupremi di giustizia, leassemblee consultived’amministrazione, sostituirannonelle varie città importanti dellaPenisola il lustro della grandeattività nazionale distribuita, allustro d’una corte caduta o d’unameschina centralitàprovinciale”.Basta prendere visione, pertanto,di poche parole come queste quiriportate, per comprendere subitocome il sistema mazziniano siad’una sorprendente modernità e

parli ancora a noi un linguaggiointriso di questioni che ciriguardano da vicino e chesembrano pensate e dette inquesti stessi giorni.Questo medesimo sistema poirisulta profondamente articolato,tenendo conto di una realtàvariegata e complessa ches’incentra su una condizionespecifica, sensibilmente diversada quella di altri paesi e di altripopoli. Sintomatica in propositoè la differenza con cui sicontraddistingue il sistemafrancese dal nostro, il primocaratterizzato da una realtà perl’appunto centralistica che haprincipio e fine in Parigi, ilnostro invece che prende vita dauna realtà municipale cheaffonda le radici in tutta lavicenda della nostra penisolabasata sulle città, sulle loroattività e le loro molteplicipeculiarità che questo modernoe colto statista conoscevaprofondamente e di cui quindinon poteva non tenere conto nelmomento in cui ipotizzava unasituazione politica purrivoluzionaria e innovatrice per ilpopolo italiano.Il passo cui ci siamo dianziriferiti - giova ribadirlo - èperaltro da assegnarsi a unoscritto del 1849, anno centraledell’organizzazione e della crisidella Repubblica Romana che fuessenzialmente mazziniana, equindi è per ciò stessoimportante per la formulazionedel pensiero del genovese,nazionale, sovranazionale eautonomistico, tre aspetti in luiallora perfettamente saldatisi,giacchè l’esperimento romanodel 1848-1849 ebbe per il nostrovalenza a un tempo europea enazionale, centralizzatrice eautonomistica. La Repubblica Romana infattinacque per impulso dinazionalità diverse e diverseesperienze ideologico-politiche,fondate però tutte su una ferma

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volontà innovatrice edemocratica, religiosa eprofondamente laica.Tale caratteristica inverooriginale e significativa delpensiero mazziniano fu peraltrocolta perfettamente daArcangelo Ghisleri, quando disseche in Mazzini era impossibileriscontrare alcuna “elefantiasiburocratica” da collocarsi “nellacapitale, dalla quale, non soltantoi servigi pubblici di competenzaregionale, ma le stesse altemagistrature e direzioni tecnichenazionali potrebbero utilmente,nel suo prudente e saggiopensiero, decentrarsicollocandole in quelle metropoliregionali che per tradizioni digloria e opportunità geografiche,le potrebbero meglio ospitare”. Viene fatto subito di pensare cheun recente provvedimento voltoa trasferire una rete televisivanazionale da Roma a Milano efatto passare per attorivoluzionario e destinato arompere profondamente con unarealtà centralizzatrice, sarebbestato certamente invocato e

salutato con soddisfazione dalpensiero mazziniano che asoluzioni del genere pensavaoltre un secolo e mezzo fa e cheoggi vengono presentate comeinnovatrici da correnti cheritengono di essereall’avanguardia e che si limitanoa rimasticare poco e male idee inprecedenza proposte con benaltra profondità e cultura.Ma un linguaggio ancor piùchiaro dal punto di vistafederalista e autonomisticotroviamo nella Costituzionedella Repubblica Romana, chefu, per l’appunto, scritta e volutada Mazzini, Saffi e Armellini, itriunviri della repubblica stessa. Al loro impulso venne infattiaffidato il compito di dar vita auna Cosituzione che fosse la piùmoderna possibile, fra le cuifinalità fu quella di diventare unpunto di riferimento per laRepubblica Italiana prossimaventura. Proprio per questo,allora Mazzini volle concluderela redazione dei singoli articolinonchè la loro discussione eapprovazione nell’Assemblea

Costituente pur sotto il fragoredelle granate degli assedianti,affinchè rimanesse un testodestinato a fruttificare nellevicende successive della nostrapenisola e forse dell’Europa.Ogni frase di tal Costituzione èdunque importante e senzadubbio lo è anche quella ove sidice: “I Municipi hanno ugualidiritti: la loro indipendenza non èlimitata che dalle leggi di utilitàgenerale dello Stato”.Ancor più significativo tuttavia èl’articolo dove si aggiunge: “Lapiù equa distribuzione possibiledegli interessi locali, in armoniacoll’interesse politico delloStato, è la norma del ripartoterritoriale della Repubblica”, incui si propone l’adozione discelte armoniche volte a tenerconto allo stesso modo di realtàstorico-politiche diverse chehanno bisogno di essere attuatecon sagacia e senso del limite.Abbiamo tuttavia un Decretodella Repubblica Romana datato31 gennaio 1849 relativoall’Ordinamento dei Municipiche sembra una vera cartina di

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Mazzini ai giovani universitari italiani

“A voi, alle vostre Università, io indirizzo oggi, dopolungo spazio di tempo, una parola d’incitamento, disperanza e di affetto; accoglietela come la parola diun vostro. Canuto per anni e per altro, ma giovined’anima e caldo, come quando io m’affacciava aglistudi, d’entusiasmo, di poesia, d’avvenire e d’orgo-glio del nome Italiano, io vi sono fratello. La fedech’io succhiai nelle vostre sale, io l’ho serbata pura,incontaminata, attraverso le lunghe prove che i casi,l’esilio e delusioni d’ogni sorta mi decretarono. IlGiuramento ch’io con altri giovani studenti prestai,ventisette anni addietro, alla Patria comune, vive tut-tora inviolato, norma agli atti e ai pensieri nell’animamia. A voi, successori ignoti a me di quei giovani e a-nello vivente della Tradizione Universitaria, io possopresentarmi securo, e dirvi: son vostro.E voi, giovani, siete nostri? Splende, come nel pas-sato sulle vostre anime la fiamma dei generosi pen-sieri? Eredi degli allievi che primi gittarono in Pa-via, in Torino, in Genova, la scintilla annunciatricedell’incendio del 1821, sentite fremere in voi lo

spirito che iniziava quei moti italiani? Fratelli deigiovani che rappresentarono sì nobilmente le Uni-versità Toscane sui campi di Curtatone e Montana-ra, ripetete fra voi tuttora, come una sacra parola diriscossa, i nomi di quei che vi caddero? […] Adora-te l’Italia futura? Aborrite le tirannidi che la diso-norano, gli stranieri che le vietano la terza vita, lalibera vita di popolo alla quale tutte le tradizioni lachiamano? Amate la gloria della terra materna?Batte più concitato il vostro coro al pensiero delleantiche imprese, e dei lunghi secoli di dolori e d’i-nesaudite aspirazioni che la coronano? Siete destialle vergogne del presente, alle promesse dell’av-venire?Voi non avete Patria. Voi movete sulla terra che èvostra, israeliti moderni, senza nome, senza segnopubblico di fratellanza comune, senza battesimo diNazione.”(Giuseppe Mazzini, Ai giovani delle Università d’I-talia, in Opere, a cura di Luigi Salvatorelli, vol. II,Rizzoli, Milano1967)

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tornasole tesa a rivelarel’effettiva volontà politica eamministrativa di Mazzini.Orbene nel Decreto in questionesi definisce “il Municipiosiccome quello che costituiscel’elemento della nazione, la based’ogni altra istituzione politica,il più immediato e primitivosvolgimento e il massimocompimento delle libertà,forza elibertà dello Stato”.Al Municipio stesso siconferisce poi nello stessoarticolo il diritto primario dideliberare in modo “assoluto eplenario sopra tutti gli oggettirelativi ai bisogni fisici e moralidella municipale popolazione delsuo territorio”, con il che siattribuisce subito alle autonomiecomunali una funzione primariae imprescindibile.Tuttavia - recita ancora lo stessotesto - gli atti comunali vannotrasferiti al Presidente dellaProvincia che ha solo poterisospensivi e non annulla iprovvedimenti assunti in sedecomunale. Il Municipio poi può ricorrere alConsiglio di Stato, altroorganismo centrale nella visione

politico-amministrativamazziniana, ancora una voltaincredibilmente moderna eattuale e il Consiglio stesso puòdare parere negativo alprovvedimento.A questo punto però il ConsiglioComunale può adottarenuovamente - entro tre mesi - lasua precedente deliberazione, ameno che il governo non decidadi ricondurla per un definitivogiudizio al Parlamento.Chi osservi allora un testo di talfatta, anch’esso predisposto oltreun secolo e mezzo fa e taleproprio perciò da meravigliarci,in quanto riferentesi a questioniche ogni giorno sentiamo ancoradibattere e che ci riguardanomolto da vicino, ma soprattuttochi possa tenere conto di queltesto in questione riferendosi auna realtà politico-amministrativa vissuta in primapersona nell’ambito diun’assemblea comunale, ma purprovinciale o regionale ai nostrigiorni e abbia quindi avutocontatto con i Prefetti e con icommissari di governo regionali- per lo meno in relazione allarealtà di talune regioni - non puònon rilevare come Mazzinicredesse profondamente nelsistema delle autonomie, sino alpunto da ridurre al minimo icontrolli. E questa è una realtà bencontrastante non solo con quelladella Francia - dobbiamo ancorauna volta citarla per la suaconfigurazione sempreprofondamente centralizzataattraverso strutture prefettizieche rispondono in prevalenza algoverno parigino - ma anche conquella italiana, ove anche ainostri giorni l’esempio propostodal fondatore della GiovineEuropa suona come attuale eoriginale.Ma allora, se un uomo di talprincipi e di tal pensiero puòessere considerato uncentralizzatore, bisogna

domandarsi chi siano gliautonomisti, almeno quelli voltia creare un sistema democraticoe decentrato e non a moltiplicaredivisioni che fondano nuoveforme di accentramento nascostoe forse per questo ancor piùsubdolo.Naturalmente in questa sededobbiamo accontentarci di daresolo un piccolo accenno chepotrebbe tuttavia esseremoltiplicato e convenientementeapprofondito da una serie disaggi, articoli e lettere diMazzini, ove si pongonocostantemente in evidenza il suopensiero e la sua preparazionesanamente federalisti.Ma il Federalismo mazzinianoebbe sempre una duplice valenzada collocarsi al vertice e alla base dellacosiddetta piramide nazionale; alvertice cui spettava il compito dirinunciare ad una serie di pretesidiritti e controlli destinati atrasformare un complesso diStati nazionali in una realtàpolitica ed economico-socialeeuropea, dotata di parlamento edi governi sopranazionali. Allabase poi era affidato il compitodi creare un complesso di libertà- come fu detto, la repubblicadoveva essere “una pianta dimolte radici” - articolatesoprattutto sul Comune, che perMazzini ebbe sempre importanzafondamentale nonché sulle altreassemblee di carattere primario.Certo con ciò non raggiungiamola compiutezza del sistemarepubblicano-federale sognatoda Carlo Cattaneo, e tuttavia losguardo di Giuseppe Mazzini fusempre volto, per quantoriguardò l’Italia, a predisporreuno stato che non escludesse macorreggesse il concetto di unitàpolitica degenerata nelcentralismo, mentre dovevasempre meglio essere riordinatasecondo corrette autonomie dicarattere locale.

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Il nostro sistemaprende vita da unarealtà municipaleche affonda leradici in tutta lavicenda dellanostra penisolabasata sulle città,sulle loro attività ele loro molteplicipeculiarità

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Il rinnovamento della politicae dello Stato

IL RISoRGIMENTo DIMENTICATo

Intervista a Sergio La Salvia

Prof. La Salvia, c’è spazio, a suogiudizio, per un ripensamentocritico della figura e dell’operadi Giuseppe Mazzini (e, perestensione, si potrebbe diredell’intero processo della nostraunità nazionale), astraendosi dalclima politico avvelenato in cuiviviamo - che è quello di un veroe proprio “processo” alRisorgimento da una parte, diuna interessata riabilitazionedall’altra - o, al contrario, èimpossibile prescindere daquesto clima, in quanto proprioesso costituisce l’humus naturalenel quale lo storico “militante” èin qualche modo necessitato amuoversi?Innanzitutto, ritengo di poter direche parte del mondo politico, maper certi aspetti si potrebbe diretutto il mondo politico ingenerale, oggi si occupa assaipoco del Risorgimento. Daquesto punto di vista, più chemeritoria appare la funzione delPresidente della RepubblicaCarlo Azeglio Ciampi, sempresollecito ad inquadrare la storiadi questo nostro popolo, e diquesto nostro paese, in unaprospettiva di più lungo respiro.Devo dire che, stranamente, lasinistra - che pure in passato hapreso importanti iniziativeculturali (basti ricordare, pertutte, il numero speciale di“Rinascita”, dedicato alle

celebrazioni del 1848, fattopubblicare da Togliatti inoccasione del centenario, concontributi niente affattospregevoli) e ha dato vita, edanimato, fortissimi dibattiti sulRisorgimento - oggi apparequanto meno disinteressata, forsetroppo schiacciata sugli aspetticorrenti della politica. Ma ildibattito sul Risorgimento oggi èassente e questa mancanzacostituisce un limite obiettivo pertutti, non perché la politica sidebba fare con la storia, o lastoria con la politica, magariquella contingente, ma perchéevidentemente il compito di unmovimento politico - e dei partitipolitici in generale - è anchequello di operare come stimolo,in senso civile, nei confronti deicittadini. Questo farebbe beneallo stesso dibattito politico, e incerto modo sarebbe uncontributo ad elevarlo, perchépotrebbe mettere in luce isignificati di una storia comune,che non sarà evidentemente solouna marcia trionfale verso ilcompimento dei “destini” dellanazione, ma un modo per capire iprezzi, le difficoltà, e anche letragedie che abbiamoattraversato per essere ciò chesiamo. Voglio fare un esempio.Oggi tutti concordano sullacentralità del problema relativoai limiti e alle debolezze del

La novità della concezione della lotta politica tramite un’organizzazione. La funzione del popolo. Il senso della moralità nella politica. Il Risorgimento visto dal fascismo

sistema parlamentare italiano.Sulla scorta di questo dibattito siè dato vita, nel nostro paese,addirittura ad una riformaelettorale, nell’idea appunto chesi dovesse rafforzare l’esecutivorispetto ad una tradizionaleimpostazione parlamentaristicadella nostra Costituzione. Etuttavia si sono fatte le cose ametà: ci si è dimenticati, infatti,di chiarire quale dovesse essereil ruolo di una istituzionerappresentativa, come è quellaparlamentare, all’interno di unadinamica politica di tipo nuovomessa in moto dal bipolarismo edal sistema maggioritario. Peraltro non credo che a questaassenza di dibattito sulRisorgimento suppliscal’atteggiamento per così dire unpo’ gutturale del federalismoleghista, il quale appareassolutamente privo di spessorerispetto all’analisi storica di unproblema che ha avuto tantaparte, forse un po’ trascurata,nelle vicende del Risorgimento.

Sembra quasi ineluttabile, nellecelebrazioni di grande respiro,dover partire da assiomi dicarattere generale. Nell’annocentenario di “Italia 1961”, adesempio, il mondo culturalecattolico e comunista si trovòaccomunato nell’interpretazione(di ascendenza gobettiana) di unRisorgimento come “rivoluzionefallita”. È da lei condiviso, oggi,questo giudizio, o ritiene invecedebba essere sostituito con unonuovo e, soprattutto, piùrispondente ai tempi? Adesempio, è proprio da

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considerare fallito (oanacronistico) il messaggio delrepubblicano Mazzini al tempod’oggi?Questa idea della “rivoluzionefallita”, in realtà, è stata unasorta di grande totem che hacaratterizzato tutta una fase deldibattito storiografico italiano.Alludo alla discussione che si èaperta dopo la seconda guerramondiale e che ha avuto, comeprotagonisti, uomini del valoredi Emilio Sereni, RosarioRomeo e tanti altri, ovvero tuttaquella generazione di nuovistorici che stava emergendo inquei tempi. Da questo punto divista, la discussione intorno alRisorgimento come “rivoluzionefallita” non era fine a se stessa,ma ruotava intorno al grandetema del carattere sociale delmovimento risorgimentale. Diqui la necessità di unriconoscimento: tale dibattito -pur partendo dalla singolareimpostazione del “fallimento”,rispetto ad un evento cosìglobale qual è il Risorgimento,che aveva tuttavia cambiato lavita della nazione in quantol’aveva costituita in Statounitario - ha indubbiamente datodei risultati. Dopo di allora,conosciamo molto meglio, adesempio, le correnti politiche egli aspetti sociali del movimentorisorgimentale. Credo dunqueche occorra una certa cautelanell’usare il concetto di“fallimento”, perché, in buonasostanza, è pur vera una cosa:l’obiettivo che una certagenerazione si era dato - quellodell’unità e della costituzionedello Stato unitario - fucomunque conseguito. Altra cosasono poi i problemi relativi allanatura di questo Stato, ai suoilimiti sociali etc. Ma questi sonoappannaggio della politica percosì dire in corso d’opera.Quanto a Mazzini, non c’èdubbio che egli concepisse l’ideadella repubblica non solo come

una proiezione istituzionale diessa in senso esclusivamenteantimonarchico ma - comeafferma esplicitamente eglistesso - come strumento ditrasformazione socialedell’Italia. Di fatto, pensainsomma ad una repubblica cheabbia in sé i contenuti necessari apoter dar vita ad una fortemutazione delle condizionisociali del paese.

Poiché il nostro sguardo(sgombro da opportunismo)intende davvero rivolgersi, inprimo luogo, alle nostre radici,vuol ribadire il posto occupatoda Mazzini - quello che solo èsuo - nel più generale motorisorgimentale? Se togliamo a Mazzini quellapatina che ha fatto di lui unasorta di prefica religiosa, tuttavolta all’esaltazione della moraledel sacrificio - aspetto che peraltro è in lui presente, e che nonintendo affatto disconoscere -rimane, come dato daconsiderare, il contributo politicodi fondo da lui offerto alprocesso unitario. Ebbene questodato, che è sicuramente suo, è diduplice natura.In primo luogo Mazzini ha datoun impulso decisivo allosviluppo del partito in Italia, o,per meglio dire, ad unaconcezione della lotta politicache passasse attraverso il partitoe la sua organizzazione. Di più:Mazzini ha contribuito ad unaevoluzione che non riguardasoltanto l’Italia, ma la stessaEuropa. Egli è infatti unpensatore e un attore della lottapolitica, che agisce su scala piùampia rispetto alla sola Italia. Ilche, ovviamente, non vuol direche non si possano poi discuterenel merito le sue concezioni,ovvero i limiti o il significatodelle sue concezioni. In secondoluogo Mazzini è un capopopolare, cioè una persona cheaffida al popolo - ovvero

all’elemento democratico - lafunzione di motore dellarivoluzione e del cambiamento.Naturalmente il suo concetto dipopolo è più complesso delnostro, ma il tema meriterebbeun esame troppo lungo. Questidue aspetti, ruolo assegnato allapolitica (dal punto di vista diMazzini bisognerebbe dire allarivoluzione politica) e funzionedi capo popolare, sono quelli chemeglio caratterizzano - a miogiudizio - il pensiero e l’azionedi Giuseppe Mazzini.

È senza dubbio vero che unacerta agiografia, riducendo inostri “padri della patria” adicona, ha spesso reso loro unpessimo servizio. Sottraendoli alsevero vaglio della criticastorica, e non di radocollocandoli nel regno dellamitologia, li ha in qualche modoimbalsamati, rendendoli esanguie quasi incorporei. Al di là di purcomprensibili personali simpatie,ove ce ne siano, chi fu in realtàGiuseppe Mazzini in carne edossa, ovvero visto fuori dal mito?Mazzini in carne ed ossa era unpersonaggio che avevasicuramente una visionedrammatica della vita. Però, purin questa visione drammatica - ingran parte alimentata dalloscontro imposto dalla lottapolitica e dalle sue difficoltà -,egli era anche un uomoassolutamente normale. Suonavala chitarra, intrattenendo non dirado, in tal modo, i suoi amici;aveva una grande simpatia per ledonne, come dimostrano le suemolte galanti avventure.Insomma egli passava dieci oreal giorno a fare il rivoluzionariodi professione - cioè a scriverelettere, a tessere trame, aorganizzare congiure -, ma poiaveva i suoi momenti normali,nei quali diventava un amico, unamante, un figlio ancheamorevole. Come è noto, ilrapporto con la madre, in certo

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modo significativo delpersonaggio, fu bello ed intenso.

La sinistra, nonostante la suanaturale attrazione perl’internazionalismo proletario,non ha mai reciso i suoi legamiprofondi con la sua anticatradizione nazionalpopolare:quella il cui asse è rappresentatoda Mazzini, De Sanctis,Spaventa, Labriola. Cosa puòsignificare questa radiceculturale in termini di ereditàstorica?Questo è un discorso abbastanzacomplesso, nel senso che ilmovimento democratico non si èrifatto, in egual misura, ai nomisopra citati e, soprattutto, non liha utilizzati in modo univoco. Inquesto senso non c’è uniformitàdi visione tra i nomi sopra citati.Francesco De Sanctis, adesempio, è fondamentalmente unintellettuale; Silvio Spaventa eraun uomo di destra, anche se è daconsiderare che i moderatiavevano avuto maggiore forzanell’intercettare alcune esigenzedelle classi medie, in prima lineanel sostenere l’esigenza dellarivoluzione nazionale. I nomi inquestione, dunque, sarannoassunti dalla sinistra qualeespressione di una concezionesevera dello Stato, concezioneche oggi ci fa venire non so direse piangere o ridere seconfrontata con il senso dellostato che ci si propina da altipulpiti. Il dramma è, comediceva Cattaneo, che i guasti delfrutto dipendono dall’albero, eintendeva dire che i guasti di unpopolo dipendono da chi logoverna. Bisognerebbe avereuna maggiore attenzione a checosa lo Stato rappresenti, maanche contrastare larappresentazione - oggi in voga -di uno Stato rapace, tutto volto asottrarre risorse ai cittadini,ignorandone il ruolofondamentale di redistribuzionee quindi di creazione di equilibri

sociali più stabili. E’ curiosoverificare come in Italia tuttisiano contro lo Stato, esoprattutto contro le tasse, perpoi chiedere ad ogni calamità lacaduta di un albero, unosmottamento del terreno, unafrana - l’aiuto di quello stessoStato tanto vituperato. Sitratterebbe di spiegare, date lepremesse, dove lo Statodovrebbe trovare le risorse perintervenire in questi casi. Setorniamo a Mazzini, non c’èdubbio che egli, oggi, può offrirealla politica contemporanea uncontributo attualissimo: quellodell’importanza del senso dellamoralità in politica. Il che nonsignifica sostenere che il politicodebba essere un moralista:significa piuttosto esigere cheegli fissi delle finalità alla suaazione e che, in qualche modo,abbia il coraggio di perseguirle

con intransigenza. Si trattainsomma di nobilitare l’agirepolitico non confondendolo conla quotidiana baruffa, elevandoloa impegno vòlto allatrasformazione, sulla base di undeterminato progetto.

All’interno delle forze politicheche fecero l’Italia si annidòanche l’antirisorgimento deirisorgimentali. Intendo alluderea quel filone di pensiero che,culminando in Francesco Crispi,determinerà - soprattutto peropera di Giovanni Gentile -l’appropriazione delRisorgimento da parte delfascismo. Quale supporto,ovviamente del tuttoinvolontario, poterono offrire aquesto processo di vera e propriaegemonizzazione GiuseppeMazzini e le correntidemocratiche più (o anche

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“La necessità d’un mutamentonella Letteratura de’ popoli ècosa oramai troppo evidente,perché vi s’abbiano a spenderparole. Le vicende, le istituzioni,le nuove credenze, i mutaticostumi, e le passionidiversamente temprate, hannocreato il bisogno d’una nuovaLetteratura, ch’esprima lasituazione, ed i voti del modernoincivilimento; perché laLetteratura, quando nons’inviscera nella vita civile, epolitica delle nazioni, è campod’inezie, snervatici degli animi.Né questo è bisogno del secoloXIX soltanto; bensì incominciò asentirsi, dacché si diradava latenebra dell’evo medio; se nonche, dove ne’ secoli addietro eramente de’ pochi, e comprimevasidalla ignoranza o dalla tirannide,s’esprime ora con più potenza diraziocinio, e concordia di voti.Per tutta l’Europa ferve uno

spirito, un desiderio diinnovazioni letterarie, che accusala sterilità delle norme antiche, ela insufficienza degli antichimodelli. Poiché dunque némolestia di circostanze, néintolleranza di pregiudizio puòfare, che il voto de’ popolirimanga inesaudito per sempre,la Letteratura invocata sorgerà:quando, e quale, chi può dirlosenza presumere? - Sel’universale bisogno, e l’arditoufficio di alcuni bastassero afondare una Letteratura, l’epocanon parrebbe lontana; ma molte,e gravissime condizioni sirichiedono al suo pieno sviluppo,e l’evento, affrettato daideisiderii, pende incerto tra nenubi dell’avvenire”.

(Giuseppe Mazzini, Dell’amorpatrio di Dante, in Opere, a curadi Luigi Salvatorelli, vol. II,Rizzoli, Milano 1967)

Per una letteratura europeacivilmente impegnata

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meno) radicali?Su questo tema esiste oggi ungrande dibattito, che ha i suoipadri nobili già a partire daglianni Cinquanta: si inizia da unostorico come Jacob L. Talmon,che ebbe a parlare didemocrazia totalitaria, perarrivare alla riflessione odiernadi George Mosse, che si èinteressato dei processi dinazionalizzazione delle masse,avvenuta a causa e per il mezzodella partecipazionedemocratica delle masse allavita politica. Ebbene, io credoche uno storico non possa, inprospettiva, non porsi questotipo di interrogativo:naturalmente anche qui si trattadi esigere che tali operazioniavvengano nel rispetto dellastoricità. Nel caso specifico diCrispi, non c’è dubbio che eglifu colui che, in Italia, vollediffondere un’immagine delRisorgimento concepitaessenzialmente in terminipropagandistici - oggi diremmonazional-popolari - e tuttagiocata sull’idea della“monarchia rivoluzionaria”.Insomma Crispi cercava disaldare il contributo dato dacasa Savoia con quello offertodal movimento democratico emazziniano da cui egli pur

proveniva, anche se - a dire ilvero - a tale movimento egli nonfu mai organico. Il suo puòessere considerato comel’estremo approdo dellasantificazione della monarchia,la quale invece in Italia hasvolto un ruolo assolutamentenegativo. Essa porta infatti laresponsabilità di essere statauno dei grandi elementi frenantidello sviluppo democratico delprocesso risorgimentale. Adesempio, se è innegabile che lamonarchia avesse interesse adunificare il paese, è altresì veroche, fino al 1860, VittorioEmanuele II non andasse oltrel’idea di un Regno del Nordd’Italia. Egli, a quella data, nonmostra insomma di nutrireaffatto grandi ambizioni adestendersi oltre il Po.Successivamente, comesappiamo, le sue posizionimuteranno, non solo perevidenti ragioni di conflittualitàinterna, ma anche perl’evoluzione stessa della vitapolitica italiana. Per riassumere:da una parte la monarchia nonha cessato di svolgere in Italia,ed anche con una certaregolarità, una funzione di frenoallo sviluppo del sistemapolitico e parlamentare di tipodemocratico- rappresentativo;

dall’altra, Crispi ha cercato difondere tradizione monarchica erepubblicana pervenendo ad unasorta di glorificazione dellamonarchia, peraltro già iniziatadopo la morte di VittorioEmanuele II. A tale posizione siè successivamente rifatto ilpensiero fascista, ed inparticolare Giovanni Gentile,che si è fatto interprete di unalettura di Mazzini tuttaconcepita in chiave nazionale.Non si vuol certo sostenere chetali aspetti siano assenti nelpensiero di Giuseppe Mazzini;voglio piuttosto affermare cheessi sono meramente ideologicie, in quanto tali, noncorrispondono certo al sensoprofondo della sua azionepolitica e, soprattutto, aquell’idea repubblicana di cuiera portatore. Lo ripeto ancorauna volta: per lui la repubblicanon doveva essere considerataalla stregua di un semplicepassaggio istituzionale rispettoalla monarchia, ma un puntonodale che configurava ilpassaggio da un determinatotipo di Stato ad un altro, tale dacoinvolgere l’insieme deirapporti sociali. L’idea direpubblica, insomma, finiva percoincidere con l’idea di unatrasformazione profonda della

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La “tempesta del dubbio” ed il suo superamento

“Quand’io mi sentii solo nelmondo - solo, fuorché colla poveramia madre, lontana e infelice essapure per me - m’arretrai atterritodavanti al vuoto. Allora, in queldeserto, mi s’affacciò il Dubbio.Forse io errava e il mondo avevaragione. Forse l’idea ch’io seguivaera sogno. E fors’io non seguivauna idea, ma la mia idea,l’orgoglio del mio concetto, ildesiderio della vittoria più chel’intento della vittoria, l’egoismodella mente e i freddi calcoli d’unintelletto ambizioso, inaridendo ilcore e rinnegando gli innocentispontanei suoi moti che

accennavano soltanto a una caritàpraticata modestamente in unpiccolo cerchio, a una felicitàversata su poche teste e divisa, adoveri immediati e di facilecompimento. Il giorno in cui queidubbi mi solcarono l’anima, io misentii non solamentesupremamente einesprimibilmente infelice, macome un condannato conscio dicolpa e incapace d’espiazione. Ifucilati d’Alessandria, di Genova,di Chambéry, mi sorsero innanzicome fantasmi di delitto e rimorsopur troppo sterile. Io non poteafarli rivivere. Quante madri

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società italiana, di cui larepubblica era il motore.

Quale lezione oggi la sinistra, epiù in generale, le forze diprogresso possono trarre dalpensiero mazziniano, soprattuttocon riferimento al senso e alladifesa dei più genuini principirepubblicani?Non è semplice rispondere aquesta domanda: per tradurre inattualità quella che èun’esperienza storica si rendonoinfatti sempre necessariemediazioni complesse. Di qui lanecessità di due considerazioni.In primo luogo, bisognerebbecogliere l’idea - che per altro eraben presente, subito dopo ilsecondo conflitto mondiale neipadri della Costituente, non solonella componente della sinistramarxista, ma anche di quellarepubblicano-mazziniana ecattolica - che la Repubblica nonè soltanto un sistemaistituzionale: è, soprattutto, unsistema di rapporti sociali. Essa èinsomma un elemento digaranzia egualitaria, sia pureintendendo questo termine nelsenso in cui oggi lo si intende,ovvero in una chiave chereclama sempre nuovi vagli eapprofondimenti. In secondoluogo c’è da considerare come

Mazzini abbia sempreindividuato nel popolo ilsoggetto politico e rivoluzionariodi cambiamento; il popolo inparticolare urbano, come eglistesso precisa. Quale è oggi -dobbiamo chiederci -l’insediamento sociale (mi sipassi l’espressione) che lasinistra privilegia rispetto al suoprogramma di azione politica,alla sua propria visione dellatrasformazione della società odella gestione di essa? Questo èun nodo da sciogliere, e dunquemi limito solo ad enunciarlo. Èchiaro che programma - daintendere non come un elenco dicose da fare, ma come visionedella società - e definizione deipropri riferimenti sociali sono instretta relazione. Bisognerebbeinsomma dar quotidianaconcretezza con l’azione politicaa quelli che, con espressionemolto impropria, si chiamano ivalori.

Secondo lei una difesaintransigente dell’unitànazionale, da parte dellasinistra, confligge o no con ilprocesso di integrazioneeuropea, processo al quale lostesso Mazzini - ai suoi tempi, enelle forme allora immaginate -non fu affatto estraneo?

Credo che l’Europa costituisca,oggi, la grande prospettiva delfuturo. Lo dico da una partepensando a tutte le remore con lequali la sinistra, nel passato, haaffrontato il temadell’integrazione europea; ma lodico anche, allo stesso tempo,senza nascondermi le difficoltàconnesse alla necessità delgrande processo ditrasformazione richiesto alnostro paese onde poterveramente far parte dell’Europa. D’altra parte, bisogna avere laconsapevolezza che l’Europa sideve necessariamente fondaresul consenso dei popoli. E questoè un grosso problema: pensiamo,ad esempio, alla (sia pure nonattuale) questione dell’ingressonella UE della Turchia. Ebbene,come nell’Ottocento siconduceva una forsennatacampagna contro gli ebrei, daparte di certe forze di destra,oggi si conduce una analogaforsennata campagna control’elemento mussulmano. Diconseguenza, la Turchia vienevista - ed alcune forze politichenon si esimono dal professarloesplicitamente - come una speciedi cavallo di Troia usato daglielementi arabo-mussulmani perla conquista dell’Europa. Cosìespressa, la tesi è assolutamente

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avevano già pianto per me!Quante piangerebbero ancora s’iom’ostinassi nel tentativo dirisuscitare a forti fatti, al bisognod’una Patria comune, la gioventùdell’Italia? E se questa patria nonfosse che una illusione? Se l’Italia,esaurita da due Epoche di civiltà,fosse oggimai condannata dallaProvvidenza a giacere senza nomee missione propria aggiogata anazioni più giovani e rigogliose divita? Donde traeva io il diritto didecidere sull’avvenire e trascinarecentinaia, migliaia di uomini alsagrifizio di sé e d’ogni cosa piùcara? Non m’allungherò gran fatto

ad anatomizzare le conseguenzedi questi dubbi su di me: diròsoltanto ch’io patii tanto da toccarei confini della follia. […]Un giorno, io mi destai coll’animotranquillo, coll’intellettorasserenato, come chi si sentesalvo da un pericolo estremo. Ilprimo destarmi fu sempremomento di cupa tristezza perme, come chi sa di riaffacciarsi auna esistenza più di dolori ched’altro; e in quei mesi micompendiava in un subito tutte leormai insopportabili lotte cheavrei dovuto affrontare nellagiornata. Ma quel mattino, la

natura pareva sorridermiconsolatrice e la luce rinfrescarmi,quasi benedizione, la vita nellestanche vene. E il primo pensieroche mi balenò innanzi alla mentefu: questa tua è una tentazionedell’egoismo: tu fraintendi la Vita. Riesaminai pacatamente, poi ch’iolo poteva, me stesso e le cose.Rifeci da capo l’intero edifiziodella mia filosofia morale”.

(Giuseppe Mazzini, Noteautobiografiche, in Opere, a cura diLuigi Salvatorelli, vol. II, Rizzoli,Milano1967)

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rozza e priva di senso storico,oltre che culturale: conosciamotutti l’esistenza nei Balcani - ma,analogamente, si potrebbe direanche in molte parti dell’Europapiù pura ed “ariana” - di fortiinsediamenti mussulmani. E tuttavia il problema non puòessere ignorato. Esso,prevedibilmente di medioperiodo, implica per così dire lacapacità di un’azione in gradodi motivare adeguatamenteperché la Turchia debba o nondebba essere ammessa, conragionamenti possibilmentemeno rozzi e in grado di formareun’opinione pubblica intorno aquesto tema. Questa è infatticentrale per la prospettivadell’Europa, la cui costruzionepresenta già aspetti diproblematicità da nonsottovalutare. La prospettivadell’allargamentoha cambiato moltoil quadro quale sipresentava fino adieci anni fa. Checosa c’è dentroquestocambiamento? C’è,ad esempio, lanecessità di evitarei conflitti che hannodilaniato l’Europa,associando i popolichetradizionalmentehanno svolto ilruolo di“detonatori” dellaconflittualitàeuropea entro unacasa più ampia cheli accomuni, oppuredeve prevalerel’idea di unmercato, ovvero diun ambito diiniziativepuramentecommerciali, nelquadro di unaconquista che oggi

si attua non più con le guerre, macon i mezzi della politica? Ilproblema di fronte al quale sitrovano oggi partiti e classidirigenti è quello della“popolarizzazione” dell’Europa:è uno dei grandi compiti che lastoria impone di affrontare. Per tornare a riflettere suMazzini, in relazione al temadell’Europa, se non vogliamofare dell’agiografia, dobbiamodire con chiarezza che egli ebbeuna visione italo-centrica.Questo in parte si giustifica conle condizioni stesse nelle quali sitrovò ad operare. Se superiamoperò questo limite obiettivo, chesi può anche capire, in Mazzinila democrazia - così come essa sipresenta ai nostri occhi nel 1848,e dunque comprendendovi anchele sue componenti socialiste - o

ha un respiro europeo, o non è. Atale proposito, qualcuno haricordato, in sede europea, qualipericolosi germi di infezionepossono venire - per i paesi chescelgono oggi la democrazianell’Est europeo - da esempipolitici negativi, offerti, nellagestione della cosa pubblica,proprio dai paesi a democraziamatura, le cui responsabilitàdiventano - di conseguenza -davvero enormi.

L’urgenza dei problemi cicostringe a tornare all’oggi. Edunque non posso fare a meno difarle la seguente crucialedomanda: l’Italia è una o due? Ilriferimento culturale è al librodedicato da Gennaro Sasso a Ledue Italie di Giovanni Gentile,edito da il Mulino.

Il dibattito italianosul Risorgimentonon ha certamentetrascurato questoproblema: qualcunoha parlato anche ditre Italie, mentrealtri parlavano diun’Italia federale,sia da posizionidemocraticheavanzate (penso aCattaneo) siamoderate (miriferisco aGioberti). Ma pensoche la domanda siavolta ad evocare unaltro tipo dispaccatura: quellache investe, edattraversa, le classisociali, ovvero ilpaese reale.Ebbene, cheesistano due Italie -da questo punto divista - nondovrebbe essere unproblema pernessuno. Anzi,vivendo in unsistema di

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democrazia compiuta,l’esistenza di più Italie dovrebbecostituire una ricchezza.Maggiori sono le idee sullaprospettiva di sviluppodell’Italia, più positivo divieneil confronto atto a far crescerepositivamente tutto il paese. Ilproblema serio nasce allorché sicreano delle pericolose fratture.Ora, pur senza voler addentrarciin polemiche di stretta attualità(quali quelle, recentissime, diuna sinistra accusata dalla destradi essere sentina di ogni “male”,o viceversa), resta il fatto che lapresenza di una spaccatura,fondata sul presupposto cheesista un nemico che si annidaall’interno del paese, è un’ideatipicamente autoritaria. E,purtroppo, non è nuova, inquanto l’abbiamo già vissuta; arigore, non si può dire che ilfascismo - pur con la sua bolsaretorica sulla nazione - nonabbia creato obiettivamente lecondizioni di una vera rotturarispetto a quanto di positivo ilRisorgimento, tutto sommato,aveva costruito. La frattura trafascismo ed antifascismo, primaancora di essere stata prodottadall’antifascismo, è uncontributo tutto originale delfascismo stesso: quandomanganellava, incarcerava,costringeva all’esilio glioppositori. Da questo punto divista, un paese che sia divisoverticalmente, in due gruppinemici “l’un contro l’altroarmato”, è un’ideapericolosamente autoritaria.Essa porta dentro di sé i germidi un pericoloso autoritarismo,perché chi governa dovrebbeavere sempre ben chiara unaduplice consapevolezza: quelladi essere il governante di tutti edi svolgere il suo ruolo non perl’eternità, ma per un lassodeterminato di tempo.

Se dovesse rivolgere un invitoagli studenti delle nostre scuole

superiori perché si dedichinoalla lettura di Mazzini, cosavorrebbe dire loro?Il primo libro che verrebbe allamente sarebbe, ad esempio, Idoveri dell’uomo, macomprendo benissimo che esso èlontano dalla sensibilità di oggiper le considerazioni morali omoralistiche in esso contenute.E tuttavia direi ai giovani duecose: la prima è che nel 1943-45, così come nel 1848-49,nell’Italia ci sono stati giovaniche hanno saputo sacrificare - inuna situazione decisamentedrammatica - la loro vita, innome di una visione miglioredella società, dell’uomo e dellapatria in cui vivevano. GoffredoMameli è morto a venti anni,Eugenio Curiel morì che erapoco più che trentenne.Intendiamoci bene: con ciò nonvoglio invitare nessuno adandare incontro alla “bellamorte”, perché anche questapotrebbe essere una forma diretorica pericolosa. Voglio soloaugurarmi che nei giovani ci sia

la sensazione, o meglio ancorala consapevolezza, che proprioda loro debba venire ilcontributo decisivo alcambiamento. Non c’è dubbioche oggi essi vivano in unacondizione di grande difficoltà,e ciò non solo perché sonobombardati da una serie diinput, ma anche perché -fondamentalmente - il nostro èun paese demograficamentevecchio. E tuttavia, nonostantela difficoltà di individuare unloro ruolo specifico, se essivogliono vivere appieno la lorocondizione devono avere unapositiva spinta alle novità. Mavoglio precisare: non alcambiamento fine a se stesso,ma al cambiamento della societàin cui vivono in vista di unfuturo che davvero li appaghi.Essi oggi non sono affattosoddisfatti, e questo spiega laragione per la quale siavventurano per così tantescorciatoie. Oggi, nella nostrasocietà, non c’è - per fortuna -alcun elemento ideologico che li

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attragga, ma, purtroppo, non c’èneppure chi ne rappresentil’istanza innovativa, in grado dispingerli a diventareprotagonisti. E mi sia consentitoosservare che senzal’entusiasmo e l’apporto deigiovani nessun progetto avrà laforza di affermarsi.

Mi scusi se insisto: quali letturevorrebbe comunque consigliare,perché queste possanocontribuire alla loro formazionepolitica, morale e civile?Se i giovani avvertono dentro diloro questa spinta morale -come mi auguro - non possoche suggerire loro delle lettureche, in qualche modo, liavvicinino alla storia di questonostro paese. Questeriguardano, in primo luogo, ilgrande dibattito che hacaratterizzato in Italia il temadel Risorgimento, così il grandedibattito che ha caratterizzato -dopo il 1945 - l’idea dell’Italiarepubblicana. Forse potrebbeessere utile leggere i libri sulRisorgimento di LuigiSalvatorelli o di AdolfoOmodeo, di cui vorrei ricordarel’appassionata Difesa delRisorgimento. D’altro canto, senon mi sento di suggerire leletture dei nostri pensatori delRisorgimento (che, anche se diuna certa utilità, non sempresono facilmente reperibili), nonho alcuna difficoltà aconsigliare un poetarisorgimentale per eccellenza:Goffredo Mameli. I giovani, selo leggessero, scoprirebberocosì che l’idea della patria, dellanazione, si lega cosìstrettamente all’idea di libertà,da diventare un grande fattoreeversivo - lo dico in sensopositivo - e di rinnovamentodell’animus e dello spirito dellenuove generazioni. Era conquesta idea - cioè chebisognasse creare un mondo piùlibero - che i giovani del

Risorgimento combatterono pergli ideali di unità e diindipendenza, ma insieme per lalibertà e per l’uguaglianza.

C’è qualche altro modo, oltrealle letture, per fare una sanaopera di divulgazionerisorgimentale?Certamente sì. Non capiscoperché ad esempio, intelevisione, si debbanotrasmettere delle insulse soapopera, mentre invece sicontinuano a trascurare tantipersonaggi in carne ed ossa(maschili, femminili, piccoli,medi, grandi), oppure episodi edeventi che hanno fatto dell’Italiauna nazione. Al contrario,valorizzandoli, si potrebbe dareun contributo anche allaconoscenza della storia che ciappartiene, di cui spessoignoriamo non solo le vicende,ma anche la drammaticità. Sì,anche la drammaticità, perl’appunto, perché costruire unoStato unitario da unamolteplicità di Stati didimensioni medie o piccole è unfatto che ha richiesto uncontributo di lotte e di sacrificida parte di diverse generazioni.E’ a partire già dallaRivoluzione francese che sicomincia a parlare dell’Italiacome di una nazione unita(siamo alla fine del Settecento eagli inizi dell’Ottocento) ed èsolo nel 1860 che questa unitàfinalmente si realizza. Secondola dimensione della storia puòsembrare una cosa da nulla;nella dimensione concreta dellegenerazioni che perseguironoquell’ideale, invece, èmoltissimo. Gettate nelcrogiuolo di una lotta per l’unitàdella nazione, numerosegenerazioni non hanno lesinatoil loro impegno. Esse hannotrionfato soltanto quando l’ideaunitaria è diventatamaggioritaria all’interno delpopolo. Ebbene, tale

consapevolezza dovrebbe essereben più forte e presente, perchéessa ci darebbe la capacità divivere in termini anche popolaril’intera vicenda risorgimentale.Del resto non mancano esempi,anche grandissimi, in tal senso:Luchino Visconti è stato ilregista di film come Senso e IlGattopardo; Luigi Magni si èdedicato a film popolari che,anche se con qualche caduta distile, non hanno mancato diarricchire la riflessione sulRisorgimento. Ma non mancaneppure qualche altro recenteesperimento in materia. AMilano, c’è stata la rievocazionedelle “giornate del febbraio1853” (il celebre disastrosotentativo di rivoluzionemazziniana, che doveva nascerea Milano ma che dovevacoinvolgere poi l’Italia centro-settentrionale, e comunquel’Emilia e l’area padana),ricostruita in azione scenicasulla base dei documentilasciatici da due deiprotagonisti, responsabili delladirezione del moto. È questo unmodo di drammatizzare un fattoimportantissimo ai fini dellacrisi del mazzinianesimo intesocome capacità politica di azione.Dopo quegli eventi Mazziniavrà una grande difficoltà adessere riconosciuto come capodel movimento rivoluzionario, ilquadro politico italiano cambiòradicalmente. Un esperimento didrammatizzazione di tal genereva senz’altro salutatopositivamente e ascritto a meritodegli autori, come esempio daseguire anche per il futuro.

a cura di David Baldini

mazzini oggi| il Risorgimento dimenticato

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Una vita per l’Italia

G iuseppe Mazzini nac-que a Genova il 22 giu-gno 1805 dal dottor

Giacomo, medico e professore, eda Maria Drago, donna colta egiansenista in materia di fede.Giansenisti furono anche i suoidue precettori, gli abati Luca A-gostino De Scalzi e Giacomo DeGregori, che lo istruiranno ingrammatica, umanità e retorica. A sedici anni, osservando ilmiserando spettacolo degliinsorti piemontesi che siaffollavano, dopo il fallimentodel moto carbonaro del 1821,nel porto di Genova per andarein esilio, sentì dentro di sécome una folgorazione: quelladi votarsi all’impegno per laliberazione dell’Italia. Cosìracconta egli stesso l’episodioin una celebre pagina delle sueNote autobiografiche: “Unadomenica dell’aprile 1821, iopasseggiavo, giovanetto, conmia madre e un vecchio amicodella famiglia, Andrea Gambini,in Genova, nella Strada Nuova.L’insurrezione piemontese erain quei giorni stata soffocata daltradimento, dalla fiacchezza deiCapi e dall’Austria. Gli insortis’affollavano, cercando salute almare, in Genova, poveri dimezzi, erranti in cerca d’aiutoper recarsi in Spagna dove la

Rivoluzione era tuttaviatrionfante. I più erano confinatiin Sanpierdarena aspettandovila possibilità dell’imbarco; mamolti s’erano introdotti ad unoad uno nella città, ed io lispiava fra i nostri,indovinandoli ai lineamenti,alle fogge degli abiti, al piglioguerresco e più al dolore muto,cupo, che avevano sul volto. Unuomo di sembianze severe edenergiche, bruno, barbuto e conun guardo scintillante che nonho mai dimenticato, s’accostò aun tratto fermandoci: aveva frale mani un fazzoletto biancospiegato, e proferì solamente leparole: ‘per i proscritti d’Italia’.Mia madre e l’amico versarononel fazzoletto alcune monete;ed egli s’allontanò perricominciare con altri. Seppi piùtardi il suo nome. Era un Rini,capitano della GuardiaNazionale che s’era, sulcominciar di quel moto,istituita. Partì anch’egli cogliuomini pei quali s’era fattocollettore a quel modo; e credomorisse combattendo, cometanti altri dei nostri, per lalibertà di Spagna. Quel giornofu il primo in cui s’affacciasseconfusamente all’anima mia,non dirò un pensiero di Patria edi Libertà, ma un pensiero che

Tale biografia anticipa i brani antologici scelti. Da essi emerge, in tutta la sua evidenza, la capacità di sacrificio e le idealità altissime che, a ragione, fecerodi Giuseppe Mazzini uno dei nostri più autorevoli ed amati “padri della patria”

si poteva e quindi si dovevalottare per la libertà dellaPatria”. La sua formazione giovanile,romantica e spiritualistica, saràfin dall’inizio orientata in sensofortemente letterario, perquanto ancora acerba,frammentaria e provvisoria.All’amore per gli antichi,veniva associando anche quelloper Dante, Machiavelli, Sarpi egli illuministi Condorcet,Rousseau, Constant, Sismondi,per giungere fino alla romanticaStaël, all’Alfieri e al Foscolo. Aproposito del romanzogiovanile di quest’ultimoscrisse: “L’Ortis che mi capitòfra le mani, mi infanatichì: loimparai a memoria”.Successivamente, negli anniuniversitari, il suo orizzonteletterario si allargherà, fino adincludere nella sua formazione,oltre a Dante, anche alcuni deisuoi contemporanei, comeGiovanni Berchet, da luirecensito - tra gli altri - sul’“Indicatore genovese” apartire dal maggio 1828. Di benpiù ampio respiro saranno i suoiscritti sul romanzo storico ingenerale (in risposta alle tesiconservatrici di Paride Zaiotti,autore Del romanzo storico ingenere ed anche dei “PromessiSposi”), o sull’opera di Goethe,mentre le sue preferenze eranosempre più indirizzate versoGeorge Byron. Parallelamenteall’attività giornalistica,procedeva, nel frattempo, la suamaturazione democratico-repubblicana. Di qui la fusionetra i giovanili progetti (ed

TRA CULTURA, RIGoRE E PASSIoNE PoLITICAbiografia

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abbozzi) di opere poetiche distampo byroniano e gli scritti dinatura morale e politica. Laureatosi avvocato nel 1827,dopo aver anche frequentato ilcorso di filosofia e lettere (esuccessivamente di medicina)all’Università di Genova,ripudiò la professione forense.Ad essa preferì l’impegnopolitico diretto (è questo l’annonel quale si iscrive allacarboneria) e la collaborazione,oltre al già citato “Indicatoregenovese”, all’ “Indicatorelivornese” (presto peròsoppresso dalla censura) e allafiorentina ”Antologia”. Arrestato a Genova con altricarbonari, viene internato nellafortezza di Savona; qui,riflettendo a fondo sui limiti delcarbonarismo, comincia adabbozzare l’idea della GiovineItalia. Uscito dal carcere nelfebbraio 1831, prese la viadell’esilio, riparando inFrancia. Fra il giugno e il luglio del 1831

scrive la famosa appassionataLettera a Carlo Alberto (da pocosalito al trono), con la qualeincita il sovrano a prenderel’iniziativa e la direzione delmovimento di riscossa nazionale.Delusa anche questa speranza,nel novembre dello stesso annofonda a Marsiglia la GiovineItalia. Tale organizzazioneavrebbe dovuto chiudere -secondo le sue speranze - “ilperiodo delle sétte e iniziarequello dell’Associazioneeducatrice”.Intanto lo scontro non siattenua: la scoperta di untentativo di insurrezionemilitare contro il governo diCarlo Alberto dette luogo adodici esecuzioni capitali fra inuovi cospiratori (maggio-giugno 1833) e alla condanna amorte in contumacia (sullaforca) dello stesso Mazzini.L’amico fraterno IacopoRuffini, arrestato, si ucciderà incarcere. Mazzini, scacciato con gli altri

esuli dalla Francia, è costretto ariparare in Svizzera, dove,sempre più persuaso di doveragire, prepara la sfortunataspedizione in Savoia.L’insuccesso prostrerà l’animodel Mazzini, bersagliato daaccuse di ogni genere; da questasua dolorosa crisi spirituale, poichiamata “tempesta del dubbio”,lo salverà la profonda fede nellasua missione e nell’idea deldovere: “Il dovere è dovere - egliosserverà - checché frutti: lavittoria, la disfatta non alterano ildovere”.Nell’aprile del ’34 fonda aBerna la Giovine Europa,“associazione di tutti coloro iquali, credendo in un avveniredi libertà, d’uguaglianza, difratellanza fra gli uominiquanti sono, voglionoconsacrare i loro pensieri, leopere loro a fondarequell’avvenire”. Egli tentavacosì di inquadrare la riscossaitaliana in un movimento piùgenerale di lotta, di respiro

biografia| tra cultura, rigore e passione politica

[Roma], 26 giugno 1849Signora,A quest’ora voi sapete la sciagura patita dal vostroGoffredo, la perdita della gamba. Voi l’avrete soste-nuta come una madre che sente la dignità del dolo-re, come una madre Italiana. Goffredo moriva sel’amputazione non avea luogo; ond’io stesso, Dio sacon che core, perorai fra i medici perché avesse luo-go. Egli non ha sofferto, perché gli fu amministratol’etere. E’ tranquillo come si addice a chi patisce perla sua patria. Goffredo coll’organizzazione nervosa,delicata d’una donna, d’un poeta, ha l’anima d’un e-roe. Ammirato da tutti, egli ebbe dì sono, nel suoletto, la promozione a ufficiale di Stato Maggiore.Io l’amo come un figlio, o un fratello minore, e so-lamente ho l’anima amara perché ricordo la vostraraccomandazione in Lombardia. E allora, cercai sal-varlo dal male; qui non ho potuto. Non v’era modo,col nemico alle porte, di trattenerlo.Voi dovete aver avuto, se gli amici non vi celarono ilgiornale, il supremo fra tutti i dolori: so che un gior-nale piemontese diffuse la nuova della morte del fi-

glio. Ora almeno potete consolarvi d’una cosa, chelo rivedrete. Il resto è poco. La venerazione che gliverrà da quanti hanno senso d’onore, l’amore dei po-chi eletti amici suoi, e la carezza materna lo console-ranno facilmente. Lui consolato, voi pure lo sarete.Dio vi dia forza e benedica lui e voi. Ricordate mepure qualche volta. Credetemi, ho patito con voi eper voi al letto di Goffredo, come ho scherzato convoi nell’infanzia. Tenacissimo de’ ricordi, avrei datovolentieri molti giorni di vita perché di rimanesse il-leso il figlio; non dico tutti, perché anch’io ho unamadre, che trascina la sua vecchiaia senza conforto eche non vorrei far morire disperata. Addio:

vostroGius. Mazzini

Goffredo Mameli, seguace convinto del Mazzini,morirà di cancrena - intervenuta a seguito dell’in-tervento di amputazione - due settimane dopo: il 6luglio 1849. Da pochi giorni era caduta della Re-pubblica Romana. Ed egli aveva appena 22 anni(n.d.r.).

A ADELE zoAGLI MAMELI, A GENoVA

La ferita del figlio

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europeo, tendente a riscattaretutte le nazionalità oppresse.Ma la nuova associazione nonha fortuna. Espulso dallaSvizzera, si rifugia a Londra,nel gennaio 1837, coi fratelliRuffini. Qui conosce il Carlylee, per un po’ di tempo, rallentala sua azione di propaganda;nel contempo, intensifica l’attività letteraria scrivendoarticoli di critica e aprendo peri giovani italiani una scuolagratuita che durerà fino al1848.Ripreso il lavoro politico, sioccupa dell’elevazionemateriale e morale degli operai.Di qui l’idea di costituire aLondra, come sezione dellaGiovine Italia, una Unione deglioperai italiani, per la qualefondò un periodico,l’“Apostolato popolare”, da luistesso redatto. Su tale giornaleegli pubblicò i primi capitoli deisuoi Doveri dell’uomo. Dataanche da questo periodo la suacampagna - poi proseguita pertutta la vita - contro ilcomunismo el’internazionalismo, a suogiudizio antipatriottici ematerialistici. In Italia, intanto, nell’agostodel 1843, esplodono i motiinsurrezionali nelle Romagne e,nel ’44, si compie la tragediadei fratelli Bandiera. Il“profeta”, a seguito di questiavvenimenti, fu abbandonato esconfessato da gran parte deisuoi seguaci, molti dei qualipassarono al movimento neo-guelfo del Gioberti,apparentemente più realistico.Ma il Mazzini non cedette: nel1846 - l’anno delle riforme -contrappose alla propagandaguelfa moderata l’Associazionenazionale italiana, fondata aLondra; un anno dopo, l’8settembre 1847, indirizzava aPio IX una lettera (frutto -come dirà in seguito - di “unmomento di espansione e di

illusione giovanile”),esortandolo a diventarel’unificatore dell’Italia.La rivoluzione del febbraio 1848lo fece accorrere a Parigi dove,venuto a conoscenza dell’insurrezione lombarda, si dettead organizzare una legione divolontari: ai suoi occhi,sembrava stesse per compiersi,con l’insurrezione, la tantoauspicata guerra di popolo.Accolto trionfalmente a Milano,vi fondò “L’Italia del popolo”(20 maggio-3 agosto). Dopo ladisfatta dell’esercito piemontese,riparò a Lugano e poi aMarsiglia, per subito accorrere aRoma (il 5 marzo del ’49), aseguito della fuga di Pio IX,avvenuta l’anno precedente.Proclamato cittadino di Roma emembro dell’ AssembleaCostituente, il 29 marzo vieneeletto triumviro con Armellini eSaffi. Istituito un comitato diguerra, di cui fa parte ancheCarlo Pisacane, organizzainfaticabilmente la difesa dellacittà. Caduta gloriosamente larepubblica, riprende la viadell’esilio. Da Londra, dove si eranuovamente recato, lancia nel’50 il Prestito Nazionale per lacausa italiana e l’anno seguenteforma, tra i simpatizzanti inglesicapeggiati da James Stansfeld, laSocietà degli amici d’Italia.Neppure le persecuzioniaustriache a Mantova e la fallitainsurrezione di Milano nel 1853fiaccarono il suo animo,nonostante il tentativoinsurrezionale milanese fossecostato la vita a sedici popolani eavesse determinato un calosensibile della sua popolarità inItalia. La sua fede non dovevarimanere scossa nemmeno dallafamosa lettera del repubblicanoManin, che condannava la teoriadel pugnale, “grande nemicod’Italia”.Il Piemonte intanto, grazie allasapiente opera diplomatica e

politica del Cavour, diventavasempre più il centro diirradiazione dell’idea liberale enazionale in Italia. Nella politicadel conte piemontese egli vedevanon il perseguimento di unapolitica nazionale, bensì iltentativo di espansione sabaudain Lombardia. Di qui la sua nettaopposizione. Per ostacolare talepolitica, egli giunse fino adincoraggiare, con Nicola Fabrizi,la sfortunata spedizione di CarloPisacane, tragicamenteconclusasi a Sapri, e a tentare nel’57 un’insurrezione a Genova.Condannato con altri quattro suoiseguaci a morte in contumacia,riprende la via dell’esilio,recandosi ancora una volta aLondra. Con il 1859, egli sembròricaricarsi di speranza, puressendo contrario alla “politicamercantile” di Napoleone III,giudicata nel fondo ostileall’unità italiana. Il 20settembre di quell’annoscriveva a Vittorio Emanuele II:“Sia che vogliate trapassare adeterna fama tra i posteri colnome di Presidente a vita dellaRepubblica Italiana, sia che ilpensiero regio dinastico trovipur luogo nell’anima vostra -Dio e la Nazione vi benedicano- io, repubblicano e presto atornare a morire in esilio perserbare intatta fino al sepolcrola fede della mia giovinezza,esclamerò nondimeno coi mieifratelli di Patria: Presidente oRe, Dio benedica a Voi, comealla Nazione, per la quale osastee vinceste”. Partendo da questepremesse, esorta i suoi seguacia partecipare alla lotta.L’anno successivo, segue laspedizione garibaldina nel Regnodelle due Sicilie, da lui favoritacon l’invio di Rosolino Pilo inSicilia, ma vive nascosto inItalia. Sprona Garibaldi adaffrettare l’annessione, ondesventare le mene degliautonomisti.

tra cultura, rigore e passione politica | biografia

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l’ultimo giornale, “Roma delpopolo”, e muore a Pisa esulein patria, sotto lo pseudonimodi Brown, il 10 marzo 1872.

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Costituitosi ormai il Regnod’Italia, nel ’64 invita Garibaldiad associarsi a lui nella raccoltadei fondi per la liberazione delVeneto, provocando così lalettera in cui Vittorio EmanueleII dichiarava che il momentonon era ancora maturo. Etuttavia, dopo i fatti di Torino ela Convenzione di settembre,ogni accordo con la monarchiadiventava per lui impossibile.Eletto deputato di Messina nel1866, non sedé alla Camera,nonostante l’eloquente discorsofatto da Guerrazzi in sua difesa.L’elezione venne annullata,essendo egli sotto il peso dellacondanna per i fatti di Genova.

Rieletto, e confermatal’elezione, si dimise,rifiutandosi di giurare fedeltàalla monarchia.Ostile alla politica diaccorgimenti diplomatici chesnaturavano l’anima dellaNazione (“Io ho credutoevocare l’anima dell’Italia enon mi vedo innanzi che ilcadavere”), tenta ancora unavolta l’azione insurrezionale.Nell’agosto 1870 è arrestato nelporto di Palermo e condottonella fortezza di Gaeta, ma puòfruire della concessionedell’amnistia, concessa dopol’annessione di Roma al regnod’Italia. Liberato, promuove

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Opere

Scritti editi ed inediti in XVIII volumi, G. Daelli,Milano-Roma 1861-91. Ogni volume è precedutoda un commento, autobiografico pei primi volumi,biografico pei seguenti, scritto da Aurelio Saffi.

Epistolario, 2 voll., Sansoni, Firenze 1902-1904.I due voll. integrano gli Scritti editi ed inediti, dicui costituiscono i voll. XIX e XX.

Edizione nazionale degli Scritti editi e inediti diGiuseppe Mazzini, 100 voll., Tip. Galeati, a curadel Ministero della P. Istruzione, Imola 1906-1943.I 100 voll. sono divisi in tre sezioni: scritti politici,letterari, epistolario. Quelli riguardanti laletteratura sono sei: I (1906), VIII (1910), XVI(1913), XX (1915), XXIX (1919), XCIV (1943);Opere, a cura di L. Salvatorelli, 2 voll., Rizzoli,

Milano 1967; Scritti politici, a cura di T. Grandi eA. Comba, UTET, Torino 1972.

E. Ashurst-Venturi, Biografie de M., Charpentier,Parigi 1881;

F. Donaver, Vita di G. Mazzini, Le Monnier,Firenze 1903;

G. Ruffini, Lorenzo Benoni, Edimburgo 1853,trad. Rigutini, Treves, Milano 1904;

J. W. Mario, Vita di G. Mazzini, Sonzogno,Milano 1908;

A. Levi, Giuseppe Mazzini, Treves, Milano 1922; A. Codignola, La giovinezza di G. Mazzini,

Vallecchi, Milano 1926; I. Bonomi, Mazzini triumviro della Repubblica

Romana, Garzanti, Milano, 1946; A. Codignola, Mazzini, UTET, Torino 1946; A. Lodolini, Mazzini Maestro Italiano,

Dall’Oglio Milano; D. M. Smith, Mazzini. L’uomo, il pensatore, il

rivoluzionario, Rizzoli, Milano 1993.

Biografie

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N on vi sono cinque Italie, quattro Italie, tre I-talie. Non vi è che una Italia. I tiranni stra-

nieri e domestici l'hanno tenuta e la tengono tutta-via serva e smembrata, perché i tiranni non hannopatria; ma qualunque tra voi intendesse a smem-brarla rendenta, o accettasse, senza lotta di sangue,ch'altri la smembrasse, sarebbe reo di matricidio enon meriterebbe perdono in terra né in cielo. La Patria è una come la Vita. La Patria è la Vita delPopolo. Dio ve la diede; gli uomini non possono a modoloro rifarla. Gli uomini possono, tiranneggiando,impedirle per breve tempo ancora di sorgere; manon possono far ch'essa sorga libera, oppur diversada quel ch'essa è.Dio che, creandola, sorrise sovr'essa, le assegnòper confine le due più sublimi cose ch'ei ponessein Europa, simboli dell'eterna Forza e dell'eternoMoto, l'Alpi ed il Mare. Sia tre volte maledetto davoi e da quanti verranno dopo voi qualunquepresumesse di segnarle confini diversi.Dalla cerchia immensa dell'Alpi, simile allacolonna di vertebre che costituisce l'unità della

forma umana, scende una catena mirabile dicontinue giogaie, che si stende sin dove il mare labagna e più oltre nella divelta Sicilia.E il mare la ricinge quasi d'abbraccio amorosoovunque l'Alpi non la ricingono; quel mare che ipadri dei padri chiamavano Mare nostro. E come gemme cadute dal suo diadema stannodisseminate intorno ad essa, in quel Mare, Corsica,Sardegna, Sicilia, ed altre minori isole, dove naturadi suolo e ossatura di monti e lingua e palpitod'anime parlan d'ltalia.Per entro a quei confini tutte le gentipasseggiarono l'una dopo l'altra conquistatrici epersecutrici feroci; non valsero a spegnere quelnome santo d'Italia, né l’intima energia della razzache prima la popolò; l'elemento Italico, più potentedi tutte, logorò religioni, favelle tendenze deiconquistatori, e sovrappose ad esse l'improntadella Vita Italiana. Per entro a quei confini tremende guerre fraterneinsanguinarono per secoli ogni palmo di terra. Ementre i pedanti, scribi di diari e libercoli,edificavano pocanzi, su quelle guerre, sistemi adichiarare utopia l'unità della nostra vita, ecco ipopoli sorgono e gridano: siamo fratelli, e anelanoconfondersi in uno, e si dànno, colla fogaimprudente del desiderio, ad un principe, soloperché sperano ch'ei si faccia simbolo vivente diquella Unità. In verità, colui che nega l'Unità della Patriaintende la Parola di Dio né quella degli uomini.Voi dovete vivere e morire in quella Unità, peròche in essa stanno per voi la Forza e la Pace, ilsegreto della vostra missione e la potenza peradempirla. Qualunque tra voi sorge a libertà sappiach'ei sorge per tutti. Incarni ciascuno in sé i dolori,le speranze, le memorie, il palpito d'avvenire diquanti respirano l'alito, che si ricambia dall'Alpi alMare e dal Mare alle Alpi. Fra l'Alpi e il Mare nonsono che fratelli. E la maledizione di Caino aspettaqualunque dimentichi che, mentre un solo dei suoifratelli geme nell'abiezione della servitù e nonposa tranquillo e lieto d'amore sotto la sacrabandiera dei Tre Colori, ei non può aver Patria, némerita averla.

Un programma per l’Italia

BRANI MAzzINIANIantologia

L’Italia è unatratto da Ai giovani d’Italia, E. N., LXIV (Polit., XXII)

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E stetti sull'Alpi: sull'alto dei Monti che ti ricin-gono come diadema, o mia Patria, là dov'è e-

terno il candor delle nevi, eterna la purezza dell'a-ria, eterno il silenzio se non quando lo rompono loscroscio della valanga e l'invisibile scorrere, eternoanch'esso, dell'acque che di là scendono a feconda-re l'intera Europa; e l'uomo sente sé stesso come piùpresso a Dio. E le stelle si dileguavano ad una ad una come ifochi d'un campo che si prepara sull'alba allamossa. E l'alba incoronava l'estremo orizzonte diuna luce di vita nascente. Correva sul vasto ripiano un alito come di creazione,pregno di freschezza e potenza di vita, che affondavasotto a' miei piedi la nebbia delle falde, come unpuro e forte pensiero affonda le misere vanità, e lebasse passioni tentatrici del core. Ed io sentival'anima stanca ringiovanirsi a quel soffio. E pensai agli istinti profetici della vita immortale,che né delusioni, né lunghi inconfortati doloriavevano mai potuto spegnere in me, al rinasceresolenne di Roma dopo secoli di tenebra profonda eservaggio, alla giovine libertà Ellenica risuscitatadai Klephti delle montagne, quando il mondo lacredeva spenta per sempre, al sorriso dei morentisul palco per l'Unità della Patria al tiremm innanzdel povero Sciesa, quando, a due passi dalsupplizio, gli offrivano la vita, purché invocasseperdono, e ai pochi ma rari affetti seminati, comefiori tra le nevi dell'Alpi, sul cammino della mesta

mia vita, e all'anima femminile che Dio mimandava, com'Angelo de' miei giorni cadenti,perch'io la amassi sovra ogni cosa terrera. E dissi ame stesso: no, la vita e il martirio non sonomenzogna: l'amore consacra l'una e l'altroall'eternità. Il dolore è santo; la disperazione ècodarda. E il Sole sorgeva; simbolo, eternamente rinascentedi vita, grande, maestoso, solenne: il Sole d'Italiasull'Alpi! Ed io affondava lo sguardo fin dovepoteva, giù dove si stende il sorriso interminabiledella bella mia Patria. E la luce si diffondeva comeaureola promettitrice sovr'essa colla rapidità delmio sguardo. E la mia anima, sorvolando queltorrente di calore e di luce, nuotava con fedeirresistibile nella speranza e nell'antico orgoglio delnome d'Italia.Tu sorgerai o mia Patria! grande nel mondo comeil Sole sulle tue Alpi: santa del tuo lungo Martirio:bella del duplice tuo Passato e dell'indefinitoAvvenire. E il tuo sorgere sarà segnale al sorgeredelle Nazioni; e rinnovellerà, onnipotente controogni nemico, la faccia dell'Europa. E questoavverrà, quando, cacciati gl'idolatri dal Tempio edisperse le nebbie delle false dottrine chet'indugiano sulla via, i tuoi figli non avranno altravia che la linea retta, a1tra scienza che la veritàsenza veli, altra tattica che il coraggio e l'ardire,altro Dio che il Dio della Giustizia e delleBattaglie.

antologia| brani mazziniani

I o vi dico che, come quando morivano gli Dei Pa-gani e Cristo nasceva, l'Europa è oggi assetata di

una nuova vita e d'un nuovo Cielo e d'una nuovaTerra; e ch'essa si verserà, come a santa Crociata,sull'orme del primo Popolo dal quale escirà, sop-portata da forti fatti, una voce banditrice d'adorazio-ne alI'eterno Vero, alI'eterna Giustizia, e d'anatemaalla Potenza che opprime e alla Menzogna che men-tisce o prostituisce la vita. Siate voi quella voce e quell'esempio vivente. Voilo potete. E l'Europa coronerà la vostra Patria d'unacorona d'amore sulla quale Dio scriverà: guai a chila tocca!Ma finché l'Europa vi vedrà agitati purtrepidi sempre, frementi pur prostrati davanti agli

idoli, e apostoli o accettatori ipocriti di menzogna echiedenti a principi o a convegni di stranieri laterra ch'è vostra, essa dirà: non è un Popolo che sidesta, ma un infermo che muta lato; e i dubbipiccoli fatti, che si compiranno nelIa vostracontrada, non saranno argomento se non di ciarlediplomatiche a raggiratori, o di speculazioni devoteall'idolo Lucro in quell'antro di rapina che, convocabolo gallico, chiamano Borsa. Non dite: il nostro Popolo non è maturo peisacrifici e per l'entusiasmo che si richiedono allagrande impresa. Il Popolo è di chi merita d'averlo con sé. E dopo imiracoli operati dal Popolo d'Italia per solo istinto

Visione dell’Italia risortatratto da Ai giovani d’Italia, E. N., LXIV (Polit., XXII)

La missione dell’Italia in Europatratto da Ai giovani d’Italia, E. N., LXIV (Polit., XXII)

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di Patria, nel 1848 per ogni dove, e nel 1849 inRoma e Venezia, chi parla in siffatta guisa delPopolo d'Italia, in verità, è reo di bestemmia. E allora, non era in esso, come or dissi, che istintoe non altro di Patria. Però che, da poche animebuone infuori che s'erano accostate ad esso conamore, ma gli avevano, insieme a qualche parte diVero, insegnato la triste e inerte rassegnazione,nessuno avea cercato educarlo e affratellarlo incomunione d'idee con chi gli sta sopra. Ma d'allora in poi, mentre voi guardate freddidall'alto di un falso sapere su ciò che chiamatetuttora, come se foste Pagani, il vulgo profano,molte anime buone alle quali la tradizionedell'Umanità collettiva ha dato l'intuizionedell'avvenire, hanno stretto con amore le maniincallite degli uomini del lavoro e hanno parlato adessi come fratelli, e gli uomini del lavoro leconoscono e le ricambiano d'amore e possonosviarsi per breve tempo da esse, ma ogni qualvoltale troveranno sulla loro via, le seguiranno conprofonda fiducia. E poi che nel popolo delle vostre città la coscienzas'è aggiunta all'istinto di Patria, e Dio, che segnò lediverse epoche della Vita coll'emancipazione deglischiavi dapprima, poi con quella dei servi, vuoleche sia battesimo dell'epoca nuova l'emancipazionedei poveri figli del lavoro, io vi dico, non per vezzod'adulazione alle moltitudini, ma in puro spirito diverità, che oggi il popolo delle vostre città èmigliore di voi, che il mondo chiama letterati efilosofi, e di me che scrivo. Però che voi ed iopossiamo avere virtù, ch'è lotta e fatica, laddovenel Popolo, fanciullo dell'Umanità, vive e respira laspontaneità dell'innocenza, ch'è la virtù inconscia;e mentre in voi ed in me alloggiano forse orgogliod'intelletto violato dalla tirannide e vaghezza difama, il Popolo more ignoto sulle barricatecittadine, senza onore di tomba, senza orgogliofuorché della sua terra, senza speranza fuorché peifigli ch'ei confida commettere a fati men duri. E mentre voi ed io, guasti dai conforti dell'esistenzao da lunghi studi su morte pagine, andiamocalcolando sulle maggiori o minori probabilità divittoria nelle battaglie pel Giusto e pel Vero, etentennando e indugiando finché il nemico s'avvedadel colpo che vorremmo vibrargli, il Popolo, chenon conosce libro fuorché quello della Vita eaccoglie in sé più gran parte della tradizione Italianache congiunge in uno il pensiero e l'azione, vibra ilcolpo subitamente e coglie sprovveduto il nemico. E se il popolo delle vostre campagne è da meno,dipende da questo, che abbandonato interamenteda voi e lontano anche da quel riflesso di pensieroche si diffonde più o meno a tutti dai grandi centrid'incivilimento, esso soggiace nei suoi villaggi alle

ispirazioni del birro dei corpi e del birrodell'anime. E la vita misera oltre ogni dire lo fa piùcauto del sagrificio, però che, se per tradimento ofiacchezza di chi guida, il nemico ritorna potente làd'onde ei partì, non può far sì che gli uomini dellecittà non abbiano bisogno di pane, tetto, vestimentae utensili, sorgenti perenni di lavoro, mentrestruggendo, nei primi furori della vendetta, lemessi e involando i buoi che trascinan l'aratro, ilnemico isterilisce le sorgenti della vita all'uomo delcontado e condanna lui e la sua famigliuola amorire. Ma con pochi decreti che gli promettanoun miglioramento nelle sue tristissime condizioni,e con una energia d'azione che gli provi la vostrairrevocabile determinazione e la vostra forza, voilo avrete pronto agli aiuti anch'esso e devoto allacausa comune. Voi avete tutti un gran debito verso il Popolo,perché il Popolo ha bisogno che gli si assicuri, conpiù equa retribuzione al lavoro, il pane del corpo,e, con una educazione nazionaIe, il panedell'anima; e voi gli avete finora mostrato, scrittain capo a un brano di carta, una serie di diritti ch'einon può esercitare, e di libertà delle quali ei nonpuò valersi; e gli avete chiesto di morire per quelbrano di carta.E il popolo ha bisogno di amore, e voi gli datediffidenza ed orgoglio; il Popolo ha bisognod'azione, e voi gli date diplomazie e andirivieni dilegulei; il Popolo ha bisogno di verità e diprogrammi semplici e chiari, e voi lo trascinate pergineprai di transazioni e artifici politici ch'ei nonintende, e lo chiamate a cacciar lo stranierodandogli lo straniero per alleato, a emanciparsi dalVicario del Genio del Male prostrandovi a untempo davanti a lui come sorgente di veritàspirituale, a liberarsi dalla tirannide vietandogliintanto convegni pubblici, insegnamento digiornali, oratori cari ad esso e libertà di parola. Egl'insegnate per anni ad agitarsi e fremere eprepararsi all’azione per poi dirgli: stà; noi nonabbiamo bisogno di te, ma d'eserciti ordinati diprincipi e despoti. Poi vi lagnate d'esso e lochiamate stolto e codardo, se gli accade d 'esitarenel dubbio e nello sconforto il giorno in cui il tardosenso della sua onnipotenza vi costringe ainvocarlo. In verità, voi raccogliete quello che seminaste collevostre mani. Ma parlate al Popolo di libertà e fate,non ch'ei la veda scritta su brani di pergamena, ma lasenta nella vita d'ogni giorno e d'ogni ora; ditegliamore, e mescolatevi eguali ed amorevoli fra le sueturbe: ditegli fede, e mostrategli che l'avete in esso:ditegli progresso, e decretate, in nome e a spese dellaNazione, l'Educazione dei suoi figli; ditegliproprietà, e fate che scenda ad esso la proprietà dal

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lavoro: ditegli verità, e non gli date mai ipocrisie,menzogne o reticenze gesuitiche; ditegli Patria, emostrategliela, non a spicchi e frammenti, ma Una evasta e potente: ditegli azione, e ponetevi a guidadelle sue moltitudini col sorriso della vittoria sulvolto e presti a combattere, per ottenerla, con esse;siategli apostoli, capi, fratelli; e voi trarrete dalPopolo miracoli di virtù e di potenza a petto dei qualii miracoli di dieci anni addietro saranno come deboliriflessi di luce a fronte della luce viva e raggiante,come incerte promesse a fronte delle opere che leadempiono. Chi vinse, il 29 Maggio 1176, contro FedericoBarbarossa in Legnano, la prima grande battagliadell'indipendenza Italiana? - Il Popolo. Chi sostenne per trent'anni l'urto di Federico II edel patriziato ghibellino, e ne logorò le forzedavanti a Milano, Brescia, Parma, Piacenza,Bologna? - Il Popolo. Chi franse in Sicilia la tirannide di Carlo d'Angiò,e compì, nel Marzo del 1282 i Vespri a dannodell'invasore Francese? - Il Popolo. Chi fece libere, grandi e fiorenti le RepubblicheToscane del XIV secolo? - Il Popolo. Chi protestòin Napoli a mezzo del secolo XVII contro latirannide di Filippo IV di Spagna e del Ducad'Arcos? - Il Popolo. Chi vietò con resistenza instancabile che

l'Inquisizione dominatrice su tutta l'Europas'impiantasse nelle Due Sicilie? - Il Popolo. Chi scacciò da Genova nel Dicembre del 1746, dimezzo al sopore di tutta l'Italia, un esercitoAustriaco? - Il Popolo. Chi vinse le cinque memorande GiornateLombarde del 1848? - Il Popolo. Chi difese due volte, nell'Agosto del 1848 e nelMaggio del 1849, Bologna contro gli assaltidell'Austria? - Il Popolo. Chi salvò, nel 1849 in Roma e Venezia, l'onored'Italia prostrato dalla monarchia colla consegna diMilano e colla rotta di Novara? - Il Popolo.Il Popolo senza nome, combattente senza premio difama; l'Eroe-collettivo, l'uomo-milione che nonfallì mai alla chiamata ogni qual volta gli venneroinnanzi, in nome della santa Libertà, uomini cheincarnarono in sé l'azione e la fede.

Voi, giovani volontari, rappresentate le speranze e la feded'Italia. Non troncate l'impresa gloriosa: voi non segnaste conlo straniero i patti di Villafranca. Vi rincuorano i martiri che vi

hanno segnato la via: non traditeli. In una fosca visionenotturna sembra a M. che le ombre dei caduti per l'Italia e

quelle delle madri, delle spose e delle sorelle loro, chiedanoalla generazione presente dov'è la patria promessa, e se esse

soffrirono e morirono per la verità o per l'errore.

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V enite meco. Seguitemi dove comincia la vastacampagna che fu, or son tredici secoli, il con-

vegno delle razze umane, perch'io vi ricordi dovebatte il core d'Italia. Là scesero Goti, Ostrogoti, Eruli, Longobardi edaltri infiniti, barbari o quasi, a ricevere inconsci laconsecrazione dell'Italica civiltà, prima di riporsiin viaggio per le diverse contrade d'Europa; e lapolve che il viandante scote dai suoi calzari èpolve di Popoli. Muta è la vasta campagna, esull'ampia solitudine erra un silenzio cheingombra l'animo di tristezza, come a chi movaper Camposanto. Ma chi, nudrito di forti pensieri,purificato dalla sventura, s'arresta nella solitudinea sera, poi che il sole ha mandato dalla lungaondeggiante curva dell'orizzonte l'ultimo raggiosovr'essa, sente sotto i suoi piedi come unmurmure indistinto di vita in fermento, come unbrulichio di generazioni che aspettano il fiat d'unaparola potente, per nascere e ripopolare queiluoghi che paiono fatti per un Concilio di Popoli.

Ed io intesi quel fremito e mi prostrai, però chemi pareva un suono profetico dell'Avvenire. Là, per la via che ricorda il nome d'uno dei fortiuccisori di Cesare, e si stende fra tufi di vulcani ereliquie d'Etruschi, tra Monterosi e la Storta, pressoal lago, è Bracciano. Sostate e spingete fin dove vale lo sguardo versomezzogiorno, piegando al Mediterraneo. Di mezzoall'immenso, vi sorgerà davanti allo sguardo, comefaro in oceano, un punto isolato, un segno dilontana grandezza. Piegate il ginocchio e adorate:là batte il core d'Italia: là posa eternamentesolenne, ROMA. E quel punto saliente è il Campidoglio del MondoCristiano. E a pochi passi sta il Campidoglio delMondo Pagano. E quei due Mondi giacentiaspettano un terzo Mondo, più vasto e sublime deidue, che s'elabora tra le potenti rovine. Ed è la Trinità della Storia, il cui Verbo è in Roma.E i tiranni o i falsi profeti possono indugiarel’incarnazione del Verbo, ma nessuno può far

La città eternatratto da Ai giovani d’Italia, E. N., LXIV (Polit., XXII)

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che non sia.Però che molte città perirono sulla terra e tuttepossono alla lor volta perire; Roma, per disegno diProvvidenza indovinato dai popoli, è CITTÀETERNA, come quella alla quale fu affidata lamissione di diffondere al mondo la parola d'Unità.E la sua vita si riproduce ampliandosi.E come alla ROMA DEI CESARI, che unificòcoll'Azione gran parte di Europa, sottentrò laROMA DEI PAPI, che unificò col Pensiero l'Europae l'America, così la ROMA DEL POPOLO, chesottentrerà all'altre due, unificherà nella fededel Pensiero e dell'Azione congiunti l'Europa,l’America e l'atre parti del mondo terrestre. E col Patto della Nuova fede raggiante un dìsulle genti dal Panteon dell'Umanità, ches'inalzerà, dominatore sull'uno e sull'altro, tra ilCampidoglio ed il Vaticano, sparirànell'armonia della vita il lungodissidio fra terra e cielo, corpo edanima, materia e spirito, ragione efede.E queste cose avverranno,quando voi intenderete che laVita d'un Popolo èreligione - quando,interrogando unicamentela vostra coscienza e latradizione, non deisofisti, ma della vostraNazione e delle altre, vicostituirete sacerdoti,non del solo Diritto, madel Dovere, e senzatransazioni codardemoverete guerra, nonsolamente alla potenza

civile della Menzogna, ma alla Menzogna stessache usurpa oggi in Roma il nome d'Autorità -quando raccoglierete il grido profetico che Romaridesta mandava, or sono dieci anni, all'Italia, escriverete nel vostro core e sulla vostra bandiera:noi non abbiamo che un solo padrone nel cielo,ch'è Dio, e un solo interprete della sua legge interra, ch'è il Popolo.Intanto Roma è la vostra Metropoli. Voi non poteteaver Patria se non in essa e con essa. Senza Romanon v'è Italia possibile. Là sta il Santuario della

Nazione. Come i Crociati movevano al gridodi Gerusalemme! voi dovete movereinnanzi al grido di Roma, Roma! né averpace o tregua, se non quando la bandierad'Italia sventoli nell'orgoglio della vittoria

da ciascuno dei Sette Colli. E qualunque s'attentasse parlarvi d'una Italia

senza Roma a centro, o dettarvi leggid'altrove, sarebbe simile a chivolesse ideare vita senza core.

Non indipendenza senzalibertà: indipendenza è

emancipazione dalla tirannidestraniera, libertà è

emancipazione dalla tirannidedomestica. La patria è la casadell'uomo non dello schiavo.

Chi vuol esservi capos'impegni prima di tutto didarvi libertà, indipendenza,

che si concretano nella patria.Non dunque: Fuori lo

straniero! viva l'indipendenza!ma: Fuori la tirannide! Viva

l'unità nazionale!

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Libertà! Libertà! Siate liberi come l'aria delle vostreAlpi: liberi come le brezze dei vostri mari: liberi

per seguir capi i quali osino e sappian guidarvi; liberiper combattere: liberi per suscitare, coll'armi e con tut-ti i mezzi che Dio v'ha profusi, l'Italia tutta ad insorge-re: liberi d'infervorarvi a vicenda coi convegni fraternie di chiamare lo spirito di Dio sulle turbe raccolte; li-beri di vivere e morir per la Patria, non per un fram-mento di Regno o per una Italia a mosaico col mar-chio di servitù su Napoli, Palermo, Venezia e Roma. D'onde vengono, ove vanno quegli uomini che hannosembianza di prodi, e nondimeno portano come un

segno do sconfitta sulla pallida fronte e movono versoil mar di Liguria, tristi come vittime consecrate?Perchè trasaliscono muti alle parole Eljen a'Magyarmormorate messamente al loro orecchio, come da chisi sente involontariamente colpevole? Sono figli della Drava e dei Carpati: Ungaresi cheerano pochi mesi addietro nelle file nemiche. Soldati e prodi, essi s'apprestavano al debito lorobattaglia; ma quando si videro a fronte la bellabandiera dai tre colori, e udirono il grido all'armi!d'Italia, sentirono un brivido nell’ossa, come s'essimovessero a guerra fraterna e calarono l'armi e

Libertà per noi e per i popoli oppressitratto da Ai giovani d’Italia, E. N., LXIV (Polit., XXII)

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s'arresero. Ricordarono le libere pugne di dieci anni primacontro l 'oppressore della loro terra, e che in queltempo anche in Italia si combattevaquell'oppressore, ch'è oppressore di tutte le terreove pone piede. Ricordarono le glorie dei padri combattenti laminaccia dell'invasore Ottomano, e Venezia checombatteva anch'essa le battaglie Cristiane quando lecombattevano i padri. Ricordarono i vestigidell'antica civiltà Italica diffusi per le loro terre, e ipatti di fratellanza stretti nell'esilio fra uominiimmedesimati nelle comuni sventure e nelle comunisperanze. E ciascuno di loro disse all'altro: là, dove sicombatte per l'emancipazione d'un Popolo, è sacral'emancipazione di tutti: ogni uomo della libera Italiasarà un fratello per noi, e moveremo uniti in nomedella loro e della nostra Nazione. E cessero l'armi perripigliarle sotto più giusta bandiera il dì dopo. Ed ora movono lentamente, tristamente, smarritidell'anima, incerti nella fede, verso quelle terred'Austria, dove sognavano di non tornare chevincitori, a incontrarvi gli scherni e lapersecuzione dell'oppressore. Però che dov'essi credevano trovare un popolo difratelli, e combattere uniti le battaglie della Patria,trovarono una gente aggirata da idolatri e sofisti,combattente, senza saperlo, per un frammento diRegno, e reggitori di rivoluzioni tremanti davantial cipiglio dello straniero e ministri commessi dicorte che dissero loro: tornate; noi v'abbiamoottenuto PERDONO dall'Austria. Ed io mi sento il rossore su per le guance,scrivendo; e voi tutti dovreste arrossire, leggendo. Addio, poveri delusi figli della Drava e dei Carpati.Voi faceste atto solenne di fede; e veniste fra noi perinsegnarci come l'Austria sia debole, e come quelfantasma di potenza, in nome del quale i traviatori delnostro moto ci chiedono di rinunziare alla libertà,all'unità, a tutto ch'è caro ad un popolo, sfumeràcome neve tocca dal sole, quando tra noi unabandiera di popolo porterà scritto: per la nostralibertà e per la vostra. Ma gli uomini ch'or reggono etraviano il nostro moto, non possono intendere lasantità della vostra fede e non vogliono raccoglierel'insegnamento. Non ci maledite: gemete per voi eper noi. Il Popolo d'Italia è ora cieco, non vile. Ma il Popolo d'Italia sorgerà, come Lazzaro, dalsepolcro d'inerzia ove giace, dopo brevi giorni disonno. E fin dalla prima ora del risorgere, essoricorderà il patto d'alleanza che voi gli offriste e isuoi forti si trasmetteranno di fila in fila la paroladella battaglia: Roma-Pesth. E a quel grido, da Pesth a Praga, da Praga a Zagrebda Zagreb a Lemberg, da Lemberg a Cattaro,sorgeranno nemici all'Austria e diranno: noi pure,

noi pure! E il nome del vecchio Impero sparirànella tempesta d’un giorno. Voi siete ventisei milioni d'uomini, circondati dauna Europa di Popoli oppressi, che, come voi,cercano la Patria e come voi provarono d'esserpotenti, desti una volta che siano, a rovesciare iloro padroni. Non entrerà mai dunque in voicoscienza della vostra forza? Non intenderete voi mai che il giorno in cui, invecedi gemere, e supplicare, in nome dei vostripatimenti e di non so quali diritti locali, unadramma di libertà, delibererete di sorgere e dire: innome della natura umana e del Diritto ltaliano,vogliamo Libertà e Patria per noi e per quantis'affratelleranno armi con noi, voi sarete iniziatoridella Guerra delle Nazioni, e tanto forti da fartremare sulle loro sedi tutti i Potenti d'Europa? Voi potete, il giorno in cui due uomini sopra ognicento fra voi vorranno star tre mesi sull'armi, dueterzi all'aperto e l'altro terzo a guardia dellebarricate cittadine, appoggiare le vostre richieste ola vostra chiamata all’Europa con un mezzomilione di combattenti. Non intenderete voi mai che un mezzo milioned'uomini, levati in armi per una idea santa di verità edi giustizia, può ciò che vuole? che la vittoria è suasenza i danni inseparabili da ogni vittoria cercata daforze minori? che le sorti d’Europa stanno raccolte perentro le pieghe della sua bandiera?

L’Italia deve rinascere per sé e per i popoli oppressiiniziando così l’era dei popoli liberi.

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L a Fede è Pensiero ed Azione. E lo sarà un gior-no per tutti; ma lo è fin d'oggi e segnatamente

per voi. Io vi dissi che quando, come membra del grandeessere collettivo che chiamasi Umanità, i diversiPopoli emersero, ciascuno colla sua missionespeciale, dal caos di mille anni addietro, Dio poseun segno sulla fronte al Germano che significaPensiero, e sulla fronte al Franco un altro chesignifica Azione. Or sulla vostra Ei pone un doppiosegno, che significa Pensiero ed Azione congiunti. E quel doppio segno, ch'è la vostra missione ed ilvostro battesimo fra le Nazioni, era visibile sullavostra fronte, mille anni innanzi che gli altri Popolifossero. Però che voi, soli fino ad oggi fra tutti, aveste daDio privilegio di morire e rivivere, come gliuomini favoleggiarono della Fenice. E alla Greciasoltanto, sorella nata ad un tempo colla nostraItalia, fu dato riaffacciarsi, nell'ultimo mezzosecolo, alla seconda vita, quando appuntocominciava per l'Italia ad albeggiare la terza. Così, mentre il Germano move sulla terra colguardo perduto nell'abisso dei cieli, e l'occhio delFranco si leva di rado in alto, ma trascorreirrequieto e penetrante di cosa in cosa sullasuperficie terrestre, il Genio che ha in custodia ilati d'Italia trapassò sempre rapido dall'Ideale alreale, cercando d'antico come potesseroricongiungersi terra e cielo. Per virtù di quella Unità che annoda il cielo infinito,patria del Pensiero, alla terra, patria dell'Azione, ipadri dei vostri padri conquistarono il mondocognito allora; ogni loro Legione era una missionearmata; ogni vittoria era per essi decreto di Giove. E, innanzi ad essi, i padri degli avi, chestanziavano fra Tevere e Po e si chiamavanoEtruschi, edificavano le loro città giusta il concettoche si erano formati del cielo; ed ogni loro atto eraincarnazione d'un pensiero di religione. E dopo d'essi venne una generazione d'uomini-Capi-Capi per consenso e riverenza di popoli - iquali tentarono, per oltre a sei secoli, la santaimpresa di dar sulla terra trionfo alla Legge di Diosull'arbitrio degli uomini, al Pensiero ed alla Parolasulla forza cieca e brutale; e stettero per tuttaEuropa, in nome dell'Amore e della Giustizia, fra iPopoli e i padroni dei Popoli. E l'ultimo e il piùgrande fra loro fu il figlio d'un falegname per nomeIldebrando, frainteso anche oggi dai più. Poi,

perché il regnò di Dio non può scendere sulla terrase non per l'opera libera e pur concorde di tutti,quegli uomini tradirono Popoli e Dio, e fornicandocogli oppressori delle Nazioni, diventarono e sonoveramente i vicari del Genio del Male, dasterminarsi per sempre.I vostri filosofi, i vostri Sacerdoti del Pensiero edell'Arte, non sì tosto avevano afferrato collamente un concetto di Vero, che sentivanoprepotente il bisogno di ridurlo a fatto, e furono,dagli antichi Pitagorici a Tomaso Campanella, daDante Alighieri, a Michelangiolo e Machiavelli,ordinatori di consorzi segreti, legislatori di città opredicatori d'istituti sociali. E si frammischiaronoalle battaglie delle loro città, congiurarono controle tirannidi, affrontarono prigioni, esili, torture.Contemplarono e fecero. E mentre altrove gli uomini ch'ebbero nome diriformatori di Religione assalivano gli oppressorispettando gli oppressori dell’anima, rispettando glioppressori dei corpi, ed erano Titani d’audaciacontro la Menzogna violatrice del Cielo,maledicendo aspremente ai figli del popolo chevolevano cancellarla di sulla Terra, tra voi inteseroche Spirito e Corpo si confondono nella Vita, ch'èuna, e morirono sui roghi per aver tentato che laVerità di Dio trionfasse in atti visibili nellafratellanza civile. E cento anni addietro, le vostredonne in Firenze versavano ancora fiori, il ventitrémaggio d'ogni anno, sul terreno dove era morto trale fiamme un santo frate che sollevava, or sono tresecoli e mezzo, la bandiera dell'emancipazionereligiosa e della Repubblica. Or voi, abbandonando in questo la tradizione delvostro popolo, e perduta dietro a insegnamentistranieri la memoria della missione d'Unità il cuicompimento deve farvi Nazione, avete smembratola vostra vita; e i più tra voi amano la Patria colsolo pensiero, commettendo l'opere sacrandovi. I giovani guerrieri dei tempi di mezzo vegliavano lanotte in armi, prostrati sul nudo marmo, nel digiunoe nella preghiera, prima d'iniziarsi nella Cavalleria.Ed essi non giuravano che ad un Signore, creaturamortale com'essi: voi giurate a Dio, alla Patria,all'Umanità. E la loro ricompensa per le belleimprese era la speranza che il loro nome passasse,suono fugace, a pochi posteri nella canzone d'untrovatore; ma voi aspetta la lunga benedizione dellegenerazioni che avranno Patria da voi, e la vostramemoria, fatta Tradizione d'onore, s'incarnerà nella

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Pensiero e azionetratto da Ai giovani d’Italia, E. N., LXIV (Polit., XXII)

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vita progressiva di tutta la vostra Nazione.L'opportunismo accomodante, il machiavellismomale inteso guastano gli uomini e corrompono ipopoli nel loro nascere. Occorre rinnovare lo spirito:

avere fede nel buon diritto non nella Forza bruta, nonnella Tattica astuta, non nel Lucro immondo. Non c'èla rinascita della patria senza unità, indipendenza,libertà: trinità che forma la nuova coscienza italiana.

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E d in nome del Vero oggi io grido: Giovani d'I-talia, sorgete!

Sorgete sui monti! Sorgetete sul piano! Sorgete inciascuna delle vostre città! Sorgete tutti e per ognidove! Non vedete che il sorgere subito e universaleè vittoria certa senza i sacrifici della vittoria? Sorgete tutti e per tutti! Non siete voi tutti figlid'una stessa Italia, in cerca d'una stessa Patria? Non dite, voi che avete terreno libero ed armi:perché non sorgono come noi gliuomini delle altre provincie? Inverità, quella è parola di Caino, e

se voi poteste proferirla,meritereste di perdere la

libertà conquistata, ela

perdereste. Non v'è che una Italia, e, su quella, non provincie,ma zone di operazione e un esercito Italianocomposto di quanti si concentrano in armi intornoalla bandiera della Nazione. Voi siete quell'esercitoe dovete movere senza riposo, ingrossando per via,alla conquista di quelle zone. Non dite, voi che gemete tuttora nella servitù:perché non vengono a scacciare i nostri tiranni gliuomini delle terre già libere? Se voi sorgesteverrebbero, e scaccereste, uniti, più rapidamente, ivostri padroni. Figli delle terre affrancate, non troverà la Patria fravoi Un Cesare della libertà che valichi ilRubicone? Figli delle terre schiave, non troverà laPatria fra voi un solo Procida che osi chiamare glioppressi ai Vespri sugli oppressori? Sorgete, oh sorgete! Sorgete oggi: domani avretepiù gravi ostacoli. Perché, se nei loro Conciliaboli iPrincipi potranno dire: là v'è quiete, sanciranno coiloro patti la durata di quella quiete, e voi avretenemici tutti, mentr'oggi è in vostro potere dividerli. Sorgete oggi! Il tempo è tutto per voi. Oggi ancorale moltitudini sperano e fremono: domaniricadranno incredule, sfibrate, pervertite dall'artiassidue dei vostri nemici.Sorgete oggi! Un'ora di schiavitù rassegnatamentepatita, quando la vittoria è possibile, merita unsecolo di tirannide e d'obbrobrio al Popolo che lapatisce. E chi può darvi condizioni migliori pervincere di quelle d'oggi? Le migliaja dei vostrifratelli in armi, le forze dei vostri padroni titubantie smembrate, uno straniero spossato dalla disfatta,l'altro dalla vittoria e impotente a mutar di campo edi bandiera ad un tratto, e i consigli dell'Europadivisi, e le Nazioni deste al vostro destarsi, non vidicono che il momento è venuto? Uomini delle terre Napoletane! A che state? Sapetevoi quale nome serpe per voi tra i Popolidell'Europa attonita della vostra immobilità? È il nome che l’uomo non ode senza ricorrereall'armi: il nome che stampa sulla fronte a unPopolo il marchio del disonore. In nome dell'onored'Italia e del vostro, in nome del vostro passato, innome degli esempi di fortezza che vennero da voi

Giovani d’Italia, sorgete!tratto da Ai giovani d’Italia, E. N., LXIV (Polit., XXII)

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L'insurrezione d'Italia è iniziata: diffondetela,allargatene la base, afforzatela, per quanto vi ècaro. Le insurrezioni che s'arrestano muojono. Avoi bisogna andar oltre, o perire. Sorgete, sorgete! Non corre sangue d’Italia nellevostre vene? Fra la minaccia del nemico e i cenni delBrenno alleato, non sentite ribollirvi nel core vita eorgoglio di liberi? E’ terra nostra questa o d'altrui?Feudo o proprietà di cittadini padroni di sé? A chel'armi, se non le adoperate? A che il grido fremente diViva l'Italia? Su per Perugia! I protocolli non vipagheranno il sangue che vi fu versato. Su perVenezia! Dai conciliaboli regi non avrete che paci diCampoformio o di Villafranca. Su per quanti gemonodall'Alpi al Mare! Sorgete, come le tempeste dei vostricieli, tremendi e rapidi! Sorgete, come le fiamme deivostri vulcani, irresistibili, ardenti! Fate armi dellevostre ronche, delle vostre croci, d'ogni cosa che haferro! Sfidate la morte, e la morte vi sfuggirà. Abbiateun momento di vita volente, potente, Italiana davvero,come Iddio la creò; e la Patria è vostra.E Dio benedica voi, le vostre spade, i vostri affettie la vostra vita terrena, e l'anime vostre e lemaledizioni stesse escite talora dal vostro labbro sume che scrivo col vivo sangue del core, e la cuivoce, tremante per febbre d'amore e di desiderio,voi spesso scambiaste in voce d'agitatore volgare,irrequieto e importuno. Sperda l’oblio ogni ricordodi me, purché sventoli, fra un Popolo di liberi, purad'innesti, la bella, la santa, la cara Bandiera dai trecolori d'Italia, sulla terra ove dorme mia Madre.

14 novembre 1859

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primi a tutta la nostra contrada, sorgete, e fondi ilvostro sorgere la Patria d'un getto!Figli dell'Isola che disse undici anni addietro ai suoitiranni: Noi sorgeremo il tal giorno, e attenne la suaparola, siete voi fatti simili a fanciulli pendenti dallabbro del pedagogo? L'ora della vostra Libertà nonpuò venirvi per messaggio segreto di Firenze oTorino. L’ora della vostra Libertà scoccherà ilgiorno in cui, in una delle vostre città, centogenerosi fra voi, congiunte le destre e l'armi,ripeteranno la parola dei padri: tradisce la Patriachi tarda. Morte pria che servire!Tradisce la Patria chi tarda. Gittate, o giovanid'Italia, l'anatema a chi vi parla d'indugio, e sorgete.A che ammirate l'impeto sublime di Francia nel1792 e i quattordici eserciti spinti alla sua frontiera?La Francia non contava allora più milioni d'uominiche non son oggi i milioni d'Italia. A che dir grandi icombattenti della Grecia risorta? Non potete essergrandi com'essi? I Greci erano un milione contro unnemico dieci volte più forte; ma s'armarono tutti,giurarono di sotterrarsi sotto le ruine delle loro città,anziché piegare innanzi alla Mezza-luna,mantennero a Missolungi il loro giuramento, evinsero. Fate com'essi: vincerete com'essi. Su, sorgete! Non piegate alle lodi che vi vengono,per gl'indugi accettati, da quelli ai quali giova chevoi indugiate: in verità io vi dico che quei lodatorisogghignano nel loro segreto, e vi schernisconocreduli e puerilmente arrendevoli. I cinque mesid’inerzia durata dovrebbero pesarvi sulla frontecome cinque anni di vergogna non meritata.

H o detto ch’io non intendo scrivere la mia vita,e balzo all’anno 1827. Sul finire, credo, del-

l'anno anteriore, io aveva scritto le mie prime pagi-ne letterarie, mandandole audacemente all'Antolo-gia di Firenze, che, molta a ragione non le inserì ech’io aveva interamente dimenticate, finché le vidimolti anni dopo inserite, per opera di N. Tommaseo,nel Subalpino: versavano su Dante ch’io dal 1821 al1827 aveva imparato a venerare non solamente co-me poeta, ma come Padre della Nazione.Nel 1827 fremevano accanite le liti fra classicisti eromantici, tra i vecchi fautori d’un dispotismoletterario la cui sorgente risaliva per essi a duemilaanni più anni addietro e gli uomini che in nomedella propria ispirazione, volevano emanciparsene.Eravamo, noi giovani, romantici tutti. Ma a mepareva che pochissimi, se pur taluno, si fossero

addentrati a dovere nelle viscere della questione. Iprimi, Arcadi di Roma, Accademici della Crusca,Professori e pedanti, andavano ostinatamentescrivendo imitazioni fredde, stentate, senzaintento, senz’anima, senza vita: i secondi nondando base alla nuova Letteratura fuorché lafantasia individuale, si sbizzarrivano in leggendedei tempi di mezzo, inni menzogneri alla Vergine,disperazioni metriche non sentite, e in ogniconcetto d’un’ora che s’affacciasse alla loro menteintollerante d'ogni tirannide, ma ignara dellasantità della Legge che governa, come ogni altracosa, anche l’Arte. E parte di questa Legge è chel’Arte o compendii la vita di un'Epoca che staconchiudendosi o annunzi la vita di un'Epoca chesta per sorgere, l’Arte non è il capriccio d'uno od'altro individuo, ma una solenne pagina storica o

Le prime prove nelle letteretratto da Dalla Carboneria alla “Giovine Italia”, E. N., LXXVII (Polit., XXVI)

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una profezia; e se armonizza in sé la doppiamissione, tocca, come sempre in Dante e talora inByron, il sommo della potenza. Or, tra noi, l'artenon poteva essere se non profetica. Gli Italianinon avevano da tre secoli vita propria, spontanea,ma esistenza di schiavi immemori che accattavanoogni cosa dallo straniero. L’Arte non potevadunque rivivere se non ponendo una lapide dimaledizione a quei tre secoli e intonando ilcantico dell’avvenire. E a riuscirvi bisognavainterrogare la vita latente, addormentata,inconscia del popolo, posar la mano sul corepressochè agghiacciato della Nazione e spiarne irari interrotti palpiti e desumerne riverenti intentoe norme agli ingegni. L’ispirazione individualedoveva sorgere con indole propria dalleaspirazioni della vita collettiva italiana, come bellidi tinte varie e d'infiorescenza propria sorgono, daun suolo comune a tutti, i fiori, poesia della terra.Ma la vita collettiva d'Italia era. incerta,indefinita, senza centro, senza unità, d'ideale,senza manifestazione regolare, ordinata. L’arte

poteva dunque prorompere a gesti isolati,vulcanici; non rivelarsi progressiva, continua,come la vita vegetale del Nuovo Mondo, dove glialberi intrecciando ramo a ramo formano l'unitàgigantesca della foresta. Senza Patria e Libertà noipotevamo avere forse profeti d'Arte, non Arte.Meglio era dunque consecrare la vita intorno alproblema: avremo noi Patria? e tentaredirettamente la questione politica. L’Arte Italianafiorirebbe, se per noi si riuscisse, sulle nostretombe.Questi pensieri - che l'ingegno sommo e l'amoredel paese devono avere di certo suggerito aManzoni e che tralucono divinamente nei Coridelle sue tragedie ed altrove, raumiliati poi dallasoverchia mitezza dell’indole e dalla fatalerassegnazione insegnatagli dal Cattolicismo - eranoallora pensieri di pochi. Predominava tutto quelsubbuglio di letterati non cittadini la falsa dottrinafrancese dell’arte per l'arte. Soli, sul campo dellaCritica fecondatrice, ne davano indizionell'Antologia Tommaseo e Montani. [...]

antologia| brani mazziniani

F ummo condotti a Savona (Riviera Occidenta-le) in Fortezza, e tosto disgiunti. Giungevamo

inaspettati, e la mia celletta non era pronta. In unandito semibujo dove mi posero, ebbi la visita delGovernatore, un De Mari, set tuagenario, il quale,motteggiandomi stolidamente sulle notti perdute inconvegni colpevoli e sulla tranquillità salutare ch’iotroverei in Fortezza - poi rispondendomi, sul miochiedere un sigaro, ch’egli avrebbe scritto a S. E. diGenova per vedere se poteva concedersi - mi fecepiangere, quand’ei fu partito, le prime lagrime dal-l’imprigionamento in poi. Erano lagrime d’ira nel sentirmi cosìcompiutamente sotto il dominio d’uomini ch’iosprezzava. Fui dopo un’ora debitamente confinato nella miacelletta. Era Sull’alto della Fortezza: rivolta almare, e mi fu conforto. Cielo e Mare - due simbolidell’infinito e coll’Alpi, le più sublimi cose che lanatura ci mostri - mi stavano innanzi quand’iocacciava il guardo attraverso l’inferriate delfinestrino. La terra sottoposta m’era invisibile. Levoci dei pescatori mi giungevano taloraall’orecchio a seconda del vento. Il primo mesenon ebbi libri: poi, la cortesia del nuovoGovernatore, cav. Fontana, sottentrato per venturaall’antico, fe’ sì ch’io ottenessi una Bibbia, unTacito, un Byron. Ebbi pure compagno di prigionia

un lucherino, uccelletto pieno di vezzi e capaced’affetto, ch’io prediligeva oltremodo. D’uomini ionon vedeva se non un vecchio sergente Antoniettiche m’era custode benevolo, l’ufficiale al quale siaffidava ogni giorno la guardia e che compariva unistante sull’uscio ad affisare il suo prigioniero, ladonna piemontese, Caterina, che recava il pranzo, eil Comandante Fontana. L’Antonietti mi chiedevaimperturbabilmente ogni sera s’io avessi comandi,al che io rispondeva invariabilmente: un legno perGenova. Il Fontana, antico militare, capaced’orgoglio italiano, ma profondamente convintoche i Carbonari volevano saccheggio, abolizione diqualunque fede, ghigliottina sulle piazze e cosesiffatte, compiangeva in me i traviamenti delgiovine e tentò, a rimettermi sulla buona via, ogniarte di dolcezza, fino a tradire le sue istruzioniconducendomi la notte a bere il caffè colla di luimoglie, piccola e gentile donna imparentata, nonricordo in qual grado, con Alessandro Manzoni. Intanto, io andava esaurendo gli ultimi tentativi percavare una scintilla di vita dalla Carboneria coigiovani amici lasciati Genova. Ogni dieci giorni ioriceveva, aperta s’intende e letta e scrutata dalGovernatore di Genova e da quello della Fortezza,una lettera di mia madre e m’era concessorisponderle, purch’io scrivessi in presenza dell’Antonietti e gli consegnassi aperta la lettera. Ma tutte

Il carcere di Savona e la concezione della Giovine Italiatratto da Dalla Carboneria alla “Giovine Italia”, E. N., LXXVII (Polit., XXVI)

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queste precauzioni non nuocevano al concertoprestabilito fra gli amici e me, ed era, che dovessimoformar parole, per sovrappiù di cautela, latine, collaprima lettera d’ogni alterna parola. Gli amicidettavano a mia madre le prime otto o nove lineedella sua lettera; e quanto a me, il tempo perarchitettare e serbare a memoriale frasi ch’io dovevoscrivere, non mi mancava. Così mandai agli amici dicercare abboccamento con parecchi fra i carbonari ame noti, i quali tutti, colti da terrore, respinseroproposte ed uomini; e così seppi l’insurrezionePolacca, ch’io per vaghezza d’imprudenza giovanileannunziai a Fontana, il quale m’aveva accertatopoche ore prima tutto essere tranquillo in Europa. Dicerto, ei dove raffermarsi più sempre nell’idea chenoi avevamo contatto col diavolo.Bensì, e il terrore fanciullesco dei Carbonari inquel solenne momento, e le lunghe riflessioni miesulle conseguenze logiche dell’assenza d’ogni fedepositiva nell’associazione, e una scena ridicolach’io m’ebbi col Passano, (il quale incontrato dame per caso nel corridojo mentre si ripulivano lenostre celle, al mio susurrargli affrettato: ho modocerto di corrispondenza; datemi nomi rispose colrivestirmi di tutti i poteri e battermi sulla testa perconferirmi non so qual grado indispensabile diMassoneria) raffermavano me nel concetto formatogià da più mesi: che la Carboneria era fattacadavere e che invece di spendere tempo e fatica agalvanizzarla, era meglio cercar la vita dov’era, efondare un edifizio nuovo di pianta. Ideai dunque, in quei mesi d’imprigionamento inSayona, il disegno della Giovine Italia; meditai iprincipii sui quali doveva fondarsi l’ordinamento delpartito e l’intento che dovevamo dichiaratamenteprefiggerci: pensai al modo d’impianto, ai primi ch’ioavrei chiamato a iniziarlo con me, all’inanellamentopossibile del lavoro cogli elementi rivoluzionariEuropei. Eravamo pochi, giovani, senza mezzi ed’influenza più che ristretta; ma il problema stava perme nell’afferrare il vero degli istinti e delle tendenze,allora mute, ma additate dalla storia e dai presentimentidel core d’Italia. La nostra forza dovea scendere daquel Vero. Tutte le grandi imprese Nazionali si inizianoda uomini ignoti e di popolo, senza potenza fuorché difede e di volontà che non guarda a tempo né adostacoli: gl’influenti, i potenti per nome e mezzi,vengono poi a invigorire il moto creato da quei primi espesso pur troppo a sviarlo dal segno. Non dirò qui come gl’istinti e le tendenze d’Italia,quali m’apparivano attraverso la Storia e nell’intimacostituzione sociale del paese, mi conducessero aprefiggere intento all’Associazione ideata, l’Unità ela Repubblica... Accennerò soltanto come fin d’allorail pensiero generatore d’ogni disegno fosse per menon un semplice pensiero politico, non l’idea del

miglioramento delle sorti d’un popolo ch’io vedevasmembrato, oppresso, avvilito; ma un presentimentoche l’Italia sarebbe, sorgendo, iniziatrice d’unanuova vita, d’una nuova potente Unità alle nazionid’Europa. Mi s’agitava nella mente, comunqueconfusamente e malgrado il fascino ch’esercitavanosu me in mezzo al silenzio comune, le voci fervide dicoscienza direttrice uscenti allora di Francia, unconcetto ch’ io espressi sei mesi dopo; ed era che unvuoto esisteva in Europa, che l’Autorità, la vera, labuona, la Santa Autorità, nella cui ricerca sta pursempre, confessato a noi stessi o no, il segreto dellavita di tutti noi, negata irrazionalmente da tanti iquali confondono con essa un fantasma, unamenzogna d’Autorità e credono negar Dio quandonon negano che gli idoli, era svanita, spenta inEuropa; che quindi non viveva in alcun popolopotenza d’iniziativa concetto che gli anni, gli studii, idolori hanno confermato irrevocabilmentenell’animo mio e mutato in fede. E se mai, ciò ch’ionon credo, mi fosse dato, fondata una volta l’UnitàItaliana, di vivere un solo anno di solitudine in unangolo della mia terra o in questa ov’io scrivo e chegli affetti m’hanno fatto seconda patria io tenterò disvolgerlo e desumerne le conseguenze più importantich’altri non pensa. Allora, da quel concetto nonmaturato abbastanza, balenava, come una stelladell’anima, una immensa speranza: l’Italia rinata èd’un balzo missionaria di una Fede di Progresso e diFratellanza, più vasta assai dell’antica, all’umanità. Io aveva in me il culto di Roma. Fra le sue muras’era due volte elaborata la vita Una del mondo. Là,mentre altri popoli, compita una breve missione,erano spariti per sempre e nessuno aveva guidatodue volte, la vita era eterna, la morte ignota. Aivestigi potenti d’un’epoca di Civiltà che aveva avuto,anteriormente alla Greca, sede in Italia, e della qualela scienza storica dell’avvenire segnerà l’azioneesterna più ampia che gli eruditi non sospettano,s’era sovrapposta, cancellandola nell’oblio, la Romadella Repubblica conchiusa dai Cesari, e aveasolcato, dietro al volo dell’aquile, il mondo noto conl’idea del Diritto, sorgente della Libertà. Poi, quandogli uomini la piangevano sepolcro di vivi, era risortapiù grande di prima e, risorta appena, s’era costituita,coi Papi, santi un tempo quanto oggi abbietti. Centroaccettato d’una nuova Unità che levando la leggedalla terra al cielo, sovrapponeva all’idea del Dirittol’idea del Dovere comune a tutti e sorgente quindidell’Eguaglianza. Perché non sorgerebbe da unaterza Roma, la Roma del Popolo Italico, della qualemi pareva intravvedere gl’indizii una terza e piùvasta Unità che, armonizzando terra e cielo, Diritto eDovere, parlerebbe non agli individui, ma ai popoli,una parola d’Associazione insegnatrice ai liberi edeguali della loro missione quaggiù?

brani mazziniani | antologia

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Italo Cernera

Insegnare a leggere e scrivere

nella prima classedella scuolaelementare

Valore Scuola, 2005pp. 108, € 10

È appena uscito per i tipi della nostra CasaEditrice un nuovo libro di cui siamoorgogliosi. Si tratta di un libro singolareche ci piace segnalare subito ai lettori.Italo Cernera, con la collaborazione diMaria Rosa Altilio, Ci regalano un piccolomanuale per i docenti che insegnano inprima elementare e per quelli che nellascuola dell’infanzia si pongono l’obiettivodi insegnare ai bambini a leggere e ascrivere.Anzi, per alcuni aspetti il libro è utileanche ai genitori che vogliono avvicinareil bambino alla confidenza con la cartastampata.Consigliamo vivamente ai nostri lettoriquesto manuale. Non lo facciamo mai, nondispensiamo consigli a vanvera. Maquesta volta ci sentiamo di poterlo fare perun motivo elementare: è un librodivertente che vuole insegnare a leggere ea scrivere in maniera giocosa.Il bambino può essere portato, nel rispettodella sua maturazione, a certi livelli. Maquesto deve avvenire attraverso attivitàgiocose, allegre, che non siano ripetizionevana, ma basate sulla creatività, il gioco,l’immaginazione. Questi sono i principi sucui si basano gli autori.

Il libro può essere richiesto direttamente allanostra casa editrice telefonando ai numeritel. 06/5813173 - 06/5885355 fax 06/5813118

BIBLIoTECA DELL’INSEGNANTE

Novità

Luigi Calcerano

Meminisseiuvabit

Valore Scuola, 2005pp. 324

Un giallo raccontato in prima persona daun protagonista d’eccezione, il poetalatino Quinto Orazio Flacco, riluttantemediatore di consenso alla corte diAugusto e di Mecenate.La storia ha inizio quando un’ombra delpassato di Orazio, un commilitone diFilippi, ferito, fuggiasco, gli presenta ilconto della sua giovanile adesione agliideali repubblicani.Segreti, abusi, delitti, trame politicheinconfessabili, sospetti, violenze,tradimenti, tesori e sicari nella Romainquieta del 23 a.C., dove regnanol’angoscia e la paura, dove si può amareed essere felici solo per pochi istanti e sipuò essere uccisi per pochi sesterzi.Meminisse iuvabit è un romanzo storico,con un’accurata ricostruzione della vitaquotidiana, sociale e politica di un’epocatravagliata.La soluzione inaspettata affonda in unmisterioso intrigo dei tempi di Cicerone.

Il libro verrà inviato insieme a VS La rivistan. 9 - 2005

UN GIALLo AI TEMPI DI oRAzIo

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