Press Italia Regioni 02/2008

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Numero 2 - Anno 2008 Periodico dapprofondimento culturale, politico ed attualità Incontro con il Gran Priore dei Templari di Spagna Furono decimati, vogliono riunirsi Pilotare un aereo? Bastano un po’ d’impegno, del tempo e qualche soldo da spendere

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Numero 02 - Anno 2008

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Numero 2 - Anno 2008

Periodico d’approfondimento culturale, politico ed attualitàd attutut alità

Incontro con il Gran Priore dei Templari di SpagnaFurono decimati, vogliono riunirsi

Pilotare un aereo?Bastano un po’ d’impegno, del tempo e qualche soldo da spendere

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Come preannunciato quando uscimmo la prima volta, i nostri lettori avranno notato che il giornale ha mantenuto la promessa di impegnar-si in una costante evoluzione. Aumentato il numero delle pagine e mi-gliorato continuamente il contenuto, Regioni offre oggi un panorama vario e ragionevolmente approfondito, che tocca, con modestia, ma con altrettanto orgoglio, argomenti insoliti ed originali. Parliamo di tutto, cercando di racontare, ma prima di tutto di capire. Il vero giorna-lista - mi disse una volta il bravo Luciano Ragno, redattore scientifico del Messaggero di Roma - è quello che non pretende di dare nulla per scontato, è quello che prima di tutto deve capire, sapere bene. Solo così potrà spiegare ai lettori cosa ha capito e cosa ha verificato. Il gior-nalista sapiente,tronfio, l’esperto per antonomasia, il superbo cono-scitore, non sempre è un bravo divulgatore. Sete di sapere, umiltà di apprendere, coraggio di chiedere e naturalmente capacità di raccon-tare, sono infatti gli ingredienti di una professione che, come dice una famosa battuta, tutto sommato “è meglio che lavorare”. Detto questo, anche in questo numero abbiamo spaziato da un capo all’altro della divulgazione, partendo da una autorevole intervista al Gran Maestro dei Templari di Spagna - raggiunto a Marbella in occasione di una sua trasferta di lavoro - allo sconvolgente libro su Cristoforo Colom-bo, ultima opera del famoso giornalista e scrittore Ruggero Marino il quale, da grande inviato - racconta con chiarezza e puntualità la vera storia della Scoperta dell’America. Gli argomenti passano con agilità dalla Sindone, controverso baluardo di contrapposte teorie mai definitivamente provate, ad uno sconosciuto odio del Mago Houdini per i ciarlatani, dalla Borsa Italiana del Turismo di Milano alla Mostra itinerante sulle Vie del Mare, ed a quella sempre interessante sulle Macchine di Leonardo, occasioni appetitose intervallate dal rapporto Censis sull’Italia, senza lasciare da parte un’affascinante proposta per chi vuole imparare a volare, passando per inviti di sport, di arte e di tu-rismo, concludendo con una raffinata parentesi enogastronomica, che vede protagonisti delle nostre mense il simpatico maiale e il prelibato moscato italiano. Se alla fine avrete voglia di saperne di più, vorrà dire che avremo raggiunto lo scopo di farvi sombolicamente “alzare da tavola con un salutare residuo di appetito”. La gratificazione più bella per un editore e per un giornalista.

EDITORIALEdi Giulio Rosi

Press Italia REGIONINumero DUE | anno 2008Supplemento al N. 651 di pressitalia.netRegistrazione Tribunale di Perugia n. 33 del 5 maggio 2006Diffusione via Web

Direttore ResponsabileAlberto Cappannelli

Direttore EditorialeMauro Piergentili

RedazioneGiulio Rosi, Paola Pacifici, Mauro boschi, Gian Giacomo Bei, Maria Annunzia Selvelli, Matteo Scandolin, Franco Baccarini, Aldo Rondoni, Marco Carboni, Maria G. Nuti, Hector Gonzales di Villarica

Progetto GraficoMauro Piergentili

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l’Associazione Italiani in Spagna allo +34 670.030.227eMail: [email protected]: www.italianinspagna.org

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Don Manuel Pérez Quintanilla, Priore Generale dei Templari e Gran Cancellie-re General dei Baroni di Trastámara, è la massima autorità in Spagna di questo fa-moso Ordine. Due lauree, in diritto e in Filologia Inglese, una laurea in Educazio-ne Fisica e una lunga esperienza vissuta negli Stati Uniti, accompagnano una sem-plicità di tratto ed un’ amabilità istintiva che sembrano confermare i principi più edificanti dell’antico Ordine da lui rap-presentato. In questa intervista rilascia-taci in esclusiva, riassume brevemente la lunga storia dei Templari e ne ristabilisce la verità, rispondendo ad alcune domande personali su temi di scottante attualità.

Parliamo dell’Ordine Sovrano e Milita-re del Tempio di Gerusalemme, cioè dei Cavalieri Templari. Quando comincia la vostra storia? La storia comincia nell’an-no 1108, quando nove cavalieri, tutti mol-to ricchi e di classe nobile, decidono di andare a Gerusalemme per proteggere i pellegrini dai banditi che li assaltavano, rubandogli tutto dopo averli massacrati. Possiamo dire che fossero dei frati? Era-no l’equivalente dei frati, ma soprattutto erano un Ordine militare di Cavalleria. Avevano tre voti: obbedienza, lealtà e a quei tempi castità. Pertanto non poteva-no sposarsi o avere contatti con donne. Quest’ultimo voto con il tempo è andato cambiando ed attualmente, se lo voglia-mo, noi templari ci sposiamo ed abbiamo figli. Ma questi nove Cavalieri avevano anche un altro scopo, uno “scopo segre-to”, trovare antiche reliquie dai poteri immensi (Arca dell’Alleanza, Santo Gra-al). All’inizio furono chiamati i “Poveri Cavalieri di Cristo” ed erano un Ordine monastico e guerriero. Questo Ordine fu una cosa rivoluzionaria per quel tempo. Infatti i ceti sociali dell’epoca si divide-vano tra: Bellatores, coloro che combat-tevano; Oratores, coloro che pregavano e Laboratores, coloro che lavoravano. I Cavalieri Templari unirono la mansuetu-dine del monaco alla forza del guerriero. Va detto che mentre anche i monaci tra-dizionali avevano tre voti: obbedienza, povertà e castità, i Cavalieri Templari ne avevano anche un quarto, cioè lo “stare in armi”, quindi il combattimento armato. Furono dei veri e propri monaci guerrieri. Quando i nove Cavalieri, si presentarono al Re di Gerusalemme Baldovino II, di-chiarando di essere disposti a protegge-re i pellegrini e a controllare le strade di Gerusalemme, erano coperti da un sem-

plice mantello bianco senza nessun altro fregio o armatura luccicante. Hugues de Payns, che li capeggiava, disse al re che non erano le vesti che facevano i buoni e coraggiosi cavalieri, ma il cuore. Il Re Baldovino II, dopo averli ascoltati, diede loro come quartier generale un’ala del monastero fortificato di Nostra Signora di Sion, accanto a quello che era stato il Tempio di Salomone. I cavalieri comin-ciarono così a controllare le strade come promesso al re, il quale fu soddisfatto del loro operato. Dopo poco tempo, con l’aumentare dei cavalieri, il quartier ge-nerale si trasferì andando ad occupare tutta l’area di quella che era la spianata del Tempio di Salomone, ossia l’area fra la Moschea della Roccia e la Moschea di Al-Aqsa. A questo punto presero il nome di “Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di Gerusalemme”, e furo-no più semplicemente riconosciuti come

“Templari”. Oltre alla protezione che attività svol-gevano? All’interno del Tempio i cava-lieri creano la prima banca del mondo, per custodire al sicuro i beni depositati a Gerusalemme, in modo che all’occorren-za il loro valore finanziario equivalente potesse essere riscosso nelle principa-li capitali europee. In questo periodo i Cavalieri Templari incontrarono grandi difficoltà, sia dal punto di vista militare, perchè erano pochi, sia dal punto di vista economico. Per questi motivi Hugues de Payns tornò in Francia nel 1127 a cercare rinforzi morali ed economici. Proprio in questo periodo avviene la svolta decisiva dell’Ordine del Tempio: Hugues de Payns dopo aver incontrato a Roma il Papa Ono-rio II arriva a Troyes. Bisogna ritenere che la creazione di questo Ordine non aveva precedenti nella storia cristiana, e, anche il Papa mostrava evidenti segni di imba-razzo. Certo, i Cavalieri Templari non fu-rono i primi monaci con altre finalità oltre la preghiera e la meditazione, anche i Ca-valieri di San Giovanni conosciuti come Ospitalieri o Gerosolimitani e oggi come Cavalieri di Malta già esistevano, ma non avevano il voto delle armi, si occupava-no soprattutto della cura dei feriti, degli invalidi e dei pellegrini. In seguito però, sull’esempio dei Cavalieri Templari, pre-sero anche loro le armi. Dopo l’appello di Hugues de Payns, nominato primo Gran Maestro dell’’Ordine dei Templari, cominciano ad arrivare donazioni molto

IL PRIORE CHE VUOLE RIUNIRE I TEMPLARI DEL MONDOUn monarca li fece sterminare per non pagare i suoi debiti

Manuel Perez Quintanilla, Gra Priore dei templari di Spagna

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generose. Nei quasi due secoli trascorsi in Terra Santa, i Cavalieri Templari persero sette Gran Maestri in combattimento, cin-que in seguito a ferite e uno nelle prigio-ni saracene. Dunque tredici, sui ventitré Gran Maestri di tutta la storia dell’Ordine. L’ultimo Gran Maestro, Jacques de Mo-lay, si preparava a rendere più forte l’Or-dine nella Francia di Filippo IV il Bello, portando con sé il tesoro accumulato in Terra Santa. I Cavalieri Templari erano ricchissimi e potenti, un vero Stato nello Stato e non soltanto in Francia, dove pare fossero ventimila. Tanta ricchezza e tanta potenza scatenò l’invidia del Re di Fran-cia Filippo IV il Bello che determinò, con l’aiuto e l’inettitudine di Papa Clemente V, la fine dell’Ordine. Il Re di Francia Fi-lippo IV il Bello infatti, già scomunicato nel 1303 da Papa Bonifacio VIII, pensò che invece di restituire i capitali che gli erano stati prestati dai Cavalieri Templari per condurre le varie guerre con Aragone-si, Inglesi e Fiamminghi, fosse più eco-nomico eliminare l’Ordine dei Cavalieri Templari e impossessarsi dei loro beni. Venne dunque istruito un processo-farsa per eresia che durerà ben sette anni - dal 1307 al 1314 - contando sulla testimo-nianza di due Cavalieri Templari espulsi dall’Ordine. Li si accusò di essersi dati a pratiche diaboliche, di idolatria verso la testa magica di Bafometto, di sodomia, di riti iniziatici che comportavano il ba-cio dell’ano del Maestro e lo sputo sul Crocefisso. Sottoposti a torture terrribili, fra cui l’immersione dei piedi nell’olio bollente, molti Cavalieri Templari con-fessarono ciò che volevano gli aguzzini, persino il Gran Maestro cedette. Ciò che

stupisce è la loro arrendevolezza. Tutti o quasi si fecero prendere senza opporre resistenza. Forse Jacques de Molay spe-rava nella protezione del Papa, ma Cle-mente V non seppe o non volle opporsi ai voleri del Re di Francia. La bolla papale del 1312 sciolse l’Ordine senza prove, ma per legittima suspicione. Jacques de Molay, ebbe la possibilità di salvarsi, ma ritrattò coraggiosamente la confessione resa e venne condannato al rogo. Prima di morire, si rivolse al popolo rivendogli la verità su quanto era accaduto, poi predis-se al re di Francia che entro l’anno anche lui sarebbe morto. Dopo 37 giorni il re morì, si dice per una caduta da cavallo. Tre mesi dopo muore anche Clemente V,

ufficialmente per problemi intestinali, ma più probabilmente per avvelenamento. Nello stesso periodo morirono misterio-samente altri protagonisti dello sterminio dei Templari. I Templari si spargono in Spagna, Inghilterra, Italia e Germania, continuando ad aumentare di numero. La Chiesa non li scomunica, ma si limita a separarli dal proprio organico. Prima di morire, in un documento rinvenuto dopo 700 anni negli archivi segreti del Vatica-no, Clemente V riconosce che il processo era stato una ignobile farsa ed assolve i Templari da ogni accusa, autorizzandoli in quanto frati a impartire ogni Sacramen-ro, compreso quello della Comunione. Ma il tesoro esisteva davvero? Che fine ha fatto? Questa stessa domanda mi ven-ne rivolta da una signora, durante una conferenza che tenni l’anno scorso nel Castello di Peñiscula. E sa cosa le risposi? Le dissi: cara signora, sa dove ci trovia-mo? Sa quanto vale questo castello? For-se più 500 milioni di euro. Insomma non ha prezzo. E siccome nel mondo esistono 400 castelli templari anche più imponen-ti di questo, se lei li quantifica in denaro ecco il tesoro dei Templari, un tesoro im-menso, incalcolabile. Qual’è oggi il ruolo svolto dai Templari? Prima di tutto continuiamo con la stessa regola di allora: essere cavalieri e guerrie-ri. Ovviamente non combattiamo come si faceva nell’atichità, però siamo cavalieri prima di ogni cosa, e dedichiamo obbe-dienza e lealtà ai nostri superiori. Non siamo una setta e celebriamo la cerimonia di investitura dei neofiti con un grano di sale, un pezzo di pane e un poco di vino, che sono gli stessi elementi del rituale cattolico. La nostra missione, soprattutto la mia come Priore Generale di Spagna, è quella di riunificare tutti gli Ordini del-la Spagna. Se se sono creati molti, alcuni con fini di lucro. Noi, al contrario, abbia-mo abbassato la nostra quota di iscrizione al minimo necessario A livello universale vogliamo essere un solo Ordine del Tem-pio, perchè altrimenti il Vaticano non ci riconoscerà.Quali sono attualmente o vostri rapporti con il Vaticano? Siamo cattolici apostoli-ci romani e la maggior parte siamo prati-canti. Abbiamo relazioni con il vaticano, perchè vogliamo che ci riconosca. Ora è chiaro che fino a quando si hanno 417 Or-dini Templari nel mondo, questo non può avvenire. Questa è la nostra missione: unificarci, non solo in Spagna, ma anche nel resto del mondo. Cosa pensa dell’Opus Dei? Come prela-tura dei Gesuiti, indubbiamente è molto forte e potente. Recentemente il suo fon-datore, Joaquin Escrivá de Balaguer, è

Il Gran Priore di Spagna con l’autore dell’articolo

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salito agli onori dell’altare. Sono molto intelligenti, professionisti e di alto livello. Noi abbiamo buoni rapporti con tutta la Chiesa e quindi anche con le sue legittime ramificazioni riconosciute. E con la Massoneria? Agli inizi si dis-se che i Templari e la Massoneria erano uniti. La Massoneria era composta dai muratori, per questo il loro simbolo erano la squadra e il compasso. La nostra sim-bologia è diversa. Certo, abbiamo buone relazioni, però tutti sanno che la Masso-neria non ha niente a che fare con la Chie-sa., nel senso che i suoi adepiti non sono obbligati ad avere relazioni con la religio-ne, anche se non possono essere atei. Noi invece siamo dichiaratamente cattolici. Si è parlato molto sulle buone relazioni fra Templari e Massoni ed è vero; così come abbiamo buone relazioni con i i Catari, il noto movimento religioso-culturale, propulsore di un nuovo ordine sociale a partire dallo sviluppo individuale. Da loro ci separammo come istituzione perchè erano eretici e perseguitavano la Chiesa Cattolica, ossia l’esatto contrario di quel-lo che facevamo noi.Cosa avete in comune con i Cavalieri di Malta? Premetto che esistono vari Ordini dei Cavalieri di Malta. Il primo fu quello di Malta e Rodi, poi assorbito dal Vatica-no con l’appellativo Malta del Vaticano, che attualmente è il numero uno. Poi ci sono l’Ordine Malta di Inghilterra, quello di Danimarca e quello spagnolo dei Cava-lieri Ospedaleri di San Giovanni Battista, il cui patrocinatore è lo stesso re di Spa-gna Juan Carlos. Quali sono le vostre attività, a parte il compito di riunificazione? Facciamo opere di beneficeinza e di filantropia. Raccogliamo alimenti e medicine per inviarli ai Paesi dell’Africa. Riuceviamo spesso attestati di riconoscenza da parte dei governi per gli aiuti umanitari ricevu-ti. Continuiamo sempre su questa strada, compatibilmente con le nostre limitate possibilità economiche. Quando non ce la facciamo con le nostre forze chideiamo aiuto agli altri. Recentemente abbiamo scritto all’Esercito, chiedendogli razio-ni alimentari per le popolazioni che ne hanno bisogno. Poi realizziamo iniziative culturali, attraverso conferenze, incontri e seminari, rispomdemdo alle innumerevoli domande che la gente ci rivolge sui temi più importanti del nostro Ordine.Chi è oggi il Cavaliere Templare? Una persona qualsiasi, ma che deve rispon-dere ad alcuni requisiti. Quando ci viene chiesto di ammettere un nuovo membro esigiamo l’invio di una domanda e due fotografie, con un curruculum. Inoltre deve scrivere un paio di pagine per sapere

quali nozioni possiede sul Tempio. Il più difficile di tutto è una autocritica, perchè criticarsi da soli è molto difficile, ma per-mette di scendere nell’animo umano con assoluta sincerità. Una volta fatto questo gli si fa un intervista, che magari può du-rare due o tre ore, per verificare se quello che ha scritto corrisponde a verità. Poi la pratica viene sottoposta al Consiglio di Ammissione, il quale studia e decide se il postulante è una persona degna di diven-tare Cavaliere Templare.Qual’è la cosa che non le piace della so-cietà di oggi? Posso risponderle con ña rase di un papa: se non ho carità sono un tamburo vuoto, se non ho carità non sono nessuno. Per me, la carità in tutti sensi è la migliore qualità dell’essere umano. Come disse Gesù, si deve perdonare non sette volte, ma settanta volte sette. Di con-seguenza quello che più mi addolora è la mancanza di carità. Un Cavaliere Tem-plare deve avere questo sentimento vero nel cuore, altrimenti non è un Templare. Ammettete anche le donne nel vostro Ordine? Fino a qualche tempo fa era im-pensabile, ma attualmente accettiamo le dame perchè hanno poteri che spesso non hanno gli uomini. Sono brave nell’orga-nizzazione, affidabili, precise, coscien-zose. A volte avviene che in un Priorato una dama svolga le funzioni di tesoriere. Quando entrano nell’Ordine hanno il grado di “dueñas”, cioè padrona, poi di-ventano sergente e infine Cavaliere (Sor). Una volta emmesse partecipano a tutti gli atti come gli altri membri.Cosa pensa che ci riserverà il futuro? Non è facile immaginare che il mondo migliori fino al punto in cui vorremmo, cristianamente parlando. Tutti, uomini e donne, dovremmo essere trattati con uguaglianza di diritti e doveri. Ma pur-

troppo non è così. La povertà dovrebbe essere poco a poco eliminata e anche la fame che affligge molti popoli. Credo che giuochino un ruolo fondamentale le grandi potenze, che sperperano il denaro senza preoccuparsi di chi soffre la fame. Non parlo solo dell’Africa, ma anche del Sud America, in Cina, in Russia ed anche in Spagna. Dobbiamo sradicare questa piaga. È un compito difficilissimo, ma non possiamo fermarci. Dobbiamo an-dare avanti per raggiungere dei risultati. In questo percorso, la base spirituale è importantissima. Lo vedo non solo come Priore Generale di Spagna, ma anche come membro del Consiglio Magistrale dell’Ordine.A proposito di spiritualità, cosa pensa del’affermazione del Papa, che vuole ri-tornare alla vecchia liturgia, con la mes-sa in latino, il prete rivolto verso l’altare e la distribuzione della Comunione di-rettamente dalle mani del sacerdote? Per mia opinione personale sono d’accordo con il Santo Padre che si ritorni alla cele-brazione della Messa come si faceva an-ticamente. Fin da quando studiavo e per tutta la mia vita ho ascoltato la Messa in latino e improvvisamente si combiarono le regole. Io credo fermamente nell’antica abitudine. Secondo lei, chi è stato il Papa migliore? Secondo me Giovanni Paolo II è stato il miglior pontefice della storia, perchè si è aperto a tutte le religioni, ortodossa, ebrea, musulmana, protestante, anglicana e così via. Ha cercato di riunire, di dimentica-re rancori, di creare fratellanza umana e universale. Un compito difficlissimo, ma come in tutte le cose difficili l’importante è cominciare e poi perseverare. Nulla è impossibile, se si vuole veramente.

Giulio Rosi

Andres Merchan, Gran Cancelliere di Spagna, il Principe Templare Cesare Pro Pignatelli di Antiochia e Ferentino, il Gran Priore Manuel Perez Quintanilla

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La scoperta dell’America non avvenne per caso e non fu fatta nel 1492. Cristofo-ro Colombo era già approdato nel Nuovo Mondo nel 1485. L’impresa fu finanziata per il 70-80% dal mondo italiano. Il ma-rinaio genovese era un uomo molto colto ed era figlio di Innocenzo VIII, il ‘’Papa che era anche papà’’. Chi era Cristofo-ro Colombo? Un marinaio premiato al di là dei suoi meriti? O qualcosa di più, molto di più? Perché si firmava Christo Ferens, portatore di Cristo? Sulla base di una nuova interpretazione di antiche carte e documenti, l’autore rivisita le vicende del «navigatore dei due mondi» e della «scoperta» dell’America. Quan-to si sostiene in questo libro non è mai stato affermato in cinque secoli di scritti colombiani: complotto secolare, thriller storico-politico-teologico, sottofondo alchemico-esoterico, sorprendenti pa-rentele, eredità templari e cavalleresche. Per un sogno di pace universale fra cri-stiani, musulmani ed ebrei e una Chiesa da rifondare. Sullo sfondo, «mappe im-possibili», spedizioni e sbarchi prece-denti fra realtà e leggenda, attese mille-naristiche, personaggi come Marco Polo, Pico della Mirandola, Paolo Dal Pozzo Toscanelli. Partendo dalla caduta di Co-stantinopoli, dal confronto Oriente-Oc-cidente, dall’inquietante somiglianza fra Colombo (definito nepos) e Innocenzo VIII (il papa fatto sparire dal successore spagnolo Rodrigo Borgia), da una lapi-de in San Pietro, dai fondi per la parten-za, dalle lotte e dai segreti del Vaticano (“otro mundo” compreso) scopriremo

che l’esploratore sapeva dove sarebbe giunto: un mondo nuovo, non l’Asia. Non fu il primo ad approdarvi: un an-tico codice alessandrino, nella bibliote-ca di Innocenzo VIII, dava già le giuste coordinate. Come conferma il turco Piri Reis, che avanza anche un predescubri-miento, una «pre-scoperta» da parte di Colombo. Certamente Colombo fu il de-finitivo: l’umanità è cambiata solo in se-guito ai suoi quattro viaggi. La storia fu poi stravolta, la Spagna poté impadronirsi dell’Eldorado e la ragione di stato, nel tem-po, prevalse. Av v a l e n d o -si di apparati iconografici, di libri e pub-blicazioni an-che straniere, questo saggio rivoluzionario, appassionante come un ro-manzo, rivisita a 360 gradi la vicenda del-la «scoperta dell’America», proponendo-ne una lettura nuova, ricca di fascino e di mi-stero. L’autore,

Ruggero Marino, è giornalista e scritto-re. Ha lavorato per 34 anni al quotidiano Il Tempo di Roma, ricoprendo le cariche di inviato speciale, di redattore capo e di responsabile del settore cultura. Ha scrit-to due libri di poesie, Minime e massime e L’inferno in paradiso. Ha vinto oltre 10 premi giornalistici, fra i quali quello dell’Associazione Stampa Romana. Con il suo primo volume sull’Ammiraglio, Cristoforo Colombo e il papa tradito, ha vinto il Premio Scanno. Delle sue ricer-che, che proseguono da oltre 15 anni, e che per la prima volta coinvolgono la Chiesa di Roma nella vicenda, si sono occupati storici, scrittori e media in Ita-lia e all’estero (il Times gli ha dedicato due pagine). I suoi studi sono stati citati all’Accademia dei Lincei. Estratti delle sue tesi sono stati pubblicati da Apol-linaris, dai Quaderni ibero-americani e fanno parte degli Atti del Simposio «La evangelización del Nuevo Mundo» e del Convegno «Il Letterato tra miti e realtà del Nuovo Mondo: Venezia, il mondo iberico e l’Italia». Ha esposto le proprie tesi in numerosissime conferenze, anche in università italiane e straniere. È stato invitato a New York dall’Istituto italiano di cultura e fa parte della Commissione scientifica per le annuali celebrazioni del 12 ottobre in onore di Colombo.

Paola Pacifici

LA VERA STORIA DELLA SCOPERTA DELL’AMERICARuggero Marino smantella cinque secoli di scritti su Cristoforo Colombo

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ghi del Piemonte ed anche a Torino nel 1495. Risalendo agli anni di proprietà degli Charny, quindi alla metà del XIV secolo, non abbiamo notizie del modo di conservazione. Non è tuttavia possibile datare tale sistema di piegatura. Recenti studi hanno voluto vedere in alcuni pic-coli segni presenti su una miniatura del XII secolo raffigurante la sepoltura di Cristo e la visita delle donne al sepol-cro, contenuta nel Manoscritto Pray di Budapest, una riproduzione di queste bruciature. In ogni modo queste brucia-ture dimostrano che al momento della loro formazione la Sindone era ripiega-ta in modo diverso, tale da dividerla in 12 settori. La disposizione delle grandi macchie di acqua sul tessuto attestano, secondo Flury-Lemberg, un sistema di piegatura ancora diverso, a fisarmonica, precedente a Chambéry. Recentemente, durante i lavori per la conservazione della Sindone, si è anche potuta rileva-re la traccia di una lunga piegatura che percorre tutto il lenzuolo nel senso della lunghezza, dovuta all’originaria piega del tessuto al momento della sua confe-zione. Il mistero continua.

Mauro Piergentili

Alla luce delle operazioni compiute per il nuovo sistema di conservazione della Sindone, diventa interessante cercare di risalire ai modi di conservazione della Sindone durante la sua tormentata esi-stenza. Oggi, come noto, il Lenzuolo è custodito disteso in una apposita teca nella cappella del transetto sinistro della Cattedrale di Torino. Fino al 1998 tutta-via la Sindone era conservata arrotolata su di un cilindro di legno all’interno del-la preziosa cassetta cinquecentesca, og-getti oggi visibili presso il Museo della Sindone di Torino. Il sistema di conser-vazione che vedeva la Sindone arroto-lata è documentabile solo dopo l’arrivo a Torino.Già allora tuttavia vi fu chi si pose delle questioni circa le migliori condizioni per tutelarne il decoro e l’in-tegrità. San Carlo Borromeo, che come noto nutriva una particolare venerazione per la Sindone, aveva addirittura invia-to il suo architetto Pellegrino Tibaldi a Torino per consigliare Carlo Emanuele I sull’argomento. Straordinariamente at-tuale e degno di menzione è l’approccio di Tibaldi, il quale, oltre a sostenere la necessità di costruire un edificio all’in-terno del Duomo - secondo le direttive del Cardinale Borromeo - per sottoline-

COSI AVVENNE LA CONSERVAZIONE DELLA SINDONEFinalmente una teoria inconfutabile nella sua storia controversa

are la centralità della Sindone per Tori-no, affermò in una lettera l’utilità di una struttura che permettesse di evitare di “piegare e dispiegare” il tessuto per le ostensioni. Precedentemente al periodo torinese abbiamo il termine certo del 1532: all’epoca la Sindone era conser-vata ripiegata su se stessa in modo da formare un pacchetto, di circa 75 cm per 30 cm. Il telo era stato piegato per la conservazione nel contenitore d’argen-to dapprima quattro volte, in modo che venivano a trovarsi sovrapposti sedici strati di stoffa. Poi il pacchetto venne adattato alle misure della cassetta con una ulteriore piegatura di circa 35 cm da un lato. In questo modo si trovavano 32 strati sovrapposti all’interno di un cofa-no d’argento.Questo sistema di conser-vazione è testimoniato dalle bruciature simmetriche sul tessuto dovute all’in-cendio della Sainte-Chapelle di Cham-béry di quell’anno. Per quanto riguarda il periodo anteriore al 1532, quasi certa-mente la Sindone era conservata ripie-gata, anche perché, sino al principio del cinquecento, il Lenzuolo seguiva la Cor-te sabauda itinerare per i vari castelli dei propri feudi. Sono documentati infatti viaggi ed ostensioni nel ‘400 in vari luo-

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consiste anche nella valorizzazione del-le eccellenze territoriali e culturali del nostro Paese, per cui abbiamo instaurato rapporti di collaborazione con diverse realtà ed in questa direzione va la col-laborazione con Caserta”. E, a proposito della collaborazione con il territorio ca-sertano, Rufino commenta: “Il presiden-te della Provincia Sandro De Franciscis è una persona squisita e credo che possa darci una mano anche per la nostra real-tà territoriale”. Ugo Rufino è Lettore di Italiano alla Facultad de Filosofía y Le-tras UNEX di Cáceres.L’insegnamento dell’italiano nelle Università spagnole ha avuto negli ultimi anni una grande diffusione, grazie anche alla crescita dei Dipartimenti di Italianistica nelle diver-se Univeristà, tra cui Madrid, Salamanca e Siviglia emergono in ordine a numero ed importanza accademica. L’insegna-mento della lingua è affidato nella mag-gior parte dei casi alla figura del lettore che, oltre ad occuparsi dell’attività di-dattica, funge nelle realtà di provincia anche da antenna periferica degli Istituti Italiani di Cultura di Madrid e Barcello-na per quanto riguarda la diffusione del-la cultura italiana in termini di organiz-zazione di mostre, giornate del cinema, conferenze, ecc. La figura del lettore ha assunto negli ultimi anni una maggiore professionalizzazione grazie alla defini-zione del suo ruolo da parte del nostro ministero degli Affari Esteri, in quanto figura professionale di ruolo e non più supplente, proveniente da un’esperienza professionale nei ruoli della nostra Pub-blica Istruzione e con adeguata forma-zione didattica.

Maria G. Nuti

Originario di Trentola Ducenta, il dot-tor Ugo Rufino è l’addetto culturale dell’Istituto di Cultura Italiana di Ma-drid, con cui la Provincia di Caserta ha siglato un accordo che ha concesso per tre anni una “vetrina” dei prodotti tipici casertani nel Caffè letterario dello stesso istituto. Per Trentola Ducenta espongo-no il salumificio Rosotta e le cantine “I Borboni” di Carlo Numeroso. Oggi in paese molti si chiedono: “Come è arri-vato un nostro concittadino a lavorare in Spagna?”. A rispondere è lo stesso Ugo Rufino che, contattato, ci spiega il suo percorso professionale: “Sono arrivato a Madrid dopo aver superato il Concorso per l’Area della Promozione culturale del Ministero Affari Esteri. I funziona-ri di questa carrire ministeriale vengo-no tutti dal campo dell’insegnamento e la loro carriera è intermedia tra quel-la diplomatica ed amministrativa. La rete degli Istituti Italiani di Cultura nel mondo è composta da 93 Istituti distri-buiti su tutti i Continenti. Generalmente

TRENTOLA DUCENTA PROTAGONISTA A MADRIDUgo Rufino e il progetto culturale della sua terra antica

veniamo assegnati alle differenti aree per competenze e conoscenze dei Pae-si, nonché della lingua”. Rufino è stato lettore ministeriale prima in Honduras, poi a Cáceres e Granada in Spagna, con permanenza a Roma presso il Mae per tre anni, dopo il periodo di formazione e di lavoro in diversi settori - dalla co-operazione, all’organizzazione di eventi ed alla collaborazione presso segreterie culturali di Sottosegretari con delega alla Cultura. Poi è stato inviato a Madrid presso il prestigioso Istituto Italiano di Cultura, sito nel Palazzo de Abrantes del 1654. Qui svolge attività dirigenziali da tre anni come responsabile di even-ti culturali, rapporti con le Università e gli Enti spagnoli preposti alla cultura, organizzazione dei Corsi di Lingua. “Il nostro Istituto di Cultura - servizi cultu-rali dell’Ambasciata – racconta Rufino - gode di ottima fama qui a Madrid, es-sendosi formata buona parte dell’intel-lighentia spagnola presso la nostra sede durante il franchismo. La nostra mission

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CADICE, UNA PARENTESI FESTOSA FERMA NEL TEMPOForse è la più antica città fenicia fondata nel Mediterraneo OccidentaleChi è stato a Cadice, nell’estremo sud della Spagna, dice che è una “fiesta” continua. Ma la vera festa si scatena in-contenibile a carnevale. Per chi la vede per la prima volta la città sembra una parentesi di memoria ferma nel tem-po, un molo in mezzo all’oceano dove il vento fa paura, la spiaggia è ventosa, ma il mare è bellissimo. A due passi si trova Tarifa, paradiso del windsurf mon-diale. Cadice sorge su un promontorio roccioso proteso tra il golfo omonimo e l’Oceano Atlantico, collegato alla terra ferma da un sottile istmo lungo una deci-na di chilometri. Si tratta probabilmente della più antica città fondata nell’occi-dente del Mar Mediterraneo, dai Fenici nel XI secolo a.C. anche se oggi si fa risalire ufficialmente la sua nascita alla fine dell’VIII secolo a.C. Conosciuta già dal 1100 a.C. come importante emporio fenicio con il nome di Gadir, fu conqui-stata prima da Annibale, che vi risiedet-te lungamente, e nel I secolo a.C. dai romani, che ne fecero la terza capitale dell’Impero con il nome di Julia Augu-sta Gaditana. Dopo secoli di decadenza sotto il dominio arabo, che inizialmente neanche la Reconquista poté arrestare, ritornò all’antico splendore con la sco-perta dell’America, grazie al porto, che entrò in aperta concorrenza con quello di Siviglia. Il primato di Cadice diven-ne assoluto nel XVIII secolo, quando il porto rivale si insabbiò e la città ebbe il monopolio degli scambi con il Nuo-vo Mondo. Il declino economico arrivò però di lì a poco con il tramonto dell’Im-pero coloniale spagnolo, ma a quel punto la città divenne il baluardo della cultura liberale, presa ad esempio anche dai pa-trioti italiani, quando promulgò la famo-sa costituzione di Cadice nel 1812. Da allora vanta una radicata tradizione libe-rale non tradita neppure nel corso della guerra civile, durante la quale si schierò apertamente dalla parte repubblicana.La visita della città può cominciare con una bella passeggiata lungo i bastioni seicenteschi che la circondano com-pletamente, proteggendola dalla furia del mare. L’Avenida è il lungomare del porto che termina nell’ampia Plaza de Espana, caratterizzata dal monumento del 1927 dedicato alle Cortes che vara-rono la costituzione. Nell’antica Grecia era conosciuta come Gadeira e ai tempi dell’impero romano come Gades da cui deriva il gentilizio attuale di gaditano. Prima di raggiungere il Parque Genovés

e il Castillo de Santa Catalina, a pianta stellare, si incontrano i due viali più ele-ganti della città, l’alameda de Apodaca e l’alameda Marqués de Comillas. Dopo la bella spiaggia sabbiosa, proseguendo lungo campo del Sur, si incontrano pri-ma la Catedral Nueva (1722-1838), un imponente edificio neoclassico dov’è conservata la Custodia de la Plata, por-tata in processione durante il Corpus Domini, e poi la Catedral Vieja (XIII secolo), ricostruita nel ‘600. Altri inte-ressanti edifici religiosi sono il barocco Hospital de Nuestra Senora del Carmen (1740), con un S. Francesco di El Gre-co; la chiesa barocca di San Felipe Neri, il cui altare maggiore ospita un’Imma-

colata di Murillo; l’Oratorio de la Santa Cueva (XVIII secolo) che presenta due cappelle: una sotterranea molto sobria, ottenuta in una cava naturale, e una so-vrastante molto elaborata la cui cupola è ornata da tre affreschi di Goya.Proprio al centro della città si trova il Museo de Cádiz, con una sezione di archeolo-gia sulla storia della città, che conserva tra l’altro un’enorme statua di Traiano.. Sono famose e divertenti le sue “chiri-gotas”, specie di buffi cori satirici che a carnevale si esibiscono gareggiando in bravura e originalità sui temi sociali e politici del momento.

Paola Pacifici

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QUELL’INESAURIBILE GENIO DI LEONARDO DA VINCIL’Aquila espone cinquanta prototipi di macchine funzionanti

“Le Macchine di Leonardo” è una espo-sizione di cinquanta prototipi di mac-chine funzionanti, realizzate in perfetta scala sui disegni del grande genio to-scano dall’artigiano fiorentino Gabriele Niccolai con i materiali dell’epoca, cioè legno, cotone, ottone, ferro e corde. La mostra è aperta fino al 31 marzo. Ma c’è da scommettere che sarà opportu-namente prorogata per l’interesse che ha suscitato in tutta Italia ed anche all’estero. Si svolge in un coinvolgen-te percorso artistico e scientifico tra le geniali macchine di Leonardo, ciascuna corredata da didascalie e disegni trat-ti dai Codici leonardeschi. Si dispiega

nell’ampia sala Chierici, lungo l’andro-ne della cavallerizza ed in due bastioni del Forte Spagnolo dell’Aquila, sede del Museo Nazionale d’Abruzzo. Dunque un’operazione corposa questa mostra, realizzata dalla società SBS con part-ners scientifici di rilievo, come i Labo-ratori Nazionali del Gran Sasso, Micron Technology, l’Università dell’Aquila e l’Associazione Insegnanti di Fisica. Pa-trocinata da Regione Abruzzo, Provincia e Comune dell’Aquila, sponsor un grup-po bancario, può contare sulla collabo-razione artistica della Soprintendenza PSAE per l’Abruzzo. Alla mostra si espongono le macchine con le quali Le-

onardo da Vinci lanciò una sfida contro l’impossibile: gli studi e i progetti che hanno rivoluzionato l’idea del volo. Una galleria dei modelli più importanti pro-gettati da Leonardo, dalle prime macchi-ne che sfruttano la forza dell’uomo fino al perfezionamento con l’applicazione delle leggi dell’aerodinamica: l’anemo-metro a lamelle, il deltaplano, l’inclino-metro, l’ornitottero, lo studio d’ala e la vite aerea. Quindi le macchine belliche, progettate da Leonardo nonostante la sua repulsione per la guerra, solo al fine d’essere accettato a corte dagli Sforza, a Milano. Ecco dunque le sue macchine da guerra: il carro falciante, la barca con falce, il carro armato, il cannone navale, l’escavatrice da trincea, il ponte arcua-to, il carro bombarda per l’assalto alle mura, scala mobile e catapulta, vari tipi di proiettili. La meccanica. Leonardo si avvicinò allo studio della meccanica sin da giovane, affascinato dalle enormi gru create dal Brunelleschi per costruire la Cupola del Duomo di Firenze. Egli andò molto più avanti, anticipando quasi di tre secoli la rivoluzione industriale, con la creazione di macchine completamen-te automatiche per alleviare il lavoro dell’uomo. Queste le altre macchine esposte: automobile a balestre, automa o robot, bicicletta, pinze, trivella verticale, gru con argano centrale e gru a piatta-forma anulare, carro con differenziale, alzacolonne, argano multivelocità, po-dometro e gru brunelleschiana. Infine le macchine idrauliche di Leonardo. Anche l’idraulica appartiene agli studi di Leo-nardo che affronta temi come l’idrodi-namica, i mezzi per l’offesa e la difesa sui mari fino alla creazione di strumen-ti per esplorare e lavorare sui fondali, quali sega idraulica, barca a pale, ponte mobile, draga, imbarcazione a doppio scafo, sci galleggianti, palombaro e vite d’Archimede. In un’apposita sezione della mostra il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso presenta i plastici degli esperimenti in atto e le applicazioni at-tuali sulle intuizioni tecnico-scientifiche di alcune macchine di Leonardo, insieme ad un laboratorio scientifico interattivo. La visita alla mostra delle macchine di Leonardo può integrarsi con gli itine-rari espositivi nelle molteplici collezio-ni all’interno del Forte Spagnolo, ma anche in visite guidate nei Laboratori sotterranei del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.

Andrea Rosi

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Servono maggiori risorse per le tratte ferroviarie regionali usate dai pendolari. Questo il senso di un ordine del giorno approvato dalla Conferenza delle Regio-ni, e di cui ha parlato con i giornalisti il presidente Vasco Errani. Nel suo inter-vento ha chiesto “che il trasporto pubbli-co d’interesse regionale e locale ‘’siano aggiornati al tasso di inflazione e al trend di sviluppo programmato per ciascun anno del triennio, al fine di scongiurare il pericolo che si e’ bloccata sul nascere l’attuazione del piano industriale di Fs e di impedire che siano addirittura operati tagli rilevanti ai servizi per i pendolari, vanificando così anche i potenziamenti infrastrutturali già realizzati o in corso di realizzazione’’. Nell’ordine del giorno in materia di ser-vizi di trasporto ferroviario di interesse regionale e locale resi da Trenitalia, ap-provato dalla Conferenza delle Regioni, si legge che “l’Italia sta sostenendo un enorme sforzo tecnico ed economico per realizzare il progetto della rete Alta Ve-locità-Alta Capacità” e “le Regioni e le Province autonome hanno predisposto il proprio Piano di sviluppo del trasporto pubblico di interesse regionale e locale incentrato su un progressivo incremento

SERVONO PIÙ RISORSE PER LE FERROVIE REGIONALIL’alta velocità non deve far dimenticare i diritti dei pendolari

dei collegamenti su ferro, sia sulla rete ferroviaria italiana che sulle reti regio-nali, fino a un + 35%, oltre che sulle reti metropolitane e sulle reti urbane ed in-terurbane su gomma” . “Il Piano indu-striale che FS ha presentato al Governo è perfettamente in linea con il predetto piano di sviluppo, per cui le Regioni lo condividono e lo sostengono, sia nella parte relativa allo sviluppo dei servizi, sia in quella riguardante gli investimen-ti finalizzati a migliorare la qualità, con particolare riferimento alla sicurezza ed al potenziamento ed ammodernamento del materiale rotabile”“Nella Finanziaria 2007 – si legge an-cora nell’ordine del giorno della Confe-renza - lo Stato, a distanza di 10 anni, ha adeguato all’indice di inflazione le risorse assegnate al servizio ferroviario regionale reso da Trenitalia, aggiornan-dole da 1384 a 1695 milioni di Euro; ma nella Legge Finanziaria 2008” si è registrato un decremento di risorse che potrebbe determinare “le condizioni per un taglio dei servizi stessi nella misura determinata da Trenitalia del 25%, e di rendere conseguentemente ingestibili e conflittuali i rapporti contrattuali tra le Regioni e il Gruppo FS”. Una “riduzio-

ne dei servizi che sarebbe inammissibile e nello stesso tempo ingiustificabile, te-nuto conto degli ingenti investimenti in infrastrutture programmati e in corso di realizzazione che, ove non congruamen-te utilizzati per incrementi di servizi me-desimi, rischierebbero di rimanere fini a loro stessi” e colpirebbe “essenzialmen-te il trasporto di interesse regionale e lo-cale” e quindi la mobilità dei pendolari.Per questi motivi, le Regioni, “chiedono al Governo che nel triennio 2008-2010 i trasferimenti per il trasporto pubblico di interesse regionale e locale, di cui all’articolo 9 del decreto legislativo n. 422 del 1997, partendo dal livello di tali trasferimenti, come da ultimo ricono-sciuto per l’anno 2007 nella misura di 1.695 milioni di euro, siano aggiornati al tasso di inflazione ed al trend di svi-luppo programmato per ciascun anno del triennio, al fine di scongiurare il pe-ricolo che sia bloccata sul nascere l’at-tuazione del Piano industriale di FS, e di impedire che siano addirittura operati tagli rilevanti ai servizi per i pendolari, vanificando così anche i potenziamenti infrastrutturali già realizzati o in corso di realizzazione”.

Marzio Cucchiara

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L’AERO CLUB D’ITALIA RINNOVA LA SUA FLOTTAMotori ed ali nuove per nutrire il più antico desiderio dell’uomo

“La partecipazione del Ministro dei Tra-sporti Bianchi alla Assemblea dell’Ae-CI, del mese di settembre, ha segnato, per l’Ente un sostanziale e significati-vo cambiamento”. Così il Presidente dell’Aero Club d’Italia, Giuseppe Leo-ni, ha aperto la Conferenza Stampa sul rilancio del programma di rinnovo della flotta aerea dell’Aero club .L’Aero Club d’Italia (AeCI), Ente di diritto pubblico, con sede legale in Roma, sottoposto alla vigilanza del Ministero delle Infrastrut-ture e dei Trasporti, del Ministero della Difesa, del Ministero dell’Economia e delle Finanze, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Ministero dell’Interno, riunisce in organismo fe-derativo nazionale Associazioni ed Enti italiani che si interessano allo sviluppo dell’Aviazione nei suoi aspetti didattici, sportivi, turistico-promozionali, cultura-li, di utilità sociale e civile e attività col-legate Grazie alla sensibilità ed all’ap-prezzamento per il mondo aeronautico, dimostrati dal Ministro e dal Sottose-gretario, sono venuti meno, infatti, quei vincoli normativi di bilancio che hanno, fino ad ora, impedito l’utilizzo dei re-sidui di bilancio, derivanti dai proventi del II Piano Rinnovo Flotta del 1987 ed ammontanti a più di 3 milioni di euro,

destinati al rinnovo della flotta stessa, consentendo all’Aero Club d’Italia, una volta ultimati i lavori dell’apposita com-missione, di procedere all’acquisto di un certo numero di aeromobili da assegnare agli Aero Club federati.“ L’Ente, inoltre – sostiene il Presidente Leoni - da quest’anno potrà contare su maggiori risorse finanziarie determinate dall’aumento del contributo ordinario del Ministero dei Trasporti portato dai 40.000 euro, assegnati negli anni passa-ti, ai 270.000 euro del 2008.Al Ministro Bianchi che chiede di valu-tare la possibilità di destinare, parte di tali fondi, alla formazione dei giovani ed ad una promozione che possa far cono-scere le reali potenzialità dell’Aviazione Generale, il Presidente Leoni risponde che quanto evidenziato dal Ministro è uno dei principali obiettivi dell’Ente che, proprio per sensibilizzare i giovani offrendo agli stessi di usufruire di una struttura che possa offrire la possibilità di conseguire le varie licenza a prezzi contenuti, sta studiando la possibilità di istituire al Sud Italia, in quanto meteoro-logicamente più adatto, un Centro Na-zionale. Un progetto che però richiede la disponibilità di velivoli.A tale affermazione si aggancia il Sot-

tosegretario Sartor per esprimere il compiacimento da Lui provato quando ha appreso che lo sblocco dei fondi era necessario per poter procedere al rinno-vo della flotta e che tale operazione era fondamentale per poter proseguire nella politica a favore dei giovani.” Le attività aeronautiche sono formative a prescin-dere dal possibile sbocco professionale – dice il Sottosegretario- e insegnano ai ragazzi a rispettare la natura”. Come già precedentemente espresso dal Ministro anche per il Sottosegretario l’auspicio è che si facciano tutti gli sforzi necessari per eliminare, a favore dei giovani, le barriere economiche.Una interessante proposta per il rilan-cio dell’Aviazione Generale arriva dal Dottor Sciacchitano, vice direttore ge-nerale dell’Enac (Ente Nazionale Avia-zione Civile), che a fronte della diffi-cile convivenza sullo stesso aeroporto dell’aviazione generale e di quella com-merciale, con una inevitabile penalizza-zione dell’aviazione generale, propone l’eventuale collocazione, delle attività che hanno difficoltà ad operare negli ae-roporti commerciali, presso una serie di aeroporti non finalizzati all’attività com-merciale.

Giancarlo Tulli

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Pilotare un aereo da turismo è un’espe-rienza affascinante aperta a chiunque voglia investire un po’ di tempo, di sol-di e di impegno. Stiamo parlando di un aeroplano vero, non di un ultraleggero o di un deltaplano. L’addestramento in volo avviene sotto la guida di un istruttore cer-tificato che insegna come decollare, navi-gare da un aeroporto all’altro ed atterrare. Milioni di persone hanno imparato così. Quando uno sa pilotare un aeroplano non è più la stessa persona, perchè accede ad un nuovo mondo di libertà personale e di esperienze. “Da quel momento - spiega il comandante Gilberto Volpi, uno dei mi-gliori istruttori italiani - i viaggi non si misurano più in chilometri, ma in ore. Si capirà cosa significa pianificare da soli i viaggi, volando alti sopra la folla, il traffi-co, i disagi dei mezzi di trasporto abituali. Il pilota troverà sempre nuovi motivi di appagamento e soddisfazione osservando come le sue capacità crescano costante-mente. Con il pilotaggio - precisa Volpi - aumenta la fiducia in se stessi e la vita diventa parte del sogno dell’umanità: vo-lare”. Il corso di pilotaggio, presso uno degli aero club italiani, ce ne sono un cen-tinaio, comprende un breve corso teorico ed un minimo di 12 ore di volo, più alme-no un volo da solista.Lo scopo del corso teorico è di dare all’Allievo le nozioni

PILOTARE UN AEREO? IL SOGNO DIVENTA REALTA’Basta solo un po’ d’impegno, del tempo e qualche soldo da spendere

basilari per affrontare le missioni di volo con serenità, sicurezza, avendo cognizio-ne della meccanica del volo. Durata del corso circa due mesi, considerando due sere a settimana. Poi viene il corso prati-co, che ha lo scopo di addestrare l’Allie-vo Pilota a compiere le manovre basiche di volo:decolli, atterraggi, volo rettilineo, livellamenti, virate, stalli, volo lento, spi-rali in salita e in discesa. La seconda fase del corso richiede più costanza e fatica. E’ la fase in cui l’allievo impara l’arte della navigazione aerea. Durata del cor-so pratico almeno 45 ore di volo, di cui almeno 10 “da solista”. Al termine della prima fase di istruzione teorico-pratica e dopo aver effettuato almeno un volo da solista, l’istruttore sottoporrà l’allievo ad un test scritto ed ad una prova in volo per conseguire un attestato che lo abilita ad essere pilota, ma ancora non può portare passeggeri a bordo.L’attestato ha validità due anni, può esse-re rinnovato con una pratica burocratica e dà facoltà al titolare di volare sul terri-torio nazionale, entro 100 chilometri dal punto di partenza, sempre sotto la respon-sabilità dell’Istruttore. Raggiunte almeno 45 ore di volo e superato il test teorico viene ammesso agli esami ministeriali. E diventa pilota a pieno titolo con la licenza di Pilota Privato.

Per mantenere la licenza sono necessarie 12 ore di volo nell’ arco di due anni. La Licenza di Pilota Privato dà la facoltà di volare in Italia ed all’estero, con passeg-geri a bordo, per scopi turistico o sportivi. O magari sentimentali, visto che ogni neo pilota sogna sempre di convidere l’emo-zione del volo con un amico, una fidanza-ta o un fidanzato, oppure un familiare. La spesa per il conseguimento della Li-cenza di Pilota Privato - che ovviamente varia a seconda dell’ aero club e in base al tipo di aereo utilizzato - si aggira sui 10.000 euro. La Licenza è valida per il pilotaggio di qualsiasi aeromobile da turismo, sia esso terrestre, idrovolante o anfibio. Contrariamente a quanto gene-ralmente si pensi, la Licenza è una ed uni-ca; sta al pilota ampliare l’elenco dei tipi di aeromobili conosciuti effettuando le “abilitazioni”, che - parlando sempre di aerei da turismo - consistono in un breve addestramento supplementare sul tipo di aeromobile desiderato. Ed una spesa ag-giuntiva per ciascuna abilitazione. Un’ul-tima cosa: il pilota non è un superman, basta avere una normale costituzione; un piccolo difetto visivo, correggibile con occhiali, in molti casi non rappresenta un impedimento. Provare per credere.

Giulio Rosi

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Poco prima dello scorso Natale, il “New York Times” (seguito, a breve distanza, dal “Times” e dall’”Independent”) ha dedicato all’Italia un’analisi impietosa, dove il nostro Paese è descritto come decadente, incapace di stare al passo con i tempi e con le sfide civili, culturali, economiche degli altri Paesi occidentali. Un Paese colpito da un malessere diffu-so, nel quale la cultura propone modelli anarco-individualisti, che favoriscono la diffusione di un edonismo triste. Poche settimane prima, un rapporto Eurispes indicava una società italiana sempre meno solidale e più egoista, dove i cit-tadini sarebbero legati solo agli interes-si personali. Fortunatamente, non tutto è così. Esiste una valida tradizione di solidarietà e di associazionismo nella società e nella cultura italiana, legata - soprattutto - alla volontà ed al coraggio di singole persone. Uno dei tanti casi, da portare ad esem-pio, è quello dell’Associazione “Gen-te di Villa”, di Villa Santo Stefano, in provincia di Frosinone. Il 18 dicembre 2004, un gruppo di cittadini del comune del frusinate, si è riunito ed ha deciso di fondare un’Associazione per la promo-zione della cultura, dell’arte, dello sport, dell’assistenza sociale e sanitaria, della beneficenza, della tutela e della valo-rizzazione della natura e dell’ambien-te. Quest’organizzazione non ha alcuna finalità di lucro, è apolitica, apartitica ed

L’ASSOCIAZIONISMO UN PATRIMONIO DA TUTELAREIncontro con la presidente di un sodalizio multidisciplinare

aconfessionale. Si tratta di un progetto che può essere esportato a qualsiasi altra realtà locale nazionale; anzi, possiamo solo auspicare che ciò avvenga. Per que-sto motivo abbiamo deciso di parlarne con il Presidente, il Cavaliere Ufficiale Franca Colonia.

Qual è la motivazione che ha portato ad inventare l’Associazione “Gente di Villa”? La motivazione è stata quella di collaborare insieme alle Istituzioni alla crescita culturale del paese, rivol-gendosi in particolar modo ai giovani che rappresentano il futuro, offrendosi a loro e coinvolgendoli in un progetto che è anche una scommessa, per far sì che essi per primi amino la loro terra, ne rispettino i valori e le tradizioni, e pos-sano crescere anche aprendosi al mondo esterno con il quale dovranno prima o poi confrontarsi.

Qual è il bilancio di questi primi anni di attività dell’Associazione? Sono stati anni molto intensi, sia per le ma-nifestazioni importanti che ci hanno in-teressato, sia per l’acquisto della sede e la sua ristrutturazione, grazie anche a coloro che hanno creduto nell’iniziativa e ci hanno concesso un prestito che sta già per essere rimborsato. Credo che la soddisfazione riguardi tutti, sia chi ci ha creduto tanto fin da subito, sia chi è stato critico nella fase iniziale pensando

che il progetto fosse troppo difficile da realizzare. Per molti di noi si è trattato di un “rispettoso traguardo”; rispettoso perché è quello che si avverte intorno a noi da parte di persone fuori dal gruppo il quale, pur avendo attraversato - come tutte le realtà associative - momenti dif-ficili, in particolare dovuti alle scarse disponibilità economiche, sembra esser-ne uscito ancora più unito, rinforzato proprio dalla soddisfazione dei risultati raggiunti. L’Associazione vuole anche essere sempre attenta alle situazioni di disagio e di povertà che esistono nel no-stro paese, alle carenze dei servizi offerti dalla scuola, intervenendo attraverso la raccolta di fondi con pesche di benefi-cenza e serate conviviali, i cui ricavati vengono utilizzati per l’acquisto di libri, di pacchi dono e per l’offerta di campi scuola, avendo altresì stipulato un pro-tocollo di intesa con l’Istituto scolastico locale. L’Associazione, che non per-segue fini di lucro, vuole permettere ai giovani ed ai meno giovani di scoprire oltre ai tesori della propria terra anche quelli custoditi in altre regioni italiane; anche per questo motivo, abbiamo or-ganizzato viaggi culturali e di svago in varie località italiane.

Di chi si avvale al fine di portare avanti tutte queste iniziative? Molto utile è la presenza all’interno del Gruppo di alcuni docenti che collaborano in maniera mol-to significativa alle varie attività. Si trat-ta dei docenti: Carlo Cristofanilli, Carlo Toppetta, Ernesto Petrilli, Sonia Lucari-ni, Annarita Mancini, Annamaria Petrilli e le sue colleghe, ed altri ancora. Con il loro prezioso aiuto, abbiamo fatto tante cose: cultura, feste, beneficenza, aiuto alle scuole, accoglienza, viaggi, condi-visione di eventi con altre associazioni Abbiamo aderito a manifestazioni pro-poste dall’Ail, dall’Inars Ciociaria, dagli anziani di Patrica e tanto altro ancora. Il nostro fiore all’occhiello resta la “Sede”; spesso mi capita di dire “casa”, perché di casa si tratta, di una piccola isola, alla quale ognuno, grande o piccino sente di “appartenere”. Abbiamo restaurato il “grottino” dell’associazione per render-lo fruibile e sicuro per i ragazzi. Lo ab-biamo, infatti, adibito a “saletta cinema-tografica” acquistando tutto il materiale necessario per la proiezione di films e cortometraggi, realizzando un progetto approvato e - solo in parte - finanziato dalla Regione Lazio, intitolato “Educa-

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stati premiati. Ogni anno in occasione del Natale proponiamo una lotteria per finanziare un campo scuola per ragazzi. Nel 2008 mi auguro di poterlo realizzare sulla riviera adriatica mescolando come sempre mare, divertimento ed un po’ di cultura! Mi auguro per il futuro di ave-re ancora al mio fianco le persone che hanno collaborato sin qui, alle quali spe-ro se ne aggiungano altre che vorranno collaborare alle nostre iniziative, oltre a volerci suggerire ulteriori idee, segna-lazioni, esperienze. In conclusione di questo incontro, mi fa piacere segnalare la nostra presenza nel sito che ci ospita: www.villasantostefano.com/news/gen-tedivilla, ringraziando gli encomiabili web-master Augusto Anticoli ed Enzo Iorio. Pubblichiamo periodicamente an-che un piccolo fogliaccio, un’eco della nostra associazione a cura del redattore Fernando De Filippi che distribuiamo ai soci ed ai cittadini.

Questa è “Gente di Villa”, un’attivissi-ma realtà che ravviva la vita di un paese di quasi 1800 abitanti, nella provincia di Frosinone. E’ una sfida di successo, che si pone ad esempio per tutte le altre realtà locali italiane, in barba ai cattivi oracoli che la stampa estera ci propone e che taluni studi statistici sembrerebbero confermare, non senza ragioni, purtrop-po. Concludendo, anche da un piccolo paese può arrivare la migliore risposta alle accuse che ci giungono da oltreoce-ano, contribuendo ad infonderci ottimi-smo per il nostro futuro.

Franco Baccarini

re i giovani al rispetto delle diversità”. E’ stata notevole l’adesione, così come l’interesse mostrato, tanto che nel corso della festa d’estate gli abbiamo dedi-cato un convegno molto interessante di cui si è occupata anche Rai 3. Abbiamo aderito all’iniziativa dell’Unicef sull’in-fanzia negata ed abbiamo proiettato i corti proposti durante la campagna di sensibilizzazione. Abbiamo proposto ed ottenuto il riconoscimento di un premio alla carriera per il nostro concittadino Roberto Toppetta ed abbiamo intenzio-ne di continuare a tessere la tela fatta di reciprocità con altre entità che, come la nostra, perseguono un fine altamente so-ciale rivolgendoci in particolare ai bam-bini. Per loro, infatti, abbiamo dato il via a numerose attività ludiche e non, come il centro estivo realizzato grazie all’im-pegno di diverse preziosissime persone. Uno dei successi dell’ultimo anno è stato il corso di pittura realizzato con la colla-borazione della nostra artista, il futuro architetto Federica Petrilli, che ha inte-ressato moltissimo i giovanissimi. Gran-de la sorpresa dei miei concittadini che hanno visto bambini girare per il paese a riprendere scorci di vicoli e piazzette oppure, armati di sediole e tavolinetti, ritrarre la torre del re Metabo. Tutto que-sto ci mette allegria e ci dà la conferma che stiamo svolgendo un servizio al no-stro paese. Molto positive le manifesta-zioni che abbiamo realizzato: la festa di Pasqua, la festa d’estate, il campo scuola etrusco, quello di Pestum, le feste di Na-tale che hanno riacceso il paese unendo magicamente tutti i cittadini, ed ancora la festa della befana con l’estrazione di regali e di befanini per tutti.

L’impegno, economico e non, sarà senz’altro gravoso. Come lo affrontate? Abbiamo fatto fronte alle spese neces-sarie come l’acquisto di sedie, compu-ter, proiettore, lettore dvd, cd di qualità, macchina fotografica, libri e materiali vari, offrendo ai più giovani, ad ogni in-contro, anche una merenda, utilizzando i fondi residui della lotteria e delle pesche di beneficenza che ci impegnamo sem-pre a fare e che ci consentono di vivere e di pagare anche le bollette! Il tessera-mento del 2007 ha registrato circa 150 adesioni di cittadini che ci sostengono anche psicologicamente. Ci sono stati accordati dei finanziamenti dalla Pro-vincia di Frosinone e dalla Regione La-zio per tre precisi progetti, anche se - a tutt’oggi - siamo entrati in possesso di questi fondi solo in parte. Colgo l’oc-casione per ringraziare tutti quelli che hanno offerto la loro disponibilità; in

particolare, le insegnanti, le animatri-ci della ACR, il parroco, gli artigiani, i negozianti, i proprietari delle cantine, gli espositori, il gruppo della protezio-ne civile, i visitatori, coloro che pur non essendo presenti fisicamente ci seguono e ci sostengono da lontano. Tutti quanti, con la loro presenza, hanno contribuito a dimostrare quanto sia importante ag-gregarsi, stare insieme per condividere principi e scopi comuni all’insegna della solidarietà. Il programma futuro preve-de numerose attività sociali da svolgere presso e fuori la Sede che sarà aperta tut-ti il sabato ed i giorni festivi per incon-tri con i bambini per giochi di società, lettura delle favole, teatrino e così via; il cineforum, già avviato, continuerà con una cadenza mensile e riguarderà la pro-iezione di film-documento sui vari temi che possono interessare e far riflettere anche mediante un dibattito molti ra-gazzi: amicizia, tolleranza, droga, etc.. Nell’estate 2007 abbiamo finanziato un campo scuola a Paestum, Velia e costie-ra amalfitana di tre giorni, con grande soddisfazione. Durante il 2007, abbiamo realizzato il progetto “Come scoprirsi archeologi…”, affiancati da docenti ed esperti nel settore. Durante la 4a edi-zione della festa di Natale “Segui la stella.” Abbiamo concluso un progetto patrocinato dalla Provincia di Frosinone dal titolo “Scorci di Villa”, un concor-so fotografico che lascia nel patrimonio culturale di Gente di Villa ben 69 foto che ritraggono paesaggi, vicoli, scalina-te ed icone votive del nostro paese colti dai partecipanti, dodici dei quali sono

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Aldo Ajò abitava in uno dei posti più suggestivi di Gubbio, fra Palazzo Duca-le e Palazzo dei Consoli. Qui aveva la sua casa studio e qui ha lavorato ininter-rottamente per tutta la vita. Dopo la sua morte avvenuta nel 1982 sua moglie, Ines Spogli, ha voluto al-lestire la sua mostra permanente. Sono circa centocinquanta opere che vanno dagli anni Venti sino alla fine degli anni Settanta. Oltre alle ceramiche vi sono presenti anche alcuni dipinti, bozzetti e disegni. Tutte le opere sono esposte secondo un determinato ordine tematico. “Sono solo alcuni delle sue opere. La maggiora parte…” ci dice Ines Spogli “sono all’estero. Una importante colle-zione è di proprietà della famiglia Cola-iacovo. Forse dovrebbero fare loro una mostra e non io” dice scherzando. “Aldo lavorava parecchio, e vendeva molto. Ho cercato in questi anni di met-termi in contatto con alcuni clienti, ma molti non vogliono privarsi delle opere. Di alcune non so neppure che fine hanno fatto...” Ajò era un’artista infaticabile. Era capa-ce di lavorare per tutto il giorno senza fermarsi mai. “Se non lo chiamavi per il pranzo” continua la moglie “non man-giava neppure. Anche quando venivano dei clienti non smetteva di lavorare, in genere ero io ad occuparmi di queste faccende. Così come mi occupavo della nostra scuola”.“Mio marito era un uomo mite, e la sua arte rileva proprio questo. Lui non

I 150 CAPOLAVORI DELLA MITE ARTE DI ALDO AJÒLa mostra di gubbio ci fa conoscere opere di un artista eccezionale

ritraeva mai animali feroci. Dipingeva spesso donne nude, ma non erano mai in atteggiamenti volgari”.Tra le sue opere spiccano diversi San Francesco, Madonne, Gesù Cristo, pae-saggi di Gubbio. Ci sono anche diversi pesci. “Ad un certo punto iniziò a stufar-

si di fare sempre le stesse opere, in par-ticolari i pesci. Ma visto che glieli com-missionavano li doveva fare per forza.” La mostra voluta dalla signora Ajò ha avuto la supervisione del professore Gian Carlo Bojani che si è occupato del suo allestimento. “L’ho voluta fare per ricordare mio marito” dice la signora “tutti gli eugubini volevano questa mo-stra, e ho pensato che potessi farla an-che senza l’aiuto dell’amministrazione comunale”.Nella sua casa studio spicca una bellis-sima madonna in gesso, una delle sue ultime opere rimaste incomplete. Poi i suoi paesaggi agresti, i ritratti di donne, i santi e il suo bellissimo autoritratto, in cui l’artista quarantenne si ritrae con uno sguardo austero. Sotto si legge una scritta autografa nella quale si legge che l’opera non era non finita, “forse perché…” ritiene la moglie suo marito pensava che fosse necessario “qualche colore, o qualche ritocco”. Usciamo dalla sua casa studio con una certezza. Il nostro artista non avrebbe concluso il suo dipinto neppure se fosse vissuto mille anni!

Marco Carbone

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HOUDINÌ, IL MAGO CHE ODIAVA I CIARLATANI Agli inizi della carriera non riusciva ad avere successoErik Weiss, noto come Houdini, nacque il 24 marzo 1874. È stato uno dei più famosi illusionisti della storia, reso ce-lebre dalle sue fughe impossibili.All’età di quattro anni, Houdini si trasferì con la famiglia, originaria dell’Ungheria, negli Stati Uniti. Nel 1891 Erik diven-ne un illusionista professionista; scelse il nome d’arte di Harry Houdini come tributo al mago francese Jean Eugène Robert-Houdin e riuscì nel 1913 a farlo diventare il suo nome legale. Agli inizi la sua carriera di mago non riscosse un grande successo, ma gli fece incontrare nel 1893 Wilhelmina Beatrice “Bess” Rahner, anch’ella illusionista, che sposò dopo un corteggiamento durato tre setti-mane. Bess divenne la sua assistente di scena per tutto il resto della sua carriera. Houdini inizialmente si applicò ai giochi di carte ed alle altre arti magiche tradi-zionali - si autoproclamò il re delle car-te - ma cominciò presto a sperimentare le sue evasioni. La sua grande occasio-ne venne nel 1899, quando incontrò lo showman Martin Beck. Beck, impressio-nato dal numero di Houdini con le ma-nette, lo consigliò di concentrarsi sulle evasioni e lo inserì nel circuito di spet-tacoli di vaudeville dell’Orpheum. Nel giro di pochi mesi si esibì nei teatri di vaudeville più rinomati degli Stati Uniti e nel 1900 andò ad esibirsi in Europa. Al suo ritorno negli Stati Uniti, quattro anni dopo, era diventato una leggenda. Nei primi vent’anni del XX secolo Hou-dini si esibì con grande successo in tutti gli Stati Uniti. Era capace di liberarsi da manette, catene, corde e camicie di forza, spesso penzolando da una corda o immerso nell’acqua e sotto gli occhi del pubblico. Nel 1913 presentò quello che per molti è il suo numero più famoso, la cella della tortura cinese dell’acqua, in cui rimaneva sospeso a testa in giù in una cassa di vetro e acciaio piena d’ac-qua e chiusa a chiave. Svelò alcuni dei suoi trucchi nei libri scritti negli anni ‘20. Molti lucchetti e molte manette po-tevano venire aperti solo applicandovi una forza sufficiente in un modo parti-colare, altri potevano venire aperti con l’aiuto delle stringhe delle scarpe. A vol-te usava chiavi o bastoncini opportuna-mente nascosti. Era in grado di fuggire da un barile per il latte riempito d’acqua il cui tappo era legato ad un collare da lui indossato perché il collare poteva essere staccato dall’interno. Quando era legato da corde o da una camicia di forza, riu-

sciva a crearsi uno spazio per muoversi dapprima allargando spalle e torace, poi allontanando appena le braccia dal corpo e quindi disarticolando le spalle. Il suo numero della camicia di forza fu inizial-mente eseguito dietro un sipario, da cui lui balzava fuori nuovamente libero, ma poi Houdini scoprì che senza il sipario il pubblico era molto più affascinato dal vederlo lottare per liberarsi. L’esibizione in diretta fu spesso combattuta al limite. Negli anni 20, dopo la morte dell’ama-ta madre, Houdini dedicò le sue energie a smascherare medium e parapsicologi, un’attività che verrà poi proseguita ai nostri giorni, tra gli altri, dal mago Ja-

mes Randi e dalla coppia Penn & Teller. La preparazione tecnica di Houdini nelle arti della prestidigitazione gli permise di svelare frodi che avevano fino ad allora ingannato molti scienziati ed accademi-ci. Divenne un membro del comitato di Scientific American che offriva un pre-mio in denaro a chiunque avesse saputo dimostrare di possedere capacità sopran-naturali. Grazie a lui il premio non fu mai ritirato. Houdini morì di peritonite, in seguito alla rottura dell’appendice, ad Halloween, il 31 ottobre 1926 all’età di 52 anni.

Gian Giacomo Bei

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Grande successo per la mostra itineran-te nel Mediterraneo “Le Vie del Mare”, che nella sua nona tappa è approdata a Gibilterra presso le Casemates Galleries de “The Gibraltar Museum”.“Le Vie del Mare”, mostra itinerante multimediale per la salvaguardia del Mediterraneo, sostenuta da Confindu-stria Mezzogiorno e creata dalla Rete dei Musei del Mare - capofila il Museo regionale Palazzo d’Aumale di Terrasini (Palermo), su un progetto finanziato dal Por Sicilia 2000-2006 – vuole promuo-vere la conoscenza e la salvaguardia del patrimonio naturalistico del Mediterra-neo. Scopo finale del progetto è inseri-re in un portale Web tutte le collezioni

“LE VIE DEL MARE” AL MUSEO DI GIBILTERRA Mostra itinerante per la salvaguardia del Mediterraneo

degli oltre 50 Musei del Mare aderenti all’iniziativa.Alla cerimonia d’inaugurazione è inter-venuto il Direttore del “The Gibraltar Museum”, Clive Finlayson; il Co-Diret-tore dell’Unità di ricerche sottomarine del Museo, Darren Fa; e il Direttore del Museo regionale Palazzo d’Aumale di Terrasini, Valeria Patrizia Li Vigni.Nell’allestimento di Gibilterra (curato dal Museo di Terrasini, da “The Gibraltar Museum” e dalla locale Unità di ricer-che sottomarine in collaborazione con la Soprintendenza del Mare della Sicilia, del Politecnico di Milano e dell’Univer-sità “Suor Orsola Benincasa” di Napo-li), le installazioni multimediali delle sei

sezioni della mostra ben si sposano con gli ambienti medievali del museo, con le collezioni perfettamente conservate e con le sue numerose attività di fedele ricostruzione di tutte le epoche storiche del “Mare nostrum”.La “Rete dei Musei del Mare”, cui ade-riscono Musei di Francia, Gibilterra, Spagna, Grecia, Italia, Malta, Monaco, Slovenia e Turchia, si propone come un ragionamento unitario sul Mediterraneo, cercando elementi e somiglianze tra culture marittime differenti. In ognuna delle tappe l’allestimento cambia e dia-loga con le collezioni esistenti in quel museo. Le tecnologie multimediali consentono di visionare in tempo reale le collezioni degli altri siti museali della rete mediter-ranea, e lo scopo finale, con il sostegno di Confindustria, sarà il potenziamento del portale per farlo diventare il più gran-de museo virtuale al mondo dedicato al mare, alle sue terre e ai suoi fondali, con sviluppo di turismo e di occupazione.La mostra ha già registrato circa qua-rantamila visitatori nelle precedenti lo-calità. Le prossime due tappe saranno: Fundaciòn Provincial MARQ di Alican-te (Spagna) e il Musée de la Marine et de l’Economie di Marsiglia (Francia) dal 30 marzo al 15 aprile. Sono esposti carte e rilievi delle profon-dità marine, delle correnti, delle coste, esempi significativi di quanto vive nel mare e la formazione del Mediterraneo e dei suoi vulcani. Mette in luce il ruolo fondamentale assolto dal mare nella cir-colazione di merci e uomini. Si mostra-no antiche carte geografiche, portolani, grafici unitamente a rappresentazioni pittoriche, incisioni e immagini foto-grafiche. Sono documentati gli itinerari commerciali e dei flussi migratori, ma anche delle incursioni corsare in direzio-ne soprattutto del Continente americano. Una sezione riguarda l’intero arco delle attività , dei mezzi e delle tecniche nel-le diverse aree ai fini dello sfruttamento delle risorse marine, animali e minerali da parte delle popolazioni rivierasche nel corso della loro storia. Il mare è con-siderato, da sempre, oggetto di percezio-ne simbolica e indica come siano stati assunti a simboli di forza magica o sacra i suoi molteplici prodotti, evidenziando che la lavorazione artistica di alcuni di essi ha fatto sorgere un artigianato spe-cializzato.

Paola Pacifici

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RISCUOTE VIVO SUCCESSO LA BORSA DEL TURISMO Un vero boom italiano assieme a Francia, Spagna, Usa e CinaLa Borsa Internazionale del Turismo si è conclusa alla Fiera di Milano con espo-sitori da 152 nazioni. Il Bit è la vetrina del turismo mondiale. Quest’anno fra le novita’ c’erano la presenza del Parla-mento Europeo, il debutto del nuovo sa-lone dell’enogastronomia Certicibit, e il workshop Byclub International dedicato al mondo dell’associazionismo. I nove padiglioni della Bit serano suddivisi in due sezioni: ‘Italy’ e ‘The World’. Tra le presenze piu’ significativeprovenienti dall’estero, emergono le partecipazio-ni, per la prima volta, di Bhutan, Mali, Bielorussia, Belgio-Turismo Fiandre, Repubblica Democratica del Congo. Per la prima volta nella storia di Bit Mila-no, quest’anno, all’inagurazione, era-no presenti dieci ministri del Turismo internazionali.E’ nata inoltre l’Unita’ Nazionale di Ricerca per il Turismo. La prima ricerca dell’Unita’ è stata pre-sentata alla Bit di Milano. E’ il Lazio la regione italiana piu’ citata dalla stampa internazionale. Il dato e’ stato reso noto dall’Osservatorio Bitlab, il primo Os-servatorio permanente sull’immagine all’estero del settore turistico italiano. Oltre 100 le testate monitorate in 12 nazioni. Si tratta di Australia, Austria, Cina, Francia, Germania, Gran Bre-tagna, India, Medio Oriente,Russia, Spagna, Svizzera, Usa. Su un totale di 12mila 373 articoli selezionati sul setto-re turistico, il Lazio si piazza in testa alla classifica nazionale, con 1.986 citazioni. Al secondo posto il Veneto, con 1.705 citazioni, la Toscana (1.285), la Lombar-dia (1.146), la Campania (773). Chiude il Molise, con 6 articoli dedicati al turi-smo pubblicati nel 2007.E il 2008 sara’ l’anno del boom turistico in Italia. Parola della stampa estera, che mette il Belpaese in cima alle proprie simpatie. Tedeschi ed austriaci, come pure russi, cinesi e arabi in testa. I dati diffusi dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (Omt) sono rassicuranti. Il numero dei turisti nel 2007 ha infatti toccato una cifra senza precedenti. Ot-tocentonovantotto milioni, con un au-mento del 6,2% rispetto al 2006. E tra i primi beneficiari di questoincremento figura proprio l’Italia, che ha registrato una crescita del numero dei turisti pari al +7%, mantenendo il quinto posto nella graduatoria dei paesi leader del turismo mondiale dietro a Francia, Spagna, Usa, Cina e davanti al Regno Unito.L’apprezzamento della stampa interna-

zionale e’ trasversale. Si va dai russi, che vedono nell’Italia la meta ideale per una settimana bianca, a cinesi, sauditi e egi-ziani che scelgono invece lo shopping; dagli austriaci (per il 24,4% l’Italia e’ la meta estera piu’ visitata) agli spagnoli: Zapatero, riportava a dicembre il quoti-diano Abc, organizza per gli over 50 una vacanza al mare in Italia a 220 euro.E se il mare italiano vince ancora la con-correnza di localita’ esotiche, spuntano anche itinerari meno consueti: le pro-poste della stampa estera spaziano dal turismo ‘scientifico’, con spedizioni alla ricerca di specie rare o scavi a Pompei, alle vacanze ‘agricole’ suggerite dal

Sunday Times, con soggiorni in fattorie dove pagarsi vitto e alloggio lavorando e imparando come nasce un prodotto doc della nostra tradizione culinaria.Infine l’Italia e’ ancora la ‘capitale dell’amo-re’. La penisola e’ infatti la destinazione ideale per il viaggio di nozze secondo Modern Bride, bibbia delle future spo-se Usa. Secondo le agenzie di viaggio americane l’Italia ha superato addirittu-ra la piu’ tradizionale meta per la luna di miele delle Hawaii. E, secondo l’inglese Guardian, le migliori alcove romantiche, sono in Italia.

Maria Annunzia Selvelli

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COSÌ IL CENSIS HA FOTOGRAFATO L’ITALIA PER IL 2007 Rivelando panorami inquietanti, ma anche molti dati confortanti

Povera Italia! Stiamo veramente caden-do in basso? La lettura del rapporto del Censis delinea panorami inquietanti, ma anche dati compensativi. Si spende meno per i prodotti alimentari e di più per i servizi, aumenta il ricorso alle rate, si va a caccia di sconti e di offerte pro-mozionali, ma sempre con un occhio alla qualità. E allo stesso tempo non si fa a meno del cellulare. Il 74% degli italiani si sente ‘povero’ e dopo l’introduzione dell’Euro che per il 90% ha infiammato i prezzi, rivede in un’ottica strategica il proprio budget familiare e i consumi. Il quadro complessivo è quello che, dopo anni di tensione sul fronte dei prezzi, il consumatore italiano è in crisi, disorien-

tato, incapace di avere un rapporto rilas-sato con il denaro e a tratti spinto ad un consumismo piuttosto marcato. Dati alla mano, nel periodo 2000-2004, secondo gli italiani, i redditi reali sono cresciuti appena dello 0,5% annuo e cioè ben al di sotto dell’inflazione, e nemmeno per gli anni a venire si aspettano consistenti aumenti. Le spese per consumi nel pe-riodo 2001-2006 hanno avuto invece un tasso medio annuo di crescita inferiore all’1%. Con il passare del tempo, il 74% dichiara quindi di avere meno risorse di quanto soggettivamente ritenuto neces-sario ed il 36% teme addirittura di cor-rere il rischio di cadere in uno stato di povertà. Insomma, rileva il Censis, non

c’è tanto o solo una crisi dei consumi quanto “una crisi del consumatore, im-paurito all’idea di non disporre di risorse economiche sufficienti per far fronte alle proprie spese, impaurito dalla mancanza di certezze per l’immediato futuro”.Rileva il Censis: “Dovunque si giri il guardo – sembra pensare l’italiano me-dio - facciamo esperienza e conoscenza del peggio: nella politica come nella violenza intrafamiliare, nella micro-criminalità urbana come in quella or-ganizzata, nella dipendenza da droga e alcool come nella debole integrazione degli immigrati, nella disfunzione delle burocrazie come nello smaltimento dei rifiuti, nella ronda dei veti che bloccano lo sviluppo infrastrutturale come nella bassa qualità dei programmi televisivi. E’ boom del web: 21 mln di italia-ni si connettono ogni giorno da casa o dall’ufficio. Parola del Censis, che nel suo Rapporto sulla situazione sociale del paese fotografa un’Italia sempre più online.Ma il nostro Paese è anche poco coe-so, “poltiglia”, e tre cittadini su quattro si sentono poveri e spendono con molta attenzione. Fortuna che il boom econo-mico continua in silenzio grazie ad una “minoranza vitale”. Le donne? Ancora discriminate sul lavoro assieme agli im-migrati.I giovani, dai 18 ai 29 anni di età, si col-legano ad Internet da casa; gli over 30 dal posto di lavoro. E solo l’11,7% degli an-ziani naviga in rete. L’80% dei 21 milio-ni di internauti si connette dalla propria casa: di questi, il 48,2% sono giovani. Chi ha tra i 30 e i 44 anni, invece, tende a collegarsi solo dall’ufficio (11%), an-che se il 20% lo alterna alla connessione casalinga. Pochi invece gli anziani che si avventurano nel cyber-mondo, anche se sono in aumento rispetto al passato. Il popolo degli internauti cresce sempre di più: ben 21 milioni di italiani usano Internet, di cui quasi la metà ha più di 18 anni. L’internauta italiano è uomo ed è giovane: oltre la metà di chi si colle-ga alla rete, infatti, è uomo e l’80% ha un’età tra i 18 e i 29 anni e naviga su Internet prevalentemente per cercare in-formazioni e scambiare e-mail, file mu-sicali o filmati. Solo un terzo del popolo di Internet è composto da donne, che en-trano nel mondo online soprattutto per prenotare e organizzare viaggi.

Mauro Boschi

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A questo punto è chiaro che Oscar non può correre con noi. Andrei Daniel è il migliore nei T44 e fa i 400 in 51”24’. Oscar in poco più di 46”. Quando verrà a una Paralimpiade contro noi T44, che credibilità avrà? Deve correre con chi è nelle sue stesse condizioni”. Nel caso in cui, a marzo, Pistorius venisse esclu-so dalle competizioni con normodotati, probabilmente non avrà più spazio nem-meno nelle competizioni disabili. Quan-do, con chi e dove gareggerà allora? Speriamo si tratti solo di una decisione scientifica e che non sia stato vittima di una vampata di “focus” commerciale degli sponsor olimpici.

Mauro Boschi

PECHINO 2008, OSCAR PISTORIUS IL GRANDE ESCLUSO? Uno dei dubbi in vista delle Olimpiadi nella capitale cineseLe protesi aiutano? Oscar Pistorius, il sudafricano amputato a entrambe le gambe, rischia di non poter partecipare né all’Olimpiade né alla Paralimpiad. L’atleta, 21 anni ( 400 metri in 46”34), è un “diversamente abile” che partecipa ai giochi olimpici con i normodotati? Per adesso, sia da parte del Comitato Olim-pico Internazionale (CIO) sia della fede-razione internazionale di atletica leggera (IAAF), i segnali sono decisamente ne-gativi. Oscar Pistorius, plurimedagliato alle Paraolimpiadi di Atene 2004 (100-200-400 metri) non dovrebbe parteci-pare alle attese olimpiadi di Pechino (inizio il prossimo 8 agosto). A marzo, avremo la decisione definitiva, ma la sensazione è che Pistorous parteciperà alle Paraolimpiadi. Anzi, forse, le sue famose protasi potrebbero impedirgli di partecipare anche tra i “diversamente abili”. In sostanza, le protasi in carbonio aiuterebbero Oscar Pistorius a ritardare l’innesco del tanto temuto acido lattico (veleno biologico per i muscoli…) sulla distanza dei temutissimi 400 metri, defi-niti da sempre “il giro della morte” .Secondo l’analisi fatta sulla sua corsa dal professor Bruggenman, biomecca-nico tedesco, dopo due giorni di esa-mi, è un muro contro cui è difficile non scontrarsi. Ora rischia di non gareggiare più nemmeno alle Paralimpiadi. “Oscar da tempo aveva smesso di sognare: si allenava, sudava, faceva fatica per par-tecipare ai Giochi di Pechino. Coi suoi Ghepardi, le protesi da qualche decina di migliaia di euro. Stava per vedere il traguardo- ha raccontato www.gazzetta.it - Attenzione: a questo punto lo sport potrebbe addirittura perderlo. Secondo Daniele Bonacini, amputato alla gamba destra, che ha gareggiato con Pistorius. E’ ingegnere meccanico, studia nuo-ve protesi da corsa e contesta le tesi di Bruggenman: “Deliranti”. Ingfatti non si può sostenere che una protesi sia un vantaggio. Scienziati come Buckley, Czerniecki o Bitter sostengono il contra-rio. Semplificando: l’energia rilasciata dal piede protesico è dell’80%, quella del piede umano del 241%. Poi vanno considerati gli svantaggi in partenza e in curva. Questa è la realtà, non altro”. Dal mondo dei concorrenti “diversamente abili” , arrivano anche critiche all’atleta sudafricano. Oscar Pistorius ai Giochi di Atene 2004 corse 100 e 200 con atleti amputati di una sola gamba sotto il gi-nocchio (T44 nella classificazione para-

limpica). Non vi era, infatti, un numero sufficiente di atleti amputati a entrambe le gambe (T43) con tempi tali da po-ter competere a una Paralimpiade. Era l’unico nelle sue condizioni. Nel mondo paralimpico capita. Marlon Shirley, il più grande sprinter amputato (a una sola gamba) della storia, dopo quelle gare, battuto da Oscar sui 200, cominciò le critiche: “Io ho una gamba sana, Oscar due protesi”. E non corse più contro di lui. Ora gli fa eco Roberto La Barbe-ra, il migliore fra gli italiani, anche lui T44: “Io potrei correre coi normodotati, lui no. Infatti parteciperò ai campiona-ti Master. La mia protesi deve adattarsi alla potenza del piede sano. Se rendesse maggiore energia finirei per zoppicare.

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Molte volte si usa il suo nome come in-sulto. Ma i meriti di questo simpatico e benemerito animale, certificano l’ine-guatezza di un uso offensivo della paro-la porco. Il maiale è uno degli animali da macello più diffusi e più utilizzati dall’uomo, anche in ragione dell’am-pia gamma di sottoprodotti derivati, che vanno da articolatissime specifiche lavorazioni delle sue carni, allo sfrut-tamento delle setole; infatti del maiale non si butta niente. Alcuni evoluzionisti sono soliti suggerire la derivazione dal selvatico cinghiale, di origine Eurasia-tica, probabilmente incrociato col suino mediterraneo. L’allevamento del maiale pare antichissimo, e raffigurazioni di

VI PRESENTO QUEL SIMPATICO DEL SIGNOR PORCO Allegro, grufolante e fatalmente nato per la nostra pancia

suoi presumibili progenitori sono anche nei graffiti della grotta di Altamira (ca. 40.000 aC). Intorno al 5.000 a.C. si sup-pone che sia avvenuta la domesticazione in Cina, e tracce di poco più recenti se ne hanno anche in Mesopotamia. Il maiale è sempre stato di vitale importanza nel sistema alimentare dell’uomo e la sua copiosa produzione lo ha reso di genera-le popolarità. Molte delle caratteristiche morfologiche o comportamentali del maiale sono anzi entrate nella fraseolo-gia comune presso quasi tutte le culture.Le caratteristiche nutrizionali della car-ne di maiale, ricca di grassi, sono forse all’origine di taluni precetti di alcune religioni - particolarmente di alcune ori-

ginate in aree calde del Pianeta - che vietano di cibarsene o ne limitano l’as-sunzione. Il porco peraltro è onnivoro, pertanto nelle aree geografiche deserti-che e semidesertiche, contraddistinte da generale scarsità di risorse alimentari, il motivo del precetto religioso che ne vie-ta la presenza, oltre che la consumazione delle carni e dei sottoprodotti, può essere ravvisato nel fatto che, sul piano alimen-tare, esso si pone in concorrenza diretta con l’uomo: il suo allevamento pertanto non potrebbe avvenire che a discapito della disponibilità di cibo per la specie uomo.Si noti che la domesticazione del maiale non è profonda, nel senso che il maiale lasciato libero immediatamente rinselvatichisce senza grossi problemi di riadattamento, e può presentare mu-tazioni morfologiche in tempi sorpren-dentemente rapidi; del resto, la diffe-renza stessa fra i maiali selvatici ed il maiale d’allevamento è relativa.La vita del maiale d’allevamento non è lunga. Nei moderni allevamenti nasce in tutti i mesi dell’anno. Le cucciolate sono nor-malmente da circa dieci - dodici piccoli. Alla nascita il lattonzolo pesa da uno a due chili. La scrofa partorisce due volte all’anno; in realtà la somma delle durate delle due gestazioni è meno di un anno solare. Negli allevamenti, per evitare che la scrofa schiacci inavvertitamente i piccoli, essa viene fatta partorire ed al-levare la prole in una gabbia che la con-tiene appena e nella quale non può muo-versi liberamente. A seconda dello sco-po per cui vengono allevati gli animali, esiste un’importante suddivisione: suino leggero e suino pesante. Il primo viene macellato quando raggiunge al massimo i 100-110 kg di peso vivo, il secondo tra i 150 e i 180 kg (mediamente attorno ai 160 kg). L’allevamento del suino pesan-te è una realtà specificatamente italiana e molto raramente spagnola; il resto del mondo occidentale alleva solo suini leg-geri. Questo perché si tratta degli unici paesi dove si realizza la produzione del prosciutto. La stragrande maggioranza dei suini allevati in Italia segue questa filiera. La provincia italiana con la più alta concentrazione di suini è quella di Mantova, dove per ogni abitante ci sono in media quattro maiali. Alla luce di queste considerazioni, la parola porco sembra un complimento.

Mauro Piergentili

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(1810-1903), venne invitato a produrre nella propria zona il vino indispensa-bile per la messa. Sulle colline torinesi nacque quindi una prima congregazione specializzata nella coltura e trasforma-zione del vino. Nel 1906 un gruppo di suore si trasfe-rì a Santo Stefano Belbo, proseguendo la produzione del “Vino bianco per la Messa”. Il vino prodotto serve esclusi-vamente per uso liturgico e per evitare la vendita a privati viene confeziona-to in bottiglie particolari, con speciali tappi, capsule ed etichette. Viva il vino spumeggiante...A teatro come sugli al-tari.

Hector Gonzales di Villarica

IL MOSCATO, UN NETTARE DAL TEATRO ALL’ALTARE Prende il nome dalla dolcezza dei grappoli che attira le moscheViva il vino spumeggiante, nel bicchiere scintillante. È il brindisi della Cavalleria Rusticana, che precede la tragedia, quasi per attenuarne l’orrore. Protagonista è il vino frizzante, di cui il moscato è de-gno rappresentante. La provenienza del “Moscato bianco” ha origine dal baci-no orientale del Mediterraneo. Il nome “moscato” deriva dalla particolare dol-cezza dei suoi grappoli che appunto... attira le mosche, il caratteristico sapore “moscato” deriva da “muschio”. Il vi-tigno era già anticamente coltivato in una vastissima area compresa tra Asia Occidentale e l’Europa ma si diceva che era nato “per volere degli Dei”. Già i Romani tre secoli prima di Cristo cono-scevano questo vino aromatico. Catone (Marco Porcio detto il Censore, 234-149 a. C, e autore di “Agricoltura”), lo chia-mava “Apicius”. Per Columella (Lucio Giunio Moderato, I sec. a. C, che scrisse un trattato sull’agricoltura), e per Plicio, era “Apianae”, nome che indicava come le api prediligessero quest’uva dolcis-sima. Si sa per certo che i Romani co-noscevano i vini spumeggianti ottenuti dalla fermentazione in recipienti chiusi. Nel biblico libro dei Salmi (raccolta di 150 composizioni di carattere sacro), si parla di “una coppa dove spumeggia un vino”. Virgilio (70-19 a.C.), scrive di un vino spumeggiante. La mancanza di reci-pienti robusti, adatti al contenimento del vino, fa dedurre che la produzione si limitasse a quelli leggermente friz-zanti, almeno sino al 1600. In seguito la produzione dello spumante fu possibile solo grazie all’uso di bottiglie capaci di resistere alla forte pressione interna, e a quello dei tappi di sughero. Pare che proprio verso la metà di quel secolo alcuni commercianti londinesi riusci-rono a produrre il primo spumante con caratteristiche simili a quelle dei nostri giorni, utilizzando vino francese prove-niente da Champagne a cui aggiunsero alcune spezie: cannella, melassa e chio-di di garofano. I francesi producevano i primi spumanti attorno al 1700, ma ci vollero due secoli per migliorare e perfezionare la tecnica di produzione. I primi vini prodotti, non ancora “secco”, furono posti in botti-glie resistenti alla pressione interna ma spesso l’effetto era disastroso in quanto a quei tempi si usava fermentare i vini in piccoli fusti, poi s’interrompeva la fer-mentazione ai primi freddi, per ripren-

derla in bottiglia durante la primavera. La conseguenza era che il gas sviluppa-to provocava una pressione tale da fare scoppiare le bottiglie. Una curiosità. In Piemonte, sul confine con la provincia di Asti, da quasi cento anni nel monaste-ro delle Figlie di San Giuseppe le suore producono uno speciale “Moscato da Messa” che servirà ai sacerdoti di tutta l’Italia per officiare il servizio liturgico. Da sempre la Madre Superiora è la re-sponsabile della vinificazione, coadiu-vata da un enologo e dalle “consorelle”. I segreti della vinificazione venivano tramandati oralmente da quando Cle-mente Marchisio parroco di Rivalta To-rinese, in visita al Pontefice Leone XIII

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