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Primer di

Allergologia eImmunologia Clinica

Sergio Bonini Floriano Bonifazi

Edizione italiana2009

dal Primer on Allergic and Immunologic Diseases

The Journal of Allergy and Clinical Immunology

Immunologia

Immunodiagnostica

Malattie Allergiche

Malattie Autoimmuni

Immunodeficienze

Immunoterapia

Immunologia Clinicadi Tumori e Trapianti

Genetica

Patologia Generale

Primer2003

Mini Primer2006

Mini Primer2008

Mini Primer2010

Malattie Allergiche

Malattie Autoimmuni

Immunodeficienze

Immunologia Clinicadi Tumori e Trapianti

Immunodiagnostica

Immunoterapia

Primer2003

Immunologia

Ricerca

Genetica

Patologia Generale

Mini Primer2008

Mini Primer2006

Mini Primer2010

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Primer di

Allergologia eImmunologia Clinica

Sergio Bonini Floriano Bonifazi

Edizione italiana2009

dal Primer on Allergic and Immunologic Diseases

The Journal of Allergy and Clinical Immunology

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Comitato Editoriale

Editore: Sergio Bonini

Co-editore: Floriano Bonifazi

Editori di Sezione: Gianfranco Abbate, Armando Gabrielli, Giacomo Lucivero, CesareMasala, Guido Rasi, Costantino Troise, Gabriele Valentini

Revisori: Giorgio Walter Canonica, Leonardo M. Fabbri, Fernando Martinez,Sergio Romagnani, Donata Vercelli

Comitato di Redazione: Leonardo Antonicelli, M. Beatrice Bil, Megon D. M. Bresciani,Claudia Gramiccioni, Carlo Lombardi, Paola Parronchi

Comitato Scientifico e Collaboratori:

Il Comitato Direttivo Saverio Amoroso*, Andrea Antico*, Leonardo Antonicelli*, RenatodellAAITO Ariano, Riccardo Asero, Maria Beatrice Bil, Vincenzo Feliziani,

Patrizia Bonadonna*, Floriano Bonifazi, Carlo Lombardi*, RoccoLongo, Antonino Musarra*, Anna Perino, Costantino Troise, FrancescoPezzuto, Gian Enrico Senna, Oliviero Quercia* CD 2004-2007

Programma ECM Vito Brusasco, Lorenzo Corbetta, Pierluigi Paggiaro

Docenti/Esperti Domenico Adorno, Antonella Afeltra, Giorgio Arnaldi, Renato Ariano,Riccardo Asero, Corrado Astarita, Gianni Balzano, Stefano Bonini,Marina Braga, Fulvio Braido, Guglielmo Bruno, Maria FilomenaCaiaffa, Stefano Cascinu, Giovanni Cavagni, Nunzio Crimi, PierpaoloDallAglio, Gennaro DAmato, Raffaele DAmelio, Umberto De Fanis,Raffaele De Palma, Mario Di Gioacchino, Valerio Di Rienzo, GiovannaDanieli, Marzia Duse, Emanuele Errigo, Amelia Filippelli, ClaudioFiocchi, Luigi Fontana, Maurizio Galimberti, Federica Gani, RobertoGiacomelli, Michele Lucchetti, Luigi Macchia, Guido Marcer,Giuseppe Matarese, Antonio Miadonnna, Maria Montroni, CostanzoMoretti, Gianna Moscato, Roberto Paganelli, Giovanni Passalacqua,Angelo Passaleva, Desiderio Passali, Giampietro Patriarca, AnnaPerino, Mauro Picardo, Ciro Romano, Edoardo Rosato, Renato Rossi,Guido Sacerdoti, Felice Salsano, Domenico Schiavino, Gian EnricoSenna, Massimo Triggiani, Guido Valesini, Stefano Vella, Maria TeresaVentura, Alberto Vierucci

Studenti/Specializzandi/ Christos Aivaliotis, Matteo Bonini, Anna Capasso, Antonio Cirillo, Dottorandi Paola DAmbrosio, Michele De Rosa, Loredana DAmore, Annalisa Di

Cristo, Alessandra Frattino, Federica Frontini, Maria AntoniettaMazza, Lorenza Melosini, Corrado Micucci, Giuseppe Pepe, GiuseppePetrone, Ester Petta, Chiara Ritonnaro, Maria Robustelli, GabrieleRumi, Vito Sabato, Pasquale Sangiovanni, Roberto Santalucia,Beniamino Schiamone, Giusi Scordo, Gianfranco Scotto di Frega

Segreteria di Redazione: Elisabetta Rea, Elsa Pesaresi

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Indice

Prefazione alla versione italiana

S. Bonini, F. Bonifazi

Prefazione alla V Edizione del Primer on Allergic and Immunologic Diseases

W.T. Shearer, J.T. Li, Guest Editors

Il Sistema Immunitario

Capitolo 1 Generalit sulla risposta immune 11

Capitolo 2 Citochine e chemochine 35

Capitolo 3 I Linfociti 53

Capitolo 4 IgE, mastociti, basofili ed eosinofili 65

Capitolo 5 Genetica dellipersensibilit 77

Le Malattie Allergiche

Capitolo 6 Asma 87

Capitolo 7 Rinite e Sinusite 113

Capitolo 8 Asma ed allergia professionali 129

Capitolo 9 Allergia alimentare 143

Capitolo 10 Allergia a farmaci 153

Capitolo 11 Malattie allergiche e immunologiche della pelle 169

Malattie Immunologiche

Capitolo 12 Immunodeficienze primitive 185

Capitolo 13 Infezioni da HIV-1 201

Capitolo 14 Malattie reumatiche infiammatorie 217

Capitolo 15 Le Vasculiti 231

Capitolo 16 Le affezioni immunologiche del polmone 245

Capitolo 17 Malattie endocrine immunologiche 259

Capitolo 18 Patologie renali immuno-mediate 279

Capitolo 19 Disordini immunologici gastroenterologici ed epatobiliari 291

Capitolo 20 Disturbi neuromuscolari su base immunologica 309

Capitolo 21 Disturbi immunoematologici 321

Capitolo 22 Le risposte immunitarie ai tumori 333

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Diagnostica e Modulazione della Risposta Immune

Capitolo 23 Valutazione clinica e di laboratorio dellipersensibilit IgE mediata 347

Capitolo 24 Valutazione clinica e laboratoristica dellimmunit 367

Capitolo 25 Immunoterapia delle malattie allergiche 381

Capitolo 26 Immunomodulazione e immunoterapia: farmaci,

citochine, recettori citochinici e anticorpi 393

Capitolo 27 Immunologia dei trapianti dorgano e midollo osseo 411

Capitolo 28 Terapia con cellule embrionali e staminali, embrionali e adulte 427

Capitolo 29 Immunizzazione 439

Il futuro dellAllergologia e Immunologia Clinica

Capitolo 30 Definire lo spettro dellimmunologia clinica 455

Capitolo 31 Valutazione delle competenze cliniche dellallergologo-immunologo 465

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Prefazione alla versione italiana

La decisione di pubblicare una versione italiana della quinta edizione del Primer on Allergic andImmunologic Diseases edito dallAmerican Academy of Allergology, Asthma and Immunology (AAAAI)deriva da alcune considerazioni:- durante i nostri Corsi di Allergologia e Immunologia Clinica presso la Seconda Universit degli

Studi di Napoli e lUniversit di Ancona ci stato pi volte richiesto dagli studenti un libro di testoin italiano pi essenziale di quelli validissimi attualmente disponibili;

- nostra opinione che sia un inutile dispendio economico e di energie avviare iniziative editoriali inpresenza di prodotti analoghi gi disponibili e di elevata qualit, come nel caso del PrimerdellAAAAI (che ha il solo difetto di essere in inglese e non facilmente reperibile in libreria);

- i tempi necessari per realizzare un libro di testo sono oggi poco compatibili con la scarsa disponi-bilit di autori qualificati a partecipare a iniziative didattiche di portata solo nazionale, ma, soprat-tutto in una disciplina come lAllergologia e Immunologia Clinica, il continuo sviluppo delle cono-scenze rende rapidamente superato qualsiasi prodotto cartaceo.

Linteresse e la disponibilit dellAAAAI a diffondere il Primer anche in altre lingue e ad un target piampio dei soli soci dellAAAAI ci hanno pertanto offerto lopportunit ed il privilegio di assumere lin-carico di Editori Locali della versione italiana del Primer, privilegio del quale siamo particolarmentegrati a Denis Ownby, a Donald Leung - Editors di Journal of Allergy and Clinical Immunology, orga-no ufficiale dellAAAAI che aveva pubblicato la quinta edizione del Primer e alla Casa EditriceElsevier.

La quinta edizione del Primer stata pubblicata nel Febbraio 2003. LAAAAI pervenuta alla decisio-ne di non procedere ad ulteriori edizioni ma di provvedere agli indispensabili aggiornamenti attraver-so le rassegne di educazione medica continua pubblicate su Journal of Allergy and ClinicalImmunology e una serie di tre Mini Primer a cadenza biennale pubblicati dal 2006 come supplementoalla rivista.

Si poneva quindi il problema di come giungere ad una versione italiana che includesse in un unico volu-me come indispensabile ai fini didattici edizione originale e aggiornamenti, rispettando peraltro lacondizione posta dallAAAAI di una traduzione fedele e validata dei testi originali.

A tale problema si ritenuto di poter ovviare con la seguente soluzione che prevede un prodotto edito-riale misto cartaceo ed elettronico basato sulle seguenti componenti:- una traduzione letterale del Primer, la cui fedelt al testo originale stata validata grazie alla dispo-

nibilit di qualificati revisori con perfetta padronanza sia della lingua italiana sia di quella inglese.- alcune note editoriali e di aggiornamento per ciascun capitolo necessarie ad adattare il testo alla

realt italiana ed europea e ad aggiornarlo anche con i riferimenti bibliografici dei principali arti-coli pubblicati dal Journal of Allergy and Clinical Immunology dal 2004 al 2008, quali Rassegne diEducazione Medica Continua, Rassegne di Aggiornamento su Meccanismi e Aspetti Clinici, LineeGuida per la Pratica Clinica, consultabili e periodicamente aggiornati nel sito dellAssociazioneAllergologi e Immunologi Territoriali e Ospedalieri (AAITO).

Al fine di pervenire rapidamente alla versione del Primer ma anche di verificare al tempo stesso la cor-

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rispondenza alle aspettative degli studenti, degli specializzandi e dei docenti di Allergologia eImmunologia Clinica ciascun capitolo stato affidato per la traduzione ad uno studente, successiva-mente verificata da uno o due docenti-tutor ai quali sono stati affidati anche gli aggiornamenti del capi-tolo.

Un particolare ringraziamento va allAAITO e al suo Consiglio Direttivo che ha offerto il patrociniodella versione italiana del Primer, assicurandone la diffusione ai suoi soci e mettendo a disposizione ilsuo sito web per gli aggiornamenti.

Un ringraziamento, infine, alle industrie farmaceutiche per il supporto economico che hanno fornitoalla realizzazione dellopera sotto forma di contributo educazionale non finalizzato a fini promoziona-li, nel rispetto dellassoluta indipendenza della pubblicazione e delle rigide norme imposte per ledi-zione italiana dallAAAAI e dalla Casa Editrice Elsevier proprietaria del copyright.

Nelliniziare la versione italiana del Primer la prima domanda che ci siamo posti stata quella di comeandasse tradotto il termine Primer. La traduzione del Cassells Italian Dictionary mentre da un latogratificava il nostro desiderio di realizzare qualcosa di innovativo con il termine di Primo Libro, dal-laltro ne mortificava i contenuti con il sinonimo di Sillabario.

Forse migliore e pi attinente al nostro obiettivo la definizione del New Websters Dictionary andThesaurus: Un piccolo libro elementare da utilizzare per linsegnamento.

La decisione tuttavia di lasciare anche per la versione italiana il termine Primer derivata dalledefinizioni di Primer riportate nello Stedmans Medical Dictionary: una molecola (che pu essereun piccolo polimero) che inizia la sintesi di una struttura pi grande; un fenomeno che causa una varia-zione fisiologica a lungo-termine.

Ove questo volumetto servisse infatti, con le nozioni basilari in esso contenute, a stimolare un inte-resse per lAllergologia e Immunologia Clinica che crescendo e rafforzandosi attraverso la necessa-ria continua opera di approfondimento e aggiornamento, la scelta del termine Primer risulterappropriata.

Febbraio 2009Sergio Boninia, Floriano Bonifazib

aII Universit di Napoli; bAzienda Ospedaliero-Universitaria Umberto I, Ancona

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Prefazione alla versione originale

Risulta estremamente difficile tentare di migliorare il Primer, forse la migliore sinossi di argomentidi rilevanza per Allergologi e Immunologi Clinici. Ci siamo assunti tale responsabilit consci del-lonore di essere stati scelti per questo compito, ma molto preoccupati di non riuscire a rendere la VEdizione la migliore della serie. Fortunatamente gli autori che hanno collaborato al Primer ci hannoconsentito di portare lopera a livelli insperati. La loro opera risulter sicuramente gradita a tutti imedici che hanno a che fare con problematiche di allergologia e immunologia clinica, una sottospe-cialit che copre aree quali allergia, asma, immunodeficienze primitive, infezioni da HIV/AIDS,malattie reumatologiche, vasculite, malattie immunologiche del polmone, del sistema endocrino edelle neoplasie. Tutte queste aree vengono trattate in maniera eccellente da autori scelti per la lorocompetenza, esperienza, e coinvolgimento nei vari argomenti.

Quale premessa ai capitoli sulle malattie allergiche e immunologiche, abbiamo selezionato qualifi-cati ricercatori clinici per prendere in rassegna i principi fondamentali della risposta immune. Conlesplosione della biologia cellulare e della genetica questi capitoli di scienza di base dellimmuni-t preparano alla migliore comprensione delle acquisizione genetiche relative alle patologie chelimmunologo clinico diagnostica e cura. Per i medici che si sono confrontati per molti anni con idifferenti fenotipi di malattie allergiche e immunologiche, la scoperta dei relativi genotipi fonte disoddisfazione e speranza per un futuro pieno di nuovi strumenti diagnostici e nuove strategie dimodulazione delle risposte immuni.Gli autori dei vari capitoli sono stati selezionati per presentarele pi recenti acquisizioni sia di diagnostica genetica e molecolare sia di terapia cellulare, moleco-lare e genetica nel settore delle malattie immunologiche. Nel leggere questi capitoli si prova infattilentusiasmo per essere alle porte di una nuova era terapeutica.

Nei capitoli finali ci si sofferma infine sul futuro dellallergologia e immunologia clinica e dellal-trettanto importante compito di definire le competenze cliniche necessarie in futuro per gli speciali-sti di questa disciplina.

Se si deve scegliere un messaggio fra quelli che il Primer dovrebbe trasmettere, il pi importanteriguarda proprio il ruolo dellAllergologia e Immunologia Clinica nella migliore conoscenza dimolte malattie di comune osservazione per tutti i medici e nellaprire orizzonti di speranza per nuoveterapie farmacologiche e immunologiche per i loro pazienti.

Come illustrato nella copertina di questo Primer, lalbero dellImmunologia Clinica prende nutri-mento dal terreno della scienza di base (geni, DNA, RNA, cellule T e B, macrofagi, neutrofili, eosi-nofili, mastociti, basofili, anticorpi, complemento, citochine) e cresce in proporzione alla pioggia dipatologia e al sole della ricerca. Le foglie (aree di sottospecialit dellimmunologia Clinica) cam-biano continuamente man mano che lalbero cresceCi auguriamo che il Primer, offrendo quanto c di pi attuale nella medicina di oggi, possa rappre-sentare la premessa per un futuro ricco di soddisfazioni.

Febbraio 2003

William T Shearer MD, PhDa e James T. Li MD, PhDba Baylor College of Medicine, Houston, Texas; b Mayo Clinic, Rochester, Minnesota

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La difesa dellospite nei confronti dei patogeni richie-de delle risposte sostanzialmente diverse a seconda deltipo di patogeno e del tessuto sottoposto allattacco deipatogeni. La capacit di distinguere le componenti delproprio organismo (self) dai costituenti esterni (non-self) di fondamentale importanza affinch il sistemaimmune risponda allattacco dei patogeni. Pertanto, sisono sviluppati meccanismi sia innati che adattivi(ovvero specifici) responsabili della risposta verso ipatogeni. Entrambi questi meccanismi si fondano sulladiscriminazione tra self e non-self. Questo capitolo descrive i meccanismi chiave usati dalsistema immunitario per rispondere ai patogeni e lecondizioni nelle quali le risposte immuni, non adegua-tamente regolate, sono causa di danno tissutale.

Il sistema immune dei mammiferi protegge lorganismo daunelevata quantit di agenti infettivi variamente aggressi-vi nei confronti dellospite, evitando contemporaneamenteche la risposta difensiva provochi danni ai tessuti.Nellambiente che ci circonda sono presenti moltissimipatogeni che possono aggredire lospite attraverso lamessa in opera di molti meccanismi patologici. Non sor-prende, quindi, che il sistema immune utilizzi un com-plesso assortimento di meccanismi protettivi per control-lare ed eliminare tali organismi. Tutti questi meccanismisi fondano sul riconoscimento di caratteristiche struttura-li proprie dei patogeni che li contraddistinguono dallecellule dellospite. La discriminazione pertanto tra ospi-te-patogeno essenziale perch lospite riesca ad elimi-nare il patogeno senza contemporaneamente provocaredanni ai propri tessuti.I meccanismi che permettono il riconoscimento dellestrutture microbiche possono essere distinti in due cate-gorie: (1) risposte costitutive, codificate da geni nellagerm-line dellospite, che riconoscono costituentimolecolari condivisi da molti patogeni ma che non sonopresenti nei mammiferi; (2) risposte codificate da ele-menti genici che si riorganizzano somaticamente dandoorigine allassemblaggio di molecole leganti lantigenecon elevata specificit per strutture microbiche indivi-duali. Il primo tipo di risposte costituisce la cosiddettarisposta innata. Dal momento che le molecole usate dalsistema innato per il riconoscimento sono espresse su ungran numero di cellule, questo sistema pronto ad agirerapidamente dopo lincontro con un patogeno e quindicostituisce la risposta iniziale dellospite. Il secondo tipodi risposte costituisce la risposta immune adattativa ospecifica. In questo caso, il sistema costituito da un pic-colo numero di cellule specifiche per singoli costituenti

dei patogeni, per cui le cellule responsive devono proli-ferare dopo lincontro con il patogeno in modo tale daraggiungere un numero sufficiente perch si attui unarisposta efficace contro i microbi. Pertanto, nella difesadellospite, la risposta adattativa si manifesta temporal-mente dopo quella innata.Una caratteristica tipica della risposta adattativa cheessa produce cellule a lunga sopravvivenza (cellule

Abbreviazioni utilizzate:

AID: Activation-induced cytidine deaminaseAPC: Cellula presentante lantigene

Bf: Fattore B del complementoCFU: Unit formanti colonie

DP: Cellule doppio-positiveER: Reticolo endoplasmatico

FcRI: Recettore ad alta affinit per le IgEFDC: Cellula dendritica follicolareHLA: Human leukocyte-associatedIFN: Interferone

IL: InterleuchinaITAM: Immunoreceptor tyrosine-based

activation motifJak: Janus kinase

MAC: Membrane attack complexMAP: Mitogen-Associated ProteinMBL: Mannan binding lectinMIC: MHC class I-related ChainNK: Natural Killer

P450 C21: Cytochrome P450 21-HydroxilasePAMP: Pathogen-assciated molecular pattern

RAG: Recombinase-activating geneSCID: Immunodeficienza combinata

SP: Linfocita singolo-positivo (CD4 o CD8) STAT: Signal transducers

and activators of transcriptionTAP: Transporter associated with presentationTc1: Linfocita T citotossico di tipo 1Tc2: Linfocita T citotossico di tipo 2

TCR: T-cell receptorTdT: Terminal deoxynucleotidyl transferaseTIR: Toll/IL-1 receptor

TLR: Toll-like receptor TNF: Tumor necrosis factor

TSST-1: Toxic shock syndrome toxin-1

Traduzione italiana del testo di:David D. Chaplin,J Allergy Clin Immunol 2003; 111:S442-59

1. Generalit sulla risposta immune

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memoria) che persistono in un apparente stato di nonresponsivit, ma che riacquistano rapidamente le lorofunzioni effettrici nel momento in cui reincontrano lan-tigene. Questa caratteristica alla base della funzione dimemoria, tipica della risposta adattativa, che permetteal sistema immunitario di reagire in modo pi efficacecontro patogeni qualora penetrino una seconda volta nel-lorganismo, anche a distanza di molti anni dal primoingresso responsabile della sensibilizzazione.

LA DISCRIMINAZIONE TRA SELFE NON-SELF

Poich nel sistema immune sono presenti meccanismieffettori capaci di distruggere una vasta gamma di cellu-le microbiche e particelle, lelemento critico per una effi-cace risposta immune quello di evitare che tali mecca-nismi distruttivi attivino, danneggiandolo, il tessuto del-lospite. Il meccanismo attraverso il quale il sistemaimmune evita di distruggere i propri tessuti denomina-to tolleranza verso il self ovvero self-tolerance.Quando la tolleranza verso il self fallisce, si manifestanole malattie autoimmuni. evidente il perch tale proces-so sia molto studiato; stato cos chiarito che i meccani-smi che impediscono la reattivit verso il self risiedanosia nella risposta immune innata che in quella adattativa.Un aspetto importante dei meccanismi difensivi dipen-denti dai linfociti T il riconoscimento delle cellule del-lospite infettate da virus, batteri intracellulari o altriparassiti intracellulari. Le cellule T hanno quindi svilup-pato un raffinato meccanismo che riconosce gli antigeniestranei, insieme agli antigeni self, come unico comples-so molecolare (vedi sotto, dopo il paragrafoRiconoscimento dellantigene da parte dei linfociti T).Il fatto che linfociti T possano riconoscere sia le struttu-re proprie dellospite che gli antigeni estranei, rende par-ticolarmente importante che venga mantenuta la tolleran-za verso il self. I meccanismi responsabili della manca-ta aggressione verso i tessuti dellospite saranno discus-si nel corso della trattazione dei meccanismi effettoridella risposta immune.

LE CARATTERISTICHE GENERALIDELLIMMUNIT INNATA E ADATTATIVA

In senso lato, fanno parte del sistema immunitario inna-to tutti quei meccanismi di difesa codificati dai genigerm-line dellospite: a) meccanismi di barriera, comele barriere epiteliali con gli stretti contatti cellula-cellula(tight junctions, interazioni cellulari mediate dallecaderine, ed altri), la secrezione di muco che ricoprelepitelio nel tratto respiratorio, gastrointestinale e geni-tourinario, e le cilia vibratili che rimuovono continua-mente il muco, permettendo che esso venga rinnovatodopo essere stato contaminato da particelle inalate oingerite. b) proteine solubili e piccole molecole bioattiveche sono presenti nei fluidi biologici sia costitutivamen-te (come le proteine del Complemento e le defensine)1,2,o rilasciate dalle cellule una volta attivate (come le cito-chine che regolano la funzione di altre cellule, le chemo-

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chine che attraggono leucociti infiammatori, i mediatorilipidici dellinfiammazione, le amine bioattive e gli enzi-mi che pure contribuiscono allinfiammazione tissutale).c) infine recettori di superficie delle cellule che si leganoa strutture molecolari (molecular patterns) espressesulle superfici dei microbi invasori.A differenza dei meccanismi innati, il sistema immunita-rio adattativo manifesta una squisita specificit per gliantigeni bersaglio. Le risposte adattative sono basate pri-mariamente sui recettori antigene-specifici espressi sullesuperfici dei linfociti T e B. Diversamente dalle moleco-le della risposta immune innata codificate da geni germ-line, i recettori antigene-specifici della risposta adattati-va sono codificati da geni assemblati dal riarrangiamen-to somatico degli elementi genici germ-line in modoche si producano i geni che codificano per il recettore dellinfocita T (TCR) o per le immunoglobuline (Ig), recet-tore per lantigene dei linfociti B. Lassemblaggio deirecettori per lantigene da una collezione di poche centi-naia di elementi genici codificati dalla linea germ-linepermette la formazione di milioni di differenti recettori,ognuno con specificit unica per un singolo e diversoantigene. I meccanismi con cui si verifica lassemblaggiodi questi recettori per lantigene nei linfociti T e B e che,quindi, assicurano la selezione di un repertorio corretta-mente funzionante di cellule dotate di recettori a partiredallenorme repertorio casualmente generato, sarannodiscussi in maggior dettaglio nel Capitolo 3. Il sistema immune innato e adattativo sono spessodescritti come settori della risposta immune operanti inmodo separato se non contrastante anche se, generalmen-te, essi agiscono in modo combinato, con la rispostainnata che rappresenta la prima linea di difesa dellospi-te e la risposta adattativa che diviene preminente, dopoalcuni giorni, quando le cellule T e B antigene-specifi-che vanno incontro alla espansione clonale. Per di pi lecellule antigene-specifiche amplificano la loro rispostareclutando meccanismi effettori innati in modo da con-trollare compiutamente i patogeni invasori.Pertanto, anche se le risposte immuni, innata ed adattativa,sono fondamentalmente differenti nei loro meccanismi diazione, la sinergia tra di loro essenziale affinch si attuiuna risposta immune integra e pienamente efficace.

ELEMENTI CELLULARI DELLA RISPOSTAIMMUNE

Una risposta immune efficace richiede che molte sotto-popolazioni di leucociti cooperino tra loro. Le diffe-renti sottopopolazioni leucocitarie possono esseredistinte sia morfologicamente mediante le colorazioniistologiche convenzionali che sulla base del fenotipoattraverso il legame di anticorpi monoclonali ad anti-geni di superficie.Questi antigeni di differenziazione sono identificati danumeri allinterno dei cosiddetti cluster-di differenzia-zione (CD). Sono stati identificati attualmente oltre 260differenti antigeni CD. Gli aggiornamenti sono pubblica-ti dallInternational Workshop on Human LeukocyteDifferentiation Antigens (Laboratorio Internazionale

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sugli Antigeni di Differenziazione dei Leucociti Umani).I leucociti circolanti maturi si differenziano dalle cellule sta-minali ematopoietiche (Fig. 1). Le cellule staminali ematopo-ietiche pluripotenti si differenziano dapprima in cellule stami-nali linfoidi e mieloidi. Le cellule staminali linfoidi differen-ziano ulteriormente nelle tre popolazioni principali di linfoci-ti maturi: linfociti T, linfociti B e cellule natural killer (NK).Queste sottopopolazioni possono essere individuatemediante il fenotipo di superficie. Le cellule T sono iden-tificate per lespressione sulla loro superficie del TCR,un eterodimero transmembranario che si lega agli antige-ni processati presentati dalle APC (cellule presentantilantigene). Come sar illustrato di seguito, esistonovarie sottopopolazioni funzionali dei linfociti T. Le cel-lule B sono fenotipicamente identificate dallespressionedel recettore per lantigene, ovvero da una Ig ancorataalla membrana. stato descritto un numero limitato disottopopolazioni anche delle cellule B. Le cellule NK,infine, sono definite morfologicamente come grandi lin-fociti granulari. Esse sono caratterizzate dalla mancanzasia di TCR che di Ig di superficie e riconoscono le cel-lule infettate da virus o le cellule tumorali attraversoluso di una complessa collezione di recettori di superfi-cie, sia di tipo attivatorio che inibitorio.3 Le cellule sta-minali mieloidi danno invece luogo alle varie serie digranulociti, ai megacariociti, alle piastrine ed agli eritro-citi. Le cellule della serie granulocitaria che svolgono unruolo nella difesa immunitaria sono costituite da: granu-

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lociti neutrofili, monociti, eosinofili, basofili e mastociti.In alcuni mammiferi, anche le piastrine sono in grado dirilasciare mediatori immunologicamente attivi cheespandono il loro ruolo oltre che nellemostasi. La fun-zione immunologica dei classici granulociti dovuta allemolecole immunologicamente attive che producono ed alloro accumulo in specifiche condizioni patologiche. Per esempio, i neutrofili producono grandi quantit diderivati dellossigeno che svolgono attivit citotossicanei confronti dei batteri ed enzimi che svolgono un ruolonei processi di rimodellamento e riparazione dei tessutidopo una lesione.4 Essi si accumulano in grande quantitnelle sedi di infezione batterica, a livello delle lesioni tis-sutali e posseggono peculiari capacit fagocitiche chepermettono loro di sequestrare, al loro interno, dove pos-sono poi essere distrutti e degradati, sia i microbi che gliantigeni particolati. Pertanto, chiaro che essi giocanoun ruolo centrale nei processi di eliminazione dei patoge-ni e nei meccanismi di riparazione dei tessuti danneggia-ti. Pi recentemente, comunque, stato scoperto che ineutrofili sono in grado di produrre significative quanti-t di alcune citochine, come il tumor necrosis factor(TNF) e linterleuchina (IL)-12, nonch alcune chemo-chine. Ci permette di assegnare anche ai neutrofili unruolo immunoregolatore.Come i neutrofili, anche i monociti ed i macrofagi svol-gono attivit fagocitaria nei confronti dei microbi e delleparticelle che sono destinate alla eliminazione in seguito

FIG 1. Linee cellulari derivate dalle cellule staminali ematopoietiche. Le cellule staminali ematopoietiche pluripoten-ti si differenziano nel midollo osseo in cellule staminali di tipo mieloide e linfoide. Le cellule staminali linfoidi dannovita alle linee cellulari B, T e NK. Le cellule staminali mieloidi danno vita a cellule che formano colonie specificheper le varie linee (CFU) che si differenziano per la produzione di granulociti neutrofili, monociti, granulociti eosinofi-li, granulociti basofili, mastociti, megacariociti ed eritrociti. I monociti si differenziano ulteriormente in macrofagi neicompartimenti tissutali periferici.

Cellula staminalelinfoide

Cellula staminalepluripotente

ematopoietica

Cellula staminalemieloide

CFU-GM

CFU-Eo

CFU-Baso

CFU-MC

CFU-Meg

CFU-EEritrocita

Megacariocita

Mastocita

Basofilo

Eosinofilo

Monocita

Neutrofilo

Macrofago

Cellula dentritica

Cellula NK

Linfocita T

Linfocita B Plasmacellula

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al legame con le Ig, il complemento o entrambi. Essi simobilitano immediatamente, dopo il reclutamento deineutrofili, e persistono a lungo nei siti di infiammazionecronica e di infezione. Oltre a partecipare alla rispostainfiammatoria acuta, essi svolgono un ruolo determinan-te nei processi granulomatosi in vari distretti dellorgani-smo. Utilizzano la produzione di ossido nitrico comemeccanismo fondamentale per luccisione dei patogenidi origine microbica e producono grandi quantit di cito-chine, come lIL-12 e linterferone (IFN)-, conferendoloro un ruolo regolatorio nella risposta immune adattati-va5.Gli eosinofili sono facilmente riconoscibili per la presen-za allinterno del citoplasma di granuli contenenti mole-cole tossiche ed enzimi che sono particolarmente attivicontro gli elminti ed altri parassiti. Laumentata produ-zione di eosinofili dal midollo osseo e la loro sopravvi-venza nei tessuti periferici, regolata dalla citochina IL-5, rendendo cos queste cellule fondamentali nella mag-gior parte delle risposte allergiche.6

I basofili e i mastociti sono cellule morfologicamentesimili ma linee cellulari distinte. In virt dellespressio-ne sulla superficie cellulare dei recettori ad alta affinitper le IgE (FcRI), essi sono il punto chiave per lavviodelle reazioni di ipersensibilit immediata e delle rispo-ste dellospite contro gli elminti. Ci avviene attraversoil rilascio dai loro granuli di istamina e di altri mediatoripreformati e mediante la neoproduzione di grandi quan-tit di mediatori lipidici che stimolano linfiammazionetissutale, ledema e la contrazione della muscolaturaliscia. Studi recenti hanno dimostrato che in aggiunta alloro ruolo nelle reazioni di ipersensibilit immediata, imastociti giocano un ruolo fondamentale anche nellarisposta dellospite nelle infezioni batteriche.7

Le cellule fagocitiche della linea monocitaria/macrofagi-ca giocano, inoltre, un ruolo chiave nella risposta immu-no-adattativa catturando antigeni microbici, processan-doli mediante proteolisi, trasformandoli in piccoli fram-menti peptidici e presentandoli in una forma che possacos attivare la risposta delle cellule T. Altri tipi cellulariappartenenti a questa linea sono le cellule di Langerhansdella cute, le cellule di Kupfer del fegato, la microglia del

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sistema nervoso centrale e la vasta classe di cellule den-dritiche presenti nella maggior parte dei tessuti e concen-trate in particolar modo nei tessuti linfoidi secondari.Tutte queste cellule esprimono le molecole MHC di clas-se I e II usate per il riconoscimento degli antigeni proces-sati da parte del TCR presente sulle cellule T (vedi suc-cessivamente). Le cellule dendritiche sono le APC pipotenti, ma anche i macrofagi, le cellule di Langerhans edi Kupffer svolgono attivamente la funzione di APC. Difatto, tutte le cellule che esprimono MCH hanno lapotenzialit di esprimere la funzione APC, se opportuna-mente stimolate.

IL RICONOSCIMENTO DEGLI ANTIGENI TRA-MITE I LINFOCITI T / MOLECOLE DEL SISTE-MA MAGGIORE DI ISTOCOMPATIBILIT(MHC)

Una delle funzioni pi importanti del sistema immunita-rio quella di identificare le cellule dellospite infettateda microbi che utilizzano, poi, le cellule stesse per mol-tiplicarsi allinterno dellospite. Il semplice riconosci-mento e neutralizzazione dei microbi nella loro formaextracellulare non sufficientemente efficace per blocca-re le infezioni. quindi necessario che la cellula infetta-ta che produce progenie di microbi debba essere identifi-cata e distrutta. Infatti, se il sistema immunitario fosse ingrado di riconoscere con le stesse modalit, sia microbi,nella loro forma extracellulare, che cellule infettate daimicrobi, un patogeno che fosse in grado di produrregrandi quantit di organismi o antigeni extracellularipotrebbe facilmente sopraffare la capacit di riconosci-mento del sistema immunitario, permettendo alle celluleinfettate di evitare il riconoscimento. Una importantefunzione svolta dal braccio T-dipendente della rispostaimmune quella di riconoscere e distruggere le celluleinfette. Le cellule T possono anche riconoscere fram-menti peptidici degli antigeni che sono stati ingeriti dalleAPC per fagocitosi o per pinocitosi. La modalit che ilsistema immunitario ha escogitato affinch le cellule Triconoscano le cellule infette richiede che la cellula T

FIG 2. Mappa molecolare del Complesso Maggiore di Istocompatibilit nelluomo. LMHC delluomo, o HLA, codi-ficato nel braccio corto del cromosoma 6. I geni codificanti per le catene pesanti di classe I formano un cluster nellaestremit telomerica (TEL) del complesso. I geni che codificano per le catene e di classe II sono invece raggrup-pati allestremit centrometrica del complesso. Tra i geni di classe I e II vi sono geni addizionali, definiti di classe III.Questi includono i geni codificanti per lenzima 21-idrossilasi del citocromo P450 (P450 C21A e B), componenti C2,C4, fattore B (Bf) del complemento, il TNF e le due catene della linfotossina (LTA, LTB). Esistono due isoforme dellacomponente C4 del complemento definite C4A e C4B. Il C4A interagisce pi efficacemente con le macromolecolecontenenti gruppi aminici liberi (antigeni proteici), mentre il C4B interagisce pi efficientemente con macromolecolecontenenti gruppi liberi idrossilici (glicoproteine e carboidrati).

Classe II Classe III Classe I

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identifichi sia un componente del self che una strutturaestranea microbica. Lelegante soluzione per riconosceresia una struttura del self che un determinante microbi-co rappresentata dalla famiglia delle molecole MHC.Le molecole MHC (chiamate anche antigeni umani asso-ciati ai leucociti [HLA]) sono glicoproteine di superficieche legano frammenti peptidici delle proteine che sonostate sintetizzate allinterno della cellula (molecole MHCdi classe I) o che sono state ingerite dalla cellula e pro-teoliticamente processate (molecole MHC di classe II).

Le Molecole MHC di Classe I

Esistono tre famiglie di molecole HLA di classe I, deno-minate HLA-A, -B e -C, ognuna codificata da genidistinti. Le molecole HLA di classe I sono eterodimeri disuperficie, formati da una catena polimorfica ancorataalla membrana del peso molecolare di 44 Kd (denomina-ta anche catena pesante di classe I) associata alla protei-na non polimorfica 2-microglobulina di 12-Kd.8 La cate-na determina se la molecola di classe I una molecolaHLA-A, -B o -C. I geni che codificano per la catena HLA-A, -B, e -C sono posti sul cromosoma 6 (Fig. 2)mentre il gene che codifica per la 2-microglobulina posto sul cromosoma 15. Il gene della catena codificaper tre domini extracellulari (denominati 1, 2, e 3), perun dominio (o domain) transmembranario e per unabreve coda intracellulare che ncora la proteina allamembrana cellulare (Fig. 3). Il dominio 3 costituito dacinque -filamenti antiparalleli che formano una struttu-ra simil-immunoglobulinica. I domini 1 e 2 codificanoognuno per una -elica e varie -eliche. I domini 1 e 2si associano tra loro con la loro -elica, formando unasorta di piattaforma su cui poggiano le due -eliche. Le

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eliche formano cos una tasca (o nicchia) nella quale pos-sono allocarsi i peptidi antigenici. Questo complessomolecolare MHC di classe I e peptide antigenico, produceuna struttura che il bersaglio molecolare del TCR. IlTCR prende contatto sia con il peptide antigenico che conle -eliche che lo affiancano. Il TCR non ha unaffinitmisurabile se il peptide antigenico isolato e possiede unabassissima affinit per le molecole MHC che contenganopeptidi diversi. Queste osservazioni formano la base mole-colare per il fenomeno della cosiddetta restrizione perlMHC descritta negli studi di Zinkernagel e Doherty, neiquali essi scoprirono che le cellule T potevano riconosce-re lantigene per il quale sono specifici solo se questo erapresentato in associazione con una specifica molecolaMHC.9 La conseguenza biologica chiave del fatto che i lin-fociti T riconoscano i peptici antigenici solo quando essisono legati alla tasca di una molecola HLA, che le cellu-le T ignorano gli antigeni liberi extracellulari e si focaliz-zano piuttosto sulle cellule che contengono lantigene.Nel caso che delle cellule siano infettate da un patogeno,questo meccanismo permette alle cellule T di focalizzarela loro risposta sulle cellule infette. Il dominio 3 dellacatena pesante di MHC di classe I interagisce con lamolecola CD8 espressa dai linfociti T CD8 ad attivitcitolitica.10 In questo modo il riconoscimento degli anti-geni peptidici presentati in associazione con le molecoleHLA di classe I ristretto alle cellule citolitiche T CD8+.Una caratteristica peculiare delle molecole HLA il loropolimorfismo strutturale. Nel Luglio 2002 il Comitatoper la Nomenclatura dellOMS ha riconosciuto lesisten-za di 250 diversi alleli nel locus HLA-A, 448 nel locusdellHLA-B e 118 alleli nel locus HLA-C. Questo polimorfismo risiede per lo pi negli amminoaci-di localizzati nel pavimento e sui lati della tasca peptidi-

FIG 3. Struttura delle molecole HLA. Modelli molecolari derivati dalle strutture cristalline degli antigeni di istocom-patibilit (HLA) di classe I (A-C) e di classe II (D-F). A, Sono raffigurati i domini delle catene 1, 2 e 3 delle mole-cole di classe I (blu chiaro) in associazione non covalente con 2microglobulina. Le spirali rappresentano le -eliche,mentre le frecce larghe rappresentano i filamenti-. I filamenti-, antiparalleli, interagiscono tra loro per formare ilpavimento della tasca -sheet. Le -eliche dei domini 1 e 2 formano i lati e la base della tasca che accoglie i pepti-di antigenici (in giallo). Le porzioni transmembranaria e intracitoplasmatica della catena pesante non sono mostrate.B, Visione dallalto dei domini 1 e 2 che mostra il peptide antigenico in un complesso molecolare necessario per ilriconoscimento da parte del TCR di un linfocita T CD8+ (il sito di riconoscimento delineato dal rettangolo rosa). C,Visione laterale dei domini 1 e 2 che evidenzia i punti di contatto del TCR su entrambe le -eliche e i peptici antigenici. D,Visione laterale della molecola HLA di classe II che mostra la catena (blu chiaro) e la catena (blu scuro). Nellaproteina di classe II, la tasca peptidica formata dalle eliche di entrambi i domini 1 e 1 e con un pavimento (-sheet)formato sempre da entrambi i domini 1 e 1. E, Visione dallalto di entrambi i domini 1 e 1 e del frammento pepti-dico antigenico processato, come si potrebbero vedere dal TCR di un linfocita T CD4+. F, Visione laterale che evi-denzia i domini 1 e 1 e il peptide antigenico.

Classe I Classe II

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ca, ed il risultato una diversa specificit di legame deipeptidi ai differenti alleli di classe I. Il fatto che esistanotre distinte famiglie di geni per HLA di classe I e che cia-scuno di essi sia altamente polimorfico, significa chetutti gli individui eterozigoti per questi loci hanno seidistinte tasche peptidiche. Poich ogni proteina di classeI pu legare molti differenti peptidi, avere sei molecoleleganti i peptidi significa avere la capacit di legare unacollezione molto varia di peptidi antigenici. Per di pi, alivello di popolazione, la variet dei motivi che legano ipeptidi enorme. Mutazioni negli antigeni microbicipossono permettere al microbo di evitare il legame (e,quindi, il riconoscimento) da parte di alcuni alleli HLAdi classe I, ma nessuna mutazione potr mai essere ingrado di conferire al microbo la capacit di evitare deltutto il riconoscimento nella popolazione in generale.Generalmente, i peptidi antigenici che vengono trovatilegati alla tasca peptidica delle molecole HLA di classe Iderivano da proteine sintetizzate allinterno della cellulache espone le molecole di classe I. Di conseguenza, essisono antigeni endogeni. La macchina molecolareche genera questi frammenti peptidici a partire da protei-ne intracellulari e che li avvia alla tasca delle molecole diclasse I sempre meglio compreso (Fig. 4), ed statochiarito che frammenti peptidici vengono generati a par-

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tire da proteine cellulari grazie allazione del proteoso-ma, una sorta di fabbrica proteolitica formata da multiplesubunit.11 I peptidi generati dal proteosoma sono poi tra-sportati nel reticolo endoplasmatico (ER) per azione diuno specifico trasportatore transmembranario formato damultiple subunit. Questo trasportatore contiene duesubunit che legano lATP per questo denominate tran-sporter associated with antigen presentation di tipo 1(TAP-1) o 2 (TAP-2) codificate dai geni localizzati nelcomplesso genico dellMHC (Fig. 2). Una volta entratinellER, i peptidi sono inseriti nella tasca peptidica dellemolecole MHC di classe I ad opera di una proteinadellER, o tapasina.12 Linterazione con la 2-microglo-bulina stabilizza il complesso che quindi trasportato dalcomplesso di Golgi alle vescicole esocitiche che, a lorovolta, rilasciano i complessi intatti sulla superficie cellu-lare. Questo processo molto efficiente affinch i pepti-di virali prodotti allinterno di una cellula infettata davirus vengano espressi sulla superficie cellulare in asso-ciazione con le molecole HLA di classe I in una formache possa essere riconosciuta delle cellule T CD8+ cito-tossiche. Questo meccanismo pu anche essere messo inopera per la presentazione di frammenti di proteinetumore-specifiche che potrebbero essere utili bersagliper limmunoterapia antitumorale.

FIG 4. Via cellulare di processazione e presentazione dellantigene. Le proteine di origine endogena sono digerite dal pro-teasoma e ridotte in piccoli frammenti peptidici che entrano nel reticolo endoplasmico (ER) grazie allazione della protei-na trasportatrice TAP. Qui i peptidi sono allocati sulla catena pesante della molecola di istocompatibilit di classe I che siassocia con una subunit 2-m prima che sia trasportata sulla superficie cellulare dove il complesso pu essere riconosciu-to dai linfociti T CD8+. Gli antigeni esogeni sono introdotti allinterno della cellula con un meccanismo di fagocitosi oendocitosi, vengono digeriti per azione degli enzimi lisosomiali e trasportati nellendosoma di classe II+ per essere alloca-ti nella tasca della proteina di istocompatibilit di classe II. Le proteine di classe II appena sintetizzate si associano con unaproteina a catena invariante che protegge la tasca peptidica fino a quando esse non vengono trasportate nellendosoma diclasse II+. In questo compartimento la catena invariante degradata proteoliticamente e rimpiazzata dal peptide antigeni-co ad opera della proteina HLA-DM. Il complesso proteina di classe II-peptide cos assemblato poi trasportato fin sullamembrana plasmatica dove pu essere riconosciuto dalle cellule T CD4+ (modificata con lautorizzazione di Huston).

Proteosoma

Antigeneendogeno

Nucleo

Catena invariabile

Molecola HLAClasse II

ER

2-m

HLA Classe Icatena

Peptidi

Trasportatore

Molecola Classe Icon Peptide

PeptidiComplesso di

superficie HLA classe II peptide

Antigeneesogeno

Complesso di superficie HLA classe I peptide

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Molecole MHC di classe II

Analogamente alle molecole di classe I, anche le mole-cole HLA di classe II sono costituite da due catenepolipeptidiche, in questo caso transmembranarie, defi-nite e .Le tre proteine maggiori di classe II sono denominateHLA-DR, HLA-DQ e HLA-DP. Le molecole codificatein questa regione genica sono state inizialmente identifi-cate sierologicamente e poi attraverso luso di test diimmunit cellulare. Conseguentemente, la loro nomen-clatura non sempre riflette quella dei geni che codificanoper tali molecole. Questo vero in particolare per HLA-DR, in cui i geni posti nella sottoregione HLA-DR codi-ficano per una catena (designata DRA) molto pocopolimorfica (un allele comune e due molto rari) e per duecatene polimorfiche (designate DRB1 e DRB3) (Fig. 2).Lappaiamento della catena comune con la catenaDRB1 produce la proteina HLA-DRB1. Sono stati indivi-duati pi di 260 alleli HLA-DRB1. Lunione della catenacomune con la catena DRB3 produce molecole denomi-nate da HLA-DRB2 a HLA-DRB9. Ci sono, in totale, 75diversi alleli da HLA-DRB2 a HLA-DRB9. La sottoregio-ne HLA-DQ codifica per una catena polimorfica (22alleli) e per una catena polimorfica (53 alleli). La sotto-regione HLA-DP codifica per una catena polimorfica(20 alleli) e una catena polimorfica (100 alleli). Poichsia le catene che le di HLA-DQ e HLA-DP sonopolimorfiche, ogni individuo pu esprimere quattro dif-ferenti proteine HLA-DQ e quattro differenti proteineHLA-DP. Inoltre, poich la catena poco polimorficadellHLA-DR pu appaiarsi con una catena HLA-DRB1e una HLA-DRB3 sia del cromosoma materno che pater-no, ogni individuo pu esprimere fino a quattro distinteproteine HLA-DR. Ognuna di queste ha il potenziale perlegare un largo repertorio di peptici antigenici rendendodifficile, per un patogeno, poter mutare la propria strut-tura in una forma non riconosciuta nel contesto di unaproteina HLA di classe II. Ciascuna catena delle protei-ne di classe II contiene un corto ancoraggio citoplasma-tico, un domino transmembranario e due domini extra-cellulari denominati 1 e 2, per la catena , 1 e 2per la catena . Quando le catene e si appaiano, idomini 1 e 1 si combinano per formare la tasca nellaquale alloggiano i peptidi molto simile nella sua struttu-ra a quella che si forma per lassociazione dei domini 1e 2 delle proteine di classe I. I domini 2 e 2 delleproteine entrano nella costituzione della tasca peptidica,ed il dominio 2 interagisce anche con la molecola CD4,fornendo un meccanismo di riconoscimento ristrettodegli antigeni presentati in associazione con le proteinedi classe II alle cellule T CD4+. Le proteine di classe IIsono espresse costitutivamente dalle cellule B, dalle cel-lule dendritiche, dai monociti/macrofagi ovvero da tuttele cellule che sono in grado di presentare gli antigeni ailinfociti T CD4+.13 Lespressione delle proteine MHC diclasse II pu essere indotta anche su altri tipi cellulari, trai quali le cellule epiteliali ed endoteliali, dopo la stimo-lazione con IFN-, permettendo quindi a tali cellule dipresentare antigeni ai linfociti T CD4+ a livello dei siti diflogosi.14

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Gli antigeni presentati dalle proteine di classe II sonocollocati nella tasca peptidica degli antigeni di istocom-patiblit di classe II alla fine del ciclo esogeno che ini-zia con lendocitosi o la fagocitosi di proteine extracellu-lari (Fig. 4). Gli antigeni esogeni sono proteine antigeni-che dei patogeni extracellulari, come la maggior partedei batteri, dei parassiti e delle particelle di virus rilascia-te dalle cellule infettate e fagocitate. Gli antigeni fagoci-tati sono processati da enzimi proteolitici in modo da for-mare frammenti peptidici lineari allinterno di comparti-menti intracellulari che si formano dalla fusione dei liso-somi con i vacuoli fagocitici o endosomi.15 I frammentipeptidici si accumulano, quindi, nel compartimento cel-lulare in cui incontrano le proteine di classe II appenasintetizzate. Le proteine di classe II arrivano in questocompartimento con la tasca peptidica ben protetta dal-lassociazione con la catena invariante di classe II.16 Nelcompartimento nel quale si verifica lassociazione tra lemolecole di classe II ed il peptide antigenico, la catenainvariabile viene rimossa per progressiva proteolisi dellacatena invariante e per opera della molecola HLA-DM.In seguito, il peptide antigenico rimpiazza i frammentidi catena invariante nelle proteine di classe II mature.17

Le proteine di classe II, cos caricate con il peptideantigenico, sono quindi trasportate sulla superficiedella cellula per fusione dellendosoma con la mem-brana plasmatica.

Associazione tra allelli di HLA e suscettibilit allamalattia

Studi epidemiologici hanno dimostrato che pi di 100malattie si riscontrano con maggiore frequenza in indivi-dui dotati di particolari alleli HLA di classe I o II rispet-to alla popolazione generale.18 Limportanza di questieffetti sicuramente notevole, ma non assoluta. Peresempio, si passa dallosservazione che tra il 90% e 95%dei pazienti caucasici con spondilite anchilosante sonoHLA-B2719 allosservazione che tra il 30% e il 50% deipazienti caucasici affetti da diabete mellito di tipo I sonoeteroziogoti per HLA-DQ2/DQ8.20

interessante notare che HLA-DQ6 sembra fornire pro-tezione dallo sviluppo di diabete di tipo I. La maggiorparte delle malattie che mostrano unassociazione con lasuscettibilit a particolari geni HLA hanno a che farecon lautoimmunit. I meccanismi coi quali i genotipiHLA controllano la suscettibilit a queste malattie non ancora precisamente definita, ma probabile che la par-tecipazione delle molecole HLA nello stabilirsi dellatolleranza o, nel permettere il riconoscimento degli anti-geni ambientali sia la causa fondamentale di questofenomeno.21 Gli alleli protettivi dellHLA potrebberomediare leliminazione nel timo di linfociti T potenzial-mente patogeni, laddove gli alleli HLA suscettibilipotrebbero essere i responsabili del fallimento delleli-minazione dei linfociti T patogeni. I genotipi HLA pos-sono anche essere causa fondamentale della responsivi-t o della non-responsivit a certi vaccini. Per esempio,i soggetti HLA-DR3+ presentano una aumentata inci-denza di non responsivit alla vaccinazione per il virusdellepatite B.22

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LA PRESENTAZIONE DEGLI ANTIGENI HLA-INDIPENDENTE

La presentazione degli antigeni da parte delle molecoleHLA di classe I e II ai linfociti T CD8+ e CD4+ limi-tata agli antigeni proteici. Inizialmente si pensava che lerisposte agli antigeni polisaccaridici e lipidici fosseroristrette a risposte indipendenti dai linfociti T con la con-seguente attivazione diretta dei linfociti B da parte diantigeni con struttura ripetitiva; tuttavia, stato recente-mente riconosciuto che una classe di linfociti T ingrado di riconoscere antigeni presentati da molecole chenon sono i classici antigeni HLA di classe I e II. Una diqueste sottopopolazioni di linfociti T usa un recettoreantigenico costituito da catene e ed capace di rico-noscere antigeni lipidici presentati in associazione conmolecole CD1.23 Le molecole CD1 sono strutturalmentecorrelate con le molecole HLA di classe I in quanto sonoproteine transmembranarie con tre domini extracellularie associate con la 2microglobulina. Si conoscono cinquediverse isoforme di CD1 nelluomo definiti CD1a-CD1e,codificati da geni tra loro correlati non associatiallMHC. La cristallografia a raggi-X mostra che idomini 1 e 2 delle molecole CD1 si associano traloro in modo simile alle molecole di MHC di classe Iper formare una tasca di legame che pu adattarsi aicomponenti glicolipidici dei patogeni. I complessi

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CD1-lipidi possono anche fungere da bersaglio per ilriconoscimento da parte di linfociti T che usano il recet-tore T (vedi sotto). La presentazione dei lipidi micro-bici in associazione con le molecole CD1 sembra esse-re alla base del riconoscimento MHC-indipendente deimicobacteri da parte delle sottopopolazioni linfocitarieT, e .I linfociti T delluomo riconoscono gli antigeni anchein una maniera HLA-indipendente tramite linterazionecon proteine codificate dalle recentemente definite MHCclass I related chains (MIC), in modo da espandere ulte-riormente il repertorio di molecole che possono contri-buire allattivazione delle cellule T responsive.24

I LINFOCITI T

La popolazione dei linfociti T definita dalla espressionedel recettore di superficie TCR. Questo recettore si evoluto per il riconoscimento degli antigeni peptidici pre-sentati in associazione con le proteine MHC di classe I o II.I linfociti T si differenziano in varie sottopopolazioni, dicui una (linfociti T CD8+) ha la precipua funzione diuccidere cellule infettate da microbi intracellulari25, men-tre la seconda (linfociti T CD4+) destinata alla regola-zione delle risposte immuni sia cellulari che umorali.26 Idettagli circa i meccanismi grazie ai quali linfociti T si

FIG. 5. Differenziazione e maturazione delle cellule T nel timo. Le cellule staminali ematopoietiche commissionate adifferenziarsi in linfociti T fuoriescono dal midollo osseo e colonizzano la zona timica subcapsulare. Qui esse inizia-no il riarrangiamento dei geni del TCR. Una volta che si sia prodotta una catena TCR , le cellule migrano nella cor-teccia timica laddove avviene il riarrangiamento della catena del TCR. A questo punto la cellula T esprime entram-be le proteine di superficie CD4 e CD8. Queste cellule doppio-positive (DP) subiscono una prima selezione positivada parte delle cellule corticali epiteliali in base alla loro capacit di riconoscere proteine HLA proprie. Le cellule sele-zionate migrano quindi nella midollare timica dove subiscono una seconda selezione, stavolta negativa, ad opera dellecellule midollari epiteliali che rimuovono le cellule con eccessiva affinit per gli antigeni del self presentati in asso-ciazione con le molecole HLA. Le cellule emergono dalla selezione positiva come cellule singolo-positive (SP) inquanto esprimono CD4 o CD8 e sono poi esportate in periferia. Le cellule che falliscono la selezione positiva o nega-tiva sono rimosse per apoptosi. Una piccola frazione di cellule differenzia, riarrangiando, le catene e del TCR, inve-ce che le catene e (modificato, con lautorizzazione di Huston - vedi voce bibliografica 75).

Zonasottocapsulare Corteccia Midollare

Selezione positiva Selezione negativa Cellula THelper

CD3-

CD4-CD8-

TCR-

CD3+

CD4+CD8+

TCR+

CD3+

CD4+CD8+

TCR+

CD3+

CD4+CD8-

TCR+

CD3+

CD4-CD8+

TCR+

Affiniteccessiva per

peptideSelf+HLA

Affinit insufficiente per

HLA-Self

Apoptosi Apoptosi

CD3+

CD4-CD8-

TCR+

Cellula T

CTL

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sviluppano, acquisiscono la loro specificit antigenicae sono poi regolati in seguito al riconoscimento antige-nico nei tessuti periferici sono discussi nel capitolo 3.In questo capitolo viene fornita unintroduzione allar-gomento.

Ontogenesi dei linfociti T

Ogni singola cellula T dotata di recettori antigenicicon una singola specificit. Se pensiamo ad un reperto-rio di linfociti T che siano in grado di proteggere lindi-viduo da tutti i possibili patogeni esistenti bisognaimmaginare anche un enorme numero di cellule checodificano per una altrettanto vasta gamma di TCR.Questi recettori sono somaticamente assemblati da genidi variabilit, diversit e associazione (joining) inmodo da creare catene mature VJ e VDJ mature(vedi capitolo 3). Lassemblaggio di questi elementigenici ha inizio dal gene lymphoid-specific recombi-nase activating gene 1 (RAG1) e dalle proteine RAG2che clivano il DNA in prossimit dei segmenti V, D e J.I segmenti genici vengono in seguito riuniti da una seriedi enzimi riparatori del DNA fra cui la protein-chinasiDNA-dipendente, la Ku, la DNA ligasi IV e Artemis.27

Lazione di questi enzimi ad attivit ricombinasica con-duce ad un apparentemente casuale assemblaggio di V,D e J, per cui si producono spesso geni non funzionali.La selezione delle cellule dotate di geni TCR funziona-

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li avviene nel timo (Fig. 5), un complesso organo linfoi-de localizzato nel mediastino anteriore alla base delcollo.28 Il timo contiene tre compartimenti. Nel primocompartimento, la zona subcapsulare, i protimocitiossei provenienti dal midollo iniziano a differenziarsi,proliferare e riarrangiare le catene del TCR. Le cellu-le si spostano poi nella corteccia timica, dove gli ele-menti genici della catena si riarrangiano, per formareun TCR funzionale e potenzialmente maturo. Nellacorteccia le cellule saggiano se i loro recettori hannosufficiente affinit per le molecole MHC del self inmodo da permettere loro, infine, di riconoscere i com-plessi antigene-MHC. Ci determinato dalle intera-zioni tra i linfociti in via di maturazione e lepitelio cor-ticale specializzato. Se il linfocita fallisce questa sele-zione positiva, allora va incontro ad apoptosi ed elimi-nato dai macrofaci della corticale timica. Infine, nellamidollare timica le cellule sono analizzate per la loropotenziale auto-reattivit. Le cellule autoreattive sonorimosse per apoptosi e le cellule sopravvissute alla sele-zione negativa approdano alla circolazione generale.Meno del 5% dei linfociti T sopravvive alla selezionepositiva e negativa.Approssimativamente il 90-95% dei linfociti T circolan-ti dotato di TCR . Laltro 5-10% utilizza un TCRalternativo, sempre eterodimerico, composto dalle catenee ( e ). Anche le catene e si assemblano tramiteriarrangiamento di elementi V, D (solo per la catena ) e

FIG. 6. Il T-cell receptor e lattivazione della cellula T. A, il TCR completo include sia le catene riarrangiate, e ,che le catene CD3 , CD3 e CD3. Le catene CD3 contengono molecole ITAM, nei loro domini citoplasmatici, chepossono essere fosforilati in modo da attivare la cascata di segnalazione intracellulare che conduce alla attivazionedella cellula T. Lingaggio del TCR da parte del complesso MHC-peptide in assenza di molecole costimolatorie con-duce ad anergia. B, lingaggio del TCR da parte del complesso MHC-peptide in presenza delle molecole costimolato-rie CD28 (presente sulla cellula T) e CD80 o CD86. (B7.1 o B7.2) (presenti sulla APC) determina l attivazione dellacellula T. C, lattivazione policlonale delle cellule T pu essere originata da superantigeni che interagiscono al di fuoridella tasca peptidica con la catena 1 delle molecole MHC di classe II e con tutte le catene V di una particolare sot-toclasse.

Complesso TCRassenza di

co-stimolazione Anergia

Complesso TCRco-stimolazione

Attivazione

Complesso TCRsuperantigeneAttivazione

A B C

ITAMs

CD4

CD4 Superantigene

APCHLA Classe II

APCHLA Classe II

APCHLA Classe II

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J ad opera di RAG1 e RAG2. Una porzione delle celluleT generata nel timo, ma la maggior parte sembra esse-re generata in un compartimento extratimico, che da ori-gine alle cellule che popolano in gran parte il tratto GI.30

Il complesso recettoriale dei linfociti T

Le catene e antigene-specifiche del TCR si associa-no con le catene accessorie invariabili che fungono datrasduzione del segnale quando il TCR si lega al com-plesso antigene-MHC.31 Queste catene accessorie dannoorigine al complesso molecolare CD3 che consiste nellecatene transmembranarie CD3, CD3 e CD3 pi unomodimero prevalentemente intracitoplasmatico formatoda due catene CD. La stechiometria del complesso CD3non ancora completamente conosciuta ma sembra checiascun paio di TCR si associ ad un eterodimeroCD3, ad un eterodimero CD3 ed ad un omodimeroCD3 (Fig. 6).Linterazione del complesso TCR/CD3 con un peptideantigenico presentato in associazione con una molecolaHLA fornisce solo un segnale parziale per lattivazionecellulare. Lattivazione completa della cellula richiedeinfatti anche la partecipazione di una molecola costimo-latoria, come ad esempio CD28, sulla cellula T e CD80o CD86 (anche conosciute con la sigla B7.1 o e B7.2,rispettivamente) sulla cellula presentante lantigene (Fig.6).32 Infatti, linterazione del complesso MHC-peptidecon il TCR in assenza di costimolazione conduceallanergia, ovvero, ad una prolungata non responsivitdella cellula T.33 Le porzioni intracitoplasmatiche di cia-scuna delle catene CD3 contengono dei motivi insequenza designati ITAMs (immunoreceptor tyrosine-based activation motifs). Quando molecole chiave ditirosina presenti in queste sequenze ITAM sono fosfori-late dalle chinasi recettore-associate Lck e Fyn, si origi-na una cascata attivatoria che coinvolge le proteine ZAP-70, LAT e SLP-76. Lattivazione di queste proteine portaa stimolazione della fosfolipasi C, allattivazione dellaproteine G Ras e Rac ed anche allattivazione sia dellaprotein-chinasi C, che della protein-chinasi mitogeno-associata (MAP). Insieme, questo complesso di eventiattivanti conduce allattivazione di geni che controllanola proliferazione e la differenziazione linfocitaria. Le vie

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che regolano negativamente questo processo sono soloparzialmente conosciute; tuttavia chiaro che la moleco-la di membrana CD45 una molecola chiave tirosin-fosfatasi con funzione de-attivante. Mutazioni che inte-ressano la funzione di molte delle molecole coinvolte neiprocessi dei segnali di trasduzione intracellulare delsegnale delle cellule linfoidi sono alla base di alcune sin-dromi di immunodeficienza primaria di tipo congenito(capitolo 12).

Le sottopopolazioni linfocitarie T

Durante il loro procedere attraverso il timo, le cellule T si differenziano in sottopopolazioni distinte, ciascunadelle quali dotate di repertori e funzioni effettrici bendefiniti. Le sottopopolazioni pi importanti sono classifi-cate in base alla loro selettiva espressione di CD4 o CD8di superficie. Nel timo, la maggior parte delle cellule Tsegue un programma di sviluppo durante il quale, nellacorteccia, dapprima non esprime n CD4 n CD8 (cellu-le doppio negative) poi esprime sia CD4 che CD8 (cellu-le doppio positive [DP]).35 Le cellule DP sono sottopostead una selezione positiva nella corteccia timica; quelleche sono selezionate su molecole di MHC di classe Idiventano CD4- CD8+ e quelle che sono selezionate sumolecole MHC di classe II diventano CD4+ CD8-, quin-di si spostano nella midollare timica per la selezionenegativa e infine raggiungono la periferia. Nel sangue enegli organi linfoidi secondari dal 60 al 70% delle cellu-le T sono CD4+CD8- (CD4+) e dal 30 al 40% sono CD4-CD8+ (CD8+). Le cellule CD4+ sono generalmente designate comecellule helper ed agiscono nellattivare sia la rispostaimmune umorale (B-cell help) che la risposta cellulare(risposte di ipersensibilit ritardata ed altre). Le cellule CD8+ presentano una maggiore attivit cito-tossica contro le cellule infettate da microbi intracellula-ri e contro le cellule tumorali, ma esistono in questapopolazione anche cellule che regolano negativamente(down-regolazione) le risposte immuni (cellule soppres-sorie). Una classe importante di cellule regolatorie caratteriz-zata da CD4+ CD25+ e secerne le citochine immunore-golatorie TGF- (transforming growth factor ) ed IL-

TABELLA I. Struttura, funzione e distribuzione degli isotipi degli anticorpi.

Subunit IgM IgD IgG1 IgG2 IgG3 IgG4 IgA1 IgA2 IgE

Forma* 5 1 1 1 1 1 1,2 1,2 1Peso molecolare, kDa 950 175 150 150 150 150 160,4 160,4 190Concentrazione sierica, mg/mL 2 0,03 10 4 1 0,5 2 0,5 0,003Attivazione del complemeto C/A +/- -/+ ++/+ +/+ ++/+ -/+ -/+ -/+ -/-Capacit legante del macrofago (FcR) + - ++ ++ ++ - ++ ++ -Sensibilizzazione mastocitaria - - - - + - - - +++Attraversamento placenta - - ++ + ++ +/- - - -Trasporto mucosale# - - - - - - +++ +++

* 5= pentamero, 2= dimero, 1= monomero C= via classica, A= via alternativa# Solo dimero.

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10.36 Circa il 5-10% delle cellule T presenti nel sangueperiferico, nei linfonodi e nella milza sono CD4-CD8.Alcune di queste cellule usano recettori TCR ed altrerecettori TCR . Le cellule doppio negative non ricono-scono gli antigeni nel contesto dellMHC di classe I o diclasse II. Alcune di queste cellule riconoscono gli antige-ni in associazione con la molecola MHC I-correlata CD1che adattata alla presentazione di componenti glicoli-pidici dei micobatteri e di altri microbi.23 Una sottopopo-lazione di cellule doppio negative riconosce MIC(MHC class I related protein).24 Sia le cellule CD4+ cheCD8+ si differenziano in sottopopolazioni funzional-mente distinte dal dopo lesposizione allantigene. Ladifferenziazione delle cellule T CD4+ da cellule vergi-ni (o nave) ad effettori molto ben conosciuta.37 Le cel-lule CD4+ nave a riposo (o cellule T helper, [Th]) libe-rano piccole quantit di citochine. Immediatamente dopola stimolazione da parte dellantigene e dellAPC, le cel-lule Th cominciano a produrre IL-2 e sono designatecome cellule Th0. Via via che le cellule Th continuano arispondere al segnale attivante, esse differenziano verso ifenotipi funzionali Th1 e Th2, sulla base del tipo di cito-chine presenti nel sito di attivazione.38 LIL-12 prodottadai macrofagi o dalle celule NK induce la differenziazio-ne verso i Th1 mentre la IL-4 prodotta dalle cellule TNK1.1+ o dai mastociti induce la differenziazione versoil fenotipo Th2. Le cellule Th1 sono caratterizzate dalla produzione diIL-2, IFN- e linfotossina, mentre le cellule Th2 produ-

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cono IL-4, IL-5, IL-9, IL-10, IL-13 e GM/CSF (granulo-cyte-macrophage colony stimulating factor) (vedi tabellaIV, capitolo 3). Nella maggior parte delle risposte immu-ni, le cellule Th mostrano una combinazione delle carat-teristiche di Th1 e Th2; tuttavia dopo una immunizzazio-ne prolungata, la risposta pu diventare prevalentementeTh1 o Th2. Generalmente, le cellule Th1 sono responsa-bili delle risposte cellulo-mediate e le cellule Th2 sonoresponsabili delle risposte umorali, di quelle verso glielminti e delle risposte allergiche. Anche le cellule TCD8+ possono dare origine a risposte caratterizzate daproduzione di citochine di tipo 1 o di tipo 2, nel qual casole cellule sono designate come cellule citotossiche di tipo1 (Tc 1) e di tipo 2 (Tc 2).39 La comprensione dei fattoriche determinano se una risposta Th predominante si indi-rizzi verso il fenotipo Th1 o Th2 cruciale per lallergo-logo/immunologo clinico. I recenti progressi ottenutinellimmunizzazione utilizzando differenti tipi di adiu-vanti (ad es. CpG DNA) dimostrano che fattibile ri-pro-grammare nei soggetti atopici le risposte di tipo allergi-co dominate dalle cellule Th2 indirizzandole verso unarisposta protettiva di tipo Th1.40

I Superantigeni

Gli antigeni convenzionali si legano ad una porzione dimolecole MHC e ad una piccolissima frazione dellim-pressionante dispiegamento di recetttori delle cellule T.Di conseguenza un peptide antigenico convenzionale atti-

FIG. 7. Differenziazione e sviluppo delle cellule B. Le cellule B differenziano nel midollo osseo, a partire dalle cellu-le staminali, per diventare cellule mature che esprimono IgM e IgD di membrana. Questo si verifica in assenza dellan-tigene. Nei tessuti linfoidi periferici, le cellule B possono quindi maturare ulteriormente sotto linfluenza dellantige-ne e con laiuto delle cellule T, per andare incontro allo switch isotipico ed alla maturazione della loro affinit median-te mutazione somatica. I fattori che controllano la differenziazione finale da cellule B, secernenti anticorpi, a plasma-cellule non sono ancora stati ben caratterizzati. Sono state dimostrate delle correlazioni tra lo stadio di differenzia-zione cellulare e lespressione di molecole importanti nella cellula (TdT, RAG1/RAG2, catene citoplasmatiche) esulla superficie cellulare (MHC classe II, CD19, CD21, CD25, CD45 e Ig di superficie). Modificata con il permessodi Huston (vedi voce bibliografica 75)

Cellula staminale Cellula Pre-B Immatura Matura Attivata PlasmacellulaSecretoria

Attivazione Switchisotipico

mutazionesomatica

??

TdT

RAG1/RAG2

MHC Classe II

CD19

CD21

CD25

CD45

citoplasmatiche

IgM di membrana

IgG/A/E di membrana

Antigene-indipendente Antigene-dipendente

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va solo una piccolissima parte del pool totale di cellule T.I superantigeni, viceversa, sono prodotti microbici che silegano ad un vasto numero di TCR e di molecole MHC,cosicch un singolo superantigene pu attivare fino al 20%e pi dei linfociti T totali di 1 uomo. Il superantigene operalegandosi senza necessit di processazione proteoliticaalla molecola MHC al di fuori della tasca legante lantige-ne e a proteine del TRC esternamente al sito legante lan-tigene MHC (Fig. 6). Per esempio la tossina 1 (TSTT-1)della sindrome da shock settico prodotta dalloStaphylococcus aureus pu attivare tutte le cellule T dota-te del TCR che possiedono catene V2 e V5.1.Lattivazione di un cos ampio numero di cellule T indot-to dai superantigeni responsabile della massiva liberazio-ne di citochine ed altri mediatori che determinano condi-zioni cliniche quali la sindrome da shock tossico.41

I LINFOCITI B

Ontogenesi B e recettore per lantigene dei linfociti B

I linfociti B costituiscono circa il 15% dei leucociti delsangue periferico e sono caratterizzati dalla produzionedi Ig. Ad eccezione di quanto detto sopra, le molecole Igsono composte da due catene pesanti identiche di 50 kDae da due catene leggere identiche di 25 kDa di tipo o (vedi Fig. 2, Capitolo 3). Le porzioni amino-terminalidelle catene pesanti e leggere variano, nelle loro sequen-ze aminoacidiche, da una molecola anticorpale allaltra.Queste porzioni variabili sono designate VH e V o V,rispettivamente. La giustapposizione di un segmento VHe di un segmento V o V crea la porzione legante lan-tigene della molecola Ig intera. Le regioni variabili, siadelle catene pesanti che delle catene leggere, contengonotre sub-regioni altamente variabili nellambito delle dif-ferenti molecole anticorpali. Queste sequenze ipervaria-bili costituiscono il dominio legante lantigene dellamolecola. In tal modo, ogni Ig ha due identici siti di lega-me. Le porzioni carbossi-terminali delle catene leggere epesanti sono costanti in ciascuna sottoclasse di anticorpi.Le regioni costanti della catena pesante si appaiano a for-mare il dominio Fc della molecola, che responsabiledella maggior parte delle funzioni effettrici della moleco-la Ig, incluso il legame con i recettori per Fc e lattivazio-ne del complemento.I geni che codificano per la catena leggera sono situatisul cromosoma 2 e i geni che codificano la catena legge-ra sono posti sul cromosoma 22. Il locus genico per lacatena pesante posto sul cromosoma 14. I loci che codi-ficano, per le catene leggere e pesanti, sono composticiascuno da una serie di elementi genici V (variabili)seguiti da diversi segmenti D (diversit), questi ultimisolo per le catene pesanti, alcuni segmenti J (joining) eda esoni C (regione costante). I geni delle regioni costan-ti delle catene leggere sia di tipo che sono codificaticome singoli esoni. Il gene delle catene pesanti, al con-trario, contiene esoni che codificano nove differentiregioni costanti che servono a generare le differenti clas-si e sottoclassi di Ig (Tabella 1).Le cellule B si differenziano dalle cellule progenitrici

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staminali ematopoietiche a livello del midollo osseo. qui che i loro recettori per lantigene (Ig di superficie)sono assemblati da building blocks genetici in un pro-cesso mediato da RAG1/RAG2 in modo analogo a quel-lo usato per la produzione di TCR funzionali. La porzio-ne amino-terminale di ciascuna catena pesante creatadalla combinazione somatica di geni che codificano peruna regione variabile (VH), una regione della diversit(DH) e per una regione joining (JH). Lunione di geni checodificano per la parte variabile e costante delle cateneleggere genera la porzione amino-terminale delle cateneleggere. Le giunzioni VH-JH e VL-GL delle catene legge-re che si originano da questa ricombinazione danno ori-gine alla terza porzione ipervariabile che contribuiscealla formazione del sito che lega lantigene. La diversitnella sequenza aminoacidica della terza regione iperva-riabile il risultato di un legame combinatorio V-D-J edanche di sequenze non codificanti aggiunte nei siti digiunzione dallazione dellenzima disossi-nucleotidiltransferasi terminale (TdT) che espresso nelle cellule Bin via di sviluppo per tutto il tempo in cui si verifica ilriarrangiamento genico.

Come si sviluppa il repertorio delle cellule B

La differenziazione delle cellule staminali verso la lineaB dipende dalle cellule stromali midollari che produconoIL-7. Lo sviluppo delle cellule B segue un programma diespressione differenziale degli antigeni di superficie e diriarrangiamento genico sequenziale delle catene leggeree pesanti (Fig. 7). Inizialmente, il complesso enzimaticoricombinasi catalizza la fusione di una delle regioni geni-che DH a una regione genica JH con delezione dellesequenze di DNA interposte. Questa ricombinazioneDHJH avviene su entrambi i cromosomi. In un secondomomento, la ricombinasi unisce uno dei geni della regio-ne VH con il gene riarrangiato DHJJ. In questa fase vieneespressa TdT, che permette laggiunta casuale di nucleo-tidi nei siti di unione DH-JH e VH-DHJH, aumentando ilpotenziale di diversit delle sequenze aminoacidichecodificate dal gene riarrangiato VHDH-JH. Lelementoriarrangiato VHDHJH forma la maggior parte dellesone inposizione 5 di questo gene riarrangiato genico dellacatena pesante ed seguito da esoni che codificano perla regione costante della catena che si abbina ad unacatena leggera per produrre IgM e ancora pi a valle daesoni che codificano per la regione costante della catena utilizzata per formare le IgD. Le catene e sono pro-dotte come risultato di uno splicing alternativo dellRNAdellesone VHDHJH sia sugli esoni che codificano per che di quelli di . Se il riarrangiamento degli elementiVH, DH e JH produce un trascritto per la catena pesanteche compreso nella cornice di lettura e codifica per unacatena pesante proteica di tipo funzionale, una volta chela catena pesante prodotta, si abbina nella cellula condue proteine, 5 e VpreB, che agiscono come una sortadi surrogato della catena leggera in modo da formare ilrecettore della cellula pre-B. Lespressione di questorecettore pre-B sulla superficie cellulare previene il riar-rangiamento di VH a DHJH sullaltro cromosoma, facendos che la cellula B in via di sviluppo sia caratterizzata da

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una specificit antigenica. Questo processo chiamatoesclusione allelica. Se il primo riarrangiamento VHDHJH al di fuori della cornice di lettura e non produce unaproteina funzionale della catena pesante, allora un geneVH si riarrangia sullaltro cromosoma in un secondo ten-tativo di riarrangiamento del gene della catena pesante.Se anche questo tentativo di riarrangiamento non ha suc-cesso, la cellula va incontro ad apoptosi ed eliminata. Una volta che la catena pesante funzionale sia stata pro-dotta, la cellula down-regola il proprio gene TdT e iniziail riarrangiamento della catena leggera. Per primo, si riar-rangia un elemento V ponendosi in contiguit con unelemento J. Se in questo modo si forma una catena leg-gera funzionante, allora la catena leggera si abbina conla catena pesante per formare una proteina Ig intera fun-zionante e ogni altro tentativo di riarrangiamento dellacatena leggera termina. Se invece il primo riarrangia-mento fallisce, allora il riarrangiamento si verifica sul-laltro cromosoma. Se anche questo fallisce, allora siverifica il riarrangiamento delle catene . I geni RAG1 eRAG2 sono espressi esclusivamente durante il riarran-giamento delle catene pesanti e leggere, eccetto che inalcune cellule B che esprimono recettori autoreattivi chesembrano capaci di esprimere nuovamente i loro geniRAG e vanno incontro ad una sorta di revisione delrecettore mediante un riarrangiamento secondario deigeni delle catene leggere.43 Tutti questi processi sfocianoin un assemblaggio delle componenti che legano lanti-gene proprie del recettore della cellula B. Come il TCR,il recettore completo della cellula contiene delle proteineaddizionali di transmembranarie di tipo invariante deno-minate Ig e Ig che attivano i segnali intracellularidopo il legame del recettore allantigene.44 Anche le cel-lule B possiedono un complesso co-recettoriale che costituito da CD19, CD81 e di CD21 (recettore per ilcomplemento 2) e che attivato dal legame con la protei-na attivata del complemento C3d.45 Sia Ig che Ig pos-seggono domini ITAM nella loro regione citoplasmaticaed usano vie di trasduzione del segnale simili a quelledelle cellule T. La via di signalling propria delle cellu-le B comprende la famiglia src delle chinasi -Blk, Fyn eLyn- che fosforilano le sequenze ITAM poste sulle cate-ne Ig e Ig. Il segnale di attivazione passa, poi, attraver-so la tirosin chinasi Syk e la proteina linker BLNK allecomponenti del signalling poste a valle quali la fosfoli-pasi C e i fattori di scambio del nucleotide guanina.Infine, come per le cellule T, lattivazione della proteinchinasi C, la mobilizzazione del calcio e lattivazioneRas/Rac-dipendente delle MAP-chinasi conduconoallattivazione di nuove trascrizioni geniche che induco-no la proliferazione e la maturazione cellulare.

Lo switch isotipico e la maturazione per affinit

Le cellule B vergini (B nave) esprimono IgM ed IgDsulla superficie cellulare. Questi due isotipi immunoglo-bulinici sono dovuti allo splicing alternativo dello stessoesone VHDHJH con gli esoni delle catene pesanti e .Per ciascun gene delle catene pesanti, lo splicing alterna-tivo permette sia lespressione degli anticorpi legati allamembrana (splicing di un esone di transmembrana) che

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di quelli secreti e dal momento che la cellula B maturasotto linfluenza dei linfociti T helper, le citochine diderivazione T-cellulare sono responsabili dello switchisotipico. Lo switch isotipico un processo per cui il riar-rangiamento del DNA mediato in parte dallenzimaAID (attivit citidinica deaminasica indotta dellattiva-zione), enzima che ha una sequenza omologa alle deami-nasi per la processazione dellRNA. Lo switch spostalesone riarrangiato VHDHJH in una posizione immediata-mente a monte degli esoni della catena pesante alternati-va.46 Questo fa s che un esone funzionalmente riarran-giato VHDHJH possa essere utilizzato per la produzioneanticorpi di isotipo differente ma dotati della medesimaspecificit antigenica. LIL-10 prodotta dai linfociti T responsabile dello switch a IgG1 e IgG3. La IL-4 e lIL-13 causano lo switch verso le IgE mentre il TransformingGrowth Factor- causa lo switch per la produzione diIgA. LIFN- o altri prodotti ancora sconosciuti delle cel-lule Th1 sembrano essere responsabili dellinduzionedello switch verso le IgG2.Nello stesso tempo in cui le cellule B vanno incontro alloswitch isotipico, un processo attivo responsabile dimutazioni, apparentemente casuali, nella porzione legan-te lantigene, sia delle catene leggere che di quelle pesan-ti. Anche questo processo sembra richiedere AID.46 Sequeste mutazioni hanno come risultato una perdita diaffinit per lantigene, la cellula perde importanti segna-li di crescita mediati dal recettore e muore. Se, vicever-sa, le mutazioni hanno come risultato unaumentata affi-nit per lantigene, allora la cellula che produce quel par-ticolare anticorpo prolifera in risposta allantigene e cre-sce fino a dominare sulle restanti cellule responsive. Lamutazione somatica e lespansione clonale delle cellulemutate si verificano nei centri germinativi dei tessuti lin-foidi secondari.47

La risposta B-cellulare T dipendente

Gli antigeni che attivano le cellule T, attivano anche lecellule B, dando origine a risposte anticorpali in cui lecellule T forniscono un help per la maturazione dellecellule B. Questa maturazione include sia linduzionedello switch isotipico, in cui le citochine prodotte dallecellule T indirizzano lisotipo delle Ig prodotte, che lat-tivazione delle mutazioni somatiche. Le interazioni cel-lulari che sono alla base dellazione help delle cellule Tsono dipendenti dallo specifico antigene e traggono van-taggio dalla capacit delle cellule B di agire come cellu-le APC. Le cellule B, che catturano lantigene per ilquale sono commissionate attraverso le loro Ig di mem-brana, internalizzano lantigene e lo processano al lorointerno per poi presentarlo sulla superficie cellulare inassociazione a molecole HLA di classe II. La catturadellantigene (uptake) aumenta lespressione delle mole-cole di istocompatibilit di classe II ed anche di CD80 edi CD86. Le cellule T attivate dalla combinazione, sullacellula B, di molecole co-stimolatorie e complesso anti-gene molecole di classe II, inviano segnali attivatori allacellula B mediante linterazione tra ligando di CD40(CD40L) posto sulla cellula T e la molecola CD40 postasulla superficie della cellula B. Il signaling attraverso

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