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DIREZIONE delle PROFESSIONI SANITARIE Cod.: PGSGQ15 Data: 01/02/2016 Rev.: 4 PROCEDURA GENERALE PER LA PREVENZIONE ED IL TRATTAMENTO DELLE LESIONI CUTANEE DA PRESSIONE Pagina 1 di 79 Prot DOCS PA 2557971 del 19/04/2016 PROCEDURA GENERALE PER LA PREVENZIONE ED IL TRATTAMENTO DELLE LESIONI CUTANEE DA PRESSIONE Descrizione delle modifiche apportate: La presente revisione di PGSGQ15 modifica in particolare l’argomento prevenzione inserendo le superfici di terapia in sostituzione dei precedenti materassi antidecubito e la parte di trattamento inerente le medicazioni avanzate. E’ stata anche rivista la Scheda infermieristica in uso. Redazione e verifica contenuti Verifica forma Approvato Emesso Per rappresentanza Di.P.Sa. Coord. Infermieristica Dr.ssa Gabriella BOARINO + gruppo lavoro vedi pag. 4 (Firmato in originale) S.S.D. Qualità - RM Dr. Luciano VERO (Firmato in originale) Direzione Professioni Sanitarie Dr. ssa M. Gabriella BROCIERO (Firmato in originale) Direzione Sanitaria di Presidio Dr.ssa M. Cristina FRIGERI (Firmato in originale) S.S.D. Qualità, Risk M. Dr. Luciano VERO (Firmato in originale)

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PROCEDURA GENERALE

PER LA PREVENZIONE ED IL TRATTAMENTO

DELLE LESIONI CUTANEE DA PRESSIONE

Descrizione delle modifiche apportate: La presente revisione di PGSGQ15 modifica in particolare l’argomento prevenzione inserendo le superfici di terapia in sostituzione dei precedenti materassi antidecubito e la parte di trattamento inerente le medicazioni avanzate. E’ stata

anche rivista la Scheda infermieristica in uso.

Redazione e verifica contenuti

Verifica forma Approvato Emesso

Per rappresentanza Di.P.Sa. Coord. Infermieristica Dr.ssa Gabriella BOARINO + gruppo lavoro vedi pag. 4 (Firmato in originale)

S.S.D. Qualità - RM Dr. Luciano VERO

(Firmato in originale)

Direzione Professioni Sanitarie Dr. ssa M. Gabriella BROCIERO

(Firmato in originale) Direzione Sanitaria di Presidio Dr.ssa M. Cristina FRIGERI

(Firmato in originale)

S.S.D. Qualità, Risk M. Dr. Luciano VERO

(Firmato in originale)

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Indice

1 Premessa.....................................................................................................................................3

2 Scopo...........................................................................................................................................5

3 Campo di applicazione ................................................................................................................5

4 Modifiche alle revisioni precedenti ............................................................................................5

5 Definizioni/Classificazioni/Fisiopatologia delle LCP....................................................................6

5.1 Glossario/Siglario ........................................................................................................................6

5.2 Definizioni/Classificazioni............................................................................................................6

5.3 Fisiopatologia............................................................................................................................13

5.4 Misurazione della lesione..........................................................................................................17

6 Matrice delle Responsabilità (vedi nota n.1) ...........................................................................18

7 Diagramma di flusso..................................................................................................................19

8 Descrizione delle ATTIVITA’ 1-2-3 .............................................................................................20

8.1 ATTIVITA’ 1: Assistenza infermieristica e prevenzione delle lesioni cutanee da pressione.......20

8.2 ATTIVITA’ 2: Gestione globale delle Lesioni Cutanee da Pressione e istruzioni per la cura......55

8.3 ATTIVITA’ 3: Processo Assistenziale e Documentazione ..........................................................74

9 Riferimenti/Allegati...................................................................................................................78

Riferimenti..........................................................................................................................................78

Allegati e Appendici............................................................................................................................79

10 Indicatori di verifica ..................................................................................................................79

11 Lista di distribuzione .................................................................................................................79

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1 Premessa

1.1 Epidemiologia danni da immobilizzazione

L'evento più temuto della sindrome da immobilizzazione, assai facile da instaurarsi nell'anziano in

rapporto alla particolare fragilità della sua cute, ma anche tra i più suscettibili di prevenzione e

trattamento efficaci, è la comparsa di Lesioni Cutanee da Pressione (LCP) - piaghe o ulcere.

Tra i pazienti ospedalizzati per malattie acute la prevalenza di lesioni da pressione in stadio II o più

avanzato varia dal 3% all'11%, mentre l'incidenza durante il periodo di degenza ospedaliera è

dell'1-3%; queste percentuali salgono rispettivamente al 32% ed al 7,7% se si considerano solo i

pazienti costretti a letto o alla sedia rispettivamente per almeno 1 e 3 settimane. In uno studio

italiano da parte dell’Associazione Infermieristica per lo Studio delle Lesioni Cutanee (A.I.S.Le.C.)

effettuato nel 2010, sono stati raccolti dati di 3420 pazienti ricoverati in 50 ospedali per una

somma complessiva di 112 reparti medici e 55 reparti di area intensiva. L’analisi è stata condotta

su 3011 schede di cui 2586 riferite a pazienti di area medica e 425 di area intensiva.

- I tassi di prevalenza delle LCP1

□ in Ospedale dal 4,7 al 32,1%

□ per setting assistenziale: TI/Rianimazione è del 28,94%

□ per setting assistenziale: Medicina/Lungodegenze è del 17,98%

□ presso le Strutture residenziali nel territorio è del 22%

- Il confronto tra prevalenza delle LCP nei diversi studi dell’A.I.S.Le.C. dal 1994 in poi rilevano:

□ Prevalenza LCP da Studio AISLeC 1994 13,2%

□ Prevalenza LCP da Studio AISLeC 1996 17,7%

□ Prevalenza LCP da Studio AISLeC 2010 19,5%

- Le sedi anatomiche interessate dalle LCP:

Sacro 41,3% Occipite 1,4%

Trocantere 5,4% Ischio 2,7%

Malleolo 3,1% Tallone 35,9%

Altro 10,2%

1 A. Cartabellotta, A. Peghetti. Linee guida per la prevenzione e il trattamento delle lesioni da pressione nelle cure primarie e in ospedale. Evidence Best practice – Giugno 2014 – Volume 6 – www.evidence.it

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- Lesioni uniche o multiple:

□ Uniche 59,86%

□ Multiple 40,14%

- Suddivisione delle lesioni per grado secondo la scala EPUAP:

□ I Stadio 36,3%

□ II Stadio 32,4%

□ III Stadio 13,2%

□ IV Stadio 7,2%

□ Escara 10,9%

- Presenza di LCP per punteggio Braden

□ Braden < 16 91%

□ Braden > 16 9%

- Altri dati generali

□ La percentuale dei pazienti con età superiore a 75 anni è in notevole aumento rispetto alla

precedente indagine del 1996 e si attesta al 70,9% dei pazienti analizzati

In Pediatria, infine, per le Lesioni Cutanee da Pressione in letteratura sono riportate un’incidenza e

una prevalenza del 4%, con un’incidenza che aumenta invece al 17-25% quando venga considerata

la popolazione ricoverata nelle terapie intensive.

1.2 Procedura revisionata nel 2014/15 da:

Infermieri: Elisa ARIANO, Chiara CALOSSO, Cristina COMUNE, Chiara DOTTA, Silvana FERRERO,

Patrizia GHIONE, Delphine HERBY, Ilaria MARASSO, Giuseppe MONTANA, Mihaela SPINOAE,

Federica RIBERTI, Paola PORELLO, Catia TORTONE, Claudia Melania URIES, Elena GORGA

Infermiere esperte in wound care: Michela TOPPINO, Anna Maria SALVETTI

Infermiere Coordinatrici: Simonetta CABUTTI, Flora FERRARI, Daniela MINASSO, Rosella PALMA

Di.P.Sa.: Coordinatrice Infermieristica del lavoro: CPSE Gabriella BOARINO in rappresentanza della

Direzione delle Professioni sanitarie

Medici: Giovanni TORRE, Luciano VERO

Farmaciste: Sara BOFFA, Loredana CASTELLINO

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2 Scopo I professionisti sanitari devono essere consapevoli del fatto che tutte le persone assistite sono

potenzialmente a rischio di sviluppare lesioni cutanee da pressione. Le LcP costituiscono una

condizione severa e dolorosa che può colpire appunto soggetti di ogni età; sono un esempio di

danno evitabile che aumenta la mortalità e la durata della degenza, con ingente consumo di

risorse. La loro prevenzione rappresenta una priorità per qualunque servizio sanitario; quando

invece si manifestano, quelle di stadio 1 possono essere facilmente risolvibili mentre, quelle di

stadi superiori, anche se individuate tempestivamente richiedono cure appropriate da parte dei

professionisti sanitari.

Questa procedura generale si pone dunque l’obiettivo di: • Uniformare gli interventi assistenziali di prevenzione e trattamento delle LCP sulla base delle

evidenze scientifiche e della compliance della persona assistita/caregiver

• Ottimizzare l’uso degli ausili e dei dispositivi di medicazione forniti dall’Azienda,

indirizzandone gli acquisti sulla base dei requisiti di efficacia ed efficienza.

• Creare uno strumento di lavoro pratico, accessibile ed efficace ad uso del personale

medico/infermieristico/di supporto e del personale del settore farmaceutico

• Assicurare la continuità assistenziale alla persona presso ospedale - territorio – domicilio.

3 Campo di applicazione

La procedura si applica in tutte le strutture dell’ASLCN2, ospedaliere e territoriali, in cui si assistono

persone a rischio di LcP o con LcP, ed è indirizzata a tutti i/gli professionisti sanitari/operatori ivi

afferenti, come indicato nella Lista di distribuzione (cap. 11).

4 Modifiche alle revisioni precedenti La presente revisione di PGSGQ15 modifica in particolare l’argomento prevenzione inserendo le

superfici di terapia in sostituzione dei precedenti materassi antidecubito e la parte di trattamento

inerente le medicazioni avanzate. Viene rivista anche la scheda infermieristica in uso.

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5 Definizioni/Classificazioni/Fisiopatologia delle LCP

5.1 Glossario/Siglario

- A.I.S.Le.C.: Associazione Infermieristica per lo Studio delle Lesioni Cutanee - CPR: Rianimazione Cardiopolmonare - D.I.: Diagnosi Infermieristiche identificate e codificate secondo la North American Nursing

Diagnosis Association (NANDA) - Di.P.Sa.: Direzione delle Professioni Sanitarie = ex S.I.T.R.P.O.: Servizio Infermieristico, Tecnico,

della Riabilitazione, della Prevenzione e della Professione Ostetrica. - DOCS PA: Gestione Documentale con Protocollo Informatico per la Pubblica Amministrazione - LCP: Lesione Cutanee da Pressione - LdD: Lesione da Decubito - LdP: Lesione da Pressione - MMG: Medico di Medicina Generale - N.O.C.: Classificazione Internazionale dei Risultati Infermieristici - N.I.C.: Classificazione Internazionale degli Interventi Infermieristici - Operatori-figure professionali afferenti alla Di.P.Sa.: operatori sanitari appartenenti alle

Professioni Sanitarie: Infermieristiche, Ostetriche, Riabilitative, Tecnico-Diagnostiche, Tecnico-Assistenziali e della Prevenzione2. Operatori appartenenti alle figure di supporto alle professioni sanitarie

- p.a.: persona assistita - R.U.D. Responsabile Ufficio Dipartimentale per la gestione delle Risorse

Infermieristiche/Tecniche Assistenziali - S.C.: Struttura Complessa - SS.CC.: Strutture Complesse - S.S.N.: Servizio Sanitario Nazionale - T.I.M.E. Tissue - Tessuto; Infection/Inflammation - Infezione/Infiammazione; Moisture

Imbalance - Squilibro idrico/ Umidità/Idratazione; Epidermal margin-Margini dell’Epidermide - WBD: Wound Bed Preparation: preparazione del letto della ferita

5.2 Definizioni/Classificazioni

È definita Lesione Cutanea da Pressione (LCP) o Lesione da Pressione (LdP) o Lesione da

decubito (LdD), una lesione tessutale, con evoluzione necrotica, che interessa la cute, il derma e

gli strati sottocutanei, fino a raggiungere, nei casi più gravi, la muscolatura e le ossa. È la

conseguenza diretta di un’elevata e/o prolungata compressione dei tessuti o di forze di taglio (o

2 Decreto Ministero della Sanità 29 marzo 2001, n. 118: Definizione delle figure professionali di cui all’art. 6, comma 3, del Dlgs 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, da includere nelle fattispecie previste dagli artt. 1, 2, 3,4, 6 della Legge 10 agosto 2000 n. 251/2000

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stiramento) causanti uno stress meccanico ai tessuti e la strozzatura dei vasi sanguinei. Alla

formazione delle lesioni concorrono anche fattori sistemici o intrinseci come patologie

debilitanti, croniche, malnutrizione, disidratazione.

Costituisce un fenomeno importante nelle strutture di ricovero ospedaliero e sul territorio, sia per

il numero di pazienti coinvolti che per tempi e risorse necessarie per il trattamento del problema.

Classificazione/Stadiazione internazionale delle Lesioni da Pressione da Quick

Reference Guide - EPUAP/NPUAP/PAN PACIFIC - anno 2014

La prima classificazione adottata in questa procedura aziendale per saper riconoscere e distinguere

le LCP è quella indicata dal recente documento internazionale “Prevention and Treatment of

Pressure Ulcers: Quick Reference Guides” condiviso e pubblicato in collaborazione tra le seguenti

Associazioni Internazionali: European Pressure Ulcer Advisory Panel (E.P.U.A.P.), National Pressure

Ulcer Advisory Panel (N.P.U.A.P.) e Pressure Injury Alliance (Pan Pacific) nel 2014.

Categoria/Stadio I

Eritema non reversibile su cute intatta

Cute intatta con eritema non reversibile (cioè non

sbiancante) su un’area generalmente localizzata sopra una

prominenza ossea.

L’area può essere dolente, indurita, edematosa, molle, più

calda o più fredda rispetto ai tessuti adiacenti.

La Categoria/Stadio I può essere difficoltosa da identificare in

soggetti di pelle scura.

Può indicare persone “a rischio” (un segno di rischio

incombente/imminente).

Categoria/Stadio II

Perdita parziale dello spessore cutaneo

Lesione che determina una perdita parziale dello spessore

cutaneo; si presenta come un’ulcera aperta superficiale con

un letto della lesione rosso/rosa senza slough (necrosi gialla -

sostanza umida, giallastra, composta da tessuto o da una

miscela di fibrina e pus contenente batteri e leucociti). Può

anche presentarsi come una flittene (vescicola) integra o

aperta con contenuto sieroso o siero/ematico.

Si presenta anche come una lesione poco profonda

lucida/umida o asciutta/secca senza slough e/o senza

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colorazione bluastra/violacea* (bruising).

La categoria/stadio II non deve essere utilizzata per

descrivere lacerazioni cutanee da strappamento, ustioni da

cerotto, dermatiti perineali associate a incontinenza,

macerazione o escoriazioni.

*N.B. la colorazione bluastra/violacea indica sospetto

danno ai tessuti profondi

Categoria/Stadio III

Perdita totale dello spessore cutaneo

Lesione che determina perdita totale dello spessore cutaneo.

Il tessuto adiposo sottocutaneo può essere visibile, ma

l’osso, il tendine o il muscolo non sono esposti, né

direttamente palpabili. Può essere presente slough, ma

senza impedire di apprezzare la profondità della lesione e/o

perdita di tessuto. La lesione può presentare tessuto

sottominato o tunneling.

La profondità di una LcP di Categoria/Stadio III varia in base

alla localizzazione anatomica. In sedi prive di tessuto

sottocutaneo adiposo (narici, orecchio, occipite, malleolo) le

lesioni cutanee da pressione possono essere poco profonde.

All’opposto, aree con consistente adiposità possono

sviluppare LcP di Categoria/stadio III estremamente

profonde.

Categoria/Stadio IV

Perdita totale dello spessore cutaneo

Lesione che determina perdita totale dello spessore cutaneo

con esposizione di ossa, tendini o muscoli. Possono essere

presenti slough o escara su alcune parti del letto della

lesione. Spesso sono presenti tessuto sottominato e

tunneling.

La profondità di una LdP di Categoria/Stadio IV varia in base

alla localizzazione anatomica. La radice del naso, l’orecchio,

l’occipite e il malleolo non hanno tessuto sottocutaneo e

pertanto queste LdP possono essere poco profonde. Le LdP

di Categoria/Stadio IV possono estendersi al muscolo e/o alle

strutture di supporto (es. fascia, tendini o capsula articolare)

con possibile insorgenza di osteite e osteomielite.

Ossa/tendini esposti sono visibili o direttamente palpabili.

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Esempio di osteomielite con secrezione

dalla ferita

LcP non stadiabile: profondità non valutabile

Lesione che determina perdita totale dello spessore cutaneo

con interessamento di osso, tendine, muscolo, direttamente

palpabili; il letto della lesione potrebbe essere ricoperto da

slough (giallo, bronzeo, grigio, verde o marrone) e/o da

un’escara (bronzea, marrone o nera). Fino a quando lo

slough e/o l’escara non vengono rimossi per visualizzare il

letto della lesione, la reale profondità non può essere

determinata, ma si tratterà di una LcP di categoria/stadio III

o IV.

.

NOTA BENE: un’escara sui talloni stabile (asciutta, aderente, intatta, senza eritema o fluttuazioni)

va considerata come “naturale (biologica) copertura del corpo”, pertanto non deve essere rimossa.

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LcP con sospetto danno ai tessuti profondi: profondità

non valutabile

Area localizzata violacea o marrone/rossiccia di cute intatta o

flittene con contenuto ematico dovuta a danno dei tessuti

molli sottostanti determinato da pressione e/o forze di

stiramento. L’area può essere preceduta da tessuto dolente,

indurito, molle, spugnoso alla palpazione, forse indice di

edema (boggy), più caldo o più freddo rispetto ai tessuti

adiacenti. Il danno ai tessuti profondi può essere difficile da

individuare per persone con pelle scura. L’evoluzione può

includere una sottile flittene sopra ad un letto della lesione

scura. La lesione può progredire ulteriormente in un’escara

sottile che ne copre la superficie. Anche se trattata in

maniera adeguata, la sua evoluzione può essere rapida con

danno a ulteriori strati di tessuto

N.B.:

La Classificazione/Stadiazione EPUAP/NPUAP/PAN PACIFIC

NON VA UTILIZZATA IN SENSO INVERSO

La stadiazione delle lesioni, condivisa nella Quick Reference Guide del 2014, tra

EPUAP/NPUAP/PAN PACIFIC, risulta appropriata per definire la massima profondità del danno

tessutale che si osserva.

Purtroppo accade che tale stadiazione venga erroneamente utilizzata anche in modo inverso,

per esempio per descrivere il miglioramento di una lesione. Utilizzare il sistema di stadiazione

delle lesioni per descrivere il loro processo di guarigione significa presumere che una lesione da

pressione a tutto spessore guarisca con il ripristino di tutti gli strati di tessuto che sono andati

distrutti in precedenza. Gli studi clinici indicano che le lesioni da pressione di IV grado guariscono

progressivamente dalla zona più profonda, ma che non si ripristina il tessuto muscolare perso, il

grasso sottocutaneo e il derma prima della riepitelizzazione. Pertanto una lesione da pressione

di IV stadio non diventa automaticamente di III, di II e/o successivamente una lesione di I stadio .

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Classificazione internazionale delle Lesioni Cutanee da Pressione in base al colore della Wound Care Society (Madeleine Flanagan)

La seconda classificazione adottata in questa procedura è molto semplice e pratica perché descrive

le lesioni in base al colore nella seguente modalità:

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Classificazione in base al colore 3 4 5

Lesione gialla: indica la presenza di slough.

Il tessuto devitalizzato può presentarsi sotto forma di slough, un materiale che aderisce al letto della lesione in filamenti o in ammassi ispessiti o che è mucillaginoso. Nella lesione gialla il letto dell’ulcera appare di color giallo, beige o biancastro a seconda della variabilità della combinazione dei componenti dello slough, un mix di tessuti devitalizzati, materiale cellulare di sfaldamento, essudato, leucociti, e batteri. Se è presente una gran quantità di globuli bianchi, lo slough tende ad assumere un aspetto cremoso, di colore giallo

Lesione verde: indica la presenza di infezione.

Le lesioni possono complicarsi con infezioni che possono diffondersi ai tessuti profondi causando celluliti, fasciti necrotizzanti, osteomieliti, batteriemie associate a rischio di mortalità. Le manifestazioni cliniche delle infezioni delle lesioni da pressione possono essere estremamente variabili e vanno dal ritardo nella cicatrizzazione alla presenza di intenso eritema, calore, tensione locale con crepitio dei tessuti sottostanti, secrezione purulenta, cattivo odore, ai segni sistemici della sepsi e dello shock settico.

Lesione rossa: indica il tessuto di granulazione.

Il letto della lesione appare di colore rosso grazie alla presenza di tessuto di granulazione. Il tessuto di granulazione “sano” ha un aspetto umido, a bottoncini; essendo molto vascolarizzato assume un colore rosso vivo o rosa profondo, stante ad indicare che la cicatrizzazione sta progredendo normalmente

Lesione nera: indica la necrosi secca.

Quando un’area di tessuto è deprivata di un adeguato apporto di ossigeno o nutrienti diviene non vitale. Il tessuto devitalizzato ha la tendenza a disidratarsi, e via via che perde umidità forma uno strato ispessito, per lo più duro, coriaceo, di color marrone o nero, che aderisce saldamente al letto della lesione o ai margini dell’ulcera. Il tessuto disidratandosi si contrae, mettendo in tensione i tessuti circostanti e causando dolore

Lesione rosa: indica la riepitelizzazione.

In questa fase, è possibile osservare aree di riepitelizzazione di color rosa traslucido al di sopra del tessuto di granulazione, costituite da cellule epiteliali migranti dai bordi dell’ulcera che avanzano in modo concentrico fino a unirsi. Il neo epitelio, nelle lesioni a spessore parziale, si sviluppa anche sotto forma di isole all’interno della superficie della lesione

3 Keast DH, et al. MEASURE: a proposed assessment framework for developing best practice recommendations for wound

assessment. Wound Repair Regen 2004;12(3 suppl):S 4 Benbow M. Diagnosing and assessing wounds. J. of Community Nurs. 2007;21(8):26-34.

5 Sussman C, Bates-Jensen B (2007) Wound Care: A Collaborative Practice Manual for Health Professionals. Lippincott,

Williams & Wilkins. Third Edition

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5.3 Fisiopatologia

Cause: fattori locali Pressione Si intende per pressione una forza applicata perpendicolarmente ad una unità di superficie. Il punto critico dello sviluppo di una ulcera da pressione si raggiunge quando la forza comprimente fra superficie corporea e piano di appoggio è più intensa della pressione del sangue nel distretto arteriolo-capillare, per cui viene a crearsi una condizione di ischemia persistente. Ciò si verifica quando in un area di cute si applica una forza pressoria superiore a 32mmHg per un periodo di tempo sufficientemente prolungato. Normalmente l’ipoperfusione tissutale è tollerata per un breve periodo di tempo, ma se prolungata può sviluppare, a cascata: ipossia, acidosi, occlusione dello sbocco arteriolare nel capillare e la zona diventa ischemica, compare emorragia interstiziale con eritema fisso), accumulo di cataboliti tossici e necrosi cellulare. Quando si verifica tale situazione si determinano chiusura dei vasi sanguigni, danno endoteliale, edema interstiziale, autolisi e necrosi cellulare; l’occlusione dei vasi linfatici aggrava l’accumulo dei cataboliti tossici, l’anaerobiosi e l’acidosi tessutale. Le alterazioni infiammatorie che si verificano sono mediate da neutrofili ed eosinofili; l’aggregazione piastrinica nei vasi compressi, il cui endotelio è danneggiato, determina la formazione di microtrombi e la diminuzione dell’attività fibrinolitica favorisce la deposizione di fibrina. Come già affermato una variabile importante per la formazione dell’ulcera da pressione è il fattore tempo: l’applicazione di una bassa pressione per un periodo prolungato di tempo è maggiormente dannoso rispetto all’applicazione di una pressione elevata per un periodo breve. Il danno tessutale compare quando viene superata una soglia data dal prodotto della pressione per il tempo. Nella realtà l’entità del danno tissutale ad una data forza di compressione moltiplicata per il tempo di applicazione dipende anche dallo spessore locale della cute, dal luogo preciso dove la

pressione viene applicata e da diversi fattori di tipo emodinamico come la pressione a livello arteriolare, la presenza di eventuali shunt artero-venosi, la viscosità ematica, la deformità delle emazie, il valore dell’ematocrito. Tutti questi fattori possono far diminuire il livello critico di pressione-tempo capace di determinare la formazione della piaga da decubito. La pressione media a livello delle zone di appoggio, soprattutto in corrispondenza delle

prominenze ossee, in una persona sdraiata su un comune materasso, varia tra 20 e 70 mmHg. In

realtà in condizioni normali la soglia pressione – tempo non viene mai superata poiché il sistema

nervoso sensitivo è in grado di percepire gli aumenti localizzati di pressione persistenti per tempi

prolungati prima che si determini ischemia locale. In via riflessa tali stimoli nervosi inducono un

immediato cambio di posizione. L’elevata dignità fisiologica di questo meccanismo è dimostrata dal

fatto che esso è presente anche durante il sonno e la sua alterazione (es. pazienti parkinsoniani)

aumenta significativamente il rischio di una lesione da decubito.

Risulta dunque rilevante utilizzare materassi che consentano la dispersione della pressione, con un

suo valore sempre inferiore a 32 mmHg.

Forze di stiramento o di taglio

I vari segmenti corporei tendono a scivolare da una posizione ad un’altra se non vengono sorretti

da una idonea postura determinando a livello della cute interessata una pressione tangenziale con

effetto stiramento, possibile angolazione, microtrombosi locali con conseguente necrosi tessutale

profonda. Le forze di stiramento agiscono parallelamente al piano interessato, e sono più intense a

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livello sacrale nella posizione semiseduta e nella posizione di Fowler nella sua variante alta (è la

postura del paziente che si realizza quando la testata del letto è sollevata di 45-50cm. e le

ginocchia sono sollevate; è quella che realizza la maggiore compressione nelle seguenti zone:

sacrale, tuberosità ischiatiche, scapole, occipite. È indicata nei pazienti con insufficienza

respiratoria, cardiopatia, aumento della pressione intracranica).

Tali forze intervengono in genere unitamente alla compressione e riducono in maniera significativa i valori pressori necessari per determinare il danno tessutale. Vari autori hanno rilevato come le “forze di scivolamento” che si producono in soggetti anziani allettati o costretti su sedia a rotelle, siano almeno tre volte superiori a quelle che si possono riscontrare in soggetti più giovani.

Attrito o frizione La frizione si sviluppa quando due superfici scivolano una sull’altra. Il danno da frizione si verifica spesso come risultato di tecniche inadeguate di sollevamento del paziente. Gli effetti dell’attrito o frizione sono anche potenziati dall’esposizione prolungata della cute all’umidità determinata dall’incontinenza urinaria, dalla diarrea e dalla sudorazione; in aggiunta, movimenti volontari e involontari dell’assistito possono causare lesione da frizione, in particolare su gomiti e talloni/malleoli Ogni dispositivo che elimini questo contatto o riduca la frizione che si origina tra la cute e la superficie del letto (lenzuola comprese) ridurrà la comparsa di lesioni. Quando si deve dunque spostare un paziente nel letto sarà bene o sollevarlo o farlo rotolare (situazione permettendo) e mai trascinarlo. Per prevenire questo tipo di lesione può essere indicato l’utilizzo di pellicole o di idrocolloidi extra sottili che, essendo posizionati sulla cute sana, non devono necessariamente essere sterili. Macerazione Si verifica a seguito di incontinenza urinaria/fecale e della sudorazione. L’ambiente umido e la modificazione del Ph favoriscono la penetrazione dei batteri nell’epidermide creando fenomeni irritativi che la rendono più sensibile all’ischemia (Beckmann 2011). La cute umida è fragile e maggiormente predisposta alla formazione di lesioni da frizione e stiramento soprattutto in concomitanza con le operazioni di detersione. Tende inoltre ad aderire alle lenzuola, potenziando l’ulteriore possibilità di lacerarsi durante gli spostamenti del paziente; risulta anche più suscettibile alle irritazioni, eruzioni cutanee e infezioni micotiche. Quando la sorgente di umidità non può essere tenuta sotto controllo, si raccomanda l’uso di barriere protettive e prodotti assorbenti l’umidità. Cuscini assorbenti, indumenti e slip dovrebbero essere cambiati una volta saturi di umidità invece di aspettare che la loro capacità assorbente venga superata. Questi prodotti però non dovrebbero ostacolare/interferire con la superficie antidecubito eventualmente in uso per il paziente. Quando la cute è umida a causa della sudorazione, si raccomanda l’uso di lenzuola di cotone per favorirne l’evaporazione e la traspirazione ed una più rapida asciugatura. Quando necessario si raccomandano sostituzioni frequenti delle lenzuola e della biancheria per favorire una cute asciutta ed integra.

Cause: fattori sistemici

Età, malattie arteriose, ipotensione o altre patologie I pazienti anziani dimostrano un’aumentata suscettibilità alle lesioni da decubito a causa delle modificazioni della cute legate all’invecchiamento quali la diminuzione del tessuto adiposo sottocutaneo, la diminuita percezione del dolore, la ridotta risposta immunitaria cellulo-mediata, il rallentamento nella guarigione delle ferite. Accanto alle modificazioni della cute spesso nel

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paziente anziano si associano più fattori di rischio, in particolare la riduzione della mobilità, che facilitano la comparsa di lesioni. I pazienti con malattie arteriose o comunque circolatorie e i pazienti con ipotensione, in particolare con pressione diastolica inferiore a 60 mmHg presentano alta probabilità di sviluppare una lesione da decubito anche a seguito di una ridotta perfusione tissutale. Anche le malattie croniche, quali il diabete e l’insufficienza renale, o malattie neurologiche, neuromuscolari e oncologiche, condizioni di ipossia tissutale e di incontinenza urinaria sono associate ad incremento dell’incidenza di sviluppo di lesioni da decubito. Infine febbre e infezioni concomitanti partecipano al rischio o ostacolano/rallentano la guarigione.

Riduzione della mobilità

Ogni malattia o condizione che riduca nel paziente l’abilità a muoversi liberamente aggrava il rischio di insorgenza di lesione da decubito. La compromissione dello stato mentale, le malattie neurologiche, la sedazione farmacologica, il dolore, le fratture ossee, in particolare quella del femore, diminuendo la mobilità del soggetto costituiscono fattori di rischio per la comparsa di lesione. I pazienti anziani immobilizzati a seguito di ictus, i pazienti anziani terminali allettati sono particolarmente a rischio.

Malnutrizione

La malnutrizione calorico-proteica è stata ripetutamente identificata come uno dei maggiori fattori di

rischio intrinseci. Lo stato nutrizionale può essere severamente compromesso nei pazienti anziani, negli stati ipermetabolici, nelle iperpiressie prolungate e nelle cachessie neoplastiche. L’ipoalbuminemia conseguente, risulta essere elemento comune nell’80% dei pazienti con lesione da decubito.

Leucociti < 1000 mm3

Proteinemia < 6 g / dl

Albuminemia < 3 g / dl

con questi valori ematici la comparsa della

lesione è quasi certa.

Uno stato di malnutrizione condiziona dunque lo sviluppo di una lesione da decubito. NOTA BENE: AL FINE DI VALUTARE E MONITORARE LO STATO NUTRIZIONALE DELLA PERSONA RICOVERATA PRESSO L’ASLCN2, NELLA DOCUMENTAZIONE CLINICA SONO PREVISTE:

la Scheda “Screening di rischio nutrizionale per pazienti ricoverati” la Scheda “Torta valutazione introito alimentare” oppure:

la Scheda di monitoraggio della Nutrizione Ipertermia

Ricordando che la quantità di energia necessaria a compiere le attività involontarie dell’organismo (battito cardiaco, attività respiratoria, mantenimento del tono muscolare, riproduzione cellulare e altre attività legate a organi e apparati) e che in un individuo adulto e sedentario il metabolismo basale incide per il 65-75% sul dispendio energetico totale, va considerato inoltre che ad ogni aumento di 1°C della temperatura corporea il metabolismo basale aumenta del 13%.

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Sedi delle lesioni

Le lesioni da decubito compaiono potenzialmente in tutti i punti di contatto del corpo con i piani di appoggio anche se più del 95% si localizzano sulle prominenze ossee.

Tipo di decubito

Area lesioni

Supino

area occipitale, olecranica, scapolare, sacrale, regioni ischiatiche, angoli di sporgenza costale nei cifoscoliotici, calcaneare, apofisi spinose;

Prono

padiglione auricolare, area temporale-zigomatico-mandibolare, claveare, sternale, patellare, dorsale del piede, spine iliache anteriori superiori;

Laterale

trocanteri, malleoli, cresta iliaca, ginocchia, bordo esterno del piede, spalla, regione scapolare, gomiti, padiglioni auricolari, zigomi;

Seduto

area ischiatica, cresta iliaca, area sacrale, apofisi spinose, spine della scapola e nuca, calcagni e ginocchia.

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5.4 Misurazione della lesione

Anche la misurazione della lesione da pressione è fondamentale per preparare un piano d’intervento. Si devono quindi rilevare i seguenti dati:

Lunghezza e ampiezza: si misurano tracciando una linea da un capo all’altro della lesione. Per rendere la misurazione più accurata è possibile paragonare la lesione al quadrante di un orologio dove le ore 12 corrispondono alla testa del paziente e le 6 corrispondono ai suoi piedi. L’ampiezza, invece, si può misurare prendendo in considerazione i lati opposti del paziente facendo riferimento al quadrante dell’orologio le ore 3 e le ore 9. La misurazione è da ripetersi periodicamente per la valutazione della progressione in positivo o in negativo.

Profondità: la profondità si può misurare inserendo all’interno della ferita un tampone di cotone (15 cm circa), sterile e flessibile. Si inserisce il tampone all’interno della lesione e si portano l’indice e il pollice a livello della superficie cutanea. Estraendo il tampone e misurando dalle dita alla punta del tampone si ha la profondità della lesione. La misurazione è da ripetersi periodicamente per valutare l’evoluzione della piaga. N.B. Una documentazione completa dovrebbe prevedere un allegato fotografico sequenziale della/e

LcP alla scheda infermieristica (o cartaceo o in file a seconda del modello organizzativo) da effettuarsi

al momento del ricovero ospedaliero, periodicamente e alla dimissione.

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6 Matrice delle Responsabilità (vedi nota n.1)

Saranno qui considerate responsabilità – collaborazioni – supervisioni indicando le seguenti sigle:

R = Responsabile C = Collaboratore S = Supervisore

ATTIVITA’

INFER- MIERE

OSS

COORDINATORI PROF.NI SANITARIE

MEDICO

Di.P.Sa. e

SSD Qualità

RM

Assistenza Infermieristica e prevenzione delle Lesioni Cutanee da Pressione

R

C

S

Gestione globale e coordinata delle Lesioni Cutanee da pressione

R

C

S

R

Processo assistenziale infermieristico

R

C

S

Controllo del dolore

R

C

S

R

Verifica periodica della corretta applicazione della Procedura Generale

C

R

Nota n.1: Per quanto riguarda la responsabilità professionale si rimanda all’approfondimento contenuto nell’Appendice n. 1 di questa PGSGQ15 Rev. 4: “P. Gobbi. “Responsabilità professionali e competenza specifica degli operatori nella prevenzione e nel trattamento delle complicanze cutanee dell’allettamento prolungato”. Nota n.2: Il profilo dell’Operatore Socio Sanitario6 prevede la cooperazione con il personale infermieristico nell’assistenza diretta alla persona assistita.

6 CONFERENZA STATO e REGIONI – “Accordo tra il Ministro della sanità, il Ministro per la solidarietà sociale e le regioni e province

autonome di Trento e Bolzano, per la individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell' operatore socio sanitario e per la definizione dell'ordinamento didattico dei corsi di formazione” - 22 febbraio 2001.

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7 Diagramma di flusso

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8 Descrizione delle ATTIVITA’ 1-2-3

8.1 ATTIVITA’ 1: Assistenza infermieristica e prevenzione delle lesioni cutanee da pressione

Secondo il profilo professionale degli Infermieri (D.M. 739/94) l’Infermiere è “responsabile

dell’assistenza generale infermieristica” pertanto ha un ruolo importante nell’individuazione delle

azioni di prevenzione e cura, per le quali è però indispensabile un lavoro in team multidisciplinare.

La prevenzione e la cura prevedono tutte le misure destinate a ridurre l’insorgere di una malattia

nella popolazione e/o le eventuali complicanze nelle persone assistite.

Uno tra gli indici della qualità del lavoro infermieristico è dato dalla capacità di ridurre l’insorgenza di

lesioni da pressione. Ricordiamo che nell’ambito dell’Accreditamento delle strutture Sanitarie, il D.P.R.

14/01/1997, tra gli indicatori per misurare l’efficacia delle strutture il rispetto dei diritti dell’utente – la

qualità dell’organizzazione troviamo quello riferito al numero di utenti con lesioni da pressione.

Se è vero che l’adozione di alcuni comportamenti, di alcuni aiuti tecnici previene in maniera

quantitativamente significativa l’insorgere del fenomeno, un comportamento razionale impone di

non attendere il manifestarsi della lesione per intervenire.

Ogni strategia preventiva deve avere origine da una corretta informazione e conoscenza delle

modalità di insorgenza della lesione. La persona assistita, la sua famiglia, il personale di assistenza,

sia medico che infermieristico che tecnico, deve essere istruito sui meccanismi che portano

all’instaurarsi della lesione da pressione e sulle conseguenze che questo ha sui processi di

guarigione e di recupero della patologia di base.

Per prevenzione, in questo caso, s’intende un insieme di programmi e strategie utili ad evitare

l’insorgenza e lo sviluppo di lesioni da decubito.

Gli scopi della prevenzione comprendono:

- la riduzione del numero delle lesioni da decubito

- il miglioramento della qualità di vita

- la riduzione del carico di lavoro

- la riduzione dei costi umani ed economici

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Le misure preventive sono sia locali che generali. Quelle locali riguardano: mobilizzazione attiva e

passiva, igiene del letto, controllo pieghe e corpi estranei, igiene e pulizia delle zone a rischio, controllo

dell’incontinenza, protezione della cute. Quelle generali prevedono: compenso della patologia di

base, corretto apporto nutrizionale (dieta, alimentazione enterale e parenterale), corretto utilizzo

di sistemi antidecubito di supporto e dispositivi medici, educazione sanitaria.

Affinché sia possibile effettuare la prevenzione occorrono due tipi di risorse: umane e strumentali.

Tra le risorse umane troviamo famigliari e persone di sostegno alla famiglia, sanitari (medici,

infermieri, fisioterapisti, OSS), volontari; tra le risorse strumentali: sistemi antidecubito di supporto,

dispositivi medici, cuscini, materassi, letti.

Identificazione e valutazione del soggetto a rischio di lesioni cutanee da pressione

La presa in carico della persona a rischio e/o portatrice di lesioni cutanee da pressione prevede un

accurato ACCERTAMENTO clinico/assistenziale. L’attenzione dell’equipe di cura, infatti, deve

essere rivolta a identificare e trattare le patologie che potrebbero favorire l’insorgenza di ulcere

e/o ostacolarne la guarigione (malattie vascolari periferiche, diabete, immunodeficienze,

malnutrizione, tumori, malattie neurologiche, malattie vascolari del collagene, psicosi e

depressione e l’anamnesi clinica comprende anche la valutazione del rischio nutrizionale e

possibilmente quello dello stato psicosociale dell’assistito.

Dal punto di vista infermieristico, si decide di utilizzare strumenti ad hoc e scale di valutazione

validate. In letteratura esistono almeno 6 scale di valutazione del rischio, basate su diversi fattori

considerati rilevanti. Le principali sono: Braden – Norton – Norton plus – Knoll – Waterlow Exoton

– Smith e, tutte, arrivano ad un valore numerico, l'indice di rischio, che permette di identificare

facilmente i pazienti non esposti al rischio (valore prognostico negativo > 93 %) mentre il valore

prognostico positivo più alto viene offerto dalla Scala di Braden e, pertanto, in questa procedura

si decide di scegliere quest’ultima scala come strumento aziendale di riferimento. Tale scala viene

presentata nell’Allegato n. 1 – a ; la stessa prevede una prima valutazione al momento del

ricovero, almeno una seconda in itinere (le rivalutazioni in itinere vanno decise dall’infermiere in

base ai problemi di salute dell’assistito) e un’ultima alla dimissione del paziente.

Essa prevede l’esame di:

• percezione sensoriale

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• umidità

• attività fisica, mobilità

• nutrizione

• frizione e scivolamento.

La presenza della valutazione frizione-trazione differenzia questa scala da tutte le altre; questo

parametro è un fattore di rischio importante, in particolare per i pazienti spastici, agitati o con

contratture. Viene data importanza al tipo di alimentazione (enterale e parenterale), al rischio di

macerazione da traspirazione o da incontinenza. I criteri di definizione di ogni singola categoria ed i

punteggi sono molto dettagliati e questo permette una maggior riproducibilità tra esaminatori

diversi. Il punteggio per ciascuna categoria varia da 1 a 4. Questa scala si basa sul principio secondo

il quale minore è il valore, maggiore è il rischio.

Se il punteggio della scala di Braden è:

- maggiore di 20 indica un basso rischio di lesione cutanea

- da 20 a 16 indica un medio rischio di lesione cutanea

- da 15 a 11 indica un alto rischio di lesione cutanea

- fino a 10 indica un altissimo rischio di lesione cutanea.

L’indice Braden identifica come cut off del rischio il punteggio 16.

L’Infermiere, in base al livello di rischio rilevato, è responsabile della pianificazione assistenziale in

merito.

Per l’utenza pediatrica si utilizza la Scala di Braden modificata (vedere Allegato n. 1 - b)

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Tale scala viene utilizzata e inserita nella cartella/scheda infermieristica nel momento

dell’accertamento. L’Infermiere che prende in carico il paziente la compila entro le prime 24 ore

dal ricovero: questo lasso di tempo è necessario perché il paziente possa essere valutato nelle

diverse attività di vita e durante i diversi momenti della giornata. Assegnati i punteggi ad ogni

variabile se ne fa la somma: questo è il punteggio della scala che deve essere riportato in cartella

con successiva rivalutazione a intervalli regolari - almeno una volta ogni sette giorni - e comunque

ad ogni variazione significativa delle condizioni cliniche del paziente.

Indispensabile anche la valutazione del rischio nutrizionale: è stato infatti riscontrato che

l’insorgenza e il grado di un’ulcera da pressione sono correlati alla gravità dei deficit nutrizionali,

specialmente in relazione al basso apporto proteico e all’ipoalbuminemia. Per questo argomento si

rimanda al sottocapitolo “Assicurare una nutrizione adeguata alla persona assistita”, presentato a

pagina n. 44.

Gli interventi infermieristici preventivi da attuare riguardano anche:

• il mantenimento e miglioramento del grado di tolleranza di cute e tessuti organici alla pressione

• il piano di mobilizzazione

• l’utilizzo di sistemi antidecubito

• l’assicurare una nutrizione adeguata alla persona assistita previo screening del rischio

nutrizionale

• la gestione dell’incontinenza descritti e analizzati qui di seguito.

Mantenimento e miglioramento del grado di tolleranza di cute e tessuti alla pressione

La persona assistita riconosciuta come a rischio dovrà essere sottoposta ad un’ispezione della cute

(o sorveglianza della cute) accurata almeno una volta al giorno, avendo cura di valutare con

attenzione le prominenze ossee al fine di rilevare l’eventuale presenza di: secchezza, lacerazione,

eritema, fragilità di macerazione, ipertermia, indurimento.

N.B. La rilevazione di lesioni di primo grado negli individui con pelle scura presenta particolari

difficoltà, pertanto i parametri da tenere in considerazione sono principalmente: ipertermia e

indurimento.

Quest’analisi deve essere inserita all’interno della documentazione riguardante il paziente.

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È intuitivo che la prevenzione delle lesioni da pressione non può prescindere dalle norme igienico-

sanitarie elementari, quali il mantenere pulita la cute, l’accuratezza nella scelta del tipo e dei

metodi di lavaggio delle lenzuola e l’eliminazione dei corpi estranei.

L’igiene della cute deve essere fatta ogni qualvolta questa si presenti sporca o umida, avendo cura

di non esporla a sollecitazioni termiche inappropriate ed ancora non utilizzare prodotti in grado di

provocare irritazione o secchezza alla cute stessa; è preferibile quindi l’uso di acqua e soluzioni

detergenti a ph fisiologico evitando sostanze eccessivamente sgrassanti. Durante la pulizia, occorre

prestare estrema attenzione per ridurre al minimo la forza e la frizione applicate; così come è da

evitarsi il massaggio in corrispondenza delle prominenze ossee. L’asciugatura della cute va dunque

effettuata per tamponamento e non per sfregamento.

La frizione si sviluppa quando due superfici scivolano una sull’altra, spesso si origina in seguito alla

rimozione di strati superficiali della cute. Da notare che il danno da frizione si verifica spesso come

risultato di tecniche di sollevamento del paziente inadeguate. In aggiunta, movimenti volontari e

involontari dell’assistito possono causare lesione da frizione, in particolare su zona sacrale, gomiti

e talloni/malleoli. Ogni dispositivo che elimini questo contatto o riduca la frizione che si origina tra

la cute e la superficie del letto (lenzuola comprese) ridurrà la comparsa di lesioni. A questo scopo

può essere indicato l’utilizzo di cuscini, pellicole o idrocolloidi extra sottili che essendo posizionati

sulla cute sana non devono necessariamente essere sterili.

Per mantenere il film protettivo dell’epidermide, risulta valida l’applicazione topica (NO MASSAGGIO –

NO FRIZIONE) di:

• oli quali ad es. l’olio di mandorle dolci.

• creme/paste all’ossido di zinco - emulsioni ad elevato potere filmogeno e protettivo che

svolgono un’azione addolcente, protettiva, rinfrescante ed idratante della pelle. La loro

applicazione va effettuata più volte al giorno (almeno 2–3) normalmente rifacendo o

riordinando il letto, straordinariamente ogni volta che il malato si bagna o si sporca e deve

essere effettuato nei punti di compressione

• soluzioni a base di acidi grassi essenziali iperossigenati integrati con Vitamina E, aloe, centella

asiatica ecc… indicate sia per la prevenzione che per il trattamento delle lesioni di 1° stadio.

Essendo presente un prodotto simile tra quelli che si sono aggiudicati la gara a livello regionale

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si rende possibile l’utilizzo in prova su un campione di pazienti con relativa analisi di risultati

sull’epidermide di:

• medicazioni in polvere spray per uso topico contenenti acido ialuronico - sale sodico - argento

colloidale indicate sia per la prevenzione che per il trattamento delle lesioni di 1° stadio.

Fondamentale risulta anche l’applicazione di tecniche corrette di mobilizzazione al fine di

cambiare la postura del paziente. Si ricorda inoltre che:

- la mobilizzazione attiva è un movimento che si realizza con partecipazione attiva del paziente dal

punto di vista motorio e psicologico. Lo scopo dell’esercizio attivo è il rinforzo muscolare

- la mobilizzazione passiva è un movimento di parti del corpo del paziente senza che quest’ultimo

contragga volontariamente i muscoli.

Per i pazienti a rischio di LcP a scopo preventivo è necessario un piano di mobilizzazione. In caso di

necessità di informazioni più approfondite in merito alla mobilizzazione dei pazienti l’Infermiere dovrà

far riferimento al collega Fisioterapista.

Piano di mobilizzazione

Il soggetto a rischio di LcP deve poter ruotare, a distanza di breve tempo, in diverse posizioni per impedire una prolungata pressione su una specifica parte del corpo. Gli standard temporali parlano di una volta ogni due ore come tempo ideale di cambio di posizione ma il team assistenziale potrà definire, eventualmente tempi diversi, in base a specifica valutazione individuale del paziente e tipo di superficie terapeutica applicata (materasso/letto) Considerata l’importanza della mobilizzazione del paziente allettato, è utile definire un piano di mobilizzazione scritto e personalizzato all’interno delle schede infermieristiche in uso, di facile consultazione, che consenta di individuare la programmazione/attuazione del cambio posturale: NOTA BENE

1. per i pazienti sistemati su materassi antidecubito con superficie statica, indicati per il basso rischio, il piano di mobilizzazione dovrebbe essere previsto come da standard

2. per i pazienti sistemati su materassi antidecubito con superficie terapeutica dinamica con sistema non elettrico esclusivo e con valvola in grado di regolare il flusso d’aria in entrata e in uscita per lo scarico delle pressioni d’appoggio, indicati per il basso e medio rischio di LcP, il piano di mobilizzazione potrebbe essere rivisto rispetto allo standard con un allungamento personalizzato dei tempi in base a valutazione clinica

3. per i pazienti sistemati su materassi/letti elettrici avanzati con unità motore e superficie

terapeutica a pressione alternata o soprattutto per materassi avanzati a cessione d’aria, il piano di mobilizzazione potrebbe essere completamente rivisto ed, eventualmente, anche non necessario.

Si presenta a pag. 29 un esempio di Scheda di Posizionamento per pazienti ricoverati, da compilare nei casi in cui si prevede una mobilizzazione passiva, nella quale andranno indicati:

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PROCEDURA GENERALE PER LA PREVENZIONE ED IL TRATTAMENTO DELLE LESIONI CUTANEE DA PRESSIONE

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• nominativo del paziente - numero letto - eventuale posizione da evitare per quella persona per specifici problemi - data e orario - l’avvenuta rotazione con descrizione delle nuova postura fatta assumere al paziente - firma/sigla dell’operatore.

Le diverse posizioni in cui si può mobilizzare il paziente sono le seguenti:

Postura supina

Posizione di mantenimento del riposo che trova indicazioni in diverse condizioni cliniche. È una postura obbligata per i pazienti con traumi alla colonna vertebrale e al bacino e per le altre condizioni nelle quali vi sia una stretta indicazione medica. Se si proviene da una postura ortopnoica sarà necessario ispezionare i talloni, le tuberosità ischiatiche, le scapole e l’occipite. Se invece si proviene dalla postura prona il controllo riguarderà l’orecchio, lo zigomo dell’emifaccia su cui ha stazionato il paziente, le spalle, il gomito, le creste iliache e le ginocchia. Saranno poi da ispezionare: talloni, tuberosità ischiatiche, scapole e occipite se si proviene da una posizione seduta; orecchio, zigomo, gomito, anca, parte esterna del ginocchio e malleolo dell’emisoma su cui il paziente è stato posizionato, se in postura laterale. Durante il decubito supino, se non controindicato, è preferibile utilizzare una posizione semi-

Fowler a 30°.

Postura sul fianco sinistro o destro

Postura di solito utilizzata per garantire un periodo di riposo alle zone cutanee sottoposte a pressione mantenendo il decubito supino. È indicata anche in caso di dolori addominali perché la flessione delle gambe contribuisce a decomprimere questa zona. Durante il decubito laterale (sul fianco) è consigliata una posizione a 30°, così da evitare pressioni dirette sul trocantere.

Posizione supina

Posizione semi-Fowler a 30°

Decubito laterale a 30°

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Se si proviene dalla posizione supina saranno da ispezionare: talloni, sacro, gomiti, scapole e occipite. Sarà invece la volta del malleolo, dei condili mediali e laterali, del grande trocantere, delle costole, dell’acromion e dell’orecchio se la precedente postura era quella sul fianco controlaterale.

Postura prona

Posizione importante nella prevenzione delle contratture delle anche e dell’equinismo del piede. È invece controindicata nei pazienti affetti da malattie respiratorie, cardiache, tracheotomia, chirurgia addominale recente, gravi contratture dell’anca, traumi cervicali.

Postura semiprona

Questa posizione è indicata nella prevenzione delle contratture delle anche e dell’equinismo del piede ma non si può utilizzare in pazienti affetti da malattie respiratorie, cardiache, tracheotomia, chirurgia addominale recente, gravi contratture dell’anca, traumi cervicali.

Postura di Fowler o decubito ortopnoico

Postura del paziente che si crea quando la testata del letto è sollevata di 45-50° e le ginocchia sono sollevate. Rispetto al problema della pressione esercitata dal peso corporeo, va considerato che

Posizione laterale

Posizione prona

Posizione semiprona

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questa posizione provoca una maggiore compressione in zona sacrale e ischiatica. Questo perché la massa corporea sovrastante questi punti si distribuisce su una ristretta porzione anatomica.

Postura semiseduta

Postura che richiede un’elevazione della testata del letto di 45-50° e con le ginocchia devono essere leggermente sollevate. Questa posizione pone un problema importante cioè la maggiore pressione che si va a creare a livello sacrale e ischiatico, quindi questa posizione si può utilizzare solo se è inevitabilmente necessario e non oltre un tempo di 30-60 minuti (Linee-Guida A.H.C.P.R. 2002). Posizione seduta

Il rischio di sviluppare ulcere da pressione è più elevato in posizione seduta piuttosto che in posizione supina. Devono essere usate sedie o carrozzine delle misure appropriate all’utente. Evitare di mantenere la persona assistita nella posizione seduta (su sedia o poltrona, carrozzina, eccetera) senza interruzioni. Il soggetto dovrebbe essere mobilizzato ogni ora circa o eventualmente trasferito a letto. Ai soggetti che ne sono capaci si deve insegnare a ridistribuire il peso ogni 15 minuti (tramite inclinazioni del tronco in avanti, laterali o comunque facendo variare l’appoggio sulle cosce). È importante mantenere l’allineamento posturale (correggendo le deviazioni laterali del rachide o del bacino), mediante l’utilizzo di ausili. La lunghezza (profondità) della «seduta» deve permettere un buon alloggiamento della coscia (meglio se lunga quanto la parte posteriore della coscia lasciando 3–4 cm liberi prima del cavo popliteo); questo migliora la stabilità e distribuisce il peso su una maggiore superficie. È consigliabile posizionare la persona in poltrona con alcuni gradi di inclinazione posteriore della seduta (basculato indietro, l’angolo della coxo-femorale deve essere compreso tra 90° e 120°), le gambe posizionate in scarico su un supporto e i talloni liberi da appoggio.

Posizione semiseduta

Posizione seduta

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SCHEDA DI POSIZIONAMENTO

Cognome e Nome: ________________________________________________Letto n°: _____

dal ____/____/______

al ____/____/______

il paziente terrà la seguente

posizione obbligata

__________________________________

__________________________________

motivazione _______________________________________________________________________

posizionato su dispositivo medico ______________________________________________________

Eventuali posizioni da evitare: __________________________________________________________

Data Ora Tipo di mobilizzazione Firma/ Sigla

operatore Data Ora Tipo di mobilizzazione

Firma/ Sigla

operatore

DL dx 30°

DL sx 30°

Supino

Carrozzina

Comodone

Sed. a letto

DL dx 30°

DL sx 30°

Supino

Carrozzina

Comodone

Sed. a letto

Altro ……………………………

Altro ……………………………

DL dx 30°

DL sx 30°

Supino

Carrozzina

Comodone

Sed. a letto

DL dx 30°

DL sx 30°

Supino

Carrozzina

Comodone

Sed. a letto

Altro ……………………………

Altro ……………………………

DL dx 30°

DL sx 30°

Supino

Carrozzina

Comodone

Sed. a letto

DL dx 30°

DL sx 30°

Supino

Carrozzina

Comodone

Sed. a letto

Altro ……………………………

Altro ……………………………

DL dx 30°

DL sx 30°

Supino

Carrozzina

Comodone

Sed. a letto

DL dx 30°

DL sx 30°

Supino

Carrozzina

Comodone

Sed. a letto

Altro ……………………………

Altro ……………………………

DL dx 30°

DL sx 30°

Supino

Carrozzina

Comodone

Sed. a letto

DL dx 30°

DL sx 30°

Supino

Carrozzina

Comodone

Sed. a letto

Altro ……………………………

Altro ……………………………

DL dx 30°

DL sx 30°

Supino

Carrozzina

Comodone

Sed. a letto

DL dx 30°

DL sx 30°

Supino

Carrozzina

Comodone

Sed. a letto

Altro ……………………………

Altro ……………………………

Altro ……………………………

Altro ……………………………

DL dx 30°

DL sx 30°

Supino

Carrozzina

Comodone

Sed. a letto

DL dx 30°

DL sx 30°

Supino

Carrozzina

Comodone

Sed. a letto

Altro ……………………………

Altro ……………………………

Altro ……………………………

Altro ……………………………

NOTE DL sx è l’abbreviazione di “Decubito laterale sinistro” DL dx è l’abbreviazione di “Decubito laterale destro”

Per Altro specificare tipo di posizionamento: Semi Fowler 30° o Fowler o Laterale dx o Laterale sx Semiprono o Prono o Semiseduto o Seduto

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Utilizzo di Sistemi/Dispositivi antidecubito di supporto

La prevenzione e la cura delle lesioni da decubito hanno indirizzato le ditte del settore ad impiegare mezzi e studi massicci per la progettazione di ausili contribuendo a ridurre i tempi di degenza del paziente, i costi gestionali e i problemi di organizzazione del personale. Prima di passare alla descrizione di ogni singolo dispositivo esaminiamo le caratteristiche che un qualsiasi letto di degenza deve possedere, per evitare eventuali patologie terziarie: - piano rigido che permette l’allineamento della colonna vertebrale e la distribuzione uniforme

del peso corporeo - archetto alza coperte utile per evitare il peso della coperta (l’ausilio permette di posizionare il

piede in posizione neutra e per favorire l’aerazione sotto le coperte) - spondine di protezione-prevenzione cadute-ausilio per la movimentazione del paziente - letti in quattro sezioni e tre snodi a movimentazione auspicabilmente elettrica - asta solleva pazienti con triangolo regolabile in altezza - modalità di scarico pressioni d’appoggio a livello dei talloni. CLASSIFICAZIONE DEI DISPOSITIVI ANTIDECUBITO

I sistemi di supporto esercitano la loro efficacia quando consentono l’immersione della superficie corporea a rischio. Questo affondamento non deve essere tale da determinare l’appoggio diretto della superficie a rischio sulla base d’appoggio dei dispositivi (fenomeno del toccare il fondo). Considerando i fattori estrinseci di sviluppo delle lesioni da pressione, caratteristiche necessarie che devono possedere le superfici antidecubito in base a misure di performance e standard ottenuti in vari recenti studi, risultano capacità di:

• controllo dell’umidità

• controllo della temperatura

• ridistribuire le pressioni

• controllo delle posizioni del paziente, delle frizioni e delle forze di taglio

• controllo delle infezioni

• sistemi ignifughi

• sistemi di sicurezza (es. protezione da rischi di intrappolamento di parti del corpo e da rischi

di caduta del paziente, dall’infiammabilità delle superfici del dispositivo ecc…).

E’ inoltre necessario un service di supporto.

Oggi è corretto parlare di SUPERFICI DI TERAPIA CON SISTEMA DI CONTROLLO AVANZATO DELLA PRESSIONE che possono essere incorporate in letti, materassi o in altri dispositivi quali cuscini, talloniere, gomitiere, ecc… Tipologie di letti antidecubito:

L’aggiornamento di questi dispositivi medici porta a chiarire che non è tanto corretto parlare di letti antidecubito suddivisi tra:

1) letti antidecubito ad aria 2) letti antidecubito basculanti, rotatori e articolati

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3) letti antidecubito fluidizzati. Un letto antidecubito è formato dalla struttura del letto e dalla superficie di supporto, in combinazione tra loro e insieme costituiscono un’unica unità terapeutica.

1) Letti ad aria

Letto a flusso laminare d’aria. È un dispositivo per la degenza ad alta tecnologia, progettato per offrire protezione a pazienti con gravi patologie.

• Letti ad aria con dispositivi di base

• Letti ad aria con dispositivi ad aria non a cessione, statici

• Letti ad aria con dispositivi ad aria non a cessione, a pressione alternata

• Letti ad aria con dispositivi ad aria, a reale cessione d’aria Trattasi di letti con materasso antidecubito integrato in poliuretano caratterizzato dalla formazione di un flusso di aria che aiuta a gestire il calore e l’umidità (microclima) della cute. Parte dell’umidità e del calore corporea del paziente viene trasmessa in basso e quindi gestita dal flusso d’aria nell’intercapedine. La quantità di pressione (e quindi il volume d’aria) è correlata alla posizione del paziente. Può essere una caratteristica singola del materasso oppure essere variamente combinata alla pressione alternata , alla pressione continua e alla rotazione continua. L’integrazione di tutti i sistemi Indicato per i pazienti ad altissimo rischio con lesioni da pressione essudanti o fortemente essudanti e in casi clinici particolari.

virus

20 - 300 nm

Vapore acqueo

0.28 nm

poliuretano poliestere

Porosità del poliuretano: dimensione della molecola ca.

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2) Letti basculanti, rotatori, articolati. Sono letti antidecubito che per le loro caratteristiche tecniche, permettono il cambio di posture del paziente, scaricando le parti in appoggio tramite movimenti alternati rotatori e basculanti. Funzionano normalmente, tramite leve e manovelle, oppure elettricamente tramite centraline e schede computerizzate che possono essere programmate per 24 ore. Alcuni di questi letti possiedono oltre alla caratteristica del movimento l’aggiunta di un materasso antidecubito avanzato (vedi nelle pagine seguenti le specifiche descrizioni dei diversi materassi antidecubito meglio chiamati “superfici di terapia- materassi antidecubito”).

Cover

Spazio

Flusso d’aria

Materasso

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3) Letti fluidizzati

Appartenenti ai dispositivi più avanzati, forniscono tutti i vantaggi della fluttuazione, riducendone i limiti (macerazione, difficoltà di posizionamento o immobilizzazione del paziente). Il sistema è composto da un letto contenitore di ampie dimensioni e di notevole peso nel quale opera una massa di microsfere di ceramica intrise di silicone attraversata da una corrente di fluido (sistema fluidizzato gas-solido), il tutto ricoperto da un telo filtrante di poliestere monofilamentoso. Tramite un compressore viene immessa nel sistema aria tiepida che passa attraverso le microsfere, muovendosi tra loro queste producono le stesse caratteristiche dei fluidi, favorendo immersione e galleggiamento totale e costante della persona assistita senza diretto appoggio ai sottostanti piani rigidi. Questi letti sono indicati solo per alcune particolari condizioni cliniche. Caratteristiche: - estrema riduzione della pressione da contatto; - eliminazione delle forze d’attrito; - riduzione della necessità di frequenti cambiamenti di postura; - possibilità di istantanea defluidizzazione (facilita le manovre rianimatorie); - regolazione termostatica della temperatura.

Limiti: - costo elevato.

SOSTITUZIONE DEI MATERASSI CLASSICI CON SUPERFICI DI TERAPIA – MATERASSI ANTIDECUBITO

Le SUPERFICI possono avere caratteristiche diverse: - superficie statica - superficie dinamica PER LA PREVENZIONE PRIMARIA su persone con indice di Braden > 20, si possono utilizzare materassi con superficie statica ma reattiva, in schiuma di poliuretano a densità differenziata e canali di compressione in grado di garantire ad ogni cambio posturale una ridistribuzione ottimale delle pressioni con zone anatomiche differenziate grazie alla conformazione delle celle di appoggio differenti per cinque zone di appoggio: capo, spalle, sacro, polpacci e talloni. Essi sono dotati di un telo di copertura che permette la traspirazione dei vapori, è impermeabile ai liquidi e garantisce un totale controllo del rischio di contaminazione batterica e micotica. Questi materassi offrono una

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sensazione di stabilità e presentano una bassa variazione di temperatura rispetto a quella ambientale; sono di forma anatomica, impediscono lo scivolamento del paziente e sono dotati di maniglie ai lati per un facile spostamento del paziente. Sono materassi testati per la radio trasparenza e sono adatti alla CPR, hanno inoltre cinghie di fissaggio agli angoli. Di solito hanno come portata massima 160 chili. Sono disponibili anche in versione pediatrica e bariatrica (con portata massima di 450 chili) . la nuove versioni sul mercato sono dotate anche di prolunghe di materasso sempre in schiuma di poliuretano per i pazienti di altezza superiore agli standard e possono naturalmente essere inseriti nei letti con possibilità di allungamento. Nota per l’ASLCN2 Attualmente presso le aree di degenza dell’ASL CN2, nella maggior parte dei casi, sono presenti i materassi in schiuma di poliuretano “Therarest” ™: (ex KCI ora Arjohuntleigh): attualmente esistono prodotti forniti dagli stessi distributori adatti per pazienti bariatrici e con prolunghe che si chiamamano “Pentaflex” (Arjohuntleigh). Via via questo tipo di dispositivi verrà utilizzato solo per settori quali Day Hospital e Day Surgery mentre nelle altre aree verrà potenziata la presenza di materassi a compensazione pressoria.

Immagine del materasso TheraRest®

MATERASSO A PRESSIONE ALTERNATA (MPA)

PER LA PREVENZONE PRIMARIA su persone con indice di Braden < 20 e fino al I stadio di LcP, si possono utilizzare materassi con superficie dinamica a pressione d’aria alternata gestita con una piccola unità motore. L’applicazione di questa tecnologia permette di alternare costantemente le zone di appoggio; questa azione è determinata dal continuo e ciclico gonfiarsi e sgonfiarsi dei segmenti che compongono la superficie antidecubito.

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Il principio della pressione alternata 1:1 assicura uno scarico delle pressioni di contatto al di sotto della pressione di occlusione capillare (P.O.C.) per oltre il 60 % del ciclo di funzionamento. Il ciclo di gonfiaggio è di circa 10 minuti, assicurando al paziente una sensazione di comfort. Il materasso a pressione alternata può funzionare anche in modalità statica: tutte le celle d’aria sono “gonfiate” contemporaneamente in modo da sostenere il paziente su una superficie d’appoggio più estesa e aiutare gli operatori sanitari nello svolgimento delle attività assistenziali. La superficie del MPA consente al professionista dell’assistenza di poter regolare il livello di comfort per gestire eventuali esigenze cliniche, come lo svezzamento graduale del paziente dalla superficie antidecubito. E’ possibile scegliere 6 diversi valori pressori sia per la modalità alternata che per la modalità statica.

Caratteristiche tecniche e tipologia di materiale:

Il sistema è composto da 17-19 celle indipendenti, di cui ad esempio 3 a bassa pressione continua a livello occipitale per evitare l’effetto nausea al paziente e 14 in grado di erogare la terapia. La superficie mantiene la funzione di prevenzione delle lesioni cutanee da pressione anche con lo schienale in posizione seduta fino a 90 °. L’altezza dell’intero sistema è di cm 19, costituito 12 cm di celle e 7 cm materasso.

La superficie MPA è dotata di cinghie elastiche che ne consentono il facile fissaggio al materasso in dotazione; la base del dispositivo è in materiale antiscivolo che garantisce una maggiore resistenza meccanica e stabilità anche nelle attività assistenziali/rifacimento letto.

Il materiale è ignifugo e risponde ai requisiti di compatibilità elettromagnetica.

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Nota per l’ASLCN2 Attualmente il Presidio Ospedaliero dell’ASLCn2 è dotato di Innova® Basic™: materasso in poliuretano espanso con un’unità motore di piccole dimensioni (28cm x 32cm x 14cm; 3,5 kg) il cui funzionamento risulta silenzioso. La portata massima consigliata è di 150 chili. Esistono altri materassi simili forniti dallo stesso distributore con portata terapeutica fino a 200 chili, Alpha Active 4 ™:

Telo di copertura Il telo di copertura della superficie antidecubito essendo in poliuretano, materiale bi-elastico per contrastare efficacemente le forze di taglio e di frizione, impermeabile ai liquidi e traspirante ai vapori, permette anche la naturale traspirazione della cute avendo una permeabilità al vapore acqueo (MVTR) di 600g/m2/24h; è ignifugo e anallergico ed è stato trattato con sostanze antimicotiche e antibatteriche, è, infine, facilmente posizionabile, repellente agli odori ed alle

macchie, facilmente lavabile e sanificabile con i comuni disinfettanti, anche in lavatrice a 60°.

Modalita’ di trasporto

Il MPA è dotato di funzione trasporto che permette di supportare il paziente per oltre 3 ore. E’ facilmente attivabile posizionando il motore in modalità statica, staccando i tubi dell’aria dal motore e collegandoli tra loro.

Immagine del materasso superficie terapeutica Innova Basic

Nota: a livello territoriale vi sono in uso solo sovramaterassi ad aria con compressore.

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SUPERFICIE TERAPEUTICA A COMPENSAZIONE PRESSORIA (MCP)

PER LA PREVENZIONE su persone con un Indice di Braden < 20 e fino al II stadio di LcP risulta molto indicato l’utilizzo dei Materassi a COMPENSAZIONE PRESSORIA (MCP) La compensazione pressoria permette un alto sistema antidecubito, dinamico, che permette uno scarico continuo delle pressioni di contatto con l’ impiego della pressione atmosferica e della forza

di gravità come uniche fonti di energia.

Modalità di funzionamento Il MCP utilizza l’esclusiva tecnologia di regolazione automatica delle pressioni denominata SAT™ (Self Adjusting Tecnology). Questa tecnologia brevettata impiega un sistema dinamico di cilindri ad aria dotati di valvole monodirezionali. I cilindri comunicanti tra loro sono regolati dalla valvola precalibrata che controlla il flusso d’aria in entrata ed in uscita.

Immagine del materasso superficie terapeutica Atmosair 4000

Ad ogni cambio posturale del paziente segue un immediato e automatico adeguamento del sistema e delle pressioni di appoggio che favorisce l’immissione o la fuoriuscita dell’aria dai cilindri. Funziona senza utilizzo di energia elettrica ma solo con la pressione atmosferica e forza di gravità. Descrizione generale Il materasso è costituito da una struttura in espanso a densità differenziata con un nucleo centrale formato da quattro cilindri di grande volume disposti verticalmente rispetto alla superficie.

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La speciale schiuma ad alta densità all‘interno dei cilindri, non serve a supportare il peso corporeo, bensì aiuta a creare il vuoto all‘interno del cilindro, il quale sfruttando la valvola unidirezionale precalibrata, richiama aria all‘interno e riequilibra la pressione rispetto al volume. La zona di appoggio dei talloni, in schiuma a bassa densità, è declive, per migliorare lo scarico pressorio e per garantire una migliore distribuzione delle pressioni in una zona particolarmente a rischio. Ottimizza la distribuzione del peso corporeo e riduce e garantisce pressioni d’interfaccia al di sotto della Pressione di Occlusione Capillare. Ad ogni cambio posturale del paziente segue un immediato e automatico adeguamento del sistema e delle pressioni di appoggio.

Comfort paziente Lo strato superiore del materasso è costituito da schiuma bugnata, con canali di areazione, per garantire il comfort del paziente. Tale strato schiumato interagisce perfettamente con i cilindri regolati dalla valvola SAT™.

Telo di copertura Materiale in poliestere rivestito di poliuretano, in Soflux LVT/TheraTex, tessuto resistente nel tempo, costituito da una miscela a base di gomma butilica che garantisce un adeguato MVTR ad alta permeabilità, fissato ai cuscini con cerniera su tre lati. Il telo di copertura è impermeabile ai liquidi, permeabile ai vapori e traspirante: permette la traspirazione del corpo in appoggio facilitando la dispersione naturale della sudorazione. La superficie del telo di copertura, morbida, bi elastica e liscia, previene abrasioni della cute causate da frizioni. Il basso coefficiente di frizione del telo impedisce l’azione delle forze di taglio poiché accompagna ed asseconda i movimenti del paziente preservando l’integrità degli strati cutanei.

Caratteristiche tecniche Materasso antidecubito privo di unità motore, non necessità di allarmi per segnalazioni di malfunzionamento. Completamente silenzioso, in quanto privo di unità motore, nessun costo di gestione, nessuna possibilità di errore nell’impiego, si adatta automaticamente ai cambiamenti di posizione del paziente, non necessita manutenzione e non consuma energia elettrica. Inoltre non produce calore e consente un totale risparmio energetico, elimina gli ingombri della pediera del letto causati dagli apparecchi elettrici di altri sistemi, e non ci sono cavi che possano ingombrare e complicare il quotidiano lavoro degli operatori. Questi materassi sono forniti in diverse misure con

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altezza fissa totale della superficie pari a 18 cm. La portata terapeutica è garantita fino a 227 chili (massima 260 chili) ma esiste una versione bariatrica con portata superiore ai 400 chili. E’ latex free, ignifugo e radiotrasparente. E’ controindicato per pazienti con frattura vertebrale instabile e trazione cervicale/scheletrica. Nota per l’ASLCN2 Attualmente in dotazione presso ASL CN2 è presente il materasso Atmosair 4000R (ex KCI ora Arjohuntleigh). Sul mercato, e sempre fornito dalla stessa ditta, è presente il prodotto Barimaxx Active R , con le stesse caratteristiche ma adatto per pazienti bariatrici. Attualmente, le evidenze scientifiche raccomandano i seguenti utilizzi in materia di materassi:

INDICE DI BRADEN LESIONE MATERASSO

<13 I STADIO ▪A PRESSIONE D’ARIA ALTERNATA (MPA)

▪SUPERFICIE A COMPENSAZIONE PRESSORIA (MCP)

<13 II STADIO ▪A FLUTTUAZIONE DINAMICA D’ARIA TRA ELEMENTI

COMUNICANTI

▪SUPERFICIE A COMPENSAZIONE PRESSORIA (MCP)

<9 III E IV STADIO A CESSIONE D’ARIA PER PAZIENTE AD ALTO RISCHIO

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MATERASSO A FLUTTUAZIONE DINAMICA D’ARIA TRA ELEMENTI COMUNICANTI

Questo materasso è indicato su persone con un Indice di Braden < 13 e fino al II stadio di LcP; ha dimensioni adeguate ai letti ospedalieri attualmente in uso, è di rapida installazione (gonfiaggio e posizionamento) il posizionamento del paziente è semplice, è possibile posizionare il paziente anche a materasso sgonfio in quanto ha integrato, un materasso in poliuretano espanso di primo livello per la prevenzione delle lesioni cutanee da pressione. Modalità di installazione: le pressioni di contatto sono controllate e differenziate automaticamente, in relazione al peso ed al variare della posizione del paziente. Non è necessario inserire i dati di peso e altezza della persona manualmente. Il sensore di autocontrollo, posto tra la superficie in schiuma e i cilindri terapeutici del materasso, legge la pressione esercitata dal corpo del paziente in appoggio ed adegua la quantità di aria in modo da garantire la pressione di contatto ideale. Il sensore registra altresì il variare del carico in relazione al variare della posizione del paziente, adeguando così la pressione alla mutata posizione. In ogni istante il paziente gode della pressione ideale per quella specifica posizione. Il dispositivo rimane gonfio per almeno 3 ore in presenza di un paziente del peso di 185 KG. Portata terapeutica consigliata = 185 Kg Il telo di copertura è permeabile ai vapori e permette la naturale traspirazione del corpo in appoggio facilitando la dispersione naturale della sudorazione e degli essudati. Il materiale di cui è costituito il materasso è facilmente lavabile, disinfettabile e sterilizzabile

Telo di copertura I teli di copertura sono asportabili e possono essere sanificate secondo protocolli di sanificazione attuate all’interno della struttura Ospedaliera. In alternativa, il rivestimento può essere lavato in lavatrice a temperature fino a 95°C. Il telo di copertura è permeabile ai vapori, molto traspirante, pur essendo impermeabile ai liquidi. È inoltre morbido e liscio, la sua composizione a basso coefficiente d’attrito previene abrasioni della cute causate da frizioni e forze di taglio. E’ bi-elastico: permette quindi la penetrazione del corpo nel supporto terapeutico, evitando i danni causati da superfici tese (effetto amaca). Nota per l’ASLCN2 Attualmente in dotazione presso ASL CN2: materasso Proficare ora Nimbus 4 TM e professional

Immagine del materasso superficie terapeutica Proficare

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MATERASSO A CESSIONE D'ARIA PER PAZIENTI AD ALTISSIMO RISCHIO

Caratteristiche È realizzato con caratteristiche simili al tipo precedente: la differenza consiste nel regolare automaticamente oltre che la pressione di contatto anche quella interna; inoltre, attraverso i micro fori presenti nel tessuto del materasso, viene emessa costantemente aria tiepida che impedisce la formazione di umidità tra la superficie di contatto e la cute evitandone la macerazione e garantendo una miglior vasodilatazione superficiale. Sono dotati anche di pulsoterapia. Indicazioni Trova impiego nella prevenzione per pazienti a alto rischio con indice di Braden <9 e nella terapia di LcP fino al 4° stadio. Utilizzato anche per pazienti con edemi importanti a livello declive, con sudorazione profusa (iperdrosi, microclima). Di prima scelta per le aree di Rianimazione.

Telo di copertura I teli di rivestimento dalla cessione d’aria sono di GoreTex, il tessuto che in bioingegneria viene definito “tessuto che respira” per eccellenza permette all’aria prodotta continuamente nella turbina esterna al materasso di immettersi all’interno della superficie del materasso. L’aria raggiunge poi la superficie corporea del paziente: il fluire costante dell’aria consente di prevenire l’aumento dell’umidità corporea e contemporaneamente “asciuga” i liquidi in eccesso evitando la macerazione. Da ciò risulta che la cute della persona assistita dovrà essere il più possibile a contatto con tale tessuto pertanto sarà importante ridurre l’utilizzo d lenzuola e traverse così da mantenere l’equilibro del microclima. Nota per l’ASLCN2 Attualmente in dotazione presso ASL CN2: materasso “Therakair visio” TM a noleggio

Immagine del materasso superficie terapeutica Terakair visio

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NUOVI SISTEMI ANTIDECUBITO PER LA SEDUTA

CUSCINO TECNOLOGICO

È un cuscino composto da fluido viscoso con al’interno microsfere di silicio lubrificate con silicone.

Il fluido si conforma ad ogni variazione del profilo corporeo garantendo una costante

ridistribuzione delle pressioni d’appoggio. Può essere utilizzato tra le ginocchia, dietro la testa,

sotto gomito o tallone.

Indicazioni: prevenzione e trattamento LcP

CUSCINO A COMPENSAZIONE PRESSORIA CON TECNOLOGIA SAT TM

È un cuscino che ottimizza la distribuzione delle pressioni in base al peso e alla postura del

paziente. Questa tecnologia a circuito aperto impiega un sistema brevettato SAT (Self Adjusting

Technology) di cilindri ad aria indipendenti tra loro, dotati di una valvola precalibrata in grado di

regolare il flusso in entrata e in uscita.

Indicazioni: prevenzione e trattamento LcP - portata massima 225 Kg

Immagine del cuscino a compensazione pressoria con tecnologia SAT Atmosair 300

MANUTENZIONE DEI DISPOSITIVI ANTIDECUBITO

Al personale infermieristico e di supporto compete di garantire:

- la manutenzione periodica da parte della ditta o altra persona indicata

- la manutenzione straordinaria

- la sanificazione e sanitizzazione

di tutti i dispositivi antidecubito in base alle indicazioni delle ditte produttrici e delle procedure

aziendali del Comitato Infezioni Ospedaliere (C.I.O.).

CAMBIO DELLA BIANCHERIA E IGIENE DEL RIVESTIMENTO DEI MATERASSI

Non appena la biancheria del letto si bagna o si sporca di deiezioni, va cambiata prontamente

con altri capi morbidi, senza toppe o cuciture, perfettamente asciutta e ben distesa sul

materasso.

Anche la biancheria personale del paziente deve essere asciutta e morbida; per i pazienti allettati

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sono preferibili capi di biancheria aperti dietro, onde evitare fastidiosi raggrinzimenti nelle

posizioni supina e semi seduta.

Nota: il numero di strati (lenzuola, traverse, ecc…) presenti tra la persona e il materasso o il

cuscino a riduzione di pressione, ne riduce l’efficacia – effetto amaca (Prova Categoria VI A CDC

Atlanta) pertanto essi andranno ridotti al minimo indispensabile.

Per l’igiene

• della fodera esterna di contenimento (che permette la traspirazione del paziente) →

rivestimento Vita Trend dei materassi antidecubito TheraRest in uso presso tutte le

SS.OO.CC. di degenza del presidio ospedaliero dell’ASL CN2;

• del rivestimento in GoreTex dei materassi specifici per pazienti con lesioni da decubito della

ditta KCI

si precisa che tali fodere/rivestimenti

a. andranno sanificati con acqua e soluzione detergente a pH fisiologico e sanitizzati con

una soluzione acquosa disinfettante a base di polifenoli allo 0.5% che si ottiene diluendo

5 ml di prodotto per ogni litro d’acqua in apposito erogatore dedicato; si tratterà il

rivestimento con panno monouso imbevuto di tale soluzione e si lascerà agire per 15

minuti. In caso ci sia il paziente allettato si sanitizzerà senza lasciare agire i 15 minuti

previsti. Se dopo i 15 minuti il tessuto non è asciutto si potrà passare un panno

monouso pulito

b. al cambio del paziente se il rivestimento non è stato contaminato si procede come al

punto a). Se risulta contaminato, macchiato dopo la dimissione del paziente il telo di

rivestimento viene inviato presso la lavanderia ospedaliera e si procede a rivestire il

materasso con una fodera di ricambio Vita Trend. Anche in caso di paziente infetto si

procede all’invio del rivestimento in lavanderia in apposito sacchetto per materiale

infetto con specificazione all’esterno del contenuto interno

c. in caso di intolleranze al prodotto a base di polifenoli viene indicato l’uso di una

soluzione acquosa di cloro attivo (es. - Ster X 2000 - al 10% (100 ml in un litro) da

lasciare agire per 5 minuti e poi risciacquare).

Assolutamente controindicato dalle ditte produttrici l’uso di solventi, alcoli, iodofori.

Garanzia di una nutrizione adeguata alla persona assistita

La nutrizione è uno degli elementi fondamentali per mantenere l’integrità tissutale e per promuovere il processo di cicatrizzazione. La gravità di una lesione cutanea è correlata all’entità del deficit nutrizionale. Obiettivo: garantire un adeguato apporto calorico, proteico, vitaminico e di oligoelementi.

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Gli indicatori di rischio nutrizionale per un intervento di supporto sono: a) Il calo ponderale: < o = al 10% del peso totale negli ultimi sei mesi oppure

> o = al 5% del peso totale nell’ultimo mese

b) l’Indice di Massa Corporea – B.M.I. (Body Mass Index): mette in rapporto il peso con l’altezza e si calcola nel seguente modo:

Peso corporeo espresso in chilogrammi ______________________________________

Altezza in metri al quadrato

Esempio: se il peso di una persona è 80 kg e l'altezza è 1,60 m., il suo B.M.I. si calcolerà così:

80 : (1,60 x 1,60) = indice 31,25 (indice relativo a Obeso)

Questi valori valgono per uomo e donna. Una volta definito l’indice si confronta con la tabella .

Indice

> 40 Sovrappeso di 3° grado GGrraavvee oobbeessoo

30-40 Sovrappeso di 2° grado OObbeessoo

25-30 Sovrappeso di 1° grado SSoovvrraappppeessoo

18,5-25 Normopeso NNoorrmmaallee

< 18,5 Sottopeso MMaaggrroo

Nei soggetti che risultano sottopeso, con inadeguato apporto di nutrienti, è necessario identificare i fattori causali e fornire un supporto adeguato mediante un corretto apporto idroelettrolitico e di principi nutritivi. Per quanto riguarda la valutazione del rischio nutrizionale presso l’ASLCN2, durante la fase di presa in carico del paziente e l’accertamento, i professionisti sanitari sono tenuti a compilare la Scheda per lo

Screening del Rischio Nutrizionale che, attraverso passaggi obbligati comprendenti il B.M.I. e relativi

conteggi con punteggio finale, permette di indicare se l’assistito è malnutrito [score > 5] oppure se è a

rischio nutrizionale [score > 3] (vedere Allegato n. 2). c) l’apporto alimentare previsto o stimato come insufficiente (<50% del fabbisogno) per un periodo >o = a 7 giorni. La quota calorica somministrata con qualsiasi tipo di dieta deve tener conto delle necessità del paziente, che sono influenzate da diversi fattori: età, sesso, la costituzione, la patologia, la presenza di febbre, ecc. È necessario adattare i vari tipi di diete al singolo paziente, interrogandolo sulle abitudini alimentari e valutando alcune variabili molto importanti quali: disturbi della masticazione, scarso appetito, scarsa collaborazione, malattie concomitanti. d) l’ipermetabolismo, ipercatabolismo grave associato a uno dei precedenti indicatori

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e) la sieroalbumina < 3.5 mg/dl, i linfociti < 1800/mm3 f) le cattive abitudini alimentari (carenze vitaminiche, proteiche, ecc.) g) l’edentulia. Notevole importanza va attribuita anche alla preparazione e presentazione del pasto, l’appetito è una

sensazione complessa, che viene scatenata dal bisogno fisiologico della nutrizione, dall’abitudine ad

assumere i pasti a determinate ore e da fattori che influenzano la psiche quali l’ambiente, ed il modo di

disporre le vivande, è noto che l’appetito può essere repentinamente spento da sensazioni sgradevoli.

È importante quindi che gli alimenti vengano disposti nel piatto in modo gradevole, rispettosa dei gusti

e degli abitudini consolidate in modo da favorire il piacere di alimentarsi evitando ansie, rifiuti ed

esclusioni spesso responsabili di carenze alimentari. Qualora i valori calorici e proteici non possano

essere raggiunti come da prescrizione dietetica, ci si può avvalere di supporti o additivi da

somministrare con il pasto o negli intervalli come bevande.

Il controllo dell’apporto alimentare può avvenire a fine pasto valutando gli alimenti consumati. In

alcune unità operative hanno adottato il sistema del diagramma a torta, rappresentativo

dell’intero pasto. Si annerisce la porzione che corrisponde alla quantità consumata.

Occorre prestare assistenza al pasto dove necessaria; individuare, segnalare e correggere eventuali

sintomi avversi (disgusto, vomito, diarrea).

Si presenta la tabella indicante le necessità di apporti calorico-proteici in pazienti con LcP

Stadio della lesione Fabbisogno calorico

(kcal/kg/die)

Fabbisogno proteico

(g/kg/die)

I 25-30 1

II 30-35 1,2-1,5

III-IV 35-40 1,5-2

Naturalmente risulta fondamentale il coinvolgimento della struttura aziendale di Nutrizione Clinica e verificare con dietisti, medici nutrizionisti o il medico di reparto, in base al calcolo effettuato, la tipologia di dieta (ipo-iper-normo proteica/calorica) da richiedere presso la Cucina ospedaliera.

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Vengono qui di seguito fornite semplici indicazioni relative a cibi e loro principi nutritivi e consigli pratici di integrazione dietetica.

Cibi

Principi nutritivi

tutti i tipi di carne pollame

selvaggina - frattaglie prodotti ittici carni lavorate

uova

proteine a elevato valore biologico ferro

vitamine del gruppo B,B1,B12

vitamina A, D, K zinco

tutti i tipi di latte latticini, yogurt

tutti i tipi di formaggi

proteine ad alto valore biologico vitamine del gruppo B, B1, B12

vitamina A e B

Legumi ferro

vitamine del gruppo B, B1

ortaggi e frutta di colore giallo, arancione e verde scuro

vitamina A e C vitamine del gruppo B

ferro frutta acidula e verdure a gemma vitamina A e C

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Il PIANO DI TRATTAMENTO ALIMENTARE

La nutrizione naturale o artificiale di una persona sottopeso/con inadeguato apporto di nutrienti, viene prescritta dal medico di reparto/medico nutrizionista eventualmente in collaborazione con dietista/logopedista e può prevedere: l’aumento della quota proteico-calorica della dieta in grado di soddisfare completamente il fabbisogno energetico (30/35 Kcal /kg/di) con:

• pasti di piccolo volume, ma frequenti (ogni 2-3 ore)

• eventuale sostituzione della carne con altri alimenti ricchi di proteine (formaggi, uova, pesce)

• alimenti frullati ad alto contenuto energetico (succhi di frutta arricchiti con zucchero, panna di origina animale/vegetale, latte; passati/vellutate di verdura arricchiti con condimenti, uova, panna di origine animale/vegetale, ecc…)

l’aumento della quota calorica nelle preparazioni alimentari aggiungendo:

• olio extravergine di oliva, burro, margarina alle minestre, ai passati di verdura, alla purea, alla pasta e al riso

• panna di origine animale/vegetale alle salse, ai passati di verdura, al latte, ai frappè, ai dessert, all’orzo, …

• zucchero/miele/malti di grano o riso alle bevande

• latte di origine animale/vegetale al posto dell’acqua per cuocere semolini, cereali, minestre in polvere da diluire ecc …

l’aumento della quota proteica nelle preparazioni alimentari in grado di apportare più aminoaci ad alto valore biologico aggiungendo:

• carne o prosciutto frullati o formaggio grattugiato o tuorlo d’uovo alla pasta, al riso, ai passati di verdura, alle salse, alla verdura

• latte in polvere gusto vaniglia/cioccolato/cappuccino/ecc…, budini, creme, purea di patate, yogurt (diluendo uno o due cucchiai in poca acqua o latte e miscelando) ecc…

IMPORTANTE: Se l’alimentazione anche modificata, su prescrizione (per esempio in consistenza), e/o supplementata, rimane inadeguata, l’Infermiere dovrà prendere in considerazione altri interventi nutrizionali come: - la consulenza per un’eventuale rieducazione della funzione di deglutizione con l’assistenza del

Logopedista - la consulenza del Servizio di Nutrizione Clinica da parte del Medico Nutrizionista e del Dietista

per un’eventuale nutrizione enterale (per la quale possono essere utilizzate sacche/flaconi pronti presenti in farmacia)

- la prescrizione medica per la nutrizione parenterale sempre che ciò sia compatibile con le condizioni cliniche del soggetto.

NB: dalla letteratura si apprende che la nutrizione artificiale si è dimostrata efficace nel favorire la guarigione di soggetti anziani sottoposti ad artroprotesi dopo fratture di femore, di quelli affetti da ulcere da pressione e nel ridurre la durata dei ricoveri.

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Garanzia della gestione dell’incontinenza urinaria e fecale

Nella gestione dell’incontinenza urinaria e fecale l’Infermiere, dopo aver consultato il Medico per l’area di sua competenza, e, se indicato, anche il Fisioterapista, interviene nell’educare paziente e caregiver al rinforzo dei muscoli del pavimento pelvico della persona assistita. Il perineo o pavimento pelvico comprende quel complesso di muscoli che sostiene tutti gli organi addominali. L’allenamento della muscolatura perineale rappresenta un’ottima strategia per combattere e prevenire molti fastidiosi disturbi, tra cui appunto l’incontinenza urinaria. L’indebolimento dei muscoli pelvici provoca una discesa del collo della vescica; questo, a sua volta, causa un cattivo funzionamento dello sfintere interno che non riesce a rimanere chiuso in maniera soddisfacente in caso di sforzo anche minimo. Per ottenere un pavimento pelvico vitale e forte è indispensabile una certa regolarità (per es. 15 minuti ogni giorno) nell’esecuzione degli esercizi per almeno un paio di mesi. L’Infermiere, attraverso gli esercizi di Kegel: - per la muscolatura del pavimento pelvico posteriore, istruisce la persona invitandola a

immaginare di provare a interrompere l’emissione delle feci e contrarre i muscoli anali senza contrarre quelli degli arti inferiori e gli addominali;

- per la muscolatura del pavimento pelvico anteriore, istruisce la persona invitandola a immaginare di provare a interrompere l’emissione delle urine, contrarre i muscoli (anteriori e posteriori) per 4 secondi e poi li rilasciarli; ripetere 10 volte di seguito da 6 a 10 volte al giorno; si può poi aumentare a 4 volte l’ora, se indicato dal medico;

- invita la persona a interrompere e riprendere l’emissione di urine diverse volte nel corso della minzione.

Rappresentazione di uno tra gli esercizi di Kegel

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L’Infermiere, definisce poi un piano di gestione dell’incontinenza e istruisce l’OSS per eventuali azioni da intraprendere, valuta il dispositivo medico migliore da utilizzare a seconda delle esigenze della persona assistita. Sempre in collaborazione con l’O.S.S. riduce le barriere ambientali in caso di persona cosciente e collaborante se sono presenti ostacoli (mobili, sedie, ecc. di ingombro per arrivare al bagno), valuta se l’illuminazione della stanza è adeguata (luci troppo soffuse non permettono una buona visibilità), valuta la distanza dalla camera al bagno, se l’altezza del wc è adeguata alla persona o se necessita di maniglie o altri sostegni. In caso non sia possibile trasferire la p.a. nella stanza dei servizi igienici, provvede alla sistemazione di una sedia comoda nella camera da letto, ricorda alla persona e al caregiver l’importanza di espletare la minzione ogni due ore, dopo i pasti e prima di andare a dormire. Sottolinea alla p.a. che l’incontinenza non è un evento inevitabile correlato all’età, spiega di non limitare l’assunzione di liquidi per il timore dell’incontinenza al fine di evitare il rischio di disidratarsi. Tale sedia comoda la notte andrà sistemata vicino alla p.a per un accesso rapido come pure il sistema di chiamata verso gli operatori e di illuminazione. L’Infermiere, se necessario, ricorderà al paziente l’importanza di chiamare gli operatori la notte per evitare spiacevoli cadute spesso causa di complicanze anche gravi. L’Infermiere promuove inoltre l’integrità cutanea.

DISPOSITIVI ASSORBENTI PER l’ INCONTINENZA URINARIA DEGLI ADULTI

Mutandina assorbente monouso che si indossa come normale biancheria intima. Grazie alla forma anatomica e alle barriere anti-fuga offre un’elevata assorbenza per un’ottima sicurezza contro le perdite. Il materiale esterno simile a tessuto e gli elastici garantiscono una perfetta indossabilità e assicurano la massima indipendenza e dignità. È disponibile in tre taglie, small, medium e large

Assorbente a cintura per incontinenza pesante sia urinaria che fecale. La cintura di fissaggio permette di allacciare il pannolino in vita attraverso tre fascette riposizionabili in modo molto semplice e veloce. Il pannolone è totalmente traspirante. È disponibile in due livelli di assorbenza e in due taglie, medium e large.

Pannolino sagomato indicato per incontinenza da moderata a grave e per la notte. Ha un elevato grado di sicurezza. È disponibile in quattro livelli di assorbenza. Viene indossato in abbinamento alle mutandine a rete, disponibile in sei taglie.

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Slip a rete che completa il “sistema due pezzi”. Disponibile in sei taglie. Rilavabile e riutilizzabile fino a 30 volte (lavaggio ideale: 70° per 10 minuti).

Pannolino mutandina ad elevata capacità assorbente per incontinenza anche fecale. In versione per incontinenza moderata/grave e per incontinenza molto grave, entrambi disponibili in tre taglie, small, medium e large.

Traverse assorbenti per il letto disponibili in varie misure per soddisfare ogni esigenza.

AGGIORNAMENTO SUI SISTEMI AVANZATI PER LA GESTIONE DELL’INCONTINENZA DI FECI LIQUIDE E SEMILIQUIDE

Come già descritto, l’incontinenza fecale provoca una prolungata esposizione a liquidi che va ad aumentare la permeabilità cutanea, riducendo così la funzione barriera e la tolleranza verso trazione e frizione. Ulteriori fattori fisici (come l’alterazione del pH della pelle) e fattori meccanici (come le forze di frizione e taglio) possono avere un impatto negativo sulla struttura lipidica dello strato più esterno della pelle e compromettere quindi la sua naturale funzione di barriera contro i patogeni (Beeckman 2011). Conseguentemente si possono manifestare: - eritemi - edemi - essudazioni - reazioni vescicolose - lesioni erosive ed abrasioni - infezioni micotiche. Esiste un valido aiuto per la prevenzione di tali danni cutanei, si tratta di un nuovo dispositivo avanzato per la gestione delle feci liquide o semiliquide.

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PROCEDURA GENERALE PER LA PREVENZIONE ED IL TRATTAMENTO DELLE LESIONI CUTANEE DA PRESSIONE

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Dispositivo avanzato per la gestione delle feci liquide o semiliquide dei pazienti incontinenti immobilizzati o allettati, di facile utilizzo: efficace alternativa ai metodi tradizionali di gestione dell’incontinenza fecale quali traverse, pannoloni, sacche fecali e cateteri rettali perché permette di proteggere le ferite dalla contaminazione fecale, ridurre sia il rischio di lesioni cutanee che quello di diffusione delle infezioni e controllare, allo stesso tempo, efficacemente, anche l’odore. E’ costituito da una cannula/catetere in silicone medico di classe I, da una siringa con aggancio Luer Lock e da una sacca di raccolta con capacità utile di 1 litro, graduata, a fondo chiuso dotata di valvola anti-reflusso e filtro al carbone attivo di 2,5 mm di spessore con inserita una membrana che gestisce efficacemente il cattivo odore. Su una delle estremità della cannula/catetere in silicone è presente un palloncino di ancoraggio, sotto il quale, si trova una tasca digitale blu facile da individuare e progettata per l’inserimento del dispositivo in modo atraumatico. All’estremità opposta, la cannula/catetere è dotata di un connettore per fissare il sacchetto di raccolta in tutta sicurezza. La cannula raccoglie e canalizza il materiale fecale dal paziente, facilitando il flusso delle feci nel sacchetto di raccolta. Due tubicini, dotati entrambi di una porta, sono fissati alla cannula/catetere. La porta del primo tubicino, su cui è presente la scritta “45 ml”, serve a gonfiare il palloncino di ancoraggio quando il dispositivo è stato posizionato nel retto del paziente. E’ detta porta di gonfiaggio ed è dotata di indicatore di riempimento. Una volta inseriti 45 ml di acqua o soluzione salina, l’indicatore di riempimento si gonfia segnalando all’operatore sanitario il corretto volume di gonfiaggio del palloncino che si conformerà perfettamente all’anatomia dell’ampolla rettale, garantendo un’ottima tenuta e riducendo al minimo le perdite. Questo sistema di ancoraggio a bassa pressione consente di minimizzare il rischio di danno alla mucosa o di traumi allo sfintere. La porta del secondo tubicino, di colore blu, serve a irrigare il catetere con acqua o soluzione salina qualora venga ostruito da particelle solide. E’detta porta di irrigazione. Il grande diametro del catetere, da 22 mm, studiato per permettere il flusso libero delle feci, può collassare a soli 8 mm per prevenire una dilatazione prolungata dello sfintere e ridurre al minimo il rischio di perdita di tono dello sfintere. Il kit per la gestione dell’incontinenza fecale permette, dunque, di veicolare le feci liquide e semi-liquide dall’ampolla ad una sacca di raccolta evitando il contatto con l’ambiente e con la cute del paziente. Gestire in questo modo l’incontinenza fecale permette agli operatori di svolgere un’azione preventiva verso l’insorgenza di alterazioni perineali e di mantenere in situ le medicazioni per il tempo necessario allo svolgimento della loro azione Il dispositivo può essere mantenuto in sito fino a 29 giorni.

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SCHEDA PER L’INDIVIDUAZIONE DI PAZIENTI INCONTINENTI CHE NECESSITANO DEL DISPOSITIVO AVANZATO PER LA GESTIONE DI FECI LIQUIDE/SEMILIQUIDE

INDICATORI

Score

Calcolo punteggio singolo paziente

Sig………………………………….

DIARREA (1)

Si 5

No 0

MOBILIZZAZIONE ATTIVA/PASSIVA

Nessuna limitazione 0

Limitata mobilizzazione(2) 1

Impossibile mobilizzazione(3) 2

STATO CUTANEO DEL DISTRETTO DI INTERESSE

Stato cutaneo integro 0

Eritema/Perdita di sostanza fino al derma 1

Perdita di sostanza a tutto spessore 2

RISCHIO/PRESENZA INFEZIONI NEL DISTRETTO D’INTERESSE

Assenza fattori di rischio locali 0

Presenza device invasivi/innesti cutanei/ferite chirurgiche 1

Infezione conclamata/isolamento da patogeni gastrointestinali 2

TOTALE

......................

LEGENDA 1) Diarrea: oltre 3 perdite o scariche di feci liquide al giorno 2) Limitata mobilizzazione: instabilità clinica 3) Impossibile mobilizzazione: posizione obbligata

VALUTAZIONE per INDIVIDUARE la NECESSITÀ o MENO di UTILIZZO DISPOSITIVO AVANZATO

PUNTEGGIO SCORE (Crociare il risultato qui sotto)

NON CONSIGLIATO il dispositivo avanzato 0-2

CONSIGLIATO il dispositivo avanzato 3-5

FORTEMENTE CONSIGLIATO il dispositivo avanzato >5

Data………………………………… Firma Infermiere …………………………………………….…………………………...

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UTILIZZO DEL SISTEMA AVANZATO DI GESTIONE DELLE FECI LIQUIDE/SEMILIQUIDE L’Infermiere è tenuto a individuare i PAZIENTI PARZIALMENTE O TOTALMENTE DIPENDENTI CON INCONTINENZA FECALE, entro le prime 24 ore dal ricovero, valutare la necessità o meno di utilizzo del dispositivo avanzato per il controllo delle feci liquide/semiliquide rilevando il punteggio score, attraverso la compilazione della scheda presentata nella pagina precedente. Tale rilevazione andrà poi ripetuta periodicamente in presenza di diarrea e/o di un significativo peggioramento del quadro clinico del paziente. Valutata la necessità di utilizzo del dispositivo, l’Infermiere inserirà la cannula nell’ampolla rettale del paziente secondo le indicazioni della ditta produttrice. Inoltre: - appena posizionato il dispositivo effettua un lavaggio di almeno 120 cc di acqua per verificarne il

corretto posizionamento e la pervietà - monitorizza la funzionalità del dispositivo per individuare eventuali occlusioni ed il corretto

posizionamento della linea nera e dell’indicatore di riempimento del palloncino - “spreme” regolarmante e manualente la cannula/catetere per facilitare il flusso delle feci nella

sacca. - effettua periodicamente un lavaggio iniettando dell’acqua tramite la porta “IRRIG.” al fine di

mantenere l’ampolla libera, evitare ostruzioni del sistema da parte delle feci, mantenere il dispositivo pulito e rendere più fluide le feci e favorirne il deflusso nella seguente modalità:

• feci liquide: un lavaggio ogni 8h da 150 cc di acqua bolo • feci semi-liquide: lavaggi più frequenti e poi anche 500 cc a bolo ogni 8h • feci poltacee: lavaggi in continua con 1000 cc in 24 h + 50 cc a bolo per disostruire

- cambia la sacca quando si raggiungono i 600-800 ml - chiude la sacca usata con il tappo integrato prima di eliminarla - definisce un piano di azioni, relative a questa attività, da attribuire all’OSS, in caso ne valuti la

necessità - documenta sulla Cartella Infermieristica/Sanitaria Integrata l’espletamento dell’attività e delle

irrigazioni - rivaluta il paziente personalizzandone la periodicità. Informazioni tecniche per L’UTILIZZO del DISPOSITIVO AVANZATO PRESSO l’ASLCN2: Il dispositivo avanzato per la gestione dell’incontinenza di feci liquide/semiliquide, nell’ASLCN2, è codificato presso la Farmacia aziendale ed è richiedibile come prodotto in transito - non è gestito a magazzino. Attualmente viene fornito dalla Ditta Convatec con nome commerciale Kit Flexi-Seal SIGNAL FMSTM, contiene tre sacchetti con filtro. In caso di necessità i sacchetti di raccolta sono disponibili anche in pratiche confezioni da 10 pezzi. Questo prodotto non è incluso tra quelli delle gare regionali poichè ha un fatturato basso. NOTA per gli Infermieri: oltre all’analisi della scheda tecnica del prodotto e alla possibilità di contattare la “specialist” della ditta produttrice chiedendo i riferimenti presso la Farmacia ospedaliera, per un approfondimento sulla procedura corretta di inserimento del dispositivo nell’ampolla rettale del paziente, si può accedere in Internet su You Tube e visualizzare il filmato curato da personale infermieristico “Flexi Seal 13 minutos”, in lingua spagnola, ma decisamente comprensibile e utile.

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CATETERISMO VESCICALE

La gestione dell’incontinenza può anche essere fatta tramite il cateterismo vescicale ad intermittenza.

In alcune strutture si tenta di riportare persone assistite a normali funzioni di eliminazione urinaria

proprio con questa tecnica.

La cateterizzazione ad intermittenza prevede l’introduzione e la rimozione di un catetere (es. tipo

Nelaton) in vescica per permettere il drenaggio delle urine ad intervalli regolari ogni 4-6 ore.

Comunemente viene utilizzata nei pazienti con danni al midollo spinale o con alterazioni

neurologiche che impediscono la minzione. Questo tipo di cateterizzazione permette alla persona

assistita un maggior controllo e indipendenza nella cura di sé. La tecnica per l’inserzione del

catetere può essere sia sterile, come previsto dal protocollo dell’ASL CN2, che pulita (viene

eseguita pulita soprattutto a domicilio)7.

Il cateterismo vescicale a permanenza viene usato come ultima risorsa, sempre su prescrizione

medica, in alcuni casi di pazienti ad alto rischio di lesioni da pressione e sempre con sistema a

circuito chiuso.

Nota per l’ASLCN2: si rimanda alla specifica procedura aziendale PGSGQ44 sul cateterismo

vescicale per ulteriori informazioni.

8.2 ATTIVITA’ 2: Gestione globale delle Lesioni Cutanee da Pressione e istruzioni per la cura

La gestione globale e coordinata delle lesioni da decubito è volta ad accelerare i processi endogeni

di guarigione ed a promuovere l'adozione di misure terapeutiche efficaci. Oltre ad attuare le azioni

già previste dal sottocapitolo precedente, 8.1, riguardanti l’igiene del paziente, il piano di

mobilizzazione, l’utilizzo di sistemi antidecubito adeguati, la nutrizione corretta, la gestione

dell’incontinenza urinaria e fecale, si deve curare anche la parte della cute lesionata.

il recente concetto di "Preparazione del Letto della Ferita" (Wound Bed Preparation - WBP) ha

influenzato significativamente il modo di inquadrare e, appunto, gestire le lesioni cutanee.

7 Alcuni sanitari raccomandano l’uso di cateteri sterili; altri permettono il riutilizzo una volta puliti. Moore e colleghi

non hanno rilevato differenze significative di infezioni quando si utilizzavano cateteri sterili rispetto ai cateteri puliti per la cateterizzazione intermittente. Un metodo no-touch di cateterizzazione intermittente ha dimostrato di diminuire la frequenza di infezioni urinarie (R.F. Craven eC.J. Hirnce, Principi fondamentali dell’assistenza infermieristica II edizione, Casa Editrice Ambrosiana anno 2004).

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Per indicare quali elementi occorre correggere nella preparazione del letto della ferita, si fa oggi

ricorso all’acronimo inglese TIME che indica una sorta di scala di interventi da attuare in caso di

rischio di/lesione cutanea in termini di priorità e/o necessità:

TIME: Tissue-Tessuto

Infection/ Inflammation – Infezione/Infiammazione

Moisture imbalance - Squilibro idrico/ Umidità/Idratazione

Epidermal margin-Margini dell’Epidermide

ed in particolare gli interventi da garantire sono :

ripristinare il fondo della ferita e le funzioni della matrice extracellulare poiché le cellule non

vitali impediscono la guarigione (Tissue - Tessuto):

evitare/ridurre la colonizzazione/infezione batterica e ridurre l’infiammazione poiché la

presenza di elevata carica batterica o di prolungata infiammazione provoca un incremento delle

citochine infiammatorie e dell’attività proteasica, con riduzione, dell’attività fattori di crescita

(Infection or Inflammation - Infezione o infiammazione)

mantenere il corretto grado di umidificazione tissutale e rimuovere i liquidi in eccesso poiché la

disidratazione cutanea rallenta la migrazione delle cellule epiteliali e di contro, un eccesso di liquidi

causa la macerazione dei margini della ferita (Moisture imbalance - Squilibrio idrico):

assicurare la migrazione dei cheratinociti e la risposta delle cellule della ferita poiché i

cheratinociti che non migrano e le cellule della ferita che non rispondono agli stimoli impediscono

la rimarginazione dei tessuti (Epidermal margin - margini dell’epidermide).

IL TRATTAMENTO TOPICO DELLE LESIONI CUTANEE 8 Le ferite, sia che riparino per prima che per seconda intenzione, devono essere deterse prima

di qualsiasi trattamento topico: la detersione favorisce una corretta valutazione, permette la

rimozione dei detriti e dei residui della medicazione precedente eventualmente presenti e diluisce

la carica batterica. La detersione deve essere effettuata utilizzando una soluzione salina sterile

8Parte del capitolo viene liberamente tratto dal documento: Le medicazioni avanzate per il trattamento delle ferite

acute e croniche. Commissione Regione Emilia Romagna Dispositivi Medici. Febbraio 2012

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(soluzione fisiologica) a temperatura corporea 35-37°C utilizzando una siringa con l’ago per

irrigare meglio la lesione: il getto deve essere in grado di rimuovere i residui dell’eventuale

medicazione precedente e la colonizzazione batterica superficiale ma allo stesso tempo delicato

per non rischiare di danneggiare i tessuti neoformati. L’asciugatura deve essere fatta tamponando

con garze sterili, delicatamente per evitare microlesioni da sfregamento tra il piano osseo e la rete

microcapillare.

Se presente infezione, dopo la detersione è opportuno prendere in considerazione l’esecuzione

dall’antisepsi. Gli antisettici raccomandati sono la clorexidina (applicata in concentrazioni

compatibili con la cute lesa es. 0,5% in soluzione acquosa) e lo iodiopovidone. L’antisettico, dopo

l’applicazione sulla ferita deve essere lasciato asciugare per permettere l’esplicazione dell’azione

antisettica; al termine di questa operazione, lo stesso va rimosso con soluzione fisiologica al

fine di evitare interazioni con le medicazioni applicate successivamente, insorgenza di resistenze

batteriche e/o sensibilizzazioni cutanee.

È opportuno ricordare che v i e n e s c o n s i g l i a t a l ’ a p p l i c a z i o n e t o p i c a

d e g l i a n t i b i o t i c i dalle principali linee guida poiché provocano la formazione di ceppi

batterici resistenti e possono essere allergizzanti. Se è necessario il Medico potrà prescrivere una

terapia antibiotica sistemica mirata impostandola sulla base dell’antibiogramma; si ricorda però

che il tampone sulla lesione non deve essere utilizzato di routine in quanto la diagnosi di

infezione della soluzione di continuo è clinica.

In caso di infezione potrebbe essere utile applicare medicazioni avanzate antisettiche contenenti

argento, clorexidina, medicazioni captanti e medicazioni a lento rilascio di antisettici (

iodopovidone sconsigliato però in caso di presenza di Pseudomonas e per i pazienti con

Tireopatia). Nel trattamento delle ferite infette va tenuto conto che a causa della presenza di

tessuto necrotico o per lo scarso apporto di sangue gli antibiotici sistemici a dosaggio terapeutico

possono non penetrare nel tessuto infetto ischemico, in questo caso è necessario provvedere ad

un controllo della carica batterica locale attraverso l’utilizzo delle succitate medicazioni, per

esempio a base di argento, dopo aver provveduto alla rimozione del tessuto necrotico

(debridement) da parte del Medico chirurgo e ad un’abbondante detersione.

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Aggiornamento sul debridement 9

Il debridement consiste nell’atto di rimuovere materiale necrotico, escare, tessuti infetti, tessuti

devitalizzati o siero-crostosi, slough, ipercheratosi, ematomi, pus, corpi estranei, frammenti ossei,

detriti, o qualsiasi altro materiale di tipo necrotico, da una lesione, al fine di favorirne la guarigione.

Inoltre il debridement va riferito anche alla liberazione dei margini e della cute perilesionale.

In particolare, in pazienti fragili, immunocompromessi e con pluripatologie si verifica il persistere

della carica necrotica e di essudato sulla lesione cutanea: in questi casi l’importanza del

“debridement di mantenimento” risulta finora sottovalutata ma recenti evidenze scientifiche hanno

confermato l’importanza del ruolo dello sbrigliamento nell’aiuto alla rimozione di cellule anormali,

biofilm e metalloproteasi e nel promuovere le nuove cellule determinando un’accelerazione del

processo riparativo.

Anche per quanto riguarda le diverse tipologie di sbrigliamento, ed in particolare i loro vantaggi e

svantaggi, un recente studio scientifico10 ha permesso di elaborare la seguente tabella sinottica:

TIPOLOGIE DI SBRIGLIAMENTO – VANTAGGI / SVANTAGGI

Tipologie di sbrigliamento

Esempi di materiali usati

Velocità di rimozione tessuti

Protezione dei tessuti sani

Comfort del paziente

Agenti assorbenti

Alginati + ++++ +++

Autolitico Idrogeli, Idrocolloidi

+ ++++ ++++

Enzimatico Collagenasi da C. histolyticum

+++ ++++ ++++

Meccanico Lavaggio pulsato, Wet to dry, NPWT

+++ ++ +

Chirurgico Bisturi, Curette, Idrochirurgia

+++++ + +

Legenda: + = Vantaggio minimo +++++ = Vantaggio massimo NPWT = Negative pressure – Wound Therapy

9 DebrisoftDebridementPaper_EWMA2013_10_05_2013.pdf - www.lohmann-rauscher.it/.../ewma-conference-2013-emphasizes-the-

importance-of-debridement.html

10 J.E. Torra, B. Paggi. La colagenasa y el tejido desvitalizado en el contesto de la preparacion del lecho de la herida. Rev ROL Enf 2013; 36(2): 109-114

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Le principali tipologie di medicazioni 11

Si è scelto di utilizzare la seguente definizione di Medicazione: “trattamento terapeutico locale, su

una parte del corpo, inteso a proteggere i tessuti lesionati e quelli immediatamente circostanti e a

favorirne i processi riparativi”.12

Le medicazioni sono dunque generalmente utilizzate per favorire la guarigione delle ferite e

prevenirne la contaminazione: l’utilità della medicazione può essere vanificata dal fatto che in

alcuni tipi di ferite l’approccio locale al trattamento della lesione deve essere preceduto dalla

rimozione della causa che ha provocato la lesione stessa (come ad esempio nel caso delle lesioni

da pressione è indispensabile rimuovere la pressione attraverso il riposizionamento del paziente e

l’applicazione di idonee superfici antidecubito). Le medicazioni vengono definite primarie quando

il materiale di medicazione viene posto a diretto contatto con i tessuti lesi, secondarie quando il

materiale di medicazione serve per riempire ulteriormente una cavità o svolge la funzione di

fissaggio della medicazione primaria. Quando si seleziona la medicazione è necessario conoscere il

tipo di materiale di contatto diretto con la ferita, in quanto la selezione stessa deve tener conto di

una serie di fattori che definiscono la medicazione “ideale” per i diversi tipi di ferita stessa.

Questi fattori devono rendere la medicazione in grado di:

o assorbire l’eccesso di essudato, o fornire un microambiente umido, o essere sterile/pulita, o non disperdere residui nella ferita, o ridurre il dolore, o essere di facile utilizzo, o non essere allergenica, o non provocare traumi alla rimozione, o essere impermeabile ai microrganismi, o fornire un isolamento termico.

La scelta di una medicazione appropriata deve tener conto di una serie di criteri quali: tipologia di

lesione cutanea, sede, dimensioni, presenza di infezione, tipologia e quantità di essudato,

condizioni della persona assistita e relativi obiettivi assistenziali. In particolare, la gestione

dell’essudato riveste un ruolo importante al fine di mantenere un microclima ideale sul letto della

11 Parte del capitolo è stato liberamente tratto dal documento: Le medicazioni avanzate per il trattamento delle ferite acute e croniche. Commissione Regione Emilia Romagna Dispositivi Medici. Febbraio 2012 12 M. Fornaciari, E. Sardone. Nomenclatura merceologica delle medicazioni. ACTA Vulnologica (AIUC) . 2014; 12-123-42

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lesione: le medicazioni devono essere in grado di controllare la sua quantità in modo che non

diventi corrosivo e non danneggi la cute perilesionale con l’utilizzo, a seconda del caso di idrofibra

o alginato o schiuma di poliuretano ecc.. Si raccomanda i n o l t r e a l p r o f e s s i o n i s t a

I n f e r m i e r e di leggere attentamente le s c h e d e t e c n i c h e d e i d i s p o s i t i v i al fine

di evitare sprechi per es. relativamente a tempi di permanenza in situ, al rischio di macerazione,

di adesione al tessuto di granulazione o di infezione ecc.).

Studi osservazionali hanno mostrato che i risultati assistenziali migliorano quando accanto alla

disponibilità di medicazioni e di trattamenti locali appropriati, è presente un elevato livello di

organizzazione e competenze. 13

Tempi di permanenza/sostituzione delle medicazioni

I tempi di permanenza/sostituzione di una medicazione cambiano in base al tipo di dispositivo

medico utilizzato, tradizionale o avanzato oppure per l’eventuale presenza di infezione con

iperessudato, infatti, in questi casi, è possibile un cambio di medicazione fino a tre volte al giorno

solitamente però con la sola sostituzione della medicazione secondaria di assorbenza.

MEDICAZIONE TRADIZIONALE: sostituzione 1 volta die

MEDICAZIONE AVANZATA: sostituzione da 1 volta die a 1 volta a settimana

MEDICAZIONE TRADIZIONALE

MEDICAZIONI a metà tra tradizionali e avanzate favorenti

la granulazione

MEDICAZIONE AVANZATA

Garze cotone e/o TNT Antisettici Proteolitici Adsorbenti

Es.Spugne di collagene promogram, promogram plus, condress, hyalogran hyalofill ecc..

Occlusive Semipermeabili

Idrogeli

Le medicazioni avanzate, in base alle condizioni cliniche e in accordo con le raccomandazioni del la

ditta produttrice, dovrebbero restare in sede il più a lungo possibile: è stato dimostrato che

medicazioni non isolanti o ad alta frequenza di cambio portano ad un raffreddamento della

superficie della lesione, con rallentamento della guarigione. La proliferazione cellulare

raggiunge la massima velocità di replicazione ad una temperatura compresa fra 35°C e 37°C.

13 M. Masina. Esiste un gold standard nella gestione delle ulcere cutanee croniche? ACTA Vulnologica (AIUC) . 2014; 12-156-58

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Inoltre, la prematura o troppo frequente rimozione di medicazioni adesive può danneggiare sia la

cute perilesionale (stripping delle cellule epiteliali) sia il letto della lesione stessa.

La medicazione deve invece essere sostituita precocemente quando:

- non è più in grado di gestire il materiale assorbito (es. la medicazione è satura e la sua capacità

assorbente è esaurita, o si verifica leakage (perdita di fluidi da medicazione).

- si mostri frammentata (es. fissaggio staccato), poiché così viene a mancare l’effetto-barriera

contro le contaminazioni esterne. Se frequente, rivalutare la scelta della medicazione

- viene contaminata.

Per garantire l’assorbimento dell’essudato e il controllo della carica batterica ed evitare la

formazione di ascessi, la medicazione deve riempire le eventuali cavità conformandosi alla ferita e

restando in contatto con il letto della stessa; è però sconsigliato un riempimento eccessivo per

prevenire un danno al tessuto di granulazione neoformato (compressione) con conseguente

ritardo nella guarigione.

L’utilizzo delle medicazioni avanzate è sconsigliato in caso di:

o sanguinamento o presenza di tratti fistolosi non esplorati o allergia ai componenti della medicazione o tumori cutanei o gangrena umida.

IMPORTANTE: La scelta della medicazione deve dunque essere effettuata sulla base:

• della valutazione della lesione

• della valutazione globale e olistica della persona assistita con relativi obiettivi clinico-assistenziali definiti dal team

conseguentemente, la guarigione, non sempre è il risultato atteso (es. nei pazienti terminali è

importante ridurre il dolore con un trattamento sintomatologico per la gestione di eventuale

dolore, maleodore ecc.).

Si rimanda all’Allegato n. 3 di questa procedura per una precisa descrizione delle diverse tipologie

di prodotti presenti presso l’ASLCN2.

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SCHEMA: ISTRUZIONI PROCEDURE DI MEDICAZIONE

in base a - Stadiazione internazionale EPUAP/NPUAP/PAN PACIFIC - Classificazione in base al colore della Wound Care Society (Madeleine Flanagan) N.B. PREMESSA IMPORTANTE A) PRIMA e DOPO ogni Intervento/attività espletare il lavaggio sociale delle mani

B) Per le Medicazioni delle Lesioni dal II Stadio o con Codice Colore ad esclusione del Bianco → Le medicazioni richiedono un ambiente a carica microbica controllata ogni volta sia possibile

Lasciare possibilmente trascorrere 30 minuti dal momento del rifacimento letto e dalle operazioni di pulizia.

→ È necessario utilizzare medicazioni che mantengano il fondo della lesione costantemente umido (Prova I A)

→ Le medicazioni avanzate devono essere sterili → Gli operatori devono:

a) portare il carrello delle medicazioni vicino al letto del paziente b) eseguire il lavaggio sociale delle mani c) prendere il set di medicazione e aprirlo con tecnica “no touch” sul carrello d) eseguire il lavaggio antisettico delle mani prima e dopo la medicazione e) adottare una tecnica “no touch”per medicare In caso di rinnovo della medicazione devono: • portare il carrello delle medicazioni vicino al letto del paziente • eseguire il lavaggio sociale delle mani • indossare guanti monouso e rimuovere la vecchia medicazione • rieseguire il lavaggio sociale delle mani • prendere il set di medicazione e aprirlo con tecnica “no touch” sul carrello • eseguire il lavaggio antisettico delle mani prima e dopo la medicazione • adottare una tecnica “no touch” per medicare

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DIREZIONE delle PROFESSIONI SANITARIE Cod.: PGSGQ15

Data: 01/02/2016 Rev.: 4

PROCEDURA GENERALE PER LA PREVENZIONE ED IL TRATTAMENTO DELLE LESIONI CUTANEE DA PRESSIONE

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CUTE con presenza di ERITEMA NON REVERSIBILE Codice Colore BIANCO (codice liberamente inserito dal gruppo lavoro ASLCN2)

Lesione STADIO I Eritema non reversibile

Obiettivo: migliorare lo stato della cute riducendo l’eritema non reversibile

D.I. Integrità cutanea compromessa - cod. 00046 ATTIVITA’ - Cura della lesione con trattamenti topici appropriati

1. Detergere la lesione con soluzione detergente debolmente acida per non alterare il pH cutaneo fisiologico - risciacquare

2. Asciugare tamponando delicatamente per evitare microlesioni da sfregamento tra il piano osseo e la rete microcapillare;

3. Idratare e proteggere con olio di mandorle dolci o pasta all’ossido di zinco (o acidi grassi essenziali iperossigenati)

4. Non coprire con medicazioni secondarie per consentire la traspirazione dei tessuti 5. Rivalutare e trattare ogni 12 ore

LESIONE bollosa FLITTENA (Integra o Aperta) Codice Colore GIALLO ORO (codice liberamente inserito dal gruppo lavoro ASLCN2)

Lesione bollosa STADIO 2 Flittena integra o aperta

Obiettivo: ottenere la riparazione tessutale

D.I. Integrità cutanea compromessa - cod. 00046 ATTIVITA’ - Cura della lesione con trattamenti topici appropriati

1. Detergere la lesione con Soluzione fisiologica/Ringer e asciugare tamponando delicatamente (se lesione aperta usare garza sterile)

2. Medicare scegliendo tra:

Flittena integra: NON bucare (BUCARE soli in caso di segni clinici di Infezione)

• Idratare/proteggere con pasta ossido di zinco/olio mandorle dolci

• Schiuma di poliuretano sottile per ridurre compressione e/o sfregamento

• Talloniera in schiuma di poliuretano se la lesione è sul tallone Se la cute è elastica utilizzare Garza Non Aderente + medicazione di copertura

Flittena aperta: Rimuovere i lembi di tessuto con forbice sterile/bisturi Se asciutta:

• Idrocolloide coprendo di almeno 3 cm. la cute sana intorno oppure Garza Non Aderente

Se presente essudato:

• Idrogel poi medicazione secondaria con schiuma di poliuretano In caso di segni clinici di infezione: Garze Non Aderenti con antisettico

3. Rivalutare e Cambiare la medicazione: Per Flittena integra: Rivalutare ogni 12 ore - Rinnovare la schiuma ogni 7 gg. massimo Per Flittena aperta: Rivalutare ogni 48/72 ore esaminando il livello di saturazione

della medicazione utilizzata

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LESIONE ASCIUTTA (FONDO PALLIDO) Codice Colore ARANCIONE (codice liberamente inserito dal gruppo lavoro ASLCN2)

Lesione STADIO 2 Fondo pallido, arancione senza essudato

Obiettivo: promuovere un ambiente umido del letto della ferita

D.I. Integrità cutanea compromessa - cod. 00046 ATTIVITA’ - Cura della lesione con trattamenti topici appropriati

3. Detergere la lesione con Soluzione fisiologica/Ringer/acqua sterile e asciugare

tamponando; 4. Medicare scegliendo tra:

• Idrogeli + medicazione secondaria di schiuma di poliuretano sottile o idrocolloide sottile;

• Idrocolloidi (può rimanere in situ più a lungo) 3. Rivalutare e Cambiare la medicazione:

• max ogni 2 gg in caso di utilizzo degli Idrogeli e a seconda del grado di idratazione del letto della lesione;

• max 5 gg in caso di utilizzo degli Idrocolloidi. Controllare la macerazione della cute perilesionale.

LESIONE IN FASE DI RIEPITELIZZAZIONE – Codice Colore ROSA

Lesione STADIO 2: indica la riepitelizzazione

In questa fase, è possibile osservare aree di riepitelizzazione di colore rosa traslucido al di sopra del tessuto di granulazione, costituite da cellule epiteliali migranti dai bordi dell’ulcera che avanzano in modo concentrico fino a unirsi. Il neoepitelio, nelle lesioni a spessore parziale, si sviluppa anche sotto forma di isole all’interno della superficie della lesione. Obiettivo: Favorire la ricostruzione tessutale e proteggere la cute neoformata, fragile e sottile. Promuovere un buon trofismo cutaneo

D.I. Integrità cutanea compromessa - cod. 00046 ATTIVITA’ - Cura della lesione con trattamenti topici appropriati

1. Detergere la lesione con soluzione fisiologica/ringer/acqua sterile e asciugare tamponando 2. Medicare con:

• Schiuma di Poliuretano (medio/alto essudato) • Idrocolloide, schiuma di poliuretano sottile (basso essudato) oppure Garza Non Aderente

3. Rivalutare e Cambiare la medicazione in media ogni 2 – 3 gg. in caso di utilizzo di idrocolloidi o Garza Non Aderente. Nel caso si usi la schiuma di poliuretano valutare la saturazione della medicazione per poterne riprogrammare il cambio successivo (es. se non è satura potrebbe gestire più a lungo la lesione e si può allungare il tempo per il cambio di medicazione fino ad un massimo di 7 gg.). L’idrocolloide va invece rimosso quando il gel arriva a circa 2 cm dal bordo (valutabile dall’esterno)

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LESIONE GRANULEGGIANTE (DETERSA, BASSO ESSUDATO ) – Codice Colore ROSSO Lesione STADIO 2 – 3: indica il tessuto di granulazione

Il letto della lesione appare di colore rosso grazie alla presenza di tessuto di granulazione. Il tessuto di granulazione “sano” ha un aspetto umido a bottoncini; essendo molto vascolarizzato ha un colore rosso vivo o rosa intenso, che indica la normale progressione della cicatrizzazione. Obiettivo: Prevenire la macerazione della cute perilesionale. Favorire la ricostruzione tessutale.

D.I. Integrità cutanea compromessa - cod. 00046 ATTIVITA’ - Cura della lesione con trattamenti topici appropriati

1. Detergere con soluzione fisiologica/ringer/acqua sterile e asciugare tamponando; 2. Medicare scegliendo tra:

• Idrocolloidi

• Schiume di poliuretano sottili

• Collagene (da non usare se la lesione è infetta) NB: Se si tratta di lesioni cavitarie:

• Idrogel + Alginato + garze e fissaggio con film in poliuretano o cerotto in TNT come medicazioni secondarie; Collagene.

Rivalutare e Cambiare la medicazione ogni 3-5 gg.

LESIONE GRANULEGGIANTE (DETERSA MEDIO–ALTO ESSUDATO) – Codice Colore ROSSO

Lesione STADIO 2 – 3 : indica il tessuto di granulazione.

Il letto della lesione appare di colore rosso grazie al di tessuto di granulazione che se “sano” ha un aspetto umido a bottoncini; essendo molto vascolarizzato ha un colore rosso vivo/rosa intenso che indica il normale progredire della cicatrizzazione Obiettivo: ridurre la quantità di essudato sul letto della ferita; prevenire l’eccessivo essiccamento della lesione; prevenire la macerazione della cute perilesionale, favorire la ricostruzione tessutale

D.I. Integrità cutanea compromessa - cod. 00046 ATTIVITA’ - Cura della lesione con trattamenti topici appropriati

1. Detergere con soluzione fisiologica/ringer/acqua sterile e asciugare tamponando; 2. Medicare con (ordine dal medio all’alto essudato) :

• Collagene (da non utilizzare se la lesione è infetta)

• Schiume di poliuretano (solo per essudato medio)

• Alginati

• Idrofibra da sostituire quando completamente gelificata NB: Se si tratta di lesioni cavitarie:

• Alginati

• Idrofibra

• Collagene + medicazione secondaria di riempimento (alginato-idrofibra) E’ possibile proteggere il bordo perilesionale anche con Garza Non Adesiva Pellicola di poliuretano come medicazione di chiusura. 3. Rivalutare e cambiare la medicazione: ogni 3 giorni, al massimo.

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LESIONE NECROTICA (e o con FIBRINA) GIALLA e FAGEDEMICA (SLOUGH)

Codice Colore GIALLO

Lesione STADIO 2 – 3 – 4: consistenza molle e giallastra, esito di una

rimozione della necrosi nera, spesso accompagnata da accumuli di fibrina

Il tessuto devitalizzato può presentarsi anche sotto forma di slough, un materiale che aderisce al letto della lesione in filamenti o in ammassi ispessiti o mucillaginoso. Nella lesione gialla il letto dell’ulcera appare di colore giallo, beige o biancastro a seconda della variabilità nella combinazione dei componenti dello slough, un mix di tessuti devitalizzati, materiale cellulare di sfaldamento, essudato, leucociti, e batteri. Se è presente una gran quantità di globuli bianchi, lo slough tende ad assumere un aspetto cremoso, di colore giallo. Obiettivo: Rimozione del tessuto necrotico e conseguente ripristino del tessuto cutaneo e sottocutaneo con controllo del possibile processo infettivo.

D.I. Integrità cutanea compromessa - cod. 00046 ATTIVITA’ - Cura della lesione con trattamenti topici appropriati

1. Detergere la lesione con soluzione fisiologica/ringer/acqua sterile e asciugare

tamponando; 2. Medicare scegliendo tra:

in presenza di essudato moderato • prodotti a base di collagenasi (uso in siti di lesione non a rischio di contaminazione) + medicazione secondaria con garze sterili TNT (anche in cavità). In sito di lesione a rischio di contaminazione, su prescrizione medica, si può utilizzare Collagenasi con antibiotico • Idrogeli + medicazione secondaria in schiuma di poliuretano • Idrocolloidi

in presenza di essudato abbondante • Alginato di calcio (o calcio/sodio) o idrofibra + medicazione secondaria in Schiuma di Poliuretano Rivalutare e Cambiare la medicazione ogni 2 giorni al massimo, in caso di utilizzo degli Idrogeli o di Collagenasi ; ogni 3 giorni al massimo, in caso di utilizzo degli Idrocolloidi. In caso di utilizzo dell’Idrofibra/Alginato con Schiuma di Poliuretano valutare i cambi in base alla saturazione delle medicazioni; cambio giornaliero per tutte le altre tipologie di medicazione

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LESIONE INFETTA A MEDIO-ALTO ESSUDATO – Codice Colore VERDE Lesione STADIO 3 – 4 : indica la presenza di infezione/colonizzazione

batterica critica

Le lesioni possono complicarsi con infezioni che diffondendosi ai tessuti profondi possono causare celluliti, fasciti necrotizzanti, osteomieliti e batteriemie associate a rischio di mortalità. Le manifestazioni cliniche delle infezioni delle lesioni da pressione possono essere estremamente variabili e vanno dal ritardo nella cicatrizzazione alla presenza di intenso eritema, calore, tensione locale con crepitio dei tessuti sottostanti, secrezione purulenta, cattivo odore, biofilm, ai segni sistemici della sepsi e dello shock settico. Obiettivo: Abbattere la carica batterica

D.I. Integrità cutanea compromessa - cod. 00046 ATTIVITA’ - Cura della lesione con trattamenti topici appropriati

1. Detergere con Soluzione fisiologica/Ringer/acqua sterile e asciugate tamponando 2. Disinfettare con soluzione antisettica acquosa a base di Iodopovidone (inefficace in caso di

Pseudomonas e controindicato per pz. con Tireopatia) o di Clorexidina 3. Ripetere azioni del punto 1. 4. Medicare con:

- Medicazioni avanzate a base di Argento o Argento+Carbone o di antisettici/antibatterici topici + medicazione assorbente tradizionale + medicazione di fissaggio.

Utilizzare Idrofibra con Ag cambiando in base alla quantità di essudato da valutare in base alla saturazione della medicazione che in tal caso gelifica completamente in lesioni piane o cavitarie) In presenza di tessuto misto nella lesione, il trattamento prevede di dare la precedenza alla gestione dell’infezione, poi della necrosi e infine al tessuto di granulazione.

ATTENZIONE A NON APPLICARE MEDICAZIONI OCCLUSIVE NELLE ULCERE CON INFEZIONI CLINICAMENTE PROVATE (Poliuretani, Idrocolloidi, Idrogeli su supporto poliuretanico occlusivo), ad eccezione delle infezioni da pseudomonas aeruginosa che muore in ambiente anaerobio. SCONSIGLIATO L’UTILIZZO DELLA GARZA IODOFORMICA, specie se in presenza di grandi lesioni, perché provoca una cessione continua di iodio, citotossico.

5. Rivalutare e Cambiare la medicazione ogni 24 ore. In caso di utilizzo di medicazioni all’argento per i tempi rispettare le indicazioni del produttore.

N.B. Questo tipo di lesione cutanea richiede il coinvolgimento del personale medico per eventuali prescrizioni di terapia antibiotica sistemica di supporto

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LESIONE NECROTICA (NERA-ASCIUTTA) – Codice Colore NERO

Lesione STADIO 3 – 4 : tessuto devitalizzato e tendenzialmente disidratato

Quando un’area di tessuto è deprivata di un adeguato apporto di ossigeno o nutrienti diviene non vitale. Il tessuto devitalizzato ha la tendenza a disidratarsi, e via via che perde umidità forma uno strato ispessito, per lo più duro, coriaceo, di color marrone o nero, che aderisce saldamente al letto della lesione o ai margini dell’ulcera. Il tessuto disidratandosi si contrae, mettendo in tensione i tessuti circostanti e causando dolore. Obiettivo: rimozione del tessuto necrotico, non vitale (debridment).

D.I. Integrità cutanea compromessa - cod. 00046 ATTIVITA’ - Cura della lesione con trattamenti topici appropriati

1. Detergere con soluzione fisiologica/ringer/acqua sterile e asciugare tamponando; 2. Medicare scegliendo tra:

• Idrogel coperto con film di poliuretano o Idrocolloide (rafforza l’efficacia di autolisi dell’idrogel e favorisce uno sbrigliamento più rapido) o con film di poliuretano (se l’area necrotica è piccola o non molto adesa).

Prodotti a base di Collagenasi (uso in siti di lesione non a rischio di contaminazione - in sito di lesione a rischio di contaminazione su prescrizione medica si può utilizzare Collagenasi con antibiotico + medicazione secondaria con garze.

• Rimozione chirurgica parziale o totale Dove possibile il debridment di tipo chirurgico è da preferire: +rapido rispetto ad altre metodiche. Si ricorda che la necrosi del tallone è l’unica che non deve essere rimossa, a meno che non ci sia fluttuazione, infiltrazione, edema o fuoriuscita di liquido dalla stessa. 3. Rivalutare e Cambiare la medicazione: rivalutare quotidianamente, poi per lo sbrigliamento autolitico (Idrogel+ Idrocolloide) si può anche cambiare dopo 3-4 giorni. Nello sbrigliamento enzimatico (con Collagenasi) la medicazione si cambia con maggior frequenza (1-2 giorni massimo)

LESIONE SANGUINANTE POST-ESCARECTOMIA O TRAUMATICA

Obiettivo: Arrestare il sanguinamento

D.I. Integrità cutanea compromessa - cod. 00046 ATTIVITA’ - Cura della lesione con trattamenti topici appropriati

1. Detergere giornalmente la lesione con soluzione fisiologica/ringer/acqua sterile e

asciugare tamponando; 2. Medicare: - in caso di Sanguinamento modesto, utilizzando gli Alginati

- in caso di Sanguinamento Abbondante o post–chirurgico, consultare il Medico per la terapia del caso e le indicazioni del Chirurgo

3. Rivalutare e Cambiare la medicazione Gli Alginati vanno rimossi quando termina l’azione emostatica. Seguire le prescrizioni del M. Chirurgo nel decorso post escarectomia (di solito le medicazioni post chirurgiche sono rinnovate giornalmente).

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LESIONE NECROTICA FIBRINOSA A MEDIO-ALTO ESSUDATO Codice Colore ARANCIO-GIALLO-VERDE

Lesione STADIO 2 – 3 – 4 NECROSI FIBRINOSA SETTICA (A MEDIO-ALTO ESSUDATO)

indica presenza di infezione/colonizzazione batterica critica.

Le lesioni possono complicarsi con infezioni che diffondendosi ai tessuti profondi possono causare celluliti, fasciti necrotizzanti, osteomieliti e batteriemie associate a rischio di mortalità. Le manifestazioni cliniche delle infezioni delle lesioni da pressione possono essere estremamente variabili e vanno dal ritardo nella cicatrizzazione alla presenza di intenso eritema, calore, tensione locale con crepitio dei tessuti sottostanti, secrezione purulenta, cattivo odore, ai segni sistemici della sepsi e dello shock settico. Obiettivo: abbattere la carica batterica e sbrigliamento del tessuto necrotico.

D.I. Integrità cutanea compromessa - cod. 00046 ATTIVITA’ - Cura della lesione con trattamenti topici appropriati

1. Detergere la lesione con soluzione fisiologica/ringer/acqua ster. e asciugare tamponando; 2. Disinfettare con soluzione antisettica a base di iodopovidone (inefficace per Pseudomonas

e controindicato per pz. tireopatici) o clorexidina a base acquosa; 3. Detergere nuovamente come al punto 1. ; 4. Medicare:

- con prodotti a base di argento, argento+carbone, antisettici/antibatterici topici per abbattere la carica batterica - es- medicare con Idrofibra con Argento (Ag) (in caso di essudato medio alto e presenza di fibrina (aiuta a gestire l’essudato ed a pulire il fondo della lesione) oppure con Alginato con Ag

- con Garze a contenuto salino di tipo non occlusivo e Idrogeli per sbrigliare il tessuto necrotico. N.B. Gli Idrogeli vanno usati solo sulle zone di necrosi (mai in presenza di essudato abbondante poiché aumentano maggiormente la quantità di umidità della lesione)

- con Collagenasi (uso in siti di lesione non a rischio di contaminazione - in sito di lesione a rischio di contaminazione su prescrizione medica si può utilizzare Collagenasi con antibiotico)

5. Rivalutare e Cambiare la medicazione ogni 24 ore. In caso di utilizzo di medicazioni all’argento, per i tempi, rispettare le indicazioni del produttore

Non vanno applicate medicazioni occlusive nelle ulcere con infezioni clinicamente provate (poliuretani, idrocolloidi, idrogeli su supporto poliuretanico), tranne nel caso di infezione

da pseudomonas aeruginosa (essudato verde) che muore in ambiente anaerobio. Da alcune evidenze risulta sconsigliato l’utilizzo della garza iodoformica, specie se in presenza di grandi lesioni, perché provoca una cessione continua di iodio, citotossica.

N.B. Questo tipo di lesione cutanea richiede il coinvolgimento medico per eventuali prescrizioni di terapia antibiotica sistemica di supporto e/o altre prescrizioni

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IL TRATTAMENTO TOPICO DELLE LESIONI CUTANEE CON L’UTILIZZO DI PRESSIONE NEGATIVA

Definizione La terapia a pressione negativa topica prevede un sistema non invasivo, dinamico ed esclusivo che promuove il processo di guarigione delle ferite attraverso l’applicazione di una pressione sub-atmosferica localizzata e controllata sulla lesione. La medicazione inerte, posizionata sulla ferita e collegata alla fonte di aspirazione, esercita sulla stessa una pressione tale da innescare la proliferazione cellulare. Viene utilizzata per preparare il letto di ferita e ridurre la lesione che verrà in un secondo tempo trattata con le medicazioni avanzate.

Vantaggi clinici

• Fornisce un ambiente umido e chiuso per la guarigione delle ferite, facilitando la crescita di tessuto di granulazione, evita la morte cellulare per disidratazione

• Rimuove l’essudato contenente molecole che potrebbero inibire la guarigione

• Favorisce l’eliminazione dei fluidi interstiziali con conseguente miglioramento della perfusione nell’area della ferita

• Incrementa la perfusione locale

• Rimuove depositi di fibrina

• Riduce la contaminazione batterica

• Riduce le dimensioni della ferita contraendola ed avvicinandone i lembi. Tipologie di apparecchiature I dispositivi presenti sul mercato sono di tre tipi:

1. pressione negativa topica con apparecchiature portatili e fisse a noleggio

2. pressione negativa topica con apparecchiature monouso ad acquisto

3. pressione negativa topica con instillazione

Le prime due sono ad uso domiciliare, la terapia con instillazione è a solo uso ospedaliero.

Le apparecchiature portatili e fisse a noleggio, sono apparecchiature elettriche che funzionano a

carica autonoma o tramite cavo.

Le apparecchiature monouso funzionano meccanicamente e quando si esaurisce il vuoto, vanno

smaltite e questo è anche il motivo per cui non possono essere noleggiate ma solo acquistate.

La medicazione è costituta da:

• un filler (riempitivo) da applicare a contatto con la ferita (nello spazio della lesione) che

può essere di due tipi: schiuma o garza. Si può scegliere in formato small-medium-large

• un tubicino inserito nella ferita che applica la pressione negativa generando un effetto

ventosa attorno all’applicazione della schiuma o della garza

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• una pellicola gas permeabile adesiva e sigillante esterna, che favorisce lo scambio

gassoso.

A) Filler in schiuma B) Filler in garza

La scelta del filler corretto dipende dal tipo di lesione: la schiuma è indicata se la lesione è

pianeggiante e si vuole stimolare fortemente il tessuto (rapportato ai micron dei fori della

schiuma) mentre la garza è appropriata per le lesioni cavitare, sottominate o per la lesioni non

regolari.

In qualunque caso è competenza del medico prescrittore scegliere il filler più idoneo. Su

indicazione specialistica potrebbe essere prevista la prescrizione della garza antiaderente tra filler

e lesione .

La pressione impostata può essere continua, intermittente o variabile e l’intensità è sempre su

indicazione specialistica: lo standard è compreso tra un range tra 80 mmHg-125 mmHg a seconda

dell’obiettivo di stimolazione che si vuole raggiungere e dal tipo di lesione (in alcuni documenti di

letteratura si prevede un range tra 50mmHg-200mmHg),

Il tempo di permanenza in sede, per la medicazione in schiuma, è in media di 48 ore (per

adolescenti e bambini si può cambiare anche giornalmente); per la medicazione in garza e

prorogabile fino a 72 ore, sempre su indicazione specialistica.

Dopo i primi dieci giorni di terapia lo specialista, in collaborazione con il personale infermieristico,

deve rivalutare la lesione e decidere la prosecuzione o meno della terapia.

Il primo posizionamento può essere fatto dal medico specialista in ambulatorio oppure, se gestito

al domicilio, da un professionista sanitario esperto in wound care in presenza di un tecnico della

ditta fornitrice.

In caso di arresto elettrico dell’apparecchiatura, la medicazione occlusiva deve essere rimossa

entro due ore, in modo che la medicazione stessa non si trasformi in terreno di cultura.

Il cambio di questo tipo di medicazione è di competenza infermieristica e non può essere attribuito

a personale di supporto inoltre, in caso di arresto dell’apparecchiatura al domicilio della persona

assistita, il care giver deve essere educato all’espletamento della rimozione del tutto e

dell’applicazione di una medicazione semplice di copertura in attesa dell’arrivo dell’infermiere di

riferimento. Gli assistiti devono conoscere i recapiti telefonici del personale medico, infermieristico

e tecnico per poter avvisare in caso di comparsa di problemi.

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Indicazioni

• Ferite acute/croniche

• Ferite traumatiche

• Ferite con fibrina

• Deiscenze

• Ustioni a spessore parziale

• Innesti cutanei

• Rotazione–trasposizione di lembi cutanei Controindicazioni

• Osteomielite non trattata

• Tessuto necrotico con presenza di escara o slough

• Esposizione di organi, vasi sanguigni, tendini e ossa se non protetti da fibre particolari prima del posizionamento del filler .

• Emostasi difficoltosa della ferita o emorragia imponente

• Dolore

• Forme tumorali non trattate

• Ostruzioni vascolari non trattate Precauzioni

• In caso di emorragie

• In caso di terapie anticoagulanti in atto

• In caso di problemi di ridotta emostasi della lesione

• In prossimità di vasi sanguigni o organi e tendini esposti

• In presenza di vasi o organi particolarmente fragili, irradiati o suturati

• In presenza di frammenti ossei o bordi acuminati

• In lesioni addominali con fistole enteriche. Modalità di richiesta e sospensione della terapia a pressione negativa nell’ASLCN2

• La prescrizione è a carico del medico specialista di struttura pubblica o privata ma

convenzionata, su apposito piano terapeutico. Il piano terapeutico, oltre ai dati anagrafici, deve

contenere: tipo di apparecchiatura scelta, misura della medicazione, pressione da impostare,

frequenza dei cambi e durata del piano, che non può essere superiore ai due mesi; se nel piano

terapeutico non è segnalata la durata, la validità considerata risulta pari a mesi uno. E’ inoltre

necessario allegare al piano terapeutico una dichiarazione in cui il medico motiva il tipo di

apparecchiatura scelta. Il prescrittore è tenuto anche a programmare le visite di controllo

presso il suo ambulatorio.

La durata massima della pressione negativa dovrebbe essere di 6-8 settimane, prorogabile solo

con ulteriore motivazione specifica dello specialista.

• L’autorizzazione alla fornitura compete

a) alla Direzione Sanitaria di Presidio se il paziente sarà seguito dagli ambulatori ospedalieri

b) al Servizio di Protesica se il paziente sarà in carico ai servizi territoriali, sia in forma

ambulatoriale che domiciliare

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DIREZIONE delle PROFESSIONI SANITARIE Cod.: PGSGQ15

Data: 01/02/2016 Rev.: 4

PROCEDURA GENERALE PER LA PREVENZIONE ED IL TRATTAMENTO DELLE LESIONI CUTANEE DA PRESSIONE

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La sospensione della terapia a pressione negativa

• può avvenire quando se ne ravveda la necessità attraverso l’intervento del medico

prescrittore oppure anche dell’infermiere referente in base a precedente indicazione

medica. In caso sia l’infermiere a sospenderla, lo stesso è poi tenuto ad informare, con

specifica motivazione, il medico prescrittore in ospedale oppure il MMG se il trattamento

viene gestito a domicilio, per accordarsi sul proseguo delle cure

inoltre

• se la sospensione è definitiva è necessario comunicarlo tempestivamente agli uffici preposti:

- per il presidio ospedaliero alla Direzione Sanitaria di Presidio e alla Farmacia Ospedaliera

- per le cure primarie all’ Ufficio Protesica in Via Vida – Alba o in Via Goito – Bra in

quanto il costo del noleggio è giornaliero.

N.B. In caso la persona assistita non fosse presa in carico dall’ASLCN2 Alba-Bra ma da altri centri/strutture del Piemonte o richiedesse tale trattamento in regime di autogestione si ricorda che non è prevista l’autorizzazione alla fornitura di tale apparecchiatura.

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8.3 ATTIVITA’ 3: Processo Assistenziale e Documentazione

Come descritto nel paragrafo 8.1 - ATTIVITA’ 1 - di questa procedura, la presa in carico della

persona a rischio e/o portatrice di lesioni cutanee da pressione inizialmente prevede un accurato

Accertamento Clinico/Assistenziale; si rimarca anche l’importanza della valutazione sistematica

del rischio Lesioni cutanee da pressione attraverso l’uso della Scala di Braden entro 24 ore dal

ricovero con successive rivalutazioni (Allegato n. 1 di questa procedura).

Nel caso di presenza di Lesione cutanee da Pressione tali lesioni andranno:

a)valutate in base a specifica stadiazione e classificazione internazionale per le Lesioni da Pressione

EPUAP/NPUAP/PAN PACIFIC-Quick Reference Guide 2014 e in base al Codice Colore della Wound

Care Society (Madeleine Flanagan)

b) misurate con centimetro e, se ritenuto necessario in base il rischio infettivo, si rileverà anche la

temperatura cutanea in sede di lesione. Per le lesioni dal 3° stadio in su si suggerisce infine di

allegare un referto fotografico con tanto di centimetro vicino alle lesione con registrazione di data

e ora di scatto. Attraverso l’accertamento si arriverà alla definizione delle Diagnosi Infermieristiche

e relativi caratteristiche definenti – fattori correlati – fattori di rischio correlati, identificati e

classificati secondo il metodo NANDA.

Definizione delle Diagnosi Infermieristiche (D.I.)14:

▪ Integrità cutanea compromessa – Codice 00046

▪ Rischio di integrità cutanea compromessa – Codice 00047

Una volta definite le Diagnosi Infermieristiche si procederà con l’identificazione degli obiettivi e

con la Pianificazione assistenziale che prevede lo sviluppo dei Risultati Infermieristici (e relativi

indicatori di valutazione) secondo i NOC15 e degli Interventi Infermieristici secondo i NIC16.

14

NANDA International: Diagnosi Infermieristiche definizioni e classificazione 2012 – 2014. Casa Ed. Ambrosiana 2012 15

G. Bulecheck et al. Classificazione NIC degli interventi infermieristici - Casa Ed. Ambrosiana 2013 16

S. Moorhead et al. Classificazione NOC dei risultati infermieristici - Casa Ed. Ambrosiana 2013

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In caso di presenza di Diagnosi Infermieristica “Integrità cutanea compromessa” o di pazienti

con eritema cutaneo irreversibile, dovrà anche essere utilizzata l’apposita “Scheda Valutazione

Lesioni Cutanee da Pressione e Medicazioni”, predisposta dal gruppo di lavoro che ha elaborato

questa procedura e successivamente rivista e adottata dalla Di.P.Sa. - ASLCN 2 (Allegato n. 4) che

prevede:

• in prima pagina una sintesi sulle diverse modalità di trattamento delle lesioni cutanee da pressione in base a:

o classificazione LCP: con stadiazione in base a scala con codice colore, relativa sigla con stadiazione NPUAP/EPUAP.

o modalità di detersione con relativi prodotti anche indicati con sigla o modalità di medicazione con dispositivi medici/presidi medico-chirurgici descritti e

poi codificati con relativo codice numerico o tempi di rivalutazione per cambio medicazione

• in seconda pagina la scheda assistenziale vera e propria con l’inserimento di: o dati anagrafici della persona assistita, numero di letto o allergie (eventuali) a componenti delle medicazioni avanzate o dei presidi medico-

chirurgici quali ad esempio antisettici ecc… o sede/sedi lesione/lesioni o data delle valutazioni e delle medicazioni o valutazione delle lesioni con stadi azione e in base al colore come indicato in

questa procedura o misurazione in centimetri della lesione con possibilità di allegare reperto

fotografico o eventuale rilevazione della temperatura della lesione o tipo di trattamento (detersione + medicazione) per ogni singola lesione come

descritto in questa procedura nella parte inerente le “Istruzioni per il trattamento delle diverse Lesioni Cutanee da Pressione con le Medicazioni avanzate” da indicare nel dettaglio e/o con specifica sigla per la detersione + con codice numerico per i dispositivi di medicazione utilizzati come descritto a pagina 1 della scheda stessa per entrambi

o frequenza rivalutazione e trattamenti o firma dell’infermiere che valuta e medica (o sua sigla).

L’Infermiere è tenuto ad analizzare giornalmente tale scheda per verificare se la data in analisi corrisponde a quella indicata per la rivalutazione del paziente e/o al cambio di medicazione o semplicemente per accertare la corretta presa in carico del problema del paziente.

NOTA BENE: Tutta la documentazione relativa alle Diagnosi Infermieristiche dettagliate con caratteristiche definenti, fattori correlati, NOC, Indicatori di valutazione, NIC e la Scheda di Valutazione Lesioni Cutanee da Pressione e Medicazioni, vengono inserite nella Cartella Sanitaria Integrata dell’ASL CN2 Alba – Bra o nella Cartella Infermieristica Informatizzata (attualmente “Gacela” presso le strutture aziendali in cui viene utilizzata).

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IMPORTANTE

LA SPECIFICA SCHEDA DI VALUTAZIONE E MEDICAZIONE DI CUI SOPRA (Allegato n. 4) POTRA’

ESSERE CONSULTATA PER LA CONTINUITÀ ASSISTENZIALE DELLA PERSONA ASSISTITA E VERRÀ

CONSEGNATA IN COPIA, INSIEME ALLE PROCEDURE DI MEDICAZIONE, AL PAZIENTE/CAREGIVER E/O

AI COLLEGHI INFERMIERI DELLE CURE PRIMARIE IN CASO IL PIANO DI DIMISSIONE

MEDICO/INFERMIERISTICO PREVEDA LA NECESSITÀ DI CONTINUARE TALE PRESA IN CARICO AL

DOMICILIO O PRESSO UNA RESIDENZA SANITARIA ASSISTENZIALE DI RIFERIMENTO.

Controllo del dolore nelle persone con Lesioni Cutanee da Pressione La rilevazione del dolore nell’ASLCN2 avviene attraverso la VAS–Visual Analogue Scale, (Allegato n. 5

area medica), rappresentata da una linea orizzontale graduata da zero a dieci con indicatori che vanno

da zero=assenza di dolore a 10=dolore insopportabile. Il piano di gestione sintomatica deve essere

personalizzato per ciascun paziente, facendo anche riferimento ai protocolli aziendali. L’Infermiere è

tenuto, a mettere in atto particolari accorgimenti e interventi per l’espletamento dell’attività di

medicazione delle Lesioni cutanee da Pressione:

Affinché la prevenzione e la cura delle Lesioni Cutanee da Pressione siano efficaci è

fondamentale stabilire un patto terapeutico coinvolgendo oltre al paziente (se orientato),

anche i familiari ed il prestatore di cure (caregiver) attraverso una buona educazione

sanitaria ed un costante feedback .

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PROCEDURA GENERALE PER LA PREVENZIONE ED IL TRATTAMENTO DELLE LESIONI CUTANEE DA PRESSIONE

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in caso il paziente lamenti dolore prima ancora del cambio della medicazione:

• valutare tale dolore, se necessario consultare il medico anche per un eventuale intervento da

parte del medico specialista per una prescrizione che controlli efficacemente il dolore di tipo

neuropatico (un anestetico locale applicato alla zona interessata può ad esempio essere in grado

di eliminare tutta la sintomatologia…)

• in caso il paziente non lamenti dolore prima della medicazione comunicare al paziente tutte le

procedure di cambio della medicazione, spiegare quale dolore potrà provare e illustrargli i metodi

possibili per alleviarlo

• identificare ciò che il paziente considera causa del dolore ed intervenire per attenuarlo

• invitare il paziente a partecipare, se lo desidera, ad esempio togliendosi da solo la medicazione

• incoraggiare il paziente a respirare lentamente durante l’intervento

• stabilire con lui i tempi dell’intervento, offrirgli delle pause (l’ansia è influenzata da fattori

fisiologici e psicologici e genera una reazione automatica; quelli descritti sono alcuni semplici

accorgimenti per ridurla)

• ricordare che la scelta della medicazione è fondamentale per ridurre al minimo il dolore: le

medicazioni che aderiscono al letto della ferita sono in assoluto le più dolorose, quelle che

utilizzano idrogeli, idrofibre, alginati e siliconi morbidi riducono al minimo il dolore

• evitare di esporre la ferita a correnti d’aria, provenienti d finestre aperte e a qualsiasi altro tipo di

sollecitazione non necessaria , non toccare la ferita se non strettamente necessario

• scegliere una medicazione adatta al tipo di lesione, che favorisca il mantenimento dell’umidità

naturale della lesione in modo da ridurne l’attrito sulla superficie della stessa, che provochi il

minimo dolore e meno traumi possibili al momento della rimozione, che possa rimanere in situ il

più possibile in modo da ridurre il numero di cambi necessari

• conoscere le istruzioni in base a scheda tecnica della ditta produttrice per un utilizzo appropriato

di tutti i dispositivi di medicazione in uso anche in riferimento alle modalità di rimozione

• documentare sulla scheda di rilevazione numerica del dolore in uso presso l’ASL CN2 Alba – Bra

(Allegato n. 5 – area medica) il valore che il paziente attribuisce al suo dolore e rivalutare tale

dolore dopo gli interventi espletati in autonomia e/o in cooperazione con il medico, per alleviarlo

• Per l’ASLCN2: se necessario attuare altri interventi in base alle indicazioni delle Diagnosi

Infermieristiche “Dolore acuto” o “Dolore Cronico” presenti nella Cartella Infermieristica

Informatizzata e/o cartacea aziendale.

N.B. Nell’Appendice n. 2 di questa PGSGQ15 si riporta un documento di consenso inerente i “Principi di Best Practice per la riduzione del dolore durante le procedure associate alla medicazione delle ferite”, pubblicato dalla World Union of Wound Healing Societies, che pur risalente all’anno 2004 risulta a tutt’oggi appropriato e nell’Appendice n. 3 un documento, risalente al 2008, sempre inerente il “Minimizzare il dolore durante il cambio di medicazione: Implementazione di strategie” e sempre pubblicato dalla stessa Associazione.

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9 Riferimenti/Allegati

Riferimenti

▪Cartabellotta, A. Peghetti. Linee guida per la prevenzione e il trattamento delle lesioni da pressione nelle cure primarie e in ospedale. Evidence Best practice – Giugno 2014 – Volume 6 – www.evidence.it

▪ Prevention and Treatment of Pressure Ulcers: Quick Reference Guide. A cura di: National Pressure Ulcer Advisoty Panel NPUAP/European Pressure Ulcer Advisory Panel EPUAP/Pan Pacific Pressure Injury Alliance PPPIA - Second Edition published 2014

▪M.Fornaciari, E.Sardone. Nomenclatura merceologica delle medicazioni. ACTA Vulnologica (AIUC). 2014; 12-123-42

▪M.Masina. Esiste un gold standard nella gestione delle ulcere cutanee croniche? ACTA Vulnologica (AIUC). 2014; 12-156-58

▪Debrisoft Debridement Paper_EWMA2013_10_05_2013.pdf-www.lohmann-rauscher.it/.../ewma-conference-2013-emphasizes-the- importance-of-debridement.html

▪J.E. Torra, B. Paggi. La colagenasa y el tejido desvitalizado en el contesto de la preparacion del lecho de la herida. Rev ROL Enf 2013; 36(2): 109-114

▪Le medicazioni avanzate per il trattamento delle ferite acute e croniche. Commissione Regione Emilia Romagna Dispositivi Medici. Febbraio 2012

▪Benbow M. Diagnosing and assessing wounds. J. of Community Nurs. 2007; 21(8):26-34.

▪Sussman C, Bates-Jensen B (2007) Wound Care: A Collaborative Practice Manual for Health Professionals. Lippincott, Williams & Wilkins. Third Edition

▪Keast DH, et al. MEASURE: a proposed assessment framework for developing best practice recommendations for wound assessment. Wound Repair Regen 2004; 12(3 suppl)

▪ Principles of best practice: Minimising pain at wound dressing-related procedures. A consensus document. London: MEP Ltd, 2004.

▪Decreto Ministero della Sanità 29 marzo 2001, n. 118: Definizione delle figure professionali di cui all’art. 6, comma 3, del Dlgs 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, da includere nelle fattispecie previste dagli artt. 1, 2, 3,4, 6 della Legge 10 agosto 2000 n. 251/2000

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Allegati e Appendici

■ Allegato n. 1: Scala di valutazione di Braden: a) adulti b) pediatrica

■ Allegato n. 2: Screening di rischio nutrizionale per pazienti ricoverati

■ Allegato n. 3: Dispositivi Medici – Presidi medico/chirurgici – Farmaci per la prevenzione e la cura delle Lesioni Cutanee da Pressione disponibili su Prontuario ASLCN2 ■ Allegato n. 4: Scheda Infermieristica Valutazione LcP e Medicazioni

■ Allegato n. 5: Scheda rilevazione dolore esempio: area medica

■ Allegato n. 6: Schema sintesi procedure di medicazioni

■ Allegato n. 7: Processo di Audit relativo all’applicazione della PGSGQ15 Rev.4

Appendice n. 1 Responsabilità professionali nella gestione delle LcP

Appendice n. 2 Best Practice: “Principi di Best Practice per la riduzione del dolore durante le

procedure associate alla medicazione delle ferite”

Appendice n. 3 Best Practice: “Minimizzare il dolore durante il cambio di medicazione:

Implementazione di strategie”

10 Indicatori di verifica La Di.P.Sa. verifica/monitorizza almeno una volta l’anno a campione e, come minimo, su quattro

SS.CC., l’attuazione corretta della “Procedura Generale per la prevenzione e il trattamento delle

lesioni cutanee da pressione con Audit organizzativo interno attraverso l’uso di specifica checklist

di controllo (Allegato n. 7) che, una volta compilata, andrà poi conservata in originale presso la

Di.P.Sa. stessa. Tale verifica potrà inoltre essere espletata ogni qual volta la Di.P.Sa. ne rilevi

un’ulteriore necessità.

11 Lista di distribuzione Procedura Generale emessa dalla SSD Qualità/RM/Relazione Utenti e distribuita dalla Di.P.Sa.,

tramite Protocollo informatico Pubblica Amministrazione (DOCS PA) e/o posta elettronica a:

Coordinatori Infermieri/Tecnici e Direttori delle SS.CC. dell’ASLCN2 a cui afferiscono

pazienti/assistiti portatori di lesioni cutanee o che ne risultano a rischio, per la successiva

diffusione a tutto il team multi professionale: medici, professionisti sanitari del comparto e OSS

Direttori SS.CC. Assistenza Farmaceutica Ospedaliera e Territoriale e Farmacisti.