PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TIZIANA PARENTI INDICE · Pagina 751 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TIZIANA...

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<pre>Pagina 751 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TIZIANA PARENTI INDICE Pag. Audizione del dottor Bruno Siclari, procuratore nazionale antimafia; del dottor Pier Luigi Vigna, procuratore della Repubblica di Firenze; del dottor Giovanni Tinebra, procuratore della Repubblica di Caltanissetta; del dottor Francesco Paolo Giordano, procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Caltanissetta; del dottor Giancarlo Caselli, procuratore della Repubblica di Palermo; del dottor Antonio Ingroia, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo; del dottor Marcello Maddalena, procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Torino; del dottor Franco Marzachì procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Torino; del dottor Guido Lo Forte, procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Palermo; del dottor Manlio Minale, procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Milano; del dottor Paolo Mancuso, procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Napoli, e del dottor Loris D'Ambrosio, direttore della Direzione generale affari penali del Ministero di grazia e giustizia, sul regolamento per la gestione dei collaboratori di giustizia ................ 753 Parenti Tiziana, Presidente 754, 763, 764, 766 767, 772, 778, 780, 783, 786, 787, 788, 790 Arlacchi Giuseppe .................................... 786 Caselli Giancarlo, Procuratore della Repubblica di Palermo ................................................ 767 D'Ambrosio Loris, Direttore della Direzione generale affari penali del Ministero di grazia e giustizia .............................. 754, 787, 789, 790 Giordano Francesco Paolo, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Caltanissetta .......... 774 Ingroia Antonio, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ......... 788, 789 Lo Forte Guido, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Palermo ......................... 768 Maddalena Marcello, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Torino ....... 780, 782, 783 Pagina 752 Mancuso Paolo, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Napoli &amp;&amp;P 763, 767, 783, 785, 787 Marzachì Franco, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Torino .................... 778, 780 Minale Manlio, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Milano .......................... 763 776, 778 Siclari Bruno, Procuratore nazionale antimafia.................................... 764, 766, 778 Scopelliti Francesca ................................. 787

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<pre>Pagina 751 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TIZIANA PARENTI INDICE Pag.Audizione del dottor Bruno Siclari, procuratore nazionaleantimafia; del dottor Pier Luigi Vigna, procuratore dellaRepubblica di Firenze; del dottor Giovanni Tinebra,procuratore della Repubblica di Caltanissetta; del dottorFrancesco Paolo Giordano, procuratore della Repubblicaaggiunto presso il tribunale di Caltanissetta; del dottorGiancarlo Caselli, procuratore della Repubblica di Palermo;del dottor Antonio Ingroia, sostituto procuratore dellaRepubblica presso il tribunale di Palermo; del dottor MarcelloMaddalena, procuratore della Repubblica aggiunto presso iltribunale di Torino; del dottor Franco Marzachì procuratoredella Repubblica aggiunto presso il tribunale di Torino; deldottor Guido Lo Forte, procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Palermo; del dottor Manlio Minale,procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale diMilano; del dottor Paolo Mancuso, procuratore della Repubblicaaggiunto presso il tribunale di Napoli, e del dottor LorisD'Ambrosio, direttore della Direzione generale affari penalidel Ministero di grazia e giustizia, sul regolamento per lagestione dei collaboratori di giustizia ................ 753 Parenti Tiziana, Presidente 754, 763, 764, 766 767, 772, 778, 780, 783, 786, 787, 788, 790 Arlacchi Giuseppe .................................... 786 Caselli Giancarlo, Procuratore della Repubblica diPalermo ................................................ 767 D'Ambrosio Loris, Direttore della Direzionegenerale affari penali del Ministero di grazia egiustizia .............................. 754, 787, 789, 790 Giordano Francesco Paolo, Procuratore della Repubblicaaggiunto presso il tribunale di Caltanissetta .......... 774 Ingroia Antonio, Sostituto procuratore dellaRepubblica presso il tribunale di Palermo ......... 788, 789 Lo Forte Guido, Procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Palermo ......................... 768 Maddalena Marcello, Procuratore della Repubblicaaggiunto presso il tribunale di Torino ....... 780, 782, 783Pagina 752 Mancuso Paolo, Procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Napoli &amp;&amp;P 763, 767, 783, 785, 787 Marzachì Franco, Procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Torino .................... 778, 780 Minale Manlio, Procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Milano .......................... 763 776, 778 Siclari Bruno, Procuratore nazionaleantimafia.................................... 764, 766, 778 Scopelliti Francesca ................................. 787

Tinebra Giovanni, Procuratore della Repubblica diCaltanissetta .......................................... 772 Vigna Pier Luigi, Procuratore della Repubblica diFirenze ..................................... 759, 763, 764 782, 783, 785, 787 Violante Luciano ............................... 764, 786Sui lavori della Commissione: Parenti Tiziana, Presidente .......................... 753 Rossi Luigi .......................................... 753 Scopelliti Francesca ................................. 753Pagina 753 La seduta comincia alle 10,30. (La Commissione approva il processo verbale dellaseduta precedente). Sui lavori della Commissione. PRESIDENTE. Informo la Commissione che sono pervenutealla presidenza diverse richieste di audizioni in merito alcaso Mandalari. A tale riguardo, abbiamo richiesto alcuni attiche, come mi ha assicurato questa mattina il procuratoreCaselli, saranno a nostra disposizione a partire da domanimattina. Nel frattempo ho disposto la ricerca e la raccoltadegli atti già in possesso della Commissione che faccianoriferimento alla figura di Mandalari: un elenco di tali atti ègià disponibile e sarà portato a conoscenza dei commissari. Nella riunione dell'ufficio di presidenza prevista altermine delle audizioni di oggi proporrò un calendario,comunque suscettibile di modifiche, con riferimento al modo incui affrontare la questione una volta che tutti avrannoacquisito la conoscenza degli atti. Ciò nella prospettiva disvolgere una serie di audizioni che, possibilmente, sarannocalendarizzate a partire dalla prossima settimana. Comunico infine che ho concluso la predisposizione dellarelazione sull'articolo 41-bis dell'ordinamentopenitenziario e che ne ho disposto la distribuzione aicommissari. L'auspicio è che la prossima settimana possaessere avviata in Commissione la relativa discussione. LUIGI ROSSI. Chiedo di parlare sull'ordine deilavori. PRESIDENTE. Prego, onorevole Rossi. LUIGI ROSSI. Sono intervenuto alla seduta di oggi perchénell'ordine del giorno che ci avete trasmesso era prevista ladiscussione sul caso Mandalari. Poiché lei, presidente, ci hadetto che questa vicenda sarà affrontata domani o la prossimasettimana, non posso fare a meno di sottolineare come a mioparere la cosa più importante in questo momento sia disviscerare il problema Mandalari. PRESIDENTE. Onorevole Rossi, la discussione sul casoMandalari non è all'ordine del giorno e, come ho già detto,sarà affrontata la settimana prossima. L'ordine del giornodella seduta di oggi, del quale tutti i commissari sono statiinformati in base agli accordi intervenuti in sede di ufficiodi presidenza, prevede l'audizione di una serie di procuratori

sulle problematiche connesse al regolamento per la gestionedei collaboratori di giustizia, nonché l'audizione del dottorVigna sulle tematiche affrontate dal gruppo di lavoro sullacriminalità nel centro nord. Successivamente si terrà unariunione dell'ufficio di presidenza nel corso della quale saràpredisposto il calendario dei lavori per la prossimasettimana. LUIGI ROSSI. Desidero sapere quando sarà discusso ilcaso Mandalari! FRANCESCA SCOPELLITI. Collega Rossi, le mostrovolentieri il telegramma di convocazione della seduta di oggidal quale non risulta alcun riferimento alla discussione sulcaso Mandalari.Audizione del dottor Bruno Siclari, procuratore nazionaleantimafia; del dottor Pier Luigi Vigna, procuratore dellaRepubblica di Firenze; del dottor Giovanni Tinebra,procuratore della Repubblica di Caltanissetta; del dottorFrancesco Paolo Giordano, procuratore della Repubblicaaggiunto presso il tribunale di Caltanissetta; del dottorGiancarlo Caselli, procuratore della Repubblica di Palermo;del dottor Antonio Ingroia, sostituto procuratore dellaRepubblica presso il tribunale di Palermo; del dottor MarcelloPagina 754Maddalena, procuratore della Repubblica aggiunto presso iltribunale di Torino; del dottor Franco Marzachì procuratoredella Repubblica aggiunto presso il tribunale di Torino; deldottor Guido Lo Forte, procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Palermo; del dottor Manlio Minale,procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale diMilano; del dottor Paolo Mancuso, procuratore della Repubblicaaggiunto presso il tribunale di Napoli, e del dottor LorisD'Ambrosio, direttore della Direzione generale affari penalidel Ministero di grazia e giustizia, sul regolamento per lagestione dei collaboratori di giustizia. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione deldottor Bruno Siclari, procuratore nazionale antimafia, deldottor Pier Luigi Vigna, procuratore della Repubblica diFirenze, del dottor Giovanni Tinebra, procuratore dellaRepubblica di Caltanissetta, del dottor Francesco PaoloGiordano, procuratore della Repubblica aggiunto presso iltribunale di Caltanissetta, del dottor Giancarlo Caselli,procuratore della Repubblica di Palermo, del dottor AntonioIngroia, sostituto procuratore della Repubblica presso iltribunale di Palermo, del dottor Franco Marzachì, procuratoredella Repubblica aggiunto presso il tribunale di Torino, deldottor Marcello Maddalena, procuratore della Repubblicaaggiunto presso il tribunale di Torino, del dottor Guido LoForte, procuratore della Repubblica aggiunto presso iltribunale di Palermo, del dottor Manlio Minale, procuratoredella Repubblica aggiunto presso il tribunale di Milano, deldottor Paolo Mancuso, procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Napoli, e del dottor Loris D'Ambrosio,

direttore della Direzione generale affari penali del Ministerodi grazia e giustizia, sul regolamento per la gestione deicollaboratori di giustizia. Vorrei subito precisare che alla seduta odierna nonpartecipano tutti i procuratori distrettuali, anche se questonon rappresenta assolutamente il risultato di una sceltadiscriminatoria. In particolare, l'invito a partecipare allaseduta è stato limitato, per ragioni di tempestività, a coloroche, in qualche modo, avevano fatto pervenire osservazioni sulregolamento per la gestione dei collaboratori di giustizia.Ovviamente, siamo disponibili ad accogliere i rilievi e leosservazioni che altri procuratori volessero fare in unsecondo momento. Tutti i commissari hanno preso visione del regolamento,emanato di recente. Penso sarebbe opportuno che il dottorVigna e il dottor D'Ambrosio, i quali hanno fatto parte dellacommissione che ha predisposto il regolamento stesso, ciindicassero le motivazioni che hanno portato alledeliberazioni adottate e quelle poste a base della scelta ditale strumento normativo, oltre ad indicarci i puntiinnovativi in esso contenuti nonché gli eventuali problemi diapplicazione rilevati. LORIS D'AMBROSIO, Direttore della Direzione generaleaffari penali del Ministero di grazia e giustizia. Ilregolamento in questione è finalizzato ad attuare ildecreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, contenente norme inmateria di collaboratori di giustizia, con particolareriguardo agli articoli 9 e 14. Nel momento in cui ildecreto-legge fu emanato non dette origine a particolariproblemi applicativi, trattandosi soltanto di interveniresulle situazioni, in un certo senso già risolteartigianalmente, riferite ai cosiddetti terroristi pentiti odai primi collaboratori di giustizia dell'alto commissario peril coordinamento della lotta alla criminalità mafiosa. I problemi cominciarono a sorgere tra la fine del 1992 el'inizio del 1993, per la strategia di contrasto che all'epocaintervenne mediante il decreto-legge n. 306, poi convertitonella legge n. 356, il cosiddetto decreto anticriminalità odecreto Falcone, un decreto estremamente importante, perchéintervenne in materia di differenziazione del ruolo degliirriducibili mafiosi da quello dei pentiti di mafia. Solo verso la fine del 1992 e l'inizio del 1993 sorse ilcosiddetto fenomeno del pentitismo mafioso che precedentementenonPagina 755si era mai verificato. Questo diede luogo alle prime grossedifficoltà applicative del decreto-legge n. 8 del 1991 inmateria di collaborazione. Voglio aggiungere che ciò accaddeperché il decreto-legge n. 306 interviene in materia dicollaboratori di giustizia su tre punti fondamentali. Il primoriguarda il mafioso in custodia cautelare, che cioè fornisceil suo contributo e che può ottenere un trattamento

sanzionatorio ed un trattamento processuale differenti, perchépuò andare in custodia cautelare in luogo diverso dal carcere,diversamente da quanto accade per il collaboratore mafiosoirriducibile. Il secondo punto riguarda il trattamentosanzionatorio più favorevole (con attenuanti e aggravantianaloghe a quelle previste per il terrorismo) ed il terzo iltrattamento penitenziario, perché il pentito mafioso puòottenere, in qualsiasi momento ed in deroga a qualsiasi norma,misure alternative alla detenzione che invece l'irriducibilenon può mai ottenere. Questo regime di contrasto così forte ha determinato ilfenomeno del pentitismo mafioso, che è andato sviluppandosi inmaniera molto consistente e che ha creato alla commissionecentrale ex articolo 10 di questo decreto numerosi problemiapplicativi. Il regime del decreto-legge n. 8 prevede che, suproposta del procuratore della Repubblica o del prefetto o delcapo della polizia, su parere del procuratore della Repubblicainteressato, la commissione centrale, presieduta da unsottosegretario per l'interno e composta da magistrati efunzionari, fornisca un programma di protezione allorché lemisure di tutela ordinarie siano ritenute inadeguate. Inoltre,la proposta o il parere, in base all'articolo 11 deldecreto-legge, devono fare specifico riferimentoall'importanza del contributo, che può essere offertodall'interessato o dal suo prossimo congiunto, per lo sviluppodelle indagini o per il giudizio penale. Pertanto il primo punto fondamentale è che noi, recependoin questo decreto-legge indicazioni come quelle del marshalservice in USA o di altre disposizioni di altri Stati,abbiamo affidato ad un organo collegiale amministrativo lafunzione di deliberare sull'attuazione o meno di un programmadi protezione, su proposta o con la consulenza dell'autoritàgiudiziaria. Questo è un punto centrale da tenere inconsiderazione nel momento applicativo, perché risponde adalcune delle critiche che sono state sollevate con riferimentoal regolamento. Infatti, l'autorità amministrativa che deveadottare il provvedimento deve stabilire lo spessore delcontributo, e deve quindi finalizzare l'atto all'importanza diquesto contributo e individualizzarlo. Le difficoltà applicative di fronte alle quali si trovò lacommissione centrale furono di diverso spessore e di diversanatura (il dottor Vigna le potrà illustrare meglio di me).Principalmente esse risiedono nel fatto che la proposta delprocuratore non sempre era precisa e molte volte venivanochieste al capo della polizia soltanto misure urgenti, che poinon divenivano una proposta vera e propria. In sostanza lasituazione, già molto confusa, andava confondendosi sempre dipiù dal momento che sempre più numerosi diventavano icollaboratori di giustizia. Inoltre - questo è il puntocentrale - abbiamo recepito nel decreto-legge un ordinamentostraniero ma non abbiamo una forma, per così dire, discreening del collaboratore. Mentre cioè gli ordinamenti

stranieri decidono se avvalersi o meno dell'uno o dell'altrocollaboratore a seconda del rilievo, dell'importanza di questacollaborazione, noi in Italia diciamo che ogni magistrato sitrova di fronte al singolo collaboratore e deve dargli oproporre la protezione in quanto non può che avvalerseneprocessualmente. Pertanto le sue dichiarazioni hanno unavalenza processuale relativa, ma nello stesso tempo unpericolo per l'incolumità del soggetto esiste comunque equindi le misure di tutela vanno comunque adottate. E' unproblema che la Commissione potrà eventualmente decidere diaffrontare in tema di modifica della normativa primaria e nondi quella secondaria. Detto questo, sulla base di tali indicazioni il 25 gennaio1994 presso il gabinetto del ministro dell'interno fudeliberata laPagina 756costituzione di un gruppo di lavoro interministeriale cheelaborasse un nuovo regolamento (il regolamento elaborato il13 dicembre 1991 era infatti rimasto riservato) tenendo contodella nuova situazione che si andava verificando e di questiproblemi. Il gruppo di lavoro, dopo quattro mesi, concluse lapropria attività con una relazione intermedia, che fuapprovata dal Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezzapubblica. Fu poi dato incarico di redigere uno schema di unregolamento che ebbe il parere pienamente favorevole dellacommissione centrale ex articolo 10 (cioè quella che deveelaborare il programma) e dello stesso Comitato nazionale perl'ordine e la sicurezza pubblica, e che è stato emanato dalministro dell'interno di concerto con il ministro di grazia egiustizia. Il regolamento è composto da undici articoli che cercanodi dare una soluzione ai problemi che ora illustreròbrevemente. La prima critica che è stata rivolta alregolamento è di essere andato, come normativa secondaria,oltre i poteri che ad esso spettavano. In realtà, l'articolo10 del decreto-legge prevede che per i compiti di segreteria eistruttori la commissione centrale si avvale dell'ufficio dicoordinamento e pianificazione delle forze di polizia. Ilcomma 3 attribuisce inoltre la funzione di stabilire le misuredi protezione ed i criteri di formulazione del programma. In altre parole, intendo sostenere che nella legge ècontenuta la disposizione precisa dalla quale risulta che lacommissione centrale, cioè l'organo amministrativo al quale hofatto cenno prima, ha compiti istruttori. Questi compitiistruttori non sono regolamentati dalla legge ed è quindi deltutto evidente che, trattandosi di programmi individualizzati,non possono che essere affidati ad un regolamento attuativo.Gli articoli 1 e 2 del regolamento attuativo, che riguardanole modalità di formulazione della proposta ed i contenutidella stessa, non sono altro che indicazioni per lacommissione per lo svolgimento dei propri compiti istruttori.Questo è il punto fondamentale: la commissione deve elaborare

il programma e individualizzarlo dopo aver stabilito cheesistono i tre presupposti necessari (cioè la gravità edattualità del pericolo, oltre alla volontà di collaborare e adun certo spessore della collaborazione, perché in base ad essova individualizzato il programma e dallo stesso dipende lagravità del pericolo); sulla base di queste tre condizioni, hail complesso di poteri istruttori concernenti l'acquisizionedi ogni dato e atto utile ad elaborare o meno il programma.Spetta - lo ripeto - alla commissione e non all'autoritàgiudiziaria l'elaborazione del programma. In tale ottica vanno lette le altre due critichefondamentali al regolamento. La prima riguarda le motivazionidel parere del procuratore nazionale. Anzitutto occorrerilevare che il procuratore nazionale è un istituto nuovo, cheessendo stato previsto dopo l'emanazione del decreto-legge n.8 del 1991, non poteva essere preso in considerazione daldecreto-legge stesso. Il procuratore nazionale interviene, inun caso, con un parere che è obbligatorio ma mai vincolante,in un altro caso, con un parere facoltativo non vincolante. Misembra evidente che nel caso in cui tale parere sia vincolanteciò dipende dall'esistenza di indagini collegate. In talecaso, infatti, se è stato istituito un organismo di questogenere, mi sembra di tutta evidenza che, specie di fronte aduna differenziazione di valutazione sulla collaborazione esull'importanza della stessa, venga chiesto da parte dellacommissione, per valutare lo spessore, il rilievo e ilpericolo di incolumità del soggetto e dei relativi congiunti,un parere che è obbligatorio ma assolutamente non vincolante,facendo parte del coacervo di poteri istruttori che spettanoalla commissione centrale. Altrettanto dicasi per la seconda critica. La commissioneha tutti i poteri per valutare (a mio giudizio sarebbeopportuno che ciò avvenisse, soprattutto ad oltre tre annidall'entrata in vigore di questo istituto) quale debbaeffettivamente essere il ruolo del procuratore nazionaleantimafia nella strategia della lotta alla criminalitàorganizzata. Ma ciò è cosa diversa rispetto a quello che è ilregolamento. MiPagina 757sarebbe sembrato estremamente singolare che la commissionenon chiedesse un parere all'organismo cui spetta ilcoordinamento delle attività investigative e delle condottedelle magistrature inquirenti. Un'altra critica riguarda la cosiddetta dichiarazione diintenti, ossia il verbale di dichiarazioni preliminari allacollaborazione. In pratica, sempre nell'ambito di questipoteri istruttori la commissione acquisisce questo verbale cheviene trasmesso dall'autorità giudiziaria proponente. Dicosubito che la trasmissione di questo verbale può essereomessa, per evitare intralci investigativi, da partedell'autorità giudiziaria. Ma il punto che considero centrale è il seguente: per

valutare lo spessore della collaborazione la commissione habisogno di conoscere il soggetto che dovrà essere protetto, inquanto queste misure di protezione sono estremamente onerose,e spesso sono forme di assistenzialismo. Ammesso che sia vero,ma non ho motivo per ritenere che non lo sia, mi sembrasingolare che si debba proteggere un collaboratore e 114congiunti: il che è veramente inquietante, anche sottol'aspetto delle spese. Ciò detto, si deve sapere se tra i presuppostidell'applicazione del programma vi sia anche quello dellavalutazione dello spessore della collaborazione. A taleriguardo, giudico importante che il collaboratore venga, percosì dire, dimensionato attraverso la cosiddetta dichiarazionedi intenti, in cui dichiara sommariamente, nella faseiniziale, al procuratore proponente quali saranno i fatti dimaggior rilievo dei quali egli stesso dovrà parlare. Voglio chiarire un punto. Qui non si viola alcun segretoistruttorio perché il verbale di dichiarazione di intenti nonè un atto istruttorio (è un atto che, semmai, garantisce ilprocuratore della Repubblica) perché serve semplicemente allacommissione per dimensionare e per valutare quale sia ilrilievo del collaboratore. Che poi sotto un aspetto ulteriore,esso abbia anche la finalità di evitare le cosiddettedichiarazioni ad orologeria, questo è un fatto che, a mioavviso, serve più a garantire... (Commenti). Ledichiarazioni ad orologeria sono un altro discorso. Ilpericolo di tali dichiarazioni è stato prospettato da molti,in particolare dallo stesso procuratore della Repubblica diNapoli in un articolo molto lucido apparso su Il Mattinodel 4 aprile 1994, in cui sostenne la necessità di imporre alpentito di dire &quot;senza apprezzabile soluzione di continuitàtutto quello che è a sua conoscenza sulla composizione, lastruttura di appartenenza, sui campi di attività, sullecommistioni con altre organizzazioni, su tutti i reaticommessi dagli adepti e dai loro avversari, sulle complicità econnivenze e in genere tutto ciò che può essere penalmenterilevante&quot;. Proprio sulla base di questo articolo il gruppo di lavorointerministeriale ritenne opportuno chiedere a tutti iprocuratori della Repubblica un parere sul tipo di interventida effettuare in sede di regolamento. Debbo dire che ilprocuratore della Repubblica di Napoli non ha trasmesso alcundocumento al riguardo. Nello stesso articolo sopra citato ilprocuratore della Repubblica di Napoli diceva che per valutarela serietà del rapporto di collaborazione non erano necessarieneanche innovazioni normative che fossero &quot;innovazioni aventicarattere di provvedimento legislativo&quot;. Mi pare quindi che queste critiche, sotto gli aspetti delrapporto con l'autorità amministrativa e del rapporto conl'autorità giudiziaria, non siano, sostanzialmente,rivolgibili al regolamento. Semmai il problema è di normativaprimaria. Ma su questo punto voglio aggiungere un'altra

considerazione. A me pare molto importante non tanto fare undiscorso critico quanto piuttosto vedere quali saranno leprassi applicative. In altre parole, a me sembra moltoimportante vedere cosa la commissione centrale chiederà aiprocuratori della Repubblica in ordine ai contenuti delle loroproposte e al tipo di intervento eventualmente praticabilesulle indagini. Sarà allora il caso di valutare gli interventida adottare affinché essi non invadano i campi di applicazionedell'autorità giudiziaria. Diverso mi sembra ilPagina 758discorso relativo alla legittimità formale e sostanziale delregolamento. Sono queste le critiche fondamentali che vengono avanzatesul regolamento. Ma il regolamento contiene altre disposizionie a me fa molto piacere rilevare che non vi sono criticheriguardanti altri punti qualificanti ed importanti delregolamento. Il primo di questi punti attiene al carattere diefficacia limitata nel tempo dei provvedimenti del capo dellapolizia, il quale deve essere interpellato ed adottare ilprovvedimento solo in casi di assoluta urgenza. Questo èquanto dice la legge e così deve essere perché ilprovvedimento terminale spetta alla commissione. Un appositoarticolo stabilisce i termini di efficacia, la cui durata, allimite, potrà essere modificata (per esempio portandola da 90a 180 giorni). Il problema, infatti, non è questo bensì quellodi chiarire che il provvedimento deve essere definitivo perchénon si può andare avanti con provvedimenti limitati.Diversamente, si verrebbe a creare una sorta di situazione aspirale in cui il magistrato, a seguito diciamo dellepressioni del collaborante, chiede la misura di protezione, eil capo della polizia, su sollecitazione del magistrato,finisce per darla (in questi casi, il capo della polizia hasempre parlato di atti dovuti). Di fatto, la commissionecentrale, chiamata ad esprimersi sul punto, magari dopo cinqueo sei mesi, non ha potuto che ratificare una situazione che siera già instaurata. Questo è un punto dal quale non possiamoprescindere. Un altro aspetto estremamente qualificante è rappresentatodalle limitazioni alla cosiddetta custodia extracarceraria. Sutale punto, è vero, l'atteggiamento del decreto è deciso;essa, allorché non vi sia stata ancora la definizione delprogramma di protezione, deve costituire un caso del tuttoeccezionale. Il collaboratore di giustizia (stiamo elaborandoun regolamento in tema penitenziario che mi sembraimportante), deve poter godere, dopo il verbale didichiarazione di intenti e dopo la definizione della sua primasituazione, di un trattamento differenziato, diverso da quellodel detenuto di mafia irriducibile; egli deve esserecustodito, salvo casi eccezionali, in sezioni o istitutipenitenziari speciali, con un trattamento soft, ma deveavere un tipo di custodia non extracarceraria. Ad essa potràaccedere quando la commissione abbia deliberato un programma

di protezione ed egli sia riconosciuto un collaboratore e cometale definito dalla legge. A mio avviso, questo serve, sottoun aspetto molto importante, a garantire due condizioni:innanzitutto lo stesso magistrato rispetto alle cosiddettepromesse ed ai problemi processuali che si pongono (che poiillustrerò); in secondo luogo, a garantire un'uniformità ditrattamento, perché purtroppo, molte volte, vi sonodisomogeneità di trattamento dovute proprio alla situazione diatti dovuti che si susseguono, cui prima ho accennato. Lagaranzia per il magistrato è proprio questa perché oggi,quando si va in dibattimento, come ha chiaramente detto laCorte di cassazione, valgono due o più dichiarazioni dellostesso soggetto per poter arrivare alla dichiarazione diresponsabilità, ma il primo requisito è che questedichiarazioni siano state rese in situazioni dove non ci sianopossibilità di collusioni o di incontri tra i soggetti. Questoè un punto centrale, perché nel momento in cui vi è ladetenzione extracarceraria sorge la diffidenza, il sospetto sudove è andato il collaboratore e con quale altro collaboratoresi possa essere incontrato. A questo proposito sorge l'altroproblema, da risolvere in sede di normativa primaria, delladifferenziazione tra struttura investigativa e di protezione,problema peraltro sollevato anche dalla Commissione antimafiain un forum svoltosi nel 1993. Questo è un discorso cheriguarda, da un lato, la fase organizzativa del nuovo serviziocentrale di protezione, dall'altro una fase normativa bendefinita, sulla quale il regolamento non poteva intervenire.Volevo accennare all'importanza della disposizione sullalimitazione della custodia carceraria, che ha queste duefinalità di garanzia, estremamente rilevanti. Altre due questioni significative del regolamentoriguardano la possibilità di revoca e di modifica delprovvedimento e ilPagina 759cambio delle generalità e i documenti di copertura. Anche sutali questioni non mi pare che, fortunatamente, vi siano statecritiche. Sono aspetti importanti, perché possono esservicollaboratori che non tengono un corretto atteggiamento dopola condotta collaborativa, ma dobbiamo anche evitare quelloche prima ho chiamato l'assistenzialismo. Oggi ci troviamo difronte a situazioni in cui i collaboratori dell'altocommissario antimafia sono ancora protetti: non dico che nonabbiano più diritto a questa protezione, ma dobbiamo usciredalla spirale della protezione per sempre. In questesituazioni, il rapporto tra il cambiamento delle generalità el'offerta di lavoro per il reinserimento del collaboratore nelmondo del sociale possono rappresentare elementi valutabili aifini della modifica o della revoca del programma diprotezione. Infine, credo che nessuno di noi abbia voluto penalizzare,attraverso questo regolamento, le condotte collaborative o&quot;ammazzare&quot; i pentiti, impedendo loro di rendere

dichiarazioni, perché si è voluto solo razionalizzare edarmonizzare la normativa. Ma ciò non vuol dire che non sipossa tentare di migliorare queste disposizioni, proprio aseguito delle prime applicazioni che interverranno, e dopoaver valutato i rapporti tra la commissione e l'autoritàgiudiziaria. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica diFirenze. Ricordo che sono componente del gruppo di lavorointerministeriale e, fino a questo momento, della commissioneche elabora i programmi speciali di protezione. Poiché molte cose sono state dette dal dottor D'Ambrosio,il mio intervento sarà abbastanza breve, anche perché horedatto una comunicazione scritta che, pur non essendo statastampata, spero avrete la bontà di leggere. Il decreto ministeriale del 24 novembre 1994 che stiamoesaminando, nei cui confronti sono state sollevate critichesoprattutto dal procuratore di Napoli, non esaurisce tutta lamateria che viene regolamentata ex novo. Infatti,occorre tenere conto, per una valutazione globale, anche deldecreto del ministro dell'interno, emanato nella stessa data,denominato decreto riservato, perché non pubblicato sullaGazzetta Ufficiale, nel quale sono dettate, fra l'altro,e sempre in attuazione dell'articolo 10, comma 3, della legge,norme circa i contenuti del programma, l'assegno dimantenimento, l'assistenza legale, i trasferimenti all'estero,oltreché disposizioni finali e transitorie. Per una valutazione globale della materia, bisogna tenerpresente anche l'emanando decreto penitenziario, ai sensidell'articolo 13-ter, comma 4, della legge n. 82 del1991, il quale prevede che &quot;con decreto del ministro di graziae giustizia, di concerto con il ministro dell'interno, sonostabilite le modalità attuative delle disposizionidell'ordinamento penitenziario applicabili alle personeammesse o da ammettere allo speciale programma diprotezione&quot;. Il gruppo di lavoro sta lavorando all'elaborazione diquesto decreto penitenziario, il quale prevede il regimesoft di detenzione cui faceva riferimento il dottorD'Ambrosio, per i detenuti che abbiano fatto la dichiarazionepreliminare di intenti o per i quali sia stata avanzata, dalprocuratore, la proposta di ammissione allo speciale programmadi protezione, prendendo anche in considerazione, per creareun altro circuito a sé stante, coloro che si accingono a faretale dichiarazione. Quindi, il detenuto che voglia rendere ladichiarazione preliminare di intenti viene inserito in uncircuito sicuro; supponiamo che il detenuto per il quale siastata anche avanzata la proposta di ammissione al programmavenga a trovarsi in altri circuiti dove vige un regimecarcerario soft. Con questo si dà attuazioneall'articolo 7 del regolamento che stiamo esaminando. Inoltre,il decreto penitenziario che entrerà in vigore disciplina inmodo più attento la custodia in luoghi diversi dagli istituti

penitenziari, cui si riferisce l'articolo 8 del regolamento.Con tale decreto penitenziario ci si propone anche diprevedere (accogliendo anche i pareri dei magistrati disorveglianza, che sono venuti adPagina 760integrare questo gruppo di lavoro) meccanismi di applicazionedelle misure alternative alla detenzione e dei permessipremio: mi riferisco ai cosiddetti &quot;colloqui sentimentali&quot;.Tali colloqui in carcere danno luogo a problemi, peròattraverso il sistema dei permessi si può realizzare quelloche a me sembra un aspetto importante del trattamentopenitenziario. Voglio dire, insomma, che bisogna avere una visioneglobale di tutti i problemi per esaminare il regolamento sulquale oggi verte la nostra attenzione. Le critiche del procuratore della Repubblica di Napoli,stando ai titoli con cui sono presentate dalla stampa, hanno amio avviso un effetto deflazionistico sulle collaborazioni,mentre sicuramente non lo ha - come vedremo - il regolamentoin questione. Nei titoli dei giornali, infatti, si parla di&quot;regolamenti ammazzapentiti&quot;, definizione che trovo del tuttoimpropria e non correlata al contenuto del regolamento. Prima di prendere in esame alcune delle criticheformulate, tuttavia, bisogna tener presente che da parte dialcune procure - che non sono poi così poche - si sonoinstaurate prassi degenerative o non corrette che hannoanch'esse resa necessaria l'emanazione del regolamento. Miriferisco per esempio alla prassi, seguita da numerose procure- lo ha già notato il dottor D'Ambrosio -, di sollecitare iprovvedimenti urgenti del capo della polizia, ai sensidell'ultimo periodo dell'articolo 11, comma 1, senza poicurarsi di inoltrare la proposta di protezione, oppureinoltrandola a distanza di tempo, dopo numerosi solleciti. Intal modo si è trasformata in regola quella che dovrebbe essereun'eccezione, ossia il provvedimento urgente, ponendo lacommissione - che è formata anche da magistrati - in unasituazione di sudditanza - sia detto tra virgolette - rispettoal capo della polizia. I provvedimenti urgenti, ovviamente,erano ben adottati, ma la commissione non si sarebbe maipotuta sognare di rivedere quei provvedimenti, dopo che lepersone erano state sradicate per lungo tempo dal territoriod'origine. Si è inoltre instaurata da parte di molte procure laprassi di non offrire indicazioni circa l'attendibilità delledichiarazioni dei collaboratori, indicazioni che lacommissione ha dovuto più volte sollecitare e che sono spessoindispensabili ai fini di una corretta formulazione dellaproposta che, ai sensi dell'articolo 11, comma 2, della legge,deve contenere le notizie e gli elementi concernenti gravitàed attualità del pericolo cui le persone sono o possono essereesposte per effetto della scelta di collaborare. E' infattievidente che solo dichiarazioni attendibili, in quanto

riscontrate, sono suscettibili di esporre il soggetto apericolo: è chiaro che se un soggetto rende dichiarazioniinattendibili non corre particolari rischi, al di là di quellicui si espone un normale calunniatore. E' inoltre daconsiderare che solo l'indicazione dell'attendibilità delsoggetto dichiarante evita che vengano inseriti falsi pentitinel circuito protettivo, introduzione che, come è noto, èperseguita da Cosa nostra per attuare una strategia dicontrasto alle collaborazioni. E' stata poi seguita da alcune procure la prassi diformulare la proposta mediante l'allegazione di informativedegli organi di polizia giudiziaria, mentre la leggestabilisce che la proposta provenga dal procuratore dellaRepubblica, norma disattesa nella gran parte dei casi ancheperché la proposta viene inoltrata dal sostituto, sebbeneanche il Consiglio superiore della magistratura abbiasottolineato il punto in questione. Si è inoltre diffusa la prassi di proporre l'estensionedel programma di protezione ad una serie indefinita dicongiunti del collaboratore. Non mi riferisco soltanto al casodella procura di Napoli, che chiede l'applicazione di taleprogramma a 140 persone - se non erro, infatti, dai 114iniziali si è giunti a 140 parenti -, perché ciò si verifica,soprattutto nelle zone meridionali, con una frequenzaimpressionante. L'esistenza di un pentito in casa è insommadiventata una specie di Befana, di lotteria di Capodanno, chenon ci si può lasciar sfuggire (soprattutto in quelle zone,che sono, me ne rendo conto, in disagiatissimePagina 761condizioni), per avere quella &quot;cifretta&quot; che, seconcessa ad un solo soggetto, può essere minima, ma semoltiplicata per cinque o per sei diventa sicuramentesuperiore al mio stipendio. Tutto questo viene fatto senza poiindicare (ma mi rendo conto che per il procuratore ciò èdiventato impossibile) gli elementi su cui si fonda il graveed attuale pericolo per quelle persone, a proposito dellequali si può dire soltanto che sono congiunti delcollaboratore (e nemmeno prossimi, perché a volte si tratta diun procugino o della moglie di quest'ultimo). Ciò avviene,ripeto, non soltanto a Napoli, ma anche in altre zone. Vi è poi la prassi di applicare ampiamente il ricorso allacustodia extracarceraria con affidamento alla poliziagiudiziaria, spesso in una prospettiva di beneficio, mentre inbase all'articolo 11, comma 4, della legge si può disporrel'affidamento alla polizia giudiziaria con detenzioneextracarceraria soltanto per gravi ed urgenti motivi disicurezza. Bisogna inoltre considerare che l'affidamento allapolizia giudiziaria determina una commistione tra i dueaspetti della protezione e dell'investigazione che tutti,penso, consideriamo necessario tenere distinti. E' stataavanzata, in qualche caso, anche la proposta di applicare ilprogramma di protezione a persone che non avevano ancora

iniziato una fattiva collaborazione o di far estrarre dalcarcere soggetti che vi erano stati destinati in viadefinitiva (se ne occupa il procuratore generale, ex articolo13-bis) i quali avevano posto tale condizione periniziare la collaborazione. Seguire le prassi indicate - mi riferisco in particolarealle ultime - significa, a mio avviso, ammettere sistemiricattatori da parte dei collaboratori e delegittimarel'amministrazione penitenziaria, considerata incapace digarantire la sicurezza nell'ambito del sistema carcerario.Dobbiamo inoltre considerare che la detenzione extracarcerariafa subire al soggetto limitazioni più gravi rispetto a quellecui è sottoposto in carcere, perché nella caserma deicarabinieri o nel commissariato di polizia non si applicano iregolamenti carcerari per quanto concerne le ore d'aria e cosìvia; tale trattamento deteriore diverrà tanto più evidentequando entreranno in vigore le norme più soft previsteper coloro che sono detenuti in carcere. Con il regolamento si dovevano quindi fornire indicazioniprecise sui vari punti dell'iter procedimentale diretto asottoporre i soggetti al programma di protezione, senza farricorso ad una legislazione primaria che avrebbe, da un lato,enormemente dilatato i tempi di soluzione dei problemi e,dall'altro, avrebbe forse - almeno, è questo il mio pensiero -aperto un dibattito anche su altri profili della questione deipentiti, come per esempio quello relativo ai limiti diutilizzazione processuale del contributo del collaboratore.Fatte queste premesse, passo rapidamente alle critiche delprocuratore della Repubblica di Napoli. Come ha già detto ilcollega D'Ambrosio, la prima critica è che il regolamento nonsi è mantenuto nell'ambito dei principi fissati dal comma 3dell'articolo 10; in base a quest'ultimo, per regolamento sipotevano stabilire le misure di protezione ed assistenza, icriteri di formulazione del programma - cosa importante - e lemodalità di attuazione. Si può rilevare che ai criteri di formulazione delprogramma espressamente previsti dalla legge come materia delregolamento non può essere estranea la fase della proposta,perché il programma deve essere individualizzato in relazione,tra l'altro, allo stato di pericolo; tale individualizzazionepuò avvenire solo sulla base di una proposta non generica maarticolata. Ciò è tanto vero che l'articolo 11, al comma 1,dispone che l'ammissione allo speciale programma diprotezione, i contenuti e la durata dello stesso, valutati inrapporto al rischio per l'incolumità del soggetto a causadelle dichiarazioni, sono deliberati - ecco il principiodell'individualizzazione - di volta in volta dalla commissionedi cui all'articolo 10 su proposta motivata del procuratoredella Repubblica; tale proposta, ai sensi dell'articolo 11,comma 2, deve contenere le notizie, gli elementi concernentila gravità e l'attualità del pericolo cui le persone sonoPagina 762

o possono essere esposte per la scelta di collaborare. Nellaproposta - ecco ancora ciò che richiede l'individualizzazione- devono altresì essere elencate le eventuali misure di tutelagià adottate nonché i motivi per i quali le stesse sono daritenersi non adeguate alle esigenze. Quindi, come si puòvedere, il programma deve essere individuale edindividualizzato. Inoltre, quando la proposta è avanzata dal prefetto o dalcapo della polizia e il pubblico ministero dà semplicemente ilproprio parere, il procuratore deve fare riferimentospecifico, in tale parere, all'importanza del contributoofferto - o che può essere offerto - dall'interessato per losviluppo delle indagini; elementi che, se sono contenuti nelparere, a mio parere - scusate il bisticcio - devono essereovviamente anche accennati nella proposta stessa, quando ilpubblico ministero la fa in via principale. In secondo luogo, la commissione avrebbe ben potuto, inbase ai principi generali che regolano l'attività degli organidella pubblica amministrazione, autoregolamentare la propriaattività, nel senso per esempio di dettarsi criteri in base aiquali ritenere la proposta motivata o meno, il pericolo gravee attuale o meno; si è invece preferito offrire una pubblicaguida alle procure interessate. Il procuratore di Napoli, dopo questa critica generale,passa a critiche specifiche, sulle quali si è già intrattenutoil collega D'Ambrosio; mi limiterò agli elementi di novitàrispetto a quanto già detto dal collega. Nei punti 1 e 6 sicritica l'intervento in questa procedura del procuratorenazionale antimafia, sotto forma di parere obbligatorio ofacoltativo, mai vincolante. Si tenga presente che prima diquesto regolamento ve ne era a disposizione un altro, emanatoil 26 novembre 1991, da tutti conosciuto, oggetto di analisianche in un pregevole scritto di Caselli ed Ingroia, daltitolo Processo penale e criminalità organizzata, alquale anch'io ed altri abbiamo contribuito. Nei confronti ditale regolamento non è stata mai mossa alcuna censura. In basead esso la commissione, prima di formulare il programma,acquisiva - imperativo - se necessario dagli organicompetenti, tra i quali ovviamente doveva collocarsi, dopo lasua istituzione, anche il procuratore nazionale antimafia,tutta una serie di notizie utili per la formulazione delprogramma stesso. Questa affermazione è dunque pretestuosa;non sono state mosse critiche dal 1991 al 1994, mentre guardacaso sono mosse da parte del procuratore della Repubblica diNapoli nei confronti di questo regolamento. E' poi del tutto improprio il rilievo di tale procuratorecirca l'inopportunità che un organo amministrativo possaconvocare per un'audizione un organo dell'autoritàgiudiziaria, il procuratore nazionale antimafia, perché sitratta di uno di quei casi definiti dalla dottrina &quot;dicooperazione istituzionale&quot;, resa necessaria dal fatto che ilcompito di proteggere è devoluto dalla legge - e non poteva

essere diversamente - ad un organo amministrativo. Vorreivedere se tale compito, che è esclusivamente proprio dellapubblica amministrazione, fosse affidato al procuratore dellaRepubblica di una città! Si noti - e neppure in questo caso fumossa mai alcuna critica dal 1982 in poi - che l'altocommissario antimafia, in base all'articolo 1-quinquies,comma 2, del relativo decreto-legge poi convertito in legge,aveva la facoltà di convocare qualsiasi persona. Il procuratore di Napoli critica la previsione secondo cuila commissione possa avvalersi in certi casi, quando si trattidi salvare vite o di prevenire attentati alle persone, deidocumenti trasmessi dall'autorità giudiziaria al ministrodell'interno, ai sensi dell'articolo 118 del codice diprocedura penale (altro caso di cooperazione istituzionale);tale potere è pienamente legittimo, sia perché la commissioneè presieduta da un sottosegretario di Stato, guarda caso delMinistero dell'interno (e i documenti, in base all'articolo118, vengono inviati al ministro dell'interno), sia perché siversa ancora una volta in un caso di cooperazioneistituzionale, che consente alla commissione di esercitareconsapevolmente le proprie attribuzioni. Il collega D'Ambrosio ha già parlato del segretod'ufficio; vorrei fare un ultimo accennoPagina 763alla dichiarazione preliminare alla collaborazione. Sicomincia col dire - l'ha già rilevato D'Ambrosio - che questadichiarazione può non essere trasmessa alla commissione, perragioni di particolare segretezza investigativa. MANLIO MINALE, Sostituto procuratore della Repubblicapresso il tribunale di Milano. No, può non essereimmediatamente trasmessa, poi deve essere comunque inviata. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica diFirenze. Immediatamente, ma io spero che queste indaginifiniscano, caro Minale; quindi, ad un certo momento questoatto sarà conosciuto anche dal tribunale. Con l'espressione&quot;non immediatamente&quot; si intende dire quando non vi siano piùpericoli per le paventate intromissioni nell'indagine. MANLIO MINALE, Sostituto procuratore della Repubblicapresso il tribunale di Milano. Quindi la commissione puòdecidere sulla proposta anche senza le dichiarazioni; questeultime non sono necessarie. Se non sono necessarie, perchévengono inserite? PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica diFirenze. Te lo spiego subito: perché esse hanno pariprofili di importanza: in primo luogo, cogliere findall'inizio, come diceva esattamente il procuratore dellaRepubblica di Napoli nell'articolo pubblicato su IlMattino, tutta l'essenza del soggetto, poterlo cioèindividuare; quindi, dargli il trattamento benefico previstoper colui che ha reso la dichiarazione. In terzo luogo,evitare che falsi pentiti entrino nel circuito carcerario.Infine, gli si chiede, in questa dichiarazione, di dire quel

che sa sui fatti più importanti - quindi non su tutti - o dimaggiore allarme sociale e di indicare, se li conosce, gliautori e come si fa a catturarli. E quando si è parlato diallarme sociale, il nostro pensiero è andato alla strage oall'omicidio di un magistrato, a proposito dei quali se ilcollaboratore ne è a conoscenza, subito deve dirlo per evitarequesti disastrosi eventi. Al riguardo, gli esempi vi sono: seAnnacondia si fosse pentito un poco prima, avrebbe offerto unquadro degli attentati che dovevano avvenire nei musei, percui, forse, si sarebbe potuto fare qualcosa... PAOLO MANCUSO, Procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Napoli. Ma non per lacommissione... PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica diFirenze. Come non per la commissione? Questo è un atto cheha una duplice valenza. Alla commissione serve perindividualizzare il programma di trattamento; serve a far sìche il soggetto possa andare in un circuito protetto esoft... PAOLO MANCUSO, Procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Napoli. Può utilizzare... PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica diFirenze. Cosa? PAOLO MANCUSO, Procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Napoli. In questo caso, puòutilizzare le dichiarazioni. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica diFirenze. Cosa può utilizzare? Vorrei vedere che lacommissione non le potesse utilizzare! Se uno parla di unprogetto di strage che non ha raggiunto nemmeno i limiti deldelitto di attentato, chi se ne interessa? Il procuratore diNapoli? O se ne interessa l'autorità di prevenzione? PRESIDENTE. Non individualizziamo. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica diFirenze. Chi se ne interessa? Vorrei una risposta. Allora,vuol dire che a Firenze farò il delitto penale deipensieri! PAOLO MANCUSO, Procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Napoli. Vuol dire che la commissioneha facoltà di prevenzione.Pagina 764 PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica diFirenze. La commissione non ha prevenzione; la commissione,presieduta da un sottosegretario di Stato del Ministerodell'interno, è formata anche dagli organi di polizia. Bisognadire che DIA, ROS e GICO sono stati tutti concordinell'approvazione di questo programma. Vi assicuro - e tu puoiassicurare il tuo procuratore - che né le polizie di Stato, nél'Arma dei carabinieri, né la Guardia di finanza, né imagistrati avevano l'intenzione di fare - tant'è che non lohanno fatto - un regolamento &quot;ammazzapentiti&quot;. E' poi da considerare - d'altra parte, risulta da quanto

ha detto D'Ambrosio - che la dichiarazione preliminare noncostituisce certo un blocco a dichiarazioni ulteriori. Ma seun magistrato professionalmente apprezzato mi fa discorsi dipolitica... Oggi ho letto su la Repubblica che nonparleranno più dei rapporti tra politica ed istituzioni(vedete Buscetta, figuriamoci se lo diceva nel 1984)... Se unpentito parla di certi fatti in epoche successive, unmagistrato professionalmente apprezzato ha il dovere di tenerconto di questi fatti che, sicuramente, sono processualmenteutilizzabili, ma ha anche il dovere di porsi il problema invista della verifica dell'attendibilità del perché costui neabbia parlato in tempi successivi. Soprattutto se ci siriferisce - come io mi riferisco e gli altri si riferiscono -nella dichiarazione preliminare di intenti, ai cosiddettifatti indimenticabili. Voglio dire che se uno ha fatto laguardia ad una villa dove era in corso una riunione di mafia,può essersene dimenticato perché rientrava nel suo &quot;lavoro&quot;.Se la sua memoria verrà sollecitata da un altro collaboratore,potrà dire che se ne era dimenticato, e questo è plausibile,perché non si trattava di un'attività che potesse stimolare isuoi ricordi. Ma un fatto indimenticabile è partecipare ad unastrage, ad un omicidio, ad un plurimo omicidio. In questicasi, mi sembra che veramente non si chieda troppo a questicollaboratori. Vi ringrazio e mi scuso della lunghezza ed anche dellafoga. PRESIDENTE. Grazie, dottor Vigna, anche per la suaefficacia espositiva. Passerei - prima ancora che agliinterventi dei commissari - alle osservazioni... LUCIANO VIOLANTE. Signor presidente, se lei è d'accordoe se lo sono anche i colleghi, riterrei del tutto inopportunoprocedere subito ad interventi da parte dei componenti laCommissione. Credo, infatti, sia bene ascoltare, riflettere,studiare e poi fissare in tempi brevi una seduta dellaCommissione in cui esaminare tutto e produrre valutazioni. PRESIDENTE. Infatti, così avevamo detto. LUCIANO VIOLANTE. Quindi, non vi saranno interventi deicommissari? PRESIDENTE. No, anche in relazione ai tempi chediversamente risulterebbero troppo lunghi. Credo che a questo punto debba essere data la parola alprocuratore nazionale antimafia. La successione degliinterventi sarà poi quella che sceglierete. Mi dispiace sia stato costantemente chiamato in causa ilprocuratore di Napoli, il quale, però, è assai benrappresentato dal dottor Mancuso, per cui credo che ne faremoa meno, almeno per questa volta. Do la parola al procuratore nazionale antimafia, dottorSiclari. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Laprima voce, certamente la più autorevole che si è levata inrelazione alla commissione centrale per i collaboratori, è

stata quella del dottor Falcone, il quale ebbe a rilevare loscompenso esistente in seno alla commissione tra i componenticosiddetti laici (cinque, oltre al sottosegretario) ed icomponenti togati (soltanto due, i magistrati). Allora, ildottor Falcone temeva che il potere esecutivo, attraverso unariduzione o un ampliamento, anche soltanto finanziario, delledisponibilità per i collaboratori, potesse determinare lastrategia giudiziaria,Pagina 765impedendo ai magistrati di raggiungere gli obiettivi che siprefiggevano. Credo che le preoccupazioni che Falcone aveva alloraesistano ancora oggi, anche perché sempre di più assistiamo acommistioni tra potere politico e criminalità organizzata.Devo dire che dinanzi a questa situazione mi sarei aspettatoche i procuratori della Repubblica avessero salutato confavore l'intervento del procuratore nazionale, che, in qualchemodo, in questa materia serve a ristabilire quell'equilibrioche manca. Dico infatti, senza volermene fare un vanto, chesenza dubbio il parere del procuratore nazionale avrà un pesonotevole sulla commissione, tanto più se tale parere andrà acoincidere con quello del procuratore della Repubblica: mipare difficile che la commissione, dinanzi alla proposta delprocuratore della Repubblica ed al parere del procuratorenazionale possa poi indirizzarsi diversamente. Ripeto, mi sarei aspettato che fosse stato accolto confavore, ma così non è stato. Però, devo ridimensionare anchequesto, perché il 14 dicembre ho tenuto una riunione deiprocuratori della Repubblica, alla quale hanno partecipatotutti, tranne uno, e nel corso della stessa obiezioni difondo, in verità, sono state sollevate soltanto dalprocuratore di Napoli. Infatti, lo stesso procuratore dellaRepubblica di Palermo, nella persona del dottor Guido LoForte, perché il procuratore Caselli si era dovutoallontanare, l'unica obiezione di sostanza che ha mosso è chequando si parla di Cosa nostra non ha senso parlare di unprogramma a termine, perché colui che collabora contro Cosanostra per tutta la vita è esposto a pericolo. Gli altriprocuratori hanno mosso qualche obiezione tecnica, per esempiosul termine dei 90 giorni, che è apparso troppo breve; hannoaccennato al fatto che gli sembrava improprio trarre motivi divalutazione in ordine alla revoca per una semplice offerta dilavoro, ritenevano necessario che a ciò si aggiungesse che illavoro era stato rifiutato. Ma al di là di questo non sonoandati. Io sono stato involontariamente difeso - se così possodire, perché non mi sembra di aver bisogno di essere difeso -dai due colleghi che mi hanno preceduto, posso quindiaggiungere ben poco. Il regolamento non l'ho redatto io, ma èstato fatto da altri ed io non ho formulato alcunaosservazione in relazione ad esso: non mi sembra un cattivoregolamento, anche se probabilmente è suscettibile di

modifiche e miglioramenti. Il problema di fondo in questa materia, come in tuttequelle simili, era la necessità di razionalizzare e in qualchemodo omogeneizzare i comportamenti, perché - sulla base diquello che ho percepito nel corso della mia attività - c'eranosituazioni uguali trattate in modo diverso, c'erano situazioniassai diverse tra loro che occorreva riportare ad una certarazionalità. Io ho percepito questa situazione, della qualehanno già parlato i colleghi Vigna e D'Ambrosio, siaattraverso le forze di polizia sia attraverso membri dellacommissione. C'erano situazioni per le quali i procuratoridella Repubblica hanno addirittura inviato foglietti - intendoproprio foglietti - di un brigadiere dei carabinieri nei qualisi diceva che un collaboratore aveva bisogno di protezione. Lacommissione naturalmente si è trovata in difficoltà. Non sono però questi i problemi che hanno attratto la miaattenzione; la mia attenzione è stata attratta piuttosto dallanecessità di adottare le cautele necessarie per cercare diimpedire quello che tutti temiamo, cioè che a un certo puntole organizzazioni criminali introducano dei falsicollaboratori. Credo che il mezzo per impedirlo sia appuntoquello di stabilire un certo ordine, di fare in maniera che cisiano regole che disciplinano il modo in cui la collaborazionedeve essere accertata e deve essere portata a conoscenza dellacommissione. Per quanto riguarda il resto, non ho nulla dadire; sarà bene invece che parlino i procuratori dellaRepubblica che hanno avanzato dei rilievi. Voglio aggiungere, però, che non è questa la sola materiache deve essere guardata con attenzione in tema diPagina 766collaboratori. Si sta profilando infatti con sempre maggioreimpellenza il problema della sicurezza dei collaboratori inrelazione alle esigenze processuali che li espongono apericoli. In questa materia manca del tutto una disciplina, laquestione è interamente rimessa al buonsenso dei magistrati edelle forze dell'ordine, ma spesso questo non basta. Le forzedi polizia, per soddisfare le necessità che i magistratirappresentano, hanno bisogno di tempi per trasferirecollaboratori che non sempre sono brevissimi e questo talvoltacomporta difficoltà e, ciò che è più grave, l'esposizione alpericolo dei collaboratori. Ho sottolineato questo aspetto per rimarcare il fatto chel'intera materia ha bisogno di essere inquadratarazionalmente. Non so se per quanto riguarda l'ultimaquestione cui ho accennato debba intervenire il ministero o ilprocuratore nazionale, ma è necessario che qualcunointervenga. Il ministero ha cercato di intervenire in passatoma per la verità, almeno per quanto ho potuto constatare, nonmi sembra abbia ottenuto risultati brillanti. Ricevo continuamente sollecitazioni da magistrati percercare di coordinare questo tipo di lavoro, ma mi riescedifficile farlo perché non dispongo dei mezzi e degli

strumenti necessari. E' un argomento che probabilmente c'entrapoco con quello che stiamo dicendo, ma, lo ripeto, ho volutofarvi riferimento per sottolineare che l'intera materia vadisciplinata. Certamente non mi sento di affermare che il nuovoregolamento è l'optimum, perché è senz'altrosuscettibile di modifiche migliorative. Mi pare, per esempio,che il termine di novanta giorni sia effettivamente tropporistretto; è vero che può essere prorogato di altri novantagiorni, ma è vero anche che in quel termine occorre che ilprogramma di protezione sia presentato alla Commissione equesto per alcuni collaboratori, quelli di maggiore spessore,è chiaramente insufficiente. Ribadisco comunque che non credospetti a me esprimere valutazioni critiche, poiché queste nonsono partite da me. PRESIDENTE. Vorrei soffermarmi un momento sul parererichiesto al procuratore nazionale antimafia, parere che,obbligatorio o facoltativo che sia, presuppone comunqueun'ampia conoscenza di tutti gli atti e di tutti i processi incorso presso tutte le procure per poter essere motivato.Vorrei sapere se allo stato questa possibilità siaattuabile. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.Allo stato è attuabile. Fino ad oggi i magistrati hannotrasmesso alla procura nazionale le dichiarazioni deicollaboratori senza una premura particolare; questo ancheperché presso le procure principali, quelle che hanno piùcollaboratori o collaboratori importanti, ci sono inapplicazione magistrati della procura nazionale antimafia chesono a conoscenza di quello che viene detto. Prima ancora cheil regolamento entrasse in vigore, comunque, ho chiesto aiprocuratori della Repubblica di farmi conoscere immediatamentele dichiarazioni dei collaboratori, cosa che mi sembra rientripienamente nelle facoltà attribuite dalla legge al procuratorenazionale. Confido pertanto che non si dovrebbe incontrarealcuna difficoltà per esprimere il parere richiesto. Il presidente ha richiamato la mia attenzione sullaquestione del parere. A tale proposito si è sostenuto che inqualche modo l'indipendenza del procuratore nazionaleantimafia dal potere esecutivo sarebbe compromessa dal parereespresso alla commissione. Francamente tale eventualità misembra risibile. Si è parlato di commistione con organiamministrativi, ma mi sembra si tratti di una collaborazionedovuta tra organi istituzionali e non mi pare ci sia alcunacommistione. D'altra parte, i procuratori della Repubblicasono chiamati a dare pareri nel caso, per esempio, che sia ilcapo della polizia o il prefetto. In quel caso non vi è alcunacommistione? Il pericolo sorge quando il parere è espresso dalprocuratore nazionale? E non c'è pericolo quando, come comunemente avviene, iprocuratori della Repubblica esprimono il parere in relazioneall'articolo 41-bis? Per quanto riguarda

Pagina 767l'articolo 41-bis, infatti, il Ministero di grazia egiustizia chiede un parere tanto ai procuratori dellarepubblica quanto al procuratore nazionale e nessuno si èsentito offeso o ha visto la propria indipendenza messa inpericolo per il fatto che l'amministrazione penitenziaria -che non è giurisdizione - chiede questo parere. PRESIDENTE. Poiché il procuratore di Napoli è statochiamato in causa diverse volte, vorrei che il procuratoreMancuso esponesse le problematiche relative alla procura diNapoli. PAOLO MANCUSO, Procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Napoli. Se mi consente, poiché vi èstato qualche tono cortesemente polemico da parte di altricolleghi, vorrei cercare di razionalizzare la discussione, percui preferirei che l'intervento riguardante la procura diNapoli seguisse gli altri. GIANCARLO CASELLI, Procuratore della Repubblica diPalermo. Desidero anzitutto scusarmi con lei, presidente, econ i componenti della Commissione perché l'intervento dellaprocura di Palermo sarà sviluppato dai dottori Lo Forte edIngroia. In seguito ad una audizione presso il CSM, non potròpartecipare a tutti i lavori e di questo mi scuso fin daora. Prima di passare, con il suo consenso, la parola al dottorLo Forte vorrei fare alcune considerazioni di banalissimaintroduzione. Credo che noi tutti procuratori, in particolare dellevarie procure distrettuali, dobbiamo richiamarci alleconclusioni dell'intervento di Loris D'Ambrosio. Dopo averillustrato il contenuto del nuovo regolamento, egli haaffermato che bisognerà stare molto attenti alle prassi futuree, se queste dovessero contraddire le linee portanti nelleintenzioni dei redigenti del regolamento, non si potrà nonintervenire modificandolo. Formuleremo alcune critiche; il procuratore nazionaleSiclari ha correttissimamente ricordato il nostro interventoin sede di DNA, intervento che tuttavia era parziale perchépoi per colpa nostra è mancato letteralmente il tempo disvilupparlo ulteriormente. Formuleremo alcune critiche nellospirito di orientare per quanto possibile le future prassiapplicative perché queste determinino nel minor numero di casipossibile quelle necessità di intervento e di modifica che finda ora Loris D'Ambrosio prefigura. I nostri interventi criticisaranno quindi - per ricorrere ad una formula abusata -fattivi, costruttivi, mai in puro spirito dicontrapposizione. Proprio questo vogliamo in tutti i modi assolutissimamenteevitare. Il procuratore Vigna ha svolto una relazione moltopartecipata, secondo il suo stile ed il suo costume. Non vi èalcuna contrapposizione, assolutissimamente, né in linea diprincipio, né in linea di fatto, né per quanto riguarda gli

interventi che svolgeremo di qui a poco, tra i magistrati chefanno parte della commissione e gli altri. L'assenza di alcunaforma di contrapposizione è talmente evidente che quando si èparlato - mi sia permesso ricordarlo - di sostituire i dottoriVigna e Grasso vi sono state prese di posizione pubblichemolto dure ed energiche proprio da parte dei procuratori diNapoli e di Palermo perché ciò non avvenisse. Se vi sono valutazioni divergenti - e ve ne sono - tra ildottor Loris D'Ambrosio, il dottor Vigna ed altri che oggiinterverranno (tra questi la procura di Palermo), ciòsignifica soltanto che siamo insieme, senza nessuna frattura,ma con una contrapposizione dialettica che in una materia cosìcomplessa, magmatica, molte volte esplosiva è assolutamentefisiologica ed inevitabile: siamo insieme alla ricerca dellesoluzioni migliori per quanto riguarda oggi la lettura di unregolamento appena varato e soprattutto i primi orientamentiaffinché non si dia luogo a quelle prassi applicativedistorte, che potrebbero penalizzare questo strumento e,secondo quanto ha detto con estrema correttezza lo stessoLoris D'Ambrosio, sono da evitare, per cui se viceversa siverificassero non potrebbero non comportare modificheimmediate del regolamento stesso.Pagina 768 Concludo con una brevissima osservazione: quando il dottorVigna parla di prassi distorte di varie procure che hannoportato ad una sorta di stato di necessità da cui nasce questoregolamento, devo dire che questa affermazione mi sembra unpo' generica e indiscriminata. Non ritengo vi siano mai stateper quanto riguarda la procura di Palermo qualsivogliaoccasioni che possano portare a considerarla come facenteparte in qualche modo di comportamenti ricordati dal dottorVigna quali antefatti del regolamento. Questo è quanto mi sembrava di dover dire in questaintroduzione molto banale. Con il suo permesso, presidente,chiederei al collega Lo Forte di svolgere il suointervento. GUIDO LO FORTE, Procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Palermo. In questo spiritocostruttivo, che per essere tale deve evidentementealimentarsi del confronto razionale tra opinioni diverse,debbo dire che nell'ambito del nostro ufficio della procuradella Repubblica di Palermo non soltanto l'argomento del nuovoregolamento, ma tutto ciò che riguarda la razionalizzazione ela maggiore efficienza di tutti i sistemi di contrasto alleorganizzazioni criminali di tipo mafioso - e fra questenaturalmente tutta la materia riguardante i collaboratori digiustizia, ma non solo soltanto loro - costituisce oggetto diriflessione e di dibattito articolato da molti anni. D'altra parte, il nostro è un grande ufficio sotto ilprofilo quantitativo: vi sono più di quaranta sostitutiprocuratori in servizio, vi è un'ampia circolazione di ideeanche tra la Direzione distrettuale antimafia ed i colleghi

che si occupano di altri affari. I temi più generali, tra cuiquesti fondamentali riguardanti la lotta alle organizzazionimafiose, sono oggetto di riflessione comune. Da taleriflessione sono derivate osservazioni, rilievi,considerazioni unanimi che hanno costituito qualche tempo faoggetto di riunioni e di una assemblea e sono state tradottein un documento sintetico che depositeremo a codestaCommissione. Sussistono rilievi di carattere giuridico-formaleconcernenti la corrispondenza maggiore o minore di alcunenorme regolamentari alla delega legislativa. Ci sembra chetale corrispondenza manchi, tanto che lo stesso collegaD'Ambrosio nella sua sapiente ed interessantissima esposizionecredo abbia indicato le norme sugli atti che debbono essereobbligatoriamente trasmessi alla commissione come indicazioniper la stessa, non intendendole quindi - non so se ho bencompreso - come assolutamente vincolanti per l'autoritàgiudiziaria. Mi è sembrato di intravedere un orientamentointerpretativo molto elastico sulla trasmissione obbligatoriao meno della dichiarazione di intenti, nel senso che secondol'opinione dei colleghi D'Ambrosio e Vigna, questa può essereanche omessa. Stando alla nostra lettura della norma, non ci sembra chele cose stiano così - ma prendiamo atto di questo orientamentointerpretativo più liberale ed elastico - perché credo silegga chiaramente nel regolamento che la dichiarazione può nonessere immediatamente trasmessa ma anche in questo caso - vi èun comma aggiuntivo - la proposta deve contenere unaindicazione dei contenuti fondamentali di quella dichiarazionedi intenti che dovrà comunque essere trasmessa. Sembra dunquedi capire che tale dichiarazione sia una componentefondamentale nel disegno del regolamento del quadroconoscitivo che deve essere offerto alla commissione. In linea generale debbo dire che questo regolamento - diquesto diamo tutti atto dell'impegno dei colleghi che hannooperato nel gruppo di lavoro - risponde certamente adun'esigenza di razionalizzazione del sistema. A favore di taleesigenza siamo unanimemente orientati e non soltanto da oggiperché in più occasioni abbiamo detto e ripetuto - anche comeProcura della Repubblica di Palermo in documenti ufficiali -che vi erano esigenze di razionalizzazione del sistema.Sottolineavamo e sottolineiamo ancora oggi che tali esigenzesi incentrano su due temi fondamentali: la separazione tra lafase delle investigazioni e quella della gestione eprotezionePagina 769dei collaboratori di giustizia, nonché la riduzione deimargini di discrezionalità per quanto attiene ai meccanismipremiali e a quelli sanzionatori. Quanto all'obiettivo della trasparenza della gestione deicollaboratori (che deve essere perseguito comunque anche sepersonalmente non mi risultano, come non credo che finora

risultino a molti colleghi, casi di pentiti calunniatori,depistanti o falsi; ma poiché questa eventualità non puòessere esclusa, bisogna tenerne conto), quanto più siaautomatico e meno discrezionale il meccanismo premiale esanzionatorio, quanto più vi sia una distinzione tra organodell'investigazione e organo della protezione, quanto più siarazionale, efficiente e moderna la strutturazione dell'organodi protezione, tanto più il sistema funziona ed èefficiente. Senza dubbio su queste esigenze di razionalizzazione siamoassolutamente concordi; ne siamo noi i primi sostenitori.L'onorevole presidente ricorderà che, in una recenteoccasione, lungo tempo è stato dedicato da noi proprio al temadella razionalizzazione del sistema di protezione deicollaboratori di giustizia. Sta di fatto, tuttavia, che sideve cercare di capire se, in un'ottica legislativa oregolamentare di razionalizzazione del sistema, si vogliamantenere e possibilmente rafforzare una politica legislativadi incentivazione delle dissociazioni dalle organizzazionicriminali e, in particolare, da Cosa nostra, coniugando questapolitica legislativa di incentivazione con le esigenze dirazionalizzazione, ovvero se tali esigenze debbano restarecircoscritte in una politica non lungimirante di restrizionedella spesa o di controllo amministrativo del fenomeno e seoccorra assolutamente obliterare o dimenticare gli obiettividi fondo dell'incentivazione. Sono certo che saremo tutti perfettamente d'accordo nelriconoscere che il meglio sia coniugare la razionalizzazionecon l'incentivazione della dissociazione. Abbiamo le prove chequesto fenomeno è stato scardinante e può diventare veramenterisolutivo nello scardinamento di Cosa nostra e di altreorganizzazioni similari. Pertanto, occorre incentivarlo. All'ufficio della procura, che ha riflettuto nella suacompletezza su questi temi, non sembra - lo dico con pacatezza- che nel regolamento ci sia stata una particolare attenzioneper evitare che certi meccanismi di razionalizzazione sitraducessero in una forma di disincentivazione dei fenomeni dicollaborazione. Sugli altri punti del problema chiedo al collega Ingroiadi intervenire, perché vorrei soffermarmi su un soloargomento: la cosiddetta dichiarazione preliminare allacollaborazione, altrimenti nota come dichiarazione di intenti.In proposito mi limito ad osservare che l'articolo 2 delregolamento è composto da due commi, il primo dei quali valetto con attenzione. La lettura comparata del primo e del secondo comma credoche dia ragione alle nostre preoccupazioni circa il fatto cheil verbale di dichiarazione preliminare non solo non sia utilema sia pleonastico e pericoloso. E' pleonastico innanzituttoperché i contenuti della proposta determinati dal regolamento,sui quali siamo assolutamente d'accordo, così come indicatidal primo comma, sono a nostro giudizio più che sufficienti

per fornire alla commissione tutti gli elementi che questadeve e può conoscere, nei limiti istituzionali della suacompetenza amministrativa, per formulare un ponderato giudiziosull'ammissione o meno del collaborante al programma diprotezione. Infatti, secondo il primo comma la proposta deveevidenziare: l'importanza del contributo offerto dalcollaborante; gli elementi concernenti il pericolo perl'incolumità di lui e delle altre persone indicate dallalegge, nonché i motivi dai quali si desumono la gravità el'attualità del pericolo; i principali fatti criminosi suiquali il soggetto proposto sta rendendo - ripeto &quot;starendendo&quot; - le sue dichiarazioni; i motivi per i quali talidichiarazioni sono ritenute attendibili e importanti per leindagini o il giudizio; persino gli elementi di riscontro giàacquisiti. E' chiaro che, in base ad una esigenza dirazionalizzazione da tutti condivisa, la commissionenell'ambito dei suoi poteri istituzionali deve essere posta ingrado diPagina 770formulare un giudizio cognita causa. Perché ciò siapossibile, credo che i contenuti della proposta così comeindicati siano più che sufficienti perché, se vi è, come vidovrà essere, una motivata proposta del procuratore dellaRepubblica che rechi, sotto la responsabilità del procuratoredella Repubblica proponente, l'indicazione di tutti glielementi richiesti dal comma 1, non vi sarà il rischio che lacommissione possa deliberare in maniera superficiale edaffrettata né quello che entrino nel circuito collaboratorifalsi o depistanti. Se ciò è vero, e credo che lo sia perché è scritto nelprimo comma dell'articolo 2, ci siamo chiesti quale sia lafunzione del secondo comma, che riguarda la cosiddettadichiarazione di intenti. Tale secondo comma stabilisce che,salvo casi eccezionali che permettono, secondo la lettura chene abbiamo fatto noi, un ritardo e non l'omissione, ilprocuratore della Repubblica deve trasmettere un verbalecontenente i dati utili alla ricostruzione dei fatti dimaggiore gravità ed allarme sociale di cui il collaborante è aconoscenza, oltreché all'individuazione ed alla cattura deiloro autori. Proseguendo nel ragionamento complessivo svoltodall'ufficio, ragionamento che spero sia corretto, posta ladomanda relativa a quale sia la funzione del verbale, postoche già esiste una proposta con quel contenuto ampiamente edarticolatamente motivato, ed escluso che tale funzione possaessere quella di fornire alla commissione i necessari elementidi valutazione, posto che a ciò provvede in maniera più cheadeguata la proposta prevista dal primo comma, il cosiddettoverbale di dichiarazioni preliminari determina oggettivamenteun pregiudizio certo e, dall'altro verso, un pericolograve.

Il pregiuduzio certo non può essere sottovalutato, quandosi sia convinti che le regole valgano più della sostanza e chele regole di uno Stato di diritto debbano essere assolutamentepreservate, indipendentemente da rischi più o meno immediati econcreti; è la distinzione tra le sfere istituzionali dicompetenza della giurisdizione e dell'amministrazione. Latrasmissione di questo verbale, con un contenuto relativo acircostanze dettagliate di puro merito e addirittura adelementi che servono per la cattura di latitanti, vieneconsiderata come obbligatoria da una norma regolamentare. A noi sembra invece che essa, oltre che superflua,contenga in sé, in linea di principio, una lesione delprincipio della divisione dei poteri. Ci sembra che, in lineadi principio, sia profondamente alterato il sistema giuridicovigente relativo alla tutela del segreto investigativo, conulteriori rischi derivanti da una notevole espansione deglielementi di indagine in una sfera diversa da quelladell'autorità giudiziaria competente e responsabile delleinvestigazioni. Non v'è bisogno di ricordare ancora una volta lapreoccupazione dello stesso collega D'Ambrosio: una normaregolamentare che appare distonica rispetto al principio delladivisione dei poteri e della distinzione delle competenzeistituzionali, può non produrre alcun effetto negativo indeterminate situazioni storiche mentre può, paradossalmente,favorire delle prassi applicative distorte a fronte dellequali potranno esservi pregiudizi reali e conflittiassolutamente impropri e non auspicabili tra organi dellagiurisdizione e organi dell'amministrazione, quali lacommissione centrale. La norma contiene altresì un rischio, quello cioè di porreimmediatamente il collaborante di fronte alla necessità diesporre tutti i fatti di maggiore rilevanza di cui è aconoscenza, compresi naturalmente quelli relativi ad eventualirapporti tra l'organizzazione criminale e componenti del mondopolitico o istituzionale, nelle sue più varie accezioni. L'esperienza dimostra che i collaboranti, soprattuttoquelli di Cosa nostra, hanno bisogno di due certezzesoggettive per giungere ad una completa evoluzione su questitemi, la prima delle quali - non ho alcuna esitazione a dirloanche se riguarda l'interlocutore istituzionale-magistratoinquirente - consiste nell'acquisizione della totale certezzadell'affidabilità del loro interlocutore istituzionale-Pagina 771magistrato inquirente. Nessun collaborante di grande spessore,proveniente da un vissuto criminale di decenni in Cosa nostra,affronta certi argomenti se non ha conosciuto il suointerlocutore. E' da escludere che determinati argomenti, sulpiano logico, possano essere affrontati in un primo verbale.Anzi, direi di più: chi ha - come abbiamo tutti - una certaesperienza dei fenomeni di collaborazione, dovrebbeinsospettirsi di dichiarazioni attinenti a collusioni con il

mondo politico e istituzionale rese immediatamente da chi sipresenta come collaborante. In base alla nostra esperienza possiamo dire chel'immediatezza non corrisponde affatto ai radicati meccanismipsicologici dei veri collaboranti provenienti da Cosa nostra oda organizzazioni similari. Quando si presenta qualcuno che,nella prima occasione di contatto con il magistrato, inizia aparlare di argomenti di tale rilevanza, ciò è per noi piùmotivo di dubbio e di sospetto che di fiducia nei confrontidell'interlocutore medesimo, perché sappiamo che questo non èpsicologicamente e umanamente credibile. Il collaborante di Cosa nostra ha bisogno anche diun'altra certezza, quella cioè che le sue dichiarazionirimangano segrete e nella disponibilità soltanto di pochissimisoggetti, almeno finché non siano acquisiti sufficientielementi di riscontro. Un collaborante di vero spessore, proveniente daun'organizzazione criminale di grande spessore oltreché digrande pericolosità, sa bene quali siano i rischi e lecritiche che possono essergli rivolte. Preferisce, desidera,chiede costantemente a verbale che nel momento in cui decideràdi rendere certe dichiarazioni queste vengano primaattentamente riscontrate e, solo in caso di riscontropositivo, utilizzate. Ciò perché sa bene quali sono le regoledi un serio rapporto tra il collaborante e le istituzionidello Stato. I più importanti collaboranti di Cosa nostra nei nostriverbali hanno tutti costantemente chiesto che nessuno o ilnumero più limitato possibile di soggetti - perfinoall'interno degli uffici - venisse a conoscenza delledichiarazioni rilasciate e comunque dopo esiti positividell'attività di riscontro. Laddove questo non è statopossibile, è dipeso dagli attuali meccanismi di circolazionedelle notizie, di necessaria e pluralistica circolazione dinotizie che non è possibile limitare nel modo ferreodesiderato dai collaboranti. E' chiaro che avendo riguardo a tale tipo di psicologiacostante, è assolutamente improbabile che nel primo verbale didichiarazioni preliminari il collaborante affronti argomentiche eccedano i confini dell'ordinaria criminalità. A fronte di ciò è probabile, non dico è certo, che icollaboranti circoscrivano l'ambito della propriacollaborazione ai tradizionali temi di ordinaria criminalità enon abbiano più spazi per una maggiore apertura. Perché? Comeesattamente osservava il collega Vigna, é dovere di qualsiasimagistrato professionalmente attrezzato, a fronte di unadichiarazione su temi rilevanti - ma temi rilevanti possonoessere di qualsiasi natura criminale - resa con un certoritardo, porsi innanzitutto l'interrogativo circa il perché ditale ritardo, il che è sempre stato fatto. La spiegazione cideve essere e spetta al pubblico ministero e al giudicevalutare, alla fine, se la spiegazione è convincente, fondata,

riscontrata e attendibile. E' evidente - è una nozione logica di comune possesso -come qualsiasi dichiarazione rilasciata dopo tempiapprezzabilmente lunghi dall'inizio della collaborazionerichieda un filtro di analisi, di verifica, di riscontro e dicritica logica più approfondito; più che mai se questadichiarazione viene resa ad una certa distanza di tempo dalverbale di dichiarazioni preliminari. E' un primo motivo inbase al quale un collaborante di spessore, non avendola fattasubito per i motivi oggettivi che ho cercato di indicare, èpoco proclive a rilasciarla dopo. Altra cosa: in una possibile, futura prassi applicativa ilnon inserimento di dichiarazioni importanti nel verbale delledichiarazioni preliminari potrebbe essere considerato comeviolazione di un obbligo del collaborante e, quindi, comepotenziale causa di revoca del programma di protezione.Pagina 772E' un'altra ragione per la quale il collaborantesarebbe ancor meno proclive ad una apertura maggiore sudeterminati temi. Quando noi diciamo che questo meccanismo puòdeterminare taluni effetti, formuliamo una previsione - quellache si definirebbe &quot;simulazione&quot; in termini fisico-matematici- di quel che può avvenire e che probabilmente avverrebbe serimanessero immutate le condizioni esistenti relativeall'attuale realtà dell'organizzazione criminale Cosa nostraed agli attuali e consolidati meccanismi psicologici degliuomini di questa organizzazione che decidono di collaborarecon lo Stato. Si tratta quindi di una previsione negativa,anche sul piano concettuale generale, dal momento chequalsiasi collaborazione non piena, non totale e non priva diriserve è sempre da considerarsi, appunto, un fatto negativo afronte di un impegno assunto dallo Stato nei confronti delcollaboratore. Anche alla luce degli indicati effetti negativi, se ilverbale di dichiarazioni preliminari assolvesse realmente aduna funzione utile di razionalizzazione, vi sarebbe materiaper un dibattito finalizzato a bilanciare il bene ed il maleed a stabilire in che misura migliorare e razionalizzare ilrapporto tra questi due aspetti. Ritengo tuttavia che, avendoriguardo al contenuto della proposta prevista dal comma 1dell'articolo 2, il verbale non assolva ad alcuna funzionepositiva ma, anzi, produca effetti negativi. In particolare,viene alterato virtualmente un principio di distinzione tra ipoteri dello Stato, che va salvaguardato anche se oggi, datele condizioni esistenti, non si produrrebbe comunque alcuneffetto negativo. Sta di fatto che noi dobbiamo ancheprevedere - così come facciamo - l'eventualità di falsipentiti, che ancora non conosciamo, e la possibilità di prassidegenerative. Sotto questo profilo, la previsione del verbale è negativaperché rischia di innescare un meccanismo assolutamente nonnecessario di conflittualità tra autorità giudiziaria ed

organo amministrativo, soprattutto per quanto attiene ai tempied ai modi di trasmissione del verbale stesso. Mi chiedo, peresempio, chi potrebbe avere da ridire sulla eventuale prassiapplicativa di una commissione che decida di non deliberaresulla proposta in attesa della trasmissione del verbale didichiarazioni preliminari. Quanto tempo, inoltre, potrebbedurare il conflitto tra l'autorità giudiziaria proponente, cheritenga che il verbale non possa essere inviato per esigenzeeccezionali, e la commissione, che dal canto suo ritenga dinon poter decidere in assenza di verbale? Inoltre, proprio per i motivi che ho cercato di indicare -spero con chiarezza -, almeno nei confronti dei collaborantidi Cosa nostra la previsione del verbale rischia di innescareun meccanismo psicologico di autocensura, così limitandogravemente la qualità e l'ampiezza della collaborazione. Sono questi gli aspetti fondamentali sui quali esprimiamoopinioni critiche. Quanto ad altre questioni, rinvioall'intervento del collega Antonio Ingroa, della direzionedistrettuale antimafia istituita nel nostro ufficio. PRESIDENTE. Per ragioni di tempo ed anche per ascoltarepiù voci, sarà forse più opportuno che intervengano prima irappresentanti di altre procure che non hanno ancora preso laparola. Poi su tutti i punti affrontati potranno magariintervenire il dottor Vigna ed il dottor D'Ambrosio. GIOVANNI TINEBRA, Procuratore della Repubblica diCaltanissetta. Gli interventi dei colleghi che mi hannopreceduto mi consentono di essere sintetico anche perché, pernon tediarvi, eviterò di affrontare argomenti sui quali ci siè già soffermati. Credo che il regolamento per la gestione dei collaboratoridi giustizia rappresenti l'epilogo di un certo tipo ditravaglio scaturito dall'esigenza di fornire una risposta aproblemi venutisi a delineare sempre più fortemente fin dalfortunato momento nel quale il prezioso strumento di lavororappresentato dalla collaborazione fornita da appartenenti adorganizzazioniPagina 773criminali si è venuto ad affermare come valido eproduttivo - nonché sempre in incremento - elemento diindagine e di prova processuale. Non più tardi dell'altro giorno ho riflettuto sulleproblematiche che ho avuto l'onore di esporre a Washington inoccasione della riunione del comitato congiuntoitalo-americano per la lotta alla criminalità organizzata,alla droga ed al terrorismo. Ebbene, ho riscontrato come granparte dei problemi che ebbi modo di segnalare in quellaoccasione come priorità da soddisfare tempestivamente, sedavvero la nostra intenzione era quella non solo di continuarea fruire in maniera utile dello strumento della collaborazionema anche di incrementare tale strumento, siano affrontati erisolti dal regolamento per la gestione dei collaboratori digiustizia. Non vorrei che ci si soffermasse troppo sugli

aspetti negativi e che si finisse quindi per ingenerare neinostri interlocutori la convinzione che il regolamento possarappresentare un fattore di decremento del fenomeno dellacollaborazione. Io mi schiero sicuramente dalla parte di chinon condivide tale valutazione. Il regolamento contiene molti spunti davvero interessantied importanti che consentono oggi di offrire nei terminigiusti a chi si avvii sulla strada della collaborazione pattichiari con lo Stato. Vi sono inoltre norme che consentono disuperare situazioni di impasse, come è quella sullaprotezione perpetua che, ad avviso del sottoscritto e di moltialtri, costituiva uno degli ostacoli al reinserimento delcollaboratore di giustizia nella vita normale, successivamentealla celebrazione dei processi ed al decorrere di un congruonumero di mesi o di anni dall'inizio del rapporto dicollaborazione. Non posso dimenticare che si è svolta recentemente unasorta di manifestazione impropria dei collaboratori digiustizia, i quali hanno chiesto che finalmente si desseconcretizzazione alla disciplina del cambio di generalità. Sitratta di un'esigenza che il regolamento ha soddisfatto: nonpossiamo quindi che plaudire, anche perché credo che lanormativa emanata in proposito sia del tutto - o almeno inmassima parte - condivisibile. Inoltre, che il provvedimento urgente del capo dellapolizia sia limitato nel tempo rappresenta un concetto checredo vada assolutamente condiviso: in particolare, penso chesei mesi rappresentino il tempo giusto perché si possaarrivare alla definizione di un programma di protezione neiconfronti di chi si accinge ad una collaborazione con lagiustizia o l'ha già posta in essere. Concordo inoltre sulla limitazione alla custodiaextracarceraria prima dell'approvazione del programma diprotezione, non fosse altro perché, pur trattandosi di unpalliativo, è comunque un rimedio che si pone per quantoconcerne il problema delle divisione tra custodia edinvestigazione, problema che, più vado avanti nel mio lavoro,più mi rendo conto che è assolutamente indefettibile. Eccoperché anche questo tipo di palliativo va accolto comerimedio. Non credo, del resto, che alcun collaborante si potràdolere di questo se saprà - quando ciò avverrà - che non è chenei suoi confronti si adotti un comportamento di maggiorediffidenza ma ci si limita invece ad applicare lo strumentonel modo in cui esso è disegnato. Il collaborante uscirà dalcarcere quando sarà approvato il programma di protezione equando si avrà la sicurezza che egli meriti un certo tipo diintervento da parte dello Stato. La limitatezza temporale del programma - lo ribadisco - mipare assolutamente condivisibile. Non voglio fare riferimentoalle legislazioni a noi vicine che ci hanno ispirato, mavorrei ricordare che in America la protezione è addiritturalimitata ad un periodo di tempo davvero irrisorio se lo si

confronta con i nostri tempi processuali. Si tratta di unaprevisione che può andare bene in quella realtà ma non nellanostra. E' anche vero che dobbiamo porci il problema delcollaboratore (scusatemi, non voglio fare retorica, ma credodi dire cose assolutamente lapalissiane), il quale è un uomoche, a meno che non sia un soggetto psicologicamente tarato,ha la tendenzaPagina 774di tornare a vivere una vita &quot;normale&quot; in un altroposto, con un altro nome, con un altro lavoro. Il programma diprotezione non può fermarsi, come previsione di intervento,solo all'assistenza economica; deve nel tempo proiettarsi inuna prospettiva di reinserimento nel mondo del lavoro.Ovviamente quando il collaboratore di giustizia avrà un lavoroed una generalità diversa, lo Stato potrà chiudere i rubinettie consentirgli di gestirsela da solo. Questo secondo me è unmaggior incentivo alla collaborazione, non è undisincentivo. La custodia differenziata a mio avviso va di pari passocon quanto ho detto circa la limitazione della custodiaextracarceraria al momento successivo all'approvazione delprogramma di protezione. Per quanto concerne il contenuto del decreto riservato,noi della piccola procura di Caltanissetta (la nostra è unaprocura molto piccola, nella quale di grande abbiamo solo iproblemi) dal basso della nostra modestia diciamo che anche ilcontenuto del decreto riservato ci sembra assolutamentecondivisibile ed accettabile. Anzi, personalmente io sonomolto contento perché determinate pretese o aspettative daparte di alcuni nostri importanti collaboratori di giustiziaforse potranno essere finalmente soddisfatte. Passiamo al punctum dolens, tanto per usareun'espressione latina ripetuta fin troppe volte. Fermorestando che condivido perfettamente il concetto secondo ilquale bisogna fare uno screening molto attento deicollaboratori di giustizia, e lo screening va effettuatoda qualcuno, è anche vero che, almeno per quanto riguarda dueo tre punti fondamentali (di almeno uno di essi vi parlerà ilcollega Giordano, che è molto più preparato di me) a mioavviso è assolutamente condivisibile la teoria - che poi inrealtà è un dato di fatto, una considerazione - secondo laquale noi abbiamo un regolamento, quindi una fonte normativasecondaria, che in alcuni punti si pone in contrasto con unafonte normativa primaria quale la legge. E' questo, insintesi, il problema che oggi vi è stato delineato. Noiabbiamo una normativa regolamentare che ci impone di violareil segreto di indagine, a fronte di una normativa primaria checi dice quali sono le sole ipotesi nelle quali ci è consentitodi derogare al segreto di indagine. La normativa secondaria ciconsente di derogare ad una norma eccezionale, quale quella dicui all'articolo 118 del codice di procedura penale che ci

prescrive di mandare al ministro, quando in determinati casice lo chieda, copia di atti, obbligandoci ad inviarli anchealla commissione. Il punto è tutto qui. Potremmo parlare fino a domani sulcome e sul perché, ed in questo modo noi magistrati ciimmetteremmo in un campo, quale quello delle scelte politiche,al quale siamo assolutamente estranei e vogliamo restareestranei; ma il problema esiste. Ritengo allora che dovremmoporci degli obiettivi, dei traguardi, sia pure minimali maimportanti, perché la democrazia e tutti i suoi accessori sicostruiscono giorno per giorno. Credo che sia importanteintanto confrontarci in una sede più ampia che potrebbe essereorganizzata dalla Commissione antimafia, quale un forum tra leprocure distrettuali e molte procure ordinarie e lacommissione centrale di protezione. In quella sede dovremmocercare di far emergere uno schema di prassi applicativa diquesta norma regolamentare, fermo restando che anche questo èun palliativo: credo che la soluzione del problema debbavenire dal legislatore, il quale solo ci potrà dire se questoregolamento, nella parte in cui innova la legge, deve essereosservato o meno. Cerchiamo di individuare una prassiapplicativa che intanto - visto che dobbiamo usare questostrumento - ci consenta di procedere senza l'assillo dellaprospettiva della violazione di questa o quella norma aseconda che ci si comporti in un modo o nell'altro. FRANCESCO PAOLO GIORDANO, Procuratore dellaRepubblica aggiunto presso il tribunale di Caltanissetta.Mi limito a ribadire che l'interesse generale che perseguonogli uffici delle direzioni distrettuali antimafia è sempreapprezzabile quando, sia sul piano amministrativo siaPagina 775sul piano legislativo, gli organi istituzionali emananoregole chiare, nitide, che possono servire ad orientare icomportamenti e le prassi in maniera uniforme e tale daevitare possibili discrasie o possibili inconvenienti (lecosiddette prassi degenerative che sono state moltoefficacemente rappresentate dal procuratore Vigna). E' ancheassolutamente apprezzabile dire che per certi versi questaregolamentazione attua le finalità della protezione, comediceva egregiamente il collega D'Ambrosio, perché certamentela commissione deve essere posta in grado di decidere se sitratti di un pentito, se si tratti di un pentito di un certospessore o di uno che vuole semplicemente lucrare i beneficipremiali. Detto questo, credo che tali regole debbano comunqueessere emanate, nel rispetto del quadro dei principicostituzionali che regolano i rapporti tra l'amministrazione ela giurisdizione. Naturalmente mi guardo bene dal dirlo conspirito di polemica, che è ben lungi da me; lo faccio soltantoper dare una testimonianza di verità, perché evidentemente nonpossiamo sempre trincerarci dietro argomenti che anche quandosono abbastanza convincenti possono rivelarsi come comodi

alibi. Quello che voglio dire in particolare è che a me, alnostro ufficio, non pare che questo regolamento possa avere lalegittimazione di prevedere specificamente il parere delprocuratore nazionale antimafia. Certamente quello di valutareda una posizione di coordinamento, da una posizionecomplessiva di raccolta di notizie, l'attendibilità di uncollaborante è un problema reale; però tutto questo, se lo sivoleva fare, lo si doveva fare attraverso un provvedimentolegislativo, perché a mio giudizio questo parere finisce colmodificare il codice di procedura penale, soprattutto laddove,all'articolo 371-bis, prevede le competenze e leattribuzioni del procuratore nazionale antimafia. Non solo, ma in un campo in cui occorrerebbe concordia esoprattutto celerità e snellezza di procedure questoregolamento rischia di produrre lungaggini, un aspetto diburocratizzazione e possibili conflittualità. La legge hadisegnato la procura nazionale antimafia come un organo disupporto delle direzioni distrettuali antimafia, come unorgano di coordinamento, di raccolta e di smistamento dati, macertamente non prevede questa possibilità di attribuire unafunzione consultiva in questa materia. Si è detto che però inaltri campi esercita questa stessa funzione, per esempionell'ambito dell'articolo 41-bis. Mi permetto diobiettare che vi è una profonda differenza tra i due settori,cioè tra la valutazione in ordine alla possibilità disottoporre un detenuto al regime speciale di cui all'articolo41-bis e la valutazione circa l'attendibilità, lospessore, l'importanza del contributo del collaborante.Certamente quest'ultima valutazione è squisitamentegiurisdizionale e quindi su questo versante non vi possonoessere e non vi dovrebbero essere commistioni osovrapposizioni di alcun genere. Il rischio è che lacommissione centrale finisca, per effetto di questoregolamento, col divenire un organo di supervisione dellacollaborazione, ossia un organo che non si limita a prendereatto, a registrare valutazioni di tipo giurisdizionale deisingoli uffici del pubblico ministero e delle direzionidistrettuali antimafia, ma finisca con il dare unarielaborazione al materiale che man mano affluisce allastessa. Mi sembra che ciò sia, in qualche misura, non conformea quanto era stato previsto nella legge n. 82 del 1991. Da parte di chi è intervenuto per illustrare il quadrodella commissione centrale si è obiettato che certamente ilprocuratore nazionale antimafia, la Direzione nazionaleantimafia non potevano non interloquire in una materia cosìimportante quale è quella delle collaborazioni dei pentiti. Siè anche fatto riferimento all'entrata in vigore della leggeistitutiva della procura nazionale antimafia, successiva aquella della legge n. 82 del 1991. Si tratta di un argomentoche solo apparentemente è esaustivo e convincente perchésappiamo tutti che altre leggi, in particolare la legge n. 356

del 1992 a cui pure è stato fatto riferimento, sonointervenute modificando in alcune parti proprio la legge n.82.Pagina 776Quindi, se il legislatore avesse voluto attribuiredeterminate competenze lo avrebbe fatto nella sede propria. In conclusione, scusandomi per aver sottratto del tempo adaltri interventi, vorrei sottolineare come questo regolamentoaffronta dei problemi reali, problemi a cui ci troviamodinanzi tutti noi che lavoriamo nel quotidiano, che avrebberomeritato uno spazio da parte del legislatore, del Parlamento.Dunque il rischio è che questo spazio sincopato a livelloamministrativo finisca con il complicare e il confonderedeterminati aspetti. MANLIO MINALE, Procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Milano. Mi limiterò ad un breveintervento condividendo totalmente quanto detto dalprocuratore Lo Forte. Vorrei aggiungere (con pragmatismo meneghino che mi vienedalla permanenza a Milano e non dal luogo di origine) chenessuno degli inconvenienti denunciati dai colleghi D'Ambrosioe Vigna troverebbe soddisfazione e risposta nella trasmissionedella dichiarazione di intenti. Anzitutto premetto che, per quanto riguarda la direzionedistrettuale di Milano, non abbiamo avuto mai alcun problemacon la commissione. Quest'ultima, in base all'articolo 10, hasempre lavorato - per quanto ci riguarda - egregiamente;qualche problema, invece, lo abbiamo avuto con il serviziocentrale di protezione. Guarda caso, però, si è intervenutinei confronti della commissione che lavorava ottimamente, manon si è intervenuti sul servizio centrale che rappresenta ilpunctum dolens. Quali sarebbero gli inconvenienti? Secondo D'Ambrosio leproposte sarebbero generiche; si tratta di un'osservazionesuperata dalla normativa che prevede una proposta articolata.Quanto poi all'osservazione sul numero eccessivo dei parenti,non credo che la questione possa essere risolta né dalladichiarazione di intenti né dalla proposta, è infatti unaquestione concernente un'opera di sfrondamento e divalutazione da parte della commissione. Quanto alle lamentelefatte dal procuratore Vigna riguardanti le prassi degenerativequali l'adozione di misure urgenti senza la proposta, debbodire che anche in questo caso il verbale non è di aiuto. Inparticolare, in ordine alla osservazione sulla prassi di nonoffrire indicazioni sulla attendibilità delle dichiarazioni,ritengo che essa sia superata dal 1^ comma dell'articolo 2. Relativamente alla questione dei falsi pentiti, miricollego a quanto detto dal procuratore Lo Forte. Il verbaledi per se' non risolve il problema perché la valutazione,ovviamente, è del pubblico ministero proponente. In ordine poi all'allegazione di informative da partedella polizia giudiziaria, la commissione potrà rigettare tali

proposte e il verbale non sarà d'aiuto su questo punto. Ne consegue che gli inconvenienti lamentati nontroverebbero risposte nel rimedio che viene prospettato, ossiaquello della dichiarazione di intenti. In effetti, a miogiudizio, con la dichiarazione di intenti si è volutoaffrontare un problema reale in una sede non propria; miriferisco al problema del primo contatto del pubblicoministero con il collaborante. Presso la procura di Milano (ma ciò accade anche inmoltissime altre procure), tale dichiarazione viene giàraccolta, perché il primo verbale non è altro che un programma- né può essere diversamente - su tutti i fatti sui quali siinterverrà. E' infatti nostra esigenza conoscere quanto menola zona di influenza, la natura dei fatti, i rapporti e igruppi per poter procedere ad un interrogatorio cognito,in modo tale che ciò possa costituire non tanto unaregistrazione quanto un vero e proprio interrogatorio. E' vero quanto dice il procuratore Vigna, ossia chel'attualità del pericolo va valutata in relazione alledichiarazioni, però non vi è motivo per non riteneresufficiente una proposta articolata e motivata, come vienenormalmente fatto a Milano. Del resto il pubblico ministero hainteresse al programma e pertanto la proposta sarà semprearticolata e motivata. Ciò per quanto riguarda l'aspettopragmatico. PerPagina 777quanto riguarda quello giuridico, nulla dirò sulla gerarchiadelle fonti, perché è evidente che il legislatore ha rimessoal regolamento soltanto determinati aspetti, escludendo laproposta in quanto essa è strettamente regolata dalla legge.Ma dirò di più: il regolamento non può &quot;espropriare&quot; ilpubblico ministero della facoltà di avanzare la proposta e dieccitare la commissione. L'esigenza di razionalizzazione, cuifaceva riferimento il procuratore nazionale antimafia Siclari,ha finito con il creare problemi tra il pubblico ministero ela commissione. Questo era uno dei pochi settori dove primanon vi erano problemi! E' vero che nella parte programmaticadel decreto ministeriale si parla di un intervento sullemodalità della proposta (ed è già un inserimento che non trovarispondenza nella legge), ma la modalità della proposta nonpuò spingersi sino al punto di prevedere una condizione diammissibilità della proposta stessa. In altre parole, facendouna piccola digressione nel diritto amministrativo, lapubblica amministrazione può senz'altro imporre un onere alcittadino o ad altri rami della pubblica amministrazione, manon può porre una condizione che si presenti come essenziale equindi neghi la facoltà riconosciuta dalla legge. Il pubblico ministero, in base alla legge, non può essereespropriato di questa facoltà da alcuna commissione. In altreparole, io ho la facoltà di eccitare la commissione con unamia proposta, perché secondo la legge io devo formulare unaproposta motivata e la commissione deve provvedere.

Quest'ultima potrà dirmi che dovrò presentarla in carta dabollo, ma non mi può porre condizioni che impediscanol'&quot;ingresso&quot; della mia proposta e il suo esame di merito. Cosa accadrà quando noi presenteremo delle proposte, vistoche non potremo certamente violare l'articolo 329? Il decretoministeriale, come ha ben detto il procuratore Tinebra, nonpuò autorizzarmi a violare il segreto istruttorio; ciò lo puòconsentire soltanto la legge e l'ha fatto prevedendol'articolo 318. Dunque, quando noi presenteremo ancora unavolta la proposta senza la dichiarazione di intenti (che purec'è, in quanto noi la raccogliamo, anche se purtroppo nonpossiamo trasmetterla) e senza avvalerci della clausola diriserva, cosa farà la commissione? La dichiareràinammissibile? Sono questi i problemi creati da un decreto cheavrebbe dovuto razionalizzare la materia. Un settore chemarciava bene, rischia di procedere con affanno! Se lacommissione dovesse dichiarare inammissibile la nostraproposta, non so presso quale organo dovremmo presentarericorso; la procura di Napoli ha elencato una serie di rimediche, purtroppo, dovremo esperire. Come si possono conciliare le due cose? Se, in alcunicasi, la commissione dovesse ritenere necessarie determinatedichiarazioni per poter commisurare il pericolo, e non dovesseritenere sufficiente quanto esposto nella motivazione,prenderà contatti con le procure e scioglierà i suoi dubbi conle opportune intese, come avviene nei rapporti dicollaborazione tra autorità diverse, e tra amministrazione egiurisdizione. Mai, però, il decreto ministeriale può porreuna condizione di ammissibilità di una proposta checostituisce una facoltà riconosciuta e regolata dalla legge.Infatti, essa prevede che il pubblico ministero elabori laproposta motivata, con una regolamentazione completa, el'amministrazione può porre soltanto oneri aggiuntivi che nonpossono però impedire di eccitare la commissione, che deveesaminare tale proposta nel merito. Per quanto riguarda l'esigenza di una razionalizzazione,vorrei sottolineare che siamo passati dall'epoca dellasinergia a quella del coordinamento, e adesso entriamo nellafase della razionalizzazione; in realtà, non vi è alcunarazionalizzazione nell'obbligo di trasmettere la dichiarazionedi intenti. Ritengo che il parere del procuratore nazionale sia unfuor d'opera, perché potremmo ammettere un suo parere soltantose la procura nazionale fosse sovraordinata ai pubbliciministeri, altrimenti sarebbe lo stesso ufficio del pubblicoministero ad esprimersi due volte: quello proponente, e quelloche ha tutte le conoscenze.Pagina 778Il procuratore nazionale antimafia verrebbe eccitatodalla commissione, che dovrebbe stabilire se da quelledichiarazioni possono scaturire indagini collegate e, quindi,chiederne il parere. Non possiamo assolutamente riconoscere

questa valutazione alla commissione, perché se sussistonoindagini collegate o meno è una valutazione nostra, non dellacommissione, altrimenti essa diventerebbe, come sottolineavail collega Giordano, un organo di valutazione delledichiarazioni dei collaboranti. Esprimo ora una considerazione personalissima; attraversoquesto meccanismo la commissione dovrebbe trasmettere alprocuratore nazionale i verbali; sono convinto (e rimangoconvinto) che l'articolo 117 impedisce alla procura nazionalel'accesso agli atti d'indagine, permesso soltanto al modello21 ed alle banche dati. Questa è la lettera della legge. BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. E'una convinzione molto personale. PRESIDENTE. Abbastanza diffusa, però... MANLIO MINALE, Procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Milano. Per quanto riguarda la partedel regolamento relativa alla revoca, bisogna dare atto aicolleghi che essa è certamente puntigliosa, ma ben redatta,così come altri suoi aspetti. Il punto sul quale insisto, perché so che domani mattinasi creerà un problema, è se la commissione possa espropriareil pubblico ministero della facoltà di eccitare la commissionee di richiedere l'esame nel merito di una sua propostamotivata, così come previsto dalla legge. Questo è un problemasul quale bisogna rispondere e non ci sono forum chetengano, che ci troveremo ad affrontare - ripeto - domanimattina. Dico subito che la procura di Milano continuerà apresentare una proposta motivata, così come la legge prevede,ed è pronta a dare alla commissione tutte le informazioni cheriterrà, ma non l'allegazione. FRANCO MARZACHI', Procuratore della Repubblicaaggiunto presso il tribunale di Torino. Aggiungo alcuneconsiderazioni di carattere generale. Non vi è dubbio che ildecreto che ha approvato il regolamento lo attendevamo datanto tempo e lo avevamo sollecitato; esso tiene certamenteconto anche di molti suggerimenti e proposte avanzate dagliuffici periferici. Dico ciò sulla base di un'esperienzapersonale e diretta maturata in un ufficio che, pur nonessendo, ovviamente e neanche lontanamente, da paragonare,quanto a questi problemi e all'esperienza maturata in materiadi trattamento di pentiti, di lotta alla criminalità certo nondi Cosa nostra, ma di stampo mafioso, ad altri importantiuffici, come quelli di Palermo, Caltanissetta e Napoli,tuttavia trae la sua esperienza da un trattamento unitario diquasi un centinaio di pentiti, per un periodo di circa ottoanni. Abbiamo visto sorgere il fenomeno, siamo arrivatiall'approvazione della legge n. 82 del 1991 e, finalmente,alle attuali regolamentazioni, che cercano di porre ordine inquesta materia e di razionalizzare i rapporti tra gli ufficidella procura e l'organismo centrale della commissione. In linea di massima, su questo regolamento esprimo una

valutazione ampiamente positiva; però non dispongo del testodell'altro regolamento (tanto riservato che lo conosco nellaformulazione precedente, quella non ufficiale, di cui mi erastata promessa una copia, che spero di ricevere quanto prima,ma non ho collegamenti diretti con i gabinetti dei ministricompetenti), ma solo di alcune anticipazioni. Trarremo,quindi, il suo contenuto, dalle prassi applicative che vedremomaturare di giorno in giorno, ma escludo, nella maniera piùassoluta, che con questo regolamento - ormai è una convinzione- si sia voluto svolgere, di fatto, anche senza convinzione inquesto senso, un'opera deflattiva nel settore dellacollaborazione. Ritengo che l'opera deflattiva più rilevanteemerga, di fatto, dal cattivo funzionamentoPagina 779del Servizio centrale di protezione, perché a lungoandare, se non si metterà mano, come credo si stia facendo(almeno queste sono le intenzioni che abbiamo percepito), aduna riorganizzazione e ristrutturazione e ad un cambiamentodella mentalità operativa del Servizio centrale, è inutilediscutere oggi del regolamento, perché i pentiti finiranno diessere tali per altre ragioni, come già verifichiamo di giornoin giorno. Vi sono pentiti che tratteniamo dal rinunciare alprogramma di protezione, perché sono stufi del trattamentoloro riservato quotidianamente. Con queste premesse vorrei soltanto formulare alcuneosservazioni, frutto della mia diretta esperienza. Non vi èdubbio che noi magistrati degli uffici del pubblico ministero,in qualche caso, abbiamo anche abusato delle richieste diprogramma di protezione, a ciò costretti dal tipo dimeccanismo che si è instaurato con la legge n. 82 del 1991.Voglio poi accennare ad una recentissima sentenza della Cortedi cassazione, che spero apra molte prospettive, anche se ilcollega Vigna non ne è probabilmente convinto. Come dicevo,siamo stati spesso costretti a chiedere programmi diprotezione, anche in casi in cui avremmo potuto farne a meno,e risolvere taluni problemi di sicurezza in sede locale perconsentire l'accesso, ex punto 3 dell'articolo 13-terdella legge n. 82, in deroga ai normali termini per l'accessoalle misure alternative alla detenzione previstedall'ordinamento penitenziario. E' invece recentissima lasentenza della prima sessione della Corte di cassazione - nonso che seguito avrà in altre applicazioni successive, né soquale atteggiamento assumeranno gli uffici di sorveglianza inrelazione ad essa - che consentirebbe l'applicazione, anche inderoga, delle misure alternative in presenza soltanto delleprevisioni dell'articolo 58-ter, cioè in presenza di unriconoscimento formale della collaborazione prestata daldetenuto. Se così fosse, la commissione sarebbesostanzialmente alleggerita da tanto lavoro che noi letrasmettiamo. Quanto al contenuto del regolamento, non risulta ancorachiaro quali siano le misure ordinarie non sufficienti, quali

provvedimenti adottati in sede locale possano essereconsiderati sufficienti o meno e da chi siano stati assunti,posto che in sede locale manca una struttura a ciò deputata.Si dirà che di ciò si sono occupate le prefetture, maconosciamo prefetture che non vogliono neppure sentir parlaredi un problema del genere, mentre sappiamo che in altre zone -e dobbiamo dare atto che in Piemonte ciò si è verificato - siè di fatto creata una struttura non alternativa, ma disupporto al Servizio centrale di protezione, la cui attività,a detta di quest'ultimo, verrà tenuta presente nel caso diun'estensione dell'esperienza maturata. Mi chiedo, insomma,quando simili adempimenti siano attuabili in sede locale equando no, perché noi saremmo contenti se si potesse fare ameno di chiedere un programma di protezione e ciò dipenderàanche dalla misura in cui la giurisprudenza creata dalla Cortedi cassazione potrà trovare ingresso in una futura riformadella legge n. 82 del 1991. Non vi è dubbio che esistono problemi pratici i qualipotranno essere risolti - ed ho fiducia che lo saranno - da uncostante ottimo rapporto - che peraltro non è mai mancato inpassato - tra la commissione e la procura della Repubblica.Non è affatto strano, infatti, che la commissione in qualchecaso ci richieda ulteriori delucidazioni, soprattutto perrendersi conto della gravità e dell'attualità del pericolo.Direi, però, che valutazioni di questo genere sono in reipsa: il fatto stesso che un collaboratore abbia compiutoun tale passo crea problemi che assai raramente possono essererisolti in sede locale, perché richiedono l'intervento dellacommissione e quindi l'adozione di un programma. Un aspetto che però mi lascia perplesso è quello relativoal momento in cui possiamo chiedere la detenzioneextracarceraria, perché la necessità di un simileprovvedimento si presenta con estrema urgenza in alcuni casieccezionali, che debbono rimanere tali. Ritengo, anzi, chediventeranno tanto più eccezionali quanto più il Ministero digrazia e giustizia e l'amministrazione penitenziariariuscirannoPagina 780non solo a strutturare un numero maggiore di sezioni percollaboranti, ma soprattutto a dotarle di personalepsicologicamente preparato al trattamento di questo tipoparticolare di detenuti. La necessità di simili provvedimentiperò, dicevo, si presenta proprio nel momento in cui ilcollaboratore, trovandosi in una struttura carceraria, iniziaanche soltanto ad incontrarsi con il magistrato: in quellostesso momento, infatti, &quot;radio carcere&quot; ha già segnalato chequel soggetto si è incontrato una o due volte con ilmagistrato, senza una giustificazione particolare. Pertanto,inserire immediatamente quel personaggio in una struttura perpentiti, oltre ad essere imprudente per ragioni di ordineopposto, non ovvierebbe neppure al pericolo - che pure esiste- che si affermi che egli abbia ricevuto suggerimenti non

dalle forze di polizia giudiziaria alle quali è affidato, maaddirittura dagli altri detenuti pentiti che si trovavanoall'interno della particolare struttura loro destinata. Mirendo conto, quindi, che la soluzione a tanti problemi potràderivare soltanto dalla prassi giornaliera con cui sapremoimpostare le varie questioni. Sottolineo ancora la necessità dell'emanazione del decretointerministeriale previsto dall'articolo 13-ter, comma4, anche se, secondo quanto ci è stato assicurato, sembra siaormai pronto. Vi sono collaboratori che, grazie anche ad unforte spirito di iniziativa della commissione, sono statimandati all'estero e che, in base a provvedimenti dell'ufficiodi sorveglianza, stanno per essere affidati in prova alservizio sociale; ma dal momento che si trovano all'estero nonsi sa quale servizio sociale potrà seguirli e con qualimodalità. PRESIDENTE. A quanto pare, tale problema dovrebbe esserein parte risolto dal testo del regolamento riservato cui èstato fatto cenno. FRANCO MARZACHI', Procuratore della Repubblicaaggiunto presso il tribunale di Torino. Benissimo. Credoche i pericoli che sono stati indicati a proposito delladichiarazione di intenti possano essere superati attraversol'applicazione delle norme di salvaguardia che lo stessodecreto ministeriale contiene (ma di questo aspetto sioccuperà più specificamente il dottor Maddalena). Desidero sottolineare che nutro qualche preoccupazione perquanto riguarda il parere obbligatorio, anche se nonvincolante, della direzione generale delle carceri circa ladetenzione extracarceraria. Una simile previsione non ècompatibile con l'urgenza assoluta che in taluni casi puòmanifestarsi e che quindi rende necessario un interventoimmediato. A titolo strettamente personale affermo che non miscandalizza l'ipotesi del parere richiesto al procuratorenazionale antimafia: è chiaro che si tratta di un settore chesi trova al limite tra la legislazione primaria e quella disecondo grado, però è anche vero che appare determinante ilfatto che la procura nazionale antimafia sia stata creata conuno strumento legislativo successivo. Se è vero che taleprocura ha avuto tra i suoi poteri anche quello di effettuareun coordinamento tra le procure distrettuali, è chiaro che unasimile attività non si può realizzare senza avere un minimo diinformazioni. Pertanto, insisterei sull'opportunità che tuttigli uffici non soltanto inviino il più rapidamente possibilela sintesi o i verbali integrali degli interrogatori deicollaboratori, ma soprattutto segnalino alla procura nazionaleantimafia i casi in cui una discovery anticipata oritardata di un collaboratore di giustizia possa, al di làdelle intenzioni, cagionare un danno ad un'altra procuradistrettuale antimafia, sulla cui attività il singolocollaboratore sia in grado di dare notizie. Ritengo, quindi,

che qualcosa vada fatto per introdurre il parere cui si èfatto cenno, che peraltro non è vincolante, ma in un certosenso andrebbe ad aggiungersi positivamente alla richiesta delprocuratore della Repubblica. MARCELLO MADDALENA, Procuratore della Repubblicaaggiunto presso il tribunale di Torino. Credo che, conriferimento al regolamento di cui ci stiamo occupando, sianecessario distinguere tra gliPagina 781aspetti formali e quelli sostanziali, perché ritengo chealcuni dei rilievi formali che sono stati mossi sianoprobabilmente esatti, ma nella sostanza non abbiano grandeimportanza. Mi riferisco, per esempio, al fatto che sia statoprevisto il parere del procuratore nazionale antimafia.Probabilmente sarebbe stato meglio se la previsione di taleparere fosse stata inserita con norma di legge, anziché diregolamento, ma personalmente non mi scandalizzo per il fattoche il procuratore nazionale antimafia debba esprimere unparere in ordine all'ammissione di un determinato collaboranteal programma di protezione. Conoscendo anche la persona che inquesto momento - ma mi rendo conto che il problemaistituzionale è un altro - riveste tale incarico, credo che ingenere ciò servirà a rafforzare le richieste provenienti dalleprocure; in ogni caso, spero che sia così quando la richiestaverrà dalla procura della Repubblica di Torino. Si tratteràquindi di un parere ad adiuvandum, non di un parerecontrario. Forse era preferibile una legge, ma non mi parequesto il punto centrale. Mi rendo conto invece del problema più rilevante e che inrealtà - lo dico in termini brutali perché sono abituato adagire in questo modo - è sottostante a tutta questadiscussione: esiste un sospetto reciproco, quello deimagistrati nei confronti degli organi politici oamministrativi e quello dei politici nei confronti deimagistrati e degli organi giudiziari, che è alla base di tuttoil &quot;gioco di fioretto&quot; effettuato su tale normativa. Lo dicochiaramente: evidentemente il magistrato, in forma più o menolarvata, ha il sospetto che alla base di tutta una serie dinormative introdotte per acquisire atti, informazioni, notiziee pareri in deroga all'articolo 118 (sicuramente vieneampliato il numero dei destinatari di notizie che dovrebberorestare segrete) vi sia la volontà di intervenire venendo aconoscenza di cose che dovrebbero restare riservate. Vi èl'idea che venga effettuata una valutazione all'interno diquella giudiziaria, cioè una valutazione di attendibilità diuna determinata persona, fatta magari incidendo negativamentenel processo, da parte di una commissione amministrativa.Infatti, qualora la commissione amministrativa non ritenga diconcedere il programma di protezione ad un certo collaboranteperché a suo parere dice delle sciocchezze, ciò siripercuoterebbe sicuramente sul processo nel quale invece ilmagistrato presenti quel collaborante come testimone ritenuto

attendibile. Proprio per tale ragione - perché ciò è alla base delsospetto - forse il ministro che ha adottato il provvedimentoavrebbe fatto bene, rendendosi conto di questo pericolo -definiamolo così - di immagine, ad evitare ciò che in realtàpuò accentuare tale impressione. A cosa mi riferisco? Non èche io sia pregiudizialmente contrario alla dichiarazione diintenti e che veda in essa dei gravi pericoli, però non nevedo l'indispensabilità, cosa ben diversa; la realtà di tuttii giorni ci pone di fronte a situazioni varie, diverse e nonfacilmente inquadrabili in schemi. Per quanto riguarda la miaesperienza, spesso una persona si decide a collaborareprogressivamente, senza neanche dichiarare espressamentel'intento di fare rivelazioni. Spesso si tratta di unacollaborazione che avviene man mano nella sede giudiziaria; ilmagistrato riceve una dichiarazione, ma a me non è chiaro sesia o meno utilizzabile processualmente, se si tratti o menodi un compito amministrativo che viene svolto dal magistrato.Ma se in quella sede vengono rese affermazioni importanti,perché non utilizzarle processualmente? Qualche perplessità - debbo dirlo - sotto questo profilola nutro; infatti, posto che - e su questo sono d'accordo conil collega Minale - all'autorità giudiziaria spetta laformulazione della proposta, la commissione può richiedereatti e quanto ritenga, ma credo - e forse andrebbe detto piùchiaramente - che debba essere nel potere del magistrato, comeavviene nel caso del ministro dell'interno, non trasmetterliquando ritenga che siano di particolare delicatezza. Ritengoche la commissione possa chiedere - e ciò dovrebbe essere resochiaro - delle integrazioni, degli atti, delle informazionianche al procuratorePagina 782nazionale antimafia; per esempio, l'utilità del pareredi tale procuratore si riscontra a mio giudizio nel caso incui egli affermi l'esistenza di diverse valutazioni da partedi differenti autorità giudiziarie. Che almeno questo ilprocuratore nazionale antimafia lo possa dire! Diverso sarebbeil caso in cui il procuratore - ma qui esiste un problema dicostume, di correttezza, di prassi, tutto un sistema dacostruire - esprimesse, pur avendo tutte le autoritàgiudiziarie espresso un giudizio di attendibilità, un parerediverso; in questo caso nascerebbe qualche problema, macomunque a decidere sarebbe la commissione. Pertanto, ilproblema non è rappresentato dai pareri. Per quanto riguarda l'interesse ad inquadrare tutto ilpersonaggio, occorre stare attenti; ciò deve essere fatto finoal punto necessario per l'adozione del programma di sicurezza;può darsi che alcune persone non abbiano detto tutto, ma ilnostro sistema, diverso da quello americano, perché è fondatosull'obbligatorietà e non sulla discrezionalità dell'azionepenale, mal si adatta alla scelta di chi procede, che decidese, quando, come e di chi avvalersi. Nel nostro sistema le

dichiarazioni che vengono rese, considerate o menoattendibili, comunque devono essere riscontrabili nelle carteprocessuali. Io ritengo sufficiente una richiesta motivata; intale motivazione diciamo che sono state rese certeaffermazioni che secondo noi giustificano ampiamente ipericoli e le conseguenze cui una persona può andare incontro,anche se non aggiungiamo altro (tutt'al più sarà lacommissione ad affermare che tutto ciò non è sufficiente). A mio giudizio va eliminata l'impressione, che puòscaturire, di voler costruire un giudizio di attendibilità odelle cognizioni al di là del segreto dell'indagine. Sonoconvinto che si tratti di problemi risolubili in buona partecon la prassi e magari con la riscrittura di qualche normativadel regolamento. Voglio soffermarmi su un punto a proposito del quale, perla mia personale esperienza, ho forse una visione parzialmentediversa rispetto a quanto detto da altri. Mi riferisco allacustodia extracarceraria. Premesso che è difficile parlarnesenza conoscere il regolamento segreto o riservato cheriguarda la nuova regolamentazione penitenziaria... PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica diFirenze. No, non c'è ancora. MARCELLO MADDALENA, Procuratore della Repubblicaaggiunto presso il tribunale di Torino. Non c'è ancora.Però è difficile, da parte di chi non conosce, dare unavalutazione complessiva. Giustamente, il procuratore Vignasottolinea che nel fare le osservazioni bisogna tener contoanche di quello. Però, noi possiamo tener conto solo di ciòche conosciamo, perché è difficile tener conto di ciò che nonconosciamo. Orbene, pongo il problema in questi termini. A mio avviso,per quella che è stata l'esperienza personale o, per lo meno,per il superamento di certi ostacoli non del tutto infondati,è fondamentale proprio il fatto che il soggetto, nel momentoin cui collabora, sia tenuto fuori dal circuito carcerario, aprescindere dal fatto che esso sia formato da irriducibili.Credo non ci sia bisogno che spieghi perché non può avvenirenelle carceri italiane - spero italiane - una collaborazionedentro gli istituti penitenziari, ma anche in sezionispecializzate per pentiti. Infatti, si pongono due tipi diproblemi: quello del rapporto con altri pentiti, perché puònascere la tentazione di mettersi d'accordo per darsi una manol'uno con l'altro al fine di ottenere un'attendibilitàreciproca (il riscontro), e quello dei dubbi sul fatto che ledichiarazioni siano state influenzate proprio dalla comunanzacarceraria con altri pentiti. Credo poi di dover dire allaCommissione parlamentare antimafia che le strutturepenitenziarie italiane, in base alla mia esperienza in questosettore - esperienza di questi giorni e di questi mesi - nonsono in grado, per parte del personale che opera al lorointerno, di garantire quella corretta amministrazione che èindispensabile in cose di tanta delicatezza.

Pagina 783 PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica diFirenze. Non si può ragionare così! MARCELLO MADDALENA, Procuratore della Repubblicaaggiunto presso il tribunale di Torino. Devo dirti che nelcarcere abbiamo arrestato il maresciallo comandante... PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica diFirenze. Allora, se si procede con queste esemplificazioni,bisogna ricordare che sono stati arrestati 45 carabinieri, 62poliziotti... MARCELLO MADDALENA, Procuratore della Repubblicaaggiunto presso il tribunale di Torino. Proprio per quelloche mi stai dicendo, voglio dirti che le soluzioni migliori o,per lo meno, da perseguire nei limiti del possibile, sonoquelle che pongono il collaborante, almeno fino al momento incui le sue dichiarazioni formano prove, il più possibile acontatto con il minor numero di persone. Sono d'accordo suicarabinieri, ma non si può parlare di sezioni dove vi sono glialtri pentiti, perché questo sarebbe un rimedio peggiore delmale. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica diFirenze. Proprio a questo serve la dichiarazionepreliminare: a non mandarlo con quelli che parlano dellestesse cose. PRESIDENTE. Nel corso della replica, il ragionamentosarà forse più chiaro. MARCELLO MADDALENA, Procuratore della Repubblicaaggiunto presso il tribunale di Torino. Dico subito che ame piacciono le soluzioni che favoriscono l'isolamento. Vignaha ragione quando afferma che non vuole che il pentito siagestito dall'inquirente perché si creerebbe un altro problema.Ma proprio per questo voglio soluzioni che in questa fasegarantiscano il più possibile l'isolamento. Non credo ci sianiente di male e di scandaloso nel fatto che lo Stato abbia lapossibilità di ricorrere ad alternative e che tra queste visia anche la detenzione extracarceraria: un soggetto può starefuori del carcere ma in stato di detenzione (non credo chequesta sia una cosa sconvolgente, né credo sia un miraggio) aseconda delle esigenze del processo. In questo fenomenoimporta ciò che è utile per scoprire la verità e per accertarei fatti. Certo, poi possono esservi prezzi che piacciono o chenon piacciono. Quando mi si dice che la normativa ha termine, credo chese ne debbano occupare i legislatori, i quali, in un'altraprospettiva, dovranno chiedersi se sia giusta o meno. Ma dalpunto di vista del magistrato che svolge le indagini, l'unicacosa da chiedersi, non dandosi carico di altre, è se serva onon serva. Certo, possono esservi problemi di diversocarattere che valuterà il legislatore, però io devoconsiderare sia le realtà di Cosa nostra sia quelle calabresi,per esempio. Infatti, se uno ha parlato non è condannato amorte solo da Cosa nostra, perché vi sono altre organizzazioni

criminali (anche se non tutte) che a distanza di venti otrenta anni decidono condanne a morte per una confidenza o perun pentimento. Si tratta di un modello che ha avuto largaimitazione e che tutt'ora ha imitazioni. A mio avviso, sono questi i problemi su cui credo doverososoffermare la nostra attenzione. PAOLO MANCUSO, Procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Napoli. A mio avviso, alcunipassaggi iniziali non possono non meritare un commento. Peresempio, laddove si dice che il procuratore Cordova avevaparlato alla stampa della necessità di concentrare gliinterrogatori dei collaboratori in tempi strettissimi.Ovviamente, questo è vero, ma si riferiva esclusivamente - ciòdeve essere chiaro a chiunque voglia leggere serenamentequegli articoli - ad un'opportunità di carattere giudiziario,cioè all'opportunità che il magistrato stringesse al massimo itempi per ottenere dal collaboratore tutto quanto eranecessario e possibile ottenere. Non c'è mai stata, per esempio, una spedizione alle stampe- di cui qualcunoPagina 784ha fatto cenno - delle osservazioni della procuradistrettuale di Napoli sul regolamento. Né vi è stata unarichiesta alla procura di Napoli, come ad altre procure, chefosse in qualche modo intellegibile, di esprimersi suiproblemi sui quali, poi, si è andati a formare il regolamento.Ricordo che vi furono tre righe di richiesta su quanto fosseopportuno osservare o riflettere sul problema del pentitismo:non capivamo chi le avesse scritte, da quali autoritàprovenissero e a quale fine. Tuttavia, abbiamo collaboratoinviando uno studio che avevamo svolto con il dipartimentodell'amministrazione penitenziaria per ottenere unagraduazione del meccanismo penitenziario - mi fa piacere chepoi quest'idea abbia trovato uno sviluppo - proprio perchéritenevamo che quella fosse l'unica ipotesi sulla quale sipotesse, in qualche modo, intervenire in quella sede. Altronon abbiamo capito; ci scusiamo se potevamo capirlo e non loabbiamo fatto. Assicuro, però, che da quelle tre righe laprocura di Napoli non ha capito di più. A parte queste precisazioni, sicuramente non polemiche,voglio dire che molte delle cose che avevamo detto e checontinuiamo a dire per quanto riguarda le osservazionicritiche su questo regolamento, hanno già trovato uno sviluppoadeguato, un approfondimento e riflessioni molto condivise daparte di altri colleghi. Un punto mi preoccupa fortemente. E' stato già detto chesiamo sicuramente su un terreno di confine tra amministrazionee giurisdizione. Siamo su un terreno scivoloso, sul qualequalsiasi prassi che non si attenga alle regole puòsignificare errore, degenerazione, turbamento di coscienze edi vite individuali. Su questo terreno quindi, a mio parere, èpiù che mai necessario far richiamo alle regole, è più che mai

indispensabile che il magistrato svolga il suo lavorobasandosi su delle certezze e non su valutazioni di caratterepolitico. Per questo motivo non riesco a comprendere il discorso diMarcello Maddalena, il quale ha affermato che forse sarebbestato meglio non introdurre con il regolamento il parere delprocuratore nazionale, che forse non è opportuno che lacommissione entri in possesso di notizie che dovrebberorestare segrete, che forse la commissione viene ad esprimerevalutazioni sull'affidabilità che possono interferire con ilprocesso. Questi condizionali, questi attutimentidell'esigenza di essere vincolati dalla legge mi sembranoestremamente pericolosi (mi dispiace che Maddalena sia andatovia, ma, come lui, anch'io parlo chiaramente, e siamo comunquelegati da un rapporto di affetto e di stima). A mio parere, inquesto settore molto più che in altri dobbiamo esserevincolati con forza ai criteri ed alle regole che ci vengonodalla legge e dalla Costituzione. Le preleggi ci dicono che il regolamento non può maisfondare sul terreno della normazione primaria, ma mi sembrache i tentativi compiuti per ricondurre il contenuto delregolamento alla normativa prevista dall'articolo 10 dellalegge n. 82 del 1991 siano assolutamente non convincenti. Ilterzo comma di questo articolo prevede che le misure diprotezione e di assistenza a favore delle persone ammesse allospeciale programma, nonché i criteri di formulazione delprogramma e le modalità di attuazione siano stabilite condecreto del Ministero degli interni; al regolamento, quindi,sono affidati i criteri di formulazione del programma e lemodalità di attuazione. In questa procedura - è stato detto -si configura una cooperazione istituzionale: c'è una propostadell'autorità giudiziaria ed una decisione della commissione.Si tratta di due attività profondamente diverse tra loro:mentre quella giudiziaria ovviamente non poteva esseredemandata a nessun regolamento perché la Costituzione non loconsente, l'attività della commissione è definita dalregolamento. Non riesco a comprendere come una propostadell'autorità giudiziaria possa essere in qualche manieraricondotta ed inserita con artifici retorici nell'ambito dellaformulazione del programma. La proposta è uno specifico attogiurisdizionale dell'autorità giudiziaria ed il programma è unatto amministrativo di una commissione ministeriale. Credo checonfonderePagina 785questi due piani sia estremamente pericoloso. Ritengo anch'io - è stato già detto e non voglio ripeterlo- che in realtà la formulazione relativa alla dichiarazioned'intenti in nulla possa migliorare le prassi sbagliate. Desidero fare solo un riferimento alla richiesta diprotezione per i 140 parenti di un collaboratore. Noi cilimitiamo a dire che si tratta di un collaboratore di primariorilievo al quale sono stati uccisi la madre, una sorella, due

cognati ed una sfilza di parenti meno vicini; indichiamo qualiparenti riteniamo in pericolo per una collaborazione per noifondamentale e poi vedete voi cosa fare. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica diFirenze. Cinquanta hanno rifiutato il programma. PAOLO MANCUSO, Procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Napoli. Sono contento, però questa èun'attività che dovete svolgere voi. Qui voglio mantenere ladistinzione. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica diFirenze. Tu devi mandare le dichiarazioni dell'articolo12. PAOLO MANCUSO, Procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Napoli. Naturalmente, ma non possoraccogliere queste dichiarazioni immediatamente, perché non sose i parenti sono disposti o no a collaborare... PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica diFirenze. Portati via di notte, ritornano là... PAOLO MANCUSO, Procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Napoli. Questo significa che io nonposso, all'inizio delle dichiarazioni, interpellare centopersone per sapere se vogliono andare via o no, perchésignificherebbe diffondere immediatamente la collaborazione.E' necessario del tempo per valutare tutto questo.Inizialmente mi limito a descrivere la situazione, poi lavaluteremo insieme; fornisco tutte le informazioni che ritengoimportanti e non posso omettere di segnalare un pericolo. Ha ragione Maddalena: non capisco cosa sia questadichiarazione di intenti. Io conosco una sola attività delpubblico ministero, l'interrogatorio; solo questa è previstadalla legge e nessun regolamento mi potrà attribuireun'attività diversa: io conduco interrogatori nell'ambito diun procedimento penale. Allora, si tratta di un attostrumentale rispetto a un fine diverso da quello propriodell'interrogatorio ed ha un connotato necessariamentefrettoloso e utilizzabile a scapito delle dichiarazioni resenello sviluppo della collaborazione, ai danni dellacredibilità del collaborante. Se il collaboratore, per tutti i meccanismi che hannodescritto bene Guido Lo Forte ed altri prima di me, si decidead un graduale sviluppo della collaborazione, ad uno sviluppoa tappe o che abbia comunque una dinamica correlataall'affidabilità e alla totalità della scelta che compie,necessariamente l'interrogatorio in cui avrebbe dovutoraccontare tutti gli episodi che non poteva non conoscere enon ritenere rilevanti, rappresenterà un modo per i difensoriper dimostrare che il pentito non è affidabile riguardo aquanto ha dichiarato successivamente. Questo rappresenta unintralcio consistente per lo sviluppo del processo. Come è stato già detto, inoltre, nel termine di 90 giorninessuna dichiarazione può essere completata, nessun riscontroveramente affidabile può essere acquisito. Soprattutto credo

che alla base di questo decreto ci sia una filosofiapericolosa: da un lato per la sfiducia che si dimostra neiconfronti del pubblico ministero e del pentito, dall'altro,per correlato, per il fatto che la decisionesull'attendibilità delle dichiarazioni del pentito è affidataalla commissione. Al di là del fatto che la filosofia di fondo per me èinaccettabile - ma questa è una valutazione soggettiva ecertamente non posso pretendere che altri non ne facciano didiverse -, cosa succederà nel caso in cui un giudice delleindagini preliminari, dopo sei mesi di indagine, ritengaPagina 786attendibile un pentito che la Commissione non ha ritenutotale?Che cosa succederà nel caso in cui avvenga il contrario? Cirendiamo conto degli sconquassi che si verificherannonell'opinione pubblica e nei processi a seguito di questocontrasto, soprattutto nel caso che le dichiarazioniriguardino ambienti politici o imprenditoriali o in qualchemodo legati all'amministrazione pubblica? Se una commissioneamministrativa avrà ritenuto non affidabile un soggetto cherende dichiarazioni di questo rilievo che invece l'autoritàgiudiziaria ritiene affidabile, ci rendiamo conto dellosconcerto che si determinerà e dei danni che questo provocheràal processo? Ritengo che questo problema fondamentale non possa esseresuperato in nessun modo. C'è una valutazionedell'attendibilità delle dichiarazioni che la commissionepotrà fare sulla base degli atti forniti dal procuratore, ilquale ha la possibilità di desegretare atti procedimentali cheritenga di poter trasmettere, mentre il verbale va trasmessoper intero. Sicuramente, quindi, si andrà ad una ridefinizionedelle disponibilità alla collaborazione e soprattutto siarriverà, come già ha anticipato Minale, ad un sostanziale e amio parere dannosissimo momento di attrito tra il poteregiudiziario e quello amministrativo, laddove l'autoritàgiudiziaria non potrà che disapplicare norme regolamentari incontrasto con la legge dello Stato. E' una stretta nella qualecon questo regolamento sta per essere cacciato il magistrato;una stretta che, a mio parere, lo ripeto, provocheràsconquassi. LUCIANO VIOLANTE. Desidero intervenire sull'ordine deilavori. Lei ha accennato, presidente, alla possibilità di unareplica, per cui vorrei segnalare alla sua attenzione ed aquella dei colleghi la mia personale opinione: il nostrointerlocutore è in questo momento il Governo, non certamentegli autori di questo testo. Tutti i magistrati intervenutihanno presentato le loro osservazioni ed i loro rilievi, percui se il presidente ed i colleghi fossero d'accordo, sarebbepiù utile evitare una replica, da cui deriverebbe ancheun'impressione sbagliata della funzione dei soggetti qui

presenti, quasi che qualcuno dovesse replicarenecessariamente. Se i magistrati qui presenti riterranno di integrarequanto è stato detto, ritengo potranno farlo per precisarealla Commissione aspetti, modalità e problemi. Sono stateposte questioni istituzionali assai delicate, si è accennatoalla disapplicazione, in base alla legge, di norme delregolamento e via dicendo; si tratta di questioni di cui devefarsi carico naturalmente il Governo, non chi ha materialmenteredatto il testo. Mi permetto di segnalare alla vostra attenzionel'opportunità di non far seguire una replica. I magistrati quipresenti, tutti sullo stesso piano, se riterranno di integrarequanto detto a voce, lo potranno fare per iscritto, dando intal modo alla Commissione la possibilità di acquisireulteriori elementi. Se consente, mi fermo qui; le ragioni diquesto orientamento non possono sfuggire, signor presidente,alla sua attenzione. PRESIDENTE. Rimetto alla volontà dei due primiinterlocutori la possibilità di dare ulteriori chiarimenti,risposte che in un primo momento non hanno potuto dare, nonavendo ancora chiare le osservazioni che sarebbero stateformulate. Non vi è l'intento di evidenziare divisioni econtrasti, che del resto mi sembra non siano in alcun modoemersi; sono state solo espresse talune osservazioni, rispettoalle quali non sono certo interlocutori i magistrati che hannoredatto questo regolamento, i quali comunque ne sono inqualche modo coinvolti. GIUSEPPE ARLACCHI. Desidero intervenire sull'ordine deilavori. Credo che interlocutore non sia solo il Governo ma anchela Commissione... LUCIANO VIOLANTE. Quale Commissione? GIUSEPPE ARLACCHI. Questa Commissione: poiché siamo qui,evidentemente siamo interlocutori!Pagina 787 Ritengo che più o meno gli elementi forniti fino ad orasiano sufficienti ad avere un'idea equilibrata dell'interatematica molto complessa della regolamentazione dell'eserciziodella protezione dei pentiti. Credo anch'io quindi non siaparticolarmente utile proseguire, vista la profondità e laricchezza delle argomentazioni, con repliche o con ulteriorichiarimenti. La situazione che abbiamo di fronte è stata illustratamolto bene: abbiamo un problema di regolamentazione di tipoamministrativo della protezione, un problema di salvaguardiadella segretezza delle indagini ed un'esperienza giàabbastanza ricca su questa materia. Credo quindi che non siaopportuna una replica a questo proposito. PRESIDENTE. Se non vi sono ulteriori osservazioni,potremo concludere con il dottor Ingroia la serie diinterventi. Gradiremmo comunque l'invio di osservazioni per

iscritto. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica diFirenze. Se il presidente consente, vorrei ringraziare icolleghi per il contributo portato a questa discussione,scusandomi per quelle che io considero fughe eccessive nel miodire (anche perché la dichiarazione preliminare di intenti èstata una mia idea). Se il presidente ed i commissari mi permettono vorreiinoltre esprimere un'ultima considerazione: la protezione nonsi applica solo a Cosa nostra. Quando è stata previstal'eccezione circa l'invio delle dichiarazioni di intenti, ioed altri pensavamo proprio a questa organizzazione, ma iprogrammi di protezione vengono richiesti anche, con tutto ilrispetto, dal procuratore di Pordenone, il quale ha trovatouno che spacciava venticinque grammi di hascisc e che haparlato di altri due spacciatori. PAOLO MANCUSO, Procuratore della Repubblica aggiuntopresso il tribunale di Napoli. Perché non potete respingerequesta richiesta! PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica diFirenze. Tenete presente che la dichiarazione di intentiprecede, non si può identificare con la proposta. Persottoporre un soggetto a misure urgenti o inserirlo conurgenza nel sistema carcerario non è possibile attendere laproposta. Ringrazio nuovamente quanti sono intervenuti per ilcontributo di idee offerto. PRESIDENTE. Se verranno trasmesse per iscritto ulterioriprecisazioni ed integrazioni, saranno molto gradite. FRANCESCA SCOPELLITI. Desidero dire che non condivido laproposta espressa dai colleghi Violante ed Arlacchi. A mioavviso i dottori D'Ambrosio e Vigna erano gli interlocutoriidonei in questa occasione per completare quella che ritengosia stata una discussione molto interessante, visto che negliinterventi dei magistrati sono state sollevate taluneconsiderazioni, obiezioni e &quot;accuse&quot;. Credo che chi halavorato alla stesura del regolamento sia la persona piùidonea per replicare, l'interlocutore più diretto; se ildottor Vigna e il dottor D'Ambrosio sentissero quindi ilbisogno non dico di replicare, ma di intervenireulteriormente, bisognerebbe dar loro l'occasione di farlo. Aloro spetta forse una decisione in tal senso, magarisospendendo la seduta per una breve pausa. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica diFirenze. La ringrazio per la sua sensibilità e per la suacortesia. Ho consegnato, come ho prima premesso, anche un attoscritto, nel quale penso sia possibile individuare risposteesaurienti ai quesiti posti. PRESIDENTE. Penso che altrettanto valga per il dottorD'Ambrosio. LORIS D'AMBROSIO, Direttore della Direzione generaleaffari penali del Ministero di grazia e giustizia. Mi

riservo di inviare anch'io un documento scritto per completarequanto ho detto.Pagina 788 PRESIDENTE. Avevo una curiosità. Mi chiedevo cioè, - ilregime degli atti non dipende da voi - perché l'altra partedel regolamento sia riservata o segreta; se fosse stata nonriservata, avrebbe completato... Quindi, voi non conoscete ilmotivo di questa segretezza. Concludiamo allora gli interventi ascoltando il dottorIngroia. ANTONIO INGROIA, Sostituto procuratore dellaRepubblica presso il tribunale di Palermo. Cercherò diessere brevissimo perché tutti gli argomenti sono statiaffrontati. Vorrei soltanto sottolineare che anche quanti, come laprocura di Palermo, hanno una posizione critica nei confrontidel regolamento o di talune sue disposizioni, ritengonoindubbio che la legge presentava e presenta tuttora difficoltàapplicative, lacune e necessiti quindi di interventi diintegrazione o talvolta di correzione proprio lungo quellelinee cui prima si accennava di razionalità e di trasparenza enel contempo di ulteriore incentivazione della collaborazionecon la giustizia. Sotto questo profilo, è indubbio che gli ispiratori delregolamento abbiano cercato almeno in parte di tener conto diqueste esigenze. Di quali problemi si tratta? Un problema indubbio, che nonpossiamo nascondere, riguarda un maggior coordinamento degliuffici del pubblico ministero interessati alle indagini,specie qualora si ravvisino ipotesi di differente valutazionedell'attendibilità del collaboratore che contestualmente hariferito dichiarazioni di rilievo all'una ed all'altraprocura. Un ulteriore problema - uno dei più urgenti sotto ilprofilo della trasparenza e dell'efficienza del sistema diprotezione, che fino ad oggi non è stato assolutamenteaffrontato - riguarda la separazione delle funzioni dicustodia e protezione dei collaboratori da quella delleinvestigazioni, quindi la costituzione di un corpo speciale diprotezione, una maggiore specializzazione degli uomini addettia tale compito. Si rende soprattutto necessaria una semplificazione delleprocedure. La legge sui collaboratori - assolutamentepregevole, di avanguardia, tale da contribuire ad un salto diqualità nell'espansione del fenomeno della dissociazioneall'interno di Cosa nostra - presenta obiettivamente lacune edimperfezioni. Queste lacune e queste imperfezioni, peresempio, sono in relazione all'eccessiva discrezionalità deipoteri dei vari organi che hanno competenza nei vari momentidi gestione o di concessione di benefici nei confronti delcollaboratore. Questo ragionamento mi consente di venire al punto dolente

costituito dalla cosiddetta dichiarazione di intenti. Dobbiamotener conto soprattutto dell'impatto psicologico che ha sulcollaboratore di giustizia-tipo e, per quello che èl'esperienza della procura di Palermo, sul collaboratore diCosa nostra. Colui il quale ha deciso di dissociarsi o che staper prendere tale decisione ha fatto una scelta radicale; stadecidendo di consegnare la sua vita nelle mani dello Stato equindi ha necessità di alcune certezze, soprattutto quella diessere sicuro che, qualora egli renda dichiarazioni vere e cherisultino fondate, la sua vita sarà adeguatamente tutelata,così come quella dei suoi familiari. Sotto questo profilo, anche il regolamento si muove lungouna linea di tendenza che non mi pare coincidente con taleesigenza in quanto - faccio una esemplificazione - per quantoriguarda i criteri di modifica e revoca del programma diprotezione vi è, a mio parere, una eccessivamente ampiadiscrezionalità della commissione speciale di protezione inrelazione appunto alle possibilità di revoca del programmastesso. In particolare, mi riferisco all'articolo 5, commi 4 e5, che prevede la possibilità per la commissione di disporre&quot;la modifica o la revoca, allorché ritenga che, per effettodelle inosservanze, del compimento di fatti costituenti reatoo per altra ragione comunque connessa alla condotta di vitadel soggetto interessato&quot;, formula che mi sembra estremamenteampia e poco tassativa, &quot;non sia più possibile assicuraremisure di protezione ovveroPagina 789queste siano superflue perché le condotte tenute sono di persé indicative del reinserimento del soggetto nel circuitocriminale (...)&quot;. Si tratta di una valutazione estremamente delicata che mipare pericoloso attribuire o delegare alla commissione. Siattribuisce infatti a questa il potere di desumere non solodal compimento di fatti costituenti reato, ma da &quot;altraragione comunque connessa alla condotta di vita del soggettointeressato&quot; che questi si sia reinserito nel circuitocriminale, quindi al di là dell'ipotesi che abbia commessoreati o che si sia associato nuovamente, il che giàcostituirebbe reato. LORIS D'AMBROSIO, Direttore della Direzione generaleaffari penali del Ministero di grazia e giustizia. Vasentito il procuratore. ANTONIO IGROIA, Sostituito procuratore dellaRepubblica presso il tribunale di Palermo. La prima partedel comma 5 recita: &quot;Qualora il soggetto interessato non abbiarispettato gli impegni che, a norma dell'articolo 12 dellalegge, ha assunto all'atto della sottoscrizione dello specialeprogramma di protezione (...)&quot;. Ricordo che l'articolo 12,secondo comma, lettera c) del decreto-legge n. 8 del1991 prevede &quot;lo speciale programma di protezione sottoscrittodagli interessati (...) i quali si impegnano personalmente adadempiere agli obblighi previsti dalla legge ed alle

obbligazioni contratte&quot;. Il riferimento è al contenuto delprogramma di protezione. Quindi, anche in questo caso si affida alla commissione,nel momento in cui vengono stabiliti i singoli punti e lesingole disposizioni del programma, di fissare a qualiobbligazioni si vincoli il collaboratore, pena la revoca delprogramma di protezione. Allora, non è affatto da escludereche nella prassi applicativa, per rendere più cogentel'effetto e l'efficacia della dichiarazione di intenti edell'obbligo da parte del collaboratore di dichiarare tutto almomento della dichiarazione di intenti, si faccia riferimentoanche a quest'obbligo negli stessi programmi di protezione,sicché è possibile, se non probabile, che un'eventualeomissione da parte del collaboratore di circostanze di rilievonella dichiarazione di intenti possa comportare una revoca delprogramma di protezione stesso. E' un pericolo, non è unmeccanismo automatico. Ho posto tale questione per rappresentare come sideterminerà la situazione per i collaboratori, dal momento incui sarà applicato materialmente il regolamento, un ulterioredisagio ed un'incertezza sul futuro. In altre parole, ilprocuratore non sarà in grado di far presente al collaboratoresulla base di quali criteri sarà applicato il programmaspeciale di protezione, con tutto ciò che comporta, perchésappiamo bene che dall'ammissione al programma speciale diprotezione deriva la possibile ammissione del detenutocollaborante ai benefici penitenziari previsti dall'articolo13-ter dell'ordinamento penitenziario. Sotto questo profilo, la preoccupazione principale non ètanto e soltanto relativa all'applicazione del regolamento e aciò che può derivarne quanto a difficoltà operativenell'indagine; tale questione è stata già affrontata daicolleghi. La preoccupazione riguarda soprattutto l'impatto chequesto regolamento può avere, come segnale di ulterioreincertezza, alea e sfiducia, nei confronti dei collaboratori esulla loro estremamente delicata psicologia. Un ultimo rilievo che vorrei fare è che nessuno - credo,almeno non la procura di Palermo - ha il sospetto che questanormativa sia stata introdotta per strane curiosità sulcontenuto delle dichiarazioni del collaborante sindall'inizio. Il problema è costituito dal fatto che ilcollaboratore per primo saprà che in tempi rapidi il contenutodelle sue dichiarazioni sarà reso noto ad organo nongiurisdizionale; quindi per primo diffiderà dell'ulteriorediffusione delle sue dichiarazioni e non potrà non percepirequesto come un segnale di sfiducia nei suoi confronti. Delresto, anche nelle motivazioni che sono state oggi espressedai colleghi componenti del gruppo che ha redatto ilregolamento è stato fatto riferimento alla dichiarazionePagina 790di intenti come strumento contro i falsi pentiti, cioè allasua funzione di impedire che i pentiti, una volta affidati al

sistema di protezione, possano venire in contatto e quindiconcordare dichiarazioni. Anche da queste osservazioni sievince che una delle principali motivazioni dell'introduzionedella dichiarazione di intenti è il principio dellatrasparenza. Tale principio può essere però interpretato inmodo negativo da chi decide di collaborare. Infine, vorrei rilevare che dopo le ultime stragi,avvenute nel 1992, si è verificato un sensibile salto diqualità da parte dei collaboratori, sia nel numero delledissociazioni da Cosa nostra, sia nel contenuto delledichiarazioni. Sappiamo che un determinato argomento, cui hafatto cenno il collega Lo Forte, cioè quello relativo airapporti tra mafia e politica e mafia ed istituzioni, ilcosiddetto argomento tabù, è stato superato proprio perché icollaboratori hanno percepito un segnale ben preciso da partedello Stato, il quale su determinate questioni intendevaandare a fondo. Di qui la legislazione premiale, un maggioreimpegno nella cattura dei latitanti e così via. La preoccupazione segnalata dal collega - e che anche laProcura della Repubblica di Palermo indica nel documento checonsegneremo alla presidenza della Commissione - concerne lapossibilità che si inneschi un'inversione di tendenza nontanto e non solo nel numero dei collaboratori di Cosa nostra,ma in relazione al contenuto delle dichiarazioni deicollaboratori, nel senso che i collaboratori percepiscanoquesta normativa come un segnale volto a tamponare un certotipo di dichiarazioni da parte dei collaboratori medesimi. PRESIDENTE. Grazie, dottor Ingroia. E' vero che l'interlocutore è il Governo, ma consideratele numerose osservazioni manifestate dagli intervenuti vorreiche il dottor D'Ambrosio ed il dottor Vigna predisponesserouna relazione puntuale anche rispetto ai problemi applicativisottolineati. LORIS D'AMBROSIO, Direttore della Direzione generaleaffari penali del Ministero di grazia e giustizia. Cichiede di inviare un documento alla Commissione? PRESIDENTE. Sì, un documento più articolato rispettoalle osservazioni formulate. LORIS D'AMBROSIO, Direttore della Direzione generaleaffari penali del Ministero di grazia e giustizia. Forse èopportuno ricordare che presso la Procura nazionale si terràun incontro con i procuratori distrettuali, mentre per la metàdel mese di febbraio presso il Consiglio superiore dellamagistratura verrà svolto un apposito seminario sulregolamento, al termine dei quali avremo quella visionecomplessiva e d'insieme che consentirà di valutare anchel'opportunità di introdurre qualche modifica. PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli intervenuti per lacollaborazione ed il contributo offerti. La seduta termina alle 14.Pagina 791</pre>

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