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Domenica 19 maggio 2013 – Anno 5 – n° 136 1,20 – Arretrati: 2,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 Il Reticente della Repubblica di Marco Travaglio L’ altroieri il ministro degli Esteri britannico ha ordinato al Coroner che indaga sull’as- sassinio di Aleksandr Litvinenko, l’ex agente Kgb avvelenato a Londra 7 anni fa con un tè al polonio, di insabbiare l’inchiesta che puntava ai servizi segreti russi e di coprire col segreto di Stato il ruolo di quelli britannici. Il gentile omaggio al regime di Mosca segue di pochi gior- ni il vertice Cameron-Putin. E tanti saluti alla famiglia Litvinenko, che non avrà mai giustizia per non disturbare la politica e gli affari. In Italia questo – grazie alla Costituzione che tutela l’in- dipendenza della magistratura “da ogni altro potere” e l’azione penale obbligatoria – non può accadere. Almeno sulla carta. Ma sempre più spesso si tenta di farne una prassi: con leggi in- costituzionali, attacchi e processi disciplinari ai magistrati che doverosamente ignorano la (pre- sunta) “ragion di Stato”, e sempre più frequenti “moniti” del presidente della Repubblica, au- toproclamatosi capo della magistratura grazie alla complicità dei politici col culo sporco e dei giuristi di corte. Ora Napolitano è stato citato come teste dai pm di Palermo per spiegare cosa voleva Mancino quando tempestava di telefo- nate il Colle chiedendo interventi indebiti (in parte ottenuti) sulle indagini sulla trattativa; e cosa intendeva dire il suo consigliere D’Am- brosio un anno fa, quando gli ricordò per iscrit- to di aver confidato a lui (“lei sa”) e “anche ad altri” le “ipotesi” e i “timori” di essere stato usato come “ingenuo e utile scriba di cose utili a fin- gere da scudo per indicibili accordi”. Siccome D’Ambrosio è morto, la cosa più naturale è che Napolitano riferisca tutto ciò che sa al processo che si apre il 27 maggio per far luce sulla trat- tativa Stato-mafia, costata la vita a Borsellino, cinque uomini di scorta e dieci cittadini di Fi- renze e Milano. Ma ecco subito trapelare sulla stampa corazziera le solite esalazioni quirina- lesche senza testo né firma, che esprimono “sor- presa” (Repubblica ) e “stupore” per le “ferite ria- perte” (il Corriere, che aggiunge un irresistibile tocco di surrealismo, deplorando un fantoma- tico “insopportabile e quasi ossessivo fronte po- litico-mediatico schierato contro il Colle”). Si ripete il copione già visto dopo le intercet- tazioni Mancino-D’Ambrosio-Napolitano, col bombardamento mediatico e istituzionale (conflitto alla Consulta) contro la Procura di Palermo. Allora si raccontava la frottola del Pre- sidente che non può essere indagato né inter- cettato (infatti non lo era) in base a fantoma- tiche “prerogative”. Ora si favoleggia di un suo presunto diritto a non testimoniare, negando addirittura il dovere dei pm di citarlo. Il favo- lista più zelante è l’ormai irriconoscibile Mi- chele Ainis, che sul Corriere si esercita in una memorabile arrampicata sulle specchiere del Quirinale. A suo dire, il processo per accertare la verità sulla trattativa è una guerra e citare 176 testi equivale a “sparare 176 colpi di pistola, ma anche di cannone”, perché nella lista ci sono diversi papaveri: Napolitano, Ciampi, Grasso e il Pg della Cassazione, Ciani. Il che sarebbe “una rivalsa se non proprio una vendetta” dei pm contro il Colle. Parrebbe “il trionfo del principio di eguaglianza” (sancito dalla Costituzione), in- vece è “la mortificazione del principio di ra- gionevolezza” (ignoto alla Costituzione, ma an- che alla ragionevolezza stessa: se si processa la trattativa Stato-mafia, è ragionevole che fra gli imputati e i testi siedano anche uomini dello Stato, tantopiù se ancora un anno fa si scam- biavano strani messaggi sul tema). La “ragio- nevolezza” alla Ainis ricorda tanto il modello inglese: il governo ordina agl’inquirenti di non disturbare il manovratore e quelli eseguono. Ai- nis sa bene che il codice prevede espressamente “la testimonianza del presidente della Repub- blica” (art. 205 Cpp), fissandone il luogo (il Qui- rinale). Dunque il Presidente, come ogni cit- tadino, ha l’obbligo di rispondere e dire la verità, altrimenti è reticenza o falsa testimonianza. Segue a pag. 9 dc LA SOLITUDINE DEGLI ELETTORI di Antonio Padellaro D i bandiere del Pd ce n’era una soltanto, ma siamo convinti che di elettori del Pd ce ne fossero davvero molti, forse la maggioranza tra i centomila di piazza San Giovanni a Roma dove, ieri, intorno alla Fiom-Cgil di Mauri- zio Landini, c’erano con la sinistra del la- voro, della legalità e della dignità, Stefano Rodotà, Sergio Coffe- rati, Gino Strada, An- tonio Ingroia, Nichi Vendola e i 5Stelle. La- voro e diritti che teoricamente dovrebbero stare a cuore al Pd dell’ex leader della Cgil Epifani, così come a Bersani e agli altri esponenti del sinedrio democratico che, sempre molto teo- ricamente, di sinistra dovrebbero sentirsi. È un caso unico, quello di un gruppo dirigente che, come paralizzato da una forza potente quanto misteriosa, abbandona i propri militanti nella solitudine politica anche a costo di perderli per sempre. Una coazione a ripetere gli stessi errori che dura guarda caso da un decennio, da quan- do (era il 2002) sempre in quella piazza San Giovanni un milione di cittadini dissero: basta con Silvio Berlusconi. Sembrò la volta buona, ma poi furono lasciati soli dai Ds, e si è visto come è finita. Oggi la situazione si presenta an- cora più grave. È comprensibile che, dopo il vergognoso tradimento del contratto con gli elettori, quei dirigenti che firmando la resa nelle mani di Napolitano sono andati al governo con il Pdl non abbiano più il coraggio e la faccia per mostrarsi a un popolo che forse non li riconosce più. Solo in due non hanno avuto paura di an- dare in piazza: Fabrizio Barca e Matteo Orfini. Gli altri sono o ministri o sottosegretari. Esiste anche il problema opposto, poiché farsi vedere accanto a Landini e Rodotà potrebbe scatenare le ire dei Brunetta e dei Cicchitto, e ciò per i colonnelli delle larghe intese pd è oltremodo disdicevole. Michele Serra sull’Espresso ha nar- rato da par suo la triste con- dizione dei deputati e senatori democratici, costretti a convi- vere nella stessa maggioranza con i berluscones: “Le inven- tano tutte, dai sedativi alla can- nabis, e i più audaci tagliano la testa al toro e diventano di de- stra”. C’è poco da ridere: con il sesto senso della satira, Serra ha colto nel segno. È il destino di chi, a furia di arretrare sui principi e di fare compromessi con la propria storia, non si ri- corda più chi era e da dove ve- niva. Del resto, la classe ope- raia è dispersa e anche il lavoro si va estinguendo. Non è me- glio allora “fare spogliatoio” con Alfano e Quagliariello? Centomila persone a Roma con la Fiom, Vendola, Rodotà, Strada, Ingroia e i 5Stelle, ma senza democratici. Presenti a titolo personale Cofferati, Barca e Orfini (contestato). Landini a Epifani: “State al governo con B., non coi lavoratori. E l’Imu è un falso problema” Metà della ricchezza nazionale è in mano al 10 per cento delle famiglie. E i top manager guadagnano 163 volte in più di un dipendente. La famosa equità NELLA PIAZZA PER IL LAVORO MANCA SOLTANTO IL PD U di Furio Colombo LE LARGHE INTESE: STORIA GROTTESCA DI UN AUTOCOMPLOTTO IL SUPERTESTIMONE Accetti: “Orlandi era poco, rispetto alla nostra guerra contro Wojtyla” di Rita Di Giovacchino L aboratorio artistico, scale che scendono e salgono, musicisti che suonano, attori che recitano. Alle pareti pannel- li teatrali firmati da Fassoni Ac- cetti, fotografo, sceneggiatore. » pag. 14 Il Pd è così autolesionista che le lamette da barba lo usano per suicidarsi » www.spinoza.it LA CATTIVERIA La Procura lo cita come testimone sugli “indicibili a cco rd i ” evo c a t i da D’Ambrosio: Cicchitto l’accusa di “d e s ta b i l i zza re ” Mirabelli: “Co n f l i t to istituzionale”. Violante: “Pm arroganti” d’E s p o s i to, Lo Bianco e Rizza » pag. 4 - 5 » TRATTATIVA » Pdl e giuristi vicini al Colle contro i pm di Palermo I corazzieri scatenati: “Napolitano non parli” Calapà e Cannavò » pag. 2 - 3 C erto che c’è un complotto. Ci deve essere una ragione, urgente e grave e pericolosa, se il nuovo Segretario del Pd, già Segretario della CGIL, è costretto a non andare al corteo e alla manifestazione della FIOM (Cgil) che difende accanitamente il lavoro. Per non turbare il governo delle larghe intese? » pag. 18 All'interno » pag. I - IV GIUNTA PER LE AUTORIZZAZIONI Mercoledì La Russa sarà relatore su quattro richieste dei magistrati per procedere contro B. Di Blasi » pag. 6 Paura Pd-governo: Silvio è diffamatore “insindacabile”? Gino Strada, Sergio Cofferati, Maurizio Landini e Stefano Rodotà alla manifestazione Fiom di ieri LaPresse y(7HC0D7*KSTKKQ( +@!z!,!#!;

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Domenica 19 maggio 2 01 3 – Anno 5 – n° 136 € 1,20 – Arretrati: € 2 ,0 0

Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)

tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009

Il Reticente della Repubblica

di Marco Travaglio

L’altroieri il ministro degli Esteri britannicoha ordinato al Coroner che indaga sull’as-

sassinio di Aleksandr Litvinenko, l’ex agenteKgb avvelenato a Londra 7 anni fa con un tè alpolonio, di insabbiare l’inchiesta che puntava aiservizi segreti russi e di coprire col segreto diStato il ruolo di quelli britannici. Il gentileomaggio al regime di Mosca segue di pochi gior-ni il vertice Cameron-Putin. E tanti saluti allafamiglia Litvinenko, che non avrà mai giustiziaper non disturbare la politica e gli affari. In Italiaquesto – grazie alla Costituzione che tutela l’in-dipendenza della magistratura “da ogni altropotere” e l’azione penale obbligatoria – non puòaccadere. Almeno sulla carta. Ma sempre piùspesso si tenta di farne una prassi: con leggi in-costituzionali, attacchi e processi disciplinari aimagistrati che doverosamente ignorano la (pre-sunta) “ragion di Stato”, e sempre più frequenti“moniti” del presidente della Repubblica, au-toproclamatosi capo della magistratura graziealla complicità dei politici col culo sporco e deigiuristi di corte. Ora Napolitano è stato citatocome teste dai pm di Palermo per spiegare cosavoleva Mancino quando tempestava di telefo-nate il Colle chiedendo interventi indebiti (inparte ottenuti) sulle indagini sulla trattativa; ecosa intendeva dire il suo consigliere D’Am-brosio un anno fa, quando gli ricordò per iscrit-to di aver confidato a lui (“lei sa”) e “anche adaltri” le “ipotesi” e i “timori” di essere stato usatocome “ingenuo e utile scriba di cose utili a fin-gere da scudo per indicibili accordi”. SiccomeD’Ambrosio è morto, la cosa più naturale è cheNapolitano riferisca tutto ciò che sa al processoche si apre il 27 maggio per far luce sulla trat-tativa Stato-mafia, costata la vita a Borsellino,cinque uomini di scorta e dieci cittadini di Fi-renze e Milano. Ma ecco subito trapelare sullastampa corazziera le solite esalazioni quirina-lesche senza testo né firma, che esprimono “sor-presa” (Re p u b b l i ca ) e “stupore” per le “ferite ria-perte” (il Corriere, che aggiunge un irresistibiletocco di surrealismo, deplorando un fantoma-tico “insopportabile e quasi ossessivo fronte po-litico-mediatico schierato contro il Colle”).Si ripete il copione già visto dopo le intercet-tazioni Mancino-D’Ambrosio-Napolitano, colbombardamento mediatico e istituzionale(conflitto alla Consulta) contro la Procura diPalermo. Allora si raccontava la frottola del Pre-sidente che non può essere indagato né inter-cettato (infatti non lo era) in base a fantoma-tiche “prerogative”. Ora si favoleggia di un suopresunto diritto a non testimoniare, negandoaddirittura il dovere dei pm di citarlo. Il favo-lista più zelante è l’ormai irriconoscibile Mi-chele Ainis, che sul Co r r i e re si esercita in unamemorabile arrampicata sulle specchiere delQuirinale. A suo dire, il processo per accertarela verità sulla trattativa è una guerra e citare 176testi equivale a “sparare 176 colpi di pistola, maanche di cannone”, perché nella lista ci sonodiversi papaveri: Napolitano, Ciampi, Grasso eil Pg della Cassazione, Ciani. Il che sarebbe “unarivalsa se non proprio una vendetta” dei pmcontro il Colle. Parrebbe “il trionfo del principiodi eguaglianza” (sancito dalla Costituzione), in-vece è “la mortificazione del principio di ra-gionevolezza” (ignoto alla Costituzione, ma an-che alla ragionevolezza stessa: se si processa latrattativa Stato-mafia, è ragionevole che fra gliimputati e i testi siedano anche uomini delloStato, tantopiù se ancora un anno fa si scam-biavano strani messaggi sul tema). La “ragio-nevolezza” alla Ainis ricorda tanto il modelloinglese: il governo ordina agl’inquirenti di nondisturbare il manovratore e quelli eseguono. Ai-nis sa bene che il codice prevede espressamente“la testimonianza del presidente della Repub-blica” (art. 205 Cpp), fissandone il luogo (il Qui-rinale). Dunque il Presidente, come ogni cit-tadino, ha l’obbligo di rispondere e dire la verità,altrimenti è reticenza o falsa testimonianza.

Segue a pag. 9

dc

LA SOLITUDINEDEGLI ELETTORIdi Antonio Padellaro

Di bandiere del Pd ce n’era una soltanto, masiamo convinti che di elettori del Pd ce ne

fossero davvero molti, forse la maggioranza trai centomila di piazzaSan Giovanni a Romadove, ieri, intorno allaFiom-Cgil di Mauri-zio Landini, c’eranocon la sinistra del la-voro, della legalità edella dignità, StefanoRodotà, Sergio Coffe-rati, Gino Strada, An-tonio Ingroia, NichiVendola e i 5Stelle. La-voro e diritti che teoricamente dovrebbero starea cuore al Pd dell’ex leader della Cgil Epifani,così come a Bersani e agli altri esponenti delsinedrio democratico che, sempre molto teo-ricamente, di sinistra dovrebbero sentirsi. È uncaso unico, quello di un gruppo dirigente che,come paralizzato da una forza potente quantomisteriosa, abbandona i propri militanti nellasolitudine politica anche a costo di perderli persempre. Una coazione a ripetere gli stessi erroriche dura guarda caso da un decennio, da quan-do (era il 2002) sempre in quella piazza SanGiovanni un milione di cittadini dissero: bastacon Silvio Berlusconi. Sembrò la volta buona,ma poi furono lasciati soli dai Ds, e si è vistocome è finita. Oggi la situazione si presenta an-cora più grave. È comprensibile che, dopo ilvergognoso tradimento del contratto con glielettori, quei dirigenti che firmando la resa nellemani di Napolitano sono andati al governo conil Pdl non abbiano più il coraggio e la faccia permostrarsi a un popolo che forse non li riconoscepiù. Solo in due non hanno avuto paura di an-dare in piazza: Fabrizio Barca e Matteo Orfini.Gli altri sono o ministri o sottosegretari. Esisteanche il problema opposto, poiché farsi vedereaccanto a Landini e Rodotà potrebbe scatenarele ire dei Brunetta e dei Cicchitto, e ciò per icolonnelli delle larghe intese pd è oltremododisdicevole. Michele Serra sull’E s p re ss o ha nar-rato da par suo la triste con-dizione dei deputati e senatoridemocratici, costretti a convi-vere nella stessa maggioranzacon i berluscones: “Le inven-tano tutte, dai sedativi alla can-nabis, e i più audaci tagliano latesta al toro e diventano di de-stra”. C’è poco da ridere: con ilsesto senso della satira, Serraha colto nel segno. È il destinodi chi, a furia di arretrare suiprincipi e di fare compromessicon la propria storia, non si ri-corda più chi era e da dove ve-niva. Del resto, la classe ope-raia è dispersa e anche il lavorosi va estinguendo. Non è me-glio allora “fare spogliatoio”con Alfano e Quagliariello?

Centomila persone a Roma con la Fiom, Vendola, Rodotà, Strada, Ingroia e i 5Stelle, ma senza

democratici. Presenti a titolo personale Cofferati, Barca e Orfini (contestato). Landini a Epifani:

“State al governo con B., non coi lavoratori. E l’Imu è un falso problema”

Metà della ricchezza nazionaleè in mano al 10 per cento delle famiglie. E i topmanager guadagnano 163 volte in più di un dipendente. La famosa equità

NELLA PIAZZA PER IL LAVORO

MANCA SOLTANTO IL PD

U di Furio Colombo

LE LARGHE INTESE:

STORIA GROTTESCA

DI UN AUTOCOMPLOTTO

IL SUPERTESTIMONE

Accetti: “Orlandi

era poco, rispetto

alla nostra guerra

contro Wojtyla”

di Rita Di Giovacchino

Laboratorio artistico, scaleche scendono e salgono,

musicisti che suonano, attoriche recitano. Alle pareti pannel-li teatrali firmati da Fassoni Ac-cetti, fotografo, sceneggiatore.

» pag. 14

Il Pd è così autolesionista che lelamette da barba lo usano persuicidarsi

» w w w. s p i n oza . i t

LA CATTIVERIA

La Procura lo cita come

testimone sugli “indicibili

a cco rd i ” evo c a t i

da D’Ambrosio: Cicchitto

l’accusa di “d e s t a b i l i zza re ”

Mirabelli: “Co n f l i t to

istituzionale”. Violante:

“Pm arroganti” d’E s p o s i to,

Lo Bianco e Rizza » pag. 4 - 5

» TRATTATIVA » Pdl e giuristi vicini al Colle contro i pm di Palermo

I corazzieri scatenati:“Napolitano non parli”

Calapà e Cannavò » pag. 2 - 3

Certo che c’è un complotto. Ci deve essere unaragione, urgente e grave e pericolosa, se il nuovo

Segretario del Pd, già Segretario della CGIL, è costrettoa non andare al corteo e alla manifestazione dellaFIOM (Cgil) che difende accanitamente il lavoro. Pernon turbare il governo delle larghe intese? » pag. 18

All'interno » pag. I - IV

GIUNTA PER LE AUTORIZZAZIONI

Mercoledì La Russa sarà relatore

su quattro richieste dei magistrati

per procedere contro B. Di Blasi » pag. 6

Paura Pd-governo:

Silvio è diffamatore

“i n s i n d a c ab i l e ”?

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Stuart Clark

il sensorio

di dioromanzo

Nel romanzo

di un grande

autore scientifico,

un ritratto accurato

e vividissimo

dei padri della

scienza moderna.

quando il romanzo incontra la scienza

edizioni Dedalo

L’ora della verità

di Marco Travaglio

Dunque, al processo di Norimberga che siapre a Palermo il 27 maggio contro i tra-

ditori dello Stato che vent’anni fa trattavano conCosa Nostra mentre questa sterminava magi-strati, agenti di scorta e cittadini comuni, siederàsul banco dei testimoni anche Giorgio Napoli-tano. La notizia della sua citazione nella lista testidella Procura di Palermo susciterà le solite po-lemiche, vista la pretesa di intoccabilità che hatrasformato – complici giuristi di corte e sen-tenze di Corte – il Presidente della Repubblica inun monarca assoluto, peraltro ignoto alla Co-stituzione. Ma, per quanti sforzi facciano i co-razzieri della penna e dell’ugola, difficilmentetroveranno obiezioni al suo dovere di dire la ve-rità in un processo e al diritto di una Procura dicitarlo (è già teste a Caltanissetta al processoBorsellino).Le intercettazioni fra lui e Mancino, distrutte perordine della Consulta proprio nel giorno del suoreinsediamento, non c’entrano nulla. C’entranoquelle, regolarmente depositate agli atti del pro-cesso, fra il suo consigliere giuridico LorisD’Ambrosio e lo stesso Mancino, che premevasul Quirinale per allontanare da sé e da Palermol’amaro calice delle indagini; e ne ottenevaudienza e soddisfazione. D’Ambrosio è morto enon potrà parlare. Ma Napolitano sì: dopo averassicurato di non aver nulla da nascondere né datemere, anzi di pretendere tutta la verità, potràfinalmente spiegare il tramestio telefonico edepistolare tra un indagato e la massima caricadello Stato. E potrà anche chiarire un altro mi-stero, raccontato dal Fa t to nell’ottobre scorso, inbeata solitudine. Nella lettera di dimissioni (poirespinte) che D’Ambrosio gli aveva inviato il 18giugno 2012 dopo le polemiche sulle sue tele-fonate con Mancino, il consigliere ricordava lasua lunga collaborazione con Falcone e aggiun-geva: “Lei sa di ciò che ho scritto anche di re-cente su richiesta di Maria Falcone. E sa che inquelle poche pagine non ho esitato a fare cennoa episodi del periodo 1989-1993 che mi preoc-cupano e fanno riflettere; che mi hanno portatoa enucleare ipotesi – solo ipotesi di cui ho dettoanche ad altri – quasi preso anche dal vivo ti-more di essere stato allora considerato solo uningenuo e utile scriba di cose utili a fungere dascudo per indicibili accordi. Non le nascondo diaver letto e riletto le audizioni all’Antimafia diprotagonisti e comprimari di quel periodo e diaver desiderato di tornare anche a fare indagini,come oltre 30 anni fa”.Purtroppo, nel libro Giovanni Falcone un eroe solo,dei misteriosi “episodi 1989-'93” che l’avevano“preoccupato” e “fatto riflettere”, D’Ambrosiodice poco o nulla. Ma, nella lettera al Presidente,scrive che le sue “ipotesi” Napolitano le conosce(“lei sa”), e non solo lui (“ho detto anche ad al-tri”). Ipotesi legate alla trattativa Stato-mafia, alpunto di indurlo a sospettare di essere stato usa-to come “ingenuo e utile scriba di cose utili afungere da scudo per indicibili accordi”. Perciòrivolgemmo a Napolitano alcune domande.1) Da chi D’Ambrosio temeva di essere stato usa-to come “scriba”? Non certo da Falcone, dunquedai politici sopra di lui in quel periodo, al go-verno (premier Andreotti) e in Parlamento (pre-sidenti delle Camere, Napolitano e Spadolini).Ma anche dopo (“protagonisti e comprimari”sentiti in Antimafia). 2) Chi fra quei politici, lousò come “scudo per indicibili accordi”? 3) Aquali “altri” il consigliere confidò i suoi sospetti?4) E perché, quando fu sentito due volte cometeste dai pm di Palermo, non li mise al corrente eanzi negò di sapere qualcosa, se davvero volevapersino “tornare a indagare”? 5) Quando D’Am-brosio gli espose le sue ipotesi e gliele mise periscritto, Napolitano gli chiese spiegazioni, det-tagli, nomi e cognomi? 6) Se lo fece, perché noninformò la Procura? Se non lo fece, fu perchénon gliene importava niente, o per altri motivi?E quali? A noi il Presidente non ha mai risposto.Ora dovrà rispondere ai giudici. Giurando di di-re tutta la verità, nient’altro che la verità.

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