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1 PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E GESTIONE DEI RISCHI ISTITUZIONALI Programma strategico 11 marzo 2013

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PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E GESTIONE DEI RISCHI

ISTITUZIONALI

Programma strategico

11 marzo 2013

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Sommario

1. Introduzione .................................................................................................................................. 3

2. La L. 190/2012 e il fenomeno della corruzione .......................................................................... 4

3. Le sfide organizzative dell’implementazione delle misure anticorruzione ......................... 7

A. Rischio adempimento .............................................................................................................. 7

B. Il rischio di “Add on” ............................................................................................................... 8

C. Il rischio di polifonia regolamentare ...................................................................................... 8

4. La proposta formativa della SSPA ............................................................................................ 10

A. Introduzione ............................................................................................................................ 10

B . Obiettivi ................................................................................................................................... 10

C. Destinatari ................................................................................................................................ 11

D. Le modalità di formazione previste ..................................................................................... 12

E. Le aree di formazione previste .............................................................................................. 13

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1. Introduzione

La pubblica amministrazione, in questo grave periodo di crisi che il Paese sta

attraversando, è obbligata alla costante ricerca di un delicato equilibrio tra la necessità di

risparmiare e l’obbligo di fungere da motore della ripresa. Tale situazione ha riproposto

con forza il bisogno di ripensare in modo sistemico la “questione corruzione”.

Questo bisogno è reso urgente, altresì, dalla portata e dalla diffusione dei fenomeni

corruttivi nel nostro Paese che ha fatto precipitare l’Italia al 72° posto (su 174) nella

statistica che misura la percezione della corruzione redatta annualmente da Trasparency

International. La comparazione internazionale dipinge un quadro a dir poco allarmante,

rispetto al 2011 sono state perse 3 posizioni, in poco più di 15 anni ben 39 Paesi ci hanno

scavalcato nella classifica generale.

Di fronte a questi dati di realtà, il legislatore ha ridefinito il quadro complessivo della

prevenzione e della repressione della corruzione, promulgando la Legge 190/2012. Questa

norma chiama la SSPA a svolgere un ruolo importante nella formazione dei dipendenti

pubblici e nella diffusione della cultura della legalità nelle pubbliche amministrazioni. La

Scuola risponde a questa chiamata predisponendo il Piano strategico “Prevenzione della

corruzione e gestione dei rischi istituzionali”, che intende fornire una risposta rapida e

operativa alla diversità dei bisogni formativi derivanti dalla norma, e che funge anche da

catalizzatore degli sforzi di analisi e ricerca sul fenomeno della corruzione e sulle risposte

organizzative efficaci.

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2. La L. 190/2012 e il fenomeno della corruzione

Tra le più importanti innovazioni introdotte dalla L. 190/2012, vi è sicuramente quella di

affiancare all’azione repressiva (tipica dell’impianto normativo precedente) un’azione

mirata a prevenire le cause della corruzione. Non a caso, la legge è intitolata “Disposizioni

per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica

amministrazione”. Ma cosa si intende per corruzione? Risulta fondamentale – per cercare

risposte credibili – inquadrare correttamente il fenomeno.

In termini generali, la corruzione può essere definita come una forma di comportamento

che viola i principi etici del servizio pubblico. In letteratura, una delle definizioni

maggiormente utilizzate è quella di Nye che definisce la corruzione come un

“comportamento che si discosta dai compiti formali del ruolo pubblico a causa di interessi

privati (personali, di un parente, di un gruppo organizzato) che comportano profitti

monetari o di status”1. Tale definizione è stata succintamente riportata da Rose-Ackerman

come “l’uso improprio dell’ufficio pubblico per interessi privati”2.

La corruzione, secondo Barker and Carter3, è caratterizzata da tre elementi: (1) violazione

di leggi, regole, regolamenti o standard etici; (2) uso improprio della posizione di

funzionario pubblico; (3) accettazione di profitti materiali e no, reali o presunti. A

prescindere dalla forma in cui si manifesta, la corruzione danneggia la prestazione del

servizio pubblico e riduce il senso di soddisfazione della comunità (degli “utenti”) verso lo

stesso. In altre parole, la corruzione è il “sintomo che qualcosa è andato storto nella

gestione dello Stato”4.

La definizione maggiormente condivisa e utilizzata a livello internazionale è quella del

Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo che definisce la corruzione come “l’uso

improprio del potere affidato dalle Istituzioni per interessi personali”5. È importante

sottolineare come la corruzione non si manifesti in una forma singola. Al contrario può

essere considerata un fenomeno che racchiude varie forme6 o, come altri autori lo hanno

1 Nye, J.S. (1967/2002) Corruption and political development: A cost–benefit analysis. in: Heidenheimer AJ and Johnston M (eds) Political Corruption: Concepts and Contexts. New Brunswick, NJ: Transaction Publishers, 281–302. 2 Rose-Ackerman, S. (2008) Corruption. In: Rowley CK and Schneider FG (eds) Readings in Public Choice and Constitutional Political Economy. New York: Springer, 551–566. 3 Barker, T. and Carter, D.L. (1994) Police Deviance (3rd edn). Cincinnati, OH: Anderson. 4 Rose-Ackerman, S. (1999) Corruption and Government: Causes, Consequences, and Reform. New York: Cambridge University Press. 5 www.unpan.org/DPADM/ProductsServices/Glossary/tabid/1395/language/en-US/Default.aspx 6 Gorta, A. (1998) Minimising Corruption Some Lessons from the Literature ICAC Sydney.

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definito, varie “sindromi”7 di comportamento che hanno in comune la rottura di una

relazione di fiducia che danneggia una specifica istituzione storica o sociale8.

Convenzionalmente, l’istituzione in questione è il Governo o, più specificatamente, la

pubblica amministrazione.

Tornando alle novità della normativa, gli strumenti messi a disposizione delle pubbliche

amministrazioni dal legislatore per arginare il fenomeno corruttivo sono diversi.

Si può certamente sottolineare un nuovo ruolo centrale assegnato al “codice etico”,

definito di “comportamento” dal legislatore, quale strumento di integrity management, per

la prevenzione e il contrasto della corruzione. Infatti, i codici etici cercano di promuovere

standard di correttezza più elevati di quelli sanciti dalle norme penali e da altre

disposizioni normative. In chiave di prevenzione rafforzando le “barriere morali”, la

“dignità del ruolo pubblico”, il “senso dello Stato” dei funzionari, per accrescere

avversione morale e stigma sociale alla corruzione; in chiave di repressione applicando

invece sanzioni (di natura disciplinare, etc.) in caso di inadempimento, con una funzione

deterrente.

L’esperienza italiana a riguardo è stata finora poco incisiva, introdotti fin dal 1994 hanno

poi trovato una piena legittimazione con il D.lgs 165/2001 che, all’art. 54 recita: “il

Dipartimento della funzione pubblica […] definisce un codice di comportamento dei

dipendenti delle pubbliche amministrazioni”. La violazione dei codici può avere rilievo

sul piano della responsabilità disciplinare, in base ai contratti collettivi (art. 55: “la

tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi”). Il

codice era “consegnato al dipendente” al momento dell’assunzione.

L’art.1, comma 44 della L.190/2012 (Codice di comportamento) riporta che “il Governo

definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al

fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il

rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla

cura dell'interesse pubblico”.

Di particolare interesse è proprio il processo di adozione dei nuovi Codici, definibile come

un “modello a cascata”, dall’alto verso il basso, in cui le amministrazioni potranno

definire, con procedura aperta alla partecipazione di tutti gli interlocutori (interni ed

esterni all’amministrazione) e previo parere obbligatorio del proprio organismo

indipendente di valutazione, un proprio codice di comportamento che integra e specifica il

7 Johnston, M. 2005 Syndromes of Corruption: wealth, power and democracy, Cambridge University Press Cambridge 8 Miller, S., Roberts, P. e Spence, E. (2005) Corruption and Anti-corruption: an applied philosophical approach, Pearson Prentice Hall, New Jersey

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codice di comportamento generale approvato con decreto P.d.R. dietro deliberazione del

Consiglio dei ministri, su proposta del ministro della pubblica amministrazione (previa

intesa con la Conferenza unificata).

La definizione di un chiaro e definito quadro normativo e comportamentale porterà così i

funzionari pubblici in una situazione per cui, da un lato acquisiscono le conoscenze e

competenze necessarie ad agire in funzioni e situazioni particolarmente esposte, dall’altro

possiedono un quadro di riferimento certo e condiviso che li tutela.

Una menzione particolare la merita sicuramente l’introduzione di un sistema di

allocazione/esenzione di responsabilità, per molti versi, analogo (seppure diverso) a quello

della responsabilità delle persone giuridiche previsto dal D.lgs n. 231 del 2001. Con la

nuova disciplina anticorruzione, anche nel settore pubblico (come in quello privato)

diventa essenziale prevenire la c.d. irresponsabilità organizzata (o colpa di

organizzazione).

L’individuazione di una figura responsabile della prevenzione, tra le altre, svolgerà anche

una funzione di impulso all’attività amministrativa che presuppone: i) la trasparenza

nell’organizzazione amministrativa, con evidenza delle responsabilità per procedimento,

processo e prodotto; ii) il coordinamento tra le unità organizzative e la loro conformità

all’input ricevuto dal responsabile.

Come lo si evince anche dai lavori della “Commissione di studio sulla trasparenza e la

prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione”, l’approccio sistemico al

fenomeno della corruzione tende ad incentrarsi sull’inserimento di un sistema di gestione

del rischio, ovvero uno strumento di natura aziendale che solo recentemente viene inserito

nelle realtà organizzative pubbliche.

Paradossalmente, quando si parla di gestione del rischio, le esperienze sia nel settore

privato sia nel settore pubblico, dimostrano che esiste anche il “rischio della gestione del

rischio”, dove la qualità delle regole svolge una parte minima rispetto alla qualità della

loro implementazione ed assimilazione nelle dinamiche organizzative.

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3. Le sfide organizzative dell’implementazione delle misure anticorruzione

Come qualsiasi intervento normativo volto ad incidere non solo sui sistemi, ma anche

sulla cultura delle organizzazioni pubbliche, le disposizioni della L. 190/2012 necessitano

di una profonda riflessione sulle ricadute a breve, medio e lungo periodo.

In questa parte si profilano le tre principali sfide, fortemente collegate tra di loro, che si

presentano alle organizzazioni pubbliche nell’implementazione della L.190/2012: il rischio

di adempimento, il rischio di “Add on” e, infine, il rischio di polifonia.

A. Rischio adempimento

Le disposizioni e le tempistiche della L.190/2012 impongono una pronta risposta delle

amministrazioni, in particolare per quanto riguarda la nomina del responsabile

anticorruzione e la definizione del primo piano anticorruzione.

La scarsa conoscenza dei sistemi di gestione del rischio, in questo contesto, tenderà, nella

maggior parte dei casi, a favorire un approccio adempitivo per quanto riguarda le

scadenze di norma. Se questo sistema ha il vantaggio di mantenere alta la pressione sui

risultati, vi è comunque il rischio che la portata culturale di tale intervento normativo

venga ridimensionata dalle organizzazioni stesse.

Due sono i punti che possono aiutare, a medio termine, a conservare e promuovere questa

dinamica culturale:

Il primo è di iscrivere proprio il percorso di prevenzione e repressione della corruzione in

una logica di apprendimento organizzativo, utilizzando il sistema dei piani anticorruzione

non solo come requisito, ma anche come strumento di pianificazione di questo

apprendimento.

Il secondo è di ampliare progressivamente il concetto di gestione del rischio non solo al

fenomeno di corruzione ma, in senso lato, al “rischio istituzionale” che vede corruzione,

trasparenza e performance collegati fra di loro.

In questo senso il legislatore fornisce un supporto importante, nella misura in cui la

L.190/2012 prevede il riordino della disciplina sugli obblighi di pubblicità, trasparenza e

diffusione di informazioni, da parte delle pubbliche amministrazioni. Recentemente il

Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva, su proposta del Ministro della

pubblica amministrazione e la semplificazione, il decreto di riordino, favorendo, già dal

primo anno, un raccordo tra questi due temi (corruzione e trasparenza).

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B. Il rischio di “Add on”

In un contesto dove le principali regole di funzionamento dell’organizzazione pubblica

hanno subito importanti modifiche (performance, bilancio, trasparenza, diritto d’accesso)

che, ad oggi e salvo rare eccezioni, non hanno prodotto un risultato tangibile, il rischio di

adempimento è favorito dal rischio di “Add-on”9.

Questo fenomeno si caratterizza per la semplice aggiunta di una procedura, il che porta

nell’organizzazione la coesistenza, a compartimenti stagni, di vari sistemi di

pianificazione, gestione e controllo. Questi sistemi intercettano solo una parte delle

dinamiche organizzative ma non forniscono, da soli, un efficace supporto strategico alla

gestione dell’organizzazione e, in particolare, al delicato equilibrio tra efficienza ed

efficacia.

Il rischio principale collegato al “Add-on” è che il dialogo avvenga a consuntivo e solo ai

fini della rendicontazione esterna, il che rende molto difficile qualsiasi logica di

apprendimento.

A questo fine, un ragionamento organizzativo va fatto sulla capitalizzazione dei lavori

preparatori e di precedenti requisiti di norma che forniscono una prima memoria

organizzativa, in particolare nell’ambito dell’accesso agli atti (elenco dei processi), della

performance (dimensioni di performance collegate alla riorganizzazione e alla qualità dei

servizi) e della trasparenza e dell’integrità (piani della trasparenza e relativi progetti).

C. Il rischio di polifonia regolamentare

La L.190/2012, così come le altre disposizioni normative su trasparenza, performance e

accesso agli atti, indicano una serie di attori organizzativi (figure dei responsabili, OIV) e

Istituzionali (Dipartimento Funzione Pubblica, CiVIT, Corte dei Conti) e una serie di

responsabilità e compiti che implicano uno stretto coordinamento.

Alla L.190/2012 seguiranno una serie di circolari, delibere, regolamenti emanati da vari

soggetti, che rischiano di produrre un effetto di saturazione per gli operatori, fenomeno

riscontrabile in varie esperienze sia pubbliche (per esempio sistemi di performance e

bilancio) che private.

9 Arena, M., Arnaboldi, M., Azzone, G. (2010). The organizational dynamics of Enterprise Risk Management

Accounting. Organizations and Society, 35: 659–675.

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Mentre la polifonia organizzativa può generare confronto ed apprendimento, quella

regolamentare porta in sé, a prescindere dalla qualità dei singoli provvedimenti, il rischio

di generare effetti perversi nell’attuazione delle norme anticorruzione.

I fenomeni più diffusi sono rappresentati in letteratura dai termini “defense strategy” ed

“exit strategy”10 e portano sostanzialmente sia ad un atteggiamento adempitivo, sia ad

un’ulteriore proliferazione di regole che rende arduo, se non impossibile, l’identificazione

di precise responsabilità.

10 Power, M. (2004). The risk management of everything. London: Demos.

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4. La proposta formativa della SSPA

A. Introduzione

Come detto prima, le recenti evoluzioni normative atte a prevenire e contrastare i

fenomeni di corruzione nella Pubblica Amministrazione pongono le organizzazioni di

fronte ad una necessità di assimilare concetti, procedure, sistemi organizzativi e culture

lavorative nuove. In questo contesto, la SSPA è chiamata, nell’ambito delle disposizioni

normative contenute nella L.190/2012, a svolgere un ruolo importante di impulso e

diffusione sia delle competenze necessarie allo sviluppo della prevenzione e gestione del

rischio, sia alla sensibilizzazione dei dipendenti pubblici sui temi della legalità.

La SSPA è chiamata, altresì, a svolgere un ruolo centrale nella prevenzione e la lotta alla

corruzione, come si evince dalle disposizioni della Legge 190 del 2012.

Queste evoluzioni sviluppano due fronti sui quali la Scuola intende fornire un supporto

formativo: il fronte dell’organizzazione ed il fronte degli individui.

In questa prospettiva, l’acquisizione da parte dei dirigenti pubblici - ma, si può

aggiungere, di tutti coloro che sono investiti di funzioni gestionali di particolare

responsabilità - di robuste competenze che consentono di favorire l’assimilazione delle

procedure di prevenzione e lotta alla corruzione in un più ampio spettro che investe

l’insieme della gestione dei rischi.

A livello organizzativo, appare essenziale dare supporto alle organizzazioni per favorire

una gestione attiva delle disposizioni normative, nella misura in cui gli oneri di

informazione e di ridefinizione dei processi può, e deve, trovare una collocazione in seno

ai processi di pianificazione e gestione della performance e della trasparenza.

Risulta perciò fondamentale la definizione di percorsi formativi atti a sviluppare le

competenze individuali, ma anche la capacità delle organizzazioni ad assimilare una

nuova cultura della legalità che consente, sia nei casi particolari, sia nella quotidianità dei

processi amministrativi, una pronta ed efficace risposta all’emergenza dei fenomeni di

corruzione.

B . Obiettivi

Il programma strategico d’intervento della Scuola Superiore della Pubblica

Amministrazione ha quindi l’obiettivo di formare i dipendenti della pubblica

amministrazione sul sistema delle politiche, dei programmi e degli strumenti utilizzati per

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affrontare il complesso tema della corruzione all’interno della pubblica amministrazione.

Nello specifico, la Scuola, nell’ambito dei compiti ad essa delegati in materia di

formazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni statali quale strumento di

prevenzione del fenomeno della corruzione, propone un programma strategico di

intervento da attuarsi agendo simultaneamente su varie dimensioni istituzionali,

organizzative e individuali. Per questo, le logiche e i concetti teorici rilevanti per l’analisi e

la gestione del rischio di corruzione verranno affrontati a livello di sistema paese (politiche

e programmi), aziende (sistemi di operativi di gestione), persone (politiche di gestione),

modulando la scelta e l’approfondimento dei contenuti in funzione di fabbisogni formativi

specifici delle amministrazione coinvolte e, quindi, in ultima istanza degli attori

organizzativi a vario titolo interessati.

Nel suo complesso, il piano strategico di intervento della Scuola offre uno schema

integrato per “leggere” le condizioni di una efficace prevenzione e gestione del rischio

corruttivo evidenziando, quindi, spazi e modalità per un loro costante aggiornamento.

Il piano costituisce una base per la predisposizione di attività formative da parte della

Scuola e per la definizione di specifici percorsi formativi, da realizzare sulla base di intese

con le amministrazioni interessate.

C. Destinatari

L’attività di formazione è rivolta a tutti i dirigenti e funzionari dell’amministrazione

statale, e in particolare a quelli che ricoprono ruoli di responsabilità nella definizione e

implementazione di politiche e sistemi di prevenzione e gestione del rischio di corruzione,

siano essi da applicare a livello di governo e amministrazioni centrali dello Stato, così

come a livello di enti e amministrazioni pubbliche locali.

Il piano strategico d’intervento si compone quindi di percorsi formativi differenziati per

contenuti e livello di approfondimento in relazione al ruolo che il dipendente pubblico è

chiamato ad assumere in quanto attore del sistema di prevenzione del rischio corruttivo.

In particolare, il programma strategico di intervento della Scuola si compone di interventi

e corsi di formazione specificatamente dedicati a tre distinti gruppi di utenti:

A. Dipendenti pubblici indirettamente interessati alla prevenzione del rischio di

corruzione a. Dirigenti e personale responsabile di unità organizzativa (DPR) b. Personale della pubblica amministrazione (PPA)

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B. Dipendenti pubblici direttamente collegati alla prevenzione del rischio di corruzione

a. Responsabili dei piani di trasparenza (RPT) b. Responsabili dei sistemi di controlli interno (RSI) c. Membri degli Organismi indipendenti di valutazione (OIV)

C. Dipendenti pubblici direttamente coinvolti nella prevenzione del rischio di

corruzione: a. Responsabili dei piani di corruzione (RPC) b. Dirigenti responsabili di unità organizzativa ad alto rischio di corruzione

(DARC) c. Personale operativo in unità organizzativa ad alto rischio di corruzione

(PARC)

D. Le modalità di formazione previste

Al fine di massimizzare l’efficienza e l’efficacia dell’azione formativa, gli interventi

saranno calibrati in funzione sia del fabbisogno (priorità) di formazione espressi o atteso,

sia della disponibilità di tempo che i singoli gruppi di utenza potranno oggettivamente

dedicare all’attività formativa in esame.

Per questo, il piano di formazione della Scuola prevede tre distinte e complementari

tipologie di intervento:

a) Workshop informativi (wi), di durata al massimo giornaliera, tipicamente dedicati a

fornire un quadro di sintesi delle problematiche affrontate. La natura strettamente

informativa del workshop prevede in particolare l’ascolto di testimonianze

privilegiate, del settore pubblico e privato, da parte di gruppi di partecipanti anche

superiore alle 50 unità.

b) Seminari di approfondimento (sa), di durata al massimo giornaliera, tipicamente

dedicati ad un aggiornamento professionale inerente le tematiche affrontate. La

natura informativa e formativa del seminario prevede in particolare l’analisi e

valutazione di problematiche concrete, anche attraverso lo studio e la presentazione

di politiche, casi e pratiche aziendali, siano esse del settore pubblico o privato. I

seminari sono orientativamente rivolti a gruppi di partecipanti non superiori alle 50

unità.

c) Attività didattica (ad), di durata non predefinita, tipicamente dedicata all’analisi e

all’approfondimento di temi e problematiche puntuali legati alla gestione del

rischio di corruzione, alternando momenti di formazione frontale con fasi di

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discussione di casi ed esperienze concrete, siano esse del settore pubblico o privato.

Sono altresì previste azioni articolate in modalità “blended”, costituite quindi di

una parte di didattica a distanza, attraverso la piattaforma e-learning e una parte in

presenza. Sono altresì previste testimonianze dirette di chi ha condotto e/o sta

conducendo progetti di gestione del rischio di corruzione.

E. Le aree di formazione previste

AREA 1: POLITICHE INTERNAZIONALI DI PREVENZIONE DEL RISCHIO CORRUTTIVO

E MODELLI DI GOVERNANCE

Questo primo intervento vuole fornire un inquadramento del problema della corruzione a

livello internazionale. Dopo una rappresentazione delle dimensioni e dei costi del

fenomeno a livello internazionale, viene offerta una sintesi delle politiche di contrasto fino

ad ora pratiche o annunciate. Sono quindi presentati obiettivi e funzioni dei principali

organismi e gruppi internazionali intervenuti in materia. Questa prima area di formazione

prevede altresì la presentazione di documenti, protocolli e linee guida elaborate e siglate

dai differenti governi nazionali. Saranno quindi presentate e poste a confronto le scelte

operate dai diversi Paesi circa funzioni e ruoli delle varie Istituzioni nazionali preposti alla

misurazione e controllo del fenomeno corruttivo, nonché le politiche adottate a supporto

delle singole amministrazione nell’efficace gestione del fenomeno corruttivo.

AREA 2: ASPETTI NORMATIVI E PRIME DISPOSIZIONI TECNICHE ED

ORGANIZZATIVE DI ATTUAZIONE DELLA LEGGE ANTICORRUZIONE

Questa seconda area di intervento ha lo scopo di contribuire alla puntale disamina del

sistema delle norme che direttamente o indirettamente attengono alla problematiche della

prevenzione e gestione del fenomeno corruttivo. Saranno quindi affrontate le questioni

operative riguardanti l’implementazione delle disposizioni normative, attraverso un

confronto con esperti del DFP e della CiVIT. In particolare, si tratterà di confrontare e di

integrare le disposizioni in materia di corruzione con disposizioni analoghe rispetto alla

trasparenza e alla performance, prendendo in esame le diverse forme di responsabilità

(dirigenziale e disciplinare).

AREA 3: MODELLI E SISTEMI DI GESTIONE AZIENDALE DEL RISCHIO DI

CORRUZIONE

Questa area di intervento è dedicata alla presentazione ed analisi dei metodi di rilevazione

e misurazione della corruzione, nonché la costituzione di adeguati assetti gestionali,

ispirati a modelli di risk management, già applicati in contesti pubblici e privati. In

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particolare, verranno presentati e discussi i diversi standard di enterprise risk management

(ERM) e di integrity risk managment (IRM) conosciuti in campo internazionale, ivi inclusi

modelli e approcci per una loro efficace introduzione in contesti tipici della

amministrazione pubblica.

Una sezione formativa specifica, sarà quindi dedicata all’analisi di meccanismi e

procedure per prevenire e contrastare un potenziale fenomeno corruttivo, analizzando in

particolare i differenti sistemi di organizzazione dei processi e del lavoro, di controllo,

rendicontazione e trasparenza dell’azione amministrativa.

AREA 4: POLITICHE DI GESTIONE DELLE RISORSE UMANE E SVILUPPO DELLA

INTEGRITÀ DEL PERSONALE

Questa area di intervento formativo è dedicata all’analisi delle politiche di direzione e

sviluppo del personale che le amministrazioni statali possono adottare per lo sviluppo

della integrità delle risorse umane in esse impiegate, rendendole parte attiva nella

identificazione dei fattori di rischio e dei rimedi per contrastare l’affermazione del

fenomeno corruttivo. Saranno in questo quadro discusse le scelte in materia di

reclutamento, selezione, aggiornamento e specializzazione del personale, avendo

particolare riguardo a coloro che operano nei settori più esposti al rischio corruzione. Con

riferimento alla gestione del personale, specifica attenzione verrà dedicata alla

composizione delle commissioni di concorso, alle modalità di selezione del personale con

contratto di lavoro flessibile e al reclutamento della dirigenza.

AREA 5: PRATICHE MANAGERIALI PER LA GESTIONE DEL RISCHIO DI CORRUZIONE

Questa sezione intende svilupparsi attorno a due-tre tematiche specifiche e trasversali che

consentono di rendere operativi i manuali di prevenzione e gestione del rischio che la

Scuola predisporrà in cooperazione con i soggetti interessati (CiVIT, Amministrazioni,

ecc.)

In particolare potranno essere trattati, anche attraverso l'esame di casi concreti, i seguenti

aspetti:

• Appalti pubblici

• Procedimenti di autorizzazione e di concessione

• Attività ispettiva

• Reclutamento

• Integrazione al ciclo di performance

• Trasparenza

• Sanzioni e Whistleblowing