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TAURINI indoeuropei e celto-liguri

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TAURINIindoeuropei e celto-liguri

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Prima dei Taurini e dei Liguri:l’età del Bronzo in Piemonte

È noto che molte fonti antiche identificavano i Liguri come popoloantichissimo e autoctono definendoli come preindoeuropei, un substratolocale risalente alla più antica preistoria. In effetti la documentazionelinguistica e toponomastica può lasciare intravedere un’etnogenesi progressivaformatasi per la graduale acquisizione di un’identità etnica da parte di gruppiin cui risultava rilevante una componente locale preesistente.

A partire da un momento centrale della media età del Bronzo (XVI sec.a.C.), con quella cultura1 che viene archeologicamente definita facies diViverone, appare marcato l’avvio di una netta separazione di un’identitàculturale e successivamente etnica dell’Italia nord-occidentale dalle Alpi alcorso dell’Oglio rispetto alla Pianura Padana. In un quadro di evidentiinfluenze esterne in cui si presumono spostamenti di piccoli gruppi guerrierifortemente mobili grazie allo sviluppo dell’allevamento bovino e del cavallo,il Piemonte occidentale dimostra di gravitare nell’areale della Cultura deiTumuli centroeuropea.

Nel corso del XV-XIV secolo a.C. si denota un ambito culturalmenteunitario, anche attraverso l’affermarsi del rito funerario della cremazionetipico dei Campi d’Urne ancora in contatto con l’area transalpina rodanianae renana. Con il XIII secolo a.C. appaiono evidenti differenze nella geografiadel popolamento: la cultura di Canegrate, a cavallo del corso del Ticino,conosce un grande sviluppo delle relazioni commerciali e un’ininterrottacrescita demografica preparando nell’età del Ferro la successiva cultura diGolasecca, mentre il popolamento nelle altre aree del Piemonte, in particolarenel cuneese e nell’alessandrino (la zona chiamata Liguria interna nell’etàdel Ferro) sembra più rado.

Nell’età del Bronzo finale (XII-X secolo a.C.) l’area piemontese corrispondea quell’entroterra mitico e lontano che i primi Greci frequentatori dell’Altoadriatico collegheranno alle vie per l’Europa sconosciuta, agli Iperborei, aiCigni, all’ambra.

I Liguri, vicini agli Iperborei rappresentano le popolazioni protoceltichestanziate a nord e a sud del Po, senza quella distinzione tra Celti a nord delPo e Liguri a sud che si caratterizzerà per i geografi antichi solo dopo lacalata gallica del IV secolo a.C.

In particolare il Piemonte nord-occidentale e la Valle d’Aosta sembranoancora mantenere stretti contatti con l’area transalpina franco-elvetica erenana caratterizzata dalla cultura dei Campi d’Urne, come a confermareil mito del contatto tra Liguri e Iperborei delle fonti classiche.

Testo a cura di Stefania Padovan

BibliografiaGambari F.M. 1998. Gli insediamenti e la dinamica del popolamento nell’età del Bronzo e nell’età del Ferro, in Archeologia in Piemonte, La Preistoria(a cura di L. Mercando e M. Venturino Gambari), volume I, Torino, pp. 129-146.

Ligures Celeberrimi. La Liguria interna nella seconda età del Ferro 2004. Ligures Celeberrimi. La Liguria interna nella seconda età del Ferro(a cura di Venturino Gambari M. – Gandolfi D.), Mondovì, 26-28 aprile 2002.

1) In archeologia preistorica la definizione di una cultura all’interno delle manifestazioni materiali rinvenute negli scavi deriva dal riconoscimento ripetitivo e coerente di sistematici abbinamenti di caratteri tipologici ricorrentinello stesso momento cronologico su un territorio delimitato, che esulano da necessità funzionali e indirizzano a definire una identità, che per tutta la preistoria non equivale al riconoscimento di omogeneità etniche.

Nel VI secolo a.C. la necessità di attivazione di una direttricecommerciale in territori scarsamente popolati è uno dei fattori determinantidelle prime infiltrazioni nel Piemonte occidentale di gruppi transalpinidella cultura di Halstatt, anche se mancano al momento dati sufficientiper tracciare quel processo che porterà alla distinzione dell’area taurino-salassa del Piemonte nord-occidentale (provincia di Torino); tuttavia,gli indizi che si intravedono sembrano mostrare elementi di discontinuitàe turbamento rispetto ai processi di etnogenesi evidenziati per l’arealeligure e golasecchiano.

Il passaggio nel IX secolo a.C. all’età del Ferro è segnato da un fortecambiamento climatico che vede un aumento della piovosità, il ritirodei ghiacciai alpini e un conseguente abbandono di siti lungo il corsodel Po e il commercio su via fluviale. L’improvviso venir meno di uncomplesso di basi e di insediamenti che costituiva l’asse centrale deicommerci porterà ad una chiara definizione dei tre diversi arealicaratteristici del Piemonte nella piena età del Ferro: si denota la precisaindividualità della Cultura di Golasecca nel Piemonte nord-orientalelungo il corso del Ticino, mentre gli insediamenti della Liguria interna,favoriti dallo svilupparsi della navigazione lungo il Tanaro restituisconostretti contatti con l’ambiente villanoviano ed etrusco dell’Emilia e dellaLiguria costiera (necropoli di Chiavari).

Urna cinerariada una tomba a cremazionedella necropoli di Morano sul Po(Età del Bronzo Finale - XI sec. a.C.)da: Archeologia in Piemonte, La Preistoria, 1998

Forme di fusione bivalveper spada a lingua di presada Piverone(Età del Bronzo Finale - XI sec. a.C.)da: Archeologia in Piemonte, La Preistoria, 1998

Frammento di piccolo recipienteda Verrua Savoia, loc. La Rocca-Quartieri.(Età del Bronzo Finale - XI sec. a.C.)foto archivio GAT

Cultura di Canegrate Areale golasecchianoFacies Alba - Solero Areale ligureAreale alpino occidentale Areale taurino - salassodi influenza della Facies Alba - Solero

Tarda Età del Bronzo Età del Ferro

Confronto tra gli areali piemontesi della tarda età del Bronzo (a sx) e dell’età del Ferro (a dx):Taurini e Salassi sopraggiungono nel VI secolo a.C. provenendo dall’area alpina orientale.

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TAURINIindoeuropei e celto-liguri

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L’alba di una civiltàI primi riferimenti geografici relativi all’esistenza e allo stanziamento di popolazioni celtiche

in Italia ci vengono forniti dalle fonti classiche greche, nelle quali si annota la loro presenzagià dal VI secolo a.C. dalle sorgenti del Danubio fino all’estremo occidente d’Europa.

L’impossibilità da parte dei Celti di affidare la propria cultura alla scrittura ha costituito permolto tempo un serio problema per archeologi e studiosi. Si sapeva però che importantiinsediamenti erano presenti nel V secolo nelle regioni centro-europee situate tra il massiccioalpino e il confine meridionale delle pianure del Nord: questa cultura archeologica vennedenominata di La Tène o lateniana (V-IV sec.), dal nome della località svizzera (vicino al lagodi Neuchâtel) nei cui pressi furono ritrovati numerosi ed importanti reperti quali armi, utensili,monili e monete.

I ritrovamenti piemontesi (Castelletto Ticino, Novara) e lombardi (Sesto Calende e Golasecca,Varese) dimostrarono chiaramente che la celtizzazione dell'Europa era avvenuta molto primadella comparsa della cultura di La Tène nel V secolo. Dal IV secolo infatti aveva avuto inizioin modo imponente l'invasione della Pianura Padana da parte di popolazioni galliche, seguendosostanzialmente due direttrici: la prima e più importante coinvolse centinaia di migliaia diindividui, i quali si stanziarono lungo tutto il territorio compreso tra le Alpi e la riva del mareAdriatico fino ad Ancona, scacciando Etruschi e Umbri; la seconda, non meno importante, fugenerata dalla tradizione in uso presso i Galli di combattere come mercenari, circostanza cheli portò a utilizzare la propria grande prestanza fisica e il valore indomito, in tutte le guerrecombattute per il predominio del Mediterraneo, servendo in particolare gli eserciti cartaginesie quelli di Dionigi I, condottiero dei Greci di Sicilia.

I Celti si sostituirono agli Etruschinel controllo delle città da essifondate quali Felsinea che sitrasformò in Bononia (Bologna),Mantova, Spina e l'importantecentro appenninico di Marzabotto(BO), teatro in seguito di impor-tantissimi ritrovamenti archeolo-gici.

Per l'autore classico Tito Liviol’invasione del nord della penisolaavvenne in modo pressoché inin-terrotto durante l’arco di due secoli.Gli ultimi pare furono i Galli Se-noni i quali, guidati da Brenno,parteciparono al sacco di Romadel 390 a.C.. Livio riporta ancheun passo interessante riferito allafondazione di Mediolanum, ovveroMilano, in cui l'orda gallica entranel territorio degli Insubri attiratadal nome della tribù, identico aquello di un popolo facente partedella nazione degli Edui transal-pini, e decide di insediarvisi.

Da quanto finora esposto si potrebbero trarre due conclusioni circa la natura dell'invasionegallica della Penisola: secondo le fonti più antiche – e questa visione influenzò a lungol'iconografia classica – i Galli furono visti come selvaggi invasori esclusivamente dediti allaviolenza e al saccheggio (pensiamo al sacco di Roma appena citato), mentre secondo versionipiù recenti il fenomeno migratorio avvenne in modo lento e pacifico, dando la possibilità apopoli diversi di amalgamarsi senza traumi. Come spesso avviene, dobbiamo mutuare partedi entrambe le ipotesi, propendendo per una terza soluzione in cui trovano spazio scenari diaspro confronto militare (la cacciata degli Etruschi dalla Valle del Po) ed evidenti riuscitiesempi di coabitazione, come testimoniato dai ritrovamenti archeologici di Monte Bibele,presso Bologna, che ci mostrano sepolture miste tra individui di stirpe gallica e individui dietnia etrusca, uniti in matrimonio.

È interessante sottolineare la collaborazione che si creò tra i primi coloni galli e le successiveondate migratorie, che si susseguirono fino a tutto il IV secolo. La comunanza di usi, costumi,lingua e culti religiosi, non fece altro che cementare accordi e unioni fra le diverse nazionigalliche che si ritrovarono a fronteggiare unite prima gli Etruschi poi gli Umbri, i Veneti einfine la potenza espansionistica di Roma.

Le popolazioni galliche riuscirono quindi per due secoli a radicarsi su una parte considerevoledel territorio della penisola italica, vivendo a contatto con le genti autoctone, integrandosi consuccesso e lasciando tracce indelebili che sono tutt’oggi riscontrabili nella cultura e negli usidi tutta la pianura Padana, con qualche elemento anche nel centro e nel sud Italia.

Testo a cura di Gianfranco Bongioanni(Terrataurina e GAT)

Il crepuscolodei Celti Cisalpini

Il destino dei Galli cisalpini fu segnato quandoquesti ultimi legarono la propria sorte allosvolgimento delle guerre puniche che videroRoma opporsi alla nascente potenza militare diCartagine. Le armate celtiche, infatti, sischierarono con quest’ultima fin dal 263 nelcorso della prima guerra punica, occupandosempre posizioni di prima linea durante lebattaglie e contribuendo in modo determinanteall’impresa di Annibale (iniziata nel 221 con lacampagna di Spagna e culminata nel 218 con labattaglia di Canne).

Fu con le battaglie di Talamone (225 a.C.) edi Clastidium (Casteggio, 222 a.C.) che la civiltàceltica cisalpina subì una decisiva battutad’arresto. Già dal 243 i Celti della pianura Padanaavevano cercato, forse per una sorta dilungimiranza, l’appoggio dei guerrieri d’oltralpenel tentativo di opporsi in modo solidale allaminaccia espansionistica romana. Le consueteliti e faide interne impedirono che l’alleanza sirealizzasse.

A Talamone, una coalizione di Insubri, Gesati,Boi e Taurisci si immolarono in un’inutile car-neficina, forse troppo presi dal loro ardore guer-riero per contrastare l’efficienza militare romana.Poco dopo, nella battaglia di Casteggio, i Romanicompletarono l’opera infliggendo un’ennesimacocente sconfitta alle tribù galliche, arrivandofino a Mediolanum (Milano) e costringendo gliInsubri a tentare una resistenza disperata: infine,essi fuggirono sulle montagne, per non perirementre la loro capitale veniva saccheggiata.

Tramontava così un’epoca che aveva vistofronteggiarsi fieramente per duecento anni ledue differenti etnie. Piegate le tribù galliche delnord della Gallia Cisalpina, i romani si dedica-rono alla disfatta e all’annientamento di quellache era considerata la più potente fra le nazioniceltiche stanziate al disotto del fiume Po, i Boi.Prima di allora tutta la Pianura Padana era con-siderata dagli stessi romani “Gallia”, il resto delterritorio era “Italia”. Si hanno notizie di eroicie sfortunati tentativi di ribellione da parte ditutte le tribù galliche fino all’82 a. C., allorchéla Gallia Cisalpina venne dichiarata provinciaromana, ma la possibilità di un’alternativa storicaera – da tempo – definitivamente tramontata.

I Celti però non scomparvero del tutto. L’éliteguerriera fu incorporata – il più delle voltecoercitivamente – nelle legioni romane econtribuì ai successi militari degli esercitidell’Urbe sui nuovi scenari bellici della GalliaTransalpina e della Britannia. La classe deiproduttori si inserì perfettamente nel tessutosociale italico, portando con sé nuove tecnichenella lavorazione dei metalli e degli utensili,riproponendo il gusto artistico celtico nellaceramica e nella decorazione. Anche i druidi,poco alla volta, si amalgamarono con la categoriamedica, introducendo preziose nozioni econoscenze nella preparazione dei medicamenti.

Ricostruzione di unadelle fasi della

Danza dei Taurini. (a cura di Terrataurina).

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I CELTI in ITALIAdal trionfo al declinoI CELTI in ITALIA:dal trionfo al declino

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Il territorio piemontese nel periodo preromanoA partire dall’800 a.C., dall’est europeo e dai territori transalpini, attraverso i valichi alpini,

giunsero gruppi di origine indoeuropea alla ricerca di terre da coltivare nella fertile e lussureggiantepianura Padana, che a quel tempo era ricoperta, oltre che da paludi, anche da fitte foreste difarnie, pini silvestri (dal celtico pados, “pino silvestre”, derivano i nomi della valle Padana –ossia valle dei pini silvestri – e del Po, padus). Questi popoli saranno chiamati Keltoi dai grecie “Galli” dai romani.

I Celti in realtà non erano un unico popolo, ma una moltitudine di tribù con le più disparatecaratteristiche somatiche, dall’uomo basso di statura con carnagione scura sino a quello altodi carnagione chiara. L’arrivo di queste genti in Piemonte, come in tutto l’arco alpino, avvennesenza grande conflittualità, poiché l’integrazione con i popoli preesistenti fu pressoché totale;nel caso del Piemonte occidentale i Taurisci (Taurini) si sovrapposero al popolo autoctono deiLiguri attorno al V-IV secolo a.C.

A questi antichi abitanti delle Alpi dobbiamo un ulteriore impulso alla pastorizia montana,che trasformò territori inospitali in verdeggianti pascoli, con una ricchezza di specie erbaceeche rendono le Alpi un territorio unico al mondo e patrimonio dell’umanità.

I valichi alpini furono teatro del passaggio di eserciti come quello cartaginese, guidato daAnnibale, e delle legioni di Roma. Il greco Polibio, nei capitoli 15 e 17 delle “Storie”, ci offreuna rapida descrizione dei popoli subalpini, citando i Taurisci (i Taurini), gli Agoni, i Lebecie i Lai (i Laevi). Inoltre, aggiunge che erano stanziate numerose “altre tribù di barbari”, chevengono descritte più attentamente nelle opere degli storici a lui postumi, come Tito Livio,Plinio il Vecchio e Strabone, o elencate nelle iscrizioni dell’Arco di Augusto a Susa e nella“Sententia Minuciorum”.

Possiamo studiare attentamente i diversi ambiti geografici e culturali sotto vari profili,riconoscendone le caratterictiche celtiche o più tipicamente liguri e avventurandoci alla scopertadella loro lingua per evidenziare le tracce ancora presenti nella toponomastica e nelle espressionilinguistiche locali odierne, le loro attitudini economiche e i loro costumi, tutti argomenti cheimpegnano da tempo storici, linguisti, antropologi e archeologi.

Graioceli, Naburni, Acitavoni e SuanetiNel territorio di Lanzo e nella Valle di Viù, si insediarono i Graioceli, originari della attualeMaurienne, che diedero il nome alle Alpi Graie, mentre la Val Grande e la Valle di Ala eranoabitate dai Naburni. Gli Acitavoni, popolazione alpina di cui è difficile comprendere il territoriod’insediamento, sicuramente erano limitrofi dei Salassi e dei Medulli dell’alta Morienne. Alcunicartografi prenapoleonici li collocarono in alcune vallate del Gran Paradiso (Valle Orco, Valledi Rhemes e Val Savarenche).

La Valle Soana, secondo alcuni studi toponomastici, venne popolata dalla “tribù” dei Suaneti,popolo alpino originario dei Grigioni, in Svizzera. Ipotesi affascinante, ma provata esclusivamentedall’affinità fra il nome etnico dei Suaneti con il nome del torrente Soana; forse in questa valleera invece stanziata una “tribù” dei Salassi omonima del popolo elvetico.

Testo a cura di Gianfranco Bongioanni(Terrataurina e GAT)

Il Regno di Re Cozio

Re Cozio era a capo di una confederazione ditribù di entrambe i versanti alpini. La datasupposta di costituzione del regno è da collocarenon prima del 218 a.C., poiché nei documentiche parlano del passaggio di Annibale non sifa cenno a un regno alpino.

Tramite i monumenti eretti da OttavianoAugusto, come il trofeo di La Turbie e l’arcodi Susa, e ad alcuni passi delle opere deglistorici antichi è possibile stilare un elenco deipopoli di questo regno.

Sul versante piemontese conosciamo il nomee il relativo territorio dei popoli appartenenti aquesta unità amministrativa, come i Segusiniche abitavano Segusio, l’odierna Susa; il loroterritorio spaziava da Ocelum – collocatapresumibilmente nella zona fra Avigliana eVillardora (forse coincidente con Ad Fines,luogo di culto e di pedaggio, l’odiernaDrubiaglio) – al colle del Moncenisio. Altroloro centro importante e forse fortificato eraExcigomagus, da collocare presumibilmentenei pressi di Exilles.

Tra gli altri popoli conosciuti ricordiamo: iVennavi della Val Cenischia (da cui Venaus); iBelaci nel territorio tra Salbertrand eBardonecchia; i Segovii stanziati nella conca diGoesao (Cesana). La Valle Chisone era popolatadagli Iemeri, la Valle Pellice dai Maielli, nellaValle del Po erano stanziati i Vibelli – da cui ilnome latino di Forum Vibi, nei pressidell’odierna Barge.

Sul versante francese troviamo i Savincates,insediati anche nell’alto corso della Durance(da cui il toponimo Sauze, presente anche nelversante italiano); i Caturigi posti nella città diChorges (Caturigomagus) dalla qualeprovengono alcune iscrizioni ad essi relative;i Tebavi pare fossero nella valle dell’Ubaye.Gli Ectini e i Veamini erano stanziati nella valledella Tinèe; i Venisani fra il colle dell’Autarete Briançon, abitavano la Maurienne e inparticolare la valle dell’Arc da Aiguebelle alMoncenisio; i Medulli, gli Adanates abitavanoun territorio ancora non identificato; i Vesubianinella valle della Vesùbie; i Quariati nel territoriodel Queyras, che porta il loro nome.

Il re Cozio (a sinistra dell’altare, con il capo coperto) nell’atto dicompiere un sacrificio rituale. Lo seguono i suoi assistenti. A destra sinotano tre littori. Alle estremità, due tori sono pronti per essere sacrificati.Rilievo del fregio Sud dell’Arco di Augusto a Susa (TO).

Arco di Augustoa Susa (TO)

Venne edificatonel 9-8 a.C. percelebrare il patto dialleanza suggellatotra Augusto e Cozio,re di Susa,nel 13-12 a.C.

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I CELTI in PIEMONTE:molti popoli, una culturaI CELTI in PIEMONTE:molti popoli, una cultura

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Taurini: Celti, Liguri o Semigalli?Scoperte archeologiche recenti e il rinnovato quadro di conoscenze

sul Piemonte nell’età del Ferro rendono possibile un breve riepilogodelle notizie disponibili sui Taurini, una delle popolazioni più importantidelle Alpi Occidentali, ma di cui a tutt’oggi manca in bibliografia unpreciso quadro storico di riferimento e, a causa delle carenze che hannoafflitto per lungo tempo la ricerca protostorica in Italia nord-occidentale,anche un’affidabile definizione archeologica.

In realtà le stesse contraddizioni delle fonti, che definiscono i Tauriniora come un’antica popolazione ligure, ora come Celti provenientidall’area alpina orientale, o addirittura con l’ambiguo termine di“Semigalli”, trovano una composizione ed una spiegazione solo seconfrontate con le risultanze archeologiche dell’ultimo decennio.

Testo a cura di Gianfranco Bongioanni(Terrataurina e GAT)

BibliografiaGambari F.M. 1998.Gli insediamenti e la dinamica del popolamento nell’età del Bronzo e nell’età del Ferro,in Archeologia in Piemonte, La Preistoria (a cura di L. Mercando e M. Venturino Gambari),volume I, Torino, pp. 129-146.

Hic sunt Taurinis:cosa dicevano gli antichi autori

Erodiano, da Alessandria (II sec. d.C.), che cita Eratostene, daCirene (272-192 a.C.) I 153,25 = II 588,8 Lentz; Eratosth. III B117 Berger.

“Taurisci, popolo presso la catena delle Alpi. Sonodetti anche Taurini, come Polibio nel terzo libro.Eratostene li chiama Terisci con la e, e sono dettianche Tauri”

Strabone (64 a.C. – 24 d.C.) - Geografia IV 6, 6

“Sull’altro versante, rivolto verso l’Italia, del territoriomontuoso di cui ho parlato, abitano i Taurini, popololigure, e altri liguri. A questi appartiene anche lacosiddetta terra di Donno e di Cozio. Dopo di essie del Po vi sono i Salassi…”

Tito Livio, da Padova (59 a.C. – 17 d.C.) - Storie V, 34, 8

“[…] i Galli […] per i passi dei Taurini attraversaronotranquillamente le Alpi”

Ammiano Marcellino (ca 330 – 400 d.C.) - Storie XV 10

[nel 218 a.C. Annibale procedeva attraverso le Alpi] “con la guidadei vicini Taurini”

Ne emergono le tracce di una popolazione fiera e particolarmente caratterizzatache già in età romana all’insubre Plinio presentava peculiarità linguistiche,che controllava i valichi delle Alpi e la pianura compresa fra l’imboccaturedella Valle di Susa e le colline del Po; essa si opponeva con orgoglio allapotente lega degli Insubri, estesa da Bergamo a Vercelli.

Il nome dei Taurini deriva da Taur (monte), ovvero abitanti dei monti.Questo termine indicava tutti i popoli di stirpe celtica che abitavano le catenealpine (ad esempio i Taurisci del Norico).

In effetti, i Taurini altro non erano che i Taurisci abitanti della valle dellaDrava nella regione alpina orientale, i quali si spostano tra VI e III secoloa.C. verso sud e verso ovest, suddividendosi in due gruppi distinti maconservando tradizioni identiche. A sud, poco a nord di Belgrado allaconfluenza del Danubio, fondano l’oppidum di Taurunum (in età romanaTaurinum!); anche ad ovest, giunti alla confluenza fra Po (Padus) e Dora(Duria, da “dur” ossia acqua, seguito dal suffisso “-ia”) erigono una nuovacapitale, dal probabile nome di Taurunum, il primo nucleo dell’odierna Torino.

Le fonti del II secolo a.C. (Marco Porcio Catone, Polibio) concordanonell’indicare la presenza di Taurisci tra Piemonte e Valle d’Aosta, più mescolatial substrato ligure (dunque solo “semigalli”) nel Torinese – e all’origine traCanavese, Valle d’Aosta e Ossolano – di Leponti e Salassi. Questi ultimiassumono una denominazione tarda che in celtico vuol dire “quelli dei canali”,da una radice sala alla base di idronimi e toponimi in tutta la Cisalpinaoccidentale.

Indubbiamente la loro posizione territoriale rendeva i Taurini egemoni suuna vasta porzione dell’attuale Piemonte e permetteva loro di controllare siai passi alpini che le vie fluviali navigabili come il Po. Conosciamo il nomedi alcuni vicani dell’area taurina, come gli Airelaschi nei pressi dell’odiernaRevigliasco (dai quali forse trae il nome l’attuale Airasca), o i Supinensi(Stupinigi), mentre secondo alcuni studiosi il toponimo Santena deriverebbeda una “tribù” dei Galli Santoni, affermazione però che non è convalidatadalle fonti storiche.

Armilla TAURINA da Bric San Vito (Pecetto T.se)III sec. a.C. - Conservata presso i magazzini del

Museo di Antichità di Torino

Armilla TAURISCA da Kupinovo (Croazia)III sec. a.C. - Museo Archeologico di Zagabria

Taurini = Taurisci

Taurasia o Taurunum?Come si chiamava la città dei Taurini? Nessuna delle

fonti antiche ci tramanda il suo nome, con l’unicaeccezione, piuttosto tarda, di Appiano da Alessandria(ca 95 - ca 161 d.C.) che nella Storia Annibalica (Hannib.,5) scrive:“Annibale espugnata Taurasia oppidoceltico e uccisi i prigionieri...”

Il nome citato da Appiano, Taurasia, è molto dubbioe forse si lega ad una confusione di questa fonte tardacon la capitale dei Taurasini del Sannio (anche se, inalternativa, potrebbe riflettere un celtico Taurassa,aggettivazione da Tauri, che le fonti ci dicono esseredenominazione equivalente di Taurisci).

L’opinione corrente (F.M. Gambari) propende perl’ipotesi che l’appellativo Taurini, come l’equivalentetardo Taurinates, sia derivato dal nome della città, piùfacilmente Taurinum o Taurunum.

Va inoltre ricordato che anche i Taurisci stabilitisi neipressi dell’attuale Belgrado, durante il medesimo flussomigratorio che vide i nostri Taurisci/Taurini separarsidai primi e dirigersi all’estremità occidentale dellapianura Padana, chiamarono la loro capitale Taurunum:le riconosciute affinità culturali che legavano questi duetronconi di un medesimo ceppo celtico fanno pensareche, nel dare un nome al loro centro più importante,anche i Taurini possano aver seguito analoghe logichetoponomastiche.

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I TAURINI:peculiarità e parenteleI TAURINI:peculiarità e parentele

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Dalla fine degli anni ’70 ad oggi,nell’arco di poco più di un ventennio,gli studi sulla protostoria del Piemontehanno compiuto grandi progressi: ladocumentazione archeologica si è con-siderevolmente arricchita grazie alsistematico controllo del territorio e auna serie di scavi programmati, si sonodefiniti con maggiore precisione igruppi culturali, sono state ulterior-mente approfondite la cronologia e lacomplessa dinamica storica di tutto ilperiodo.

La definizione accurata degli ambiticulturali, cioè di quegli spazi geogra-fici dotati di peculiarità destinate apermanere nel tempo, è stata la pre-messa per una comprensione dellefonti archeologiche nell’ottica di unaricostruzione storica.

Testo a cura di Stefania Padovan

BibliografiaGambari F.M. 1998.Gli insediamenti e la dinamica del popolamento nell’età del Bronzo e nell’età del Ferro,in Archeologia in Piemonte, La Preistoria (a cura di L. Mercando e M. Venturino Gambari),volume I, Torino, pp. 129-146.

In Piemonte, durante l’età del Ferro (IX- II sec. a.C.), in base alle citazioni delle fontistoriche e soprattutto ai dati archeologici, è possibile riconoscere, pur con forti interrelazionie una comune caratterizzazione archeologica, tre ambiti culturali.

A sud del Po la Liguria interna, organizzata intorno alle vie di collegamento in sensoest-ovest, in particolare il corso del fiume Tanaro, dei suoi affluenti e dei valichi appenniniciverso la costa.

Le provincie di Novara, Vercelli, Verbania e in parte il Biellese rappresentano l’areapiemontese della cultura di Golasecca.

Le provincie di Torino e, in un secondo tempo anche Biella, appartengono ad un terzoambito, organizzato intorno alle vie di collegamento ai valichi della Valle d’Aosta e dellaValle di Susa definibile areale Taurino-Salasso, riconoscibile per la precoce ricomparsadel rito inumatorio per la sepoltura dei defunti e per particolari tipologie ceramiche.

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I TAURINI:e il loro territorioI TAURINI:e il loro territorio

Rocciamelone (Val di Susa), pittura sotto roccia, età del Ferro.Guerriero taurino a cavallo, armato di arco.da: Immagini dalla Preistoria, 1995

In particolare il territorio dei Taurini mostranell’organizzazione geografica di raccordo tra levie terrestri di valico delle Alpi e la via fluviale delPo, attivata nei commerci con il mondo etrusco finodal IX secolo a.C., un’evidente centralità dell’areacorrispondente all’attuale Torino, rispetto alla qualei due abitati di altura di Belmonte e della rocca diCavour sembrano collocarsi rispettivamente aiconfini settentrionale e meridionale del territorio,nel punto di raccordo tra l’alta pianura e le vallatealpine. Nelle fonti classiche è evidente la strettaconnessione tra Taurini e Alpi nonché il controlloda parte di questo popolo dei valichi più importantidelle Alpi occidentali che andavano dal Moncenisioverso il bacino dell’Isère, al Monginevro ed al Colledelle Traversette verso il bacino della Durance.

La funzione della via fluviale del Po, a partire daTorino, appare fondamentale soprattutto in rapportocon la Gallia e con il ruolo crescente che, a partiredal V secolo a.C. fino alla sconfitta di Annibale(218 a.C.) e alla ritirata dei Galli Boi (189 a.C.),assumerà in area nord-occidentale la sfera di in-fluenza di Massalia (Marsiglia).

Al Bric San Vito di Pecetto, a Belmonte, a Susa(Cascina Parisio), al Castelvecchio di Testona,l’arrivo di ceramica di aspetto massaliota (vedisotto) a metà del V secolo a.C. conferma la continuitàdi contatti transalpini, evidenti anche nelle pitturerupestri di Mompantero databili probabilmente alVI secolo o agli inizi del V secolo a.C.

Il territorio taurino-salasso, pur nelle ristrettezzedella documentazione, appare il più permeabile aigruppi transalpini sia nella prima che nella secondaetà del Ferro (rispettivamente culture transalpine diHalstatt e di La Tène).

Pecetto, loc. Bric San Vito. Ceramica affine a tipologie rinvenutenella Media Valle del Rodano, definita “grigia monocroma”.Immagine tratta dalla conferenza: I Taurini e i Celti nel Piemonte antico, Pecetto, ottobre 2004,a cura di F.M. Gambari per l’iniziativa “Il Ferro degli Eroi”.

Chiomonte, loc. La Maddalena. Sepoltura femminile ad inumazione, con corredo metallico riferibile a tipi dellacultura La Tène (400-350 sec. a.C.). La ricchezza del corredo (visibile all’altezza del bacino) giustifica il nomecon cui questa sepoltura è conosciuta, ossia “tomba della principessa”, per quanto si tratti in realtà di una donnapienamente adulta sulla cui posizione sociale è possibile solo avanzare ipotesi.

Chivasso. Questa imponente stele celtica (prob.IX-VI sec. a.C.), forse pietra di confine o partedi un tumulo funerario oggi disperso, vennericonosciuta e valorizzata non molti anni fa,dopo che per secoli era stata riutilizzata comeberlina per i condannati, cantonale e, infine,panchina nei giardini pubblici chivassesi.

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Ricostruzione ideale del villaggio taurino di Bric San Vito (fine V-III sec. a.C.). (disegno: Gigi Macis - Terrataurina)

Nel dettaglio, lo studio del materiale ceramico,che è da ritenersi ancora ad uno stadio preliminare,consente di muovere alcune considerazioni pre-liminari sugli aspetti cronologici-culturali dellafrequentazione protostorica del Bric San Vito.

Nonostante le dimensioni contenutedell’insediamento, l’analisi dettagliata del com-plesso dei materiali archeologici riferibili allacronologia in esame (fine V-IV secolo a.C.) hapermesso di evidenziare come siano giunti nelsito prodotti di scambio e commercio da areediverse, quali la valle del Rodano, la Lombardiae la Liguria costiera.

Il complesso fittile comprende soprattutto ce-ramica d’impasto medio-grossolano e talvoltafine. Le particolari condizioni di giacitura hannoperò compromesso in parte la conservazione deireperti al punto che le superfici sono spessoabrase e la frammentarietà riduce la possibilitàdi ricostruire le forme vascolari e i motivi deco-rativi.

In impasto grossolano si contano recipienti digrandi dimensioni per la conservazione e lacottura del cibo. I motivi decorativi più ricorrentisu queste forme sono zig zag semplici o doppi,linee incise orizzontali.

L’impasto medio-fine è stato invece utilizzatoper scodelle emisferiche e troncoconiche, quasimai decorate.

In associazione alla consueta ceramica realizzataa mano, è stata rinvenuta una particolare tipologiadi ceramica lavorata al tornio, chiamata grigiamonocroma (vedi figura a lato), caratteristicadei siti della Media età del Ferro d’Oltralpe, inparticolare dell’area provenzale e della Bassa eMedia Valle del Rodano.

La produzione di ceramica grigia monocromain ambito transalpino occidentale, cronologica-mente riferibile dal secondo quarto del VI secoloa.C. alla metà del IV secolo a.C., sembra diffe-renziarsi in vari sottogruppi a seconda delle areeterritoriali di rinvenimento.

Se nei siti localizzabili in area provenzale, inparticolare nell’entroterra dell’attuale Marsiglia(l’antica Massalia, colonia greca fondata daiFocei nel 600 a.C.), si rilevano i momenti piùantichi della produzione di ceramica grigia mo-nocroma, al Bric San Vito è possibile ravvisareun momento avanzato, collocabile all’inizio delIV secolo a.C., rappresentato da forme moltosemplici e senza decorazioni, quali scodelleemisferiche e carenate che trovano raffrontiprecisi in insediamenti dello stesso periodo nellaMedia Valle del Rodano.

La complessità culturale che accomuna i sitipiemontesi e quelli della Valle del Rodano inducequindi a individuare un’area circoscritta geogra-ficamente, oggetto di contatti e scambi che sfrut-tano percorsi attraverso i valichi alpini occidentalie non direttrici che seguono la costa ligure, cometestimonia la totale assenza allo stato attuale dellaricerca di questa classe ceramica nel Piemontemeridionale e, al contrario, il ritrovamento dialcuni frammenti a Belmonte (TO) e a CascinaParisio presso Susa (TO).

Sicuramente, ceramica di così alto valore tec-nologico non può essere stata realizzata in unsito localizzato in una posizione relativamentemarginale e di ridotte dimensioni come il BricSan Vito; sembra corretto ipotizzare che la vicinacittà dei Taurini (Taurasia/Taurunum) potessegestirne la produzione e distribuzione in tutto ilterritorio circostante. In questo periodo la stazionedel Bric San Vito avrebbe quindi rivestito il ruolodi enclave in un’area a popolamento ligure, confinalità di scambio commerciale e culturale.

Nel sito sembrano dunque incrociarsi influssiprovenienti da aree diverse per popolamento ecultura: un ambito strettamente ligure corrispon-dente al substrato locale ben riconoscibile nelrepertorio ceramico, accanto ad elementi carat-terizzanti i Celti d’Oltralpe (cultura di La Tène),in particolare reperti metallici rinvenuti nelloscavo databili al III secolo a.C. che segnano lafine della vita dell’insediamento preromano.

Qualche esempio dei recipienti in ceramica grigia monocroma rinvenuti a Bric San Vito. Scala 1:1 (disegni: Stefania Padovan)

La frequentazione protostorica diBric San VitoIl sito di Bric San Vito (presso Pecetto Torinese) ha restituitoabbondanti elementi per la ricostruzione della storia dellacollina in età preromana e una valutazione del potenzialearcheologico del territorio stesso.

Ripetuti interventi di scavo condotti dalla Soprintendenzaper i Beni Archeologici del Piemonte, a seguito di un’opportunasegnalazione e di prime iniziative di ricerca e tutela da partedel Gruppo Archeologico Torinese, hanno permesso ilritrovamento di numerosi reperti e il recupero di un importantecomplesso di dati.

Dopo una fase di studio del materiale archeologico recuperatodurante lo scavo, si può affermare con certezza che nel territoriodi Pecetto, in epoca preromana, erano stanziati i Taurini, unadelle popolazioni più importanti delle Alpi Occidentali, di cuia tutt’oggi manca un preciso quadro storico di riferimento eanche un’affidabile definizione archeologica, a causa dellecarenze che hanno afflitto per lungo tempo la ricercaprotostorica in Italia nord-occidentale.

In realtà le stesse contraddizioni delle fonti, che definisconoi Taurini ora come un’antica popolazione ligure, ora comeCelti provenienti dall’area alpina orientale, ora addirittura conl’ambiguo termine di “Semigalli”, trovano una composizioneed una spiegazione solo se confrontate con le risultanzearcheologiche dell’ultimo decennio.

Ne emergono le tracce di una popolazione fiera eparticolarmente caratterizzata (Plinio ne registrò, tra l’altro,le peculiarità linguistiche), che controllava i valichi delle Alpie si opponeva con orgoglio alla potente lega degli Insubri,estesa da Bergamo a Vercelli.

Ricostruzione di una delle capanne del villaggio taurino che sorgeva sulla sommità del Bric San Vito.(disegno: Gigi Macis - Terrataurina)

Inserendosi nelle vicende della seconda guerra punica, nel 218 a.C. lalega degli Insubri ricorrerà all’aiuto dei Cartaginesi per avere ragione deiTaurini, con la distruzione della loro capitale. Et Hannibal movit ex Taurinis,scrive lo storico romano Livio lasciando intendere la conseguente distruzionedi Taurasia (o – meglio – Taurunum, ubicata in prossimità dell’area dovevedrà la luce la successiva colonia di Augusta Taurinorum) e la totaledisfatta della popolazione locale.

È probabile che l’insediamento di Bric San Vito abbia risentito fortementedi questo evento e che, dopo tale data, si sia avviata una lenta decadenzache ne causò il totale abbandono già alla fine del III secolo a.C.

Per quanto riguarda la fase protostorica, le tre campagne di scavo condotteal Bric San Vito dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemontenegli anni 1994, 1995, 1996, hanno permesso di individuare strutturepertinenti ad abitazioni, quali focolari, buche per il sostegno di pali ligneie pozzetti-silos riferibili in particolare ad una capanna.

La struttura di quest’ultima, localizzata sul margine nord della sommitàdel bric, presenta una forma quadrangolare nonostante il perimetro sialeggibile soltanto parzialmente a causa del rimodellamento del sito avvenutoin età medievale.

Arroccato e naturalmente difeso dalla morfologia stessa del territorio, ilsito protostorico stanziato sul Bric San Vito poteva dominare il versantecollinare verso Torino (lo spartiacque è molto vicino) e contemporaneamentela piana di Chieri (Karreum).

Frammento di ceramicaprotostorica a impastomedio-grossolano,con decorazionestrumentale a triangolicon campitura orizzontalee carena percorsa da una filadi depressioni circolari.

Bric San Vito.Rinvenimento di superficie.

Scala 2:1

Testo a cura di Stefania Padovan

Riferimenti bibliografici

ARCELIN PRADELLE CH. 1984. La céramique grise monocrome en Provence, Revue archéologique de Narbonnaise, suppl. 10, Paris.

Fontes Ligurum 1976. Fontes Ligurum et Liguriae Antiquae, in Atti della Società Ligure di Storia Patria, n.s., XVI (XC).

GAMBARI F.M. 1998. Gli insediamenti e la dinamica del popolamento nell’età del Bronzo e nell’età del Ferro, in Archeologia in Piemonte, La Preistoria(a cura di L. MERCANDO e M. VENTURINO GAMBARI.), volume I, Torino, pp. 129-146.

PANTÒ G. 1995. Lo scavo del castrum di Monspharatus: il restauro conservativo delle strutture e la scoperta del contesto protostorico, in QuadAPiem, XII, Not., pp.371-372.

TAURINIindoeuropei e celto-liguri

I TAURINI a Bric San Vito:un emporio celto-ligureI TAURINI a Bric San Vito:un emporio celto-ligure

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Annibale e la distruzione di TaurunumNell’inverno del 218 a.C. un esercito di enormi proporzioni,

formato da etnie di varie genti – Celtiberi della Spagna, cavalleriadalla Mauretania, Galli della Francia, fanteria da Cartagine,elefanti da battaglia – varca le Alpi intraprendendo una durae gelida traversata per portare la guerra direttamente nel territoriodel nemico: Roma. Guida l’armata un giovane generale: il suonome è Annibale, di illustre famiglia cartaginese (i Barca), eterrà impegnate le forze romane per ben quindici anni.

Annibale è in cerca di alleati, e spera – così ci tramanda Polibio – di riuscire a sollevarele popolazioni celtiche dal giogo romano, ottenendo preziosi alleati. Incontra gliambasciatori degli Insubri, i Celti che abitavano l’attuale Lombardia occidentale e ilPiemonte nord-orientale formando un’ampia federazione di tribù. Essi promettono illoro aiuto in cambio della distruzione della capitale dei Taurini, Taurunum, l’odiernaTorino. Annibale, che non aveva tempo da perdere (ogni giorno era prezioso per lariuscita del suo ambizioso piano), accetta senza indugi; del resto, i Taurini avevanorifiutato di allearsi con l’esercito del generale cartaginese, sebbene inizialmente fosserostati essi stessi a condurlo dai valichi alpini attraverso la Val di Susa.

Ma per quale motivo gli Insubri avevano chiesto la distruzione della città taurina?Le fonti aiutano nella risposta: Catone, citato da Plinio, specifica che: “Lepontios etSalassos Tauriscae gentes idem Cato arbitratur”(I Leponzi e i Salassi sono di stirpeTaurina, come Catone aveva stabilito [Nat. Hist., III 134]), mentre Tito Livio annota:“Molto opportunamente [per Annibale] al principio delle operazioni i Taurini […]avevano mosso guerra agli Insubri” [Storie, XXI 39]. È quindi lecito ipotizzarel’esistenza, nella parte del Piemonte posta a nord-ovest del Po, di una federazione ditribù riunita sotto la guida dei Taurini, ovvero un’entità federale simile a quella degliInsubri, che raccoglieva sotto di sé altre tribù minori. La distruzione della capitaletaurina, che determinò di fatto la decapitazione del sistema governativo locale, generòun rapido crollo del sistema insediativo circostante ad essa rapportato.

Anche i dati archeologici aiutano nell’interpretazione della storia, a dimostrazionedi una forte crisi sociale seguita alla disfatta dei Taurini. Nell’area del Bric San Vito(Pecetto T.se), dove sorgeva un emporio commerciale, il materiale ceramico taurinoscompare a partire dal III sec. a.C., a testimonianza dell’abbandono del sito.

Testo a cura di Gianfranco Bongioanni(Terrataurina e GAT)

Riferimenti bibliograficiAa.Vv.1991. I Celti, Catalogo della Mostra, Bompiani.

Oppidum, il castello dei CeltiAnnibale impiegò ben tre giorni per venire a capo di

Taurunum, nonostante la soverchiante forza dei suoi uomini,scegliendo di cingerla d’assedio. La strategia militareadottata suggerisce che la città fosse quindi fortificata,ovvero che si trattasse di un oppidum.

Nel De Bello Gallico Cesare propone una concisadescrizione dell’oppidum degli Sotiates che si prestaegregiamente a titolo di esempio: “oppidum et natura lociet manu munitum” (una città fortificata dalla posizionenaturale e dalla mano dell’uomo).

Le città fortificate ebbero massima diffusione in tuttal’Europa celtizzata soprattutto nel II e nel I secolo a.C. convarie funzioni: centri mercantili, amministrativi e di ricoveroe soprattutto di controllo del territorio circostante. All’internodegli oppida si trovavano case in pietra o in legno disposterazionalmente, non di rado si batteva moneta e si svolgevanoattività metallurgiche e mercati.

La città vera e propria era difesa dal murus gallicus,ovvero una struttura che coniugava la resistenza della pietracon l’elasticità del legno: un muro a secco alto da quattroa sei metri formava la parte esterna; in esso, a intervalliregolari, si incastravano pali verticali e robusti graticciorizzontali bloccati fra loro. All’interno un terrapieno siaddossava al muro, offrendo ancora più stabilità e nelcontempo una rapida via d’accesso agli spalti anche acavallo. Le porte spesso rientravano all’interno del muroformando un imbuto (prendono il nome di porte a tenaglia),offrendo una migliore difesa dagli assalitori.

Ricostruzione ideale dell’oppidum di Taurunumprima della sua distruzione da parte delle truppe cartaginesidi Annibale nel 218 a.C. (disegno di Gigi Macis).

“[Annibale] offrì la sua amicizia e la sua alleanza aiTaurini, gente stanziata ai piedi delle Alpi, che si eranoopposti agli Insubri e mostravano diffidenza verso iCartaginesi, ma, non essendo stato dato alcun seguitoalle sue proposte, egli cinse d’assedio la città più fortedi quel popolo e in tre giorni la espugnò. Fece uccideretutti quelli che si erano mostrati suoi avversari, ilquale fatto ispirò tanto terrore alle genti che abitavanole regioni vicine…”

Polibio, da Megalopoli (202- ca 118 a. C.), Storie, III, 60 [218 a.C.].

TAURINIindoeuropei e celto-liguri

L’arrivo di ANNIBALEe la crisi del III secolo a.C.L’arrivo di ANNIBALEe la crisi del III secolo a.C.

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La divulgazione dello stato della ricercainerente il popolamento del Piemontepreromano, pur con le sue tante incertezze e isuoi pochi punti fermi, appare un passaggioindispensabile per sensibilizzare non solo itorinesi su una storia dimenticata e addiritturarimossa, che costituisce una parte indissolubiledelle più profonde radici della nostra Regione.

L’Ente deputato a tale divulgazione è, in primis,la Soprintendeza per i Beni Archeologici delPiemonte. Tuttavia, anche le associazioni divolontariato culturale possono essere d’ausilioin questa operazione, grazie in particolare alrapporto diretto e privilegiato che esse sannoinstaurare con il pubblico.

Il collegamento tra Associazioni ed Entiufficialmente preposti alla tutela, salvaguardiae valorizzazione dei beni archeologici rivestecomunque sempre un’importanza fondamentalenell’individuazione delle strategie divulgative;esso è in realtà una condizione necessaria pernon incorrere nel rischio, sempre presente, diessere imprecisi o, peggio, di commettere errori.

La Collina Torinese e i suoi beni culturaligodono fortunatamente di numerosi sostenitori:fra questi, due associazioni di volontariato chenell’archeologia e nello studio della protostoriaceltica hanno le loro basi di riferimento: ilGruppo Archeologico Torinese e Terrataurina.

Qualche dato riassuntivo… desunto dalle schede didattiche del GAT

Storia, Archeologia e Volontariato

Testo a cura del Gruppo Archeologico Torinese e di Terrataurina

GRU

PPO ARCHEOLOGICO

TO RI N E S E

Nato nel 1983, il GAT ha collaborato sin dal principiocon la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte(SBAP) e ha prestato la sua opera volontaristica nei sitipreistorici valsusini di Villardora, Villarfocchiardo, SanValeriano, Chianocco, Chiomonte, Cascina Parisio.

Nel 1991 il GAT individua sulla Collina Torinese il sitodi Bric San Vito (Pecetto). L’area diventa e rimane tutt'orauno dei capisaldi delle attività del Gruppo. Negli anniseguenti vengono segnalati altri siti tra i quali quellipreistorici di Castelvecchio (Moncalieri) e di Verrua Savoia.

Ricognizioni sul territorio e attività di ricerca, iniziativedi valorizzazione, realizzazioni editoriali, mostre didattiche,gite culturali, corsi propedeutici e conferenze caratterizzanola vita sociale del GAT, che ha il principale obiettivo diproteggere, promuovere e valorizzare i Beni Archeologici.

Gruppo Archeologico Torinese:Archeologia e Volontariato.

Un’eredità importante viene condivisadalla maggior parte delle regioni europeei cui abitanti, nella vita di tutti i giorni,si ritrovano a celebrare feste e tradizionile cui radici affondano nel passato.

Un’epoca distante due millenni, nellaquale i nostri antenati vivevano in una“Europa unita” da usi e costumi che hanno dato vita aduna cultura religiosa, artistica, un patrimonio unico einsostituibile: la nostra IDENTITÀ. Parliamo dei CELTI,antichi abitanti di queste terre.

Terrataurina è un’associazione che si propone tramitepubblicazioni, serate d'approfondimento e manifestazionidi salvaguardare e divulgare il patrimonio storico, lingui-stico, tradizionale e artistico del territorio piemontesee valdostano ricercando quei legami con le nostre radicipiù antiche e i suoi valori più profondi.

Terrataurina, nazione gallica.Alla riscoperta delle radici Celto-Liguri.

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