“Principessa di gran saviezza”. Dal fasto barocco delle ... · esistenza, divisa tra Firenze e...

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STEFANO CASCIU “Principessa di gran saviezza”. Dal fasto barocco delle corti al Patto di famiglia A stampa in La Principessa saggia. L’eredità di Anna Maria Luisa de’ Medici Elettrice Palatina (Catalogo di mostra, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina, 22 dicembre 2006-15 aprile 2007), a cura di Stefano Casciu, Livorno, 2006, pp. 30-57 ________________________________________________________ Distribuito in formato digitale da «Storia di Firenze. Il portale per la storia della città» <http://www.storiadifirenze.org>

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STEFANO CASCIU

“Principessa di gran saviezza”. Dal fasto barocco delle corti

al Patto di famiglia

A stampa in La Principessa saggia. L’eredità di Anna Maria Luisa de’ Medici Elettrice Palatina

(Catalogo di mostra, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina, 22 dicembre 2006-15 aprile 2007), a cura di Stefano Casciu, Livorno, 2006, pp. 30-57

________________________________________________________ Distribuito in formato digitale da

«Storia di Firenze. Il portale per la storia della città» <http://www.storiadifirenze.org>

“Principessa di gran saviezza”.Dal fasto barocco delle corti al Patto di famiglia

Stefano Casciu

Una triplice salva reale partita dalle due fortezze fiorentine salutò il 17 ottobre 1717 il ritorno a Fi-renze di Anna Maria Luisa de’ Medici, Elettrice Palatina. La guardia a cavallo ed i trabanti accom-pagnarono la principessa dalle porte della città alla basilica della SS. Annunziata, dove il padre, il granduca Cosimo iii, l’attendeva trepidante dopo venticinque anni di separazione. Cosimo impedì alla figlia di inginocchiarsi davanti a lui: entrati in chiesa “si trattennero poco dall’eccesso della reciproca tenerezza d’affetto”1. Iniziava così, per la figlia del granduca Cosimo iii e di Marguerite-Louise d’Orléans, l’ultimo, lungo periodo della sua vita, che si sarebbe conclusa venticinque anni più tardi, il 18 febbraio 1743, data che segna al tempo stesso l’estinzione della dinastia dei Medici.

La mostra oggi allestita in Palazzo Pitti, la prima che viene dedicata all’Elettrice Palatina dai musei statali fiorentini, eredi dell’ultima dei Medici in virtù delle disposizioni espresse nell’articolo terzo della Convenzione di famiglia, stipulata col nuovo granduca Francesco Stefano di Lorena il 31 ottobre 1737, è un altro ‘ritorno’ nella città da lei tanto amata. È il doveroso omaggio al ‘ma-gnifico gesto’ di Anna Maria Luisa de’ Medici da parte di quelle Gallerie statali di Firenze che nel patrimonio artistico mediceo (divenuto poi lorenese, quindi sabaudo, ed infine proprietà dello Stato italiano unitario) hanno il loro nucleo fondamentale, conservatosi sostanzialmente intatto nella sua complessa articolazione proprio grazie alla volontà di questa donna regale2.

Anna Maria Luisa torna quindi a Firenze, e a Palazzo Pitti, con le opere d’arte che ne rievocano le vicende biografiche, il gusto sopraffino, le passioni artistiche, e che celebrano la sua volontà di preservare la memoria della famiglia granducale e di trasmettere il suo prezioso patrimonio al po-polo fiorentino e ai futuri visitatori della città.

È indispensabile ripercorrere quindi, una volta di più, il testo del terzo articolo della Convenzione, conosciuta generalmente come Patto di famiglia, che deve essere inteso come uno degli atti fondanti della storia di Firenze, determinanti per il suo destino: “La Serenissima Elettrice cede, dà, e trasferisce al presente a Sua Altezza Reale per lui, e i suoi successori Gran Duchi, tutti i Mobili, Effetti e Rarità della successione del Serenissimo Gran Duca suo Fratello, come Gallerie, Quadri, Statue, Bibliote-che, Gioie, ed altre cose preziose, siccome le Sante Reliquie e Reliquiari, e lor Ornamenti della Cap-pella del Palazzo Reale, che Sua Altezza Reale si impegna di conservare, a condizione espressa che di quello è per ornamento dello Stato, e per utilità del Pubblico, e per attirare la curiosità dei Forestieri, non ne sarà nulla trasportato, o levato fuori della Capitale, e dello Stato del Gran Ducato.”

È giusto sottolineare che la Convenzione del 1737 costituisce un atto quasi privato tra i Lorena e i Medici, volto in primo luogo a regolare le relazioni patrimoniali tra le due dinastie e gli obbli-ghi del granduca entrante nei confronti dell’ultima rappresentante della casata, rimasta sola dopo la morte del granduca Gian Gastone, avvenuta il 9 luglio 1737. In tal senso, l’articolo terzo non determinò la donazione delle collezioni d’arte medicee alla città di Firenze, o allo Stato toscano, ma ne impose l’inamovibilità come condizione per il passaggio della loro proprietà al granduca Francesco Stefano di Lorena e ai suoi successori. L’Elettrice, con preveggenza, vincolava ai suoi luoghi quell’insieme ricchissimo, unico ed irripetibile di opere d’arte, arredi ed oggetti di ogni ge-nere, di manoscritti e di volumi a stampa, determinandone così il legame inscindibile con Firenze. Una lucida volontà espressa in perfetta sintesi normativa, tanto chiara ed evidente da poter essere chiamata in causa ancora in epoca moderna, come efficace strumento di dissuasione, di difesa del patrimonio e di valido strumento giuridico per ottenere la restituzione di opere d’arte illegittima-mente asportate da Firenze3.

La mostra trova quindi la sua principale motivazione – e non potrebbe essere altrimenti – nel-l’esistenza stessa del Patto di famiglia, ma intende allargare il punto di vista e presentare un’imma-gine più completa e sfaccettata dell’ultima principessa medicea. In ogni momento della sua lunga esistenza, divisa tra Firenze e Düsseldorf, la città sul Reno dove visse dal 1691 al 1716 come sposa di Johann Wilhelm von Pfalz-Neuburg, Elettore Palatino, Anna Maria Luisa fu infatti in costante contatto con l’arte, in modi che forgiarono in lei, sin dall’infanzia, un gusto scelto e raffinato, e

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si concretizzarono nel corso del tempo in una sensibile predisposizio-ne al mecenatismo, alla protezione e alla promozione degli artisti. Le sue collezioni non eguagliavano forse quelle dei suoi grandi antenati e dei suoi più vicini consanguinei, quali il prozio e padrino Leopoldo, il padre Cosimo iii, il fratello Ferdinando, o la stessa nonna Vittoria della Rovere4, ma si deve solo a lei e alla sua ‘saviezza’5 se queste ricchissi-me raccolte sono giunte sino a noi.

Ripercorrendo i tratti essenziali della sua vicenda biografica6 si evi-denzieranno quindi le principali occasioni che videro Anna Maria Luisa de’ Medici protagonista di eventi legati all’arte, al collezionismo e al mecenatismo, al fine di ricostruire le tappe di quel destino che la portò, alla fine della sua esistenza, alla consapevole assunzione delle ultime responsabilità della dinastia medicea con la definizione delle parole il-luminate ed illuminanti del Patto di Famiglia.

Seconda figlia di Cosimo iii de’ Medici e di Marguerite-Louise d’Orléans, Anna Maria Luisa nacque l’11 agosto del 1667. Fu tenuta a battesimo dal prozio cardinale Leopoldo e, per procura, da Anne Marie-Louise d’Orléans, sorellastra della madre, dalla quale ricevette il nome7.

L’allontanamento, o meglio la fuga, dalla corte fiorentina della madre Marguerite-Louise, nel 16758, consegnò la bambina, all’età di otto anni, alla tutela della nonna, la granduchessa Vittoria della Rove-re, che curò l’educazione di Anna Maria Luisa insieme ai fratelli Fer-dinando (1663-1713) e Gian Gastone (1671-1737), e al suo secondo figlio Francesco Maria (1660-1711), di pochi anni maggiore. La villa del Poggio Imperiale fu uno dei luoghi preferiti dalla granduchessa, circondata dalla piccola brigata di bambini medicei9. In alcune lettere inviate da Düsseldorf negli anni successivi al matrimonio, Anna Ma-ria Luisa ricorda con nostalgia la ‘corte del Poggio’ e i suoi ospiti, an-che se, come scrisse allo zio Francesco Maria nel dicembre del 1691, “delle volte l’allegria loro finisce in malinconia”10. La corte medicea offriva però di se stessa un’immagine ancora trionfante e fiduciosa nel futuro dinastico, com’è evidente nella grande e concettosa Allegoria del regno di Cosimo iii dipinta nel 1698 da Jean-François De Troy (cat. n. 1), e si fa rappresentare da Giovan Battista Foggini in splen-didi busti marmorei che celebrano i protagonisti della storia familiare del passato e del presente (cat. nn. 3-10).

L’immagine della giovane principessa ci è restituita da molti ritratti. Il vecchio Justus Suttermans la raffigura ancora bambina, a circa tre anni, da sola11 (fig. 1) e in compagnia della governante e del fratello Ferdinando (cat. n. 12). Antonio Franchi, che succede al Suttermans nell’incarico pres-so la corte medicea, esegue alcuni dei ritratti più intensi di Anna Maria Lui-sa, come quello in veste di Flora, che la mostra intorno ai quindici anni (cat. n. 15); come un ritratto intorno ai diciassette anni, riconosciuto da Matteo Cristini (cfr. cat. n. 15), che la raffigura al ginocchio mentre dispone fiori in un vaso, dipinti forse da Andrea Scacciati (fig. 2); o come l’ovale realizzato probabilmente alle soglie del matrimonio, forse il più bel ritratto della prin-cipessa per l’eleganza raffinata e l’intensità assorta dell’espressione (cat. n. 16). Altri ritratti della giovane Anna Maria Luisa sono stati dipinti dai pitto-ri di corte Anton Domenico Gabbiani, intorno al 168512 e Niccolò Cassana (cat. n. 72). In generale i ritratti del periodo fiorentino corrispondono bene alle lusinghiere descrizioni che della giovane Medici annotavano alcuni ambasciatori alla corte medicea, come ad esempio il lucchese Giovanni Claudio Bonvisi: “La principessa Anna Maria Luisa è grande di vita, ap-parisce di carne fiorita e l’aria bella se l’occhio non diminuisse prerogativa tale (…), maestosa, grave di tratto, canta bene”13.

Il matrimonio con Johann Wilhelm von Pfalz-Neuburg, Elettore Pa-latino (1658-1716), fu concluso nel 1691, dopo inutili tentativi di accor-do tra la corte fiorentina e altre corti europee, la Spagna, l’Inghilterra, la Francia, il Portogallo, la corte sabauda di Torino, quella estense di Mo-

Fig. 1 - Justus Suttermans, Anna Maria Luisa de’ Medici bambina, Firenze, Uffizi

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dena14. Le nozze con Johann Wilhelm, principe elettore di grande influenza per i suoi importan-ti e molteplici legami con l’Impero asburgico, e già vedovo dal 1689 di Maria Anna Josepha d’Asburgo, figlia dell’imperatore Ferdinando iii, trovarono la principale motivazione nel conte-sto delle difficili relazioni del Granducato me-diceo con la corte di Vienna, pesantemente con-dizionate dalle ingenti contribuzioni richieste dall’Imperatore per i feudi toscani15.

Le cronache contemporanee e i documenti d’archivio riportano nei dettagli le vicende con-nesse alle trattative e ai patti matrimoniali; alla cerimonia della consegna dell’anello avvenu-ta, come era consueto, per procura il 29 aprile 1691 nella Cattedrale fiorentina col gran princi-pe Ferdinando al fianco della giovane sorella in rappresentanza dell’Elettore Palatino; ai festeg-giamenti che si susseguirono per molti giorni (fig. 3) e alla partenza di Anna Maria Luisa ver-so Düsseldorf, il 6 maggio successivo. La sposa fu accompagnata nel viaggio verso la sua nuova residenza dalle donne di camera e dai gentiluo-mini tedeschi inviati dall’Elettore16. Il primo in-contro con Johann Wilhelm, accorso impaziente da Neuburg, avvenne a Innsbruck, dove le noz-ze vennero celebrate nella cappella della regi-na vedova di Polonia Eleonora Maria, sorella dell’Imperatore Leopold i. In quella occasione, Johann Wilhelm e Anna Maria Luisa cantarono e suonarono insieme, un preludio di un rapporto lungo e felice, nel quale la musica, non meno dell’arte, ebbe un ruolo fondamentale17.

Il 19 luglio 1691 Anna Maria Luisa entrò trionfalmente come nuova Elettrice (fig. 4) a Düsseldorf, Haupt- und Residenzsadt del Pala-tinato, dove avrebbe vissuto felicemente sino al 1716. L’intesa matrimoniale con l’Elettore Pala-tino fu infatti basata su sentimenti di reale e pro-fondo affetto, e sulle affinità che univano la cop-pia, dall’amore per l’arte a quello per la musica, come è ben testimoniato dalla corrispondenza scambiata in quegli anni tra la corte elettorale e quella medicea.

Johann Wilhelm, reggente del Palatinato dal 1679, aveva acquisito nel 1690 il pieno potere su uno stato semidistrutto nel corso della guer-ra di successione con la Francia. La decisione dell’Elettore di trasferire la residenza da Hei-delberg a Düsseldorf dette l’avvio ad un esteso rinnovamento urbanistico ed architettonico del-la città, importante porto fluviale sul Reno, che in breve vide crescere in numero e in ricchezza la sua popolazione18. Molti artisti furono attratti dalle possibilità che offriva la corte per le nuo-ve fabbriche e per le molteplici esigenze della coppia elettorale. Durante gli anni di regno dei due Elettori, si sviluppò nella città un’intensa attività sotto la guida dei due principali artisti della corte, lo scultore fiammingo Gabriel Gru-pello19 e il pittore olandese Jan Frans van Dou-

Fig. 2 - Antonio Franchi, Ritratto di Anna Maria Luisa de’ Medici. Modena, collezione privata

Fig. 3 - Arnold van Westerhout, Mascherata e gioco del calcio del 1 maggio 1691, in occasione delle nozze di Anna Maria Luisa de’ Medici. Vienna, Graphische Sammlung Albertina

Fig. 4 - Peter Strudel, Omaggio ad Anna Maria Luisa de’ Medici. Düsseldorf, Museum kunst palast

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ven. Il vivace parterre degli artisti al servizio della corte del Palatinato riuniva maestri fiamminghi, olandesi, italiani e tedeschi, impegnati a soddisfare le continue richieste degli Elettori20. La vita della corte del Palatinato era inoltre ricca di occasioni di festa, di attività teatrali e soprattutto musicali21: ne sono testimonianza diretta le vivaci lettere dell’Elettrice allo zio cardinale Francesco Maria, o anche la corrispon-denza22 indirizzata a Rosalba Carriera tra il 1706 e il 1713 da Giorgio Maria Rapparini, segretario bolognese dell’Elettore Palatino, da sua sorella Angela, cantante e pittrice, e dal cognato Antonio Pellegrini, incaricato dagli Elettori, con Antonio Bellucci e Domenico Zanet-ti, della decorazione degli appartamenti del Castello di Bensberg, la nuova fastosa residenza elettorale vicina a Colonia. La decorazione del Castello di Bensberg, costruito negli anni 1705-1710 su progetto dell’architetto italiano Matteo Alberti, è forse la più importante tra le iniziative artistiche promosse dalla coppia elettorale, e sicuramente quella di maggior respiro internazionale. L’ampio ciclo di tele di An-tonio Bellucci e Antonio Pellegrini (figg. 5, 6), con i fasti dell’Elettore Palatino e della sua famiglia, era affiancato in altre sale del castello da opere dei fiamminghi Jan Weenix (fig. 7) e Anthoni Schoonjans23, ed è documentato in mostra da un significativo gruppo di bozzetti che ne restituiscono la freschezza e la felice vitalità, testimonianza della dif-fusione della più moderna pittura veneziana nel nord Europa24.

Questa impresa decorativa vide coinvolta direttamente anche l’Elet-trice Palatina. Il suo gusto era ben esercitato e sicuro, come accenna anche il Rapparini in una lettera a Rosalba Carriera del 6 aprile 1708, dove rende omaggio a “codeste Altezze [Elettorali] ch’io venero e temo per la loro cognitione nella pittura”25. Anna Maria Luisa condivise col marito Johann Wilhelm le scelte per la decorazione di Bensberg e l’ap-prezzamento per gli artisti che vi erano impegnati. In una lettera del 27 agosto 1713, ad esempio, Angela Carriera riferisce alla sorella Rosalba della presentazione agli Elettori del San Sebastiano curato da Irene (fig. 6 a p. 76) pièce de reception che Antonio Pellegrini aveva dipinto appena giunto a Düsseldorf: “[Gli Elettori] nel uscire da’ loro apparta-menti, incontrando Toni, gli dissero ‘Ora andiamo a vedere le sue belle cose’. Arrivati che furono nella Galeria, ove era il quadro, il Serenissi-mo Elettore lo guardò per gran pezza e poi, con un atto benigno, mostrò ammiratione di quanto avea sotto gl’occhi e disse: ‘è molto bello, mi spiace di non l’aver conosciuta prima’, così pure la Serenissima andò lodando tutto ciò, che stimò degno di compatimento”. In un’altra let-tera, del 22 settembre 1713, Angela racconta di una visita della coppia al cantiere del Castello di Bensberg: “Toni mi manda che tutti li giorni queste [Altezze Elettorali] sono nel novo palazzo, ove si prendono pia-cere di vedere e le bellissime opere del Sig.r Bellucci et a dipingere sì felicemente il mio Tennero”26.

Oltre alla grande impresa del Castello di Bensberg, gli anni del

matrimonio con Anna Maria Luisa de’ Medici videro Johann Wilhelm impegnato nella creazione della sua grande collezione di pittura e di scultura, avviata proprio dal 1691 con l’acquisto del suo primo dipinto di Rubens, la Battaglia delle Amazzoni27. La realizzazione della nuo-va Galleria destinata ad accogliere le collezioni, la prima costruita in Germania, venne avviata dal 170828.

L’apporto diretto di Anna Maria Luisa de’ Medici alla formazio-ne e all’accrescimento della collezione elettorale non è documentato direttamente29, ma da vari accenni nella corrispondenza sua, o del-l’Elettore, si può affermare che l’Elettrice fosse partecipe delle ini-ziative collezionistiche del marito e ne condividesse le scelte, come nel caso della decorazione della residenza di Bensberg. Alcuni nuovi documenti rintracciati tra i suoi conti di camera, dimostrano inoltre che lei stessa era in rapporto diretto con gli agenti elettorali impegnati a procurare in varie città italiane opere di pittura e di scultura per Düs-

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seldorf. In particolare tra il 1713 ed il 1715, Anna Maria Luisa commissionò a Bologna, a Roma e a Venezia, tramite gli agenti Neri Angelelli, Anton Maria Fede e Varisco Castelli, alcuni dipinti che più tardi confluirono nella Galleria elettorale, come testimoniato dal catalogo del De Pigage. Si trat-ta di tele di Gian Gioseffo Dal Sole, Francesco Trevisani, Antonio Balestra e Gregorio Lazzarini, oggi conservate nelle collezioni statali bavaresi30, che per la prima volta sono esposte in relazione alla committenza dell’Elettrice (cat. nn. 176-180). I dipinti si caratterizzano per i temi sacri e per particolari iconografie, come le Stimmate di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi (santa alla quale la principessa era molto devota31), del Dal Sole, o come le due tele a pendant con Tobia che risana il padre dalla cecità, e l’Annunzio dell’angelo a Manoach, eseguite dal Lazzarini e dal Balestra. In questo caso i soggetti possono alludere ai temi della guarigione e della sterilità, che coinvolgevano direttamente la principessa per le sue vicende personali. Non solo gli Elettori non riuscirono infatti ad avere figli (una gravidanza, avviata nel 1692, si concluse prematuramente, con l’aborto di un maschio alla quattordicesima settimana32), ma in quegli stessi anni Johann Wilhelm fu spesso gra-vemente malato e sofferente.

Le tele acquistate in Italia furono probabilmente destinate dall’Elettrice alle sue stanze private dove andarono ad aggiungersi ad altre ricevute da Firenze e a quelle eseguite per lei a Düsseldorf dai pittori a servizio della corte elettorale, come lo Schalcken, il Douven o il van der Werff. A loro si deve ad esempio un piccolo e raffinato ciclo di dipinti con storie di Cristo e della Vergine, eseguiti nel 1703, oggi conservati a Firenze ed esposti in mostra. Tra i dipinti per l’Elettrice Palatina dal cavalier Adriaen van der Werff, il pittore olandese più importante a servizio della corte elettorale, va segnalata una piccola tavola raffigurante Santa Margherita che trionfa sul drago (fig. 8), che il maestro di Rot-terdam eseguì nel 171433. Il raffinato dipinto era stato ordinato da Anna Maria Luisa al pittore di corte come dono per la madre Marguerite-Louise, come dimostra anche una lettera del 1739 rintracciata nell’archivio mediceo34, nella quale l’Elettrice, anni dopo la morte della madre, ricorda con esattezza il dipinto, che si trovava allora a Parigi, e la circostanza del suo dono. Questo piccolo omaggio a Mar-guerite-Louise, l’unico di cui si abbia notizia, fa sospettare dell’esistenza negli anni di un rapporto tra le due donne, che però non si incontrarono mai più dopo la partenza della granduchessa da Firenze nel 1675 ed il suo forzato ritiro nel convento di Montmartre a Parigi, dove sarebbe morta nel 172135,

Anna Maria Luisa era al centro delle relazioni tra la corte elettorale e la corte medicea, dalle quali derivarono conseguenze significative per l’arricchimento delle rispettive collezioni d’arte grazie agli importanti scambi di dipinti e di sculture36.

Molto forte appare, ad esempio, l’affinità tra Johann Wilhelm e Ferdinando de’ Medici, due grandi collezionisti mossi dall’intensa passione per la pittura, pronti a cogliere al volo occasioni di acquisto di opere di pittura antica e moderna tramite i loro fidati agenti, che a volte ritroviamo impegnati per entrambi, come il pittore Niccolò Cassana.

Si deve però al cardinale Francesco Maria e alla stessa Elettrice il primo importante contributo della corte medicea alla collezione elettorale: grazie al decisivo intervento del cardinale presso il

Fig. 5 - Antonio Pellegrini, Trionfo di Johann Wilhelm von der pfalz-Neuburg. Monaco di Baviera, Bayerischen Staatsgemäldesammlungen, Alte Pinakothek

Fig. 6 - Antonio Pellegrini, Incontro dell’Elettore palatino Johann Wilhelm con Anna Maria Luisa de’ Medici. Monaco di Baviera, Bayerischen Staatsgemäldesammlungen, Alte Pinakothek

Fig. 7 - Jan Weenix, Cacciagione in un paesaggio col Castello di Bensberg sullo sfondo. Monaco di Baviera, Bayerischen Staatsgemäldesammlungen, Alte Pinakothek

Fig. 8 - Adriaen van der Werff, Santa Margherita che trionfa sul drago, Gloucester, City Museum and Art Gallery

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Generale della Compagnia di Gesù, sollecitato dalla nipote, Il grande Giudizio Universale di Rubens (fig. 9), già sull’altar maggiore della chiesa di Gesuiti di Neuburg, fu infine cedu-to all’Elettore Palatino, che lo desiderava da tempo, e venne trasferito nel 1692 a Düsseldorf. Nel 1711 la grande tela fu in-fine collocata al centro della quinta sala della nuova Galleria, dedicata alle opere del pittore fiammingo, il più rappresentato nella collezione elettorale37.

Principeschi furono i doni inviati da Cosimo iii a Johann Wilhelm in occasione del matrimonio di Gian Gastone con Anna Franziska di Sachsen-Lauenburg, celebrato a Düsseldorf nel 1697: la Sacra Famiglia Canigiani di Raffaello (fig. 10) e la Madonna col Bambino, santa Elisabetta e san Giovannino di Andrea del Sarto (fig. 11)38, opere con le quali il granduca affermava orgogliosamente il primato artistico italiano e l’opu-lento splendore delle collezioni medicee anche nel campo del-la pittura del Cinquecento39. Nella stessa occasione, alla figlia Anna Maria Luisa Cosimo inviò invece la Madonna col Bam-bino di Carlo Dolci, un dono che certamente toccò le corde più intime dell’Elettrice: il dipinto era infatti appartenuto alla nonna Vittoria della Rovere, mentre la cornice in ebano, pietre dure e bronzi dorati, una delle realizzazioni più sontuose delle manifatture medicee del tempo, venne fatta eseguire apposi-tamente da Cosimo iii su disegno di Giovan Battista Foggini (cat. n. 140)40.

Tra il 1713 ed il 1714 Cosimo destinò all’Elettore altri tre dipinti che sapeva avrebbero incontrato le sue aspettative ed il suo gusto41: si trattava del Noli me tangere del Barocci, dal-la collezione di Vittoria della Rovere; della Susanna e i vec-chioni del Domenichino (fig. 12), opera acquistata dallo stesso Cosimo iii a Roma nel 167142, e della Santa Maria Maddalena penitente in contemplazione di un teschio del Lanfranco (cat. n. 37), dalla collezione del cardinal Leopoldo43. Contempora-neamente, il granduca donava alla figlia una tela del pittore fiorentino Anton Domenico Gabbiani, che nel soggetto (Cri-sto somministra da bere a san Pietro di Alcántara) intendeva di certo ricordare all’Elettrice la speciale devozione per il san-to mistico francescano, da lui introdotta in Toscana44.

Nella collezione di Johann Wilhelm erano poi compresi anche alcuni bellissimi bronzi di Giovan Battista Foggini, che egli ricevette da Firenze come testimonianze della raffinata lavorazione del bronzo da parte del primo scultore della corte medicea. Il piccolo Monumento equestre dell’Imperatore Giuseppe i (cat. n. 38) giunse a Düssel-dorf intorno al 1706 da parte di Cosimo, mentre non sono note con esattezza le date di arrivo dei gruppi con Apollo e Marsia, Ercole e Jole, e Venere e Adone (figg. 13-14), che sono stati però datati tutti nei primi anni Novanta del Seicento45.

Da parte sua, l’Elettore fece arrivare al granduca, in momenti diversi, opere che sapeva avreb-bero incontrato il suo spiccato gusto per l’arte olandese e fiamminga, che rappresentavano un rife-rimento alle principali glorie della raccolta elettorale, od offrivano al suocero saggi scelti dei più celebri artisti olandesi al servizio della corte del Palatinato. Nel 1697 giunge infatti a Firenze un capolavoro del pittore di corte Adriaen van der Werff, il Giudizio di Salomone (cat. n. 40); nel 1713 i due autoritratti di Anton van Dyck e di Pieter Paul Rubens (fig. 15), per i quali si conserva una lettera di ringraziamento del granduca46; nello stesso anno due eccelse nature morte della specialista Rachel Ruysch, che lavorava a servizio dell’Elettore dal 1708 (cat. n. 64)47.

Le opere scambiate tra i cognati gran principe Ferdinando e Johann Wilhelm rivelano i gusti più personali dei due grandi collezionisti. Se Ferdinando invia a Düsseldorf, nel 1708 e nel 1711, i virtuo-sistici rilievi in bronzo di Massimiliano Soldani Benzi con Le Stagioni, opere tra le più celebrate dello scultore fiorentino delle quali egli possedeva i bellissimi modelli in terracotta, esposti in mostra (cat. n. 48), l’Elettore aveva già fatto omaggio al cognato di due dipinti di Rubens, del quale egli era rico-nosciuto come uno dei maggiori collezionisti in Europa, e di una numerosa serie di dipinti di artisti fiamminghi e olandesi. Il primo Rubens per Ferdinando, giunto a Firenze intorno al 1696, può essere

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Fig. 9 - Pieter Paul Rubens, Il grande Giudizio Universale. Monaco di Baviera, Bayerischen Staatsgemäldesammlungen, Alte Pinakothek

Fig. 10 - Raffaello, Sacra Famiglia Canigiani. Monaco di Baviera, Bayerischen Staatsgemäldesammlungen, Alte Pinakothek 

Fig. 11 - Andrea del Sarto, Madonna col Bambino, sant’Elisabetta, san Giovannino e un angelo. Monaco di Baviera, Bayerischen Staatsgemäldesammlungen, Alte Pinakothek 

identificato col Cristo risorto trionfante sulla morte (cat. n. 33), mentre il secondo, accolto nel 1705 dal Gran Principe con entusiasmo per la sua sopraffina qualità, è tradizionalmente riconosciuto nel Ritratto di Isabella Brant (cat. n. 34)48. Nello stesso 1705, e quindi nel 1708 e nel 1709, a Ferdinando de’ Medici venne destinato dall’Elettore un numero non definito (forse una quindicina) di opere in formato ridotto di quei Fijnschilders olandesi e fiamminghi dei quali lo stesso Johann Wilhelm era un appassionato intenditore e collezionista. Alcuni tra i più celebri pittori olandesi contemporanei erano al suo diretto servizio: i già citati Adriaen van der Werff e Rachel Ruysch49, ma anche Godfried Schal-cken, Eglon van der Neer, Jan Weenix, Jan van Nickelen, ed altri50. Ma oltre alle opere che venivano fornite agli Elettori dai pittori di corte, Johann Wilhelm aveva formato una collezione sceltissima che comprendeva esempi di tutti i principali maestri dei Paesi Bassi e delle Fiandre, collocati nei suoi due gabinetti privati. In questi ambienti, descritti dai visitatori contemporanei e rievocati da un’importante documentazione visiva recentemente reperita, veniva inoltre proposto anche il paragone con l’arte ita-liana51. L’intesa creatasi tra i due collezionisti emerge bene dalla loro corrispondenza, che evidenzia il comune interesse e la passione per queste opere, che anche alla corte medicea trovavano luogo in am-bienti raffinati, riservati alla frequentazione privata. Il Gran Principe destinò infatti i doni del cognato alla Villa del Poggio a Caiano, dove a partire dal 1699 aveva allestito il suo celebre gabinetto52. Scrive Ferdinando a Johann Wilhelm l’8 luglio 1705 “Secondo l’avviso avuto da mia sorella della finissima galanteria, con che s’è degnata V. A. Elettorale d’onorare il mio genio mediante il grazioso Regalo di molte varie Pitture, io posso dirle d’averle già ricevute in ottima condizione, e con mio sommo con-tento. Tutti i pezzi sono per verità bellissimi in ogni suo genere e tutti d’autori accreditati: ma quello del Rubens sorpassa l’imaginazione, et è un prodigio di quel celebre Pennello; onde il mio Gabinetto di Poggio a Cajano potrà vantarsi di avere avuto il suo maggior fondamento, et il suo meglior pregio, dalla bontà generosa di V. A. Elett.le”53. Il 18 luglio seguente così risponde l’Elettore:“L’A. V. R. gra-disce le bagattelle di quadri, che mi ò fatto lecito di mandarli di questi nostri più Rinomati Maestri, di questi contorni; effettivamente io conosco che l’è una temerità di me, di ardire a mandare a un Prencipe della di Lei qualità, merito e fine conoscenza, Quadri di questi nostri Maestri Fiamminghi, et Hollandesi, in un paese, dove sono sempre stati li Apelli di questa amabile scienza, e dove non hanno dipinte mani humane, ma divine, et Angeliche, e da dove, tutti li nostri poveri pittori, hanno voluti ingegnarsi di tirarne qualche barlume, per meritare di studiare”54.

La relazione privilegiata che, grazie ad Anna Maria Luisa, si instaurò in quegli anni tra due collezionisti raffinati quali furono Ferdinando e Johann Wilhelm, e più in generale tra le due corti di Firenze e Düsseldorf, come emerge chiaramente da queste parole, si può quindi leggere anche come un consapevole gioco di specchi. In tal senso l’allestimento della mostra ha voluto cogliere un suggerimento avanzato da Klaus Lankheit nel suo fondamentale volume sulla scultura barocca fiorentina55. Lo studioso tedesco individuava infatti una profonda affinità tra l’arte di Massimiliano Soldani Benzi e quella di Adriaen van der Werff, ponendo a confronto lo stile liscio, accademico ma morbido e armonioso della pittura dell’olandese con la seducente sensualità e l’eleganza delle figu-re accuratamente modellate e cesellate dello scultore fiorentino, sia nei soggetti profani e mitologici

38  Stefano Casciu

che in quelli sacri. Nell’allestimento più antico della Galleria elettorale le Stagioni del Soldani era-no esposte nella seconda sala, a diretto paragone con opere pittoriche, e tale rapporto fu mantenuto anche nella successiva disposizione della raccolta elettorale, come testimonia il catalogo del De Pigage del 1778 (cat. n. 30)56. I raffinati lavori del Soldani, del quale l’Elettore possedeva anche i due rilievi con la Pietà e il Laocoonte (cat. nn. 46, 47), incontrarono un particolare apprezzamento anche da parte di Anna Maria Luisa de’ Medici, che aveva conosciuto personalmente lo scultore57. Dopo il suo ritorno a Firenze, nel 1717, l’Elettrice commissionò infatti al Soldani due bronzi per la serie dei gruppi sacri destinata al suo appartamento in Palazzo Pitti, dove si trovavano anche altri due rilievi dell’artista, la Santa Caterina da Siena che riceve le stimmate e la Visione della Beata Caterina de’ Ricci e (cat. nn. 49a, 50).

Il gusto da parte di Anna Maria Luisa de’ Medici per le opere e gli arredi fiorentini in bronzo e preziosi materiali policromi, realizzati in quegli anni con insuperata perizia dalle manifatture granducali sotto la guida del Foggini, era stato stimolato anche dai doni ricevuti dal padre durante gli anni del suo matrimonio a Düsseldorf, oggetti fastosi che, almeno in parte, l’Elettrice stessa riportò a Firenze, in quanto proprietà personali: la già ricordata cornice che racchiude la Madonna col Bambino del Dolci, lo stipo detto ‘dell’Elettore Palatino’, l’inginocchiatoio, l’acquasantiera, due orologi, dei quali è esposto in mostra quello eseguito nel 1704, che in origine riportava in una nicchia, oggi scomparsa, il ritratto di Cosimo iii (cat. n. 142)58. L’Elettrice era orgogliosa di questi splendidi arredi, che esibiva nella sua sala dell’udienza, come riferisce al granduca nel 1714 Jacopo Niccolò Guiducci59.

Le passioni dell’Elettrice coltivate alla corte di Düsseldorf e documentate dalla corrispondenza e dai conti di camera60 erano però soprattutto legate alle gioie, alle porcellane e agli argenti, di cui la principessa possedeva ingenti collezioni, disposte nei due gabinetti privati, di cui andava fiera61. Nel 1697 scriveva ad esempio allo zio Francesco Maria: “Io mi andò godendo il mio Gabinetto, che pretendo che sia una delle belle cose che sia in Germania et ho molto da fare con certe porcel-lane che l’Elettore mi ha fatto venire d’Olanda”62. I gabinetti dell’Elettrice erano raffinati ambienti ricchi di dorature, specchi, mobili in argento e scarabattole: furono realizzati dal 1695 al 1699, e rinnovati nel 1704, come testimoniano i pagamenti da parte della principessa a vari artisti ed arti-giani della corte63. Ben poco delle raccolte che vi erano conservate è però giunto sino a noi. Com-pletamente perduti i mobili e gli arredi d’argento, ridotte a poche decine di ‘galanterie gioiellate’ le sue celebri gioie, note all’epoca in tutta Europa (cat. nn. 74-96), è possibile solo in parte identifica-

Fig. 12 - Domenichino, Susanna e i vecchioni. Monaco di Baviera, Bayerischen Staatsgemäldesammlungen, Alte Pinakothek 

Fig. 13 - Giovan Battista Foggini, Venere e Adone. Monaco di Baviera, Bayerisches Nationalmuseum

  “Principessa di gran saviezza”. Dal fasto barocco delle corti al patto di famiglia  39

40  Stefano Casciu

re alcuni pezzi della collezione di porcellane orientali, che l’Elettrice portò con sé a Firenze da Düsseldorf nel 1717, e che andarono a formare il nucleo principale della ‘stanza delle porcellane’ di Palazzo Pitti che, come si dirà più avanti, la principessa fece allestire tra il 1720 ed il 1721.

Anna Maria Luisa de’ Medici condivise con il marito gli anni più im-portanti della dinastia Pfalz-Neuburg. Il culmine dell’ascesa politica del-l’Elettore si colloca a partire dal 1708, con i suoi successi presso la corte imperiale, che gli fruttarono una seconda corona elettorale, quella della Baviera, concessagli tra il 1708 ed il 1714, e la prestigiosa carica di Vicario Imperiale nel 1711, nell’interregno seguito alla morte prematura dell’Im-peratore Giuseppe i. L’incoronazione del nuovo imperatore Carlo vi ebbe luogo il 12 ottobre 1711 a Francoforte alla presenza di Anna Maria Luisa de’ Medici, che in quella occasione tentò personalmente di ottenere l’ap-poggio cesareo al progetto di Cosimo iii di nominarla erede del granduca-to di Toscana in assenza di eredi maschi64. In realtà il decreto del Senato fiorentino del 26 novembre 1713, che aveva confermato il motuproprio granducale seguito alla morte prematura del primogenito di Cosimo, Ferdi-nando, col quale Anna Maria Luisa era nominata erede del trono toscano, non ebbe alcun seguito, proprio per l’opposizione dell’Impero65.

I gravi problemi di salute dell’Elettore, che si erano già presentati nel 1711, andarono intensificandosi a partire dal 1713 con successive e sempre più gravi ricadute, che non gli impedirono però l’attività di governo e le re-lazioni con i suoi numerosi agenti e con gli artisti della corte. La morte del Principe, a soli 58 anni, sopraggiunse l’8 giugno 1716.

In assenza di eredi, la posizione di Anna Maria Luisa alla corte elettorale era senza sbocco, e la decisione di ritornare a Firenze, come previsto nei patti matrimoniali, era inevitabile. L’anno che seguì la morte dell’Elettore, sino al 10 settembre 1717, data della partenza per Firenze, fu certamente tra i più difficili per lei. Mentre gli inviati del granduca di Toscana, i marchesi Carlo Rinuccini e Neri Guadagni, conducevano alla corte di Neuburg, sede provvi-soria del nuovo Elettore Karl Philipp, fratello di Johann Wilhelm, la difficile trattativa per definire nei dettagli la restituzione della dote ed il trattamento economico dovuto alla vedova66, a Düsseldorf l’Elettrice, assistita dal luo-gotenente fiscale mediceo Sigismondo Landini, preparava la sua partenza, selezionando tra le sue proprietà ciò che avrebbe portato con sé a Firenze.

I patti matrimoniali del 1691 prevedevano che, in caso di vedovanza, l’Elettrice Palatina avesse la piena e libera disponibilità delle proprietà per-sonali, dei gioielli e di tutto ciò che costituiva l’arredo mobile delle sue stanze e dei suoi gabinetti67. Fu in base a questi accordi che Anna Maria Luisa, nel lasciare per sempre Düsseldorf, poté portare con sé a Firenze, insieme alle gioie e alle galanterie gioiellate dall’elevatissimo valore, una gran quantità di oggetti d’arte, mobili preziosi, argenterie, porcellane, dipinti, che avrebbero formato in gran parte l’arredo del suo appartamento in Palazzo Pitti. L’Elet-trice fu molto attenta a limitare i trasferimenti alle sole opere e agli oggetti di sua riconosciuta proprietà. Furono infatti espressi subito sospetti da parte della nuova corte elettorale circa le sue intenzioni di portare a Firenze pre-ziosi mobili ed arredi delle residenze di Düsseldorf e di Bensberg a lei non dovuti68. Non sono però mai stati individuati tra le carte dell’archivio gli inventari, o le liste, delle proprietà dell’Elettrice inviate a Firenze. Le spedi-zioni cominciarono già dall’agosto del 1717, per mezzo di corrieri fiorentini e via mare dai porti olandesi verso Livorno.

Il viaggio di ritorno dell’Elettrice Palatina, documentato in tutti i detta-gli69, avvenne secondo lo stesso itinerario di viaggio seguito nel 1691, e si concluse nell’ottobre del 1717 con l’arrivo nella città granducale, salutato con gioia dai fiorentini e soprattutto dal granduca. Con la figlia Cosimo iii ri-stabilì immediatamente quel rapporto di profonda vicinanza e di comunità di pensieri e di affetti che risaliva agli anni precedenti il matrimonio. Anna Ma-ria Luisa era sempre stata, e tornò ad essere, la figlia prediletta del granduca, e venne reintegrata in tutte le sue prerogative e nel trattamento a corte, annul-lando la rinuncia formale ai suoi diritti espressa al momento delle nozze.70 Il

  “Principessa di gran saviezza”. Dal fasto barocco delle corti al patto di famiglia  41

rientro di Anna Maria Luisa non fu però senza conseguenze per i delicati equilibri all’interno della corte medicea, come testimonia ad esempio la difficile relazione con Violante di Baviera, vedova del fratello Ferdinando (risolta con la nomina della principessa tedesca a governatrice di Siena nel 1717), e il progressivo deterioramento dei rapporti col fratello Gian Gastone71.

Cosimo iii assegnò alla figlia Anna Maria Luisa l’appartamento in Palazzo Pitti che sin dalla fine del Cinquecento era destinato alle granduchesse regnanti, una suite di sette sale al piano nobile, distribuite nel braccio settentrionale affacciato sul lato sinistro del cortile dell’Ammannati. Questi ambienti, oggi inclusi nella Galleria Palatina, in parte nel cosiddetto ‘Quartiere del Volterrano’, non conservano più l’aspetto del tempo dell’Elettrice in seguito alle profonde trasformazioni avvenute in epoca neoclassica sia nell’architettura sia per quanto riguarda le decorazioni72. La distribuzione delle stanze dell’appartamento ed il loro arredo artistico sono però noti grazie all’accurato inventa-rio stilato alla morte della principessa, tra il 18 febbraio ed il 27 marzo 1743.73 Con i conti della sua amministrazione, tenuti dal tesoriere Jacopo Niccolò Guiducci74, l’inventario del 1743 è il punto di partenza per ricostruire le opere d’arte e gli arredi appartenuti ad Anna Maria Luisa negli anni fiorentini, per comprendere i suoi gusti e le sue preferenze artistiche, e per individuare quegli arte-fici che furono al suo servizio o ai quali si rivolse per commissionare opere ed altri oggetti d’arte destinati alle sue stanze o a persone a lei vicine, o ancora ai luoghi sotto la sua protezione.

Per ricostruire con esattezza l’originale sequenza delle stanze di Anna Maria Luisa in Palazzo Pitti, si possono confrontare le descrizioni dell’inventario del 1743, integrate da quelle del suc-

Fig. 14 - Giovan Battista Foggini, Apollo scortica Marsia. Monaco di Baviera, Bayerisches Nationalmuseum

Fig. 15 - Pieter Paul Rubens, Autoritratto. Firenze, Uffizi

Fig. 16 - Diacinto Maria Marmi, ‘pianta del piano della seconda Habitatione, dove habita l’Inverno il Serenissimo Granduca…’, dalla Norma della Guardarobba del Gran palazzo nella città di Fiorenza…. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Magl., II.I.284Evidenziato in grigio l’appartamento dell’Elettrice Palatina

42  Stefano Casciu

cessivo inventario di Palazzo Pitti del 176175, con la pianta di questa zona del palazzo contenuta nella Norma della Guardarobba del Gran Palazzo (…) dove abita il Ser.mo Granduca di Toscana di Diacinto Maria Marmi (fig. 16), risalente alla seconda metà del Seicento, ma valida anche per gli anni che qui interessano76. L’accesso nell’appartamento avveniva dalla celebre scala a ‘luma-ca’, di forma elicoidale, costruita dall’Ammannati prima del 1569 per l’uso privato della famiglia granducale ed oggi non più esistente (in pianta col numero 15)77. Da essa si accedeva al ‘salotto’ dove era di stanza la guardia tedesca (l’attuale sala d’Ercole) (n. 16). Si passava quindi all’antica-mera dell’Elettrice (oggi sala delle Belle Arti) (lettera P), dalla quale si veniva ammessi nella sala dell’udienza (oggi sala dell’Arca) (lettera Q), dalla quale si poteva accedere alla Cappella delle reliquie, la più importante del palazzo78. Dall’anticamera si accedeva anche alla camera da letto del-l’Elettrice (oggi la sala delle Allegorie, l’unica che conserva la decorazione seicentesca realizzata per Vittoria della Rovere intorno al 1658, con stucchi ed affreschi, eseguiti dal Volterrano) (lettera O). Dalla sala dell’udienza si entrava invece nella cosiddetta ‘camera parata di damasco violetto’, un salotto privato caratterizzato dal colore intenso del paramento e da un ricchissimo arredo, che comprendeva anche importanti opere d’arte (lettera R). Seguiva quindi la ‘camera da letto d’inver-no’, con fastosi mobili ed arredi in pietre dure, tra i quali lo stipo dell’Elettore Palatino (lettera M). I due ultimi ambienti oggi non esistono più, ma sono stati uniti agli inizi dell’Ottocento a formare l’attuale sala ‘della musica’. Seguiva quindi un ambiente privo di finestre, denominato ‘camera buia’ (lettera N), alla quale si poteva accedere sia dalla camera da letto vera e propria, sia da quella detta ‘camera da letto invernale’. Qui si trovavano molte opere d’arte e la biblioteca di Anna Maria Luisa. La settima ed ultima stanza era stata prescelta dall’Elettrice per allestirvi il suo gabinetto delle porcellane (col segno ∞). Anche in questo caso le trasformazioni ottocentesche hanno radical-mente mutato la situazione appena descritta. Prima del 1812 la ‘camera buia’ venne infatti riunita al gabinetto delle porcellane a formare l’attuale sala del Castagnoli79.

La stanza delle porcellane venne fatta allestire dall’Elettrice Palatina tra il gennaio del 1720 ed il giugno del 1721, come testimoniano nuovi documenti d’archivio80: era destinata all’esposizione della ricchissima collezione che aveva portato con sé dalla Germania. L’ambiente costituiva l’estre-mità settentrionale del loggiato cinquecentesco che si apriva sul cortile del palazzo, l’attuale Galle-ria delle statue81. Nella parete nord della sala erano presenti le due nicchie cinquecentesche, chiuse dalle grate in bronzo, identiche a quelle ancora esistenti nella simmetrica sala degli Staffieri, e che l’Elettrice utilizzò per l’esposizione delle porcellane. Il Gabinetto delle porcellane di Anna Maria Luisa, smantellato già alla fine del Settecento, era caratterizzato da un arredo ligneo, che includeva anche le finestre e le porte, dominato dalla tonalità verde della lacca, dall’oro e dall’argento, e che dalle descrizioni sembra fosse improntato ad un gusto decisamente rococò. Si può avanzare l’ipo-tesi che nel riassetto decorativo del nuovo ambiente, del quale purtroppo non possediamo alcuna memoria visiva, fosse coinvolto Giovan Battista Foggini, “architetto primario” della corte medicea. Nella documentazione relativa a questi lavori, il suo nome compare una sola volta, per la rinettatura delle inferriate delle due nicchie dove l’Elettrice volle collocare le ‘scarabattole da porcellane’, ma può essere una spia del suo possibile coinvolgimento82.

L’arredo dell’appartamento dell’Elettrice Palatina era molto fastoso. Le descrizioni dell’inven-tario del 1743 lasciano stupiti non solo per la ricchezza dei singoli arredi, ma anche per la loro quantità. Erano soprattutto i mobili e molti altri arredi in argento (lampadari, vasi, alari, paracami-ni), che Anna Maria Luisa aveva portato in gran parte con sé da Düsseldorf, a conferire a queste stanze un aspetto estremamente ricco e sontuoso, improntato ad un gusto che l’Elettrice aveva assimilato nei lunghi anni in Germania. Con la mobilia d’argento, che colpiva i visitatori ammessi alle stanze della principessa83, erano assortiti arredi che esprimevano invece il gusto fiorentino per l’ebano, i bronzi e le pietre dure, le sculture in bronzo dalla calde patine rossastre, numerosi dipinti (tra i quali molti ritratti), orologi, stipi, porcellane orientali, scarabattole ricolme di gioie e di ‘ga-lanterie’, in un accostamento che privilegiava la sontuosità dei materiali preziosi e la loro variata policromia84.

La passione per la mobilia d’argento, che Anna Maria Luisa aveva manifestato dalla Germania in alcune lettere allo zio cardinale Francesco Maria85, era caratteristica delle corti tedesche, pur tro-vando la sua origine alla corte francese del tempo di Luigi xiv86. La produzione di questi mobili av-veniva soprattutto ad Augsburg87: nei conti di camera dell’Elettrice a Düsseldorf sono documentati numerosissimi acquisti e doni finalizzati soprattutto all’arredo dei suoi appartamenti e dei gabinetti privati della residenza elettorale e del Castello di Bensberg88. Questo tipo di mobilia aveva anche una funzione simbolica, rappresentando una sorta di riserva finanziaria dello stato, facilmente con-vertibile in moneta. L’Elettrice coltivò a Firenze questa sua inclinazione, richiedendo agli argentieri della corte medicea Cosimo Merlini e Bernardo Holzmann non solo l’adattamento dei mobili porta-ti dalla Germania89. ma anche l’esecuzione di nuove specchiere, tavoli, canapés ed altri arredi desti-nati alle stanze di Pitti.90 Alcuni di questi mobili furono probabilmente disegnati da Giovan Battista

  “Principessa di gran saviezza”. Dal fasto barocco delle corti al patto di famiglia  43

Foggini, con il quale i due argentieri collabora-vano strettamente91: a lui si deve con certezza almeno il disegno di una grande specchiera per l’appartamento dell’Elettrice, oggi scomparsa, destinata forse all’anticamera o alla stanza del-le porcellane, realizzata tra il 1719 ed il 1721 dallo Holzmann nelle parti in argento e, per la struttura, dal legnaiolo Francesco Bracci92.

Nessuno dei mobili d’argento dell’Elettrice Palatina si è purtroppo conservato sino ad oggi. Nel testamento del 1739, la principessa li asse-gnò per la gran parte in legato ai suoi cortigiani fiorentini o ai vari membri della famiglia eletto-rale a Mannheim93. I pochi pezzi rimasti a Pitti dopo il 1743 furono fusi dai Lorena, insieme a tutto il resto dell’argenteria medicea.94 L’unica testimonianza della ricchezza e dell’esuberante complessità di questi arredi è data da un lampa-dario con le armi Medici e Pfalz-Neuburg, ese-guito ad Augsburg tra il 1708 il 1716, oggi con-servato nella Residenz di Monaco di Baviera95 (fig. 17). Il gusto per l’argento da parte di Anna Maria Luisa de’ Medici è però documentato in mostra da un’opera italiana di eccezionale fat-tura: la cornice ovale formata da una corona di rami di fiori d’argento sbalzati e cesellati, che racchiude un dipinto su rame con l’Educazio-ne della Vergine, di Francesco Solimena (cat. n. 145). Il sontuoso manufatto, donato all’Elet-trice dal marchese Carlo Rinuccini, è un capo-lavoro dell’arte argentaria napoletana, salvatosi dalla distruzione forse per la fama che lo cir-condava già ai tempi dell’Elettrice96.

Costituisce un evento nell’ambito della mostra la presentazione completa della serie dei dodici gruppi scultorei di soggetto sacro, commissionati dall’Elettrice Palatina per le sue stanze di Pitti tra il 1722 ed il 1725. La serie è riconosciuta da tempo come uno dei capolavori della scultura fio-rentina del tardo Barocco97. A distanza di più di trent’anni dalla grande mostra dedicata agli Ulti-mi Medici (1974), nella quale furono riuniti sette bronzi originali del ciclo, accostati a terrecotte, porcellane e disegni che documentavano la loro elaborazione e ad alcune derivazioni più tarde, oggi, grazie al recente ritrovamento del bronzo di Lorenzo Merlini con l’Arcangelo Raffaele e To-bia (fig. 18 e cat. n. 174)98, e alla generosità di molti prestatori da tutto il mondo, è stato possibile radunare in Palazzo Pitti i dieci gruppi in bronzo di cui è accertata la provenienza dalla collezione dell’Elettrice. A queste vanno aggiunte due redazioni più tarde, legate all’attività della manifattura di Doccia, dei due gruppi del Soldani, il Sacrificio di Jefte e la Maddalena ai piedi di Cristo nella casa del Fariseo, che restano ancora da rintracciare. Tra i dieci bronzi originali, è inoltre esposto per la prima volta a Firenze il David e Golia del Foggini, proveniente dal museo dell’Ermitage, oltre naturalmente al gruppo del Merlini, restaurato per l’occasione99. Per quanto riguarda le com-posizioni e le iconografie, la serie si può oggi apprezzare nella sua completezza.

Sul ciclo si possono aggiungere a quanto dettagliato nelle schede delle singole opere alcune considerazioni generali. È già stato sottolineato l’evidente intento di Anna Maria Luisa de’ Medici di ottenere con questa importante serie scultorea, concentrata nell’arco di pochi anni, una sorta di paragone tra i diversi stili degli scultori fiorentini attivi in quel tempo. In questo senso il risultato è eccezionale proprio per l’articolata varietà delle declinazioni formali che, come è stato messo in evidenza anche di recente100, vanno dal barocco fogginiano di impronta romana, al naturalismo aggraziato del Soldani, del Fortini o del Montauti, sino al recupero di una compostezza più classi-ca, che anticipa sviluppi successivi della scultura fiorentina, come nel bronzo del Ticciati Nell’af-fidare gli incarichi dei gruppi, l’Elettrice ha seguito una gerarchia dettata dall’importanza e della fama acquisita dai vari scultori fiorentini, quasi tutti vicini alla corte. Non è quindi una sorpresa che siano stati assegnati due gruppi a Giovan Battista Foggini, a Massimiliano Soldani Benzi e a Giuseppe Piamontini, i maggiori scultori del momento, in strettissima relazione con la corte e di

Fig. 17 - Augsburg, Abraham ii Drentwett, Lumiera d’argento con le armi Medici-pfalz Neuburg, 1708-1716 ca. Monaco di Baviera, Residenz

Fig. 18 - Lorenzo Merlini, L’Arcangelo Raffaele e Tobia, part. Roma, Fondazione ecclesiastica Istituto Marchesi Teresa, Gerino e Lippo Gerini

44  Stefano Casciu

riconosciuta esperienza nella tecnica del bronzo. La lavorazione del bronzo accomunava anche Giovacchino Fortini e Lorenzo Merlini, allora residente a Roma, forse il meno noto tra gli artisti coinvolti nell’esecuzione del ciclo, ma proveniente da una famiglia di argentieri operosi per la cor-te, come lo stesso fratello Cosimo. Le richieste dell’Elettrice si allargarono però ad un cerchia più ampia di artisti fiorentini, prescindendo anche dalla loro specifica esperienza nella lavorazione del bronzo. In tal senso si spiegano gli incarichi, meno scontati, ad Agostino Cornacchini (anch’egli di stanza a Roma, dove andava consolidando una carriera prestigiosa), ad Antonio Montauti, a Giovan Battista Cateni e a Girolamo Ticciati, tutti allo loro prima se non unica prova nel genere dei bronzi in piccolo formato.

Un altro elemento significativo dei gruppi in bronzo per Anna Maria Luisa de’ Medici è il ca-rattere pittorico delle composizioni101, che nel contesto delle sale di Palazzo Pitti era ulteriormente valorizzato dalle loro collocazioni. Era infatti suggerito per ciascuna di esse un punto di osservazio-ne privilegiato, in un contesto fastoso che favoriva la visione scenografica dell’insieme, piuttosto che l’apprezzamento attento e ravvicinato delle singole sculture. È stato giustamente sottolineato il particolare effetto cromatico originato dal contrasto tra le calde patine rossastre dei bronzi (con le basi originali in marmi ed altre pietre policrome e bronzi dorati), e la fredda intonazione dell’ar-gento dei mobili sui quali i gruppi erano posati102. La studiata disposizione dei gruppi nelle stanze dell’Elettrice sottolineava non solo le reciproche relazioni di stile e di composizione, ma anche quelle tra i soggetti rappresentati.

La lettura iconografica del ciclo dei bronzi appartenuti all’ultima Medici è un argomento anco-ra aperto. La scelta dei soggetti sacri è peculiare, anche se non unica, nel panorama della scultura in piccolo formato del tardo barocco fiorentino, la cui produzione è orientata prevalentemente sui temi profani e mitologici. Dimitrios Zikos ha opportunamente indicato un precedente nei reliquiari narrativi del Soldani e del Foggini, eseguiti su commissione di Cosimo iii per la cappella detta ‘del-le reliquie’ di Palazzo Pitti, nei quali, in maniera analoga, prevalgono i valori narrativi delle scene sacre, valorizzati in senso pittorico grazie all’uso delle pietre dure policrome103. Nel caso della serie di Anna Maria Luisa de’ Medici non è agevole individuare un legame coerente tra i soggetti, tratti dal Vecchio e dal Nuovo Testamento, con l’eccezione del San Luigi di Francia del Piamontini104. Al-cune coppie di sculture propongono evidenti rapporti tematici, sottolineati dalla stessa collocazione originaria. È il caso dei quattro gruppi destinati alla sala dell’udienza, che presentano due sacrifici, di Jefte e di Isacco, e due storie bibliche, quelle di Giuditta e di David, accomunate tra l’altro dal simbolismo della decapitazione. Nella stanza delle porcellane, dove erano riuniti ben cinque bronzi, i gruppi con San Luigi di Francia e l’Educazione della Vergine alludono palesemente ai nomi della committente Anna, Maria e Luisa. Ma, al di là di questi rapporti tra singole opere, un’interessante chiave di lettura complessiva può essere individuata nei valori e nei modi di espressione della spi-ritualità gesuitica, che trovano significativi agganci nella biografia dell’Elettrice Palatina105. L’in-fluenza della Compagnia di Gesù era molto forte alla corte elettorale di Düsseldorf: Johann Wilhelm aveva imposto che la giovane sposa fosse assistita in Germania da un confessore gesuita (sia pure italiano, e non tedesco), e non da un frate francescano, che la assisteva a Firenze e che sarebbe stato più gradito dal padre Cosimo iii106. In Germania l’Elettrice ebbe quindi come direttori spirituali dapprima il padre Pietro Antonio de Albertis e quindi il padre Gaetano Giacomini, che tornò con lei in Italia nel 1717, rimanendo al suo servizio sino alla morte107. Nella biblioteca personale di Anna Maria Luisa erano presenti gli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola, sia nel testo latino originale, sia nella volgarizzazione italiana del padre Giovan Pietro Pinamonti, gesuita molto conosciuto an-che alla corte medicea, e del quale l’Elettrice possedeva anche altre opere108. Dal 1713, inoltre, Anna Maria Luisa aveva sostenuto attivamente, ispirandosi all’operato di Paolo Segneri, le missioni po-polari dei padri gesuiti da lei introdotte nel Palatinato, e poi nel resto della Germania, che ebbero la massima diffusione negli anni 1715-1716109. Pratiche di meditazione e di visualizzazione connesse con gli esercizi spirituali ignaziani non erano quindi affatto estranee alla religiosità dell’Elettrice. A queste esperienze si può forse far riferimento per individuare nei dodici gruppi in bronzo dislocati nell’appartamento dell’Elettrice una sorta di percorso spirituale di perfezione cristiana, con tappe che potevano accompagnare la meditazione e la contemplazione, mirando a quel coinvolgimento dei sensi e degli affetti caratteristico della fase del ‘preludio locale’ degli esercizi spirituali ignaziani110.

Queste considerazioni possono trovare ulteriore conferma se si pone attenzione anche ad un’al-tra impresa artistica promossa dall’Elettrice negli anni fiorentini, che va ritenuta senza dubbio la sua più personale, l’arredo pittorico e scultoreo, dal carattere esclusivamente sacro, della villa della Quiete, sede del Conservatorio delle Minime Ancille della SS.ma Trinità, dette Signore Montalve.

La Quiete rappresentò per Anna Maria Luisa un rifugio dal mondo, soprattutto dopo la morte del padre Cosimo ed il deteriorarsi dei rapporti con il fratello Gian Gastone. L’intensa relazione instauratasi tra l’Elettrice Palatina e le Montalve, che sin dal 1650 erano insediate nella villa, può

Fig. 19 - Benedetto Fortini e Giovanni Filippo Giarrè, Quadrature con fiori ed uccelli, decorazione a fresco del primo salone al pian terreno, Villa la Quiete, già Conservatorio delle Montale

Fig. 20 - Benedetto Fortini e Giovanni Filippo Giarrè, Allegoria dell’Ordine elettorale di Sant’Uberto, decorazione a fresco del primo salone al pian terreno, Villa la Quiete, già Conservatorio delle Montale

  “Principessa di gran saviezza”. Dal fasto barocco delle corti al patto di famiglia  45

essere qui solo accennata111. Anna Maria Luisa aveva assunto il pa-tronato della Quiete (luogo particolarmente caro alla dinastia medi-cea sin dal Quattrocento) e del Conservatorio delle Montalve già dal 1717, seguendo la tradizione avviata da Vittoria della Rovere, che aveva posto questo istituto sotto la diretta protezione delle grandu-chesse di Toscana. Dopo l’ampliamento dell’edificio con l’ala del Noviziato, realizzata dal 1720 per interessamento della stessa Anna Maria Luisa e di Cosimo iii, l’Elettrice decise nel 1723-1724 di tra-sferirsi alla Quiete in alcuni periodi dell’anno, come ospite e ‘Pa-drona’ del Conservatorio, utilizzando come sua abitazione proprio gli ambienti del Noviziato, appena costruito. La realizzazione del nuovo giardino, da lei promossa e finanziata tra il 1724 ed il 1727, ed attuata con l’intervento diretto di giardinieri granducali attivi a Boboli, rappresenta la tappa iniziale di un processo di rinnovamento che avrebbe trasformato completamente il complesso architettonico della Quiete, sino a quel momento cresciuto senza un piano unitario per successive aggiunte, in una struttura equiparabile alle altre ville medicee112. Il giardino, impostato su un disegno regolare e assia-le, e ornato con sculture e pitture murali, affidate a Giovacchino e Benedetto Fortini, Sigismondo Betti e Taddeo Mazzi, riprende tutti gli elementi lessicali e strutturali delle precedenti realizzazioni me-dicee113. La decorazione delle sale terrene dell’appartamento del-l’Elettrice fu invece eseguita nel 1726 da Benedetto Fortini e dal-l’allievo Giovanni Filippo Giarrè che dipinsero vedute prospettiche delle ville medicee, quadrature e festose decorazioni con animali, fiori, cineserie, e cartelle con iscrizioni moraleggianti, che alludono ai temi della solitudine e dell’isolamento dal mondo ma anche alle glorie della casata elettorale114 (figg. 19, 20). Contemporaneamente venne avviato dall’Elettrice Palatina un meditato programma di ar-redo degli altri ambienti della villa, concordato con le Montalve, che comportò la realizzazione, entro il 1731, di circa ottanta tra dipinti e sculture di soggetto sacro, destinati sia alle stanze private di Anna Maria Luisa, sia agli ambienti dove le Montalve e le giovani edu-cande si riunivano per la preghiera e per la vita comunitaria115.

Scorrendo i nomi dei maestri coinvolti ritroviamo, con alme-no un’opera, quasi tutti gli artisti attivi in quel momento a Firen-ze. A Giovanni Camillo Sagrestani l’Elettrice richiese una serie di Misteri del Rosario, ripartita con Giovanni Cinqui e Francesco Soderini, e un Angelo custode116. Il gruppo di pittori che facevano riferimento al Sagrestani è rappresentato al completo, con Matteo Bonechi, Ranieri Del Pace, Antonio Nicola Pillori, Giovanni Mo-riani, Taddeo Mazzi, Sigismondo Betti, Francesco Soderini117. Ma anche altre tendenze pittoriche trovano spazio in questa rassegna, spesso in studiata contrapposizione. Vincenzo Meucci dipinge ad esempio la sua giovanile e garbata Maddalena penitente, di sapore bolognese (cat. n. 206), a pendant con il Cristo tentato del Pillori, vicino allo stile del Sagrestani. Questi ultimi due dipinti, dei quali si conosceva l’esistenza solo dai documenti d’archivio, sono stati individuati in occasione di questa mostra. Altri dipinti furono ese-guiti da Giovan Domenico Ferretti, Niccolò Lapi, Antonio Puglie-schi, Ottaviano Dandini, Agostino Veracini, Mauro Soderini, Gio-vanni Antonio Pucci, Ignazio Hugford, Anton Domenico Bambe-rini, Niccolò Nannetti. È presente nel gruppo anche il napoletano Gaspare Lopez, che dipinse le ghirlande floreali che racchiudono le Virtù di Francesco Soderini, allusive alla loro fragranza spiritua-le118 (figg. 21, 22 e cat. n. 214).

La scultura fiorentina è rappresentata alla Quiete da una piccola serie di gruppi in terracotta tinta di nero ad imitazione del bronzo, realizzata nel 1728-1729 da alcuni artisti della generazione succes-siva a quella dei grandi scultori che avevano eseguito per la princi-pessa i gruppi bronzi di Palazzo Pitti. Tra di essi vi erano Vincenzo

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Foggini, Giovan Battista Piamontini e Gaetano Masoni, eredi dell’ultima tradizione barocca, e figu-re emergenti come Vittorio Barbieri. Si tratta di sculture ‘povere’, nel materiale e nel tono stilistico, ma che esprimono una funzione analoga a quella affidata ai lussuosi bronzi di qualche anno prima, di aiuto alla meditazione devota attraverso l’esperienza dei sensi119.

Sul piano della qualità delle opere e del loro peso nella contemporanea situazione delle arti fio-rentine, non potrebbe essere più netta l’antitesi tra il raffinato livello artistico dei gruppi in bronzo richiesti dall’Elettrice Palatina per il suo appartamento, e l’intonazione dimessa, a volte corsiva, delle opere commissionate per la Quiete. Va certamente tenuta in conto la differente destinazione delle opere, nel primo caso le sale fastose della residenza granducale, nell’altro gli ambienti sepa-rati dal mondo di una comunità religiosa, per la quale Anna Maria Luisa volle ideare un percorso spirituale per immagini, funzionale a pratiche quotidiane di preghiera e di meditazione. Ma questa antitesi è anche un segnale, negli anni che seguono la morte di Cosimo iii, della distanza ormai sempre maggiore della corte medicea dalla scena artistica fiorentina, ricca di brillanti personalità e di importanti realizzazioni, soprattutto nel campo della decorazione a fresco, promossa dalle gran-di famiglie per le loro dimore in città o in campagna e per i luoghi sacri di loro patrocinio, o nel campo della scultura con imprese di respiro internazionale come il ciclo delle statue per il convento portoghese di Mafra120.

Ma i rapporti di Anna Maria Luisa de’ Medici con la scena artistica fiorentina, dopo l’exploit della serie dei bronzi e le commissioni per la Quiete, episodio del tutto particolare, vanno a ridursi nel corso degli anni a favore di una visione più ampia del suo ruolo di promozione delle arti a Fi-renze, che sfocerà nella promozione dei lavori in San Lorenzo, l’ultimo cantiere mediceo.

L’Elettrice aveva comunque alcuni artisti al suo diretto servizio, ai quali commissionò in questi anni dipinti per il suo appartamento (come Francesco Conti e Antonio Puglieschi, che eseguono per lei nel 1732 due grandi tele per la ‘camera parata di damasco violetto’, cat. nn. 181, 182), fece dipingere ritratti (soprattutto da Carlo Ventura Sacconi, modesto pittore al servizio quasi esclusivo dell’Elettrice121), od ancora dette incarico di realizzare opere per conventi e congregazioni a lei care (da Francesco Soderini, Sigismondo Betti o Antonio Nicola Pillori122). Sempre in questo periodo Anna Maria Luisa, proseguendo gli interesse botanici e naturalistici del padre Cosimo iii, richiese alcuni dipinti all’ormai anziano Bartolomeo Bimbi (cat. nn. 158, 159), e si interessò alle opere del fiorante napoletano Gaspare Lopez, protetto a Firenze dal Gabburri (cat. n. 160) (figg. 21, 22). Al-cuni dipinti di genere di scuola fiamminga ed olandese, poi destinati alla Galleria (cat. nn. 59-62), furono da lei acquistati sul mercato fiorentino il 1732 ed il 1735, a testimonianza di interessi ancora vivi per generi pittorici che erano stati al centro delle collezioni elettorali, ma che avevano interes-sato anche il padre e il fratello Ferdinando123.

Dai primi anni Trenta però Anna Maria Luisa de’ Medici sembra orientare sempre più consa-pevolmente la sua attenzione e il suo impegno alla cura delle collezioni di famiglia e alla memoria della dinastia, della quale vede avanzare inesorabilmente il declino. Dal 1732 si susseguono in più momenti sue consegne al custode della Galleria Francesco Bianchi di opere e di oggetti d’arte de-stinati alla raccolta granducale, sia pure inviati col “riservo del dominio”: dipinti olandesi portati da Düsseldorf, autoritratti di pittori, gemme e intagli, ambre124, medaglie125, bronzetti126, volumi a stampa127, manoscritti, ed altro ancora.

La conferma dell’esistenza di una collezione di gemme antiche e moderne dell’Elettrice ci viene non solo dalla lista di consegna al Bianchi del 1732, nella quale sono elencati almeno una ventina di pezzi, ma anche dalla pubblicazione di sedici esemplari a lei appartenuti nei primi due volumi del Museum Florentinum di Anton Francesco Gori, del 1731-1732128, Non si hanno notizie precise sulla provenienza delle gemme appartenute ad Anna Maria Luisa, che in parte potrebbero essere state già tra le sue proprietà in Germania. Certamente questo è il caso delle due coppie di cammei intagliati con i ritratti di profilo dei due Elettori, oggi conservati nel Museo degli Argenti e qui esposti. Sap-piamo d’altra parte che anche l’Elettore Palatino aveva un’interessante collezione di gemme129.

Le gemme dell’Elettrice, con le medaglie da lei inviate al Bianchi, trovarono posto nella settima saletta del secondo corridoio della Galleria degli Uffizi, all’interno degli stipi destinati a quelle col-lezioni ed appartenuti al cardinal Leopoldo. Non è forse un caso se sulla volta di questo ambiente Anna Maria Luisa de’ Medici venne raffigurata nelle vesti di Minerva, come protettrice delle arti e delle scienze in un affresco raffigurante la Caduta di Prometeo, eseguito da Giovan Domenico Ferretti. Il Pelli Bencivenni ricorda che l’affresco, andato perduto nell’incendio del 1762, era stato concluso prima del 1733. Non sappiamo in realtà se il dipinto, documentato oggi da un bozzetto preparatorio che la critica ha datato intorno a quello stesso anno (fig. 23)130, sia stato commissionato dalla stessa Elettrice, anche se il Ferretti compare tra i suoi pittori nella villa della Quiete.

L’interesse dell’Elettrice per la collezione delle gemme e soprattutto per quella delle medaglie ci è ulteriormente testimoniato da Antonio Cocchi, che nel 1738 così ricorda il suo incontro con

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Anna Maria Luisa, che egli andò ad omaggiare non ap-pena ricevuto l’incarico di Primo antiquario della Galle-ria: “L’Elettrice m’accolse benignamente, mi raccoman-dò molto la fedeltà e la diligenza. Si mostrò diffidente e timorosa che le medaglie sieno sottratte o cambiate. Rammentò Stosch, da lei conosciuto a Düsseldorf. Disse averci qualche passione per essere raccolta de’ suoi an-tenati. ‘Noi non siamo né imperatori né re, ella disse, ma nonostante questa raccolta è molto notabile. Io avrò caro che il Gran Duca la veda in buon ordine’”131.

Negli anni trenta l’Elettrice si interessa anche al com-pletamento di alcune serie calcografiche medicee rimaste interrotte: nel 1734 fa stampare in volume tutti i rami del-la raccolta dei dipinti appartenuti al fratello Ferdinando, impresa avviata sotto la guida del Foggini dallo stesso collezionista, e portata avanti da Cosimo iii (cat. n. 189); tra il 1735 ed il 1736 ordina l’esecuzione dei ritratti incisi degli ultimi membri della famiglia, a completamento del-la serie avviata nel Seicento da Adriaen Haelwegh 132.

Queste iniziative, viste anche sullo sfondo della con-temporanea cultura fiorentina indirizzata al consapevole recupero della storia toscana e cittadina e delle sue tra-dizioni più illustri, segnalano l’avvio di un processo di politica culturale sempre più consapevole e destinato a trovare espressione nella formulazione del Patto di fami-glia che, come si è detto, fu firmato il 31 ottobre del 1737 dopo intense consultazioni e trattative seguite immedia-tamente alla morte del granduca Gian Gastone, il 9 luglio dello stesso anno.

Le idee che fecondarono e nutrirono la parte più de-cisiva per la storia di Firenze del Patto, la dichiarazione del terzo articolo, stringata, ma ferma ed esauriente nella sua concisa elencazione delle categorie essenziali del pa-trimonio culturale mediceo, trovano il loro saldo retroter-ra negli ambienti culturali fiorentini più aggiornati, i cui rapporti con l’Elettrice furono mediati da alcuni perso-naggi della sua corte o a lei vicini, coinvolti nei milieux intellettuali cittadini più interessanti della prima metà del Settecento e tra i quali, come dimostrano le osservazioni in catalogo di Giulio Conticelli, era di certo presente an-che un giurista133. Il personaggio più prossimo ad Anna Maria Luisa de’ Medici, sin dagli anni di Düsseldorf, fu

certamente il marchese Carlo Rinuccini (1679-1748). Accanto a lui, nei rapporti quotidiani con la principessa, vi erano l’abate Giovanni Antonio Tornaquinci (1680-1765), segretario di Stato del governo di Gian Gastone, e il conte Neri di Donato Maria Guadagni (1673-1748), maestro di ca-mera della principessa. Alla corte di Vienna agiva con pienezza di poteri, in nome dell’Elettrice, il marchese Ferdinando Bartolommei134.

Il Rinuccini135 fu l’uomo più potente ed influente nel periodo di transizione dal governo medi-ceo a quello lorenese136. Fu in diretto rapporto con Anna Maria Luisa sin dall’inizio del Settecento, quando, come inviato di Cosimo iii in varie corti europee, passò anche da Düsseldorf137. Nel 1716-1717 aveva condotto personalmente, con il marchese Guadagni, le trattative per il ritorno dell’Elet-trice. A Firenze fu coinvolto in importanti iniziative di politica culturale: membro dell’Accademia Fiorentina e della Crusca, fu uno dei principali finanziatori della quarta edizione del Vocabolario138; dal 1736, con Giulio Rucellai e Andrea Alemanni, prese in mano le sorti della Biblioteca Maglia-bechiana139; nel 1738 ottenne che Antonio Cocchi (bibliotecario di famiglia e incaricato della or-ganizzazione della stessa Magliabechiana) venisse nominato primo antiquario della Galleria gran-ducale140. Fu il Rinuccini a seguire in prima persona l’elaborazione del testo della Convenzione, mantenendo una posizione che, pur incentrata sulla tutela degli interessi dell’ultima principessa Medici e della dinastia uscente, non trascurava anche il punto di vista dei nuovi regnanti. Già ai primi di agosto del 1737 il marchese Rinuccini aveva consegnato a Marc de Beauvau, Principe di Craon, rappresentante del granduca Francesco Stefano di Lorena, una bozza del testo della conven-

Fig. 21 - Francesco Soderini, Gaspare Lopez, La Contrizione. Perugia, collezione privata

Fig. 22 - Francesco Soderini, Gaspare Lopez, La Giustizia. Perugia, collezione privata

Fig. 23 - Giovan Domenico Ferretti, Caduta di prometeo. Toronto, Royal Ontario Museum

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zione, sulla quale Craon riferisce subito a Vienna, con una lettera dell’11 agosto. In questa missiva sottolinea l’inquietudine dell’Elettrice e del Rinuccini, che vorrebbero vedere concluso presto l’ac-cordo, e si aggiunge che “cette Princesse aime le pays, elle est juste, aime l’ordre et les honnêtes gens, elle n’a point d’affection êtrangére et si elle ne veut pas se lier dans le moment present par un Testament, c’est qu’elle veut se faire un merite et un honneur de l’abandonement qu’elle fera a V. A. R. des choses dont elle se reserve la liberté de disposer”141. Fu Carlo Rinuccini a preparare con delicatezza le condizioni che portarono Anna Maria Luisa de’ Medici alla nomina del nuovo granduca suo erede universale, confermata nel testamento del 1739142, dopo che la Convenzione del 1737, senza alcuna possibilità di dubbio, aveva imposto il vincolo di inamovibilità per il patrimonio artistico mediceo.

Su un piano più ampio, non fu certo estraneo alle discussioni intorno alla Convenzione il car-dinale Neri Corsini (1685-1770), che si trovò al centro dei fatti politici, diplomatici e culturali più interessanti sin dall’inizio del secolo e soprattutto negli anni Venti e Trenta, tra Firenze e Roma143. Le relazioni del nobile fiorentino con Anna Maria Luisa de’ Medici risalgono già agli anni Dieci del secolo, in particolare dal 1713, quando il Corsini (non ancora cardinale) spese molte energie nella difesa della libertà della Toscana, dell’autonomia del potere granducale dalle ingerenze stra-niere e della legittimità della nomina dell’Elettrice da parte del Senato fiorentino ad erede del tro-no granducale, voluta da Cosimo iii144. Nella corte dell’Elettrice si trovava inoltre dal 1717 anche Bartolommeo Corsini, il fratello di Neri, nel ruolo di maestro di camera, e dal 1723 di cavallerizzo maggiore, uno dei patrizi fiorentini più fedeli alla causa della successione al trono toscano di Don Carlos di Borbone.

Il coinvolgimento di Neri Corsini in tutte le principali iniziative culturali tra Firenze e Roma (dal De Etruria Regali del Dempster, del 1726, alla quarta edizione del Vocabolario della Crusca, dal Museum Florentinum avviato nel 1728, all’apertura pubblica dei Musei capitolini a Roma nel 1734145), nelle quali aveva un ruolo centrale il suo bibliotecario Giovanni Bottari, fu incentrato sui temi della ricerca antiquaria ed erudita, saldati alla volontà civica a politica di conservazione delle memorie patriottiche146. Sono idee che hanno certamente preparato e fecondato il terreno dal quale è sorto l’impianto del Patto di famiglia, almeno nella parte concernente la conservazione del patri-monio mediceo.

Nei suoi tredici articoli redatti nell’originale in francese e quindi tradotti in italiano e ratificati, la convenzione regola i rapporti tra l’Elettrice e il nuovo granduca, “per le soddisfazioni, e conve-nienze reciproche”, ma anche e “principalmente per l’avvantaggio della Toscana” (Premessa). In rapida successione vengono quindi stabilite le regole relative al passaggio dei beni allodiali prove-nienti dalle successioni del fratello Gian Gastone e della madre Marguerite-Louise, sia in Toscana che fuori dalla Toscana, dei quali l’Elettrice cede e trasferisce a Francesco Stefano tutti i “Diritti e Pretensioni” (articoli i e ii); al trasferimento al nuovo granduca e ai suoi successori del patrimo-nio artistico e librario mediceo, nonché delle gioie di Stato, con la condizione essenziale della sua conservazione nella capitale e nello Stato (il celebre articolo iii); all’assunzione dei debiti lasciati dai Medici e al mantenimento dei crediti dei fondi pubblici (articolo iv-v); al trattamento personale dell’ultima Principessa, con l’assegnazione di un vitalizio di 40.000 scudi, l’uso dell’appartamento in Palazzo Pitti e di una delle “case di campagna” medicee, la concessione dell’uso di tutto quanto necessario per la sua corte (dalle carrozze all’argenteria per la tavola etc.), la garanzia della sua pro-tezione personale da parte della Guardia granducale (articoli vi-x); la concessione della reggenza dello Stato in assenza del granduca (che l’Elettrice non volle però mai assumere) e, lui presente, la garanzia di un trattamento adeguato al suo rango e alla sua nascita (articoli xi-xii). Infine (articolo xiii) si dispone che la Convenzione sia ratificata entro un mese dalla sua firma147.

A marcare la differenza tra l’atteggiamento pienamente consapevole dell’Elettrice e quello pragmaticamente mirato dei Lorena, si legga il brano di una lettera a Vienna del comandante delle truppe austriache in Toscana, generale Wachtendonk, del luglio 1737: “L’intrinsique du pays nous est assûré, et quelques bijoux ou meubles de plus ou de moins n’est pas notre grand affair, ce la regarde plus madame l’Electrice”148. Se in definitiva l’interesse dei Lorena era concentrato sul pos-sesso degli ingenti beni allodiali medicei149, e l’impegno di lasciare a Firenze i beni artistici della dinastia era accettato in funzione di questo risultato150, al contrario, per Anna Maria Luisa de’ Me-dici il cuore del Patto sembra essere proprio la conservazione di quel patrimonio.

Dietro la formalità di un accordo che era costato lunghi mesi di trattative l’appassionata parte-cipazione dell’Elettrice, che abbiamo intravisto crescere anche attraverso le sue iniziative a favore della Galleria, è infatti tradita da alcuni suoi atti e in alcuni scritti privati. Un segnale della lucida volontà di Anna Maria Luisa de’ Medici di giungere alla piena conservazione del patrimonio di famiglia è dato dal suo forte interesse per la redazione degli inventari delle raccolte. Alla morte di Gian Gastone l’Elettrice fece subito verificare la consistenza delle proprietà del fratello, incarican-do tra agosto e settembre del 1737 i pittori Giovanni Antonio Pucci, Vincenzo Meucci e Ignazio

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Hugford di eseguire una ricognizione dell’eredità del granduca, della quale non conosciamo però l’esito151. L’inventario dei beni dell’ultimo granduca Medici non è mai stato rinvenuto, ma certa-mente dovette esistere, se l’Elettrice così scriveva al Rinuccini in uno dei suoi messaggi privati e non datati rintracciati nell’archivio mediceo: “Sig.r Marchese, io pensavo di far sottoscrivere a Tornaquinci e Ginori l’Inventario delle cose messe insieme dal G. Duca mio fratello perché fusse più autentico et anche per[ché ebbero] commissione di vedere, che ne dice?”152 L’attenzione per la corretta conservazione delle collezioni fu costantemente al centro dei pensieri dell’Elettrice nelle fasi preparatorie del Patto. Nel primo progetto di convenzione consegnato dal Rinuccini al principe di Craon, a proposito delle raccolte di famiglia l’Elettrice aveva espresso la volontà di “ranger et placer comme elle trouvera le plus à propos et en fera faire des Inventaires qui seront communiqués à S. A. R.”153. E a questi inventari si riferisce la stessa Elettrice quando scrive al Rinuccini: “Hò detto a Riccardi che faccia fare gl’inventari di sua giurisdizione e m’à detto che à bisogno di quella gente, che i riformatori mandan via”154. Queste intenzioni suscitavano quindi un’evidente opposizione a Vienna, della quale Anna Maria Luisa era ben consapevole. Scrisse in-fatti ancora al Rinuccini: “Sig.r Marchese. È ritornato da Vienna, dove Bartolommei scriveva non si pensava a gl’affari di qua, il negozio degli Inventari, c’è da sperar poche cortesie e attenzioni da questa gente affamata”155.

L’attenzione di Anna Maria Luisa non era rivolta esclusivamente alle opere mobili, che per loro natura erano le prime a rischiare di essere trasferite da Firenze, o vendute, ma si estendeva anche al patrimonio monumentale, denotando una spiccata sensibilità per la sua conservazione che potrem-mo già chiamare tutela, ma che non trovò una formulazione esplicita nel Patto. Così ad esempio si esprimeva in altri due messaggi privati al Rinuccini, da riferire alla fine del 1737: “Sig. Marchese, non mi spiegai forse bene: i quadri che furono attaccati nelle Camere dipinte di Palazzo Vecchio intesi fussero di quelli venuti di Lorena, e così pericolavano la Pittura a fresco et i lorenesi tengono poco conto e non anno maniera per conservare quel che anno portato e sciuperanno quel che anno trovato, le dico ciò perché Craon non trovasse che fusse una frottola. I Quadri di qua non so ancora che siano stati translatati, ma per attaccare i Quadri di Lorena possono ancora guastare la Pittura a fresco delle camere di Palazzo Vecchio. Puol essere che Richecourt dicesse che si inventa, ma bi-sognerebbe conservare la roba, e la Pittura a fresco…”; “Dica all’Abate Tornaquinci che se sentissi che i Lorenesi volessero smuovere i Quadri degl’Appartamenti nobili ci metta delle difficultà che la sua prudenza gli detterà. Non so se sia necessario dire anche al March. Riccardi, che lascia attaccare i Quadri a Palazzo vecchio dove è la Pittura a fresco…”156.

Uno dei concetti centrali del Patto di famiglia è quello dell’utilità pubblica, che come ben noto diventerà centrale nella politica culturale fiorentina (e in un ampio contesto europeo) nel settimo de-cennio del Settecento, quando si giunse anche alla riorganizzazione e all’apertura al pubblico della Galleria granducale, nel 1769157. Il tema trova significativi sviluppi anche nella storia delle biblio-teche, che vede in Firenze, sin dal Rinascimento uno dei luoghi centrali per la nascita dell’idea di pubblicità delle raccolte librarie158. È importante ricordare che nel terzo articolo del Patto le biblio-teche sono esplicitamente elencate tra le ‘rarità’ delle quali si impone la conservazione a Firenze. Dell’argomento non si può che dare qui questo accenno, ma si ricordano come tappe fondamentali del processo di creazione in città di un sistema bibliotecario di ampia destinazione pubblica l’aper-tura nel 1571 della Biblioteca mediceo-laurenziana per volontà di Cosimo i159, e proprio negli anni dell’Elettrice, con il diretto coinvolgimento del Rinuccini, la definizione del destino della Biblioteca Magliabechiana, denominata ufficialmente dal gennaio 1737 ‘libreria pubblica’ o ‘del Pubblico’160.

Superato lo scoglio della definizione della Convenzione di famiglia (ed ancor più dopo la ste-sura del testamento il 5 aprile 1739, nel quale Francesco Stefano di Lorena era nominato suo erede universale), i rapporti di Anna Maria Luisa de’ Medici con i rappresentanti del granduca Francesco Stefano riuniti nel Consiglio di Reggenza si stabilizzarono sul piano di un reciproco rispetto, pur con alcuni momenti di forte tensione. Le relazioni personali della principessa con i due principali protagonisti della nuova amministrazione granducale, Marc de Beauvau principe di Craon e il conte Emmanuel de Richecourt161 possono essere sintetizzate con le parole della stessa Anna Maria Luisa in uno dei suoi messaggi privati al Rinuccini, del 1737/1738: “Ho parlato a Richecourt delle Camere dipinte improprie per la gente che ci deve stare, ò detto tutto quello che potevo dire, e per la decenza e per la proprietà, vedremo se hò fatto breccia in quel capo, in quello di Craon, più nobile, l’ò fatta subito”162. Il rapporto personale col Richecourt fu difficile (“Fu da me Richecourt, che al solito parlò molto et à sempre ragione lui”163), mentre nei confronti del Principe di Craon e della sua consorte l’Elettrice Palatina manifestò maggior simpatia. Ne è un’interessante testimonianza la commissione di una serie di tele (almeno sei), raffiguranti le principali feste fiorentine, che Anna Maria Luisa de’ Medici richiese al pittore Niccolò Furini, un nipote di Francesco, tra il 1738 ed il 1741 per offrirle in dono al Principe di Craon. Due di esse sono esposte in mostra (cat. n. 190). Nel dono di queste imma-gini esemplari, che interpretavano ed aggiornavano la secolare tradizione delle rappresentazioni di

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Firenze nei momenti principali e simbolici della vita pubblica, si può intravedere l’intenzione di Anna Maria Luisa di consegnare, in modo delica-to ed allusivo, la memoria della città al principale rappresentante del Granduca Francesco Stefano e del nuovo governo. Tra le tele commissionate al Furini vi era anche la raffigurazione dell’entrata in Palazzo Pitti dei granduchi di Lorena, nel cor-so della loro unica visita a Firenze nel gennaio 1739164. Durante la visita le cattive condizioni di salute dell’Elettrice impedirono la sua partecipa-zione alle cerimonie ufficiali nelle quali i nuovi granduchi si mostrarono ai sudditi toscani. L’in-contro con l’ultima Medici fu però cordiale, e l’Elettrice offrì alla granduchessa Maria Teresa, futura Imperatrice, la possibilità di esibire pub-blicamente alcuni gioielli di Stato, che custodiva personalmente, poi richiesti in restituzione alla fine del soggiorno fiorentino165.

Le gioie della corona medicea, oggetto di espressa attenzione anche nel Patto di famiglia per il loro grandissimo valore, furono forse il motivo dei maggiori attriti tra Anna Maria Luisa, il nuovo granduca ed il Consiglio di Reggenza. La principessa aveva fatto stilare un primo in-ventario delle ‘gioie della sua Casa’ nel 1738, al-legandolo alla Convenzione di famiglia ed integrandolo nel 1741 con altri 50 pezzi di sua personale proprietà (cat. n. 73). Le sue scrupolose disposizioni, tese a mantenere il controllo esclusivo delle gioie dello Stato e a garantire la loro l’inamovibilità da Firenze, non trattennero il granduca France-sco Stefano dal pretenderne la consegna, in due successive occasioni, nel gennaio e nel novembre 1741, invocando urgenti spese di guerra e giungendo quasi all’uso della forza per vincere la ferma resistenza dell’Elettrice. L’episodio provocò la risentita reazione di Anna Maria Luisa e creò scal-pore a Firenze e nelle corti europee166.

Le gioie erano state nelle mire di Francesco Stefano sin dal primo giorno. Solo dopo la morte dell’Elettrice sarà possibile per i Lorena entrare in possesso dei gioielli medicei e di quelli personali della principessa, tutti venduti segretamente tra il 1743 ed il 1750, una volta ottemperata la conse-gna dei numerosi legati prescritti dal testamento, ma in netta violazione del Patto del 1737167.

Gli anni dal 1739 al 1742 videro Anna Maria Luisa de’ Medici fortemente impegnata, anche dal punto di vista economico, nel restauro, nella decorazione e nel completamento del complesso della basilica di San Lorenzo e della Cappella dei Principi. Non è necessario ripercorrere qui i vari mo-menti di questa impresa, oggetto in catalogo anche di altri interventi. È opportuno sottolineare che i grandi cantieri che si susseguirono in San Lorenzo per volontà di Anna Maria Luisa (il restauro strutturale della chiesa e dei suoi sotterranei, la decorazione a fresco della cupola, la costruzione del nuovo campanile (fig. 24), il tentativo di completamento del mausoleo mediceo, a cui si devono aggiungere i progetti, mai realizzati, per una nuova facciata) rappresentarono per Firenze, nei primi anni della Reggenza lorenese, la committenza pubblica forse di maggior rilevanza.

È molto significativa la coincidenza cronologica tra la definizione del Patto di famiglia e l’avvio del nuovo interesse dell’Elettrice Palatina per i lavori in San Lorenzo, concretizzatosi soprattutto a partire dal settembre del 1737. Con una lettera del 3 di quel mese l’Elettrice richiese infatti al papa Clemente xii Corsini, tramite il cardinale fiorentino Gian Antonio Guadagni, di aiutarla a ri-solvere “un’affare che mi da qualche pena”. Come ha messo bene in luce Elena Ciletti, si trattava del dilemma posto ad Anna Maria Luisa dalle prescrizioni testamentarie del padre Cosimo, ancora non ottemperate, circa la restituzione all’uso sacro, nella chiesa di San Lorenzo, delle pale d’altare entrate nella raccolta del gran principe Ferdinando da varie chiese, non solo in Toscana, e raccolte in Palazzo Pitti. La nuova situazione creatasi con la successione dei Lorena sul trono granducale, rendeva estremamente rischioso, agli occhi dell’Elettrice, il trasferimento al di fuori della residenza granducale di quei capolavori della pittura del Cinquecento e del Seicento che facevano ormai parte integrante della collezione che solo alcuni anni prima lei stessa aveva voluto celebrare, ordinando la stampa in volume delle incisioni tratte sin dalla fine del Seicento per iniziativa dello stesso Fer-dinando e poi di Cosimo iii (cat. n. 189). La dispensa papale, giunta rapidamente all’Elettrice già il

Fig. 24 - Ferdinando Ruggieri, Campanile della basilica di san Lorenzo, particolare con l’iscrizione dedicatoria di Anna Maria Luisa de’ Medici

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14 settembre, le consentiva di “derogare alla suddetta Disposizione” e di “lasciare stare i suddetti Quadri, dove si trovano”, e giungeva insieme al consiglio “di Beneficare, con uno de gl’atti ben noti della Sua generosa Pietà, la Chiesa di S. Lorenzo”168. Anna Maria Luisa dette quindi il via al-l’ultima stagione della committenza medicea nella grande fabbrica laurenziana. Quel che mi preme sottolineare è la chiara visione complessiva che domina l’azione dell’Elettrice Palatina, orientata con coerenza a realizzare un progetto che sotto la sua guida riunisce, con la stessa finalità, la salva-guardia del lascito artistico e culturale della sua famiglia (nei modi definiti dal Patto di famiglia) e la celebrazione grandiosa della dinastia nelle mura e sulle pareti della chiesa di San Lorenzo e della Cappella dei Principi, luogo mediceo per eccellenza169.

Il consiglio del Papa Corsini per i lavori in San Lorenzo sottendeva probabilmente l’interesse degli ambienti romani per il completamento della facciata incompiuta della basilica170. L’Elettrice espresse però con chiarezza, le sue intenzioni nel 1739171, affermando di volersi limitare inizialmen-te al restauro della struttura della basilica e degli ambienti sotterranei, finalizzato a rendere sicuro l’edificio in vista della decorazione a fresco della cupola. Era stata questa la sua prima idea, comu-nicata al Priore di San Lorenzo già nell’agosto del 1738172. L’attenzione per i lavori in San Lorenzo da parte del Papa e del cardinal nipote Neri Corsini fu comunque viva, come dimostrano i nomi di alcuni artisti quali Marcus Tuscher, Paolo Posi, Giovanni Paolo Pannini, tutti attivi nelle cerchia corsiniana a Roma, che negli anni successivi vennero segnalati dagli ambienti papali ad Anna Ma-ria Luisa de’ Medici, e da lei invitati a produrre progetti o disegni, per la facciata della chiesa e per la Cappella dei Principi, che però non poterono essere realizzati. I lavori vennero invece affidati a Ferdinando Ruggieri, che già nel dicembre del 1736 aveva ricevuto l’incarico di architetto della cappella granducale, dopo la scomparsa di Giovacchino Fortini. Il Ruggieri venne coadiuvato dal fratello Giuseppe, che lo sostituirà alla sua morte nel 1741. Il rapporto del Ruggieri con Anna Maria Luisa de’ Medici risaliva già agli anni Venti, se l’architetto aveva potuto porsi “sotto gli auspici” della principessa nel frontespizio del suo Studio di Architettura civile, l’importante corpus di rilievi architettonici tratti dalle “fabbriche insigni di Firenze”, pubblicato tra il 1722 ed il 1728173.

L’affresco di Vincenzo Meucci con la Gloria dei Santi fiorentini (figg. 25-27) rappresentò infine l’ultima grande commissione pittorica di Anna Maria Luisa de’ Medici e di tutta la sua dinastia. Per il suo autore sancì la definitiva consacrazione a principale frescante della Firenze del tempo. La notizia di un concorso per l’assegnazione di questo importante incarico, riferita dal Moreni174, non ha trovato conferma, mentre il Richa parla solo di un “nobile concetto in carta che assai piacque alla Principessa”175. Il Meucci era entrato in contatto con l’Elettrice già nel 1727, quando aveva realizzato per la Quiete la tela con la Maddalena penitente (cat. n. 206), mentre i suoi rapporti con la corte, soprattutto in relazione all’attività dell’arazzeria granducale, erano continuati negli anni Trenta176. L’affresco della cupola di San Lorenzo, inaugurato con grande concorso di pubblico il 10 agosto 1742, aprì al Meucci ulteriori possibilità, anche fuori Firenze, che egli colse solo in parte, ad esempio realizzando a Roma per il cardinale Neri Corsini la volta della biblioteca nel palazzo di famiglia alla Lungara, con il Trionfo della Religione sull’Eresia del 1746-1747177. Per quanto il pro-gresso dei lavori all’affresco sia molto ben documentato attraverso i pagamenti della committente, che consentono di seguire nel dettaglio le fasi della preparazione e dell’esecuzione dell’opera178, non abbiamo alcuna notizia del gradimento finale dell’opera da parte dell’Elettrice Palatina, anche se sappiamo che la Principessa aveva visitato costantemente i lavori nella chiesa. L’affresco del Meucci, nella sua piacevole e regolare costruzione di masse colorate e leggere contro uno spazio illusorio aperto e arioso, la cui leggibilità è assicurata da un disegno corretto e lineare di origine bolognese, rappresentava nella Firenze del tempo, nel campo della grande decorazione murale, la linea stilistica vincente, quella più vicina al gusto rococò internazionale, e quindi di maggior suc-cesso (anche se sul piano della qualità artistica era forse superato dalle opere del Ferretti)179. In tal senso l’Elettrice, con l’ultimo grande atto di mecenatismo pubblico mediceo, ha saputo cogliere nel Meucci lo spirito artistico del momento, offrendo ai suoi concittadini fiorentini un’opera à la page e di ampio respiro. Nell’affresco, inoltre, la raffigurazione dell’offerta a Dio, da parte degli angeli, del modello dalla basilica laurenziana secondo il progetto definitivo di Ferdinando Ruggieri (fig. 26) allude al grandioso tentativo in atto da parte della principessa di completare il complesso architettonico, simbolo della famiglia Medici.

Nell’agosto del 1742, al momento dell’inaugurazione del nuovo affresco in San Lorenzo, la salute di Anna Maria Luisa de’ Medici era già minata dalla malattia che, manifestatasi nel 1741, l’avrebbe portata alla morte il 18 febbraio 1743, all’età di quasi settantasei anni180. Nell’autunno del 1742 le sue condizioni si aggravarono sensibilmente. Pur provata e fortemente indebolita, l’Elettrice volle mantenere il più possibile segreto il suo stato181, e conservò sino all’ultimo la lucidità e la presenza di spirito, occupandosi di lasciare in perfetto ordine la sua amministrazione, di chiarire senza incertezze le sue ultime volontà, e di assicurare ai suoi fedeli servitori e cortigiani, con l’istituzione di numerosi vitalizi, la sicurezza economica, prescrivendo però che alla loro morte i legati andassero ad integrare

52  Stefano Casciu

Fig. 25 - Vincenzo Meucci, Gloria dei Santi fiorentini. Firenze, basilica di San Lorenzo, cupola, particolare con la Vergine in gloria

Fig. 26 - Vincenzo Meucci, Gloria dei Santi Fiorentini. Firenze, basilica di San Lorenzo, cupola, particolare con L’offerta del modello della basilica di San Lorenzo completata secondo il progetto di Ferdinando Ruggieri

Fig. 27 - Vincenzo Meucci, Sant’Ambrogio, peduccio della cupola. Firenze, basilica di San Lorenzo

  “Principessa di gran saviezza”. Dal fasto barocco delle corti al patto di famiglia  53

il fondo da lei istituito nel testamento per il com-pletamento della Cappella dei Principi.

La vita di Anna Maria Luisa de’ Medici si chiuse quindi silenziosamente e all’insegna della riservatezza. Nella storia di Firenze il suo nome resterà per sempre legato al ‘gesto magnifico’ che ha determinato il destino del-la città, una sintesi perfettamente efficace di orgoglio dinastico, senso della storia, consa-pevolezza della preziosa unicità di un conte-sto monumentale e culturale profondamente stratificato ed indivisibile, e di acuta capacità di anticipare e di condizionare il corso futuro degli eventi.

Tutti gli atti e le parole dell’Elettrice volti alla definizione della Convenzione di famiglia esprimono una visione saggia e preveggente delle conseguenze, sin nel futuro più lontano, delle sue scelte come ultima rappresentante di quella dinastia che aveva governato Firen-ze per secoli. In questa visione ha un ruolo fondamentale la componente femminile, se si vuole anche materna, che mirava con grande generosità e senso della continuità a trasmet-tere un’eredità vitale. Anna Maria Luisa de’ Medici ha certamente inteso in primo luogo di conservare con orgoglio la memoria della sua famiglia, ma questa volontà, che avrebbe potuto essere riduttiva se limitata ad un gesto di mera alterigia dinastica, esprime una com-prensione ben più profonda e allo stesso tem-po lungimirante della storia fiorentina e delle sue radici, attingendo così a valori universa-li. Per assicurare il ricordo della sua famiglia, infatti, Anna Maria Luisa non immagina una semplice identificazione tra il nome dei Me-dici e il patrimonio d’arte e di cultura con il quale la casata aveva saputo plasmare Firen-ze. Individua invece il nucleo più interno, il

cuore di quella possibilità di memoria, in un gesto del tutto inedito e precorritore, quel vincolo definitivo delle raccolte artistiche e di tutte le ‘rarità’ medicee alla città, che ne fanno la vera ultima erede della casata granducale, individuandola come sua stessa figlia. È una identifica-zione profonda tra i Medici e Firenze, ancora oggi viva. Nello stesso 1737, data del Patto di famiglia, questa unione veniva espressa in termini vibranti anche dal senatore Neri Dragomanni, nel giuramento di fedeltà del Senato fiorentino al nuovo granduca Francesco Stefano di Lorena. Rievocando la dinastia medicea appena giunta al suo termine, il Dragomanni affermava infatti a nome del patriziato fiorentino, e della città stessa: “è parso à ciascuno di noi di restare privi della miglior parte di noi medesimi, poiché essi governavano per noi, e noi governavamo in Loro, e ci amavamo come Concittadini, e come tali gradivano di esser da noi venerati”182. Nelle intenzioni espresse dall’Elettrice Palatina i Lorena, sia pure indicati nel suo testamento come eredi univer-sali del patrimonio mediceo, trovarono nel terzo articolo del Patto di famiglia una limitazione decisiva alla sua piena disponibilità. Come sovrani di quello ‘Stato’ espressamente citato come entità astratta, ne avrebbero certamente goduto il vantaggio diretto del suo ‘ornamento’; ma il ‘pubblico’, la comunità dei cittadini dello stato fiorentino, ne avrebbe tratto un frutto ancor più importante e duraturo, quella ‘utilità’ che si connota come fine ultimo del bene comune, e che può essere condivisa con il mondo intero, con quei ‘forestieri’ ai quali l’Elettrice si rivolgeva con apertura e fiducia, individuando nella loro ‘curiosità’ la possibilità di prosperità e di sviluppo nel tempo per la città intera e per lo stesso Stato. In tal modo Anna Maria Luisa de’ Medici – con la memoria della casa dei Medici – pose al centro dell’identità di Firenze, definitivamente ed indissolubilmente, l’arte, la cultura, la bellezza concetti che ancora oggi rappresentano le chiavi universali di accesso alla città.

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1 Relazione del nunzio apostolico a Firenze Pietro Aloisio Caraffa, cit. da Kühn-SteinhauSen 1939, ed. 1967, p. 157.

2 L’Elettrice Palatina è stata a lungo dimenticata dal-le istituzioni pubbliche fiorentine. Dopo il concorso promosso nel 1946 per un monumento da dedicarle in una piazza della città, e le lunghe vicende della sua esecuzione e della collocazione, per le quali si riman-da al testo di Rosanna Morozzi in catalogo, solo dagli anni novanta del Novecento le meritorie iniziative di Alberto Bruschi hanno suscitato nuova attenzione per l’ultima Medici. Si ricordano in particolare le celebra-zioni promosse da Bruschi nel 1993, con una mostra presso la Loggia Rucellai, e nel 1995 in occasione del-la collocazione della statua di Raffaello Salimbeni al Canto de’ Nelli, presso il campanile di San Lorenzo. In anni più vicini, il Comune di Firenze, su iniziativa dell’assessore alla Valorizzazione delle feste e delle trazioni popolari Eugenio Giani, con la consulenza di Anita Valentini, ha accolto ed ampliato queste inizia-tive private, istituendo a partire dal 18 febbraio 2001, un giorno di celebrazione dedicato ad Anna Maria Luisa de’ Medici (Anna Maria Luisa 2005). Si ricorda inoltre il video In memoria di Anna Maria Luisa de’ Medici Elettrice Palatina, realizzato nel 1999 da Lu-ciana Chiostri.

3 Si veda la scheda in catalogo di Cinzia Profeti (cat. n. 188). Le leggi degli stati italiani preunitari sono con-siderate valide finché non sono sostituite da norme successive. Si ricorda in tal senso la dichiarazione del comitato per il recupero delle opere d’arte asportate da Firenze dopo la seconda guerra mondiale, che an-cora nel 1949 fece riferimento al Patto di famiglia e al Testamento dell’Elettrice come “più che sufficienti e probativi del buon diritto della Città di Firenze e della Toscana a veder mantenuti i valori e i tesori artistici trasmessici dall’ultima rappresentante della famiglia de’ Medici”; Comitato per il recupero 1952, p. 7.

4 Per una rassegna aggiornata degli studi sul collezioni-smo mediceo si rimanda a Fumagalli 2001. Per il col-lezionismo di Vittoria della Rovere si veda il recente saggio di Semenza 2006.

5 “Principessa di gran saviezza” è definita Anna Maria Luisa negli Annali del Muratori (1743, ed. 1976, ii, p. 436).

6 La studiosa tedesca Hermine Kühn-Steinhausen si è dedicata negli anni Trenta del Novecento alla ricostru-zione della biografia di Anna Maria Luisa de’ Medici, fondando le sue ricerche sulla lettura approfondita della corrispondenza dell’Elettrice e di molte altre fonti d’archivio, conservate nell’Archivio di Stato di Firenze ed in altri archivi in Italia e in Germania. La sua biografia dedicata all’Elettrice Palatina, edita nel 1939 e tradotta in italiano nel 1967, è ancora oggi un riferimento imprescindibile. La Kühn-Steinhausen ha licenziato anche altri studi specifici su argomenti rela-tivi ai due Elettori Palatini e alla corte di Düsseldorf. Inoltre, nel 1988 la città di Düsseldorf ha dedicato ad Anna Maria Luisa de’ Medici una mostra, nel cui catalogo sono confluiti molti studi specifici relativi alla storia, alla società, all’arte e alla cultura a Düssel-dorf al tempo del regno dei due Elettori (DüSSelDorF 1988).

7 Anne Marie-Louise d’Orléans, figlia della Duchessa di Montpensier, è nota nella storia francese come la Gran-de mademoiselle, e le sue memorie hanno un posto di

rilievo nella letteratura francese. Per questo interessan-te personaggio si veda Benedetta Craveri, La civiltà della conversazione, Milano 2001, pp. 195-242.

8 Per la figura e le vicende di Marguerite-Louise d’Or-léans non si può non far riferimento al saggio storico di acton 1932, e al romanzo di Anna Banti, La cami-cia bruciata, 1973.

9 Per la villa del Poggio Imperiale all’epoca dell’in-fanzia di Anna Maria Luisa cfr. Bohr 1994; Spinelli 1997, pp. 156-157.

10 La corrispondenza degli anni dal 1691 al 1711 tra Anna Maria Luisa e lo zio cardinale Francesco Maria è fonte di molte notizie ed è soprattutto testimonian-za di un rapporto intimo e profondo. Conservata tra le carte dell’Archivio di Stato di Firenze, nel fondo Mediceo del Principato, è stata pubblicata, sia pure parzialmente, da Kühn-SteinhauSen 1938. Qualche brano è ripreso anche in caSciu 1993.

11 L. Goldenberg Stoppato, in Firenze 2006b, p. 62, n. 22. 12 chiarini 1976a, p. 333; L. Goldenberg Stoppato in

Firenze 2003, p. 166, n. 96.13 Relazione del 1684 cit. in Kühn-SteinhauSen 1939 ed.

1967, p. 22.14 Kühn-SteinhauSen 1939, ed. 1967, pp. 24-28.15 Si vedano roBiony 1905; Diaz 1976; verga 1999a.16 La fonte principale per la cronaca di quei giorni è il

Diario fiorentino del Settimanni, conservato all’Ar-chivio di Stato di Firenze, vol. xiii, parte i, cc. 283 e ss. Un’ampia trascrizione delle pagine del Diario è in Kühn-SteinhauSen 1939 ed. 1967, pp. 40 e ss.

17 horn 1988, p. 106.18 DüSSelDorF 1971, pp. 24-26; rümmler 1988.19 Per Grupello vedi Kultermann 1968; DüSSelDorF

1971.20 Per gli artisti alla corte di Düsseldorf si vedano le-

vin 1905, 1906, 1911; DüSSelDorF 1958; DüSSelDorF 1971; Baumgärtel 2005, p. 11.

21 Per questi aspetti della vita di corte cfr. Kühn-SteinhauSen 1939a. Per l’ambiente musicale della corte elettorale, vedi horn 1988. Ad Anna Maria Luisa si deve la costruzione della nuova opera (1694-1695), che la principessa finanziò completamente. Tra i compositori al servizio degli Elettori il principale fu Agostino Steffani (1654-1728), negli anni tra il 1703 ed il 1709. Un altro italiano, Sebastiano Moratelli, fu a lungo Kappellmeister, mentre molte opere per la corte furono composte da Hugo Wilderer, con i libret-ti di Giorgio Maria Rapparini. Tra gli illustri visitatori della corte vi furono Georg Friedrich Händel (1710) e Arcangelo Corelli, che dedicò all’Elettore i Concerti grossi op. 6.

22 La corrispondenza è stata pubblicata da Sani 1985.23 Per le opere di Weenix per Bensberg cfr. eiKemeier

1978b.24 A tal proposito si veda Bonn 1989; hannover-DüS-

SelDorF 1991-1992, pp. 60-80. Il ciclo è commentato in catalogo da Fabrizio Magani.

25 Sani 1985, p. 121.26 Sani 1985, pp. 241 e 244.27 Monaco, Alte Pinakothek, inv. 324. Vedi cat. n. 146.28 Le tappe essenziali della formazione della collezione

elettorale e la rete di rapporti e di agenti che l’Elettore mise in campo a tal fine in tutta Europa, sono oggetto del saggio di Susan Tipton, al quale si rimanda.

29 Si veda ad esempio hemFort 1988.30 Le collezioni di Johann Wilhelm, con quelle dei suoi

successori, furono trasferite nelle raccolte bavaresi, per ragioni dinastiche, tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento.

31 Per la devozione alla Santa nell’ambito della dinastia medicea vedi Fantoni 1994, p. 206

32 Kühn-SteinhauSen 1939, ed. 1967, pp. 77-78, sul-la base della corrispondenza con Francesco Maria e Cosimo iii.

33 Tavola cm 42,2 × 30,5, City Museum and Art Gallery, Gloucester. Cfr. GaehtgenS 1987 pp. 354-355; Bir-mingham 1989, p. 120; lonDra 1999, pp. 18, 206 (con bibliografia).

34 ASF, MdP 6309, c. 239, lettera di Anna Maria Luisa all’inviato toscano a Parigi Giulio Franchini Taviani, 26 aprile 1739.

35 caSciu 2003, pp. 51-52.36 A questi scambi ha dedicato uno primo studio, incen-

trato principalmente sulle sculture, lanKheit 1956. Vedi anche lanKheit 1962, hemFort 1988.

37 Per l’opera, oggi nella Alte Pinakothek di Monaco, inv. 890, cfr. FreeDBerg 1984, pp. 201-206. La lette-ra con la quale Johann Wilhelm ringrazia Francesco Maria è del 18 agosto 1691: “La mia adoratissima e amatissima Signora Elettrice mi ha fatto vedere dal-la humanissima carta dell’Altezza Vostra con quanta bontà e generosità ella si sia degnata all’interporsi alla Sacra Congregazione per ottenere la bramata licenza di poter godere nella mia Galleria del famoso quadro di Rubens rappresentante l’Estremo Giudizio, il quale veramente a questi bravi Padri che vi dicono la messa et alla gioventù che viene per ascoltarla (benché non vi sia cosa indegna) a loro proprio dire causa qualche speculatione non troppo divota, per non dir come loro qualche scandalo…”; e l’Elettrice aggiunse di sua mano “Questo vuol dire essere di coscienza delicata” (ASF, MdP 5828).

38 Ambedue le opere sono oggi nella Alte Pinakothek di Monaco di Baviera (inv. 476 e 501). L’uscita dei dipinti dalla Guardaroba medicea è puntualmente re-gistrata in ASF, GM 1027, c. 35r e ASF, GM 1026, c. 47r-v, con la loro dettagliata descrizione, che ne consente la sicura identificazione (in particolare per il dipinto di Andrea del Sarto, descritto come “ la Mad.a SS.ma a sedere con Nostro S.re in collo, S.ta Elisa-betta, S. Giovanni con un Angelo ritto”), e con l’indi-cazione della destinazione. Le cornici vennero sosti-tuite per l’occasione, in particolare quella originale ‘a frontespizio’della Sacra Famiglia Canigiani, con una in ebano e rame dorato. Sul collezionismo mediceo di opere di Andrea del Sarto e di Raffaello si vedano le osservazioni di Fumagalli 2001, pp. 248-252, oltre che i cataloghi delle mostre fiorentine dedicate ai due artisti, Firenze 1984 e Firenze 1986a.

39 Nel caso del dipinto di Andrea del Sarto, databile al 1515-1516, la critica è incerta circa la sua identificazio-ne con l’opera che il Vasari ricorda eseguita per Giovan Battista Puccini, che per alcuni è da riconoscere nel-la versione del dipinto oggi al Louvre. Cfr. Shearman 1965, ii, pp. 222-225, n. 36. natali-cecchi 1989, p. 64; Béguin 1989, p. 4; natali 1998, pp. 97-99.

40 Dell’arrivo di questi doni a Düsseldorf possediamo una registrazione quasi in diretta grazie alla relazione che l’inviato toscano Tommaso del Bene, allora pre-

  “Principessa di gran saviezza”. Dal fasto barocco delle corti al patto di famiglia  55

sente alla corte elettorale, indirizzò al Granduca il 30 novembre del 1697: “[L’Elettore] mi esagerò la Bel-lezza de i dui quadri di Andrea e di Raffaello, e che non poteva ricevere regali né più belli né più graditi e disiderati da lui, che questi dua fattili da S. A. Reale e mi lodò da appresso i regali fatti alla Serenissima del Bel quadro e de’ Letti, ammirandone il lavoro, e mi disse che la Serenissima stimava più il suo quadro con quel ricco ornamento, che i quadri di Raffaello e di Andrea, e fece celia alla Serenissima che non se n’intendeva e la Serenissima gli disse tenetevi i due, che io mi terrò i mia” (ASF, MdP 2669).

41 Come testimonia una lettera del 20 gennaio 1714 di Jacopo Niccolò Guiducci a Cosimo iii “[L’Elettore] si degnò dirmi che la di lui Galleria aveva di più bello ciò che l’A. V. R.le gli aveva regalato, e che sperava di renderla più preziosa ancora con li due quadri del Baroccio, e del Domenichino che intendeva esserli destinati dalla R.le A. V.ra.” (ASF, MM 92, ins. 1, c. 25r). Vedi anche il testo di Susan Tipton.

42 Del dono di questo dipinto del Domenichino riferisce anche il pelli Bencivenni 1779, i, p. 208-210 e ii, p. 40. Cfr. Borea 1965, pp. 180-181 e Borea 1975, p. 120.

43 Tutte le opere sono oggi a Monaco, Alte Pinakothek, inv. 494 (Barocci), 466 (Domenichino), 2261 (Lan-franco). La documentazione d’archivio relativa al-l’uscita delle opere dalla guardaroba medicea è in ASF, GM 1172, c. 243r (6 Novembre 1713, Barocci); GM 1171, c. 286 e GM 1201, cc. 52v-53r (13 agosto 1714, Lanfranco e Domenichino).

44 viSonà 1976, pp. 57-69; Spinelli 1994, pp. 28-32; Delli 1998.

45 I gruppi con Apollo e Marsia e Venere e Adone si tro-vano oggi al Bayerisches Nationalmuseum di Monaco (Inv. n. R3233 e R 3237) una versione del gruppo con Ercole e Jole, forse quella già a Düsseldorf, è al Victo-ria and Albert Museum di Londra. I gruppi sono cita-ti nella galleria elettorale da KarSch [1719], n. 17 e van gool 1750-1751a, p. 55. Vedi Weihrauch 1956, n. 222; lanKheit 1956, p. 192; lanKheit 1962, pp. 80-81, 83-84; J. Montagu, in Firenze-Detroit 1974, p. 60, cat. 24, p. 64, cat. 27; DüSSelDorF 1988, p. 243, cat. F2 e F3; D. Zikos, in vienna 2005, pp. 438, 446.

46 La lettera dell’Elettore, resa nota da Levin 1906, p. 179, è rimasta a lungo ignorata dagli studi rubensia-ni. Già Leopoldo e poi Cosimo ii avevano inutilmente tentato di acquisire gli autoritratti dei maestri fiam-minghi. Per l’Autoritratto di Rubens vedi Firenze 1977, p. 202 (che propone una datazione al 1628 ca); vlieghe 1987, pp. 151-152 (che riprende invece l’ipo-tesi di Oldenburg e di Jaffé per una datazione vicina al 1615); langeDijK 1992, pp. 161-162, con bibliografia. Per le altre opere vedi le schede in catalogo.

47 Per i due dipinti vedi anche van gool, 1751, pp. 215-216, che riporta anche una poesia dedicatoria ispirata alle due opere.

48 È stata però proposta anche una diversa provenienza di quest’opera nelle raccolte fiorentine.

49 FrieDrichS 1984.50 Baumgärtel 2005, p. 11.51 I gabinetti dell’Elettore sono descritti da van gool

1751, pp. 558-566. Per le tavole illustrative si veda in catalogo il testo di Susan Tipton.

52 Strocchi 1975, 1976, pp. 19-20. Ad un primo arrivo di opere nel 1705, in numero non precisato e senza in-

dicazione degli autori (ad eccezione di Rubens), e che furono forse portate da Giovan Francesco Cassioni, in visita a Firenze proprio nell’estate di quell’anno, ne seguì un secondo nel 1708, che comprendeva sei di-pinti, più due ritratti (non identificati) che Ferdinando consegnò al padre Cosimo. Nel luglio del 1709 Fer-dinando ringrazia l’Elettore per un dipinto di David Vinckboons (l’unico tra tutti quelli qui ricordati del quale viene citato col nome dell’autore, e che è stato quindi identificato con certezza nel Paesaggio inver-nale, su rame, oggi nei depositi di Palazzo Pitti, inv. 1890, n. 1184, del quale è discussa però l’attribuzione. Cfr. Firenze 1977, p. 345; M. Chiarini, in Gli Uffizi 1979, ed. 1980, p. 590, n. P1889).

53 ASF, MdP 5898, c. 20. Cit. in Strocchi 1975, 1976.54 ASF, MdP 5898, c. 5, Ibidem. 55 lanKheit 1962, pp. 202-203; per il van der Werff cfr.

GaehtgenS 1987.56 van gool 1750-1751a, p. 542; De pigage 1779, tav.

xiv.57 ziKoS 2005a, p. 19.58 I due orologi sono stati pubblicati da gonzález-pala-

cioS l986, pp. 45-46. Il secondo orologio eseguito per lei a Firenze nel 1713 è oggi nella Residenz di Mona-co: Dreyer 1976, p. 208, nota 3; gonzález-palacioS 1986, p. 46.

59 ASF, MM 92, ins. 1, cc. 20r-21v lettera del 14 gennaio 1714.

60 Le carte dell’amministrazione tedesca di Anna Maria Luisa per gli anni dal 1691 al 1716 furono portate a Firenze nel 1717, e sono oggi conservate nell’Archivio di Stato di Firenze, nel fondo Miscellanea Medicea.

61 engelBrecht 1988, p. 128; HemFort 1988, p. 78.62 ASF, MdP 5835, lettera del 32 maggio 1697.63 ASF, MM 639-640, passim. Il Guiducci, che abbia-

mo già ricordato, li visitò nel 1714: “[L’Elettrice] mi fece condurre da un Giovane di Guardaroba ne’ suoi Gabinetti, li quali veramente sono specchi veri del buon gusto, e della grandezza dell’animo della Ser.ma Elettrice, vedendovisi una simmetria così bella, ed una grazia, che fanno spiccare il gusto italiano sopra d’ogn’altro” (ASF, MM 92, ins. i, cc. 26r-v, 20 gen-naio 1714).

64 L’incontro dell’Elettrice con l’Imperatore Carlo vi è riferito dal marchese Carlo Rinuccini, inviato tosca-no, in una lunga lettera a Cosimo iii, da Francoforte, del 12 gennaio 1711 (ASF, MdP 2713 cc. 27-34).

65 Il testo del decreto è in ASF, Trattati internazionali 50. Per un inquadramento storico di questo momento cruciale della politica toscana si rimanda al saggio di Marcello Verga.

66 Il nuovo Elettore rimandava il trasferimento della corte in attesa che fosse definito il trattamento dovuto alla vedova, stabilito nei dettagli nei patti matrimo-niali del 1691 e nelle successive integrazioni volute dall’Elettore. Non solo si voleva procrastinare la re-stituzione della dote, ma era in discussione il notevole aumento del vedovile a 300.000 talleri l’anno, vo-lontà espressa da Johann Wilhelm in punto di morte, ma non trascritta. Da Firenze il granduca Cosimo iii inviò immediatamente suoi rappresentanti a Düssel-dorf (il luogotenente fiscale Sigismondo Landini, in-caricato di assistere con delicatezza la principessa) e soprattutto a Neuburg, dove si recarono i per definire con il nuovo Elettore Palatino Carl Philipp, fratello

di Johann Wilhelm, il futuro trattamento economico dell’Elettrice Palatina, che infine fu concordato con soddisfazione reciproca. I carteggi con Cosimo iii, che spesso riportano codici numerici segreti per la riserva-tezza degli argomenti trattati, sono conservati in ASF, MdP 6304 (Landini) e 6303 e 6321 (Rinuccini).

67 Per il testo dei patti matrimoniali vedi ASF, MM 2, ins. 7, cc. 6r-v.

68 A tal proposito è illuminante la corrispondenza tra l’auditore fiscale mediceo Sigismondo Landini e il marchese Neri Guadagni, inviato col marchese Carlo Rinuccini alla corte elettorale a Neuburg per concor-dare la restituzione della dote ed il trattamento vedo-vile. Vedi anche Kühn-SteinhauSen 1939, ed. 1967, pp. 134-136.

69 Kühn-SteinhauSen 1939, ed. 1967, pp. 139-154.70 ASF, Trattati internazionali 43.71 grottanelli 1887, pp. 58-60; acton 1932 ed 1987,

pp. 270-273; roBiony, 1905 pp. 298-299; panzini 1981. Su Violante di Baviera si vedano gli interventi al recente convegno Le donne Medici nel sistema eu-ropeo delle corti (secoli xvi-xviii), Firenze, 6-8 otto-bre 2005, Archivio di Stato di Firenze, tra i quali M. D’Amelia, La ricerca della gloria: il ritratto segreto di Violante Beatrice di Baviera, e A. Savelli, Violante Beatrice di Baviera. Governatrice della città e stato di Siena: un mito condiviso (atti in corso di stampa a cura di G. Calvi e R. Spinelli).

72 Per gli interventi ottocenteschi in quest’area di Palaz-zo Pitti vedi BalDini giuSti 1982; L. Baldini Giusti, in Palazzo Pitti 2000, pp. 156-177; P. G. Tordella, in Firenze 2003, p. 591.

73 L’inventario è in ASF, MM 600 (già 991), ma è noto anche in altre copie. Venne stilato alla presenza di vari testimoni tra i quali Jacopo Niccolò Guiducci, ammi-nistratore dell’Elettrice, ed alcuni funzionari lorenesi.

74 I conti della corte fiorentina dell’Elettrice coprono con regolarità il periodo che va dal 26 ottobre 1717 al 18 febbraio 1743, con l’unica lacuna per l’anno 1740. Si conservano nell’Archivio di Stato di Firenze, fondo Depositeria Generale.

75 ASF, GM App. 94, cc. 279v-316.76 BNCF, ms. ii, i, 284; L. Baldini Giusti, in Palazzo

Pitti 2000, pp. 79-81; Bertelli 2002, pp. 77-92. La ricostruzione dell’appartamento proposta dalla Kühn-Steinhausen (1939, ed. 1967, pp. 157-162) è inesatta.

77 La scala collegava tutti i piani del palazzo ed è andata distrutta con la costruzione dello scalone detto del Poc-cianti. Cfr. F. Facchinetti, in Palazzo Pitti 2000, p. 33.

78 M. Chiarini, in Palazzo Pitti 2000, pp. 54-56.79 P. Tordella, in Firenze 2003, p. 591, con bibliografia.80 Si veda il testo di Francesco Morena.81 r. roani, in Firenze 2003, p. 570, con bibliografia.82 I pagamenti al Foggini per le inferriate e al doratore

Niccolò Casetti per le scarabattole si trovano in ASF, DG, 451bis (31 gennaio e 14 novembre 1720). Sul-l’attività di architetto del Foggini in questi anni per la corte e per altri committenti, caratterizzata da for-me e decorazioni orientate al rococò, vedi Spinelli 2003 pp. 314-325, 353. Negli stessi anni l’Elettrice è coinvolta nelle fasi iniziali della nuova costruzione del Convento della Visitazione a Massa Cozzile, pro-gettato dal Foggini, come risulta dalla corrispondenza della principessa con le monache di Pescia negli anni

56  Stefano Casciu

1720-1722 (ASF, MdP 6325-27 passim) e da paga-menti all’architetto e al figlio Vincenzo (ASF, DG 457, maggio 1722).

83 Cfr. gonzáleS-palacioS 1996, p. 16, che ha segnala-to la descrizione dell’appartamento dell’Elettrice da parte della Contessa di Pomfret, in visita a Firenze nel luglio 1740.

84 colle 1996, p. 82. Sono registrati per l’appartamento, da parte dell’Elettrice, solo minori interventi deco-rativi, consistenti in quadrature realizzate dai pittori Giuseppe Tonelli e Niccolò Pintucci, documentate nel 1725 ma oggi del tutto scomparse (ASF, Fabbriche Medicee 83, cc. non numerate a 28 aprile 1725; genti-le comunicazione di Sandro Bellesi).

85 ASF, MdP 5837, lettera a Francesco Maria dell’11 giugno 1699; “Io armeggio ancora con i gabinetti et il Ducato di Noiburgo me n’à ornato uno avendoci donato un lettino da riposo in Argento, una tavola, un par di torcieri, un braciere, due sedie e due tambu-retti, tutto molto bello.”; ASF, MdP 5855, lettera allo stesso del 30 novembre 1708: “Le dò nuova che il nostro nuovo paese ritornato [il Palatinato superiore] m’à donato una lumiera d’Argento, dodici ventole, un par d’Arali e due Spere da Gabinetto, fò conto però che questa mia inclinazione finirà presto perché le stanze sono assai provviste, allora si tornerà alle Gioie, che tengono meno posto”.

86 KreiSler 1970, pp. 127-131; HooS 1985.87 Heppe 1988.88 Per una rassegna degli arredi di produzione tedesca

ancora conservati si veda KeiSler 1970, pp. 127-131.89 Le tavole della sala dell’udienza furono ad esempio

‘accresciute’ da Cosimo Merlini nel 1720 (ASF, DG 451bis, c. 196).

90 I pagamenti al Merlini e allo Holzmann per lavori in argento – oltre ai mobili, anche cibori, reliquiari, vasi – si susseguono con regolarità dal 1718 al 1730 (ASF, DG 451bis, 458-463).

91 Per Merlini e Holzmann, e le relazione al Foggini, si vedano lanKheit 1962; narDinocchi 1992, pp. 160-161, con bibliografia precedente; mazzanti 1992, pp. 206-207, 214-215, 418, 426 con bibliografia pre-cedente.

92 Documenti in ASF, DG 451bis, 6 giugno 1720 e DG 457, 30 novembre 1721.

93 A Firenze ricevettero tali arredi i Rinuccini, i Serri-stori, i Medici agnati, i Gerini, i Bardi, i Guadagni, i Covoni; in Germania soprattutto il nuovo Elettore Palatino Karl Philipp. I mobili provenienti da Firenze sono registrati negli inventari della residenza di Man-nheim posteriori al 1743, ma sono oggi perduti; HooS 1985, pp. 44-45.

94 colle 1996, p. 63, note 23 e 24.95 KeiSler 1970, pp. 131, 384, fig. 342; heppe 1988, p. 13.96 La cornice è ricordata, per la sua bellezza, dal resi-

dente inglese a Firenze, Horace Mann, in un lette-ra del 1743 nella quale comunica in patria la morte dell’Elettrice. Cfr. Walpole-mann, 1740-1756, ed. 1954-1971, xviii, p. 171.

97 Gli studi sulla serie dei bronzi dell’Elettrice Palatina sono ormai consolidati da tempo. Dopo le aperture di Klaus Lankheit (1962) e gli studi fondamentali di Jen-nifer Montagu (in Firenze-Detroit 1974, e 1976), mi è stato possibile individuare i pagamenti agli scultori

coinvolti nell’impresa (caSciu 1986), che recente-mente è stata nuovamente analizzata nel suo insieme da Dimitrios Zikos (2005), anche con nuovi apporti documentari.

98 maFFioli 2005.99 Nella recente mostra Baroque luxury porcelain, orga-

nizzata dal Museum Liechtenstein di Vienna (vienna 2005), alcuni gruppi della serie dell’Elettrice Palatina sono stati studiati, insieme ad altri bronzi fiorentini dello stesso periodo, in relazione alle versioni che ne furono tratte in porcellana di Doccia. Per questo tema di grande interesse, che non può essere affrontato in questa sede, si rimanda al catalogo della mostra viennese ed in parti-colare al saggio di Winter 2005 e alle schede relative ai gruppi dell’Elettrice, nn. 287-88, 320-321, 322.

100 roani 2006, pp. 44-45.101 LanKheit 1962, montagu 1976.102 ziKoS 2005a.103 ziKoS 2005a, p. 19. Per i reliquiari medicei, oggi nel

museo delle Cappelle medicee, cfr. narDinocchi 1995 con bibliografia precedente.

104 Jennifer Montagu (1976, p. 126) aveva rinunciato ad individuare un programma nella successione dei do-dici soggetti sacri, posizione condivisa da Dimitrios Zikos (2005, p. 35).

105 Il tema è stato proposto da maFFioli 2005, pp. 205-207; ed accennato anche da ziKoS 2005a, p. 36.

106 Kuhn-SteinhauSen 1939, ed. 1967, p. 35.107 La capacità oratoria e quella di guida spirituale del

Giacomini è ricordata dal Guiducci nella sua visita alla corte eletorale: “Fui à riverire il Padre Giacomi-ni, che trovai con ottima salute, e già avevo sentito alcuni de’ suoi Discorsi nella Cappella del Palazzo la settimana passata che fece in forma di meditazioni, come si pratica negli Esercizi” (ASF, MM 92, ins. 2, cc. 15r, lettera a Cosimo iii del 10 ottobre 1713).

108 Sulla biblioteca dell’Elettrice in Germania cfr. Kel-SczWeSKi 1988, pp. 117-122, 251. Nella Galleria Pala-tina si conserva un ritratto di Andrea Pozzo del Pina-monti, che fu compagno del Segneri e per un periodo anche confessore di Cosimo iii, cfr. S. Casciu, in La Galleria Palatina 2003, p. 304.

109 Kühn-SteinhauSen 1939 ed. 1967, pp. 109-114.110 A questo argomento, sviluppato da maFFioli, 2005,

pp. 205-207, accenna anche ziKoS 2005a, pp. 35-36.111 Sull’argomento si vedano i mie precedenti contributi

(caSciu 1986, 1990, 1997, 2003). Per la storia della Quiete si rimanda ai saggi raccolti nel volume Villa la Quiete 1997. Su rapporti della dinastia medicea con la fondatrice Eleonora Ramirez di Montalvo, vedi Fan-toni 1994, p. 205.

112 Per le fasi costruttive nella villa si veda il saggio di corSani 1997, pp. 9-14. Per il giardino vedi in parti-colare CaSciu 1997a con bibliografia precedente.

113 galletti 1992, p. 191. Non abbiamo notizie sul nome del progettista del giardino, che possiamo ipotizzare sia stato Pietro Paolo Giovannozzi (1658-1734), architetto che troviamo attivo alla Quiete sin dal 1711 e con regolarità negli anni seguenti e che fu in stretta relazione anche con la famiglia Rinuccini, per la quale diresse i lavori di ristrutturazione del pa-lazzo di Santo Spirito (romBy 2003; oreFice 2003; Farneti 2003, pp. 341-345).

114 Spinelli 1995a, pp. 173-197; corSani 1997, p. 9; ca-

Sciu 1997a; gregori 1998, p. 172; BelleSi 2006, pp. 57-61.

115 caSciu 1986, 1990. Una significativa selezione di queste opere, individuate grazie al ritrovamento dei pagamenti agli artisti nei conti di camera della prin-cipessa, è illustrata nella sezione conclusiva di questo catalogo.

116 Cinque Misteri del Rosario sono commissionati al Sa-grestani nel 1727 (ASF, DG 460, 10 maggio), l’Ange-lo custode nel 1728 (ASF, DG 461, 28 settembre). Le opere non sono ancora state rintracciate. Per le opere del Cinqui cfr. Spinelli 1994, pp. 31-32. Per il Sode-rini vedi le schede di L. Leonelli in catalogo (cat. nn. 213, 214).

117 Per le opere del Bonechi, Del Pace, Pillori, Mazzi e Soderini si rimanda alle schede in catalogo. Per gli altri artisti vedi caSciu 1990 e 1997.

118 Anche per questi artisti si rimanda alle schede in cata-logo e a caSciu 1990.

119 Il tema gesuitico nelle opere commissionate dal-l’Elettrice per la Quiete è sviluppato da Mirella Branca nel suo testo in catalogo. Riccardo Spinelli (1994, p. 31 nota 98) ha dato per alcune opere del-la Quiete anche una interpretazione legata alla spi-ritualità degli Alcantarini, introdotti in Toscana da Cosimo iii.

120 Nell’ormai amplissima bibliografia sulla pittura e la scultura a Firenze tra Sei e Settecento, pur senza di-menticare le ricerche ormai storiche (lanKheit 1962; gregori 1965; la mostra Firenze-Detroit 1974; ru-Dolph 1972, 1973 e 1974; i saggi in Kunst des Ba-rock 1976), non si può se non limitare il rimando ai contributi generali più recenti, tutti con bibliografia precedente: chiarini 1990; le biografie di S. Meloni Trkulja in La Pittura in Italia 1990; Repertorio della scultura 1993; gregori 1998; i saggi in Le arti in Toscana. Il Seicento 2001; roani 2006. Per l’archi-tettura si vedano in particolare guerra 2000; romBy 2003, Spinelli 2003, con bibliografia. È inoltre di recentissima uscita il volume dedicato al Settecento toscano Le arti in Toscana. Il Settecento 2006.

121 Per la produzione del Sacconi vedi caSciu 2003.122 Nel 1732 Francesco Soderini dipinge a spese del-

l’Elettrice un’Ultima Cena per i Francescani riformati di Porta a Pinti (ASF, DG 464, 9 luglio 1732); il Betti affresca nel 1733 nel convento della Cappuccine di Sant’Onofrio (un San Francesco in estasi e un Noli me tangere, ASF, DG 465, 3 e 5 luglio 1733); il Pillori esegue una pala per i Cappuccini di Livorno nel 1736 (ASF, DG 467, 14 luglio 1736).

123 Per questi acquisti si veda caSciu 2004, e le schede in catalogo.

124 Tra questi il Ciarlatano del Mieris, la Natività del van der Werff, il Compianto dello Schalcken (cat. nn. 50, 70, 68) (ASF, GM 1350, c. 95r e ASF, GM 288 Inserto 2, 6 agosto 1732). A questi dipinti fa riferimento il pelli Bencivenni (1779, i, pp. 384) quando riferisce del contributo dell’Elettrice alla Galleria degli Uffi-zi, consistente in “una quantità di preziosi quadri di scuola fiamminga”, includendo tra essi anche i doni da Düsseldorf alla corte medicea.

125 ASF, GM 1451 c. 92r (14 settembre 1736).126 ASF, GM 1452, c. 63r (29 ottobre 1737).127 ASF, Misc. Finanze A 285, ins. 4 (22 settembre 1735).128 Si vedano le schede (cat. nn. 99-102).

  “Principessa di gran saviezza”. Dal fasto barocco delle corti al patto di famiglia  57

129 SzeiKlieS-WeBer 1992.130 pelli Bencivenni 1779, i, p. 285. Il bozzetto si trova

a Toronto, Royal Ontario Museum, inv. 989.28.1. Cfr. maSer 1976, pp, 385-386, BalDaSSari 2002, p. 168.

131 Fileti mazza, tomaSello 1996, pp. 8-9, doc. 7, 26 febbraio 1738. La stanza nella quale erano collocate le collezioni di medaglie e di gemme era conosciuta come la ‘stanza dell’Elettrice’ e venne destinata ad Antonio Cocchi per la stesura degli inventario delle medaglie.

132 Per queste imprese si vedano cat. nn. 189, 197. Per la serie dello Haelwegh cfr. langeDijK, 1981-1987, i, pp. 213-1215; iii, 1987, pp. 1558-1572; meloni trKulja 1983a, pp. 93-94.

133 Per un ampio panorama sul contesto culturale fioren-tino della prima metà del Settecento, oggetto ormai di molteplici studi, si vedano da ultimo i saggi dedicati a Firenze riuniti nel volume Naples, Rome, Florence 2005, ed in particolare Boutier, paoli 2005, Boutier 2005, Donato-verga 2005, con bibliografia.

134 Per la posizione del Bartolommei a Vienna nelle trat-tative per la Convenzione di Famiglia cfr. aglietti 2004, pp. 265-266.

135 Carlo Rinuccini fu Segretario di Stato del governo di Cosimo iii e di Gian Gastone e successivamente membro del Consiglio di Reggenza lorenese. Per la famiglia Rinuccini aiazzi 1840; per la collezione di famiglia pini, milaneSi 1852; per le dimore in città e in campagna vedi oreFice 2003, marcheSi 2003. È in preparazione uno studio più ampio sul palazzo e sulla collezione Rinuccini, a cura di R. Foggi e C. Profeti.

136 Per giudizi politici su Rinuccini si veda da ultimo aglietti 2004, pp. 304-305 e note 191-193.

137 Sono fonte di importanti informazioni le sue lettere e le relazioni a Cosimo iii nelle sue missioni diplomati-che in Germania e in Olanda (in particolare ASF, MdP 1145 e MdP 2713).

138 Donato-verga 2005.139 Mannelli goggioli 2000. Una visita dell’Elettrice

Palatina alla Biblioteca Magliabechiana appena rin-novata è registrata nel 1736 nelle memorie di Anton Francesco Marmi (manoscritto in collezione Alberto Bruschi).

140 Per il Cocchi Fileti mazza, tomaSello 1996.141 ASF, MM 595, ins. 3.142 Il testamento è conservato in numerose copie nell’Ar-

chivio di Stato di Firenze (ad esempio ASF, Trattati internazionali 62/1-10), oltre che nell’archivio vien-nese ed in altri archivi italiani (ad esempio a Napoli). La pubblicazione integrale del testo del Testamento, in concomitanza con questa mostra, è stata curata da Anita Valentini.

143 Per Neri Corsini alloiSi 1984; verga 1990; Kieven 1998; Kieven 2000; Donato 2002; Donato-verga 2005.

144 galluzzi 1781; caFFiero 1983; Donato-verga 2005, pp. 552-553.

145 Sul Museo Capitolino FranceSchini 1993, Kieven 1998, Donato, verga 2005, p. 563.

146 Su questi temi vedi soprattutto Donato 2002 e Dona-to-verga 2005.

147 Il testo completo della Convenzione è pubblicato in ZoBi 1860, pp. 7-11.

148 Cit. da aglietti 2004, nota 190. 149 Cioè i beni propri della famiglia, liberi dai vincoli feu-

dali.150 aglietti 2004, pp. 310-313 per le trattative finali sul

Patto, legate alla promessa della Reggenza all’Elettri-ce da parte di Francesco Stefano per forzarla ad accet-tare le condizioni volute dai Lorena, con riferimenti a documenti dell’archivio di Vienna, e per l’importante peso della Spagna e dei Borbone nelle questioni della Convenzione.

151 Il pagamento ai tre pittori “per essere stati per lo spa-zio di cinque mattinate a riconoscere e visitare la Qua-dreria ritrovata nell’Eredità del Ser.mo Gran Duca”è registrato in ASF, DG 470, 2 settembre 1737.

152 ASF, MdP 6346, c. 495. In un giornale di guardaroba del 1742 si fa riferimento ad una lista di inventari rela-tivi a ben 996 quadri dall’eredità di Gian Gastone, che in quella data sono mandati per lo più nelle diverse ville medicee, ed in parte nel Palazzo della Crocetta dove risiedeva il Principe di Craon; ASF, GM App. 27 cc. 149v-150v.

153 ASF, MM 595, ins. 3.154 ASF, MdP 6346, c. 667.155 ASF, MdP 6346, c. 30.156 ASF, MdP 6346, cc. 20 e 672. Il senatore Vincenzo

Riccardi (1704-1752), Guardaroba Maggiore, fu Ac-cademico della Crusca dal 1737 (malanima 1977).

157 Per l’argomento, che esula dai limiti di questo saggio, si rimanda a meloni trKulja 1981; Barocchi 1983; Barocchi-gaeta Bertelà 1991; Fileti mazza-toma-Sello 1999 e 2003, Boutier-paoli 2005, pp. 351ss, 386-390.

158 Boutier-paoli 2005, pp. 342-349.159 BanDini [1756-1803], ed. 1990.160 L’apertura al pubblico avverrà per varie ragioni solo

nel 1746. mannelli goggioli 2000.161 Per i protagonisti della Reggenza lorenese cfr. reu-

mont 1877; De clercq 1976; Diaz 1988; verga 1990; contini 2002b; aglietti 2004.

162 ASF, MdP 6346, c. 77.163 ASF, MdP 6346, c. 144.164 La tela si conserva ancora, mutila ed in pessime con-

dizioni, tali da non consentirne l’esposizione, nei de-positi del Musée Lorrain di Nancy. Per la visita dei Granduchi a Firenze cfr. aglietti 2004, pp. 290-292 e note 129 e 130 con bibliografia. In occasione della visita a Firenze dei Granduchi, su iniziativa di Carlo Ginori, venne progettato l’arco trionfale fuori Por-ta San Gallo, completato però solo nel 1759 (roani 2006, pp. 46-47).

165 SFrameli 1988, p. 17. L’Elettrice aveva la sovrinten-denza sulle gioie medicee (Lettera di Ferdinando Bar-tolommei al Consiglio di Reggenza del 7 dicembre 1737, ASF, GM App. 22, ins. 43).

166 L’episodio è testimoniato dalle lettere scambiate tra l’Elettrice i Granduchi, Carlo Ginori e Carlo Rinucci-ni, è registrato anche nella corrispondenza di Horace Mann. Si veda Walpole-mann, 1740-1756, ed. 1954-71, xvii, p. 235; zoBi 1860, ii, pp. 27-34 (che pubblica anche le lettere); tarchiani 1916; Kühn-SteinhauSen 1939, ed. 1967, pp. 191-193; SFrameli 1988, p. 17.

167 Il valore complessivo delle gioie personali dell’Elet-trice, registrato nell’inventario del 1743 che le elenca in 789 voci (ASF, MM 600, cc. 3r-62v, trascritte in I gioielli dell’Elettrice 1988, pp. 160-179) ammontava a più di 4 milioni di scudi fiorentini. Sulle gioie me-

dicee e le loro vicende dopo la morte dell’Elettrice si rimanda a SFrameli 1988, SFrameli-contu 2003, pp. 34-35 e scheda a p. 171, n. 100, e le schede della stessa studiosa in questo catalogo.

168 Le lettere sono pubblicate da ciletti 1986.169 Per le vicende della basilica attraverso i secoli si ri-

manda a la catalogo della mostra Firenze 1993b.170 Salvi 1993 con bibliografia. Per la centralità del con-

corso corsiniano del 1732 per la facciata del Laterano vedi Kieven 1991 e Kieven 2000, con bibliografia. Per la partecipazione di Ferdinando Ruggieri al concorso romano cfr. Brunetti 1999.

171 Lettera al cardinal Guadagni del 19 gennaio 1739 (ASF, MdP 6309, c. 15r).

172 ciletti 1986, che riporta una notizia tratta dal Diario del Capitolo di San Lorenzo, Biblioteca Moreniana 128, cc. 293-294.

173 Dezzi BarDeSchi 1976, pp. 255-256.174 moreni 1817, ii, p. 112. Colgo l’occasione per rin-

graziare Stefania Frateschi, che mi ha consentito di consultare il suo lavoro di tesi, inedito, su Vincenzo Meucci.

175 richa 1754-1762, v, 1757, pp. 36-37.176 Nel 1735 consegnava all’arazzeria il modello per la

realizzazione dell’arazzo con la Caduta di Fetonte. 177 BorSellino 1981; ruDolph 1983, pp. 788-789; chia-

rini 1990, p. 333, fig. 463.178 Si va dall’acquisto il 1 ottobre 1740 della carta de-

stinata al Meucci per i disegni preparatori, purtroppo mai rintracciati (ASF, Fabbriche Medicee 108 c. 73v), al saldo dell’affresco, pagato in tutto 2100 scudi, in data 23 settembre 1742 (ASF, DG 477). Il 20 dicem-bre 1742 furono pagate infine allo stampatore France-sco Allegrini 28 stampe della cupola di San Lorenzo (ASF, DG 477), anch’esse mai rintracciate.

179 chiarini 1990, pp. 332-333; gregori 1998, pp. 174.180 Per le esequie dell’Elettrice vedi le esaurienti schede

di Alberto Bruschi, cat. nn. 198-199. Il programma di ricerche in corso nel sepolcreto delle Cappelle Me-dicee, denominato “Progetto Medici” (Ferri 2005) affronterà a breve anche l’esame dei resti mortali di Anna Maria Luisa de’ Medici. Si attende quindi che queste ricerche possano apportare nuovi dati sulle ultime fasi della vita dell’Elettrice, a conferma o ad integrazione di quanto scritto da Gaetano Pieraccini (1924-1925, 2, 1925, pp. 732 sg.).

181 Delle condizioni di salute dell’Elettrice negli ultimi mesi e degli incontri quotidiani con i suoi consiglieri dava segreta informazione al Consiglio di Reggenza Luigi Gualtieri, al servizio nella corte della principes-sa. I suoi resoconti sono conservati in ASF, Segreteria di Finanze A, n. 396, 461, 511, 528. Cfr. anche munic-chi 1906.

182 ASF, Trattati internazionali 60, c. n.n.